Cass. civ. Sez. III, Sent., 18-11-2014, n. 24473

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«Danno non patrimoniale: unitarietà della sua liquidazione»
(Cass. civ. Sez. III, Sent., 18-11-2014, n. 24473)
Danni non patrimoniali –liquidazione del danno– unitarietà del danno
Il carattere unitario della liquidazione del danno non patrimoniale ex art. 2059
c.c., preclude la possibilità di un separato ed autonomo risarcimento di
specifiche fattispecie di sofferenza patite dalla persona (danno alla vita di
relazione, danno estetico, danno esistenziale, ecc., che hanno solo funzione
descrittiva dell'estensione dell'unico danno non patrimoniale nella fattispecie
in esame), che costituirebbero vere e proprie duplicazioni risarcitorie, fermo
restando, però, l'obbligo del giudice di tenere conto di tutte le peculiari
modalità di atteggiarsi del danno non patrimoniale nel singolo caso, tramite
l'incremento della somma dovuta a titolo risarcitorio in sede di
personalizzazione della liquidazione (cfr. Cass., n. 21716 del 23/09/2013).
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SEGRETO Antonio - Presidente Dott. PETTI Giovanni Battista - Consigliere Dott. TRAVAGLINO Giacomo - Consigliere Dott. SCARANO Luigi Alessandro - Consigliere Dott. D'AMICO Paolo - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 17607/2012 proposto da:
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P.A., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZALE DELLE MEDAGLIE
D'ORO 20, presso lo studio dell'avvocato GIANLUCA MORIANI,
rappresentato e difeso dall'avvocato NICOLA FABIANO giusta procura a
margine del ricorso;
- ricorrente contro
MILANO ASSICURAZIONI SPA, in persona del suo procuratore speciale
Dott. G.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MALCESINE 30, presso
lo studio dell'avvocato PORCELLI GIOVANNI, che la rappresenta e difende
unitamente all'avvocato PATRIZIA CARLI giusta procura in calce al
controricorso;
- controricorrente e contro
B.G.;
- intimato Nonchè da:
B.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCIALOJA 6, presso lo
studio dell'avvocato LUIGI OTTAVI, che lo rappresenta e difende unitamente
all'avvocato GIUSEPPE COLIVA giusta procura in calce al controricorso e
ricorso incidentale;
- ricorrente incidentale contro
P.A., MILANO ASSICURAZIONI SPA;
- intimati avverso la sentenza n. 1380/2011 della CORTE D'APPELLO di BOLOGNA,
depositata il 28/03/2012 R.G.N. 1104/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23/09/2014 dal
Consigliere Dott. PAOLO D'AMICO;
udito l'Avvocato NICOLA FABIANO;
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udito l'Avvocato GIOVANNI PORCELLI;
udito l'Avvocato PATRIZIA CARLI;
udito l'Avvocato GIUSEPPE COLIVA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. BASILE
Tommaso, che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.
Svolgimento del processo
P.A. propose ricorso dinanzi al Tribunale di Bologna citando B.G. e la Milano
Assicurazioni s.p.a. per ottenere il risarcimento dei danni conseguenti ad un
sinistro occorsole il 30 marzo 2000 mentre, alla guida del suo ciclomotore,
ferma al semaforo, venne urtata dall'auto del B. perdendo il controllo del
mezzo e finendo sotto un'auto che si trovava davanti a lei.
Espose la ricorrente che il conducente dell'auto abbandonò quest'ultima con le
chiavi inserite e fuggì dalla scena; solo successivamente venne denunciato per
il furto del mezzo.
La P. chiese di essere risarcita dei gravissimi danni subiti con la condanna, in
solido, dei responsabili, anche a titolo di mala gestio, considerato che la
compagnia assicuratrice aveva corrisposto il massimale di polizza in due
soluzioni, solo in data 21 agosto 2001 e 5 febbraio 2003.
Nella contumacia del B. si costituì la compagnia al fine di contestare la
domanda di mala gestio e di invocare un eventuale concorso di colpa di altri
veicoli, pure coinvolti nel sinistro, e della P., essendo emersi dubbi sulla
posizione del ciclomotore e sulla condotta di guida della donna.
Il Tribunale condannò B. e Milano Assicurazioni al risarcimento del danno nei
confronti della P., investita, a bordo del suo motociclo, dal B., con postumi di
invalidità permanente del 90%, ad Euro 942.900,00 per danno non
patrimoniale ed Euro 664.095,51 a titolo di risarcimento del danno
patrimoniale, oltre interessi.
Condannò l'assicuratrice al pagamento degli interessi sull'importo già
corrisposto di massimale di polizza, dalla data di messa in mora.
Propose appello principale il B. ed incidentale la P., mentre Milano
Assicurazioni chiese l'integrale conferma della sentenza e il rimborso delle
ulteriori spese.
La Corte d'appello ha respinto l'appello proposto da B.; ha rigettato l'appello
incidentale proposto dalla P.; ha compensato le spese del grado fra B. e P.; ha
condannato B. a rifondere integralmente le spese del giudizio d'appello a
Milano Assicurazioni.
Propone ricorso per cassazione P.A. con quattro motivi assistiti da memoria.
Resistono con controricorso Milano Assicurazioni e B.G.;
quest'ultimo presenta ricorso incidentale e memoria.
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Motivi della decisione
I ricorsi sono riuniti ai sensi dell'art. 335 c.p.c..
Preliminarmente Alessandra Pentone eccepisce "inesistenza e/o nullità del
controricorso". Sostiene al riguardo che il controricorso notificatole dal
difensore della Milano Assicurazioni, che allega in copia, da un lato non è
firmato e dall'altro è privo della "procura rilasciata in calce al presente atto che
viene testualmente menzionata a p. 4 del controricorso".
L'eccezione è infondata.
Il controricorso della Milano Assicurazioni, nell'originale depositato presso
l'ufficio depositi di questa Corte è sottoscritto dai difensori ed ha procura
allegata in calce.
Va rilevata invece l'inammissibilità del controricorso incidentale di B.G., per le
ragioni addotte dalla ricorrente in memoria, in quanto notificato oltre il
termine di venti giorni previsto dall'art. 370 c.p.c., comma 1. Il controricorso
incidentale non è mai stato notificato al difensore avv. Nicola Fabiano nel
domicilio eletto in Roma alla via Nicotera n. 29, presso lo studio legale
Moriani (espressamente indicato in ricorso), per erronea, omessa indicazione
del recapito (studio legale Moriani) da parte del notificante difensore del B..
Ciò non è accaduto per il ricorso della Milano Assicurazioni s.p.a. che è stato,
invece, regolarmente recapitato al predetto domicilio eletto.
Tutto ciò ha indotto il difensore del B. a richiedere soltanto in data 23 ottobre
2012 (e quindi tardivamente) una nuova notifica a mezzo posta presso il
nuovo domicilio in Roma al piazzale delle Medaglie d'oro, n. 20, con la
conseguenza dell'inammissibilità del controricorso incidentale.
Va infatti ribadito il principio secondo cui, a seguito della sentenza n. 477 del
2002 della Corte costituzionale - che dispone che la notifica di un atto
processuale si intende perfezionata, per il notificante, al momento della
consegna del medesimo all'ufficiale giudiziario - la tempestività della
proposizione del ricorso per cassazione esige che la consegna della copia del
ricorso per la spedizione a mezzo posta venga effettuata nel termine
perentorio di legge e che l'eventuale tardività della notifica possa essere
addebitata esclusivamente a errori o all'inerzia dell'ufficiale giudiziario o dei
suoi ausiliari, e non a responsabilità del notificante. Pertanto, la data di
consegna all'ufficiale giudiziario non può assumere rilievo ove l'atto in
questione sia "ab origine" viziato da errore nell'indicazione dell'esatto
indirizzo del destinatario, poichè tale indicazione è formalità che non sfugge
alla disponibilità del notificante (S.U. n. 7607/2010). Ciò si è verificato nella
fattispecie.
Con il primo motivo la ricorrente denuncia "insufficiente e contraddittoria
motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360,
comma 1, n. 5)".
Ad avviso della ricorrente il danno, così come determinato, è palesemente
incongruo rispetto al reale pregiudizio dalla stessa subito.
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La ricorrente impugna i criteri di liquidazione e quantificazione del danno non
patrimoniale adottati dalla Corte d'appello. In particolare deduce la
contraddittorietà della sentenza nella parte in cui quest'ultima determinerebbe
il relativo importo, senza tenere conto di tutte le voci di danno non
patrimoniale dalla stessa P. richiesti. Deduce inoltre che la detta sentenza non
ha adeguatamente valorizzato la percentuale di aumento del valore a punto in
ragione della personalizzazione del danno non patrimoniale.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia "violazione o falsa applicazione
degli artt. 2056 e 2059 c.c., (art. 360, comma 1, n. 3) e omessa motivazione circa
un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360, comma 1, n. 5)".
Ad avviso di P.A. si è in presenza di un danno morale "sofferenziale"
soggettivo da reato e di un danno esistenziale. Tali voci avrebbero dovuto
essere analizzate dalla Corte d'appello nel processo logico-giuridico di
personalizzazione dell'unica posta di danno non patrimoniale liquidata.
In conclusione, ad avviso della ricorrente, la sentenza impugnata ha omesso di
pronunciarsi sulle poste di danno risarcite a titolo di danno non patrimoniale,
nulla dicendo sul danno esistenziale.
I motivi, da esaminare congiuntamente stante la connessione, sono infondati.
Va ribadito il principio secondo cui (Cass., n. 21716 del 23/09/2013) il carattere
unitario della liquidazione del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c.,
preclude la possibilità di un separato ed autonomo risarcimento di specifiche
fattispecie di sofferenza patite dalla persona (danno alla vita di relazione,
danno estetico, danno esistenziale, ecc., che hanno solo funzione descrittiva
dell'estensione dell'unico danno non patrimoniale nella fattispecie in esame),
che costituirebbero vere e proprie duplicazioni risarcitorie, fermo restando,
però, l'obbligo del giudice di tenere conto di tutte le peculiari modalità di
atteggiarsi del danno non patrimoniale nel singolo caso, tramite l'incremento
della somma dovuta a titolo risarcitorio in sede di personalizzazione della
liquidazione.
Le "tabelle per la liquidazione del danno non patrimoniale derivante da
lesione all'integrità psico-fisica" predisposte dal Tribunale di Milano
costituiscono valido e necessario criterio di riferimento ai fini della
valutazione equitativa ex art. 1226 c.c., là dove la fattispecie concreta non
presenti circostanze tali da richiedere la relativa variazione in aumento o, per
le lesioni di lievi entità conseguenti alla circolazione, in diminuzione, con la
conseguenza che risulta incongrua la motivazione della sentenza di merito che
non dia conto delle ragioni della preferenza assegnata ad una liquidazione
che, avuto riguardo alle circostanze del caso concreto, risulti sproporzionata
rispetto a quella cui si giungerebbe mediante l'applicazione dei parametri
recati dall'anzidette "tabelle" milanesi. Ove, peraltro, si tratti di dover risarcire
anche i c.d. "aspetti relazionali" propri del danno non patrimoniale, il giudice
è tenuto a verificare se i parametri delle tabelle in concreto applicate tengano
conto (come accade per le citate "tabelle" di Milano) pure del c.d. "danno
esistenziale", ossia dell'alterazione/cambiamento della personalità del soggetto
che si estrinsechi in uno sconvolgimento dell'esistenza, e cioè in radicali
cambiamenti di vita, dovendo in caso contrario procedere alla c.d.
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"personalizzazione", riconsiderando i parametri anzidetti in ragione anche di
siffatto profilo, al fine di debitamente garantire l'integralità del ristoro
spettante al danneggiato. (Cass., n. 14402 del 30/06/2011).
Nella fattispecie sono stati applicati i suddetti principi; sono state applicate le
tabelle di Milano, come afferma la stessa ricorrente, e la corte di merito ha
provveduto con congrua motivazione ad effettuare la personalizzazione dei
parametri tabellari. Infatti la C.A. osserva che la valutazione tabellare del
danno biologico, effettuata in sentenza è da confermare alla luce della
generale applicazione delle tabelle milanesi adottate anche dal Tribunale di
Bologna e della motivazione della ulteriore personalizzazione effettuata dal
primo giudice che richiama l'età della donna al momento del sinistro, le
modalità del fatto lesivo, la gravità dei postumi e l'incidenza degli stessi sulla
vita quotidiana della danneggiata.
Con il terzo motivo la ricorrente lamenta "violazione o falsa applicazione
dell'art. 1224 c.c., comma 2, (art. 360, comma 1, n. 3) - insufficiente e
contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il
giudizio (art. 360, comma 1, n. 5) in ordine alla sussistenza del danno da mala
gestio".
Sostiene la ricorrente che l'impugnata sentenza abbia errato per non aver
ritenuto che il pagamento del massimale da parte della compagnia
assicuratrice, dopo tre anni, costituisca mala gestio impropria e che nella
stessa debbano rientrare anche le spese legali e gli oneri connessi, necessari
alla tutela dei diritti della danneggiata.
Sempre ad avviso della ricorrente la sentenza impugnata è altresì censurabile
nella parte in cui non ritiene sussistente la mala gestio della compagnia
assicuratrice, giustificando il comportamento da essa tenuto in ragione della
distanza fra le pretese della ricorrente e il massimale, avendo dovuto la
compagnia assicuratrice mettere a disposizione della danneggiata l'intero
massimale nei termini di legge.
Il motivo è infondato. Va, peraltro, osservato che il motivo del ricorso
incidentale del B. è sostanzialmente identico, per cui nel merito esso è in ogni
caso infondato.
Osserva questa Corte che in tema di assicurazione obbligatoria della
responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli e dei natanti,
l'assicuratore, a seguito della richiesta del danneggiato formulata L. n. 990 del
1969, ex art. 22, è direttamente obbligato ad adempiere nei confronti del
danneggiato medesimo il debito d'indennizzo derivante dal contratto di
assicurazione. Una volta scaduto il termine di sessanta giorni da detta norma
previsto, l'assicuratore è in mora verso il danneggiato, qualora sia stato posto
nella condizione di determinarsi in ordine all'"an" ed al "quantum" della
responsabilità del suo assicurato. In tal caso l'obbligazione dell'assicuratore
verso il danneggiato può superare i limiti del massimale per colpevole ritardo
(per "mala gestio" cosiddetta impropria) a titolo di responsabilità per
l'inadempimento di un'obbligazione pecuniaria e, quindi, senza necessità di
prova del danno quanto agli interessi maturati sul massimale per il tempo
della mora ed al saggio degli interessi legali, ed oltre questo livello in presenza
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di allegazione e prova (anche tramite presunzioni) di un danno maggiore.
Inoltre per ottenere la corresponsione degli interessi e rivalutazione oltre il
limite del massimale non è necessario che il danneggiato proponga già in
primo grado nell'ambito dell'azione diretta anche una domanda di
responsabilità dell'assicuratore per colpevole ritardo, ma è sufficiente che egli,
dopo aver dato atto di aver costituito in mora l'assicuratore, richieda anche gli
interessi ed il maggior danno da svalutazione ex art. 1224 c.c., ovvero formuli
la domanda di integrale risarcimento del danno, che è comprensiva sia della
somma rappresentata dal massimale di polizza, sia delle altre somme che al
massimale possono essere aggiunte per interessi moratori, rivalutazione e
spese. Ne consegue che, in caso di incapienza del massimale, la responsabilità
dell'assicuratore non può che correlarsi alle conseguenze negative che il
ritardo nell'adempimento della sua obbligazione (che è, appunto, quella di
pagamento del danno nei limiti del massimale) ha provocato e, dunque, agli
interessi e al maggior danno (anche da svalutazione monetaria, per la parte
non coperta dagli interessi) conseguito al ritardo nel pagamento del
massimale, che solo entro tali precisi limiti può essere, pertanto, superato,
restando a carico dell'assicurato il risarcimento del danno ulteriore (Cass., n.
22883 del 30/10/2007; Cass., n. 15397 del 28/06/2010).
Nella fattispecie di colpevole ritardo dell'assicuratore nel pagamento al
danneggiato degli interessi legali oltre il massimale non concorrono
necessariamente con la rivalutazione della somma (come pare ritenga parte
ricorrente), ma questa, secondo il meccanismo proprio dell'art. 1224 c.c.,
comma 2, è dovuta a titolo di maggior danno, se allegato e provato, e per la
parte eccedente il danno già coperto dagli interessi legali.
Nel caso in esame la C.A. rileva che il danno da colpevole ritardo
dell'assicuratore nel pagamento del massimale è coperto "ampiamente" dagli
interessi legali a cui è stato condannato sulla somma già pagata a titolo di
massimale, nè risulta che l'attrice abbia provato l'esistenza di un maggior
danno oltre quanto coperto dagli interessi legali.
Con il quarto motivo si denuncia "omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360,
comma 1, n. 5)".
Ad avviso della ricorrente l'impugnata sentenza della Corte d'appello di
Bologna è anche censurabile nella parte in cui dispone che l'eccessività delle
domande è una delle ragioni che giustificano la compensazione delle spese di
lite.
Il motivo è infondato.
La Corte di Appello correttamente motiva tale compensazione rilevando che il
rigetto dell'appello principale e di quello incidentale giustifica la
compensazione fra il B. e la P..
In conclusione, la Corte riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale e dichiara
inammissibile l'incidentale.
Esistono giusti motivi per compensare fra tutte le parti le spese del giudizio di
cassazione.
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P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile
l'incidentale. Compensa le spese fra tutte le parti del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, il 23 settembre 2014.
Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2014
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