Dramma in sala parto, quattro gli indagati

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IL CASO Il gip Livio Cristofano ha respinto la richiesta di archiviazione avanzata dal pm, ordinato nuove indagini e coinvolto altri due professionisti
Dramma in sala parto, quattro gli indagati
Particolare attenzione dovrà essere riservata al rispetto delle procedure della auscultazione intermittente
Domenico Marino
Niente archiviazione. Anzi,
nuove indagini e altri due indagati per il caso della bambina morta durante il parto nella
clinica “Sacri cuori”. Un dramma risalente allo scorso maggio, con protagonista involontaria una coppia residente nella valle dell’Esaro.
A metà luglio era stato il sostituto procuratore della Repubblica, Salvatore Di Maio,
dopo quasi due mesi di indagine, a chiedere l’archiviazione
nei confronti del ginecologo
Carmelo
Monterossi
e
dell’ostetrica Stefania Azzinnari (difesi dagli avvocati Adalisa Florio e Luigi Marazzo)
che trattarono la partoriente
nella notte tra il 24 e il 25
maggio. Per definire ancora
meglio i dettagli del caso, durante l’iter investigativo, il pm
aveva affidato una consulenza
agli specialisti di medicina legale Berardo Cavalcanti e Guglielmo Cordasco. Al termine
della valutazione del caso i
due professionisti avevano ritenuto che non ci fossero state
responsabilità da pate del ginecologo né dell’ostetrica, poiché la bambina era morta a
causa di un nodo vero del funicolo ombelicale. Una fatalità, in sostanza. Inevitabile.
La ricostruzione non è stata
accettata dalla coppia e dal loro legale, che hanno affidato
l’incarico per una consulenza
di parte al medico legale Tullio Chimenti, il quale è giunto
a una conclusione diversa rispetto a quella dei periti indicati dal pm. La difesa giudica
incompleto il lavoro svolto dal
pm, a cominciare dalla mancata esecuzione dell’autopsia sul
corpicino della piccola vitti-
ma, nonostante fosse stato richiesta. Inoltre, è stato sottolineato dall’avvocato Russo,
non è stato spiegato che fine
abbiano fatto il cordone ombelicale e la placenta, i quali
non sarebbero stati analizzati.
Gli indagati non avrebbero effettuato la auscultazione intermittente (da svolgere prima ogni 15 e poi ogni 5 minuti) che permette di tenere sotto controllo il battito fetale
nelle ultime ore sino al momento del parto. A parere
dell’avvocato Russo la partoriente sarebbe stata trascurata, poiché sottoposta solo a
due controlli ecografici: il primo alle 23.30, ed era tutto ok,
e un secondo solo attorno
l’1.30 del mattino, quando ormai la piccola era morta. I consulenti del pm, invece, avevano citato le linee guida
dell’Emilia Romagna, specificando che i professionisti le
avevano rispettate. Il contendere, in sostanza, è legato anzitutto a questioni procedurali
legate alla notte del dramma.
E si gioca in punta di consulenza. Ecco perché il giudice delle
indagini preliminari, Livio Cristofano, nel provvedimento
con cui ha respinto la richiesta
di archiviazione, ha ordinato
di verificare meglio cosa successo quella sera, anzitutto in
merito all’auscultazione intermittente. E ha coinvolto
nell’indagine il ginecologo di
guardia quella sera nella struttura sanitaria, Bruno Tucci e
l’ostetrica Maria Bottino. Un
provvedimento di garanzia nei
loro confronti, così come successo in passato con gli altri
due indagati. Quindi ha ordinato al pm di svolgere nuove
indagini entro i prossimi tre
mesi.3
SANITÀ
Centro
riabilitazione
Corbelli scrive
a Scopelliti
Il delicato caso è al vaglio del tribunale cittadino
Il dramma è stato consumato prima del parto
Un commerciante era finito nei guai per lo smarrimento del libretto degli assegni
Condannato a quattro anni, assolto in appello
Ha vissuto tre anni d’inferno
a causa di una condanna a
quattro primavere di reclusione per calunnia. Una lunga e complicata storia legata
un libretto degli assegni di
cui C.G., quarantenne commerciante cosentino, aveva
denunciato lo smarrimento.
Una segnalazione come tante
altre simili alle forze dell’ordine. Un po’ di tempo dopo la
denuncia, però, alcuni assegni provenienti proprio da
quel carnet erano stati emes-
si e incassati. Ma non fu facile risalire a chi li aveva spacciati, perché c’erano due girate che complicarono le procedure di identificazione. La
stessa persona che li incassò
non riuscì a fare chiarezza su
chi glieli aveva consegnati.
Nonostante l’attenta difesa dell’avvocato Giampiero
Calabrese, legale di fiducia
dell’imprenditore, in primo
grado il tribunale di Cosenza
nel 2009 lo condannò a quattro anni, facendolo sprofon-
dare nello sconforto che diventò presto depressione,
trascinando C.G. in un tunnel che sembrava senza fine.
Ma l’avvocato Calabrese non
ha mai mollato la presa, credendo
caparbiamente
nell’innocenza del suo assistito. E nei giorni scorsi ha ottenuto giustizia. La corte
d’appello di Catanzaro ha riformato la sentenza di primo
grado, assolvendo l’imputato
dall’accusa
di
calunnia.3(d.m.)
L’avvocato Giampiero Calabrese
Sulla chiusura del centro di
riabilitazione dell’età evolutiva di contrada Lecco di Rende,
Franco Corbelli del Movimento Diritti Civili ha rivolto un
appello al presidente della regione e commissario della sanità calabrese, Giuseppe Scopelliti. Il cenntro che fornisce
prestazioni di assistenza a circa duecento bambini rischia di
chiudere dopo il 31 dicembre.
«Non si può neanche ipotizzare – scrive Corbelli – di penalizzare ancora una volta le persone, in questo caso addirittura i bambini bisognosi di terapie». Corbelli è stato chiamato
in causa dai genitori dei bambini che sono in cura nel centro. «Giustamente – evidenzia
Corbelli – i genitori di questi
bimbi sono molto preoccupati. In alcuni casi letteralmente
disperati. Tutti chiedono – evidenzia Corbelli – cosa ne sarà
dei loro figli se il centro dovesse chiudere». Ciò su cui bisogna interrogarsi maggiormente è il diritto alla salute degli
utenti del centro. Circostanza
posta da Corbelli che chiede a
Scopelliti se è «che a quei bambini venga negato il diritto
d’essere curati». Secondo Corbelli, «non può esserci alcuna
ragione di natura economica
che possa giustificare un provvedimento di chiusura di questo centro».3 (e.o.)