Sezione 1 Note introduttive - EUROCODES Spreadsheets Structural

Sezione 1
Note introduttive
1.1 Premessa
Q
uesto manuale è suddiviso in due sezioni: una sezione introduttiva sulle
strutture in generale e sulle basi della Scienza delle Costruzioni e una sul
calcolo delle strutture in cemento armato ordinario. La sezione che affronta
il materiale cemento armato, a differenza della prima, è stata redatta seguendo le
indicazioni dell’ultima versione delle “British Standard” 8110, e delle sue
sottoparti (“Code of Practice”). Come noto, a partire dal 31 marzo del 2010, la
BS8110-97 è stata sostituita dalla BS EN 1992-1-1:2004 (Eurocodice 2). Il
presente lavoro, quindi, è uno puro studio sulle formulazioni matematiche
adottate dalle British Standards per il calcolo e il progetto degli elementi in
cemento armato ordinario, utili sicuramente per una migliore compresione del
calcolo con gli Eurocodici. Per sopperire al fatto generale di qualsiasi norma di
modificarsi nel tempo, si è deciso di affrontare la materia proponendo delle
procedure di calcolo e verifica che impiegano formulazioni ormai consolidate e
che, nel corso degli anni, hanno comunque mantenuto essenzialmente invariato
il loro aspetto. Se non altro, almeno per i progettisti del nostro Paese, questa
linea direttiva può rivelarsi eventualmente utile per condurre manualmente una
spedita verifica o per agevolare il “cross check” per la valutazione complessiva
dell’affidabilità o per la validazione di eventuali risultati ottenuti con
post-processori dei software di calcolo, su documenti di progetti redatti secondo
la BS8110.
Dato il carattere eminentemente applicativo della trattazione e data la vastità
della materia, si è deciso di ridurre al minimo la parte descrittiva, fin dove è stato
possibile. Molte formulazioni, per evitare di doverle dedurre da complicate, se
pur necessarie, trattazioni analitiche, vengono giustificate con semplici
ragionamenti intuitivi. Per facilitare la lettura e l’eventuale approfondimento
degli argomenti toccati, ciascuna sezione è stata corredata di illustrazioni e
tabelle cercando di mantenere il più possibile semplificate le numerazioni dei
paragrafi, delle illustrazioni, dei riferimenti interni, etc.
Alla fine del testo, una sufficiente bibliografia permette a tutti coloro che lo
desiderino di documentarsi ulteriormente e meglio in merito all’argomento. In
tutte le applicazioni numeriche proposte, i valori sono stati approssimati alla
prima o alla seconda cifra decimale, in relazione all’unità di misura adottata nel
singolo esempio proposto. Trattandosi di normativa estera British Standard(1.1),
in tutto il testo è stata adottata la convenzione di utilizzare come separatore
decimale la virgola.
Norme: British Standards
pag. 1
M ANUALE DI CALCOLO STRUTTURE - BS
S EZIONE 1 N OTE INTRODUTTIVE
British
Standards
ASD
AISC
ACI
318-11
Il presente testo sviluppa argomenti presenti in diverse parti dell’intero corpo
delle British Standards. A tal proposito, al fine di rendere la trattazione il più
possibile lineare, si è cercato, nei limiti, di semplificare le notazioni e la
simbologia: alcuni simboli utilizzati, infatti, potrebbero non risultare identici a
quelli presentati nel suddetto corpo normativo. Nella sezione introduttiva,
inoltre, al solo scopo di meglio comprendere alcune problematiche, si è deciso di
riportare anche alcune semplici procedure di verifica/progetto condotte secondo
il vecchio metodo ASD (Allowable Strength Design) proposto in una versione
dell’AISC Manual of Steel Construction. Nella stessa ottica, si è deciso di riportare
una procedura di verifica a progetto delle sezioni in cemento armato secondo il
modello proposto dallo Standard Building Code Requirements for Reinforced
Concrete: ACI 318-11.
In generale, tutti gli esempi di calcolo presentati sono proposti come caso-studio,
rappresentativi delle situazioni progettuali che più frequentemente si potrebbero
verificare nella pratica tecnica. In particolare, in tutti gli esempi riportati nella
presente pubblicazione, le indicazioni sulle analisi dei carichi e le ipotesi
sull’entità delle sollecitazioni di progetto vanno intese come orientative, quindi
devono essere controllate dall’utilizzatore.
Il testo e le illustrazioni potrebbero presentare qualche imprecisione/errore,
sebbene ogni sforzo sia stato fatto per ridurre al minimo ogni inconveniente.
I Lettori si sentano liberi quindi di proporre in ogni momento correzioni e/o
suggerimenti, affinché si possa mantenere e migliorare nel futuro questo lavoro.
1.2 Un accenno descrittivo delle British Standards
1.2.1 Le principali linee guida
Le linee guida anglosassoni sulla progettazione di costruzioni e strutture di
ingegneria civile in generale sono riportate sotto i nomi di “British Standards” e
“Code of Practice”.
Relativamente alla progettazione strutturale, le BS possono essere raggruppate
essenzialmente in tre grandi gruppi:
•
quelle relative alle specifiche dei materiali e dei loro componenti;
•
quelle che definiscono i carichi agenti sulle strutture;
•
quelle che regolano il dimensionamento, il progetto e la verifica di
elementi strutturali di un medesimo materiale (quale può essere,
appunto, l’acciaio, il legno, la muratura, etc.).
Quanto riportato nel codice normativo delle British Standard è opera della
British Standard Institution (BSI) che, fondato nel 1901 in Inghilterra come
primo ente normazionale al mondo, si propone come obiettivo quello di
(1.1) Di seguito indicate, per brevità, semplicemente come: BS.
pag. 2
Norme: British Standards
M ANUALE DI CALCOLO STRUTTURE - BS
S EZIONE 1 N OTE INTRODUTTIVE
promuovere ovunque norme in tutti i campi del lavoro e del buisiness. La BSI è
presente in 120 Paesi con oltre ottantamila clienti(1.1).
Di seguito, tabellate, un elenco delle principali BS adottate in questa
pubblicazione come riferimento per il calcolo delle strutture.
Riferimento
Argomento (topic)
Titolo originale
BS 4 - Part 1: 1990
Sezioni profilati in carpenteria metallica
Structural steel sections - specification for
hot rolled sections
BS 12: 1989
Tipi di cemento
Specification for Portland cements
BS 882: 1983
Aggregati impasti per
cemento
Specification for aggregates from natural
sources for concrete
BS 890: 1972
Confezionamento impasti
Specification for building limes
BS 1243: 1978
Staffe metalliche, cravatte
per partizioni
Specification for metal ties for cavity wall
construction
BS 3921: 1985
Mattoni, murature
Specification for clay bricks
BS 4360: 1990
Acciai saldabili
Specification for weldable structural steels
BS 4449: 1988
Acciai per armatura
Specification for carbon steel bars for the
reinforcement of concrete
BS 4483: 1985
Reti, gabbie metalliche armatura
Specifications for steel fabric for the reinforcement of concrete
BS 4721: 1981 (1986)
Cementi, intonaci premiscelati
Specification for ready-mixed building mortars
BS 4978: 1988
Materiali lignei, calcolo resistenze
Specifications for softwood grades for structural use
BS 5606: 1988
Costruzioni, linee guida nella
progettazione
Code of practice for accuracy in building
BS 5977 - Part 2: 1983
Architravature prefabbricate
Lintels - specification for prefabricated lintels
BS6073 - Part 1: 1981
Mattoni e blocchi, specifiche
e tolleranze
Specification for precast concrete masonry
units
BS6073 - Part 2: 1981
Mattoni e blocchi, metodi di
misura e calcolo resistenze
Method for specifying precast concrete
masonry units
BS 6398: 1983
Misure e test su materiali di
costruzione, prodotti bituminosi; composizione, montaggio, etc.
Specification for bitumen damp-proof courses for masonry
Tabella 1.1
Linee guida per specifiche dei materiali e loro componenti.
(1.1) Ripreso da: it.wikipedia.org/wiki/British_Standards_Institution.
Norme: British Standards
pag. 3
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Riferimento
Argomento (topic)
Titolo originale
BS 648: 1964
Pesi, densità dei materiali da
costruzione
Schedule of weight of building materials
BS 5977 - Part 1: 1981
(1986)
Carichi per costruzioni normali, uso civile
Lintels - method for assesment of load
BS 6399 - Part 1: 1984
Azioni permanenti e variabili
sulle strutture
Loading for building - code of practice for
dead and imposed loads
BS 6399 - Part 3: 1988
Azioni sulle coperture. Carichi per neve, climatici, etc.
Loading for building - code of practice for
imposed roof loads
CP 3 - Chapter V Part. 2: 1972
Azioni del vento sulle strutture in generale
Code of basic data for the design of building. Loading. Wind loads.
Tabella 1.2
Linee guida per carichi agenti sulle strutture.
Riferimento
Argomento (topic)
Titolo originale
BS 5268 - Part 2: 1988
Strutture in legno
Structural use of timber - code of practice for
permissible stress design, materials and
workmanship
BS 5628 - Part 1: 1978
(1985)
Strutture in muratura non
armata
Use of masonry - structural use of unreinforced masonry
BS 5950 - Parte 1:
1990
Strutture in carpenteria
metallica
Structural use of steelwork in building - code
of practice foe design in simple and continuos construction: hot rolled section
BS 8110 - Part 1: 1985
Strutture in calcestruzzo
armato
Structured use of concrete - code of practice
for design and construction
Tabella 1.3
Linee guida per carichi agenti sulle strutture.
1.2.2 Termini e locuzioni principali nelle BS
Nelle BS intervengono sovente i seguenti termini inglesi:
•
“dead loading”;
•
“imposed loading”;
•
“wind loading”;
•
“combined loads”.
DEAD LOADING. Possono essere definiti in questa categoria tutti i pesi propri degli
elementi strutturali e i permanenti portati (o esterni) dovuti ai materiali non
strutturali che gravano sulla struttura portante. Possono quindi considerarsi
pag. 4
Norme: British Standards
M ANUALE DI CALCOLO STRUTTURE - BS
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come (parte) delle “azioni permanenti” nel senso che agiscono durante la vita
della costruzione, senza significative variazioni.
IMPOSED LOADING. Comprendono tutti quei carichi che fungono da “occupazione”,
“uso” della struttura. Ad esempio, i carichi variabili della folla su una rampa, o
l’utilizzo di un solaio da parte di un’utenza. Nelle BS, vengono anche impiegati i
termini di “superimposed loading”, “live loading” o “super loading”. Alcune azioni
possono essere di breve o di lunga durata a seconda dei casi, come ad esempio la
neve o la formazione di ghiaccio.
WIND LOADING. È l’azione di pressione/depressione (o la risultante tra le due)
dovuta ai venti sulle strutture investite. La norma CP 3 Chapter V - Part 2 “Wind
loads” fornisce le indicazioni relative alle velocità di riferimento dei venti in
funzione delle località e della geografia nel Regno Unito. La BS6399 - Part 2
fornisce i coefficienti di pressione relativi alle differenti parti di una struttura
investita, in funzione delle sue dimensioni e della sua forma.
COMBINED LOADS. Valutate le singole combinazioni elementari di carico (ad
esempio, azioni permanenti, neve e vento), per lo studio e la verifica della
struttura, è necessario considerare secondo norma tutte le possibili
combinazioni di carico tra quelle elementari considerate.
1.2.3 I carichi “dead loading” nelle BS
L’elenco dei pesi dei principali materiali da costruzione si trova nella BS 648:
1964 “Schedule of weights of building materials”. La norma suddetta riporta
tutte le misure specifiche in termini di kg  m 2 . In particolare, se si adotta come
unità di forza il Newton  N  , la relazione di conversione in kilonewton è:
10 3 kg = 10 3  9 81 kg  s 2 = 9810 N = 9 81 kN .
Importante
All’atto pratico, nelle calcolazioni il fattore di conversione da kilogrammi a
Newton viene arrotondato a 10, assumendo 9 81 kg  s 2  10 kg  s 2 . Ad esempio,
secondo i valori di densità riportati nella BS 648, il peso specifico del
calcestruzzo armato operativamente si calcola:(1.1)
 2400 kg  m 3    10 kg  s 2  = 24000 N  m 3 = 24 kN  m 3 .
Da quest’ultima particolare relazione si può dedurre, in generale, la formula
operativa:
10 2 kg  m 3  1 kN  m 3 .
Analogamente, per i momenti delle forze:
10 kgm  0 1 kNm .
(1.1) Notare che nelle British Standards la densità del calcestruzzo armato è fissata pari a 2400 kg per metro cubo, a differenza delle norme italiane che hanno sempre imposto 2500 kg/mc.
Norme: British Standards
pag. 5
M ANUALE DI CALCOLO STRUTTURE - BS
S EZIONE 1 N OTE INTRODUTTIVE
Tipo
[kg/mq]
Tipo
[kg/mc] - [kg/mq]
Asfalto coibentazioni
(per sp. 19 mm)
42
Pietra naturale
2250
Impermeabilizzazione
(per sp. 19 mm)
41
Calcestruzzo armato
(aggregati naturali)
2400
Pavimentazioni stradali e marciapiedi
(per sp. 19 mm)
44
Calcestruzzo armato
(aggregati leggeri)
1760
(+ 240 o – 160)
Strato di bitume per
impermeabilizzazione
tetti e terrazze
3,5
Acciaio (carpenteria
metallica)
7850
Muratura in mattoni
pieni (per sp. 25 mm)
55
Legno soffice
(softwood)
590
Muratura in mattoni
forati (per sp. 25 mm)
15
Legno duro
(hardwood)
1250
Muratura in mattoni in
cls (per sp. 25 mm)
59
Acqua
1000
Tavolato (per sp. 25
mm)
12,5
Fibra di vetro (per sp.
25 mm)
2,0÷5,0 kg/mq
Pietre in cemento
(per sp. 50 mm)
120
Partizioni interne in
cartongesso e telaio
(per sp. 75 mm)
44 kg/mq
Tabella 1.4
Pesi unitari dei materiali da costruzione (estratto da BS 648: 1964).
Tipo di impalcato
Carico distribuito [kN/mq]
Carico concentrato [kN]
1,5
1,4
7,5
4,5
3,0
4,5
2,0
2,7
Tipo 1: relativo a unità di abitazioni
indipendenti
• per tutti gli impalcati:
Tipo 2: relativo ad appartamenti,
ostelli, case in generale
• solai che portano il peso di macchine (caldaie, boiler, etc.)
• Cucine, lavanderie (per più
utenze)
• Sale da pranzo, di ricreazione,
sale giochi/biliardo
Tabella 1.5
pag. 6
“Imposed loads” edifici residenziali (BS 6399 - Part 1 - tab. 5).
Norme: British Standards
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S EZIONE 1 N OTE INTRODUTTIVE
Tipo di impalcato
Carico distribuito [kN/mq]
Carico concentrato [kN]
• Stanze da bagno (toilet)
2,0
–
• Stanze da letto, dormitori
1,5
1,8
• Corridoi, atri, passerelle, pianerottoli, scale
3,0
4,5
medesimo carico degli
ambienti ai quali danno
accesso (ma con un minimo
di 3,0 kN/mq)
1,5 kN per metro di fuga concentrato nella punta di estremità dello sbalzo.
• solai che portano il peso di macchine (caldaie, boiler, etc.)
7,5
4,5
• Corridoi, atri, passerelle, pianerottoli, scale
3,0
4,5
• Cucine, lavanderie (per più
utenze)
3,0
4,5
• Sale da pranzo, di ricreazione,
sale giochi/biliardo
2,0
2,7
• Stanze dal letto
2,0
1,8
5,0
3,6
• Ambienti suscettibili di affollamento (con posti a sedere fissi)
4,0
–
• Stanze da bagno (toilet)
2,0
–
• Bar
5,0
–
• Balconi, terrazze
medesimo carico degli
ambienti ai quali danno
accesso (ma con un minimo
di 3,0 kN/mq)
1,5 kN per metro di fuga concentrato nella punta di estremità dello sbalzo.
• Balconi
Tipo 3: relativo ad alberghi, motel
Tipo 3: relativo ad alberghi, motel
• Ambienti suscettibili di affollamento (senza posti a sedere
fissi)(a), sale da ballo
Tabella 1.5
“Imposed loads” edifici residenziali (BS 6399 - Part 1 - tab. 5). (Continua da pag. precedente).
(a). Per ambienti con “posti a sedere fissi” si devono intendere quelle aree occupate il cui utilizzo per scopi diversi è
da considerarsi improbabile.
Norme: British Standards
pag. 7
M ANUALE DI CALCOLO STRUTTURE - BS
S EZIONE 1 N OTE INTRODUTTIVE
1.2.4 I carichi “imposed loading” nelle BS
Nel paragrafo “Loading for buildings” della BS 6399 - Part 1 vengono riportati i
valori dei carichi di esercizio imposti per solai e sottotetti di varie tipologie di
edifici. Di seguito, in tabella, vengono riportati alcuni tra i principali carichi
(“imposed loads“) per edifici residenziali elencati nella BS 6399 - Part 1 (tab. 5).
In particolare, nella BS 6399 - Part 3 sono evidenziati i carichi di esercizio da
adottare per il dimensionamento dei solai di copertura (variabile per neve e/o
manutenzione).
In generale, per contenute costruzioni dove alcun accesso è previsto per il tetto,
si deve adottare un carico uniformemente distribuito di almeno 0,75 kN/mq o un
carico concentrato di 0,90 kN, considerando l’assetto che dà il peggiore cimento
statico sulla struttura. In tale ottica, per struttura “contenuta” deve intendersi
una costruzione non più alta di 10 m e con un’area in pianta non maggiore di
200 mq. Inoltre, non devono essere presenti parapetti o particolari zone che
consentano accumuli per neve o accumuli di carico in generale. Per scenari
differenti, infatti, è necessario riferirsi a quanto riportato nella BS 6399 - Part 3,
relativamente sempre ai carichi sulle coperture.
1.3 Alcuni cenni di teoria delle strutture
1.3.1 La flessione negli elementi strutturali
Indipendentemente dalla particolare norma di calcolo utilizzata, la procedura
base per il dimensionamento di travi inflesse si sviluppa essenzialmente
attraverso tre punti:
1.
calcolo dei carichi applicati e delle reazioni vincolari e di taglio;
2.
calcolo delle sollecitazioni flettenti indotte dai carichi esterni e dalle
relative reazioni vincolari;
3.
progetto e verifica dell’elemento strutturale inflesso in funzione delle
massime sollecitazioni di taglio, flettenti calcolate e subordinatamente
all’entità delle deformate.
Il punto 1 consente, stabilendo inizialmente la distribuzione e la posizione dei
carichi agenti, di calcolare l’andamento della forza di taglio (SF)(1.1) lungo
l’elemento e il suo valore massimo da utilizzare per il progetto o la verifica . Il
punto 2 può essere condotto analizzando l’andamento del diagramma SF e,
tramite quest’ultimo, individuando il valore massimo della sollecitazione
flettente. In particolare, tramite l’andamento del SF si può tracciare il diagramma
della sollecitazione flettente (BM),(1.2) ricordando che taglio “V” e momento
flettente “M” sono legati dalla relazione:
(1.1) SF per “shear forces”: forze di taglio.
(1.2) BM per “bending moment”: momento flettente.
pag. 8
Norme: British Standards
M ANUALE DI CALCOLO STRUTTURE - BS
S EZIONE 1 N OTE INTRODUTTIVE
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Figura 1.1
Andamento sollecitazioni taglianti e flettenti per due importanti assetti di carico su trave
rettilinea isostatica.
dM  z 
---------------- = V  z  .
dz
In particolare, per una trave rettilinea isostatica con un carico uniformemente
distribuito (UDL)(1.1), nella sezione di mezzeria z = L  2 , dove la sollecitazione
flettente presenta un massimo a tangente orizzontale, il taglio deve essere nullo:
(1.1) UDL per “uniformly distribuited load”: carico distribuito uniformamente.
Norme: British Standards
pag. 9
M ANUALE DI CALCOLO STRUTTURE - BS
S EZIONE 1 N OTE INTRODUTTIVE
dM
 z -
--------------dz

=0
VL  2 = 0 .
L2
Viceversa, nel caso di trave caricata in mezzeria con un carico concentrato W ,
l’andamento del momento flettente è lineare con punto di cuspide nella sezione
z = L  2 . Si conclude che il valore del taglio è in intensità ovunque costante e pari
a:
dM
 z -
--------------dz
= V  L  2 

L 2
VL  2 = W
----- = cost .
2
Le formule e le espressioni per calcolare i tagli e i momenti in qualsiasi sezione di
un elemento strutturale sono generalmente riportate sui manuali di calcolo delle
strutture, in funzione del particolare assetto di carico e vincolo. Negli schemi in
figura 1.1 sono riportate le due più comuni condizioni di carico distribuito
uniforme (UDL) e di carico concentrato in mezzeria (CPL). Come si può notare,
ammettendo per le due travi isostatiche di lunghezza L la medesima risultante
W dei carichi verticali, passando dallo schema di UDL allo schema di CPL,(1.1) il
valore massimo della sollecitazione flettente raddoppia dal valore WL  8 al valore
WL  4 . Il massimo valore della sollecitazione di taglio rimane invariato in valore
pari a W  2 . Varia sensibilmente, in proporzione, la freccia della deformata nella
sezione di mezzeria che aumenta del 60% in più:
5
1
---------   = -----384
48
✍

384 - = 8--- = 1 6 .
 = -----------5  48
5
FORMULE DELLA FLESSIONE PER ELEMENTI IN LEGNO E ACCIAIO. La resistenza a flessione di un
elemento strutturale viene dedotta dalla teoria della flessione in regime di
tensioni lineari:
M

----- = --J
y
(Eq. 1‐1)
dove:
•
M indica genericamente il momento di resistenza (MR)(1.2) dell’elemento
oppure la sollecitazione flettente esterna agente (BM);
•
J è il momento d’inerzia della sezione relativo all’asse di flessione
interessato dalla sollecitazione agente o resistente;
•
 è la tensione del materiale (effettiva o limite di progetto) di cui è
costituito l’elemento strutturale inflesso;
•
y è la distanza della generica fibra (compressa o tesa) dall’asse neutro
della generica sezione inflessa.
(1.1) CPL per “central point load”: carico concentrato centrato (in mezzeria).
(1.2) MR per “moment of resistance”: momento resistente (interno).
pag. 10
Norme: British Standards
M ANUALE DI CALCOLO STRUTTURE - BS
S EZIONE 1 N OTE INTRODUTTIVE
Limite
elastico
In particolare, fissata una sezione z lungo l’elemento strutturale inflesso, il
rapporto M  J assume evidentemente valore costante. Pertanto, se le tensioni in
tutte le fibre del materiale si mantengono al di sotto della relativa tensione di
snervamento, consegue la validità della legge lineare  =   y  :

M
----- = cost = --y
J

 = k y.
(Eq. 1‐2)
Nel caso semplice di asse neutro baricentrale su sezione rettangolare di altezza H
e larghezza b (ad esempio, una trave in legno con fibre in trazione e
compressione), detta con y = 0 5  H la distanza delle fibre maggiormente
cimentate dall’asse neutro e con C = 0 5f  y  b = T la risultante in compressione
(o trazione) delle tensioni con andamento triangolare, il momento resistente
interno elastico ( MR el ) è dato dal prodotto del braccio interno z =  2  3   H per
una delle risultanti ( C = T ):
2H
bH 2
MR el = C  z = T  z = 0 5f  y  b  ------- = f  --------- = f  Z x ,
6
3
(Eq. 1‐3)
avendo indicato con Z x = bH 2  6 il modulo di resistenza elastico della sezione
inflessa e con f il valore della tensione di snervamento sulle sole fibre estreme
( y = 0 5  H ):
 y  = f .
Limite
plastico
Nel caso in cui tutte le fibre della sezione siano snervate (sezione interamente
plasticizzata), allora il braccio di leva interno coincide con la distanza z = 0 5  H
e la distribuzione delle tensioni sulle due aree separate dall’asse neutro è
costante di forma rettangolare (con  = f = cost e quindi con
C = T = f  b  0 5  H ):
bH 2
MR pl = C  z = T  z = f  --------- = f  S x ,
4
(Eq. 1‐4)
avendo indicato con S x = bH 2  4 il modulo di resistenza plastico della sezione
inflessa attorno all’asse d’inerzia forte x – x . Come si può subito constatare, ad
esempio su una sezione rettangolare semplicemente inflessa, il modulo di
resistenza plastico non è altro che la somma dei momenti statici delle aree della
sezione tagliata dall’asse neutro. Nel caso di sezione rettangolare di area
A = b  H si ha infatti (fig. 1.2):
H H
H H
H
b H
bH 2 .
S x = b  ----  ---- + b  ----  ---- = ----  2 -----------  = --------2 4
2 4
4  2 
4
In sostanza, i moduli plastici rappresentano nell’analisi plastica di una sezione
quello che rappresentano i moduli elastici nell’analisi elastica. In generale
nell’analisi plastica, trattando di somma di momenti statici (almeno per una
sezione semplicemente inflessa), l’asse neutro, dovendo dividere la sezione in due
Norme: British Standards
pag. 11
M ANUALE DI CALCOLO STRUTTURE - BS
S EZIONE 1 N OTE INTRODUTTIVE
Figura 1.2
Distribuzione lineare, lineare-plastica (intermedia) e completamente plastica delle tensioni su
sezione simmetrica semplicemente inflessa di area b  H .
parti di uguale area, non necessariamente passa per il baricentro (geometrico)
della sezione: si pensi ad esempio ad una sezione a “T” di un profilato metallico.
ESEMPIO 1-A
Dati:
Una trave 457x152x52 kg/m (Universal beams, Steelwork Design Guide to BS 5950 ‐ Part 1) a sbalzo e perfettamente incastrata, di luce L = 2 m , risulta assicurata allo svergolamento. Si determini il massimo carico di progetto P , concentrato sull’estremità libera, in condizioni elastiche e plastiche. Si ipotizzi un acciaio “grade 43 steel” ‐ 275 MPa.
Soluzione:
La resistenza di progetto p y per gli acciai strutturali sono elencati nella BS 5950 alla tab. 6. I valori riportati già sono comprensivi del coefficiente parziale di sicurezza  m allo stato limite ultimo. Nel caso ipotizzato, si ha quindi direttamente p y = 275 MPa . In particolare, la sezione scelta presenta i seguenti valori dei moduli di resistenza attorno all’asse forte:
modulo elastico: Z x = 949 cm 3 = 949  10 3 mm 3 ;
modulo plastico: S x = 1090 cm 3 = 1090  10 3 mm 3 .
Il valore della sollecitazione flettente di progetto (nell’incognita P ) nella sezione di incastro risulta M u = P  L . Allo stato limite, uguagliando i momenti resistenti interni al momento sollecitante esterno, si ha:
in condizioni elastiche: MR el = Z x  p y

Zx  py
 949  10 3   275
-  130 kN ;
- = --------------------------------------P el = -------------2000  10 3
L
in condizioni plastiche: MR pl = S x  p y

Sx  py
 1090  10 3   275- = -----------------------------------------P pl = ------------- 150 kN .
2000  10 3
L
Come si può notare, almeno in questo caso particolare analizzato, se la sezione maggiormente cimentata riesce a plasticizzarsi completamente, ammettendo ovviamente che sia assicurato il non svergolamento, la trave potrà essere assoggettata ad un carico (di progetto) superiore di circa il 15% rispetto al valore dell’analisi elastica (150/130 = 1,15). In altre parole, il rapporto tra i momenti resistenti (interni) in condizioni plastiche ed elastiche è misurato direttamente dal rapporto dei rispettivi moduli di resistenza: pag. 12
Norme: British Standards
M ANUALE DI CALCOLO STRUTTURE - BS
S EZIONE 1 N OTE INTRODUTTIVE
S
MR pl
------------- = -----x  1 .
Zx
MR el
Quest’ultima relazione, pur essendo indipendente dal tipo di resistenza dell’acciaio usato, dà indicazioni sicuramente utili sulla riserva di resistenza a partire dalla condizione di raggiungimento della tensione di progetto per le fibre più estreme della sezione.
Fine-esempio
Importante
Nel caso di sezioni in calcestruzzo armato, trattandosi di sezioni composte da
due materiali di differenti costanti elastiche e di differente comportamento a
trazione, è necessario omogeneizzare la sezione in calcestruzzo compresso,
attraverso un’opportuna procedura. Invece, per gli elementi strutturali in
carpenteria metallica (ad esempio, i profilati sagomati a caldo), i valori dei moduli
elastici Z e S per i due assi principali di inerzia ( x – x e y – y ) sono già
opportunamente tabellati.
ESEMPIO 1-B
Dati:
Una trave lignea, di luce L = 5 m , è sottoposta ad un carico di progetto UDL al più di W = 4 5 kN compreso il suo peso proprio presunto (fig. 1.3). Ammettendo una larghezza della trave di b = 63 mm , si determini l’altezza H imponendo una tensione massima in condizioni di flessione parallela alle fibre di f = 7 5 MPa (strength class SC4, BS 5268 ‐ Part 2 1988 Tab. 9).
Soluzione:
Dimensionando in condizioni elastiche (si veda fig. 1.2), si dovrà utilizzare il modulo di resistenza Z x . Per prima cosa è necessario uguagliare il momento resistente interno (in condizioni elastiche) con il momento di progetto sollecitante:
bH 2
 4 5  10 3    5  10 3  = 2 81  10 6 Nmm .
f  Z x = f  --------- = WL
--------- = --------------------------------------------------6
8
8
Sostituendo e semplificando:
bH 2
WL
f  --------- = --------6
8

H =
6 WL
---------  --------- =
fb 8
6
-------------------   2 81  10 6   189 mm .
7 5  63
Figura 1.3
Norme: British Standards
Diagramma di carico di progetto di una trave, a sezione costante, uniformemente caricata.
pag. 13
M ANUALE DI CALCOLO STRUTTURE - BS
S EZIONE 1 N OTE INTRODUTTIVE
Si impiegherà una trave di sezione 63x200 (BS 5268 ‐ Part 2, 1988 Tab. 98)(1.1). Tra le sezioni disponibili ci sono infatti 63x175, 63x200, 63x225, di cui la 63x175 non è sufficiente.
ESEMPIO 1-C
Dati:
Una trave in acciaio deve portare un carico di progetto UDL (incluso il suo peso proprio) di W = 70 kN su una luce L = 4 80 m . Avendo imposto per altri motivi di contenere la tensione massima al valore f = 165 MPa , determinare il modulo elastico minimo.
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Figura 1.4
Soluzione:
Trave in carpenteria metallica e relativo diagramma di carico di progetto.
Si uguaglia il momento ultimo sollecitante M u con il momento interno:
M u = WL
--------- = f  Z x
8

 70  10 3    4800 
Z x = WL
--------- = ---------------------------------------------  255  10 3 mm 3 .
8  165
8f
Risulta idonea almeno una trave 254x102x25 kg/m (Universal beams, Steelwork Design Guide to BS 5950 ‐ Part 1) il cui modulo elastico è Z x = 265  10 3 mm 3 .
Fine-esempio
Importante
In generale, almeno per le travi in legno e le travi in carpenteria metallica (dove le
fibre tese e le fibre in compressione collaborano sostanzialmente in maniera
uguale in regime di flessione semplice), è di regola necessaria anche la verifica
allo stato limite di esercizio delle deformazioni. Per il controllo dell’entità delle
deformazioni, è necessario considerare il momento d’inerzia J della sezione
attorno all’asse di flessione. Al solito, per una sezione rettangolare reagente sia a
trazione che a compressione (quindi, ad esempio, una trave in legno) il momento
d’inerzia è dato dalla semplice espressione:
3
Z
bH 2
H
J x = bH
--------- =  ---------    ----  = -----x ,
 6   2 
12
y
(1.1) Geometrical properties of sawn softwoods.
pag. 14
Norme: British Standards
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S EZIONE 1 N OTE INTRODUTTIVE
avendo indicato con y = H  2 la distanza delle fibre più esterne dall’asse neutro
che risulta baricentrico in condizioni di flessione semplice in sezioni reagenti sia
a trazione che a compressione. In particolare, per le sezioni dei profilati metallici,
i valori di J attorno ai due assi di inerzia sono riportati tabellati in funzione del
tipo di sezione in commercio.
ESEMPIO 1-D
Dati:
Una trave in legno, di luce L = 4 80 m , porta un carico complessivo (nominale)(1.1) UDL di W = 3 0 kN , compreso il suo presunto peso proprio. La sezione della trave è 63x175 (secondo BS 5268 ‐ Part 2, 1988 tab. 98) e il modulo elastico del materiale ligneo utilizzato è E = 6600 MPa . Verificare se la deformata nella sezione di mezzeria rientra nel limite di 1/300 della luce.
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Figura 1.5
Soluzione:
Diagramma di carico (nominale) per trave di legno. Assetto qualitativo della deformata SLE.
In condizioni di semplice appoggio, per trave a singola campata, la massima freccia nella sezione di mezzeria è:
5 WL 3
 = --------- ----------- .
384 EJ
Il momento d’inerzia della sezione è (attorno all’asse x – x ):
3
63  175 3 = 28 14  10 6 mm 4 . Si ha quindi:
J x = bH
--------- = --------------------12
12
5  3 0  10 3   4 80  10 3  3
5 WL 3
-  23 3 mm . Il limite richiesto è:
 = --------- ----------- = --------- ---------------------------------------------------------384  6600   28 14  10 6 
384 EJ
L - = 4800
f max = ------------------- = 16 mm .
300
300
La verifica allo stato limite di esercizio non è soddisfatta:   f max . A questo punto, si impone il limite richiesto e si calcola l’altezza (minima) della sezione lignea. Per cui:
(1.1) Per carico nominale (e non di progetto) qui si è voluto intendere semplicemente il carico per la condizione di stato
limite di esercizio: necessario per valutare l’entità delle massime deformazioni in condizioni estreme di servizio.
Norme: British Standards
pag. 15
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S EZIONE 1 N OTE INTRODUTTIVE
H =
3
5- -------------------WL 3 ----=

32 E  bf max
3
5- ------------------------------------------------------------- 3 0  10 3    4 80  10 3  -3
---- 198 mm .

32
6600  63  16
Si adotterà, quindi, una sezione di almeno 63x200 (BS 5268 ‐ Part 2, 1988 Tab. 98).
ESEMPIO 1-E
Dati:
Un impalcato viene eseguito con travi portanti in carpenteria metallica ad interasse di 5,00 m e completato superiormente con un getto di una soletta in c.a. di spessore 150 mm; quest’ultima con la funzione di ritegno allo svergolamento per le travi (fig. 1.6)
Determinare il tipo di profilato per una resistenza di progetto dell’acciaio di p y = 275 MPa (spessori delle singole piattabande che non eccedono i 16 mm) e per un’azione variabile di esercizio (“imposed load”) di 5 0 kN  m 2 . Considerare una densità del calcestruzzo armato della soletta gettata di 2400 kg  m 3 (coerentemente con quanto indicato nella BS 648 1964).
Soluzione:
Prima di procedere nella verifica di resistenza allo stato limite delle travi, è necessario calcolare il carico lineare di progetto. ULS(1.1) gravante su ciascuna trave. Come si vede dallo schema in fig. 1.6 (sez. B‐B), la larghezza di influenza della trave centrale (più caricata) è pari a i = 5 0 m . Si hanno, dunque, i seguenti carichi nominali uniformemente ripartiti (UDL):
carico dovuto al peso proprio soletta:  0 15 m    24 kN  m 3    5 0 m  = 18 kN  m ;
 70 kg  m 
peso proprio(1.2) profilato (stima): SW  ---------------------------------- = 0 70 kN  m ;
 100 kg  kN 
carico variabile (“imposed load”):  5 0 kN  m 2    5 0 m  = 25 kN  m .
La risultante complessiva ULS sulla trave si calcola, detta L la luce della trave:
W =   fd   dead load  +  fi   imposed load    L .
Sostituendo i valori numerici, si ha per ULS:
kN
W =  1 4   18 + 0 7  + 1 6   25   -------   6 0 m  = 397 1 kN .
m
La sollecitazione di progetto (limite ultimo) nella sezione di mezzeria è:
 397 1  10 3    6 0  10 3  = 297 8  10 6 Nmm .
M u = WL
--------- = --------------------------------------------------------------8
8
Nel caso generale si scegliesse un profilato con piattabanda di spessore (flange thickness) maggiore di 16 mm, il valore di p y andrebbe ridotto a 265 MPa.
Pertanto, il modulo plastico (minimo) richiesto è:
(1.1) ULS per “ultimate limit state”: stato limite ultimo.
(1.2) SW per “self-weight”: peso proprio.
pag. 16
Norme: British Standards
M ANUALE DI CALCOLO STRUTTURE - BS
S EZIONE 1 N OTE INTRODUTTIVE
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Figura 1.6
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Diagramma di carico di progetto per la trave in acciaio. Schema disposizione in pianta.
M
297 8  10 6 Nmm- = 1 083  10 6 mm 3 = 1083 cm 3 .
S x = -------u = ------------------------------------------py
275 MPa
Dal documento Steelwork Design Guide to BS 5950: Part 1 (Steel Construction Institute), il profilato 457x152x60kg/m (UB section)(1.1) presenta un modulo di resistenza plastico di S x = 1280 cm 3  1083 cm 3 (flange thickness < 16 mm) e un peso lineare di 60 kg/m:
(1.1) UB section per “universal beams section”: sezioni travi tipiche.
Norme: British Standards
pag. 17
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S EZIONE 1 N OTE INTRODUTTIVE
 60 kg  m 
SW = ----------------------------------   6 0 m  = 3 6 kN   0 70 kN  m    6 0 m  = 4 2 kN ,
 100 kg  kN 
compatibile con il valore inizialmente fissato (stima in eccesso) nell’analisi dei carichi.
Fine-esempio
L’esempio di progetto 1-E si può applicare come procedimento standard per travi
che sono perfettamente controventate allo sbandamento laterale dalla presenza
della soletta gettata e soggette a sollecitazioni di taglio non eccessivamente
grandi o importanti. Infatti, quando le sezioni di travi compatte a comportamento
plastico sono sottoposte ad azioni di taglio notevoli, la capacità ultima a flessione
deve essere opportunamente ridotta in virtù dell’interazione tra flessione e taglio.
A tal proposito, espressioni modificate della resistenza flessionale ultima sono
riportate nella BS 5950. In casi come questo, di impalcati civili di medie
dimensioni, l’interazione flessione-taglio non insorge.
✍
FORMULE DELLA FLESSIONE PER ELEMENTI IN CEMENTO ARMATO. La resistenza a flessione per
elementi in cemento armato differisce sostanzialmente rispetto al caso di
elementi in legno o in acciaio. La differenza sostanziale sta nell’enorme divario di
resistenza del calcestruzzo a compressione e a trazione; quest’ultima, infatti,
completamente trascurata in tutte le verifiche di resistenza di qualsiasi
normativa.
Per anticipare parte delle formule principali utilizzate
dalle normative anglosassoni, si è ritenuto utile e
istruttivo presentare il semplice schema di calcolo
(riportato in fig. 1.7) adottato dallo Standard Building Code
Requirements for Reinforced Concrete: ACI 318-11.
Di seguito, una schematizzazione di sezione inflessa in calcestruzzo armato con
resistenza a rottura valutata prescindendo da eventuali armature compresse
superiori. Almeno in condizioni di flessione semplice retta, l’equilibrio alla
traslazione impone:
!
"
Figura 1.7
pag. 18
Ipotesi e modello matematico adottato per la derivazione delle equazioni di progetto allo stato
limite ultimo per c.a., secondo ACI 318.
Norme: British Standards
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S EZIONE 1 N OTE INTRODUTTIVE
C = 0 85  f c  b  a = T = A s  f y
(Eq. 1‐5)
essendo (secondo la ACI 318-11):
•
d altezza utile della sezione inflessa;
•
f c la resistenza a compressione del calcestruzzo a 28 giorni;
•
b la larghezza della sezione compressa;
•
x la distanza dell’asse neutro dalla fibra maggiormente compressa;
•
a =   x l’ampiezza delle tensioni (efficaci) di compressione;
•
0 85  f c la massima tensione (costante) di compressione a rottura;
•
A s l’area complessiva delle armature in trazione;
•
f y la tensione di progetto (di snervamento) delle armature.
La forza di trazione delle armature in condizioni di rottura è:
T = As  fy
(Eq. 1‐6)
Uguagliando le espressioni nelle eq. 1-5 e 1-6, si ottiene la profondità delle
tensioni (efficaci) in compressione (fig. 1.7):
As  fy
a = ----------------------------0 85  f c  b
(Eq. 1‐7)
Per l’equilibrio dei momenti rispetto al punto di applicazione di C o di T , si ha:
T  d – --a-  = MR = C  d – --a-  .
 2
 2
Assetti di progetto
valori di 
Momento in assenza di carico assiale
0,90
Punzonamento, aderenza e ancoraggio
0,85
Elementi compressi con armatura a spirale
0,75
Elementi compressi con staffe
0,70
Piastre di base su calcestruzzo
0,70
Fondazioni debolmente armate
0,65
Tabella 1.6
Importante
(Eq. 1‐8)
Valori da adottare per il coefficiente di penalizzazione  , secondo ACI 318.
Quest’ultima espressione, tenendo conto dell’eq. 1-6, viene penalizzata dalla
norma ACI con un opportuno coefficiente  (funzione dei particolari assetti di
progetto)(1.1). Il momento ultimo interno assume quindi l’aspetto:
Norme: British Standards
pag. 19
M ANUALE DI CALCOLO STRUTTURE - BS
S EZIONE 1 N OTE INTRODUTTIVE
a
MR = A s  f y  d – ---  .
 2
(Eq. 1‐9)
Calcolata l’espressione di a = a  A s  e sostituendo nell’eq. 1-9, si ottiene
un’equazione di II° in A s .Uguagliando infine con il valore calcolato della
sollecitazione flettente ultima ( MR = Mu ), e risolvendo l’equazione di II°, si trova il
valore di A s (minimo necessario):
As  a  As 
Mu
= A s  d – --------------------------------2
  fy

A2s .
(Eq. 1‐10)
ESEMPIO 1-F
Dati:
Un plinto di sezione in pianta 2,00 m x 2,00 m è sottoposto ad una pressione ultima del terreno, (assunta) uniforme, pari a q ult = 300 kPa . Il plinto (fig. 1.8) è caricato da un pilastro in asse di sezione quadrata 35 cm x 35 cm.
Coerentemente con l’Articolo 10.3.3 della Norma ACI, ipotizzando per le strutture in fondazione una resistenza a compressione del calcestruzzo a 28 giorni pari a $
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Figura 1.8
Schema in pianta e prospetto plinto: dati geometrici di progetto delle armature tese a flessione.
(1.1) Secondo la normativa ACI 318, la procedura di progetto allo stato limite ultimo deve ridurre la resistenza del calcestruzzo per tenere conto dell’errore umano nel processo di fabbricazione e di altre incertezze mediante appunto l’adozione di coefficienti  .
pag. 20
Norme: British Standards
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S EZIONE 1 N OTE INTRODUTTIVE
f c = 24 MPa e per le armature una tensione di snervamento pari a f y = 400 MPa , determinare le armature tese a flessione del plinto. Interrompere le armature, senza la necessità di uncini, lasciando un copriferro di c = 70 mm di calcestruzzo (Articolo 7.7.1 Norme ACI).
Soluzione:
Per il calcolo delle armature a flessione tese, si impiega il modello a mensola schematizzato nella fig. 1.8. In particolare, si ha:
2 00 – 0 35
L eff = ------------------------------ = 0 83 m .
2
Il valore di progetto (ultimo) della sollecitazione flettente ad opera della tensione ultima a rottura del terreno è:
 q ult  b   L2eff
  300 kN  m 2    1 0 m     0 83 m  2
- = -----------------------------------------------------------------------------------------------  104 kNm .
M u = --------------------------------2
2
Sfruttando l’eq. 1‐7, ed esprimendo A s in termini di mm 2  m , si calcola:
A s   400 
As  fy
-  A s  0 0196 . a = ----------------------------= -------------------------------------------0 85   24    10 3 
0 85  f c  b
Pertanto: a  A s  = A s  0 0196 .
Sostituendo a  A s  nell’eq. 1‐10, si ottiene:
Mu
A 2s  0 0196
----------.
= A s  d – -----------------------------  fy
2
Si adotta per l’altezza utile il valore d  H –  70 + 30  = 450 – 100 = 350 mm . Inserendo i valori numerici (con  = 0 90 ‐ tab. 1.6), si ha:
A 2s  0 0196
104  10 6- = A  350 – -----------------------------.
--------------------s
2
0 9  400
Sistemando e ordinando l’equazione di II° grado nell’incognita A s :
0 0098A 2s – 350A s + 0 2889  10 6 = 0 ,
si ottiene la soluzione positiva (minimo): A s min  846 mm 2  m . Si disporranno barre 14  15 (area effettiva: A s = 1026 mm 2  m ), per un totale di 1314 barre resistenti a trazione per singola direzione in pianta.
Infine, per la verifica dell’aderenza delle barre tese (sempre secondo la ACI 318‐11), adottando barre d b = 14 mm (con A b = 154 mm 2 ), risulta:
0 02  A b  f y

L d richiesta = max ------------------------------; 0 06  d b  f y  = max  252 ; 336  = 336 mm .
f c


Si assume come lunghezza di ancoraggio richiesta 340 mm. La lunghezza di ancoraggio effettivamente disponibile è: L d disponibile = L eff – c = 830 – 70 = 760 mm  L d richiesta . In questo modo, è confermato che è possibile interrompere le barre di armatura, senza necessità di uncini terminali, lasciando un ricoprimento di 70 mm di calcestruzzo (Articolo 7.7.1 ACI 318).
Fine-esempio
Norme: British Standards
pag. 21
M ANUALE DI CALCOLO STRUTTURE - BS
S EZIONE 1 N OTE INTRODUTTIVE
Le formulazioni per il calcolo delle sezioni in cemento armato secondo le BS 8110 “Structural use of concrete” e relative parti 1, 2 e 3 (Code of practice for design and construction, Code of practice for special circumstances, Design chart for singly reinforced beams, doubly reinforced beams and rectangular columns) verranno riportate più avanti e spiegate nel dettaglio in un’apposita sezione. Qui, in questa parte introduttiva, si è approfittato del modello adottato dalla ACI 318 per una prima presentazione dell’argomento.
1.3.2 La pressoflessione negli elementi strutturali
Elementi prevalentemente soggetti ad azioni assiali sono i pilastri e le colonne
che possono sopportare carichi concentrici (teoricamente) ed eccentrici (casi
reali). In linea teorica, appunto, se la retta d’azione di compressione o trazione
coincide con l’asse geometrico dell’elemento strutturale, si parla di carico
concentrico. Viceversa, se la retta d’azione presenta una qualche eccentricità
dall’asse geometrico dell’elemento, allora la sollecitazione è sempre composta da
un’azione concentrica e da una concomitante azione flessionale. In altri termini,
una sezione sottoposta ad un carico assiale con eccentricità non nulla si dice
pressoinflessa o tensoinflessa, a seconda che l’azione assiale sia rispettivamente
di compressione o di trazione sull’elemento. Come si può notare dagli schemi in
figura 1.9, nel caso di eccentricità nulla la generica sezione è completamente
compressa con tensione costante su tutta la sezione:
N
 = ---- = cost
A
e l’asse neutro è tendente (teoricamente) all’infinito.
✍
FORMULE DELLA PRESSIONE ECCENTRICA NEGLI ELEMENTI REAGENTI A TRAZIONE. Viceversa,
quando esiste un’eccentricità su una sezione reagente anche a trazione, se il
centro di pressione di N cade esternamente al nocciolo centrale d’inerzia(1.1) la
Figura 1.9
Schema di pilastro, colonna con carico concentrico (caso teorico) e carico eccentrico (caso
reale).
(1.1) Nel caso semplice di sezione rettangolare A = bH, il nocciolo d’inerzia presenta dimensioni pari ad 1/3 delle dimensioni della sezione: H/3 e b/3. Gli estremi del nocciolo distano H/6 e b/6 dagli assi centrali d’inerzia della sezione.
pag. 22
Norme: British Standards
M ANUALE DI CALCOLO STRUTTURE - BS
S EZIONE 1 N OTE INTRODUTTIVE
Figura 1.10 Suola di plinto con eccentricità del carico verticale fuori dal nocciolo centrale di inerzia.
sezione risulta in parte compressa e in parte tesa: asse neutro che taglia la
sezione. Come noto, nel caso generale di pressoflessione, la formula per il calcolo
delle tensioni sulla generica fibra della sezione assume l’aspetto:
N M
  y  = ----  -----  y ,
A J
(Eq. 1‐11)
avendo indicato, al solito, con y la distanza positiva della fibra a tensione   y 
dall’asse neutro, con A e J rispettivamente l’area e il momento d’inerzia della
sezione. Nel caso particolare di sezione rettangolare reagente sia a trazione che a
compressione (ad esempio, il caso in fig. 1.9), assumendo un’eccentricità e  0 si
determinano due componenti di sollecitazione contemporaneamente agenti:
compressione N (parallela all’asse geometrico dell’elemento) e sollecitazione
flessionale semplice M = N  e attorno ad un asse d’inerzia. Volendo, pertanto,
calcolare la massima tensione agli estremi y = H  2 della sezione, modificando
opportunamente l’eq. 1-11, si ottiene:


Ne H
N
6e
N
 max = -----------   -------------3-  ---- = -----------   1  ---------- ,
bH 
H 
 H 2
b  H  b------------

12
✍
(Eq. 1‐12)
avendo infatti considerato per sezione rettangolare un momento d’inerzia
J = bH 3  12 .
FORMULE DELLA PRESSIONE ECCENTRICA NEGLI ELEMENTI NON REAGENTI A TRAZIONE. Quando
esiste un’eccentricità nei solidi o in quelle particolari parti strutturali non
reagenti a trazione (ad esempio, la suola di un plinto), si pone il problema di
valutare l’equilibrio alla stabilità. Considerando proprio il caso reale di un plinto
parallelepipedo soggetto a pressione eccentrica con il centro di pressione fuori
dal nocciolo centrale d’inerzia (fig. 1.10), è evidente che il diagramma degli sforzi
non potrà apparire come quello riportato nella parte destra della figura 1.9, in
Norme: British Standards
pag. 23
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S EZIONE 1 N OTE INTRODUTTIVE
quanto non può esistere la distribuzione triangolare delle trazioni. Quando
l’eccentricità è tale da portare il centro di pressione di N fuori dal nocciolo
centrale di inerzia, l’equilibrio è assicurato dalle sole sollecitazioni possibili tra
terreno di fondazione ed intradosso della suola del plinto: quelle di
compressione. In particolare, la risultante eccentrica di compressione N deve
passare per la stessa retta d’azione della risultante R  delle pressioni del terreno.
Tali pressioni devono aumentare dal valore nullo (per l’assenza di trazioni) ad un
valore massimo, supponendo una variazione lineare tra i due estremi. In altri
termini, la distribuzione triangolare delle tensioni di reazione (di compressione
del terreno) deve avere risultante passante per la retta d’azione della
sollecitazione N (fig. 1.10):
 max  3u  B
-.
N = R  = ----------------------------2
(Eq. 1‐13)
Da quest’ultima equazione di equilibrio, si deduce quindi la massima tensione al
suolo corrispondente al carico N agente con eccentricità e  0 :
2 N
 max = --- ----------- .
3 uB
(Eq. 1‐14)
ESEMPIO 1-G
Dati:
Un plinto, con dimensione in pianta quadrata L 0  B 0 = 100 cm x 100 cm, è sottoposto ad un carico ultimo di N u = 150 kN . L’eccentricità del carico assiale è tale per cui risulta una escursione di u 0 =  15  30  cm (vedere dettagli qualitativi in fig. Figura 1.10). Considerando che la tensione massima ammessa in fondazione (in condizioni ultime) è  adm = 300 kPa , verificare la stabilità del plinto.
Soluzione:
Poiché tre volte il valore maggiore di u 0 è minore di L 0 = B 0 = 100 cm , non tutta la superficie di appoggio è in compressione con il terreno di imposta: non potendosi avere trazione, esisterà un’area non sfruttata della suola del plinto. Variando il parametro u 0 in un range definito, si avrà un intervallo di variazione delle massime tensioni scaricate in fondazione. È sufficiente applicare direttamente l’eq. 1‐14, perché il terreno di fondazione, in tutto il range di variazione di u 0 , non è in grado di estrinsecare trazioni. Partendo dal caso maggiormente favorevole di u 0 = 30 cm :
2 Nu
2
150  10 3
 max = --- --------------= --- --------------------------------------------------= 0 33 MPa = 330 kPa ,
3 u0  B0
3  3 0  10 2    3  10 3 
le dimensioni in pianta del plinto non sono sufficienti. Poiché le sollecitazioni scaricate dalla struttura soprastante sono dei dati di progetto indipendenti, l’eccentricità del carico assiale è da considerare costante e pari a:
L
100
e = -----0 – u 0 = --------- – 30 = 20 cm .
2
2
Variando ora le dimensioni in pianta del plinto, dovendo rimanere costante il rapporto e = M  N = 20 cm , varierà il valore di u = 0 5L – e . pag. 24
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Mantenendo la pianta quadrata L = B , sempre sfruttando l’eq. 1‐14 e imponendo l’uguaglianza  max =  adm , si scriverà:
Nu
2
2 Nu
- = --- ---------------------------------.
 adm = --- ---------3  0 5L – e   L
3 uB
Riordinando in funzione dell’incognita L, si ottiene l’equazione di II° grado:
4 Nu
- = 0.
L 2 – 2eL – --- ---------3  adm
Infine, sostituendo i valori numerici, si ha (esprimendo in termini di N e mm):
4  150  10 3 
L 2 – 2  200  L – --- -------------------------- = 0 ,
0 3
3
con la soluzione B = L  1041 mm . Quando l’eccentricità è minima (ovvero quando u 0 = 30 cm ) è sufficiente una pianta 110 m x 110 m.
Ripetendo la medesima procedura, adottando il valore più gravoso di u 0 = 15 cm , si calcola intanto:
L
e = -----0 – u 0 = 100
--------- – 15 = 35 cm .
2
2
e l’analoga equazione di II°:
4  150  10 3 
L 2 – 2  350  L – --- -------------------------- = 0
0 3
3
la cui soluzione porge B = L  1238 mm . È necessario quindi un plinto di dimensioni in pianta di almeno 125 cm x 125 cm.
Fine-esempio
Nell’analisi convenzionale delle fondazioni rigide la pressione sul terreno viene calcolata sulla base dei principi della meccanica delle strutture sovrapponendo gli effetti di flessione e azione assiale (si veda eq. 1‐12). Tuttavia, a rigore, si dovrebbe tenere conto del peso di metà fondazione dalla parte opportuna(1.1) dell’asse rispetto al quale agisce la sollecitazione flettente per diminuire il momento applicato. In generale, se viene compiuto tale accorgimento, si ottiene una leggera riduzione della pressione massima sul terreno e un leggero incremento della pressione minima.
ESEMPIO 1-H
Dati:
Un basamento ha le dimensioni in pianta di L  B = 2,10 m x 2,10 m. Le sollecitazioni di progetto ultime scaricate dalla struttura soprastante sono: N u = 850 kN , M u = 35 kNm . Dovendo mantenere la massima pressione scaricata in fondazione al valore di  adm = 200 kPa , verificare se le dimensioni in pianta del basamento sono sufficienti per (1.1) Quando solo una parte della suola di fondazione è compressa, la rimanente parte, non potendo estrinsecare delle
trazioni con il terreno, può solo contribuire a contrastare il momento esterno agente con il suo peso proprio perché non
bilanciato da alcuna reazione del terreno.
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Figura 1.11 Distribuzione delle tensioni di compressione al suolo sotto il basamento.
mantenere tutta la superficie di intradosso a contatto con il terreno, quindi in compressione.
Soluzione:
Intanto, si calcola l’eccentricità (non dipendente dalle dimensioni del basamento):
M
35
e = -------u = ---------  0 041 m = 4 1 cm .
850
Nu
L’eccentricità è evidentemente talmente contenuta che si può già stabilire che tutta la sezione è in compressione con il terreno fondale. La dimensione del nocciolo d’inerzia dal baricentro geometrico della sezione del basamento è infatti L  3 = 210  3 = 70 cm  e . Si dovrà utilizzare la formula dell’eq. 1‐12 con il solo segno “+” (utilizzando N e mm) per calcolare il valore massimo:
N
850  10 3  
 41- = 0 22 MPa = 220 kPa ,
6  e- = -------------------------  1 + 6----------- max = ------------   1 + --------BL 
 2100  2 
2100 
L 
e il segno “‐” per calcolare il valore minimo:
N
 850  10 3 - 
6  41
6e
 min = ------------   1 – ---------- = ------------------------ 1 – ------------- = 0 17 MPa = 170 kPa .
BL 
 2100  2 
2100 
L 
La massima tensione di compressione è maggiore della tensione ammessa nel terreno:
 max = 220 kPa   adm = 200 kPa . Pertanto, è sufficiente imporre  max =  adm e calcolare il conseguente valore di L dall’equazione:
N
850  10 3  
 41- = 0 20 .
6  e- = -------------------------  1 + 6----------- max = ------------   1 + --------
BL 
L2
L 
L 
Riordinando, si ottiene l’equazione di III° grado:
0 20 - 3
------------------------L – L – 246 = 0
 850  10 3 
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che risolta per tentativi fornisce la radice: L = B  2175 mm . Si adotterà un basamento con sezione in pianta quadrata di dimensioni 2,20 m x 2,20 m.
Fine-esempio
1.3.3 La compressione e l’instabilità nei pilastri e nelle colonne
In questo paragrafo sarà analizzato il comportamento di elementi strutturali
sottoposti a compressione o pressoflessione con una componente assiale non
trascurabile. Ciò soprattutto per quei casi particolari in cui (soprattutto per
l’acciaio e il legno) si incorre disgraziatamente in un cambiamento improvviso di
configurazione (instabilità della colonna o del pilastro). Si immagini di caricare
assialmente una struttura verticale (pilastro, colonna, setto) con un carico N
perfettamente centrato sull’asse indeformato dell’elemento. Se l’area A della
sezione trasversale viene scelta in modo tale che il valore  = N  A dello sforzo di
compressione agente sulla sezione stessa risulti inferiore allo sforzo di
snervamento  y del materiale utilizzato e se lo spostamento in sommità
 = NL  EA rispetta eventuali limitazioni imposte allo stato limite di esercizio
(    max ), si potrebbe concludere (erroneamente) che l’elemento è stato
correttamente progettato. Può invece succedere, soprattutto per elementi quali i
metalli e il legno, che, non appena viene applicato il carico, l’elemento strutturale
verticale si instabilizzi: invece di rimanere rettilineo, anche sotto il carico
assegnato N , abbandona improvvisamente la configurazione originaria. Risulta
evidente, quindi, che in questi casi un elemento strutturale che si instabilizzi a
seguito dell’applicazione del carico non è correttamente progettato.
Carico
critico
Come è noto, un elemento caricato assialmente sbanda repentinamente dalla
sua configurazione rettilinea iniziale, quando il carico esterno N ha raggiunto e
superato un certo carico, detto critico N CR . Per avere una cognizione pratica di
ciò, è sufficiente poggiare, perpendicolarmente al piano del tavolo, un comune
righello e, tenendolo in posizione verticale con il palmo posizionato sull’estremo
più alto, provare a spingere verticalmente verso il basso. Aumentando la forza
con il palmo della mano, il righello arriverà a un punto in cui sbanderà
improvvisamente, assumendo una configurazione curva, e si deformerà sempre
di più, man mano che si aumenta il carico, fino a spezzarsi. Se si ripete
l’esperimento impiegando materiali differenti (plastica, legno, alluminio, etc.), si
noterà che questo carico critico che porta a sbandamento dipende
essenzialmente:
•
dal tipo di materiale (modulo elastico E );
•
dalla lunghezza L dell’elemento sottoposto a prova;
•
dalla sezione (sezione trasversale di resistenza geometrica J ;
•
da come viene vincolato l’elemento durante la prova.
È intuitivo comprendere come, a parità di vincoli, di materiale ( E = cost ) e di
sezione ( J = cost ), aumentando la lunghezza L , lo sbandamento tende a
innescarsi con valori relativamente minori della forza applicata N . Ciò significa
che il valore del carico critico è in qualche modo inversamente proporzionale alla
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# # # !
$ $ $ Figura 1.12 Andamenti qualitativi delle possibili deformate che un’asta sufficientemente snella, sottoposta a
carico critico, può assumere.
lunghezza L . Analogamente, considerata variabile una qualsiasi altra grandezza
e fissate le rimanenti, si deduce che il carico critico aumenta in modo
direttamente proporzionale al modulo elastico E del materiale e/o alla resistenza
geometrica J della sezione. In particolare, si potrà notare come la variazione più
sensibile del carico critico avvenga quando, lasciando invariato tutto, si fa
variare solo la lunghezza L .
Nel fenomeno dell’instabilità, per tutte le grandezze si
può sempre parlare di proporzionalità (diretta o
inversa). Nella variazione del parametro della lunghezza
L dell’elemento la proporzionalità (inversa) si avverte in
maniera più sensibile.
Si può quindi affermare, almeno intuitivamente che il carico critico può legarsi
qualitativamente alle grandezze precedentemente introdotte in questo modo:
EJ
N CR = c 2 ------ ,
L
pag. 28
(Eq. 1‐15)
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dove:
•
c 2 è una costante di proporzionalità diretta;
•
E è il modulo elastico del materiale;
•
J è la resistenza geometrica della sezione (momento d’inerzia);
•
L è la lunghezza che caratterizza la snellezza dell’elemento.
Nell’eq. 1-15, l’esponente   1 sulla lunghezza L è stato introdotto per tenere
conto di un legame di proporzionalità maggiormente sensibile di L rispetto a
quello degli altri parametri coinvolti. Per definire compiutamente l’espressione
del carico critico, quindi, si deve porre attenzione al tipo di deformata che ci si
può aspettare una volta che è avvenuto repentino lo sbandamento. Si immagini
di ripetere l’esperimento utilizzando, ad esempio, un’asta di materiale metallico
sufficientemente snella. Intanto, possiamo osservare che un’asta snella, rispetto
a una molto tozza, presenta una sezione trasversale geometricamente contenuta
rispetto alla sua lunghezza: A << L . Volendo estendere poi il concetto di snellezza
in termini di resistenza, possiamo prendere in considerazione la resistenza
geometrica della sezione e rapportarla all’area stessa della sezione: J  A . L’asta
risulterà meno snella quanto più grande sarà la sua resistenza geometrica J per
unità di area A . È molto comune esprimere il rapporto J  A in termini del
quadrato del raggio di inerzia della sezione i 2 = J  A . Il parametro di snellezza 
di un elemento strutturale di lunghezza L , sezione A e momento di inerzia J ,
sarà espresso quindi come:
L .
 = L
--- = -------------i
JA
Ciò premesso, si immagini di portare a sbandamento un’asta metallica
sufficientemente snella. È intuitivo aspettarsi almeno una delle deformate
rappresentate nella fig. 1.12. Come si può notare, le forme assunte sembrano
ricordare quelle di una corda quando viene agitata contemporaneamente ai suoi
estremi: si avvertono le forme di una specie di onda (o sinusoide). Notoriamente,
tutto ciò che è riconducibile a una specie di onda è schematizzabile con delle
particolari funzioni analitiche dette sinusoidi. Queste funzioni matematiche
presentano la peculiarità di essere cicliche, come le onde appunto. Le sinusoidi
sono descrivibili, quindi, da funzioni sinusoidali e presentano la seguente
formulazione:
  z  =  max  sin  kz 
(Eq. 1‐16)
dove:
•
 max è il valore massimo dello spanciamento che l’asta presenta quando
sbanda. Ovviamente, come si può notare dalla figura 1.12, il suo valore
non può che diminuire all’aumentare del numero di onde che si
osservano nell’asta sbandata;
•
k è una costante, il cui quadrato risulta direttamente proporzionale al
carico assiale applicato N e inversamente proporzionale al prodotto EJ .
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pag. 29
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Quest’ultima affermazione può spiegarsi intuitivamente pensando che l’aumento
del carico esterno N e la contemporanea diminuzione sia della resistenza
meccanica E del materiale sia della resistenza geometrica J della sezione hanno
l’effetto di amplificare l’ampiezza delle onde della deformata. Aumentando k
aumenta anche sin  kz  e di conseguenza aumenta   z  in ogni punto. È
consuetudine esprimere il legame che caratterizza la costante k mediante una
forma utile per soli fini analitici:
N CR
k 2 = ---------.
EJ
(Eq. 1‐17)
A questo punto, per descrivere l’equilibrio(1.1) dell’asta, entrata ormai in
sbandamento sotto il carico critico agente N CR , conviene utilizzare proprio
l’equazione delle onde nella forma dell’eq. 1-16. Si imponga, in particolare,
l’assetto dell’asta sbandata con una sola onda (primo schema con n = 1). In
questo caso, l’entità dello spanciamento risulta maggiore dei tre casi
rappresentati. Coerentemente con il sistema di riferimento adottato (arbitrario),
si impongono le condizioni di vincolo dell’asta:
•
I estremo:  = 0 per z = 0 ;
•
II estremo:  = 0 per z = L .
Applicando queste due condizioni separatamente, dall’eq. 1-16 si ottiene
(tralasciando la prima condizione banale 0 = 0 ) la semplice e utile relazione:
0 =  max  sin  kL  .
(Eq. 1‐18)
Quest’ultima equazione non è altro che l’equazione di equilibrio di un’asta che ha
raggiunto l’instabilità sotto il carico critico N CR e alla quale sono state assegnate
le effettive condizioni di vincolo al contorno (in questo caso particolare, vincoli di
cerniera alle due estremità). Infatti, come si era accennato precedentemente,
quando si è introdotta la formulazione dell’eq. 1-15, il carico critico dipende
anche dalle condizioni di vincolo dell’asta caricata. La soluzione dell’eq. 1-18
richiede semplicemente l’annullamento della funzione seno che, notoriamente, si
verifica quando l’argomento kL risulta pari a un multiplo intero ( n = 0 1 2 3 etc. )
dell’angolo piatto  :
kL = n .
(Eq. 1‐19)
Come era già stato anticipato da un’analisi qualitativa del fenomeno, a ogni
valore del multiplo intero n corrisponde per lo sbandamento una differente
(1.1) È fondamentale notare che, parlando di instabilità, il termine equilibrio potrebbe essere usato in maniera impropria.
Infatti, nella realtà, un’asta che comincia a sbandare ha evidentemente perso l’equilibrio. Può infatti succedere che tenda
a ritornare nella configurazione iniziale rettilinea, se si rimuove il carico N (se N < Ncr), oppure a deformarsi sempre più,
anche diminuendo il carico N, fino a raggiungere la rottura (se N > Ncr). Con la dizione equilibrio con il proprio carico
critico (si vedano gli schemi in figura 1.12) deve intendersi quella particolare forma della deformata (appunto critica) che
fa da separazione tra i due componenti possibili prima descritti: equilibrio stabile (N < Ncr) ed equilibrio instabile (N >
Ncr).
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deformata, individuata dalla soluzione dell’eq. 1-19. In particolare, tenendo conto
dell’eq. 1-17, l’eq. 1-19 equivale a scrivere:
k2  L2 = n2  2

N CR  L 2
-------------------- = n 2   2
EJ

 2 EJ
-.
N CR = n 2  ----------L2
(Eq. 1‐20)
Come si può vedere, confrontando l’eq. 1-20 con l’eq. 1-15, si constata che
l’esponente  del parametro L risulta effettivamente maggiore di 1 e che è
presente una costante c 2 = n 2  2 di proporzionalità diretta, come si era supposto
inizialmente da considerazioni intuitive. Osservando l’eq. 1-20, si nota che il
valore minore del carico critico (quindi il più pericoloso per la struttura) è dato
dalla posizione n = 1 , corrispondente alla prima configurazione riportata nella
figura 1.12 (una sola onda). A questo punto, si può definitivamente riportare la
formulazione del cosiddetto carico critico di Eulero relativo alla più pericolosa
condizione di maggiore sbandamento dell’asta dalla sua configurazione iniziale
indeformata:
 2 EJ
N CR = -----------.
L2
(Eq. 1‐21)
Va fatta un’ultima osservazione. Dopo aver esaminato gli schemi di figura 1.12,
si ponga attenzione alle deformate con più onde: esse presentano una
configurazione tale che all’equilibrio, dopo lo sbandamento, i valori dei carichi
critici da applicare risultano maggiori del carico critico di Eulero N CR , relativo
all’asta con singola onda. Questo può essere spiegato dall’innescarsi lungo l’asta
di cambiamenti di concavità (per esempio per cause di contatto con azioni
esterne). Questo passaggio da un’onda all’altra (tramite cambio di concavità) può
essere spiegato come l’effetto (sia sulla deformata, sia sull’annullamento del
valore delle sollecitazioni flettenti) di vincoli a cerniera interni. In tal modo,
infatti, causando l’estrinsecarsi di un vincolo interno a cerniera (cambio di
concavità e annullamento della sollecitazione flettente), le lunghezze di
sbandamento aumentano di numero (a parità di altre condizioni, come la
resistenza del materiale, la sezione resistente, etc.), ma diminuiscono
relativamente in lunghezza. Diminuendo in lunghezza, il valore del carico critico
necessario per mantenere la data configurazione dell’asta sbandata aumenta (fig.
1.12):
 II 
 III 
 IV 
N CR  N CR  N CR  N CR .
(Eq. 1‐22)
In realtà, le tre configurazioni presentate fanno riferimento al medesimo
fenomeno. Infatti, si consideri la terza deformata con tre onde. Sono di fatto
presenti 3 tronchi di lunghezza L  3 , ciascuno con delle cerniere agli estremi (2
esterne e 2 interne). Sappiamo dall’equazione delle onde che questa
configurazione è relativa al caso di multipli di n = 3 . Pertanto, applicando la
formula generale (eq. 1-20) si ha:
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pag. 31
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 2 EJ
n
N CR = n 2 ----------L2
Importante

 2 EJ
 2 EJ
 III 
 2 EJ
 2 EJ
- = 9 ----------- = -------------- = -------------2 .
N CR =  3  2 ----------2
2
2
L
L
 L* 
L
--- 
 3
(Eq. 1‐23)
Analizzando, però, un solo tronco compreso tra due cerniere (lungo quindi
L * = L  3 ) e applicando la semplice formula di Eulero, relativa a un singolo
tronco L * compreso tra due cerniere,(1.1) ritorna il precedente risultato:
 2 EJ 2 EJ
N CR = -------------2 = 9 ----------.
L2
 L* 
✍
È infatti per questo motivo che, nel valutare il carico di Eulero, si impiega subito
il valore calcolato dall’eq. 1-20 ponendo n = 1 .
CONSIDERAZIONI SULL’INSTABILITÀ SECONDO LE BS. Secondo le British Standards, in
funzione delle modalità di rottura, gli elementi strutturali in compressione
vengono definiti “corti” (“short”) o “lunghi” (“long”). Un elemento si definisce
“corto” quando la rottura avviene per raggiungimento della resistenza delle fibre
del materiale con cui è costituito, mentre un elemento “lungo” si considera a
rottura quando lo sbandamento laterale per instabilità (“buckling”) avviene
prima del raggiungimento delle tensioni di rottura del materiale.
Il fenomeno repentino dell’instabilità, avviene
generalmente in campo elastico, ma ha l’effetto di
imporre delle configurazioni geometriche di assetto il
più delle volte incompatibili con l’equilibrio della struttura.
Secondo le BS, una pilastro in calcestruzzo armato è considerato “corto” quando
la sua altezza effettiva L eff non supera 15 volte la dimensione minima della sua
sezione trasversale A = b  H :
L eff  15  min  b ; H  .
Pertanto, secondo questa classificazione, un pilastro di sezione 300 mm x 200
mm è considerato “corto” quando la sua altezza effettiva è contenuta entro i 3 m:
L eff = 15  min  200 ; 300  = 3000 mm .
Pilastri
tozzi
La grande maggioranza dei pilastri in c.a. è, quindi, compreso in questa
categoria. Il progetto di pilastri corti, cimentati prevalentemente da sollecitazioni
(1.1) Il singolo tratto tra due cerniere (interne e/o esterne) equivale ad individuare il tratto minore (ad esempio, lungo
l’estensione effettiva dell’asta, quando non vincolata “a mensola”) compreso tra due punti di flesso (cambio di concavità
della deformata). Viceversa, nel caso particolare di elementi vincolati a mensola, si riconduce l’analisi ad un’asta (virtuale), pari al doppio della lunghezza effettiva, equivalente ad una di medesime caratteristiche (sezione e materiale) incernierata agli estremi.
pag. 32
Norme: British Standards
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Figura 1.13 Sezioni tipiche di laminati in acciaio e relativa dicitura secondo British Standards.
di intensa compressione, si riconduce semplicemente ad una verifica sulla
tensione assiale:
 = NA,
dove la tensione  è la tensione massima di riferimento per il materiale
impiegato e A è la sezione trasversale dell’elemento strutturale.
Profilati
metallici
Le strutture in carpenteria metallica sono prodotte in forme standardizzate.
Alcune forme tipiche sono riportate in figura 1.13. Dettagli sulle dimensioni e
proprietà geometriche di tali sezioni standard possono reperirsi direttamente
dalle British Standards o da particolari pubblicazioni a cura dell’organo SCI
(Steel Construction Institute). Secondo le BS, una colonna in acciaio è
considerata “corta” se la sua altezza effettiva L eff non eccede sei volte la
dimensione minima dell’ingombro della sezione trasversale:
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pag. 33
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L eff  6  min  b ; H  .
Ad esempio, una colonna UC 203 mm x 203 mm per essere considerata “corta”
non dovrebbe essere più lunga di: 6   203 mm  = 1218 mm  1 2 m . Questo per dire
che, nei casi più comuni, le colonne in acciaio sono da considerare come
“lunghe”. Analoga condizione per le sezioni degli elementi lignei.
Importante
Quando colonne “lunghe” raggiungono la rottura per sbandamento laterale
(buckling), in combinazione con il conseguente raggiungimento della resistenza
limite dei materiali per forti deformazioni, la tensione massima di riferimento per
il dimensionamento diviene intimamente legata alla “snellezza” (slenderness). La
snellezza è un parametro correlato alla lunghezza effettiva della colonna, alla sua
sezione geometrica trasversale e (soprattutto) a come si schematizzano le
condizioni di vincolo ai suoi estremi(1.1) e quindi, conseguentemente, alla
lunghezza di libera inflessione L 0 dell’asta. Secondo anche le British Standards,
infatti, il fattore che governa il dimensionamento di un elemento suscettibile di
instabilità è il rapporto di snellezza SR (slenderness ratio), così definito:
L
SR = -----0
r
(Eq. 1‐24)
dove:
•
L 0 è la lunghezza di libera inflessione dell’asta, colonna, pilastro
(dipendente dalle condizioni di vincolo adottate);
•
r è il raggio di inerzia minimo della sezione (dipendente dal tipo di
profilato imposto o scelto).
Il raggio di inerzia è una particolare grandezza geometrica della sezione
dell’elemento legata al momento d’inerzia J e all’area A della sezione. Essendo
generalmente due gli assi di inerzia ( x ; y ) di una sezione, si definirà per ciascun
asse d’inerzia:
rx =
✍
Jx
---A
ry =
Jy
---- .
A
(Eq. 1‐25)
ALCUNE CONSIDERAZIONI GENERALI SULL’INSTABILITÀ. La lunghezza di libera inflessione di
un’asta, come già anticipato, dipende dalle particolari condizioni di vincolo ai
suoi estremi. In particolare, se una colonna è fissata con cerniere agli estremi, si
instabilizzerà assumendo una deformata che coinvolgerà l’intera sua lunghezza
effettiva: L 0 = L eff . Viceversa, se una colonna è vincolata con incastro a tutte e
due le estremità, la lunghezza libera di inflessione sarà pari a L 0 = 0 5  L eff
perché, in virtù della simmetria geometrica e di carico-vincolo, se si impone una
(1.1) Si approfitta per evidenziare che, per alcuni materiali (ad esempio, profilati metallici e colonne in legno) non sempre è possibile sapere con estrema certezza come un’asta risulti realmente vincolata ai suoi estremi (potendo analoghe tipologie di connessioni alle estremità presentare un comportamento diverso dipendente dalla particolare disposizione o
proporzione tra le parti che la costituiscono). Una piastra bullonata al piede di una colonna tramite tirafondi, ad esempio,
potrebbe comunque non estrinsecare un vincolo di incastro perfetto, se le dimensioni o gli spessori delle lamiere non soddisfano particolari requisiti di resistenza e deformabilità.
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Figura 1.14 Lunghezze di libera inflessione di un’asta soggetta a compressione e vincolata diversamente.
curvatura spanciata in mezzeria si dovranno formare due punti di flesso
(cerniere interne), simmetrici anch’essi, per riportare le sezioni all’incastro con
rotazione nulla. Dovendo, in particolare, aspettarci una deformata simmetrica
rispetto alla mezzeria, le cerniere interne si dovranno posizionare (in virtù delle
suddette simmetrie) a 1/4 della luce a partire da ciascuna sezione di incastro
(schema A in fig. 1.14). Come si può osservare nella figura 1.14, facendo
riferimento all’assetto base (asta incernierata agli estremi: schema C), le diverse
configurazioni di vincolo sono riportate in ordine di pericolosità crescente
all’instabilità: la situazione assunta come più sfavorevole è quella di mensola
(schema D)(1.1); mentre la situazione più “ottimistica” è relativa allo schema A. In
particolare, preso come riferimento il valore del carico critico di Eulero per il caso
di asta incernierata agli estremi N CR , si sono espressi i relativi valori dei carichi
critici delle altre configurazioni di vincolo in funzione del loro rapporto con il
(1.1) In alcune situazioni, ad esempio nel caso di telai “a nodi spostabili”, la lunghezza libera di inflessione nelle colonne
può superare il valore di 2 (relativo al vincolo di mensola). In figura 1.14 sono stati, infatti, riportati degli schemi di riferimento, di natura teorica, per evidenziare l’influenza della scelta dei vincoli sul valore del carico critico di una semplice
asta rettilinea.
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suddetto valore N CR . In particolare, posto per convenzione per la condizione di
asta di lunghezza reale L = L eff e incernierata agli estremi (con n = 1 ):
C
 2 EJ
N CR = N CR = -----------,
2
L eff
si ha:
•
condizione di vincolo con entrambe le estremità incastrate:
A
N CR = 4  N CR ; con L 0 = 0 5  L eff
•
condizione di vincolo con incastro-cerniera:
B
N CR = 2 04  N CR ; con L 0 = 0 7  L eff
•
condizione di mensola:
D
N CR = 0 25  N CR ; con L 0 = 2  L eff .
L’ultima condizione di vincolo è stata estrapolata dal caso di un’asta incernierata
agli estremi di lunghezza (efficace) pari proprio al doppio di quello di mensola
reale. Si ritorna in questo modo alla nativa configurazione di asta incernierata
agli estremi (di lunghezza efficace pari a 2L . In questa configurazione,
considerata la simmetria del carico N e della relativa reazione verticale – N , la
sezione di mezzeria si deve deformare mantenendo una rotazione nulla rispetto
alla configurazione indeformata (verticale). In questo punto, in base anche a
considerazioni intuitive fatte precedentemente, il valore del momento flettente
deve essere massimo (punto di massimo con dM  dz = 0 ) e pertanto lì la
sollecitazione tagliante deve annullarsi ( V = 0 ):
V = dM
-------- = 0 .
dz
Questo significa che, considerando dell’asta incernierata di lunghezza L eff = 2L
la sua metà L (dalla sezione di incastro in mezzeria fino al punto di applicazione
del carico), si considera in realtà anche il comportamento del tratto di mensola
(fittizia) al suo interno, dove notoriamente il vincolo alla base è un incastro.
Pertanto, in un’asta incernierata agli estremi, in cui la disposizione dei carichi
esterni siano tali da indurre un momento massimo in mezzeria, è sempre
estrapolabile una mensola di metà lunghezza con sezione di incastro proprio
sulla sezione di mezzeria dell’asta più grande. In fase di progettazione o verifica,
le prime due condizioni di vincolo (incastro-incastro e incastro-cerniera) devono
essere valutati con estrema attenzione, per il fatto che la condizione di incastro
perfetto, almeno per le strutture metalliche, è difficilmente realizzabile nella
pratica: i valori delle relative lunghezze libere di inflessione dovrebbero quindi
essere opportunamente ridotte. Ad esempio, se si volesse verificare all’instabilità
le due colonne alte L di un semplice portale in acciaio con traverso supposto
pag. 36
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infinitamente rigido, un frettoloso giudizio porterebbe a considerare ciascuna
colonna incastrata al piede e incastrata anche al traverso (considerando quindi
L 0 = 0 5  L ) e a dedurre un carico critico 4 volte maggiore di N CR . In realtà, però,
pur ipotizzando l’incastro perfetto, in testa a al piede delle colonne, nulla
potrebbe impedire al traverso rigido di muoversi (spostando la testa delle
colonne), inducendo un cambio di concavità nelle colonne e creando così una
cerniera interna a metà altezza ( L  2 ). La singola colonna L potrebbe, in altre
parole, conglobare in sè almeno due tronchi L  2 di mensola, come nello schema
D di figura 1.14, con lunghezza libera di inflessione L 0  2   L  2  = L . È infatti
quasi la norma, per telai in acciaio “a nodi spostabili” a due colonne e un
traverso, che la lunghezza libera di inflessione possa raggiungere valori attorno a
L 0 =  2 5  2 6   L . Da quanto detto si comprende chiaramente come un’errata
valutazione del comportamento della struttura sotto i carichi esterni (oppure la
valutazione erronea sull’efficienza effettiva di un vincolo esterno), soprattutto per
le strutture deformabili come l’acciaio e il legno, possono far credere che le
colonne siano da considerare comunque incastrate in testa e al piede, magari
perché ci possono essere delle rigide connessioni in testa alla colonna con gli
Importante estremi del traverso. La conseguenza potrebbe essere disastrosa perché il carico
critico reale in tal caso sarebbe sovrastimato di ben 4 volte.(1.1) Riguardo al
carico critico di Eulero rimane il fatto che il suo valore:
 2 EJ
N CR = ----------L20
non dipende affatto dalla resistenza f y del materiale. Questo significa che, per
aste relativamente molto snelle (dove i problemi sono legati più all’instabilità che
non alla mera resistenza), per ridurre il valore teorico del carico critico è
necessario aumentare le caratteristiche di resistenza geometriche della sezione
(aumentando J ), stante le ipotesi di vincolo adottate.
✍
DETERMINAZIONE ANALITICA DEL CARICO CRITICO. Si consideri un’asta, vincolata con
cerniere alle due estremità e soggetta a una forza assiale pari a N di
compressione. Si supponga che l’asta sia in una condizione di equilibrio
indifferente con una certa deformata (ad esempio, la configurazione C di fig.
1.14). In questa condizione, si deve avere evidentemente uguaglianza tra
momento esterno e momento interno resistente. L’equazione della linea elastica è
come noto dalla Scienza delle Costruzioni:
d2
M– ----= --------2- =  .
EJ
dz
(Eq. 1‐26)
Stante le condizioni al contorno per un’asta incernierata agli estremi, detto con il
quadrato di “A” il rapporto:
(1.1) È opportuno notare che, per valutare esattamente la lunghezza libera di inflessione dei pilastri in un telaio generico
anche a più piani, esistono opportuni grafici (detti nomogrammi) che permettono di risalire ai moltiplicatori effettivi della
lunghezza di libera inflessione in funzione di opportuni rapporti dipendenti dalle rigidezze flessionali delle colonne e delle travi e in funzione del tipo stesso di telaio (a “nodi spostabili” o a “nodi fissi”).
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N- ,
A 2 = ----EJ
(Eq. 1‐27)
l’equazione della linea elastica assume la forma:
  z  =  max  sin  A z ,
(Eq. 1‐28)
dove  max è la freccia massima in mezzeria  max =   L  2  ; perché il massimo
valore di   z  si ha per sin  z  = 1 e cioè per Az =   2 e per z = L  2 . Per z = L
deve essere  = 0 , quindi 0 =  max  sin  A L . Quest’ultima condizione è
soddisfatta se l’asta rimane rettilinea (soluzione banale con   z  = 0 ) oppure se
sin  A L = 0 , cioè se risulta:
L = n  
con n numero intero. In particolare per n = 1 si ha A L =  e N = N CR , per cui
risulta:
2
A 2 = -----2 .
L
(Eq. 1‐29)
Unendo le due espressioni nelle eq. 1-27 e 1-29, con la condizione N = N CR , si
ottiene:
N CR
2
-----2 = A 2 = --------EJ
L
 2 EJ
-,
N CR = ----------L2

(Eq. 1‐30)
Figura 1.15 Schema deformato del telaio “a nodi spostabili”, equilibrio di forze su colonna deformata.
pag. 38
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ovvero il carico critico determinato da Eulero.
Le conclusioni a cui si è pervenuti non sono ovviamente
verificate nella realtà, perché le ipotesi adottate (asta
perfettamente rettilinea, sezione costante, carico
perfettamente centrato, materiale omogeneo e illimitatamente
elastico) non sono praticamente realizzabili.
Il carico critico N CR , per le ipotesi assunte e per come è stato determinato,
dovrebbe rappresentare un limite a cui si tende asintoticamente. Pertanto, il
carico critico reale sarà sempre inferiore a quello teorico di Eulero in quanto le
ipotesi relative all’asta perfetta non potranno mai essere soddisfatte. L’approccio
teorico del problema risulta importante per indagare e meglio comprendere
alcune situazioni reali che si approssimano qualitativamente al modello
matematico.
ESEMPIO 1-I
Dati:
Determinare il carico critico Euleriano per le colonne di un telaio supposto con traverso infinitamente rigido (fig. 1.15). Si supponga che il carico distribuito (pesi propri, permanenti portati e variabili di esercizio) possa schematizzarsi come due forze concentrate uguali di intensità N agenti in asse alle colonne.
Soluzione:
In virtù delle ipotesi sulla rigidezza del traverso, il telaio si deforma secondo lo schema qualitativo in figura 1.15: il telaio è quindi “a nodi spostabili”. Se con M i  0 si indica il momento di vincolo agli incastri, in una generica sezione a quota z dallo spiccato (momento esterno complessivo agente pari a M(z)) si ha:
M  z  = N    z  – Mi .
L’equazione della linea elastica della colonna è (si veda eq. 1‐26):
Mi
N-    z  + ----- = – a2  z  + c ,
  z  = – ----EJ
EJ
avendo disposto:
Mi
N- , c = ----a 2 = -----.
EJ
EJ
L’integrale generale dell’equazione differenziale è:
c .
  z  = t 1  sin  a z + t 2  cos  a z + ---a2
Le condizioni al contorno impongono che: per z = 0 (allo spiccato) sia  = 0 e  = 0 , da cui si deduce che t 1 = 0 e t 2 = – c  a 2 . Per cui, sostituendo si ha:
c
  z  = ----2   1 – cos  a z  .
a
Per z = L si ha  = 0 (incastro con ritto infinitamente rigido: no rotazioni) e quindi è:
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pag. 39
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c
0 = ----2  a  sin  a L .
a
Quest’ultima equazione è soddisfatta per c  a 2 = 0 (soluzione banale di trave rettilinea) oppure per sin  a L = 0 , quando:
aL = 

2 .
a 2 = ----L2
Ricordando la posizione fatta inizialmente di a 2 = N   EJ  e assumendo la configurazione di fig. 1.15 come critica ( N  N CR ), si deduce la relazione:
N CR
N 
 2 = a 2 =  --------= --------2


EJ
EJ cr
L

 2 EJ- .
N CR = ----------L2
Come si vede dall’espressione del carico critico, la lunghezza di libera inflessione in questo caso è pari alla lunghezza effettiva della colonna L 0 = L .
Se erroneamente si fosse concluso che ciascuna colonna è vincolata con incastro sia al piede che in testa con il traverso, si sarebbe condotta la verifica all’instabilità assumendo un carico critico euleriano quattro volte maggiore a quello teorico (esatto) calcolato A
dall’equazione della linea elastica: N CR = 4  N CR ; con L 0 = 0 5  L .
Fine-esempio
✍
ALCUNE FORMULAZIONI DI VERIFICA ALL’INSTABILITÀ. In questa prima parte introduttiva,
vengono riportati alcuni esempi che sfruttano semplici formulazioni di progetto e
verifica all’instabilità di elementi prevalentemente soggetti a intense sollecitazioni
di compressione (tra cui quelle per le colonne d’acciaio, riportate nelle specifiche
dell’American Institute of Steel Construction - AISC)(1.1). Si è scelto, in particolare,
di riportare alcune spedite procedure basate sul concetto di sforzo assiale
ammissibile(1.2).
ESEMPIO 1-J
Dati:
Un pilastro di lunghezza effettiva L = 2 50 m è previsto a sezione quadrata ed è da realizzarsi in legno di abete Douglas ( E = 13 GPa = 1300 kN  cm 2 e  adm // = 12 MPa (1.3)). Utilizzando un coefficiente di sicurezza CS = 2,5 nel calcolo del carico critico di Eulero per l’instabilità, stimare le dimensioni minime della sezione se il pilastro deve sostenere: (caso 1) un carico (nominale) di N = 100 kN o (caso 2) un carico (nominale) di N = 200 kN .
Soluzione:
(Caso 1). Utilizzando il coefficiente di sicurezza imposto:
(1.1) In particolare, accennando qui brevemente, in questa sezione del manuale, a formule di predimensionamento e verifica, si è voluto fare riferimento, a puro titolo informativo e curiosità, ad una delle versioni del “Manual of Steel Construction” dell’American Institute of Steel Construction.
(1.2) Metodo ASD (Allowable Strength Design).
(1.3) Tensione ammissibile per compressione parallela alle venature.
pag. 40
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N CR = 2 5   100 kN  = 250 kN .
Dalla formula di Eulero (relativa a n = 1 ), si ricava:
N CR L 2
250   2 5  10 2  -2 = 1218 cm 4 .
- = -----------------------------------------J = --------------2
 E
 2  1300 
Per una sezione quadrata, si calcola la dimensione che assicura dall’instabilità:
a 4- = 1218 cm 4  a =
J = ----12
4
12   1218  = 11 cm .
Verificando infine le tensioni del materiale:
100  10 -3 = 8 3 MPa  
 = N
---- = -------------------adm // = 12 MPa .
A
110 2
Dato che la tensione è inferiore a quella ammissibile, la sezione scelta è idonea ad un primo proporzionamento della struttura.
(Caso2). Utilizzando il coefficiente di sicurezza imposto:
N CR = 2 5   200 kN  = 500 kN .
Ragionando in maniera analoga, si ottiene:
N CR L 2
500   2 5  10 2  -2 = 2436 cm 4 .
- = -----------------------------------------J = --------------2
 E
 2  1300 
a4
J = ------ = 2436 cm 4  a =
12
4
12   2436  = 13 cm .
200  10 -3 = 11 8 MPa  
 = N
---- = -------------------adm // = 12 MPa .
A
130 2
ESEMPIO 1-K
Dati:
Un pilastro in alluminio ( E = 70 GPa = 7000 kN  cm 2 ) ha una lunghezza L = 5 50 m e deve portare una carico nominale centrato di circa N = 25 kN . È prevista una sezione rettangolare piena H  b . I vincoli di estremità del pilastro consentono uno schema di mensola per inflessione attorno all’asse d’inerzia forte x‐x (asse neutro  alla direzione della dimensione maggiore H ) e uno schema di trave incernierata agli estremi attorno all’asse d’inerzia debole y‐y (asse neutro  alla direzione della dimensione minore b ). Determinare il rapporto b  H che ottimizza la resistenza all’instabilità del pilastro, assumendo un fattore di sicurezza all’instabilità di almeno 2,5 sul carico nominale.
Soluzione:
Rapporto di snellezza (eq. 1‐24 a pag. 34) instabilità attorno asse x‐x ( L 0 = 2L ):
L
2L - = ---------------2L- = -------------------2L - .
SR x – x = -----0 = -------rx
1
J
b  12
------ bH 3
----x
12
A
---------------bH
Rapporto di snellezza instabilità attorno asse y‐y ( L 0 = L ):
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pag. 41
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L
L
SR y – y = -----0 = ------------------ .
ry
H  12
La condizione ottimale è, ovviamente, quella che rende uguali i due rapporti di snellezza:
2L - = ----------------L -.
---------------b  12
H  12
In altri termini, H = 2b in virtù del rapporto precedente: b
1
---- = --- .
H
2
L’area della sezione (minima) è: A = b  H = 0 5H  H = 0 5H 2 . Ora, utilizzando il coefficiente di sicurezza imposto per l’instabilità (CS = 2,5):
N CR = 2 5   25 kN  = 62 5 kN .
La tensione critica di Eulero è dunque (in funzione della sola dimensione b  H ):
N CR
62 5  10 3
 CR = --------- = -----------------------MPa .
2b 2
A
D’altronde, dall’espressione del carico critico di Eulero (per n = 1 ), in termini di tensioni:
 2 E - = ---------------- 2 E - = --------------------- 2 E - = ---------------------------2E
 CR = ---------------.
2
2
2
 SR x – x
2L -  2
2L 
0 


L
------------------------- b  12 
 rx 
 rx 
Uguagliando le due ultime espressioni di  CR , si ottiene l’equazione:
62 5  10 3
2E
----------------------------2 = -----------------------.
2b 2
2L - 
 --------------- b  12 
Risolta in funzione di b (espressa implicitamente in termini di millimetri), si ottiene:
b =
4
 62 5  10 3   24L 2
--------------------------------------------- =
2E
4
 62 5  10 3   24   5500  2
-------------------------------------------------------------- 90 mm .
 2  70  10 3 
La sezione adottata come primo proporzionamento è dunque b x H = 90 mm x 180 mm.
Fine-esempio
✍
CARICO ASSIALE ECCENTRICO: FORMULA DELLA SECANTE. In questa piccola parte, si ritiene
utile accennare ad una formulazione utilizzata quando il carico assiale non è
centrato. Se si indica con e  0 l’eccentricità del carico agente, cioè la distanza tra
la retta d’azione del carico N e l’asse della colonna o pilastro, l’elemento è
cimentato da un’azione assiale centrata sull’asse e da una coppia flettente di
intensità M = N  e . Al crescere del carico N cresce anche il valore della coppia
M , aumenta l’inflessione (   z   0 ) e aumenta anche la componente flettente
dovuta agli effetti del II ordine: N    z  . Infatti, in una generica sezione a quota z
dallo spiccato di un’asta (supposta incernierata agli estremi), agisce la
sollecitazione flettente complessiva di intensità:
M z  = N  e +  z ,
pag. 42
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essendo   z   0 la deformata dovuto allo spanciamento dell’asta sotto carico. In
virtù dell’eq. 1-26:
d2
M– ----= --------2- = 
EJ
dz
sostituendo l’espressione di M  z  , si ottiene l’equazione differenziale della linea
elastica:
d2
MN   e + z
--------2- = – ----= – ---------------------------------- .
EJ
EJ
dz
(Eq. 1‐31)
Fissata per comodità la posizione:
N- ,
C = ----EJ
si ottiene l’equazione differenziale:
d2 z 
---------------- + C2  z  = – C2 e .
dz 2
(Eq. 1‐32)
Trattando il caso di asta incernierata agli estremi L 0 = L , il carico critico
euleriano per n = 1 è:
2 EJ
N CR = 
-----------.
L2
La soluzione dell’eq. 1-32 porta alle due interessanti espressioni:
 N adm 
 max = e  sec  --- ----------- –1 ,
 2 N CR 
(Eq. 1‐33)
e  y max
N
 N
 max = ----  1 + ---------------- sec  --- ----------  ,
 2 N CR 
A
r2
(Eq. 1‐34)
avendo indicato con y max la massima distanza delle fibre compresse dall’asse
neutro della sezione, in condizioni di flessione semplice retta.
Importante
Operativamente, queste due ultime espressioni rimangono valide qualunque
siano i vincoli imposti alle estremità dell’asta, a patto ovviamente di considerare
il relativo valore del carico critico N CR . È da osservare che, nell’espressione 1-34,
la massima tensione  max nelle fibre non varia linearmente con il carico assiale N
e che di conseguenza non è possibile applicare il principio di sovrapposizione
degli effetti per la determinazione degli sforzi dovuti alla simultanea applicazione
di più carichi. È necessario invece determinare il carico risultante e ricavare il
corrispondente sforzo tramite l’eq. 1-34, appunto. Infine, esprimendo in funzione
direttamente della lunghezza di libera inflessione dell’asta:
Norme: British Standards
pag. 43
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 max
N
---- = -----------------------------------------------------------------------------------.
A
e  y max
1 N L0 

1 + ---------------- sec --- --------  ---- 2 EA r 
r2
Formula
secante
(Eq. 1‐35)
Quest’ultima equazione è nota col nome di “formula della secante” e definisce la
forza per unità di area N  A corrispondente a un dato sforzo massimo  max in un
elemento pressoinflesso con un dato rapporto di snellezza SR = L 0  r e lunghezza
libera di inflessione L 0 . L’equazione 1-35 è di tipo trascendentale: apparendo
N  A in entrambi i membri, è necessario risolverla per tentativi. È interessante
osservare che, per piccoli valori del rapporto di snellezza:
L
SR = -----0
r
la secante si approssima al valore unitario. Pertanto, si ritorna all’espressione
della pressoflessione (si veda l’eq. 1-11 a pag. 23):
 max
N
----  -------------------------------A 
e  y max
1 + ----------------
r2 

e  y max
N
.
 max  ----   1 + ----------------A 
r2 
(Eq. 1‐36)
ESEMPIO 1-L
Dati:
Un pilastro di altezza effettiva L = 3 0 m e di sezione tubolare quadrata (si vedano dettagli in figura 1.16) sia considerato vincolato a mensola ( L 0 = 2L ). Si stimi il massimo carico nominale dedotto applicando un coefficiente di sicurezza CS = 2,5 sul carico critico di Eulero corrispondente. Ipotizzando che il massimo carico nominale N adm sia applicato con un’eccentricità pari al 20% della dimensione massima della sezione, determinare il massimo spostamento dell’estremità libera della mensola e il massimo sforzo nelle fibre più compresse della sezione. Si consideri: E = 200 GPa = 2 0  10 5 MPa , A = 2400 mm 2 , J = 3 5  10 6 mm 4 e r = 38 19 mm . La massima tensione imposta sia  adm = 130 MPa .
Soluzione:
Lo schema di vincolo è quello di mensola. Il carico critico euleriano per n = 1 è:
 2  2 0  10 5    3 5  10 6 
 2 EJ
- = 192 kN .
N CR = -------------2- = ------------------------------------------------------------- 2L 
10 3   2   3 0  10 3   2
Con un fattore di sicurezza CS = 2,5 si ricava (per A = 2400 mm 2 ):
N CR
N adm
192
76 8  10 3
N adm = --------- = --------- = 76 8 kN , ----------- = ------------------------ = 32 MPa .
CS
2 5
A
2400
L’inverso del coefficiente di sicurezza fissato (CS = 2,5) coincide con il rapporto N adm  N CR = 76 8  192 = 1  2 5 . L’eccentricità si calcola (per ipotesi) pari al 20% della dimensione maggiore della sezione trasversale:
e = 0 2  max  b ; H  = 0 2   100 mm  = 20 mm .
Utilizzando l’eq. 1‐33 e sostituendo i valori numerici, si calcola il massimo spostamento dell’estremità libera della mensola:
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S EZIONE 1 N OTE INTRODUTTIVE
Figura 1.16 Caratteristiche geometriche sezione tubolare in acciaio.
 N adm 

 max = e  sec  --- ----------- – 1 = 20  sec  --------------------  – 1  20  0 832 = 17 mm ,
 2 N CR 
 2 2 5 
avendo considerato che sec  = 1  cos  . Lo spostamento orizzontale in testa alla colonna è pari a L/176 e andrà verificato che non comprometta l’esercizio dell’intera struttura. Il massimo sforzo normale in condizioni di pressoflessione si calcola secondo l’eq. 1-34:
N adm
e  y max
 N adm- 

20  50
-  1 + ---------------- max = ---------- sec  --- ----------= 32  1 + ---------------------2-  sec  --------------------  .
2
 2 N CR 
 2 2 5 
A
r
 38 19 
Sostituendo i valori numerici:
20  50

 max = 32  1 + ----------------------2  sec  --------------------  = 32   1 + 0 686  0 832  = 32  1 57 = 51 MPa .
 2 2 5 
 38 19 
Risultando anche  max   adm = 130 MPa il precalcolo della colonna si considera soddisfacente sia dal punto di vista della non instabilità sia dal punto di vista della resistenza del materiale alla pressoflessione.
ESEMPIO 1-M
Dati:
Sia data una colonna in acciaio di sezione S100 x 11.5 (profilato americano tipo S). Assumendo una tensione resistente di  y = 290 MPa e un modulo elastico E = 200 GPa , verificare la massima lunghezza effettiva L che può avere la colonna se si adotta lo schema di cerniere agli estremi, con carico assiale (nominale) pari a N = 60 kN . Soluzione:
In questa sezione introduttiva, si è ritenuto utile e istruttivo utilizzare alcune formule di verifica, relative al metodo ASD (Allowable Strength Design), riportate in una versione dell’AISC Manual of Steel Construction. Il profilato scelto ha le seguenti caratteristiche:
A = 1452 mm 2 , r x = 41 6 mm , r y = 14 75 mm .
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Figura 1.17 Colonna supposta incernierata agli estremi, sezione tipo S 100 x 11.5 (profilato americano).
Nelle specifiche dell’AISC si esprime  adm in funzione del rapporto di snellezza SR = L  r , tramite l’introduzione di un fattore di sicurezza FS dipendente dal tipo di pilastro/colonna (snella o tozza). In particolare, definito il parametro:
2E
,
C c2 = 2
-----------y
se risulta L  r  C c si utilizza la formula con fattore di sicurezza implicito di FS = 1,92:
12 2 E ,
 adm = ------------------------L 2
23   --- 
 r 
dove il rapporto SR = L  r non dovrebbe eccedere il valore 200. Altrimenti, se risulta L  r  C c , si utilizza la formula:
y
1
Lr 2
 adm = -------  1 + ---   ---------  ,

FS
2
Cc 
con il fattore di sicurezza FS che assume la forma:
5 3 Lr
 -r 3 .
FS = --- + ---  ---------  – 1---  L
-------3 8  Cc  8  Cc 
Per ipotesi, si conosce il valore della tensione di snervamento  y = 290 MPa . Per cui:
2 2  200  10 3 
2 2 E
C c2 = ------------ = ----------------------------------- = 13 61  10 3
y
290
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
C c = 116 7 .
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Si impone una tensione di lavoro agente pari a quella dovuta alla sollecitazione di compressione:
N
60  10 3
 adm = ---- = ------------------ = 41 3 MPa   y = 290 MPa .
A
1452
Assumendo a priori L  r  C c (successivamente quindi da verificare), si uguaglia la tensione  adm all’espressione fornita:
12 2 E
 adm = -------------------------2
L
23   --- 
 r 

2  200  10 3 
-------------------------------------,
41 3 = 12
2
L


23  -- r 
ricavando il relativo valore di SR = L  r :
2
L
---  = 24927
 r 

L
--- = 157 9  200 .
r
Utilizzando il valore minore dei raggi giratori di inerzia ( r y = 14 75 mm ), si ricava l’altezza effettiva massima della colonna (vincolo cerniera‐cerniera: L 0 = L ):
L- = -------------L - = 157 9  L = ------------------------------------------157 9    14 75 - = 2 30 m .
--ry
14 75
10 3
Risultando infine L  r y = 157 9  C c = 116 7 , l’assunzione fatta a priori è corretta come anche l’utilizzo della relativa formula.
Fine-esempio
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1.4 Riferimenti bibliografici [Sezione 1]
ACI Committe 318, 2011, ACI 318-11, Building Code Requirements for
Structural Concrete and Commentary
American Institute of Steel Construction, Manual of Steel Construction, 9a ed.,
New York, 1989
BS 6399-1: 1996, Loading for buildings. Code of practice for dead and imposed
loads
BS 648: 1964, Schedule of weights of building materials
Carlo Sigmund, Calcolo semplificato agli stati limite, Dario Flaccovio Editore,
2010
Ferdinand P. Beer, E. Russel Johnston Jr., Mechanics of Materials, 2/E in SI
Units; McGraw-Hill Inc., 1992
Institution of Structural Engineers, Manual for the Design of Steelwork Building
Structures, 1989
The Steel Construction Institute, The British Constructional Steelwork
Association Limited, Steelwork Design Guide to BS 5950-1:2000,
volume 1 Section Properties Member Capacities
Trevor Draycott, Structural Elements Design Manual, Butterworth Heinemann,
1999.
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