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For Rational Drug Use & Disease Management
Therapy Perspectives
Anno XVII, N. 4, marzo 2014
Serelaxina
nel trattamento dello
scompenso cardiaco acuto
a cura di
Marino Carnovali
Direttore Dipartimento Geriatrico Riabilitativo
Azienda Ospedaliera “Guido Salvini”, Garbagnate Milanese (MI)
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Serelaxina nel trattamento dello
scompenso cardiaco acuto
a cura di
Marino Carnovali
Direttore Dipartimento Geriatrico Riabilitativo
Azienda Ospedaliera “Guido Salvini”, Garbagnate Milanese (MI)
INDICE
Lo scompenso cardiaco cronico...................................................... 3
Lo scompenso cardiaco acuto......................................................... 9
Serelaxina....................................................................................... 16
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Therapy Perspectives
Serelaxina nel trattamento
dello scompenso cardiaco acuto
Anno XVII, N. 4, marzo 2014
ISSN 1974-6679
ISBN 978 88 6756 063 9
Comitato Editoriale
Claudio Oliveri
Sara Di Nunzio
Redazione
Rosy Bajetti
Produzione
Loredana Biscardi
Via Decembrio, 28
20137 Milano
www.springerhealthcare.it
© 2014 Springer Healthcare Italia S.r.l.
Therapy Perspectives. Registrazione del Tribunale di Milano n. 128 del 10 marzo 1997
Direttore responsabile: Giuliana Gerardo
Finito di stampare nel mese di Marzo 2014 da Geca Srl – San Giuliano Milanese (MI)
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Questa pubblicazione è consultabile online sul sito www.springerhealthcare.it nella sezione Open Access Journals.
Si ringrazia Novartis Farma S.p.A. per il contributo bibliografico fornito.
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Serelaxina nel trattamento dello scompenso cardiaco acuto
L
o studio RELAX-AHF, recentemente pubblicato su The Lancet, ha evidenziato i
rilevanti effetti terapeutici di serelaxina nei pazienti affetti da scompenso cardiaco
acuto. Per meglio comprendere i risultati clinici ottenuti nello studio è necessario soffermarsi sulla fisiopatologia dello scompenso cardiaco acuto e sulle interazioni che la legano
all’evoluzione dello scompenso cardiaco cronico.
LO SCOMPENSO CARDIACO CRONICO
Definizione
Paesi sviluppati sia affetto da scompenso
cardiaco. La prevalenza aumenta con l’età
e nei soggetti di età ≥ 70 anni può superare
il 10%.
Circa la metà dei pazienti scompensati
presenta una compromissione della funzione sistolica con frazione di eiezione
(FE) inferiore al 50%. In questo caso si
parla di scompenso cardiaco con compromessa funzione sistolica. In almeno i due
terzi dei pazienti con scompenso cardiaco
a funzione sistolica compromessa la patologia cardiaca sottesa è rappresentata dalla
cardiopatia ischemica.
Esiste un’altra forma di scompenso cardiaco,
caratterizzata da alterazione della funzione
diastolica con funzione sistolica conservata,
che si caratterizza per un’epidemiologia e un
profilo eziologico differenti e meno conosciuti. I pazienti affetti da questa forma di
scompenso sono in genere più anziani, più
frequentemente obesi, affetti da ipertensione
arteriosa e fibrillazione atriale e in prevalenza di sesso femminile. In generale, lo scompenso cardiaco a funzione sistolica conservata si associa a una prognosi migliore.
Per scompenso cardiaco si intende un’anormalità della struttura o della funzione
cardiaca che determina l’incapacità del
cuore di trasportare ossigeno in periferia
in misura adeguata alle richieste dei tessuti
dei diversi organi, nonostante una normale
pressione di perfusione.
Dal punto di vista clinico, lo scompenso
cardiaco rappresenta una sindrome, ovvero
l’insieme di una serie di sintomi tipici (dispnea, fatica) e di segni (turgore giugulare,
rantoli polmonari, terzo tono cardiaco),
prodotta dall’evoluzione terminale di diversi tipi di cardiopatia.
Pertanto, nella valutazione di un paziente che presenta la sindrome da scompenso
cardiaco il primo momento diagnostico
è rappresentato dall’identificazione della
cardiopatia sottostante.
Epidemiologia e patogenesi
Dal punto di vista epidemiologico, si stima che l’1-2% della popolazione adulta dei
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modulazione farmacologica del RAS e del
sistema nervoso ortosimpatico, rappresenta la base per un’efficace terapia dello
scompenso.
Il concetto di continuum cardiovascolare si
fonda proprio su questo principio (Figura 1). La presenza di uno o più fattori di
rischio cardiovascolare, quali ipertensione
arteriosa, dislipidemia, diabete, fumo di sigaretta e obesità viscerale, può infatti dare
l’avvio a una serie di alterazioni strutturali
e funzionali che portano il paziente a sviluppare nel tempo lo scompenso.
La progressione allo scompenso cardiaco può avvenire principalmente attraverso l’evoluzione di due tipi di cardiopatia:
la cardiopatia ipertensiva e la cardiopatia
ischemica.
• Cardiopatia ipertensiva. Il perdurare
cronico del sovraccarico pressorio determina il progressivo sviluppo di ipertrofia
La sindrome
neuroendocrina nello
scompenso cardiaco
cronico
Nello scompenso cardiaco cronico vengono attivati due fondamentali sistemi
di regolazione neurormonale: il sistema
renina-angiotensina-aldosterone (RAS) e
il sistema nervoso ortosimpatico. L’attivazione iniziale di questi due sistemi ha un
ruolo compensatorio, ma la sua persistenza
nel tempo innesca un circolo vizioso attraverso una serie di alterazioni fisiopatologiche responsabili della progressione della
cardiopatia di base e del danno a carico di
tessuti e organi, che determinano molte
delle manifestazioni cliniche dello scompenso cardiaco, compresa l’instabilità elettrica a livello miocardico. L’interruzione di
questo circolo vizioso, attraverso l’efficace
Ipertensione
IMA
Disfunzione
sistolica
Scompenso
cardiaco
DANNO
Fumo
Dislipidemia
Diabete
Obesità
IVS
Disfunzione
diastolica
VS normale
Rimodellamento
Disfunzione
ventricolare
subclinica
Anni
Morte
Scompenso
clinicamente
manifesto
Anni o mesi
Sistemi RAS e SNS
Figura 1. C
ontinuum cardiovascolare. IMA, infarto miocardico acuto; IVS, ipertrofia ventricolare sinistra; RAS, sistema renina-angiotensina-aldosterone; SNS, sistema nervoso simpatico; VS, ventricolo sinistro.
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dello scompenso acuto, erano tanto frequenti da assumere aspetti epidemici. Più
recentemente, lo sviluppo di efficaci strategie terapeutiche ha consentito di ridurre le
ospedalizzazioni del 30-50% e di diminuire
in maniera significativa anche la mortalità,
sebbene in misura meno rilevante.
ventricolare sinistra, che, inducendo un
deterioramento della compliance ventricolare, compromette in modo crescente
la funzione diastolica e, con essa, il processo di riempimento ventricolare. In altre parole, l’alterazione strutturale, cioè il
rimodellamento indotto dalla comparsa
di ipertrofia ventricolare sinistra, determina un’alterazione funzionale (disfunzione diastolica) che porta alla comparsa
dello scompenso, anche in presenza di
una funzione sistolica ventricolare sinistra ancora conservata (FE ≥ 60%).
• Cardiopatia ischemica. Rappresenta la
forma più frequente di cardiopatia sottesa. In questo caso, il verificarsi di un
infarto miocardico determina un rimodellamento della geometria ventricolare
di entità correlata all’estensione dell’area
infartuata, che a sua volta induce una disfunzione sistolica, con progressiva riduzione della FE, sino alla comparsa dello
scompenso cardiaco.
Diagnosi e
classificazione funzionale
Per formulare la diagnosi di scompenso
cardiaco a funzione sistolica compromessa sono necessarie tre condizioni:
• la presenza di sintomi tipici di scompenso;
• la presenza di segni tipici di scompenso;
• una riduzione significativa della FE.
Di contro, la diagnosi di scompenso cardiaco a funzione sistolica conservata richiede:
• la presenza di sintomi tipici di scompenso;
• la presenza di segni tipici di scompenso;
• una FE normale o solo minimamente
ridotta (≥ 50%) e il ventricolo sinistro
non dilatato;
• un’alterazione strutturale cardiaca rilevante (ipertrofia ventricolare sinistra,
ingrandimento atriale sinistro) e/o una
disfunzione diastolica.
I sintomi più tipici dello scompenso cardiaco sono: dispnea, ortopnea, dispnea
parossistica notturna, ridotta tolleranza
allo sforzo, fatica, aumento del tempo di
recupero dopo lo sforzo. I segni più specifici sono: turgore giugulare, reflusso epatogiugulare, terzo tono cardiaco (con ritmo
di galoppo se si associa tachicardia), dislocazione dell’itto apicale.
Sintomi meno tipici sono: tosse notturna, vertigini, aumento rapido di peso per
Prognosi
Lo scompenso cardiaco è una patologia
maligna: una volta instaurato, non è più reversibile e tende a evolvere nel tempo, con
progressivo peggioramento del quadro clinico e sintomatologico, fino a determinare
la morte del paziente. Questa evoluzione
infausta può essere rallentata anche in maniera significativa dalla terapia farmacologica, che tuttavia, per quanto efficace, può
solo dilazionare nel tempo l’evento finale.
Prima della messa a punto delle moderne
strategie di trattamento nel 1990, il 60-70%
dei pazienti affetti da scompenso cardiaco
cronico moriva entro 5 anni dalla diagnosi e le ospedalizzazioni per aggravamento
dei sintomi, con la presentazione clinica
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ritenzione idrica, perdita di peso presente solo nelle fasi più avanzate (cachessia
cardiaca), confusione mentale (particolarmente nei pazienti molto anziani), deflessione del tono dell’umore, palpitazioni e
sincope. Segni meno specifici sono: edemi
periferici, crepitazioni polmonari, attenuazione del murmure vescicolare (in caso di
versamento pleurico), tachicardia, polso
irregolare, tachipnea, epatomegalia, ascite,
cachessia.
Dal punto di vista funzionale la gravità
dello scompenso cardiaco può essere classificata mediante la scala messa a punto
dalla New York Heart Association (NYHA),
che prevede quattro classi di gravità crescente:
• Classe I: il paziente presenta una cardiopatia che può determinare scompenso cardiaco, ma è asintomatico e non
presenta limitazioni dell’attività fisica;
• Classe II: il paziente è asintomatico a
riposo, ma presenta una lieve limitazione delle attività fisiche ordinarie della
vita quotidiana, soprattutto se prolungate, che inducono la comparsa della
sintomatologia dello scompenso;
• Classe III: il paziente presenta una
marcata limitazione funzionale all’attività fisica. È asintomatico a riposo, ma
attività fisiche lievi inducono la comparsa dei sintomi;
• Classe IV: il paziente presenta una
grave limitazione funzionale. È sintomatico anche a riposo e l’attività fisica
anche minima esacerba marcatamente i
sintomi.
L’algoritmo diagnostico dello scompenso
cardiaco si differenzia in funzione della
modalità di presentazione.
Se l’insorgenza è acuta, oltre all’anamnesi
(con particolare riferimento all’analisi del-
la sintomatologia soggettiva) e all’esame
obiettivo (per la valutazione dei segni tipici e meno tipici) vengono eseguiti un elettrocardiogramma (ECG), che in caso di
scompenso è raramente normale, e un esame radiologico del torace per evidenziare
i segni di congestione a carico del piccolo
circolo, l’ingrandimento dei profili cardiaci
e la presenza di versamento pleurico.
Se l’insorgenza non è acuta, il percorso
diagnostico prevede ancora l’anamnesi, l’esame obiettivo e l’ECG, mentre è facoltativa l’indagine radiologica del torace.
Indipendentemente dalla modalità di presentazione (acuta o non acuta) viene poi
effettuato il dosaggio dei peptidi natriuretici (BNP o NT-proBNP):
• se l’ECG e i livelli sierici dei peptidi
natriuretici rientrano nella norma, la
diagnosi di scompenso appare improbabile ed è necessario ricercare altre
cause per la sintomatologia presentata
dal paziente;
• se l’ECG e i livelli dei peptidi natriuretici sono alterati, la diagnosi di scompenso risulta molto probabile e viene
eseguito un ecocardiogramma per identificare la cardiopatia di base responsabile della comparsa dello scompenso.
Terapia
Scompenso cardiaco cronico con alterazione
della funzione sistolica
La terapia diuretica è molto efficace nel
controllo dei sintomi e dei segni determinati dalla congestione, ma non è in grado di modificare la prognosi in termini di
mortalità.
Al contrario, i farmaci in grado di modulare i due sistemi di regolazione respon-
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sabili della sindrome neuroendocrina che
caratterizza lo scompenso cardiaco (RAS
e sistema nervoso ortosimpatico) hanno
dimostrato di rallentare l’evoluzione della
malattia. Ai diuretici vengono quindi associati farmaci ACE-inibitori e/o sartani per
la modulazione del RAS e farmaci b-bloccanti per la modulazione ortosimpatica. In
seconda battuta possono essere associati
anche i farmaci anti-aldosteronici, sempre
al fine di controllare più efficacemente le
conseguenze dell’attivazione inappropriata
del RAS.
In caso di FE ≤ 30% e frequenza cardiaca
> 70 battiti al minuto (bpm) nonostante
dosi ottimizzate di b-bloccante (o nell’impossibilità di utilizzare un b-bloccante), è
indicato l’utilizzo di ivabradina per la riduzione della frequenza cardiaca.
In presenza anche di blocco di branca sinistra può essere indicato un intervento
di resincronizzazione con stimolazione
biventricolare. Se sono presenti aritmie
ventricolari minacciose, si può considerare
l’impianto di un defibrillatore.
Tra le diverse classi di diuretici vengono in
genere più frequentemente utilizzati i diuretici dell’ansa (furosemide principalmente
o torasemide), il cui utilizzo diventa obbligatorio nei pazienti con insufficienza renale cronica. Ai diuretici dell’ansa si possono
associare i risparmiatori di potassio (in
particolare gli anti-aldosteronici), mentre
il metazolone viene preferito in caso di risposta diuretica insufficiente anche ad alte
dosi di furosemide.
Per il controllo della sindrome neuroendocrina è necessario l’utilizzo di modulatori
del RAS e di b-bloccanti. Per la modulazione del RAS possono essere utilizzati
gli ACE-inibitori (indicati captopril, enalapril, lisinopril, ramipril, trandolapril) o
i sartani (indicati candesartan, valsartan,
losartan). Va ricordato che lo scompenso
cardiaco cronico è l’unica patologia per la
quale sia stato dimostrato un vantaggio (in
termini di riduzione della mortalità e della
morbilità) dato dal doppio blocco farmacologico del RAS attraverso l’associazione
di un ACE-inibitore (a scelta tra quelli
elencati) e un sartano (indicati solo valsartan e candesartan).
Scompenso cardiaco cronico
con funzione sistolica conservata
Non vi sono dati definitivi a riguardo
dell’efficacia di specifiche classi farmacologiche nel ridurre la morbilità e la mortalità in questo tipo di scompenso. I diuretici
sono comunque utilizzati per il controllo
dei sintomi da congestione. Tuttavia, è essenziale raggiungere un controllo ottimale
dell’ipertensione arteriosa e dell’ischemia
miocardica, quando presenti, e della frequenza cardiaca in caso di fibrillazione
atriale.
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Serelaxina nel trattamento dello scompenso cardiaco acuto
LO SCOMPENSO CARDIACO ACUTO
Definizione e patogenesi
pendentemente dal tipo di cardiopatia di
base. In quest’ambito vanno ricordati:
• le aritmie, come la fibrillazione atriale;
• le gravi infezioni d’organo (particolarmente a livello polmonare) o le infezioni sistemiche con il conseguente stato
settico;
• l’embolia polmonare;
• le gravi anemizzazioni;
• il deterioramento della funzione renale
sia acuto sia cronico avanzato;
• le riacutizzazioni delle broncopneumopatie croniche ostruttive o restrittive;
• l’ictus cerebrale;
• gli interventi chirurgici maggiori;
• l’abuso di alcool o droghe;
• le terapie acute per patologie intercorrenti, come la terapia cortisonica o l’assunzione di farmaci antinfiammatori
non steroidei;
• la scarsa aderenza alla terapia dello
scompenso cardiaco cronico o a quella
delle condizioni a esso sottese (es. ipertensione arteriosa).
Per scompenso cardiaco acuto si intende
la rapida comparsa o il repentino aggravamento dei segni e dei sintomi di scompenso cardiaco. Si tratta di una condizione
patologica maggiore, che mette a rischio
la sopravvivenza del paziente e necessita
un trattamento specifico e urgente che in
genere comporta l’ospedalizzazione. La
maggior parte dei casi di scompenso acuto
si verifica in pazienti per i quali è già stata
formulata la diagnosi di scompenso cardiaco cronico. Ciononostante, lo scompenso acuto può rappresentare anche la prima
manifestazione della presenza di una cardiopatia in precedenza non diagnosticata.
Tra i numerosi fattori precipitanti alcuni
sono correlati alla specifica cardiopatia
sottostante. Tra questi vanno ricordati:
• per la cardiopatia ischemica: i nuovi
episodi di ischemia acuta (sindromi coronariche acute), le complicanze meccaniche dell’infarto miocardico acuto o
l’interessamento ischemico del ventricolo destro;
• per la cardiopatia ipertensiva: il perdurare di valori pressori sisto-diastolici
non adeguatamente controllati o il verificarsi di crisi ipertensive;
• per la cardiopatia valvolare: il verificarsi di processi endocarditici che possono aggravare le alterazioni strutturali
e funzionali di apparati valvolari già in
precedenza compromessi o di protesi
valvolari precedentemente impiantate.
Altri fattori precipitanti, invece, esercitano un loro ruolo aggravante specifico sullo
stato di compenso cardiocircolatorio, indi-
Terapia convenzionale
La terapia specifica dell’episodio acuto di
scompenso cardiaco che determina l’ospedalizzazione del paziente è rivolta al
controllo dei sintomi (es. riducendo il sovraccarico di volume con i diuretici o con
tecniche di ultrafiltrazione, o diminuendo
le resistenze vascolari periferiche con i nitrati) e dei fattori precipitanti influenzabili
(es. la terapia delle condizioni infettive o
settiche, il controllo dei valori pressori alterati, la rivascolarizzazione nelle sindromi
coronariche acute).
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Il trattamento viene in genere iniziato
contemporaneamente all’iter diagnostico
cui si è già fatto riferimento. Benché le evidenze in letteratura non siano solide come quelle che sostengono la terapia dello
scompenso cronico, i farmaci attualmente
ritenuti più utili sono l’ossigeno, i diuretici
e i vasodilatatori.
La maggior parte dei pazienti che presentano dispnea ingravescente legata a una
condizione di edema polmonare ottiene un
rapido miglioramento a seguito della somministrazione per via endovenosa di diuretici dell’ansa, come risultato di due meccanismi d’azione diversi: la venodilatazione
(a insorgenza rapida) e l’eliminazione di
liquidi attraverso l’effetto diuretico (a insorgenza più tardiva). Non è noto quale sia
la modalità di somministrazione migliore
(bolo o infusione).
Per quanto riguarda i vasodilatatori che,
come la nitroglicerina, riducono il postcarico e aumentano la gittata sistolica, non
esistono evidenze inoppugnabili del fatto
che essi siano in grado di ridurre la dispnea
o di migliorare altri parametri clinici. I vasodilatatori vengono più frequentemente
utilizzati nei pazienti con ipertensione
arteriosa, mentre devono essere evitati nei
pazienti con valori pressori sistolici inferiori a 110 mmHg. I più utilizzati sono la
nitroglicerina, l’isosorbide dinitrato e il nitroprussiato.
In situazioni specifiche, la terapia dello
scompenso cardiaco acuto prevede la somministrazione di farmaci che esercitano un
effetto inotropo positivo, un effetto pressorio o entrambi. Tra questi vengono maggiormente utilizzati dobutamina, dopamina, milrinone, enoximone, norepinefrina
ed epinefrina.
Gli obiettivi della terapia dello scompenso
acuto possono essere suddivisi in immediati, intermedi (da conseguire comunque
durante il ricovero ospedaliero) e a lungo
termine:
• tra gli obiettivi immediati rientrano il
controllo dei sintomi, il ripristino di
un’adeguata ossigenazione periferica, il
miglioramento della perfusione periferica e la prevenzione del tromboembolismo;
• gli obiettivi intermedi sono l’identificazione della strategia di trattamento a
medio termine, l’inizio e la titolazione
delle terapie per il controllo della sindrome neuroendocrina (modulatori
del RAS e b-bloccanti), la valutazione
dell’indicazione all’impianto di specifici
device, l’identificazione e il controllo di
eventuali comorbilità che possono influenzare l’evoluzione dello scompenso;
• gli obiettivi a lungo termine comprendono programmi di sensibilizzazione
dei pazienti, interventi volti a modificare lo stile di vita, completamento della
titolazione e monitoraggio dell’assunzione dei farmaci in grado di influenzare morbilità e mortalità (modulatori
del RAS e b-bloccanti), messa in atto
di tutti i provvedimenti che possono
ridurre la frequenza delle riospedalizzazioni e migliorare la qualità di vita dei
pazienti.
Fisiopatologia ed
evoluzione clinica
In genere, l’insieme degli interventi descritti consente (1) il controllo della sintomatologia dell’episodio di scompenso cardiaco acuto e (2) il ripristino della
condizione preesistente di scompenso
cronico e della terapia più appropriata. Il
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sopraggiungere di un nuovo episodio di
scompenso acuto determinerà una nuova
ospedalizzazione e richiederà di nuovo
provvedimenti terapeutici acuti (Figura 2).
In questa descrizione classica l’evoluzione naturale della malattia è caratterizzata
dal susseguirsi, con frequenza crescente
nel tempo, di periodici episodi di riacutizzazione, in occasione dei quali la terapia
acuta consente il ripristino della fase di
cronicità, sino alla comparsa di un episodio
di scompenso acuto non controllabile, che
determina il decesso del paziente. In alternativa all’episodio di scompenso acuto, il
decesso può avvenire per morte improvvisa
di tipo aritmico.
La storia naturale dello scompenso cardiaco cronico e delle ripercussioni che derivano da ogni singolo episodio acuto può
essere meglio descritta attraverso una rappresentazione che tenga conto dello stato
funzionale e del grado di danno d’organo
nei quali l’episodio acuto viene a inscriversi
(Figura 3).
La terapia acuta messa in atto in occasione
dell’episodio di scompenso risulta, in genere, efficace per il controllo della sinto-
matologia specifica, ma non è in grado di
interferire con i meccanismi che determinano la progressione del danno d’organo a
livello cardiaco, renale e vascolare.
Di conseguenza, la risoluzione dell’episodio acuto riporta il paziente a una condizione sintomatologica spesso molto simile
a quella presente prima dell’episodio stesso, ma in condizioni funzionali e di danno
d’organo più compromesse (vedi Figura 3).
La comparsa dei sintomi di scompenso
cardiaco acuto è determinata da una cascata di modificazioni funzionali negative che
comprendono:
• disfunzione endoteliale con riduzione
della produzione di ossido nitrico (NO)
e incremento di secrezione di endotelina 1, a loro volta responsabili di un
aumento delle resistenze vascolari periferiche;
• diminuzione del flusso renale e del filtrato glomerulare;
• ridistribuzione del volume circolante.
L’insieme di queste modificazioni funzionali determina un sovraccarico di lavoro
miocardico e una riduzione della funzione
renale ed è responsabile di modificazioni
Cardiopatia
Fattori
scatenanti
CHF
Fattori
scatenanti
AHF
Fattori
scatenanti
AHF
CHF
CHF
Morte
Tempo
Figura 2. D
escrizione classica dell’evoluzione dello scompenso cardiaco. AHF,
scompenso cardiaco acuto; CHF, scompenso cardiaco cronico.
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Cardiopatia
Fattori
scatenanti
Stato funzionale e strutturale
CHF
AHF
Sintomi
Danno
Fattori
scatenanti
CHF
AHF
Sintomi
Danno
Fattori
scatenanti
CHF
AHF
Morte
Tempo
Figura 3. A
lterazioni strutturali e funzionali indotte dagli episodi di scompenso cardiaco acuto. AHF, scompenso cardiaco acuto; CHF, scompenso cardiaco cronico.
funzionali e strutturali che aggravano i
preesistenti danni d’organo (a livello cardiaco e renale) indotti dalla cardiopatia di
base.
Questi danni strutturali si realizzano a livello cellulare e a carico della matrice extracellulare (Figura 4).
A livello cellulare i meccanismi di difesa
dell’omeostasi cellulare divengono meno
efficienti a causa di:
• fenomeni infiammatori, attraverso
l’attivazione delle cellule mediatrici
dell’infiammazione stessa e un aumento
dello stress ossidativo;
• diminuita efficienza dei meccanismi di
difesa tissutale, con riduzione dell’angiogenesi e della sopravvivenza delle
cellule staminali.
Ciò comporta una minore sopravvivenza
cellulare, con incremento dei meccanismi
di apoptosi.
A livello della matrice extracellulare l’attivazione delle metalloproteasi di matrice e
l’aumentata sintesi di collagene inducono
meccanismi di rimodellamento negativo e
aumento della rigidità parietale sia a carico delle pareti miocardiche sia a livello
vascolare.
I meccanismi di danno strutturale sono
molteplici e, nella fase acuta, possono rivelarsi con manifestazioni differenti che
vanno dalle alterazioni emodinamiche
all’attivazione neurormonale, con aumento
della congestione e aumento della pressione telediastolica ventricolare sinistra alla
stimolazione inotropa.
L’insieme di queste alterazioni funzionali e
strutturali può essere clinicamente monitorato attraverso la determinazione seriata
di marcatori specifici.
La troponina T cardiaca ad alta sensibilità
è un marcatore rappresentativo del danno
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Serelaxina nel trattamento dello scompenso cardiaco acuto
1
Sovraccarico miocardico;
Funzionalità renale
Vasocostrizione*
2
Preservazione
delle cellule
Infiammazione
Infiltrati di cellule
infiammatorie
Stress ossidativo
AHF
NO endoteliale*
RVS, FER, VFG, ET-1
Rimodellamento
Metalloproteasi di
matrice
Rigidità vasale
3
Rimodellamento MEC
Riparazione tissutale
Angiogenesi
Sopravvivenza
cellule staminali
Fibrosi
Sopravvivenza cellulare
Sintesi collagene
Degradazione
collagene
Stress ossidativo
Apoptosi
Sovraccarico Ca2+
Dimensioni infarto
* Dilatazione selettiva
dei vasi precostretti
Figura 4. D
anni funzionali e strutturali indotti dallo scompenso cardiaco acuto. AHF,
scompenso cardiaco acuto; ET-1, endotelina 1; FER, flusso ematico renale; MEC,
matrice extracellulare; NO, ossido nitrico; RVS, resistenza vascolare periferica; VFG,
velocità di filtrazione glomerulare (elaborata graficamente da Du et al. 2010).
cardiaco; viene spesso liberata in occasione
dell’episodio di scompenso cardiaco acuto,
indicando il costituirsi di un danno d’organo non reversibile. L’aumento dei valori
plasmatici di troponina T assume un significato prognostico negativo, associandosi a
un incremento di tre volte della mortalità
intraospedaliera, a un raddoppio della mortalità post-dimissione e a un aumento di tre
volte della frequenza di riospedalizzazione.
La cistatina C rappresenta un marcatore
particolarmente sensibile di danno renale. Si tratta di una proteina di basso peso molecolare, che in condizioni normali
viene liberamente filtrata dai glomeruli
renali, quindi riassorbita e catabolizzata per il 99% circa nel tubulo prossimale.
Il dosaggio della cistatina C nel plasma
rappresenta un ottimo marker endogeno
di funzionalità renale, più affidabile della creatininemia e delle formule derivate.
Viene infatti prodotta in quantità costante
da tutte le cellule nucleate e non dipende in maniera significativa dal peso e dalla
massa magra (tranne che per le fasce più
estreme di alterazione della composizione
corporea), dall’età (tranne che per il 1° anno di vita), dal sesso o dalla razza.
Lo stato di aumentata congestione secondaria all’insufficienza cardiaca acuta è
espresso in maniera specifica e sensibile
dai valori di BNP e, particolarmente, di
NT-proBNP. I livelli plasmatici di questi
peptidi natriuretici aumentano in risposta
a fenomeni di distensione e stress della parete ventricolare, quali si osservano nelle
13
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Therapy Perspectives
For Rational Drug Use & Disease Management
Funzionalità cardiaca e/o renale
patologie caratterizzate da un aumentato
volume ematico, come l’insufficienza renale, l’iperaldosteronismo primario e l’insufficienza cardiaca congestizia.
Sebbene il ruolo definitivo dei peptidi
natriuretici cardiaci nell’identificazione e
nella gestione dei pazienti con disfunzione
ventricolare debba essere ancora completamente chiarito, l’utilità clinica di BNP
e di NT-proBNP nella diagnostica differenziale e nella stratificazione prognostica
dello scompenso cardiaco è stata ripetutamente confermata.
BNP e NT-proBNP sono stati inoltre
studiati come indicatori prognostici di
mortalità a lungo termine dopo un evento
coronarico acuto.
I cut off riconosciuti a livello internazionale
per identificare variazioni significative dei
marcatori di danno cardiaco e renale e di
congestione sono i seguenti:
• per la troponina T ad alta sensibilità
valori superiori a 0,014 μg/l, con un incremento di almeno il 20% rispetto al
valore basale;
• per la cistatina C incremento della
concentrazione plasmatica > 0,3 mg/l
(22 nmol/l);
• per l’NT-proBNP incremento di almeno il 30% rispetto al valore basale.
Alla luce di queste considerazioni la storia naturale dello scompenso cardiaco può
essere descritta in modo più accurato e
aderente alla fisiopatologia, come mostrato
nella Figura 5.
La cardiopatia di base responsabile dello scompenso cronico ha in genere un’evoluzione progressiva che comporta un
lento deterioramento funzionale e della
qualità di vita del paziente. Su questo andamento evolutivo di tipo cronico, fattori precipitanti possono indurre episodi di
scompenso acuto, che si accompagnano a
manifestazioni sintomatologiche acute ma
in gran parte reversibili (grazie alla terapia
acuta) e alterazioni strutturali che determinano una progressione non reversibile
del danno d’organo. In altre parole, ogni
episodio di insufficienza cardiaca acuta
accelera il processo di decadimento strutturale e funzionale, aggravando in maniera
significativa la prognosi.
Danno miocardico/renale
Ospedalizzazione
Ospedalizzazione
Ospedalizzazione
Tempo
Figura 5. D
escrizione della storia naturale dello scompenso cardiaco AHF, scompenso cardiaco acuto; CHF, scompenso cardiaco cronico (elaborata graficamente da
Alla et al. 2007, Gheorghiade et al. 2005).
14
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Serelaxina nel trattamento dello scompenso cardiaco acuto
Nelle fasi più avanzate gli episodi di scompenso acuto si fanno più frequenti, accelerando la compromissione della riserva
funzionale a livello miocardico, renale e
vascolare. Viene così a realizzarsi una sorta
di circolo vizioso che rende più probabile
il verificarsi di ulteriori episodi acuti, con
le conseguenti ospedalizzazioni, mentre
aggrava il danno d’organo con riduzione
delle riserve funzionali (vedi Figura 5).
A ogni episodio acuto, la prognosi del paziente si aggrava, nel senso che si incrementa il rischio di mortalità e si riduce
l’aspettativa di sopravvivenza.
Bibliografia essenziale
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Cleland JG, Swedberg K, Follath F et al.; Study
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on Heart Failure of the European Society of
Cardiology. The EuroHeart Failure survey
programme-- a survey on the quality of care
among patients with heart failure in Europe.
Part 1: patient characteristics and diagnosis.
Eur Heart J 2003; 24: 442-63
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and treatment of acute and chronic heart
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ESC (HFA) and endorsed by the European
Society of Intensive Care Medicine (ESICM). Eur Heart J 2008; 29: 2388-442
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Gheorghiade M, Pang PS. Acute heart failure
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Gheorghiade M, De Luca L, Fonarow GC et al.
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Gheorghiade M, Vaduganathan M, Fonarow
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Metra et al. In: Tubaro M. The ESC Textbook
of Intensive and Acute Cardiac Care. New
York, NY: Oxford University Press, 2011;
Chapter 49
15
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Therapy Perspectives
For Rational Drug Use & Disease Management
SERELAXINA
Azioni farmacologiche
Serelaxina è una forma ricombinante della relaxina-2 umana, un polipeptide di 53
aminoacidi appartenente alla famiglia delle relaxine che comprende sette differenti
peptidi (Figura 6).
La relaxina-2 agisce attraverso il legame
con le isoforme RXFP1 e RXFP2 di una
famiglia di recettori noti come recettori della famiglia peptidica delle relaxine
(RXFP). Nell’uomo i recettori specifici
per la relaxina-2 sono stati identificati a
livello vascolare e cardiaco e in altri organi e sistemi. La relaxina-2 contribuisce in
maniera significativa ai cambiamenti emodinamici adattativi che si realizzano nel
corso della gravidanza. Le azioni principali
consistono in aumento della compliance vascolare, riduzione delle resistenze vascolari
sistemiche, incremento della portata cardiaca, aumento del flusso ematico renale.
Studi condotti nel ratto e nell’uomo hanno
evidenziato come la somministrazione di
relaxina-2 esogena produca effetti emodinamici e renali che riproducono quelli caratteristici della gravidanza.
Gli effetti di serelaxina si esplicano attraverso interazioni recettoriali con il sistema
dell’endotelina (Figura 7).
L’endotelina-1 (ET-1) è nota come potente vasocostrittore. Viene sintetizzata dalle
cellule endoteliali ed esercita potenti effetti
paracrini e autocrini attraverso l’interazione con due isoforme di recettori specifici:
ETA ed ETB. Questi recettori sono ampiamente espressi a livello vascolare, cardiaco,
polmonare e renale. I recettori ETA sono
presenti sulla muscolatura liscia vasale e la
loro stimolazione determina vasocostrizio-
Figura 6. Struttura della relaxina-2 (elaborata graficamente da Jeyabalan et al. 2007,
Teichman et al. 2009, Kong et al. 2010).
16
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Serelaxina nel trattamento dello scompenso cardiaco acuto
NOS
Cellule endoteliali
Recettore
ETB
NO
ET-1
ET-1
NO
ETB
sGC
cGMP
ETA
VASODILATAZIONE
VASOCOSTRIZIONE
Cellula della muscolatura liscia vascolare
Figura 7. Sistema delle endoteline. ET-1, endotelina-1; NO, ossido nitrico; NOS, nitrossido sintetasi (elaborata graficamente da Haynes et al. 1998, McMurray et al.
1992, Goddard et al. 2004, Teerlink et al. 1994).
ne arteriosa e venosa e aumento della ritenzione di sodio e liquidi. I recettori ETB
sono localizzati sulla muscolatura liscia
vasale e sulle cellule endoteliali; la stimolazione dei recettori ETB ha effetti complessi: determina vasodilatazione attraverso la liberazione di NO e la rimozione
dell’ET-1 dal liquido interstiziale, mentre
a livello renale favorisce la natriuresi.
Il normale tono vascolare dipende quindi
dal bilanciamento degli effetti dell’ET-1
sulle due isoforme recettoriali.
Nello scompenso cardiaco acuto si realizza
una disregolazione delle isoforme recettoriali dell’ET-1, con incremento dei recettori ETA e riduzione dei recettori ETB.
Ciò determina vasocostrizione a livello
arterioso e venoso, con aumento della ritenzione di sodio e liquidi e riduzione
della compliance vasale. Serelaxina si lega
al recettore ETB sia a livello delle cellule
endoteliali sia sulle cellule muscolari lisce
vasali (Figura 8).
Studi sperimentali condotti in modelli animali suggeriscono che il legame di
serelaxina con i recettori siti sulle cellule
endoteliali (RXFP1/2) determini l’attivazione della nitrossido sintetasi (NOS) con
conseguente aumento della produzione di
NO. L’attivazione della NOS sembra avvenire attraverso due vie:
• una via diretta di fosforilazione rapida
della NOS, in grado di determinare l’azione emodinamica favorevole già dopo
pochi minuti dall’inizio dell’infusione;
• una via indiretta, più lenta, che dipende
da un potenziamento dell’attivazione
dei recettori ETB e si mantiene fino a
24 ore dalla sospensione dell’infusione
del farmaco.
Inoltre serelaxina, attraverso il legame con i
recettori RXFP1/2 siti sulla muscolatura li-
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Therapy Perspectives
For Rational Drug Use & Disease Management
VIA RAPIDA
VIA TARDIVA
RLX
RLX
Recettore
RXFP1/2
ET-1
NOS
Cellule endoteliali
NOS
NO
NO
Recettore
RXFP1/2
Recettore VEGF
VEGF
Recettore
ETB
ET-1
NO
NO
sGC
cGMP
sGC
ETB
ETA
V
A
S
cGMP
OCO
STR
VEGF
IZIO
NE
VASODILATAZIONE
VASODILATAZIONE
Cellula della muscolatura liscia vascolare
RLX
Recettore
RXFP1/2
Figura 8. E
ffetto vasodilatante di serelaxina. ET-1, endotelina-1; NO, ossido nitrico; NOS, nitrossido sintetasi; RLX, serelaxina; RXFP, recettore della famiglia peptidica delle relaxine; VEGF, fattore di crescita endoteliale vascolare (elaborata graficamente da Kohsaka et al. 1998, Hsu et al. 2002, Novak et al. 2006, Conrad et al.
2011, Teichman et al. 2010, Danielson et al. 2000, Dschietzig et al. 2003, McMurray
et al. 1992, Goddard et al. 2004, McGuane et al. 2011).
scia vasale, potrebbe stimolare la liberazione
del fattore di crescita endoteliale vascolare
(vascular endothelial growth factor, VEGF)
che, legandosi a specifici recettori sulle cellule endoteliali, determina un’ulteriore attivazione della NOS, con conseguente incremento della produzione di NO.
Sempre studi sperimentali hanno evidenziato che, a livello renale, serelaxina aumenta il flusso glomerulare e stimola la natriuresi sempre attraverso l’interazione con il
sistema dell’ET-1 (Figura 9). In particolare,
l’effetto natriuretico sembra essere legato
al potenziamento dell’azione dei recettori
ETB siti a livello delle cellule epiteliali della
midollare renale, i quali stimolati dalla ET1 inibiscono il riassorbimento tubulare del
sodio. L’incremento del flusso glomerulare
sembra essere correlato alla maggiore produzione di NO da parte delle cellule endoteliali dell’arteriola afferente, sempre legato
alla stimolazione diretta della NOS mediata dai recettori RXFP1/2, al potenziamento dell’effetto dei recettori ETB stimolati
dall’ET-1 e alla stimolazione esercitata sulla NOS da parte del VEGF (Figura 10).
18
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Serelaxina nel trattamento dello scompenso cardiaco acuto
RLX
I recettori RXFP
sono presenti sulle
cellule epiteliali
midollari, così
come sulle cellule
endoteliali e sulle
cellule muscolari
lisce delle arteriole
renali
RLX
Cellula epiteliale
midollare
ET-1
ETB
Inibizione del
riassorbimento di Na+
Natriuresi
RLX
Recettore
RXFP1/2
Cellula endoteliale
NOS
ETB
La RLX aumenta
l’attività dei
recettori ETB nella
midollare e nel
sistema vascolare
Recettore
RXFP1/2
NO
Recettore VEGF
VEGF
ET-1
ETB
ET-1
ETB ET
A
VEGF
Recettore
RXFP1/2
RLX
VASODILATAZIONE VASOCOSTRIZIONE
Cellula della muscolatura liscia vascolare
Figura 9. Effetti renali di serelaxina. ET-1, endotelina 1; NO, ossido nitrico; NOS,
nitrossido sintetasi; VEGF, fattore di crescita endoteliale vascolare; RLX, serelaxina;
RXFP, recettore della famiglia peptidica delle relaxine (elaborata graficamente da
Teichman et al. 2010, Schneider et al. 2007).
Sovraccarico miocardico
Funzionalità renale
Serelaxina
Vasorilassamento*
NO endoteliale*
RVS, FER, VFG, ET-1
Redistribuzione del volume
*Dilatazione selettiva dei vasi precostretti
Figura 10. E
ffetti di serelaxina potenzialmente utili per il controllo della sintomatologia dello scompenso cardiaco acuto. ET-1, endotelina 1; FER, flusso ematico
renale; NO, ossido nitrico; RVS, resistenza vascolare periferica; VFG, velocità di
filtrazione glomerulare (elaborata graficamente da Du et al. 2010).
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Therapy Perspectives
For Rational Drug Use & Disease Management
Lo studio RELAX-AHF
I dati sull’attività farmacologica di serelaxina sostengono l’ipotesi che il farmaco
possa esercitare un effetto favorevole sui
sintomi tipici dello scompenso cardiaco,
attraverso la riduzione del sovraccarico
cardiaco e il sostegno della funzione renale
(Figura 10).
I presupposti farmacologici relativi al potenziale effetto favorevole di serelaxina
nei pazienti affetti da scompenso cardiaco acuto, già evidenziati dallo studio PreRELAX-AHF, hanno trovato piena conferma nei risultati dello studio RELAXAHF, recentemente pubblicato su The
Lancet (Figura 11).
RELAX-AHF è uno studio multicentrico
controllato vs placebo, randomizzato, in
doppio cieco, che ha coinvolto 1161 pazienti affetti da scompenso cardiaco acuto
Randomizzati:
1161 pazienti ricoverati con
AHF, PA da normale a elevata e
compromissione renale da lieve a
moderata
in 11 Paesi (Europa, Stati Uniti, Argentina e Israele); di questi, 580 erano allocati al gruppo placebo e 581 al gruppo di
trattamento attivo. I principali criteri di
inclusione dello studio prevedevano una
PAS > 125 mmHg e una compromissione
renale da lieve a moderata, definita come
una velocità di filtrazione glomerulare stimata secondo l’equazione MDRD (modification of diet in renal disease) di 30-75 ml/
min/1,73 m² (Tabella 1).
I pazienti di entrambi i gruppi hanno ricevuto la migliore terapia possibile, secondo
la valutazione dei medici sperimentatori. Il
braccio sperimentale prevedeva l’infusione
(entro 16 ore dalla presentazione) di serelaxina alla dose di 30 μg/kg al giorno per
48 ore.
Non vi erano differenze significative nelle
caratteristiche epidemiologiche e cliniche
fra i due gruppi di pazienti al basale. Oltre
Periodo di trattamento randomizzato in doppio cieco
Placebo (n=580)
Screening
Effettuato dopo
furosemide ev ≥40 mg
Serelaxina 30 µg/kg/die (n=581)
In aggiunta alla terapia standard per insufficienza cardiaca*
Presentazione
< 16 h
0 6 12
24
48 h 5 g 14 g
Periodo di 48 h di infusione (ev)
del farmaco in studio
60 g
180 g
Periodo di valutazione post-dimissione
Terapia standard per scompenso cardiaco permessa a discrezione del medico
*
Figura 11. D
isegno sperimentale dello studio RELAX-AHF. AHF, scompenso cardiaco acuto; PA, pressione arteriosa (elaborata graficamente da Ponikowski et al.
2012; Teerlink et al. 2013).
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Serelaxina nel trattamento dello scompenso cardiaco acuto
il 30% dei pazienti arruolati aveva già subito
ricoveri ospedalieri per scompenso cardiaco nell’anno precedente (media di circa 1,5
episodi di ricovero). I valori basali medi di
pressione arteriosa sistolica sono risultati
pari a 142 mmHg. I valori basali medi di
FE erano pari al 38% e il 55% dei pazienti presentava una FE < 40%. Ipertensione
arteriosa era presente in oltre l’80% dei
pazienti, cardiopatia ischemica e dislipidemia in oltre il 50%. Inoltre, più del 50% dei
pazienti arruolati presentava fibrillazione o
flutter atriale. All’arruolamento circa il 70%
dei pazienti assumeva un farmaco modulatore del RAS (circa il 55% un ACE-inibitore, circa il 15% un sartano). Un trattamento
con b-bloccante era presente in circa il 70%
dei casi, con anti-aldosteronico nel 30% e
con digitale nel 20%. Tutti i pazienti hanno ricevuto un trattamento con diuretici
dell’ansa per via endovenosa.
Gli endpoint principali dello studio (Tabella 2), pur facendo riferimento a un unico
sintomo (la dispnea), erano due: il primo
incentrato sull’evoluzione acuta del sintomo stesso a 24 ore (Likert scale), il secondo
a 5 giorni (VAS AUC).
Formalmente l’endpoint primario misurato secondo la Likert scale non è stato
raggiunto in termini di significatività statistica (Figura 12); tuttavia, già a 6 ore si
rileva una tendenza a favore di serelaxina,
che diviene più evidente nel tempo, sino
a raggiungere differenze rispetto a placebo
molto prossime alla significatività statistica (p=0,051 a 12 ore; p=0,086 a 24 ore).
Queste osservazioni non sono in contrasto
con i risultati dell’altro endpoint principale
(misurazione secondo la VAS AUC), che
è stato pienamente raggiunto (p=0,007),
piuttosto suggeriscono un’efficacia di serelaxina già nominalmente presente a partire
dalle prime fasi del trattamento della fase
acuta (anche in corso di infusione) e che
raggiunge la significatività statistica nei
giorni successivi.
Tabella 1. Criteri di ammissione allo studio RELAX-AHF. AHF, scompenso cardiaco
acuto; BNP, peptide natriuretico di tipo B; PAS, pressione arteriosa sistolica; PS,
pronto soccorso; sMDRD, modification of diet in renal disease - semplificata; VFG,
velocità di filtrazione glomerulare (elaborata graficamente da Ponikowski et al. 2012;
Teerlink et al. 2013).
• PAS > 125 mmHg
• Ospedalizzato per AHF, definita come comprensiva allo screening di tutto quanto segue:
- dispnea a riposo o sotto sforzo minimo
- congestione polmonare alla Rx torace
-BNP ≥ 350 pg/ml o NT-proBNP ≥ 1400 pg/ml
• In grado di essere randomizzato entro 16 ore dalla presentazione in ospedale (compreso PS)
• Trattato con furosemide (o equivalente) ≥ 40 mg ev tra l’ammissione ai servizi d’urgenza (ambulanza o
ospedale, compreso PS) e lo screening
• Compromissione renale da lieve a moderata, definita come una VFG stimata secondo sMDRD
di 30-75 ml/min/1,73 m2
21
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Therapy Perspectives
For Rational Drug Use & Disease Management
Tabella 2. E
ndpoint dello studio RELAX-AHF. CV, cardiovascolare; ev, per via endovenosa; HF, scompenso cardiaco; ICU/CCU unità/reparto di terapia intensiva; VAS,
scala visuo-analogica (elaborata da Ponikowski et al. 2012; Teerlink et al. 2013).
Variazione rispetto al basale (mm)*
Endpoint primari di efficacia
• Variazione della dispnea riportata dal paziente, misurata mediante VAS di 100 mm dal basale fino al
giorno 5
• Dispnea moderatamente o notevolmente migliorata rispetto all’inizio della somministrazione del
farmaco in studio sulla Likert scale a 7 punti a 6, 12 e 24 ore
Endpoint secondari di efficacia
• Morte CV o riospedalizzazione per insufficienza cardiaca o renale entro il giorno 60
• Giorni di sopravvivenza fuori dall’ospedale entro il giorno 60
Ulteriori analisi dell’efficacia hanno compreso:
• Morte CV entro il giorno 180
• Durata della degenza ospedaliera e del ricovero in ICU/CCU
• Tempo al peggioramento della HF entro i giorni 5 e 14
• Sintomi e segni a diversi tempi sperimentali
• Dose totale di diuretici dell’ansa ev entro il giorno 5
35
Serelaxina (n=581) AUC con serelaxina, 2756 (DS 2588) mm×h
Placebo (n=580) AUC con placebo, 2308 (DS 3082) mm×h
30
p=0,007
25
20
15
10
5
0
0
6 12 h
Giorno 1
Giorno 2
Follow-up
Giorno 3
Giorno 4
Giorno 5
Pazienti (%)
*variazione della dispnea riportata dai pazienti tramite (VAS)
100
80
60
40
20
0
20
40
60
80
p=0,086
p=0,113
31,4%
8,7%
22,7%
35,8%
9,8%
26,0%
37,5%
37,4%
26,4%
24,7%
Placebo–Serelaxina
6h
p=0,051
63,1%
67,9%
26,7%
25,8%
44,6%
16,6%
50,3%
16,4%
28,0%
33,9%
36,4%
42,1%
35,0%
32,9%
21,1%
7,3%
16,4%
14,5%
22,8%
7,8%
Placebo–Serelaxina
12 h
Likert scale per la dispnea
Notevolmente migliorata
Moderatamente migliorata
Minimamente migliorata
Nessuna variazione
Minimamente peggiorata
Notevolmente peggiorata
Placebo–Serelaxina
24 h
Figura 12. S
tudio RELAX-AHF: modificazioni del sintomo dispnea. AUC, area sottesa
alla curva; DS, deviazione standard; VAS, scala visuo-analogica (elaborata graficamente da Teerlink et al. 2013).
22
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Serelaxina nel trattamento dello scompenso cardiaco acuto
Lo studio RELAX-AHF suggerisce altre
due interessanti osservazioni. La prima è
che il miglioramento del sintomo dispnea
non risulta transitorio, ma si protrae per
almeno 2 settimane; infatti, l’analisi del
parametro VAS AUC è stata condotta anche a 14 giorni dall’inizio del trattamento e la differenza tra serelaxina e placebo
mantiene un’elevata significatività statistica (p=0,017). La seconda considerazione,
relativa alla variazione del VAS score (cioè
la valutazione puntuale dell’intensità del
sintomo), conferma invece quanto già osservato per l’altro endpoint principale: per
ottenere la significatività statistica nella
riduzione della dispnea non occorre attendere il 5° giorno: infatti il VAS score risulta
significativamente differente già al giorno
1 (24 ore), cioè in fase molto precoce, a
conferma di quanto già osservato in merito all’evoluzione della Likert scale tra la 12a
e la 24a ora.
In conclusione, l’analisi congiunta dei due
endpoint principali evidenzia come l’efficacia di serelaxina sul sintomo dispnea sia già
presente in maniera tendenziale a partire
dalle prime fasi di infusione del farmaco e si accentui al termine del 1° giorno
di infusione (VAS score già significativo),
sino a raggiungere la piena significatività
statistica al 5° giorno, quindi con coerente
evoluzione temporale, confermandosi poi
persistente almeno sino al 14° giorno.
Un’ulteriore considerazione sull’andamento del sintomo dispnea è legata al disegno
sperimentale, che prevedeva il confronto
tra serelaxina e placebo on top dello standard di cura dello scompenso cardiaco
acuto, che include la somministrazione endovenosa di diuretici dell’ansa (somministrati sostanzialmente al 100% dei pazienti
randomizzati) e nitrati. Questi trattamenti
sono notoriamente i più efficaci nell’indurre una rapida risposta sintomatologica e
quindi influenzano in maniera sostanziale
l’andamento della dispnea nelle primissime ore di terapia. In questa fase più precoce è quindi realisticamente assai difficile
ottenere un ulteriore sensibile miglioramento della sintomatologia.
Questa osservazione trova chiaramente
riscontro nell’andamento del grafico relativo alla VAS AUC, che presenta la sua
massima pendenza verso il miglioramento
nelle primissime ore, quando è prevalente
l’effetto degli altri provvedimenti terapeutici (fondamentalmente l’infusione di diuretico). Il vantaggio di serelaxina comincia
a profilarsi a partire dalla 6a ora quando,
in accordo con quanto comunemente documentato dall’esperienza clinica, l’effetto
positivo dei diuretici sulla dispnea si indebolisce in entrambi i gruppi di pazienti a confronto. In altre parole, l’effetto di
serelaxina deve essere valutato “al netto”
dell’efficacia nota degli altri provvedimenti terapeutici, con un valore aggiunto che
diviene sempre più evidente all’esaurirsi
dell’effetto acuto delle altre terapie.
Infine, una considerazione di ordine metodologico: le due modalità utilizzate per
la rilevazione dello stesso sintomo sono
metodologicamente differenti. La Likert
scale è una scala verbale semiquantizzata a
6 livelli, mediante la quale il paziente doveva esprimere un giudizio sulla variazione
di intensità del sintomo utilizzando una
specifica aggettivazione proposta (notevolmente, moderatamente, minimamente). A
questo proposito, è noto che tutte le scale
verbali semiquantizzate di questo tipo risentono di un’importante variabilità legata
all’interpretazione semantica dell’aggettivazione proposta, che a sua volta risente in
23
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Therapy Perspectives
For Rational Drug Use & Disease Management
maniera determinante del grado di scolarità e, più in generale, del contesto culturale a cui il paziente appartiene. Di contro,
l’analogo visivo utilizzato per valutare il
secondo endpoint, rifacendosi a una misurazione geometrica, risente meno delle
influenze culturali e può dare risultati profondamente diversi se utilizzato in parallelo a una scala verbale semiquantizzata nello stesso paziente. Ciò può spiegare perché
il VAS score relativo alla 24a ora (giorno 1)
evidenzia una differenza statisticamente
significativa tra i due gruppi, che non si
osserva invece con la Likert scale.
Nello studio RELAX-AHF il trattamento
con serelaxina, oltre all’effetto favorevole
sulla dispnea, ha influenzato positivamente, e in maniera statisticamente significativa, anche gli altri sintomi e segni dello
scompenso, come l’ortopnea, l’edema, i
DOE
p=0,02
rantoli e la pressione venosa giugulare (Figura 13).
Oltre alle azioni utili per il controllo della
sintomatologia specifica dello scompenso acuto, serelaxina è in grado di esercitare anche numerosi effetti favorevoli per il
contenimento del danno d’organo indotto
dall’insufficienza cardiaca acuta (Figura 14).
Serelaxina potenzia infatti i meccanismi
di protezione cellulare, esplicando plurime
attività antinfiammatorie che vanno dal
contenimento dell’infiltrazione tissutale
da parte delle cellule ad attività pro-infiammatoria alla riduzione dello stress ossidativo. In aggiunta, serelaxina promuove
la sopravvivenza cellulare riducendo l’apoptosi correlata allo stress ossidativo e
limitando il sovraccarico intracellulare di
calcio. Stimolando l’angiogenesi e incrementando la sopravvivenza delle cellule
Ortopnea
p=0,002
Edema
p=0,01
Rantoli
p=0,008
JVP
p=0,06
100
Assente
Assente
Assenti
<6 cm
<1/3
6-10 cm
1/3-2/3
>2/3
>10 cm
Lieve
ax
ina
bo
rel
ce
Se
Pla
ina
ax
ce
ax
ina
bo
rel
ina
bo
ax
rel
ce
Se
Pla
ina
o
ax
rel
eb
Se
Pla
c
3+
rel
>30°
0
ce
Grave
2+
Se
2 cuscini
20
Pla
1+
Moderata
bo
1 cuscino
40
Se
60
Assente
Pla
Pazienti (%)
80
Figura 13. Studio RELAX-AHF: evoluzione dei segni e dei sintomi di congestione
al giorno 2. DOE, dispnea da sforzo; JVP, pressione venosa giugulare (elaborata
graficamente da Teerlink et al. 2013).
24
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Serelaxina nel trattamento dello scompenso cardiaco acuto
1
Sovraccarico
miocardico;
Funzionalità renale
Serelaxina
Preservazione delle
cellule
2
Vasorilassamento*
NO endoteliale*
RVS, FER, VFG, ET-1
Redistribuzione del volume
Infiammazione
Infiltrati di cellule
infiammatorie
Stress ossidativo
Rimodellamento
Metalloproteasi di
matrice
Rigidità vasale
Riparazione tissutale
Angiogenesi
Sopravvivenza
cellule staminali
3
Rimodellamento MEC
Fibrosi
Sopravvivenza cellulare
Sintesi collagene
Degradazione
collagene
Stress ossidativo
Apoptosi
Sovraccarico Ca2+
Dimensioni infarto
* Dilatazione selettiva dei
vasi precostretti
Figura 14. E
ffetti favorevoli di serelaxina sul contenimento del danno d’organo da
scompenso cardiaco acuto. ET-1, endotelina 1; FER, flusso ematico renale; MEC,
matrice extracellulare; NO, ossido nitrico; RVS, resistenza vascolare periferica;
VFG, velocità di filtrazione glomerulare (elaborata graficamente da Du et al. 2010).
staminali, serelaxina può inoltre favorire i
processi di guarigione tissutale, particolarmente a livello miocardico. Infine, serelaxina è anche in grado di influenzare positivamente i processi di rimodellamento
cardiaco: riduce l’attivazione e la proliferazione dei fibroblasti cardiaci, inibisce la
sintesi e promuove la demolizione del collagene, aumenta la produzione di peptide
natriuretico atriale. In sintesi, il farmaco è
in grado di ridurre la vasocostrizione, l’infiammazione, la fibrosi, lo stimolo ipertrofico, la morte cellulare, favorendo invece i
processi di guarigione tissutale.
Gli effetti di serelaxina sul danno d’organo
indotto dall’episodio di scompenso acuto
sono stati oggetto di uno specifico sottostudio condotto nei pazienti arruolati nel
trial RELAX-AHF, che si è proposto di
valutare l’evoluzione dei biomarcatori del
danno cardiaco, renale ed epatico.
Il primo dato di sicuro interesse emerso
da questo sottostudio è che variazioni significative nell’incremento della troponina
(marcatore del danno miocardico) e della
cistatina C (marcatore del danno renale) e
nella riduzione dell’NT-proBNP (marcatore dello stato di congestione) risultano
associate in maniera statisticamente significativa alla mortalità a 180 giorni.
In altre parole i pazienti che durante l’episodio acuto di scompenso hanno presenta-
25
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Therapy Perspectives
For Rational Drug Use & Disease Management
to un incremento di troponina e di cistatina C hanno mostrato un rischio relativo di
mortalità significativamente più elevato. Al
contrario, una riduzione clinicamente significativa di NT-proBNP è stata associata
a un minore rischio relativo di mortalità.
Le variazioni sostanziali (cioè clinicamente significative) dei suddetti biomarker
hanno dimostrato una più forte predittività sul rischio relativo di mortalità quando
misurate entro il giorno 2 (Tabella 3).
Appare pertanto giustificato affermare
che, se la somministrazione di serelaxina
ha indotto una modificazione significativa
rispetto al placebo di questi biomarker durante il trattamento della fase acuta dello
scompenso, tale variazione rappresenti il
presupposto fisiopatologico per un effetto
favorevole sulla mortalità a 180 giorni. In
effetti, l’analisi degli effetti del trattamento con serelaxina sulla troponina T ad alta
sensibilità (marcatore del danno cardiaco)
e sulla cistatina C (marcatore del danno renale) ha evidenziato che il farmaco ha esercitato un’azione favorevole, statisticamente
significativa, su entrambi i biomarker. Un
analogo effetto positivo è stato indotto da
serelaxina anche sull’NT-proBN, i cui valori sono stati significativamente ridotti.
È inoltre interessante osservare come l’effetto favorevole di serelaxina sulla troponina T ad alta sensibilità si sia verificato
nell’ambito dei primi 2 giorni di osservazione, cioè durante l’infusione del farmaco,
rendendo evidente che l’effetto protettivo
sulla comparsa del danno d’organo (og-
Tabella 3. RELAX-AHF: effetto di serelaxina sui marcatori cardiaci e renali. Associazione tra variazioni sostanziali dei marcatori di danno d’organo e mortalità a 180
giorni. ALT, alanina aminotransferasi; AST, aspartato aminotransferasi; HR, hazard
ratio; IC, intervallo di confidenza; NT-proBNP, frammento N-terminale del peptide
natriuretico cerebrale (elaborata graficamente da Metra et al. 2013).
Variazione del biomarker dal
basale al giorno 2
Mortalità* entro il giorno 180
No
Sì
Troponina
(aumento ≥20%)
62/825
7,6 (6,0; 9,6)
Creatinina
[aumento ≥27 µmol/l (0,3 mg/dl)]
HR (IC al 95%)
Valore di p
30/231
13,1 (9,3; 18,2)
1,80
(1,16; 2,777)
0,0076
75/919
8,2 (6,6; 10,2)
23/167
13,8 (9,4; 20,0)
1,76
(1,11; 2,82)
0,016
Cistatina C
[aumento ≥22 nmol/l (0,3 mg/l)]
66/869
7,7 (6,1; 9,7)
32/212
15,2 (11,0; 20,7)
2,10
(1,38; 3,20)
0,0004
AST
(aumento ≥20%)
73/906
8,1 (6,5; 10,1)
13/99
13,4 (8,0; 22,0)
1,66
(0,92; 3,00)
0,099
ALT
(aumento ≥20%)
79/970
8,2 (6,6; 10,1)
15/99
15,3 (9,5; 24,1)
1,96
(1,13; 3,40)
0,015
NT-proBNP
(riduzione ≥30%)
53/395
13,5 (10,5; 17,4)
45/686
6,6 (5,0; 8,8)
0,47
(0,31; 0,69)
0,0001
* I valori sono n/N con percentuali Kaplan-Meier e IC 95%.
26
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Serelaxina nel trattamento dello scompenso cardiaco acuto
gettivata dall’andamento del biomarker)
è strettamente legato agli effetti farmacologici favorevoli che si realizzano appunto
durante il periodo di somministrazione
(Tabella 4).
Analoghe considerazioni valgono per l’effetto di serelaxina sulla cistatina C, marca-
tore del danno renale, e sull’NT-proBNP,
marcatore dello stato di congestione.
I risultati del sottostudio relativo all’andamento dei biomarker evidenziano, quindi,
che il trattamento con serelaxina, oltre agli
effetti favorevoli sulla sintomatologia tipica
dello scompenso cardiaco acuto, è in grado
Tabella 4. S
tudio RELAX-AHF: effetto sui marcatori cardiaci e renali. Raffronto
delle modificazioni dei marcatori di danno d’organo tra i gruppi di trattamento con
serelaxina e placebo. HR, hazard ratio; hs-cTnT, troponina T cardiaca ad alta sensibilità; IC, intervallo di confidenza; LLOQ, limite inferiore di quantificazione (elaborata graficamente da Metra et al. 2013).
Placebo
(n=580)
Serelaxina
(n=581)
0,036
0,034
34/541 (6,3%)
40/533 (7,5%)
0,037
0,033
Inferiore allo LLOQ al giorno 2
32/534 (6,0%)
37/523 (7,1%)
Variazione relativa al giorno 2*
1,035
0,966
Variabile
Effetto del trattamento
(IC al 95%)
Valore
di p
0,933 (0,883; 0,985)
0,013
0,53 (0,39; 0,71)
<0,0001
–9,5 (–12,4; –6,6)
<0,001
0,50 (0,35; 0,70)
<0,0001
0,950 (0,931; 0,970)
<0,001
0,63 (0,46; 0,85)
0,0027
Danno cardiaco: hs-cTnT (µg/l)
Al basale*
Inferiore allo LLOQ
(0,013 µg/l) al basale
Al giorno 2*
Aumento ≥20% al giorno 2
145/534 (27,2%) 86/522 (16,5%)
Peggioramento della funzionalità renale: creatinina sierica (µmol/l)
Media al basale
117
117
Media al giorno 2
123
113
Variazione media al giorno 2
6,2
–3,4
Aumento ≥0,3 mg/l (27 nmol/l)
dal basale al giorno 2
108/545 (19,8%) 59/541 (10,9%)
Peggioramento della funzionalità renale: cistatina C (nmol/l)
Al basale*
109
109
Al giorno 2*
118
112
1,080
1,027
Variazione relativa al giorno 2*
Aumento ≥0,3 mg/l (22 nmol/l)
dal basale al giorno 2
126/542 (23,2%) 86/539 (16,0%)
* Media geometrica
27
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Therapy Perspectives
For Rational Drug Use & Disease Management
di esercitare un effetto protettivo nei confronti della costituzione del danno d’organo
acuto a livello cardiaco e renale, la cui entità
è strettamente correlata con la prognosi del
paziente, in termini di mortalità. Non sorprende quindi che lo studio RELAX-AHF
abbia mostrato una significativa riduzione
della mortalità a 180 giorni nel gruppo di
pazienti trattati con serelaxina rispetto a
quelli trattati con placebo (Figura 15).
Infatti, l’effetto protettivo esercitato dal
farmaco sul danno d’organo acuto indotto
dall’episodio di scompenso a livello cardiaco e renale rappresenta il presupposto
fisiopatologico che giustifica la riduzione
significativa di mortalità osservata a distanza. L’andamento della mortalità, pur
letto alla luce delle considerazioni sin qui
esposte, è tra gli endpoint secondari quello che maggiormente colpisce. In prima
12
Placebo: 55 decessi per cause CV (9,6%)
Serelaxina: 35 decessi per cause CV (6,1%)
HR 0,63 (IC 95% 0,41-0,96)
p=0,028
14
10
n=580
8
6
n=581
4
2
0
0 14 30
60
90
120
150
Tempo dalla randomizzazione (giorni)
Decessi per qualsiasi causa (%)
Decessi per cause CV (%)
14
istanza per il fatto che non è atteso, sulla
base di quanto noto sui farmaci sinora utilizzati per la terapia dello scompenso cardiaco acuto, che un intervento terapeutico
efficace sui sintomi della fase acuta sia in
grado di influenzare anche la mortalità. In
seconda istanza, per l’entità della riduzione della mortalità cardiovascolare a 6 mesi
(–37%), dello stesso ordine di grandezza di
quella ottenuta con gli ACE-inibitori nello scompenso cardiaco cronico su periodi
più prolungati di trattamento e di followup. Non da ultimo, il risultato sulla mortalità cardiovascolare colpisce per il fatto di
essere stato ottenuto con un trattamento
per via endovenosa protratto per sole 48
ore: non vi sono precedenti di questo tipo per nessuno degli altri provvedimenti
terapeutici proposti in passato per il trattamento dello scompenso cardiaco acuto.
180
12
10
Placebo: 65 decessi (11,3%)
Serelaxina: 42 decessi (7,3%)
HR 0,63 (IC 95% 0,43-0,93)
p=0,02
n=580
8
6
n=581
4
2
0
0 14 30
60
90
120
150
Tempo dalla randomizzazione (giorni)
180
Numero a rischio
Placebo
580
567
559547 535523 514444 580
567
559547 535 523514444
Serelaxina
581
573
563555 546542 536463 581
573
563555 546 542536463
Figura 15. S
tudio RELAX-AHF: andamento della mortalità cardiovascolare e totale
a 180 giorni nei gruppi di trattamento con serelaxina e placebo (analisi di KaplanMeier). CV, cardiovascolare; HR, hazard ratio; IC, intervallo di confidenza (elaborata
graficamente da Metra et al. 2013, Perna et al. 2005).
28
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25/03/14 13:16
Serelaxina nel trattamento dello scompenso cardiaco acuto
L’andamento della mortalità totale è
anch’esso degno di alcune considerazioni.
Innanzitutto, l’impressionante riduzione
di mortalità cardiovascolare è un dato che
non viene in alcun modo “diluito” passando
a esaminare la mortalità totale (–37%), come in genere avviene quando entra in gioco
la mortalità non specifica, verosimilmente
non influenzabile dal trattamento in esame.
È utile rilevare che nella mortalità totale osservata nel gruppo placebo rientra un 20%
di mortalità non specifica, che avrebbe potuto certamente ridurre quantitativamente
l’impatto positivo osservato sulla mortalità
specifica. Questo dato appare altamente rilevante, soprattutto in termini di safety. Il
vantaggio sulla mortalità cardiovascolare
non è infatti inficiato da eventuali effetti
non positivi su altre tipologie di mortalità.
Va infine ricordato che i risultati sulla
mortalità ottenuti nel trial RELAX-AHF
appaiono del tutto concordanti con quelli del trial Pre-RELAX-AHF, uno studio
preliminare volto a verificare la plausibilità clinica delle premesse farmacologiche
che indicavano in serelaxina un potenziale nuovo approccio al trattamento dello
scompenso cardiaco acuto.
Se poi si considerano cumulativamente i
risultati dei due studi, l’effetto favorevole
di serelaxina sulla mortalità a 180 giorni
appare ancora più evidente (Figura 16).
L’insieme delle azioni farmacologiche specifiche di serelaxina limita quindi il danno
d’organo indotto dall’episodio di scompenso cardiaco acuto, contenendone gli effetti
negativi strutturali e funzionali a livello
cardiaco, renale e vascolare. In altre parole,
rispetto alla terapia convenzionale, il trattamento dell’episodio acuto con serelaxina
1,00
Pre-RELAX-AHF: p=0,16
RELAX-AHF: p=0,020
Raggruppati: p=0,0076
0,98
Probabilità di sopravvivenza
0,96
0,94
0,92
0,90
Pre-RELAX-AHF: Placebo
Pre-RELAX-AHF: Serelaxina
RELAX-AHF: Placebo
RELAX-AHF: Serelaxina
Raggruppati: Placebo
Raggruppati: Serelaxina
0,88
0,86
0,84
0,82
0
20
40
60
80
100
Giorno dello studio
120
140
160
180
Figura 16. Andamento concordante della mortalità negli studi Pre-RELAX-AHF e
RELAX-AHF (elaborata graficamente da Metra et al. 2013, Perna et al. 2005).
29
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Therapy Perspectives
For Rational Drug Use & Disease Management
oltre a migliorare la sintomatologia, comporta una limitazione dei danni strutturali
e funzionali indotti dallo scompenso acuto.
Ulteriori episodi di scompenso vengono
a inscriversi in un contesto strutturale e
funzionale meno compromesso con conseguente miglioramento della prognosi a
medio termine del paziente.
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