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Anno CXVII - N° 11-12 - Poste Italiane S.p.A. - Sped. in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1, DCB Roma
LEGA
NAVALE
PERIODICO DELLA LEGA NAVALE ITALIANA DAL 1897
NOVEMBRE
DICEMBRE
2 014
È tempo di regali
Per Natale dona
l’iscrizione alla Lega Navale
a un amico che ti è caro.
Te ne sarà grato
per sempre.
Sommario
Lettere al Direttore
Editoriale
5
Paolo Bembo
Il giuramento degli allievi
dell’Accademia Navale visto
dal lato del brigantino interrato
Alfredo Cappellini
(vedi articolo a pag. 6)
•
L’Accademia Navale
di Livorno
Nicola Burattini
•
Anno CXVII - n. 11-12
novembre-dicembre 2014
Direttore Responsabile
Paolo Bembo
Capre, tonnare
e mari tropicali
Franco Maria Puddu
•
3
PON-PACS
Claudio Boccalatte
6
10
18
Sub
•
Redazione
Franco Maria Puddu
La sicurezza dei sub (3)
Respiriamo sott’acqua
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Poste Italiane S.p.A.
Sped. in abb. post. - D.L. 353/2003
(conv. in L. 27/02/2004 n. 46)
art. 1 comma 1 DCB Roma
•
Alberico Barbato
Kystkultur
Giovanni Panella
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La rivista viene inviata ai soci vitalizi,
benemeriti, ordinari e studenti.
Manoscritti fotografie e disegni,
pubblicati o no, non si restituiscono.
ISSN 0024-032X
finito di stampare nel mese di novembre 2014
La voce del diportista
•
•
Mare e cielo
Domenico Macaluso
•
L’isola senza futuro
Claudio Ressmann
•
Pianificare l’accostata
con il rate of turn
Riccardo Fava
Stampa
23
Recensioni e segnalazioni
44
29
Evento straordinario
in mare
Aniello Raiola
46
Emergenza sanitaria
35
•
Apparato digerente
Umberto Verna
47
Corso di pesca
•
40
42
Gira, gira… la girella
Riccardo Zago
Cronache delle
Sezioni e Delegazioni
RICORDIAMOCI DEI NOSTRI
FUCILIERI DI MARINA
Mostriamo loro la nostra solidarietà
inviando una e-mail a
[email protected]
48
51
Lettere al Direttore
Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa lettera sul
Progetto Mediterranea, 5 anni a vela in tutto il Mediterraneo, Mar Nero e Mar Rosso settentrionale, a fini
nautici, culturali e scientifici.
Caro Direttore,
scendere lungo due o trecento miglia per l’Italia
orientale ricevendo quasi sempre una splendida accoglienza, un grande entusiasmo, da parte delle sedi
locali della Lega Navale è un evento entusiasmante.
Ecco cos’è stato il primo tratto di navigazione di
Mediterranea (www.progettomediterranea.com),
un autentico tripudio di incontri, accoglienze, relazioni, a Trani come a Otranto, a San Benedetto
del Tronto come a Vieste.
Presidenti gentili, sensibili al nostro progetto, ormeggiatori accoglienti e disponibili, a cui si sono
aggiunti altri ancora. Dunque una sensibilità marinara esiste ancora in Italia. Che bella, insperata
scoperta per Mediterranea!
“Da Trani ad Otranto, ci siamo sentiti sempre come a
casa. Anche quando abbiamo dovuto cambiare improvvisamente i programmi, per motivi legati alla meteo, i delegati della Lega Navale ci hanno sempre supportati, bastava una telefonata per risolvere qualsiasi
tipo di problema. Personalmente, non dimenticherò
mai la calorosa accoglienza e l’ospitalità ricevuta ad
Otranto, dove tutti si sono prodigati per rendere confortevole e piacevole la permanenza di Mediterranea in
questa meravigliosa città che porterò sempre nel cuore.” Come mi ha detto Daniela Di Ciaccio, responsabile dei progetti per Mediterranea.
Da Otranto, dalle spire accoglienti e generose del
vulcanico delegato regionale della Lega Navale
ing. Andrea Retucci, siamo saltati ormai in Grecia,
costa occidentale, le isole, poi il Peloponneso, fino
a Koroni, dove ci troviamo adesso, splendido castello veneziano gemello di Methoni.
Buona vela, qualche problema tecnico usuale, come per chiunque viaggi, ma il nostro Mikado di
60 piedi va assai bene dopo i pesanti lavori invernali a San Benedetto del Tronto, porto dal quale lo
scorso 17 maggio è partita la spedizione nata da
un gruppo di appassionati di navigazione e Mediterraneo, che si concluderà a Genova, tra cinque
anni, dopo aver percorso circa 20.000 miglia
(32.000 km), facendo scalo in oltre 100 centri costieri di 29 paesi.
Solo cinque settimane, fin qui, poco rispetto alle
260 settimane che trascorreremo a bordo navigando per Mediterraneo, Mar Nero e Mar Rosso settentrionale. Ma sufficienti a farci già assaporare il
senso profondo della nostra spedizione culturale,
nautica, scientifica.
Negli incontri con scrittori del Mediterraneo che
effettuiamo a bordo emergono parole sensate, sapide, significati della nostra storia, della nostra
epoca, del nostro mondo. Nei prelievi di microplastiche, di plancton che effettuiamo a bordo, da soli o in compagnia dei ricercatori, emerge il dramma del mare, minacciato, trascurato, dimenticato.
Nell’osservazione delle meduse, nei test sui sistemi
meteo del CMCC (Centro Euro-Mediterraneo per i
Cambiamenti Climatici) del Salento applichiamo
il nostro tempo e la nostra attenzione al mare. Nel
bordare una vela, infine, ripercorriamo i gesti dei
nostri antenati, e ne siamo consapevoli, compresi,
coinvolti.
Ecco la spedizione di Mediterranea, che ieri navigava nel primo dei due grandi golfi del Peloponneso
meridionale con quattro vele a riva, e con una
brezza fresca che la faceva filare a otto splendidi
nodi. Quello che conta per noi è essere salpati, essere qui, a fare quello che è giusto fare, per quello
che davvero siamo. Uomini di mare che guardano
verso prua più di quanto non si specchino nella
propria scia.
Simone Perotti
(ideatore del progetto e
comandante di Mediterranea)
novembre-dicembre 2014
3
Editoriale
L
a Lega Navale, sin dalla sua nascita, ha identificato nella Marina Militare la sua matrice, il suo
riferimento ideale. Il regolamento della LNI è inserito nell’ordinamento militare con DPR 15
marzo 2010, n.90. Il nostro status pubblico è quindi chiaro, oltre che consolidato e non è in
discussione. Fra l’altro, da esso traiamo quell’autorevolezza che rende la LNI “altra” rispetto
ad ogni associazione vagamente similare.
Fatta questa premessa, speriamo che per quando queste righe andranno in stampa, la ragione abbia
prevalso. Si perché mentre sto scrivendo, la Lega Navale Italiana sta attraversando un momento di semiparalisi istituzionale, generato da provvedimenti legislativi che apparentemente contrastano con
uno statuto, per altro recentemente approvato; contrastano altresì con il resto della normativa, nonché con la prassi consolidata degli ultimi anni che per altro aveva dato prova di essere sufficientemente valida. Da marzo, infatti, tutti gli organi direttivi, a cominciare dal Presidente Nazionale e dal
vice Presidente, sono decaduti, con un conseguente blocco decisionale, in quanto ogni provvedimento necessario al funzionamento dell’Associazione, non può essere adottato. Se ciò sta avvenendo, non
è per cattiveria o malevolenza nei confronti dell’Associazione; si tratta solo di scarsa conoscenza e in
qualche caso di eccesso di burocrazia da parte dell’esecutivo. Esso ritiene che la Lega Navale debba essere destinataria di provvedimenti che sicuramente giusti nella loro generalità, andrebbero però applicati caso per caso, specie per quegli Enti pubblici di natura associativa, come la Lega Navale, che non
gravano sul bilancio dello Stato e ai quali lo stesso legislatore ha riconosciuto una propria specificità
con il comma 2 bis dell’articolo 2 del DL 31 agosto 2013, n. 101. Oltretutto, se così non si procedesse,
ne risulterebbe svilito lo Statuto recentemente rinnovato dopo anni di studi. Vi immaginate un Presidente Nazionale ed un vice Presidente che decadano dopo un mandato di solo un anno? Ma così non
c’è nemmeno il tempo di
conoscere la realtà
dell’Associazione,
figurarsi guidarla verso
il raggiungimento
degli scopi
istituzionali!
E poi, sempre
seguendo questa
nuova norma ed
applicandola alla LNI,
i delegati regionali e lo
stesso Direttore Responsabile
della Rivista non potrebbero più essere
dei pensionati. Beh! Va bene il concetto
di “largo ai giovani!”, ma la LNI, che è una struttura che opera
soprattutto a favore dei giovani, lo fa basandosi su conoscenze consolidate, aventi background di oltre
un secolo che solo l’esperienza che deriva da una certa età permette di accumulare. Inoltre, solo un
pensionato potrebbe dedicare tante energie all’Associazione; per chi fosse già professionalmente impegnato, l’attività a favore della Lega Navale potrebbe svolgersi solo a margine dei propri impegni primari. La situazione è tale che l’impasse prevale su tutto anche perché, diciamocelo pure, spesso, il trincerarsi dietro la burocrazia sottintende una scarsa voglia di approfondire e di elaborare una soluzione
atta ad adattare la nuova norma ad una situazione atipica. Dov’è finito il genio latino?! In una pigra
accettazione acritica di una variante che però non è applicabile. Se ciò capitasse in una Sezione, sarebbe da commissariarla ma poiché l’inadeguatezza normativa non è frutto delle azioni/decisioni né di
una specifica Sezione, né della Lega Navale nel suo insieme, può il responsabile governativo commissariare se stesso?
A questo punto non resta che augurare a tutti voi, da parte mia e della Redazione, un sereno Natale ed
un prospero Anno Nuovo.
novembre-dicembre 2014 Paolo Bembo
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L’Accademia
Navale
di Livorno
di Nicola Burattini
D
La formazione
dell’ufficiale di Marina
in Accademia Navale
al 1881, l’Accademia Navale
di Livorno ha
la missione di selezionare, istruire ed educare i giovani allievi affinché assimilino i più alti
valori etici e morali per
diventare leader capaci
di assumere sempre il controllo degli eventi ed affrontare tutte le sfide del futuro.
L’Istituto è nato dalla fusione delle due Scuole di
Marina preunitarie di Genova e Napoli, in base a
quanto deciso dall’allora ministro della Marina, il
generale del Genio Navale Benedetto Brin.
Da allora, per 133 anni, tutti gli ufficiali hanno
frequentato questo Istituto che rappresenta l’eccellenza della formazione militare e professionale,
in un ideale connubio tra passato e presente, tradizione ed innovazione.
L’accesso all’Accademia Navale avviene tramite un
concorso pubblico che prevede un articolato processo di selezione, costituito da più fasi, durante le
quali si vanno a ricercare, in base alle attitudini intellettive e caratteriali, giovani uomini e, dal 2000,
donne idonei a ricoprire incarichi di responsabili-
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novembre-dicembre 2014
tà e prestigio all’interno
della Forza Armata.
L’iter accademico degli
ufficiali richiede un giusto equilibrio di cultura
universitaria e preparazione professionale.
Educazione e formazione: questi due aspetti si
rivelano entrambi sostanziali per la costruzione
dei futuri comandanti, nonché leader della Forza
Armata.
L’educazione è composta da tutti quegli elementi
peculiari del militare e del marinaio, infatti gli allievi e frequentatori dell’Accademia vengono inquadrati, fin dal primo giorno, tramite attività etico-militari, professionali-marinaresche e ginnicosportive.
Un obbiettivo in tre fasi
Gli obbiettivi dell’educazione vengono raggiunti
attraverso tre fasi distinte, ma consequenziali ed
interconnesse. La prima fase è quella di formazione del militare, che si articola in attività marziali
quali la marcia e l’addestramento formale. Il secondo momento è quello di indottrinamento ma-
In un’aula dell’Accademia Navale di Livorno, allievi 1ª classe impegnati nel compito di nautica; in apertura, il crest dell’Accademia
rinaresco, in cui l’allievo deve diventare oltre
che un militare, un
marinaio. Infine, si
conclude con la più
lunga e complessa fase
di strutturazione dell’ufficiale, ponendo
quelle basi su cui ognuno di loro con impegno, professionalità e
dedizione costruirà il
professionista, il comandante ed infine il
dirigente.
Le attività propedeutiche all’educazione militare, marinaresca e
professionale sono numerose e diversificate.
Grande importanza è
riservata alle attività
marinaresche e in par-
Nel piazzale dell’Accademia, il comandante alla classe, capitano di corvetta Alessandro Trivisonne
ispeziona gli allievi
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Questo olio realizzato dal pittore di Marina Marc Sardelli, prende lo spunto da un momento della crociera estiva degli allievi di 1ª classe mentre manovrano le vele sui pennoni della nave scuola Amerigo Vespucci
ticolare alla vela, che meglio di tutte incarna lo
spirito di corpo e di sacrificio che devono essere
peculiari dell’equipaggio di una nave. Inoltre si dà
notevole spazio alla formazione ginnico-sportiva
seguendo la massima latina “mens sana in corpore
sano”.
L’importanza della vela
La vela in particolare, non viene annoverata in Accademia tra gli sport ma è ritenuta un’attività professionale che risulta elemento cardine nella formazione marinaresca e funzionale allo sviluppo
dello spirito di squadra e delle doti di comando.
La vela insegna infatti il rispetto del mare, il concetto di equipaggio, la condotta del personale e la
cura e manutenzione del mezzo, caratteristiche
queste fondamentali nella formazione dei futuri
leader della Forza Armata.
Altro elemento indispensabile è lo sviluppo della
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novembre-dicembre 2014
cultura marinaresca che avviene tramite diverse
attività sia teoriche che pratiche. In particolare,
durante il primo anno, gli allievi si addestrano sul
brigantino interrato, posto al centro del piazzale
dell’Accademia, di cui rappresenta anche uno dei
simboli distintivi.
Tramite l’attività di brigantino vengono insegnate
le principali manovre marinaresche e si impara a
salire a riva per aprire e serrare le vele, attività propedeutiche alla campagna estiva che si svolge, al
termine del primo anno, a bordo della nave scuola
Amerigo Vespucci.
L’istruzione, quale secondo elemento integrativo
della formazione, viene perseguita tramite un rapporto formativo sinergico e consolidato con la
prestigiosa Università di Pisa, che contribuisce in
maniera decisiva alla crescita culturale e alla formazione degli ufficiali di Marina. L’iter di studi
per i vari corpi è stato progressivamente rimodula-
Lo sport, complementare allo studio, ha grande importanza nella vita dell’allievo; nella foto, la squadra di rugby dell’Accademia Navale
(maglie bianche e blu) incontra una squadra esterna
to e ristrutturato, per adattarlo alle esigenze dell’Istituto e della Forza Armata, in modo da dare sempre le giuste conoscenze e competenze ai frequentatori.
Adeguare i processi formativi
Nell’ottica di un continuo adeguamento del processo formativo alle nuove esigenze di impiego,
lo stesso è stato recentemente aggiornato focalizzando la formazione più verso gli aspetti pratici e
professionali piuttosto che su quelli teorici e
astratti.
Tale aggiornamento ha comportato in particolare
la rimodulazione dell’iter formativo di base degli
ufficiali di vascello da cinque a tre anni, in modo
da favorire un immediato impiego degli stessi nelle realtà operative di bordo.
È fondamentale infatti che gli ufficiali acquisiscano fin da giovani, grazie all’esperienza di imbarco, le doti di flessibilità e pragmatismo necessarie
per gestire con serenità e consapevolezza tutte le
problematiche che si possono presentare nell’at-
Classe
Frequentatori
1ª Classe
92
2ª Classe
95
3ª Classe
87
I Anno Applicativo
109
II Anno Applicativo
70
TOTALE
453
La tabella indica il numero di frequentatori per le singole classi presenti in Accademia (aggiornato al 30 giugno 2014)
tuale complesso scenario nazionale ed internazionale in cui la Marina si trova ad operare in prima linea.
La formazione degli ufficiali è quindi un percorso
che punta sempre all’eccellenza, per poter consegnare al sacro dovere di difesa della Patria, uomini
e donne preparati e competenti, pronti ad affrontare le sfide che il futuro ci riserva.
■
novembre-dicembre 2014
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Capre, tonnare
e mari tropicali
di Franco Maria Puddu
“C
La storia, la solitudine,
la gastronomia
e le bellezze della
natura compongono
un quadro unico
al mondo;
le isole Egadi
’è qui un cieco dalla fronte / grande e
bianca come una nuvola.
/ E tutti noi suonatori, /
dal più grande al più umile, / scrittori di musica e
narratori di storie, / sediamo ai suoi piedi / e lo
ascoltiamo cantare della
caduta di Troia.”. Così fa
dire Edgar Lee Masters
all’epitaffio scolpito sulla lapide del suonatore
Jack, nella sua “Antologia di Spoon River”.
A ben pensarci, fu proprio Omero il primo sponsor
del piccolo arcipelago delle Egadi, posto ad ovest
della Sicilia, a una manciata di miglia dalla costiera che va da Trapani a Marsala, quando ebbe a parlarne nell’Odissea, il poema epico noto ovunque
nel mondo che, assieme all’Iliade, è considerato
un testo fondamentale della cultura classica occidentale, per la precisione con l’episodio che vede
lo scaltro Re di Itaca, Ulisse, beffarsi del malaccorto ciclope Polifemo e sfuggirgli, assieme ai suoi
compagni superstiti, accecandolo.
Il gruppetto di isole era noto ai greci come Aegatae,
ossia isole delle capre, nome che venne poi adottato dai romani sotto la forma di Aegates. Sin da allora, nessuno le considerò mai un territorio particolarmente ricco o dotato; consisteva, infatti, di tre
piccole isole (oggi Favignana, Levanzo e Marettimo), un isolotto (Formica), le isolette dello Stagno-
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novembre-dicembre 2014
ne, che sorgono dall’omonima laguna posta
sottocosta poco al di sopra di Trapani, che geograficamente fanno parte delle Egadi, e sono
Isola Grande, San Pantaleo (anticamente Mozia), Santa Maria e La
Schola, tutte praticamente disabitate; infine
Galera, Galeotta e Fariglione, niente altro che
tre brulli scogli.
Il tutto per una superficie di appena 37,45
km², sulla quale, ai nostri giorni, risiedono piccole
comunità per un totale, più o meno, di 4.300 abitanti. È vero che nel periodo delle vacanze estive
questa cifra cresce a dismisura, ma sta di fatto che
per vivere stabilmente in queste località, raggiungibili solo via mare e che per questo soffrono di
tutti i non pochi disagi propri delle isole, specie se
piccole, bisogna avere una forte motivazione, un
grande attaccamento alla propria terra e tanto
amore per la natura. Altrimenti non è facile adattarsi a determinate condizioni.
Vacanzieri che ignorano i mari
italiani
Molti italiani si ricordano solo di tanto in tanto di
appartenere ad un “popolo di navigatori”, e hanno il discutibile vezzo di dichiararsi grandi amanti
del mare solo quando parlano di quello delle Mal-
Olio su tela del 1874 del pittore accademico francese William-Adolphe Bouguereau (1825-1905)
raffigurante “Omero e la sua guida”; in apertura,
lo stemma del Comune di Favignana
dive, delle Seychelles, di Sharm el
Sheick, di ovunque si trovino splendidi resort, strutture di primo livello e situazioni logistiche che rasentano il
lusso e non di rado la pacchianeria,
snobbando bellamente le mille splendide località del nostro Paese, raggiungibili spesso con modeste cifre e tempi
contenuti, dove si possono trovare natura incontaminata, mari cristallini,
candidi arenili e fondali da favola, belli almeno quanto quelli vantati, in giro per il mondo, dai depliant delle più
rinomate agenzie di viaggio.
In questi ultimi anni, purtroppo siamo
costretti a dire paradossalmente, perché il fenomeno è dovuto non ad un
rinsavimento delle menti, ma alla crisi
che stringe nelle sue spire l’economia
del nostro Paese, la situazione sta parzialmente cambiando in quanto il popolo dei vacanzieri è costretto a rivedere i propri programmi, divenuti economicamente non più sostenibili.
2
I
s
o
l
a
G
r
a
n
d
e
1
Una cartina raffigurante le isole Egadi e la loro posizione rispetto all’Italia
(riquadro 1, mentre il riquadro 2 mostra la posizione di quelle, minori,
dello Stagnone
L’apparenza, però, spesso inganna, e bisognerà vedere se all’indomani dell’auspicabile (ma ancora abbastanza problematico) allontanarsi della crisi, l’esperienza riuscirà a
renderci più oculati, o se tutti i buoni propositi di tornare ad interessarci delle bellezze del nostro Paese non sfumeranno come
la nebbia al primo sole. In questo, i soci
LNI, che con il loro attaccamento all’Associazione dimostrano di avere veramente il
mare nel proprio DNA, sia che risiedano a
Palermo che a Bolzano, sono un esempio
incoraggiante. Ma torniamo adesso a parlare delle Egadi.
Come abbiamo visto, erano note ai greci e
ai romani, anche se in alcune di esse sono
emerse numerose tracce di insediamenti risalenti al paleolitico superiore. A Levanzo,
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Una parete di quella che oggi viene chiamata la Grotta del Genovese, a Levanzo, sulla quale un antico e ignoto artista ha rappresentato,
non sappiamo a quale fine, le immagini della sua quotidianità, fra le quali si distinguono perfettamente elementi antropomorfi e pesci
ad esempio, nella cosiddetta Grotta del Genovese,
si trova il complesso di graffiti e figure parietali
più importante d’Italia e probabilmente d’Europa,
con raffigurazioni di cervi, buoi, individui maschili e femminili e fauna marittima fra la quale, chiarissimi, tonni e delfini.
Mozia, invece, (oggi San Pantaleo), fu un tempo
insediamento fenicio, poi greco, quindi cartaginese fino alla battaglia delle Egadi del 241 a.C., con
la quale la flotta romana, comandata dal console
Gaio Lutezio Catulo, sconfisse quella cartaginese
e pose termine alla Prima Guerra Punica. Con essa, il dominio romano si estese a tutta la Sicilia,
tranne Siracusa, e Mozia fu praticamente abbandonata.
A Favignana (Cala San Nicola) e a Levanzo (Cala
Minnola), si trovano invece i resti di due impianti
per la lavorazione del pescato e la fabbricazione del
garum, salsa di pesce particolarmente gradita ai romani, che operarono dal II – III secolo a C a circa il
II d C, segno della continuità fino ai giorni nostri
di queste attività da parte dei residenti locali.
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45.000 onze e due vite
Con la caduta dell’Impero Romano, l’arcipelago
cadde in mano dei vandali, poi dei goti, infine dei
saraceni. Nel 1081 venne occupato e fortificato dai
normanni di Ruggero di Altavilla (rimane, a Favignana, il suggestivo castello di Santa Caterina, purtroppo successivamente rimaneggiato e trasformato in forte) e a Marettimo quello, coevo, di Punta
Troia, e da quel momento seguì le sorti della Sicilia,
fino al XVII secolo quando, dominio spagnolo, nel
1637 venne venduto dalla Corona di Madrid (che
si era enormemente indebitata per combattere la
Guerra dei Trent’Anni), alla ricca famiglia genovese
Pallavicini Rusconi, per un periodo di tempo di
due vite e al costo di 45.000 onze d’oro.
Premesso che l’onza (oncia) in questione era d’oro
e pesava 4,4 grammi, era molto pregiata e quotata
sui mercati dell’epoca e rappresentava quindi un
grosso capitale, sembra invece piuttosto curiosa la
durata di “due vite” del contratto, ma tant’è.
Nel 1638 I Pallavicini Rusconi cedono i diritti da
loro acquisiti sulle isole, dandoli in gabella (in pra-
tica una sorta di affitto) al savonese Giacomo Brignone che ottiene (con un soprassoldo di altre
30.000 onze) anche la “licentia populandi”, ossia il
permesso di popolarle.
Infatti, con lungimiranza, Brignone aveva pensato
di utilizzare le due tonnare già esistenti in loco per
impiegarvi gli abitanti di insediamenti locali e stabili realizzati ad hoc, e non arruolando equipaggi e
tonnaroti e procurandosi i mezzi necessari ora qua
ora là, come era stato fatto fino a quel momento;
inoltre aveva deciso di dedicare Levanzo al vino,
facendovi impiantare ben 90.000 ceppi di vite.
Lo sviluppo dei suoi progetti fu inizialmente piuttosto lento, ma già nella prima metà del ‘700 si
erano trasferite sulle isole circa 2.000 persone e
molte decine di appezzamenti di terra erano stati
concessi in enfiteusi, fino a quando decenni dopo,
nel 1874, Ignazio Florio junior, nipote di Vincenzo Florio che aveva dato il via alla dinastia di questa grande e facoltosa famiglia di industriali, non
rilevò, a sua volta, l’arcipelago. Stava per iniziare
l’epoca d’oro di queste isole.
L’epoca d’oro delle Egadi
Per prima cosa, Florio fece ammodernare le tonnare e realizzare uno stabilimento per la lavorazione e l’inscatolamento del tonno decisamente
all’avanguardia per quei tempi, sviluppato su
un’area di 32.000 metri quadrati, tre quarti dei
quali coperti; si trattò probabilmente della più
grande azienda del genere nell’area dell’intero
Mediterraneo.
Ai giorni nostri, nei quali ci concediamo a iosa di
tutto, spesso il superfluo e non di rado anche l’inutile, pochi riescono a capire l’importanza che
poteva avere, allora, uno stabilimento del genere;
in realtà rappresentava un enorme ritorno di valuta per le Egadi, la Sicilia e l’intera Italia.
Allora lo scatolame, anche se aveva visto la luce in
Francia nel 1810, nel periodo napoleonico, praticamente non esisteva in commercio. Rari e stravaganti ristoratori inscatolavano funghi, asparagi,
uova di quaglia, piccioni, tartufi con mezzi del
tutto artigianali, destinandoli ai gourmet che se li
potevano permettere a prezzi altissimi.
Il forte di Santa Caterina, a Favignana, nato come torre di avvistamento saracena, sulla quale i normanni edificarono un castello che,
secoli dopo, venne trasformato in forte e utilizzato anche come prigione militare dai Borboni
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“La tonnara di Favignana”, dipinto del 1876 di Antonio Varni, un pittore genovese fortemente influenzato dalla scuola dei macchiaioli, che raffigura lo Stabilimento Florio durante i suoi primi anni di esistenza
La carne in scatola era utilizzata solo dai militari e
dai marinai; oltretutto, la brava massaia anche se
l’avesse trovata dal droghiere, non l’avrebbe sicuramente acquistata per via di mille pregiudizi, non
ultimo quello che avrebbe fatto apparire suo marito come un uomo (a quei tempi era l’uomo che lavorava) che non si poteva permettere neanche di
rado di comprare carne fresca per la sua famiglia.
La limpidezza delle acque di Cala Rossa, a Favignana, non ha assolutamente niente da invidiare a quella di qualsiasi altro, e più celebrato, mare
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Il grande Stabilimento Florio oggi, dopo la sua trasformazione della antica struttura, ancora integra ed esistente, in un enorme ed affascinante Museo del Mare
Ma con il tonno la cosa era diversa, era un alimento
mediterraneo e familiare agli italiani, come le acciughe pescate e messe sotto sale dai Malavoglia del
Verga, consumato da tutti e che non incontrava
dubbi, pregiudizi e ostilità, né in Italia né all’estero.
E poi il tonno, soprannominato “il maiale del mare” perché non ha scarti e di esso non si butta
niente salvo la testa, la coda e la pelle, ci dà la ventresca, i filetti, la bottarga, il mosciame, il lattume,
il cuore, la buzzonaglia (un filetto molto buono
anche se meno pregiato), è gustoso e nutrientissimo, si può essiccare, marinare, mettere sotto sale o
sott’olio, conservare o mangiare immediatamente,
cuocendolo in mille modi.
Una presenza questa che ha condizionato da secoli
la cucina locale orientandola verso piatti, non solo
di tonno, beninteso, ma essenzialmente di mare,
sorprendentemente succulenti pur nella loro es-
senziale semplicità. Del resto, in questo campo,
gioca soprattutto l’eccellenza delle materie prime.
Tornando comunque al risultato della catena di lavorazione del tonno, questa consentiva al raìs, il
capo dei pescatori e duce indiscusso su tutto il sistema di reti della tonnara, ai tonnaroti, alle maestranze che mantenevano la piccola flotta da pesca, a chi curava le reti, ai maestri d’ascia, ai calafati, agli operai dello stabilimento e agli operatori di
molti altri indotti ancora fino al droghiere che
nelle città lo serviva al cliente estraendolo a pezzi
dalle grandi latte commerciali da 5 o 10 chili dove
era conservato sott’olio, di vivere agiatamente.
Ci è rimasta, in ricordo di quegli anni, una lapide
murata sulla parete della tonnara di Favignana che
recita: “Al 1859 / anno ultimo / gabella Florio / la
tonnara Favignana / pescò 10.159 tonni / Amministratore A. Ribaldo / Raìs A. Casubolo”.
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Se le acque di Favignana sono cristalline, cosa dire di quelle del porto di Levanzo che, come tutti i porti, ovunque, anche se piccoli e
destinati essenzialmente ad un impiego peschereccio, non godono certo di fama di grande pulizia
Seguendo le vicende umane la tonnara passerà da
quelle dei Florio in altre mani, poi negli Anni 30
del 900 all’IRI, infine, nel 1991, alla Regione Sicilia. Ma i tempi erano cambiati, i tonni erano stati
decimati, il mare non era più quello del ’700, le
leggi sulla pesca si erano fatte più restrittive e quest’ultima diveniva sempre meno redditizia anche
per la spietata concorrenza portata dai pescherecci
oceanici in caccia ovunque nel mondo, e venne
deciso di trasformare lo storico Stabilimento Florio in un enorme ed affascinante Museo del Mare
che ha aperto i battenti nel 2010.
Il Museo del Mare e l’AMP
Ma le Egadi non sono solo storia antica o, nonostante la fondamentale importanza che abbia rivestito, la saga di un grande stabilimento e delle
famiglie che lo hanno gestito. È difficile definirle
con pochi termini, ma di una cosa siamo certi: le
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Egadi non sono nel mare, ma sono il mare, la sua
essenza e vivono di esso, con esso e per esso.
Basta visitarne le spiagge di mille tipi, sabbiose,
rocciose, o i suoi fondali ricoperti da un liquido a
volte color turchese, a volte quasi invisibile nella
sua trasparenza cristallina, a volte cangiante in
smeraldo. Che però quando di inverno perde la
pazienza, diventa grigio come l’acciaio, duro come
la ghisa e si cela alla vista con il candido aerosol
delle creste delle onde nebulizzate.
Ma anche questo è il mare e anche da questo le
isole, come i loro abitanti, hanno mutuato molti
aspetti della loro fisionomia che si rispecchia anche nelle feste popolari religiose fortemente sentite e nelle sagre, che costellano il periodo che va da
marzo a ottobre e che vengono celebrate in tutte e
tre le isole maggiori.
Senza contare poi che dal 1991 Favignana, Levanzo, Marettimo, Maraone e Formica costituiscono
La stessa cosa possiamo
dire senza tema di smentita, le immagini lo confermano, del porto di
Marettimo
l’Area Marina Protetta (AMP) delle
Isole Egadi, attualmente la più vasta
in Europa, dalle acque pure e dai fondali variegati dai
mille colori delle
posidonie, del corallo, delle attinie,
delle madrepore, fra
il luccichio e il balenare di una fauna
ricchissima, policroma e anch’essa
magnifica.
Naturalmente, per ottenere questo risultato, è necessario organizzare una ben precisa sorveglianza
delle quattro aree (A, B, C e D) nelle quali la AMP
è suddivisa in maniera mirata. Nel settore A, infatti, è consentita solo la balneazione, nel B (solo in
compagnia di residenti autorizzati) la navigazione
e le immersioni, nel C (solo dietro autorizzazione della AMP) la balneazione e le
immersioni, nel D, infine, balneazione,
pesca professionale e sportiva, immersioni e snorkeling.
Anche in questo, la Lega Navale Italiana
fornisce il suo contributo per le attività di
sorveglianza e di monitoraggio, alle quali
periodicamente prendono parte i soci delle piccola ma attivissima Delegazione di
Favignana, inaugurata nel 2006, nella
suggestiva Sede posta all’interno del vecchio faro di Punta Marsala, costruito nel
1836 dal Genio Civile borbonico che, dopo aver lanciato i suoi segnali luminosi
con fanali a petrolio, a carburo e, dal
1936, elettrici, è ancora attivo anche se
oramai senza fanalista, in quanto totalmente automatizzato.
La vecchia costruzione domina dall’alto le
incantevoli acque di Cala Azzurra, la
spiaggia sabbiosa forse più conosciuta di
questa isola, caratterizzata da un’acqua
cristallina con un fondale color bianco
Il vecchio, ma ancora funzionante, faro di Punta Marsala, a Favignana, nel
dai riflessi rosa. Proprio come nei mari
cui interno ha trovato posto la sede della piccola ma attivissima Delegaziotropicali…
■
ne LNI dell’isola
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PON-PACS
di Claudio Boccalatte
U
Il contributo della
Marina Militare
Italiana alla lotta
contro la criminalità
organizzata
no dei principali
problemi che condizionano lo sviluppo
del nostro Paese è la presenza diffusa della criminalità
organizzata. Riconoscendo
la necessità di combattere
questo fenomeno, è stato
creato un Programma Operativo Nazionale (PON) per
l’impiego di fondi europei e
nazionali nello sviluppo di progetti che consentano una maggiore presenza ed un maggior controllo
delle istituzioni nelle regioni più a rischio.
Il PON, gestito dal dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno, si propone
quindi di migliorare le condizioni di sicurezza,
giustizia e legalità, per i cittadini e le imprese, in
quelle regioni italiane in cui i fenomeni criminali
limitano fortemente lo sviluppo economico (Campania, Calabria, Puglia e Sicilia).
Gli interventi sono finanziati per il 50% con risorse europee provenienti dal FESR (Fondo Europeo
di Sviluppo Regionale) “Sicurezza per lo Sviluppo
– Obiettivo Convergenza 2007-2013” e per il restante 50% con fondi nazionali assegnati al Ministero dell’Interno.
Tra i progetti del PON uno di particolare interesse
per i lettori di questa Rivista è il PON-PACS (Programma Operativo Nazionale – Port And Coastal Survey), che vede la Marina Militare Italiana in prima linea per migliorare le condizioni di sicurezza, giustizia e legalità, per i cittadini e le imprese, nelle zone
portuali e costiere di quelle regioni in cui i fenomeni
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criminali limitano fortemente lo sviluppo economico, e
quindi contribuire allo sviluppo di quelle aree e incrementare il livello di confidenza tra la popolazione e gli
operatori economici.
Questo progetto, approvato
dal Comitato di Valutazione del PON l’11 novembre
2011, è stato presentato il
13 febbraio 2014, nell’ambito dell’ottava edizione
di “Big Blue”, il Salone Internazionale della Nautica e del Mare che si è svolto dal 12 al 16 febbraio
2014 presso la Fiera di Roma.
L’attività consiste nel controllo e monitoraggio dei
fondali portuali e costieri, con identificazione e rimozione degli oggetti estranei all’ambiente (inclusi
in particolare i residuati bellici inesplosi, che costituiscono un rischio per la navigazione e la pesca,
ed eventuali rifiuti dannosi per l’ambiente marino),
e con la realizzazione di un database nazionale, che
sarà impiegato, ad esempio, per contrastare le attività illecite di smaltimento dei rifiuti, in particolare
quelli di elevata pericolosità che sono sempre più
oggetto di rilascio in discariche abusive in mare. Il
progetto sarà gestito dalla Marina Militare, a favore
di prefetture, autorità portuali ed enti locali.
Tra i vari obiettivi di alto livello del PON ci sono
quelli di “Garantire il libero e sicuro utilizzo delle
vie di comunicazione (di natura infrastrutturale e
telematica) (Obiettivo operativo 1.2) ” e di “Tutelare
il contesto ambientale (Obiettivo operativo 1. 3)”.
In tale ambito, la sicurezza delle aree portuali e co-
stiere riveste un’im portanza prioritaria,
essendo l’economia
italiana fortemente
dipendente dal traffico marittimo.
La MM si è impegnata nella missione di
aumentare la sicurezza dei porti per gli
aspetti attinenti la
navigazione e la protezione dell’ambiente marino, e condurre la mappatura del
fondale marino delle
aree definite a rischio
nei nove principali
scali delle regioni interessate (Bari, Brindisi, Taranto, Napoli,
Gioia Tauro, Palermo, Augusta, CataLa struttura organizzativa del programma PON-PACS, contributo della Marina Militare Italiana alla
lotta contro la criminalità organizzata; in apertura, uno dei mezzi subacquei senza pilota il cui impienia e Messina).
go
è previsto dai programmi operativi
La fase attuativa del
progetto sarà gestita
Mezzi navali di superficie non pilotati USV
dalla Marina Militare che, con mezzi specialistici
(Unmanned Surface Vehicle) di tipo leggero AMV 10A,
acquistati nell’ambito del programma ed impieprodotti dalla società italiana SIEL srl di Moncalieri
gando il proprio personale, dopo un apposito ad(TO), dotati di sonar rimorchiati tipo SSS (Side Scan
destramento, condurrà l’individuazione e l’identiSonar) e sonar fissi a scafo, capaci di navigare in moficazione di contatti e il successivo inserimento nei
dalità autonoma senza personale a bordo quando si
data base di tutte le informazioni acquisite durante
trovano
in zone pericolose, oppure in modalità tral’attività.
dizionale controllata dal personale imbarcato.
I mezzi impiegati sono i seguenti:
Lo scafo del veicolo è un gommone a chiglia rigida
Veicoli subacquei non pilotati AUV (Autonofacilmente trasportabile, che può essere varato sia
mous Underwater Vehicle) leggeri tipo REMUS 100
da terra che da un’imbarcazione di supporto. I sen(REMUS: Remote Environmental Measuring UnitS),
sori possono operare su fondali profondi fino a 100
prodotti dalla società norvegese Kongsberg Maritimetri, ed i dati sonar acquisiti vengono trasferiti a
me AS, dotati di sensori tipo SSS (Side Scan Sonar,
terra in tempo reale con un sistema Real time data
sonar a scansione laterale), CDT (Conductivity,
link/transfer. Il sistema di navigazione autonoma di
Temperature and Depth, sensore di conduttività e
grande precisione consente una mappatura accuratemperatura in funzione della profondità), Ph
ta dei fondali, allo scopo di localizzare eventuali
(acidità), O² (ossigeno), CDOM (Chromophoric Disoggetti presenti, come ad esempio relitti, reperti arsolved Organic Matter oppure Colored Dissolved Orcheologici, rifiuti pericolosi e non, residuati bellici,
ganic Matter, sensore che misura la quantità di maoggetti dispersi pericolosi per la navigazione.
teria organica presente nell’acqua), UW Visibility
I due sonar di bordo sono complementari; infatti,
(visibilità subacquea) e di sistemi di navigazione
il sonar fisso a scafo può essere impiegato in basGPS, inerziale ed LBL (Long Base Line, sistema di
sissimi fondali o in zone portuali ristrette quando
posizionamento acustico subacqueo); la quota di
non è possibile mettere a mare il sonar rimorchialavoro dei veicoli arriva fino a 100 m ed il loro
to, che è dotato di un sistema completamente aucompito è la mappatura del fondale e la scoperta
tomatico di messa a mare e recupero.
di eventuali oggetti presenti sul fondale stesso.
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peake Technology inc.
I compiti degli operatori sono la sorveglianza radar, la valutazione dei dati ed
il controllo dell’esecuzione della missione.
Il personale impiegato è tratto da reparti operativi di elevata specializzazione, e più precisamente dai nuclei
SDAI, nuclei ubicati
su tutto il territorio
nazionale che comprendono personale
subacqueo della Marina e dipendono dal
GOS (Gruppo Operativo Subacquei di
COMSUBIN, comanI porti che saranno oggetto di rilievi nell’ambito del programma PON-PACS
do raggruppamento
subacquei ed incurIl sistema è completato da un software che permetsori), ed opera prevalentemente a partire da due
te sia una pianificazione accurata della missione, sia
centri operativi nelle basi di Taranto ed Augusta,
un’analisi dettagliata dei dati raccolti e da una stainquadrati rispettivamente nell’ambito del Cozione di controllo remoto, impiegabile sia da terra
mando Marittimo Sud e del Comando Marittimo
che da bordo del natante, collegato sia al sistema di
Sicilia.
navigazione e telemetria che ai sensori sonar, per la
Il supporto e coordinamento tecnico-operativo sotrasmissione a terra dei dati in tempo reale.
no forniti da alcuni dei più rinomati centri di ecVeicoli subacquei pilotati a distanza ROV
cellenza della Marina, come l’Istituto Idrografico
(Remotely Operated Vehicle) semi-autonomi PLUTO
di Genova, il Comando delle forze di ContromisuPLUS, prodotti dalla Ditta italiana Gaymarine di
re Mine e delle Forze Ausiliarie (COMFORDRAGLomazzo (CO) e già impiegati dalla Marina MilitaCOMFORAUS) della Spezia e COMSUBIN.
re e da numerose altre Marine nel campo della
Giovedì 29 maggio 2014, nel porto di Bari, si è
guerra alle mine, dotati di sensori sonar e videocasvolta la prima attività pratica del progetto. Subito
mera, capaci di navigazione radio controllata fino
dopo una presentazione dell’attività, tenuta presad una velocità di 1,5 nodi. La quota di lavoro di
so la sala conferenze del terminal crociere di Bari
questi mezzi può raggiungere i 70 metri, e il loro
dal capitano di vascello Francesco Giangregorio e
compito è la scoperta ed identificazione degli ogdal tenente di vascello Mirko Leonzio, le autorità
getti, con possibilità anche di distruggerli.
civili e militari unitamente agli organi d’informaCentrali operative in container prodotte dalla sozione locali ed alcune scolaresche della provincia
cietà italiana SLS (Support Logistic Services) S.r.l. di
di Bari presenti all’evento, sono state accompaGuidonia Montecelio (RM); queste centrali, che
gnate in banchina dove è avvenuta una simulazioimpiegano container standard da 20 piedi, hanno
ne di bonifica di un’area portuale.
un sensore radar di superficie e contengono al loro
È stato utilizzato un gommone a chiglia rigida cointerno postazioni per operatori radar, per operamandato a distanza, che ha effettuato la ricognitori addetti alla gestione dei veicoli non pilotati e
zione del fondale trasmettendo, in tempo reale, le
per operatori sonar, che impiegano il software PC
immagini e i dati rilevati ad una stazione di conSonarWiz Map della società statunitense Cheasatrollo posizionata in banchina.
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Un momento della presentazione del programma PON-PACS da parte della Marina Militare il 13 febbraio 2014, nell’ambito dell’ottava edizione di “Big Blue”, il Salone Internazionale della Nautica e del Mare, presso la Fiera di Roma
Il successivo 18 giugno è stata condotta
nell’arsenale di Brindisi un’attività dimostrativa della bonifica da ordigni in
un’area portuale, da
parte degli uomini
del GOS della Marina, che anche in
questo caso, come a
Bari, si sono avvalsi
di un gommone pilotato a distanza dotato di Side Scan Sonar, che trasmetteva
in tempo reale dati
riguardanti i fondali
a una stazione di
controllo posizionata in banchina.
Quest’attività è stata
introdotta da una
Veicoli subacquei non pilotati AUV (Autonomous Underwater Vehicle) leggeri tipo REMUS 100 (REMUS:
Remote Environmental Measuring UnitS), prodotti dalla società norvegese Kongsberg Maritime AS
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Un momento della fase iniziale dell’esercitazione svoltasi nel porto di Bari il 29 maggio, nella quale è stata configurata una simulazione di bonifica del fondale di un’area portuale; nello specchio d’acqua sono visibili un gommone con alcuni operatori e un mezzo navale di superficie non pilotato (USV)
conferenza di presentazione nella Sala Grande del
Castello Svevo di Brindisi, alla quale erano presenti le autorità civili e militari, i media e una rappresentanza di studenti universitari della provincia di
Brindisi, che poi hanno assistito all’esercitazione.
L’attività del progetto PON-PACS rientra nelle cosiddette “attività dual-use” della Marina Militare.
Le tecnologie e i mezzi della Forza Armata, concepiti per compiti prevalentemente militari, sono, infatti, molto spesso impiegati anche per scopi civili.
Le navi ed i mezzi della Marina possiedono caratteristiche di elevate capacità di autosufficienza logistica, capacità di movimento, flessibilità d’impiego e possibilità di fornire diversi tipi di supporto e servizi, senza dovere interagire o dipendere
dal territorio sul quale è richiesto di operare, caratteristiche che si rivelano preziose anche in ambito
civile, soprattutto in caso di emergenza.
La Marina Militare svolge quindi attività istituzionali non strettamente militari, sia con le proprie
unità navali che con le altre componenti della
propria organizzazione.
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Tra di esse, oltre alle attività di supporto alla lotta
contro la criminalità del progetto PON-PACS, vogliamo citare le seguenti:1) il supporto alle attività
ed agli interventi della Protezione Civile, sia con
l’impiego di unità navali che di assetti basati a terra; 2) l’esecuzione di terapie sanitarie in camera
iperbarica; 3) la sorveglianza anti inquinamento;
4) la sorveglianza, ai fini della tutela degli interessi
nazionali, delle attività condotte nella cosiddetta
Zona Economica Esclusiva (ZEE); 5) la ricerca e bonifica di ordigni / residuati bellici in mare; 6) il
supporto nella ricerca e protezione dei siti archeologici sottomarini; 7) il supporto per il monitoraggio e la protezione della flora e fauna marina; l’impiego di unità navali per lo svolgimento di campagne scientifiche e la raccolta di dati idro-oceanografici da parte d’istituti di ricerca; 8) l’impiego
delle unità navali quali piattaforme per attività di
promozione / simposi / seminari; 9) il supporto alla diffusione della cultura marittima e marinara
nelle giovani generazioni, grazie anche alla possibilità di imbarcare ragazzi e ragazze sulle navi
■
scuola a vela della MM.
Kystkultur
di Giovanni Panella
T
A Oslo una vetrina
di cultura
marinara scandinava
dalla quale
ci sarebbe tanto
da apprendere
ra il 17 e il 21 luglio a Oslo, si è
svolto il “Kystkultur Festival”, un evento
che ha raccolto più di
200 tra navi e imbarcazioni, in rappresentanza
di tutte le marinerie della
Scandinavia, isole Åland
e Groenlandia comprese.
Parlare di “cultura costiera” in Norvegia non ha lo
stesso significato che da
noi: qui la gran maggioranza della popolazione vive
lungo le coste, un fatto che ha sempre esercitato
una straordinaria influenza sulla vita nazionale.
L’occasione del festival era rappresentata dalla ricorrenza dei 200 anni dalla Costituzione, ottenuta
quando il Paese era ancora unito alla Svezia, da cui
divenne indipendente solo nel 1905. Per celebrare
l’avvenimento, all’ingresso dell’area espositiva era
stato allestito uno schieramento di 200 remi d’imbarcazioni, uno per ogni anno di Costituzione.
Per un italiano, il festival costituiva un’interessante occasione per misurare la differenza del nostro
punto di vista, per quanto riguarda la cultura marittima, con la Scandinavia. Nel porto di Oslo non
stupiva la presenza di tante imbarcazioni da diporto, di velieri d’epoca perfettamente restaurati, di
riproduzioni di drakkar vichinghi e neppure di dimostrazioni di costruzione di scafi con la tecnica
tipica del Nord Europa, il clinker.
Dai drakkar ai velieri di fine 800
Non poteva mancare la partecipazione in forze
dell’associazione che raccoglie i Colin Archer, velie-
ri dalle forme massicce
che sono nati alla fine
dell’Ottocento per dare
assistenza alle flottiglie
di pescatori e che sono
poi divenuti famosi per
le loro doti di tenuta del
mare. Associazioni e musei di tutta la Scandinavia, come accade in questi eventi, occupavano
con i loro stand un’ampia area espositiva.
In mare, un’originale ricostruzione storica era rappresentata dalla lancia cannoniera Øster Riisøer 3,
un modello che fu utilizzato largamente nelle acque ristrette del Baltico e dello Skagerrak durante
le guerre napoleoniche. Armate con un cannone
di medio calibro e mosse da una dozzina di rematori queste imbarcazioni, nonostante i loro limiti
di tenuta del mare, di stabilità e quindi di precisione nel puntamento del pezzo, potevano avere una
certa efficacia se agivano in gruppo.
La presenza di un cannoncino montato su una
prua affilata rivelava invece le vicende di una lancia a vapore: si trattava della “scialuppa reale”
Stjernen di 55 piedi, realizzata nel 1899 per il Re di
Svezia e di Norvegia Oscar II. Nel 1905 la Norvegia
divenne indipendente e al trono ascese il principe
danese Carl, che assunse il nome di Haakon VII.
La famiglia reale usò la Stjernen fino agli Anni 30
ma nel dopoguerra l’imbarcazione fu venduta e divenne un relitto fatiscente. Nel 1993 l’associazione “Friends of the Norwegian Naval Museum” sottopose la scialuppa reale a un accurato restauro, fino
a riportarla alle condizioni originali.
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Lo schieramento di 200 remi d’imbarcazioni, uno per ogni anno di Costituzione della Norvegia, che accoglie il visitatore del Kystkultur Festival; in apertura, una locandina della manifestazione
Le differenze con il nostro modo di intendere la
cultura marittima diventavano evidenti di fronte
alla piccola folla che si raccoglieva attenta intorno
alle dimostrazioni di funzionamento di vecchi
motori diesel. Il loro ritmato ansimare rappresentava un vero richiamo popolare e i visitatori erano
affascinati dalla colonna sonora
di motori che hanno accompagnato i loro padri e i loro nonni
in tante uscite in mare. Non riesco a immaginare che in Italia il
rumore di un vecchio diesel di
peschereccio in funzione potrebbe attirare tanta attenzione.
Gli intramontabili
postali
Il surreale effetto dell’immagine riflessa nella acque di uno scafo realizzato con la tecnica del fasciame a clinker
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Un’altra particolarità era rappresentata dal fatto che, se al
“Kystkultur Festival” mancavano i
velieri maggiori, le Tall Ships che
sono più legate alla vita degli
oceani che a quella costiera, erano però presenti unità che da noi
non sarebbero degne di essere ricordate e tanto meno restaurate:
Saranno rumorosi, puzzolenti e affumicati, ma anche dai vecchi diesel marini, per chi li ha conosciuti a bordo, può scaturire una… musica
si trattava di vecchi traghetti dei fiordi, di vaporetti
Ma fino a trent’anni fa non era così e il principale
costieri, di rimorchiatori a vapore come lo Styrbjørn
mezzo di comunicazione delle piccole comunità
(varato nel 1910) e
di navi dell’“Hurtigruten” (il servizio
nazionale di traghetti) ormai dismesse.
In Norvegia queste
ultime rappresentano
una vera istituzione:
sono navi miste (merci e passeggeri) di
2.000-3.000 tonnellate, quelle che da noi
un tempo erano dette
i “postali”. Oggi l’interminabile linea costiera della Norvegia,
intersecata da profondi fiordi, è collegata alla rete stradale
da un efficiente sistema di nuovi ponti,
Un nutrito gruppo di Colin Archer, piccoli velieri dalle forme massicce nati alla fine dell’Ottocento per
strade e tunnel.
dare assistenza alle flottiglie di pescatori, e famosi per le loro doti di tenuta del mare
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costiere con il resto del Paese era rappresentato
proprio dal servizio dell’”Hurtigruten”. Ancor oggi
queste navi continuano a offrire un collegamento
regolare, navigando in tutte le stagioni su uno dei
mari più tempestosi e difficili del globo: per la vita
quotidiana di molti norvegesi, rappresentano il
nostro equivalente della ferrovia.
A Oslo ne erano presenti due, varate nel 1956: la
Nordstjernen e la Sjøkurs (ex Ragnvald Jarl). Oggi
quest’ultima unità è basata a Kristiansand, dov’è
impegnata in un programma di addestramento di
giovani marinai. La Nordstjernen, che ha svolto servizio fino al 2012, nel 1980 è stata sottoposta a
un’opera di modernizzazione presso i cantieri di
Danzica.
In tale occasione il Ministero della Cultura norvegese ha contribuito versando l’equivalente di
300.000 euro. Qui un vecchio “postale” è stato
dunque considerato tanto degno di far parte della
cultura nazionale, da ottenere un finanziamento...
La presenza a prua di un cannone lancia-arpioni
rivelava la ragion d’essere dello scafo grigio della
Southern Actor: la caccia alla balena.
Se da noi quest’attività ha una pessima fama ed è
duramente combattuta dalle associazioni ambientaliste, in Norvegia la caccia ai grandi mammiferi
marini fa parte a pieno titolo del patrimonio marittimo. La nave, che è stata costruita in Inghilterra nel 1950 e dispone di caldaie a triplice espansione, ha operato a lungo nei mari dell’Antartide a
partire dalla remota base baleniera della South
Georgia. La Southern Actor svolge oggi il ruolo di
rappresentante del “Museo della Baleneria” di
Sandefjord.
La fortuna della vecchia carretta
Forse lo scafo che fa meglio capire i rapporti che i
norvegesi hanno con il mare era quello dell’Hestmanden, che ha a fama di essere una “nave fortunata” perché riuscì a superare indenne i due conflitti mondiali. Si tratta di un esemplare di quelle
unità che da noi, con un termine di affettuoso disprezzo, sono chiamate “vecchie carrette “, navi
che nessuno ha mai ritenuto degne di esser salvate
dalla fiamma ossidrica.
Qui invece l’Hestmanden, che è stata varata nel
1911, è stata oggetto di un’opera attenta di ripristino perché rappresenta quel traffico di cabotag-
Una delle vedettes del Festival è stato il vecchio (varato nel 1910) rimorchiatore a vapore Styrbjørn, tuttora perfettamente vegeto e funzionante
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Il grigio scafo dell’Hestmanden, classe 1911, ci ricorda che questa nave, decisamente una vecchia carretta di medio cabotaggio trasformata oggi in memorial ship, è considerata una nave fortunata perché è sopravvissuta senza danni a due conflitti mondiali
gio costiero che è sempre stato fondamentale per
la vita del Paese. Oggi l’ampia stiva del cargo è utilizzata come sede di mostre e manifestazioni.
I frequentatori del festival non potevano trascurare di visitare, dall’altra parte del porto, i musei dedicati ai temi marittimi che, nel loro insieme, costituiscono il polo museale più importante della
città annoverando il Norvegian Maritime Museum;
il museo della Fram di Amundsen, quello del Kon
Tiki di Thor Heyerdahl e il Viking Ships Museum.
Per una città come Oslo, che fino all’Ottocento era
poco più di un villaggio, le navi vichinghe sono
davvero la principale testimonianza della storia
nazionale, quella che in altre nazioni è rappresentata dalla cattedrale e dai monumenti del centro
storico.
Il museo che contiene alcuni drakkar, con la sua
struttura un po’ vecchiotta, è una tappa ineludibile per tutti i visitatori della città, anche per quelli
che di solito non dimostrano alcun interesse per le
navi. Va detto che le perfette condizioni di conservazione di scafi che hanno più di mille anni, le loro forme essenziali e l’eleganza dei particolari decorativi giustificano ampiamente la sua fama.
A poche centinaia di metri si trova l’imponente
edificio che conserva la Fram, la nave di Amundsen. Le sue esplorazioni, presentate in tono epico,
rappresentano l’apice della gloria nazionale di un
giovane Paese che aveva appena conquistato l’indipendenza. Non stupisce che gli interni della nave siano conservati religiosamente e che vi siano
esposti anche gli oggetti personali di Amundsen e
dei suoi collaboratori.
Una visita al Norvegian Maritime Museum, recentemente risistemato, rappresenta infine un interessante momento di riflessione. Qui, naturalmente,
parte delle collezioni sono riservate alla storia marittima del Paese: dai modelli di velieri alle antiche
polene; dalle sezioni di scafi all’evoluzione delle
tecniche di propulsione.
Ma un ampio spazio espositivo è dedicato al presente e al futuro: la sezione: “Come la Norvegia è diventata un grande Paese marittimo” spiega con
esempi concreti l’importanza economica e tecnologica delle attività marinare, dalla cantieristica alle prospezioni sottomarine, per lo sviluppo della
nazione. Ripensandoci, mi sono reso conto che un
messaggio così semplice, che per la sua diffusione
richiede mezzi relativamente modesti, da noi fatica ad affermarsi.
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La fine del Blücher
ling e che quindi non vi sarebbe stata resie imbarcazioni del Kyst Festival compistenza. Ma non fu così: alle 4 del mattino del
vano frequenti uscite lungo il fiordo di
9 aprile, quando la nave sfilò davanti alla forOslo, le cui rive si restringono davanti a
tezza di Oscarsborg, questa aprì il fuoco a diDrøback fino a una larghezza di poche centistanza di poche centinaia di metri con cannonaia di metri: passavano così inavvertitamenni
da 280, mettendo subito a segno tre colpi.
te sopra un grande relitto della Seconda GuerLa
nave, non riuscendo a individuare la fonte
ra Mondiale. È qui che nel 1940 l’incrociatore
di fuoco (tre vecchi pezzi dell’inizio del secopesante tedesco Blücher, appena entrato in
lo) mantenne l’armamento principale per
servizio, fu affondato in un modo che ha delchiglia e tentò di reagire con quello secondal’incredibile: dai siluri di una fortezza. L’epirio aumentando la velocità, ma i danni subiti
sodio è un esempio da manuale degli errori
erano gravi: e a bordo si sviluppò un incendio
che vanno evitati nel corso di un’operazione
che finì per provocare l’esplosione di un denavale. L’unità, insieme al gemello Admiral
posito
di munizioni. A questo punto entrò in
Hipper, dislocava a pieno carico 18.200 tonazione
una batteria da 150, che centrò ancora
nellate e aveva un armamento principale di 8
l’incrociatore il quale, poco dopo, veniva colcannoni da 203 mm. Nel piano di occupaziopito da due siluri lanciati da una batteria di
ne della Norvegia il Blücher capeggiava una
terra posta sull’isolotto di Håöy. Ormai ingoforza navale destinata a un audace colpo di
vernabile e avvolto dal fuoco, il Blücher contimano: i suoi ponti erano carichi di truppe da
nuò a procedere verso nord dove, fuori dalla
sbarcare all’alba in pieno centro della città,
portata dei cannoni norvegesi, calò l’ancora
una mossa che avrebbe consentito di arrestamentre
l’equipaggio cercava inutilmente di
re il Re e di decapitare il Governo. La mossa
spegnere
gli incendi, fino a che la nave si caera facilitata dal fatto che il Palazzo Reale, i
povolse e affondò su un fondale di 70 metri,
Ministeri e il Parlamento si trovano a breve
con pesanti perdite umane. La presa della citdistanza dal molo. Nella notte, quando l’intà fu ritardata di diverse ore, dando così mocrociatore era in avvicinamento al fiordo, aldo
ai dirigenti norvegesi di fuggire.
cune unità norvegesi diedero l’allarme e una
batteria costiera
aprì il fuoco: la
sorpresa non era
riuscita. Ma la
f o r z a d a s b a rc o
tedesca, capeggiata dal Blücher
decise d’infilarsi
lo stesso nello
stretto e lungo
budello dell’Oslofjord, forse perché si riteneva
che le Forze Armate nor vegesi
simpatizzassero
per il politico fiGli ultimi tragici istanti della vita del Blücher in questa drammatica immagine
lonazista Quis-
L
■
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novembre-dicembre 2014
Mare e cielo
di Domenico Macaluso
“L’
Sui fondali
del Canale di Sicilia
un museo
sottomarino
dell’Aeronautica
Italia è essa stessa una portaerei,
allungata nel Mediterraneo: dalle sue coste, gli
apparecchi possono raggiungere
qualsiasi formazione navale.”
Con questa sua famosa asserzione dell’agosto 1925,
Benito Mussolini escludeva
la necessità che l’Italia si
dotasse di navi portaerei,
dato che la nostra penisola,
protesa nel Mediterraneo, rappresentava una naturale base di lancio per gli aeroplani.
Dal punto di vista orografico, il concetto era inappuntabile, ma non dal punto di vista strategico ed
a guerra iniziata, dopo il disastro di Taranto e
quello di capo Matapan, si tentò di correre ai ripari, approntando due portaerei, l’Aquila e lo Sparviero, che però non raggiunsero mai l’operatività.
In questa portaerei-Italia, il versante sud-occidentale della Sicilia, per la sua posizione strategica, rappresentava un formidabile ponte di lancio: in quest’area vennero infatti realizzati campi d’aviazione
perfettamente mimetizzati tra gli uliveti, come
quello di Sciacca, e grandi aeroporti come quello di
Castelvetrano, sul quale in un solo giorno i ricognitori americani contarono, protetti da muretti paraschegge, oltre 150 velivoli dell’Asse, tra i quali due
giganteschi esamotori tedeschi Messerschmitt 323.
Nei cieli siciliani, furono di conseguenza invitabili, quotidiani furiosi duelli che si disputavano tra i
piloti inglesi, dotati prima del robusto Hurricane e
poi dell’agile Spitfire, e quelli italiani, che come
leoni, contrastavano gli inglesi, prima con i duri
Macchi 200 Saetta e poi con gli snelli ma poco ar-
mati Macchi 202 Folgore. E
frequentemente, nonostante la supremazia inglese per
numero ed efficienza delle
macchine, gli italiani non
solo contrastavano efficacemente questo divario, ma
spesso risultavano vincitori
negli scontri.
Poi, con l’arrivo in questo
teatro di guerra degli americani, il gap divenne pressoché insostenibile, dato che all’inizio del 1943, nei
mesi che precedettero lo sbarco in Sicilia, bisognò
contrastare i pesanti bombardieri B-24 Liberator,
che organizzati in devastanti e micidiali “combactbox” martellavano non solo obiettivi militari, ma
anche inermi paesini, nell’ottica (sic!) di esasperare la popolazione, fino a farla sollevare contro i tedeschi ed i fascisti.
Ed incredibilmente, anche in questo impari confronto, i nostri giovani piloti riuscivano ad abbattere caccia e bombardieri nemici, mentre in basso,
il mare di Sicilia non stava ad osservare da semplice testimone questi furiosi confronti, ma li viveva
da protagonista: i piloti colpiti dalla contraerea
maltese o dalle Browning da 50 BMG (12,7 mm)
dei Liberator, preferivano affidarsi al morbido abbraccio delle acque, ammarando in prossimità della costa, scoprendo però che l’impatto con l’acqua
non era così morbido come si credeva. Questa
spiacevole realtà, la sperimentò sulla propria pelle,
l’allora giovane capitano Aldo Gon, brillante pilota del glorioso 4° Stormo “Francesco Baracca”.
Colpito dalla contraerea di Malta, nel corso di
un’azione di mitragliamento su uno degli aeropor-
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dicolarmente a questa, effettuava
l’ammaraggio a pochi metri dalla
battigia, in modo da raggiungere
la terraferma a nuoto, con poche
bracciate.
Ma l’impatto è molto più violento
del previsto e l’aero si spezza e perde la coda, mentre il pilota batte
violentemente la testa contro il collimatore di tiro ferendosi il volto e
fratturandosi le ossa mascellari.
Soccorso e trasportato in un ospedale avrà una lunga convalescenza, e non potrà più volare: questo
non gli impedirà comunque di
avere una carriera brillante, fin a
fargli raggiungere il grado di generale di squadra aerea e di fondare all’aeroporto di Istrana, la
Benito Mussolini passa in rassegna i caccia schierati (in questo caso si tratta proprio di
Pattuglia Acrobatica Nazionale.
Macchi 202) in uno degli aeroporti “di prima linea” dislocati in Sicilia dove vennero
Come si arriva a ricostruire querischierate numerose squadriglie di velivoli; in apertura, le due mitragliatrici Breda
ste straordinarie e drammatiche
SAFAT cal. 12,7 del velivolo rinvenuto davanti la costa siciliana
storie, forse ricorrendo alle testimonianze degli stessi piloti? In
ti di quell’isola, Gon, con l’impianto idraulico fuorari casi è così, mentre più frequentemente è il
ri uso, stava tentando di rientrare in Sicilia, per
mare la fonte di queste preziose testimonianze, in
raggiungere l’aeroporto di Sciacca dal quale era dequanto alla stregua di un museo, accoglie preziosi
collato, quando improvvisamente, con le coste
reperti di tutte le epoche, dal neolitico alla Secondella Sicilia ormai prossime, il motore Daimlerda Guerra Mondiale.
Benz (costruito su licenza a Pomigliano d’Arco) del
Ed il mare prospiciente la costa sud- occidentale
suo Macchi 202, grippava ed il giovane pilota vedella Sicilia, oltre ai classici reperti archeologici,
deva l’elica bloccarsi “a bandiera”.
conserva numerosi relitti aeronautici, alcuni unici.
Senza perdersi d’animo e planando, riusciva a ragNel 2008, venne affidato al sottoscritto, responsabile
giungere le coste dell’isola ed allineandosi perpendel Nucleo Operativo Subacqueo, della Sezione LNI
di Sciacca, la ricerca e la mappatura dei
siti d’interesse archeologico-subacqueo
della provincia di Agrigento, nell’ambito del progetto promosso dall’Unione
Europea Arch.Med (Archaeology Mediterranean). Nell’inventario dei beni storici giacenti nei mari agrigentini, decisi
di inserire anche i relitti aeronautici,
ma la cosa parve una forzatura; motivai
la decisione facendo riferimento all’art.
1 della Convenzione UNESCO del 2
novembre 2001 sulla protezione del
patrimonio culturale subacqueo, dove
si stabilisce che fanno parte del patrimonio culturale subacqueo, tutte le
tracce d’esistenza umana ed i suoi manufatti
che presentano carattere arL’autore dell’articolo procede all’identificazione del relitto segnalato su di un
cheologico,
culturale o storico. In otfondale non elevato: non ci sono dubbi, si tratta proprio di un Macchi 202
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temperanza a questo assunto, come non considerare di rilevanza
storica e di archeologia industriale,
i manufatti aeronautici?
L’approccio ai velivoli della Seconda Guerra Mondiale, che giacciono nel Mediterraneo, non può
prescindere dalle corrette metodiche archeologiche.
D’altronde, l’archeologia amplia
continuamente i suoi orizzonti; la
stessa archeologia subacquea, limitata allo studio dei relitti antichi, oggi tratta con lo stesso criterio scientifico, vascelli arabi, normanni, medievali, arrivando a
studiare velieri del secolo scorso,
se non dei primi del novecento. In
quest’ottica, trattare di “archeoloAmmarando troppo duramente il velivolo ha perso parte della fusoliera e la coda, ma
la forma e la struttura sono perfettamente visibili con le ali e l’abitacolo del pilota
gia aeronautica” non dovrebbe apparire azzardato e lo ha fatto, per
comando del tenente di vascello Jean du Plessis de
primo, uno storico dell’Aeronautica, il generale
Grénédan, appena iniziato il suo ciclo operativo, il
Giuseppe Pesce.
24 novembre 1923, il Dixmude rischiò di inabissarsi in seguito ad una tempesta; era passato appena
I relitti di aeroplani del mare
un mese dal fatto che avvenne la tragedia: colpito
agrigentino
da un fulmine il Dixmude precipitò poco al largo
Il dirigibile francese Dixmude - Di costruziodi Sciacca e tutti i 50 a bordo (40 uomini di equine tedesca ed appartenente alla famiglia degli Zeppaggio e 10 osservatori), perirono.
pelin, questo enorme dirigibile nacque sotto una
L’unico corpo recuperato dai pescatori siciliani, fu
infausta stella, minato da seri problemi strutturali,
quello del comandante. In memoria del gravissicausati da un collante, utilizzato per assemblare le
mo disastro aeronautico, uno dei primi in assoluparti in duralluminio del telaio con il cotone imto, nel 1964, alla presenza del figlio di du Plessis, a
permeabilizzato di rivestimento, volutamente alSciacca
venne eretto un monumento ai caduti del
terato a scopo di sabotaggio da un ingegnere tedeDixmude, mentre in Francia, a Pierrefeu-du-Var, un
sco antifrancese, quando in seguito all’armistizio
altro monumento, è stato realizzato per ricordare
del 1918, il dirigibile venne ceduto ai francesi. Al
Una bella immagine di uno Junker 88 C-6 con le antenne del radar Lichtenstein che spuntano dal muso; a questo tipo, probabilmente, poteva appartenere il relitto di Borgo Bonsignore
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tazione alle nostre forze aeree, per
cui, grazie anche ad altri particolari, si arrivò alla certezza di trovarsi
di fronte un Macchi 202 “Folgore”.
Il passo successivo fu la ricerca
dell’evento che aveva portato
l’aereo a inabissarsi e della sorte
del pilota. In Aeronautica, le fonti bibliografiche sono rappresentate dai “rapporti missione” stilati dai piloti al rientro da ogni
azione e conservati presso l’Ufficio Storico dell’Aeronautica a Roma; risultano utilissime, anche le
testimonianze di ex piloti ancora
in vita.
Il velivolo sommerso, esibiva lunPerfettamente identificabile la bussola giroscopica Siemens, montata nell’abitacolo di
go il decorso della fusoliera due
pilotaggio ad uso del navigatore di bordo
mitragliatrici Breda-SAFAT da
12,7 mm in ottimo stato di conla tragedia del dirigibile. Recentemente, un grupservazione. L’elica tripala a passo variabile, di copo di sommozzatori sportivi di Sciacca, guidati da
struzione Piaggio, mostrava l’unico indizio utile
Santo Tirnetta, ha identificato i resti del Dixmude,
alla identificazione, un numero di matricola e di
un relitto che rappresenta una importantissima
serie inciso su ognuna delle tre pale. Il dato (invepagina di storia aeronautica francese.
ro poco attendibile poiché l’elica è un componenIl Macchi 202 - Nel 1994 con i sommozzatori del
te soggetto a sostituzioni), riportando “II SERIE”,
Club Seccagrande di Ribera, riesco a sottrarre al trafaceva pensare a una delle prime forniture di MC
fugamento, un’elica tripale, appena staccata dal re202 (vi furono 15 lotti di produzione, detti Serie,
litto di un caccia. Il velivolo si presentava privo dei
per un totale di circa 1.500 aerei) assegnati al 4°
piani di coda, persi nell’impatto con l’acqua (proStormo. Purtroppo i diari storici del 4° Stormo anprio nella coda si trovava il numero di matricola);
darono perduti nel 1943, quando il velivolo italiamancava quindi il pezzo più utile all’identificaziono che li trasportava durante l’evacuazione del
ne, mentre alcuni strumenti si erano staccati e si
nord-Africa, fu abbattuto dalla mitragliera di un
trovavano tra la barra di comando e la pedaliera.
sommergibile che lo sorprese in volo a bassa quota
Dopo aver segnalato alle autorità competenti il rinsul canale di Sicilia.
venimento del relitto, iniziai una ricerca per identifiLe uniche azioni relative a MC-202 caduti nel mare
care il tipo di velivolo e la sua storia. In questo tipo
di Ribera, sono due: una collisione in volo tra due
di ricerca, alla fase ispettiva e ricognitiva, segue quel“Folgore” (uno risultò disperso) e un’azione di scorla della tipizzazione del reperto, effettuata mediante
ta a bombardieri diretti a Malta il 29 aprile ‘42, doricerca bibliografica. Le foto subacquee vennero conve il comandante dei caccia, l’allora capitano Aldo
frontate con gli schemi dei velivoli della Seconda
Gon, colpito dalla contraerea, col suo Macchi danGuerra Mondiale: l’aereo era un monomotore in lineggiato all’impianto di lubrificazione, riusciva a
nea (non radiale), un monoplano ad ala bassa, in duricondurre alla base di Sciacca i suoi piloti, ma era
ralluminio. Nel primo conflitto mondiale, i velivoli
costretto ad un atterraggio sulla costa.
erano soprattutto bi o triplani, con motore radiale e
Il carrello del relitto retratto e le pale dell’elica
rivestimento delle superfici portanti in tela; nel sestorte, ma non abrase, confermano un ammaragcondo conflitto, accanto ai motori radiali, compargio pianificato. Un altro dato interessante arriva
vero quelli in linea. Di notevole ausilio si rivelò uno
dallo strumento “Ambrosini” recuperato e risultadegli strumenti recuperati, su cui si leggeva ancora
to essere uno dei due conta-colpi delle mitragliabene “Società Aeronautica Italiana ing. Ambrosini”.
trici, trovato bloccato in posizione di massima caEssendo la dicitura in italiano il campo di ricerca si
rica: il pilota non aveva dunque sparato (il capitarestringeva a pochi aerei monoplani in linea in dono Gon nell’azione su Malta, non si scontrò con
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Un Consolidated B-24D Liberator sopravvissuto alla guerra ed esposto ora
al museo nazionale dell’United States
Air Force di Dayton, nell’Ohio.
A sinistra: anche in questo caso è necessario procedere all’identificazione
del relitto; a sinistra l’Autore sta controllando una delle quattro eliche
tripala a passo variabile Hamilton.
A destra, è adesso il turno di uno dei
quattro motori Pratt & Withney R1930 Twin Wasp in dotazione a questi tipi di bombardieri
gli “Spitfire” inglesi ma venne colpito dalla contraerea, prima ancora di avere iniziato la sua missione di mitragliamento).
Con l’elica recuperata e restaurata e collocata nell’atrio del Palazzo Comunale di Ribera, è stato realizzato un monumento ai numerosi piloti che sono morti nei cieli siciliani: l’inaugurazione ha avuto luogo il 10 novembre 1996, nel corso di una cerimonia che ha visto la presenza di Autorità civili
e militari e del colonnello Ovidio Ferrante, direttore del Museo Storico dell’Aeronautica. Successivamente ha visitato il monumento, il pilota di
Macchi 202, Walter Omiccioli, altra gloria dell’Aeronautica, protagonista di una avventuroso atterraggio d’emergenza a Ribera il 30 marzo 1942, una
vicenda ricostruita da Mediaset nel ciclo “Eroi per
Caso”. Il testo inciso nel monumento, riporta la
frase: “Alle giovani aquile che nei cieli di Sicilia caddero fedeli ai loro ideali”
Lo Junker 88 - A qualche centinaio di metri dal
sito subacqueo che accoglie il relitto del Macchi
202, due ragazzi riberesi, intenti a effettuare una
battuta di pesca subacquea in apnea, scorgono
qualcosa che a prima vista sembra loro un portabottiglie. Si tratta invece di un componente dell’abitacolo di un caccia pesante notturno tedesco,
uno Junker 88.
Il reperto è molto interessante e dagli alloggiamenti che accolgono ancora diversi strumenti,
spicca una bussola giroscopica della Siemens ed
un regolo, usato per correggere i parametri del
motore in base alla quota.
La cosa sorprendente, è che questi parametri, riportati su carta, sono ancora perfettamente leggibili. Il pezzo era posto all’interno della cabina di
pilotaggio, in alto a destra, ed era utilizzato dal navigatore. Una prima ispezione dei fondali che
hanno restituito il cruscotto, ha dato esito negativo, mentre la consultazione degli archivi comunali di Ribera, ha confermato la morte di un pilota
tedesco nel mare di Borgo Bonsignore.
È prevista una ricerca del resto del relitto, con l’ausilio di una imbarcazione dotata di magnetometro.
Il Boeing B-24 Liberator - Nel maggio del 1943
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le incursioni di bombardieri pesanti statunitensi,
sulla Sicilia, si fanno pesanti: si sta pianificando lo
sbarco che avverrà il 10 luglio.
Dal campo d’aviazione di Sciacca e da quello di
Castelvetrano, martoriati dalle bombe, i decolli
dei pochi caccia rimasti, si alternavano incessantemente. Un interessante episodio, relativo a questo
periodo, mi venne riferito da alcuni anziani abitanti di Borgo Bonsignore: nella primavera del ‘43,
avevano assistito all’abbattimento di un quadrimotore, dotato di due derive di coda (un B-24),
colpito da tre caccia dell’Asse. L’aereo era precipitato in mare, a qualche centinaio di metri dalla
costa e nell’impatto con l’acqua, era esploso. La
fiammata terrificante, aveva quasi raggiunto la riva. Nei giorni successivi, il mare non restituì nessuno dei corpi dei 9 membri dell’equipaggio.
In occasione di diverse immersioni, avevo notato
nello specchio d’acqua interessato dal probabile
abbattimento, diverse bombole, probabilmente
quelle in dotazione all’equipaggio, per rifornirsi
d’ossigeno ad alta quota. Il reperto più curioso, era
comunque un enorme copertone di ruota da aeroplano, che riportava ancora il marchio di costruzione (Goodyear), che fu recuperato con dei palloni
di sollevamento. Poi, nel settembre 2008, il rinvenimento di uno dei 4 motori del B 24, un Pratt &
Whitney da 14 cilindri a doppia stella (P & W 1830
Twin Wasp) completo dell’elica tripala. L’aeroplano era probabilmente uno dei bombardieri del IX
Bomb Group, che prese parte all’operazione Husky,
nome in codice dello sbarco in Sicilia, mentre l’azione potrebbe essere quella del 30 giugno del
1943, quando un B-24 venne abbattuto nel cielo
di Sciacca, da un glorioso pilota italiano, il capitano Mario Bellagambi.
Considerazioni conclusive
Quanta storia aeronautica, in una piccola area del
Mediterraneo! Ecco perché la mappatura, la catalogazione ed il monitoraggio dei siti archeologicosubacquei, dovrebbero essere estesi anche alle acque profonde, oggi campo d’azione di cacciatori di
reperti d’alto bordo, dotati di tecnologia sempre
più sofisticata.
La tutela di questo patrimonio storico che rappresenta la nostra eredità culturale è improcrastinabile: ecco perché l’iniziativa dell’Unione Europea di
promuovere questo studio è lodevole. Non bisogna infine dimenticare, che sempre in ottemperanza alla convenzione UNESCO di Parigi, i reperti
storici rinvenuti sott’acqua, dovrebbero rimanere
nella loro sede naturale, nel più bel museo del
■
mondo: il mare.
Cosa fare in caso di rinvenimento
di un relitto aereo
L
a prima cosa da fare nel caso di rinvenimento di un aereo militare italiano, è la
segnalazione alle autorità aeronautiche, a
cui il velivolo appartiene, tant’è che nel caso di
acquisto del reperto da parte di un museo o di
un privato, bisogna seguire un iter per l’alienazione da parte della stessa Aeronautica; per i velivoli stranieri si fa riferimento al codice della
navigazione. Il ritrovatore, è bene sottolineare,
ha l’obbligo della denuncia (art. 510 del Codice
della Navigazione; art. 460-461 del Registro
Marittimo).
La segnalazione va effettuata alla Capitaneria
di Porto, in quanto il relitto può contenere munizioni e di conseguenza può essere molto rischioso per i bagnanti e per i natanti.
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È indispensabile avvertire anche gli organi di
polizia, poiché un aereo da guerra come già
detto, può conservare ordigni pericolosi che richiedono l’intervento degli artificieri: la pentrite, contenuta in alcuni proiettili esplosivi vietati dalla Convenzione di Ginevra, ma che venivano regolarmente utilizzati, non solo non si
inattiva col tempo, ma nell’acqua di mare diventa sempre più instabile.
Come per un reperto archeologico, anche in
caso di rinvenimento di relitto aeronautico di
grande rilevanza storica, il rinvenitore ha diritto ad un premio di rinvenimento, ma il compenso si prescrive col decorso di due anni dalla
data del ritrovamento (art. 513 e 995 del Codice della Navigazione).
L’isola
senza futuro
di Claudio Ressmann
U
La breve esistenza
dell’“Isola delle Rose”
sorta di fronte a Rimini
na tempesta scatenatasi nel Medio Adriatico nel
mese di febbraio del 1969
disperse gli ultimi resti
dell’Isola delle Rose, una
piattaforma sistemata di
fronte a Rimini su un
fondale di 16 metri, al limite delle acque territoriali, che nelle intenzioni del suo creatore doveva costituire l’embrione di una nuova micronazione.
Un evento al di fuori del comune
Durante la primavera del 1968, l’argomento principale di conversazione, a Rimini, era costituito
dalle indiscrezioni riguardanti un evento in atto al
largo della costa. Sotto gli occhi di tutti, infatti,
succedeva qualcosa, in un punto a poche miglia di
distanza dove, quando lo consentivano le condizioni del mare, confluivano imbarcazioni da trasporto cariche di tralicci metallici, di materiali da
costruzione e di gruppi di operai.
Che cosa si stava costruendo? Se lo erano chiesto
per primi i corrispondenti della stampa locale i
quali avevano sguinzagliato inutilmente i loro informatori, ma era stato appurato con certezza solo
che si stava realizzando una piattaforma su palafitte, senza riuscire a conoscere a che cosa sarebbe
servita.
Le supposizioni spaziavano a tutto campo: sarebbe
stata una stazione meteorologica oppure si sarebbe trasformata in un casinò, in una emittente televisiva oppure addirittura in un covo di contrabbandieri? Si era appreso, invece, il nome del patron
dell’iniziativa: il cinquantaduenne ingegnere bolognese Giorgio Rosa.
Noto esperantista ed appassionato di studi sulle
piattaforme marine, l’ingegnere covava da anni
un sogno tanto utopico
quanto provocatorio, sintetizzabile nell’espressione da lui coniata: vedere
fiorire le rose sul mare”. Il suo obiettivo era quello di
dare vita ad una mininazione nell’ambito della
quale venisse adottato l’esperanto, la lingua universale creata nel 1887 dal polacco Ludwik Lejzer Zamenhof, che aveva riscosso un lusinghiero successo
specialmente negli ambienti pacifisti dell’epoca e
che nel secondo dopoguerra si tentava di rilanciare.
Un precedente storico
L’ing. Rosa non aveva potuto fare riferimento a
nessun esempio di iniziative paragonabili alla sua,
ma certamente non ignorava l’unico tentativo di
adottare l’esperanto come lingua nazionale svoltosi
all’inizio del secolo scorso in Vallonia, a Moresnet,
una località a pochi chilometri da Aquisgrana.
Tutto trasse origine dal Congresso di Vienna del
1815, al termine del quale venne deciso il nuovo
confine tra i Paesi Bassi e la Prussia. Non sorsero
particolari problemi per il suo tracciato, che ricalcava in linea di massima quello preesistente, fatta
eccezione per la zona di Moresnet, della superficie
di 550 ettari, che rimase esclusa dall’uno e dall’altro contermine.
Questo singolare territorio neutro fu amministrato
a turno, in condominio tra i due Paesi, fino al
1841, anno in cui, di comune accordo tra la Prussia e il Belgio, subentrato nel frattempo all’Olanda, il Governo del territorio fu lasciato al borgo-
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Una delle cartoline-souvenir stampate e messe in vendita a
Kelmis alla fine del secolo scorso; in apertura, un francobollo da 30 mills raffigurante la posizione dell’Isola delle
Rose e la sua caratteristica sagoma
mastro con larga autonomia non solo amministrativa: in pratica un piccolo Stato indipendente anche se non ufficialmente riconosciuto, denominato Neutre Moresnet, con capitale la cittadina di Kelmis.
All’inizio del secolo scorso godeva della massima considerazione tra i 3.000 abitanti del territorio un medico di origine tedesca, il dottor
Wilhelm Molly, grazie anche alla dedizione
con cui esercitava la sua attività professionale.
Appassionato cultore della lingua esperanto,
nel 1908 riuscì a fare approvare dai dieci cittadini membri dal Consiglio Generale una risoluzione per cui Neutre Moresnet, primo stato
al mondo, adottava l’esperanto come lingua
ufficiale, cambiando il suo nome in Amikejo
(in esperanto significa Amicizia).
Venne creata una bandiera, a strisce orizzontali nere, bianche e blu e composto l’inno nazionale a cura del musicista-easperantista
Willy Hupperman. Il titolo era Amikejo marcia
ed in realtà si trattava della marcia dei minatori; si voleva evidentemente
valorizzare questi lavoratori
che contribuivano in maniera
determinante ad impinguare
le casse del piccolo Stato.
Quanto durò Amikejo? Solo otto anni poiché il territorio nel
1915 fu occupato dalla Germania e, dopo il Trattato di
Versailles, nel l919, entrò a far
parte integrante del Belgio.
Una bislacca
iniziativa
La stampa quotidiana diede molto risalto all’iniziativa dell’ingegner Rosa mandando sul
posto inviati e fotografi
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Il sogno dell’ingegner Rosa cominciò nel 1958, quando decise di progettare una piattaforma, sostenuta da telai in tubi
d’acciaio, costruita a terra, da
installare al largo di Rimini, su
un fondale di 16 metri, al limite delle acque territoriali.
La realizzazione del progetto
ebbe inizio nel 1960, ma ven-
La piattaforma dell’Isola delle Rose appena costruita e, in piccolo, l’ingegner Rosa in una immagine odierna che mostra la stessa foto
della sua “creatura”
ne interrotta nel 1962 per problemi tecnici e finanziari; fu poi ripresa nel biennio 1965-67 superando anche i numerosi ostacoli posti dalle autorità nazionali, in particolare da quelle marittime
poiché il manufatto rappresentava anche un serio
pericolo per la navigazione.
L’isola consisteva in una piattaforma della superficie di 400 mq, sulla quale era prevista la sopra elevazione di un secondo piano, ed era dotata di un
imbarcadero per natanti di medie dimensioni, raggiungibile mediante una scala, denominato Verda
Haveno (in italiano Porto Verde): costati non meno di 100 milioni di lire, i lavori furono completati nell’agosto 1967.
L’ingegner Rosa aveva messo a punto ogni dettaglio
per la gestione del suo “Stato”. La piattaforma si sarebbe chiamata ufficialmente Isola delle Rose o Insulo de la Rozoj in esperanto, lingua ufficiale della Repubblica Esperantista de la Insulo de la Rozoj. Il nuovo
“Stato” si sarebbe articolato in cinque Dipartimenti.
Accurata la simbologia: lo stemma, costituito da
tre rose rosse con gambo verde fogliato, la bandie-
ra, di colore arancione con al centro lo stemma, ed
anche l’inno tratto da L’”Olandese Volante” di Richard Wagner.
Non minori attenzioni furono dedicate alla moneta denominata Mill (plurale Mills), con cambio alla
pari rispetto alla lira, che però non venne mai prodotta né in conio né sotto forma cartacea.
Vennero invece realizzate due serie di francobolli
in cinque emissioni, intestati Posto Esperanta Respubliko Insuli Rozoj e annullati con la dicitura Verda Haveno (Porto Verde), oggi ghiotta preda dei filatelici.
Sugli ultimi esemplari della seconda serie della
quinta emissione (emessi quando il destino dell’isola era segnato) compare in sovrimpressione una
striscia nera con la significativa dicitura Hostium
rabies diruit opus non ideam (la violenza del nemico
distrusse l’opera non l’idea).
Mentre il manufatto era ancora in fase di completamento, Giorgio Rosa il 1° maggio 1968 dichiarava unilateralmente l’indipendenza dell’isola, autonominandosi suo “presidente”.
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Gli autori del film “L’Isola delle Rose” (nella foto piccola a sinistra, la copertina del suo DVD) con l’editore e,
al centro, l’ingegner Rosa (ultima a destra la sua consorte) al Festival Biografilm 2010
Inutile sottolineare che la notizia delle nascita della micronazione aveva notevolmente messo in
subbuglio la riviera riminese, non soltanto per la
singolarità della bislacca iniziativa, ma anche e soprattutto per i benefici effetti che avrebbe riversato sull’economia locale come nuova fonte di attrazione per la famosa località balneare.
Del resto, già dalla stagione estiva 1967 si erano
attivate varie iniziative turistiche, prima fra tutte il
trasporto regolare di curiosi attraverso il breve
tratto di mare, per non parlare della vendita di
gadget, apparsi subito nelle vetrine dei negozi e
sulle bancarelle dei mercatini riminesi, per la gioia
dei collezionisti e dei turisti.
Non solo, ma addirittura molti esercizi legati al turismo, come ristoranti, bar e discoteche, si erano appropriati, per le loro insegne, del nome dell’isola.
La notizia nel frattempo aveva fatto il giro del
mondo, per cui giornalisti di varie nazionalità avevano raggiunto Rimini per documentare le sorti
della singolare vicenda.
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Le reazioni governative
Dopo poco meno di due mesi della proclamazione
dell’indipendenza, l’atteggiamento ovviamente
negativo delle autorità italiane cominciò a concretizzarsi. Il 25 giugno 1968 agenti della Polizia, dei
Carabinieri e della Guardia di Finanza presero possesso del manufatto lasciandovi solamente il guardiano, Pietro Ciavatta e sua moglie che ebbero la
possibilità di raggiungere Rimini solo qualche
giorno più tardi.
Del tutto inutili furono i pressanti interventi dell’ingegner Rosa presso vari deputati e senatori del
secondo Governo Leone allora in carica e presso lo
stesso Presidente della Repubblica, Giuseppe Saragat. Infatti, l’8 agosto, un dispaccio del Ministero
della Marina Mercantile indirizzato alla Capitaneria di Porto di Rimini ordinava la demolizione dell’Isola delle Rose.
L’evento tuttavia non si verificò in tempi brevi;
l’ingegnere infatti presentò un ricorso che attivò
una complessa azione giudiziaria conclusasi, ov-
La “rappresaglia” postuma dell’ingegner
Rosa alla distruzione del suo sogno da parte del Governo Italiano: un’ultima serie di
francobolli con la dicitura “Hostium rabies
diruit opus non ideam” ossia, la rabbia del
nemico distrusse l’opera, non l’idea
Un foglio di francobolli da 30 mills che avrebbero avuto corso sulla piattaforma qualora il progetto fosse andato a buon fine, dedicati all’isola artificiale
viamente, in maniera per lui sfavorevole. Così, il
29 novembre, un pontone della Marina Militare
provvedeva a trasferire a terra tutto ciò che era
trasportabile e al tempo stesso recava a bordo le
cariche esplosive necessarie per la successiva demolizione dei tralicci.
L’ing. Rosa tentò in ogni modo in extremis di salvare la sua creatura, invocando l’appoggio di personalità politiche e anche di organismi internazionali come la Comunità Esperanto, ma tutto fu
inutile per cui, l’11 febbraio 1969, i sommozzatori
del Comando Subacquei Incursori della Marina
Militare demolivano dapprima le parti in muratura, poi facevano esplodere le cariche.
Una violenta tempesta disperdeva, un paio di settimane più tardi, i residui rottami.
Per la cronaca, la demolizione dei tralicci si dimostro più difficile del previsto, comportando l’impiego del doppio dei 675 kg di esplosivo previsti
inizialmente: una ben magra soddisfazione per
l’ormai defenestrato presidente per questo collaudo sulla solidità della sua isola da lui assolutamente non richiesto.
La triste conclusione della vicenda costernò la popolazione di Riccione che addirittura in un manifesto affisso in città si associò allo sdegno degli
operatori economici per la “rovina di una solida illuminata opera turistica”.
Due Stati esperantisti
Non è possibile fare un confronto tra le due esperienze esperantiste: Moresney era sorta per via di
una singolare anomalia verificatasi nell’attuazione
di in un trattato internazionale, era vissuta grazie
a comuni accordi fra due Stati ed era stata creata
con il consenso della popolazione locale.
L’Isola delle Rose, invece, era nata per la precisa
volontà di un solo soggetto privato, senza nessuna
approvazione da parte delle autorità nazionali
(pur essendo situata al di fuori delle acque territoriali).
Comune denominatore delle due iniziative era
stato l’entusiasmo dei sostenitori della nuova lingua universale che nelle loro intenzioni, avrebbe
dovuto contribuire all’abbattimento delle barriere linguistiche favorendo la fratellanza universale; un obiettivo che non è stato raggiunto, anche
se oggi sono ancora in molti a considerare la
creatura di Ludwik Lejzer Zamenhof come una
panacea per risolvere alcuni problemi dell’umanità.
Vi aveva fermamente creduto anche l’ingegner
Rosa, con la sua “utopia stroncata dal potere”(così l’Isola delle Rose fu definita dagli esperantisti
più bellicosi): un sogno, sia pure durato l’éspace
d’un matin,che il suo tenace ideatore era riuscito
■
a trasformare in una concreta realtà.
novembre-dicembre 2014
39
Pianificare
l’accostata
con il rate of turn
di Riccardo Fava
L’
Un metodo per tenere
sotto controllo
il percorso effettivo
della nave in accostata
accostata costituisce uno dei
momenti più
delicati della navigazione, specialmente se
condotta in canali o acque ristrette. Dando un
angolo di barra al timone, il battello, oltre ad
accostare, subisce un
certo sbandamento. Questo fenomeno deve essere
tenuto sotto controllo su imbarcazioni di una certa grandezza, specialmente se adibite al trasporto
passeggeri o impiegate in navigazione da diporto.
Per questo chi pianifica e conduce la navigazione
ha spesso bisogno di stimare l’entità dello sbandamento per cercare di minimizzarlo nel limite delle
possibilità operative della nave.
La moderna strumentazione di plancia permette
di controllare costantemente la velocità di accostata, nota anche come rate of turn. Come vedremo, questo parametro può essere preso in considerazione per pianificare l’accostata e minimizzare
lo sbandamento.
La curva di evoluzione
Durante la fase di tracciamento sulla carta nautica,
un’accostata viene rappresentata dall’incrocio di
due rotte diverse. L’imbarcazione, in realtà, non è
capace di variare la rotta istantaneamente, stando
40
novembre-dicembre 2014
ferma su stessa, pertanto la traiettoria effettivamente descritta dallo
scafo sarà diversa. Infatti, in accostata, l’imbarcazione descrive una
curva tangente ad entrambe le rotte, nota
come curva d’evoluzione. L’esatta descrizione
di questa curva è molto complessa. Essa viene stimata in fase di progettazione, per poi essere verificata sperimentalmente con le prove in mare. Per
gli scopi del carteggio nautico, essa può essere approssimata come un arco di circonferenza tangente ad entrambe le rotte il cui raggio è quello d’evoluzione. La distanza tra il punto di incrocio delle
due rotte ed il punto in cui la nave dovrà dare barra al timone è nota come distanza all’incrocio.
Per tracciare la curva d’evoluzione sulla carta nautica devono essere noti il raggio d’evoluzione e la
distanza all’incrocio. Questi dati sono illustrati su
apposite tabelle fornite dal cantiere le quali, tra
l’altro, indicano queste grandezze al variare dell’angolo di barra.
La curva può essere tracciata, ad esempio, col metodo delle parallele che permette di determinare il
centro della circonferenza d’evoluzione. In pratica
si traccia una linea parallela internamente alla prima rotta di una distanza pari al raggio d’evoluzio-
Legenda
Traiettoria seguita dalla nave
R
Circonferenza di evoluzione
D
R
Raggio di evoluzione
D
Distanza all’incrocio
I parametri della curva d’evoluzione illustrati; in apertura, l’impressionante immagine di un’accostata piuttosto “stretta” effettuata
dalla portaerei nucleare americana Harry Truman (CVN 75)
ne, si ripete lo stesso procedimento anche per la
seconda rotta. Il punto di incrocio tra le due rette
parallele rappresenta il centro della circonferenza,
dal quale tracciare un arco tangente ad entrambe
le rotte.
Il rate of turn
Il rate of turn è la velocità di accostata espressa in
gradi al minuto. Si può dimostrare che questa
grandezza, con buona approssimazione, è data dal
rapporto tra la velocità della nave ed il raggio d’evoluzione (sinteticamente ROT = V/R). Si nota
che, ad esempio, il rate of turn diventa grande per
elevate velocità e/o piccoli raggi d’evoluzione.
Dalla lettura del rate of turn si possono dedurre informazioni sull’entità dello sbandamento. Se la
nave ha una certa velocità, un elevato rate of turn
può favorire un forte sbandamento dell’imbarcazione. Viceversa, non è detto che per velocità basse o nulle (ad esempio nelle manovre in porto) un
grande rate of turn implichi forti sbandamenti.
Pianificare l’accostata
Accostando in navigazione, è utile tenere sotto
controllo il rate of turn per evitare forti sbandamenti. A tale proposito si può decidere di ridurre la velocità, oppure di aumentare il raggio d’evoluzione
diminuendo l’angolo di barra (in pratica facendo
un’accostata più dolce). Ad esempio supponiamo
di voler accostare con un rate of turn di 10°/min.
In tal caso si potrà fare l’accostata con una velocità di 10 nodi ed un raggio d’evoluzione di 1 miglio
nautico. Analogamente, si potrà accostare a 5 nodi
con un raggio d’evoluzione di 0.5 miglia nautiche,
riducendo quindi la velocità ed aumentando l’angolo di barra da dare al timone.
Un altro metodo può essere quello di dare un certo angolo di barra e, nell’evolversi dell’accostata,
aumentarlo o diminuirlo mantenendo il rate of
turn voluto.
Le navi dotate di casse di bilanciamento possono
utilizzarle per minimizzare gli effetti di sbandamento.
Conclusioni
L’indicatore del rate of turn ormai è sempre più diffuso sui ponti di comando delle imbarcazioni di
una certa grandezza. Può essere sia di tipo analogico che di tipo digitale ed è visibile dalla postazione del timoniere. Per questo, è utile sfruttarlo per
una condotta sicura ed economica della navigazione.
Si ricorda che, anche in questo caso, l’esperienza
di chi naviga assume una importanza fondamentale. Ad esempio il rate of turn da impostare nell’accostata viene deciso da chi ha consapevolezza
della manovrabilità dell’imbarcazione. Come sempre accade per le discipline nautiche, la teoria fornisce una base sulla quale si posa il più ampio fat■
tore dell’esperienza di chi naviga.
novembre-dicembre 2014
41
Recensioni e segnalazioni
AUTORI VARI
Civiltà del mare
Le Rotte, gli Approdi, il Navigare
Progetto Editoriale
Edition sr.l. - Roma 2014
Pagine 480 - Prezzo non comunicato
Non è possibile pensare all’Italia
e ai suoi mari al di fuori della
rappresentazione del contesto
geografico generale, l’Europa nel
suo insieme, ma soprattutto del
Mediterraneo.
È qui che si sono svolte in massima parte le vicende narrate in
questa Opera senza
precedenti nel cronologico dell’editoria del
nostro Paese; vicende
straordinarie che per
millenni hanno visto
protagonisti il grande
mare degli antichi, il
navigare, gli approdi, i
popoli e le genti, che,
di volta in volta, hanno dato vita alla storia
stessa della penisola e
delle sue isole in pace e
in guerra, nel commercio e nella pirateria, in
bonaccia e in tempesta.
Proprio da questi scenari nasce l’idea di Civiltà del Mare, una
grande pubblicazione
dedicata alla lunga e
affascinante storia della marineria di quella parte del
nostro bacino che poi diverrà
italica. La narrazione parte dal
grande mare, dalle origini, dal
mito, dall’Ulisse omerico, da Virgilio, da Enea, nel racconto dei
commerci, delle battaglie e delle
guerre, degli insediamenti e della
vita quotidiana dei borghi e delle città rivierasche, attraverso
l’Impero Romano, le Repubbliche Marinare, le imprese dei
grandi navigatori, lo scontro di
civiltà con l’Impero Ottomano.
Dopo l’Unità d’Italia, il Mediterraneo e i mari della penisola fu-
42
rono investiti più volte da funesti venti di guerra, alternati alle
quotidiane attività della pesca,
alle affascinanti avventure di bastimenti e transatlantici, mentre
le spiagge diventarono sempre
più d’uso comune e consuetudine di svago durante la nuova attività portata dai tempi moderni:
la villeggiatura.
Oggi, in un quadro geopolitico
profondamente cambiato, l’Italia
viene descritta quale propaggine
avanzata in un mare più prossimo e conosciuto, ma altrettanto
pieno di insidie, così come di immutata e straordinaria bellezza.
L’impegno verso i migranti, la salvaguardia dell’ambiente, delle specie marine, del patrimonio naturale e paesaggistico, sono le nuove
sfide che scorrono sul mare e nelle
acque interne, lì dove il navigare
non perde mai, comunque, la sua
dimensione propria di splendida e
misteriosa avventura. Questa
grande Opera riguardante la storia
della Marineria Italiana, porterà
all’appassionato e al lettore un
completo excursus che si dipanerà
fra tutti questi argomenti con una
lettura appassionante, potendo
proprio per questo contare sul
novembre-dicembre 2014
concorso di storici e specialisti,
sulla preziosa collaborazione della
Lega Navale Italiana, della Società
Geografica e sul fondamentale apporto dell’Ufficio Storico, insieme
a quello dell’Ufficio Comunicazione, della Marina Militare.
Un grande viaggio e un eccezionale percorso di conoscenza, corredato dalla più ricca galleria iconografica mai dedicata all’argomento.
Il tutto espresso in un Volume di
grande formato (cm 30x40x10),
con oltre 600 iconografie e documenti. Rilegatura artigianale in
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bronzo sul piatto di
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Remo Carboni, mentre ne è prevista anche una speciale Edizione in due volumi
rilegati in seta moire
blu Brunei, con le stesse caratteristiche di
formato e di stampa.
Le due Edizioni saranno disponibili per la
consegna a partire da
gennaio 2015 mentre
sarà possibile richiederle direttamente all’Editore (06 4744971
- fax 06 4743226 [email protected]), fruendo dei
prezzi dedicati durante la fase di
lancio, che prevedono la possibilità di pagamento anche in comode rate mensili fino a 36 mesi, con condizioni particolarmente agevolate riservate ai soci
della Lega Navale Italiana.
L’edizione internazionale, avrà
una tiratura in 2999 esemplari
numerati e certificati.
Il prezzo di questa Edizione sarà
disponibile alla fine di novembre
sul sito istituzionale LNI e sul sito www.arsilluminandi.com.
Francesco Malvasi
MARIO NEGRI
Per mari estremi
Arcipelago Edizioni - Firenze 2014
Pagg. 148 - euro 25,00
Questo libro è un gran bell’esempio di conciliazione tra le due
eterne nemiche: la cultura umanistica e quella scientifica, che da
almeno tre secoli si fronteggiano
l’una contro l’altra armata, e che
tuttora, restano rivali nonostante
lo sforzo di tante anime belle per
almeno un armistizio tra loro:
vorrei, per esempio, citare tra i
tanti che si sono interessati al
problema e si sono dati da fare
per la sua soluzione, Paolo Parrini con il suo Filosofia e scienza
nell’Italia del Novecento, Guerini,
2004.
Nel libro qui presentato troviamo, appunto, una compresenza
di motivazioni e tematiche che si
potrebbero ascrivere alla categoria umanistica (in particolare,
letteraria), ed ameno altrettante
da etichettare come scientifiche;
o, forse meglio, come storicoscientifiche, il che complica, o
forse piuttosto felicemente sintetizza al meglio il distillato dell’opera.
Ma lasciamo questi discorsi pseudo-filosofici, forse troppo fumosi, e veniamo ai contenuti del libro e al profilo del suo Autore. È,
questi, ordinario di Civiltà Egee
dello IULM di Milano, uno studioso che ha dedicato la vita alla
ricerca delle più lontane scaturigini della nostra civiltà, interessandosi in particolare alla cultura
e lingua minoica, cultura e lingua proprie della Creta dei primordi, quando Atene era forse
ancora un villaggetto di rozzi ed
incolti contadini, ed anche la civiltà achea doveva ancora sbocciare.
Ma la cosa che qui va segnalata
con particolare evidenza è che il
Professor Negri non si limita a
indagare su vecchi cocci incussi
con misteriosi grafemi, ma ama
egli stesso navigare quei mari che
videro il fiorire della grande civiltà cretese.
Da ciò il suo interesse anche alla
storia della navigazione, “estratta” e comparata con testimonianze letterarie. Frutto di questa
inclinazione un corso da lui tenuto proprio di recente su Storia
della navigazione e delle scoperte
geografiche. E il libro che abbiamo
per le mani è il frutto proprio del
lavoro preparatorio di questo
corso.
I personaggi su cui Negri ha puntato il riflettore sono Odisseo,
Colombo e Shackleton.
Sul primo di essi, l’A. parte da un
dilemma puntuale: sarebbe mai
possibile che Dante avesse contezza dell’esistenza della Croce
del Sud, cui sembra far cenno
nella seconda cantica? Questo
quesito porta Negri a indagare su
quale fosse la Forma Mundi prima
del Poeta, con una serie di acquisizioni e deduzioni che – absit
iniuria verbo – definirei estremamente “sfiziose”, specie per chi
abbia una qualche preparazione
di cosmologia e geografia.
Negri poi, per tentare di sciogliere il mistero della possibile conoscenza dantesca della citata costellazione australe, si rifà soprattutto alla localizzazione della
montagna del Paradiso Terrestre,
posta agli antipodi di Gerusalemme, che Odisseo avrebbe (sfortunatamente per lui!) “incocciata”
di prora, col risultato di perdersi,
a nessun mortale essendo consentito approdare a quell’isola
montuosa. Ma il “divertimento”
(nobile, s’intende) del lettore
consiste proprio nel seguire l’intreccio di ragionamenti basati su
passi della Commedia ed altri rifacentisi alle cognizioni geografiche e cartografiche dell’epoca del
Padre Dante.
Il filo del discorso si svolge, quasi
senza cesure, alle cognizioni cosmologiche che doveva possedere Cristoforo Colombo, del resto
non granché avanzate rispetto al
tempo di Dante. Il navigatore genovese (che ovviamente aveva
una “professionalità” ben diversa da quella del Poeta di un paio
di secoli prima) si rifaceva soprattutto a Posidonio Tolomeo;
ma un rilievo tutto suo va riconosciuto _anche al geografo arabo
al-Farghani (o Alfagrano), operante a Baghdad intorno alla metà del secolo IX, cui molto doveva la scienza cosmologica europea del tempo; come del resto in
tanti altri campi del sapere tanto
dobbiamo alla mediazione degli
Arabi.
Il limitato spazio ancora disponibile impone ancora un’accelerazione. Veniamo a Sir Ernest
Henry Shackleton: qui siamo
davvero “per mari estremi”. Nella rievocazione delle sue imprese
fatte da Negri compaiono altri
nomi di navigatori leggendari:
come Cook e Weddel.
Siamo nei Furious Fifties, quei
Cinquanta Urlanti ancora più
spaventosi dei Roaring Forties o
Quaranta Ruggenti. Ma quello
che più interessa Negri non è la
narrazione delle traversate in
quelle acque perigliose (fra l’altro
esiste una nutrita letteratura in
proposito), quanto piuttosto, come sempre in questo libro, i problemi teorici ed operativi della
navigazione, particolarmente
acuti nelle alte latitudini.
In sintesi, un libro affascinante,
da centellinare; anche se va detto
che richiede almeno una certa
infarinatura di cosmologia, geografia e cartografia.
novembre-dicembre 2014
Renato Ferraro
43
Sub
LA
SICUREZZA
DEI
SUB
(3)
Respiriamo sott’acqua
G
li esseri umani se vanno
sott’acqua subiscono
delle mutazioni. Ora,
non sappiamo spiegarci se ciò
avviene per avvicinare il corpo
umano a un ambiente acquatico
al quale non è adattato, o se al
contrario, sono conseguenze,
talvolta molto preoccupanti, ovvero un campanello di allarme
che suona sempre più forte ogni
volta che affrontiamo limiti
estremi. Il fatto è che per questi
motivi sono state studiate delle
regole, possiamo definirle “comandamenti”, tra cui ci sono le
tabelle di desaturazione. Come
abbiamo letto nell’ultimo articolo, la saturazione dell’azoto
della miscela respiratoria che si
utilizza in immersione è un problema che un sub deve risolvere
senza margine di errore. Le tabelle sono un insieme di parametri standard; rispettandole, il
nostro ritorno in superficie po-
Una tabella di decompressione britannica, e nella pagina accanto, un vecchio regolo
per il calcolo meccanico dei dati di decompressione
44
novembre-dicembre 2014
trà avvenire senza problemi. Bisogna precisare che dopo avere
effettuato un’immersione, nell’arco delle successive ventiquattro ore, nonostante il dovuto rispetto delle tabelle di desaturazione, il nostro fisico manterrà
sotto forma di microbolle presenti nel sangue quello che si
definisce tempo di azoto residuo. Questo importante indice è
determinante per il calcolo delle
immersioni successive alla prima nella stessa giornata. Per lo
stesso motivo è bene ricordare
che dopo una saturazione non
si deve mai affrontare una condizione ipobarica, come ad
esempio: un volo in aereo o una
rapida ascesa su per una montagna. Attenzione a non effettuare
immersioni l’ultimo giorno di
vacanze se si prevede un ritorno
a casa via aerea. Sempre nello
scorso articolo, abbiamo letto
che un sub trattiene azoto in
maniera direttamente proporzionale al tempo e alla profondità alle quali l’interessato è sottoposto,(elementi fissi), ma sono
determinanti anche altri fattori
(elementi variabili): gli sforzi fisici, la respirazione incontrollata, il freddo eccessivo, ecc. ecc.
che partecipano decisivamente
a una sovrasaturazione di azoto
in immersione. Ecco che proprio in questo caso i calcoli ta-
bellari non costituiscono una certezza, ma
soltanto la base sulla
quale elaborare, dove
ce ne fosse bisogno,
nuovi calcoli personalizzati, per risolvere i
vari casi che si presentano di volta in volta.
Può capitare che
un’immersione, nella
quale gli elementi variabili sono fortemente
incisivi, possa trasformarsi da
una tranquilla discesa in “ curva
di sicurezza”, cioè senza le soste
di desaturazione alle quote stabilite e solamente risolvibile con
una risalita con tempo regolare
di nove metri al minuto, in
un’immersione “fuori curva di
sicurezza”, impegno che invece
deve rispettare delle soste obbligatorie,per un determinato tempo, a delle quote precise, oltre
ovviamente a un tempo di risalita regolare.
Un tempo andava tutto bene,
perchè con il puro calcolo tabellare fatto manualmente, cioè
considerando tempi e profondità massimi, la nostra sicurezza
era certa. Ma l’essere umano
ama le scorciatoie, soprattutto
quelle più comode, e allora ha
inventato i computers subacquei, abbandonando quasi definitivamente i calcoli tabellari
manuali. L’inizio dell’utilizzo
degli elaboratori elettronici fu
un vero disastro: Moltissime sono state le malattie da decompressione provocate dall’utilizzo
scorretto del computer. Solamente in seguito, con una at-
tenta didattica, mirata a spiegare i pericoli di una cattiva gestione dello strumento, si è finalmente arrivati a una sicurezza ormai accertata, ad un metodo sicuro di immersione con l’elaboratore al polso.
Per questo ricordiamoci sempre,
quando andiamo sott’acqua, di
scendere subito alle quote più
profonde, e nella risalita graduale verso la superficie, di rispettare quella regola di grande sicurezza che consiglia sempre “tempi di desaturazione crescenti per
profondità decrescenti”, senza
fare mai dei pericolosi saliscendi
in immersione.
Abbiamo anche delle regole di
comportamento da rispettare
prima e dopo un’immersione;
cito le più ricorrenti: la notte
prima di un impegno sott’acqua, bisogna dormire bene le
ore necessarie, ma soprattutto
non assumere alcuna sostanza
dannosa per il nostro fisico: alcool, sostanze tossiche o farmaci. Per il dopo immersione invece sarà buona norma non fare
sforzi eccessivi, non andare in
immersione in apnea e non
esporsi a temperature estreme.
Quello che rimane come azoto residuo all’interno del nostro
organismo dopo una
saturazione, anche
poco impegnativa, sono delle micro bolle
di gas da desaturare,
destinate a sparire definitivamente dopo
un certo periodo di
tempo. Ciò che noi
dobbiamo evitare con
il rispetto delle regole suddette,
è proprio che questo insieme di
micro bolle possa aggregarsi e
diventare una bolla più grande
(embolo). Il problema delle micro bolle “silenti” è stato ed è
tuttora fonte di molti studi. Si è
notato che anche un accumulo
eccessivo di queste presenze gassose nell’arco di più ore, oltre le
ventiquattro considerate totalmente desaturanti, possa creare
dei problemi rilevanti. A causa
di ciò, quando si devono affrontare parecchie immersioni in un
tempo ristretto, bisogna stare attenti. Oltre il rispetto dei “comandamenti”, come abbiamo
spiegato all’inizio dell’articolo,
possibilmente bisogna avere cura nel sapere decidere con moderazione la quantità di immersioni da fare, a prescindere dal
“tutto compreso”, promozione
allettante del venditore della vacanza.
Non mi stancherò mai di dirlo,
andare sott’acqua è facile e non
pericoloso, ma come in tutte le
cose c’è sempre un “ma” e quello spetta a voi valutarlo.
Alberico Barbato
novembre-dicembre 2014
45
La voce del diportista
EVENTO STRAORDINARIO
IN MARE
G
li eventi straordinari in
mare sono tutti quegli avvenimenti fuori della norma connessi con la navigazione.
Possono consistere in fatti gravi, i
cosiddetti sinistri marittimi, come
collisione, naufragio, incendio,
affondamento, fatti che abbiano
leso l’incolumità fisica di persone,
falla, incaglio. Ma lo sono anche
eventi meno rilevanti, come l’assistenza/rimorchio/soccorso ricevuto o prestato ad altri in mare, la
rottura del timone, l’avaria al motore o all’elica, l’avvistamento di
relitti pericolosi per la navigazione, l’urto di scogli affioranti ecc..
In caso di evento straordinario, il
Codice della Navigazione impone
al comandante della nave l’obbligo, al momento dell’arrivo in porto, di presentare all’Autorità Marittima o a quella consolare (se si
trova all’estero) la denuncia di
evento straordinario. Conseguono
accertamenti amministrativi (investigazioni sommarie) sui fatti
denunciati e sulle loro cause, qualora l’autorità che riceve la denuncia, li ritenga opportuni. Quindi,
l’Autorità Marittima ha la potestà
di vagliare la rilevanza di un fatto
straordinario accaduto in mare e
la conseguente opportunità di approfondimenti. Quando si tratta
di veri e propri sinistri marittimi,
l’autorità è tenuta a procedere ad
un’inchiesta sommaria sulle cause
e sulle circostanze e a redigere una
relazione da trasmettere alla Dire-
46
zione Marittima. Quest’ultima
procederà ad ulteriore inchiesta
(c.d. inchiesta formale), qualora
risulti dagli atti che il fatto si sia
verificato per dolo (cioè intenzionalmente) o per colpa (cioè per
negligenza, imprudenza o imperizia) oppure qualora ne sia stata
fatta richiesta da parte degli interessati. All’inchiesta formale provvede apposita commissione e nel
caso esprima il parere che il sinistro è avvenuto per dolo o colpa
del responsabile, gli atti vengono
trasmessi all’Autorità Giudiziaria
per l’eventuale apertura di un procedimento penale.
Queste inchieste hanno natura
amministrativa, vale a dire che servono a predisporre materiale probatorio per eventuali processi civili
(ad es. controversie assicurative,
azioni di risarcimento dei danni,
richieste di compenso per soccorso
o rimorchio prestato etc.) o penali
(in caso di ipotesi di reato) derivanti dal sinistro verificatosi.
Per il settore della nautica da diporto, il Codice della Nautica da
Diporto prevede due norme di
semplificazione amministrativa.
Sussiste ugualmente in capo al comandante di qualsiasi unità da diporto, nel caso si verifichi in navigazione o durante la sosta in porto
un avvenimento straordinario relativo all’unità o alle persone a
bordo, l’obbligo di farne denuncia
all’Autorità Marittima o consolare
del posto, ma la procedura viene
novembre-dicembre 2014
semplificata. Innanzi tutto, l’obbligo non scatta al momento dell’arrivo in porto, bensì entro tre giorni
dall’arrivo (termine che si riduce a
24 ore se l’evento ha coinvolto
l’incolumità fisica di persone). In
secondo luogo, la denuncia non richiede la presenza fisica del comandante negli uffici dell’autorità,
perché può essere trasmessa via fax
insieme ad una copia del documento di identità oppure per via
telematica con sottoscrizione mediante firma digitale.
Quanto alle inchieste, è previsto
per la navigazione da diporto che
qualora l’unità da diporto coinvolta non sia adibita ad uso commerciale (locazione, noleggio, diving
o scuola nautica), si faccia luogo
soltanto ad inchiesta sommaria,
mentre l’inchiesta formale non è
necessaria a meno che non la richiedano gli interessati o non sia
aperto un procedimento penale.
La prima semplificazione descritta
consente al diportista di assolvere
comunque agli obblighi previsti
dalla legge per tutti i comandanti,
ma in termini temporali meno severi e soprattutto con forme di comunicazione più al passo coi tempi. La seconda, invece, permette risparmio di risorse e di tempo agli
uffici pubblici, che in passato erano invece comunque tenuti, anche
per lievi incidenti, ad attivare - in
caso di dolo o colpa - il secondo livello di inchiesta (quella formale).
Aniello Raiola
Emergenza sanitaria
Apparato
digerente
Dai dati statistici raccolti dal nostro Centro
Studi e dal CIRM, Nausea e Vomito sono le
patologie più frequenti a bordo sia di piccoli natanti che di
grandi imbarcazioni.
La nausea è lo stato di malessere che precede il vomito. Non è dovuta solo all’effetto del mal di mare di cui
abbiamo già parlato su questa
rivista proprio all’inizio di
questo lungo percorso (novdic 2010), ma anche alla cattiva digestione, all’assunzione di alcolici, al colpo di freddo o di calore. La nausea e
poi il vomito possono insorgere a seguito di ustioni o essere collegate a disturbi più
gravi che sono spesso accompagnati da altri sintomi: nevralgia, febbre, dolori addominali o addirittura perdite di
sangue dagli orifizi naturali
(in questo caso la situazione
potrebbe essere veramente
grave, non esitate a contattare il CIRM).
La nausea è quindi un segnale importante che deve essere
indagato con il medico. Una
delle conseguenze più gravi a
cui si va incontro in caso di
nausea e vomito persistente è
la disidratazione che può
evolvere in uno stato di
shock proprio a causa della
perdita eccessiva di liquidi.
Attenzione quindi a chi sta
tante ore sotto il sole o in cabine calde e afose. In canoa,
sul surf, in barca a pescare
sotto il sole si rischia e quindi la nausea è un importante
segnale.
La terapia è semplice, consiste
nella reintegrazione dei liquidi. Questo può avvenire attraverso la somministrazione di
piccoli sorsi d’acqua o di
ghiaccio se disponibile. Se,
durante le lunghe navigazioni, il vomito persiste per ore o
giorni, è consigliabile assume-
re integratori appropriati o
somministrare una vera soluzione reidratante.
Ma altri sono i problemi
che l’apparato digerente
può creare e che a bordo possono essere di non banale gestione, a volte imbarazzanti.
La dissenteria o diarrea è abbastanza frequente a bordo;
può essere causata da un colpo
di freddo o di calore, da un’alimentazione scorretta, da una
conservazione inadeguata dei
cibi ecc. Si tratta di un disturbo
imbarazzante in quanto gli spazi ristretti non garantiscono
una privacy adeguata; inoltre,
l’essere costretti a recarsi sottocoperta aumenta il rischio di
aggiungere alla dissenteria il
mal di mare. Il problema da
contrastare è anche qui la possibile disidratazione.
Tra gli amanti delle escursioni
in barca, tuttavia, è ancora più
diffusa e preoccupante la stitichezza, sia per il cambio di alimentazione sia per questioni
psicologiche (la lezione sull’uso
del wc con la raccomandazione
comune di “non usarlo” perché
potrebbe rompersi è fonte di un
blocco psicologico quasi assicurato).
Non bisogna esitare a indagare
su eventuali stati di stitichezza a
bordo. Più i giorni passano, più
la situazione si aggrava tanto
dal punto di vista fisico quanto
da quello psicologico. Per prima
cosa, è consigliabile intervenire
sulla dieta, fornendo pasti leggeri e liquidi con l’aggiunta di
un cucchiaio d’olio. Se dopo il
terzo giorno i sintomi persistono, si può ricorrere a una supposta di glicerina o a un piccolo
clistere.
Morale della favola: sdrammatizzare si, sottovalutare no. In
tutti questi casi che interessano l’apparato digerente non
esitate, interpellare il medico a
terra, il CIRM è a nostra disposizione gratuitamente 24 ore
su 24.
Umberto Verna
novembre-dicembre 2014
47
Corso di pesca
Gira, gira… la girella
ella pesca dalla barca, così come in quella
da terra, esistono accessori tanto piccoli
quanto importanti, come le cosiddette girelle, dotate o meno di moschettone, che ci permettono di collegare due lenze e nello stesso tempo dissipare la torsione che si accumula durante
l’azione di pesca, specie in fase di recupero e salpaggio della preda.
Già, ma quale girella ci serve effettivamente in pesca? Per rispondere a chi ancora non è molto
esperto, cominciamo esaminando i vari modelli in
commercio. Infatti, il panorama degli snodi di collegamento è molto vario e la nostra scelta dovrà
essere guidata in primo luogo dal tipo di pesca che
vogliamo praticare ma anche da tanti altri fattori.
N
Semplici e con moschettone
La girella “semplice” è composta da un corpo centrale fisso e da due anelli che ruotano sull’asse di
quest’ultimo grazie ad altrettanti perni centrali. Su
un anellino va legata la lenza madre e sull’altro il
terminale. Senza menzionare modelli specifici,
possiamo dire che ne esistono due varianti: quella
classica, appena descritta, e quella con cuscinetti a
sfere. Decisamente più costosa, quest’ultima garantisce però una rotazione perfetta della lenza sul
proprio asse. È raccomandata quando il terminale
è soggetto a marcate torsioni, per esempio nel bolentino di profondità ma anche nel drifting dedicato a prede impegnative come la palamita o i
tonni.
Altre girelle hanno una struttura del tutto simile a
quella appena descritta ma, in più, hanno un moschettone, una sorta di “gancio” che ci permette
di fissare o staccare il terminale senza obbligarci a
usare le forbici o a fare nuovi nodi. Nella scelta di
questi modelli è molto importante verificare il ti-
48
novembre-dicembre 2014
po di moschettone che montano. A seconda del
genere di pesca che effettueremo, infatti, dovremo
essere certi che il moschettone possa sopportare
un determinato carico, di norma almeno pari a
quello del terminale, senza aprirsi o “stirarsi”. L’esperienza pratica ci porta a dire che tra i moschettoni di forma arrotondata è sempre meglio scegliere quelli con gancetto antiapertura rivolto verso
l’esterno, che sopportano meglio il peso e si aprono o stirano con maggiore difficoltà.
Multiple e a tre vie
Ultime nate nel settore, le girelle multiple sono
composte o da una serie, in genere, tre o quattro,
di girelle semplici collegate tra loro (di qui la definizione di “girelle multiple”) oppure da una serie
di barilotti (sempre tre o quattro) connessi tra loro
a girare, con due occhielli di collegamento per i fili agli estremi. Quest’ultimo modello è il più recente in assoluto ed è molto usato soprattutto da
chi fa le gare e maliziosamente chiamato... “trenino”. Nate soprattutto per la pesca da terra a striscio con la bombarda, questa girelle si stanno rivelando molto utili anche nella pesca dalla barca
quando serve una perfetta rotazione della lenza
sul proprio asse per dissipare la torsione che si
sprigiona, per esempio, pescando a light drifting
in presenza di forte corrente.
Da non confondere con le precedenti, le girelle a
tre vie, dette anche “pater noster”, ci permettono
di collegare un bracciolo perpendicolarmente rispetto alla lenza madre. Molto usate per i calamenti da bolentino medio e di profondità, sono
costituite da una sorta di girella semplice con un
ulteriore anello girevole situato a lato del barilotto. Le girelle a tre vie sono utili ma ci obbligano a
legarle in tutti e tre gli occhielli, quello del bracciolo e i due di collegamento sul trave, cosa che
rende abbastanza laboriosa la preparazione dei terminali. Inoltre, montando questo modelli si aumentano necessariamente i possibili punti di rottura anche se si utilizzano lenze di diametro sostenuto come è uso nel bolentino di profondità.
Colori, materiali e misure
In commercio esistono quattro colorazioni standard per le girelle, ovvero nero, bronzato, nichelato e color ottone. Anche se una diversa colorazione non condiziona molto la pesca, possiamo dire
che nelle tecniche di superficie sia generalmente
meglio optare per quelle scure, che riflettono meno la luce solare. Tre, invece, i materiali maggiormente utilizzati per la costruzione delle girelle: ottone, acciaio oppure leghe metalliche meno pregiate. Inutile sottolineare che quelle in acciaio
inox sono le migliori, sia per durata sia per robustezza.
Anche le dimensioni delle girelle e, naturalmente, il loro peso sono dettagli da non trascurare al
momento della scelta, poiché qualsiasi peso aggiunto alla lenza influenza la presentazione “naturale” dell’esca, quindi una grossa girella posta
fra lenza madre e terminale fa sì che questo si
mostri alla preda in maniera più sospetta. Dunque è sempre bene ridurre al minimo le dimensioni e il peso degli snodi di collegamento, specialmente nelle tecniche in cui è più agevole farlo. Volendo fare un esempio pratico, nella pesca
a drifting leggero in superficie con la sarda come
esca morta, normalmente mirata alle palamite, è
bene utilizzare girelle con moschettone piccole
ma di buona qualità.
Nell’ordine dall’alto, una girella a barilotto semplice ottonata
con moschettone senza gancetto di fermo, un’altra semplice
ma di colore scuro (meno visibile in superficie) e dotata di moschettone con gancetto di sicurezza, infine una in acciaio inox
con cuscinetti a sfere e gancetto di sicurezza per il collegamento del terminale.
Abbiamo quindi tre girelle triple con corpi collegati in serie per
una miglior rotazione e dissipazione delle torsioni sulla lenza
(“trenino”), diffusissime soprattutto nella pesca superficiale a
recupero con galleggianti piombati e “bombarde” e, per finire,
una a tre vie (o “pater noster”) per il collegamento di finali
perpendicolari alla lenza madre
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Corso di pesca
Astuzie importanti
Lo sciarrano è una delle catture più facili e abbondanti per chi si avvicina
al bolentino leggero dalla barca in acque poco profonde, ma anche la sua
pesca richiede l’uso delle girelle per evitare di ritrovarsi con la lenza aggrovigliata in pochi minuti
Le dimensioni delle girelle non hanno conseguenze solo in termini di peso ma anche
di visibilità da parte dei pesci. Un classico
esempio si ha nel drifting al tonno: per evitare che la preda possa notare la girella sul
terminale, gli esperti la sistemano direttamente sull’amo. È vero che esistono ami con
la girella incorporata ma, in alternativa,
aprendo l’occhiello dell’amo è possibile inserire una girella di tenuta (in questo caso,
libbraggio) adeguata. Così facendo, avremo
sempre una girella capace di ruotare sotto
l’azione della corrente e, allo stesso tempo,
potremo nasconderla nell’esca. Un’altra
astuzia relativa all’uso delle girelle nella pesca dalla barca prevede di incorporarle nei
piombi. In questo caso quelle dotate di moschettone sono molto utili perché ci consentono di cambiare la zavorra in un attimo.
Riccardo Zago
I tonni sono le prede più combattive e ambite dei nostri mari: servono girelle grosse, robuste e dotate di cuscinetti a sfere anche se si
pesca a traina con un semplice artificiale come esca
50
novembre-dicembre 2014
“Un bel viaggio tra mare e fede”
“Andiamo da Porto Recanati a Città del Vaticano
in canoa ad incontrare il
Papa?”, questa è la domanda che mi ha posto
il comandante Corrado
Gamberini, capitano di
vascello (CP) ris., che si
è addossato tutto il lavoro logistico.
Una domanda, poi una
risposta e così mi ha presentato Roberto Rabboni, il vero artefice di
questa bella avventura.
Non so bene il motivo,
ma mi aspettavo un gigante, invece Roberto
era un uomo normale,
almeno così ho pensato
all’inizio, perché in seguito ho capito che è un
uomo grande, portatore
di un’enorme tenacia ed
un’immensa forza d’animo.
Il progetto aveva ormai
preso vita e restava da
Porto Recanati - Alla partenza dalla cittadina delle Marche, la canoa di Rabboni (seduto nella postazione poppiera), scortata da un mezzo della Guardia Costiera della locale Capitaneria di Porto
decidere cosa portare a
Papa Francesco, visto che
da ospiti non ci si presenta mai a mani vuote.
Forse proprio per la vicinanza della nostra base
nautica alla Santa Casa di
Loreto è stato semplice
decidere: nulla avrebbe
potuto avvicinarci di più
al Santo Padre dell’immagine della Madonna
Ostia Lido – Con la canoa in secco sull’arenile di Ostia Lido, Roberto Rabboni (con la maglia azzurra) e la consorte, signora Chiara, che ha compiuto con lui l’ultimo tratto di navigazione da Pomezia
a Lido di Ostia
di Loreto, insieme ai messaggi di tutte le persone
che avremmo incontrato
lungo il percorso (che alla fine è divenuto un
enorme cesto).
L’avventura diviene presto pellegrinaggio, perché i pellegrini chiedono alloggio e vitto durante il loro viaggio,
proprio come i “nostri”
canoisti che hanno chiesto il sostegno dei soci
delle Basi Nautiche toccate lungo il percorso.
Un aiuto tangibile, per
cui ringraziamo tutti,
ma soprattutto un aiuto
morale che unito al profondo amore per il mare
ha rappresentato la vera
spinta emotiva che ha
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51
Cronache delle Sezioni e Delegazioni
PORTO RECANATI
Cronache delle Sezioni e Delegazioni
Roma – Sotto il colonnato di Piazza San Pietro, Roberto Rabboni e la consorte (a sinistra, il presidente della Sezione di Porto Recanati Mario Baleani - con la maglia bianca - e un gruppo di altri “staffettisti” che hanno preso parte all’impresa, reggono la fida canoa abbondantemente cosparsa di firme
raccolte un po’ ovunque, in attesa di essere ricevuti dal Santo Padre
permesso ai canoisti di
superare le difficoltà e la
stanchezza.
Salvo i due tratti iniziali
(da Loreto a Porto Recanati) e finale (dal Lido
di Ostia a Piazza S. Pietro), il tragitto si è svolto totalmente per mare,
appoggiato da un entu-
siastico supporto, ed altrettanto efficace è stata
la presenza, discreta ma
costante, degli uomini e
dei mezzi della Guardia
Costiera lungo tutte le
tappe del tragitto.
Un percorso di oltre
1.200 miglia nautiche
con un kayak biposto,
nel quale insieme a Roberto si sono alternati
diversi compagni di
viaggio che con lui hanno condiviso la fatica,
ma soprattutto la meravigliosa esperienza umana e religiosa.
Il viaggio ha avuto inizio il 2 giugno a Lore-
Città del Vaticano – Rabboni, il presidente Baleani e Nikita, una giovanissima regatante, in udienza
dal Santo Padre, che regge affettuosamente fra le mani la statua della Madonna di Loreto portatagli
in dono dalla singolare missione
52
novembre-dicembre 2014
to/Porto Recanati, per
giungere infine il I7 agosto ad Ostia Lido: 60 lunghissimi giorni che hanno segnato intimamente
e positivamente tutti i
partecipanti e le persone
incontrate nelle varie sedi delle Leghe Navali.
Un’avventura marinara
e insieme un evento
sportivo e religioso che
si è sviluppata lungo le
coste di Marche, Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria, Campania e Lazio, facendo tappa prevalentemente nelle basi nautiche delle
numerose Sezioni e Delegazioni LNI, risvegliando così in noi ciò
che di più profondo
muove l’animo umano:
la solidarietà e la predisposizione all’aiuto, che
i soci tutti della Lega
Navale hanno dimostrato di possedere.
Il tempo dedicato all’iniziativa e le energie
spese sono stati abbondantemente e pienamente ripagati dalle
soddisfazioni morali ricevute e dall’aver raggiunto l’obiettivo ultimo di portare in omaggio al Santo Pontefice i
messaggi raccolti e la
statua della Madonna
Lauretana.
Questa breve storia è per
ricordare e ringraziare
Roberto Rabboni e i suoi
canoisti per aver portato
a termine una grandissima impresa che rimarrà
impressa nella loro e nostra memoria per sempre.
Mario Baleani
I2 aprile, secondo appuntamento presso la
Sezione sulle tecniche di
pesca sportiva a drifting
al tonno gigante; all’incontro ha partecipato il
Gotha della pesca pugliese. A spiegare tecniche ed esperienze di gara
vissute, c’era persino il
pesarese Mirko Eusebi,
commissario tecnico
della nazionale italiana
del big game e capace,
col suo team, di vincere
sia i mondiali di drifting
al tonno che i mondiali
di traina d’altura. “Questi incontri – ha detto Eusebi – li considero fondamentali, perché servono ad
amalgamare le squadre di
pescatori ed a creare interesse verso una disciplina
praticata da molti giovani,
anche se potrebbe non
sembrare così. Per affrontare la sfida del mare, occorre una grande conoscenza dello stesso, soprattutto
quando ci si porta ben oltre determinate distanze, e
poi tanta concentrazione”.
Oltre ad Eusebi, sono
giunti a Trani pescatori
di provata esperienza,
provenienti da ogni parte della Puglia. In particolare, si segnala la partecipazione all’incontro
di Giampiero Cariglia,
secondo classificato al
campionato italiano di
drifting del 2013. “È stata una grande soddisfazione per me e per il mio equipaggio. La squadra, molto
Progetto
Mediterranea
A Trani, fra i pontili della
Sezione approda Mediterranea, una barca a vela
salpata il 17 maggio da
San Benedetto del Tron-
to. Mediterranea è la protagonista di un viaggio
della durata di cinque
anni che attraverserà tutto il Mediterraneo, il Mar
Nero e il Mar Rosso settentrionale alla ricerca
delle voci e dell’identità
del Mare Nostrum. “L’idea di questo viaggio -racconta Simone Perotti,
scrittore, marinaio e cofondatore del progetto è nata come nascono i sogni. Una sera ci siamo riuniti e ci siamo detti: perché no? E così abbiamo
trasformato un’ambizione
in un’impresa”. Teatro
della spedizione è il Mediterraneo, centro del
mondo, della civiltà e
della cultura, non solo
nel passato. “Il nostro mare - ricorda Perotti - custodisce il mito della fratellanza e dell’unità. Tutti i
paesi che toccano le sponde
del Mediterraneo devono
riscoprire la straordinarietà
di essere parte integrante di
una stessa cittadinanza”.
La scia della barca come
un filo che cuce. Con
questa metafora lo scrittore spiega l’obiettivo del
progetto: ricucire, appunto, un sistema di convivenza culturale e relazionale cercando di riscoprire il Mare Nostrum, terra
di tradizioni condivise.
L’area del Mediterraneo
sta attraversando un
momento di profonda
crisi, anche economica.
Perotti, accompagnato
da altri sostenitori del
progetto, cercherà di dare una risposta alla crisi
andando alla ricerca di
filosofi, giornalisti, scrittori ed intellettuali,
chiedendo loro soluzioni per vincere la decadenza. L’ambito culturale non è l’unica finalità
di un viaggio che ha an-
Trani – Ha fatto sosta a Trani Mediterranea, un bellissimo ketch di 60 piedi che in 5 anni navigherà
per 20.000 chilometri attraverso Mediterraneo, Mar Nero e Mar Rosso settentrionale seguendo un
circuito storico e socio-culturale che lega tutte le genti che vivono su queste sponde
novembre-dicembre 2014
53
Cronache delle Sezioni e Delegazioni
TRANI
Si ritrova il Gotha
di esperti
spesso, fa la differenza in
queste competizioni. Siamo riusciti ad ottenere un
grande piazzamento a Jesolo, giusto premio a tanti
sacrifici. Per raggiungere
livelli ottimali nella pesca
al drifting occorre molta
esperienza in mare. Proveniendo da Vieste, abbiamo
il vantaggio di poterci allenare in un tratto di costa
che ben si presta a questo
tipo di disciplina, una zona strategica perché esposta a correnti, mentre il
basso adriatico è più favorevole per la traina d’altura. Il livello di preparazione dei pescatori pugliesi è
comunque eccellente”.
Cronache delle Sezioni e Delegazioni
che una forte connotazione ambientale.
Mediterranea sarà un laboratorio galleggiante a
disposizione della scienza per la difesa del mare
e dell’ambiente marino.
“Strano come spesso basti
un viaggio”, canta Daniele Silvestri. Dalla musica,
qui si passa ai fatti. Il tema principale è proprio
il viaggio, in questo caso
senza mete prestabilite.
“Quando si naviga – spiega Perotti - le tappe sono
solo orientative. Chi decide è il mare”. E la casualità ha condotto Mediterranea a Trani. “Io non sono pugliese – conclude lo
scrittore - ma qui mi sono
sentito subito a casa. Trani è una città fantastica,
senza eguali. Dal primo
istante in cui siamo sbarcati ci siamo sentiti al riparo. Trani è il Mediterraneo”. La Sezione, lieta di
ritrovare l’amico Perotti
ospite ormai di casa
presso i nostri pontili,
esprime a nome del presidente, dr. Giuseppe
D’Innella, il più vivo
compiacimento per il
progetto e l’inappuntabile organizzazione del
delegato regionale dr.
Pagazzo che ci ha permesso di accoglierlo nei
tempi e nella giusta modalità.
Mimmo Diomede
Conferenza
su “Gli Statuti
Marittimi”
La Sezione ha ospitato il
13 giugno una conferenza a cura di Luciano
Carcereri (presidente
54
della sezione Benedetto
Ronchi di Trani della Società di storia patria per
la Puglia) sugli Statuti
Marittimi di Trani. Essi,
pur essendo del 1063,
godono di una peculiarità che contraddistingue la fortuna di questo
testo giuridico, vanto
della cittadina pugliese.
Sono conosciuti e divulgati solo ed esclusivamente tramite edizioni
a stampa. E siccome la
stampa a caratteri mobili è invenzione della seconda metà del Quattrocento, la tradizione del
testo nei primi secoli
della sua diffusione è
avvenuta tramite supporti che non sono pervenuti fino a noi (o che
non sono ancora stati
scovati negli archivi).
La prima edizione a
stampa degli Statuti è
del 1507, a Venezia,
pubblicata a cura di un
personaggio marchigiano, Marco Martelli, che
aveva ricevuto dal Comune di Fermo l’incarico di collazionare i vecchi Statuti della città. Il
volume del 1507, che
contiene in appendice
la prima edizione nota
degli Ordinamenta et consuetudo maris edita per
consules civitatis Trani,
non giungerà mai a Trani e neppure nei confini
del Regno di Napoli. Infatti non risultano posseduti esemplari degli
Statuta Firmanorum del
1507 da parte di biblioteche del Mezzogiorno
d’Italia.
Stessa sorte tocca più o
novembre-dicembre 2014
meno all’edizione successiva, pubblicata a Fermo nel 1589. Tant’è che
Marino Freccia, un giurista napoletano del
Cinquecento, in una sua
monumentale opera, De
subfeudis baronum et investituris feudorum del
1554, parlando della
magistratura dell’Ammiragliato del mare, dice
che nel Regno tutte le
controversie, le liti e le
decisioni che attengono
all’attività marinara sono giudicate sulla base
dei principi contenuti
nella Tavola amalfitana.
All’affermazione di Marino Freccia hanno attinto tutti gli storici regnicoli dei secoli successivi e la norma tranese
rimarrà ignorata dalla
storiografia giuridica
napoletana. L’artefice
della fortuna del testo
giuridico tranese sarà
nell’Ottocento il ricercatore e storico francese
Jean-Marie Pardessus,
che, con la riscoperta e
la valutazione critica del
testo, favorirà la genesi
di un dibattito storiografico europeo tuttora
in corso. Il dottor Carcereri, attraverso una indagine capillare sulle
edizioni cinquecentesche e sulle fonti bibliografiche del dibattito
iniziato nel primo quarto del XIX secolo, ha
potuto ricostruire una
serie di relazioni e riferimenti che assicurano
una messa a fuoco appropriata di tutta la vicenda degli Statuti Marittimi di Trani.
Giornata della
Sicurezza in Mare
La Sezione, il 7 agosto, ha
ospitato una manifestazione dedicata alla sicurezza in mare organizzata
dalla Capitaneria di Porto
di Barletta. “L’obiettivo
dell’evento – ha spiegato il
capitano di fregata Pierpaolo Pallotti, comandante di questa Capitaneria – è stato quello di diffondere la conoscenza del
corretto utilizzo dei dispositivi di sicurezza in dotazione alle unità di diporto”.
Nel corso della manifestazione la motovedetta
CP 539, dell’ufficio locale marittimo di Trani, è
restata ormeggiata presso i pontili della Lega
Navale. L’equipaggio,
coordinato dal comandante Stefano Sarpi, ha
effettuato l’accensione
di un fuoco a mano, di
un razzo a paracadute e
di una boetta fumogena.
Durante l’incontro, il
comandante della Capitaneria, ha esposto le
innumerevoli attività
che hanno interessato il
compartimento marittimo della Provincia. Dal
23 giugno ha avviato
con ottimi risultati l’operazione “mare sicuro”
al fine di vigilare sull’ordinato svolgimento
delle attività diportistiche, turistiche e balneari, e prevenire, reprimendo se necessario, i
comportamenti che
possono mettere a repentaglio la sicurezza
della navigazione e la
salvaguardia della vita
umana in mare.
Trani – Il tenente di Vascello Scuccimarri, il capitano di fregata Pierpaolo Pallotti comandante la
Capitaneria di Barletta e Giuseppe D’Innella, presidente della Sezione di Trani, riepilogano lo svolgimento della manifestazione al termine della giornata per la sicurezza in mare
Ricordiamo che il compartimento di Barletta si
avvale di mezzi nautici
che sorvegliano il litorale della sua giurisdizione
che si estende da Margherita di Savoia a Bisceglie. Immancabili le
raccomandazioni ai diportisti. Puntuale anche
l’invito, rivolto a tutti i
cittadini, di contattare
per qualsiasi segnalazione ed emergenza il numero blu gratuito 1530.
Il presidente della Sezio-
ne, Giuseppe D’Innella,
nel suo intervento, ha
ringraziato le autorità
per aver scelto Trani come sede di questo importante evento. “Quando ci è stata chiesta la disponibilità della sede per la
Olbia – L’ammiraglio Paolo Bembo, direttore della nostra Rivista e autore del libro “La Pittura di
Marina in Italia” assieme all’ammiraglio Grillo, fra il socio Giorgio Campanella (sullo sfondo) e il
presidente della Sezione Cassetta (in primo piano), durante la presentazione dell’Opera
OLBIA
Presentazione
del libro
“La Pittura di
Marina in Italia”
La sera del 26 maggio, il
socio Carmelo Campanella, sensibile pittore e
docente emerito della
Cattedra di Illustrazioni
presso l’Accademia delle
Belle Arti di Sassari, ha
presentato ad un congruo numero di soci,
presso la sede sociale, il
volume “La Pittura di
Marina in Italia dal XV
secolo ad oggi”, di Paolo
Bembo, direttore della
Rivista dell’Associazione, e Salvatore Grillo.
Il libro, che tratta di un
settore di nicchia ma importante della cultura
del mare, ha non a caso
ricevuto il patrocinio
della Presidenza Nazionale; riccamente illustrato, si diffonde sulle origini di questo genere e
ne traccia il percorso, fino a citarne molti dei
cultori contemporanei,
colmando al riguardo
novembre-dicembre 2014
55
Cronache delle Sezioni e Delegazioni
manifestazione, siamo
stati felicissimi. La Sezione è sempre in prima linea
per promuovere la cultura
del rispetto del mare.
Quando poi si parla di sicurezza, l’impegno deve
raddoppiare. Avvicinandoci al periodo ferragostano,
è stato quanto mai prezioso ribadire tutte le necessarie misure di prevenzione per abbattere ogni situazione di potenziale pericolo in acqua”.
Cronache delle Sezioni e Delegazioni
una lacuna nell’editoria
nazionale. Questa presentazione ha seguito
quelle che hanno già
avuto luogo presso le Sezioni di Venezia, Milano, Torino (nell’ambito
del Salone Internazionale del libro), Pomezia, ed
è previsto che continui
ad avere luogo presso le
Sezioni che ne hanno
fatto o ne faranno eventualmente richiesta, seguendo un itinerario che
cerchi di coprire il più
possibile la diffusione
territoriale delle Sezioni.
CAMPOMARINO
DI MARUGGIO
Concluso
il progetto LN
Il 7 aprile si è conclusa
la fase didattica del progetto della Sezione riguardante tecnica marinara, meteorologia, rispetto dell’ambiente, rispetto delle regole, sicurezza in mare e nella balneazione. I relatori sono
stati il Presidente, ing.
Vincenzo Cangiano e
due brillanti volontari:
l’esperto velista Nicola
Scafogliero e l’istruttore
sub e salvamento Carmelo De Maglie, nuovo
socio della Sezione.
L’entusiasmo degli alunni ha contagiato la dirigente scolastica, dottoressa Anna Laguardia,
che nell’occasione è diventata socia della Sezione, ed anche i docenti che hanno accompagnato i ragazzi. Con l’ultima lezione in aula (so-
56
Campomarino di Maruggio – Un momento della regata di modelli auto costruiti dai ragazzi partecipanti al progetto sulla tecnica marinara organizzato dalla Sezione
no già programmate
una regata per modellini costruiti dagli alunni
ed una visita ad una nave della Marina Militare) ha avuto luogo la distribuzione agli alunni
delle 48 tessere di associazione a cura della dirigente e della delegata
scolastica insegnante Rita Virginia Carrieri, otti-
ma organizzatrice.
Il presidente ringrazia
tutti coloro che hanno
collaborato al progetto,
in particolare la prof. Licia Petroni, che ha curato con efficacia i contatti
tra la Sezione e le scuole,
e la prof. Rosanna Locorotondo che ha chiesto
di associarsi poiché apprezza l’attività della Se-
zione. Il 9 giugno, ultimo giorno di scuola, si è
concluso il progetto, per
43 alunni di terza media,
con una mattinata, ambientata nel porto turistico, ricca di due eventi:
“La giornata nazionale
della sicurezza in mare” e
“la Festa del Mare”.
Dopo il saluto del Comandante della Stazione
Campomarino di Maruggio – Altri alunni partecipanti al progetto discutono fra loro all’ombra di
una tenda provvidenzialmente eretta
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Vincenzo Cangiano
CASTIGLIONE
DELLA PESCAIA
Giornata della
Sicurezza in Mare
Il 31 maggio si è svolta la
Giornata della Sicurezza in
Mare, promossa dalla Sezione in collaborazione
con la Capitaneria di Porto - Guardia Costiera, inserita quest’anno tra gli
eventi che Castiglione
organizza quale Comune
Europeo dello Sport.
Questa manifestazione
che, a livello nazionale,
si tiene ogni anno all’i-
nizio della stagione estiva, quando aumentano
le presenze dei bagnanti
e dei naviganti, intende
ricordare che il mare va
affrontato con grande
rispetto e consapevolezza dei nostri limiti, perchè non si trasformi da
luogo di svago e di riposo in luogo di tragedia.
È inoltre l’occasione per
rendere un doveroso riconoscimento e ringraziamento ai Corpi dello
Stato e alle Organizzazioni del Volontariato,
che operano per la sicurezza in mare e per il salvataggio: la Guardia Co-
stiera, i Vigili del Fuoco,
la CRI, l’Associazione
Cinofila della Protezione Civile per il salvataggio in mare.
Presenti quest’anno una
folta rappresentanza delle scuole di Castiglione
con insegnanti e preside, oltre a molti cittadini e villeggianti, che,
dalla spiaggia e dal piazzale dell’ex bagno Maristella, hanno seguito
con interesse le varie fasi
dell’evento. È stata simulata una situazione di
pericolo su imbarcazione, in cui un membro
dell’equipaggio è caduto
in mare in stato di
semincoscienza e
di acuto dolore toracico. Il comandante dell’imbarcazione lancia il
“MAYDAY” sul canale 16, richiede
aiuto per pericolo
di vita, fornendo il
nominativo della
barca e la posizione in mare. La richiesta viene ricevuta dalla stazione
radio della Capitaneria di Porto che,
quale Ente preposto al coordinamento delle operazioni di soccorso
in mare, si attiva
richiedendo l’intervento della CRI.
La motovedetta
della Guardia Costiera, con a bordo
personale specializzato della Croce
Rossa, si dirige verso la posizione segnalata e indivi-
novembre-dicembre 2014
57
Cronache delle Sezioni e Delegazioni
CC, il C° 1ª Cl. Np. Arcangelo Spada, dell’Ufficio Locale Marittimo di
Maruggio, ha tenuto un
breve ma incisivo discorso sulla sicurezza in
mare, ha coordinato la
visita ad una motovedetta della Guardia Costiera, monitorando le
operazioni di imbarco e
sbarco degli alunni, per
“brevi passeggiate a mare” su barche di soci e su
un peschereccio: per alcuni ragazzi si è trattato
del battesimo del mare.
La mattinata si è conclusa con uno spuntino.
Il presidente della Sezione ha ringraziato
gli alunni partecipanti, i docenti che
li hanno accompagnati, la dirigente
scolastica che, pur
oberata di impegni
che le hanno impedito di partecipare,
è stata in frequente
contatto telefonico
con i docenti, assicurandosi del fatto
che tutto procedesse senza problemi.
Ha ringraziato anche il tesoriere Casagrande, il consigliere Puglisi, ed il
socio De Maglie,
per la collaborazione, nonché l’azienda “Torre Moline”
che ha ospitato la
manifestazione. Infine, ancora una
volta, un grazie a
capo Spada che ha
contribuito al successo della bellissima giornata.
Cronache delle Sezioni e Delegazioni
duata anche grazie all’accensione di un fumogeno da parte dell’equipaggio.
Il naufrago, soccorso in
acqua dal personale paramedico e posto sulla tavola spinale galleggiante,
è condotto a riva, dove
gli vengono praticate le
prime cure di rianimazione per stabilizzare la situazione clinica e per l’eventuale trasporto in
ospedale. È a disposizione anche la motocicletta
da fuoristrada della CRI,
attrezzata per il trasferimento dalla spiaggia all’ambulanza.
Successivamente, sono
state simulate situazioni
relative a cinque bagnanti con evidenti difficoltà
natatorie. In questi casi
sono allertate le Unità
Cinofile della Protezione
Civile ed entrano in azione i cani addestrati ed
equipaggiati per il soccorso: un terranova, che
ne porta a riva quattro
aggrappati alle maniglie
del suo giubbetto e un
labrador che trascina l’altro. Segue la rianimazione a cura del personale
specializzato delle Unità
Cinofile della Protezione
Civile, sezione di Follonica. Ogni rientro a terra
dei magnifici animali è
salutato da un lungo applauso di tutti gli spettatori.
L’ultima fase della manifestazione ha mostrato l’uso di una zattera di
salvataggio, dotazione
di sicurezza obbligatoria
per la navigazione oltre
6 miglia dalla costa, gen-
58
tilmente messa a disposizione dalla Eurovinil;
in caso di abbandono
dell’imbarcazione, deciso dal comandante, l’equipaggio, in attesa di
ricevere soccorsi, si trasferisce nella zattera ad
apertura automatica e
dotata di mezzi di sussistenza. I giovani studenti, meravigliati e divertiti, hanno aperto e visitato la zattera osservandone ogni parte.
Terminata la manifestazione, l’Hotel Miramare
ha gentilmente offerto
un aperitivo al presidente e ai volontari della
CRI e della Protezione
Civile, ai Comandanti
rispettivamente della
Delegazione di Spiaggia,
dell’Arma del Carabinieri, della Brigata di Finanza, alla preside dell’Istituto Comprensivo
Statale Orsino Orsini e
al presidente e ai rappresentanti della Sezione.
VICO
EQUENSE
Gli occhi di Marta
Sabato mattina. Sulla
banchina, giù al porto ci
saranno più di 30° con
un umidità che non vi
dico; si suda a più non
posso. Ma, penso, siamo
a metà giugno, sarà pure
normale. Non lo è provare un brivido di freddo che ti piglia lungo
tutta la schiena fino ad
arrivare alle spalle.
Marta avrà avuto tredici
d’anni, una bella ragazzina già pronta in costu-
novembre-dicembre 2014
me per salire sulla barca
di Gianpaolo. Si va tutti
a fare un giro lungo la
costa. È arrivata da Napoli con un pulmino in
mattinata, insieme ad
una quindicina di suoi
amici alcuni dei quali
anche più piccoli.
Io sto sulla banchina,
prendo la cima, le do volta sulla bitta, do una mano a salire mentre Emilio
sta a bordo e ad uno ad
uno li prende per mano e
li fa accomodare sulle
panche nel pozzetto di
poppa. È il turno di Marta, le stringo forte il braccio, deve fare attenzione
fra drizze, cime, scotte e
sartie la barca, per lei è
piena di pericoli.
È proprio in quel momento che esclama: sento l’odore del mare, come vorrei fare il bagno.
Un brivido di freddo mi
attraversa la schiena.
No! No! il mare è tutto
sporco. Oggi il mare è di
una purezza cristallina,
di sporco c’è solo la mia
bugia. Chissà se sa nuotare? E se si come fa?
Chissà quanti altri desideri avrà, chissà.....?
Marta non conosce l’azzurro del mare n’è il verde delle colline che ci
circondano.
Marta è nata cosi, nel
buio e nel buio passerà
il resto della sua vita.
Noi della Sezione abbiamo conosciuto l’UNIVOC, un associazione
Onlus che si dedica all’assistenza dei ciechi ed
insieme abbiamo deciso
di far passare una giornata diversa a questi ra-
gazzi meno fortunati di
noi. Fargli sentire l’ebbrezza del vento su di
una barca a vela ed il rumore delle onde che si
frangono sulla sua prua.
È stato bello, si sono divertiti tanto, siamo tutti
un po’ stanchi; con un
applauso allo skipper la
nostra avventura volge
al termine. Ciao Marta,
a te e i tuoi compagni di
viaggio un grazie di cuore da parte di Emilio, Silvio, Peppe e Gianpaolo;
volevamo darvi qualcosa ma invece siamo stati
noi a ricevere, ci avete
dato tanta soddisfazione
ed un enorme emozione. E, si sa, l’emozione
non ha prezzo....
Peppe Vanacore
ALGHERO
Presentazione
libro
Martedì 27 Maggio si è
svolta la presentazione
del libro “La pittura di
Marina in Italia dal XV
secolo ad oggi”. L’occasione è stata particolarmente ghiotta per i presenti che numerosi hanno seguito il “percorso”,
tra le opere più rappresentative, proposto dall’ammiraglio Paolo Bembo, coautore insieme all’ammiraglio Salvatore
Grillo di un volume unico nel suo genere. Con
grande passione e competenza l’autore ha trasportato il pubblico tra
le scene di battaglia e le
più pacifiche giornate di
lavoro nel porto, sottoli-
Alghero – Un momento della presentazione del libro “La pittura di Marina in Italia dal XV secolo”
da parte dell’ammiraglio Paolo Bembo (seduto al tavolo) nella nuova Biblioteca cittadina
neando i dettagli che caratterizzavano ogni opera. A rendere ancora più
suggestiva la serata è stato il luogo: la nuova Biblioteca della città catalana, quella che in passato era stata la chiesa del
complesso di Santa Chiara, appena alle spalle del-
le antiche mura che si affacciano sul mare. Il presidente della Sezione di
Alghero, Francesco Canu
ha ringraziato l’Amministrazione Comunale per
la collaborazione fornita,
donando alcuni volumi
alla biblioteca, con l’auspicio che venga realiz-
zata una sezione libraria
dedicata al mare. Tra gli
ospiti il Delegato Regionale Ingrid Crabuzza e il
presidente della Sezione
Golfo dell’Asinara Vittore Canopoli che hanno
collaborato all’organizzazione dell’evento.
F.C.
Sabato 28 giugno si è
concluso ad Alghero,
con successo, il Progetto
sport e disabilità: la pratica della Vela nella
Paraparesi Spastica Ereditaria (PSE). Il Progetto
è stato sviluppato dalla
dottoressa Letizia Martinengo (Università di Torino) per la parte Psicologica, e dalla dottoressa
Loretta Racis (Università
degli Studi di Sassari),
per la parte neurologica.
L’AIViPS Onlus (Vipsonlus) in collaborazione
con la Sezione di Alghero, si è proposta di studiare quali significati e
quali rappresentazioni i
soggetti con disabilità
fisica conseguente a
Paraparesi Spastica Ereditaria (PSE) che partecipano al progetto vela
costruiscono intorno all’attività fisica, al fine di
poter meglio cogliere
l’impatto che la pratica
sportiva comporta sulla
loro soggettività e sulla
percezione del Sé. Le
uscite in mare si sono
svolte tutti i fine settimana (venerdi e sabato), al fine di poter consentire agli “aspiranti
velisti” di concludere il
ciclo richiesto, pari a
6/7 giorni, impegnandoli dalle 16,00 alle
19,00, circa. Un grande
merito della buona riuscita dei lavori va riconosciuto alle persone, i
soci della Sezione di Alghero, per la grande disponibilità offerta in termini di risorse umane e
novembre-dicembre 2014
59
Cronache delle Sezioni e Delegazioni
Progetto sport
e disabilità
Cronache delle Sezioni e Delegazioni
nate trascorse con gli armatori, i partecipanti
hanno annotato le loro
esperienze, emozioni. e
quant’altro su un diario
giornaliero. I loro scritti
saranno poi oggetto di
studio a cura della psicologa, dottoressa Letizia Martinengo.
Pasquale Masala
Segretario AIViPS Onlus
BARLETTA
Premio
a Paola Piazzolla
Alghero – Ingrid Crabuzza (delegato regionale LNI per la Sardegna) e Pasquale Masala (segretario
AIViPS Onlus) al tavolo della conferenza
imbarcazioni, nonché
per il grande calore
umano che essi hanno
profuso nei confronti
dei pazienti con PSE,
mettendoli a loro agio,
in un ambiente in precedenza giudicato da costoro “ostile”, mentre,
dopo sarebbe diventato
familiare e amico. Ambiente del quale, ora,
sentono già la mancanza. Questo a dimostrazione di come la Sezione
abbia saputo coinvolgere tutti, persone aderenti al progetto e il personale che le segue. Di
questa esperienza l’AIViPS Onlus, ha fatto tesoro, e spera che in un
prossimo futuro, in altre
realtà italiane ci siano
Sezioni della Lega Navale disposte a offrire possibilità di studio e di av-
60
vicinamento all’ambiente della vela, sia a
favore di quelle persone
che hanno difficoltà di
movimento, come per
esempio quelle create
dalla Paraparesi Spastica
Ereditaria, che per tutti
coloro che amano confrontarsi con il mare, su
una barca a vela, diventandone soci. A nome
del presidente dell’Associazione AIViPS – Onlus,
signora Tiziana Maero,
si ringraziano: il presidente della Sezione di
Alghero, signor Franco
Canu, per aver accettato
la nostra proposta di
progetto, ospitandoci e
facendoci sentire come
a casa nostra presso la
“sua” struttura; la delegata regionale LNI per la
Sardegna, signora Ingrid
Crabuzza con la quale,
novembre-dicembre 2014
l’altro anno, vennero
gettate le basi per valutare la fattibilità dei lavori, e che ha creduto
nella nostra iniziativa; il
vice presidente signor
Antonello Casu, il quale
è stato il perno della coordinazione degli imbarchi, della disponibilità delle imbarcazioni e
la persona che ha curato
i rapporti con la AIViPS
Onlus; tutti i soci della
Lega Navale che a diverso titolo, sempre col sorriso sulle labbra, hanno
dato la loro disponibilità per far si che tutti i
partecipanti al progetto
si sentissero a loro agio,
affrontassero con piacere le navigazioni e apprendessero quanto veniva insegnato a bordo,
per condurre al meglio
la barca. Di tutte le gior-
Giovanissima atleta di
caratura mondiale, corteggiata da prestigiose
università degli Stati
Uniti tra cui Yale, eppure nel nostro Paese fatica a trovare sponsor.
Paradossale la situazione di Paola Piazzolla, diciassettenne campionessa di canottaggio che ha
ottenuto il 5° posto nel
doppio in nazionale ai
mondiali juniores di
Amburgo del 10 agosto
scorso, punta di diamante della squadra della Sezione.
Ma le difficoltà non intaccano la volontà e la
tenacia di questa ragazza, capace di raggiungere straordinari obiettivi
non solo nello sport ma
anche in ambito scolastico: frequenta infatti
con eccellente profitto il
Liceo Scientifico “Cafiero”. “Paola in questo momento è la gloria del nostro Liceo”, commenta
orgoglioso il suo insegnante di Scienze Motorie, il professor Monte-
nero. Allenata da Cosimo Damiano Cascella,
Paola Piazzolla è la rappresentante di spicco di
un gruppo di coetanei
che animano la bellissima realtà degli sport acquatici in città: a presentarli, uno per uno, è
stato proprio il coach
Cascella che ha ringra-
ziato “soprattutto i genitori per il sostegno all’impegno dei figli” e ha invitato anche gli adulti ad
avvicinarsi al canottaggio attraverso appositi
“corsi di coastal rowing,
adatti a tutti dai 30 ai 70
anni, tenuti presso la sede
della Sezione”
Alla manifestazione, il
24 agosto, sono intervenuti anche esponenti
istituzionali: per il Comune di Barletta l’assessore Antonio Rizzi e a
nome della Provincia
Bat (Barletta, Andria,
Trani), l’ex assessore Dario Damiani.
Il presidente della Sezione, dottor Giuseppe Pa-
Matera Castellaneta – Una splendida immagine variopinta e solare della manifestazione “Vele di
ferragosto” tenutasi il 17 agosto a Castellaneta Marina
MATERA
CASTELLANETA
Vele di ferragosto
Il 17 agosto si è svolta a
Castellaneta Marina, la
manifestazione sportiva
denominata, “Vele di ferragosto”, regata a calendario federale con la Sezione con base nautica a
Castellaneta Marina come comitato organizzatore, in sinergia con il
Rotary club di Riva dei
Tessali e con il circolo velico Vega di Castellaneta.
Insieme, si è riusciti finalmente all’unisono a
colorare di vele il mare
di Castellaneta Marina.
Il richiamo è stato forte
anche per gli altri circoli
velici, legati da profonda
amicizia e dalla comune
passione che hanno deciso di prendere parte all’iniziativa. Grandi e piccini, con barche molto
performanti o da scuola
vela, hanno solcato lo
novembre-dicembre 2014
61
Cronache delle Sezioni e Delegazioni
Barletta – Paola Piazzolla (verso sinistra nella foto) assieme a una collega, campionessa di canottaggio e brillante speranza della Sezione, che attira attenzioni a livello internazionale, ne riscuote poche in Italia, come spesso avviene peri giovani più meritevoli
gliarulo, ha focalizzato
l’attenzione sui benefici
dell’attività sportiva durante l’adolescenza, “età
in cui tanti ragazzi si perdono, seguendo strade malsane. Lo sport, invece, insegna a lottare e ad assumersi responsabilità, aiutando a formare la personalità di coloro che saranno la classe dirigente del
futuro”. La serata si è conclusa con la consegna di
un contributo economico alla Piazzolla, in forma di buono acquisto
per il necessario alla sua
attività agonistica.
Cronache delle Sezioni e Delegazioni
specchio d’acqua antistante Riva dei Tessali.
Nonostante le condizioni meteomarine non
propizie, in molti hanno
deciso di partecipare comunque all’evento ma il
vento forte e minaccioso
con le sue improvvise
raffiche che sferzavano
il campo di regata, ha
costretto i giudici di regata ad inibire la partecipazione ai più piccoli.
Raffiche che hanno reso
dura la vita a numerosi
equipaggi, anche tra i
più forti, che si sono capovolti, in termini tecnici hanno scuffiato, o
hanno riportato danni
alle attrezzature ed alle
vele. Tutto, comunque,
nella norma e senza incidenti o contusioni ma
solo motivo di spettacolo. L’ulteriore rinforzare
del vento ha poi costretto il comitato di regata a
non far disputare la seconda e la terza prova
previste e a validare la
regata con una sola prova svolta, ma lunga e difficile.
Tra le derive, il fortissimo equipaggio SodoVacca, della Sezione, costretto al terzo posto,
dopo aver condotto la
regata per lungo tempo,
a causa di una scuffia
dovuta al forte vento. La
Lega Navale ha donato
al presidente 2013-14
del Rotary, ing. Luigi Severini una targa di riconoscimento per l’ideazione e l’organizzazione
della competizione e
un’altra targa è stata donata al presidente 2014-
62
15 prof.ssa Maria Carmela Bonelli per aver
supportato l’iniziativa,
ed effettivamente grazie
alla energia cementificatrice del prestigioso circolo, la manifestazione
ha riscosso un evidente
successo ed ha compiuto
un gran bel salto di qualità. Ha unito le varie
piccole realtà locali e finalmente si è vista in acqua la bella vela che unisce ed appaga la voglia
di andare in mare per divertirsi con il magnifico
gioco di imbrigliare il
vento con le vele.
Altra novità assoluta,
che ha sicuramente contribuito a rendere allettante la partecipazione
di tutti, il sorteggio tra i
partecipanti di tre preziosissimi orologi Hamilton, di cui uno di
edizione limitata, offerti
dalla gioielleria Feni di
Taranto.
La cerimonia di premiazione ha visto il coinvolgimento anche di autorità della Marina Militare, oltre che dei delegati
allo sport ed al turismo
dei comuni di Castellaneta e di Ginosa, che
hanno patrocinato l’evento. È stata partecipatissima e si è conclusa
con una corale promessa
di arrivederci e con l’augurio di una sempre più
forte crescita di questo
stupendo sport che pur
prestandosi bene alle nostre spiagge sabbiose per
le costanti brezze marine tipiche, fino ad oggi
ha stentato a decollare,
ma l’odierna manifesta-
novembre-dicembre 2014
zione ha dimostrato agli
occhi di tutti, anche dei
più scettici, che si può
fare, si può vivere il mare in modo diverso dalla
normale balneazione
estiva, ed è un modo
semplice, pulito ed anche economico, alla portata di tutti.
PORTO
SAN PAOLO
La Sezione
riprende l’attività
con le scuole
Il presidente della Sezione, con la riapertura delle scuole, ha pensato di
dare inizio ad una nuova serie di collaborazioni
con le insegnanti e con
la dirigenza degli istituti
elementari e medi, per
avvicinare i più piccoli
al rispetto del mare.
L’incontro casuale con
Salvatore Cimmino,
campione di nuoto protagonista del giro del
mondo a nuoto con una
gamba, ha permesso che
i piccoli delle ultime
classi delle scuole elementari e medie potessero avvicinare un grande campione capace di
imprese incredibili nonostante la disabilità che
lo accompagna fin dall’infanzia.
Le immagini del documentario realizzato dall’atleta, campano di nascita ma romano di adozione, ha sbalordito i
piccoli, che alla fine della proiezione lo hanno
letteralmente circondato sottoponendolo ad
una serie di domande
mai scontate, mosse da
curiosità e ammirazione
per lo spessore dell’impresa sportiva fino a
questo punto portata a
compimento.
Salvatore Cimmino è da
tempo protagonista di
grandi sfide per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della disabilità. Ai bambini delle
scuole di Porto San Paolo, Cimmino ha raccontato la sua storia, quella
di un ragazzino di quattordici anni che a seguito di una malattia perde
una gamba. “....poi l’incontro con la piscina, e
quindi il mare”. I bambini lo hanno sottoposto
ad una vera raffica di
domande, alle quali ha
sempre risposto con dolcezza,spiegando con parole semplici il senso
della sua iniziativa:” Il
mio percorso di vita a tratti è stato molto faticoso
perché ho capito presto
che il mondo in cui viviamo è spesso tagliato su
misura delle persone perfettamente sane e abili,”
ha detto “ la miglior medicina è lo sport, una medicina che agisce sul corpo
e sulla mente.”
La Sezione di Porto San
Paolo non è comunque
nuova ad incontri con
le scuole. Per meglio
educare i piccoli cittadini di domani al rispetto
della natura e del mare,
oltre che alla conoscenza della storia e delle curiosità legate al mare, da
tempo organizza incontri ed escursioni che i
merota, con la premiazione dei vincitori della
1ª edizione della regata
velica “Golfo di Policastro”, iscritta nel calendario della Federazione
Italiana Vela - V Zona
Campania ed organizzata dalla Sezione, insieme
al Circolo Nautico di Sa-
pri e in collaborazione
con il Circolo velico
Astrades e la Sezione di
Marina di Camerota.
Questa regata, la prima
di una serie che si vuole
continuare negli anni
avvenire per far crescere
nel nostro golfo l’interesse per l’esercizio della
vela, con i trofei “Leone
di Caprera” e “Pietro De
Luca” ha voluto rendere
omaggio a due nostri
concittadini: Pietro Troccoli originario di Marina
di Camerota, che, nel
1880-1881 fece parte di
un esiguo equipaggio di
una piccola goletta,
SCARIO
Regata “Golfo
di Policastro”
L’ultimo atto di una produttiva ed intensa attività della Sezione dell’anno in corso, si è concluso la sera del 20 settembre a Marina di Ca-
Scario – Le snelle e candide linee dell’imbarcazione Gioy si stagliano nitide contro i caldi colori dell’abitato di questa riviera tirrenica e della foresta che lo circonda
novembre-dicembre 2014
63
Cronache delle Sezioni e Delegazioni
piccoli trasferiscono poi
su carta realizzando disegni e temi destinati alla memoria collettiva.
Il presidente Borghesan
è sempre in prima fila;
la comunione di intenti
nata fra Cimmino e la
nostra Sezione ha permesso a tanti bambini
di trascorrere una mattina diversa, spinti da sana curiosità, disposti ad
ascoltare dalla viva voce
di un protagonista di
qualità, le difficoltà alle
quali si va incontro
quando la disabilità entra nella vita di una famiglia colpendola al
cuore.
La voglia di abbattere le
differenza creando un sistema capace di migliorare la vita di un portatore di handicap ha incuriosito i piccoli ascoltatori e le insegnanti,
sempre disponibili. Il calendario di incontri che
la Sezione intende ora
organizzare è ricco e non
si limita alla presenza di
Salvatore Cimmino, comunque atteso a breve
anche nelle scuole olbiesi grazie alla collaborazione fra la Sezione di
Porto San Paolo e quella
di Olbia.
Cronache delle Sezioni e Delegazioni
chiamata “Leone di Caprera” che attraversò
l’Oceano Atlantico da
Montevideo all’Italia per
rendere omaggio all’Eroe dei due mondi, e Pietro De Luca, un giovane
studente di legge dei nostri tempi che ci lasciato
prematuramente, che si
era distinto, tra l’altro,
per l’amore che profondeva per esaltare e perpetuare nel tempo le peculiarità tradizionali e le
bellezze naturali della
nostra terra.
Entrambi costituiscono
un esempio per i giovani, non solo di dedizione alle attività ricreative, nella fruizione delle
bellezze della nostra terra in modo rispettoso
per l’ambiente. La Lega
Navale, forte dei suoi
principi statutari, che la
vedono promotrice di
attività marinare ed en-
te di protezione ambientale, intende, intorno a
questi esempi, perpetuare il significato dell’impegno e lo sviluppo delle attività nel nostro golfo, che ruotano intorno
all’amore per il mare e il
rispetto per l’ambiente.
ANCONA
Canoapolo:
Cadetti in crescita
Grandi progressi nella
formazione cadetti della
Sezione nel torneo “Canoagiovani”, disputatosi nella bellissima radura del bacino naturalistico di Roffia, presso
San Miniato di Pisa, l’ultimo week-end di luglio.
I piccoli polisti dorici,
futuro serbatoio della
canoapolo ad Ancona,
hanno messo a frutto
quanto imparato negli
allenamenti in acqua
curati con grande impegno e soddisfazione dagli allenatori Amore e
Amicucci.
Tante le sconfitte, anche
perché, in questo campionato cadetto, l’Ancona era la squadra in assoluto più giovane, ma
tante sono state le belle
giocate che denotano
un buon affiatamento
ed una grande carica
agonistica profusa in
particolar modo dalle
due sorelle Letizia e Gaia
Lombardi.
La squadra “gira” molto
bene attorno all’esperto
capitano Andrea Amore,
diciamo il più “vecchio”
come approccio a questo sport, e quando gli
avversari sono alla portata anche come età (si
può arrivare fino a 14
anni nel campionato cadetto), la squadra non
Ancona – Giovani, agguerriti, motivati: sono i cadetti della squadra di canoa polo della Sezione
che, giorno per giorno, si vanno facendo strada verso le future vittorie
64
novembre-dicembre 2014
ha certo sfigurato, andando anche a segno diverse volte con i forti
centrali Antony Zoia e
Hermes Bracci. Girone
di ferro contro le compagini dell’Team Kayak
Sardegna, della Pol. Katana, e dell’Arci Lerici,
con i quali Amore e
compagni hanno disputato una bellissima rimonta lo scorso luglio,
perdendo nel finale per
7 a 4.
ARONA
“I Leoni delle
Due Rocche”
Il 28 giugno scorso, nelle acque del Lago Maggiore incorniciate dallo
sguardo maestoso della
Rocca di Arona e della
Rocca di Angera, si è tenuta la terza edizione
del raduno velico a scopo benefico “I Leoni delle Due Rocche” organizzato dalla Sezione con la
collaborazione del Leo
Club Lago Maggiore.
Anche quest’anno, l’iniziativa ha riscosso un
grande successo, permettendo di raccogliere
fondi che verranno devoluti in beneficenza alle associazioni “Liberi di
Sentire Onlus”, che ha
quale scopo la tutela e
l’emancipazione delle
persone affette da sordità e “Ragazzi di Camelot
Onlus”, che si propone
di offrire sostegno e supporto a persone che si
trovano in situazioni
difficili, grazie ad un
metodo pedagogico che
Cronache delle Sezioni e Delegazioni
valorizza l’interazione
con gli animali.
Il raduno velico, inserito come terza prova nel
circuito della Vela Libera Verbano, era aperto a
tutti, sia velisti esperti
che semplici appassionati, che si sono misurati in una competizione
che unisce spirito agonistico e solidarietà.
Neppure la pioggia ostile
ha fermato i numerosi
partecipanti, ben 47 imbarcazioni, provenienti
da importanti circoli e
associazioni veliche. Ma
non solo. Grazie all’iniziativa della Sezione e alla dedizione dei soci che
hanno messo a disposizione posti barca sulle
proprie imbarcazioni,
anche chi non è mai salito su una barca a vela
ha avuto la possibilità di
partecipare e provare per
la prima volta l’emozione di questo sport.
La giornata si è conclusa, grazie alla collaborazione dei soci, dei ragazzi del Leo Club, alla generosità degli sponsor e
alla fitta partecipazione
dei regatanti, con una
festosa cena al parco della Rocca di Arona, in cui
si è svolta la premiazione che, tra i tanti riconoscimenti, ha visto assegnato per la prima volta il trofeo istituito dalla
sezione in onore del proprio socio Alfredo Cairo,
grande uomo e grande
velista, recentemente
scomparso all’età di 93
anni che tutti sul nostro
lago conoscevano e che
ha fatto crescere genera-
66
zioni di aspiranti velisti
grazie al suo spirito e ai
suoi insegnamenti.
L’ambito trofeo è stato
vinto proprio da uno dei
suoi allievi, ora affermato velista a livello nazionale e internazionale,
che ha avuto l’onore di
averlo in equipaggio lo
scorso anno durante
una delle sue ultime regate. La sezione di Arona, non può che essere
orgogliosa di poter contare su tutte queste persone che hanno contribuito, con il loro sostegno e la loro partecipazione, a rendere sempre
crescente il successo dei
“Leoni delle Due Rocche”, permettendo così
di diffondere lo spirito
di solidarietà che contraddistingue la Lega
Navale.
ANZIO
Palio del mare
Lo scorso 6 luglio, si è
svolta ad Anzio la terza
edizione del Palio del
Mare, organizzata dalla
relativa associazione onlus. A differenza di quello più famoso di Siena,
invece che con i cavalli
le 9 contrade/quartieri si
sono sfidate su barche a
vela classe J/24, sorteggiate come avviene per i
fantini toscani. La Sezione, come da tradizione,
ha fatto scendere in acqua tutte le sue barche,
che in quest’edizione
hanno occupato le prime tre piazze. Per la cronaca, il socio Meriggi
con il suo Cesare Julio ha
portato alla vittoria il rione Anzio colonia, seguito da Paolo Rinaldi
abbinato a Lavinio Mare,
mentre terzo si è classificato Gianni Riccobono
per Sacro Cuore. La manifestazione è stata accompagnata da varie
iniziative ed eventi che
sono culminati con la
sfilata in costume d’epoca nel centro di Anzio,
mentre vari giornali e
televisioni ne hanno riportato la cronaca.
GENOVA
QUINTO
Trofeo Safari
Fotosub Bonassola
Anche quest’anno, il 14
giugno, si è rinnovato
l’appuntamento della Sezione con la magnifica
località di Bonassola e il
suo splendido mare. Il
Trofeo, al suo sesto appuntamento, ha visto
Genova Quinto – Questo bel tordo rosso, fotografato sui fondali di Bonassola in occasione del Trofeo Safari Sub svoltosi il 14 giugno in quella località da Fabrizio Landro, classificatosi al 3° posto
nella categoria Ara Compatte con questa immagine
novembre-dicembre 2014
patte con Gianni Costo
e al terzo, quarto e quinto posto nella categoria
Ara Compatte con Fabrizio Landro, Augusto
Carbone e Piero Tassara.
Alla premiazione erano
presenti il neosindaco
Giorgio Bernardin, il vicesindaco e assessore alla cultura e al turismo
Piera Gandolfi, gli assessori Francesco Rocca,
Mauro Ratto e il presidente della Proloco Lucia Beccaris, che hanno
consegnato il trofeo, i
premi e soprattutto prodotti del territorio molto apprezzati dai partecipanti.
MOLFETTA
Debutto
nazionale canoa
Ottima performance al
debutto nazionale dei
giovani atleti di canoa
della Sezione. Il 30 e 31
agosto, si sono disputati
sul lago di Caldonazzo,
in Trentino, i campionati Italiani di Canoa, categoria giovanili, 9-14
anni. Le atlete Federica
Altamura e Donatella
Spadavecchia hanno
conquistato un posto
sul podio, nella propria
categoria allievi B.
La rappresentativa degli
atleti molfettese era composta anche dai giovanissimi atleti di 9 anni,
allievi A, Walter Brattoli
e Matteo De Gennaro
che hanno ottenuto alla
loro prima gara nazionale risultati lodevoli.
La manifestazione era
iniziata sin dal venerdì
29 con la sfilata degli atleti, ben 951 partecipanti in rappresentanza di
98 società sportive di canoa provenienti da tutte
le parti di Italia. La due
giorni di gare ha visto le
nostre atlete scendere in
acqua e confrontarsi con
la “distanza”, regina delle categorie giovanili, la
gara sui 2.000 m.
Entrambe le nostre due
ragazze si sono piazzate,
una al sesto e l’altra al
decimo posto, un risultato non malvagio, visto il
loro recente approdo alla
pratica agonistica di questo Sport. Breve pausa e
con il pomeriggio si dava
inizio alle gare sprint sulla distanza olimpica dei
200 m. Le nostre atlete
non mancavano l’appuntamento e nelle gare
in rappresentanza della
propria regione (Meeting), Federica Altamura,
nella gara dei 200 metri
nel k1 420 conquistava
la seconda posizione.
Nella gara in equipaggio
doppio gareggiava insieme alla compagna di
squadra Donatella Spadavecchia; le giovani atlete in K2 si classificavano in rimonta al 3° posto. Ai successi fatti segnare dalle nostre due
atlete rispondevano con
una prestazione importante anche i nostri due
Molfetta – Federica Altamura (con il numero 122) e Donatella Spadavecchia, classificate al 3° posto
nel K2 ai campionati di Caldonazzo, in agosto, giovanissime emergenti nel promettente vivaio di
risorse sportive della Sezione
novembre-dicembre 2014
67
Cronache delle Sezioni e Delegazioni
un’ampia rosa di partecipanti che hanno scelto
Bonassola per passare un
giorno all’insegna della
fotografia e dell’amicizia,
pur non essendo il trofeo, quest’anno, selettivo
per la gara nazionale.
La Sezione, con la collaborazione della società
sportiva “Il Delfino” e
del gruppo “Onda Anomala” di Bonassola, ha
organizzato questa edizione con il patrocinio
del Comune e della Proloco locali; oltre al trofeo
è stato assegnato il titolo
di Campione Regionale
Ligure di Safari Fotosub.
La gara ha avuto inizio
alle ore 8 ed è terminata
alle 12. Dopo un lauto
pranzo presso i ristoranti
di Bonassola che hanno
aderito ad una convenzione, i concorrenti hanno potuto scegliere le fotografie da presentare
nel suggestivo scenario
della chiesa di S. Erasmo.
Grazie alla Polisportiva
Bonassolese, che ha messo a disposizione il campo sportivo, i concorrenti del trofeo hanno, inoltre, potuto parcheggiare
gratuitamente le loro automobili.
Il mare di Bonassola, come gli altri anni, non ha
deluso le aspettative dei
concorrenti che hanno
potuto fotografare ben
66 specie di pesci, tra
cui alcuni difficilmente
avvistabili in altre località. Ben ha figurato la
Sezione, piazzandosi al
terzo posto come squadra, al terzo posto nella
categoria Apnea Com-
Cronache delle Sezioni e Delegazioni
Diaro di un genitore
Il 30 e 31 agosto sul lago di Caldonazzo in Trentino si sono disputati
i campionati Italiani di Canoa, riservato alle categorie giovanili e
mia figlia undicenne per la prima
volta ha partecipato alle gare come
atleta della Sezione di Molfetta.
Come genitore ho seguito mia figlia, in quel di Caldonazzo; sin da
subito ho avvertito e apprezzato
l’atmosfera di sano agonismo della
2 giorni di gare. Ero molto emozionata, ma ho cercato di non darlo a
vedere. In fondo il compito di un
genitore, al seguito del gruppo dei
giovani atleti, in occasioni come
questa ritengo debba essere di presenza, ma non di ingombro. Credo
che per tutti coloro che gareggiano
in una competizione, sapere di
avere vicino oltre che lo staff tecnico anche i propri cari, che sono anche i tifosi più accesi, costituisce
un beneficio aggiunto contro l’ansia, in maggior misura se quella è
atleti più piccoli, Walter
Brattoli e Matteo De
Gennaro, che nella gara
slalom 200 metri ottenevano risultati lodevoli; entrambi sono stati
premiati con medaglie
per la partecipazione.
Nella 2ª ed ultima giornata di gara, le atlete,
motivate dallo staff tecnico, conquistavano
un’altra medaglia, la terza, con il podio di Federica Altamura al 2° posto nelle gare di velocità
per Società. Rammarico
per il 4° posto nella specialità K2; le due atlete,
per un secondo, non sono salite sul podio.
Nella gara di specialità in
68
la prima competizione Nazionale a
cui si partecipa. Ho cercato di mantenere un atteggiamento sereno
anche se partecipativo. Vedere mia
figlia affrontare le gare, la specialità più dura della competizione Nazionale, la distanza dei 2000 metri
in K1, mi ha fatto capire quanto lei
sia più forte e matura di quanto
pensassi. Vederla salire sul podio
nelle gare di velocità sprint sulla
distanza olimpica dei 200 m, poi,
mi ha commossa. Sono molto soddisfatta per i risultati ottenuti in
tutte le gare anche quando non ha
vinto, ma soprattutto sono rimasta
colpita dalla serietà, dalla correttezza, dalla disciplina e dalla voglia
di ben figurare di tutti i ragazzi,
ben 951 atleti in rappresentanza di
98 società sportive partecipanti,
provenienti da tutte le parti di Italia. È proprio vero, lo sport è energia, è vita, è scuola di vita.
equipaggio anche i nostri giovani atleti, allievi
A, hanno fornito una
prestazione che fa ben
sperare per il futuro della
canoa olimpica molfettese. Soddisfazioni sono
state espresse anche dallo staff tecnico della Sezione: la partecipazione
del nostro Sodalizio ai
Campionati Italiani di
canoa di Caldonazzo ha
segnato un ritorno alle
competizioni nazionali
dalle quali il sodalizio
mancava dal 2008.
I risultati, se visti anche
in termini di medaglie,
sono stati riconoscimenti all’impegno profuso,
tuttavia lo Sport è edu-
novembre-dicembre 2014
AnnaMaria De Gennaro
cazione alla vita, all’impegnarsi per poter ottenere risultati, formare il
carattere, avere tenacia,
pazienza ed ascoltare i
propri allenatori, in
quanto esperti della disciplina sportiva.
Soddisfatto anche tutto lo
staff dirigenziale che punta a rilanciare le proprie
strutture come centro di
aggregazione sportiva per
atleti e appassionati di
Sport, quali canoa, canottaggio con lance a remi,
pesca sportiva e vela.
Un elogio, non ultimo,
a tutto il gruppo sportivo della Sezione, atleti,
tecnici, accompagnatori
e infine i genitori che
con il proprio impegno
li hanno sostenuti.
PORTO
SAN GIORGIO
Europei Optimist
Sabato 19 luglio, si è conclusa l’edizione 2014 degli Europei classe Optimist. Presenti ben 153 atleti, di cui 7 in rappresentanza dell’Italia, uno di
questi il nostro Rodolfo
Silvestrini, unico rappresentante di tutti i Gruppi
Vela costituiti all’interno
delle Sezioni LNI.
Il campo di regata irlandese si è rivelato insidioso e particolarmente difficile. Il nostro atleta,
nelle prime due giornate
ha ottenuto degli ottimi
parziali. In particolare, durante la seconda
giornata, quando ha trovato le condizioni meteo ideali per le sue caratteristiche e con un
vento che ha raggiunto
anche 22 nodi e una onda crescente, ha ottenuto un 4° e 2° posto. Nel
terzo giorno, il campo di
regata si è rivelato insidioso, con un vento che
ha raggiunto punte di
16 nodi, ma ha presentato numerose variazioni di intensità e direzione con mollane fino a 56 nodi, mollane in cui
Rodolfo è incappato (1222). Nonostante ciò, l’atleta sangiorgese ha avuto un agevole accesso alla flotta Gold europea, i
primi 51 della classifica
parziale, con un 13° posto, primo degli italiani.
Il quarto giorno si presenta con un vento da
sud-est, intensità di 8-10
nodi, condizioni che
non favoriscono il ragazzo che chiude la giornata
nella 22° posizione in generale. Giornata guastata
dall’inatteso avanzamento di fitti banchi di nebbia (con visibilità ridotta
ai minimi termini) che
hanno costretto il Comitato ad accorciare la regata alla poppa, per condurre in sicurezza i regatanti ed abbandonare il
campo di regata.
La quinta giornata si
presenta con la baia di
Dublino ammantata
dalla nebbia, “Una giornata da lotteria; praticamente impossibile distinguere le boe e gli avversari
sul campo, poter fissare
con precisione le tattiche e
le strategie da adottare
con scarsa visibilità sulle
raffiche, un vento da sud
est non più intenso di 10
nodi e poco costante nella
direzione”, come ha scritto Daniela Colnaghi in
una news per Federvela
del 18 giugno.
Veniva disputata una sola prova e Rodolfo no nostante una fantastica
partenza davanti a tutti
sul controstarter, pagava
una brutta prestazione
che lo portava alla 31°
posizione. La sesta giornata vedeva il campo di
regata ancora completamente invaso dalla nebbia e il Comitato, per ragioni di sicurezza, annullava le due prove previste e venivano quindi
assegnati i titoli europei.
Rodolfo ha chiuso questa sua fantastica esperienza al 31° posto, primo degli italiani. Una
posizione che lascia un
po’ l’amaro in bocca,
perché le condizioni incontrate sul campo di
regata non hanno favorito il nostro ragazzo.
Nonostante ciò, Rodolfo
e gli altri 6 ragazzi tornano da Dublino colmi
di esperienza per le prossime future avventure. È
inutile scrivere che tutta
la Sezione è orgogliosa
del proprio velista.
VARAZZE
Memorial
Renato Geronazzo
Domenica 7 settembre la
Sezione ha organizzato il
2°raduno di pesca al pesce pettine, quest’anno
intitolato come Memorial a Renato Geronazzo,
scomparso due anni fa,
che ha per lungo tempo
novembre-dicembre 2014
Luca Geronazzo
69
Cronache delle Sezioni e Delegazioni
Porto San Giorgio – Il team azzurro che ha partecipato agli Europei classe Optimist; il terzo atleta
in piedi da sinistra è Rodolfo Silvestrini, della Sezione, unico rappresentante dei Gruppi Vela LNI
presente ai difficili campionati irlandesi
ricoperto la carica di Presidente della Sezione,
poi consigliere allo sport
fino a pochi anni fa e socio da una vita.
Al raduno hanno partecipato 11 imbarcazioni
armate da 2 persone più
1 ospite non gareggiante. La manifestazione si
è svolta sotto i Piani
d’Invrea, bellissima costa tra Varazze e Cogoleto, su un basso fondale
di sabbia dove appunto
si trovano i pesci pettine, chiamati anche surici, che sono molto colorati oltre che buoni da
mangiare. La pesca è stata effettuata al bolentino con attrezzature leggere, allo scarroccio.
Abbastanza soddisfacenti le catture costituite
non solo dai pettini, ai
quali veniva attribuito
un punteggio doppio di
200 punti per ogni pesce, ma anche da vari
pesci di fondo quali
sciarrani, menole, rombi, tracine, pagari.
È risultata vincitrice la
coppia di soci Marcello
e Giacomo Spotorno (figlio e padre) con ben 17
pettini e vari altri pesci,
con un punteggio di
5.862; terzi, sempre della Sezione, la coppia Lista-Lista con 11 pettini
per 3952 punti. La premiazione con rinfresco
si è svolta presso la sede
sezionale, nel Porto Turistico Marina di Varazze e visto il successo ottenuto, tale raduno sarà
sicuramente ripetuto
l’anno prossimo.
Cronache delle Sezioni e Delegazioni
Varazze – Giacomo e Marcello Spotorno, la coppia della Sezione
composta da padre e figlio, qualificatasi vincitrice al Memorial
Renato Geronazzo, svoltasi in una località tra Varazze e Cogoleto
BRESCIA
DESENZANO
“Stand up paddle”
sul Garda
Antonio Valente, giovane ed esuberante sportivo da poco entrato nella
Sezione, ha deciso di cimentarsi in questa impresa di traversata del
lago da Nord a Sud, per
conoscere e sperimentare i propri limiti fisici e
mentali, per dare visibilità al SUP (una tavola
sulla quale lo sportivo
voga in posizione eretta
utilizzando una pagaia)
a livello locale e nazionale, con una preparazione intensa ma di soli
3 mesi e mezzo, e non
ultimo essere un esempio di coraggio e abnegazione per i propri figli. L’impresa ha anche
l’intento di trasmettere
la passione per questo
70
ca, un’ottima organizzazione in mare e a terra,
premi e ricordi per tutti,
la premiazione nello
splendido scenario del
Castello, un buffet a
prova di marinai....
Ha vinto, in tempo reale
e con largo anticipo sugli altri, una delle barche più grandi e più tecniche: XMas di Antonio
Bizzarro (Sezione di Gallipoli), condotta dallo
stesso e da un numeroso
equipaggio, cui è andato
il Trofeo del Rivellino.
Ma, al di là del vincitore, hanno combattuto
tutti contro un vento
quasi inesistente e capriccioso che ha forse
penalizzato le barche
più pesanti e da crociera
e gli equipaggi meno
numerosi ed agguerriti, ma non ha fatto demordere nessuno delle
donne e degli uomini
imbarcati in questa avventura di fine estate,
sotto un caldo afoso e
insopportabile.
Così la XVI edizione del
Trofeo, organizzato come
sempre dalla Sezione, ha
ripetuto il successo dello
scorso anno con una
grande numero di iscritti, per una metà affiliati
al circolo organizzatore
per il resto ad altri circoli
del Salento, il che testimonia la validità della
nuovo sport che ben si
addice e si associa alla
conoscenza del territorio gardesano e alla tutela di questo patrimonio
naturale. Per questi motivi, l’evento è stato accolto, supportato e condiviso anche dalle altre
Sezioni presenti sul Lago di Riva del Garda,
Garda, e Verona, a cui
va il nostro sentito ringraziamento.
GALLIPOLI
XVI Trofeo
del Rivellino
Domenica 21 settembre,
a Gallipoli, ha scarseggiato solo il vento; gli
altri ingredienti per il
successo della classica
manifestazione velica
Trofeo del Rivellino ci
sono stati tutti: ben 23
barche alla partenza,
tanto agonismo e tecni-
novembre-dicembre 2014
Brescia Desenzano - Il manifesto per il SUP Day, la maratona in
solitario del Lago di Garda che Antonio Valente ha effettuato il
13 settembre
CROTONE
Di scena
la solidarietà
Gallipoli – Nonostante sia giunto alla sua XVI edizione,vinta quest’anno da XMAS di Antonio Bizzarro, le immagini del Trofeo del Rivellino stupiscono sempre per la bellezza incantata del loro
sfondo costituito dalla vecchia città
formula Veleggiata, nella
sostanza una competizione velica aperta anche alle barche non stazzate
per il circuito più propriamente regatistico.
La partenza è stata data
dal giudice di gara Alessandro Cortese intorno
alle 10.45, la prima imbarcazione ha tagliato
la linea d’arrivo intorno
alle 13, le ultime tre dopo le 15.
Partenza dal Seno del
Canneto, boa di disimpegno, giro dell’isola di
S. Andrea, boa verso i
grandi alberghi, ritorno,
altro giro dell’isola e arrivo al Seno del Canneto, ove si trova la sede
nautica della Sezione.
Per le barche di classe A
(sino a 8 metri) percorso
ridotto, evitando il secondo giro dell’isola di
Sant’Andrea.
Una bella giornata di
mare, con una bava di
libeccio, che ha visto
tutti vincitori: è stata infatti consegnata una
medaglia di partecipazione ad ogni skipper e
numerosi premi ad
estrazione offerti da ditte locali. La premiazione
è avvenuta nella sala ennagonale (a nove lati)
del Castello, messa a disposizione dall’architetto
Raffaela Zizzari in rappresentanza della società che da quest’anno gestisce la struttura, al centro dell’attenzione turistica e culturale.
Un sito di prestigio, vicinissimo alla sede nautica della Sezione, che ha
offerto una targa ricordo
alla gentile ospite. Alla
premiazione, condotta
dal presidente, avvocato
Leo Bacile, ha partecipa-
to, per l’amministrazione comunale, il vicesindaco, dottoressa Antonella Greco, e, infine,
vincitori e partecipanti.
A XMas di Antonio Bizzarro, oltre all’ambito
Trofeo, è andata anche la
coppa quale vincito re della classe D (imbarcazioni oltre i dodici metri di lunghezza), in scia
Costa del Salento di Vante Todisco, Bellamente di
Pezzuto e Taoro di Giannelli. Nella Classe C (1012 metri) sul podio Pavane di Leo Bacile che ha
preceduto, fra le altre
imbarcazioni, Elù di Minerva, Nordic Rose di Nestola, Mon Bijou di Salamina. Vincitore della
Classe B è stato Relax III
di Gianni Saccomanno, dietro la sua poppa,
fra gli altri, W31 di Zizzari. I piccoli della classe
31 agosto. Mare e solidarietà per tre giorni
protagonisti della manifestazione “Velart. Il mare e la vita”. L’iniziativa
che si concluderà stasera sotto l’egida della Sezione, delle associazioni
VelAmando la vita e Gli
altri siamo noi di Cosenza e Crotone, è un evento artistico e benefico il
cui scopo è la raccolta di
fondi per i ragazzi con
sindrome di Down.
La manifestazione ha
preso il via venerdì 29
con l’allestimento scenico dell’evento a cura dei
ragazzi di VelAmando la
Vita e dell’associazione
Gli altri siamo noi. Di seguito, la conferenza
stampa di presentazione
dell’evento, alla quale
hanno partecipato Giovanni Pugliese, presidente della Sezione, Adriana
De Luca, presidente dell’associazione Gli altri
siamo noi di Cosenza,
Antonio Clausi, Giovanna Manno e Agata Tudisco, del direttivo dell’associazione Gli altri siamo
noi di Crotone e Francesco Tudisco, presidente
di VelAmando la vita.
novembre-dicembre 2014
71
Cronache delle Sezioni e Delegazioni
A (fino a 8 metri) hanno
visto una buona prestazione di Alpa Dodi di Rizzo, e di Brezza 3 di Guglielmi. I proprietari di
tutte le imbarcazioni citate sono soci della Sezione.
Cronache delle Sezioni e Delegazioni
Crotone – Un momento della manifestazione “Velart. Il mare e
la vita” svolta il 31 agosto, sotto l’egida della Sezione, con la partecipazione di varie associazioni locali
72
novembre-dicembre 2014
“La manifestazione - ha
spiegato Francesco Tudisco - ha come scopo
quello di raccogliere fondi
per l’associazione Gli altri siamo noi in un evento in cui i ragazzi sono
anche protagonisti dell’iniziativa”.
“È da diversi anni - ha ricordato Pugliese - che
con grande entusiasmo, al
termine dell’estate, appoggiamo iniziative benefiche
e che abbiano come scopo
il sociale. Il mare unisce le
persone e favorisce l’integrazione”.
Nella giornata di sabato
vi è’stata una “Estemporanea d’Arte” con la realizzazione di opere pittoriche dei ragazzi dell’Associazione Gli altri
siamo noi presso il molo
della Sezione.
“È stato davvero emozionante - ha osservato
Gianni Liotti, segretario
della Sezione di Crotone
- vedere questi ragazzi speciali mettersi in gioco in
questo evento artistico a loro favore”. Il 31, quindi,
fino a mezzogiorno, si è
svolta la Mostra d’Arte
con la creazione di
un’installazione artistica, creata con materiali
di riciclo, da parte dei ragazzi dell’Associazione
Gli altri siamo noi.
Alle 18 c’è stata la cerimonia conclusiva dell’evento, alla quale ha partecipato il direttivo della Sezione, mentre dalle
20 si è tenuta la sagra di
degustazione di prodotti
culinari preparati dai ragazzi dell’Associazione
Gli altri siamo noi.
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