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LA RIVISTA
on line
Anno XXXVI
n. 3
DELLA SCUOLA
1/30 novembre
Periodico di cultura e di informazioni legislative
il sommario
é a pagina 2
Direzione, Amm., Redaz. e Pubblicità: Viale Andrea Doria 10 - 20124 MILANO - Tel. 02/669.2195 - Fax. 02/6698.3333 - ccp 13554209 - Abb. annuo sostenitore: € 30,00.
Iscrizione presso il Tribunale di Milano n. 301 del 1° Ottobre 1979.
Editore: Girgenti Editore Srl - La Rivista esce solo via internet, collegandosi al sito: www.girgenti.it - www.rivistadellascuola.it - posta elettronica: [email protected]
Direttore responsabile: Salvatore Girgenti
Disegno di legge 15 ottobre 2014 (Legge Stabilità 2015)
Piano “La Buona Scuola”
pagine 5-6
2014
collegatevi al sito
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e consultate il catalogo
con le nostre proposte
Circ. min. 47 del 21 ottobre 2014
Valutazione
sistema educativo
pagine 7-8
GIANNI RODARI
Il contesto narr a tivo
nell’educazione motoria La scuola per l’emancipazione
Appendice agli articoli già pubblicati
di
R.COLLE e C.TESTA
pagine 10-11
Legge stabilità
di
ANDREA GIRGENTI
N
ella nuova legge sulla
stabilità (o finanziaria) per il 2015 l’articolo 3 stanzia un
Fondo per la realizzazione del
Piano “La Buona Scuola”. Di
questo piano si discute da
molto tempo poiché il presidente del Consiglio Matteo Renzi
intende coinvolgere il più possibile quanti più interessati ai
problemi della scuola, costituendo la sua tanta sbandierata riforma scolastica. Secondo
il predetto piano si vuole “dotare il Paese di un sistema d’istruzione scolastica che si
caratterizzi per un rafforzamento dell’offerta formativa e
della continuità didattica, e per
una valorizzazione dei docenti
e dell’autonomia scolastica”.
Ma sarà vero?
La prevista dotazione di
1.000 milioni di euro per l’anno
2015 e di 3.000 milioni di euro
a decorrere dall’anno 2016 non
è sufficiente a coprire i primari
bisogni di attuazione degli
interventi previsti nel Piano.
segue a pagina 2
e il riscatto delle classi povere
di E. TONUTTI e C. TESTA
pagine 12-13
La com unicazione di massa
i g io v ani e la scuola
Ruolo della televisione; suoi scopi e funzioni; linguaggio e cultura.
di ANTONIO FUNDARÒ
pagine 14-19
Graduatorie nazionali e incarichi
BRUNO MÀSTICA
l’autorizzazione all’assunzione a
tempo indeterminato, i docenti
on proprio Avviso del 30 inseriti nelle graduatorie formulate
ottobre 2014, Prot.n.8572 ai sensi della legge 143/04 sono
il Ministero
invitati ad indicare in ordine di predell’Istruzione ha dispoferenza le sedi per l’attribuzione
sto che le graduatorie nazionali for- dell’incarico a tempo determinato
mulate ai sensi della legge 143/04
per l’anno accademico 2014/2015,
sono attualmente utili, in virtù del
presso una qualsiasi sede di
decreto legge n.104/2013 converti- Accademia, Conservatorio di musito dalla legge 128/2013, per l’attri- ca o Istituto Musicale Pareggiato
buzione di incarichi a tempo indeentro il 7 novembre 2014, attraverterminato edeterminato, in subordi- so l’apposita procedura informane alle preesistenti graduatorie.
tizzata
Ne consegue che, in attesa delAllo scopo di facilitare ed accelerare l’individuazione del destinaCollegatevi al nostro sito:
tario dell’incarico il Ministero
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auspica che tutti i docenti inseriti
Sfogliate il catalogo, scegliete e
nelle graduatorie partecipino alla
acquistate i volumi delle collane
procedura di scelta della sede e
“Aggiornarsi”
invita i docenti che non sono intee “Scuola Duemila”
ressati ad alcun incarico a darne
Versamenti in ccp 13554209
comunicazione all’indirizzo di
intestando a: La Rivista della
posta elettronica direzionegeneraScuola - Milano
segue a pagina 2
[email protected].
di
C
AG/05 - euro 10,33 - richiedetelo
LA RIVISTA DELLA SCUOLA
2
Anno XXXV1, 1-30 novembre 2014, n. 3
DALL A PRIMA- DALL A PRIMA- DALL A PRIMA - DALL A PRIMA - DALLA PRIMA- DALLA PRIM
Legge sulla stabilità
L
o sbandierato prioritario riferimento alla realizzazione di un
piano straordinario di assunzioni di docenti e al potenziamento dell’alternanza scuola-lavoro non
sembra soddisfare le richieste vere delle
esigenze della scuola e di chi vi lavora o
aspira a lavorarvi. Specie se si considera
quanto poi viene previsto nell’articolo 28
della legge sulla stabilità in ordine ai vari
tagli e riduzioni di spese, correttivi, imposizioni e drastiche misure, che vanno a toccare pesantemente organici del personale,
orari e tempi di lavoro, interferenze nei
comportamenti professionali, e altro ancora. Ne diamo qui di seguito alcuni brevi
esempi che lasciano sconcertati non solo il
personale della scuola ma anche tutti settori più sensibili ai problemi che affliggono la
scuola italiana.
Uno dei primi punti riguarda gli esami
di maturità. “La commissione d’esame è
composta dai docenti delle materie di
esame della classe del candidato, in numero di sei in qualità di componenti interni,
più il presidente, in qualità di componente
esterno”. I compensi per i presidenti sono
onnicomprensivi e sostitutivi di qualsiasi
altro emolumento e rimborso spese. Nulla è
dovuto ad alcun titolo ai componenti interni. I tagli previsti devono ammontare per il
bilancio dello Stato risparmi lordi di spesa
pari ad euro 147 milioni a decorrere dall’anno 2015, più euro 200.000,00 e altri
30,00 per la quota afferente alle spese di
funzionamento.
E inoltre per l’anno 2015 quota parte pari ad
euro dieci milioni delle somme versate all’entrata dello Stato rimane acquisita all’erario.
A partire dal primo settembre 2015 l’organizzazione e il coordinamento periferico
del servizio di educazione fisica passa alla
competenza degli Uffici scolastici regionali
e del dirigente ad essi preposto, che può
avvalersi della collaborazione di un docente di ruolo di educazione fisica, il quale può
SOMMARIO
Legge di stabilità e piano per
la scuola
a pag. 5-6
Valutazione del sistema
educativo
a pag. 7-8
Il contesto narrativo nell’educazione motoria
a pag. 10-11
La scuola per l’emancipazione e il riscatto delle classi
povere
a pag. 12-13
La comunicazione di massa, i
giovani e la scuola
a pag. 14-19
essere dispensato in tutto o in
parte dall’insegnamento.
Sempre a decorrere dal 1° settembre 2015 il personale appartenente al
comparto scuola non può essere posto in
posizione di comando, distacco, fuori ruolo
o utilizzazione comunque denominata,
presso le pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della
pubblica amministrazione, ivi inclusa la
Commissione nazionale per le società e la
borsa (Consob), ovvero enti, associazioni e
fondazioni.
A decorrere dalla predetta data i dirigenti scolastici non possono conferire le
supplenze brevi al personale appartenente
al profilo professionale di assistente amministrativo o di assistente tecnico o di collaboratore scolastico, per i primi sette giorni
di assenza. Gli assenti devono essere sostituiti dai colleghi.
Dal 1° settembre 2015 i dirigenti scolastici
non possono conferire supplenze brevi al personale docente per il primo giorno di assenza.
Graduatorie
nazionali
L’
eventuale rinuncia all’incarico
comporta, limitatamente all’anno
accademico 2014/2015, l’impossibilità di ottenere un altro incarico a tempo determinato.
Dopo la procedura di prima assegnazione di
sede si provvederà d’ufficio ad ottimizzare l’assegnazione stessa sulla base della posizione occupata nella graduatoria e secondo la preferenza
espressa nella scelta della sede desiderata.
Se alla fine della procedura di assegnazione
dovessero risultare ulteriori sedi di rinuncia e/o
disponibilità sopravvenute, esse verranno attribuite a scorrimento della relativa graduatoria. “Nel
caso non vi siano più aspiranti nelle graduatorie
ex lege 143/04, le disponibilità residue saranno
utilizzate per il conferimento degli incarichi a
tempo determinato agli aventi titolo inseriti nelle
graduatorie nazionali di cui al D.M. 526/2014
approvate con D.D.G. 3373 del 28/10/2014”.
Si osserva che qualora in corso d’anno accademico dovesse pervenire l’autorizzazione all’assunzione, i docenti utilmente collocati nelle graduatorie che abbiano stipulato un contratto a tempo
determinato, conserveranno la sede assegnata per
l’anno accademico 2014/2015 come sede provvisoria ai fini del ruolo.
In ogni caso occorre tener presente che “le sedi
attribuite presso gli Istituti musicali pareggiati non
potranno essere considerate sedi provvisorie ai
fini del ruolo in quanto il reclutamento a tempo
indeterminato operato dal Ministero può essere
disposto solo presso le istituzioni statali
(Conservatori e Accademie)”.
B.M.
Riguardo agli organici del personale
docente ed ata si procederà alla revisione
dei criteri e dei parametri in modo da conseguire, a decorrere dall’anno scolastico
2015-2016, una riduzione nel numero dei
posti pari a 2.020 unità, nonché ad una
riduzione nella spesa pari ad euro 50,7
milioni.
È tuttavia autorizzata una spesa di 10
milioni di euro per le attività di digitalizzazione dei procedimenti amministrativi affidati alle segreterie scolastiche.
Tagli sono previsti anche per l’università
mentre viene recuperata al bilancio dello
Stato la somma di euro 140 milioni, giacente sul conto corrente bancario acceso presso la Banca Intesa San Paolo S.p.A. e relativa alla gestione stralcio del Fondo Speciale
per la Ricerca Applicata (FSRA).
Chiuso in Redazione alle ore 19 di venerdì 31 ottobre 2014
Le spese per il funzionamento delle
Istituzioni dell’alta formazione
artistica, musicale e coreutica
sono ridotte di un milione di LA RIVISTA DELLA SCUOLA on line
periodico di cultura e di informazioni legislative
euro per l’anno 2015 e inoltre
l’incarico di presidente delle Direzione, Amministrazione, Redazione e Pubblicità: Viale Andrea Doria 10 Istituzioni dell’alta formazione 20124 Milano - Tel. 02 669.2195 - Fax 02 6698.3333 - ccp 13554209
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minati in maniera da consegui- 6909 465000015372133, Ag. 9 Piazzale Loreto, Milano. - Iscrizione a ROC di
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LA RIVISTA DELLA SCUOLA
3
Anno XXXVI, 1-30 novembre 2014, n. 3
PROVE INVALSI
Procedure per il 2015
lettera dall’INVALSI
G entile Dirigente scolastico,
e scrivo per informarla
che sono state avviate le
procedure per la realizzazione della rilevazione degli
apprendimenti degli studenti per
l’anno scolastico 2014-15 (prove
INVALSI 2015), in ottemperanza
a quanto previsto dalla direttiva
del Ministro 85/2012, e ora dal
D.P.R. 80/2013 che istituisce il
Sistema nazionale di valutazione
(SNV) di cui le prove INVALSI
costituiscono un importante elemento.
A questo proposito giova
richiamare la recente Direttiva
n. 11/2014 del Ministero
dell’Istruzione, con la quale
prende il via il Sistema nazionale di valutazione il cui coordinamento
è
affidato
all’INVALSI.
L’esperienza degli scorsi anni
scolastici dimostra che le scuole
hanno ormai acquisito la consapevolezza che la rilevazione
esterna degli apprendimenti degli
studenti può costituire uno strumento essenziale di conoscenza
per il governo e il miglioramento
del proprio lavoro. Al fine di
rispondere a questa esigenza
conoscitiva, l’INVALSI ha provveduto nello scorso settembre a
restituire alle istituzioni scolastiche i risultati delle prove INVALSI 2014, articolati domanda per
domanda con riferimenti a livello
regionale e a livello nazionale.
Lo svolgimento delle prove
INVALSI 2015 riguarderà gli
stessi livelli scolastici già coinvolti nelle rilevazioni dell’anno
scolastico passato e si articolerà
secondo il seguente calendario:
- 5 maggio 2015: prova preliminare di lettura (II primaria) e
prova d’Italiano (II e V primaria);
- 6 maggio 2015: prova di
Matematica (II e V primaria) e
questionario studente (V primaria);
- 12 maggio 2015: prova di
Matematica, prova d’Italiano e
questionario studente (II secondaria di secondo grado);
- 19 giugno 2015: prova di
Matematica, prova d’Italiano (III
secondaria di primo grado –
Prova nazionale all’interno dell’esame di Stato).
Poiché una buona riuscita dell’operazione è anche legata ad
aspetti di tipo organizzativo,
l’INVALSI predisporrà e renderà
disponibile sul sito dell’Istituto il
protocollo di somministrazione, i
cui tratti essenziali sono sintetiz-
L
zati nel documento allegato.
Come negli anni passati, un’attenzione particolare va dedicata
al rispetto della normativa in
materia di protezione dei dati personali. L’art. 1, comma 5, del
decreto legge n. 147/2007, convertito con modificazioni dalla
legge n. 176/2007, affida
all’INVALSI il compito di effettuare le rilevazioni necessarie per
la valutazione del valore aggiunto
realizzato dalle scuole. A tali fini
è necessario considerare il possibile peso dei fattori del contesto
socio-economico-culturale
e
degli atteggiamenti e motivazioni
degli studenti medesimi. Le
informazioni relative a questi fattori
vengono
acquisite
dall’INVALSI, in forma anonimizzata, con la collaborazione
delle scuole: alle segreterie viene
richiesto di raccogliere e registrare una serie di informazioni sugli
studenti (nazionalità italiana o
straniera, livello di istruzione e
occupazione dei genitori, orario
settimanale della classe frequentata, pregressa frequenza o meno
dell’asilo nido e della scuola dell’infanzia); agli studenti, nella
classe V primaria e II secondaria
di secondo grado, è richiesto
inoltre di compilare un questionario afferente ai seguenti ambiti:
contesto familiare, attività dello
studente, benessere a scuola,
cognizioni riferite al sé, motivazioni e impegno nello studio. È
bene distinguere pertanto tra queste informazioni e i risultati sugli
apprendimenti relativi ai singoli
studenti. Questi ultimi, che con le
modalità stabilite dalle singole
scuole e dai singoli insegnanti
possono essere oggetto di analisi
e riflessioni di natura didattica, è
opportuno che siano associati
all’identità del singolo studente a
cura delle scuole. Nell’allegato
tecnico vengono fornite le prime
informazioni essenziali su come
garantire la correttezza della raccolta e del trattamento dei dati.
Per registrarsi al progetto (a
partire dalle ore 15.00 del
18.11.2014) è sufficiente seguire
le indicazioni fornite sul sito
dell’INVALSI.
Ringraziandola per il tempo
che ha voluto dedicarci e per la
collaborazione della sua scuola,
le invio i miei migliori saluti e
auguri per un buon anno scolastico 2014-2015.
Frascati, 28 ottobre 2014
Presidente INVALSI: Anna Maria Ajello
Allegato tecnico
Iscrizione delle scuole
Le funzioni relative alle procedure di iscrizione rimarranno aperte dalle ore 15.00 del 18.11.2014
alle ore 16.30 del 12.12.2014, in
modo che le scuole abbiano il
tempo necessario per fornire i dati
richiesti.
In un’ottica di semplificazione,
le operazioni di iscrizioni alle
prove INVALSI 2015 saranno unificate con quelle della Prova
nazionale (esame di Stato conclusivo del primo ciclo d’istruzione).
Ciò significa che anche quest’anno nel periodo 18.11.201412.12.2014 andranno iscritte
anche le classi terze della scuola
secondaria di primo grado (Prova
nazionale), con la possibilità di
apportare in seguito eventuali
modifiche dovute all’iscrizione di
candidati esterni per l’esame di
Stato conclusivo del primo ciclo
d’istruzione.
Inserimento dei dati a cura
delle segreterie
Le informazioni di contesto, le
stesse richieste nelle rilevazioni
degli scorsi anni, andranno inviate dalle scuole all’INVALSI. A
partire dall’1.12.2014 saranno
pubblicate sul sito dell’INVALSI
tutte le istruzioni operative per
realizzare, in un’ottica di massima semplificazione, le predette
operazioni.
Sempre a partire dall’1.12.2014
sul sito dell’INVALSI sarà reso
noto l’elenco delle informazioni
di
contesto
richieste
dall’INVALSI e le date per la loro
trasmissione.
Pubblicazione del materiale
di supporto
Entro il 15.04.2015 l’INVALSI
renderà disponibile materiale di
supporto (protocollo di somministrazione, manuale del somministratore, manuale per la correzione delle prove).
Invio e controllo dei materiali per la somministrazione
Entro il 23.04.2015 le scuole
riceveranno le prove da somministrare. Su un’apposita sezione del
sito dell’INVALSI dovranno confermare l’avvenuta ricezione del
materiale e, entro una data fissata
dall’INVALSI, dovranno segnalare l’eventuale mancanza di materiali per effettuare le necessarie
integrazioni.
Calendario delle rilevazioni
Le prove si svolgeranno secondo il seguente calendario:
- 5 maggio 2015: II PRIMARIA: prova preliminare di lettura
(prova scritta a tempo della durata
di due minuti per testare la capacità di lettura/decodifica raggiunta
da ciascun allievo) e prova di
Italiano;
V PRIMARIA: prova di
Italiano.
- 6 maggio 2015:
II PRIMARIA: prova di
Matematica;
V PRIMARIA: prova di
Matematica e questionario studente.
- 12 maggio 2015:
II SECONDARIA DI SECONDO
GRADO:
prova
di
Matematica, di Italiano e questionario studente.
- 19 giugno 2015 (Prova nazionale):
III SECONDARIA DI PRIMO
GRADO: prova di Matematica e di
Italiano.
Classi Campione
Anche per la rilevazione 2015
l’INVALSI individuerà un campione rappresentativo a livello
regionale di scuole presso le quali
saranno inviati osservatori esterni,
che provvederanno anche a riportare gli esiti delle prove su un
apposito supporto elettronico. In
ogni scuola facente parte del campione saranno estratte, in genere,
due classi, mentre per le scuole
campione di piccole dimensioni
sarà estratta una sola classe. Ogni
scuola potrà verificare di essere
stata individuata come scuola
campione sul sito dell’INVALSI
dal 15.04.2015.
Classi non Campione
Per quanto riguarda le classi
non campione la registrazione
delle risposte su apposito supporto elettronico avverrà a cura delle
scuole. Le scuole provvederanno
poi a trasmettere i dati inseriti
all’INVALSI, esclusivamente per
via elettronica. Le tempistiche e le
modalità tecniche di invio verranno comunicate a ridosso della rilevazione.
FAQ
A partire dall’apertura delle
iscrizioni per il 2015 l’INVALSI
metterà a disposizione delle scuole un servizio di supporto (FAQ,
assistenza via e-mail e telefonica)
per seguire ciascuna Istituzione
scolastica in tutte le fasi della rilevazione 2015 fino alla somministrazione delle prove nel prossimo
mese di maggio 2015 e allo svolgimento della prova Nazionale il
19.06.2015.
LA RIVISTA DELLA SCUOLA
Protezione dei dati personali
I dati che l’INVALSI raccoglie a
fini di ricerca e statistici, in forma
anonimizzata tramite le scuole,
sono necessari per elaborare l’indice di contesto socio-economicoculturale da applicare ai punteggi
grezzi di apprendimento ottenuti
dalle singole scuole per calcolare il
valore aggiunto da esse realizzato,
come stabilito dall’art. 1, comma
5, del decreto legge n. 147/2007,
convertito con modificazioni dalle
legge n. 176/2007.
Mediante la Scheda informazioni di contesto, compilata elettronicamente a cura della segreteria,
vengono raccolte informazioni
sugli studenti circa l’eventuale origine straniera, il livello
di istruzione e occupazione dei
genitori, oltre all’orario settimanale della classe frequentata e alla
frequenza o meno dell’asilo nido e
della
scuola
dell’infanzia.
Mediante il Questionario studente,
proposto solo per la classe V primaria e II secondaria di secondo
grado, vengono invece raccolte
informazioni
riguardanti
le
seguenti aree: informazioni personali, abilità e strategie cognitive e
metacognitive connesse allo studio, cognizioni riferite al sé, motivazione e impegno nello studio,
benessere a scuola, profilo delle
attività dello studente, ambiente
familiare.
L’INVALSI riceve tali informazioni in forma completamente
anonimizzata, dal momento che
sono contrassegnate da un codice
numerico che viene fornito
dall’INVALSI alle istituzioni scolastiche in base al numero degli
alunni di ciascuna sezione precedentemente comunicato dalle scuole stesse. La chiave di unione tra i
predetti codici e i nominativi degli
studenti è conosciuta solo dagli
operatori delle istituzioni scolastiche che a vario titolo svolgono attività connesse alla rilevazione.
Presso l’INVALSI non esiste invece
alcuna chiave di collegamento tra i
codici alfanumerici e i nominativi
degli studenti, e l’Istituto non è pertanto in alcun modo in grado di
risalire all’identità degli studenti e
dei loro genitori.
Sempre in forma anonimizzata
l’INVALSI raccoglie l’informazione concernente la certificazione di
uno studente come portatore di un
bisogno educativo speciale. Si tratta di informazioni che la scuola
deve già raccogliere per la propria
attività istituzionale e nell’interesse stesso di tali studenti (richiesta
delle forme di sostegno e delle
altre provvidenze previste dalla
legge, predisposizione di piani
educativi individualizzati, adozione di strumenti dispensativi o integrativi in sede d’esame, adozione
di particolari criteri di valutazione
e di certificazione degli esiti). Lo
scopo dell’acquisizione di tale
dato anonimizzato da parte
dell’INVALSI è duplice:
- mettere a disposizione, nel
caso di alunni ipovedenti o con
particolari disturbi, formati specifici delle prove o determinati supporti (es. testo della prova in formato audio);
- poter considerare separatamente, se esplicitamente richiesto
dal Dirigente scolastico, i risultati
degli studenti con bisogni educativi speciali e non farli rientrare
nella elaborazione statistica
dei risultati di
tutti gli altri
studenti.
A livello di singola scuola è
comunque necessario:
- designare il personale di
segreteria e il personale incaricato
della somministrazione, dell’imputazione e della trasmissione via
web dei dati quale incaricato del
trattamento dei dati personali; a
tal fine l’INVALSI fornirà un
apposito modulo da consegnare
agli interessati;
- rendere edotto il predetto personale che i dati dovranno essere utilizzati esclusivamente per lo scopo
dichiarato,
ossia
l’invio
all’INVALSI ai fini dell’attività di
ricerca, e non potranno essere utilizzati per nessun altro scopo; a tal
fine sarà inserita una apposita nota
nel modulo che l’INVALSI invierà
per la designazione a incaricato del
trattamento dei dati personali;
- aver cura di raccogliere eventuali dati personali non disponibili
nei database della scuola in modo
tale da garantire il rispetto della privacy, ad esempio chiedendo di
riconsegnare eventuali fogli notizie
in busta chiusa indirizzata al personale appositamente incaricato.
Infine occorre fornire alle famiglie interessate l’informativa prevista dal D. Lgs. 30 giugno 2003,
n.196 - Codice in materia di protezione dei dati personali. L’INVALSI pubblicherà tempestivamente
sul proprio sito l’informativa,
come negli scorsi anni. Poiché non
è materialmente possibile per
l’Istituto inviare singolarmente
l’informativa a tutti i destinatari
della rilevazione (oltre due milioni
di studenti) si chiede alle scuole di
pubblicare l’informativa sul proprio sito e di dare a essa la massima diffusione possibile, in modo
che tutti gli interessati siano correttamente informati circa le finalità della raccolta e le modalità di
trattamento dei dati.
PROVE INVALSI
INVALSI – Villa Falconieri - Via
Borromini, 5 - 00044 Frascati – RM tel. 06
941851 - fax 06 94185215
www.invalsi.it - c.f. 92000450582
4
Anno XXXVI, 1-30 novembre 2014, n. 3
Ser vizio sta tistica
Nota min. prot.2703 del 24.10.2014
L
a modalità preimpostata può essere modificata direttamente
dalla scuola, utilizzando la funzione “Scelta operativa”
per scegliere l’altra modalità.
Una volta conclusa la comunicazione degli alunni frequentanti
l’a.s. 2014/2015, la prima operazione da svolgere è quella di motivare l’eventuale mancata presenza
a scuola, nel corrente anno scolastico, degli alunni frequentanti
nell’anno precedente, utilizzando
la funzione “Alunni a.s. precedente non collocati”.
Con la piena attuazione della
riforma degli ordinamenti scolastici, da quest’anno scolastico
vengono acquisiti anche i piani di
studio, sia per le scuole secondarie I grado e sia per quelle di II
grado, relativamente agli indirizzi
attivati nella scuola.
La comunicazione dei piani di
studio può essere effettuata tramite l’invio di un flusso, predisposto
dal software locale (per coloro
che hanno scelto la modalità di
aggiornamento sincronizzato con
il sistema locale), oppure direttamente sul SIDI con apposite funzioni.
Per l’invio del flusso è necessario aver selezionato, in “Scelta
Operativa”, la voce “Trasmissione
Flussi Piani di Studio”.
Si tenga presente che tale funzione disabilita momentaneamente la sincronizzazione con il sistema locale e pertanto si raccomanda di spuntare l’opzione solo nel
momento in cui si intende trasmettere il file.
A seguito dell’elaborazione del
flusso, le funzioni di sincronizzazione con il sistema locale vengono automaticamente riattivate.
Per le scuole che invece scelgono di operare direttamente sul
SIDI è disponibile la nuova funzione “Piani di studio” che, a partire dagli indirizzi attivati nella
scuola, prospetta l’elenco delle
discipline dei piani orario previste
dai regolamenti ministeriali. Sarà
cura della scuola specificare:
- lo strumento musicale, per gli
indirizzi di scuola secondaria di
primo grado;
- la seconda lingua comunitaria, per la scuola secondaria di
primo grado;
- la/e lingua/e straniera/e studiata/e nella scuola secondaria di
secondo grado;
- la/e disciplina/e autonomia e
flessibilità.
Si sottolinea che le discipline
presenti in ciascun piano di studi
sono quelle previste dai quadri
orari ordinamentali.
L’abbinamento degli alunni con
i piani di studio specificati dalla
scuola viene effettuato tramite la
funzione “Abbinamento Piani di
studio-alunni”.
Indipendentemente dalla modalità di trasmissione dei dati si suggerisce di utilizzare, sul pacchetto
locale ovvero sul SIDI, per ciascun piano di studio una descrizione significativa che identifica il
percorso di studi (es. indirizzo
Classico
=> piano di studi: “Classico;
indirizzo Linguistico con lingue
inglese-francesespagnolo
=> piano di studi: “Linguistico
inglese-francese-spagnolo”).
Questo consente una più agevole
gestione della procedura di abbinamento del piano di studi con gli
alunni.
Si ricorda che nell’Area dei
procedimenti amministrativi è
disponibile la guida operativa che
illustra nel dettaglio l’intera procedura.
Per eventuali chiarimenti può
essere contattato il Servizio di
Statistica, mentre per problemi tecnici dell’applicazione è disponibile
il numero verde del gestore del
sistema informativo 800903080.
Il Direttore Generale: Marco Ugo Filisett
Otto per mille per le Scuola
Il Consiglio dei Ministri, nel corso della seduta
del 30 ottobre, ha approvato un decreto presidenziale che consente l’utilizzo della quota dell’otto per mille dell’IRPEF per “ristrutturazione, miglioramento, messa in sicurezza, adeguamento antisismico ed efficientamento energetico
degli immobili di proprietà pubblica adibiti
all’istruzione scolastica”.
LA RIVISTA DELLA SCUOLA
5
Anno XXXVI, 1-30 novembre 2014, n. 3
LEGGE DI STABILITÀ 2015
Piano per “La Buona Scuola”
Disegno di legge 15 ottobre 2014-10-23 (stralcio)
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale
e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2015)
Art. 3
Fondo per la realizzazione del Piano La Buona
Scuola
l.
Al fine di dotare il Paese di
un sistema d’istruzione scolastica che si caratterizzi per un
rafforzamento dell’offerta formativa e della continuità didattica, e
per una valorizzazione dei docenti
e dell’autonomia scolastica, nello
stato di previsione del Ministero
dell’istruzione, dell’università e
della ricerca è istituito il Fondo
per la realizzazione del Piano La
Buona Scuola, con la dotazione di
1.000 milioni di euro per l’anno
2015, di 3.000 milioni di euro a
decorrere dall’anno 2016. Il Fondo
è finalizzato alla attuazione degli
interventi previsti nel Piano “La
Buona Scuola”, con prioritario
riferimento alla realizzazione di un
piano straordinario di assunzioni di
docenti, e al potenziamento dell’alternanza scuola-lavoro.
Art. 28
Riduzioni delle spese ed
interventi correttivi del
Ministero dell’istruzione,
dell’università e della
ricerca
l.
All’articolo 4 della legge
10 dicembre 1997, n. 425,
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 1 è sostituito dai
seguenti:
“1. La commissione d’esame è
composta dai docenti delle materie di esame della classe del candidato, in numero di sei in qualità
di componenti interni, più il presidente, in qualità di componente
esterno. Le materie di esame sono
scelte annualmente con le modalità e nei termini stabiliti con decreto del Ministro dell’istruzione,
dell’università e della ricerca
1-bis. I commissari sono designati dai competenti consigli di
classe e nominati dal dirigente
scolastico, in modo da assicurare
la presenza dei docenti delle
materie oggetto della prima e
della seconda prova scritta e un’equilibrata presenza delle altre
materie d’esame, tenendo presente l’esigenza di favorire, per quanto possibile, l’accertamento della
conoscenza delle lingue straniere.
1-ter. Per i progetti regolamen-
tati da accordi internazionali, si
procede alla nomina di commissari esterni per le specifiche discipline linguistiche oggetto degli
accordi stessi.
1-quater. Il dirigente preposto
all’Ufficio scolastico regionale
competente nomina il presidente
tra il personale dirigente delle
scuole secondarie di secondo
grado statali, il personale docente
con almeno 10 anni di ruolo e i
professori universitari di ruolo,
sulla base di criteri determinati a
livello nazionale con decreto avente natura non regolamentare. Il presidente è nominato su due classi.
1-quinquies. È stabilita l’incompatibilità a svolgere la funzione di presidente nella propria
scuola, nelle scuole in cui si sia
prestato servizio nei due anni precedenti l’anno in corso, nelle
scuole ove si sia già espletato l’incarico per due anni consecutivi
nei due anni precedenti e nelle
altre scuole del medesimo distretto scolastico sede di servizio o di
incarico.
1-sexies. I compensi per i presidenti sono onnicomprensivi e
sostitutivi di qualsiasi altro emolumento e rimborso spese; alla
loro determinazione si provvede
con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della
ricerca, adottato entro sessanta
giorni dall’entrata in vigore della
presente legge di concerto con il
Ministro dell’economia e delle
finanze, tenendo conto dei tempi
di percorrenza dalla sede di servizio o di residenza a quella di
esame e nel limite di una spesa al
lordo di ogni onere riflesso e
dell’IRAP pari ad euro 27,7
milioni annui a decorrere dall’anno 2015. Nulla è dovuto ad alcun
titolo ai componenti interni.”.
b) i commi 2, 3, 4, 6, 7 e 10
sono soppressi.
Dall’attuazione del comma 1
devono derivare per il bilancio
dello Stato risparmi lordi di spesa
pari ad euro 147 milioni a decorrere dall’anno 2015.
É abrogato il comma 2 dell’articolo 3 della legge 11 gennaio
2007, n. 1.
2.
L’autorizzazione di spesa
di cui all’articolo 3,
comma 1, lettera b), della legge 3
agosto 2009, n. 115, è ridotta di
euro 200.000,00 a decorrere dall’anno 2015, per la quota afferente alle spese di funzionamento.
L’autorizzazione di spesa
di cui all’articolo 4 della
legge 18 dicembre 1997, n. 440 è
ridotta di euro 30 milioni a decorrere dall’esercizio 2015.
All’articolo l-bis, comma
l, del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 134, convertito,
con modificazioni, dalla legge 24
novembre 2009, n. 167, dopo il
primo periodo è aggiunto il
seguente: “Per l’anno 2015 quota
parte pari ad euro dieci milioni
delle somme versate all’entrata
dello Stato rimane acquisita all’erario. Il Ministro dell’economia e
delle finanze è autorizzato ad
accantonare e rendere indisponibili per l’anno 2015, nello stato di
previsione del Ministero dell’istruzione, dell’università e della
ricerca e a valere sulle disponibilità di cui all’articolo l comma 601
della legge 29 dicembre 2006, n.
296, la somma di euro 10 milioni
al netto di quanto effettivamente
versato”.
A decorrere dal l° settembre
2015, l’articolo 307 del
decreto legislativo 16 aprile 1994,
o. 297 è sostituito dal seguente:
“Art.307. L’organizzazione e il
coordinamento periferico del servizio di educazione fisica è di competenza degli Uffici scolastici regionali e del dirigente ad essi preposto,
che può avvalersi della collaborazione di un dirigente scolastico o di
un docente di ruolo di educazione
fisica, il quale può essere dispensato in tutto o in parte dall’insegnamento.”.
A decorrere dal 1° settembre 2015 e in considerazione dell’attuazione dell’organico dell’autonomia, funzionale
all’attività didattica ed educativa
nelle istituzioni scolastiche ed
educative, l’articolo 459 del
decreto legislativo 16 aprile 1994,
n. 297 è abrogato.
All’articolo 26, comma 8,
della legge 23 dicembre
1998, n. 448, il secondo e il terzo
periodo sono soppressi. Al fine di
contribuire al mantenimento della
continuità didattica e alla piena
attuazione dell’ offerta formativa, a
decorrere dal 1° settembre 2015 il
comma 59 dell’articolo l della
legge 24 dicembre 2012, n. 228, è
sostituito dal seguente: “59. Salve
le ipotesi di collocamento fuori
ruolo di cui all’articolo 26, comma
8, della legge 23 dicembre 1998, n.
448, e successive modificazioni
nonché di cui all’articolo 307 del
3.
4.
5.
6.
7.
decreto legislativo 16 aprile 1994,
n. 297 e all’articolo l, comma 4,
della legge 3 agosto 1998, n. 315,
e delle prerogative sindacali ai
sensi della normativa vigente, il
personale appartenente al comparto scuola non può essere posto in
posizione di comando, distacco,
fuori ruolo o utilizzazione comunque denominata, presso le pubbliche amministrazioni inserite nel
conto economico consolidato della
pubblica amministrazione, come
individuate dall’Istituto nazionale
di statistica (lSTAT) ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge
31 dicembre 2009, n. 196 nonché
alle autorità indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per
le società e la borsa (Consob),
ovvero enti, associazioni e fondazioni”.
A decorrere dal 1° settembre 2015, i dirigenti scolastici non possono conferire le supplenze brevi di cui al primo periodo dell’articolo l comma 78 della
legge 23 dicembre 1996, n. 662, a:
a) personale appartenente al
profilo professionale di assistente
amministrativo, salvo che presso
le istituzioni scolastiche il cui
relativo organico di diritto abbia
meno di 3 posti;
b) personale appartenente al
profilo di assistente tecnico;
c) personale appartenente al
profilo di collaboratore scolastico, per i primi sette giorni di
assenza. Alla sostituzione si può
provvedere mediante l’attribuzione al personale in servizio delle
ore eccedenti di cui al comma 13.
Le ore eccedenti per la sostituzione dei colleghi assenti possono
essere attribuite dal dirigente scolastico anche al personale collaboratore scolastico.
Conseguentemente le istituzioni scolastiche destinano il Fondo
per il miglioramento dell’offerta
formativa prioritariamente alle
ore eccedenti.
Ferma restando la tutela e
la garanzia dell’offerta
formativa, a decorrere dal 1° settembre 2015, i dirigenti scolastici
non possono conferire supplenze
brevi di cui al primo periodo dell’articolo l comma 78 della legge
23 dicembre 1996, ll. 662, al personale docente per il primo giorno di assenza
Con
decreto
del
Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca,
di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la
Conferenza Unificata di cui
all’articolo 8 del decreto legislati-
8.
9.
10.
LA RIVISTA DELLA SCUOLA
vo 28 agosto 1997, n. 281, da
adottare entro 60 giorni dall’entrata in vigore della presente
legge, in considerazione di un
generale processo di digitalizzazione ed incremento dell’efficienza dei processi e delle lavorazioni,
si procede alla revisione dei criteri e dei parametri previsti per la
definizione delle dotazioni organiche del personale amministrativo, tecnico e ausiliario della scuola, in modo da conseguire, a
decorrere dall’anno scolastico
2015-2016, fermi restando gli
obiettivi di cui all’articolo 64 del
decreto-legge 25 giugno 2008, ll.
112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n.
133:
a) una riduzione nel
numero dei posti pari a
2.020 unità;
b) una riduzione nella
spesa di personale pari
ad euro 50,7 milioni a
decorrere all’anno scolastico 2015/2016.
Per le attività di digitalizzazione dei procedimenti amministrativi affidati alle segreterie scolastiche, al fine di aumentare l’efficacia e l’efficienza delle interazioni
con le famiglie, gli alunni e il personale dipendente, è autorizzata
per l’anno 2015 la spesa di euro
10 milioni a valere sulle riduzioni
di spesa di cui al comma 17.
Dall’attuazione del comma 17
devono derivare per il bilancio
dello Stato economie lorde di
spesa non inferiori a 16,9 milioni
di euro per l’anno 2015 e 50,7
milioni a decorrere dall’anno
2016. Quota parte delle riduzioni
di spesa relative all’anno 2015,
pari ad euro 10 milioni, è utilizzata a copertura della maggiore
spesa di cui al comma 18. Al fine
di garantire l’effettivo conseguimento degli obiettivi di risparmio,
in caso di mancata emanazione
del decreto di cui al comma 1
entro il 31 luglio 2015, si provvede alla corrispondente riduzione
degli stanziamenti rimodulabili
per acquisto di beni e servizi
iscritti nello stato di previsione
del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca.
L’autorizzazione di
spesa di cui all’articolo 17 del decreto-legge 6 luglio 20
Il, n. 98 relativa al rimborso delle
spese per accertamenti medicolegali sostenute dalle Università e
dalle istituzioni dell’alta formazione, artistica, musicale e coreutica è ridotta di euro 700.000 a
decorrere dall’anno 2015.
Sono abrogate le
seguenti disposizioni:
a. L’articolo l, comma 278 della
legge 30 dicembre 2004, n. 311;
b. Il secondo periodo del
comma 3 dell’articolo 11-quater-
6
Anno XXXVI, 1-30 novembre 2014, n. 3
ta in vigore della presente legge,
sono definiti gli indirizzi per l’attuazione della razionalizzazione
di spesa.
La somma di euro 140
milioni, giacente sul
conto corrente bancario acceso
presso la Banca Intesa San Paolo
S.p.A. e relativa alla gestione
stralcio del Fondo Speciale per la
Ricerca Applicata (FSRA) di cui
all’articolo 4 della legge 25 ottobre 1968, n. 1089, è versata alle
entrate del bilancio dello Stato.
Eventuali ulteriori somme disponibili all’esito della chiusura della
gestione stralcio del F.S.R.A.
sono versate all’ entrata del bilancio dello Stato per essere successivamente riassegnate al Fondo
per il finanziamento ordinario
delle
Università statali (F.F.O.).
L e
dislegge. Le somme da impegnare per ponibilità iscritte nello stato di
la medesima finalità sono versate previsione del Ministero dell’iall’entrata del bilancio dello Stato struzione, dell’università e della
e riassegnate al citato Fondo per il
ricerca destinate al funzionamenfinanziamento ordinario delle
to delle Istituzioni dell’alta formaUniversità statali.
Il Fondo di finanzia- zione artistica, musicale e coreutimento delle università ca sono ridotte di l milione di euro
statali, di cui all’articolo 5 della per l’anno 2015. Il Ministro dellegge 24 dicembre 1993, n. 537, è l’istruzione, dell’università e della
ridotto delle Università di euro 34 ricerca, di concerto con il
milioni per l’anno 2015 e di euro Ministro dell’economia e delle
32 milioni per ciascuno degli anni finanze, in sede di definizione dei
2016 e 2017, in considerazione di criteri di riparto annuale del suduna razionalizzazione della spesa detto Fondo, individua le destinaper acquisto di beni e servizi da zioni di spesa su cui applicare le
effettuarsi a cura delle università. specifiche riduzioni, con particoCon decreto del Ministro dell’i- lare riferimento alle istituzioni
struzione, dell’università e della con più elevato fondo di cassa.
A decorrere dal 1° genricerca, entro 30 giorni dall’entranaio 2015 e anche
per gli incarichi già
conferiti, l’incarico
di Presidente delle
Istituzioni dell’alta
formazione artistica,
musicale e coreutica, di cui alla legge
21 dicembre 1999,
n. 508, è onorifico.
Allo stesso non è
dovuto alcun compenso, fermo restando il rimborso delle
spese sostenute. I
compensi e le indennità spettanti al
direttore e ai componenti del Consiglio
di amministrazione
delle
suddette
Istituzioni sono rideterminati con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della
ricerca, di concerto
con il Ministro dell’economia e delle
SD/26 - euro 7,75 - richiedetelo
finanze, da adottarsi
decies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito
con modificazioni dalla legge 2
dicembre 2005, n. 248.
Il secondo periodo del
comma 1333 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre
2006, n. 296, è abrogato. Le risorse finanziarie già destinate all’intervento di cui all’articolo 1,
comma 1333, della citata legge,
pari ad euro 5 milioni per ciascuno
degli anni dal 2016 al 2022, confluiscono sul Fondo per il finanziamento ordinario delle Università
statali di cui all’articolo 5 della
legge 24 dicembre 1993, n. 537 e
possono essere destinate alle
medesime finalità di cui all’articolo l, comma 1333, della citata
13.
15.
LEGGE DI STABILITÀ 2015
11.
12.
16.
14.
17.
entro tre mesi dall’entrata in vigore della presente norma, in misura
tale da determinare risparmi di
spesa, inclusivi di quelli derivanti
dal primo periodo, pari ad euro
1.450.000,00 a decorrere dall’anno 2015.
l compensi ai componenti degli organi degli
Enti pubblici di ricerca finanziati a
valere sul Fondo di cui all’articolo
7 del decreto legislativo 5 giugno
1998, n. 204, sono rideterminati
con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da
adottare entro 30 giorni dalla data
di entrata in vigore della presente
legge, in maniera da conseguire
risparmi lordi di spesa pari ad euro
916.000 nell’anno 2015 ed euro un
milione a decorrere dal 2016.
Conseguentemente, il Fondo ordinario degli enti di ricerca di cui
alI’articolo 7 del citato decreto
legislativo è ridotto in pari misura.
Il Fondo ordinario
degli enti di ricerca di
cui all’articolo 7 del decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204, è
ridotto di euro 42 milioni a decorrere dall’anno 2015, in considerazione di una razionalizzazione
della spesa per acquisto di beni e
servizi da effettuarsi a cura degli
enti di ricerca. Con decreto del
Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, entro 30
giorni dall’entrata in vigore della
presente legge, sono defIniti gli
indirizzi per l’attuazione della
razionalizzazione di spesa.
A decorrere dal 1° gennaio 2015, il contingente di personale di diretta collaborazione presso il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca è individuato in 190 unità inclusive della dotazione relativa
l’Organismo Indipendente di
Valutazione. Dalla medesima data
gli stanziamenti dei capitoli concernenti le competenze accessorie agli
addetti al Gabinetto sono corrispondentemente ridotti di euro 222.000.
All’articolo 1, dopo il
comma 616-bis, della
legge 27 dicembre 2006, n. 296,
aggiungere il seguente comma:
“616-ter Il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca relativamente al programma
operativo nazionale “Per la Scuola
– competenze e ambienti per l’apprendimento” del periodo di programmazione 2014/2020, conduce
i controlli di cui all’articolo 125
paragrafo 5 del Regolamento VE
n. 1303/2013 avvalendosi dei propri rappresentanti in qualità di revisori dei conti, di cui al comma 616bis, rispettando il principio della
separazione delle funzioni previsto
dalla normativa comunitaria che
disciplina l’intervento dei Fondi
strutturali.”.
18.
19.
20.
21.
LA RIVISTA DELLA SCUOLA
7
Anno XXXV1, 1-30 novembre 2014, n. 3
Valutazione del
Sistema educa ti v o
Priorità strategiche
Circolare min. n 47 del 21 ottobre 220114; prot. 6257
Priorità strategiche della valutazione del Sistema educativo di istruzione e formazione.
Trasmissione della Direttiva n. 11 del 18 settembre 2014
(anticipata nel precedente n. 2 della Rivista, a pag. 8)
testo coordinato da BRUNO
MÀSTICA
1. La finalità della direttiva
C
ome è noto, con il DPR n. 80/2013 è
stato emanato il regolamento sul
Sistema nazionale di valutazione (da
ora, rispettivamente, “Regolamento”
e “SNV”) in materia di istruzione e formazione. In esso sono definiti i soggetti e le finalità
dell'SNV e all'articolo 6 sono indicate e
descritte le quattro fasi nelle quali si articola il
procedimento di valutazione delle scuole: a)
autovalutazione; b) valutazione esterna; c)
azioni di miglioramento; d) rendicontazione
sociale.
La valutazione è oggi collocata tra le priorità
del Governo proprio per il suo imprescindibile
valore strategico, come risulta dal recente
documento “La buona scuola”, oggetto di consultazione dallo scorso 15 settembre fino al
prossimo 15 novembre e pubblicato sulla
home page del sito istituzionale del Ministero.
Con la Direttiva in allegato, prevista dall'articolo 2, comma 3, del Regolamento, sono individuate le priorità strategiche della valutazione
del sistema educativo di istruzione, che costituiscono il principale punto di riferimento per
lo svolgimento delle funzioni da parte di tutti
soggetti dell'SNV. In essa sono, altresì, stabilite le modalità di avvio, con la relativa tempistica, e le azioni di accompagnamento necessarie per consentire a tutte le scuole, anche a
quelle che non hanno ancora attivato, nell'ambito della loro autonomia, processi di autovalutazione, di predisporre gradualmente strumenti organizzativi e di acquisire competenze
adeguate per il pieno sviluppo del procedimento di valutazione.
Va evidenziato come la Direttiva sia stata adottata non solo per dare, nell'immediato, attuazione ad una precisa previsione normativa, ma
anche al fine di completare, dopo quasi quindici anni, il disegno tracciato dal regolamento
sull'autonomia scolastica adottato con il DPR
n. 275/1999.
L’idea di fondo alla base della Direttiva è quella di favorire, in ogni fase della valutazione e
fin dal suo avvio, un coinvolgimento attivo e
responsabile delle scuole, fuori da logiche di
mero adempimento formale. Un buon processo valutativo, infatti, consente a ciascuna istituzione scolastica di regolare e qualificare il
proprio servizio educativo.
2. Il procedimento di valutazione e il coinvolgimento
diretto delle scuole
A partire dal corrente anno scolastico 20142015, tutte le scuole del sistema nazionale di
istruzione (statali e paritarie), anche quelle che
hanno partecipato al progetto sperimentale
VALeS che andrà comunque portato a termine,
saranno coinvolte in un percorso, di durata
triennale, volto all’avvio e alla messa a regime
del procedimento di valutazione di cui all'articolo 6 del Regolamento. L’approccio sarà graduale e per fasi temporali successive, proprio
perché per la prima volta e in tutte le scuole si
introdurranno nuovi strumenti di lavoro.
n. fasi attori a.s.2014/15 a.s.2015/16 a.s.2016/17
1.a. autovalutazione tutte le scuole
1.b.valutazione esterna circa 800 scuole all’anno
1.c. azioni di miglioramento tutte le scuole
1.d. rendicontazione sociale tutte le scuole
Anno scolastico 2014-2015
Autovalutazione
Redazione e pubblicazione del rapporto di
autovalutazione
Tutte le istituzioni scolastiche elaboreranno
nel corso del primo semestre 2015, attraverso
un modello online, il Rapporto di autovalutazione (d’ora in avanti, “RAV”), arricchito da
una sezione appositamente dedicata all’ individuazione di priorità strategiche e dei relativi
obiettivi di miglioramento.
A tal fine, le scuole si doteranno di un’unità di
autovalutazione, costituita preferibilmente dal
dirigente scolastico, dal docente referente
della valutazione e da uno o più docenti con
adeguata professionalità individuati dal
Collegio dei docenti.
Il Format del RAV, di competenza dell’Invalsi,
è stato elaborato a partire da modelli sperimentati in oltre 1.500 scuole. Esso è stato predisposto, con successive revisioni e semplificazioni, tenendo conto non solo del contributo
di esperti della materia, ma anche delle osservazioni formulate dalle scuole che hanno partecipato alle sperimentazioni.
Nel Format del RAV, disponibile da fine ottobre, vi saranno:
- i dati informativi e statistici sugli aspetti fondamentali del funzionamento (livelli di
apprendimento, organizzazione didattica, esiti
scolastici, utilizzo delle risorse umane e finanziarie) messi già a disposizione dal Ministero
su “Scuola in chiaro”, dall’Invalsi e da altri
soggetti istituzionali (Istat, Ministero del
Lavoro, ecc.);
- una sezione per le ulteriori informazioni di
competenza diretta delle scuole.
In questo modo si faranno emergere le diverse
situazioni nelle quali le scuole operano garantendo comunque che la peculiarità e specificità di ognuna si coniughi con l’individuazione
di elementi e dati comuni anche in un’ ottica di
comparabilità.
Tutti questi dati saranno gestiti e inseriti su
una piattaforma online, riservata ad ogni scuola e disponibile a partire da gennaio 2015. I
dati, in parte forniti direttamente dal sistema,
in parte da inserire ad opera delle singole scuole, saranno organizzati attorno ad alcuni
macro-indicatori relativi a differenti aree (contesto, processi e risultati). L’Invalsi contestualmente fornirà alle scuole strumenti di lettura e
analisi.
Nei mesi di gennaio e febbraio le singole scuole procederanno all’inserimento dei dati di
loro competenza ed entro la fine di marzo gli
stessi dati verranno restituiti con valori di riferimento esterni (benchmark). In questo modo
ogni singola scuola potrà confrontare la propria situazione con quella di istituzioni scolastiche simili per un più efficace processo di
autovalutazione in ciascuna delle aree in cui è
articolato il RAV.
Ad esempio. conoscere i propri livelli di dispersione scolastica, per poi confrontarli con
quelli di scuole in situazioni simili, aiuterà
ogni scuola a interpretare·meglio i propri punti
di forza e debolezza, offrendo una chiave di
lettura per decidere le azioni da promuovere.
Da marzo a giugno le scuole, sulla base dei
vari dati e dei benchmark di riferimento, continueranno nel processo di elaborazione del
RAV. In tale fase, ogni singola scuola, sulla
base delle aree forti o deboli, individuerà, in
una sezione ad hoc del RAV, le priorità strategiche con i relativi obiettivi di miglioramento.
Fondamentali saranno i momenti da dedicare
alla ricerca, al confronto e alla condivisione
all’interno di ogni realtà scolastica.
In questo modo l’autovalutazione diventerà lo
strumento attraverso cui ogni scuola individua
i dati significativi, li esplicita, li rappresenta, li
argomenta e li collega alla sua organizzazione
e al suo contesto.
AI fine poi di compiere un’operazione informativa trasparente il RAV verrà pubblicato a
luglio 2015 sul portale “Scuola in chiaro” e sul
sito di ciascuna istituzione scolastica.
LA RIVISTA DELLA SCUOLA
Come noto, con riferimento alla scuola dell’infanzia, non sono previste rilevazioni esterne degli apprendimenti.
Tuttavia, essa fornisce un fondamentale contributo alla qualità del sistema educativo in generale e a quella di ciascuna istituzione scolastica, sia in termini organizzativi che di continuità didattica che con riferimento agli esiti conclusivi dei diversi gradi di istruzione. Pertanto,
i docenti della scuola dell’infanzia parteciperanno e collaboreranno al processo di autovalutazione, che riguarda il servizio scolastico
nel suo complesso, anche se il format del RAV
non contiene dati relativi ai risultati di apprendimento di questo segmento scolastico.
Autovalutazione
n.
azioni
soggetti
tempi
1 Predisposizione format rav invalsi fine ottobre 2014
2 apertura piattaforma informatica ministero inizio gennaio 2015
3 inserimento dati tutte le scuole gennaio-febbraio 2015
4 restituzione dati benchmark invalsi fine marzo 2015
3 elaborazione rav tutte le scuole marzo-giugno 2015
6 pubblicazione rav tutte le scuole luglio 2015
Anno scolastico 2015-2016
Valutazione esterna-azioni di miglioramento
- aggiornamento rav
Nel corso del prossimo anno scolastico
(secondo anno di messa a regime del procedimento di valutazione) prenderanno il via le
visite alle scuole dei nuclei di valutazione
esterna con il coinvolgimento di un primo contingente di circa 800 istituzioni scolastiche.
Anno XXXV1, 1-30 novembre 2014, n. 3
8
luglio 2015
8 inizio visite per valutazione esterna nuclei valutazione esterna a.s. 2015/2016
Azioni di miglioramento
n.
azioni
soggetti
tempi
1 pianificazione e realizzazione di miglioramento
scuole con supporto Indire e/o in collaborazione
con università, enti di ricerca e assoc. prof e cult.
Da A.S. 2015/2016
Anno scolastico 2016-2017
Valutazione esterna-azioni di miglioramento
- azioni di rendicontazione sociale
Nel terzo anno di messa a regime del procedimento di valutazione proseguono sia le visite
dei nuclei di valutazione estese ad un nuovo
contingente di scuole, sia le iniziative di
miglioramento delle istituzioni scolastiche che
saranno nel tempo sempre più caratterizzate e
definite proprio grazie all’aumentata consapevolezza del lavoro da svolgere.
Al termine di questo triennio (a.s. 2016-2017),
le scuole promuoveranno, a seguito della pubblicazione di un primo rapporto di rendicontazione, iniziative informative pubbliche ai fini
della rendicontazione sociale, ultima fase del
procedimento di valutazione.
***********
Risulta evidente come il procedimento di valutazione, delineato nel Regolamento, non si
concluda con la formulazione di un giudizio o
con l’attribuzione di un punteggio o con il rilascio di una certificazione;
la valutazione in tutte le sue fasi deve piuttosto
diventare un modus
operandi che mira a
sostenere la scuola in
un
processo
di
miglioramento continuo.
L’intero procedimento di valutazione, infatti, darà luogo ad un
insieme di interventi organizzativi, gestionali,
didattici e professionali che, se attivati in
Valutazione
Quest’ultime in parte (3%) saranno scelte
casualmente, in parte (7%) saranno individuate sulla base di specifici indicatori di efficienza e di efficacia. I nuclei utilizzeranno un protocollo di valutazione adottato dalla conferenza per il coordinamento funzionale dell’SNV,
su proposta dell’Invalsi, e saranno coordinati
da un dirigente tecnico.
Contemporaneamente tutte le scuole pianificheranno e avvieranno le azioni di miglioramento correlate agli obiettivi di miglioramento già da esse individuati nel RAV, avvalendosi eventualmente del supporto dell’INDIRE
e/o di altri soggetti pubblici e privati (università, enti di ricerca, associazioni professionali e
culturali).
Un primo aggiornamento del RAV, finalizzato
alla verifica dello stato di avanzamento del
processo e ad un’eventuale regolazione degli
obiettivi, è previsto per il mese di luglio 2016.
Valutazione esterna
n.
azioni
soggetti
tempi
1 adozione protocolli di valutazione conferenza coordinamento s.n.v., su proposta invalsi marzo 2015
individuazione indicatori di efficienza conferenza
coordinamento s.n.v., 2 e efficacia ai fini dell’individuazione
delle scuole su proposta invalsi marzo 2015
3 individuazione modalità di selezione e formazione elenchi esperti nuclei invalsi 60 gg dalla direttiva
4 criteri costituzione nuclei di valutazione
conferenza coordinamento s.n.v entro giugno
7 costituzione dei nuclei di valutazione invalsi entro
modo convinto e consapevole, possono potenziare la capacità di autogovemo di ciascuna
scuola, consolidandone l’identità e l’autonomia, responsabilizzando tutta la comunità scolastica nel raggiungi mento degli obiettivi individuati.
3. La formazione, come
misura di accompagnamento
L’avvio del SNV richiede un adeguato supporto in termini di formazione di tutti gli operatori scolastici e, in particolare, di coloro che
saranno coinvolti direttamente nel procedimento di valutazione.
In tale ottica, in una prima fase (che si attiverà
indicativamente nei prossimi mesi di dicembre
e gennaio) verrà avviata una capillare azione
informativa-formativa avente ad oggetto, nello
specifico, gli strumenti e le modalità operative
del processo di autovalutazione (con particolare attenzione al RAV), i caratteri e le funzioni
dei piani di miglioramento, il contenuto e le
finalità dei protocolli di valutazione. Gli
incontri, di norma regionali o interprovinciali,
anche in modalità on-line con piattaforma
dedicata, organizzati in collaborazione tra i
soggetti dell’SNV e dell’amministrazione scolastica, saranno rivolti - in primo luogo - ai
dirigenti scolastici delle scuole statali e paritarie con il coinvolgimento di un docente referente per ogni istituto.
In una fase successiva, l’attività di formazione,
come fondamentale misura di accompagnamento, rientrerà nell’autonoma iniziativa delle
singole scuole preferibilmente secondo un
modello a rete.
Presso ogni USR dovranno, poi, esser costituiti appositi staff (anche avvalendosi dell’Invalsi
e dell’Indire) al fine di poter supportare le
scuole anche valorizzando le competenze già
presenti sul territorio, in particolare, nelle
scuole impegnate in progetti nazionali sperimentali in materia.
Il Direttore Generale: Carmela Palumbo
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Anno XXXVI, 1-30 novembre 2014, n. 3
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10
Anno XXXVI, 1-30 novembre 2014, n. 3
Il contesto narrativo
nell’educazione motoria
Appendice agli articoli già pubblicati
di RAISSA COLLE e CELESTINO TESTA
Degli stessi Autori, per gli articoli sull’educazione
motoria, vedi:
a. XXXIII (2011/2012): nn. 9 e 12;
a. XXXIV (2012/2013): nn. 3, 4, 5;
a. XXXV (2013/2014): nn. 3, 4, 5, 9, 11;
a. XXXVI (2014/2015): nn. 1,
I
l contesto narrativo è da intendersi come una cornice all’interno della quale vengono inserite le attività motorie. La presenza di questa cornice offre alcuni vantaggi, che possono
contribuire a rendere la situazione motoria motivante.
É evidente, però, che questo è uno strumento che in sé non è sufficiente, né indispensabile per motivare i bambini all’attività motoria.
In questo senso è fondamentale l’atteggiamento docente che deve
essere aperto e disponibile nei confronti delle esperienze motorie dei
bambini.
Il contesto narrativo deve essere considerato come uno stimolo,
un’occasione che rende più facile per l’insegnante e per i bambini
assumere un atteggiamento “aperto” nei confronti della situazione
motoria, che deve diventare un’occasione per sperimentare con il proprio corpo, sondare i propri limiti e imparare, quindi, a conoscere se
stessi.
All’interno di questa cornice, che è il contesto narrativo, possono
essere inserite attività motorie di diverso tipo con obiettivi e finalità
diversificate a seconda delle esigenze dei bambini stessi e sarà, naturalmente, il tipo di attività proposte a determinare i risultati.
Queste precisazioni non sminuiscono il valore dell’esperienza
motoria inserita all’interno del contesto narrativo, ma vogliono sottolineare che esso deve essere inteso come uno strumento da sfruttare
nel migliore dei modi, come una delle proposte possibili per rendere
significativa per tutti i bambini l’attività motoria, per sostenere la loro
naturale motivazione a muoversi e ad apprendere, evitando che alcuni si allontanino dalla motricità perché pensano di non riuscire.
L’utilizzo della narrazione affiancata all’attività motoria non è la
soluzione che permette automaticamente di progettare un buon percorso di educazione motoria: la qualità del percorso dipende da un
insieme complesso di caratteristiche ed il contesto narrativo può
rispondere solo ad alcune di esse.
Inoltre, a fronte dei vantaggi che saranno evidenziati, esso comporta anche alcune difficoltà, innanzitutto il dispendio di tempo ed energie che richiede. Affinché la narrazione risulti adeguata è preferibile
che essa venga creata dal docente in base alle necessità rilevate e agli
obiettivi prefissati. Questo significa tener conto contemporaneamente
degli obiettivi motori che si intende raggiungere e delle esigenze narrative: il racconto, infatti, deve possedere una coerenza interna e deve
essere accattivante. Inoltre, nel costruirlo, è bene trovare uno spazio
anche per gli spunti provenienti dagli allievi, che in alcuni casi sono
semplici espressioni di creatività, in altri sono espressione dei loro
bisogni (ad esempio sconfiggere l’antagonista, o costruire con i cubi
geometrici). Infine sarebbe opportuno produrre alcuni materiali visivi
che supportino il bambino nel suo “ingresso” nel mondo fantastico.
É evidente che, perché sia significativa, questo tipo di esperienza
richiede impegno per essere programmata, molto più che un percorso
di educazione motoria organizzato in modo tradizionale.
Tuttavia si ritiene che valga la pena di investire tempo ed energie
per trovare i giusti compromessi fra “esigenze narrative” ed “esigenze motorie”, al fine di dar vita ad un percorso di educazione motoria
significativo, che non soffochi l’entusiasmo dei bambini e permetta
loro di scoprire con curiosità le potenzialità del proprio corpo.
L’obiettivo del nostro lavoro é analizzare in che modo l’inserimen-
to dell’educazione motoria in un contesto narrativo può influire sulla
motivazione dei bambini in età prescolare nei confronti delle attività
motorie proposte. Studi sull’importanza della narrazione per lo sviluppo infantile erano già presenti in letteratura, ora qui si vuole evidenziare in particolar modo i vantaggi che il contesto narrativo può
comportare nell’ambito specifico dell’educazione motoria, al fine di
coinvolgere maggiormente anche quei bambini che presentano maggiori difficoltà e di sviluppare in loro un atteggiamento positivo nei
confronti dell’attività motoria stessa.
Dopo aver dato una visione di insieme sullo sviluppo motorio e sull’educazione motoria, al fine di evidenziare quali debbano essere i
contenuti e gli aspetti metodologici di un percorso di educazione
motoria, il lavoro prosegue con l’analisi della motivazione. Viene proposta la teoria di Maslow ed alcune osservazioni di Ausubel e si riporta il tutto all’attività motoria, individuando alcune caratteristiche fondamentali che essa deve avere per risultare motivante.
Una volta evidenziate le caratteristiche, si passa ad analizzare in che
modo il contesto narrativo può rispondere a queste esigenze.
Oltre all’esposizione della teoria del pensiero narrativo di Bruner, a
cui si fa esplicito riferimento in relazione alla significatività della
situazione educativa, è proposta una lettura particolare di quanto affermato da Bateson a proposito del gioco.
Si tenta di dimostrare come alcune caratteristiche che l’autore attribuisce al gioco possano essere valide anche per il contesto narrativo
utilizzato in ambito motorio, facendo di esso una cornice che si basa
su un metamessaggio, identificato nella frase “facciamo finta che”.
Questa natura di cornice del contesto narrativo giustificherebbe alcuni
dei benefici derivanti dal suo utilizzo nel campo motorio. Le affinità
riscontrate fra le due situazioni ed il fatto che entrambe si reggano su
un metamessaggio che deve essere condiviso affinché esse non si guastino, avvalorano l’idea iniziale.
Infine è esposta la teoria delle intelligenze multiple di Gardner, evidenziando come l’utilizzo di un contesto narrativo permetta il coinvolgimento di diverse intelligenze nell’attività motoria, aumentando le possibilità che ciascun bambino sperimenti il successo all’interno della
situazione motoria e venga stimolato da attività che lo interessano.
L’analisi delle teorie sulla motivazione e sulla narrazione, coadiuvata dalla riflessione sulle esperienze pratiche, avvalora la tesi che utilizzare un contesto narrativo come cornice all’interno della quale inserire l’attività motoria, comporti dei benefici a livello della motivazione dei bambini.
É evidente che l’utilizzo di un contesto narrativo non costituisce di
per sé garanzia di un buon successo del percorso proposto, né per
quanto riguarda il raggiungimento degli obiettivi fissati, né per quanto riguarda la motivazione dei bambini. Né è possibile affermare che
un percorso di educazione motoria svolto in modo diverso non porti a
risultati positivi. Il contesto narrativo è da intendersi come uno strumento che l’insegnante può utilizzare per favorire la motivazione, a
patto di saperne cogliere le potenzialità.
Per dare un fondamento scientifico alla teoria esposta, sarebbe
opportuno condurre una sperimentazione, con lo scopo di verificare se
l’utilizzo di un percorso motorio del tipo proposto dia veramente risultati diversi rispetto all’utilizzo di un percorso motorio “tradizionale”.
Purtroppo questo non è stato possibile per la difficoltà a reperire un
campione di bambini abbastanza ampio, per il tempo che una ricerca
del genere avrebbe richiesto, nonché per la difficoltà di misurare in
modo oggettivo il grado di motivazione.
Il nostro lavoro, pertanto, costituisce uno spunto per la ricerca al
fine di predisporre situazioni motorie sempre più efficaci ad uno sviluppo armonico globale del bambino.
Gli Autori
LA RIVISTA DELLA SCUOLA
Educazione motoria
BIBLIOGRAFIA
- Ausubel D.P, (1968). Educational Psychology. A
cognitive view, Holt, Rinehart & Winston, New
York (trad. it. Educazione e processi cognitivi.
Guida psicologica per gli insegnanti, Franco
Angeli, Milano 2004)
- Bateson, G. (1956), The Message “This is play”,
Josiah Macy, Jr. Foundation, New York (trad. it
Questo è un gioco, Raffaello Cortina Editore
Milano 1996)
- Berti, A. E., Bombi A. S. (1985), Psicologia del
bambino, Il Mulino, Bologna
- ID. (2005), Corso di psicologia dello sviluppo,
Il Mulino, Bologna
- Bruner, J. (1990), Acts of Meaning, Harvard
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del significato, Bollati Boringhieri, Torino 1992)
- Bruner, J. (1986), Actual Minds, Possible Worlds,
Harvard University Press, Cambridge (trad. it. La
mente a più dimensioni, Laterza, Bari 1993)
- Calabrese, L. (1978), L'apprendimento motorio
tra i cinque e i dieci anni, Armando, Roma
- Canevaro, A. (1976), I bambini che si perdono
nel bosco. Identità e linguaggi nell'infanzia, La
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- Cottini, L. (2003), Psicomotricità. Valutazione e
metodi nell'intervento, Carocci, Roma
- De Beni, R. e Moè, A. (2000), Motivazione e
apprendimento, Il Mulino, Bologna
- Dettori, G. e Morselli, F. (2007), Creare contesti
di apprendimento mediante un’attività narrativa,
TD Tecnologie Didattiche, vol. 42, pp 25-31
- Farneti P., Carlini M.G., (1981), Il ruolo del
corpo nello sviluppo psichico, Loescher Editore,
Torino
- Gardner, H. (1983), Frames of Mind: the Theory
of Multiple Intelligence, Basic Books, New York
(trad. it. Formae Mentis. Saggio sulla pluralità
delle intelligenze, Feltrinelli, Milano 1987)
- Huizinga, J. (1939), Homo Ludens, Amsterdam
(trad. it. Homo ludens, Einaudi, Torino 2002)
- Lapierre, A., Aucouturier, B. (1975), La symbolique du mouvement, EPI S.A. Editeurs, Paris
(trad. it La simbologia del movimento,
Edipsicologiche, Cremona 1978)
- Le Boulch, J. (1971), Vers un science du mouvement humain. Introdution à la psychocinetique,
Les Editions ESF, Paris (trad. it Verso una scienza
del movimento umano. Introduzione alla psicocinetica, Armando Editore, Roma 1991)
- ID. (1981), Le developpement psychomoteur de
la naissance à 6 ans. Consequences educatives. La
psychocinetique à l'âge préscolaire, Les Editions
ESF, Paris (trad. it Lo sviluppo psicomotorio dalla
nascita a 6 anni, Armando Editore, Roma 1984)
- Maslow A.J. (1954), Motivation and Personality,
Harper & Row, New York (trad. it Motivazione e
personalità, Fabbri Editori, Milano 1973)
- Meinel, K. (1977), Bewegunslehre, Volk und
Wissen, Berlino (trad. it Teoria del movimento,
Società Stampa Sportiva, Roma 1984)
- Nanetti, F., Cottini, L., Busacchi, M. (a cura di)
(1996), Psicopedagogia del movimento umano.
Teoria e pratica dell'educazione motoria per soggetti normodotati e portatori di handicap,
Armando Editore, Roma
- Pento G. (a cura di) (2003), Muoversi per... piacere.
Educare al corpo e al movimento nella scuola dell'infanzia, Edizioni Junior, Azzano San Paolo (Bg)
- Vayer, P. (1971), Le dialogue corporel. L’action
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(trad. it. Educazione psicomotoria nell'età prescolastica, Armando, Roma 1989)
- Winnicott, D.W. (1971), Playing and Reality,
Tavistock Publications, London (trad. it. Gioco e
realtà, Armando Editore, Roma 2006).
11
Anno XXXVI, 1-30 novembre 2014, n. 3
CC OO NN CC OO RR SS II
NN OO RR M
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Circolari e ordinanze ministeriali
LL EE GG GG II -- DD EE CC RR EE TT II
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Anno XXXVI, 1-30 novembre 2014, n. 3
GIANNI RODARI
La scuola per l’emancipazione
e il riscatto delle classi povere
di
EMMA TONUTTI e CELESTINO TESTA
L’
Italia, nel 1945, si presentava non solo come un paese
impoverito e bisognoso di piani per il rilancio delle attività economiche e produttive, ma anche un paese provato
dopo un ventennio di dittatura fascista e da una guerra
disastrosa. Anche dopo l’unità nazionale, nel nostro paese era ancora diffuso, soprattutto nelle regioni meridionali, l’analfabetismo.
Sulla base di questa condizione economico-sociale italiana, alcune personalità della sinistra italiana Concetto Marchesi, Lucio Lombardo
Radice, Dina Bertoni Jovine, Bruno Ciari, Mario Lodi, Albino Bernardini
e qualche esponente cattolico come Don Milani e lo stesso Rodari, sentono l’esigenza di costruire una scuola che risponda alle necessità di emancipazione e di riscatto delle classi povere ed analfabete. Il loro obiettivo è
quello di realizzare una scuola più democratica e moderna, che richiami
gli ideali della Resistenza e della Costituzione repubblicana.
Il sistema educativo italiano per molto tempo ha cercato di rispecchiare i principi e le ideologie della pedagogia tradizionale. In quegli anni la
scuola era in mano a governi centristi, democristiani, i quali si mantenevano su posizioni conservatrici e clericali anche a causa del clima di guerra fredda che si respirava. Soltanto dagli anni Sessanta, in seguito sia alla
svolta politica da parte dei governi di centro-sinistra, del boom economico e dell’emigrazione, la scuola ha iniziato ad occuparsi dei ceti più poveri aprendosi verso una gestione più democratica. Gianni Rodari, vivendo
di persona quegli anni caratterizzati da una piena ventata innovativa, ha
potuto cogliere gli epocali cambiamenti di quella società sempre più frenetica e complessa. Elabora una sua particolare concezione della scuola e
della pedagogia demonizzando i media e difendendo i fumetti. In quel
periodo intenso è il suo impegno giornalistico con il Pioniere, il quotidiano Paese Sera e i periodici Rinascita e Il Giornale dei genitori. Scrive
Rodari, a proposito della scuola, su Paese Sera del 4 marzo 1975: “I Veri
scandali della scuola sono la spesa insufficiente, l’arretratezza delle strutture, la selezione classista, l’anacronismo, a dir poco, dei contenuti culturali”.
Al fine di capire e meglio delineare la situazione scolastica che persisteva in quegli anni in Italia, interessante è lo scritto di Mario Di Rienzo
riportato in Le provocazioni della fantasia, Gianni Rodari scrittore e educatore: “Nella scuola elementare, fino alla metà degli anni Sessanta ha
dominato l’ethos burocratico e una didattica ripetitiva, poco fantasiosa.
Uscire dal controllo burocratico non era facile. A volte era anche pericoloso: si rischiava il posto di lavoro. Rodari aveva fatto un breve esperienza di insegnante elementare, come supplente, e aveva potuto constatare
che nonostante il dominante ethos burocratico, i maestri, se avessero avuto
gli opportuni suggerimenti, sarebbero stati in grado di rinnovare almeno
in parte la propria didattica. E l’avrebbero fatto volentieri”. Contro questo
tipo di scuola, Rodari elabora, cooperando con il Movimento di cooperazione educativa, un ben preciso progetto di riforma che investe sia le strutture sia i contenuti culturali e didattici.
Un primo assunto fondamentale è quello di democrazia: la scuola deve
essere democratica, rivolta a tutti e al servizio di tutti, soprattutto sensibile e attenta all’emancipazione delle classi subalterne, nelle quali è centrale il diritto allo studio, la lotta contro la selezione e la discriminazione di
classe. La scuola, inoltre, deve essere pensata all’interno della società e in
stretto rapporto con questa, con le sue trasformazioni sociali e tecnologiche.
Durante gli anni Cinquanta, Rodari partecipa agli accesi dibattiti che
riguardano il rapporto scuola-società, il problema dei contenuti e dei
metodi della pedagogia e la riorganizzazione della scuola in senso democratico. Rodari, in quest’occasione, fa propri tre aspetti emersi in area
marxista. Il primo riguarda la pedagogia e la scuola. Entrambe devono
collegarsi alla società agendo per trasformarla e connotandosi, quindi, in
senso politico. Un secondo aspetto riguarda la scuola: andrebbero trasformati sia i contenuti sia i suoi metodi. In ultimo la scuola deve aprirsi alla
società ovvero deve ‘farsi grande come il mondo’ considerando tutti i problemi sociali e culturali, anche quelli più difficili e scabrosi, quale l’educazione sessuale. Il suo concetto di ‘scuola grande come il mondo’ impli-
ca l’esistenza di un’intera comunità educante nella quale il maestro, il
bambino, ma anche i genitori, le biblioteche, il Comune e tutta la società
civile collaborano insieme.
Rodari non condivide le finalità di una scuola che valuta e si preoccupa
solo di selezionare o classificare; la scuola deve piuttosto puntare a formare cittadini responsabili e civilmente impegnati nei valori di pace, di solidarietà e amicizia tra i popoli.
La scuola, secondo Rodari, non dovrebbe essere gestita in modo burocratico, schematico e con la presenza, al suo interno, di pregiudizi, come
afferma in un articolo del 1973: “Bisogna sforzarsi di ripensare la parola
‘scuola’ per liberarla da tutte le incrostazioni burocratiche, gli schemi anacronistici, i pregiudizi, i sedimenti della routine che essa si porta dietro, se
non si vuole dar vita ad un progetto scolastico vecchio prima di nascere”.
La scuola dovrebbe diffondere una cultura critica, volta alla formazione
di una coscienza sociale, civile e responsabile del ruolo che ogni individuo
ha al suo interno. La scuola ha il dovere di allenare l’individuo al dialogo,
al confronto attraverso l’esperienza di comunità non solo con altri bambini ma anche con le figure adulte quali l’insegnante o il genitore. Dal punto
di vista didattico, la scuola dovrebbe adottare un metodo attivistico, operativo e creativo, che metta al centro il linguaggio e la sua complessa identità logica e fantastica. Rodari, all’interno della sua nuova concezione della
scuola, sottolinea più volte che quest’ultima non può limitarsi ad insegnare a leggere, scrivere e fare di conto, ma deve accogliere la vita del bambino e le sue passioni in un continuo confronto di esperienze, sogni e progetti: “Allora facciamo una scuola in cui possa entrare il bambino intero e
restare intero. Intendo dire che la scuola deve sviluppare non solo la capacità di ascoltare e di ripetere, di imparare a leggere, a scrivere, a fare di
conto, ma anche la capacità di pensare, di progettare, di verificare, di sbagliare e di correggere l’errore; cose che prima della scuola egli ha fatto
nella felicità del gioco per capire il mondo vicino, per conquistarsi un
destino e quel minimo di strutture linguistiche che gli hanno permesso di
farsi capire dalla famiglia”. La figura dell’insegnante è senza dubbio centrale all’interno della pedagogia rodariana. L’idea di fondo è che sia il
maestro che l’alunno non hanno dei ruoli prefissati e rigidi, per cui il primo
insegna e l’altro impara. Nella ‘sua’ scuola, tutto diventa educante: i genitori, i maestri, i professori, le biblioteche, i comuni, la televisione. Ognuna
di queste voci può influire in modo positivo o negativo sui bambini ma
anche sugli adulti e sui giovani.
L’insegnante, secondo Rodari e il Movimento di educazione cooperativa, si libera finalmente delle caratteristiche da burocrate, autoritario e conservatore della cultura convenzionale; é un organizzatore, psicologo e allo
stesso tempo animatore. Come organizzatore, ha il compito di predisporre
gli strumenti e il ‘clima’ adeguato per il lavoro di ricerca. Ciò significa preparare in primis uno spazio idoneo alla ricerca in comune dei ragazzi, creare le giuste condizioni d’intesa e collaborazione tra gli alunni al fine di
avviarli, in autonomia, verso una programmazione del loro lavoro, dell’esecuzione per fasi e, infine, alla verifica finale. L’insegnante, per fare questo, deve predisporre di un bagaglio di conoscenze pedagogiche, ma anche
di uno ‘spirito sperimentale’ e di un’ottica scientifica e sociale. Il maestro,
poiché anche psicologo, deve continuamente aggiornarsi con letture sull’evoluzione della mente e della personalità infantile, sullo sviluppo del
linguaggio e della creatività al fine di applicare tutte le sue conoscenze nel
lavoro con i bambini in classe. Infine l’insegnante deve anche essere un
buon animatore che promuove autenticamente la vita culturale attraverso il
gioco o altre attività formative. Questi tre aspetti s’incarnano, secondo
Rodari, nelle figure di due maestri del Movimento di cooperazione educativa, Bernardini e Lodi che rappresentano concretamente il modello di
maestro organizzatore-psicologo e animatore.
Rodari condivide con Lodi l’idea che l’insegnante debba essere un promotore della creatività in ogni sua forma. La figura del maestro animatore-creativo è fondamentale all’interno della pedagogia rodariana, dal
momento che la creatività si pone sempre più al centro della sua concezione della mente, della scuola e della società democratica.
Il maestro creativo dovrebbe, dunque, essere in grado di conoscere ed
elaborate alcune tecniche didattiche che può inventare o ritrovare attraverso una personale ricerca. Rodari, dal canto suo, elabora alcuni suggerimenti o tecniche che ritroviamo all’interno della Grammatica della fantasia, in Giochi in Urss o Io e gli altri. Nuovi giochi di fantasia e in altri suoi
LA RIVISTA DELLA SCUOLA
13
scritti, offrendo spunti interessanti e didatticamente stimolanti per un’efficace lavoro creativo in aula.
Rodari è concorde con l’idea di Bruno Ciari, maestro anch’esso appartenente come Lodi e Bernardini al Mce, il quale afferma che l’insegnante
deve essere “colto e aggiornato, ma che ripensa a questa cultura nello specialismo della didattica, ma di una didattica sperimentale, aperta, strettamente intrigata con i problemi della cultura non-scolastica e, al tempo stesso una didattica che si pone consapevolmente al servizio dell’emancipazione, della democrazia partecipata”.
Parlando della concezione che Rodari ha della scuola, non possiamo
dimenticare di sottolineare il suo grande contributo all’interno della didattica della lingua ove applica il pensiero creativo.
La ‘sua’ didattica della lingua mira, infatti, alla creatività estetica che si
elabora attraverso il principio del gioco, alla sua gratuità ed autonomia.
L’apprendimento della ‘logica fantastica’ è il nucleo centrale sia della
Grammatica e di molti altri suoi testi e articoli scritti sul Giornale dei genitori. Importante ricordare che, per Rodari, la fantasia ha una sua ‘logica’
che deve essere appresa al fine di aumentare al massimo le potenzialità del
pensiero fin dall’infanzia.
La didattica della lingua per Rodari si articola su tre versanti tra di loro
strettamente interconnessi: il riconoscimento del valore della lettura, il
metodo di costruzione delle storie fantastiche e, in ultimo, la funzione
della poesia.
Interessante l’analisi che Rodari compie sul ruolo della lettura e dei
modi che potrebbero allontanare il bambino da questa: “Ci sono tante
maniere d’insegnare a leggere, ma ci sono anche molte maniere
per far odiare i libri ai ragazzi. Non tutti conoscono le tecniche
migliori e più moderne per alfabetizzare rapidamente e senza
troppo sforzo i bambini. Quasi tutti, invece, conosciamo e pratichiamo con fedeltà e coerenza degne di cause più sante gli svariati sistemi per far nascere nei bambini una nausea inestimabile verso la carta stampata. Permettetemi d’indicarne alcuni, piuttosto alla
buona, ma non senza convinzione”. Partendo dalla constatazione rodariana che ‘Non si nasce con l’istinto della lettura, come si nasce con quello di
mangiare e di bere’ Maria Luigia Bigiaretti, maestra elementare che ha
collaborato con Rodari per la scrittura di La torta in cielo, riprende il concetto del piacere alla lettura nel suo libro La scuola anti tantran: “Col piacere della lettura, ripeteva spesso Rodari, non si nasce, perché non è un
istinto. L’incontro decisivo tra ragazzi e libri avviene sui banchi di scuola,
ma solo in una situazione creativa dove conta la vita e l’esercizio. La
voglia di leggere, in altre parole, non scende sui ragazzi come lo spirito
santo, deve essere provocata, sollecitata da noi”. In Scuola di fantasia
Rodari dedica un intero capitolo per approfondire quello che lui ha definito i ‘Nove modi per insegnare a odiare la lettura’.
Il primo: presentare il libro come alternativa alla Tv: “Leggi invece di
guardare la televisione. Se non ti vedo leggere, vendo il televisore. Prendi
il libro di scuola, invece di perdere tempo con quelle stupidate”. Sono queste alcune delle espressioni che secondo Rodari gli adulti rivolgono ai
bambini per rimproverarli o, peggio ancora, minacciarli affinché leggano.
Il questo modo non fanno altro che infastidire i figli o gli alunni ottenendo un effetto opposto a quello desiderato. Ribadiamo che, secondo Rodari,
la televisione è sì dannosa poiché può ridurre, sia il bambino che l’adulto,
in uno stato di semi-incoscienza e passività, ma è anche vero che “Il teleschermo arricchisce il punto di vista, nutre il vocabolario, mette in circolo
una quantità inverosimile d’informazioni, inserisce i nostri piccoli analfabeti in un circuito più vasto di quello familiare, che non sempre è vivificato dalle informazioni, dalla cultura, dalle idee. Si potrebbe quasi dire che
la Tv diminuisce le difficoltà della lettura”.
Secondo punto: presentare il libro come alternativa al fumetto. Per Rodari
non è affatto vero che i ragazzi appassionati di fumetti hanno anche un disinteresse nei confronti delle buone letture. Oltretutto, come nel primo caso,
proibire ai bambini di fare una cosa per effettuarne, forzatamente, un’altra,
non serve a nulla, anzi, è controproducente.
Terzo punto: dire ai bambini di oggi che i bambini di una volta leggevano di più. Questa è una tipica tendenza degli adulti che vogliono lodare ‘i
loro tempi’; molti, infatti, tendono a ricordare ai bambini di oggi l’infanzia
che loro stessi hanno vissuto anni prima. Rodari afferma che non si può chiedere ai bambini e ai ragazzi di amare un passato che non appartiene al loro
vissuto tantomeno i libri che vi fanno parte.
Quarto punto: ritenere che i bambini abbiano troppe distrazioni.
Secondo Rodari tale affermazione merita un approfondimento su come
oggi i bambini organizzano il loro tempo libero. In realtà questo ‘tempo
libero’ facilmente si trasforma in ‘tempo vuoto’ o tempo sprecato se il soggetto non ha un’adeguata organizzazione. Spesso nelle nostre città non
viene data la possibilità ai bambini di occupare pienamente il loro tempo
libero. Ad esempio, mancano spazi per giocare, non ci sono biblioteche o
teatrini. Nelle campagne, invece, il bambino o vagabonda per i prati o
viene precocemente messo al lavoro. La causa per cui i bambini abbandonano la lettura, secondo Rodari, non dipende dal modo con il quale loro
occupano il tempo e dal tipo di ‘distrazioni’ bensì dal posto e al valore che
viene dato al libro all’interno della società, nella famiglia e nella scuola.
Anno XXXVI, 1-30 novembre 2014, n. 3
Rodari, a questo proposito cita l’esempio della realtà che ha potuto vedere in Urss: “Nell’Urss vi è una rete vastissima e capillare di biblioteche
infantili e giovanili, e chi le ha visitate le ha trovate ogni volta, in ogni ora
del giorno, affollate di giovani lettori; ha visto i libri consunti dall’uso
sugli scaffali, s’è reso conto che i ragazzi sovietici conoscono i nomi dei
loro autori per l’infanzia quanto i nostri conoscono quelli dei calciatori”.
Quinto punto: dare la colpa ai bambini se non amano la lettura. Questo
viene definito da Rodari un atteggiamento diffuso tra gli adulti e volto a
cercare di coprire, in parte, le loro colpe. All’interno delle famiglie, infatti, ci sono padri che non leggono mai nemmeno il giornale o case nelle
quali non c’è neanche un libro. E poi molti si meravigliano se i bambini
non amano la lettura. Anche l’editoria per l’infanzia, secondo Rodari, deve
assumersi delle colpe; il criterio commerciale prevale, infatti, su quello
pedagogico. Non c’è quasi mai un ponte che unisce la pedagogia con l’editoria per la quale il termine ‘educativo’ è sinonimo di ‘noioso’. Infine,
più in generale, all’interno della società adulta, Rodari afferma che ‘non
c’è una vera presa di coscienza collettiva nei confronti della società infantile’.
Sesto punto: trasformare il libro in uno strumento di tortura. Spesso
questo aspetto viene applicato a scuola sugli alunni di ogni ordine e grado.
Uno dei modi per trasformare il libro in qualche cosa di spiacevole, è quello di assegnare ai bambini pagine e pagine da copiare oppure il lavoro di
divisione in sillabe. Facilmente, attraverso il far imparare a memoria, far
descrivere le illustrazioni dai libri di lettura, può trasformare il libro in uno
strumento non gradito al bambino. Spesso tutte queste attività aumentano
le difficoltà di lettura nei più piccoli e tolgono al
libro ogni carattere di divertimento e d’interesse. In
questo modo la lettura non è più un fine da perseguire bensì un mezzo per altre attività. Si elude,
perciò, la possibilità di far nascere il bisogno della
lettura, bisogno d’origine naturale e non culturale.
Punto settimo: rifiutarsi di leggere al bambino. Rodari sottolinea l’importanza della lettura da parte dei genitori al bambino. La voce della madre o
del padre è un’insostituibile mezzo attraverso il quale si trasmettono al bambino messaggi di intimità e confidenza. In tutto ciò il libro assume il ruolo
di ‘medium’ tra genitore e figlio. Spesso, però, ciò non accade, dal momento che molti genitori non hanno la pazienza, o l’hanno persa, di leggere una
favola ai figli. Ci vuole, inoltre, abilità nel leggere con espressione e talvolta bisogna anche tradurre alcuni termini di difficile comprensione per il bambino soprattutto se piccolo.
Ottavo punto: non offrire una scelta sufficiente. Raramente viene offerta ai bambini, soprattutto nelle scuole, una vasta possibilità di libri da leggere. Per Rodari, se il bambino ha a disposizione molti libri, questi possono suscitare in lui curiosità diverse e appagare o stimolare interessi che
cambiano a seconda dell’umore, della personalità, della formazione culturale e dell’informazione.
Nono punto: ordinare di leggere. Daniel Pennac, all’interno del libro
Come un romanzo, parla di quelli che lui definisce i ‘diritti imprescindibili del lettore’, con una significativa affermazione a dimostrazione del fatto
che non si può obbligare i bambini alla lettura: “Il verbo leggere non sopporta l’imperativo, avversione che condivide con alcuni altri verbi: il verbo
‘amare’…il verbo ‘sognare’… Naturalmente si può sempre provare.
Dai, forza: Amami! Sogna! Leggi! Leggi! Ma insomma leggi, diamine, ti
ordino di leggere! Sali in camera tua e leggi! Risultato? Niente”.
Questo sistema è senza dubbio il modo più efficace affinché i bambini
imparino a odiare la lettura. Quando l’adulto si rivolge al bambino con
l’imperativo: “Leggi da qui fino a qui”, il bambino riceverà una lezione che
difficilmente dimenticherà: leggere è una cosa che bisogna fare per forza e
perché i grandi la comandano esercitando, quindi, la loro autorità da adulti. Tale atteggiamento non causerà che un abbandono immediato della lettura nei ragazzi. A dimostrazione di questa teoria, Rodari, in Scuola di fantasia, afferma l’inutilità educativa dell’obbligare i bambini a fare qualche
cosa: “Da qualche centinaio d’anni i pedagogisti vanno ripetendo che
come non si può ordinare a un albero di fiorire, se non è la sua stagione,
se non sono state create le condizioni adatte, così non si può ottenere
alcunché dai bambini per la strada larga dell’obbligo, ma bisogna per forza
cercare strade meno agevoli, sentieri meno comodi. Ma i pedagogisti predicano, e il mondo va per la sua strada. Il disprezzo per la teoria è antico
quanto il proverbio secondo il quale ‘vale più la pratica della grammatica’”.
Rodari afferma che ci sono anche alcune condizioni per far amare la lettura: il raccontare le storie, avviare il più presto possibile il bambino alla
lettura, dare delle alternative, delle possibilità di scelta su queste letture
attrezzando, ad esempio, una biblioteca. A questo proposito Maria Luigia
Bigiaretti, nel suo libro Scuola anti trantran propone i ‘Tredici modi per
far amare la lettura ai bambini’. Ne ricordiamo alcuni: “Non dare mai la
lettura come compito obbligatorio; non far leggere dieci volte la stesa cosa;
non far scrivere il riassunto del testo; mettere in atto, spesso, giochi di lettura; far leggere a più voci dialoghi o testi teatrali…”.
E.Tonutti e C.Testa
RODARI
LA RIVISTA DELLA SCUOLA
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Anno XXXVI, 1-30 novembre 2014, n. 3
La com unicazione di massa,
i g io v ani e la scuola
Il ruolo della televisione, le funzioni, gli scopi, il linguaggio, i
sistemi, la cultura letteraria, mezzi didattici e tecnologie educative
di
ANTONIO FUNDARO’
(parte seconda)
(in collaborazione con Filippo Nobile, Maria Grazia Fundarò,
Giacomo Scala, Antonino Papania)
Televisione e trasformazione del costume
L
a nascita della televisione si certifica nel 1936, in Inghilterra
e, inizialmente non ebbe molto successo tanto da essere semplicemente considerata un accessorio.
Con il passare degli anni però divenne un’insostituibile presenza,
tanto che la televisione è in ogni casa sia di giorno che di notte. La
televisione, nel senso più limitato dell’espressione, è solamente un
insieme di meccanismi che possono rispondere agli usi più svariati
(Unwin, 1977: 181).
Infatti la televisione tende ad entrare in ogni stanza, a restare accesa quasi tutto il giorno, indipendentemente da quello che viene da
quello che si fa davanti al teleschermo e indipendentemente da quello
che viene trasmesso. “Si vanno generalizzando fenomeni di consumismo distratto e personalizzato” (Becchelloni G., 1987: 131), questo
significa, quindi, che la televisione funziona in tanti modi diversi e,
spesso funziona di più come scatola dei suoni che come deposito di
immagini.
Sono passati oltre cinquant’anni da quando Orson Welles confessò
di essere un teledipendente: “Odio la TV, la odio come le noccioline,
ma non riesco a smettere di mangiare noccioline”. É passato mezzo
secolo, la televisione è cambiata. Anche i televisori sono cambiati.
Uno dopo l’altro sono arrivati il telecomando, il colore, il suono stereo. Nel 1956, quando le trasmissioni televisive si estesero su tutto il
territorio nazionale, gli abbonati erano davvero pochi a causa del costo
elevato dei televisori. Si diffuse così l’ascolto collettivo nei locali pubblici, nei bar, nei circoli ricreativi.
Uno sviluppo enorme, si ebbe però con la nascita delle emittenti private, intorno agli anni settanta e, da allora il pubblico di telespettatori
è stato sommerso da un diluvio di immagini: film vecchi e nuovi, telenovelas brasiliane, spettacoli di varietà, giochi a premi e “talk show” a
frequenza quotidiana.
Oltre a questi, una presenza costante nei programmi televisivi è data
dai cartoni animati, soprattutto giapponesi, che tengono i bambini vincolati al video per ore.
Nasce e si diffonde così il fenomeno della videodipendenza. La televisione occupa sempre più il tempo libero, afferma modelli di comportamento, suggerisce mode e le opinioni della gente.
Ma lasciando da parte la forma e la sua alta definizione, la televisione è l’unico mezzo audiovisivo in grado di raggiungere contemporaneamente decine di persone nello stesso tempo e, si può affermare
che è ormai da ritenersi un segno e perfino un requisito di appartenenza alla società moderna: la loro mancanza è sensibilmente avvertita e
alla televisione si dà fiducia in varia misura come fonte di informazione e di chiarificazione.
“L’astronave è stata appena lanciata” e subito sugli schermi televisivi si possono vedere le immagini del lancio e del volo, si vede il pilota nella cabina, se ne sente la voce. Questo non e solamente un “miracolo della tecnica”, è come se l’uomo avesse proiettato fuori di sè il
suo sistema nervoso oltre che i suoi organi, registrando così qualsiasi
evento mentre esso si verifica. (McLuhan M., 1968: 120).
Ciò comporta, sia sul piano del messaggio che su quello del linguaggio, una tendenza inevitabile della comunicazione televisiva
verso il livellamento.
Il video tende a catturare l’attenzione del massimo numero possibile di persone ed a questo si adegua il modo di comunicare, operando
una selezione che quasi sempre gioca a favore della qualità del pro-
dotto e sulla sostanza, in quanto la televisione come le altre tecnologie
è alla portata solo di gruppi potenti e “quanto vediamo in televisione è
ciò che risponde alla mentalità e ai fini dei supergruppi (Mander J.,
1982: 140).
L’influenza della televisione su una persona, comunque, varia da
quella di un altra in rapporto alle differenze di carattere, di educazione, di maturazione personale. Infatti, l’influenza della televisione sul
contadino dell’area depressa non è la stessa di quella esercitata sull’operaio qualificato della grande città e i risultati prodotti sono certamente innumerevoli: esso dà la possibilità ad una massa di persone di
poter ricevere un’informazione contemporaneamente in diverse parti
del mondo e, quindi, di poter seguire, come se si fosse presenti, avvenimenti eccezionali.
Le funzioni della televisione
La televisione svolge un ruolo certamente positivo. Il problema
diventa serio quando cerchiamo di verificare la validità o meno dell’informazione trasmessa.
La televisione sembra avere la capacità di fornire utili informazioni
agli utenti, è decantata per la sua funzione educativa, mentre la tecnologia televisiva e l’innata natura dell’esperienza visiva, rendono realmente impossibile l’apprendimento, perché quando “si guarda la televisione ha luogo un apprendimento poco mediato” (Mander J., 1982:
189-190).
La televisione è scelta dalla maggior parte delle persone rispetto alla
stampa come principale fonte di informazione. Il mezzo televisivo
svolge un’attività informativa e di notizie entro breve tempo.
La TV riguarda anche i programmi di evasione, dal film alla musica leggera, dallo spettacolo di varietà al telefilm e, su questo la televisione ci esaudisce assai largamente, tanto che il gradimento del pubblico è evidente. D’altra parte, la televisione costituisce, in particolar
modo per i bambini e per gli adolescenti, una importante fonte di
divertimento, di distrazione e di evasione.
Sostanzialmente nel divertirsi il pubblico si immedesima con uno o
più personaggi rappresentati nei film o nei programmi televisivi e, sperimenta in modo improprio gli avvenimenti nei quali è coinvolto questo personaggio (Maccoby E. E., 1964: 323, 348).
Anche nella funzione strettamente informativa la televisione, selezionando e trattando le immagini, non può non trasmettere una realtà
già elaborata e parzialmente interpretata.
L’influenza della televisione dipende da due fattori: l’esposizione e
i contenuti.
Quanto maggiore è l’esposizione dello spettatore televisivo, tanto
maggiore è l’influenza esercitata dal mezzo e, in ogni caso tale
influenza sarà determinata dai contenuti.
Statisticamente nelle famiglie in media la televisione funziona più
di sei ore al giorno e, se c’è un bambino la media supera le otto ore
(Mander J., 1982: 20).
Due sono le principali obiezioni che si possono muovere alla televisione, e cioè che la televisione sottrae tempo che potrebbe essere
impiegato più utilmente ai fini formativi e mette in onda molto spesso
programmi poco utili e spesso violenti.
Per quanto riguarda il primo punto, è evidente che il tempo impiegato totalmente davanti all’apparecchio televisivo torna a svantaggio
di altre attività che potrebbero meglio operare per lo sviluppo dell’intelligenza: può diminuire o danneggiare le attività sociali, può ridurre
e limitare la lettura, esercizio indispensabile per una formazione personale orientata verso l’approfondimento dei problemi e della maturazione personale.
Inoltre, i bambini tendono a giocare di meno e stando davanti alla
televisione tendono anche a diventare più obesi. Non a caso i bambini
guardano la televisione sgranocchiando cibi che nulla hanno a che fare
LA RIVISTA DELLA SCUOLA
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con la nutrizione e, spesso, il cibo assume un significato compensativo (dolciumi, patatine); naturalmente questi bambini sono tutti, specialmente negli U.S.A. un po’ grassocci e qualche volta anche obesi
(Unwin, 1977: 238).
Gli scopi della televisione
Per quanto riguarda la povertà dei programmi trasmessi, si può
vedere che in realtà “la televisione deve divertire, informare e istruire”
(Betin G. M., 1976: 85) e, quindi non bisogna criticare tutti i programmi che essa trasmette, in quanto la televisione ha soprattutto lo
scopo di sollecitare curiosità e interessi e non solo di esaudirli.
Per quanto concerne la definizione di “informare” e di “istruire”,
l’informazione si può ritenere valida se si estende nei vari settori dell’esperienza (politica, economica, scientifica) e anche nella capacità
del soggetto di orientarsi, di coordinare idee e impressioni, di vagliare
e controllare giudizi.
Da questo punto di vista la funzione specifica della televisione è
costituita dalla documentazione intesa nel suo più ampio significato e,
non solo in riferimento alla cronaca.
La documentazione televisiva ha lo scopo di sollecitare curiosità ed
interessi e non di esaudirli; di stimolare alla lettura, alla discussione e
non di renderle superflui; di indurre alla frequenza di teatri, di cinema,
di centri culturali e non di provocarne la
diserzione.
McLuhan (McLuhan M., 1977: 321)
vede la televisione come “il gigante timido” perché inadatto alle questioni scottanti e agli argomenti controversi.
L’immagine televisiva, infatti, è a
bassa definizione: “un mosaico di puntini luminosi che veicola immagini incompiute e quindi irreali” (Baldini M., 1988: 146). Inoltre la televisione
educa alla “regole del gioco” che richiedono lealtà nelle discussioni.
Se prendiamo come esempio la situazione “dibattito”, possiamo
vedere che “incoraggia notevolmente il telespettatore, anche in pantofole e a domicilio, ad una partecipazione attiva ad esso” (Betin G. M.,
1976: 88).
Se riflettiamo sulla storia della televisione, vediamo che, nei suoi
primi anni era abbastanza buona. Non c’erano le cattive cose che sono
arrivate dopo, offriva buoni film e altre cose discrete.
La ragione di questo sta in parte nel fatto che all’inizio non c’era
concorrenza, competizione, o per lo meno, ce ne era molto poca e,
anche la domanda non si era ancora estesa, perciò la produzione poteva essere più selettiva. Oggi invece la televisione si presenta come uno
strumento in evoluzione, non soltanto per la presenza di più canali, di
strumenti quali il telecomando, ma “per la significativa aggiunta del
videoregistratore” (Rubagotti G., 1991: 238, 239).
In realtà la televisione si presenta, oggi, come un gigantesco strumento per la produzione di consensi, manovrato dalle grandi alleanze
tra potere economico e potere politico. Essa, infatti, tende ad essere
sempre più un affare, ispirandosi al “più forte modello televisivo del
mondo, quello americano” (Sartori C., 1981: 20), ormai in via di affermazione ovunque.
In Italia la liberalizzazione ha nettamente caratterizzato il sistema
alla programmazione televisiva in senso commerciale. La straordinaria ricchezza di canali, ad un’offerta di programmi, fa riscontro alle
qualità sostanziali. In particolare l’emittenza privata fin dal suo nascere si è posto il problema del profitto attraverso la ricerca dell’audience - pubblicità e, fin dall’inizio ha abbassato i livelli di qualità senza
mai preoccuparsi né dei linguaggi né delle ricerche che possono favorire i telespettatori.
Il panorama televisivo italiano si presenta oggi in modo anomalo:
un solo imprenditore, come ad esempio Berlusconi, che possiede tre
reti che, in base a ciò che lui stesso dice, sono necessarie per poter
esercitare la concorrenza al servizio pubblico. Con gli ultimi referendum si era cercato di regolamentare il sistema televisivo privato, cercando di fare in modo che una sola persona non avesse più in mano un
così alto potere. I risultati però non sono stati molto incoraggianti,
infatti nulla è cambiato rispetto a pochi mesi fa’, Berlusconi continua
ad avere le sue tre reti e la pubblicità, con tutti i suoi effetti, continua
imperterrita la sua strada.
Altro effetto negativo, secondo il mio parere, è stato il fatto di mettere sullo stesso piano l’emittenza pubblica con quella privata e, questo ha finito per compromettere la sua funzione fino a farne ipotizzare
la scomparsa.
In ogni caso, tutta l’emittenza risente di una esasperata situazione
concorrenziale che premia la quantità di ascolto anziché la qualità dei
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programmi. Grande giudice delle sorti televisive è ormai il sistema
“Auditel” per la misurazione degli ascolti, cioè del numero dei telespettatori che seguono i vari programmi sui diversi canali.
L’Auditel è una società costituita nel 1984 dalla RAI, dalla
Fininvest e da altri gruppi. Essa provvede alla rilevazione degli indici
di ascolto televisivi con apparecchi applicati ai televisori di un campione rappresentativo dell’intera utenza televisiva italiana, registrando
automaticamente l’ascolto e anche quante persone sono davanti agli
apparecchi televisivi. La televisione si avvia a creare, sia pure in modo
del tutto particolare, il “villaggio globale” di McLuhan: i caratteri politici, il bagaglio culturale, il rapporto tra gruppi e classi sociali, “lasciano il posto ad un’omogeneizzazione di contenuti capaci di portare alla
nascita di un villaggio globale fondato sulla logica del supermarket”
(Zanacchi A., 1990: 126).
Il linguaggio televisivo
Parlando del linguaggio televisivo si può subito vedere come questo
influenza notevolmente il “vocabolario” dei bambini.
Infatti, come noi sappiamo, i bambini sono i più grandi consumatori di programmi televisivi, ed essendo anche molto attenti, gli effetti
della televisione sui ragazzi si possono notare subito.
Capita molto spesso, infatti di sentire ragazzi che utilizzano vocaboli sentiti in televisione, soprattutto quando si tratta di serie televisive che raggiungono un ottimo
livello di ascolto.
Il linguaggio televisivo è fatto di
immagini in movimento che, scorrendo velocemente sotto i nostri
occhi, non ci dà la possibilità di
riflettere e di assumere, di fronte
ad esso, un atteggiamento critico. É evidente, infatti, che il soggetto,
soprattutto se si tratta di un ragazzo, per poter capire il contenuto del
messaggio deve seguire visualmente e ad un ritmo veloce ciò che gli
viene proposto, non avendo la possibilità, a volte, di ascoltare l’eventuale commento audio.
In relazione a questo aspetto, da alcuni studiosi è stata avanzata l’ipotesi che la televisione costituisce un vero e proprio “oppio” per coloro che la guardano, proprio perché “ubriacando” di immagini, freni la
capacità di pensare, la possibilità creativa e immaginativa dell’utente,
che perde sempre più il gusto alla magica interpretazione della parola.
La televisione quotidianizzata, diventa così il linguaggio con il
quale si parla e ci si rappresenta la società, come se il linguaggio televisivo fosse un linguaggio naturale, un linguaggio materno, familiare,
“una sorta di chiave permanente per la lettura naturalistica della società” (Becchelloni G., 1987: 129).
Possiamo quindi affermare che per molte persone è notevolmente
familiare la grammatica televisiva, tanto da poter dire che gli spettatori ritengono che vedere qualcosa alla TV equivale a guardare la realtà
quotidiana. “Ogni linguaggio o dialetto ha una struttura che deve essere compresa, come precondizione per giungere, attraverso il linguaggio, ai significati. Quindi la prima cosa da fare, per comprendere la
comunicazione televisiva, è di esaminare il suo particolare linguaggio”
(Snow R. P., 1987: 135).
Oltre a coinvolgere la vista e l’udito, come nel caso di musiche di
sottofondo, che ci fanno comprendere cosa avverrà dopo una certa
scena, la sintassi televisiva utilizza diverse tecniche di inflessione, che
possono essere tecniche di enfatizzazione, aspetti del ritmo e del
tempo e infine tecniche di accentazione.
- La scenografia è importantissima, perché produce la stereotipizzazione dei personaggi e determina il tipo di programma che si svolge, ad
esempio se una scena si svolge in uno studio, magari seduti su una poltrona, viene determinato il tipo di conversazione che si dovrà svolgere;
- L’illuminazione è importante perché stabilisce i caratteri e gli stati
d’animo dei personaggi;
- Anche la musica è importante perché è l’elemento che elimina l’identificazione o gli stati d’animo del personaggio con la scena.
La musica è usata spesso come sottofondo per far capire alla gente
il genere di scena che si sta svolgendo e, sono spesso utilizzati per
tutto il corso del programma, così “che i telespettatori possono ravvisare un conflitto o uno stato di competizione dove questi sono assenti
o scarsamente rilevanti” (Manacorda A., 1980: 102, 127).
COMUNICAZIONE
DI MASSA
I sistemi di finanziamento
I regimi nazionali di radiotelevisione si differenziano sia per il loro
sistema di finanziamento sia per lo statuto giuridico.
Esistono solo tre tipi di risorse, il primo è il ricorso alle sovvenzioni
LA RIVISTA DELLA SCUOLA
di Stato (regime di contabilità pubblica dell’audiovisivo), o da privati
(trasmissioni educative di una università).
Il secondo, consiste nel pagamento di un canone annuale da parte
degli utenti, corrispondente ad un abbonamento al servizio ricevuto.
Il terzo è il ricorso alla pubblicità, con gli inserzionisti che si assicurano dei tempi di trasmissione, per arrivare alla clientela potenziale. Il
primo e il terzo metodo assicurano agli utenti un servizio gratuito.
Nella realtà i tre sistemi, nella maggior parte dei casi, sono abbinati
in proporzione variabile. Così, tutti gli Stati finanziano le trasmissioni e,
spesso finanziano totalmente le trasmissioni educative.
La televisione è ormai un fenomeno mondiale. Nei Paesi industrializzati ciascuna abitazione possiede un televisore: cresce la quantità delle
trasmissioni proposte, insieme al prolungamento della loro durata e alla
moltiplicazione dei programmi.
La televisione è, ormai da anni “al centro di una vasta fabulazione
adulta che le assegna il ruolo di pifferaio magico” pronto ad incantare e
a condurre a perdizione il bambino, distratto e sviato dal suo naturale
destino di lettore, per colpa di un flusso irresistibile di immagini e suoni,
davanti al quale l’adulto non può che arrendersi.
Il telecomando segna più il passaggio tra due ere nel campo della fruizione culturale di massa. La televisione ha invece introdotto, con gradualità, novità straordinarie nei caratteri e nelle forme della fruizione,
producendo un consumo frammentato dell’oggetto.
Non è stato il risultato di una premeditazione: si è dato piuttosto il
convergere di una serie di fattori oggettivi (propri dell’emittente e dei
suoi mezzi) e soggettivi (propri del ricevente) che hanno prodotto quel
risultato in un ampio e complesso gioco di intenzioni.
La televisione nasce innanzitutto come realtà tecnologica e, solamente in seguito, come strumento del comunicare qualche cosa ad un certo
numero potenzialmente alto di persone.
Cultura televisiva e cultura letteraria
Oggi sentiamo spesso dire che l’abitudine alla lettura non è molto diffusa, e da qualche anno l’editoria soffre di una grave crisi. Uno dei motivi di tale crisi dipende dal fatto che è molto cresciuta l’importanza oggi
assunta dai mezzi di comunicazione di massa che usano il “linguaggio
delle immagini” e, della televisione in special modo.
Un tipo di lettura che ci affascina è quello del mondo della fantascienza, soprattutto quel tipo dì fantascienza che esalta determinati
oggetti a noi molto familiari.
All’interno della notevolissima produzione del filone della fantascienza “sociologica” voglio fare riferimento ad alcuni romanzi che seppero guadagnarsi una grande notorietà in tutto il mondo.
Il primo, non in termini cronologici, è “Fahrenheit 451”.
Attraverso le vicende del protagonista, Montag “vigile del fuoco”
preposto alla distruzione dei libri, divenuti proibiti perché generano anticonformismo e confusione, l’autore estremizza e mette in luce le nevrosi dell’organizzazione e dei modi di vita di una società industrializzata e
meccanizzata: la tecnocrazia e il consumismo, con le loro influenze sulla
disumanizzazione dei rapporti personali: l’incubo di una guerra totale
che lascia però nell’indifferenza la popolazione e, infine, il controllo dell’informazione e dell’evasione e, ottenuto attraverso il mezzo televisivo
che dialoga fittiziamente con il suo spettatore e prevale violentemente
sul libro.
Alcuni anni prima, nel 1949, l’inglese George Orwell pubblicava il
famosissimo “1984”, nel quale assume un ruolo fondamentale l’argomento della capacità di controllo e manipolazione centralizzata dell’informazione: la lunga mano di un potere distante ed incomprensibile, il
Grande Fratello, si insinua ovunque, attraverso l’istituzione preposta alla
falsificazione e alla revisione delle notizie, il Ministero della Verità, con
lo scopo di perpetuare la propria predominanza, di guadagnare il massimo del conformismo, dell’acquiescenza alle regole sociali prestabilite
fino al punto di “ristrutturare” mentalmente gli oppositori, con pratiche
di lavaggio del cervello.
Con queste opere famosissime possiamo vedere come la televisione
era già un elemento importantissimo e, attraverso la fantascienza gli
autori non si sono poi molto allontanati dalla realtà attuale.
Infatti possiamo vedere come oggi nelle case si guarda la televisione
mangiando, parlando, rispondendo al telefono, in altre parole usandola
sempre più spesso come rumore di fondo.
Schermo piccolo, naturalmente, rispetto a quello del cinema, quel
cinema che, dopo gli esordi fieristici, è divenuto linguaggio autonomo
(Baldini M., 1988: 19).
Per andare al cinema, infatti, ci si veste, si esce, si programma il
tempo, si sceglie lo spettacolo e si investe una parte del proprio denaro,
la televisione, invece, si vede a casa propria, quasi sempre per caso o per
abitudine, con la luce spenta o accesa, facendo altre cose e, soprattutto
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Anno XXXVI, 1-30 novembre 2014, n. 3
senza pagare il biglietto, ma in ogni caso l’attenzione dell’ascolto della
televisione è legata al carattere del piccolo schermo.
Se il programma è generico, l’attenzione risulta bassa, questo spiega
per quale motivo i programmi più popolari cerchino sempre più di stupire con ogni mezzo, puntando sulle emozioni forti fino alla paura: stregoni, maghi e, morte in diretta, ovvero la televisione che supera i suoi stessi limiti.
Personaggi famosi come Baudo e Costanzo, ritengono che la televisione sia un mezzo utilissimo solo se si usasse bene. Secondo il primo la
televisione “è come una spugna, uno specchio che, nel bene e nel male
registra gli umori del Paese”, mentre secondo Costanzo la “televisione è
uno straordinario mezzo di comunicazione che, però va maneggiato con
cura” (Panorama del 24/03/95, n.64: 58).
Tutto quello che viene trasmesso in televisione viene fatto per cercare
di migliorare l’audience, anche quando Domenica 12/03/95 Tony
Binarelli ha eseguito in diretta, davanti a milioni di telespettatori, la “roulette russa” e, nella stessa Domenica su Raiuno, Giucas Casella, in TV è
entrato in una teca piena di serpenti in cui si è fatto sigillare.
Il consumo dei media infantile
Fino a pochi anni fa la maggior parte dei bambini trascorreva il
tempo libero osservando gli adulti nelle loro attività di lavoro e di gioco.
In questa maniera acquisivano le capacità e le attitudini necessarie ad
inserirsi in una società che avevano a portata di mano (Condry J., Popper
C., 1994: 28).
Nei giorni nostri, invece, i bambini osservano la vita in modi nuovi. I
bambini oggi, infatti, si accostano, nel loro tempo libero alla televisione
e la guardano con motivazioni che differiscono in misura significativa da
quelle prevalenti fra gli adulti. Questi ultimi guardano la televisione per
“divertimento”, la maggior parte dei bambini, invece, pur trovandola
divertente, guarda la TV perché cerca di capire il mondo.
Molti adulti considerano la televisione poco significativa e la guardano con quella che talora si definisce “sospensione dell’ incredulità”
(Condry J., Popper C., 1994: 29), capiscono perché, ad esempio un uomo
vola per aria o diventa invisibile.
I bambini, pur apprezzando la televisione, hanno più difficoltà a capire le finzioni, essi, infatti sono più vulnerabili degli adulti.
In questi ultimi tempi si è parlato sempre più dell’esistenza di un
“bambino televisivo”, un bambino cioè schiavizzato dall’apparecchio
televisivo, in quanto “costretto” a trascorrere molto del suo tempo libero
a seguire le innumerevoli immagini trasmesse.
Il bambino televisivo è quel bambino che perde lentamente tutta una
serie di caratteristiche proprie della sua età, un bambino privo di immaginazione, privo di partecipazione attiva, senza alcuna possibilità di
apprendimento verbale, perché il bambino davanti alla televisione non
può parlare, è un bambino che non è sempre in grado di decodificare i
messaggi trasmessi.
Tra gli altri aspetti negativi, ve ne è uno particolarmente importante,
cioè quello del valore del “contenuto” delle trasmissioni. Se andiamo a
verificare in effetti i programmi televisivi per i bambini, constatiamo che
la maggior parte di essi contengono ben pochi messaggi veramente educativi, non potendosi considerare tali tutte quelle trasmissioni (sì vedano
i cartoni animati, in cui predomina la violenza più schiocca quanto brutale) che non fanno altro che alimentare nei ragazzi sentimenti di aggressività, di desiderio di potenza, di dominio sugli altri.
Da ciò deriva, come conseguenza logica, il grande problema del condizionamento televisivo. Il “mezzo” influisce in maniera determinante
sul ricevente e sull’intera società, a prescindere della validità dei messaggi trasmessi (McLuhan M., 1974: 16).
La televisione, secondo McLuhan, è uno dei mezzi più pericolosi, in
quanto essendo un “medium freddo” ad attiva partecipazione, necessita
di un continuo completamento del messaggio da decifrare e pertanto
rende possibile una maggiore assimilazione acritica di ciò che viene trasmesso, favorendo facilmente la possibilità di condizionamento.
Un altro aspetto negativo della televisione è quello di avere dissolto le
reali possibilità di impiego del tempo libero dei bambini. É questo un
problema abbastanza sentito nella nostra società, dove si impone sempre
più la necessità di avviare i bambini verso attività diverse da quelle esclusivamente scolastiche, come ad esempio gli sport vari.
Al bambino televisivo è sempre più difficile conciliare le diverse esigenze del suo tempo libero; egli infatti, trascorrendo interminabili ore
davanti alla televisione, non può dedicarsi ai suoi giochi preferiti all’aperto e,non può più seriamente praticare uno sport.
La televisione ladra di tempo
Come afferma Condry la televisione è una “ladra di tempo” (Condry
J., Popper C., 1994: 32). Infatti quando i bambini sono “impegnati” a
guardare la televisione non svolgono molte cose che possono essere più
LA RIVISTA DELLA SCUOLA
importanti dal punto di vista del loro sviluppo. In genere i bambini
cominciano a guardare i cartoni animati a due anni di età e li guardano perché ogni azione è sottolineata da caratteristiche atte ad attirare
l’attenzione.
Questa “marcatura” sostituisce l’attenzione e la comprensione. Dal
momento che l’attenzione del bambino è discontinua, gli effetti audio
della televisione contribuiscono a richiamarli davanti al video.
La maggior parte delle volte, l’attenzione del bambino non si fissa
perché il materiale è facilmente comprensibile. I bambini capiscono
qualcosa del contenuto dei singoli programmi, ma non alla stessa
maniera degli adulti.
Ad esempio non capiscono le sequenze lunghe e hanno una sequenza ridotta delle motivazioni e delle intenzioni dei singoli personaggi.
Se un bambino assiste ad una scena di violenza a suo modo può
concludere che è il più forte che ha ragione. Ma tuttavia è improbabile che comprenda i messaggi più sottili, cioè quelle determinate azioni che sono più significative rispetto alle altre, ciò che capisce meglio
è che se una persona vuole qualcosa e, ha più potere rispetto ad un
altro, la ottiene.
Se però la familiarità con il mezzo televisivo esclude, come spesso
accade, la presenza dei genitori, il bambino si trova di fronte ad una
forte accelerazione delle emozioni; con il risultato che l’abuso di video
rende più primitivi i processi cognitivi. I bambini imparano apparentemente più cose e in maniera più veloce.
Il bambino, dice Varin, potrà elaborare i messaggi, ma con un livello eccitativo eccessivamente alto.
Goehel e Glocker sono invece molto più drastici nell’indicare i
danni prodotti dalla televisione, perché parlano di veri e propri danni
fisici (Panorama, 24/02/95, n.60: 113).
La tecnologia televisiva, dice Mander, produce reazioni neuro-fisiologiche nella gente che la guarda, può creare infermità, produce confusione
e soggezione alle immagini esterne (Mander J., 1982: 143). Le rielaborazioni intellettive delle immagini non avviene in maniera naturale.
Il flusso delle informazioni che esce dallo schermo, oltrepassa di
gran lunga la possibilità del bambino di accoglierle e di elaborarle.
Il rischio è quello che il suo cervello si avvii ad essere uno strumento di pensieri passivi e, che da grande potrà avere difficoltà a formulare giudizi propri.
L’identikit del bambino che consuma troppa televisione è terribile: fa
domande superficiali senza essere interessato alla risposta, le risposte
che dà alle domande sono spesso superficiali e stereotipate, non sviluppa mai un interesse profondo per le cose, le sue manifestazioni emotive
sono rudimentali e grossolane, i suoi pensieri si muovono secondo associazioni rapide e prevedibili (Panorama, 24/02/95, n.60: 113).
Da qui i timori e le ipotesi per una società che si presenterà del tutto
massificata, la preoccupazione per un futuro, ormai prossimo, simile a
quello descritto da Orwell in “1984”.
Infatti, le trasmissioni non vengono più proposte nelle ore serali o
pomeridiane, ma anche al mattino e, questo ha provocato un’estensione di tempo “modificando i comportamenti di consumo del pubblico
infantile, tanto che la televisione svolge sempre più la funzione di
baby-sitter elettronica” (Porro R., 1990: 46, 48).
Il consumo televisivo e i suoi effetti
La televisione non è solamente ladra di tempo, è anche bugiarda.
Guardando la televisione i bambini vi trovano una fonte ragionevole di
informazioni sul mondo. Questo non è sempre vero, ma loro non
hanno modo di capirlo.
Per quel poco di verità che la televisione comunica c’è molto di
falso e di distorto, sia in materia di valori sia riguardo i fatti reali.
Il contenuto spettacolare dei programmi televisivi è straordinariamente violento, se paragonato alla vita quotidiana. I cartoni animati
visti da milioni di bambini, contengono alcune delle scene più violente attualmente trasmesse in televisione. I bambini reagiscono a ciò che
vedono comportandosi essi stessi in modo più violento, mostrandosi
insensibili alla violenza. La televisione influisce sulle azioni, valori e
credenze dei suoi spettatori, ma non influenza tutti allo stesso modo.
Dipende, infatti, da quanto tempo si passa davanti allo schermo e dal
contenuto dei programmi che si guardano.
La conoscenza dello spettatore e del suo ambiente sociale, in particolare quello familiare, sono fattori determinanti per mediare l’influsso del piccolo schermo. Dal momento che le famiglie che “mediano”
la televisione in misura sufficiente sono poche e che le scuole se ne
disinteressano, i bambini sono abbandonati a se stessi nel tentativo di
estrarre un senso da questo mezzo di comunicazione e, da ciò che ha
da offrire.
La televisione esercita un potente influsso sui giovani proprio per-
17
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ché al momento altre istituzioni che riguardano i bambini funzionano
male. Per molti bambini, la televisione ha sostituito le fiabe con racconti moderni, omogenei, ma meno coerenti.
Il tempo trascorso a guardare la televisione allontana il bambino
dalla lettura; la capacità di leggere è scarsamente sviluppata e il valore della lettura trascurato. I bambini vengono abbandonati ad “una
serva infedele che li espone a vicende sconnesse raccontate da persone sconnesse” (Condry J., Popper C., 1994: 49).
La violenza in TV
Ma tra gli effetti più disastrosi provocati dalla televisione, bisogna
ricordare quelli relativi alla propensione ad assumere modi comportamentali, atteggiamenti di tipo aggressivo. Ma cosa è realmente l’aggressione?
La maggior parte degli psicologi sociali definisce il comportamento aggressivo “come l’insieme di azioni diretti a colpire uno o più individui infliggendo loro sofferenze fisiche e morali” (Gergen K. J.,,
Gergen M. M., 1992: 291).
Ma assistere a programmi violenti ne influenza non solo il comportamento, ma anche gli atteggiamenti, i valori, le credenze. Ad esempio,
i giovani che vedono molta televisione in genere, hanno più paura
delle situazioni violente che possono verificarsi nel mondo reale. Altri,
invece, sono desensibilizzati rispetto alla violenza, cioè, questa li colpisce di meno: la loro risposta alla violenza si riduce.
Basta un episodio terribile, come il suicidio di qualche ragazzo, che
si uccide per imitare un personaggio famoso, per provocare la condanna della televisione, come scuola di violenza. Ma bastano pochi
giorni perché tutto ritorni nell’ombra.
Eppure diversi studi mostrano come la violenza in televisione esercita effetti significativi sul funzionamento psicologico e sul comportamento, anche se in maniera differente a seconda dei soggetti e delle
situazioni.
Lo studioso Varin afferma che i soggetti che risentono maggiormente della violenza televisiva “sono quelli già predisposti, per fattore di ordine socio-culturale o per la loro personalità, al comportamento violento”, mentre i bambini, specialmente quelli in età prescolare,
risentono maggiormente di tutti gli effetti negativi. Gli effetti sul comportamento aggressiva sono più accentuati per quei programmi che
hanno la caratteristica di essere reali, credibili e quindi più eccitanti
(per esempio i telefilm polizieschi violenti) e, nei casi in cui la violenza viene giustificata, premiata, o comunque non punita.
Per quanto riguarda i cartoni animati, malgrado spesso essi abbiano
un contenuto violento, i loro effetti sembrano meno consistenti per
quanto riguardi il comportamento aggressivo. Un elevato consumo di
contenuti violenti, favorisce nei bambini tendenze comportamentali
impulsive, con maggiore difficoltà alla regolazione del comportamento sociale, utilizzo meno costruttivo del gioco e, conseguenze sfavorevoli sul piano del funzionamento cognitivo.
Problemi non minori presenta l’analogo tema della pornografia,
assimilabile a quello della violenza, e considerato soprattutto in rapporto alla fruizione da parte del pubblico infantile. La diffusione della
pornografia, soprattutto nei mass media, “sta assumendo proporzioni
impensabili solo qualche anno fa, incoraggiata in vario modo e perfino sovvenzionata con fondi pubblici” (Bafile P., 1988: 49).
Ma cosa guardano realmente i bambini in televisione? “Gli ultimi dati
Auditel sui minispettatori lasciano esterrefatti: 378 mila bambini hanno
visto “Carrie lo sguardo di Satana” in onda a mezzanotte su Canale 5
giorno 11 Febbraio (Epoca, 19/03/95, n.11: 83). Film come questo mietono molto successo, anche tra i piccoli, anche se sono piene di scene
terrificanti. La televisione è uno strumento ideale per permettere al telespettatore di poter cercare di superare le paure. Il film, come sappiamo,
infatti consente di poter partecipare emotivamente ad una vicenda senza
sperimentarla in modo reale, lo spettatore entra nello schermo e può
vivere personalmente le immagini, le azioni.
Il film può essere paragonato al sogno. Come nel sogno si scaricano le tensioni, sentiamo le paure, ma appena svegli ci sentiamo più
rilassati, più sicuri, perché abbiamo dominato l’angoscia attraverso le
paure. Anche la sera, però, le scelte dei bambini sono ben delineati, e
appena possibile vanno in tutte le direzioni, lontano dai documentari.
A letto dopo “Carosello” non ci va più nessuno. Il contenuto della
televisione destinata ai bambini “presenta personaggi maschili e femminili in ruoli stereotipati” (Condry J., Popper C., 1994: 34). Man
mano che il bambino cresce, aumenta la capacità di afferrare il senso
delle vicende complesse, in parte ne sa di più sul mondo, anche perché ha maggior familiarità con la struttura della televisione: è diventato “television litterate”, cioè ha contratto consuetudini con il linguaggio televisivo.
LA RIVISTA DELLA SCUOLA
Ma via che il bambino cresce, attorno ai 9-10 anni, i suoi gusti si
differenziano sempre di più a secondo il sesso, cominciando ad imitare i gusti e le preferenze degli adulti. Molte bambine amano le “telenovelas” nella convinzione di imparare qualcosa sulla vita, mentre
molti ragazzi amano i film d’azione per il medesimo motivo.
Ma come proteggere i bambini dal “bombardamento” indiscriminato delle immagini televisive?
La televisione non è destinata a scomparire ed è anche improbabile
che cambi fino al punto di divenire un ambiente accettabile per la
socializzazione dei bambini. Possiamo modificare i contenuti, migliorare la qualità dei programmi dei bambini, ma l’esigenza più importante è di scoraggiare i bambini ad usare la televisione come fonte di
informazione. La televisione non può insegnare ai bambini ciò che
debbono sapere, può essere divertente, può essere informativa, ma
come strumento di socializzazione è carente. L’ideale sarebbe che i
bambini, soprattutto quelli più piccoli, guardino la televisione in compagnia dei genitori, un’altra soluzione potrebbe essere quella che,
prima e dopo il programma, i genitori spieghino il contenuto del programma al figlio. Ma anche il controllo di ciò che effettivamente guarda il bambino è problematico: infatti, i bambini imparano ad usare il
telecomando fin quasi dalla nascita. La famiglia però potrebbe fare
molto, dovrebbe, infatti, tenere lontani i loro piccoli dalle emozioni
che provoca la TV, o per lo meno dovrebbe selezionare i programmi
da vedere.
Antonio Marezzi, antropologo specializzato in comunicazione
visuale, afferma che “la TV è un gigantesco grimaldello culturale.
Prima che si diffondesse, ciascuna cultura era chiusa nella propria lingua, separata dalle altre” (Panorama, del 07/07/95, n79: 48).
Oggi tutto è cambiato: la televisione, con le sue immagini universali, ha fatto saltare l’intero sistema di controllo del sapere, e quindi di
potere sociale. Savoia, spezzando una lancia a favore della televisione,
afferma che non è sempre vero che la televisione appiattisca drammaticamente il linguaggio del bambino. Il problema centrale, continua, è
che i genitori non devono illudersi che la televisione possa sostituirli
nell’educazione dei figli.
Secondo diversi studiosi, seguaci del grande pedagogista Rudolph
Steiner bisognerebbe:
- Non fare vedere la televisione ai bambini almeno fino a nove anni,
cioè fino a quando non abbandonano definitivamente il mondo dell’infanzia;
- Dopo i nove anni avvicinarli gradualmente, ma sempre con moderazione alla TV;
- Aiutarli a selezionare i programmi evitando una visione televisiva
indiscriminata;
- Incoraggiarli a scegliere trasmissioni che rispondono a loro precise richieste e passioni;
- Guardare, se è possibile, la televisione con i propri figli e, poi discutere di quello che si è visto assieme;
- Abituare i bambini a giocare;
- Stimolare le capacità manuali, l’interesse per la natura, il gusto
dell’arte, in modo da arricchire il mondo reale;
- Non proibire mai l’uso della televisione in maniera autoritaria;
- Renderla, invece superflua offrendo alla fantasia dei figli altri interessi e riferimenti;
- Non farsi ingannare dall’apparente bagaglio di conoscenze dei
bambini che vedono la televisione, ma ricordare sempre che non si
tratta di esperienze reali (Panorama del 07/07/95, n.79: 48).
In ogni caso quasi tutti gli studiosi sono concordi nel ritenere che
non bisogna lasciare da soli i bambini davanti alla televisione, perché
non si rischia solo di far diminuire la fantasia, ma il vero rischio è che
il bambino perda il senso del bene e del male, perché in TV c’è troppa violenza e quindi il bambino non può tenere l’equilibrio di fronte
ad essa.
Il rimedio? Guardare meno televisione o per lo meno farlo sotto la
guida dei genitori. Ma nel dubbio che il bambino continui a vedere la
televisione, il genitore si dovrebbe comportare, restando in tema di
film del terrore, come il papà che nel film “Poltergeist”, dopo averne
viste di tutti i colori, per colpa della TV-demonio, manda tutta la famiglia a letto, ma prima chiude la televisione fuori dalla porta.
I bambini e l’esperienza televisiva
Scuola e famiglia sono oggi chiamate ad affrontare il problema dell’esperienza televisiva dei minori, la cui valenza educativa è oggi riconosciuta, sia per l’elevato consumo che i bambini fanno dei programmi televisivi, sia per il forte impatto esercitato dal mezzo, tanto che si
ritiene la televisione l’unica agenzia educativa.
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“Non è più immaginabile ritenere l’esperienza televisiva senza
significato educativo” (Bertolini P., Manini M., 1988: 1).
Tra le innumerevoli ricerche relative all’influenza della televisione
sul piano educativo, merita un’attenta analisi quella svolta sullo sviluppo delle conoscenze infantili. É stato accertato che nella prima
infanzia “le motivazioni che spingono a fruire del mezzo televisivo
sono di tipo irriflessivo, è perciò impossibile affermare che le capacità cognitive del bambino vengano potenziate dal consumo di stimoli e
messaggi complessi” (Mazza V., 1987: 183).
Le ricerche hanno mostrato che il forte consumo televisivo iniziato
precocemente è correlato ad un calo nel rendimento scolastico.
Per quanto riguarda la durata dell’ascolto, gli studi effettuati consentono di affermare che l’esposizione per tempi prolungati ai programmi TV può provocare, soprattutto nei piccoli, scarse attitudini
scolastiche, irrequietezza, comportamenti eccessivamente aggressivi e
una visione ostile e spaventata del mondo circostante.
Sono chiamati in causa soprattutto i genitori, i quali devono valutare il rapporto tra fruizione televisiva ed esigenze complessive dei propri figli: non solo stabilire i limiti dell’ascolto della televisione, ma
anche evitare l’ascolto durante i pasti e non permettere ai propri figli
di usare la televisione nelle proprie camere. Ma spesso il comportamento dei genitori è molto deludente, infatti sono loro che spesso
fanno guardare la televisione per non essere disturbati.
Molti sostengono che la TV dovrebbe colmare il vuoto sociale creato dall’assenza delle figure sociali più importanti.
Infatti, i bambini non potendo confrontare i messaggi televisivi con
quello che sanno, visto che non hanno esperienza e opinioni proprie
sull’argomento, hanno bisogno di rivolgersi ai genitori che per loro
rappresentano una sorta di esperti.Ma il più delle volte questo non
avviene e il bambino si ritrova solo davanti al teleschermo perché è
proprio il genitore a volerlo e, “quando è presente l’impatto rimane
relativo non assumendo comunque il genitore un ruolo attivo” (Atkin
C. K., Miller M., 1981: 26).
Strumenti di comunicazione di massa
ed istruzione
L’uso degli strumenti di comunicazione di massa, soprattutto quelli
televisivi, permette agli educatori di ampliare gli orizzonti conoscitivi.
Le proiezioni di filmini e film didattici, le trasmissioni radio-televisive e, molte altre forme di comunicazione e trasmissione, possono
permettere di guidare i bambini a conoscere in modo rapido, preciso e
suggestivo ciò che l’uomo non potrebbe conoscere con le proprie
capacità.
Il linguaggio dei film, facendo perno sull’immagine, permette al
bambino di compiere operazioni dove può utilizzare simboli astratti.
Questi sono i motivi per cui i messaggi audiovisivi possono avere
un’efficacia notevole.
La visione “filmica”, sia quella cinematografica, sia quella televisiva, induce lo spettatore alla massima concentrazione, perché l’immagine è di per sé molto suggestiva. Sarebbe, però, errato credere che lo
strumento audiovisivo può sostituire l’opera dell’educatore, ed esso
dimostrerà la sua efficacia solo se sarà utilizzato in modo didatticamente ed educativamente idoneo. Per raggiungere questo risultato,
però, l’educatore deve disporre di buoni film ed è necessario che conosca, in anticipo, le trasmissioni televisive per compiere una selezione
ed una scelta rispondenti alle esigenze dei suoi alunni.
Mezzi didattici e tecnologie educative
I mezzi didattici sono stati prevalentemente considerati come sussidi della funzione docente e come tali hanno rappresentato una parte
non trascurabile dell’elaborazione scientifica e pratica in sede educativa.. I materiali tradizionalmente utilizzati nelle scuole possono essere raggruppati nelle seguenti classi:
- Materiali a stampa: hanno il compito di conservare e trasmettere
la parola scritta. Anche se gran parte di questo materiale è identificabile con le dotazioni librarie, non si devono trascurare tutti quegli strumenti che possono accrescere la disponibilità complessiva dell’informazione, come documenti originali, raccolte di giornali o riviste, relazioni su attività svolte.
All’impiego rigido del materiale a stampa si sono venute contrapponendo modalità più flessibili, centrate sulla costituzione di biblioteche di classe, intese come centri di ricerca; in questo quadro vanno
considerate le iniziative di produzione diretta di materiali a stampa
all’interno della scuola, sia se si tratta di materiale didattico in senso
stretto (dispense, schede di lavoro, strumenti di valutazione), sia che si
tratti della produzione autonoma degli allievi di giornali, monografie,
LA RIVISTA DELLA SCUOLA
relazioni di ricerca.
- Materiali visivi: in questa famiglia sono inclusi tutti i materiali che
rispondono all’esigenza di conservare e di riproporre informazioni
attraverso le immagini.
La formula classica di conservazione dei materiali visivi è costituita dalle raccolte, cioè da serie per lo più tematiche di immagini in
grado di offrire illustrazioni dirette del problema: ciò vale per le raccolte di documenti storici, le riproduzioni artistiche.
- Materiali sonori: si tratta di materiali il cui scopo è di conservare
o produrre suoni a fini di documentazioni, soprattutto per l’apprendimento linguistico e musicale, sia a fini di controllo e di verifica dei
diversi tipi di espressione.
- Materiali di manipolazione e di produzione: servono alla messa a
punto di elementi fisici, specie nel campo dell’apprendimento tecnico
e scientifico.
Nelle nostre scuole questo tipo di materiale viene spesso trascurato,
per il fatto che il mercato è pieno di prodotti già finiti.
- Materiali di osservazione: costituiscono il corrispondente sul versante degli insegnamenti naturalistici e scientifici dei materiali visivi;
anche essi vengono a costituire delle raccolte, ma non più di immagini, bensì di oggetti, come nel caso di raccolte di minerali, di raccolte
di vegetali. Tendenzialmente questi materiali dovrebbero condurre alla
formazione all’interno della scuola di “musei di storia naturale”; naturalmente la validità di un simile strumento formativo è legata alla possibilità di intervenire su di esso a seconda delle specifiche esigenze
formative.
Da tutto questo, emergono due tendenze nel modo in cui la scuola
si serve dei materiali didattici: da una parte un uso di tipo consumistico, volta a recepire l’informazione preorganizzata attraverso una semplice lettura del materiale stesso, dall’altra la ricerca di un ruolo autonomo da parte della scuola, cioè un uso critico che trasformi l’atteggiamento di fruizione in un impegno di produzione diretta.
Le stesse tendenze si sono manifestate nelle cosiddette “tecnologie
educative”, cioè dell’uso in casi limitati della produzione di strumenti
che si caratterizzano per l’adozione di soluzioni a elevato contenuto
tecnologico, o sul piano fisico (per esempio la televisione) o su quello
metodologico (per esempio l’istruzione programmata).
Per quanto i singoli materiali tecnologici possono essere facilmente
collocati all’interno di questa classificazione dei materiali didattici, si
può fare un altro tipo di classificazione fondato sulle caratteristiche
fisiche dei mezzi o sul principio formale su cui essi sono costruiti.
I raggruppamenti più usuali sono:
- Istruzione programmata: si tratta di una soluzione metodologica
che consiste nell’attivare un processo automatico di apprendimento
individualizzato in cui l’acquisizione di una singola informazione da
parte del bambino viene sottoposta ad un immediato controllo. Gli elementi essenziali di un programma sono:
1) L’unità di informazione, cioè il quadro entro cui viene fornito il
contenuto corrispondente ad ogni singolo passo del programma;
2) Il controllo, cioè la richieste di prestazione del bambino;
3) Il processo di retroazione (feed-back), ossia il momento di riorganizzazione dell’itinerario individuale di apprendimento, come effetto della qualità della prestazione fornita nel controllo.
- Sussidi audiovisivi: sotto questa dizione si raccolgono tutti quei
dispositivi che hanno lo scopo di riprodurre il suono o l’immagine.
Tra i sussidi audio sono da ricordare le trasmissioni radiofoniche e
l’insieme delle apparecchiature relative (giradischi, registratori, apparecchi radio); i sussidi visivi comprendono, invece, le lavagne luminose, fotografie, filmini, film muti.
L’integrazione della riproduzione di immagini e di quella dei suoni
dà luogo ai sussidi audiovisivi propriamente detti, tra i quali i più diffusi sono i film sonori e i sistemi integrati che risultano dalla combinazione di più elementi, per esempio di un registratore con un proiettore di diapositive.
- Televisione: l’uso didattico di questo mezzo avviene secondo due
diverse modalità di trasmissione e di ricezione del messaggio, il “circuito aperto” e il “circuito chiuso”.
Per circuito aperto si intende la trasmissione via etere, dove l’utente può inserirsi liberamente nel canale. Viceversa il circuito chiuso
serve per la trasmissione dei segnali dove l’apparecchio dell’utente
deve essere collegato con la centrale di trasmissione. Queste caratteristiche dei circuiti di trasmissione determinano le diverse forme di utilizzazione: nel primo caso si può raggiungere un’utenza molto vasta
ma a prezzo di un’elevata centralizzazione e una scarsissima possibilità di ricevere informazioni di ritorno dall’utente; nel secondo caso è
possibile una più efficace interazione tra trasmittente e ricevente, ma
la fruizione del messaggio è necessariamente molto più limitata.
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L’uso dell’apparecchio televisivo a scuola persegue in primo luogo
l’obiettivo di una educazione al linguaggio che il più familiare dei
media utilizza; inoltre, un uso disciplinare mirato della televisione
come supporto sussidiale può essere introdotto sia attingendo dai circuiti nazionali e privati, sia con l’ausilio delle videocassette.
L’uso del videoregistratore consente, infine, l’avvio di una pratica di
costruzione e manipolazione delle immagini televisive.
Alcuni esempi di materiali appartenenti alle diverse famiglie
Materiali a stampa: libri, enciclopedie, riveste, giornali, test, dispense, apparecchiature di produzione per fotocopie.
Materiali visivi: carte geografiche, tavole sinottiche, raccolte di
fotografie, album, disegni, cartelle di documenti.
Materiali sonori: dischi, nastri magnetici, radio, strumenti musicali.
Materiali di manipolazione e produzione: laboratori di falegnameria, officina meccanica, laboratori di elettronica.
Materiali di osservazione: materiali per lo studio dell’anatomia e
della fisiologia degli animali, raccolte naturalistiche.
Funzioni ed usi degli audiovisivi
Un’analisi attenta sulle possibilità e sui limiti degli audiovisivi ci
permette di renderci conto che essi possono svolgere alcune funzioni
importanti:
a) Ampliare le possibilità percettive dei bambini.
I sussidi didattici aumentano notevolmente le possibilità percettive.
I bambini possono essere guidati, attraverso i filmini e i film, la radio
e la televisione, a vedere, ad ascoltare, analizzare tanti fenomeni e
avvenimenti.
In questa maniera l’alunno ha la possibilità di conoscere e di
apprendere con rapidità e precisione, ciò che, senza i sussidi audiovisivi, richiederebbe molto più tempo e un dispendio, di gran lunga maggiore, di energie psichiche.
b) Offrire stimolazioni e materiali validi allo sviluppo delle capacità rappresentative.
I sussidi audiovisivi in genere e in modo specifico il cinema e la
televisione, quando sono usati come strumenti, offrono la possibilità di
sviluppare il sistema di rappresentazione “iconica” della realtà.
c) Attenuare la separazione tra la vita della scuola e il mondo della
realtà.
Nella scuola materna e nella scuola elementare, il bambino deve
poter continuare a vivere la sua vita senza alcun distacco con i mondo
della realtà in cui è vissuto e continua a vivere quando esce da scuola.
La scuola deve operare in maniera veramente efficace, deve poter prospettare agli alunni un mondo più ricco di esperienze e di conoscenze.
I sussidi audiovisivi possono assicurare continuità dinamica, perché
sono in grado di garantire le nuove esperienze, le nuove conoscenze e
nello stesso tempo di far sentire i bambini a loro agio.
d) Fornire gli schemi di assimilazione.
I sussidi audiovisivi offrono la possibilità ai bambini di formarsi
schemi di assimilazione che rendono più sensibile e più pronto ad assimilare e ad apprendere nuove conoscenze.
Se questi sono i possibili contributi positivi che i sussidi audiovisivi offrono, si deve tener conto anche che esistono alcuni limiti e, tra
questi possiamo indicare:
a) Non possono e non debbono essere i sussidi stessi a determinar il
proprio fine e il proprio impiego.
Gli audiovisivi, come tutti i sussidi, se sono uniti ad altre tecniche
didattiche non producono immobilismo e passività.
Ogni educatore quindi, deve proporsi nel suo programma il raggiungimento di determinate mete.
b) Difficoltà di suscitare un atteggiamento operativo.
Il bambino può apprendere anche la comunicazione verbale. I sussidi audiovisivi offrono in genere scarse possibilità per quanto riguarda
il processo di formazione e di sviluppo delle capacità operative.
c) Mobilitazione degli impulsi aggressivi.
Le trasmissioni radio-televisive e in particolare molti film, possono
mobilitare gli impulsi aggressivi, le ansie, le paure dei bambini senza
aiutarli a risolverli positivamente.
Da questo si capisce che i film e i filmini devono essere preparati da
persone competenti, in modo da risultare pienamente validi sul piano
didattico e che gli educatori siano pienamente consapevoli di come
operare, affinché i bambini divengano, attraverso gli audiovisivi, sempre più artefici delle loro scoperte e delle loro conquiste.
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