PROPOSTA DI PIANO FAUNISTICO VENATORIO

PROPOSTA
DI
PIANO FAUNISTICO
VENATORIO
(L.R.T. 3/94 art. 8)
1. ANALISI DEI RISULTATI DEL PIANO FAUNISTICO
VENATORIO 2006 - 2010
Una breve analisi retrospettiva del Piano Faunistico Venatorio che sta per essere archiviato non
può non partire dal ricordare le concitate fasi che ne hanno contraddistinto l’iter di approvazione.
Cruciale la scelta di suddividere il territorio in due ATC con un maggior equilibrio sia in termini di
dimensioni che soprattutto ricercando una miglior omogeneità territoriale.
Questa scelta avversata che alla fine ha prevalso non ha avuto le ripercussioni negative che qualcuno
paventava. Anzi è stata anche per merito di opportuni “ammortizzatori” quali ad esempio
l’interscambio gratuito tra gli iscritti ai due ATC non pare aver avuto effetti negativi di alcuna sorta
mentre i lati positivi della scelta sono emersi evidenti in questi anni.
Intanto è stato raggiunto l’obiettivo di una più puntuale gestione di territori assai diversi tra loro e
che anche a causa delle rilevanti dimensioni dell’ATC Lu 12 dei Piani Faunistici Venatorii precedenti
non si era potuta realizzare. Alla lunga, si ritiene, non ne ha beneficiato solo l’ATC Lu 11 e più in
generale la Garfagnana che tale Ambito rappresenta.
I riscontri positivi in termini di maggior attenzione ai singoli territori sono arrivati anche per l’ATC
Lu 12 che ha potuto concentrare energie e risorse in un quadro di maggior sostenibilità di gestione
ed i risultati come vedremo non sono mancati.
Dopo questa doverosa premessa che costituisce anche una chiave particolare di lettura del bilancio
consuntivo del Piano Faunistico Venatorio in scadenza è possibile analizzare sempre in modo
necessariamente sintetico una serie di elementi gestionali di rilievo per evidenziarne elementi positivi
e negativi.
Il Piano Faunistico Venatorio 2006-2010 si è caratterizzato innanzitutto per la previsione (per la
prima volta nella storia della gestione faunistica della nostra Provincia) di Zone di Ripopolamento e
Cattura (ZRC) e di Zone di Rispetto Venatorio (ZRV). Per queste ultime la previsione non andava
ad individuare nel dettaglio i perimetri di tali zone ma poneva le premesse per guidare attraverso
specifiche direttive la nascita di tali Istituti in una direzione di affiancamento effettivo alle ZRC e alle
altre zone a divieto di caccia della Provincia già esistenti.
Il disegno complessivo era quello di muoversi verso un quadro articolato di territori alternativamente
aperti e chiusi alla caccia in modo da creare le premesse per un ambientamento della selvaggina e un
irradiamento nelle zone circostanti.
Le ZRC per un adeguamento procedurale della normativa a lungo atteso sono state nel frattempo
costituite applicando un divieto temporaneo ai sensi dell’art. 33). Intervenuta la semplificazione
procedurale due di esse sono già state formalmente istituite e nel caso della ZRC di Piazza al Serchio
si è provveduto anche alla nomina degli organismi di gestione mentre per quella di Farneta potrebbe
essere utile l’affidamento in gestione alla ATC territorialmente competente similmente a quanto è
stato già fatto in altre Province. Oltre alla istituzione di altre due ZRC il prossimo Piano dovrà
probabilmente ripensare alla collocazione di una di esse attualmente già costituita in divieto di caccia
me che non ha mai incontrato, almeno nella perimetrazione attuale, i favori della popolazione locale.
Ma anche gli ATC hanno dato un forte contributo alla realizzazione del disegno complessivo previsto
dal Piano Faunistico. Pur attenendosi alle norme contenute nel Piano volutamente rigide al fine di
garantire fin da subito una “innovazione virtuosa” sono state istituite o sono in via di istituzione una
decina quasi di ZRV quasi tutte comprese nel territorio della ATC Lu 12.
1
Questo da un lato rappresenta in sé un fatto molto positivo che denota una crescita notevole nella
mentalità del mondo venatorio che anche a Lucca ha compreso l’importanza di certe scelte e la forse
paradossale (ma non troppo) possibile ricaduta positiva sulla stessa attività venatoria della creazione
di ulteriori zone a divieto di caccia da intervallarsi al territorio aperto alla caccia.
Alcune di queste ZRV sono ormai funzionanti e stanno dando i primi frutti anche in termini di
presenza di selvaggina mentre altre sono in via di realizzazione.
Sul tema dei ripopolamenti di selvaggina, tema assai affine a quello degli Istituti a divieto finalizzati
alla produzione, ambientamento e irradiamento della fauna selvatica va detto che il Piano
introduceva una innovazione sostanziale che è stata fondamentalmente recepita ed addirittura meglio
interpretata e specificata dalla concreta gestione degli ATC.
Si allude al fatto che, anche qui per la prima volta, con le direttive del Piano si sono voluti porre dei
paletti assai rigidi che riguardavano sostanzialmente la vocazionalità dei territori e la
qualità/provenienza della selvaggina da immettere, le fasi di ambientamento della stessa sul territorio
di immissione.
Sul primo versante l’utilizzo dei dati di indagine della Carta Faunistica di recente acquisizione al
momento della stesura del precedente Piano ha voluto dire un forte impulso alla ricerca di areali di
immissione sempre meglio adatti a ricevere la selvaggina. Questo ha significato per i tecnici che
elaboravano i Piani scendere ad un livello di dettaglio ancora maggiore di quello studiato dalla Carta
Faunistica e in alcuni casi anche confutare per areali particolari alcune conclusioni della Carta stessa.
Anche sul versante della qualità del prodotto si è assistito ad una miglior valutazione dei fornitori
con visite preventive ai produttori e procedure di acquisto molto più evolute e stringenti in modo da
garantirsi, anche attraverso una migliore programmazione pluriennale, continuità e qualità della
selvaggina.
La nascita delle ZRV e comunque la politica seguita dagli Atc che in modo progressivo ha orientato
una parte via via crescente della fauna destinata alla immissione in voliere di ambientamento ha
costituito a sua volta un passaggio cruciale nel miglioramento delle attività di sostegno della
presenza faunistica sul territorio.
Tra i tanti interventi per importanza soprattutto sul versante delle azioni sinergiche tra Provincia e
ATC è stato il Progetto per la reintroduzione della Pernice rossa finanziato dalla Regione ed attuato
da entrambi gli ATC sul rispettivo territorio di competenza.
Se è ancora presto per valutare complessivamente un riscontro tangibile e complessivo sul territorio
di queste scelte in territori particolari si sono avuti comunque già singoli risultati positivi che
lasciano intuire come una intensificazione delle azioni nella direzione intrapresa può avere nel tempo
ancora maggiori risultati.
La Provincia dal canto suo ha continuato la gestione delle aree a divieto di propria competenza con
immissioni annuali sia nelle ZRC che nelle zone soggette a divieto ai sensi dell’art. 14) della L.R.
3/94 ovvero le rotte di migrazione abituale della avifauna operando con selvaggina selezionata
immessa ovviamente non con criteri sovradensitarii ma nonostante ciò non sono mancati i riscontri in
termini di risultato con alcuni areali dove è possibile ipotizzare anche in ragione della relativa
lunghezza del periodo considerato la presenza ormai di selvaggina in grado di riprodursi e si allude
in particolare all’art. 14) del Bientina piuttosto che alla ZRC di Farneta.
Per quanto riguarda i miglioramenti ambientali nei territori a divieto di caccia si è andato
consolidando nel tempo un gruppo di soggetti che hanno assicurato una continuità di interventi
mentre un cenno particolare merita il recupero di un importante areale umido nell’alveo dell’ex Lago
di Bientina e si allude al cosiddetto Lago della Gherardesca dove i risultati in termini di presenza di
2
avifauna migratrice sono addirittura lusinghieri e quindi dove l’efficacia del finanziamento è stata
massimizzata. Accanto ad esso nel territorio della ATC Lu 11 la collaborazione con la ex- Comunità
Montana della Garfagnana ha permesso il recupero dei Laghi di Cella altra area umida in un contesto
ambientale completamente diverso nel comune di Castiglione Garfagnana. Altri interventi qualificanti
di miglioramenti ambientali sono previsti anche nella Media Valle del Serchio. Per quanto riguarda
gli ATC si è giunti ad un pieno utilizzo delle risorse disponibili per i miglioramenti ambientali da
parte di entrambi gli Ambiti mentre localmente sono state introdotte nuove soluzioni di
coinvolgimento degli agricoltori in un quadro di programmazione pluriennale degli interventi.
La gestione ed il controllo dei danni provocati dalla selvaggina ha richiesto un impegno notevole e
rappresenta forse il versante maggiormente critico alla vigilia del varo del nuovo Piano.
Da questo punto di vista il quadro di riferimento del Piano Faunistico Venatorio 2006/2010 è
fortemente mutato soprattutto a causa del progressivo radicarsi di un “problema cinghiale” che gli
strumenti previsti nel Piano e che tutto sommato erano orientati alla gestione di una situazione
ordinaria si sono rivelati inadeguati. Ma del resto la normativa regionale stessa ha avuto necessità
impellente di adeguamento rispetto ad una situazione in rapida evoluzione con presenze di cinghiali
in zone prossime o addirittura all’interno di nuclei abitati che hanno richiesto un mutamento ed un
progressivo adattamento delle strategie di controllo.
In questo quadro se l’aumento dei danni non è stato esponenziale anzi tendenzialmente è stato
controllato soprattutto per quanto riguarda l’ATC Lu 11 è cresciuta la preoccupazione in determinati
areali dove a fianco dei danni alle coltivazioni si è registrata una invadente presenza di questi
ungulati con una pressione notevole anche nei confronti della stessa popolazione.
Agli interventi ex art. 37 diversamente graduati e con esiti per molti versi incerti si sono affiancate
via via strategie di prevenzione che potrebbero già nel medio periodo portare risultati interessanti
almeno nei termini di contenere i danneggiamenti alle colture.
Risultati già molto lusinghieri sono stati raggiunti dalla ATC Lu 12 nei confronti dei danni provocati
dalle cornacchie e si stanno sperimentando metodiche simili per la difesa delle colture a mais verso i
cinghiali.
Sulla ATC Lu 11 si è proseguito ed intensificato negli anni il ricorso alla recinzione elettrica per la
difesa dagli ungulati. Il tendenziale decremento dei danni può rappresentare l’indicatore di un buon
risultato di questa strategia.
Per quanto riguarda la caccia di selezione i risultati sono tangibili anche se non del tutto omogenei su
base territoriale. L’apertura di un nuovo Distretto per il capriolo da parte della ATC Lu 11 è
comunque sintomatico della crescita di interesse verso questo tipo di attività.
In tema di ungulati, conformemente alle direttive del Piano Faunistico Venatorio è stata attivata la
caccia di selezione al muflone mentre si è notevolmente migliorato il versante della selezione al
capriolo attraverso l’approvazione di un nuovo Regolamento sperimentale che recepisce la maturità
raggiunta dai selecontrollori e pone le premesse per una gestione sempre più corresponsabile del
patrimonio faunistico di riferimento.
Infine anche per quanto riguarda la gestione del Cervo Appenninico la costituzione dell’Acater
occidentale e la redazione dei relativi Piani di Gestione da un lato e l’approvazione del Regolamento
provinciale sulla selezione al cervo costituiscono due punti essenziali che hanno posto le basi anche
per una gestione di questa specie.
Un cenno infine al versante degli appostamenti fissi che nella nostra Provincia ha un rilievo
diversamente riscontrabile (in proporzione al numero dei cacciatori) in altre Province toscane.
3
Il numero degli appostamenti negli anni di applicazione del Piano non ha subito particolari
oscillazioni, d’altro canto da un lato alcune modifiche normative introdotte dalla Regione oltre
all’invecchiamento medio della età dei cacciatori lucchesi fanno sì che questa modalità di caccia
continui ad avere una sua persistenza soprattutto in particolari areali del territorio provinciale.
La notevole semplificazione regolamentare in materia ancor più recentemente introdotta con
l’abolizione ad esempio del cosiddetto “rinnovo quadriennale” oltre al fattore demografico sopra
ricordato è prevedibile che induca anche negli anni a venire una sostanziale tenuta di questa forma
tradizionale di caccia.
Da ultimo ma non per ultimo come livello di importanza è doveroso segnalare come elemento
essenziale e alla base di tutti i risultati raggiunti con il Piano Faunistico Venatorio in scadenza è stato
il rapporto tra ATC e Uffici Provinciali che nel passato non aveva mai raggiunto livelli
particolarmente elevati.
Dalla stretta collaborazione nata in questi anni derivano con ogni probabilità tutti i risultati
significativi raggiunti e anche le problematiche per le quali a tutt’oggi si ricercano soluzioni migliori
come ad esempio la compatibilità territoriale della presenza dei cinghiali sono stati oggetti di
confronti ampi e reiterati con soluzioni condivise e con la effettiva ricerca di strategie sinergiche.
2. SINTESI DEGLI OBIETTIVI
La Legge Regionale n° 3 del 12/01/1994 all'art 6 c.2 già fissa degli obiettivi di fondo da perseguire
comunque nella redazione di ogni piano faunistico venatorio provinciale. In particolare la
pianificazione faunistico venatoria è finalizzata:
·
per quanto attiene alle specie carnivore, alla conservazione delle loro effettive capacità
produttive e al contenimento naturale di altre specie non oggetto di specifica tutela;
·
per quanto riguarda le altre specie, al conseguimento della densità ottimale, alla loro
conservazione e a garantirne la coesistenza con le altre specie e con le attività antropiche
presenti sul territorio.
Il presente PFV costituisce un’evoluzione della precedente pianificazione faunistico- venatoria
provinciale; gli obiettivi prefissati derivano dal monitoraggio dell’attuazione del precedente PFV, in
particolare dalla valutazione degli interventi di gestione e delle criticità emerse .
Il nuovo PFV orienta la propria strategia e programmazione verso scelte che possano superare le
problematiche, correggendo e perfezionando le azioni intraprese e previste.
Di seguito si riportano i principali obiettivi strategici individuati prioritariamente e discussi in
occasione degli incontri pubblici effettuati su territorio provinciale:
·
conseguire densità di presenza della specie cinghiale compatibili con una attività
agricola che sul territorio provinciale conosce già una situazione di pesante crisi Questo
dovrà comportare conformemente a quanto peraltro prevede la Legge a una gestione non
conservativa della specie specialmente nei territori non tradizionalmente vocati a questa
presenza;
4
·
incrementare la colonizzazione del territorio da parte delle specie selvatiche
selezionando gli interventi col fine ultimo di creare popolazioni per quanto possibile in grado
di autosostenersi. Questo implica l’individuazione e l’adozione delle migliori pratiche da
porre in essere e che vanno dalla sottrazioni di territori talora marginali alla attività di caccia
e da destinare invece alla produzione di selvaggina con metodiche d’avanguardia, alla
corresponsione agli agricoltori di benefici a fronte di una attività di semina finalizzata non
alla produzione ma al diretto consumo da parte degli animali stessi, fino al ripristino di
condizioni del territorio più favorevoli allo sviluppo e alla irradiazione naturale della fauna
(zone rifugio, siepi ecc.) che costituiscano soluzioni di continuità di territori spesso
banalizzati dalla azione dell’uomo;
·
pieno ed efficace coinvolgimento delle zone a divieto di caccia in una gestione
compatibile con il raggiungimento di densità ottimali delle specie selvatiche e con la gestione
attiva delle specie problematiche proprio a partire da quei territori su cui insistono sia le aree
che rientrano nei Parchi Regionali e Nazionali che sono presenti in Provincia di Lucca.
Tali obiettivi generali sono stati declinati in obiettivi specifici e quindi in azioni funzionali al
raggiungimento delle finalità preposte.
2.1 Obiettivi specifici
Obiettivo Specifico 1- Verifica degli istituti faunistico venatori esistenti e della loro funzionalità
Azioni
1.1 - Revisione cartografica su base 1:10.000 dei perimetri;
1.2 - Verifica dei perimetri degli istituti di protezione su cui risultano presenti altri vincoli di natura
ambientale e/o conservazionistica;
1.3 - Garantire che negli istituti faunistici vengano attuate idonee forme di gestione quale priorità
per l’istituzione e il mantenimento;
1.4 - Coordinamento con gli altri Enti competenti qualora un istituto di protezione intersechi anche
solo parzialmente un’area a gestione non provinciale (ad es CFS, Enti Parco, ASBUC…);
1.5 - Individuazione obiettivi gestionali specifici per ogni istituto.
Obiettivo Specifico 2- Contributo alla salvaguardia della biodiversità
Azioni
2.1 - Programmazione interventi di monitoraggio e controllo di specie animali omeoterme alloctone;
2.2 - Pianificazione miglioramenti ambientali anche in funzione dell’implementazione e del
mantenimento delle reti ecologiche funzionali;
2.3 -Mantenimento presenza istituti venatori a divieto di caccia (oasi di protezione e zone di
protezione lungo le rotte di migrazione dell’avifauna) in siti di particolare valenza conservazionistica
per la presenza di habitat e specie tutelate da specifica normativa (riferimento anche per la L. 3/94);
2.4 - Contributo all’individuazione di corridoi ecologici funzionali per la fauna mediante specifiche
raccolte dati sul territorio;
2.5 - Studi volti alla conoscenza della distribuzione di specie particolarmente protette e di specie
protette al fine dell’individuazione di corrette azioni gestionali (es superpredatori come lupo e
aquila);
2.6 - Tutela della biodiversità agricola mediante specifiche azioni in caso di danni su produzioni
tipiche;
2.7 - Particolare attenzione rivolta alle aree umide minori e alle zone palustri.
5
Obiettivo Specifico 3- Gestione fauna di interesse venatorio
Azioni
3.1- Monitoraggio della densità di specie di fauna omeoterma di interesse venatorio (es. censimento
beccaccia, censimenti ungulati);
3.2 - Programmazione interventi di controllo ex lege per le specie la cui densità può costituire una
problematica non altrimenti risolvibile;
3.3 - Approfondimento dell’analisi sulla vocazionalità del territorio sulla base dei dati raccolti a
livello locale: creazione di una banca dati omogenea per la raccolta dei dati territoriali forniti da
personale esperto;
3.4 - Salvaguardia delle connettività ecologiche funzionali per garantire la distribuzione e
dispersione delle specie faunistiche.
Obiettivo Specifico 4 - Riduzione dei danni alle produzioni agricole e alle opere
Azioni
4.1 - Formazione e informazione circa l’utilizzo di mezzi ecologici dissuasori e sistemi di
prevenzione e di protezione;
4.2 - Sostegno tecnico e consulenza a chi denuncia i danni fin dalle fasi preliminari;
4.3 - Attuazione interventi di controllo mirati sulle specie di interesse venatorio causa del danno;
4.4 - Individuazione specifiche misure per la prevenzione e la protezione dai danni nelle zone di
protezione.
Obiettivo Specifico 5- Partecipazione alla programmazione prevista nel Piano
Azioni
5.1 - Incontri pubblici sia con la utenza che con le Associazioni di Categoria;
5.2 - Raccolta ed elaborazione di contributi;
5.3 - Pubblicazione sul Web;
5.4 – Formazione, informazione e aggiornamento dell’utenza su tematiche di sicurezza e di
sostenibilità ambientale
2.2 - La declinazione degli obiettivi specifici in azioni
Obiettivo 1- Verifica degli istituti faunistico venatori esistenti e della loro funzionalità
Le proposte del piano per gli istituti faunistici
Nella tabella seguente si riportano le zone a divieto di caccia previste da altre disposizioni legislative
e gli istituti faunistico venatori previsti dal piano:
Istituto
Parco Nazionale Appennino Tosco
Emiliano
Superficie
(ha)
a divieto di
caccia
2554 ha
Superfici in
sovrapposizione
con altre aree
2.065,00
Comuni interessati
Note
Vila Collemandina,
Giuncugnano e S. Romano
in Garfagnana
Sovrapposizione con l’Oasi
Monte Vecchio Orecchiella
Riserva Naturale Statale Lamarossa
168,00
S. Romano in Garfagnana
Riserva Naturale Statale Orecchiella
217,58
S. Romano in Garfagnana
6
compresa nel PN Appennino
Tosco Emiliano
compresa nel PN Appennino
Tosco Emiliano
Superficie
(ha)
a divieto di
caccia
Superfici in
sovrapposizione
con altre aree
Comuni interessati
Riserva Naturale Statale Pania di
Corfino
135,00
Villa Collemandina
Riserva Naturale Statale Orrido di Botri
192,00
Bagni di Lucca
Istituto
TOT AAPP nazionali
Parco Regionale Alpi Apuane
Parco Regionale Migliarino- S. RossoreMassaciuccoli
Riserva naturale provinciale Lago di
Sibolla e area contigua
2554
13.728,77
1.886,00
Viareggio, Massarosa
Pisa, Vecchiano (PI)
64,00+ 75,00
Altopascio
0
49,00
Capannori
ANPIL Lago e Rupi di Porta (NON
CONFORME ove non coincida con la
ZP Versilia)
0
70 ha
Pietrasanta
ANPIL Dune di Forte dei Marmi
0
9 ha
Forte dei Marmi- Montignoso
(MS)
15.678,77
128,00
Art. 14 – ZP Bientina
514,00
49,00
Art. 14 – ZP Brentino
433,00
Viareggio, Massarosa
Art. 14 - ZP Lucca
3.531,00
Lucca, Borgo a Mozzano
Art. 14- ZP Versilia
5.105,00
Viareggio – Camaiore –
Pietrasanta – Forte dei
Marmi – Seravezza
Art. 14- Lago del Bagno
13
Art. 14- Lago di Pontecosi
57
Capannori
214,25
TOT- Art. 14 ZP
9867,25
49,00
Art. 15 – Oasi Balzo Nero
873,00 +
34,00=907 ha
34,00
Bagni di Lucca
Art. 15 – Oasi Orrido di Botri
2.162,00+
49,00 = 2211
192,00
49,00
Coreglia Antelminelli, Bagni
di Lucca
Art. 15 – Oasi Monte Vecchio
Orecchiella
2.122,00
2.065,00
Villa Collemandina –
S.Romano – Castiglione
Garfagnana – Sillano
5157
2.257,00
Centro Pubblico per la Produzione di
Selvaggina
allo Stato Naturale di Colle Fobia
TOT CPPSSN
Il divieto di caccia è
determinato dal fatto che
l’ANPIL ricade nella ZP
BIentina
In totale la superficie
dell’ANPIL è pari a 77 ha ma
solo 70 ha risultano a divieto
di caccia perché compresi
nella ZP Versilia
L’ANPIL risulta a divieto di
caccia perché compresa
nella ZP Versilia
Comprende interamente
anche l’ANPIL del Bottaccio
Comprende l’ANPIL Dune di
Forte dei Marmi e
parzialmente l’ANPIL del
Lago di Porta
Pieve Fosciana
Pieve Fosciana,
Castelnuovo Garfagnana
Lucca
Art. 14- Bottacci di Massa Pisana
TOT – Art. 15 Oasi
compresa nel PN Appennino
Tosco Emiliano
compresa nell’Oasi Orrido di
Botri
2.777,58
ANPIL Il Bottaccio
TOT AAPP Regionali
Note
136
Nel perimetro sono state
incluse alcune aree
demaniali contigue al
perimetro dell’oasi
Comprende interamente la
riserva naturale statale
Orrido di Botri
Nel perimetro sono state
incluse alcune aree
demaniali contigue al
perimetro dell’oasi
Barga
136
ZRC Controneria
135
ZRC Farneta
233
ZRC Carraia
266
Fraz. S. Cassiano di
Controne (Bagni di Lucca)
Loc. Farneta, Maggiano, S.
Macario in Piano (Lucca)
Loc. Carraia, Colognora e
7
In fase di istituzione
In fase di istituzione
Istituto
Superficie
(ha)
a divieto di
caccia
Superfici in
sovrapposizione
con altre aree
Comuni interessati
Note
Casa del Lupo (Capannori)
ZRC Piazza al Serchio
189
TOT ZRC
823
ZRV Montramito ATC 12
264
TOT ZRV
264
F.C. Massaciuccoli
4,7
Massarosa
F.C. Capanne di Caprignana
3,6
S. Romano di Garfagnana
F.C. Puosi
44,7
Camaiore
F.C. Monte Cucco
4,8
Massarosa
F.C. Aquilata
12
Massarosa
F.C. Colle d’Arciana
Piazza al Serchio
Massarosa
5
Castiglione di Garfagnana
F.C.Vagli
135
Vagli di Sotto
F.C. Gelsa
3,2
Area sottratta alla caccia“Il Ciocco”
127,00
Loc. Spianate (Altopascio)
Loc. Lucignana (Coreglia
Antelminelli)
Fraz Vorno (Capannori)
Fraz Badia di Cantignano
(Capannori)
Barga – Fosciandora
F.C. Zaffora Marco “San Macario”
10
Lucca
122
Lucca
F.C. Az. Agricola la Fornace
21,34
F.C. Tenuta dello Scompiglio 1
45,8
F.C. Tenuta Setteventi s.r.l.
Aree sottratte alla caccia
S. Macario
TOT Art. 25
30
569,14
Zona demaniale Faeta
153
Lucca – Capannori
Zona demaniale La Fratta
92
P.za al Serchio
Zona demaniale Mediavalle
320
TOT demanio
565
34+49
(sovrapposte alle
oasi di protezione)
Barga – Coreglia – Bagni di
Lucca
Sono stati sdemanializzati
circa 88 ha rispetto al
precedente PFV. Alcune
porzioni sono state inserite
nell’oasi Balzo Nero e
nell’Oasi Orrido di Botri
Di seguito gli istituti che non concorrono alla determinazione della superficie a divieto di caccia ex
art. 6 c.6 della L.R. 3/94.
Istituto
ZRV Cima dell’Omo (ATC 12)
Estensione (ha)
Localizzazione
6,28
Barga
ZRV La Cava (ATC 12)
8,69
ZRV Fubbiano (ATC 12)
32,77
ZRV Castello (ATC 12)
5,07
Lucca
ZRV Palazzetto (ATC 12)
8,95
Coreglia Antelminelli
ZRV Celli (ATC 12)
5,88
Capannori
ZRV Campolungo (ATC 12)
9,20
Camaiore
ZRV Il Colle (ATC 12)
5,42
Lucca
90
Camporgiano
ZRV Ai venti (ATC 11)
TOT ZRV
Massarosa
Capannori
172,26
8
Istituto
Estensione (ha)
Localizzazione
32
Porcari
AACSS Bandierini
AACSS Capanno di Ferro
AACSS Colli
32
Loc. Padule (Porcari)
3,17
Loc. Colli (Piazza al Serchio)
AACSS Combattenti
6,8
Loc. Le Piagge del Fontanone (Coreglia Antelminelli)
AACCS Sant’Ansano
2,77
Fraz. Trassilico (Gallicano)
198
Barga, Fosciandora
AACSS Il Ciocco
TOT Aree addestramento cani senza sparo
274,74
AACCS Tassignano
10,60
Fraz Tassignano (Capannori)
AACCS La Pieve
4,6
AACCS Santa Maria del Giudice
14
Fraz Santa Maria del Giudice (Lucca)
AACCS Bosco Orsetti
13,9
Fraz S. Alessio (Lucca)
AACCS La Rapinata
11,9
Camaiore
AACCS Celli
12,3
Fraz. S. Martino in Freddana (Pescaglia)
TOT Aree addestramento cani con sparo
67,3
AACC La Pianella
AACC Monte Volsci
AACC Gonfiente
Fraz Piano del Quercione (Massarosa)
35
Loc. Castagnori (Lucca)
13,2
Loc. Monte Volsci (Castelnuovo di Garfagnana)
10
Loc. Gonfiente (Minucciano)
AACC Groppa
8
Loc. Groppa (Pescaglia)
AACC Colle dei Gatti
10
Loc. Colle dei Gatti (Molazzana)
AACC Fraia
8,8
Loc. Fraia (Barga)
AACC Verrucolette
4,6
Loc Verrucolette (Minucciano)
4
Loc. Caprignana Vecchia (S. Romano Garfagnana)
3,6
Fraz Magliano (Giuncugnano)
AACC Lezzoni
AACC Colletto
TOT Aree addestramento cani su cinghiale
97,20
AACL Poraglio
7,8
TOT Aree addestramento cani su lepre
7,8
Loc. Poraglio, fraz Pascoso (Pescaglia)
Il Territorio provinciale destinato a protezione della fauna selvatica
La percentuale del territorio agro silvo pastorale destinata alla protezione della fauna selvatica
rispetto alla Superficie Agricola Forestale provinciale (SAF) deve essere compresa fra il 20 e il 30%
(Art. 6 c.6 L.R. 3/94).
Superficie a divieto di caccia al netto delle sovrapposizioni
35.613,65 ha
SAF provinciale
158.216 ha
% superficie a divieto di caccia rispetto all’estensione della SAF provinciale
22,51%
Il calcolo comprende anche gli Istituti a divieto di caccia dei quali il presente PFV propone
l'istituzione. Tale valore sarà oggetto di verifica al momento dell'approvazione
Il territorio provinciale a gestione privata della caccia
La percentuale di territorio a gestione privata della caccia deve essere inferiore al 15% della SAF
provinciale (Art. 20 L.R. 3/94)
9
Istituto
Denominazione
Superficie (ha)
Comuni
Specie di
indirizzo
Altre specie
Art. 20 - Aziende faunistico
venatorie
Tenuta di Forci
374
Lucca
Starna
Lepre, fagiano
Sillano
1
Monte Prunese
3887
TOT AFV
Cervo
Capriolo, muflone
4261
Art. 21 - Aziende
agrituristico venatorie
(si tratta di proposte ancora
in fase di valutazione)
Badia
Caval Bianco
310,5
Altopascio
113
Sillano
Ha richiesto, quali
specie oggetto di
abbattimento, oltre
alla lepre e al fagiano
(specie di indirizzo)
anche la quaglia.
Anche in caso di
autorizzazione non
sarà ammesso
l’abbattimento della
quaglia. Richieste
integrazioni. In fase
di valutazione
Richieste
integrazioni. In fase
di valutazione
Ns Prot. 70749 del
10/04/2012
Ns Prot. 69621 del
06/04/2012
Superficie territorio a gestione privata della caccia
4684,5
SAF provinciale
158216 ha
% territorio a gestione privata della caccia rispetto all’estensione della SAF provinciale
2,90%
Il territorio provinciale a caccia programmata
L’ambito territoriale di caccia rappresenta quella porzione di territorio agro-silvo-pastorale subprovinciale dove è ammessa la caccia programmata. In tali aree la caccia è esercitata tenendo conto
dell’indice di densità venatoria minimo, tale indice rappresenta il rapporto tra cacciatore e territorio
(Art. 11 L.R. 3/94). Gli ambiti sono individuati, a livello di proposta, dai piani faunistici provinciali
tenendo conto:
-
dei confini naturali
-
dell’omogeneità faunistica, geomorfologica e ambientale dell’area considerata
-
delle esigenze di conservazione delle specie di mammiferi e di uccelli selvatici presenti
Il territorio provinciale è diviso in 2 Comprensori gestiti rispettivamente dall’ATC Lucca 11, che
comprende 16 comuni della Garfagnana e dall’ATC Lucca 12 che comprende 18 comuni che
ricadono nella Media Valle del Serchio, nella Versilia e nella Piana di Lucca.
Comprensorio
ATC Lucca 11
Estensione
(ha)
53381
SAF
(ha)
50970
Comuni
Camporgiano, Careggine, Castelnuovo di
Garfagnana, Castiglione di Garfagnana,
Fosciandora, Gallicano, Giuncugnano,
N° cacciatori iscritti
(agosto 2013)
1650
1 L’AFV Monte Prunese ha presentato rchiesta di rinnovo proponendo come nuova specie di indirizzo la pernice rossa
10
Densità
cacciatori/SAF
3,24%
ATC Lucca 12
123938
107246
Minucciano, Molazzana, Piazza al Serchio,
Pieve Fosciana,
San Romano in
Garfagnana,
Sillano,
Vagli
Sotto,
Vergemoli, Villa Collemandina
Altopascio, Bagni di Lucca, Barga, Borgo a
Mozzano, Camaiore, Capannori, Coreglia
Antelminelli, Fabbriche di Vallico, Forte dei
Marmi, Lucca, Massarosa, Montecarlo,
Pescaglia, Pietrasanta, Porcari, Seravezza,
Viareggio, Villa Basilica
7200
6,71%
Questa situazione deve comunque tenere conto della nascita, a fare data dal 01-01-2014, del
Comune di Fabbriche di Vergemoli che unisce il comune di Fabbriche di Vallico e quello di
Vergemoli inseriti al momento in due diversi ambiti Territoriali di Caccia (rispettivamente ATC LU
12 e ATC LU 11).
- Revisione cartografica su base 1:10.000 dei perimetri
Nelle cartografie di Piano sono stati verificati i perimetri degli istituti su scala 1:10.000 cercando,
ove possibile, di attestarli su riferimenti topografici certi così da facilitare la tabellazione (e la
successiva manutenzione della stessa) e rendere più comprensibile la percezione della
regolamentazione delle diverse zone ai fruitori.
- Verifica dei perimetri degli istituti di protezione su cui risultano presenti altri vincoli di
natura ambientale e/o conservazionistica
Per quanto riguarda aree protette e Siti della Rete Natura 2000 sono stati utilizzati gli shape file
forniti da Ufficio SIT della Provincia e dall‘archivio cartografico Geoscopio della RegioneToscana .
- Garantire che negli istituti faunistici vengano attuate idonee forme di gestione quale priorità
per l’istituzione e il mantenimento
Nella seguente tabella per ogni istituto si riporta il soggetto incaricato della gestione.
Istituto
Aree Protette nazionali
Aree Protette Regionali
Zone di protezione
Soggetto incaricato della gestione
Parco Nazionale Appennino Tosco Emiliano
Ente Parco
Riserva Naturale Statale Lamarossa
CFS – UTB di Lucca
Riserva Naturale Statale Orecchiella
CFS – UTB di Lucca
Riserva Naturale Statale Pania di Corfino
CFS – UTB di Lucca
Riserva Naturale Statale Orrido di Botri
CFS – UTB di Lucca
Parco Regionale Alpi Apuane
Parco Regionale Migliarino- S. RossoreMassaciuccoli
Riserva naturale provinciale Lago di Sibolla
Ente Parco
ANPIL Il Bottaccio
Comune di Capannori/WWF Oasi
ANPIL Lago e Rupi di Porta (NON CONFORME)
Comune di Pietrasanta
ANPIL Dune di Forte dei Marmi
Provincia di Lucca – Ufficio risorse faunistiche
Art. 14 – ZP Bientina
Art. 14 – ZP Brentino
Art. 14 - ZP Lucca
Art. 14- ZP Versilia
11
Ente Parco
Provincia di Lucca – ufficio urbanistica aree protette
Istituto
Soggetto incaricato della gestione
Art. 14 ZP Pontecosi
Art. 14 ZP Lago del Bagno
Art. 14 – ZP Bottacci di Massa Pisana
Oasi di protezione
Centro Pubblico per la
Produzione di
Selvaggina allo Stato
Naturale
Zone di Ripopolamento
e Cattura
Art. 15 – Oasi Balzo Nero
Unione dei Comuni della Media Valle del Serchio
Art. 15 – Oasi Orrido di Botri
Unione dei Comuni della Media Valle del Serchio
Art. 15 – Oasi Monte Vecchio Orecchiella
Unione dei Comuni della Garfagnana
Colle Fobia
Unione dei Comuni della Media Valle del Serchio
ZRC Controneria
Proposta convenzione con ATC Lu 12
ZRC Farneta
Proposta convenzione con ATC Lu 12
ZRC Carraia
Proposta convenzione con ATC Lu 12
Commissione di verifica e controllo istituita con DD
1801/2012 ai sensi della L.R. 3/94 art. 16
ZRC Piazza al Serchio
Fondi chiusi
F.C. Sassina
F.C. Capanne di Caprignana
F.C. Colle d’Arciana
F.C. Vagli
F.C. Az. Agricola la Fornace
“Il Ciocco”
F.C. Puosi
F.C. Monte Cucco
F.C. Aquilata
F.C. Zaffora Marco
F.C. Gelsa
F.C. Tenuta dello Scompiglio 1
F.C. Tenuta Setteventi s.r.l.
“San Macario”
Demanio regionale
Zone di rispetto
venatorio
Aree addestramento
cani senza sparo
Zona demaniale Faeta
Unione dei Comuni della Garfagnana
Zona demaniale La Fratta
Unione dei Comuni della Garfagnana
Zona demaniale Mediavalle
Unione dei Comuni della Media Valle del Serchio
ZRV Montramito ATC 12
ATC LU 12
ZRV Cima dell’Omo
ATC LU 12
ZRV La Cava
ATC LU 12
ZRV Fubbiano
ATC LU 12
ZRV Castello
ATC LU 12
ZRV Palazzetto
ATC LU 12
ZRV Celli
ATC LU 12
ZRV Campolungo
ATC LU 12
ZRV Il Colle
ATC LU 12
ZRV Ai venti
ATC LU 11
AACSS Bandierini loc. Padule (Capannori)
Federcaccia- Sez Porcari
AACSS Capanno di Ferro loc. Padule (Capannori)
Federcaccia- Sez Porcari
AACSS Colli (Piazza al Serchio)
Federcaccia- Sez Piazza al Serchio
AACSS Combattenti loc. Le Piagge del fontanone
(Coreglia Antelminelli)
AACCS Sant’Ansano (Gallicano)
Aree addestramento
cani con sparo
AACCS Tassignano (Capannori)
ANLC Coreglia Antelminelli
Enalcaccia P-T- di Gallicano
Federcaccia di Capannori e Lucca
12
Istituto
Soggetto incaricato della gestione
AACCS La Pieve fraz. Piano del Quercione
(Massarosa)
AACCS Santa Maria del Giudice (Lucca)
Aree addestramento
cani su cinghiale
Aree addestramento
cani su lepre
Federcaccia- Sez. Viareggio
Enalcaccia P.T. S. Maria del Giudice
AACCS Bosco Orsetti (Lucca)
Enalcaccia P.T. S. Alessio
AACCS La Rapinata (Camaiore)
Enalcaccia P.T. di Camaiore
AACCSS Il Ciocco
Società con sede a Castelvecchio Pascoli
AACCS Celli fraz. S. Martino in Freddana
Privato
AACC La Pianella – loc. Castagnori (Lucca)
Federcaccia- Sez. La Querciola
AACC Monte Volsci- (Castelnuovo Garf)
Federcaccia- Sez. Castelnuovo di Garfagnana
AACC Gonfiente- loc. Gonfiente (Minucciano)
AACC Groppa (allenamento dei cani cuccioli si
cinghiale) fraz. Pascoso (Pescaglia)
AACC Colle dei Gatti (Molazzana)
Federcaccia- Sez comunale di Giuncugnano
AACC Fraia (Coreglia Antelminelli)
Enalcaccia di Coreglia Antelminelli
AACC Verrucolette (Minucciano)
AACC Lezzoni loc. Caprignana Vecchia (S.Romano
in Garfagnana)
AACC Colletto loc. Magliano (Giuncugnano)
Impresa agricola
AACL Poraglio loc. Poraglio, fraz. Pascoso
(Pescaglia)
Enalcaccia – Sez. Pascoso
Enalcaccia – Sez. Pascoso
Impresa agricola
- Coordinamento con gli altri Enti competenti qualora un istituto di protezione intersechi
anche solo parzialmente un’area a gestione non provinciale
Dalla tabella precedente risulta evidente che la gestione del territorio agro-silvo-pastorale a fini
faunistici e faunistico-venatori, escluso il territorio a caccia programmata competenza specifica
dell’ATC, vede la presenza di diversi Soggetti competenti (altri Uffici dell’Amministrazione
Provinciale, Enti Parco, CFS, Unione di Comuni, Comuni, ATC, privati, associazioni venatorie e
ambientaliste…). Le analisi di coerenza svolte nell’ambito del presente Rapporto Ambientale (punto
a)) hanno interessato i piani sovraordinati sia di natura territoriale che settoriale, al livello di
particolare dettaglio richiesto dai contributi pervenuti in sede di consultazione del Documento
Preliminare. Questo ha permesso di verificare la sostenibilità e la coerenza degli indirizzi della
pianificazione faunistico venatoria provinciale con altre disposizioni normative e regolamentari
evidenziando eventuali situazioni di criticità e attuando quindi opportune misure correttive. Risulta
comunque necessario attivare specifici accordi con i diversi Soggetti competenti territorialmente per
l’attuazione coordinata degli interventi e al fine del monitoraggio del perseguimento delle finalità di
gestione. Per quanto riguarda i Parchi Regionali sono da promuovere azioni volte a un
aggiornamento delle intese per l’attività venatoria nelle aree contigue. Importante anche attivare
colloqui e intese con i Parchi della Regione Emilia Romagna che risultano contigui ai confini
provinciali.
- Individuazione obiettivi gestionali specifici per ogni istituto.
Di seguito si riportano in sintesi gli obiettivi gestionali definiti per gli istituti venatori provinciali sulla
base del monitoraggio dei risultati conseguiti a seguito dell’attuazione del PFV 2006-2010, delle
analisi valutative del procedimento di valutazione ambientale strategica e del procedimento di
valutazione di incidenza. Tali obiettivi sono in genere perseguiti attraverso piani pluriennali e piani
annuali redatti dai soggetti competenti/incaricati della gestione.
Si rimanda alla specifica disciplina per norme, indirizzi e prescrizioni di maggior dettaglio.
13
Istituto
Oasi di
protezione
Obiettivi gestionali di legge
L.R. 3/94 - Art. 15 - Oasi di protezione
1. Le oasi di protezione destinate al rifugio, alla
riproduzione e alla sosta della fauna selvatica
sono istituite dalla Provincia.
2. Nelle oasi di protezione si effettuano interventi
idonei alla conservazione della fauna selvatica,
favorendo l’insediamento e l’irradiamento naturale
delle specie stanziali e la sorta delle specie
migratorie.
3. Le Province gestiscono le oasi di protezione.
Per la gestione possono avvalersi del concorso di
associazioni culturali, ambientaliste, venatorie e
agricole. Le priorità per la realizzazione degli
interventi è affidata ai proprie tari o conduttori i cui
terreni ricadono nell’oasi. Nel caso in cui le oasi
ricadano in zone di terreno demaniale la gestione
avviene d’intesa con la Comunità montana e/o i
comuni interessati.
4. Nelle oasi di protezione l’attività venatoria è
vietata, così come ogni forma di disturbo o di
nocumento alla fauna selvatica.
5. Le oasi sono segnalate con tabelle conformi
alle prescrizioni dell’ art. 26 della presente legge,
che recano la scritta "Oasi di protezione - divieto
di caccia". La segnaletica di cui sopra è integrata
dall’indicazione delle attività vietate o limitate
posta sulle principali vie o punti di accesso
all’oasi.
6. La provincia determina il perimetro delle aree
da vincolare per gli scopi di cui ai commi 1 e 2,
con apposita deliberazione che deve essere
pubblicata mediante affissione all'albo pretorio
della provincia e dei comuni territorialmente
interessati e notificata alle aziende agricole
presenti sul territorio. Le medesime procedure si
applicano anche in caso di modifica del perimetro
delle aree da vincolare.
7. Qualora nei successivi 60 gg sia presentata
opposizione motivata, in carta semplice ed esente
da oneri fiscali da parte dei proprietari o
conduttori dei fondi costituenti almeno il 40%
della superficie complessiva che si intende
vincolare, l’oasi di protezione non può esse re
istituita. Nelle relative aree la Provincia provvede
in attuazione delle indicazioni contenute nel
regolamento regionale.
8. Eccezionalmente, qualora ricorrano particolari
necessità ambientali, la provincia può procedere
alla costituzione coattiva di oasi di protezione,
zone di ripopolamento e cattura , sentiti i Comuni
o le Comunità Montane interessati.
Dettaglio
Obiettivi gestionali specifici
Oasi Orrido
di Botri
Recupero dei prati pascolo e delle aree
aperte mediante interventi di
miglioramento ambientale
Studio e salvaguardia delle specie
faunistiche e degli habitat di valore
conservazionistico. Si ricorda che l’Oasi
ricomprende il Sito Natura 2000 SIRSIC-ZPS “Orrido di Botri” e
parzialmente il SIR-SIC “Monte
Romecchio, Monte Rondinaio,
Poggione”
Studi specifici circa le specie ornitiche
migratrici
Interventi a tutela della nidificazione di
specie rupicole di interesse
conservazionistico
Attuazione interventi di ripopolamento
con lepri di provenienza certificata
ambientate in loco che costituiscono
anche importante anello delle catene
alimentari di molti predatori
14
Istituto
Obiettivi gestionali di legge
Dettaglio
Oasi
Balzo Nero
Oasi Monte Vecchio
Orecchiella
15
Obiettivi gestionali specifici
Interventi di ricerca e messa in atto di
sistemi di prevenzione dei danni da
predazione sul bestiame causati da
canidi al fine della mitigazione del
conflitto lupo- pastorizia
Regolamentazione delle attività
consentite per evitare nocumento alla
fauna selvatica e a tutela delle
tradizionali attività pastorali
Nel perimetro è compresa la riserva
naturale statale Orrido di Botri gestita
dal CFS-UTB di Lucca quindi sono da
attuare intese per il coordinamento di
alcuni interventi
Realizzazione percorsi e specifica
cartellonistica a fini formativi e
informativi
Per garantire una gestione omogenea,
le porzioni di demanio contigue all’oasi
sono state comprese nel perimetro
Recupero dei prati pascolo e delle aree
aperte
mediante
interventi
di
miglioramento ambientale
Studio e salvaguardia delle specie
faunistiche e degli habitat di valore
conservazionistico. Si ricorda che l’Oasi
ricomprende il Sito Natura 2000 SIRSIC “Zone calcaree della Val di Lima e
del Balzo Nero” per cui è stata avanzata
proposta di ampliamento a seguito degli
studi di caratterizzazione delle vicine
vette calcaree del Monte Memoriante e
della Penna di Lucchio. Inoltre
comprende parzialmente il Sito SIRSIC “Monte Prato Fiorito- Monte
Coronato- Valle dello Scesta”
Interventi a tutela della nidificazione di
specie
rupicole
di
interesse
conservazionistico
Interventi di ricerca e messa in atto di
sistemi di prevenzione dei danni da
predazione sul bestiame causati da
canidi al fine della mitigazione del
conflitto lupo- pastorizia
Regolamentazione
delle
attività
consentite per evitare nocumento alla
fauna selvatica
Per garantire una gestione omogenea,
le porzioni di demanio contigue all’oasi
sono state comprese nel perimetro
Studio e salvaguardia delle specie
faunistiche e degli habitat di valore
conservazionistico
Interventi a tutela della nidificazione di
specie
rupicole
di
interesse
conservazionistico
Attuazione di miglioramenti ambientali
al fine di ricostituire habitat ed
ecosistemi per la fauna omeoterma (ad
es Laghi di Cella)
L’oasi comprende, anche parzialmente,
i seguenti Siti della Rete Natura 2000:
SIR-ZPS Pania di Corfino
SIR-SIC
Parco
dell’Orecchiella - Pania di
Corfino -Lamarossa
SIR-SIC- Monte Castellino
Le Forbici
Studi specifici circa le specie ornitiche
migratrici
Istituto
Obiettivi gestionali di legge
Dettaglio
Obiettivi gestionali specifici
Per la presenza dell’Ente Parco
Nazionale
dell’Appennino
Tosco
Emiliano, delle Riserve Naturali Statali
gestite dal CFS- ex UTB di Lucca e dei
terreni demaniali regionali gestiti
dall’Unione
dei
Comuni
della
Garfagnana, la maggior parte degli
interventi sono attuati sulla base di
specifici accordi e intese
L.R. 3/94 - Art. 14 - Zone di protezione
1. La provincia provvede all'istituzione di zone di
protezione lungo le rotte di migrazione
dell'avifauna segnalate dall'Istituto superiore per
la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) nel
rispetto del regolamento regionale.
2. La Provincia, nelle zone di protezione di cui al
comma precedente, interviene per il ripristino e la
salvaguardia degli ecosistemi.
3. La Giunta regionale, qualora la Provincia non
adempia a quanto disposto dal primo comma,
previa assegnazione di un termine di 30 gg per
l’adempimento, provvede direttamente.
4. La Provincia trasmette periodicamente, e
almeno ogni sei mesi, alla Giunta regionale una
relazione sullo stato di attuazione degli obblighi
nascenti dal presente articolo, anche ai fini
dell’adempimento degli obblighi discendenti, per
la Regione, dall’art. 1, commi 6 e 7 della L. n.
157/1992 .
5. I confini delle zone di protezione sono delimitati
da tabelle, conformi alle prescrizioni di cui all’ art.
26 della presente legge, recanti la scritta "Zone di
protezione - Divieto di caccia".
Zone di
protezione
DPGR 33/R/2011- Art. 19 Zone di protezione
1. I confini delle zone di protezione lungo le rotte
di migrazione dell’avifauna devono coincidere
possibilment e con elementi geografici facilmente
individuabili e tali da consentire un’efficace
gestione e vigilanza.
2. Le zone di protezione lungo le rotte di
migrazione
dell’avifauna
hanno
durata
corrisponde nte al piano faunistico venatorio
provinciale e possono essere riconfermate .
3. La gestione delle zone di protezione poste
lungo le rotte di migrazione dell’avifauna è affidata
alla provincia che può avvalersi del concorso di
associazioni culturali, ambientaliste, venatorie e
agricole con le quali può stipulare apposite
convenzioni. Per la realizzazione degli interventi
gestionali programmati si privilegiano forme
associate di proprietari e conduttori di fondi
inclusi.
4. Nel piano faunistico venatorio provinciale sono
indicati gli obiettivi gestionali da perseguire
mediante specifici piani annuali.
5. Ai sensi dell’articolo 28 bis, comma 5, della l.r.
3/1994 le province garantiscono il mantenimento
delle densità sostenibili diungulati. Le province
garantiscono altresì l'equilibrio compatibile fra le
popolazioni animali presenti , le produzioni
agricole e l'ambient e esercitando le forme di
controllo di cui all'articolo 37 della l.r. 3/1994.
ZP Bientina
Attuazione di miglioramenti ambientali:
colture a perdere per la fauna selvatica
e interventi volti a ricostituire habitat ed
ecosistemi per la fauna omeoterma (ad
es Laghi della Gherardesca)
Attuazione di interventi in coerenza con
le misure di conservazione del SIR-SIC
“Ex alveo del Lago di Bientina”
Salvaguardia delle produzioni agricole
mediante interventi di prevenzione dei
danni arrecati da specie selvatiche alle
colture; ove necessario applicazione di
metodiche ecologiche di controllo delle
specie problematiche fino
all’abbattimento (cinghiale, piccione..)
16
Istituto
Obiettivi gestionali di legge
Dettaglio
ZP Brentino
ZP Lucca
ZP Versilia
ZP Pontecosi
ZP Bottacci di Massa
Pisana
ZP Lago del Bagno (o
Prà di Lama)
17
Obiettivi gestionali specifici
Salvaguardia del ruolo di zona tampone
tra l’area contigua, l’area interna del
parco regionale Migliarino-S. RossoreMassaciuccoli e la ZP Versilia
Controllo
di
specie
alloctone
problematiche
Salvaguardia ruolo di connettività
ecologica svolta dagli specchi d’acqua
Salvaguardia del corridoio fluviale del
Serchio e delle zone pertinenziali
prevalentemente
a
vocazione
agricola/rurale dalla città di Lucca fino a
Borgo a Mozzano
Salvaguardia delle produzioni agricole
mediante interventi di prevenzione dei
danni arrecati da specie selvatiche alle
colture; ove necessario applicazione di
metodiche ecologiche di controllo delle
specie
problematiche
fino
all’abbattimento (cinghiale, piccione..)
Regolamentazione delle attività
consentite per evitare nocumento alla
fauna selvatica. Realizzazione percorsi
e specifica cartellonistica a fini
formativi/didattici e informativi
Salvaguardia del corridoio ecologico
costiero
Promozione di una fruizione sostenibile
e consapevole delle aree naturali e
seminaturali
Gli interventi gestionali devono garantire
la tutela delle aree non edificate e di
frangia urbana quali zone marginali di
interesse per la fauna stanziale e
migratoria
Tutela delle aree umide anche residuali
e comprese in ambito urbano
Attuazione di interventi in coerenza con
le misure di conservazione del SIRZPS “Lago di Porta”
Salvaguardia del corridoio ecologico
interno lungo la Valle del Serchio
Possibilità di sviluppo di un turismo
escursionistico e naturalistico lungo le
sponde del lago con strutture per il
birdwatching
Salvaguardia delle rotte di migrazione
nella Piana di Lucca
Salvaguardia dell’importante ruolo di
nodo all’interno delle reti di connettività
ecologica funzionale (in particolare del
sistema delle aree umide e dei corsi
d’acqua)
Salvaguardia degli habitat e delle
specie che caratterizzano il SIR-SIC
“Monte Pisano”
Attuazione forme di gestione delle
popolazioni di cinghiale e di specie
alloctone invasive, anche mediante
interventi di controllo ex art. 37della
L.R. 3/94
Valorizzazione e gestione delle zone
umide anche temporaneamente
allagate, dei prati umidi ,dei boschi
igrofili e della vegetazione ripariale
Attuazione di miglioramenti ambientali
al fine di riqualificare le aree di valore
conservazionistico e implementare la
qualità degli ecosistemi e la disponbilità
di habitat
Salvaguardia del corridoio ecologico
interno lungo la Valle del Serchio
Istituto
Obiettivi gestionali di legge
Dettaglio
Obiettivi gestionali specifici
Tutela dell’area umida di origine termale
e della fascia di bosco igrofilo
circostante di elevato valore
conservazionistico
Approfondimento conoscenza circa le
comunità presenti
Attuazione interventi di miglioramento
ambientale funzionali a e implementare
il ruolo di step stone all’interno della rete
ecologica provinciale
Art. 16 - Zone di ripopolamento e cattura
1. Le Province istituiscono, in attuazione del
piano faunistico- venatorio, zone di ripopolamento
e cattura destinate alla riproduzione della fauna
selvatica allo stato naturale e alla cattura della
stessa per l’immissione e il suo irradiamento sul
territorio,
in
tempi
e
condizioni
utili
all’ambientamento, fino alla ricostituzione e alla
stabilizzazione della densità faunistica ottimale
per il territorio.
2. Le zone di ripopolamento e cattura sono
istituite con le modalità di cui ai commi 6, 7, 8 del
precedente art. 15 , su terreni idonei alla
realizzazione degli scopi di cui al primo comma e
non suscettibili di danni gravi alle produzioni
agricole.
3. La Provincia costituisce per ogni zona di
ripopolamento e cattura una commissione di
verifica e controllo composta in misura paritetica
da rappresentanti dei proprietari o conduttori dei
fondi ricompre i nelle zone e da rappresentanti dei
cacciatori designati dal comitato di gestione
dell’ATC in cui essa ricade.
4. La Provincia, per la gestione delle zone di
ripopolamento e cattura, utilizza in via prioritaria
forme associate dei conduttori dei fondi rustici
inclusi. In assenza di tali forme la gestione viene
svolta dalle commissioni di cui al comma
precedente .
5. I confini delle zone di ripopolamento e cattura
sono delimita ti da tabelle, conformi alle
prescrizioni di cui all’ art. 26 della presente legge
recanti la scritta "Zona di ripopolamento e cattura
- Divieto di caccia".
6. Nel caso di gestione diretta della struttura la
commissione
trasmette
annualmente
alla
Provincia il bilancio consuntivo, corredato da una
relazione tecnico- economica relativa alla gestione
e al numero dei capi catturati .
7. La Provincia esamina la rispondenza fra attività
svolte, direttive impartite e fondi erogati e dispone
gli eventuali atti a tutela dell’interesse
dell’Amministrazione.
ZRC Controneria
ZRC Farneta
ZRC Carraia
18
Attuazione miglioramenti ambientali a
fini faunistici (il bando annuale prevede
una priorità di intervento all’interno delle
ZRC)
Produzione della fauna selvatica allo
stato naturale per il suo irradiamento
sul territorio in particolare per le specie
di indirizzo: Pernice rossa e Lepre
Attuazione miglioramenti ambientali a
fini faunistici(il bando annuale prevede
una priorità di intervento all’interno delle
ZRC)
Attuazione interventi di controllo ex art.
37 della L.R. 3/94 sulla specie cinghiale
Produzione della fauna selvatica allo
stato naturale per il suo irradiamento
sul territorio in particolare per le specie
di indirizzo: Fagiano e Lepre
Attuazione miglioramenti ambientali a
fini faunistici. (il bando annuale prevede
una priorità di intervento all’interno delle
ZRC)
Istituto
Obiettivi gestionali di legge
Dettaglio
ZRC Piazza al Serchio
Obiettivi gestionali specifici
Produzione della fauna selvatica allo
stato naturale per il suo irradiamento
sul territorio in particolare per la specie
di indirizzo: Fagiano
Produzione della fauna selvatica allo
stato naturale per il suo irradiamento
sul territorio in particolare per le specie
Fagiano e Lepre (specie di indirizzo)
Raccolta dati conoscitivi sulle comunità
faunistiche presenti
Salvaguardia, sosta durante la
migrazione, sviluppo e riproduzione
delle specie migratirici
Attuazione miglioramenti ambientali a
fini faunistici. (il bando annuale prevede
una priorità di intervento all’interno delle
ZRC)
Attuazione di interventi di miglioramento
ambientale in coerenza con le misure di
conservazione del SIR “Rupi Basaltiche
di Piazza al Serchio e Poggio”
Il Piano di Gestione deve essere
corredato da un’analisi dell’uso del
suolo al dettaglio della vegetazione
presente per la porzione compresa nel
SIR“Rupi Basaltiche di Piazza al
Serchio e Poggio”
Centri pubblici
di riproduzione
di fauna selvatica
allo stato naturale
Art. 17 - Centri pubblici di riproduzione di
fauna selvatica allo stato naturale
1. Le Province, in attuazione del piano faunistico
venatorio
istituiscono
centri
pubblici
di
riproduzione della fauna selvatica allo stato
naturale,finalizzati
alla
ricostituzione
di
popolazioni autoctone.
2. I centri pubblici sono destinati alla produzione
naturale di fauna selvatica da utilizzare per
l’immissione in altri territori ai fini del
ripopolamento.
3. I centri pubblici sono istituiti su terreni di cui
siano proprietari o conduttori lo Stato o gli Enti
territoriali. La gestione è affidata agli Enti stessi,
che la effettuano nelle forme di cui al capo VIII
della L. 8 giugno 1990 n. 142 .
4. I centri pubblici sono delimita ti da tabelle
conformi alle prescrizioni di cui all’ art. 26 della
presente legge, recanti la scritta "Cent ro
pubblico di riproduzione di fauna selvatica allo
stato naturale - Divieto di caccia".
Colle Fobia
Attuazione miglioramenti ambientali a
fini faunistici allo scopo di ripristinare e
mantenere le aree aperte e garantire la
presenza di aree pabulari
Interventi di ripopolamento con specie
per cui l’istituto è stato ritenuto vocato
(lepre e pernice rossa) mediante
preliminare ambientamento e
monitoraggio delle popolazioni
Realizzazione percorsi e specifica
cartellonistica a fini formativi e
informativi
Interventi sperimentali/pilota per i
miglioramenti ambientali, la gestione del
pascolo e la gestione faunistica
Promozione di attività di studio e
ricerca, incontri colturali, seminari e
workshop
Sperimentazione di metodi e tecniche
per la gestione degli ecosistemi
19
Istituto
Obiettivi gestionali di legge
Zone di rispetto
venatorio
Art. 17 bis- Zone di rispetto venatorio
1. La provincia, su proposta degli ATC, può
istituire zone di rispetto venatorio per l’attuazione
dei programmi di miglioramento ambientale di cui
all’art. 12, c.1, lett. e).
2. Nelle zone di rispetto venatorio la provincia può
consentire la caccia agli ungulati con il metodo
della caccia di selezione e da appostamento.
3. Le superfici interessate dalle zone di rispetto
venatorio sono escluse dalla quota di territorio di
cui all’art. 6, c. 5, nel caso abbiano durata
inferiore a quella del piano faunistico venatorio
provinciale e siano di superficie inferiore a 150
ettari.
4. Le zone di rispetto venatorio sono segnalate
con tabelle conformi alle prescrizioni dell’art. 26,
che recano la scritta “Zona di rispetto venatorio –
divieto di caccia”. La segnaletica di cui sopra è
integrata dall’indicazione delle attività vietate o
limitate posta sulle principali vie o punti di
accesso alla zona di rispetto venatorio.
5. Le zone di rispetto venatorio sono istituite con
le modalità di cui all’art. 15, commi 6, 7 e 8, su
terreni idonei alla realizzazione degli scopi di cui
al comma 1 e non suscettibili di danni gravi alle
produzioni agricole.
6. Per la gestione delle zone di rispetto venatorio
l’ATC si avvale prioritariamente dei proprietari e
conduttori dei fondi rustici compresi nel territorio
di competenza e degli agricoltori, singoli e
associati, con i quali può stipulare apposite
convenzioni.
Dettaglio
Obiettivi gestionali specifici
ZRV Cima dell’Omo
Necessaria la redazione di piano di
gestione comprendente le attività di
miglioramento
ambientale,
di
prevenzione e risarcimento danni, di
censimento e gestione della fauna
compresi interventi di immissione e di
controllo. Il Piano ha valenza triennale e
annualmente
è
necessaria
la
predisposizione di una relazione
annuale sullo stato di attuazione della
gestione, da consegnare entro il 30
aprile.
ZRV La Cava
ZRV Montramito
ATC 12
ZRV Fubbiano
ZRV Castello
ZRV Palazzetto
ZRV Celli
ZRV Campolungo
ZRV Il Colle
ZRV Ai venti
20
Istituto
Obiettivi gestionali di legge
Dettaglio
Obiettivi gestionali specifici
Aziende faunisticovenatorie
1. Su richiesta dei soggetti interessati, la
provincia può autorizzare, regolamentandola,
entro i limiti fissati dal piano faunistico venatorio
provinciale e nel rispetto delle disposizioni
contenute nel regolamento regionale, l’istituzione
di aziende faunistico venatorie.
2. L’istituzione delle aziende di cui al primo
comma
è
finalizzata
al
mantenimento,
all’organizzazione e al miglioramento degli
ambienti naturali, ai fini dell’incremento della
fauna selvatica e dell’irradiamento nel territorio
circostante. Le aziende faunistico venatorie
hanno prevalenti finalità naturalistiche e
faunistiche e sono costituite in territori di rilevante
interesse ambientale e di elevata potenzialità
faunistica.
3. Le aziende faunistico venatorie sono istituite
con riferimento alla fauna acquatica nelle zone
umide e vallive, nonché alla tipica fauna regionale
appartenente alle specie coturnice, lepre, pernice
rossa, starna e fagiano.
5. Le aziende faunistico- venatorie sono delimitate
da tabelle, conformi alle prescrizioni di cui all’ art.
26 recanti, oltre al nome dell’azienda, la scritta
"Azienda faunistico- venatoria. Caccia consentita
ai soli autorizzati".
6. La superficie complessiva degli istituti di cui
agli art. 18, 20 e 21 della presente legge può
raggiunge re il 15% della superficie agro- silvo
pastorale di ciascuna Provincia. Le aziende
faunistico venatorie non possono essere
confinanti, fra loro deve intercorrere la distanza di
almeno metri 500. Tale distanza deve essere
rispettata anche nei confronti di altri istituti
faunistici o faunistico- venatori già costituiti.
7. La superficie minima per il rilascio
dell’autorizzazione di azienda faunistico- venatoria
è di 400 ettari accorpati. Le Province, per una
migliore perimetrazione delle aziende faunistico
venatorie,possono ridurre, fino a un massimo del
5%, la superficie minima di cui sopra.
8. Nelle aziende faunistico venatorie l'attività
venatoria è consentita ai soli soggetti autorizzati
nelle giornate indicate nel calendario venatorio
secondo piani di assestamento e di prelievo
elaborati dalle aziende stesse e approvati dalle
province. L'esercizio dell'attività venatoria è
consentito nel rispetto della presente e legge con
l'esclusione del limite di cui all'art. 28, c. 3, ultimo
capoverso.
8 bis. La provincia può autorizzare, al di fuori del
periodo di caccia, il controllo ai sensi dell'art.37
nei confronti di specie ungulate, predatrici o
concorrenti.
9. Nelle aziende faunistico- venatorie non è
consentito immettere o liberare fauna selvatica
posteriormente alla data del 31 agosto.
10. Il rilascio della autorizzazione di azienda
faunisticovenatoria è subordinato alla
presentazione di programmi di conservazione e di
ripristino ambientale, che la Provincia approva al
fine di garantire l’obiettivo naturalistico e
faunistico ai sensi del secondo comma del
presente articolo.
11. La vigilanza venatoria nelle aziende faunisticovenatorie è affidata alle guardie a disposizione
dell’azienda medesima, oltre che agli agenti di cui
all’ art. 51 della presente legge.
11 bis. Con regolamento regionale sono indicati
criteri e modalità di autorizzazione e gestione
delle aziende faunistico- venatorie.
Azienda Faunistico
Venatoria “Monte
Prunese
Favorire l’insediamento sul territorio, la
riproduzione naturale e l’incremento
numerico delle popolazioni selvatiche
attraverso interventi di recupero e
miglioramento ambientale
21
Istituto
Obiettivi gestionali di legge
Dettaglio
Azienda Faunistico
Venatoria Forci
Aziende
agrituristico
venatorie
Art. 21 - Aziende agrituristico- venatorie
1. Su richiesta dei soggetti interessati, la
provincia può autorizzare, regolamentandola,
entro i limiti fissati dal piano faunistico venatorio
provinciale e nel rispetto delle disposizioni
contenute nel regolamento regionale l’istituzione
di aziende agrituristico- venatorie.
2. Le aziende agrituristico- venatorie sono
finalizzate al recupero e alla valorizzazione delle
aree agricole, in particolare di quelle montane e
svantaggiate,
attraverso
l’organizzazione
dell’attività venatoria.
3. Le aziende agrituristico- venatorie non possono
esse re confinanti; fra loro deve intercorrere la
distanza di almeno metri 500. Tale distanza deve
esse r e rispettata anche nei confronti di altri
istituti faunistico- venatori già costituiti.
4. La superficie minima per il rilascio
dell’autorizzazione di
azienda agrituristico
venatoria è di 100 ettari.
6. Le aziende agrituristico- venatorie sono
delimitate da tabelle, conformi alle prescrizioni di
cui all’ art. 26 recanti, oltre al nome dell’azienda ,
la scritta "Azienda agrituristico- venatoria. Caccia
consentita ai soli autorizzati".
7. Nelle aziende agrituristico- venatorie è
consentito per tutta la stagione venatoria, a
eccezione dei giorni di martedì e di venerdì,
l’abbattimento di fauna selvatica di allevamento
con l’esclusione dei limiti di cui all’art. 28,c. 3,
ultimo capoverso.
7 bis. Le immissioni di fauna selvatica sono
effettuate a discrezione del titolare in tutti i periodi
dell’anno. Le specie ungulate devono essere
immesse in aree recintate in modo da impedire la
fuoriuscita degli animali.
8. La provincia, previa intesa con il titolare
dell’autorizzazione e con l’ATC, può approvare
piani di prelievo degli ungulati, delle specie
predatrici e opportuniste da attuare nel corso
della stagione venatoria. La provincia può
autorizzare il controllo ai sensi dell'art. 37, nei
confronti di specie ungulate, predatrici o
concorrenti.
9. La vigilanza venatoria nelle aziende
agrituristico- venatorie è affidata alle guardie a
disposizione dall’azienda medesima, oltre che agli
agenti di cui all’art. 51 della presente legge.
10. Il rilascio della autorizzazione di azienda
agrituristico- venatoria è subordinato alla
presentazione di un programma di ripristino
ambientale e di un piano economico e di gestione,
che la Provincia approva.
11. Non può essere autorizzata la costituzione di
22
Obiettivi gestionali specifici
Raggiungere obiettivi di densità ( 20
capi/100 ha) per la specie di indirizzo
“pernice rossa” al termine del terzo
anno di gestione ai sensi del PRAF
Attuazione di interventi di miglioramento
ambientale in coerenza con le misure di
conservazione del Siti della Rete Natura
2000 compresi nel perimetro della AFV
Favorire l’insediamento sul territorio, la
riproduzione naturale e l’incremento
numerico delle popolazioni selvatiche
attraverso interventi di recupero e
miglioramento ambientale.
Salvaguardare la presenza minima di
riproduttori della specie di indirizzo
“starna”
(20 capi/100 ha) al termine della
stagione venatoria ai sensi del PRAF
Coniugare la necessità di utilizzazione
di terreni marginali con le potenzialità di
reddito derivanti dallo sfruttamento a
scopo venatorio
Non sono ammesse nuove AGTV in Siti
della Rete Natura 2000
Istituto
Obiettivi gestionali di legge
Dettaglio
Obiettivi gestionali specifici
aziende agrituristico- venatorie nelle zone umide e
vallive.
12. Con regolamento regionale sono indicati
criteri e modalità di autorizzazione e gestione
delle aziende agrituristico- venatorie.
Data la presenza di più istituti faunistici gestiti dall’Unione dei Comuni della Media Valle del Serchio
(Oasi di protezione Orrido di Botri, Oasi di protezione Balzo Nero, Centro pubblico per la
riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale di Colle Fobia), il nuovo Piano Faunistico
Venatorio propone la redazione di un piano di gestione complessivo per gli istituti di competenza su
base almeno triennale. Questo deve attuarsi mediante piani di azione annuali che consentano una
valutazione organica e funzionale degli interventi sulla base del monitoraggio dei risultati conseguiti
e un utilizzo dei possibili finanziamenti sulla base di un ordine di priorità.
Per quanto riguarda le aree addestramento cani queste alcune informazioni gestionali. Si rimanda alla
specifica disciplina per le direttive e le prescrizioni specifiche:
Istituto
Aree addestramento
cani senza sparo
AACSS Bandierini loc. Padule (Capannori)
AACSS Capanno di Ferro loc. Padule
(Capannori)
AACSS Colli (Piazza al Serchio)
AACSS Combattenti loc. Le Piagge del
Fontanone (Coreglia Antelminelli)
AACCS Santa Maria del Giudice (Lucca)
AACCS Bosco Orsetti (Lucca)
Chiusura: dal 01/09 al 28/02
AACCS La Rapinata (Camaiore)
Chiusura: mese di febbraio
AACCSS Il Ciocco
Chiusura: nel periodo di chiusura della caccia
AACCS Celli fraz. S. Martino in Freddana
Apertura annuale
AACCS Tassignano (Capannori)
AACCS La Pieve (Massarosa)
Aree addestramento
cani su cinghiale
Apertura annuale
Chiusura: mese di febbraio. Si trova a meno di 500 m dal SIR
“M.Palodina”
Zona pianeggiante con boschetti e coltivati. Chiusura: mese di
febbraio
Zona pianeggiante, con sparo su quaglie allevate allenamento
senza sparo anche su fagiani starne e pernici.
Apertura tutto l’anno.
AACS Sant’Ansano (Gallicano)
Aree addestramento
cani con sparo
Note circa la gestione
In zona pianeggiante con colture di mais. Chiusura: nel
periodo di apertura della caccia.
In zona pianeggiante. Chiusura: nel periodo di apertura della
caccia.
Zona montana con macchia sottobosco. Apertura annuale
AACC La Pianella – loc. Castagnori (Lucca)
AACC Monte Volsci- (Castelnuovo Garf)
AACC Gonfiente- loc. Gonfiente (Minucciano)
AACC Groppa (allenamento dei cani cuccioli si
cinghiale) fraz. Pascoso (Pescaglia)
AACC Colle dei Gatti (Molazzana)
AACC Fraia (Coreglia Antelminelli)
Aree addestramento
cani su lepre
AACC Verrucolette (Minucciano)
AACC Lezzoni loc. Caprignana Vecchia
(S.Romano in Garfagnana)
AACC Colletto loc. Magliano (Giuncugnano)
AACL Poraglio loc. Poraglio, fraz. Pascoso
(Pescaglia)
23
Si trova a meno di 500 m dal SIR-ZPS “Praterie I e II delle
Ampi Apuane”
Obiettivo 2 - Contributo alla salvaguardia della biodiversità
- Programmazione interventi di monitoraggio e controllo di specie animali omeoterme
alloctone
Ai sensi dell’art. 12 comma 3 del DPR 357/97 e s.m.i. sono vietate la reintroduzione, l'introduzione
e il ripopolamento in natura di specie e popolazioni non autoctone.
Il 16/04/2014 il Parlamento Europeo ha definitivamente approvato il Regolamento sulle Specie
Alloctone Invasive, che diventera’ pienamente effettivo dopo la ratifica da parte del Consiglio
dell’UE, il prossimo giugno.
La programmazione faunistico venatoria deve perseguire la limitazione delle specie faunistiche
alloctone mediante specifici piani di controllo e attraverso l’autorizzazione di ripopolamenti con
specie di interesse venatorio di origine certificata evitando comunque transfaunazioni.
Il silvilago risulta comunque cacciabile ai sensi della normativa vigente .
Per quanto riguarda la specie Nutria la Provincia ha attuato un piano di controllo fino al 2003 su
alcune zone; dallo stesso anno ha ottenuto da ISPRA l’autorizzazione a proseguire le attività su
tutto il territorio provinciale attraverso uno specifico piano di limitazione numerica. A seguito del
recepimento della L. 116/2014 è stato modificato l’art. 2 c.2 della L.157/92 relativo alle specie
oggetto di tutela. In particolare, la nutria stata inserita tra le specie (talpe, ratti, topi propriamente
detti, arvicole) a cui non si applicano le norme di tutela.
Inoltre è stato aggiunto l’art. 2 bis che si riporta integralmente:
((2-bis. Nel caso delle specie alloctone, con esclusione delle specie da individuare con decreto del
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle
politiche agricole alimentari e forestali, sentito l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca
ambientale (ISPRA), la gestione di cui all'articolo 1, comma 3, e' finalizzata all'eradicazione o
comunque al controllo delle popolazioni.))
Stesso impegno, nell’ambito dei miglioramenti ambientali, ai fini di ridurre le specie vegetali
alloctone invasive allo scopo di ridurne la diffusione e le capacità di dispersione.
- Pianificazione miglioramenti ambientali anche in funzione dell’implementazione e del
mantenimento delle reti ecologiche funzionali.
La Legge Regionale 3/1994 così come modificata dalla Legge Regionale 2/2010 prevede, all’art. 7
comma 2, che nel Piano Agricolo Regionale (PAR) siano previste risorse per la realizzazione di
progetti di valorizzazione del territorio, per l’incremento della fauna e per il ripristino degli equilibri
naturali anche in applicazione dell’art. 15, comma 1, della Legge 11 febbraio 1992 n. 157 (Norme
per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio).
La Provincia di Lucca, annualmente, approva un Bando di Miglioramenti Ambientali tramite il quale
vengono concessi contributi per la realizzazione di interventi volti a migliorare la qualità ambientale
e la disponibilità trofica negli istituti faunistici a divieto di caccia. L’ATC, similmente, concede tali
contributi per le aree a caccia programmata. Tali contributi vengono erogati ai proprietari e ai
conduttori di terreni agricoli ricadenti nei Comuni compresi negli Istituti di Protezione e Faunistici
previsti dall’Amministrazione Provinciale ed individuati nel Piano Faunistico Venatorio Provinciale.
Il Bando oltre alle tipologie di intervento ammissibile prevede anche il contributo massimo
ammissibile, salvo quanto previsto dal Regolamento CE del 20 dicembre 2007, n. 1535 o altra
normativa di riferimento nel caso di Imprese Agricole.
24
MIGLIORAMENTI AMBIENTALI - PROVINCIA
5
tipologia di
intervento
Colture a perdere
contributo annuo
erogato in Euro
4.236,00
13
Colture a perdere
33.900,00
29
Zone art. 14
6
Colture a perdere
6.189,00
3,0
Oasi
15
Colture a perdere
29.885,00
25,0
Zone art. 14
9
Colture a perdere
6.760,00
3,0
Oasi
12
Colture a perdere
35.000,00
29,0
Zone art. 14
5
Colture a perdere
5.400,00
3,0
Oasi
15
Colture a perdere
35.568,00
30,00
Zone art. 14
2
Colture a perdere
2.587,00
0,75
Oasi
1
piante
1.000,00
20 (n. di piante)
2
Colture a perdere
3.917,00
2,7
11
Colture a perdere
29.105,00
25,6
Zone art. 14
2
Allagamento terreni
3
Colture a perdere
16.300,00
1.004,69
27,00
0,31
Zone art. 14
Oasi
1
Piante
1.000,00
20 (n. piante)
1
Colture a perdere
1.739,20
1,39
14
Colture a perdere
30.489,16
24,48
Zone art. 14
3
Allagamento terreni
25.120,00
47,2
Zone art. 14
ANNO
n. di pratiche
2007
2008
2009
2010
2011
2012
superficie
interessata (ha)
2,6
tipologia di istituto
Oasi
Oasi
ZRC
Oasi
ZRC
I miglioramenti ambientali ricadono quasi interamente nell’Oasi Monte Vecchio Orecchiella
(Comune di Villa Collemandina) e nella zona di protezione del Bientina (Comune di Capannori).
MIGLIORAMENTI AMBIENTALI - ATC 11
11
tipologia di
intervento
Colture a perdere
contributo annuo
erogato in Euro
19.876,00
superficie
interessata (ha)
12
8
Colture a perdere
18.268,00
10
2009
31
Colture a perdere
49.918,00
54
ATC 11
2010
45
Colture a perdere
32.375,00
26
ATC 11
Recupero incolti
Colture a perdere
750,00
34.287,00
0,5
28
ATC 11
2011
1
47
2012
32
Colture a perdere
34.590,87
33,7
ATC 11
ANNO
n. di pratiche
2007
2008
tipologia di istituto
ATC 11
ATC 11
ATC 11
MIGLIORAMENTI AMBIENTALI - ATC 12
tipologia di
intervento
Colture a perdere
contributo annuo
erogato in Euro
69.118,00
superficie
interessata (ha)
69
ANNO
n. di pratiche
2007
77
3
Recupero incolti
547,00
1
ATC 12
2008
82
Colture a perdere
69.392,00
69
ATC 12
2
Piante da frutto
4.000,00
n. piante 80
4
Recupero incolti
839,00
0,6
66
Colture a perdere
40.192,00
52
ATC 12
2
Piante da frutto
3.500,00
n. piante 70
ATC 12
2009
25
tipologia di istituto
ATC 12
ATC 12
ATC 12
3
tipologia di
intervento
Recupero incolti
contributo annuo
erogato in Euro
1.057,00
superficie
interessata (ha)
0,7
75
Colture a perdere
70.047,00
75
2011
55
Colture a perdere
51.443,00
43
2012
35
Colture a perdere
35.555,20
23,61
ATC 12
1
Recupero incolti
123,50
0,07
ATC 12
ANNO
n. di pratiche
2010
tipologia di istituto
ATC 12
ATC 12
ATC 12
Il nuovo bando provinciale di accesso ai contributi per interventi di miglioramento ambientale
finalizzati all’incremento della fauna selvatica e alla valorizzazione del territorio per l’anno 2014 è
stato approvato con Del G.P. n° 57/2014.
In ambito di biologia della conservazione e di gestione delle popolazioni selvatiche risulta di
fondamentale importanza l’accento sulle reti di connettività ecologica come espressamente recitato
dall’art. 10 della L.R. 56/00 e s.m.i. - Aree di collegamento ecologico funzionale
"1. La Regione riconosce primaria importanza per la fauna e la flora selvatiche alle aree di
collegamento ecologico funzionale e definisce, nel Piano di indirizzo territoriale (PIT) ai sensi
dell’ art. 6 della legge regionale 5/1995 , gli indirizzi per l’individuazione, la ricostituzione e la
tutela delle stesse.
2. Le Province, entro due anni dall’entrata in vigore della presente legge, provvedono, anche in
assenza degli indirizzi regionali di cui al comma 1, all’individuazione nel Piano territoriale di
coordinamento (PTC), delle aree di collegamento ecologico funzionale, secondo quanto disposto
dall’ articolo 16, comma 4 della legge regionale 5/1995 ; in tal caso, le Province possono
procedere all’individuazione di aree di collegamento ecologico funzionale facendo riferimento alla
definizione di cui all’ art. 2 , comma 1, lettera a).
3. Le forme di tutela delle aree di collegamento che pongano divieti all’attività venatoria o di
pesca sono previste nei piani faunistico - venatori provinciali di cui all’ art. 8 della legge regionale
12 gennaio 1994, n.3 , o nel piano regionale di cui all’ articolo 1 della legge regionale 24 aprile
1984, n.25 (Tutela della fauna ittica e regolamentazione della pesca dilettantistica)."
Ovviamente tale impegno va declinato a un livello di dettaglio maggiore di quello del PFV attraverso
i piani di gestione degli istituti, che costituiscono strumenti attuativi del Piano Faunistico Venatorio
provinciale.
La struttura e la funzionalità delle reti ecologiche dipendono dalle tipologie ambientali (ad es boschi,
aree aperte, corsi d’acqua, arbusteti…) e dalla copertura del suolo del territorio in esame e possono
essere monitorate attraverso specie animali indicatrici. A tal fine si fa riferimento alla Del G.R. 21
ottobre 2002, n. 1148 (“L.R. 56/2000 - Indicazioni tecniche per l’individuazione e la pianificazione
delle aree di collegamento ecologico”).
Il problema della frammentazione degli ambienti naturali per cause antropiche risulta causa di
alterazione dei flussi di individui, di materia e di energia e costituisce una delle cause principali di
estinzione di molte popolazioni e specie. Non si può prescindere quindi dalla conoscenza di questi
corridoi e degli elementi limitanti la loro efficienza per poter garantire il mantenimento (nel tempo e
nello spazio) delle relazioni tra popolazioni di aree diverse attraverso scambi di nutrienti, di energia,
di materiale genetico, o tramite i movimenti degli individui. Queste considerazioni condizionano
quindi gli interventi gestionali in materia di miglioramenti ambientali e di eventuali ripopolamenti di
26
specie di interesse faunistico-venatorio. In particolare i primi possono essere pianificati e attuati per
conservare e restaurare la connettività tra gli ambienti naturali evitando di incorrere in progettazioni
che possano dare origine a fenomeni negativi, favorendo la diffusione di malattie, parassiti, specie
esotiche o provocando la perdita di variabilità genetica di popolazioni conspecifiche, che vivono in
territori separati (estinzione per ibridazione).
Da sottolineare che per ciascuna specie le diverse categorie di uso e copertura del suolo presentano
un diverso un gradiente di permeabilità («capacità a farsi attraversare») quindi non è esaustivo
ragionare di connettività ecologica su scala paesaggistica ma è necessario il livello di dettaglio
territoriale.
Le zone di protezione, quali istituti in cui vige il divieto di attività venatoria, possono costituire
importanti core areas (nodi) o stepping stones (pietre da guado) all’interno della rete di connettività
ecologica in relazione alla loro localizzazione ed estensione, raccordandosi con altre porzioni
territoriali che rivestono il ruolo di conservazione della biodiversità (Aree protette, Siti della Rete
Natura 2000).
Il PTC in fase di aggiornamento riporta un primo studio conoscitivo circa le connnesioni ecologiche
funzionali (elaborato F.01 ”Relazione”). Tra gli elementi di rilievo sono individuati:
-
I boschi
-
Le aree aperte
-
Le zone umide
-
Le coste sabbiose
-
Gli arbusteti
-
Gli ambienti ipogei
-
I corridoi di migrazione dei rapaci
- Mantenimento presenza istituti venatori a divieto di caccia (oasi di protezione e zone di
protezione lungo le rotte di migrazione dell’avifauna) in siti di particolare valenza
conservazionistica per la presenza di habitat e specie tutelate da specifica normativa
(riferimento anche per la L. R. 3/94)
Le oasi di protezione e le zone di protezione lungo le rotte di migrazione dell’avifauna rivestono un
importante ruolo per la salvaguardia della biodiversità nel territorio provinciale. A dimostrazione di
ciò si osservi in sintesi che:
l’oasi Monte Vecchio Orecchiella in parte coincide con il Parco Nazionale dell’Appennino
Tosco Emiliano. Vi ricadono 3 riserve naturali statali (Lamarossa, Orecchiella, Pania di Corfino) e
Siti Natura 2000 della provinciali Lucca (SIR-ZPS “Pania di Corfino”, SIR-SIC “Parco
dell’Orecchiella, Pania di Corfino, Lamarossa”, SIR-SIC “Monte Castellino Le Forbici”) in
contiguità con quelli della Regione Emilia Romagna, oltre a terreni del demanio regionale. L’area dei
Laghi di Cella posta all’esterno di questi vincoli di protezione è stata oggetto di specifiche indagini
per la conoscenza, il recupero/restauro ambientale e la gestione dell’area umida minore ai fini del
mantenimento e dell’implementazione della funzionalità ecologica e faunistica della stessa. Sono in
corso le fasi di monitoraggio e di gestione mediante interventi manutentivi.
nell’oasi Orrido di Botri ricade la riserva naturale statale “Orrido di Botri” e l’omonimo SIRSIC-ZPS. La Provincia di Lucca, in collaborazione con la Comunità Montana Media Valle del
27
Serchio (ora Unione dei Comuni), ha condotto diversi interventi di miglioramento ambientale. Il
progetto più recente e in fase di completamento è quello nell’ambito di alcuni terreni nel Comune di
Coreglia Antelminelli finalizzati prevalentemente al mantenimento delle aree aperte mediante
operazioni di sfalcio dato il progressivo abbandono dei pascoli per la perdita delle tradizionali attività
di pastorizia. Sono da attuare interventi coordinati su tutta l’oasi, sia a Coreglia Antelminelli che a
Bagni di Lucca, secondo criteri volti alla tutela degli ambienti per la fauna; particolare attenzione
agli habitat e alle specie di interesse conservazionistico.
nell’oasi Balzo Nero ricadono il SIR-SIC “Zone calcaree della Val di Lima e del Balzo Nero”
e il SIR-SIC “Monte Prato Fiorito, Monte Coronato, Valle dello Scesta”. Sono da attuare interventi
per approfondire la conoscenza faunistica dei luoghi e programmare l’attuazione di interventi volti
alla tutela degli ambienti per la fauna prestando particolare attenzione agli habitat e alle specie di
interesse conservazionistico. Per quanto riguarda la limitrofa area calcarea del Monte Memoriante e
della Penna di Lucchio gli studi di caratterizzazione naturalistica hanno evidenziato la presenza di
specie e habitat di grande valore conservazionistico ed è stata avanzata la proposta di istituzione di
un nuovo Sito di Importanza Comunitaria o dell’ampliamento del SIR-SIC “Zone calcaree della Val
di lima e del Balzo Nero”.
Nella zona di protezione “Bientina” ricadono il SIR-SIC “Ex alveo del Lago di Bientina” e
l’ANPIL del Bottaccio. Si tratta di un’ampia area a divieto di caccia che consente la salvaguardia di
habitat e di specie, prevalentemente ornitiche, di grande valore conservazionistico. La presenza
dell’istituto a gestione provinciale ha consentito peraltro di attuare specifici interventi di
miglioramento ambientale volti alla tutela e alla implementazione di habitat e di reti di connettività
ecologica. Oltre a colture a perdere appetite per la fauna è stato promosso l’allagamento dell’area
della Gherardesca, area un tempo oggetto di bonifica a scopo agricolo e adesso caratterizzata da una
vasta distesa d’acqua che in poco tempo ha costituito un fondamentale punto di riferimento per
molte specie di uccelli.
Le zone di protezione “Versilia” e “Brentino” ricadono lungo la rotta di migrazione tirrenica,
individuata anche dal PTC quale corridoio di migrazione di valenza internazionale per i rapaci.
L’ampia fascia compresa tra la linea di costa e le pendici occidentali delle Apuane nell’entroterra
comprende densi nuclei abitati ad alta frequentazione turistica (in particolare nei mesi estivi) ma
anche 2 ANPIL (Lago di Porta e Dune di Forte dei Marmi) oltre a zone umide di interesse
conservaizonistico (ad es il Lago di Porta, riconosciuto anche come SIR-ZPS, la Versiliana, gli invasi
del Brentino..)
Il nuovo PFV istituisce la Zona di Protezione del Lago del Bagno (o Prà di Lama), in
Comune di Pieve Fosciana. Si tratta di un invaso naturale alimentato da sorgenti termali incluso tra
le emergenze geologiche provinciali e nell’elenco delle aree umide di interesse. Lo stesso specchio
d’acqua è oggetto della Misura 30 del Piano di Gestione delle Acque del Distretto Idrografico del
Fiume Serchio. La motivazione principale è il ruolo rivestito nell’ambito delle principali rotte di
migrazione dal lago e dalle zone umide circostanti; la sua posizione è baricentrica rispetto ad altre
umide circostanti come i Laghi di Cella, il Lago di Pontecosi, il corso del fiume Serchio e alcune
piccole aree appenniniche sia sul versante toscano che emiliano.
Il nuovo PFV istituisce la Zona di Protezione del Lago di Pontecosi che ricade in Comune di
Castelnuovo di Garfagnana e in Comune di Pieve Fosciana. Si tratta di un invaso a uso idroelettrico
del sistema idraulico strategico del bacino del fiume Serchio che riveste un importante ruolo
nell’ambito delle rotte di migrazione dell’avifauna .
Il nuovo PFV istituisce la Zona di Protezione dei Bottacci di Massa Pisana, in Comune di
Lucca che comprende nel suo perimetro casse di espansione individuate ai fini della sicurezza
28
idraulica. Si tratta di terreni depressi, stagionalmente allagati, parte dei quali compresi
nell’ampliamento del SIC Monte Pisano proposto dalla Provincia di Lucca (Del. CP. n. 102 del
26/06/2008; Del. CP. n. 101 del 26/06/2008), approvato dalla Regione Toscana con la Del. CR n. 80
del 22/12/2009 e inserito nell’aggiornamento dell’elenco dei Siti di Importanza Comunitaria da parte
del Ministero dell’Ambiente. La proposta va quindi a ricalcare quanto già previsto dalla precedente
programmazione faunistico venatoria, riducendo le dimensioni della ZRC e istituendo una zona di
protezione, istituto faunistico che per finalità risponde in modo più coerente alle necessità di
conservazione previste per l’area. L’area rappresenta un importante nodo nell’ambito delle reti
ecologiche provinciali e in particolare per la Piana di Lucca; inoltre rientra nel sistema delle aree
umide della Toscana Settentrionale che dalla costa tirrenica verso l’interno interessano il Lago di
Porta, le aree umide relitte (ad es la Versiliana) o artificiali (ad es gli invasi del Brentino), il Lago di
Massaciuccoli e la sua palude, le aree depresse interdunali della Macchia Lucchese, il Padule di
Verciano e l’ex alveo del Lago di Bientina.
- Contributo all’individuazione di corridoi ecologici funzionali per la fauna mediante
specifiche raccolte dati sul territorio
I progetti di miglioramento ambientale comportano necessariamente una raccolta di dati sul
territorio in esame sia in termini di popolazioni di interesse faunistico venatorio, sia, per quanto
possibile, in termini più generali relativamente alla presenza di specie floristiche faunistiche, oltre che
di habitat di interesse conservazionistico. Gli stessi miglioramenti ambientali sono volti a potenziare
le reti di connettività funzionali per le specie di interesse. Sarebbe necessario poter pianificare tali
connessioni ecologiche a scala più vasta, interagendo, ove possibile, anche con gli interventi attuati
dell’ATC fornendo quindi indirizzi per una più efficiente funzionalità delle stesse. L’analisi è
funzionale anche all’implementazione dei dati conoscitivi riportati nel PTC della Provincia di Lucca
in aggiornamento per quanto riguarda il Tema F- Sez F.1- Risorse naturali e biodiversità.
- Studi volti alla conoscenza della distribuzione di specie particolarmente protette e di specie
protette al fine dell’individuazione di corrette azioni gestionali
Nel corso del periodo 2009-2011 è stata effettuato uno specifico studio di caratterizzazione
naturalistica nella zona compresa tra le Strette di Cocciglia e la Forra di Lucchio, in Comune di
Bagni di Lucca. L’indagine ha rivelato la presenza di numerose emergenze di grande valenza
conservazionistica che evidenziano il valore naturalistico dell’area nel contesto dei massicci calcarei
della Val di Lima. Sono state quindi avanzate proposte, in accordo con l’Amministrazione
provinciale e comunale volte sia alla tutela delle peculiarità ambientali, sia alla valorizzazione e
promozione di alcune porzioni di territorio al fine di un utilizzo sostenibile nell’ambito di una
economia locale che necessita di nuove forme di sviluppo (accoglienza diffusa, ecoturismo,
enogastronomia e produzioni tipiche..).
Attraverso il progetto “Attuazione di interventi formativi e informativi e predisposizione di sistemi di
prevenzione della predazione da canidi” sono stati svolte le prime indagini conoscitive circa la
presenza e la distribuzione della specie Canis lupus nel territorio della Media Valle del Serchio.
L’analisi ha comportato specifiche indagini di campo secondo metodiche standard supportate dalla
verifica mediante analisi genetiche condotte da ISPRA circa l’esatta determinazione della specie di
canide.
Il lupo costituisce quindi non soltanto una specie bandiera (ossia particolarmente interessanti o
29
attraenti per cui le persone reagiscono "emotivamente"), una specie ombrello (che richiede grandi
estensioni di habitat per mantenere popolazioni vitali e quindi, salvaguardando tali habitat si hanno
ricadute positive anche su altre specie), una specie keystone (dette anche "chiave di volta", che
hanno rilevanti effetti sulle funzioni ecologiche e la cui eliminazione influirebbe su molti altri membri
della comunità ecologica), una specie indicatrice dello stato qualitativo dell’ecosistema in termini
soprattutto di funzionalità delle reti trofiche.
La continuità del progetto comporta un’estensione del monitoraggio su scala provinciale e la
definizione di specifiche misure di prevenzione dei danni così da mitigare il conflitto tra lupo e
zootecnica; questo obiettivio può essere conseguito soltanto attraverso una progettazione che
coinvolga in modo coordinato tutti gli Enti competenti in materia (Enti Parco, CFS, Azienda USL,
Unioni di Comuni, Comuni).
- Tutela della biodiversità agricola mediante specifiche azioni in caso di danni su produzioni
tipiche
Dai dati sui danni alle colture agricole esercitati dalla specie cinghiale, forniti dall’ATC Lucca 11
(Dott. Siriano Luccarini) per il periodo 2010-2013, si evidenziano consistenti impatti su farro e mais
8 file, come da tabella seguente.
coltura
importo danni
2011
2012
2010
farro
€ 18.186,48
mais 8 file
totale danni
€ 3.561,49
€ 14.912,20
€ 5.822,18
€ 1.518,60
€ 8.964,36
€ 30.654,22
€ 13.332,91
€ 34.166,46
2013
€ 13.281,80
/
€ 22.121,70
Se analizziamo l’incidenza percentuale (in termini economici) sul totale pagato annualmente si
osserva che i danni sul farro si attestano su valori molto elevati, con addirittura un valore pari al
60% nel 2013. Anche per il mais 8 file al 2012 si è raggiunto oltre il 26%.
Coltura
Incidenza % sul totale
2010
2011
2012
2013
Farro
59,33%
26,71%
43,65%
60,04%
Mais 8 file
18,99%
11,39%
26,24%
!
- Particolare attenzione rivolta alle aree umide minori e alle zone palustri.
Nell’attuazione dei miglioramenti ambientali a fini faunistici su specie ornitiche di interesse faunistico
venatorio, è stata data particolare rilevanza alla salvaguardia di ambienti umidi di particolare
rilevanza conservazionistica non compresi nel sistema delle aree protette e nemmeno all’interno della
Rete Natura 2000. Questa azione risulta coerente con quanto riportato nel PTC della Provincia di
Lucca (in aggiornamento) per quanto riguarda il Tema F- Sez F.1- Risorse naturali e biodiversità.
Al fine di implementare gli ambienti funzionali alla specie beccaccia (Scolopax rusticola), nell’ambito
del precedente Piano Faunistico Venatorio sono stati effettuati interventi di recupero/restauro
30
ambientale di zone umide appenniniche localizzate in radure intrasilvatiche (Laghi di Cella,
al’interno dell’Oasi di protezione Monte Vecchio Orecchiella).
In Val di Lima, nell’ambito della caratterizzazione naturalistica dell’area compresa tra le Strette di
Cocciglia e la Forra di Lucchio, in Comune di Bagni di Lucca sono state condotte specifiche indagini
relativamente al Lago di Casoli posto lungo il versante settentrionale del Monte Memoriante in
prossimità dell’omonimo abitato.
Il bando annuale dei miglioramenti ambientali prevede delle specifiche misure per la realizzazione di
punti di acqua (Misura E), allagamento terreni (Misura H), la salvaguardia di piccole aree umide
(Misura I), miglioramento faunistico di aree allagate (Misura L).
Nell’ambito della Misura H nel 2008 la Provincia di Lucca ha promosso l’allagamento di un’ampia
area di circa 47 ha su terreni di proprietà privata in Comune di Capannori, all’interno della zona di
protezione di Bientina. Le superfici allagate hanno un vincolo di 10 anni e hanno consentito la sosta
della migratoria nei mesi autunno-invernali e fornito habitat per specie nidificanti. Risulta un
importante elemento nell’ambito delle reti di connettività ecologica della zona del Bientina, data
anche la prossimità con la zone del Bottaccio. Si tenga in considerazione che le zone di protezione
ex art. 14 della L.R. 3/94 comprendono:
gli invasi del Brentino, tra Massarosa e Viareggio e questo garantisce la riduzione del
disturbo determinato dall’attività venatoria su specchi d’acqua che potrebbero svolgere un
importante ruolo per la sosta e la riproduzione di specie ornitiche di interesse lungo i flussi migratori
che seguono la linea di costa, in prossimità del Lago e del Padule di Massaciuccoli (riconosciuto
SIR-SIC-ZPS, Area Ramsar e quasi interamente compreso nel perimetro del Parco Regionale
Migliarino-S. Rossore-Massaciuccoli). Tale funzione risulta parzialmente compromessa dalle attività
antropiche che gravitano nelle zone circostanti.
l’area dell’ex alveo del Lago di Bientina, compresa in parte all’interno del SIR-SIC omonimo
e all’interno della quale ricade anche l’area protetta di interesse locale del Bottaccio (anche oasi
WWF).
Tenendo conto delle segnalazioni e dei dati disponibili relativamente ai flussi migratori e alle zone
riproduttive oltre che a seguito di specifici sopralluoghi, il nuovo PFV propone l’istituzione delle
zone di protezione lungo le rotte di migrazione dell’avifauna per il piccolo Lago del Bagno per
l’invaso a uso idroelettrico di Pontecosi e per le aree planiziali della zona di Pontetetto-Massa
Pisana- Vicopelago in Comune di Lucca. Per quanto riguarda la proposta della ZP dei Bottacci di
Massa Pisana si fa presente che il perimetro comprende parte di una precedente proposta di Zona di
Ripopolamento e Cattura già verificata con l’ATC Lucca 12 e parte del SIC “Monte Pisano” (in
particolare la porzione che è stata ricompresa nel Sito a seguito di recente ampliamento). Inoltre
l’area ricade prevalentemente all’interno delle casse di espansione realizzate per la sicurezza idaulica
del territorio della piana di Lucca.
Il Piano Faunistico Venatorio vede la necessità di legare maggiormente gli interventi di
miglioramento ambientale previsti da bando provinciale a quelli previsti e attuati dagli ATC anche
mediante un maggiore coinvolgimento nella programmazione che garantisca una più efficiente
funzionalità ecologica degli stessi.
31
Obiettivo 3- Gestione fauna di interesse venatorio
- Monitoraggio della densità di specie di fauna omeoterma di interesse venatorio (es.
censimento beccaccia, censimenti ungulati)
Il monitoraggio è effettuato nel rispetto delle linee guida e delle metodiche riportate nella disciplina
di Piano (Criteri per il monitoraggio della fauna). Nello stesso documento sono indicati anche i
periodi più idonei per effettuare i censimenti/stime di popolazione al fine di rispettare il ciclo
biologico delle specie evitando disturbi e ottimizzando la raccolta dati.
Cinghiale
Rispetto al precedente Piano Faunistico Venatorio, negli ultimi anni è esplosa la problematica
cinghiale dovuta non soltanto ai danni esercitati sulle colture agricole ma anche alla sempre più
massiccia presenza di esemplari in zone sempre più prossime o addirittura all’interno di nuclei
abitati. Il cinghiale è oggetto di caccia nei periodi indicati dal calendario venatorio e a interventi di
controllo per i danni arrecati alle produzioni agricole . La raccolta dei dati sulla popolazione deve
essere condotta attraverso le seguenti tecniche:
·
Ormature su percorso fisso
·
Carniere standardizzato
·
Osservazioni da punto fisso (anche tramite l’utilizzo di foto trappole)
·
Struttura del carniere
·
Analisi degli uteri e delle ovaie delle femmine abbattute
·
Misurazioni biometriche
·
Monitoraggio sanitario
Lepre
Per quanto riguarda gli istituti di interesse faunistico venatorio sono stati effettuati censimenti sulla
specie lepre (Lepus europaeus) nel Centro di Riproduzione della Fauna Selvatica allo Stato Naturale
di Colle Fobia nel periodo 2012-2013 che hanno fornito informazioni anche su altre specie presenti.
Censimenti serali sulla lepre anche nell’oasi dell’Orrido di Botri nel territorio di Coreglia
Antelminelli, finalizzati all’attuazione e al monitoraggio di miglioramenti ambientali.
Queste le tecniche utilizzate:
·
censimenti notturni con faro su percorso campione,
·
censimenti in battuta in aree caratterizzate da elevato coefficiente di boscosità, morfologia
accidentata e con scarsa copertura viaria,
·
Pellet group count.
Galliformi
·
Conteggi invernali su fagiano, pernice rossa, starna, coturnice mediante censimenti diurni in
32
autovettura su percorso
Abbandondanza).
campione mediante calcolo
dell’IKA (Indice chilometrico
di
·
Conteggi primaverili e estivi su starna, pernice rossa, coturnice mediante conteggio dei
maschi territoriali attreverso l’emissione di richiami registrati (playback).
·
Conteggio dei maschi di fagiano in canto territoriale (aprile- maggio) e rilievo della
consistenza complessiva della popolazione primaverile di fagiano, femmine incluse, con osservazioni
(dall’auto) in prossimità delle aree di alimentazione (prime ore del mattino e tardo pomeriggio).
·
Rilievo delle nidiate e delle femmine presenti, per valutare il successo riproduttivo.
Muflone
Il muflone (Ovis aries) è una specie originaria di alcune grandi isole mediterranee, quali Corsica,
Sardegna e Cipro. La sua presenza in diverse zone dell’Italia peninsulare è dovuta a introduzioni
effettuate a partire dal XVIII secolo. Nella provincia di Lucca le origini della popolazione di muflone
si possono far risalire a interventi di reintroduzione effettuati a cavallo degli anni ‘60 da parte dell’ex
Azienda di Stato delle Foreste Demaniali.
Nel Parco Regionale delle Alpi Apuane questo bovide è stato introdotto con intenti venatori
all’inizio degli anni ’80 del XX secolo, antecedentemente all’istituzione dell’area protetta che risale
al 1985; gli esemplari provenivano dal Parco Naturale dell’Orecchiella (LU), situato sul vicino
Appennino Lucchese e complessivamente 16 capi furono rilasciati nel territorio del Comune di
Stazzema (LU), in due riprese: nel 1981 (6 capi) e nel 1982 (10 capi). A partire da questo nucleo, il
muflone si è affermato sul territorio manifestando una presenza sempre più diffusa e numerosa.
Le operazioni d’introduzione della specie iniziate a partire dagli anni Sessanta, unitamente alle sue
particolari caratteristiche ecologiche, giustificano le limitate proporzioni dell’areale distributivo
(27.123 ha) che interessa 82 UC pari al 15,3% della superficie provinciale. Il nucleo principale si
colloca lungo il crinale appenninico dei comuni di Sillano, S.Romano e Villa Collemandina a Nord,
mentre scendendo verso Sud, interessa i comuni di Castiglione Garfagnana, Pieve Fosciana,
Fosciandora e Barga, nelle loro porzioni più elevate. Altro nucleo Importante è quello apuano (Pania
della Croce) che si articola nei comuni di Vergemoli, Molazzana, Gallicano, Fabbriche di Valico e
Careggine.
La popolazione apuana dal 2003 è oggetto di progetti di monitoraggio sul territorio del Parco curati
dall’Ente Parco. Da cinque anni gli Ambiti Territoriali di Caccia hanno iniziato il monitoraggio nelle
aree circostanti il Parco utilizzando le stesse tecniche di censimento, ovvero osservazioni in
contemporanea da punti di vantaggio e a partire dalla stagione venatoria 2011/2012 è stata avviata la
gestione faunistico venatoria di questa specie.
Capriolo
La presenza del capriolo è stata accertata in 27 dei 35 comuni lucchesi. In termini di Ambiti
Territoriali di Caccia, l’areale della specie interessa l’intera estensione dell’ATC 11 e ben il 39,5%
(64.356 ha) dell’ATC 12.
L’areale di distribuzione della specie mostra soluzione di continuità lungo tutto il crinale
appenninico, dal comune di Sillano a Nord Ovest, sino a quello di Bagni di Lucca a Sud Est.
Contigue a questo corpo principale si trovano interessanti propaggini come quella meridionale delle
Pizzorne (in comune di Villa Basilica), che si estende a Sud fino al comune di Capannoni (Matraia e
S. Gennaro). Interessanti anche le aree occupate tra i comuni di Piazza al Serchio, Camporgiano,
33
Castelnuovo Garfagnana, Careggine e Gallicano dove la specie è distribuita lungo le porzioni meno
elevate delle Apuane.
La presenza del capriolo viene annualmente monitorata all’interno dei distretti di gestione secondo i
metodi di stima definiti nel Regolamento Provinciale per la caccia di selezione, ovvero tramite:
-
censimento a vista da punti vantaggiosi, finalizzato alla raccolta di dati di struttura;
censimento in battuta in aree campione per la definizione della densità e consistenza.
Cervo
La metodologia principalmente impiegata per la definizione della consistenza e l’aggiornamento
dell’areale riproduttivo è il conteggio al bramito. Il Piano Faunistico venatorio prevede anche
conteggi su transetto in orario crepuscolare per meglio indagare la struttura di popolazione. Le
caratteristiche territoriali della Garfagnana, per l’alto indice di boscosità, non permettono
l’esecuzione di altri metodi di conteggio.
Nel “Programma annuale operativo 2013/14- relazione consuntiva 2012/13” del Comprensorio
A.C.A.T.E.R. occidentale (a cura della commissione tecnica interregionale: Riccardo Fontana
Ambrogio Lanzi Carmelo Musarò Willy Reggioni Francesco Riga Michele Viliani è possibile
verificare anche la consistenza 2013 della popolazione di cervo nel comprensorio ACATER
occidentale (Province di Lucca, Modena, Reggio Emilia e Parma).
Beccaccia
In collaborazione con l’associazione Beccacciai d’Italia dalla stagione venatoria 2012/2013 è in
corso un progetto di monitoraggio sulla beccaccia attraverso la raccolta dell’ala destra (con lettura
del piumaggio alare e determinazione dell’età) e la determinazione del sesso dell’animale abbattuto.
Sono stati condotti e sono ancora in corso miglioramenti ambientali funzionali a garantire gli habitat
tipici della specie.
- Programmazione interventi di controllo ex lege per le specie la cui densità può costituire
una problematica non altrimenti risolvibile
In genere le azioni di controllo ex art. 37 della L.R. 3/94 interessano specie che non rivestono un
valore conservazionistico e che a causa della loro densità esercitano danno su habitat , altre specie e
colture agricole.
Resta comunque che queste anomale densità e questi fenomeni di concentrazione in alcune zone,
devono essere interpretate quali importanti indicatori di cambiamenti a scala più vasta nella qualità
degli ecosistemi e degli ambienti in genere (intendendo in questo senso anche le zone urbane e
periurbane). Comprendere le cause di tali squilibri risulta funzionale a cercare di risolvere il
problema anche mediante altre soluzioni oltre a quella del controllo diretto e può aiutare a limitare i
danni e contribuire a un miglioramento complessivo degli habitat.
- Approfondimento dell’analisi sulla vocazionalità del territorio sulla base dei dati raccolti a
livello locale: creazione di una banca dati omogenea per la raccolta dei dati territoriali forniti
da personale esperto
Il precedente Piano Faunistico Venatorio era corredato da una cartografia della vocazionalità
faunistica del territorio provinciale realizzata dal CIRSeMAF e Università degli Studi di Firenze e
consegnata nel Marzo 2005 che necessiterebbe di aggiornamento.
34
A tal fine risultano utili i dati raccolti nell’ambito delle attività di monitoraggio svolte dagli ATC e
dagli uffici provinciali per la realizzazione dei miglioramenti ambietali e il pagamento dei danni.
La stessa cartografia ha permesso di individuare areali idonei per il ripopolamento con selvaggina
che sono stati oggetto di approfondimenti, verifiche e approfondimenti da parte dei tecnici
provinciali e degli ATC al fine di ottimizzare gli interventi.
La Provincia, già attraverso il precedente Piano Faunistico Venatorio, ha promosso l’individuazione
di zone di ripopolamento e cattura e di zone di rispetto venatorio funzionali a garantire l’adozione
delle migliori pratiche per la produzione di selvaggina secondo specifici criteri di immissione e di
gestione della stessa. Questo si realizza attraverso la predisposizione di strutture per il rilascio e
l’ambientalmento e l’attuazione di interventi di miglioramento ambientale volti a potenziare la
vacazionalità del territorio per le specie di interesse. Tali istituti permettono la riproduzione, la sosta
e l‘irradiazione naturale della fauna e quindi costituiscono importanti nodi delle reti ecologiche
funzionali a livello provinciale.
- Salvaguardia delle connettività ecologiche funzionali per garantire la distribuzione e
dispersione delle specie faunistiche
Si fa presente che, ai sensi dell’Art. 6 c. 2 della L.157/92 , la pianificazione faunistico -venatoria è
finalizzata, per quanto attiene alle specie carnivore, alla conservazione delle loro effettive capacità
produttive e al contenimento naturale di altre specie. Per quanto riguarda le altre specie, la
pianificazione faunistico -venatoria è finalizzata al conseguimento della densità ottimale, alla loro
conservazione e a garantirne la coesistenza con le altre specie e con le attività antropiche presenti sul
territorio mediante la riqualificazione delle risorse ambientali e la regolamentazione del prelievo
venatorio.
Anche la L.R. 56/00 all’art. 10 c.3 assegna ai piani faunistico venatori la funzione di tutelare le aree
di collegamento che pongano divieti all’attività venatoria. Il Piano Faunistico venatorio provvede
all’istituzione di zone di protezione lungo le rotte di migrazione dell’avifauna segnalate dall’Istituto
Superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e di Oasi di protezione destinate al
rifugio, alla riproduzione e alla sosta della fauna selvatica. La Regione Toscana con Del C.R. n°419
del 30/10/1995, ai sensi dell’Art. 32 L.R. 3/94 ha individuato i seguenti valichi montani interessati da
rotte di migrazione dell’avifauna in Provincia di Lucca: Passo di Pradarena, Passo di Foce a Giovo
(compreso interamente nell’Oasi di Protezione dell’Orrido di Botri), Passo delle Radici (compreso
interamente nell’Oasi di Protezione Monte Vecchio Orecchiella). L’Art. 21 c.3 della L.R. 157/92
afferma che la caccia è vietata su tutti i valichi montani interessati dalle rotte di migrazione
dell’avifauna, per una distanza di 1000 m dagli stessi. In tal senso risultano funzionali anche le zone
di ripopolamento e cattura istituite comunque con finalità prevalentemente venatorie per aumentare
la disponibilità di selvaggina; tali istituti sono infatti destinati alla riproduzione della fauna selvatica
allo stato naturale e alla cattura della stessa per l’immissione e il suo irradiamento sul territorio, in
tempi e condizioni utili all’ambientamento, fino alla ricostituzione e alla stabilizzazione della densità
faunistica ottimale per il territorio.
Per la corretta localizzazione, il presente Piano tiene conto del quadro conoscitivo del PTC in fase di
aggiornamento e degli ulteriori dati disponibili per proporre l’istituzione di nuove Zone di
protezione.
All’interno degli istituti a divieto di caccia (Oasi, Zone di Protezione, ZRC) la Provincia interviene
per il ripristino e la salvaguardia degli ecosistemi ed interventi idonei alla conservazione della fauna
selvatica, favorendo l’insediamento e l’irradiamento naturale delle specie stanziali e la sosta delle
specie migratorie. .
35
Contributo sostanziale alla salvaguardia e all’implementazione delle connessioni ecologiche è
costituito dalla programmazione e attuazione degli interventi di miglioramento ambientale .
Obiettivo 4- Riduzione dei danni alle produzioni agricole e alle opere
- Formazione e informazione circa l’utilizzo di mezzi ecologici dissuasori e sistemi di
prevenzione e di protezione
Nella destinazione delle risorse disponibili per la tutela delle colture agricole, deve essere garantita
da parte della Provincia e degli ATC priorità al finanziamento delle iniziative di prevenzione danni,
secondo quanto stabilito dal P.R.A.F. 2012-2015, che devono essere predisposte tenendo conto della
realtà agricola presente sul territorio, dell’ammontare dei danni che si sono verificati, delle
popolazioni animali presenti e delle caratteristiche dei luoghi.
Oltre ai sistemi preventivi classici (recinzioni elettriche e metalliche, protezioni acustiche, repellenti.,
etc.) è possibile implementare, anche in via sperimentale, sistemi innovativi di prevenzione.
Costituiscono comunque azione di prevenzione tutti gli interventi agronomici, ambientali e
silvocolturali in grado di offrire alla fauna selvatica fonti trofiche alternative alle produzioni agricole,
per cui laddove possibile, devono essere privilegiati, ai sensi del P.R.A.F punto 4.4., gli interventi di
miglioramento ambientale e i progetti di dimensioni comprensoriali, coordinati con specifici
interventi complementari, realizzati tramite la collaborazione tra cacciatori e agricoltori.
In questo quadro, nel corso degli ultimi due anni, sono stati finanziati agli Ambiti Territoriali di
Caccia progetti per attività di prevenzione danni da fauna selvatica alle colture agricole, al fine di
ridurre l’impatto esercitato dalle specie selvatiche, in primis il cinghiale, sull’ecosistema agrario.
Sono stati pertanto concessi agli agricoltori, da parte degli Enti competenti, diversi sistemi di
prevenzione del danno, principalmente recinzioni elettrificate ma anche sostanze repellenti in grado
di agire sul gusto e/o olfatto dell’animale.
Questi metodi sperimentati in diverse realtà della provincia su colture come mais, girasole, vigneti
hanno contribuito a ridurre l’entità dei danni da parte del cinghiale.
A queste misure di prevenzione, ai fini del contenimento dei danni da cinghiali, sono state affiancati
anche interventi di foraggiamento dissuasivo che si sono rilevati utili al fine di ridurre le abitudini
erratiche della specie ed impedire, per quanto possibile, il suo sconfinamento all’interno delle aree ad
essa non vocate.Tali interventi sono stati realizzati in aree limitate dei due Ambiti Territoriali di
Caccia, individuate cartograficamente, all’interno delle aree boscose dei distretti di gestione.
Questi interventi di foraggiamento sono stati necessari in questi ultimi due anni per limitare
l’erratismo alimentare del cinghiale che a seguito della scarsa offerta alimentare fornita dal bosco, in
particolare per effetto del cinipide sulla fruttificazione del castagno, si è avvicinato sempre di più alle
aree agricole e a quelle urbane, esercitando un impatto sulle coltivazioni e sulla popolazione.
Dal momento che negli ultimi anni si sta assistendo a un progressivo incremento delle segnalazioni di
danni imputati al predatore su capi di allevamento (in particolare ovini), con il supporto del Servizio
veterinario dell’azienda USL di Lucca, nell’ambito del progetto “Attuazione di interventi formativi e
informativi e predisposizione di sistemi di prevenzione della predazione da canidi” (A. Grazzini, L.
Manghi, A. Sani, ined.), nel periodo 2009-2011 è stata condotta un’analisi preliminare della
problematica sul territorio della Media Valle del Serchio. In particolare sono state effettuate
36
interviste ai pastori visitando ciascuna azienda al fine di focalizzare alcune tematiche di interesse
quali le modalità di allevamento e gestione dei capi, le criticità legate al mantenimento della
tradizionali attività pastorali in ambiente apuano e appenninico, le necessità e le aspettative per la
salvaguardia delle greggi. Questo ha consentito di individuare anche le principali zone di pascolo che
corrispondono alle radure intrasilvatiche, alle aree aperte di fondovalle anche lungo i principali
corridoi fluviali e alle praterie di crinale appenninico e apuano. Si tratta per lo più di habitat di valore
conservazionistico. Il progetto prevedeva l’attuazione di specifici interventi di prevenzione anche
mediante la sperimentazione di varie metodologie con la collaborazione degli allevatori e delle
Unioni del Comuni dalla Media Valle e della Garfagnana.
- Sostegno tecnico e consulenza a chi denuncia i danni fin dalle fasi preliminari
I competenti Uffici della Provincia forniscono indicazioni di massima sui metodi di prevenzione a
tutti coloro che abbiano subito danni ad opera della fauna selvatica. Inoltre, nel caso di coloro che
possano richiedere i previsti risarcimenti dei danni, i tecnici provinciali forniscono anche un aiuto
nella predisposizione delle domande. Per l’installazione dei metodi di prevenzione vengono fornite
informazioni tecniche dettagliate sulle modalità di realizzazione.
La Provincia potrà realizzare direttamente seminari di aggiornamento e formazione in tema di
prevenzione dei danni all’agricoltura rivolti ai soggetti interessati e promuovere eventuali iniziative
proposte dagli Ambiti Territoriali di Caccia e dalle associazioni agricole, ambientali e venatorie.
- Attuazione interventi di controllo mirati sulle specie di interesse venatorio causa del danno
Le specie causa del danno sulle quali sono attuati interventi di controllo ex art. 37 della L.R. 3/94
sono le seguenti:
·
Cinghiale
·
Cornacchia grigia
·
Piccione domestico
Ai sensi dell’art. 37 della L.R. 3/94, le Province, per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali,
provvedono al controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia,
prioritariamente attuando metodi ecologici. Un esempio di metodologia ecologica può essere
costituito dall’attuazione di interventi di miglioramento ambientale specifici per alcune specie così da
fornire colture civetta o garantire la disponibilità di habitat idonei così da ridurre l’attrattività delle
aree coltivate. A tal proposito,sono stati effettuati alcuni interventi di ripristino e semina di alcune a
pascolo da destinare sia agli ungulati che alla lepre. Per quanto riguarda il cervo nel 2012 sono stati
attuati 6 interventi di prevenzione danni attraverso la posa in opera di recinti elettrificati, 4
interventi nel 2010 e nessun intervento nel 2011.
Distretto
AG
Comune
Lunghezza recinzioni (m)
DGLU11
AG1
Sillano
1400
DGLU11
AG4
Pieve Fosciana
1000
DGLU11
AG4
Pieve Fosciana
1200
vigneto
DGLU11
AG4
Fosciandora
2800
vigneto e uliveto
DGLU11
AG1
Piazza al Serchio
800
Grano saraceno
DGLU11
AG1
Sillano
800
farro
37
Coltura protetta
frutteto
patate e foraggere
Nel grafico seguente è riportato il numero dei cacciatori abilitati ex art. 37 in Provincia di Lucca
(dato aggiornato al luglio 2012). Si fa presente che molti possono risultare abilitati al controllo di
più specie, quindi la sommatoria dei valori per specie (425) non costituisce il numero totale degli
abilitati (1660).
Il dato relativo agli abilitati alla selezione della specie cinghiale riportato nel seguente grafico non
comprende i cacciatori iscritti alla caccia al cinghiale in battuta.
Cinghiale
Nelle zone vocate al cinghiale e nelle zone non vocate ove le condizioni lo consentano, con
determinazione dirigenziale n° 1221 del 26/03/2014, sono state autorizzate (fino al 31 ottobre 2014)
operazioni di allontanamento dei cinghiali con l’utilizzo di cani e con assoluto divieto di detenzione
e/o utilizzo di armi da fuoco nella località dove la loro presenza sovradensitaria risulta incompatibile
con il normale svolgimento delle attività antropiche e in particolare con la coltivazione dei terreni.
Gli interventi sono effettuati utilizzando le squadre di caccia al cinghiale operanti nel distretto,
organizzate dal Comitato di Gestione dell’ATC sotto il coordinamento della Polizia Provinciale.
Nelle aree ove non siano stati risolutivi gli interventi di allontanamento realizzati ai sensi di quanto
sopra o l'istallazione di metodi di prevenzione ecologica, sono stati attuati interventi di abbattimento
sulla base del Piano di Controllo del cinghiale approvato, contestualmente al Piano di Gestione e
Prelievo degli ungulati, con Delibera digiunta Provinciale n. 186 del 27/08/2013.
Piano di controllo del cinghiale
Data/Periodo
Febbraio 2012
14 Marzo 2012
Località/istituto
Modalità di intervento
Rotta di migrazione dell'avifauna - Lucca
Area non vocata - Lucca
38
battuta
Soggetti
abilitati
all’intervento
Art. 37
Data/Periodo
31 Marzo 2012
7 Aprile 2012
23 Aprile 2012
Aprile 2012
30 Giugno 2012
1 Luglio 2012
Giugno – Luglio 2012
Località/istituto
Area non vocata San Romano Garfagnana
- Camporgiano
Area non vocata Castelnuovo Garf.
Area non vocata Castelnuovo Garfagnana
Lucca
Area non vocata Pietrasanta
Area non vocata Pietrasanta
Rotta di migrazione dell'avifauna - Lucca
tipologia abbattimento
Battuta
Art. 37
Battuta
battuta
trappolaggio
battuta
battuta
Abbattimenti notturni con faro
Art. 37
Art. 37
Art. 37
Art. 37
Art. 37
Art. 37
2012
2013
n. interventi
n. animali abbattuti/catturati
n. interventi
Braccata
5
12
9
Girata
1
1
4
32
4
6
2
--
Tiri selettivi notturni
Trappola
1
Totale
Soggetti
abilitati
all’intervento
Modalità di intervento
n. animali abbattuti/catturati
21
16
4
--
19
41
2012
COMUNE
N. ANIMALI
N. BRACCATE
N. GIRATE
n. interventi di TIRO
GABBIA
1
32
1
LUCCA
16
2
CASTELNUOVO
1
2
S.ROMANO - CAMPORGIANO
2
1
2013
COMUNE
N. ANIMALI
N. BRACCATE
N. GIRATE
4
LUCCA
34
5
PIETRASANTA
4
2
BORGO A MOZZANO
1
1
1
2
MINUCCIANO
1
S.ROMANO
MASSAROSA
n. interventi di TIRO GABBIA
1
2
2
Altri ungulati
Nel territorio dell’ATC 11 sono stati attuati specifici interventi di tutela delle colture mediante
l’utilizzo di recinzione elettrica.Inoltre, è in corso la gestione del cervo appenninico attraverso la
costituzione dell’ACATER occidentale e l’approvazione del Regolamento provinciale sulla selezione
della specie. Inoltre è proseguita la caccia di selezione al capriolo (con approvazione di un nuovo
Regolamento) ed è stata attivata quella al muflone.
39
Cornacchia grigia
L’ATC Lucca 11 ha presentato un piano di controllo della cornacchia grigia che è stato autorizzato
da ISPRA. Gli interventi riguardano specificatamente i seguenti istituti:
ZRC Piazza al Serchio (gestione ATC 11) – autorizzazione del piano di controllo da parte della
Provincia di Lucca con Determinazione Dirigenziale n° 2719 del 05/06/2012
ZRV Ai Venti (ATC 11) autorizzazione del piano di controllo da parte della Provincia di Lucca con
Determinazione Dirigenziale n° 2718 del 05/06/2012
Piccione
Il Piano di controllo triennale del colombo di città per la salvaguardia delle produzioni agricole
2013-2015 è stato approvato con Det. Dirigenziale n° 299 del 25/01/2013 e risulta vigente su tutto il
territorio agricolo provinciale. Successivamente ISPRA ha autorizzato un incremento del numero di
soggetti annui prelevabili fino a 3000 unità e quindi la Provincia ha integrato la precedente
determinazione con la Det. Dirigenziale N° 2246 del 22/05/2013.
Piano di controllo del Piccione
DD 4757 del 18/08/2010 Piano di Controllo Triennale
500 unità annue
2010
2011
2012
DD 299 del 25/01/2013 Piano di Controllo 2013-2015
3000 unità annue
2013
Porcari Capannori Porcari Capannori Porcari Capannori Pietrasanta Porcari Capannori Altopascio
Lucca
Massarosa
2
Interventi
4
2
7
6
2
2
35
20
2
2
cacciatori
25
7
24
35
7
7
188
89
8
4 21
30
118
61
20
1541
829
piccioni abbattuti
TOT piccioni abbattuti
133
163
116
118
197
3
120
55
2548
Storno
Con Delibera G.R. n° 712 del 26-08-2013 avente a oggetto “Stagione venatoria 2012-2013: prelievo
in deroga della specie storno” la Regione Toscana ha autorizzato, ai sensi dell’art. 9 paragrafo 1,
lett.a) della Dir 2009/147/CE del Parlamento e del Consiglio e dell’art. 19 bis della L. 157/92, la
caccia allo storno, anche se specie protetta, al fine di prevenire gravi danni provocati alle coltivazioni
agricole.
- Individuazione specifiche misure per la prevenzione e la protezione dai danni nelle zone di
protezione
La prevenzione dei danni nelle zone di protezione, come negli altri Istituti faunistici, è attuata dalla
Provincia mediante la predisposizione di apposite iniziative di prevenzione concordate
preventivamente con gli imprenditori agricoli.
Il piano per la prevenzione dei danni all’agricoltura deve essere predisposto tenendo conto di diversi
fattori come 1) la realtà agricola presente sul territorio. 2) l’ammontare dei danni che si sono
verificati, 3) le popolazioni animali presenti, 4) le caratteristiche dei luoghi.
Nei confronti del cinghiale, che in questi ultimi anni, è risultato responsabile della maggior parte dei
40
danni che si sono verificati nella Zona di protezione del Bientina e del Fiume Serchio, l’azione di
prevenzione dei danni può essere esercitata efficacemente mediante l’installazione di protezioni
elettriche con filo percorso da corrente elettrica a bassa intensità o mediante l’utilizzo di sostanze
repellenti, tali da non arrecare danni alla salute delle persone e degli altri animali, che agiscono su
gusto e/o sull’olfatto dell’animale.
L’utilizzo di recinzioni elettriche è necessario laddove i danni arrecati dalla fauna selvatica sono
continuativi durante l’intera annata agraria, mentre il ricorso alle sostanze repellenti risulta utile
essenzialmente per la protezione dei prodotti agricoli in un periodo limitato nel tempo, come ad
esempio nel periodo di maturazione del prodotto. Oltre a queste tipologie, è comunque possibile
adottare in via sperimentale sistemi innovativi di prevenzione. Costituiscono azione di prevenzione
dei danni anche tutti gli interventi agronomici, ambientali e silvocolturali in grado di offrire alla fauna
selvatica fonti trofiche alternative alle produzioni agricole o che mirano all’eliminazioni di eventuali
siti di rifugio.
Obiettivo 5- Partecipazione alla programmazione prevista nel Piano
- Incontri pubblici sia con la utenza che con le Associazioni di Categoria
Il Piano Faunistico Venatorio deve caratterizzarsi anche come momento di coinvolgimento e
partecipazione nelle scelte di programmazione di tutti i portatori di interessi.
L’Assessorato alla Gestione Faunistica della Provincia di Lucca ha inteso in questo senso
promuovere ancor prima della redazione del presente documento una serie di incontri periferici ai
quali sono state invitate principalmente le Associazioni Venatorie.
Per quanto riguarda il processo partecipativo sono stati effettuati i seguenti incontri pubblici già nella
fase preliminare per definire gli obiettivi della nuova pianificazione faunistico-venatoria:
Data e orario
7 Giugno 2012 giovedì
ore 21
13 Giugno 2012 mercoledì
ore 21
14 giugno 2012 giovedì
ore 21
15 giugno 2012 venerdì
ore 21
Luogo dell’incontro
Fornaci di Barga – Sede Circoscrizione presso ex- Farmacia di Via Galilei
in collaborazione con Unione Comuni Media Valle del Serchio
Porcari Auditorium “Da Massa” ex Cavanis – Via Roma
in collaborazione con il Comune di Porcari
Sede Croce Verde di Lido di Camaiore via Flli Rosselli
in collaborazione con il Comune di Camaiore
Castelnuovo Garfagnana Sala Suffredini ex Archivio – Piazzetta dell’Ariosto in
collaborazione con l’ ATC Lu 11
Territorio interessato
Media Valle del Serchio
Piana di Lucca
Versilia
Garfagnana
In tali incontri, rivolti prevalentemente alle associazioni venatorie, è stato presentato e consegnato
un documento che introduceva al concetto di Piano Faunistico Venatorio e fissava una serie di primi
obiettivi da integrare e completare con i contributi dei partecipanti.
Gli obiettivi introdotti erano:
1)
Conseguire densità della specie cinghiale compatibili con l’attività agricola
2)
Incrementare la colonizzazione del territorio da parte delle specie selvatiche
3)
Coinvolgere pienamente le zone a divieto di caccia a vario titolo esistenti e i loro gestori
41
(p.es. Enti Parco) al fine di raggiungere densità ottimali delle specie selvatiche affiancando la
Provincia in una gestione attiva delle specie problematiche
Gli incontri sono stati vivacemente partecipati e gli argomenti sopradetti sono stati sviluppati da vari
interventi. Alcuni dei presenti si sono riservati di far giungere anche attraverso i Comuni o le
Associazioni di riferimento specifici contributi in ordine alla formulazione del Piano FaunisticoVenatorio.
Sono stati brevemente introdotti al termine degli incontri i principali concetti relativi alla procedura
di VAS che seguirà la stesura del Piano Faunistico in ogni sua fase.
- Raccolta ed elaborazione di contributi
Da tempo l’Ufficio Risorse Faunistiche va raccogliendo tutta una serie di richieste e di contributi
pervenuti da parte di Enti, privati, squadre di caccia al cinghiale, Associazioni, ATC.
RICHIESTA / E
Parco
Nazionale
Appennino
Tosco
Emiliano
Adeguamento
tabellazione
esistente del
Parco agli
effettivi confini
dello stesso
28/08/2012
Corpo
Forestale dello
Stato
A
Non pertinente
Monte
Piglione Foce
del Termine
Acqua Gelata
Matanna
Richiesta
opposta per
Macendone
Creazione di
area non vocata
per il cinghiale e
contemporanea 07/09/2012
richiesta inversa
in zona
Macendone
Presidente del
Distretto n° 4
B
Parzialmente
accolta
Barga e
Coreglia
Antelminelli
Monte
Coronato
Riesame delle
zone vocate e
non vocate nei
comuni di
Barga e
Coreglia
Antelminelli
Riesame zone
del Demanio
Regionale
DATA
15/01/2008
15/02/2012
23/01/2013
15/02/2012
SOGGETTI
Id.
Controdeduzi
oni
ZONA
Squadra 58
(Coreglia)
Presidente
Distretto 13
Fidc e Anlc
Ghivizzano
C
Fidc (Oikos)
D
Parzialmente
accolta
Discussione
Il CFS lamenta al Parco Nazionale degli Appennini
che in varie zone la tabellazione non corrisponde
alla cartografia ufficiale del Parco. Tale discrasia è
potenzialmente foriera di possibili rilievi penali a
carico di soggetti che tratti in inganno dalla
tabellazione fossero comunque sorpresi a cacciare
in aree rientranti nel Parco Nazionale. Auspica una
revisione a breve di tali tabellazioni. Non si rileva
una diretta competenza a carico del PFV.
Si richiede una revisione di aree attualmente
vocate portandole ad aree non vocate e
contemporaneamente si richiede la vocazionalità al
cinghiale per una zona che attualmente non è
vocata. La proposta è stata parzialmente accolta
utilizzando come criterio esclusivo l’uso del suolo.
L’integrazione della zona Macendone come area
da vocare per compensare le zone che dovrebbero
passare a non vocate non è necessaria. (Vedasi
cartografia)
Vi sono osservazioni in conflitto sulla nuova
perimetrazione delle zone vocate nei due comuni
del Distretto 13. Tra le due proposte si è tentata
una mediazione con un parziale accoglimento della
richiesta di ampliamento delle zone vocate. (Vedasi
cartografia)
E’ stata proposta una nuova perimetrazione delle
aree demaniali nella zona di Monte Coronato. E’
stata avviata fin dal 2011 la richiesta alla Unione
dei Comuni della Media Valle del Serchio che
gestisce il patrimonio demaniale regionale di
avviare presso i competenti Uffici Regionali una
richiesta di sdemanializzazione. Si fa comunque
presente che la sdemanializzazione senza la
creazione di una adeguata zona di protezione è un
fattore molto critico dal momento che l'area è
totalmente ricompresa all'interno del SIR-SIC
“Monte Prato Fiorito – Monte Coronato_Valle dello
Scesta” Tra le principali emergenze segnalate per
questo SIR -SIC viene elencata l'Aquila reale
(Aquila chrysaetos) e i Lupo (Canis lupus). La
perdita di questa estesa porzione protetta potrebbe
comportare un aggravamento delle condizioni di
criticità già segnalate per le specie e per il Sito
all'interno della relativa scheda delle "Norme
tecniche relative alle forme e alle modalità di tutela
e conservazione dei Siti di Importanza Regionale
42
ZONA
RICHIESTA / E
Proposta di
Loc. Giardo e
revisione del
San Rocchino
divieto di caccia
Loc. Borgo a
Mozzano
Proposta di
revisione del
divieto di caccia
Minucciano
Richiesta
istituzione area
non vocata e
per converso
Conferma
attuale assetto
Cerretoli e
Palleroso
Vico
Pancellorum
Richiesta di
passaggio da
area non vocata
ad area vocata
Perimetrazione
di aree vocate e
non vocate al
cinghiale in
conformità con
DATA
04/05/2012
SOGGETTI
Sig. Simone
Mei
16/04/2012
Fidc
17/01/2012
Presidente
Distretto 16
13/03/2012
16/02/2012
Controdeduzi
oni
ArciCaccia
25/10/2011
18/02/2013
Id.
E
Non accolta
F
Non accolta
G
Parzialmente
accolta
H
Accolta
Varie firme
Comune di
Castelnuovo
Garfagnana
Sig. Riccardi
Adolfo e vari
residenti di
Vico
Pancellorum
Accolta
I
43
Discussione
(SIR)" approvate con Del. G. R. n. 644/2004.
La richiesta va affrontata con una duplice lettura.
Per quanto riguarda la zona definita di San
Rocchino non viene meglio precisato un perimetro
od allegata una cartografia. Se con “San
Rocchino” si intende la sola zona della cava
omonima detta richiesta non ha molto senso in
quanto la zona a ridosso della cava è densamente
urbanizzata, se invece si intende abolire in toto la
Rotta di Migrazione abituale delle “Cave del
Brentino” si ritiene di non dover accogliere tale
richiesta in quanto tale zona riconosciuta come
rotta di migrazione abituale della avifauna dall’Ispra
e costituisce un punto di sosta per l’avifauna
migratrice e soprattutto data la presenza della zona
umida delle cave per gli uccelli acquatici.
Per quanto riguarda la zona del Giardo le
dimensioni sono molto limitate e paiono più essere
finalizzate
all’accoglimento
di
richieste
particolaristiche legate alla presenza di un
appostamento che a una logica di gestione.
(vedasi in proposito la richiesta di abolire la rotta di
migrazione a favore di un altro divieto ovvero una
ZRV che però non prevede il rispetto di un franco
esterno per la creazione di appostamenti fissi). Si
ritiene pertanto di non poter accogliere tale
richiesta
La richiesta va nella direzione di una revisione
della rotta di migrazione del fiume Serchio che
attualmente si attesta al Ponte Pari di Borgo a
Mozzano. Tale corridoio ecologico costituisce
ormai un caposaldo nella rete ecologica della Valle
del Serchio e nella zona fino alla Piana di Anchiano
si è creato un habitat favorevole alla sosta, al
passaggio e all’irradiamento della fauna selvatica.
Non si è favorevoli alla richiesta poiché l’apertura
della caccia in questa zona comprometterebbe
l’assestamento ambientale di questi anni. Dalla
richiesta stessa si evince la volontà di una
valutazione serena su questa richiesta che non
può che andare nella direzione di lasciare invariata
la rotta di migrazione già penalizzata dal limite di
terminare a Borgo a Mozzano.
La richiesta è articolata e vede la contrapposizione
di due fronti. Da un lato una serie di piccoli
proprietarii di terreni compresi in una porzione di
territorio vocato che in effetti ha maggiori
caratteristiche di area non vocata che richiede il
riconoscimento di tale effettiva vocazionalità.
Dall’altro lato il Distretto di caccia al cinghiale che
invece richiede l’integrale mantenimento della
situazione attuale.
Da un punto di vista oggettivo la richiesta dei
proprietari e agricoltori ha un suo fondamento e
quindi è stata parzialmente accolta nella
considerazione che il territorio in uso al Distretto al
Cinghiale è molto ampio e scende fino a
comprendere anche il comune di Camporgiano
(vedasi cartografia).
Il comune di Castelnuovo G. facendosi tramite di
richieste della cittadinanza chiede che vengano
vocate al cinghiale alcune aree del Comune che
attualmente sono classificate come non vocate ma
presentano le necessarie caratteristiche di
boscosità e di presenza della specie cinghiale. Si
ritiene di accogliere tale richiesta come da
cartografia.
La richiesta di un gruppo di abitanti della frazione
di Vico Pancellorum nel comune di Bagni di Lucca
intendono richiedere un ampliamento di una Zona
non vocata per il cinghiale e una modesta
restrizione su altro lato della zona vocata poiché la
ZONA
RICHIESTA / E
DATA
SOGGETTI
Id.
Controdeduzi
oni
la natura del
territorio
Villa
Collemandina
Richiesta nuova
delimitazione
16/02/2012
Oasi
Orecchiella
Comune di
Villa
Collemandina
L
Non accolta
Camporgiano
Richiesta area a
divieto di caccia 06/07/2011
ex art. 33)
Comune di
Camporgiano
M
Accolta
N
Non accolta
Comune di
Molazzana
Sassi Eglio
Montaltissimo
Giuncugnano
Piano di
Mommio
Richiesta
27/07/2009
soppressione
zona non vocata
richiesta inversa 29/07/2009
mantenimento
zona non vocata 29/07/2009
Richiesta
revisione confini
Zona
Demaniale,
richiesta
revisione confini
AFV Monte
Prunese
Comunicazione
avvenuta
restituzione
zona demaniale
Richiesta zona
a divieto di
caccia
Sig. Selso
Savoli
Comitato
Frazioni Alte
comune
Molazzana
17/08/2007
Comune di
Giuncugnano
28/03/2008
Comune di
Giuncugnano
16/10/2013
Comune di
Giuncugnano
03/12/2012
Centro Ippico
Stella
Accolta
O
P
Non accolta
44
Discussione
stessa è troppo vicina alle abitazioni. La proposta
pare condivisibile poiché le zone per cui si richiede
la qualifica di NON VOCATE insistono su territori
con presenza di case strade ecc. V/Cartografie.
La richiesta pervenuta a varie riprese dal comune
di Villa Collemandina intende aprire alla attività
venatoria circa 88 ha . La motivazione addotta è
quella di attestare i confini dell’Oasi su quelli del
Parco dell'Appennino. Si fa notare che Parco e
Oasi non hanno allo stato alcun collegamento e
non sono interdipendenti.
Infine il confine
dell’Oasi, qualora lo si voglia rivedere, deve essere
oggetto di un provvedimento specifico che prenda
in esame la possibilità di assestare i confini sui
limiti del SIR -SIC Parco dell’Orecchiella - Pania di
Corfino -Lamarossa
per l'elevata valenza naturalistica del Sito. Tra le
principali emergenze segnalate per questo SIR
-SIC viene elencata l'Aquila reale (Aquila
chrysaetos) per la quale il sito è rilevato come uno
dei più importanti per la specie in Toscana. La
perdita di questa estesa porzione protetta potrebbe
comportare un aggravamento delle condizioni di
criticità già segnalate per il Sito all'interno della
relativa scheda delle "Norme tecniche relative alle
forme e alle modalità di tutela e conservazione dei
Siti di Importanza Regionale (SIR)" approvate con
Del. G. R. n. 644/2004.
La proposta è stata già accolta da provvedimenti
annuali a cui è seguita la definitiva istituzione di
una ZRV denominata “Ai Venti”.
Si sono verificate due richieste opposte. Una
facente capo alla nuova amministrazione comunale
che richiede la definizione di Zona Vocata su
alcune a suo tempo controverse Zone Non Vocate
richieste dagli abitanti delle frazioni di Eglio, Sassi
ecc. A favore del mantenimento della situazione
attuale sono arrivate comunicazioni firmate da
abitanti delle frazioni nonché a firma dell’ex
Sindaco.
La natura dei terreni e la presenza di nuclei abitati
suggerisce il mantenimento della attuale situazione
almeno dal punto di vista strettamente tecnico
(vedasi cartografia).
In cartella sono presenti comunicazioni avvenute
nel tempo e tendenti alla rivisitazione sia dei confini
della AFV Monte Prunese sia dell’Area Demaniale
a divieto di caccia. In tempi recenti la Regione ha
riconsegnato al comune una serie di terreni
demaniali su cui è quindi venuto meno il divieto di
caccia. Tale comunicazione è stata oggetto di
rappresentazione cartografica V/Cartografia
La richiesta di interdire la caccia in una piccola
porzione del territorio del comune di Massarosa
(loc. Piano di Mommio) proviene dal Centro Ippico
Stella ed è finalizzata a diminuire l’azione di
disturbo della attività venatoria sulle attività ippiche
condotte all’aperto. Da un apposito sopralluogo
effettuato dall’Ufficio emerge una distanza anche
maggiore alla minima prevista per Legge degli
appostamenti fissi esistenti in zona. Pertanto il
disturbo se esiste è arrecato da singoli cacciatori
vaganti che non rispettano la distanza da stazzi e
stabbi contenenti animali e come tali vanno
perseguiti. La motivazione addotta di per sé
non è quindi ritenuta accoglibile. Per la sottrazione
di fondi dalla attività venatoria esiste una specifica
ZONA
Camporgiano
RICHIESTA / E
DATA
Richiesta
ampliamento
zona non vocata
e richiesta
03/06/2013
inversa
mantenimento
13/06/2013
zona non vocata
nelle dimensioni
attuali
Pietrasanta
Richiesta
delimitazione
nuova aree non
vocate e
inserimento
nuova area
vocata
Lucca –
Borgo a
Mozzano
SOGGETTI
Id.
Pellegrinetti
Daniele
Controdeduzi
oni
Q
Parzialmente
accolta
Fidc sez.
comunale
21/01/2013
Presidente
Distretto
Cinghiale n° 1
R
Parzialmente
accolta
Richiesta
delimitazione
nuova aree
vocate
14/01/2013
ATC 12
Presidente
Distretto 10 e
capisaquadra
S
Parzialmente
accolta
San
Pancrazio e
Corsagna
Delimitazione di
nuove aree
vocate
14/01/2013
ATC 12 e
Presidente
Distretto n° 7
Capannori
Richiesta
delimitazione
nuove aree
vocate
14/01/2013
ATC 12 e
Distretto n° 6
Massarosa
Richiesta
mantenimento
25/02/2013
zone non vocate
Comune di
Massarosa
V
Accolta
Monti Pisani
Limitazione
appostamenti
fissi
Sig. Benedetti
Fiorenzo
Z
Non accolta
11/04/2011
Parzialmente
accolta
T
Non accolta
U
Discussione
procedura che eventualmente può essere attivata
entro 30 gg. dalla approvazione del Piano.
Anche qui ci troviamo di fronte a due proposte
opposte fra loro. Da una parte una serie di abitanti
del comune di Camporgiano che richiedono
l’ampliamento
all’interno
del
comune
di
Camporgiano di una zona NON VOCATA al
cinghiale.
Tale proposta è avversata dalla locale sezione
Federcaccia.
Verificata dal punto tecnico la vocazionalità del
territorio si ritiene ammissibile solo parzialmente la
richiesta di ampiamento suddetta (vedasi
cartografia)
La richiesta contempla la classificazione ad area
non vocata di una serie puntiforme di territori e in
compensazione
il
riconoscimento
della
vocazionalità di una altra zona di cui si richiede
l’attribuzione al Distretto richiedente (1).
Verificata dal punto di vista oggettivo della
vocazionalità del territorio pare accoglibile solo in
piccola parte. (vedasi cartografia)
Viene richiesta da parte del Distretto di Caccia al
cinghiale n° 10 la classificazione a zona vocata di
una serie di territori oggi definiti come NON
VOCATI.
Dopo un attento esame sulle carte d’uso dei suoli
si ritiene accoglibile solo in parte tale richiesta
(vedasi cartografia).
Viene richiesta da parte del Distretto di Caccia al
cinghiale n° la classificazione a zona vocata di una
serie di territori oggi definiti come NON VOCATI.
Dopo un attento esame sulle carte d’uso dei suoli
si ritiene accoglibile solo in parte tale richiesta
(vedasi cartografia).
Viene richiesta da parte del Distretto di Caccia al
cinghiale n° la classificazione a zona vocata di una
serie di territori oggi definiti come NON VOCATI.
Dopo un attento esame sulle carte d’uso dei suoli
la richiesta non si ritiene accoglibile in ragione del
fatto che le zone richieste presentano caratteri di
urbanizzazione più elevati rispetto a quanto
sarebbe opportuno per una area vocata al
cinghiale. (vedasi cartografia)
L’Amministrazione Comunale di Massarosa chiede
sostanzialmente una riconferma a zone non vocate
di una serie di territori già così classificati. La
richiesta si ritiene ammissibile anche in ragione dei
percorsi didattici e degli altri investimenti segnalati
a suo tempo sempre dal Comune di Massarosa.
La richiesta del sig. Benedetti Fiorenzo non ha
margini tecnici per essere accolta.
In effetti la proliferazione dei capanni in una
determinata zona può essere contenuta solo
inserendo tale area tra quelle ove non sono
collocabili appostamenti fissi. Questo però fa
scattare una deroga in favore degli appostamenti
esistenti che acquisirebbero sic et simpliciter uno
status di privilegio potendo permanere di fatto sino
al cessare della attività venatoria del titolare. La
proposta pertanto non avendo uno sbocco
normativo compatibile non può essere accolta.
- Pubblicazione sul Web
Il Documento preliminare VAS è stato pubblicato sul sito web della Provincia di Lucca
(http://www.provincia.lucca.it/attivitaproduttive/risorsefaunistiche/documents/DocumentoPreliminar
eAgosto2012aggiornato.pdf).
Sul sito saranno pubblicati il Rapporto Ambientale, la Sintesi non Tecnica in fase di consultazione e
45
sarà reso disponibile lo Studio di Incidenza.
– Formazione, informazione e aggiornamento dell’utenza su tematiche di sicurezza e di
sostenibilità ambientale
Le analisi di sostenibilità ambientale risultanti dalla valutazione ambientale strategica e le verifiche in
merito all’incidenza di habitat e specie dei Siti della Rete Natura 2000 ricadenti sul territorio
provinciale, devono essere oggetto di specifici interventi di informazione e di formazione così da
poter sensibilizzare il mondo venatorio su alcune importanti problematiche, garantire che l’attività
faunistico venatoria venga svolta nel rispetto delle vigenti normative e che la stessa assuma un
fondamentale ruolo di gestione per la risoluzione di criticità.
A tal proposito, oltre alle novità inserite nella specifica disciplina, sono da affrontare e condividere le
strategie messe in atto dal Piano Faunistico Venatorio per ottemperare a quanto richiesto dalle attuali
normative e a quanto evidenziato nei contributi pervenuti in sede di consultazione del Documento
Preliminare da parte dei Soggetti competenti in materia ambientale. Queste le principali:
la progressiva dismissione dell’uso del munizionamento con piombo, al fine di eliminare il
rischio di assunzione del metallo non soltanto da parte di animali necrofagi che si nutrano delle
carcasse di ungulati abbattuti ma anche da parte dell’uomo
la necessità di ridurre l’abbandono di rifiuti nelle attività outdoor educando alla raccolta e
allo smaltimento differenziato
-
la necessità di garantire la massima sicurezza per i cacciatori e per i non cacciatori
la definizione di corrette misure e azioni per la conservazione di habitat e specie all’interno
dei Siti Natura 2000 e all’esterno degli stessi (ad es gestione chiari di caccia, miglioramenti
ambientali, riduzione danni ..)
-
la necessità di attuare tutte le misure necessarie atte a ridurre l’impatto delle specie alloctone
-
la formazione e l’informazione circa i danni derivanti dalla predazione da canidi
-
la conoscenza delle disposizioni legislative e degli aggiornamenti
3. IL TERRITORIO PROVINCIALE
Il territorio della Provincia di Lucca è caratterizzato da una complessa variabilità morfologica e
ambientale, dovuta al suo estendersi tra l’Appennino e la costa Tirrenica, dove troviamo entità
territoriali quali:
• la catena montuosa delle Alpi Apuane, i grande valore geologico, ambientale e paesaggistico;
•
il bacino del Serchio e l’omonimo sistema vallivo;
•
una estesa pianura in corrispondenza della città di Lucca;
•
la costa della Versilia, con realtà urbane consolidate (Viareggio, Pietrasanta, Camaiore) e
ambienti naturali e paesaggi complessi (Parco regionale di Migliarino - S. RossoreMassaciuccoli, Parco regionale delle Alpi Apuane).
Questa particolare e complessa caratterizzazione morfologica determina tre realtà distinte per
46
caratteri storici, geografici e morfologici:
•
la Valle del Serchio;
•
la Piana di Lucca;
•
la Versilia.
3.1 Valle del Serchio
Il
bacino della Valle del Serchio rappresenta la parte più a nord del territorio provinciale e le linee
spartiacque del bacino costituiscono i confini naturali con le Province di Pistoia, Modena, Reggio
Emilia e Massa Carrara. Morfologicamente l’area ha caratteristiche tipicamente montane e il bacino
risulta limitato dai versanti appenninici e apuani che presentano profonde vallate trasversali e cime
elevate e che si uniscono, oltre Piazza al Serchio, in prossimità dell’Argegna e del Passo dei
Carpinelli. Il fiume ha origine dall’incontro del ramo appenninico (Sillano) con quello apuano
(Gramolazzo) nel territorio di Piazza al Serchio e nel tratto successivo, tra Camporgiano e l’area
urbana di Castelnuovo Garfagnana , attraversa un paesaggio misto di una equilibrata presenza di
attività umane e di territorio naturale. Superato Castelnuovo l’alveo risulta incassato e quasi
scompare nella gola di Fosciandora. Nel tratto mediano da Fornaci di Barga fino a Fornoli (dove il
fiume riceve il Torrente Lima) troviamo concentrate lungo le sponde molte attività produttive; gli
affluenti, rappresentano degli elementi di connettività tra il fondovalle e i versanti prevalentemente
boscati e caratterizzati dalla presenza di attività agricole diffuse.
Nel territorio di Borgo a Mozzano tra Decimo e Valdottavo il territorio urbano si sviluppa a ridosso
dell’alveo e alcune attività produttive si svolgono addirittura all’intero dello stesso; è questo il tratto
fluviale dove si trova la maggior trasformazione dell’ambiente di fondovalle.
Superato Valdottavo il Serchio riassume gli aspetti naturali originari con fasce ripariali relativamente
ampie e in alcuni tratti scorre racchiuso tra i due rami della viabilità di fondovalle fino all’abitato di
Ponte a Moriano, dove lascia il territorio della Valle del Serchio per attraversare la Piana di Lucca
fino al confine di Provincia.
La Valle del Serchio è ricca di caratterizzazioni ambientali e naturalistiche così riassumibili:
• Il crinale e il territorio a prevalente naturalità diffusa, con articolazione e caratteristiche
riferibili al territorio rurale;
•
L’Alto Appennino caratterizzato dalla litologia del substrato prevalentemente costituito da
formazioni sedimentarie oligoceni che riferibili al “Macigno” e quindi con una morfologia dei
rilievi più dolce rispetto a quella apuana. Ne derivano ampi crinali caratterizzati da praterie e
brughiere di altitudine dove le creste rocciose e le colate detritiche occupano aree di
dimensioni più limitate. Le prolungate attività agro-silvo-pastorali (taglio, incendio, pascolo)
hanno profondamente modificato gli habitat montani e cacuminali;
•
la Valle del Torrente Lima, con i massicci calcarei del Balzo Nero, dei Monti di Limano della
Penna di Lucchio e del Monte Memoriante, dove sono diffusi gli affioramenti e le pareti
rocciose, oltre al canyon dell’Orrido di Botri;
•
le Alpi Apuane caratterizzate da litologia carbonatica prevalente e quindi con una morfologia
articolata a “connotazione” alpina, con presenza di rilievi ripidi e scoscesi che si stagliano in
cime aguzze e pinnacoli, con ampie superfici nude colonizzate da comunità casmofile e
glareicole di primaria valenza fitogeografica e conservazionistica per la presenza di specie
endemiche e rare e con estese praterie primarie e secondarie;
•
Le riserve naturali statali Pania di Corfino, Lamarossa, Orecchiella, ora inserite nel Parco
47
Nazionale dell’Appennino; la Riserva dell’Orrido di Botri;
•
Il sistema collinare, ampia fascia di territorio tra il fondovalle e il castagneto dove si trovano
gli insediamenti e le case sparse e il territorio agricolo. Qui troviamo i terrazzamenti, le
coltivazioni promiscue, i seminativi erborati, i castagneti da frutto e i manufatti legati alle
attività agro-silvo-pastorali tradizionali (case rurali, metati, mulini, stalle, alpeggi etc.);
•
Le estese aree boscate con formazioni forestali di valore conservazionistico come le faggete,
i castagneti anche da frutto, le fasce di vegetazione ripariale;
•
I territori gestiti in maniera collettiva mediante associazioni dei beni di uso civico (Barga,
Sillano);
•
Il sistema fluviale del Serchio e della Lima già ampiamente descritto.
3.2 Piana di Lucca
L’ampia piana di Lucca risulta delimitata dai rilievi antiappenninici Pizzorne-Cerbaie, dai rilievi
peritirrenici del Monte Pisano e dei Monti d’Oltre Serchio e comprende i Comuni di Lucca,
Capannori, Porcari, Altopascio, Montecarlo e parti del territorio del Comune di Villa Basilica.
In questa estesa superficie elementi caratteristici del territorio sono:
• Verso oriente presenta una notevole depressione occupata fino all’inizio del secolo scorso da
una vasta zona palustre che si estendeva da Altopascio a Porcari fino al Compitese: il lago di
sesto o di Bientina. Di questo sistema articolato di stagni e paludi definitivamente prosciugati
all’inizio del XX secolo, rimangono lembi residui grazie a opere di regimazione idraulica che
ne hanno conservato l’assetto naturale quali casse di colmata di torrenti che scendono dal
monte Pisano;
•
La piana alluvionale di Lucca comprendente l’area urbanizzata di Lucca e il fiume Serchio
con il suo alveo, le aree golenali e quelle di pertinenza . Il paesaggio fluviale si caratterizza
per gli imponenti argini, i corridoi verdi, le pioppete; Da qui fino al confine di Provincia
(Ripafratta) il fiume scorre all’interno di arginature artificiali e l’alveo è delimitato da terreni
agricoli a conduzione intensiva. Superato Monte S. Quirico si sviluppa una zona di fasce
ripariali estese che si alterna e fonde con pioppete e seminativi, oltre la golena, tra l’alveo e il
territorio urbano;
•
Il territorio dell’alveo sotterraneo originato dalla deviazione del fiume Serchio che da Marlia
conduceva, attraversando la piana, fino al Bientina. L’influenza del fiume si manifesta ancora
nella fisionomia e nella caratteristica dei luoghi, con la presenza di specie vegetali igrofile e di
una rete di canali e fossi che rappresentano una unicità e una peculiarità della piana lucchese;
•
Al margine orientale del Bacino di Bientina, nel comune di Altopascio si trova il lago di
Sibolla, piccolo specchio lacustre idraulicamente collegato (mediante l’omonimo emissario)
con il Padule di Fucecchio. Nonostante le modeste dimensioni l’area, compresa in una riserva
naturale e in un sito di importanza comunitaria, ha una valenza unica a livello internazionale
perché in essa si conservano peculiari entità floristiche e vegetazionali, testimonianza di
passati avvicendamenti climatici ma anche del perduto assetto del Padule di Bientina di cui è
stato alternativamente tributario;
•
Il territorio di collina. Le aree collinari costituiscono una specie di anfiteatro attorno alla
piana di Lucca rappresentandone certamente la parte con valore paesaggistico più
48
importante. Tale valore è ulteriormente enfatizzato dalla presenza delle famose “Ville
Lucchesi“ ma anche dei nuclei rurali, del sistema delle pievi, delle coltivazioni a vite e olivo,
dei terrazzamenti;
•
la collina di Montecarlo e Porcari caratterizzate da versanti dolcemente degradanti con le
coltivazioni di vite e olivo;
•
i territori boscati delle Pizzorne e dei Monti Pisani caratterizzati da ricca e fitta vegetazione
con coltivazioni a oliveto, con un insediamento umano ridotto, una notevole presenza di
piccoli corsi d’acqua e da estesi boschi di castagno.
3.3 Versilia
La Versilia è parte della estesa fascia costiera toscana e ha continuità morfologica e funzionale con il
territorio apuano a nord e, attraverso il Massaciuccoli e le pinete litoranee, con l’area pisana a sud.
Aspetti identificativi dell’area sono:
• la pianura versiliese, compresa tra la catena apuana e il mar Tirreno, formatasi in seguito a
fenomeni alluvionali, di trasgressione e regressione marina, modificata profondamente nel
corso dei secoli da numerosi interventi antropici attraverso bonifiche, tagli, messa a coltura e
intensa urbanizzazione;
•
i lembi residui degli antichi ambienti tipici della pianura costiera come le dune recenti di
Torre del Lago, le selve e il sistema di lame e tomboli della Macchia Lucchese fino al Lago di
Porta, il lago di Massaciuccoli (tutti compresi nella Rete Natura 2000);
•
Il territorio montano delle Alpi Apuane, molto articolato e complesso, con solchi vallivi e
cime elevate;
•
Il territorio collinare costituito da rilievi con caratteristiche simili al paesaggio tipicamente
lucchese;
•
I territori vallivi originati dai corsi d’acqua che scendono dalle Alpi Apuane: il fiume Versilia,
il torrente Baccatoio e il Lucese;
•
Il territorio di pianura della campagna urbanizzata individuabile nell’area pianeggiante tra
l’autostrada e la collina con consolidata vocazione agricola (seminativi, colture orticole e
floricole, serre).
4. AGRICOLTURA DELLA PROVINCIA DI LUCCA
L’estrema variabilità ambientale della nostra provincia determina in alcune aree limiti all’attività
agricola (zone montane e collina acclive) ma permette anche di valorizzare produzioni, in molti
casi di pregio, riferibili proprio alle tipicità del territorio.
Caratteristica comune a tutta l’agricoltura della Provincia è la predominanza di aziende piccole o
medio piccole che ha comportato storicamente limiti economici alla attività agricola soprattutto nelle
zone collinari e montane. Nella Piana e soprattutto nella Versilia esiste una agricoltura di piccole e
spesso piccolissime aziende orientate però verso la produzione di colture ad elevato reddito che
contribuiscono in maniera rilevante alla occupazione ed alla formazione del reddito complessivo.
49
Nei comuni montani della Valle del Serchio e delle altre zone siamo in presenza di una agricoltura
debole, per lo più estensiva, che rappresenta essenzialmente una integrazione dei redditi familiari
provenienti da altri settori e finalizzata principalmente alla permanenza umana nel territorio ed al
conseguente mantenimento ambientale.
Esamineremo l’ attività agricola nella Provincia di Lucca per ognuna delle tre articolazioni di cui si
compone il territorio.
4.1 Valle del Serchio
Nel territorio della Valle del Serchio su una superficie Agraria Utilizzata ( SAU ) di ha 10.195
sono presenti (secondo il censimento 2010) 1.823 aziende, che rappresentano il 28 % delle aziende
agricole dell' intera Provincia , con una dimensione media aziendale pari a 5,59 ha di Sau superiore
alla media provinciale , ma con risultati produttivi limitati dalla difficoltà di sfruttamento dei terreni e
dalla alta incidenza della superficie boschiva.
Le principali utilizzazioni del suolo sono il bosco, il seminativo, il prato-pascolo ed il castagneto.
La zootecnia è diffusa nel territorio ed è principalmente rappresentata dall’allevamento di bovini ed
in misura minore da suini ed ovini. Il numero di capi bovini per azienda è piuttosto basso inferiore a
6 capi e con indirizzo prevalente verso la produzione di latte. Per l’allevamento dei suini i dati
rilevati mostrano un numero medio di capi molto basso con produzione finalizzata per lo più
all’autoconsumo. La consistenza media degli allevamenti ovini è inferiore a 50 capi per azienda.
La maggior parte delle aziende è condotta da ultra cinquantenni ed il reddito è estremamente ridotto.
In conclusione nella Valle del Serchio gran parte delle aziende hanno dimensioni contenute e con alta
incidenza delle superfici boscate, e sono condotte da imprenditori prevalentemente in età non
lavorativa e con risultati economici molto modesti . Pertanto l’attività agricola rappresenta una
integrazione del reddito ed ha soprattutto importanza come mantenimento della presenza umana e
quindi sulla cura ed eventuale recupero del territorio.
4.2 Piana di Lucca
Nella Piana di Lucca, su una SAU complessiva di ha 10.076, sono presenti il 43% delle aziende
della intera Provincia (n. 2793, dato censimento 2010) concentrate principalmente nei Comuni di
Lucca e Capannori e comprendenti per lo più piccole aziende con una Sau media pari a 3,61 ettari
ma con la presenza anche di realtà produttive con dimensioni elevate. Gran parte del territorio
comprende condizioni geo-pedologiche ed ambientali favorevoli con presenza di risorse idriche
consistenti e con ordinamenti produttivi redditizi (ortoflorovivaismo) e di pregio (vino ed olio) oltre
ai seminativi irrigui ed asciutti.
Le coltivazioni ortoflorovivaistiche interessano aziende di dimensioni medio-piccole con elevati
gradi di specializzazione e con redditi lordi soddisfacenti e buoni livelli occupazionali. In questi
ultimi anni successivi alla crisi della floricoltura molte aziende del settore si sono indirizzate verso la
produzione di fiori in vaso ed alla orticoltura .
L’olivicoltura che è diffusa su tutta la collina comprende aziende piccole con percentuali di superficie
olivata proporzionalmente alta rispetto all’intera Sau ma con produzione indirizzata principalmente
all’autoconsumo ed aziende di dimensioni medio-grandi che, pur con un rapporto basso tra oliveto e
Sau totale, dispongono di superfici olivicole su cui ottengono produzioni che permettono di
50
commercializzare il prodotto in bottiglia ottenendo buoni risultati economici.
Per la viti-vinicoltura vale quanto sopra, tante piccole unità produttive indirizzate prevalentemente al
consumo familiare ed un buon numero di aziende viticole medio-grandi con produzione di vini a
denominazione di origine controllata.
Il ruolo delle colture arboree è quindi importante dal punto di vista economico ma anche in termini
di salvaguardia ambientale e paesaggistica. E’ in questa realtà che si è inserita e consolidata attività
agrituristica particolarmente redditizia ed utile per la integrazione dei redditi agricoli.
I seminativi sono particolarmente diffusi nei territori di Capannori, Porcari ed Altopascio dove in
presenza di disponibilità irrigue vengono raggiunte produzioni elevate. Maggiormente diffusa è la
coltivazione di mais da granella a cui seguono in percentuali minori gli altri cereali primaverili ed i
vernini, in crescita la coltivazione di girasole. Le aziende raggiungono superfici anche medio-grandi
spesso però aggiungendo ai terreni in proprietà un buon numero di superfici condotte in comodato.
La zootecnia nella Piana di Lucca ha subito in questi ultimi anni una drastica riduzione nel numero
delle aziende ed anche nel numero dei capi allevati, tale fenomeno ha riguardato maggiormente il
comparto bovino ed in particolare la produzione di latte. L’allevamento degli ovini è particolarmente
presente nel territorio di Pescaglia,con greggi composte da pochi capi, nella Piana troviamo invece
proporzionalmente un minor numero di aziende pastorizie che spesso
casi superano
abbondantemente i 100 capi allevati. I suini sono presenti in molte aziende ma con consistenze medie
inferiori alle 10 unità.
Anche nella Piana come già visto nella Valle del Serchio, l’età media degli imprenditori è alta ma la
presenza di aziende valide non esclude l’inserimento nella gestione, stante l’attuale crisi
occupazionale, di giovani anche in part-time.
4.3 Versilia
Il sistema territoriale della Versilia raggruppa su 4.072 ettari di SAU ( dati censimento 2010 )
circa 1900 aziende strutturalmente caratterizzate da una superficie agraria utilizzata di 2,11 ettari,
inferiore alla media provinciale, e con un buon numero di imprese anche al disotto di un ettaro. Gran
parte delle aziende sono di pianura o di bassa collina con coltivazioni intensive ad alto reddito e con
elevate produzioni unitarie dovute alla disponibilità di superfici irrigabili.
Il comparto produttivo più importante è quello orto-floro-vivaistico che fornisce redditi elevati ma
che comporta anche un forte impatto ambientale e paesaggistico, questa attività ha consentito grazie
alla sua estrema specializzazione di poter creare e mantenere aziende efficienti su dimensioni
ridottissime.
Le coltivazioni arboree rappresentano le produzioni tradizionali di alcune zone del territorio come la
collina litoranea , dove sopratutto l’olivicoltura è finalizzata a soddisfare l’autoconsumo familiare.
Il seminativo si avvantaggia della disponibilità di impianti irrigui, ma ad esclusione delle coltivazioni
intensive, non rappresenta certo un comparto trainante.
La zootecnia non ha mai rappresentato una attività importante dell’agricoltura versiliese ed ha ormai
un ruolo estremamente marginale. La presenza di allevamenti bovini (da carne), suini ed ovini sono
occasionali e numericamente poco rappresentativi.
Le figure imprenditoriali sono rappresentate per la gran parte da titolari in età avanzata ed i giovani
agricoltori sono per lo più subentrati nell’azienda di famiglia.
51
Le caratteristiche dell’agricoltura della Versilia sono simili a quelle della Piana di Lucca con una più
forte presenza di aziende di piccole dimensioni, un uso più intensivo del suolo, una percentuale
superiore di aziende con risultati economici positivi ed una maggiore competizione tra territorio
residenziale ed agricolo. Troviamo perciò lungo la costa nel territorio urbanizzato la presenza di
aziende agricole intensive estremamente impattanti, nella collina coltivazioni tradizionali (soprattutto
olivicole) e nella zona più montuosa aziende a carattere residenziale con funzioni di presidio del
territorio.
52
4.4 Censimento agricoltura 2010
Recentemente sono stati presentati i dati definitivi del censimento dell'agricoltura del 2010.
In questa sede ci interessa evidenziare cosa è cambiato e le tendenze che si sono manifestate tra i
due precedenti censimenti e quello del 2010 nel numero delle aziende attive e nella quantità di
superficie agricola utilizzata (SAU).
Numero di Aziende per Comune
53
Superficie aziendale per Comune
54
Il primo dato che si evidenzia dal complessivo provinciale è la continua riduzione dal 1990 al 2010
del numero delle aziende e della superficie agricola, rispettivamente del 63% e del 34%, riduzione
che nel solo periodo 2000/2010 è stato di 51% e 16%. I dati del nostro territorio evidenziano una
tendenza estremamente negativa del settore agricolo, confermata anche a livello regionale pur con
riduzioni meno consistenti nel numero di aziende (- 46%) e nella Sau (- 9%).
Alla elevata diminuzione del numero di aziende ha coinciso una minor contrazione percentuale della
superficie agricola utilizzata, ciò fa ritenere che la cessazione abbia riguardato principalmente molte
piccole o piccolissime aziende (soprattutto nella collina acclive e nella montagna ), mentre nei terreni
di pianura coltivabili a cereali il dato è stato probabilmente compensato, almeno in parte,
dall'aumento di ampiezza delle aziende più dimensionate che hanno inglobato parte dei terreni
disponibili.
Volendo esaminare i dati riferiti alle quattro zone della provincia (Piana, Media Valle, Garfagnana e
Versilia) nel periodo 1990/2010 la diminuzione del numero di aziende è stata per tutte le aree intorno
al 60% con una progressione, nei dati disaggregati dei due decenni interessati, altrettanto pressoché
omogenea intorno al 20% nel 1990/2000 e di poco più del 50% nel 2000/2010. Fanno eccezione i
dati della media valle dove si ravvisa un maggior decremento nel primo decennio
(- 48% ) rispetto al secondo (- 27%).
Dati molto meno omogenei si evidenziano nell'esame delle variazioni in termini di SAU.
Per la piana, la garfagnana e la versilia la riduzione percentuale ventennale è intorno al 35% mentre
per la media valle è del 21% ed ancor più evidenti le differenze si manifestano dall'esame dei dati
riferibili ai due decenni. Nella piana di Lucca il decremento è pressochè identico ed intorno al 20%,
nella garfagnana si triplica nel periodo 2000/ 2010 rispetto al precedente (da - 8 a - 29 %), nella
versilia si dimezza ( da - 25 a – 14% ) mentre nella media valle si rileva un inspiegabile passaggio da
un – 48% nel decennio 1990 / 2000 ad un + 152% del 2000/2010.
Scendendo ad un esame analitico a livello di singola area si rileva che:
•
nella Piana di Lucca tutti i comuni perdono aziende e superficie agricola , ma sono le due
realtà montane, Pescaglia e Villa Basilica, che risentono in maniera vistosa della contrazione
delle superfici coltivate con un dato nei venti anni rispettivamente del - 77% e del - 82%.
Particolare sembra il dato di Porcari che riduce ad un quarto il numero delle aziende (meno
1/3 nell'ultimo decennio) mentre perde solo il 13% in SAU;
•
nella Media Valle le varie realtà comunali sembrano mostrare tendenze addirittura opposte,
Bagni di Lucca e Barga aumentano negli ultimi 20 anni del 45% e del 60% la SAU pur
perdendo il 31% ed il 68% delle aziende. Nel periodo 2000/2010 Bagni di Lucca quasi
triplica la superficie agraria utilizzata dopo che nel decennio precedente si era avuta una
riduzione del 49%, Borgo a Mozzano passa da -81% a +124%. Oscillazioni le troviamo
anche nelle variazioni quantitative delle aziende ma con numeri meno eclatanti;
•
nella Garfagnana si perdono aziende in tutte le realtà comunali con percentuali elevate e
toccando il massimo nel comune di Vergemoli con -90%. Abbiamo una perdita della SAU
con valori molto differenziati, dal più alto valore negativo sempre di Vergemoli con un –86 %
ad un incremento a Careggine e Sillano;
•
nella Versilia si riduce abbondantemente il numero delle aziende (da – 41% di Viareggio a –
65% a Stazzema ) mentre la SAU si riduce in percentuali inferiori, rimanendo pressochè
identica a Viareggio e riducendosi alla metà a Camaiore ed ad un terzo a Stazzema.
55
Complessivamente possiamo affermare che anche le statistiche confermano una tendenza ormai
conclamata:
• progressivo abbandono della agricoltura nella collina acclive e nella montagna;
• in pianura si ha il ripetersi di colture cerealicole con margini di guadagno sempre minori ma
che comunque frenano la perdita di terreno coltivato.
A questa situazione, derivante dalla crisi del settore dovuta all'anomalo rapporto costo-prezzo di
vendita, si aggiungono problemi di produzione dovuti alla presenza di nuovi parassiti e malattie, e
anche all'eccessivo numero di selvatici che in questi ultimi anni oltre ad arrecare danni in tutte le fasi
del ciclo produttivo delle piante ne impedisce addirittura la possibilità di coltivazione.
Proprio su questo ultimo punto si gioca l'importanza del rapporto tra uso del territorio a fini
produttivi e ludici in uno strumento come il Piano Faunistico che deve prevedere la programmazione
di tutti gli interventi necessari a rendere compatibile agricoltura e caccia.
Tra gli obiettivi del piano dovrà essere inclusa la salvaguardia dei terreni economicamente marginali
soprattutto laddove le coltivazioni stanno già lasciando il posto all'incolto.
Gli oliveti di collina , che soffrono ormai da decenni di un progressivo abbandono dovuto alla non
remunerazione del lavoro impiegato e all'avanzata età dei conduttori, devono essere tutelati dalla
presenza di animali selvatici come i cinghiali, che fanno scempio del territorio e rendono difficile se
non impossibile la prosecuzione della coltivazione, soprattutto in presenza di danneggiamenti alle
strutture funzionali alla coltivazione come i muri a secco, i poggi e le affossature.
In questa realtà il dato economico che emerge quantificabile nella perdita di produzione, è molto
meno significativo di quello espresso in termini di perdita di territorio e soprattutto di sicurezza
idrogeologica dei versanti. Di questo non sembra essersene resi conto allorquando nel PRAF 2012
si è scelta come discriminante per l'indennizzo dei danni il possesso della partita iva agricola,
escludendo molti agricoltori dalla possibilità di accedere anche ai metodi di prevenzione che nella
collina rappresentano un importante azione di salvaguardia del territorio.
Dove non sarà possibile riportare in equilibrio la presenza numerica delle specie animali dannose
risulterà fondamentale individuare nuove strategie di contrasto che tengano conto della profonda
crisi economica di questi anni , della scarsa propensione degli agricoltori a nuovi investimenti, e della
impossibilità degli enti pubblici a rendere disponibili fondi sufficienti.
Per i suddetti motivi, non si potranno integrare gli investimenti privati con i contributi statali o
regionali e probabilmente neppure proseguire, se non in forma limitata, con l' indennizzo dei danni, si
dovrà invece orientare le aziende agricole verso coltivazioni che meno risentano della pressione e
degli effetti negativi dovuti alla presenza di selvatici.
Bisognerà pertanto individuare nuove soluzioni, formulare proposte coraggiose e soprattutto
ottenere la collaborazione tra le varie categorie interessate (agricoltori, cacciatori, ambientalisti).
In tal senso è auspicabile che parte dei fondi disponibili siano indirizzati allo studio ed alla
realizzazione di forme di intervento che abbiano ricadute efficaci sulla gestione faunistica,
prevedendo per esempio in aree particolarmente a rischio di poter destinare contributi a agli
agricoltori per cui alternino o non realizzino le colture appetite dalle specie dannose, così come già
accade nella lotta e nella prevenzione ai parassiti ed alle malattie delle piante coltivate.
56
5. LA SAF DELLA PROVINCIA DI LUCCA
La normativa nazionale (art. 10, comma 1 della Legge 157/92 ) prevede che la pianificazione
della gestione faunistico-venatoria riguardi l’intero territorio agro-silvo-pastorale che può essere
destinato a protezione faunistica , a gestione privata od a gestione programmata della caccia.
La definizione e la quantificazione del territorio agro-silvo-pastorale assume pertanto fondamentale
importanza per determinare le superfici di territorio per le suddette destinazioni.
Nell’ambito della elaborazione del quadro conoscitivo del PTC in aggiornamento (avvio del
procedimento con Del C.P. n° 118 del 29/07/2010) è stata redatta la “Carta dell’uso del suolo” che
permette di valutare in termini evolutivi, sia localizzativi sia quantitativi, le diverse classi di uso del
suolo dalla fine degli anni ottanta del secolo scorso. La copertura è stata suddivisa nelle seguenti
voci: Aree urbanizzate, Verde di interesse territoriale, Pinete litoranee, Siti d’escavazione,
Seminativi, Oliveti, Vigneti, Frutteti, Colture protette, Vivai, Impianti arboricoltura, Incolti non
produttivi, Castagneto da frutto, Prati-pascolo, Bosco di latifoglie, Associazioni ripariali, Praterie di
crinale, Affioramenti rocciosi, Dune spiagge, Zone umide, Corpi idrici, Laghi, Alvei fluviali, Invasi
artificiali, Bacini idroelettrici. Tale suddivisione, opportunamente accorpata e omogeneizzata con la
legenda dell’uso del suolo al 2007 può costituire un ulteriore elemento conoscitivo inerente le
dinamiche a cui si rimanda.
La metodologia applicata per la determinazione della Superficie Agricolo-Forestale (SAF)
Provinciale è quella di sottrarre alla complessiva superficie provinciale le categorie di uso del suolo
calcolate mediante l’utilizzo del GIS Arc View, quali:
•
aree urbane;
•
zone verdi urbane;
•
zone estrattive;
•
zone industriali;
•
rete ferroviaria,
•
superficie asfaltata, etc..
La superficie agro-forestale provinciale determinata per la Provincia di Lucca è pari a 158.216 ha.
Tale calcolo è stato riproposto suddiviso per ciascun Comune indicando anche la percentuale di SAF
rispetto alla superficie totale del Comune stesso.
Da tale raffronto emergono come limiti estremi il Comune di Vergemoli con il 98% di superficie
Agricolo Forestale Comunale mentre il Comune con minore SAF è quello di Forte dei Marmi con
appena il 17% di tale superficie.
57
Comune
Altopascio
Bagni di Lucca
Barga
Borgo a Mozzano
Camaiore
Camporgiano
Capannori
Careggine
Castelnuovo Garfagnana
Castiglione Garfagnana
Coreglia
Fabbriche di Valico
Forte dei Marmi
Fosciandora
Gallicano
Giuncugnano
Lucca
Massarosa
Minucciano
Molazzana
Montecarlo
Pescaglia
Piazza al Serchio
Pietrasanta
Pieve Fosciana
Porcari
S. Romano
Seravezza
Sillano
Stazzema
Vagli
Vergemoli
Viareggio
Villa Basilica
Villa Collemandina
TOTALE
Superficie (ha)
Aree urbane, sedi stradali e
S.A.F. (ha) % Sup. comunale
ferroviarie ,etc. (ha)
2.864
16.464
6.644
7.238
8.469
2.706
15.640
2.444
2.852
4.864
5.284
1.552
914
1.982
3.067
1.892
18.540
6.856
5.699
3.165
1.560
7.032
2.716
4.199
2.874
1.786
2.603
3.936
6.210
8.070
4.100
2.729
3.242
3.648
3.478
177.321
761
477
681
572
1.429
183
2.195
80
347
194
393
53
756
71
241
57
3.295
932
287
125
214
385
170
1.594
164
479
123
593
84
265
132
54
1.461
158
99
19.105
58
2.103
15.987
5.963
6.666
7.040
2.523
13.445
2.364
2.505
4.670
4.891
1.499
158
1.911
2.826
1.835
15.245
5.924
5.412
3.040
1.346
6.647
2.546
2.605
2.710
1.307
2.480
3.343
6.126
7.805
3.968
2.675
1.781
3.490
3.379
158.216
73%
97%
90%
92%
83%
93%
86%
97%
88%
96%
93%
97%
17%
96%
92%
97%
82%
86%
95%
96%
86%
95%
94%
62%
94%
73%
95%
85%
99%
97%
97%
98%
55%
96%
97%
89%
6. IL QUADRO DEI VINCOLI
Le aree a divieto di caccia di cui all'art. 6 comma 6 della L.R. 3/94 in rapporto alla SAF
Istituto
Superficie
(ha)
a divieto di
caccia
Superfici in
sovrapposizione
con altre aree
Comuni interessati
Note
2.065,00
Vila Collemandina,
Giuncugnano e S. Romano
in Garfagnana
Sovrapposizione con l’Oasi
Monte Vecchio Orecchiella
Riserva Naturale Statale Lamarossa
168,00
S. Romano in Garfagnana
Riserva Naturale Statale Orecchiella
217,58
S. Romano in Garfagnana
Riserva Naturale Statale Pania di
Corfino
135,00
Villa Collemandina
Riserva Naturale Statale Orrido di Botri
192,00
Bagni di Lucca
Parco Nazionale Appennino Tosco
Emiliano
TOT AAPP nazionali
Parco Regionale Alpi Apuane
Parco Regionale Migliarino- S.
Rossore- Massaciuccoli
Riserva naturale provinciale Lago di
Sibolla e area contigua
2554 ha
2554
2.777,58
13.728,77
Viareggio, Massarosa
Pisa, Vecchiano (PI)
1.886,00
64,00+ 75,00
Altopascio
ANPIL Il Bottaccio
0
49,00
Capannori
ANPIL Lago e Rupi di Porta (NON
CONFORME ove non coincida con la
ZP Versilia)
0
70 ha
Pietrasanta
ANPIL Dune di Forte dei Marmi
0
9 ha
Forte dei MarmiMontignoso (MS)
15.678,77
128,00
514,00
49,00
TOT AAPP Regionali
Art. 14 – ZP Bientina
Art. 14 – ZP Brentino
Art. 14 - ZP Lucca
Art. 14- ZP Versilia
compresa nel PN
Appennino Tosco Emiliano
compresa nel PN
Appennino Tosco Emiliano
compresa nel PN
Appennino Tosco Emiliano
compresa nell’Oasi Orrido
di Botri
Capannori
433,00
Viareggio, Massarosa
3.531,00
Lucca, Borgo a Mozzano
5.105,00
Viareggio – Camaiore –
Pietrasanta – Forte dei
Marmi – Seravezza
Art. 14- Lago del Bagno
13
Art. 14- Lago di Pontecosi
57
Art. 14- Bottacci di Massa Pisana
214,25
TOT- Art. 14 ZP
9867,25
Il divieto di caccia è
determinato dal fatto che
l’ANPIL ricade nella ZP
BIentina
In totale la superficie
dell’ANPIL è pari a 77 ha
ma solo 70 ha risultano a
divieto di caccia perché
compresi nella ZP Versilia
L’ANPIL risulta a divieto di
caccia perché compresa
nella ZP Versilia
Comprende interamente
anche l’ANPIL del
Bottaccio
Comprende l’ANPIL Dune
di Forte dei Marmi e
parzialmente l’ANPIL del
Lago di Porta
Pieve Fosciana
Pieve Fosciana,
Castelnuovo Garfagnana
Lucca
49,00
Art. 15 – Oasi Balzo Nero
873,00 +
34,00=907 ha
34,00
Art. 15 – Oasi Orrido di Botri
2.162,00+
49,00 = 2211
192,00
49,00
59
Bagni di Lucca
Coreglia Antelminelli, Bagni
di Lucca
Nel perimetro sono state
incluse alcune aree
demaniali contigue al
perimetro dell’oasi
Comprende interamente la
riserva naturale statale
Orrido di Botri
Nel perimetro sono state
incluse alcune aree
demaniali contigue al
perimetro dell’oasi
Art. 15 – Oasi Monte Vecchio
Orecchiella
TOT – Art. 15 Oasi
Centro Pubblico per la Produzione di
Selvaggina
allo Stato Naturale di Colle Fobia
TOT CPPSSN
2.122,00
2.065,00
5157
2.257,00
136
Villa Collemandina –
S.Romano – Castiglione
Garfagnana – Sillano
Barga
136
Fraz. S. Cassiano di
Controne (Bagni di Lucca)
Loc. Farneta, Maggiano, S.
Macario in Piano (Lucca)
Loc. Carraia, Colognora e
Casa del Lupo (Capannori)
Piazza al Serchio
ZRC Controneria
135
ZRC Farneta
233
ZRC Carraia
266
ZRC Piazza al Serchio
189
TOT ZRC
823
ZRV Montramito ATC 12
264
TOT ZRV
264
F.C. Massaciuccoli
4,7
Massarosa
F.C. Capanne di Caprignana
3,6
S. Romano di Garfagnana
F.C. Puosi
44,7
Camaiore
F.C. Monte Cucco
4,8
Massarosa
F.C. Aquilata
12
Massarosa
F.C. Colle d’Arciana
5
Castiglione di Garfagnana
135
Vagli di Sotto
F.C. Gelsa
3,2
Area sottratta alla caccia“Il Ciocco”
127,00
Loc. Spianate (Altopascio)
Loc. Lucignana (Coreglia
Antelminelli)
Fraz Vorno (Capannori)
Fraz Badia di Cantignano
(Capannori)
Barga – Fosciandora
F.C. Zaffora Marco “San Macario”
Aree sottratte alla caccia
S. Macario
TOT Art. 25
10
Lucca
122
Lucca
21,34
F.C. Tenuta dello Scompiglio 1
45,8
F.C. Tenuta Setteventi s.r.l.
In fase di istituzione
Massarosa
F.C.Vagli
F.C. Az. Agricola la Fornace
In fase di istituzione
30
569,14
Zona demaniale Faeta
153
Lucca – Capannori
Zona demaniale La Fratta
92
P.za al Serchio
Zona demaniale Mediavalle
320
TOT demanio
565
34+49
(sovrapposte alle
oasi di protezione)
Barga – Coreglia – Bagni
di Lucca
Sono stati sdemanializzati
circa 88 ha rispetto al
precedente PFV. Alcune
porzioni sono state inserite
nell’oasi Balzo Nero e
nell’Oasi Orrido di Botri
Superficie a divieto di caccia al netto delle sovrapposizioni
35.613,65 ha
SAF provinciale
158.216 ha
% superficie a divieto di caccia rispetto all’estensione della SAF provinciale
22,51%
60
7. I SITI NATURA 2000
La presenza dei siti Natura 2000 (SIC, ZPS, SIR) non ha determinato a oggi alcun obbligo di divieto
della pratica venatoria. Per quanto riguarda invece le ZPS, le attività faunistico-venatorie sono
disciplinate in accordo con i criteri minimi uniformi di regolamentazione previsti dagli artt. 5, 6 del
DM 17/10/2007 n. 184, per come modificato dal DM 22/01/2009 e dalla Del G.R. 923 dell’11
dicembre 2006 oltre che dalla Del G.R. 454 del 16-06-2008.
n°
Tipologia
Cod Natura
2000
Sup.
(ha)
14
SIR-SIC
IT5120006
Monte Prato Fiorito- Monte Coronato- Valle dello
Scesta
1907,5
LU: Bagni di Lucca
B04
SIR-SIC
IT5120102
Zone calcaree della Val di Lima e del Balzo Nero
1682,9
LU (84,2%) Bagni di Lucca
PT (15,7%): Piteglio
5
SIR-SIC
IT5110005
Monte La Nuda- Monte Tondo
523,4
LU (16,96%): Giuncugnano, Sillano
MS (83,04): Casola in Lunigiana, Fiv izzano
9
SIR-SIC
IT5120001
Monte Sillano- Passo Romecchio
257,4
LU: Sillano
10
SIR-SIC
IT5120002
Monte Castellino- Le Forbici
662
11
SIR-SIC
IT5120003
Parco dell’OrecchiellaPania di Corfino-Lamarossa
2007,7
LU: Piazza al Serchio (10,62%), S. Romano in Garf,
(16,3%) Sillano (21,61%), Villa Collemandina (51,46%)
12
SIR-ZPS
IT5120004
Pania di Corfino
133,9
LU: Villa Collemandina
714,7
LU: Bagni di Lucca (33%), Barga (36,4%), Coreglia
Antelminelli (28,8%)
Nome
Comuni
LU: Castiglione di Garfagnana (4,7%) S. Romano in
Garfagnana (37,46%), Sillano, (66,03%), Villa
Collemandina (21,14%)
13
SIR--SIC
IT5120005
Monte Romecchio,
Monte Rondinaio, Poggione
15
SIR-SIC-ZPS
IT5120007
Orrido di Botri
243,7
LU- Bagni di Lucca
16
SIR-SIC
IT5120008
Valli glaciali di Orto di Donna e Solco di Equi
2831,7
LU: Minucciano
MS: Casola in Lunigiana, Fiv izzano, Massa
17
SIR-SIC
IT5120008
Monte Sumbra
1865,6
18
SIR-SIC
IT5120010
Valle del Serra Monte Altissimo
1850,1
20
SIR-SIC
IT5120012
Monte Croce- Monte Matanna
1248,8
21
SIR-SIC
IT5120013
M. Tambura- M. Sella
2013,4
22
SIR-SIC
IT5120014
M. Corchia- Le Panie
3964,6
LU: Molazzana (23,28%), Serav ezza (0,94%),
Stazzema (56,94%), Vergemoli (18,77%)
17320,5
LU (64.88%): Serav ezza, Stazzema, Vagli di Sotto,
Minucciano, Careggine, Camaiore, Pescaglia,
Vergemoli, Molazzana
MS (35.12%):Fiv izzano, Massa, Carrara, Casola in
Lunigiana
LU: Careggine (35%), Stazzema (14%), Vagli di Sotto
(51%)
LU (69%): Serav ezza
MS (31%): Massa, Montignoso
LU: Camaiore (4,52%), Pescaglia (3,32%), Stazzema
(89,94%), Vergemoli (2,22%)
LU (58%): Minucciano, Serav ezza, Stazzema, Vagli di
Sotto
MS (42%): Massa
23
SIR-ZPS
IT5120015
Praterie primarie e secondarie
delle Apuane
B05
SIR
IT5120103
Rupi basaltiche di Piazza
al Serchio e Poggio
B06
SIR
IT5120104
Monte Palodina
1091,2
LU: Fabbriche di Vallico (41,2%), Gallicano (58,8%)
24
SIR-SIC-ZPS
IT5120016
Macchia Lucchese
406,5
LU: Viareggio
25
SIR-SIC-ZPS
IT5120017
Lago di Massaciuccoli
1906,2
LU (95,25%): Massarosa, Viareggio
PI (4,75%): Vecchiano
61
SIR—SIC-ZPS
IT5170001
Dune litoranee di Torre del Lago
122,5
LU: (81,47%) Viareggio
PI (18,53 %): Vecchiano
137
SIR -SIC
IT5120020
Padule di Verciano- Prati alle Fontane-Padule delle
Monache
396,94
LU: Capannori, Lucca
27
SIR-SIC
IT5120019
Monte Pisano
8233,41
LU: (60,7 %) Capannori, Lucca
PI : (39,3 %) S. Giuliano, Calci, Buti
60,5
61
LU: Camporgiano (47,56%), Piazza al Serchio (52,44%)
Questi i siti della Provincia di Lucca dotati di Piano di Gestione
Denominazione sito
“Monte Castellino – Le Forbici”
“Monte La Nuda-Monte Tondo"
Tipologia
SIC
SIC
Cod.NAT2000
IT5120002
IT5110005
Atto di approvazione
Del C.P. Lucca n. 75 del 08/05/2008
Del C.P. Massa Carrara n. 59 del 21/12/2007i
Provincia
Lucca
Massa
8. IL TERRITORIO A CACCIA PROGRAMMATA
8.1 I Comprensori
Su questo punto si registrarono i maggiori conflitti nella stesura del Piano Faunistico Venatorio
2006 – 2010. La scelta attuale molto avversata da alcuni settori anche delle associazioni venatorie
alla fine ha prevalso non ha avuto le ripercussioni negative che qualcuno paventava. Anzi è stata
anche per merito di opportuni “ammortizzatori” quali ad esempio l’interscambio gratuito tra gli
iscritti ai due ATC non pare aver avuto effetti negativi di alcuna sorta mentre i lati positivi della
scelta sono emersi evidenti in questi anni. Cruciale la scelta di suddividere il territorio in due ATC
con un maggior equilibrio sia in termini di dimensioni che soprattutto ricercando una miglior
omogeneità territoriale. E' stato raggiunto l’obiettivo di una più puntuale gestione di territori assai
diversi tra loro e che anche a causa delle rilevanti dimensioni dell’ATC Lu 12 dei Piani Faunistici
Venatorii precedenti non si era potuta realizzare. Alla lunga, si ritiene, non ne ha beneficiato solo
l’ATC Lu 11 e più in generale la Garfagnana che tale Ambito rappresenta. I riscontri positivi in
termini di maggior attenzione ai singoli territori sono arrivati anche per l’ATC Lu 12 che ha potuto
concentrare energie e risorse in un quadro di maggior sostenibilità di gestione.
Si ritiene pertanto come ormai assodata e consolidata la situazione attuale con l'ATC Lu 11 il cui
territorio comprende i sedici comuni della Garfagnana e l'ATC Lu 12 il cui territorio comprende le
altre tre zone in cui tradizionalmente viene suddivisa la Provincia di Lucca ovvero la Piana di Lucca,
la Media Valle del Serchio e la Versilia con complessivi diciotto comuni.
ATC LU11
Camporgiano, Careggine, Castelnuovo di Garfagnana, Castiglione di Garfagnana,
Fosciandora, Gallicano, Giuncugnano, Minucciano, Molazzana, Piazza al Serchio,
Pieve Fosciana, San Romanoin Garfagnana, Sillano, Vagli Sotto, Vergemoli, Villa
Collemandina
ATC LU12
Altopascio, Bagni di Lucca, Barga, Borgo a Mozzano, Camaiore, Capannori,
Coreglia Antelminelli, Fabbriche di Vallico, Forte dei Marmi, Lucca, Massarosa,
Montecarlo, Pescaglia, Pietrasanta, Porcari, Seravezza, Viareggio, Villa Basilica
62
COMPRENSORIO
SUPERFICIE TOTALE
SAF
ATC LU 11
53.381
50.970
ATC LU 12
123.938
107.246
TOTALI
177.324
158.216
COMPRENSORIO
n° cacciatori iscritti
(aggiornato al mese di agosto 2013)
ATC LU 11
1.650
ATC LU 12
7.200
TOTALE
8.850
8.2 La pressione venatoria
Una seria programmazione non può prescindere da una valutazione circa la presssione venatoria
esistente sul territorio a caccia programmata. Tra le varie forme di calcolo del numero dei cacciatori
operanti effettivamente ciascun anno è sembrato utile proporre quella relativa alla determinazione
statistica del numero dei tesserini venatori rilasciati ciascun anno in una prospettiva medio-lunga e
suddivisi per Comune di residenza. Si è consapevoli del fatto che altre variabili, difficilmente
ponderabili o comunque rappresentabili numericamente possono operare delle variazioni rispetto ai
dati qui sotto riportati (si pensi agli accessi esterni, alla scelta degli Atc ecc.) ma in ogni caso
l'approccio complessivo e le valutazioni circa le linee di tendenza non vengono alterate in maniera
significativa.
63
TESSERINI VENATORI DISTRIBUITI DAI COMUNI DELLA PROVINCIA DI LUCCA
TABELLA RIEPILOGATIVA
PIANA DI LUCCA
Altopascio
Capannori
Lucca
Montecarlo
Pescaglia
Porcari
Villa Basilica
Totali
2005/06 2006/07 2007/08 2008/09 2009/10 2010/11 2011/12 2012/13
435
406
387
379
374
369
349
341
1.418
1.338
1.283
1.270
1.236
1.183
1.242
1.083
1.798
1.750
1.701
1.587
1.530
1.503
1.425
1.350
237
225
219
226
213
199
191
184
250
251
257
250
248
247
234
231
259
259
245
262
240
236
215
215
119
118
121
124
119
108
114
104
4.516
4.347
4.213
4.098
3.960
3.845
3.770
3.508
2005/06 2006/07 2007/08 2008/09 2009/10 2010/11 2011/12 2012/13
1.120
1.097
1.061
1.045
1.006
973
948
892
170
163
150
152
148
136
135
107
693
675
641
610
605
602
571
553
692
687
666
668
642
641
616
576
275
290
293
243
249
250
246
238
145
137
144
138
144
141
132
129
712
731
670
646
638
610
577
545
VERSILIA
Camaiore
Forte dei Marmi
Massarosa
Pietrasanta
Seravezza
Stazzema
Viareggio
Totali
MEDIAVALLE
Bagni di Lucca
Barga
Borgo a Mozzano
Coreglia Antelminelli
Fabbriche di Vallico
Totali
3.807
3.780
3.625
3.502
3.432
3.353
3.225
3.040
2005/06 2006/07 2007/08 2008/09 2009/10 2010/11 2011/12 2012/13
328
327
430
252
46
313
325
414
239
42
301
320
412
235
44
306
313
404
247
44
306
297
399
220
45
296
305
397
214
47
250
295
392
222
42
272
290
382
210
44
1.383
1.333
1.312
1.314
1.267
1.259
1.201
1.198
2005/06 2006/07 2007/08 2008/09 2009/10 2010/11 2011/12 2012/13
GARFAGNANA
70
70
71
69
73
72
74
71
Camporgiano
41
46
42
38
38
40
39
37
Careggine
210
210
207
192
195
187
186
184
Castelnuovo
86
87
84
83
80
78
79
75
Castiglione Garfagnana
41
42
40
41
41
42
40
35
Fosciandora
157
146
152
147
144
129
142
124
Gallicano
26
29
30
24
26
24
26
26
Giuncugnano
118
115
117
121
124
115
115
114
Minucciano
84
81
77
82
74
67
62
59
Molazzana
129
124
127
129
126
124
125
124
Piazza al Serchio
85
77
74
71
76
77
69
63
Pieve Fosciana
63
60
57
55
57
54
53
54
S.Romano Garfagnana
74
76
74
70
70
64
63
63
Sillano
52
56
53
52
50
60
54
54
Vagli di Sotto
19
18
15
15
17
15
16
16
Vergemoli
79
74
73
67
61
64
64
66
Villa Collemandina
Totali
TOTALE GENERALE
1.334
1.311
1.293
1.256
1.252
1.212
1.207
1.165
11.040 10.771 10.443 10.170
9.911
9.669
9.403
8.911
64
Andamento dei cacciatori attivi nella Provincia di Lucca
12500
11.040
10.771
10.443
10.170
10500
9.911
9.669
9.403
numero cacciatori
8.911
8500
6500
4500
2500
500
2005-06
2006-07
2007-08
2008-09
2009-10
2010-11
2011-12
2012-13
annate venatorie
8.3 Sicurezza nell’esercizio venatorio e nelle operazioni di controllo
faunistico
L’esigenza assoluta dell’operare in sicurezza sia durante la stagione venatoria sia durante le
operazioni di controllo faunistico deve essere costantemente ribadita in tutte le occasioni di
“contatto” con l’utenza. Anche in considerazione delle maggiori occasioni di contatto con i
cacciatori le Associazioni Venatorie e gli Ambiti Territoriali di Caccia rivestono un ruolo
insostituibile di “mediatori” di un messaggio che non è mai sottointeso o peggio trascurato.
Il criterio della sicurezza sia nella normale attività venatoria sia nelle operazioni di controllo
faunistico è posto al centro della attività di programmazione e di gestione delle varie forme di caccia.
Gli indumenti ad alta visibilità già previsti dalla normativa regionale per l’esercizio della caccia al
cinghiale in battuta sono stati introdotti come obbligatori dai particolari regolamenti per l’esercizio
della caccia al cinghiale nelle zone non vocate elaborati dagli Ambiti Territoriali di Caccia in
adempimento a quanto previsto dal Piano di Gestione e Prelievo degli Ungulati adottato dalla
Provincia.
Gli Ambiti Territoriali di Caccia hanno già organizzato dei corsi specifici sulla sicurezza durante la
caccia al cinghiale in battuta. Detti corsi saranno reiterati anche in futuro al fine di consentire ai
cacciatori di acquisire una serie di nozioni base, condivise ed omogenee in tema di prevenzione degli
incidenti venatorii.
65
Anche le principali Associazioni Venatorie hanno organizzato nel tempo corsi specialistici peraltro
previsti dall’art. 95 comma 1) lett. C) del Regolamento approvato con DPGRT n° 33/r/2011.
Si prevede per tutto il Piano Faunistico la prosecuzione di tale attività.
Una particolare attenzione è stata posta poi durante lo svolgimento degli esami di abilitazione
all’esercizio venatorio nell’accertamento della conoscenza da parte dei candidati delle principali
norme di sicurezza nell’esercizio sia della caccia in generale sia in particolare della caccia al cinghiale
che si è individuata tra le possibili specializzazioni della attività venatoria come quella maggiormente
esposta a rischi di incidenti.
Una particolare attenzione va posta, inoltre, nell’assicurare un livello alto di sicurezza anche nelle
operazioni di controllo faunistico che si svolgono sia durante la stagione venatoria ma più spesso al
di fuori di essa. Anche in questi casi è posto come obbligatorio, durante le operazioni di controllo
del cinghiale, indossare gli indumenti ad alta visibilità già obbligatori durante la normale attività di
caccia.
8.4 Appostamenti fissi di caccia
Per ogni nuovo appostamento fisso di caccia viene svolta una apposita istruttoria i cui elementi
fondamentali risiedono appunto nell’appurare l’esistenza delle condizioni previste dall’art. 33)
commi 1) e 2) in materia di distanze di sparo.
Tale istruttoria è corredata in almeno un terzo delle richieste anche da un sopralluogo effettuato
dalla Polizia Provinciale e volto a valutare nei casi più complicati l’effettiva esistenza sul terreno di
immobili adibiti a civile abitazione, a luogo di lavoro o strade classificate ad uso pubblico.
In tutti gli altri casi meno complicati la valutazione avviene attraverso aerofotogrammi e
strumentazione GIS.
Viene infine da ricordare come, per quanta riguarda l'area contigua del Parco Regionale Migliarino –
San Rossore – Massaciuccoli, la distanza tra appostamenti temporanei e appostamenti fissi ai
palmipedi è stabilita in metri 200 così come previsto dall'art. 77 comma 3 del DPGR 33/R/2011 .
8.5 Aree in cui non sono collocabili gli appostamenti fissi di caccia
La caccia “da appostamento fisso” trova nella Provincia di Lucca un contesto particolarmente
adatto tanto da costituire una delle modalità di esercizio venatorio più tradizionali e diffuse.
La Provincia di Lucca ha il più alto numero di appostamenti fissi sia in senso assoluto che in
percentuale ancora maggiore in rapporto al numero totale dei cacciatori rispetto ad ogni altra realtà
in ambito regionale.
L’osservazione del trend in un periodo medio–lungo fa emergere un tendenziale leggero decremento
del numero delle postazioni autorizzate che può essere facilmente correlato all’andamento
demografico vista anche l'età media assai elevata dei titolari di autorizzazione.
66
Nel grafico che segue è possibile leggere l’attuale situazione nel territorio della Provincia:
Circa le indicazioni delle aree ove non sono collocabili gli appostamenti fissi previste dall’art.6 bis)
comma 4) lettera h) della L.R. 3/94 si rimanda alla documentazione cartografica annessa al presente
Piano quale parte integrante e contestuale.
I criteri che presidiano le scelte di cui alla cartografia allegata sono riconducibili:
•
all’individuazione di particolari tratti montani di crinale già individuati in provvedimenti
Provinciali in cui la collocazione di impianti di appostamento fisso andrebbe a interferire in
maniera non corretta con possibili rotte migratorie;
•
all’individuazione di particolari territori che per la loro natura, ovvero la vicinanza di case,
strade o insediamenti antropici variamente configurabili, presentano elementi di
problematicità anche in ordine alla sicurezza di animali e/o persone.
67
9. GLI ISTITUTI – VALUTAZIONI E PROPOSTE
9.1 Centri Pubblici per la Riproduzione della Fauna Selvatica allo
Stato Naturale
9.1.1 Centro Pubblico per la Riproduzione della
Naturale "Colle Fobia"
Fauna Selvatica allo Stato
Sintesi delle principali caratteristiche dell’area:
· l’area si trova lungo la Valle della Corsonna, in Comune di Barga-LU;
· l’area ricade interamente su terreno demaniale gestito dall'Unione dei Comuni Media Valle del
Serchio;
· si estende dai 772 m s.l.m. del cancello di ingresso ai 1305 m s.l. di Monte Tista;
· l’area presenta un elevato indice di boscosità. Risulta prevalentemente coperta da castagno, in
prevalenza a ceduo (circa il 21%); sono presenti boschi a dominanza di castagno in presenza
di altre latifoglie (27,73%). La faggeta si estende quasi sul 40% della superficie e giunge fino
alle quote più alte, sostituendosi al castagno. Le conifere impiantate nella seconda metà del
1900 dal Corpo Forestale dello Stato sono prevalentemente costituite da Douglasia
(Psedotzuga mensiesii), specie alloctona in grado di rinnovarsi spontaneamente. Scarsi sono
gli esemplari di abete rosso e bianco;
· sono presenti rade macchie ad arbusteto caratterizzate principalmente da Erica e Pteridium
aquilinum che costituiscono stadi evolutivi della vegetazione che sta ricolonizzando le aree
aperte;
· le aree aperte sono presenti intorno al laghetto antincendio e nella zona delle Porretta, lungo i
margini stradali e all’interno delle aree boscate in prossimità delle vecchie carbonaie;
•
la copertura del suolo in termini di estensione e di valori percentuali è la seguente:
USO SUOLO
ha
%
Arbusteti ed aree aperte
1,13
0,83
Bacini d'acqua
0,07
0,05
Bosco misto
8,7
6,4
Castagno
27,99
20,54
Castagno e latifoglie varie
37,78
27,73
Conifere
4,71
3,46
Faggio
54,3
39,85
Zone di accumulo di detriti
1,55
1,14
TOTALE
136,27
68
•
si ha una buona disponibilità idrica durante tutti i mesi dell’anno sia per la presenza di una
sorgenti e di fossi perenni sia grazie ad un lago nella parte centrale dell’istituto faunistico il
quale presenta un fosso di scarico che crea un fondamentale ulteriore punto di abbeverata
nella zona sottostante;
· il perimetro risulta delimitato da una recinzione alta circa 2 m, attrezzata con passaggi alla
maremmana per consentire l’accesso ai cercatori di funghi ma presenta molti punti di rottura
realizzati soprattutto da persone o animali per permettere un accesso più agevole;
· in inverno sono frequenti le nevicate;
· la zona si inserisce in un contesto ambientale montano non antropizzato o comunque nel quale
la presenza antropica risulta limitata a determinati periodi dell’anno e non consistente
numericamente: si fa riferimento ai cercatori di funghi e alle scolaresche ospitate nel centro di
educazione ambientale realizzato all’interno degli edifici restaurati preesistenti all’interno del
perimetro della zona. Sono comunque stati realizzati sentieri su percorsi prestabiliti che non
coprono l’intero istituto faunistico;
· la maggior parte delle specie presenti nella zona sono legate agli ambienti boscati;
· l’istituto è attraversato da strade carrozzabili che dall’ingresso portano in località Fobbia, Colle
e Lezza del Cavallo;
· le aree circostanti non sono antropizzate, il paesaggio montano rivela un progressivo
abbandono di coltivi a favore dell’espansione delle aree boscate circostanti.
9.1.1.1 Valutazione
Il Centro Pubblico per la riproduzione di Selvaggina allo Stato Naturale di Colle Fobia (CPPFSS)
è un Istituto provinciale istituito con Delibera di Giunta Provinciale n. 156 del 18/08/1994 e
affidato in gestione alla Comunità Montana della Media Valle del Serchio (adesso Unione dei
Comuni della Media Valle del Serchio);
La finalità di questo centro è quello di ricostituire popolazioni autoctone stabili nonché lo studio e
la sperimentazione di metodi e tecniche di gestione degli eco-sistemi agricoli e forestali con
particolare riguardo alla riproduzione allo stato naturale di uccelli e mammiferi appartenenti alla
fauna stanziale nonché alla salvaguardia, la sosta durante la migrazione e lo sviluppo e la
riproduzione della fauna migratrice. Le specie di interesse venatorio di indirizzo per l’area sono la
lepre (Lepus europaeus) e la pernice rossa (Alectoris rufa).
A questo riguardo è stato siglato con Delibera di Giunta Provinciale n. 118/2009 un protocollo di
intesa tra la Provincia di Lucca e la Comunità Montana della Media Valle del Serchio (ora Unione
dei Comuni) per la progettazione e realizzazione di interventi faunistico-venatori nell’ambito del
CPPFSS di Colle Fobia. Sulla base di quanto stabilito nel suddetto protocollo è stato redatto il
Progetto “Recupero ed apprestamento di aree pabulari ai fini faunistici”, della durata di due anni,
la cui realizzazione e direzione è stata affidata alla Comunità Montana della Media Valle del
Serchio (adesso Unione dei Comuni della Media Valle del Serchio).
Gli interventi gestionali previsti dal suddetto protocollo si sono protratti fino alla fine del 2013 e
sono consistiti principalmente in:
o Recuperare la piena funzionalità delle strutture esistenti già realizzate
precedentemente;
o Incrementare la vocazionalità del centro per la riproduzione di specie selvatiche;
o
Incrementare le potenzialità e l’attrattività del Centro per quanto concerne la
fruibilità a fini didattici ed educativi;
69
o Garantire che, attraverso una manutenzione ordinaria, sia possibile mantenere in
efficienza quanto oggetto di opere straordinarie di recupero e ripristino
o Sperimentare nuove forme di gestione delle aree aperte per limitare i costi di
sfalcio.
La specie su cui si è incentrata l’attenzione è la lepre per cui gli interventi sono stati rivolti in
particolare a garantirne la presenza, la riproduzione e l’irradiamento sul territorio circostante.
Nonostante gli interventi gestionali e i buoni risultati conseguiti anni prima, i monitoraggi
effettuati recentemente non hanno evidenziato una significativa presenza di questa specie. Risulta
pertanto necessario proseguire con interventi di immissione di questa specie, monitorando nel
tempo gli animali immessi con radiocollari al fine di comprendere le cause della ridotta presenza
della specie nell’area.
Sono stati altresì condotti interventi di immissione della specie Pernice rossa utilizzando le voliere
di ambientamento presenti in località Porretta.
9.1.1.2 Indicazioni gestionali
L’area di Colle Fobia rappresenta un importante nodo della rete ecologica a livello locale e per le
zone preappenniniche.
Per aumentare l’eterogeneità forestale dell’area e quindi la vocazionalità per un maggior numero
di specie, anche di interesse conservazionistico, oltre che venatorio, risulta importante proseguire
con i seguenti interventi gestionali:
· Conservare le piccole radure intrasilvatichite dove la maggiore illuminazione garantisce la
presenza di microhabitat che favorisce le specie eliofile o comunque meno sciafile di quelle
nemorali e che offrono pabulum a ungulati erbivori e alle lepri.
· Gestione degli arbusteti e degli pteridieti, in quanto l’espansione progressiva rischia di ridurre
l’eterogeneità ambientale sottraendo spazio alle zone aperte o moderatamente cespugliate.
· Recupero dei cedui di castagno e delle selve castanili in abbandono, necessario oltre che da un
punto conservazionistico, anche per la difesa del territorio dal rischio idrogeologico.
· Salvaguardare e implementare le specie arboree da frutto e da bacca, fonte di cibo per
numerosi animali.
· Recuperare radure e aree aperte con interventi periodici di sfalcio. Nelle zone a pteridieto è
opportuno che le operazioni di taglio vengono ripetute almeno due volte all’anno.
· Apprestamento aree pabulari con semine primaverili e semine di cereali autunno vernini e
manutenzione dei punti di abbeverata.
· Manutenzione delle voliere di ambientamento presenti in loc. Porretta.
· Manutenzione della viabilità e dei tracciati pedonali che consentono di attraversare le zone
boscate e manutenzione della recinzione perimetrale.
· Comprendere le cause che hanno determinato la ridotta presenza della lepre nell’area, avviando
un progetto di telemetria con durata almeno biennale.
· Incrementare la specie Pernice rossa, con interventi di immissione monitorati nel tempo;
· Sperimentare la cova diretta di pernici rosse accasate in voliere a terra al fine di migliorare la
qualità degli animali.
Tra le finalità del centro vi è anche lo studio e la sperimentazione di metodi e tecniche innovative per
la gestione degli ecosistemi forestali ed il suo territorio può pertanto essere utilizzato come
laboratorio per la ricerca scientifica e l’applicazione di tecniche e metodologie innovative in termini
70
di conoscenza e di sostenibilità ambientale. Risulta pertanto interessante avviare attività di ricerca e
studio in materia ambientale nonché attività di approfondimento sui temi faunistici, naturalistici,
ambientali con organizzazione di seminari ed incontri culturali.
9.2 Zone di Protezione lungo le Rotte di Migrazione della Avifauna
Le Zone di protezione lungo le rotte di migrazione dell’avifauna sono istituti finalizzati alla
salvaguardia dell’avifauna migratrice, da realizzarsi lungo le rotte migratorie dell’avifauna
individuate dall’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (INFS) – ora ISPRA e sono state istituite
ai sensi dell’art. 1 comma 5 della L. 157/92 e ai sensi dell’art. 14 della L.R. 3/94 in attuazione delle
direttive 79/409/CEE, 85/411/CEE e 91/244/CEE per il mantenimento e la sistemazione, conforme
alle esigenze ecologiche, degli habitat interni a tali zone e ad esse limitrofi, per il ripristino dei
biotopi distrutti e per la creazione di biotopi. Tali attività devono concernere particolarmente e
prioritariamente le specie di cui all’elenco allegato alla citata direttiva 79/409/CEE, come sostituito
dalle citate direttive 85/411/CEE e 91/244/CE.
Attualmente sono presenti i seguenti quattro istituti:
Denominazione Istituto
Comuni
Superficie ha
Bientina
Capannori
464,33
Brentino
Massarosa
432,86
Lucca - Serchio
Lucca
Capannori
Borgo a Mozzano
3.530,81
Versilia
Camaiore
Forte dei Marmi
Pietrasanta
Seravezza
Viareggio
5.105,16
Di seguito vengono analizzati gli Istituti sopra elencati che si intendono confermare con il presente
Piano e delineati gli obiettivi gestionali che saranno attuati attraverso specifici piani annuali.
9.2.1 Rotta di Migrazione Lungo l'Alveo del Fiume Serchio
9.2.1.1 Sintesi delle principali caratteristiche dell’area
La Zona di Protezione interessa l’area golenale del Fiume Serchio dall’abitato di Borgo a
Mozzano fino a Lucca, al confine con la Provincia di Pisa, per una superficie totale di 3.530 ha.
L’area ricomprende l’alveo del fiume fino al secondo argine (dove presente) ed è caratterizzata dalla
presenza, soprattutto nelle aree più prossime a Borgo a Mozzano, di ampie zone incolte, dove la
vegetazione ripariale ha colonizzato le sponde spesso anche con specie vegetali alloctone quali la
Robinia e l’Ailanto.
71
Da Ponte a Moriano il fiume attraversa la zona di S. Quirico di Moriano dove gli spazi di golena
risultano più puliti in quanto sono utilizzati per colture ortive e impianti a frutteto.
Da Ponte S. Quirico fino a Ponte S. Pietro il primo argine del fiume costituisce un percorso
pedonale e ciclabile molto frequentato e l’alveo risulta facilmente raggiungibile purtroppo anche con
le auto. Gli spazi golenali sono utilizzati prevalentemente per impianti di arboricoltura da legno
(pioppi) e per colture agricole.
Il Fiume Serchio costituisce un corridoio ecologico funzionale fondamentale dai rilievi montani della
Garfagnana alla città, fino all’estuario che si trova all’interno del Parco Regionale Migliarino S.
Rossore Massaciuccoli in un’area di Riserva naturale (Riserva di Bocca di Serchio) a Marina di
Vecchiano. Le acque risultano di buona qualità, in quanto non ricevono apporti inquinanti
significativi e, a parte interventi idraulici prevalentemente a fini idroelettrici che ne hanno
compromesso alcuni tratti, presenta ancora spiccati caratteri di naturalità.
L’alveo in alcuni tratti risulta ampio e ricco in vegetazione ripariale, si rivengono, quando la portata
non è troppo consistente, zone di acque lentiche e zone di acque lotiche, tutti fattori che consentono
una ricchezza in biodiversità molto importante.
9.2.1.2 Valutazioni e indicazioni gestionali
Il fiume Serchio, habitat ideale per moltissime specie, dalle più elusive alla più domestiche e
cittadine attraversa una grande varietà di ecosistemi, da quello appenninico a quello collinare a
quello di pianura fino alla zona salmastra della foce, garantendo un grande indice di biodiversità.
Riveste pertanto una funzione essenziale di corridoio ecologico che collega le aree montane al mare.
Gli interventi da attuarsi sono quindi volti a tutelare, mantenere e/o incrementare, ove necessario,
tale ricchezza biocenotica, e potranno essere compiutamente realizzati soltanto se sarà possibile
promuovere una concertazione di intenti ed esigenze tra i vari Enti gestori al fine di elaborare un
progetto organico e razionale per la riqualificazione naturalistica dell’area. Sono da effettuarsi
valutazioni circa le principali emergenze, le specie e gli habitat prioritari degni di particolare tutela, i
fattori di impatto eventualmente presenti e le metodologie più idonee a mitigarne gli effetti ed
eliminarli.
A titolo esemplificativo sono da segnalare quali elementi di prioritario interesse:
•
la garzaia di Airone cinerino (Ardea cinerea) posta nell’area di golena del fiume, lungo la
sponda destra, nei pressi della confluenza del torrente Celetra, in Comune di Borgo a
Mozzano;
•
le pareti di sabbia quali siti di nidificazione per le colonie di gruccione (Merops apiaster),
per le colonie di topino (Riparia riparia) e per il martin pescatore (Alcedo atthis);
•
gli isolotti di ciottoli, le penisole, le sponde sabbiose con scarsa vegetazione, utili per la
sosta e la nidificazione del Corriere piccolo (Charadrius dubius) e del Piro piro piccolo
(Actitis hypoleucos);
•
la vegetazione ripariale così importante per invertebrati e vertebrati:
•
l’ontano quale fonte di semi per il lucherino;
•
i rami di salice per la costruzione del tipico nido del pendolino;
•
il canneto per uccelli come la cannaiola, l’usignolo di fiume, la salciaiola, il forapaglie
castagnolo e lo zigolo giallo;
72
•
ma anche piante erbacee comuni e molto note quali il gigaro (Arum maculatum) le cui
parti ipogee sono appetite dall’istrice (Hystrix cristata) o l’ortica dove la Vanessa
atalanta e la vanessa dell’ortica depongono le proprie uova e passano le fasi larvali.
Per quanto concerne la garzaia è necessario garantire una tutela dei nidi, mitigando l’ eccessivo
disturbo antropico recentemente incrementato dal recente ampliamento della sede stradale.
Nell’ambito dei miglioramenti ambientali a fini faunistici sono da prevedersi opere di sistemazione
fluviale con le tipologie sotto elencate:
1) Mantenimento e/o predisposizione di spiagge, isole di ghiaia o terra.
Tali aree permettono di migliorare le condizioni di nidificazione e di sosta per diverse specie di
avifauna, riducendo le possibilità di predazione da parte dei predatori terrestri e di disturbo da parte
delle persone che frequentano il fiume. In particolare gli isolotti di ciottoli favoriscono la sosta e la
nidificazione del Corriere piccolo (Charadrius dubius) e del Piro piro piccolo (Actitis hypoleucos),
già presenti lungo il Serchio sia in periodo riproduttivo che migratorio, ma che incontrano grosse
difficoltà a portare a termine il ciclo riproduttivo per la scarsità di habitat adatto. Le situazioni
migliori sono legate alla presenza di isole, penisole o spiagge poco colonizzate dalla vegetazione. Il
profilo altimetrico delle aree riproduttive deve essere, se possibile, leggermente degradante.
2) Creazioni e risagomatura di pareti di sabbia prive di vegetazione.
Questo intervento consente la nidificazione di specie ornitiche fossorie, quali il Gruccione (Merops
apiaster), Topino (Riparia riparia) e Martin pescatore (Alcedo atthis), di notevole interesse
naturalistico. Bisognerà creare delle pareti verticali stabili, prive di vegetazione, in substrato
consistente ma non troppo duro, nei pressi del corso d’acqua, in siti sufficientemente stabili e
tranquilli. Sarà anche sufficiente rimuovere la vegetazione erbacea da pareti già esistenti per
consentire la nidificazione di questi uccelli, già presenti e nidificanti, in modo abbastanza precario,
lungo il Serchio. L’habitat ottimale sono le pareti esposte a meridione, in prossimità del corso
d’acqua e vicino a zone coltivate, con buona disponibilità di entomofauna (Gruccione, Topino) e
ittiofauna (Martin pescatore). Questi interventi potranno interessare anche piccole pareti di 15- 20
metri lineari. Per il Topino sarebbe opportuno di disporre di tratti idonei più estesi (80-100 m). La
creazione di scarpate idonee può essere realizzata utilizzando zone preesistenti, per esempio
sfruttando i punti di erosione di alte rive fluviali, protette eventualmente al piede per evitare continue
modifiche ed il progresso delle azioni erosive. Tale consolidamento potrà prevedere opportunamente
l’impiego di tecniche d’ingegneria naturalistica, evitando peraltro l’eccessivo sviluppo della
vegetazione.
3)
Mantenimento e/o ripristino della vegetazione sommersa, natante, demersa e dei terreni
circostanti l’area umida (attraverso semine, trapianti e taleaggi delle essenze più tipiche del
luogo.
Anche per le zone umide la vegetazione svolge un ruolo determinante come risorsa alimentare
diretta, come microambiente ricco di prede, come rifugio e come sito di nidificazione per la fauna
selvatica. La valorizzazione faunistica di ogni area umida prevede quindi il mantenimento e/o lo
sviluppo della vegetazione presente e delle specie di maggior interesse per l’avifauna del luogo.
Anche in questo caso si cercherà di favorire l’eterogeneità delle essenze vegetali presenti, cercando
di evitare la prevalenza e l’eccessivo sviluppo di alcune specie rispetto ad altre.
La conservazione e/o il ripristino delle boscaglie ripariali lungo i corsi d’acqua assumono un
particolare significato in quanto siti di nidificazione per molte specie palustri (ad es. il Germano
reale, nidificante nel sottobosco, gli Aironi, nidificanti in colonia sugli alberi, ecc.).
73
4) Mantenimento e/o ripristino del profilo irregolare (con insenature ed anfratti) delle rive e degli
argini.
Le insenature permettono un insediamento più numeroso di coppie nidificanti, probabilmente
perché diminuiscono le possibilità di disturbo reciproco e la frequenza delle dispute territoriali fra le
varie coppie. In diversi studi si è rilevata un’evidente correlazione positiva fra il perimetro del corso
d’acqua ed il numero di specie e coppie nidificanti. A tale riguardo può essere anche favorita la
creazione di:
•
diramazioni parallele al corso d’acqua principale. Queste consentiranno di creare zone
alternative di alimentazione per l’avifauna, di fornire luoghi di rifugio in caso di forte
vento;
•
prati e radure umide intorno al bacino principale, al fine di aumentare le risorse alimentari
e di “fissare” maggiormente gli animali all’area umida.
5) Mantenimento e/o predisposizione di zone d’acqua basse (15-25 cm) o di argini e rive di
ridotta pendenza, per una fascia di 5-10 m dalla riva, ove favorire lo sviluppo della
vegetazione spontanea.
Tali accorgimenti consentono soprattutto lo sviluppo della vegetazione di ripa, demersa e
sommersa, quindi un generale miglioramento delle condizioni faunistiche dell’area ed in particolare
la possibilità di uno sviluppo di diverse specie di caradriformi. Rive molto scoscese ed un livello
d’acqua troppo alto non consentono lo sviluppo di una ricca vegetazione ripariale. Una sistemazione
razionale delle sponde potrebbe aumentare notevolmente il valore biologico del corso d’acqua.
Gli interventi atti a promuovere la conoscenza e la conservazione dell’ecosistema fluviale si
inquadrano inoltre in una politica di riqualificazione della zona soprattutto nell’ambito cittadino, che
ha visto sorgere progetti di ampia portata quali quello del Parco Fluviale promosso dal Comune di
Lucca e opere concernenti la pesca e la tutela delle specie ittiche portate avanti dall’Amministrazione
Provinciale.
L’area in esame risulta idonea anche per l’immissione di specie di interesse venatorio in particolare
del fagiano.
Gli alvei fluviali, infatti, ed in particolare le fasce di vegetazione arborea ed arbustiva di tipo idrofilo
poste sia sulle rive che sulle sponde degli argini, anche se di scarsa estensione, svolgono un ruolo
molto importante nell’ecologia del fagiano.
Gli studi effettuati in territori di pianura hanno dimostrato che in ambienti golenali si raggiungono
spesso densità e produttività naturali molto elevate, così come nella pianura a seminativi asciutti,
soprattutto se si ritrova una diversità ambientale medio-alta.
E’ stato osservato infatti che in presenza di coltivazioni diversificate e in aree ad alto indice di
ecotono si ha un aumento del numero medio di giovani per nidiata.
Si ritiene quindi, ai fini di ottimizzare eventuali operazioni di ripopolamento con questa specie lungo
l’asta fluviale, di intervenire recuperando la frammentazione della maglia poderale delle aree di
golena attraverso il ripristino di alcuni elementi fisionomici un tempo comuni al paesaggio rurale
(boschetti, siepi, filari di alberi).
74
La creazione o il recupero di boschetti di alcuni ettari di estensione a sviluppo lineare e contornati da
arbusti rappresenta una soluzione senz’altro utile al fine di incrementare il numero dei contingenti
invernali di fagiani. Al fine di aumentare lo sviluppo delle fasce ecotonali risulta più produttivo
realizzare più boschetti piccoli ben distribuiti sul territorio piuttosto che aree boscate di grande
estensione.
Inoltre sono da realizzare:
•
il mantenimento ed il recupero delle residue aree non coltivate;
•
il rispetto e la gestione della vegetazione ripariale che fiancheggia i corsi d’acqua;
•
La conservazione in campo delle stoppie dei cereali autunno-vernini sino a tutto il mese di
agosto e di quelle di granoturco possibilmente per tutta la stagione invernale (in campo
rimangono le cariossidi di mais);
•
La posticipazione dell’aratura;
•
La informazione ai contadini affinché non attuino la pratica della bruciatura delle stoppie;
•
La distribuzione sul territorio di dispensatori di granaglie (se ritenuto necessario).
9.2.2 Rotta di Migrazione del Bientina
9.2.2.1 Sintesi delle principali caratteristiche dell’area
La zona di protezione ex alveo del Lago di Bientina comprende il SIR-SIC B03 IT5120101 “Ex
alveo del Lago di Bientina” per la porzione ricadente in provincia di Lucca. L’area riveste un
particolare valore ambientale in quanto si origina dalla porzione più occidentale dell’area lacuopalustre del Lago di Sesto che arrivava ad occupare, in caso di massicce inondazioni, l'intera piana
lucchese ed altrimenti si estendeva su un'area più circoscritta, limitata dai Monti Pisani ad Ovest e
dal Monte Albano ad Est. Con Decreto del Ministero dell’Ambiente del 21/10/2013 è stata
dichiarata zona umida di importanza internazionale ai sensi e per gli effetti della “Convenzione
relativa alle zone umide d’importanza internazionale, soprattutto come habitat degli uccelli
acquatici”, firmata a Ramsar il 2/02/1971.
Dell’area umida non restano ad oggi che alcuni lembi sottratti alla bonifica meccanica realizzata a
partire dalla metà del 1800 per poter coltivare estensivamente e intensivamente i terreni. Gli unici
lembi di bosco idrofilo rimasti si trovano altresì ricompresi all’interno dell’ANPIL del Bottaccio e
della contigua ANPIL del Tanali in Provincia di Pisa. Dell’ontaneta di Villa Ravano non resta che una
zona boscata molto degradata, frequentata da cinghiali.
Non si hanno quindi che modesti esempi dell’antico bosco misto planiziale di caducifoglie
caratterizzato da querce (Quercus sp. pl.), frassino (Fraxinus oxycarpa), ontano (Alnus glutinosa) e
salici (Salix sp. pl.) affiancato da un vasto corteggio di specie arbustive che si trovava disposto ai
margini dell'ambiente lacustre e nelle aree alle quote maggiori.
Si tenga conto che l’area è collocata in prossimità di altri SIR quali i siti:
•
SIR-SIC 26 IT5120018 Lago di Sibolla (LU)
•
SIR-SIC 27 IT5120019 Monti Pisani (LU - PI)
•
SIR-SIC 137 IT5120020 Padule di Verciano – Prati alle Fontane – Padule delle Monache
75
(LU)
•
SIR-ZPS 64 IT5160004 Montefalcone (PI)
•
SIR-SIC 63 IT5160003 Le Cerbaie (PI, FI)
e, per la sua localizzazione, rappresenta sicuramente un elemento di connettività fondamentale
all’interno della rete ecologica della Toscana.
In particolare il Bientina rappresenta una "tappa" importante per l'avifauna gravitante fra il Lago e
Padule di Massaciuccoli (SIR-SIC-ZPS 25 IT 5120017, LU, PI) ed il Padule di Fucecchio (SIRSIC-ZPS 34 IT 513007, FI, PT).
9.2.2.2 Valutazioni e indicazioni gestionali
L’area caratterizzata da terreni di bonifica intensamente coltivati fino ad alcuni anni fa, ha visto, con
le modifiche delle politiche agricole e delle modalità di concessione dei contributi in agricoltura,
diminuire la pressione dovuta all’utilizzo intensivo dei terreni.
Questo effetto è stato incrementato, soprattutto negli ultimi due anni, anche dalle abbondanti piogge
che hanno caratterizzato le epoche di semina e che hanno determinato, con il permanere dell’acqua
sulle particelle, l’impossibilità di coltivarle.
La gestione dell’area viene effettuata direttamente dalla Provincia che, anche nel corso degli ultimi
anni, ha cercato di raggiungere gli obiettivi previsti dalla istituzione di tale zona mediante interventi
di riqualificazione dell’habitat.
Tali interventi hanno riguardato, principalmente, la realizzazione di colture capaci di offrire
alimentazione e rifugio per la fauna selvatica e, nel contempo, interrompere l’omogeneità
ambientale, per la prima volta dopo anni, dovuta all’abbandono di pratiche agricole su alcune ampie
aree.
L’abbandono delle pratiche agricole da parte di alcuni proprietari di terreni ha reso possibile la
creazione di un’ampia area umida di circa 47 ha che è presto divenuto bacino di attrazione per molte
specie di fauna acquatica specialmente durante il periodo autunno – invernale. La presenza di aree a
diversa profondità, la possibilità effettuare semine su porzioni che stagionalmente restano all’asciutto
e vengono solo parzialmente sommerse a maturazione, rende possibile l’utilizzo dell’area da parte di
specie con nicchie ecologiche diversificate.
Obiettivo primario da perseguire è il miglioramento della connettività ecologica dell’area attraverso
interventi per il mantenimento e potenziamento delle associazioni vegetali di ripa lungo i fossi e
canali esistenti e il miglioramento delle qualità chimico-fisiche delle acque.
Rimane invece problematica la costituzione di un tavolo coordinato per gli interventi di gestione
dell’area tra Provincia di Lucca, Comune di Capannori e Comprensorio di Bonifica per cui gli
interventi che ad oggi vengono effettuati risultano fra di loro scollegati e questo incide
negativamente non solo sulla protezione dell’area ma anche sulla sua piena valorizzazione
76
9.2.3 Rotta di Migrazione della Versilia
9.2.3.1 Sintesi delle principali caratteristiche dell’area
La zona di Protezione della Versilia insieme alla limitrofa Zona di Protezione del Brentino ricadono
lungo la rotta di migrazione tirrenica individuata anche dal PTC quale corridoio di migrazione di
valenza internazionale per i rapaci.
L'ampia fascia compresa tra la linea di costa e le pendici occidentali delle Apuane, nell'entroterra
comprende densi nuclei abitati ad alta frequenza turistica (in particolare nei mesi estivi), ma anche
due ANPIL (Lago di Porta e Dune di Forte dei Marmi) oltre a zone umide di interesse
conservazionistico, la Versiliana e il Lago di Porta, quest'ultimo riconosciuto anche SIR ZPS.
9.2.3.2 Valutazioni e indicazioni gestionali
Gli obiettivi gestionali sono volti prioritariamente alla salvaguardia del corridoio ecologico costiero
per questo gli interventi gestionali devono garantire la tutela delle aree non edificate e di frangia
urbana quali zone marginali di interesse per la fauna stanziale e migratoria. Inoltre è necessario
tutelare le aree umide anche residuali e comprese in ambito urbano. Nell'ambito del SIR ZPS "Lago
di Porta" gli interventi di miglioramento ambientale devono risultare coerenti con le misure di
conservazione previste dalla normativa vigente per il Sito.
Promozione di una fruizione sostenibile e consapevole delle aree naturali e seminaturali
9.2.4 Rotta di Migrazione delle ex Cave del Brentino
9.2.4.1 Sintesi delle principali caratteristiche dell’area
La zona di protezione lungo le rotte di migrazione dell’avifauna del Brentino è situata nel Comune
di Viareggio ed è localizzata tra la zona di protezione ex art. 14 L.R. 3/94 della Versilia e la tenuta
del Padule settentrionale e Lago di Massaciuccoli del Parco Regionale Migliarino-S. Rossore
Massaciuccoli.
L’area è delimitata ad occidente e a sud dalla zona industriale di Viareggio, a Nord e a Est dalla
Bretella Lucca-Viareggio. Il confine non coincide con il tracciato dell’autostrada e ricomprende una
porzione di cava allagata, una porzione di cava riempita con marmettola e campi coltivati a mais in
maniera intensiva. Nel profilo che esce dal presente Piano faunistico, questa rotta di migrazione è
andata a comprendere anche dei territori già interdetti alla caccia perché ricompresi all’interno di un
fondo chiuso. Tale inclusione si rende indispensabile al fine di assicurare un efficace “cintura”
protettiva intorno all’area umida propriamente detta.
Gli specchi d’acqua originano dallo stesso bacino del Massaciuccoli e sono funzionalmente collegati
ad esso. Purtroppo le attività antropiche, il forte degrado della zona e una massiccia pressione
venatoria esercitata anche in anni recenti, determinano un decremento del valore delle ex cave del
Brentino quale punto di sosta per l’avifauna acquatica.
77
9.2.4.2 Valutazioni e indicazioni gestionali
Risulta necessario attuare interventi di studio volti a conoscere le caratteristiche generali del
territorio e l’attuale quadro faunistico con particolare riferimento alle specie ornitiche che sostano,
nidificano e transitano nell’area. Nell'ambito di questo studio va considerata innanzitutto la
possibilità di rivedere la perimetrazione al fine di ottimizzarne il funzionamento per la tutela delle
specie migratrici.
Visto il forte impatto antropico circostante gli specchi d'acqua è opportuno monitorare nel tempo,
anche con la collaborazione dell'Arpat, la qualità delle acque superficiali.
Nei limiti di competenza risulta comunque opportuno contrastare l’abbandono dei terreni attraverso
una politica volta ad incrementare, tramite opportuni incentivi, gli interventi di miglioramento
ambientale. Sempre nella direzione della conoscenza e del contrasto del degrado, deve essere attuata
una attenta valutazione della presenza e dell’impatto delle specie problematiche, nutria (Myocastor
coypus) e gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii), ma anche di corvidi con l’eventuale
predisposizione di piani di controllo.
La creazione di isole e di aggallati con vegetazione palustre nel centro degli specchi d’acqua nonché
la rinaturalizzazione delle sponde con vegetazione ripariale, ed interventi quali colture a perdere
destinate alla selvaggina costituiscono interventi prioritari e premessa essenziale per una
ricolonizzazione dell’area da parte dell’avifauna sia migratoria (ardeidi e limicoli) che stanziale come
il fagiano. In questo ultimo caso la presenza dovrebbe essere supportata da interventi mirati di
reintroduzione, una volta ricostituito un ambiente adatto ad ospitarlo. Gli interventi sopra descritti
dovranno necessariamente conciliarsi con la destinazione d’uso dell’area prevista dalle
Amministrazioni Locali.
Data l’obiettiva difficoltà a reperire terreni per le pratiche colturali destinate alla selvaggina si
potrebbe promuovere l’adozione di pratiche colturali meno impattanti, che non vadano ad incidere
su aree umide sensibili provocandone l’interramento e l’eutrofizzazione e una frammentazione del
paesaggio agrario con siepi, alberature e colture differenziate, magari anche lasciando alcuni
appezzamenti incolti a costituire prati umidi.
La vegetazione all’interno e nell’intorno delle scoline potrebbe rappresentare un corridoio ecologico
minimo per alcune specie ma le necessità idrauliche e agronomiche non consentirebbero di
mantenere in campo tali “microecosistemi” che peraltro possono risultare fonti pericolose di
infestanti e sono sottoposte, anche in maniera indiretta, a tutti i trattamenti dati sulle colture.
La assoluta omogeneità del territorio, la presenza di reti viarie percorse anche da mezzi pesanti, di
insediamenti urbani ed industriali non costituiscono certamente fattori positivi per la vocazionalità
del territorio.
Infine è importante incrementare la sorveglianza di queste aree che in ragione della presenza di
avifauna migratrice in determinati periodi dell'anno possono costituire una illecita attrattiva per atti
di bracconaggio.
9.2.5 Nuove Proposte
Con questo PFV si istituisce :
- la Zona di Protezione del Lago del Bagno (o Prà di Lama), in Comune di Pieve Fosciana. (13 ha)
78
Si tratta di un invaso naturale alimentato da sorgenti termali incluso tra le emergenze geologiche
provinciali e nell’elenco delle aree umide di interesse. Lo stesso specchio d’acqua è oggetto della
Misura 30 del Piano di Gestione delle Acque del Distretto Idrografico del Fiume Serchio . La
motivazione principale è il ruolo rivestito nell’ambito delle principali rotte di migrazione dal lago e
dalle zone umide circostanti; la sua posizione è baricentrica rispetto ad altre umide circostanti come i
Laghi di Cella, il Lago di Pontecosi, il corso del fiume Serchio e alcune piccole aree appenniniche sia
sul versante toscano che emiliano.
L'istituzione dell'area protetta oltre a contribuire alla realizzazione di un corridoio ecologico interno
lungo la Valle del Serchio, riveste un ruolo importante per la tutela dell' area umida di origine
termale e della fascia di bosco igrofilo circostante di elevato valore conservazionistico.
Una più approfondita conoscenza delle biocenosi dell'area è condizione imprescindibile ad indirizzare
le azioni progettuali necessarie ad implementare il ruolo di "stepping-stone" all'interno della rete
ecologica provinciale.
- la Zona di Protezione del Lago di Pontecosi , nei Comuni di Castelnuovo Garfagnana e di Pieve
Fosciana. (57 ha)
La zona ricade nei Comuni di Castelnuovo Garfagnana e di Pieve Fosciana. Si tratta di un invaso ad
uso idroelettrico, così come l'art. 14 del lago di Isola Santa, del sistema idraulico strategico del
bacino del fiume Serchio che riveste un importante ruolo nell’ambito delle rotte di migrazione
dell’avifauna .
La realizzazione, lungo l'intorno del lago, di un'area protetta si pone come elemento di connettività
tra le aree umide del Bacino del Serchio e può contribuire anche ad incrementare lo sviluppo di un
turismo escursionistico e naturalistico lungo le sponde del lago con strutture per il birdwatching
- la Zona di Protezione dei Bottacci di Massa Pisana, nel Comune di Lucca. (214 ha)
La proposta ricalca quanto già previsto dalla precedente programmazione faunistico venatoria, che
prevedeva nell'area la costituzione di una ZRC di estensione maggiore della istituenda zona di
protezione. L'istituto previsto dall'art. 14 della L.R. 3/94 "Zona di Protezione lungo le Rotte di
Migrazione dell'avifauna" , risponde in modo più coerente alle necessità di conservazione previste
per l’area. La zona, infatti, è stata oggetto recentemente di ampi lavori per la creazione di vasche di
laminazione delle acque del canale Ozzeri. Le vasche, che si presentano allagate per diverso periodo
in seguito ad eventi di pioggia, attraggono, durante le stagioni di passo degli animali, numerose
specie acquatiche. Pertanto la realizzazione dell'area protetta contribuisce alla tutela delle specie
durante la migrazione e lo spostamento lungo le aree di connettività della Provincia, ponendosi quale
nodo all'interno delle reti di connettività ecologica funzionale (in particolare del sistema delle aree
umide e dei corsi d'acqua). La Zona ricomprende al suo interno parte del SIR – SIC "Monte
Pisano" e pertanto contribuisce alla salvaguardia degli habitat e delle specie che lo caratterizzano.
La Provincia per una gestione compatibile dell'area dovrà perseguire la valorizzazione e la gestione
delle aree umide anche temporaneamente allagate, dei prati umidi, dei boschi igrofili e della
vegetazione ripariale anche mediante la realizzazione di opportuni interventi di miglioramento
ambientale e il controllo delle popolazioni di cinghiale e delle specie alloctone invasive anche
mediante interventi di controllo ex art. 37 LR 3/94 .
79
9.3 Oasi
Le Oasi di protezione esistenti in Provincia di Lucca sono state formalmente istituite ai sensi dell’art.
15 della L.R. 3/94 per il rifugio, la riproduzione e la sosta della fauna selvatica.
La Delibera del Consiglio Regionale Toscano n. 342 del 1994, ad oggi soppressa ma della quale
giova ricordare per capire la genesi della istituzione di tali istituti, all’art. 7 stabiliva che le Oasi di
protezione vengono individuate su superfici idonee o apprestabili al rifugio, alla riproduzione e alla
sosta delle specie migratorie, nonché all’insediamento, incremento e irradiamento naturale delle
specie stanziali. Qualora le oasi interessino paesaggi con usi agro-silvo-pastorali estensivi, devono
rappresentare strumenti per la difesa della natura insieme alla difesa del paesaggio tradizionale. Nel
caso in cui interessino paesaggi con utilizzazioni agricole intensive, l’oasi rappresenta una riserva
parziale per la salvaguardia e il recupero di determinate componenti naturali (Es: siepi, calanchi,
etc). Nelle oasi è vietata la caccia e ogni altra forma di disturbo o nocumento alla fauna selvatica.
La suddetta Delibera all’art. 8 stabiliva i principi per l’individuazione e la costituzione delle Oasi:
“La Provincia istituisce le oasi tenendo conto della realtà produttiva del territorio, come destinazione
d’uso di superfici con peculiarità ambientali e floristiche. Le oasi sono dislocate preferibilmente su
terreni di proprietà demaniale e all’interno del sistema regionale delle aree protette, tenuto conto
delle linee di migrazione, privilegiando, ve esistenti, le aree già indicate a livello internazionale e in
parte già acquisite nel novero degli ambiti da proteggere”.
Si riportano di seguito le valutazioni e proposte gestionali relativamente alle tre Oasi esistenti sul
territorio provinciale. Per le due Oasi ricadenti all'interno del comprensorio dell'Unione dei Comuni
della Media Valle è auspicabile redigere un Piano di Gestione pluriennale che definisca obiettivi e
azioni coerenti con la pianificazione faunistico venatoria e con le misure di conservazione dei Siti
Natura 2000 ricadenti al loro interno. Il Piano deve definire inoltre un cronoprogramma degli
interventi da dettagliare annualmente così da definire uno specifico quadro economico.
9.3.1 Oasi dell'Orrido di Botri e Oasi del Balzo Nero
Le due Oasi, seppure bene individuabili geograficamente, vengono trattate insieme essenzialmente
per criteri di omogeneità di gestione.
Sono state istituite con Delibera G.P. n. 145 del 01/02/1994 e la loro gestione è stata affidata alla
Comunità Montana della Media Valle del Serchio (adesso Unione dei Comuni della Media Valle del
Serchio).
9.3.1.1 Sintesi delle principali caratteristiche dell’area e linee gestionali
Le due Oasi di protezione della Media Valle del Secchio sono assai rappresentative dello stato attuale
dell’ambiente agro-silvo-pastorale dell’Appennino Tosco-Emiliano.
L’Oasi “Orrido di Botri” si estende per circa 2.162 ha nel territorio dei Comuni di Coreglia
Antelminelli e Bagni di Lucca. All’interno di questo territorio sono rappresentati alcuni tipici
ambienti montani appenninici, tra cui rivestono un rilevante interesse naturalistico e faunistico gli
ecotoni montani. L'Oasi comprende parzialmente le praterie montane del SIR SIC "Monte
Romecchio – Monte Rondinaio – Poggione", comprende interamente il canion del Rio Pelago SIR
ZPS Orrido di Botri e la omonima Riserva Naturale Statale, coincide per una modesta superficie con
80
il SIR SIC Monte Prato Fiorito - Monte Coronato – Valle dello Scesta". In totale , un terzo della
superficie dell'Oasi di protezione è compreso nella Rete Natura 2000. Inoltre lungo il confine con la
Provincia di Pistoia, l'Oasi di Protezione confina con il SIR SIC "Alta Valle del Sestaione" e, lungo il
confine con la Provincia di Modena , con il SIC ZPS "Monte Rondinaio – Monte Giovo".
L’ecotono montano si caratterizza per un’elevata biodiversità strutturale, a cui può corrispondere
un’elevata biodiversità floristica e faunistica. Negli ultimi decenni si è assistito ad un notevole
decremento della fauna stanziale che trovava qui fonte di rifugio e sostentamento. Tipici segni
dell’abbandono delle tradizionali attività agro-silvo-pastorali sono rappresentati dai terrazzamenti
attualmente invasi da felci ed arbusti e ormai riconquistati gradualmente dall’avanzamento del bosco,
fenomeno che tende a chiudere questi spazi aperti, molto importanti per l’alimentazione della piccola
fauna selvatica.
L’Oasi di Monte Balzo Nero si estende per circa 907 ha nel territorio del comune di Bagni di Lucca.
Racchiude al suo interno un territorio alquanto aspro, che culmina dal punto di vista paesaggistico
con il Monte Balzo Nero, che fa parte di un massiccio rupestre di notevole interesse faunistico.
Anche questa Oasi ha risentito della drastica riduzione delle tipiche attività agro-silvo-pastorali
appenniniche. Qui più che nell’Oasi Orrido di Botri sono necessari interventi di recupero del
territorio, tesi essenzialmente a ripristinare tipici ambienti tradizionali di ecotono montano.
All'interno dell'Oasi di protezione ricade il SIR SIC "Vette calcaree della Val di Lima e del Balzo
Nero" e confina, in Provincia di Pistoia, con il SIR ZPS "Pian degli Ontani".
Dal punto di vista del popolamento avifaunistico e teriofaunistico, le due Oasi presentano caratteri
comuni che ne fanno un meritevole oggetto di studio e di intervento. Queste zone (riconosciute
peraltro all’interno della Rete Natura 2000) sono importanti non solo per la fauna stanziale ma anche
per la migratoria. Si ritiene pertanto necessario implementare gli studi sulle specie faunistiche e sugli
habitat di interesse conservazionistico ai fini della loro tutela.
Sono presenti superpredatori quali l’aquila e il lupo e prede quali la marmotta (soprattutto sul
versante Nord del Monte Rondinaio, all’interno dell’Oasi Orrido di Botri) e capre inselvatichite. In
considerazione di tale presenza è importante evitare all’interno delle Oasi un eccessivo disturbo
antropico.
Vi è altresì una discreta comunità di ungulati, a prevalenza di cinghiali ma non mancano i cervidi.
Sono da promuovere la conservazione delle praterie montane, dei coltivi di media montagna e dei
pascoli quali elementi ecosistemici importantissimi per la fauna e fondamentali per il mantenimento
della biodiversità e della connettività del paesaggio.
All’interno del perimetro dell’Oasi Orrido di Botri, in collaborazione con la ex Comunità Montana
della Media Valle del Serchio nell’ambito di alcuni progetti effettuati nell’ultimo quinquennio sono
state posizionate strutture di ambientamento per la starna ed la lepre e sono stati realizzati interventi
volti all’incremento degli spazi di pabulazione e delle risorse trofiche disponibili. In corrispondenza
di alcuni campi coltivati ed ex coltivi situati ad una altitudine tra gli 800 e i 1200 m s.l.m. a media
pendenza, sono stati condotti miglioramenti ambientali con semine a perdere di cerealicole e
foraggere, oltre che di piante da frutto selvatiche.
La presenza di ampie zone pascolative, l’esposizione a Sud-Est e la presenza, seppur sporadica, di
transumanza ovina ha fatto si che la lepre abbia trovato all’interno dell’Oasi un ambiente ideale per
vivere e riprodursi. Gli interventi di immissioni della Lepre Italica hanno avuto pertanto un riscontro
positivo, per cui si ritiene che non sia necessario per gli anni a venire effettuare ulteriori immissioni ,
se non in maniera sporadica, salvo proseguire l’attività di controllo e monitoraggio e ampliare i
seminativi e i prati pascolo, necessari alla sopravvivenza della specie.
81
L’Oasi del Balzo Nero non è attraversata da strade carrozzabili o trattorabili, si presenta
notevolmente aspra e selvaggia, non ricomprende alcun rifugio manufatto riadattabile a ricovero ed è
percorribile soltanto su sentieri. Questa scarsa antropizzazione costituisce una delle ricchezze
maggiori della zona, da tutelare e promuovere. La morfologia acclive e accidentata e l’isolamento
rendono di difficile realizzazione interventi di miglioramento ambientale per i quali sono stati previsti
previsti progetti d’intervento articolati su lungo periodo, nell’ambito dei quali sono state realizzate
tre strutture di ambientamento con l’immissione di lepri e pernici rosse.
La lepre ha una presenza sporadica all’interno dell’Oasi, dovuta all’ambiente impervio caratterizzato
da rocciosità affiorante ed alla difficoltà nel mantenere produttivi gli appezzamenti pabulari nella
stagione autunno invernale causa la neve. La mancanza di transumanza ovina registrata negli ultimi
anni ha fatto si che le aree pascolive siano invase da specie infestanti che ne impoveriscono il valore
nutritivo. Di conseguenza l’ambiente adatto alla specie ha subito una riduzione quantitativa e
qualitativa notevole portando ad un decremento del numero di soggetti. Il ripopolamento di lepre
italica effettuato negli anni 2006 e 2007 è riuscito ad incrementare il numero di lepri nella stagione
estiva ma queste sono andate incontro ad una mortalità elevata durante la stagione invernale, quando
a causa del manto nevoso le disponibilità alimentari si riducono sensibilmente.
Si ritiene per l’Oasi di Balzo Nero importante proseguire con gli interventi volti principalmente ad
recuperare le radure e le aree aperte ed incrementare le risorse trofiche con l’apprestamento di aree
pabulari. Per le caratteristiche della zona, gli interventi di miglioramento ambientale come pure quelli
di immissione dovranno essere localizzati nelle poche aree più pianeggianti, situate nelle porzioni più
alte dell’Oasi, nella località “I Piani”.
Si ribadisce la necessità di evitare il disturbo antropico all’interno dell’Oasi in considerazione del
fatto che questo sito è stato scelto dall’aquila per la nidificazione e sono stati osservati numerosi
rapaci diurni e notturni.Come pure proseguire con interventi di ricerca e messa in atto di sistemi di
prevenzione dei danni da predazione sul bestiame causati da canidi al fine della mitigazione dei
conflitti lupo- pastorizia.
9.3.2 Oasi MonteVecchio Orecchiella
9.3.2.1 Sintesi delle principali caratteristiche dell’area e linee gestionali
L’Oasi è stata di fatto istituita con la Delibera di Consiglio Provinciale n°129 del 25 luglio 2002 al
termine del procedimento di notifica per pubblico proclamo ai proprietari e conduttori dei fondi che
venivano a far parte di detto Istituto. Contemporaneamente è stato approvato il regolamento di
gestione che prevede una Consulta, con funzioni di indirizzo sulla gestione, e un Gruppo Tecnico
con la funzione di predisporre un piano di gestione generale dell’Oasi e predisporre e dare attuazione
ai progetti annuali di attuazione del piano generale.
L’oasi comprende, anche parzialmente, i seguenti Siti della Rete Natura 2000:
-
SIR-ZPS Pania di Corfino
-
SIR-SIC Parco dell’Orecchiella - Pania di Corfino -Lamarossa
-
SIR-SIC- Monte Castellino Le Forbici
Per tale istituto di protezione è pervenuta il 16/02/2012 una richiesta, da parte del Comune di Villa
Collemandina, di nuova delimitazione per quanto riguarda la parte situata tra la località di Pruno e la
82
vetta della Pania di Corfino per circa 88 ha, aprendo il territorio alla attività venatoria. La
motivazione addotta per la richiesta è quella di far coincidere il confine dell'Oasi con quello del
Parco dell'Appennino Tosco Emiliano attestato più in alto, alla quota di 1200m. Tale zona è situata
all'interno del SIR – SIC Parco dell’Orecchiella - Pania di Corfino -Lamarossa e pertanto di elevato
valore faunistico. Tra le principali emergenze segnalate per questo SIR -SIC viene elencata l'Aquila
reale (Aquila chrysaetos) per la quale il sito è rilevato come uno dei più importanti per la specie in
Toscana. La perdita di questa estesa porzione protetta potrebbe comportare un aggravamento delle
condizioni di criticità già segnalate per il Sito all'interno della relativa scheda delle "Norme tecniche
relative alle forme e alle modalità di tutela e conservazione dei Siti di Importanza Regionale (SIR)"
approvate con Del. G. R. n. 644/2004. Si fa presente che le pressioni per la ridelimitazione di tale
porzione e la conseguente apertura alla attività venatoria sono molto forti .
Nel corso della programmazione faunistica del precedente Piano Faunistico Venatorio si è cercato di
continuare il percorso di recupero del territorio attraverso la messa a coltura di alcune particelle
agrarie, altrimenti destinate all’abbandono, con essenze appetibili alla piccola fauna stanziale e con
l’impianto di piante da frutto e da bacca per le specie di fauna migratrice. Sono stati portati a
termine i lavori per la realizzazione di quattro recinti all’interno dei quali sono state previste delle
mini voliere di ambientamento per la riproduzione della starna. Successive fasi di immissioni di
coppie riproduttive e di nuclei di starne nel corso degli ultimi anni hanno dimostrato la possibilità di
ricreare condizioni favorevoli all’ambientamento di questi animali.
All’interno di uno di questi recinti è stato realizzato anche un piccolo invaso per migliorare la
disponibilità di punti acqua per la fauna specialmente in periodi di siccità.
Un altro importante intervento è stato realizzato in una zona caratterizzata dalla presenza di radure
acquitrinose a ridosso della zona di crinale.
Il progetto di recupero e salvaguardia degli ambienti umidi residuali posti all’interno di ambienti di
faggeta è finalizzato al ripristino ambientale, mediante specifici interventi di miglioramento e
gestione, dell’habitat della beccaccia (Scolopax rusticola) e di altre specie migratrici. Gli interventi,
per quanto riguarda l’ecosistema forestale, sono consistiti nel ripristino di piccole radure per favorire
specie vegetali più eliofile, nel mantenimento e nella difesa di specie arboree ed arbustive igrofile e
delle specie arboree e da bacca diverse dal faggio così da aumentare la disponibilità e la varietà
trofica. Per quanto riguarda i prati e le aree umide si è cercato di ripristinare il reticolo idraulico
superficiale arginando, contemporaneamente, l’interrimento dei piccoli invasi presenti mediante
l’asportazione parziale dei sedimenti e lo sfalcio di specie erbacee.
La Legge regionale prevede che la Provincia gestisca le Oasi per le quali possono avvalersi di
associazioni culturali, ambientaliste, venatorie o agricole e se ricadenti in zone di terreno demaniale
la gestione avviene d’intesa con la Comunità Montana e/o i Comuni interessati.
La compresenza sul territorio dell’Oasi delle Riserve Naturali Statali gestite dal C.F.S. e del Parco
Nazionale dell’Appennino, sulla base dell’esperienza della gestione fino ad oggi intercorsa, rende
necessario rivedere le modalità di gestione dell’Oasi creando una più stretta collaborazione tra i
diversi Enti.
Si ribadisce, inoltre, per la fase di attuazione del presente Piano Faunistico, l’opportunità di
continuare nelle opere di recupero del territorio onde evitare che le zone umide, i pochi prati e
radure ancora presenti, relitto dei seminativi di un tempo, si chiudano definitivamente banalizzando il
territorio e impedendo di fatto la presenza di una fauna che non sia solamente costituita da specie
ungulate.
Vanno mantenute le strutture di ambientamento realizzate, trovando una formula di gestione,
83
eventualmente anche con la collaborazione degli ATC, che permetta di utilizzarle al meglio per
progetti di immissione.
Si ritiene altresì necessario implementare gli studi sulle specie faunistiche e sugli habitat di interesse
conservazionistico ai fini della loro tutela. Come pure proseguire con interventi di ricerca e messa in
atto di sistemi di prevenzione dei danni da predazione sul bestiame causati da canidi al fine della
mitigazione dei conflitti lupo- pastorizia.
E’ necessario monitorare attentamente la presenza dei cinghiali all’interno dell’Oasi. Negli ultimi
anni si è infatti registrato un sempre maggior impatto di questa specie sulle fitocenosi e gli habitat
presenti e questo potrebbe portare a gravi ripercussioni anche sui popolamenti animali. Qualora si
registrassero incompatibili presenze di questo ungulato con le finalità dell’Oasi sarà pertanto
necessario valutare la possibilità di attuare quanto previsto dal comma 5 dell’art. 28 bis della Legge
Regionale 3/94.
9.4
Zone di Ripopolamento e Cattura
Le zone di ripopolamento e cattura sono definite all’art. 10 comma 8 della Legge 157/1992 quali
zone “destinate alla riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale ed alla cattura della stessa
per l’immissione sul territorio in tempi e condizioni utili all’ambientamento fino alla ricostituzione e
alla stabilizzazione della densità faunistica ottimale per il territorio”.
Ai sensi dell’art. 16 della L.R. 3/1994 le Province “istituiscono, in attuazione del piano faunisticovenatorio, zone di ripopolamento e cattura”, con le finalità di cui all’art. 10 della L. 157/1992.
Ai sensi dell'art. 21 del DPGR 33/R/2011 la superficie delle zone di ripopolamento e cattura deve
essere tale da salvaguardare la possibilità di riproduzione delle popoplazioni animali selvatiche
ospitate al loro interno e il mantenimento della qualità dell'ambiente.
Inoltre sono istituite anche per la salvaguardia, la sosta durante la migrazione, lo sviluppo e la
riproduzione di soggetti appartenenti alle specie migratrici, anche attraverso il miglioramento delle
caratteristiche ambientali del territorio.
Dati i presupposti che ne determinano l'istituzione, all'interno di questi istituti risulta prioritaria una
gestione tecnica mirata all'attuazione di miglioramenti ambientali funzionali sia alla fauna selvatica
stanziale, migratoria e alle specie oggetto di ripopolamento a fini venatori. La morfologia del
territorio provinciale non consente, in genere, l'attuazione di efficaci interventi di cattura, quindi il
valore di queste aree si esplica nella possibilità di irradiamento degli animali nelle aree circostanti. Si
rende pertanto necessario che la programmazione degli interventi all'interno della ZRC risulti
omogenea e coerente con quanto previsto per il territorio a caccia programmata al fine di potenziare
il ruolo di "core-area" nell'ambito delle reti ecologiche funzionali.
Qualora i terreni ricadano all'interno dei Siti Natura 2000 (comprendente anche i Siti di Importanza
Regionale) gli interventi di miglioramento ambientale devono essere programmati e realizzati in
coerenza con quanto riportato nello studio di incidenza del PFV in merito alle "specie" , agli
"habitat" , alle "criticità" e alle "misure di conservazione" previste per il Sito stesso. Nel Bando dei
miglioramenti ambientali di competenza della Provincia deve essere prevista una specifica premialità
per coloro che , all'interno dei Siti, realizzino interventi funzionali alla conservazione della
Biodiversità, come da Del. G.R. 644/2004 e da successive normative e regolamenti vigenti in
materia. Al fine di individuare gli interventi più idonei, i Piani di gestione dovranno essere corredati
da specifica cartografia di dettaglio dell'uso del suolo per la porzione ricadente all'interno del Sito.
Nelle ZRC la stima delle densità delle popolazioni animali selvatiche deve essere valutata con
84
l’utilizzo di apposite metodologie indicate nel capitolo "Criteri per il monitoraggio della fauna".
Per la gestione delle ZRC, la Provincia potrà avvalersi delle commissioni di verifica e controllo di
cui all’art. 16 comma 3 della L.R. 3/1994, come nel caso della ZRC Piazza al Serchio o stipulare
specifiche convenzioni con l’ATC competente per territorio, ai sensi del dell’art. 23 comma 1 del
D.P.G.R. n. 33/R/2011.
Le attività di gestione ambientale e faunistica da promuovere all’interno della ZRC sono
rappresentate da:
•
interventi di miglioramento ambientale consistenti principalmente nella riconversione di aree
aperte in aree coltivate con colture cerealicole soprattutto autunno vernine;
•
realizzazione e gestione di una rete di mangiatoie volte ad incrementare l’offerta invernale e
primaverile di granaglie nei confronti delle specie di indirizzo e di nuovi punti acqua ed
abbeverata;
•
realizzazione di almeno un recinto di ambientamento per le specie di fasianidi in indirizzo;
•
interventi di immissione delle specie di indirizzo e successivo monitoraggio dei risultati;
•
implementazione di forme di misurazione della produttività reale e potenziale che tengano
conto della tipologia e dell’entità economica degli investimenti effettuati;
•
implementazione di strategie di mantenimento e incremento che favoriscano l’irradiamento
nel territori·o circostante anche delle specie di fauna stanziale, non ungulata, diverse da
quelle di indirizzo;
•
piano per la prevenzione dei danni alle colture agricole, mediante la concessione di materiale
per la prevenzione danni (recinzioni elettrificate, reti di protezioni antiuccelli, rete di
protezione tipo shelter);
•
piano di monitoraggio e controllo delle specie predatrici ed antagoniste.
Le seguenti aree sono state individuate dal Piano Faunistico 2006-2010 in parte sulla base delle
idoneità emerse dalla carta delle vocazioni faunistiche, redatta per ogni specie ed in parte
rispondendo ad esigenze provenienti dal mondo venatorio. Di seguito si elencano con le principali
caratteristiche:
Denominazione
Superficie Ha
Range altitudine mt.
212,8
0 - 200
328
0 - 200
Carraia
266,69
0 - 200
Controneria
135,2
400 - 600
Piazza al Serchio
171,36
400 - 800
Farneta
Fagnano - Massa Pisana
Di queste zone previste dal precedente Piano con il presente strumento di pianificazione se ne
intendono riproporre quattro.
Un'area con buone potenzialità per la costituzione in ZRC è la zona denominata "al Cerro" nel
Comune di Altopascio. Quest'area potrebbe prestarsi per la costituzione di una zona protetta ove
incrementare, con opportuni interventi di miglioramento ambientale, le disponibilità trofiche e
ambientali per la fauna selvatica stanziale.
85
9.4.1 ZRC Controneria
Questa zona si estende per 135,2 ha, nella frazione di San Cassiano di Controne (Comune di Bagni
di Lucca), dominati da prati e da seminativi, seguiti da boschi di latifoglie e da aree urbanizzate, ad
altitudini comprese per lo più tra i 400 ed i 600 m s.l.m..
Per le sue caratteristiche presenta un’elevata idoneità per le specie: lepre e pernice rossa.
Questa area è stata oggetto nel corso degli ultimi anni di interventi di immissione di fauna selvatica
nell’ottica di rendere la fatura ZRC quanto prima produttiva in termini faunistici.
9.4.2 ZRC Farneta
La ZRC denominata “Farneta” ricade all’interno del Comune di Lucca e comprende in parte le
località di Farneta, Maggiano e San Macario in Piano per una estensione di circa 212 ha. L’area è
caratterizzata in massima parte da seminativi seguiti da boschi di latifoglie, prati stabili ma anche
aree urbanizzate. L’area si sviluppa a nord dell’autostrada A11, interessando le frazioni del comune
di Lucca Maggiano, Farneta e San Macario in Piano. Quest’area ricade in territori ad elevata
idoneità per la piccola selvaggina, in particolare per la lepre, il fagiano e in minor misura per la
starna. Le specie in indirizzo sono lepre europea e fagiano. Parte dell’area, facilmente soggetta a
fenomeni di permanenza di acqua durante i periodi più piovosi, si presta alla sosta delle specie
migratorie, in special modo durante il passo invernale.
La principale criticità riscontrata nella zona è rappresentata dalla massiccia presenza del cinghiale per
il quale sono da mettere in atto le azioni previste dal Piano di Gestione degli ungulati.
9.4.3 ZRC Carraia
La ZRC denominata “Carraia” ricade all’interno del Comune di Capannori e comprende in parte le
località di Carraia, Colognora e Casa del Lupo per una estensione di circa 267 ha. Si estende a sud
dell’Autostrada Firenze – Mare avendo come confine sud la Sarzanese – Valdera. L’area presenta
una buona alternanza di seminativi, prati e formazioni residuali di boschi di latifoglie ed è
attraversata da diversi fossi irrigui con buona presenza di associazioni riparie. Insediamenti antropici,
per lo più di origine industriale, si trovano soprattutto nella parte ad ovest. La zona ricade in area
con buona idoneità per la piccola selvaggina stanziale, in particolare per il fagiano e in misura minore
per la starna. Non appare opportuno effettuare in questa zona ripopolamenti di lepri in quanto la
presenza di numerose strade soprattutto nella parte ovest potrebbe vanificare in breve tutti gli sforzi.
Specie in indirizzo è il fagiano.
9.4.4 ZRC Piazza al Serchio
La ZRC denominata “Piazza al Serchio” si estende a nord-ovest e a sud di Piazza al Serchio e ricade
nelle frazioni di Sant’Anastasio, Colognola, S. Michele, Castelvecchio e Forcola con un’estensione
di cira 190 ha.
Ricomprende all'interno la porzione settentrionale del SIR "Rupi basaltiche di Piazza al Serchio e
Poggio".
L’area presenta una buona alternanza di seminativi, prati stabili e formazioni residuali di boschi di
86
latifoglie. Gli insediamenti antropici sono per lo più concentrati nel fondovalle tra P.za al Serchio e
S. Michele. La zona ricade in area con buona idoneità per tutta la piccola selvaggina stanziale.
Per questa ZRC a diretta gestione della Provincia, è stata costituita una Commissioni di Verifica e
Controllo ai sensi della L.R. 3/1994 art. 16, composta in misura paritetica da rappresentanti dei
proprietari o conduttori dei fondi ricompresi nella zona e da rappresentanti dei cacciatori designati
dal comitato di gestione dell'Ambito Territoriale di Caccia in cui essa ricade.
Le specie di indirizzo sono il fagiano e la lepre europea.
9.5 Zone di Rispetto Venatorio
Si propone un quadro sintetico delle attuali Zone di Rispetto Venatorio istituite dalla Provincia su
richiesta degli ATC.
Tipologia Istituto
Atto istituzione
Superficie ha
Comuni interessati
ZRV Cima dell’Omo
DelG.P. 75/A del 13/09/2011
29
Barga
ZRV La Cava
Del G.P. 12/A del 28/06/2011
8,69
Massarosa
ZRV Montramito
Del G.P. 13/A del 28/06/2011
252,68
Massarosa
ZRV Fubbiano
Del G.P. 89/A del 04/10/2011
32,77
Capannori
ZRV Castello
Del. G.P. 10/A del 28/06/2011
5,07
Lucca
ZRV Palazzetto
Del. G.P. 15/A del 28/06/2011
8,95
ZRV Celli
Del. G.P 14/A del 28/06/2011
5,88
Capannori
ZRV Campolungo
Del. G.P. 11/A del 28/06/2011
9,41
Camaiore
ZRV Il Colle
Del. G.P. 9/A del 28/06/2011
5,42
Lucca
ZRV Ai Venti
Del. GP. n. 358 del 3/12/2013
90
Camporgiano
Coreglia Antelminelli
Le Zone di Rispetto Venatorio rappresentano uno strumento essenziale della gestione faunistica e
venatoria. Le motivazioni che ispirano la creazione di tali zone risiedono nella possibilità di
consentire l’insediamento e la riproduzione di nuclei di selvaggina di interesse venatorio in aree
strettamente afferenti ai comparti di caccia. Ciò permetterebbe, a fronte dell’istituzione di un vincolo
all’esercizio venatorio di tipo parziale oppure generale, per una durata sufficiente a consentire un
efficace insediamento della popolazione, di poter fruire della produzione così ottenuta.
Tali zone possono però svolgere anche un ruolo importante di recupero faunistico a favore della
piccola selvaggina all’interno di quelle aree della Provincia dove risulti problematico istituire delle
ampie ZRC. Infatti le zone di rispetto venatorio possono avere dimensioni contenute, sebbene tali da
consentire in ogni caso lo sviluppo di popolazioni selvatiche capaci di riprodursi in modo naturale.
Per tale motivazioni le nuove ZRV non potranno avere superfici inferiori ad ha 20.
Al fine di rafforzare il ruolo faunistico delle ZRV, è importante elaborare per ciascuna zona piani di
gestione e di miglioramento ambientale.
Tali Piani che potranno essere annuali o, meglio, pluriennali dovranno contenere innanzitutto una
descrizione attuale dell’area comprensiva delle tipologie di utilizzo agro forestale del suolo, della
presenza di aree umide o punti acqua e di eventuali problematiche riscontrate. Dovranno contenere
87
un consuntivo di tutti gli interventi attuati: immissioni, miglioramenti, danni riscontrati, interventi
realizzati per la prevenzione dei danni e di tutto quanto possa essere utile a delineare la funzionalità
dell’area e da cui si possano trarre le indicazioni per migliorare e calibrare la gestione. Soprattutto
devono essere raccolti i dati sulla effettiva sopravvivenza e dispersione degli animali e sulle principali
cause di mortalità, provvedendo ad attuare apposite campagne di monitoraggio.
Dovranno poi riportare dettagliatamente gli interventi di riqualificazione dell’area che si intendono
realizzare all’interno della ZRV specificandone i tempi, le quantità, le modalità di realizzazione e per
maggior inquadramento anche quelli da realizzare nelle aree adiacenti e le cui ricadute possono avere
influenza sulla ZRV. Dovranno essere previste le eventuali azioni di immissione con un
cronoprogramma che tenga conto del periodo di validità del Piano stesso. Si dovrà dare atto della
eventuale messa in atto o della prosecuzione di eventuali piani di controllo di specie antagoniste.
Soprattutto devono essere raccolti i dati sulla effettiva sopravvivenza e dispersione degli animali e
sulle principali cause di mortalità, provvedendo ad attuare apposite campagne di monitoraggio.
Qualora i terreni ricadano all'interno dei Siti Natura 2000 (comprendente anche i Siti di Importanza
Regionale) gli interventi di miglioramento ambientale devono essere programmati e realizzati in
coerenza con quanto riportato nello studio di incidenza del PFV in merito alle "specie" , agli
"habitat" , alle "criticità" e alle "misure di conservazione" previste per il Sito stesso. Nel Bando dei
miglioramenti ambientali di competenza dell'ATC deve essere prevista una specifica premialità per
coloro che , all'interno dei Siti, realizzino interventi funzionali alla conservazione della Biodiversità,
come da Del. G.R. 644/2004 e da successive normative e regolamenti vigenti in materia.
Questo Piano individua nell’istituzione di Zone di rispetto venatorio lo strumento con cui procedere
ad una vasta azione di riequilibrio faunistico a favore della piccola selvaggina, mediante la loro
dislocazione principalmente in quelle fasce di territorio nelle quali la piccola selvaggina è andata con
il tempo incontro ad un severo processo di rarefazione, lasciando il campo ad una presenza sempre
più consistente ed invadente, ecologicamente non tollerabile, del cinghiale.
10. FONDI CHIUSI
L ' articolo 25 della L.R. 3/94 definisce e disciplina i fondi chiusi.
Nel precedente Piano Faunistico i fondi chiusi esistenti sul territorio provinciale con superfice
superiore ai 3 ettari notificati da parte dei proprietari e/o conduttori erano i seguenti:
•
"Sassina" in Comune di Piazza al Serchio di complessivi ha 3,00 circa ;
•
"Capanne di Caprignana" in Comune di S.Romano di Garfagnana di ha 3,00 c.a.;
•
"Puosi" in Comune di Camaiore di complessivi ha 45,00 c.a ;
•
"Monte Cucco" in Comune di Massarosa di ha 7,00 c.a ;
•
"Aquilata" in Comune di Massarosa di ha 22,00 c.a ;
•
"Colle d’Arciana" in Comune di Castiglione Garfagnana di ha 5,00 c.a ;
•
"Vagli" in Comune di Vagli di Sotto di ha 135 c.a ;
•
"Zaffora Marco" in loc. S.Macario Comune di Lucca di circa ha 10,00 ;
•
"Gelsa" in loc. Spianate Comune di Altopascio di ha 3,2 ;
•
"Az. Agricola “La Fornace" in località Lucignana del Comune di Coreglia Ant.lli
88
ha 21,34 .
Ai precedenti si sono aggiunti due fondi istituiti entrambi nell'anno 2010:
•
"Tenuta dello Scompiglio 1" frazione di Vorno in Comune di Capannori di ha
48,50 c.a ;
• "Tenuta Setteventi s.r.l." frazione Badia di Cantignano in Comune di Capannori di
ha 26,68 c.a;
Complessivamente la superficie territoriale totale dei fondi chiusi superiori ad ettari 3 somma a circa
200 ha con una percentuale sulla SAF pari allo 0,13 %.
11. AREE SOTTRATTE ALLA CACCIA PROGRAMMATA
In località Ciocco, Castelvecchio Pascoli è stato istituito con Del. C. P. n. 152 del 30/09/2008, un
fondo rustico sottratto alla caccia programmata al fine di tutelare questa zona dove insiste
un’importante attività turistico-alberghiera, con la presenza nella porzione più meridionale dell’area
di una vasta zona destinata alla ricezione turistico e congressuale del complesso “Il Ciocco” e nella
porzione più settentrionale di vaste strutture dedicate all’attività sportiva (stadio, due maneggi e box
cavalli, campi da tennis e polivalenti e un’area adibita a galoppatoio utilizzata anche per attività di
fuoristrada).
Con Delibera di Consiglio Provinciale n. 112 del 10/07/2008 è stata accolta l’istanza di esclusione di
circa 111 ha siti sulla collina di San Macario in Monte (LU). L’accoglimento dell’istanza è stata fatta
sulla base dell’art. 27 della Del. C.R. 292 del 12/07/1994 che prevede che : “le richieste di esclusione
dei fondi rustici dalla gestione programmata della caccia come disciplinato dall’art. 25 della L.R.
3/94 sono accolte qualora non contrastino con l’attuazione della pianificazione faunistico venatoria
provinciale” e che “saranno dichiarate ammissibili le richieste di esclusione che riguardino una delle
seguenti lettere:
a)
superfici di terreno di ampiezza e caratteristiche ambientali tali da consentire l’effettivo
svolgimento di una azione di tutela e salvaguardia della fauna selvatica e non inferiori a
100 ha . Tale estensione può essere raggiunta con concorso di fondi appartenenti a
proprietari e conduttori confinanti: è ammessa la deroga a tale limite solo per territori
interessati da ecosistemi di particolare pregio faunistico e naturale, che non siano
sostanzialmente alterati dalla presenza o dall’attività dell’uomo;
b)
superfici .... nelle quali vengano condotti programmi sperimentali di allevamento e
coltivazione.........;
c)
luoghi nei quali vengono svolte attività di rilevante interesse economico e sociale. ...”;
L’istanza di esclusione era infatti accompagnata da una “Valutazione ecologica della Collina di San
Macario” e da una relazione “Note integrative sullo stato ecologico del settore collinare di San
Macario in Monte (LU)” dalle quali si poteva evincere la complessa valenza ecologica della zona.
La richiesta di esclusione, inoltre, coinvolgendo terreni confinanti, permette di attuare una efficace
azione di tutela e salvaguardia della fauna ivi presente.
Un fattore problematico può invece considerarsi la presenza del cinghiale. L’area infatti potrebbe
divenire un luogo di rimessa dalla quale poi gli animali possono irradiarsi verso i terreni coltivati
adiacenti. Per porre rimedio a ciò, verranno messe in atto forme di contenimento selettivo come
89
previsto dal Piano di Gestione e Controllo del Cinghiale approvato dall'Istituto Superiore per la
Protezione e la Ricerca Ambientale con nota acquisita in atti Prot. n. 151010 del 21/07/2014.
12. AREE PER L'ADDESTRAMENTO, L'ALLENAMENTO E LE
GARE DEI CANI
Le aree addestramento cani presenti nella precedente programmazione sul territorio provinciale,
suddivise per tipologia, sono:
Aree Addestramento senza sparo
•
“Bandierini”, all’interno dell’ex lago di Bientina, Comune di Porcari di ha 30 ,
•
“Capanno di ferro”, località Padule, comune di Porcari di ha 30 ;
•
“Colli”, località Colli, comune di Piazza al Serchio di ha 3 ;
•
“Combattenti”, loc. “le Piagge del Fontanone”, comune di Coreglia Antelminelli di
ha 6,40;
•
“Il Ciocco”, località “il Ciocco” , nei comuni di Barga e Fosciandora , di ha 198;
•
“Sant'Ansano”, fraz. Trassilico Comune di Gallicano ha 19,7 .
Aree Addestramento con sparo
•
“Tassignano”, località Tassignano, comune di Capannori di ha 10,60 ;
•
“La Pieve”, località Piano del Quercione, comune di Massarosa di ha 5,20;
•
“Santa Maria del Giudice” , località S. Maria del Giudice , comune di Lucca di ha 35 ;
•
“Bosco Orsetti” , fraz. S.Alessio comune di Lucca di ha 4,80
•
“La Rapinata”, comune di Camaiore di ha 11,5 ;
•
“Celli”, loc. Celli , S. Martino in Freddana , comune di Pescaglia di ha 12 ;
•
“Il Ciocco”, località “il Ciocco” , nei comuni di Barga e Fosciandora, esclusivamente nel
periodo di apertura della caccia su ettari 49,94 (dei 198 ettari complessivi).
Aree Addestramento cani su cinghiale
•
“La Pianella” , località Castagnori, comune di Lucca di ha 36,90 ;
•
“Monte Volsci” , località Monte Volsci, comune di Castelnuovo di Garfagnana di ha 14 ;
•
“Gonfiente” , località Gonfiente, comune di Minucciano di ha 10,60 ;
90
•
“Groppa”, loc. Groppa , comune di Pescaglia di ha 8,00 ;
•
“Colle dei Gatti” , loc. Colle dei Gatti in comune di Molazzana di ha 10,30 ;
•
“Fraia” , loc. Fraia in comune di Barga di ha 12 ;
•
"Verrucolette" , loc. Verrucolette in comune di Minucciano di ha 10,30 ;
•
"Lezzoni" , loc .Caprignana Vecchia in comue di S.Romano G/na di ha 3 ;
•
"Colletto" , fraz. di Magliano in Comune di Giuncugnano di ha 4;
Aree Addestramento cani su lepre
•
“Poraglio”, loc. Poraglio, fraz Pascoso in comune di Pescaglia di ha 10 ;
La superficie totale delle aree per addestramento cani somma ad ha 485,30 con una percentuale nei
confronti della SAF pari al 0,31 %, molto al disotto del 2 %, limite massimo consentito dalla L.R.
3/94 all'art. 24 comma 6 .
L’Amministrazione Provinciale può inoltre autorizzare gare cinofile di carattere transitorio, anche su
selvaggina immessa, in territori destinati a libera caccia, purché il richiedente abbia il consenso dei
proprietari dei terreni e le manifestazioni siano svolte nel periodo di divieto di caccia.
12.1 Disciplina per la Costituzione e la Gestione delle Aree
Addestramento Cani
A seguito dell’analisi degli elementi di criticità emersi dallo Studio di Incidenza e da considerazioni
circa la tutela delle specie e degli habitat, per le aree addestramento, allenamento e le gare di cani
sono state definite specifiche linee guida per la gestione:
Art. 1) - le domande di nuova autorizzazione di area, con o senza abbattimento, di addestramento,
allenamento e gare di cani devono essere presentate entro 60 gg dalla pubblicazione del PRAF (di
cui all’art. 7 della L.R. 3/94) come previsto dal DPGR 33/R del 2011 art. 48 c.6. Si dovrà tener
conto che non saranno consentite nuove aree, con o senza sparo, di addestramento, allenamento e
gare di cani all’interno dei Siti della Rete Natura 2000 (comprendenti anche i Siti della Rete
Ecologica Regionale – SIR) e che tra aree addestramento, allenamento e gare di cani e tra queste e
altri istituti deve intercorrere la distanza di almeno 500 m in conformità a quanto previsto dalla L.R.
3/94 artt. 20 e 21 per le Aziende Faunistico Venatorie e le Aziende Agrituristico-Venatorie. La stessa
distanza deve intercorrere anche con le zone interne delle aree protette e dei Siti della Rete Natura
2000 (comprendenti anche i Siti della Rete Ecologica Regionale – SIR). Si dovrà, altresì, tener
conto che, su tutto il territorio provinciale, non sarà consentita l'immissione della quaglia all'interno
delle aree, anche temporanee, con o senza abbattimento, di addestramento, allenamento e gare di
cani. Le aree recintate per addestramento, allenamento e le gare di cani su cinghiale non possono
avere un'area comunque inferiore a 5 ha.
Art. 2) - E’ vietata l’istituzione di aree, con o senza abbattimento, di addestramento, allenamento e
gare di cani negli istituti a divieto di caccia provinciali.
Art. 3) - Nell'ambito della strategia nazionale che prevede la progressiva sostituzione del
91
munizionamento di piombo, nelle aree, con abbattimento, di addestramento, di allenamento e gare
di cani è ammesso l'utilizzo esclusivo di munizionamento atossico.
Art. 4) - Ai sensi della Delibera di C. P. n. 209 del 30/12/2009 che approva le Direttive per la
disciplina ambientale e urbanistica dell'Area contigua della Riserva Naturale Provinciale del Lago di
Sibolla – SIR-SIC 26, nelle Aree contigue di prioritario, elevato e secondario interesse ambientale
non è ammessa l'istituzione di aree addestramento, allenamento e gare di cani anche temporanee.
Art. 5) - Le aree temporanee per l’attività di addestramento, allenamento e gare di cani non sono
autorizzate all’interno degli Istituti faunistico venatori a divieto di caccia e dei Siti della Rete Natura
2000 (comprendenti anche i Siti della Rete Ecologica Regionale – SIR). Inoltre devono essere
localizzate a una distanza di almeno 500 m dagli stessi. Stessa distanza deve essere rispettata anche
nei confronti delle aree interne delle aree protette.
Art. 6) - Le aree, senza abbattimento di selvaggina, per l’addestramento, allenamento e gare per
cani, che ricadono all’interno dei Siti della Rete Natura 2000 (comprendenti anche i Siti della Rete
Ecologica Regionale – SIR), già in essere nella scorsa programmazione faunistica dovranno
presentare specifico studio di incidenza ai sensi della L.R. 56/2000 nel quale devono essere verificate
le interferenze anche potenziali e indirette della attività sulle specie di interesse conservazionistico
presenti nel sito Natura 2000. L’autorizzazione è concessa a seguito di valutazione di incidenza
favorevole. L’esito della valutazione è vincolante ed eventuali prescrizioni devono confluire nel
Regolamento di gestione dell’area addestramento cani (previsto dall’art. 49 del DPGR 33/R/2011).
Art. 7) - Dal momento che, ai sensi dell’art. 24 c.3 della L.R. 3/94, le aree, con abbattimento di
selvaggina, per l’addestramento, allenamento e gare per cani devono essere costituite in territori di
scarso rilievo faunistico, non possono essere autorizzate aree addestramento cani con sparo
all’interno dei Siti della Rete Natura 2000 (comprendenti anche i Siti della Rete Ecologica Regionale
– SIR); nel caso di AAC già in essere nella scorsa programmazione faunistica, esse potranno
continuare l'attività di addestramento, allenamento e gare, solamente se senza abbattimento, a
seguito delle procedure di cui all'art. 6.
Art. 8) - Nelle aree addestramento, allenamento e per le gare di cani localizzate all’interno e in zone
contigue ai Siti della Rete Natura 2000 non è consentito l’addestramento e l’allenamento su fauna
selvatica naturale .
Art. 9) - All’interno di tutte le aree, con o senza abbattimento, di addestramento, allenamento e
gare di cani, gli animali immessi devono provenire preferibilmente da allevamenti provinciali e
comunque non distanti oltre i 200 km dal luogo di rilascio. Deve essere sempre garantita la qualità
sanitaria e genetica dei capi immessi.
Art. 10) - L’immissione dell’anatra germanata è vietata in tutte le aree provinciali di addestramento,
allenamento e per le gare di cani . Per quanto riguarda la quaglia, le immissioni sono consentite
esclusivamente nelle aree, con sparo, di addestramento, allenamento e gare di cani già esistenti
nella precedente programmazione faunistica e poste all’esterno dei Siti della Rete Natura 2000,
solamente per la durata del presente Piano Faunistico Venatorio. Qualora tali aree siano nuovamente
autorizzate quali aree addestramento, allenamento e per le gare di cani le immissioni di quaglia non
saranno più ammesse.
Art. 11) - Tutte le aree, con o senza abbattimento, addestramento, allenamento e gare di cani, su
fauna selvatica naturale presenti sul territorio provinciale devono osservare un periodo di fermo dal
10/04 al 15/07 per salvaguardare la riproduzione delle specie.
Art. 12) - L’attività di addestramento, allenamento e gare di cani , con o senza abbattimento, anche
in forma temporanea (gare, allenamenti) non può essere svolta su suoli innevati.
92
Art. 13) -Le aree recintate per l’addestramento, allenamento e gare di cani su cinghiale non possono
essere inferiori ai 10 ha, salvo nel caso di addestramento di cuccioli di età non superiore ai 18 mesi
per cui possono essere autorizzati recinti di superficie inferiore ai 10 ha così come previsto dall’Art.
50 c. 5 del DPGR 33/R del 2011.
Art. 14) - Per le aree addestramento, allenamento e gare di cani su cinghiale, già presenti nella
precedente programmazione faunistica, di superficie inferiore a 10 ha la muta di cani non può essere
composta da più di 3 cuccioli ed è consentita l’immissione di un numero massimo di 1 cinghiale ogni
2 ha.
Art. 15) - Nelle aree recintate per l’addestramento, allenamento e gare di cani su cinghiale i capi
immessi devono essere dello stesso sesso, devono provenire da allevamenti nazionali e devono
essere provvisti di idonea documentazione sanitaria.
Art. 16) - Le aree addestramento, allenamento e gare di cani su lepre non possono essere inferiori a
10 ha e dovranno essere recintate; gli animali presenti in tali recinzioni devono essere dello stesso
sesso, devono provenire da allevamenti nazionali e devono essere provvisti di idonea
documentazione sanitaria.
Art. 17) - Per le aree , senza abbattimento, di addestramento, allenamento e gare di cani di
superficie superiore a 25 ha deve essere presentato annualmente un piano di attuazione di
miglioramenti ambientali, anche attraverso l'adesione al Bando del competente ATC, che interessi
almeno il 2% della superficie totale dell’area. Si rimanda al regolamento di gestione la definizione
della tipologia di interventi sulla base dello specifico contesto ambientale. Lo stesso regolamento di
gestione dovrà essere valutato e approvato dalla Provincia.
13. AZIENDE FAUNISTICO VENATORIE E AGRITURISTICO
VENATORIE
L’art. 20 della L.R. 3/1994 prevede che il territorio agro-silvo pastorale di ogni Provincia sia
destinato nella percentuale massima del 15% ad ambiti privati (centri privati di riproduzione di fauna
selvatica allo stato naturale, aziende faunistico-venatorie, aziende agrituristico-venatorie).
Le disposizioni di dettaglio inerenti le Aziende faunistico - venatorie e Agrituristico - venatorie sono
contenute rispettivamente nell’art. 20 e 21 della L.R. 3/1994 nonchè nel Capo VI del Regolamento
approvato con DPGRT 33/R/2011 e nel P.R.A.F. .
Nella Provincia di Lucca attualmente sono presenti solo due Aziende faunistico venatorie: l’Azienda
Faunistico Venatoria “ Tenuta di Forci” e l’Azienda Faunistico Venatoria “Monte Prunese”.
Azienda Faunistico Venatoria “Tenuta di Forci” (Delibera di istituzione Del. G.P. n. 1582 del
23/10/1981 e successivi rinnovi): sita in località Pieve Santo Stefano, in comune di Lucca di
410.20.80 ha di cui ha 240 a bosco, ha 50 a pascolo spesso frammisto ad oliveti, ha 13 coltivati a
vite, ha 15 ad olivo, e da ha 4 a 6 riservati a colture a perdere, mentre la restante parte (circa ha 90)
è costituita da tare e incolti.
La specie di indirizzo dell’Azienda è la specie starna (Perdix perdix).
La specie di indirizzo risulta presente all’interno dell’Azienda con una densità di 19,5 capi/100 ha.
Altre specie presenti in Azienda sono la lepre presente con una densità di circa 5 capi/100 ha ed il
fagiano presente con una densità di circa 40 capi/100 ha. Il fagiano è stato oggetto di interventi di
immissione nel corso degli ultimi anni.
93
Con nota ns. prot. n. 70001 del 06/04/2012, l’AFV Tenuta di Forci ha presentato, ai sensi dell'art. 29
co. 7 del DPGR 33/R/2011, richiesta di nuova autorizzazione, confermando la specie starna quale
specie di indirizzo.
Azienda Faunistico Venatoria “Monte Prunese” (Delibera di istituzione: Del. G.P. n. 62 del
11/02/1999): di ha 3887 sita nel comune di Sillano.
L'Azienda comprende al suo interno i seguenti siti:
IT 5110001 Monte Sillano, Passo Romecchio;
IT 5120002 Monte Castellino, Le Forbici;
IT 5120003 Parco Orecchiella, Pania Corfino, Lamarossa;
IT 5110005 Monte La Nuda, Monte Tondo.
La morfologia del territorio è tipicamente montana, con pendenze elevate e quote prevalentemente
superiori ai 1000 metri s.l.m.. L’altitudine massima è di m 1782 s.l.m. e coincide con la cima del
Monte Tondo, mentre quella minima di m 596 s.l.m. è situata alla confluenza dei due rami del fiume
Serchio.
L’orografia del territorio è caratterizzata dall’andamento delle catene che si distaccano dalla dorsale
appenninica e danno luogo a numerose valli più o meno ampie, nelle quali la pendenza assume
spesso valori elevati, ad eccezione di alcune aree nelle quali prevale l’utilizzazione agricola.
L’idrografia è complessivamente abbondante per la presenza all’interno dell’A.F.V. del fiume Serchio
e dei suoi affluenti principali, in particolare del Fiume a Corte lungo il quale è realizzato l’invaso di
Vicaglia.
La maggior parte della superficie dell’azienda è costituita da boschi cedui, a prevalenza di cerro,
misto a carpino, ornello e roverella o di castagno. Alle quote superiori invece predomina il faggio
generalmente allo stato puro, sia a ceduo che in conversione. Le superfici non boscate sono
costituite da pascoli cespugliati o cespugliati veri e propri a seconda del grado di ricolonizzazione
degli arbusti; le specie sono quelle tipiche di tutte le ex aree coltivate dell’orizzonte collinare:
ginestra odorosa, rosa canina, corniolo, essenze importanti durante il periodo invernale per gli
ungulati soprattutto per il capriolo ed il cervo. Le restanti aree sono costituite da seminativi e prati
permanenti in cui il grado di ricolonizzazione delle specie arbustive è meno marcato e in certi casi
assente: sono le aree in cui si devono realizzare interventi di miglioramento ambientale.
La vocazione del territorio, visto l’elevato coefficiente di boscosità e la ricolonizzazione marcata di
molte aree un tempo coltivate da parte di arbusti e anche essenze forestali, è rivolta alle specie
ungulate.
La specie di indirizzo dell’Azienda è il cervo. Sono presenti altre specie quali altri ungulati (capriolo
e muflone), lepre e pernice rossa. Il cervo, specie in indirizzo, è presente all’interno dell’Azienda con
una densità pari 2,2-2,6 capi/100 ha, il capriolo con una densità di 9,5-10 capi/100ha, il muflone con
una densità di 4,6-4,8 capi/100ha.
Con nota ns. prot. n. 69590 del 06/04/2012 l’AFV Monte Prunese ha presentato, i sensi dell'art. 29
co. 7 del DPGR 33/R/2011, richiesta di nuova autorizzazione, proponendo come nuova specie di
indirizzo la pernice rossa.
94
13.1 Linee guida per la Gestione delle Aziende Faunistico Venatorie
Art. 1 – Finalità
Le Aziende faunistico - venatorie, pur appartenendo agli istituti faunistico – venatori in cui l’attività
venatoria si svolge in forma privata, ai sensi della L.R. 3/1994 art. 20 comma 2, devono mirare a
favorire l’insediamento sul territorio, la riproduzione naturale e l’incremento numerico delle
popolazioni selvatiche che in questi ambienti trovano habitat adatto. Tali obiettivi vanno perseguiti
agendo principalmente sul ripristino e il miglioramento quali – quantitativo dell’ambiente naturale,
nonché sul ricorso a forme di prelievo programmato sulla base delle consistenze accertate.
Art. 2 – Localizzazione
Le Aziende Faunistico Venatorie, dal momento che hanno prevalenti finalità naturalistiche e
faunistiche, devono essere costituite in territori di rilevante interesse ambientale e di elevata
potenzialità faunistica. Il rilascio dell'autorizzazione alla costituzione è vincolato al parere favorevole
di ISPRA, ai sensi dell'art. 16 co. 1 della L.157/92.
Art. 3 - Piano di assestamento e prelievo
Le Aziende Faunistico Venatorie devono presentare ogni anno il piano di assestamento e prelievo ai
sensi di quanto previsto all’art. 31 comma 2 del DPGR n. 33/R/2011. Il Piano deve essere presentato
alla Provincia entro il 30 marzo per tutte le specie e per gli ungulati, entro il 30 aprile, tenendo conto
delle seguenti indicazioni gestionali:
Interventi di miglioramento ambientale
Nel piano annuale i miglioramenti ambientali devono essere riportati cartograficamente in scala
1:2.000 e 1:10.000 con indicata la localizzazione degli interventi, specificando in legenda le colture
in atto e il periodo di coltivazione e dovrà essere fornito specifico cronoprogramma di attuazione
anche su base pluriennale.
Qualora i terreni ricadano all'interno dei Siti Natura 2000 (comprendente anche i Siti di Importanza
Regionale) gli interventi di miglioramento ambientale devono essere programmati e realizzati in
coerenza con quanto riportato nello studio di incidenza del PFV in merito alle "specie" , agli
"habitat" , alle "criticità" e alle "misure di conservazione" previste per il Sito stesso. L'azienda è
tenuta alla pianificazione degli interventi volti alla conservazione di specie e di habitat nel rispetto
degli indirizzi forniti dalla Regione Toscana e da strumenti e programmi comunitari e nazionale; è
compito del titolare dell'autorizzazione stesso tenere conto degli aggiornamenti in materia
adeguando la propria programmazione. Dovrà essere fornita idonea cartografia riguardante l'uso del
suolo attuale dell'Azienda; per quanto riguarda le porzioni ricadenti nei Siti, la cartografia dovrà
individuare gli habitat presenti e dovrà essere precisato lo stato di conservazione degli stessi
evidenziando eventuali criticità.
Stima delle specie stanziali presenti
Il piano deve riportare la stima delle specie presenti in azienda, con particolare riferimento a quelle in
indirizzo, rilevata secondo le modalità definite al Capitolo “Criteri per il monitoraggio della fauna”
del presente Piano.
Interventi di immissione
- Il ricorso agli interventi di immissione deve essere attuato solo nel caso in cui sia necessario
95
fronteggiare situazioni faunistiche a tal punto degradate da rendere problematica la naturale
ricostituzione di popolazioni gravemente compromesse. Pertanto questo tipo di interventi devono
essere effettuati in maniera mirata e limitatamente al periodo di tempo necessario alla ricostituzione
di nuclei stabili di riproduttori.
- Le specie che possono essere immesse sono: fagiano, pernice rossa, starna e lepre.
- Nel piano annuale deve essere riportata la vocazionalità dell’area per la specie da immettere
(cartografia dell’uso del suolo in scala 1:10000) e le zone di immissioni devono essere riportate
cartograficamente con l’indicazione del punto di posizionamento delle strutture di ambientamento
(cartografia in scala 1:2.000 e 1:10.000).
- Le immissioni di galliformi devono avvenire esclusivamente mediante l’utilizzo di recinti di
ambientamento a cielo aperto. All’interno di tali recinti possono essere realizzate piccole voliere
chiuse da utilizzare nella prima settimana di ambientamento, al termine della quale gli animali
dovranno essere liberati.
- Gli interventi di immissione dovranno essere dilazionati nel tempo a partire dal 15 maggio fino al
31 luglio, in modo tale che tra i singoli interventi intercorrano almeno 15 giorni di tempo;
- Nella scelta degli allevamenti dove reperire la selvaggina si dovrà tenere conto di quanto stabilito
dalle “Direttive per le immissioni di fauna selvatica” contenute nel presente Piano.
- Le operazioni di immissione dovranno avvenire entro il 31 luglio, comprese quelle effettuate
mediante l’utilizzo di strutture di ambientamento.
- L’obbligo di immissione di fagiani non sussiste per le AFV che al termine della stagione presentino
una densità di 40 capi/100 ha o che decidano di non immettere animali di allevamento per preservare
le popolazioni naturali.
- Gli interventi di ripopolamento devono essere preceduti da attenti controlli veterinari, come
previsto dalle leggi vigenti, sotto il diretto controllo dell’Azienda Unità Sanitaria Locale.
- Le modalità di gestione delle specie oggetto di caccia e gli interventi di reintroduzione e/o
ripopolamento dovranno comunque essere concordati con la Provincia.
–
Per quanto non previsto ai punti precedenti si dovrà riferimento alle “Direttive per le
immissioni di fauna selvatica” contenute nel presente piano.
Esercizio attività venatoria
- I piani di prelievo delle singole specie devono essere programmati sulla base delle consistenze
accertate, limitati ad un ristretto numero di specie cacciabili presenti con buone densità e fatte
oggetto di adeguati interventi gestionali.
- Il piano annuale di prelievo non deve in alcun modo compromettere le presenze faunistiche
dell’azienda ed in particolare deve salvaguardare la presenza minima di riproduttori delle specie in
indirizzo al termine della stagione venatoria.
- La quantità dei prelievi non deve comunque essere superiore al 50 per cento dei capi immessi o
presenti nel caso previsto all’articolo 33 c.2 del DPGR n. 33/R/2011.
–
Il piano annuale di assestamento e prelievo deve prevedere il raggiungimento di precisi
obiettivi di densità, al termine della stagione venatoria:
96
DENSITA’ AL TERMINE DELLA STAGIONE VENATORIA
FAGIANO
40 capi/100 ha
STARNA, PERNICE ROSSA, COTURNICE 20 capi/100 ha
Densità compatibili con le densità presenti nelle ZRC aventi simili
LEPRE
caratteristiche ambientali e comunque non inferiori a 7 capi/100 ha
- Nel caso di aziende non autorizzate nel precedente periodo di programmazione gli obiettivi di
densità devono essere raggiunti al termine del terzo anno, così come previsto dal PRAF.
- Per le AFV che dopo il terzo anno dall’autorizzazione non evidenzino una densità della specie in
indirizzo, così come stabilito al punto precedente, si prevede un periodo di sospensione dell’attività
venatoria di 15 giorni. Se tale situazione si dovesse verificare anche l’anno successivo tale periodo di
sospensione verrà applicato per due mesi. Se le densità della specie di indirizzo non dovessero essere
nei parametri anche l'anno successivo si procederà alla revoca definitiva.
- La caccia di selezione può essere esercitata sulla base di piani predisposti dal titolare
dell’autorizzazione previo parere favorevole dell’ISPRA, nel rispetto della normativa vigente
- La gestione degli ungulati dovrà essere realizzata in modo conforme e coerente rispetto al
territorio circostante, attenendosi alle norme previste nei Regolamenti per la caccia di selezione che,
al loro interno, dovranno contenere prescrizioni specifiche per le Aziende. Le tecniche di censimento
da utilizzare sono definite al Capitolo “Criteri per il monitoraggio della fauna” del presente Piano.
- Ad abbattimento effettuato il cacciatore, prima di rimuovere l’animale dal luogo dell’abbattimento,
deve immediatamente apporre su di esso l’apposito contrassegno numerato fornito dall’Azienda. I
contrassegni devono riportare il nominativo dell’Azienda, la stagione venatoria ed il numero
progressivo. Gli stessi dati sono riportati, con i tempi previsti dal regolamento regionale, nei registri
tenuti dall’Azienda.
- Entro tre anni dall’approvazione del presente Piano, nell'esercizio della caccia agli ungulati si dovrà
provvedere alla definitiva sostituzione del munizionamento di piombo con munizionamento atossico.
- Per l'allenamento, addestramento e gare cinofile vale la Disciplina per la costituzione e per la
gestione delle aree addestramento cani contenuta nel presente Piano Faunistico Venatorio.
Vigilanza interna all’Azienda
Il piano annuale deve indicare i nominativi del personale di vigilanza a disposizione dell’Azienda.
Art.3 - Nuove autorizzazioni
Nuove autorizzazioni di Aziende Faunistico Venatorie che ricadano, anche parzialmente, all'interno o
nell'intorno di Siti Natura 2000 (comprendente anche i Siti di Importanza Regionale) vengono
rilasciate a seguito di Valutazione di Incidenza.
97
13.2 Linee guida per la Gestione delle Aziende Agrituristico Venatorie
Art. 1 - Finalità
Le Aziende agrituristico – venatorie (AAV), ai sensi dell’art. 21 c. 2 della L.R. 3/1994, sono
finalizzate al recupero e alla valorizzazione delle aree agricole, in particolare di quelle montane e
svantaggiate, attraverso l’organizzazione dell’attività venatoria.
Art. 2 – Localizzazione
Devono essere situate nei territori di scarso valore faunistico e coincidere preferibilmente con il
territorio di una o più aziende agricole ricadenti in aree di agricoltura svantaggiata ovvero dichiarate
marginali ai sensi di provvedimenti comunitari (L. 157/1992, art. 16, comma 2).
Viste le caratteristiche di gestione previste dalla legge, su indicazioni fornite dall’ISPRA, le Aziende
Agrituristico Venatorie devono insistere su territori di limitata estensione (alcune centinaia di ettari)
e di scarso valore ambientale e faunistico. Non può essere autorizzata la costituzione di Aziende
Agrituristico Venatorie che ricadano, anche parzialmente, in Siti Natura 2000 (comprendente anche
i Siti di Importanza Regionale) e comunque deve essere rispettata una distanza dagli stessi Siti pari
ad almeno 500 metri.
Art. 3 - Costituzione
Il rilascio dell’autorizzazione è vincolato al parere favorevole dell'ISPRA, ai sensi dell' Art. 16 co. 1
della L. 157/92, e subordinato alla presentazione dei documenti di cui all'art. 39 del DPGR
33/R/2011 tra cui la proposta di programma di ripristino ambientale, dove sono specificati gli
obiettivi gestionali e gli interventi di recupero e valorizzazione ambientale (tipologia, estensione, %
su area dei miglioramenti ambientali) e di un Piano economico e di gestione. Nel programma di
ripristino ambientale gli interventi di miglioramento ambientale devono essere riportati
cartograficamente in scala 1:2000 e 1:10.000 con indicata la localizzazione e la tipologia degli
interventi
Art. 4 – Piano economico di gestione
Le AAV devono presentare alla Provincia un piano economico e di gestione di cui all’articolo 21
comma 10 della L.R. 3/1994 che deve contenere l’indicazione delle immissioni da effettuare, i
prelievi, le operazioni di miglioramento ambientale nonché il consuntivo dell’attività svolta nella
precedente stagione venatoria. Il piano deve essere presentato, ai sensi dell'art. 41, co. 1 del DPGR
33/R/2011, entro il 30 aprile di ogni anno tenendo conto delle seguenti indicazioni gestionali:
Interventi di miglioramento ambientale
Nel piano annuale i miglioramenti ambientali devono essere riportati cartograficamente in scala
1:2000 e 1:10.000 con indicata la localizzazione degli interventi, specificando in legenda le colture in
atto e il periodo di coltivazione.
Interventi di immissione
- Le uniche specie che potranno essere oggetto di immissione all’interno delle aziende agrituristicovenatorie sono: fagiano, starna, pernice rossa, lepre.
- E’ vietata l’immissione di quaglie e germani reali.
- Nella scelta degli allevamenti dove reperire la selvaggina si dovrà tenere conto di quanto stabilito
dalle “Direttive per le immissioni di fauna selvatica” contenute nel presente Piano.
98
- L’attività venatoria dovrebbe comunque essere indirizzata prevalentemente sul fagiano avendo
cura di evitare che le immissioni continue di soggetti di allevamento possano causare concentrazioni
di predatori dannose anche ad altre specie di maggiore interesse naturalistico e cinegetico.
Esercizio della caccia
- L’attività venatoria è consentita esclusivamente su selvaggina proveniente da allevamento, ad
eccezione della caccia agli ungulati;
- La caccia alla selvaggina migratoria è vietata;
- La caccia di selezione può essere esercitata sulla base di piani predisposti dal titolare
dell’autorizzazione previo parere favorevole dell’ISPRA, nel rispetto della normativa vigente. Le
tecniche di censimento da utilizzare sono definite al Capitolo “Criteri per il monitoraggio della
fauna” del presente Piano.
-- La gestione degli ungulati dovrà essere realizzata in modo conforme e coerente rispetto al
territorio circostante, attenendosi alle norme previste nei Regolamenti per la caccia di selezione che,
al loro interno, dovranno contenere prescrizioni specifiche per le Aziende. Ad abbattimento
effettuato il cacciatore, prima di rimuovere l’animale dal luogo dell’abbattimento, deve
immediatamente apporre su di esso l’apposito contrassegno numerato fornito dall’Azienda. I
contrassegni devono riportare il nominativo dell’Azienda, la stagione venatoria ed il numero
progressivo. Gli stessi dati sono riportati, con i tempi previsti dal regolamento regionale, nei registri
tenuti dall’Azienda. Entro tre anni dall’approvazione del presente Piano, nell'esercizio della caccia
agli ungulati si dovrà provvedere alla definitiva sostituzione del munizionamento di piombo con
munizionamento atossico.
- Per l'allenamento, addestramento e gare cinofile vale la Disciplina prevista per la costituzione e per
la gestione delle aree addestramento cani contenuta nel presente Piano Faunistico Venatorio.
Vigilanza interna all’Azienda
Il piano annuale deve indicare i nominativi del personale di vigilanza a disposizione dell’Azienda.
13.3 Richieste di nuova Autorizzazione
Nei termini di legge sono pervenute alla Provincia le seguenti richieste di nuova autorizzazione:
- Azienda Faunistico Venatoria “Monte Prunese” in comune di Sillano (richiesta ns. prot. n. 69590
del 06/04/2012);
- Azienda Faunistico Venatorio “Tenuta di Forci”, Loc. Pieve Santo Stefano (richiesta ns. prot.
70001 del 06/04/2012);
- Azienda Agrituristico-Venatora denominata “Badia” in comune di Altopascio (richiesta ns. prot. n.
70749 del 10/04/2012)
- Azienda Agrituristico Venatoria denominata "Caval Bianco" in Comune di Sillano (richiesta ns.
prot. n. 69621 del 06/04/2012).
Il rilascio dell’autorizzazione potrà verificarsi solo al termine di una specifica istruttoria che valuti la
corrispondenza delle suddette istanze ai parametri di Legge e, nel caso di Aziende non autorizzate
nella precedente programmazione faunistica, dopo aver sentito l’ISPRA, ai sensi di quanto stabilito
dall’art. 16 della L. 157/1992.
99
14. IMMISSIONI FAUNISTICHE
La fauna italiana, nella sua attuale configurazione, soprattutto per quanto concerne gli Uccelli e i
Mammiferi, è in parte il risultato di trasformazioni storiche e recenti di origine antropica e di azioni
indirette quali i mutamenti ambientali o dirette quali le consistenti operazioni di immissione.
Con questo termine generico, riferito a tutte le operazioni di trasferimento di un’entità faunistica da
una determinata area per il successivo rilascio in libertà in un’altra, vengono indicati tre interventi
“introduzioni”, “reintroduzioni” e “ripopolamenti”, con motivazioni, tecniche ed etica tra loro
nettamente distinti e con un significato biologico ben definito.
Le “introduzioni” debbono essere intese come immissione di specie o razze geografiche estranee alla
fauna originaria di una determinata regione. Per molteplici motivi di ordine biologico le introduzioni
sono da evitarsi come anche ribadito dalla legge. Particolare attenzione andrà posta anche
all’introduzione di specie autoctone per il Paese ma non per determinate regioni (ad esempio il
Muflone e la Pernice rossa). Decisamente da evitare è anche l’ulteriore espansione artificiale delle
specie esotiche gia naturalizzate in alcune parti del Paese, come il Colino della Virginia e il Silvilago.
Le “reintroduzioni” debbono essere intese invece come immissioni di animali in un’area ove la specie
di appartenenza era da considerarsi autoctona sino alla scomparsa causata quasi sempre dall’azione
dell’uomo. Si tratta di operazioni che rivestono un ruolo positivo nel perseguimento di una strategia
di ripristino di zoocenosi il più possibile complete sul territorio nazionale e costituiscono un
importante obbiettivo dell’attività faunistica della Provincia e degli ATC. Si tratta di operazioni
delicate che debbono essere attuate previa un opportuna conoscenza dell’habitat e della specie
oggetto dell’intervento come pure delle cause che hanno portato alla sua estinzione.
I “ripopolamenti” debbono essere intesi come immissioni di animali in zone ove la loro specie è già
presente con popolazione di cui si vuole incrementare la consistenza.
In linea teorica sono operazioni da effettuarsi solamente quando eventi occasionali hanno agito su
una popolazione riducendone gli effettivi a tal punto da metterne a serio rischio la vitalità e la
capacità di ripresa e non devono essere effettuati quando la o le cause che hanno portato alla
riduzione della popolazione sono ancora operanti. In Italia, al contrario, questi risultano la pratica
gestionale più diffusa, venendo effettuati in modo ricorrente ogni anno o più volte in un anno, non
per ricostituire effettivamente delle popolazioni naturali di animali selvatici, ma per poter permettere
un prelievo venatorio che altrimenti non sarebbe giustificabile.
In tal senso i ripopolamenti rappresentano la pratica contraria alle più elementari norme di gestione
della fauna e per di più possono avere come conseguenza:
- gravi squilibri trofici nelle zoocenosi. E’ il caso dell’incremento locale di popolazioni di carnivori
poco specializzati, quali la volpe, seguito da massicce e ricorrenti immissioni di fasianidi da
allevamento, scarsamente adattati alla vita selvatica, facilmente predabili.
- diffusione di malattie infettive e parassitarie quali ad esempio la tularemia in lepri e elmintiasi
gastrointestinali in galliformi.
- incremento dei danni alle fitocenosi naturali o artificiali, come quelli causati alle coltivazioni dai
cinghiali “ripopolati” illegalmente a scopo venatorio.
Negli ultimi decenni la pratica dell’importazione di selvaggina stanziale, in particolare lepre,starna e
fagiano, ma anche cinghiale e germano reale, appartenenti a razze geografiche estranee al territorio
nazionale, ha caratterizzato la gestione venatoria del nostro Paese. La liberazione di massicci
100
quantitativi di animali appartenenti a sottospecie alloctone ha determinato un vero e proprio
inquinamento genetico delle popolazioni locali le cui caratteristiche differenziali sono andate
perdute.
14.1 Analisi delle Immissioni
Nelle tabelle sottostanti sono riportati i ripopolamenti effettuati negli anni 2007-2012 dai due
Ambiti Territoriali di Caccia:
anno
800
48
500
54
tipo Prov
atc
atc LU11
atc LU11
atc LU11
atc LU11
lepre
60
atc
lepre
28
starna
1180
specie
fagiano
lepre
fagiano
2008
lepre
2007
2009
n°
animali ente
LU11
prov LU11
atc
LU11
Tipo territorio
età
periodo
metodo
provenienza
Terr. Caccia
Program.
Terr.
Caccia
Program.
Terr.
Caccia
Program.
Terr. Caccia
Program.
Terr. Caccia
Program.
70-110
giovani
110-180
giovani
mag-ago
mag-ago
mag-ago
mag-ago
diretta
diretta
diretta
diretta
allevam. toscano
ZRC
giovani
Terr. Caccia
Program.
70-110
adulti
allevam. toscano
allevam. toscano
allevam. toscano
diretta con punti
di
allevam. toscano
alimentazione
diretta con punti
di
allevam. toscano
gen-apr
alimentazione
diretta con punti
di
mag-ago alimentazione allevam. toscano
gen-apr
alimentazione
2010
fagiano
300
atc
LU11
Terr. Caccia
Program.
adulti
gen-apr
fagiano
2000
atc
LU11
Terr. Caccia
Program.
70-110
mag-ago
lepre
12
atc
LU11
Terr. Caccia
Program.
adulti
gen-apr
lepre
54
atc
LU11
Terr. Caccia
Program.
adulti
gen-apr
lepre
6
atc
LU11
Terr. Caccia
Program.
adulti
gen-apr
pernice
400
atc
LU11
Terr. Caccia
Program.
70-110
mag-ago
starna
600
atc
LU11
Terr. Caccia
Program.
70-110
mag-ago
300
atc
LU11
Terr. Caccia
Program.
adulti
gen-apr
2700
atc
LU11
Terr. Caccia
Program.
70-110
mag-ago
200
atc
LU11
Terr. Caccia
Program.
adulti
gen-apr
50
atc
LU11
adulti
mag-ago
2011
fagiano
lepre
Terr. Caccia
Program.
101
diretta con punti
di
alimentazione
diretta con punti
di
alimentazione
diretta con punti
di
alimentazione
diretta con punti
di
alimentazione
diretta con punti
di
alimentazione
diretta con punti
di
alimentazione
diretta con punti
di
alimentazione
diretta con punti
di
alimentazione
diretta con punti
di
alimentazione
diretta con punti
di
alimentazione
diretta con punti
di
allevam. toscano
allevam. toscano
allevam. toscano
cattura in afv
allevam. toscano
allevam. toscano
allevam. altre
regioni
allevam. altre
regioni
allevam. altre
regioni
allevam. toscano
anno
800
48
500
54
tipo Prov
atc
atc LU11
atc LU11
atc LU11
atc LU11
lepre
60
atc
lepre
28
starna
1180
specie
fagiano
lepre
fagiano
2008
lepre
2007
2009
n°
animali ente
LU11
prov LU11
atc
LU11
Tipo territorio
età
periodo
metodo
provenienza
Terr. Caccia
Program.
Terr.
Caccia
Program.
Terr. Caccia
Program.
Terr.
Caccia
Program.
Terr. Caccia
Program.
70-110
giovani
110-180
giovani
mag-ago
mag-ago
mag-ago
mag-ago
diretta
diretta
diretta
diretta
allevam. toscano
ZRC
giovani
Terr. Caccia
Program.
70-110
adulti
allevam. toscano
allevam. toscano
allevam. toscano
diretta con punti
di
allevam. toscano
gen-apr
alimentazione
diretta con punti
di
allevam. toscano
gen-apr
alimentazione
diretta con punti
di
mag-ago alimentazione allevam. toscano
alimentazione
2010
2012
fagiano
300
atc
LU11
Terr. Caccia
Program.
adulti
gen-apr
fagiano
2000
atc
LU11
Terr. Caccia
Program.
70-110
mag-ago
lepre
12
atc
LU11
Terr. Caccia
Program.
adulti
gen-apr
lepre
54
atc
LU11
Terr. Caccia
Program.
adulti
gen-apr
lepre
6
atc
LU11
Terr. Caccia
Program.
adulti
gen-apr
pernice
400
atc
LU11
Terr. Caccia
Program.
70-110
mag-ago
starna
600
atc
LU11
Terr. Caccia
Program.
70-110
mag-ago
pernice
895
atc
LU11
Terr. Caccia
Program.
70-110
mag-ago
starna
496
atc
LU11
Terr. Caccia
Program.
70-110
mag-ago
fagiano
1000
atc
LU11
Terr. Caccia
Program.
adulti
gen-apr
fagiano
2780
atc
LU11
Terr. Caccia
Program.
70-110
mag-ago
lepre
120
atc
LU11
Terr. Caccia
Program.
adulti
dicem
pernice
800
atc
LU11
Terr. Caccia
Program.
70-110
mag-ago
starna
600
atc
LU11
Terr. Caccia
Program.
70-110
mag-ago
102
diretta con punti
di
alimentazione
diretta con punti
di
alimentazione
diretta con punti
di
alimentazione
diretta con punti
di
alimentazione
diretta con punti
di
alimentazione
diretta con punti
di
alimentazione
diretta con punti
di
alimentazione
alimentazione
diretta con punti
di
alimentazione
diretta con punti
di
alimentazione
diretta con punti
di
alimentazione
diretta con punti
di
alimentazione
diretta con punti
di
alimentazione
diretta con punti
di
alimentazione
diretta con punti
di
alimentazione
allevam. toscano
allevam. toscano
allevam. toscano
cattura in afv
allevam. toscano
allevam. toscano
allevam. toscano
allevam.
Toscano
allevam. altre
regioni
allevam. altre
regioni
allevam. altre
regioni
allevam. toscano
allevam. toscano
anno
specie
n°
tipo Prov
atc
animali ente
Tipo territorio
età
periodo
mag-ago
prov LU12 zone di protezione
70-110
40
prov LU12 zone di protezione
adulti
7207
atc
LU12
Terr. Caccia
Program.
70-110
atc
LU12
Terr. Caccia
Program.
70-110
mag-ago
2648
atc
LU12
Terr. Caccia
Program.
adulti
gen-apr
156
atc
LU12
Terr. Caccia
Program.
adulti
gen-apr
84
atc
LU12
Terr. Caccia
Program.
adulti
gen-apr
50
atc
LU12
Terr. Caccia
Program.
giovani mag-ago
42
atc
LU12
Terr. Caccia
Program.
giovani mag-ago
209
atc
LU12
Terr. Caccia
Program.
45
atc
LU12
Terr. Caccia
Program.
adulti
gen-apr
680
atc
LU12
Terr. Caccia
Program.
70-110
mag-ago
20
atc
LU12
Terr. Caccia
Program.
70-110
mag-ago
2595
atc
LU12
Terr. Caccia
Program.
70-110
mag-ago
55
atc
LU12
Terr. Caccia
Program.
70-110
mag-ago
2424
atc
LU12
Terr. Caccia
Program.
adulti
gen-apr
fagiano 5832
atc
LU12
Terr. Caccia
Program.
110-180 mag-ago
20
atc
LU12
Terr. Caccia
Program.
adulti
gen-apr
84
atc
LU12
Terr. Caccia
Program.
adulti
gen-apr
100
atc
LU12
Terr. Caccia
Program.
giovani
mag-ago
24
atc
LU12
adulti
gen-apr
20
atc
giovani
mag-ago
2007
lepre
pernice
starna
2008
lepre
adulti
Terr. Caccia
Program.
LU12 Terr. Caccia
Program.
103
provenienza
diretta con punti
di
allevam. toscano
alimentazione
diretta con punti
allevam. toscano
gen-apr di
alimentazione
diretta con punti
di
allevam. toscano
mag-ago
alimentazione
60
fagiano 131
metodo
gen-apr
recinto a cielo
aperto
allevam. toscano
diretta con punti allevamento di
di
altre regioni
alimentazione italiane
allevamento di
voliere mobili altre regioni
italiane
allevamento di
recinto a cielo
altre regioni
aperto
italiane
allevamento
diretta
toscano
allevamento di
altre regioni
diretta
italiane
allevamento di
altre regioni
diretta
italiane
allevamento di
altre regioni
recinto
italiane
diretta con punti
di
allevam. toscano
alimentazione
recinto a cielo
allevam. toscano
aperto
diretta con punti
di
allevam. toscano
alimentazione
recinto a cielo
allevam. toscano
aperto
diretta con punti
di
allevam. toscano
alimentazione
diretta con punti
di
allevam. toscano
alimentazione
recinto a cielo
allevam. toscano
aperto
diretta con punti
di
allevam. toscano
alimentazione
diretta con punti
di
allevam. toscano
alimentazione
recinto a cielo
allevam. toscano
aperto
recinto a cielo
allevam. toscano
aperto
anno
specie
n°
tipo Prov
atc
animali ente
660
atc
LU12
pernice
Tipo territorio
atc
LU12
Terr. Caccia
Program.
2500
atc
LU12
Terr. Caccia
Program.
1536
atc
LU12
Terr. Caccia
Program.
7075
atc
LU12
Terr. Caccia
Program.
fagiano 12
atc
LU12
20
atc
17
atc
50
atc
100
atc
LU12
168
atc
32
starna
2009
lepre
periodo
metodo
provenienza
diretta con punti
Terr. Caccia
Program.
40
età
110-180 mag-ago di
alimentazione
recinto a cielo
110-180 mag-ago aperto
diretta con punti
110-180 mag-ago di
alimentazione
diretta con punti
adulti
gen-apr di
alimentazione
diretta senza
70-110 mag-ago punti di
alimentazione
Terr. Caccia
Program.
Terr. Caccia
LU12
Program.
Terr. Caccia
LU12
Program.
Terr. Caccia
LU12
Program.
allevam. toscano
allevam. toscano
allevam. toscano
allevam. toscano
allevam. toscano
adulti
gen-apr
70-110
mag-ago voliere mobili
adulti
gen-apr
70-110
mag-ago
Terr. Caccia
Program.
adulti
gen-apr
LU12
Terr. Caccia
Program.
giovani
mag-ago
atc
LU12
Terr. Caccia
Program.
giovani
mag-ago
800
atc
LU12
Terr. Caccia
Program.
70-110
mag-ago
80
atc
LU12
Terr. Caccia
Program.
70-110
mag-ago
2250
atc
LU12
Terr. Caccia
Program.
70-110
mag-ago
400
atc
LU12
Terr. Caccia
Program.
70-110
mag-ago
2128
atc
LU12
Terr. Caccia
Program.
adulti
gen-apr
7380
atc
LU12
Terr. Caccia
Program.
70-110
mag-ago
atc
LU12
adulti
gen-apr
70-110
mag-ago
adulti
gen-apr
voliere
allevam. toscano
70-110
mag-ago voliere
allevam. toscano
adulti
gen-apr
pernice
starna
2010
fagiano 8
Terr. Caccia
Program.
Terr. Caccia
LU12
Program.
Terr. Caccia
LU12
Program.
Terr. Caccia
LU12
Program.
20
atc
32
atc
100
atc
100
atc
LU12
81
atc
LU12 Terr. Caccia
lepre
Terr. Caccia
Program.
giovani
Program.
104
voliere mobili
recinto a cielo
aperto
recinto a cielo
aperto
diretta con punti
di
alimentazione
diretta con punti
di
alimentazione
recinto a cielo
aperto
diretta con punti
di
alimentazione
recinto a cielo
aperto
diretta con punti
di
alimentazione
recinto a cielo
aperto
diretta con punti
di
alimentazione
diretta con punti
di
alimentazione
recinto a cielo
aperto
recinto a cielo
aperto
allevam. toscano
allevamento
toscano
allevam. toscano
allevam. toscano
allevam. toscano
allevam. toscano
allevam. toscano
allevam. toscano
allevam. toscano
allevam. toscano
allevam. toscano
allevam. toscano
allevam. toscano
allevam. toscano
allevam. toscano
diretta con punti
di
allevam. toscano
alimentazione
mag-ago diretta con punti allevam. toscano
di
anno
specie
n°
tipo Prov
atc
animali ente
Tipo territorio
6
atc
Terr. Caccia
LU12
Program.
1280
atc
LU12
pernice 20
atc
LU12
20
atc
1350
atc
starna
Terr. Caccia
Program.
70-110
70-110
atc
60
atc
40
atc
104
atc
1984
atc
LU12
72
atc
LU12
300
atc
7500
atc
alimentazione
recinto a cielo
allevam. toscano
mag-ago aperto
diretta con punti
allevam. toscano
mag-ago di
alimentazione
recinto a cielo
allevam. toscano
mag-ago aperto
mag-ago voliere
70-110
mag-ago di
alimentazione
recinto a cielo
mag-ago
aperto
allevam. toscano
allevam. toscano
allevam.
Toscano
adulti
gen-apr
Recinto a cielo
aperto
allevam. toscano
adulti
gen-apr
Voliere mobili
allevam. toscano
adulti
gen-apr
diretta con punti
di
allevam. toscano
alimentazione
adulti
gen-apr
Voliere mobili
giovani
mag-ago
Terr. Caccia
Program.
giovani
mag-ago di
Terr. Caccia
Program.
voliere
allevam. toscano
allevam. toscano
diretta con punti
allevam. toscano
alimentazione
atc
LU12
Zona di rispetto
venatorio
giovani
mag-ago voliere
62
atc
LU12
Terr. Caccia
Program.
adulti
gen-apr
30
atc
LU12
Terr. Caccia
Program.
giovani
pernice 2700
atc
LU12
Terr. Caccia
Program.
adulti
starna
600
atc
LU12
Terr. Caccia
Program.
adulti
744
atc
LU12
890
atc
310
atc
850
atc
5330
atc
LU12
1456
atc
LU12 Terr. Caccia
2012 fagiano
allevam. toscano
mag-ago voliere
400
lepre
provenienza
70-110
Terr. Caccia
Program.
Zona di rispetto
LU12
venatorio
2011
metodo
70-110
70-110
LU12
LU12
periodo
diretta con punti
Terr. Caccia
Program.
Terr. Caccia
Program.
Terr. Caccia
LU12
Program.
Terr. Caccia
LU12
Program.
Terr. Caccia
LU12
Program.
20
fagiano
giovani
Terr. Caccia
Program.
Terr. Caccia
LU12
Program.
LU12
età
Terr. Caccia
Program.
Terr. Caccia
LU12
Program.
Zona rispetto
LU12
venatorio
Terr. Caccia
LU12
Program.
Terr. Caccia
Program.
Program.
105
diretta con punti
di
alimentazione
diretta con punti
mag-ago di
alimentazione
diretta con punti
mag-ago di
alimentazione
diretta con punti
mag-ago di
alimentazione
allevam. toscano
allevam. toscano
allevam. toscano
allevam. toscano
allevam. toscano
adulti
gen-apr
Voliere mobili
allevam. toscano
70-110
giugno
Voliere mobili
allevam. toscano
70-110
giugno
Recinto a cielo
aperto
allevam. toscano
70-110
luglio
voliere
allevam. toscano
70-110
luglio
adulti
gen-apr
diretta con punti
di
allevam. toscano
alimentazione
diretta con punti allevam. toscano
di
alimentazione
anno
specie
n°
tipo Prov
atc
animali ente
Tipo territorio
età
periodo
metodo
provenienza
240
atc
LU12
Zona rispetto
venatorio
adulti
dicem
80
atc
LU12
Terr. Caccia
Program.
adulti
gen-apr
27
atc
LU12
Terr. Caccia
Program.
70-110
luglio
120
atc
LU12
70-110
giugno
260
atc
70-110
giugno
Voliere mobili
allevam. toscano
180
atc
70-110
luglio
Voliere mobili
allevam. toscano
2320
atc
LU12
70-110
luglio
90
atc
LU12
70-110
giugno
270
atc
70-110
giugno
Voliere mobili
allevam. toscano
40
atc
70-110
luglio
Voliere mobili
allevam. toscano
460
atc
70-110
luglio
diretta con punti
di
allevam. toscano
alimentazione
lepre
pernice
starna
Zona rispetto
venatorio
Terr. Caccia
LU12
Program.
Terr. Caccia
LU12
Program.
Terr. Caccia
Program.
Zona rispetto
venatorio
Terr. Caccia
LU12
Program.
Terr. Caccia
LU12
Program.
LU12
Terr. Caccia
Program.
Recinto a cielo
aperto
diretta con punti
di
alimentazione
diretta con punti
di
alimentazione
Recinto a cielo
aperto
allevam. toscano
Allevam. Altre
regioni
allevam. toscano
allevam. toscano
diretta con punti
di
allevam. toscano
alimentazione
Recinto a cielo
allevam. toscano
aperto
14.2 Valutazioni
Dalle tabelle sopra riportate si evince come in tutto il territorio della Provincia di Lucca vengano
effettuati ripopolamenti ricorrenti delle principali specie di selvaggina: fagiano, starna, pernice rossa
e lepre.
L’impiego di animali “pronta-caccia”, soprattutto dei galliformi, è una pratica in calo, ma ancora
diffusa negli ATC Provinciali.
I fagiani, pernici rosse e starne vengono principalmente immessi poco prima dell’apertura e, a parte
per alcuni quantitativi, senza adottare tecniche di rilascio che consentano una riduzione della
mortalità degli animali immessi.
A conclusione dell’analisi giova ricordare che, dal punto di vista gestionale e tecnico, i
ripopolamenti, così come vengono effettuati, presentano una serie di svantaggi e di effetti negativi
importanti:
- In primo luogo impediscono il formarsi di una corretta mentalità gestionale nei cacciatori che li
porta a credere che si possano non porre limiti al prelievo, poiché si pensa che anche portando una
popolazione ai limiti dell’estinzione, si possa sempre rinnovarla ripopolando.
- I ripopolamenti ricorrenti richiedono un grande investimento di denaro, che potrebbe essere
indirizzato altrimenti, ad esempio nella sorveglianza del territorio e in miglioramenti ambientali.
- L’immissione di molti individui crea concentrazioni momentanee che possono danneggiare
l’ambiente, richiamare predatori che possono incidere sulle popolazioni naturali e causare esplosioni
di epidemie trasmissibili anche agli animali selvatici presenti sul territorio. Ripopolamenti effettuati
106
regolarmente e in modo massiccio in primavera ed estate forniscono di fatto un supplemento di
alimentazione e facili prede ai predatori proprio nel momento della riproduzione con conseguente
maggiore impatto predatorio su tutte le specie-preda.
– Infine i ripopolamenti in genere, tranne situazioni particolarissime, hanno un successo
limitato e pochi sono gli individui che rimangono sul territorio di immissione per lungo
tempo. Questo fatto è dovuto principalmente alla scarsa adattabilità degli animali utilizzati,
se questi sono di allevamento hanno una scarsa attitudine alla vita allo stato selvatico, se
sono individui selvatici tendono a disperdersi e vengono decimati da vari fattori di mortalità.
14.3 Direttive per le Immissioni di Fauna Selvatica
Le presenti direttive si applicano a tutte le immissioni da effettuarsi sul territorio agro-silvo-pastorale
della Provincia di Lucca, con l’esclusione delle aree addestramento ed allenamento cani.
Art. 1 - Specie oggetto di immissione
E’ vietata l’introduzione e, comunque, l’immissione, anche a scopo venatorio, di specie estranee
all’avifauna e alla mammalofauna italiana, nonché la transfaunazione, ovvero l’introduzione di entità
che pur facendo parte dell’elenco faunistico nazionale, non comprendono la presente zona entro i
limiti del loro areale specifico.
Le specie ammissibili per ripopolamenti sono: fagiano, lepre europea, starna, pernice rossa e
coturnice.
Gli animali, allevati secondo quanto previsto nei disciplinari di qualità riconosciuti e approvati dalla
Commissione consultiva regionale di cui all’articolo 10 bis della L.R. 3/1994, dovranno essere
reperiti in ordine di priorità presso:
· ZRC Toscane o comunque ZRC di regioni limitrofe che non distino più di 200
Km dal luogo di rilascio.
· Allevamenti o consorzi certificati a livello regionale come produttori di qualità.
· Allevamenti situati in Provincia di Lucca.
Qualora non sia possibile reperire il quantitativo necessario a soddisfare il fabbisogno, sarà possibile
reperire il quantitativo mancante presso allevamenti di province limitrofe con distanza inferiore a 200
Km dal luogo di rilascio.
Gli animali, che comunque non dovranno provenire dall’estero, dovranno essere obbligatoriamente
accompagnati da documenti comprovanti la Zona di Cattura o, se provenienti da allevamenti, da
documentazione comprovante la provenienza fin dalla nascita (Filiera di produzione).
Gli interventi di ripopolamento devono essere preceduti da attenti controlli veterinari, come previsto
dalle leggi vigenti, sotto il diretto controllo dell’Azienda Unità Sanitaria Locale, allo scopo di
prevenire la possibilità di epidemie.
Art. 2 - Tempi di immissione
Le operazioni di immissione dovranno rispettare la seguente tempistica:
fasianidi : febbraio – marzo per i riproduttori
15 maggio - 31 luglio per i giovani
107
lepre: gennaio – febbraio per gli adulti.
1 giugno – 31 luglio per giovani 60/90 gg preventivamente ambientati per 2-3 settimane
in strutture di pre-ambientamento.
Sono espressamente vietate le immissioni su terreni innevati.
Sono vietate immissioni in data successiva al 31 luglio su tutto il territorio Provinciale a caccia
programmata, comprese le strutture di ambientamento, le ZRC, le Aziende Faunistico Venatorie, e
le ZRV di dimensioni inferiori a 150 ha .
Gli interventi di immissione degli individui giovani di fasianidi dovranno essere dilazionati nel tempo,
a partire dal 15 maggio fino al 31 luglio, in modo tale che tra i singoli interventi intercorrano almeno
15 giorni di tempo. Gli interventi di immissione dovranno essere almeno tre nell’arco di tempo sopra
menzionato. Questo per utilizzare al meglio le strutture di ambientamento della selvaggina ed
evitare, al momento del rilascio, picchi di densità con conseguenti problematiche legate alla
disponibilità di risorse trofiche e di idonei siti di rifugio sul territorio, a fenomeni di interferenza con
il delicato equilibrio preda- predatore, alla rapida dispersione dei soggetti con un aumento della
vulnerabilità degli stessi (si pensi agli elementi di frammentazione come vie di comunicazione o
nuclei abitati) .
Art. 3 - Modalità di immissione
Per i ripopolamenti dovranno essere privilegiate le strutture di ambientamento, costruite nei pressi
delle aree di immissione, che, per caratteristiche e posizione, dovranno essere preventivamente
autorizzate dall’Ufficio Risorse Faunistiche della Provincia di Lucca e comunque dovranno rispettare
le tipologie costruttive previste dall’ARSIA.
Dovranno essere privilegiati interventi di ripopolamento là dove siano stati e vengano effettuati
interventi di miglioramento ambientale, al fine di migliorare le condizioni ambientali per la specie, in
particolar modo all’interno di ZRV e ZRC.
Tutti i fasianidi che verranno immessi nelle ZRC e ZRV dovranno essere provvisti di anello colorato
riportante l’anno di rilascio.
Per quanto riguarda quelli rilasciati sul restante territorio a caccia programmata dovrà essere
inanellato (anello non colorato ma riportante l’anno di rilascio) un campione almeno pari al 40 % del
quantitativo totale di animali da immettere.
Art. 4 - Obiettivi
Nel corso della durata del presente Piano Faunistico Venatorio, l’ATC dovrà perseguire:
· l’incremento della produzione di piccola selvaggina autoctona attraverso la gestione associata
di tutti gli istituti (ZRV e ZRC per i quali la Provincia abbia stipulato apposita convenzione
per la gestione con l’ATC competente per territorio) presenti sul territorio dell’ ATC sottratti
al prelievo venatorio;
· la progressiva riduzione dei capi immessi. Il numero di animali immessi nel 2015 dovrà essere
del 30% inferiore al numero di animali immessi nel 2013 (per ciascuna specie) e nel 2017
dovrà essere inferiore del 40%. La riduzione del 30% e 40% dovrà essere applicata su tutti i
contingenti immessi durante l’arco dell’anno.
· la graduale riduzione del ricorso ad interventi di ripopolamento con soggetti di produzione non
locale;
· la progressiva riduzione di immissioni con selvaggina pronta caccia a favore di altri soggetti da
108
ambientare sul territorio con l’utilizzo di apposite metodologie.
Art. 5 - Piano di immissione nel territorio a caccia programmata
Fagiani e lepri
L’ATC dovrà presentare all’Ufficio Risorse Faunistiche della Provincia di Lucca entro il 30
marzo di ciascun anno un Piano relativo alle operazioni di immissione di fasianidi e lepri per
l’anno in corso e fino al 30 marzo dell’anno successivo che dovrà contenere:
· una valutazione dei risultati conseguiti sulla base del monitoraggio da effettuarsi su superfici
campione rappresentative, sia per dimensione che per contesto ambientale, utilizzando i
criteri definiti al Cap."Criteri per il monitoraggio della fauna" del presente Piano Faunistico
Venatorio;
· le zone ove si intende immettere gli animali con note sulla vocazionalità per la specie (dovrà
essere allegata cartografia, anche digitalizzata, con scala 1:2.000 e 1:10.000 con indicato il
punto di posizionamento delle strutture di ambientamento)
· gli interventi di miglioramento ambientale previsti al fine di garantire un miglioramento o un
ripristino dei requisiti ambientali necessari per la sopravvivenza della specie (con allegata
cartografia, anche digitalizzata, con scala 1:2.000 e 1:10.000 con indicata la localizzazione
dei terreni, specificando in legenda le colture in atto e il periodo di coltivazione);
· numero di animali da immettere per ciascuna zona;
· tempi e tecniche di immissione;
· valutazioni merceologiche sulla base delle quali saranno ricercati i fornitori di selvaggina.
Entro due mesi dal ricevimento, l’Amministrazione Provinciale, valutata l’opportunità del Piano e la
corrispondenza alle presenti direttive, comunicherà agli Ambiti Territoriali di Caccia l’esito della
valutazione del Piano.
L’ATC dovrà comunicare all’Ufficio Risorse Faunistiche della Provincia di Lucca almeno un mese
prima dell’immissione degli animali qualsiasi variazione sulla localizzazione delle strutture di
ambientamento e sul numero di animali previsti in ciascuna struttura. Dovrà inoltre essere presentata
documentazione fotografica delle strutture che verranno utilizzate.
Almeno dieci giorni prima dell’effettivo rilascio degli animali dovrà essere data notizia all’Ufficio
Risorse Faunistiche e al Servizio Vigilanza della Provincia del giorno, dell’ora e del punto di ritrovo
per la consegna degli animali da parte del fornitore.
Starne, pernici rosse, coturnici
I ripopolamenti con starne, pernici rosse e coturnici potranno essere effettuati solo con la
presentazione di un Piano triennale che abbia ottenuto l’approvazione tecnica della Provincia. Le
immissioni di queste specie dovranno essere effettuate utilizzando esclusivamente strutture di
ambientamento.
Il Piano, che dovrà comunque allinearsi alle linee guida fin qui riportate, dovrà indicare:
· gli obiettivi che si intendono conseguire,
· i soggetti proponenti e il personale che verrà coinvolto,
· le zone ove si intende immettere gli animali (cartografia in scala 1:2.000 e 1:10.000) con
indicato il punto di posizionamento delle strutture di ambientamento(coordinate
109
geografiche),
· la vocazionalità dell’area per la specie (cartografia dell’uso del suolo in scala 1:10000),
· gli interventi di miglioramento ambientale previsti al fine di garantire un miglioramento o un
ripristino dei requisiti ambientali necessari per la sopravvivenza della specie (cartografia in
scala 1:2.000 e 1:10.000 in cui sia evidenziati i terreni oggetto di miglioramento ambientale,
specificando, in legenda le colture in atto e i periodi di coltivazione),
· origine dei soggetti (soggetti testati geneticamente, proibizione di liberare ibridi e ceppi di
provenienza estera) e numero di animali,
· tempi e tecniche di immissione,
· piano di monitoraggio annuale, da attuarsi secondo i criteri definiti al Cap."Criteri per il
monitoraggio della fauna" del presente Piano, per la verifica dei risultati,
· piano finanziario per la copertura economica del progetto.
Art. 6 - Piano di immissione nelle ZRC e ZRV
ZRC
Nel Piano pluriennale previsto dall’art. 22 co. 1 del DPGR 33/R/2011 dovrà essere fornita
indicazione della specie di indirizzo che l’organismo di gestione intende produrre e le modalità di
intervento per assicurare il raggiungimento degli obiettivi di cui all’art. 4
Le immissioni all’interno delle ZRC saranno autorizzate dalla Provincia a seguito della valutazione
dei documenti relativi alla gestione della ZRC presentati, entro e non oltre il 30 marzo, come
previsto dall’art. 23 co. 4 del DPGR 33/R/2011. Il Piano annuale deve specificare:
· i quantitativi di animali immessi per tipologia,
· le azioni di monitoraggio intraprese e i risultati ottenuti,
· cartografia relativa ad eventuali danni riscontrati e relativa ad interventi prevenzione danni.
· quantitativi di animali che si immetteranno con i tempi di immissione che dovranno essere in
linea con quanto indicato all'Art.2 delle presenti Direttive,
· gli interventi di miglioramento ambientale previsti (cartografia in scala 1:2.000 e 1:10.000
specificando, in legenda, la tipologia di colture e i periodi di coltivazione),
· analisi delle catture e/o abbattimenti di specie problematiche effettuate se è in corso un Piano
autorizzato di abbattimento.
In assenza di dati specifici di vocazionalità, le quantità massime ammissibili di fasianidi è pari ad 1
individuo/ha. La vocazionalità risulta strettamente dipendente dalla disponibilità di habitat e nicchie
ecologiche e può essere implementata attraverso idonei interventi di miglioramento ambientale.
Nelle ZRC, dove vengono effettuate operazioni di ripopolamento di piccola selvaggina non sono
consentiti interventi finalizzati al contenimento della predazione da Volpe.
ZRV di superficie inferiore a 150 ha
Per le ZRV di superficie inferiore a 150 ha dovrà essere predisposto un Piano di gestione
110
complessivo, di durata almeno annuale, nel quale siano specificati:
· i quantitativi di animali immessi per tipologia,
· le azioni di monitoraggio intraprese e i risultati ottenuti,
· cartografia relativa ad eventuali danni riscontrati e relativa ad interventi prevenzione danni,
· quantitativi di animali che si immetteranno con i tempi di immissione che dovranno essere in
linea con quanto indicato all'Art.2 delle presenti Direttive,
· gli interventi di miglioramento ambientale previsti (cartografia in scala 1:2.000 e 1:10.000
specificando, in legenda, la tipologia di colture e i periodi di coltivazione),
· analisi delle catture e/o abbattimenti di specie problematiche effettuate se è in corso un Piano
autorizzato di abbattimento.
ZRV di superficie uguale o superiore a 150 ha
Nelle ZRV di superficie uguale o superiore ad ha 150, il piano di gestione, di durata almeno
triennale, dovrà indicare i quantitativi di animali da immettere sulla base di specifiche motivazioni di
sostenibilità. Dovrà inoltre specificare:
· i quantitativi di animali immessi per tipologia,
· le azioni di monitoraggio intraprese e i risultati ottenuti.
· cartografia relativa ad eventuali danni riscontrati e relativa ad interventi prevenzione danni,
· quantitativi di animali che si immetteranno con i tempi di immissione che dovranno essere in
linea con quanto indicato all'Art.2 delle presenti Direttive,
· gli interventi di miglioramento ambientale previsti (cartografia in scala 1:2.000 e 1:10.000
specificando, in legenda, la tipologia di colture e i periodi di coltivazione),
· analisi delle catture e/o abbattimenti di specie problematiche effettuate se è in corso un Piano
autorizzato di abbattimento.
In assenza di dati specifici di vocazionalità, le quantità massime ammissibili di fasianidi è pari ad 1
individuo/ha. La vocazionalità risulta strettamente dipendente dalla disponibilità di habitat e nicchie
ecologiche può essere implementata attraverso idonei interventi di miglioramento ambientale.
Gli interventi di immissione dovranno essere dilazionati nel tempo tenendo conto che:
lepre: le immissioni potranno avvenire solo nel periodo in cui la specie non è cacciabile;
fasianidi: le immissioni potranno avvenire, oltre che nei periodi indicati all'Art. 2 delle presenti
Direttive, anche durante il periodo di apertura della caccia. Per le ZRV, la quantità immessa durante
la stagione venatoria non potrà essere superiore al 25% del totale immesso annualmente.
Nelle ZRV le immissioni dovranno essere effettuate utilizzando esclusivamente apposite strutture di
ambientamento.
Nelle ZRV, dove vengono effettuate operazioni di ripopolamento di piccola selvaggina non sono
consentiti interventi finalizzati al contenimento della predazione da Volpe.
111
15. LINEE GUIDA PER LA GESTIONE DELLE SPECIE
PROBLEMATICHE
Nell'ambito della strategia nazionale che prevede la progressiva sostituzione del munizionamento di
piombo, negli interventi di controllo del cinghiale, ex art. 37 della L.R.3/94, eseguiti all'interno di
Istituti provinciali (comprese le ZRV), nei Siti Rete Natura 2000 e nelle Zone Ramsar dovrà essere
utilizzato munizionamento atossico. Entro due anni dall'approvazione del presente Piano, le
attività di controllo su tutte le specie problematiche sull'intero territorio provinciale dovranno
provvedere alla definitiva sostituzione del munizionamento di piombo con munizionamento atossico.
15.1 Cornacchia grigia (Corvus corone cornix)
La specie più comune e diffusa sul territorio Provinciale e alla quale vanno imputate le
problematiche evidenziate dal mondo agricolo e venatorio relative al danneggiamento delle
coltivazioni e alla predazione a carico di uova e pulcini di specie faunistiche di interesse gestionale è
la Cornacchia grigia (Corvus coronae cornix).
Per poter predisporre piani di intervento finalizzati al controllo della Cornacchia è necessario innanzi
tutto acquisire informazioni di base relative alla consistenza delle popolazioni. Il conteggio invernale
dei nidi in aree campione e lungo transetti lineari permette la valutazione della densità e il confronto
con aree e situazioni di riferimento. Un controllo della popolazione che prescinda da uno studio di
popolazione ha dimostrato nel passato tutta la propria inefficacia. Innanzi tutto, infatti, gli individui
uccisi vengono rimpiazzati molto velocemente da altri che occupano le aree lasciate libere. A questo
si aggiunge che i giovani abbandonano la zona in cui sono nati dopo circa due mesi dall’involo e si
disperdono sul territorio circostante.
E’ chiaro, pertanto, come il controllo numerico locale non produca, se non momentaneamente,
effetti positivi nell’area di interesse e sia quindi necessaria una gestione della specie su un territorio
più ampio in relazione alla biologia della specie stessa.
Anche la metodologia utilizzata deve essere opportunamente valutata. Lo sparo al nido comporta
molte problematiche e non da risultati apprezzabili e duraturi nel tempo.
Innanzi tutto infatti solo una percentuale variabile dal 20 al 30% nidifica ogni anno, per cui è
ipotizzabile che solo una frazione molto bassa della popolazione potrebbe essere eliminata. Inoltre
come detto sopra questi individui nel giro di poco tempo vengono sostituiti per gli effetti di
dispersione dei giovani o per ingresso di nuovi individui dai territori circostanti.
Oltre a questo è stato evidenziato che nei territori dove la densità dei nidi è più elevata il successo
riproduttivo è molto più basso rispetto a quello riscontrato ove la densità dei nidi è medio – bassa e
pertanto lo sparo al nido non pare in grado di incidere sul successo riproduttivo globale.
Tale tipologia di intervento inoltre comporta elevati rischi di uccisione di rapaci diurni o notturni che
utilizzano i nidi vuoti di Cornacchia per nidificare.
La cattura di individui di Cornacchia grigia mediante Gabbie-Larsen, e trappole Letter-Box
rappresenta un efficace metodo di controllo selettivo ormai sperimentato da anni e che di recente è
stato adottato anche sul territorio della nostra Provincia in occasione dell’attuazione del controllo
numerico della cornacchia grigia all’interno di una Zona di Ripopolamento e Cattura e di una Zona
di Rispetto Venatorio.
112
A questo potrebbe aggiungersi la predisposizione di un piano di prelievo della specie per tutto il
territorio provinciale, calibrato in base alla reale consistenza della popolazione, da effettuarsi durante
la stagione venatoria.
15.2 Piccione (Columba livia forma domestica)
Nel corso degli ultimi anni la distribuzione e la consistenza numerica di popolazioni di Colombo di
città hanno conosciuto una generalizzata crescita sia nelle campagne favoriti anche dalla possibilità
di trovare posti di rifugio presso edifici parzialmente diroccati o comunque in cattivo stato di
manutenzione, sia negli ambiti urbani determinando impatti sotto il profilo produttivo, igienicosanitario e storico-artistico.
Dal 2010 si è registrato un aumento dei danni da parte del piccione di città (Columba livia forma
domestica) alle coltivazioni cerealicole ed oleaginose.
La legislazione regionale toscana (L.R. 3/94) non prevede il risarcimento del danno alle colture
qualora sia addebitabile al piccione di città. Ciò non consente una diretta determinazione degli
ammanchi ascrivibili al Columbide. La quantificazione del danno è stata fino ad ora stimata non sulla
base di apposite perizie ma per approssimazione rispetto alle produzioni degli anni precedenti e alle
rese in campo.
L’utilizzo esclusivo, anche a rotazione, dei diversi metodi ecologici incruenti, quali dissuasori
acustici e visivi, per limitare la presenza degli animali sulle colture e prevenire i danneggiamenti ha
dimostrato una scarsissima efficacia.
Per questo motivo dal 2010 sono stati redatti Piani di Controllo triennali, al momento vige il Piano
2013-2015, che hanno ottenuto il parere positivo da parte dell’ISPRA e che prevedono una serie di
azioni tese ad ottimizzare il controllo.
Il piano è finalizzato alla riduzione dell’impatto sulle colture agricole passibili di asporto (semine di
cereali autunno-vernini e colture sarchiate primaverili in epoca sia di semina che di maturazione) e
alle strutture di allevamento e di stoccaggio su tutto il territorio agricolo della Provincia.
Il Piano prevede la messa in opera primariamente dei metodi ecologici incruenti per poi passare
eventualmente agli abbattimenti là dove si verifichi l’inefficacia dei suddetti.
La seconda fase di attuazione dei Piani di controllo grazie ad un maggior coordinamento tra
Associazioni Agricole, ATC e Ufficio Risorse Faunistiche ha permesso di ottenere buoni risultati
garantendo efficaci azioni di protezione delle colture.
15.3 Volpe (Vulpes vulpes)
Per il territorio della Provincia di Lucca non vi sono specifiche stime di densità di questa specie, i
dati ad oggi disponibili si riferiscono ad uno studio effettuato tra il 1996 e il 1997 su tre aree
campione utilizzando un indice di abbondanza relativa, ai capi abbattuti o rilevati in occasione di altri
censimenti o agli individui rilevati durante sopralluoghi effettuati per vari motivi sul territorio.
Da questi dati si può presumere una presenza costante e diffusa della specie che in alcune aree e in
alcuni periodi dell’anno sembra più abbondante, probabilmente anche in relazione all’aumentata
disponibilità di risorse trofiche che si verifica al momento dell’immissione sul territorio degli
individui di phasianidi e lepri destinati ai ripopolamenti.
Dagli studi effettuati su territorio nazionale e dalle esperienze di gestione maturate a livello di altre
113
realtà locali risulta che anche laddove si effettui un controllo numerico sulla popolazione la
consistenza della popolazione, a parità di risorse impiegate, non diminuisce per molti anni ma si
mantiene pressoché stabile evidenziando l’insorgere di meccanismi di compensazione e di
autoregolazione del numero di individui.
E’ stato quindi necessario affiancare al controllo numerico altri interventi di gestione che utilizzati
costantemente si sono rivelati in grado di mantenere calmierato il livello di popolazione.
Gli interventi che più si sono mostrati utili sono stati interventi di riduzione o eliminazione delle fonti
di approvvigionamento alimentare di origine antropica quali rifiuti abbandonati o facilmente
accessibili dagli animali, residui delle lavorazioni agricole e l’abbandono della tecnica di rilasciare
centinaia di animali, durante gli interventi di ripopolamento, in poco tempo su una superficie di
territorio limitata.
Per quanto riguarda il territorio della Provincia di Lucca è opportuno innanzi tutto attuare una
raccolta dati protratta nel corso degli anni, tramite gli ATC, sulla consistenza della popolazione che
dia conto degli animali abbattuti durante la stagione venatoria, degli animali trovati morti o investiti
dal traffico veicolare, degli animali avvistati durante sopralluoghi o censimenti anche non specifici.
Contemporaneamente mettere in atto tutti quegli interventi in grado di diminuire la facilità del
reperimento di fonti alimentari sul territorio da parte delle volpi.
A seguito di ciò gli interventi di controllo numerico effettuati dalla Provincia tramite piani di
abbattimento potranno essere eventualmente utilizzati solo ed esclusivamente per risolvere
problematiche localizzate all'interno delle ZRV e ZRC e nei CPRFSSN dietro specifica
autorizzazione dell’ISPRA ed esclusivamente qualora in tali Istituti non vengano attuati interventi di
ripopolamento. In questo caso dovranno essere assolutamente scartati gli abbattimenti effettuati con
le battute in periodo primaverile, perché causano disturbo alla fauna selvatica. Le uniche forme di
controllo accettabili oltre a quelle eventualmente autorizzate dall’ISPRA sono gli abbattimenti
effettuati di notte col faro alogeno e da appostamento. Tali interventi devono essere effettuati
durante l’inverno e devono cessare quando le volpi entrano in riproduzione e, in particolare, quando
iniziano a nascere le cucciolate.
15.4 Minilepre (Sylvilagus floridanus)
Questa specie frutto di introduzioni a scopo venatorio è presente sul territorio Provinciale con alcuni
nuclei ai quali non sono comunque fino ad oggi imputabili danni alle produzioni agricole. La
presenza della minilepre può avere effetti negativi sulle popolazioni di Lagomorfi autoctoni, in
particolare sulla Lepre. Gli effetti negativi possono manifestarsi attraverso competizione per gli
stessi habitat di alimentazione e di rifugio e attraverso la trasmissione di malattie e parassitosi. Per
quanto riguarda la gestione, pertanto, è necessario innanzitutto, poiché trattasi di fauna alloctona,
porre particolare attenzione ad evitare qualunque ulteriore immissione. Secondariamente, oltre a
sollecitare le forme di abbattimento previste dalla legge in periodo di caccia aperta, qualora si
registrino danni alle coltivazioni da parte dei nuclei presenti o si registrino forme di competizione
con nuclei di lepre, potranno essere adottate forme di abbattimento ai sensi dell’art. 37 della L.R.
3/94.
114
16.
ANALISI DEI DANNI CAUSATI DALLA FAUNA SELVATICA
Secondo quanto stabilito dalla normativa antecedente l'entrata in vigore del P.R.A.F. i proprietari e
conduttori di fondi che avevano subito danni arrecati dalla fauna selvatica e dall'attività venatoria alle
colture agricole ed alle opere approntate sui terreni coltivati e a pascolo potevano presentare
domanda di risarcimento e di prevenzione alla Provincia ed all'ATC secondo le rispettive
competenze.
Con l'entrata in vigore del P.R.A.F., solo gli imprenditori agricoli di cui all'art. 2135 del Codice
Civile, muniti di partita IVA, possono richiedere il contributo per la prevenzione e/o riscarcimento
dei danni.
16.1
Indennizzi corrisposti dalla Provincia
La Provincia è competente per la determinazione e l’erogazione dei contributi per le opere di
prevenzione e per il risarcimento dei danni alle produzioni agricole causati dalla fauna selvatica
protetta su tutto il territorio provinciale e dalla fauna selvatica all’interno degli istituti faunistici di
cui agli articoli 14, 15, 16, 17 e 17 bis della L.R. 3/1994. La Provincia è altresì competente per la
determinazione e l’erogazione dei contributi per le opere di prevenzione e per il risarcimento dei
danni alle opere approntate su terreni agricoli (danni non altrimenti risarcibili).
Nel corso degli anni 2007 -2012 sono stati riconosciuti dalla Provincia ai proprietari e conduttori di
fondi indennizzi per danni alle colture agricole per un importo complessivo di € 48.165,80, come
riportato nella tabella sottostante.
Mentre i danni alle colture agricole provocati da ungulati, cinghiale e avifauna sono riferiti alle aree a
divieto di caccia di competenza provinciale, i danni provocati dall’istrice, essendo una specie
protetta ai sensi della L. 157/1992, sono quelli rilevati sull’intero territorio della Provincia di Lucca.
La specie che maggiormente ha causato danni alle colture agricole è stato il cinghiale (Sus scrofa).
I danni si sono verificati principalmente nelle zone di protezione lungo le rotte di migrazione
dell’avifauna dell’ex alveo del Lago del Bientina e del Fiume Serchio dove spesso sono presenti, in
maniera estesa, campi coltivati a mais.
I danni alle colture di mais sono avvenuti al momento della semina, a causa dell’azione di “grufolare”
il terreno del cinghiale (rovesciare) per cibarsi dei semi che in esso sono presenti, ma anche al
momento della maturazione della coltura. In questo stadio l’azione di danno è legata sia alla
sottrazione delle cariossidi ma anche all’allettamento delle piante di mais (danno indiretto) da parte
del cinghiale che abbatte le piante lasciandole per terra senza nutrirsi delle cariossidi, rendendo la
coltura danneggiata non più commerciabile e quindi inutilizzabile per l’agricoltore.
115
ANNO
2007
C O LTURA
ENTITA' DEL DANNO
Produ z ion e Rise min a
€
pe rsa (Q )
ha
173,88
3.130,00
LO C ALIZZAZIO NE
SPEC IE
m ais
zona di prot ezione Bient ina
cinghiale
girasole
zona di prot ezione Bient ina
cinghiale
33,75
pat at e
Borgo a Mozzano
istrice
1,6
96,00
pom odori
zona di prot ezione Serchio
avifauna
3
300,00
prodot t i vivaist ici
zona di prot ezione Serchio
ungulat i n.d.
fagioli
zona di prot ezione Serchio
avifauna
m ais
zona di prot ezione Bient ina
cinghiale
m ais
zona di prot ezione Bient ina
cinghiale
fagioli
zona di prot ezione Bient ina
m inilepre
2
250,00
girasole
zona di prot ezione Bient ina
cornacchia
15
300,00
girasole e m ais
zona di prot ezione Bient ina
cinghiale
ciliegie
zona di prot ezione Serchio
st orni
m ais ibisco
zona di prot ezione Serchio
cinghiale
45
m ais
zona di prot ezione Serchio
cinghiale
309,41
2.475,28
m ais
ZRC Farnet a
cinghiale
123,5
636,00
pat at e
Oasi Bot ri
istrice
pat at e
Loc. varie Media Valle
istrice
1.181,25
800,00
1
300,00
TO TALE
2008
5.807,25
2,25 ha
774,36
2,5 ha
1,26
990,00
risem ina
40,54
14.747,33
m ais
zona di prot ezione Bient ina
cinghiale
0,5 ha
m ais
zona di prot ezione Bient ina
cinghiale e cornacchia
97,5
877,50
m ais
zona di prot ezione Bient ina
cinghiale
12,6
113,40
m asi ibisco
zona di prot ezione Serchio
cinghiale
39,2
588,00
prat o
ZRC Farnet a
cinghiale
3,08 ha
440,00
fagioli a st ringa
zona di prot ezione Serchio
avifauna
2
400,00
pom odori
zona di prot ezione Serchio
avifauna
2,5
250,00
m ais ibisco
zona di prot ezione Serchio
cinghiale
39,2
784,00
uva
zona di prot ezione Serchio
avifauna
2,88
110,38
m ais
zona di prot ezione Serchio
cinghiale
84,6
1.324,37
ort o
zona di prot ezione Serchio
cinghiale
m ais
zona di prot ezione Bient ina
cinghiale e cornacchia
428
6.288,00
girasole
zona di prot ezione Bient ina
corvidi
12,31
600,00
369,30
10.126,05
girasole
zona di prot ezione Bient ina
corvidi
11,25
416,25
m ais
zona di prot ezione Serchio
cinghiale
260,99
4.175,84
ort o
zona di prot ezione Serchio
cinghiale
m ais ibisco
zona di prot ezione Serchio
cinghiale
58,8
1.352,40
m ais
zona di prot ezione Serchio
cinghiale
35
pat at e
zona di prot ezione Serchio
istrice
10,5
m ais
zona di prot ezione Serchio
cinghiale
vivaio fiori di iris
zona di prot ezione Serchio
istrice
TO TALE
2012
140,00
2.158,90
TO TALE
2011
188,00
2.432,00
TO TALE
2010
700,00
165,00
TO TALE
2009
630,00
5.981,05
200,00
560,00
840,00
0,5 ha
perdit a di 7200
bulbi
140,00
1.267,20
8.951,69
fragole
Oasi Bot ri
fragole
Oasi Bot ri
girasole
zona di prot ezione Bient ina
girasole
zona di prot ezione Bient ina
cinghiale
201,87
m ais
zona di prot ezione Bient ina
cornacchia
504,39
m ais
zona di prot ezione Bient ina
cornacchia
2.397,17
m ais
zona di prot ezione Serchio
TOTALE
116
capriolo
354,00
lepre
354,00
cornacchia
201,88
cinghiale
2.361,27
6.374,58
DANNI CULTURE - PROVINCIA
12000
10000
8000
6000
4000
2000
0
2007
2008
cinghiale
ungulati n.d.
2009
2010
istrice
lepre
avifauna
capriolo
2011
2012
minilepre
Per quanto concerne i danni arrecati alle opere approntate sui terreni coltivati e a pascolo dalla fauna
selvatica, la totalità delle pratiche pervenute alla Provincia di Lucca riguarda la specie cinghiale.
Questa specie ruspando il terreno, probabilmente alla ricerca di bulbi e piccoli invertebrati, causa la
perdita di continuità del cotico erboso, il franamento dei poggi, e la demolizione di muri in
corrispondenza delle piane coltivate a vigneto, uliveto e frutteto.
Ai sensi della L.R. 157/1992, i danni arrecati alle opere approntate sui terreni agricoli sono definiti
anche come "danni non altrimenti risarcibili".
Anno
Tipo territorio
coltura
specie
importo
2007
2008
2009
2010
2011
2012
Territorio a caccia programmata
Territorio a caccia programmata
Territorio a caccia programmata
Territorio a caccia programmata
Territorio a caccia programmata
Territorio a caccia programmata
uliveti/vigneti/frutteti
uliveti/vigneti/frutteti
uliveti/vigneti/frutteti
uliveti/vigneti/frutteti
uliveti/vigneti/frutteti
uliveti/vigneti/frutteti
cinghiale
cinghiale
cinghiale
cinghiale
cinghiale
cinghiale
24.023,00
23.680,00
6.352,00
15.000,00
21.391,00
In fase di analisi per
quesito normativo
90446
TOTALE
16.2 Indennizzi corrisposti dall' ATC
L’ATC è competente per la determinazione e l’erogazione dei contributi per le opere di prevenzione
e per il risarcimento dei danni alle produzioni agricole causati dalla fauna selvatica sul territorio a
caccia programmata ricadente all'interno del proprio Ambito Territoriale.
Nell’ATC Lucca 11, nel corso del periodo 2007-2012, sono stati erogati per il risarcimento dei danni
alle colture agricole dalla fauna selvatica un totale di € 160.127,46, come risulta dalla tabella
117
sottostante.
La specie maggiormente respondabile dei danni alle colture agricole è stata il cinghiale con
percentuali variabili nei vari anni, da un minimo del 62 % nel 2011 ad una massimo del 100% nel
2008.
Anno
2007
coltura
specie
cereali
capriolo
foraggere
capriolo
cereali
cervo
2009
cinghiale
17.468,00
cinghiale
215,00
foraggere
cinghiale
825,00
20.021,00
patate
cinghiale
672,00
cereali
cinghiale
31.854,00
foraggere
cinghiale
628,00
vite
cinghiale
748,00
33.902,00
cereali
capriolo
554,00
colture orticole
capriolo
200,00
foraggere
capriolo
36,00
fruttiferi
capriolo
8,00
vite
capriolo
120,00
cereali
cervo
243,00
colture orticole
cervo
288,00
foraggere
cervo
72,00
fruttiferi
cervo
17,00
vite
cervo
178,00
cereali
cinghiale
colture orticole
cinghiale
157,00
foraggere
cinghiale
6070,00
fruttiferi
cinghiale
772,00
vite
cinghiale
1341,00
cereali
daino
vite
daino
TOTALE 2009
2010
5,00
160,00
cereali
TOTALE 2008
2009
1.348,00
colture orticole
TOTALE 2007
2008
importo
20.415,00
18,00
40,00
30.529,00
cereali
capriolo
fruttiferi
capriolo
62,00
prodotti vivaistici
capriolo
450,00
cereali
cervo
3691,00
vite
cervo
cereali
cinghiale
19685,00
foraggere
cinghiale
1794,00
vite
cinghiale
363,00
cereali
corvidi
317,00
fruttiferi
daino
62,00
prodotti vivaistici
daino
50,00
vite
daino
TOTALE 2010
118
617,00
108,00
32,00
27.231,00
Anno
2011
2012
coltura
specie
importo
cereali
cinghiale
4.583,00
foraggere
cinghiale
2.498,00
vite
cinghiale
1.084,00
fruttiferi
cinghiale
243,00
olivo
cinghiale
120,00
colture orticole
cinghiale
50,00
altro
cinghiale
281,00
vite
cervo
1.903,00
cereali
cervo
765,00
foraggere
cervo
199,00
fruttiferi
cervo
113,00
altro
cervo
1.001,00
vite
capriolo
249,00
cereali
capriolo
153,00
foraggere
capriolo
82,00
fruttiferi
capriolo
40,00
altro
capriolo
170,00
cereali
cornacchia
482,00
vite
fagiano
135,00
cereali
tasso
127,00
cereali
TOTALE 2011
cinghiale
foraggere
cinghiale
5062,64
vite
cinghiale
323,90
fruttiferi
cinghiale
cereali
cervo
8111,20
foraggere
cervo
162,00
fruttiferi
cervo
213,00
vite
capriolo
126,00
cereali
capriolo
1295,86
cereali
cornacchia
588,60
vite
istrice
147,50
patate
istrice
1015,20
cereali
istrice
155,25
cereali
tasso
74,40
patate
tasso
160,80
TOTALE 2012
119
14.278,00
1.6676,80
53,30
34.166,45
DANNI - ATC LU 11
35000
30000
25000
20000
15000
10000
5000
0
2007
2008
cinghiale
capriolo
2009
cervo
2010
daino
corvidi
2011
fagiani
2012
istrice
DANNI CINGHIALE - ATC LU 11
3 5 0 00
3 0 0 00
2 5 0 00
2 0 0 00
1 5 0 00
1 0 0 00
5 0 00
0
2007
cereali
2008
colture orticole
2 0 09
foraggere
2 01 0
vite
20 1 1
fruttiferi
2012
olivo
altro
Nell’ATC Lucca 12, nel corso del periodo 2007-2012, sono stati erogati per il risarcimento dei danni
alle colture agricole dalla fauna selvatica un totale di € 380.954,20, come risulta dalla tabella
sottostante.
120
Anno
2007
coltura
specie
marroni e castagne
capriolo
98,00
cereali
cinghiale
4563,00
colture orticole
cinghiale
193,00
foraggere
cinghiale
2258,00
marroni e castagne
cinghiale
60,00
olivo
cinghiale
131,00
vite
cinghiale
1708,00
cereali
corvidi
873,00
oleoproteaginose
corvidi
462,00
fruttiferi
fagiano
59,00
vite
fagiano
377,00
vite
merlo
137,00
oleoproteaginose
passero
1509,00
olivo
passero
190,00
cereali
storno
3.780,00
fruttiferi
storno
5.230,00
oleoproteaginose
storno
3.423,00
olivo
storno
54,00
storno
10.226,00
TOTALE 2007
35.822,00
vite
2008
importo
fruttiferi
capriolo
123,00
cereali
cinghiale
5.653,00
colture orticole
cinghiale
384,00
foraggere
cinghiale
7.984,00
fruttiferi
cinghiale
539,00
oleoproteaginose
cinghiale
9.430,00
vite
cinghiale
6.420,00
oleoproteaginose
corvidi
2.662,00
vite
corvidi
595,00
vite
daino
2.247,00
vite
fagiano
4.015,00
vite
merlo
308,00
cereali
passero
467,00
fruttiferi
passero
398,00
vite
passero
222,00
cereali
storno
79,00
fruttiferi
storno
3.173,00
olivo
storno
113,00
vite
storno
9.870,00
TOTALE 2008
54.682,00
terreni
cinghiale
2091,00
floravivaistici
cinghiale
2191,00
cereali
cinghiale
5401,00
121
Anno
coltura
specie
colture orticole
cinghiale
351,00
fruttiferi
cinghiale
562,00
olivo
cinghiale
53,00
vite
cinghiale
2.824,00
cereali
corvidi
4.916,00
colture orticole
corvidi
150,00
colture orticole
fagiano
leguminose
2009
200,00
lepre
3.908,00
vite
passero
5.912,00
cereali
storno
416,00
fruttiferi
storno
6.302,00
oleoproteaginose
storno
361,00
olivo
storno
393,00
storno
12.845,00
TOTALE 2009
48.876,00
vite
2010
importo
patate
cinghiale
192,00
cereali
cinghiale
22.774,00
colture orticole
cinghiale
5.155,00
foraggere
cinghiale
543,00
fruttiferi
cinghiale
202,00
vite
cinghiale
11.985,00
cereali
corvidi
4316,00
colture orticole
corvidi
455,00
fruttiferi
daino
53,00
vite
fagiano
238,00
prodotti vivaistici
lepre
4.000,00
cereali
storno
3.170,00
fruttiferi
storno
14.114,00
oleoproteaginose
storno
1.530,00
olivo
storno
8.595,00
vite
storno
7.500,00
cereali
tortora
1.083,00
oleoproteaginose
tortora
1.395,00
TOTALE 2010
87.300,00
cereali
cinghiale
17.475,98
culture orticole
cinghiale
3.222,62
vite
cinghiale
3.624,80
prato stabile
cinghiale
366,78
fruttiferi
cinghiale
1.509,59
vite
capriolo
505,38
cereali
piccioni
333,28
cereali
tortore
1.559,26
oleoproteaginose
tortore
472,39
vite
fagiani
256,77
cereali
corvidi
21.688,13
122
Anno
2011
coltura
specie
oleoproteaginose
corvidi
189,04
cereali
storni
796,68
vite
storni
8.346,37
oliveto
storni
2.314,2
fruttiferi
storni
6.978,8
orzo
storni
439,44
oleoproteaginose
2012
importo
storni
2.277,44
TOTALE 2011
72.356,95
cereali
cinghiale
41658,13
colture orticole
cinghiale
2495,68
vite
cinghiale
15709,19
prato stabile
cinghiale
504,28
fruttiferi
cinghiale
113,93
terreni
cinghiale
441,25
vite
capriolo
303,75
cereali
anatre selvatiche
551,40
vigneto
fagiani
286,03
oleoproteaginose
tortore
2114,27
cereali
corvidi
1688,20
colture orticole
corvidi
372,32
oleoproteaginose
corvidi
2444,95
colture orticole
storni
487,00
vite
storni
3004,88
oliveto
storni
5428,03
fruttiferi
storni
3606,00
oleoproteaginose
storni
707,94
TOTALE 2012
81.917,23
Le specie che maggiormente hanno causato danni alle colture agricole sono state lo storno ed il
cinghiale, per i quali sono stati rispettivamente liquidati € 125.560,00 e € 180.774,43 nel corso del
periodo 2007-2012. I danni provocati dallo storno, si sono verificati nei comuni di Altopascio,
Montecarlo, Capannori, Lucca, Pescaglia, Camaiore, Pietrasanta, Massarosa, Porcari, insistendo per
il 43% sulle colture a vigneto e a seguire sulle colture a frutteto (32%) e uliveto (10%).
I danni provocati dal cinghiale insistono principalmente sulle colture cerealicole ed a seguire sulle
colture a vigneto ed orticole.
Per quanto riguarda la specie cinghiale, i danni alle colture agricole nell'ATC Lucca 12 sono risultati
superiori nelle aree non vocate rispetto alle aree vocate alla specie.
123
DANNI -ATC LU 12
70000
60000
50000
40000
30000
20000
10000
0
2007
PASSERI
CINGHIALE
TORTORE
2008
2009
STORNI
CAPRIOLI
MERLI
2010
2011
CORVIDI
DAINI
PICCIONI
2012
MINILEPRE
FAGIANI
ANATRE SELVATICHE
DANNI DA STORNO - ATC LU12
16000
14000
12000
10000
8000
6000
4000
2000
0
2007
cereali
2008
fruttiferi
2009
oleoproteaginose
124
2010
olivo
2011
vite
2012
colture orticole
DANNI DA CINGHIALE- ATC LU 12
60000
50000
40000
30000
20000
10000
0
2007
2008
2009
2010
AREE NON VOCATE
2011
2012
AREE VOCATE
16.3 Prevenzione dei Danni
Nel corso degli ultimi anni, sia da parte della Provincia che da parte degli ATC, è stata garantita la
destinazione di una parte delle risorse disponibili per la tutela delle colture agricole ad iniziative di
prevenzione dei danni.
Nella scelta dei metodi di prevenzione è stato tenuto conto della realtà agricola presente sul
territorio da salvaguardare, dell’ammontare dei danni che si sono verificati, delle popolazioni animali
presenti e delle caratteristiche dei luoghi.
Sono stati messi a disposizione degli agricoltori, da parte degli Enti competenti, diversi sistemi di
prevenzione del danno, principalmente recinzioni elettrificate ma anche sostanze repellenti in grado
di agire sul gusto e/o olfatto dell’animale come riportato nella tabella sottostante.
L’efficacia dei metodi utilizzati in diverse realtà della provincia su colture seminative, come mais e
girasole, e su vigneti ed oliveti, ha contribuito a ridurre l’entità dei danni provocati in massima parte
dal cinghiale, ma anche quelli derivanti dall’azione dei corvidi e degli storni.
A queste misure di prevenzione, ai fini del contenimento dei danni da cinghiali, sono state affiancati
anche interventi di foraggiamento dissuasivo che si sono rilevati utili al fine di ridurre le abitudini
erratiche della specie ed impedire, per quanto possibile, il suo sconfinamento all’interno delle aree ad
essa non vocate.Tali interventi sono stati realizzati in aree limitate dei due Ambiti Territoriali di
Caccia, individuate cartograficamente, all’interno delle aree boscose dei distretti di gestione.
Questi interventi di foraggiamento sono stati necessari per limitare l’erratismo alimentare del
cinghiale che a seguito della scarsa offerta alimentare fornita dal bosco, in particolare per effetto del
125
cinipide sulla fruttificazione del castagno, si è avvicinato sempre di più alle aree agricole e a quelle
urbane, esercitando un impatto sulle coltivazioni e sulla popolazione.
Tabella: metodi di prevenzione concessi agli agricoltori
ATC LUCCA 11
n. domande evase e metodo di
Investimento economico
prevenzione concesso
2010
36 recinti elettrificati
14.273,25
2011
25 recinti elettrificati
9.894,90
2012
23 recinti elettrificati
8.724,25
2013
19 recinti elettrificati
5.495,53
2010
24 recinti elettrificati
2.156,98 €
2011
15 recinti elettrificati
5.154,92
ATC LUCCA 12
10 sostanze repellenti
2012
5 recinti elettrificati
7.738,89
17 sostanze repellenti
2013
21 recinti elettrificati
14.044,15
43 sostanze repellenti
PROVINCIA
2010
10 recinti elettrificati
10.849,59
2011
13 recinti elettrificati
8.761,78
1 dispositivo acustico
1 rete metallica
2012
2 recinti elettrificati
4.138,12
1 rete metallica
2013
8 recinti elettrificati
8.080,49
1 rete metallica
16.4 “Piano Regionale Agricolo Forestale (P.R.A.F.) 2012-2015”
Rispetto alla normativa precedente, il P.R.A.F., approvato con D.C.P. n. 3 del 24 gennaio 2012, ha
introdotto alcune novità. In particolar modo, il Piano stabilisce che solo gli imprenditori agricoli di
cui all'art. 2135 del Codice Civile, muniti di partita IVA, possono richiedere il contributo per la
prevenzione e/o riscarcimento dei danni, utilizzando la modulistica unica predisposta a livello
regionale.
Il Piano Regionale Agricolo Forestale stabilisce espressamente che nella destinazione delle risorse
disponibili per la tutela delle colture agricole sia data priorità al finanziamento delle iniziative di
126
prevenzione dei danni, che devono essere attuate dalla Provincia e dagli ATC mediante un’adeguata
gestione della popolazione di fauna selvatica e mediante la predisposizione di apposite iniziative di
prevenzione.
Di seguito sono riportati i criteri che devono essere adottati sia dalla Provincia che dagli Ambiti
Territoriali di Caccia, secondo le rispettive competenze, per la prevenzione e il risarcimento dei
danni.
16.5 Criteri per la Prevenzione, l'Accertamento ed il risarcimento dei
Danni causati alle opere e alle colture agricole e forestali dalla fauna
selvatica e dall'attività venatoria
Art. 1 - Principi generali e riferimenti normativi
Un aspetto determinante per una proficua prosecuzione del rapporto tra agricoltura e caccia su basi
di mutua collaborazione è rappresentato dal capitolo relativo ai danni provocati dalla fauna selvatica
e agli interventi preventivi di difesa delle colture.
I presenti criteri sono finalizzati a favorire l’adozione su larga scala di tecniche e accorgimenti
gestionali volti a prevenire, per quanto possibile, l’insorgenza stessa dei danni.
Essi sono da applicarsi per gli interventi di prevenzione nonché alle procedure di accertamento e di
risarcimento dei danni causati dalla fauna selvatica e dall’attività venatoria alle produzioni agricole
e/o alle opere approntate sui terreni agricoli e a pascolo.
I principali riferimenti normativi in materia sono rappresentati dalla L. 157/92 (artt. 14 e 26) e dal
P.R.A.F. 2012-2015 che disciplinano la prevenzione e l’indennizzo dei danni arrecati dalla fauna
selvatica e dall’esercizio dell’attività venatoria alle opere ed alle colture agricole e forestali.
Art. 2 - Ambito di applicazione dei presenti criteri
I seguiti criteri sono da ritenersi applicabili alla prevenzione, accertamento e risarcimento dei danni
alle attività agricole comprese sia all’interno del territorio soggetto alla caccia programmata a diretta
gestione degli Ambiti Territoriali di Caccia, sia negli Istituti a divieto di caccia di cui è titolare la
Provincia di Lucca.
Art. 3 - Sfere di competenza
Gli ATC sono competenti per la determinazione e l’erogazione dei contributi per le opere di
prevenzione e per il risarcimento dei danni alle produzioni agricole causati dalla fauna selvatica sul
territorio a caccia programmata.
Le Province sono competenti per la determinazione e l’erogazione dei contributi per le opere di
prevenzione e per il risarcimento dei danni alle produzioni agricole causati dalla fauna selvatica
protetta su tutto il territorio provinciale e dalla fauna selvatica all’interno degli istituti faunistici di
cui agli articoli 14, 15, 16, 17 e 17 bis della L.R. 3/1994. Le Province sono altresì competenti per la
determinazione e l’erogazione de contributi per le opere di prevenzione e per il risarcimento dei
danni alle opere approntate su terreni agricoli.
127
Art. 4 - Soggetti beneficiari e danni ammessi a risarcimento
Dalla data di entrata in vigore del PRAF, possono richiedere il contributo per la prevenzione e/o per
il risarcimento dei danni alle colture agricole e alle opere approntate esclusivamente gli imprenditori
agricoli di cui all'art. 2135 del Codice Civile, muniti di partita IVA.
Qualora l’imprenditore agricolo abbia subito un danno alle proprie colture, pur avendo adottato le
eventuali misure di prevenzione, è previsto il risarcimento a carico del soggetto competente.
Sono oggetto di risarcimento esclusivamente le produzioni agricole in campo e le opere approntate
su terreni agricoli.
Il PRAF definisce quali produzioni agricole e opere approntate sono ammesse a contributo per il
risarcimento, soffermandosi in modo dettagliato sui criteri e le procedure da seguire per avere il
risarcimento.
Art. 5 - Prevenzione dei danni
Il PRAF stabilisce che nella destinazione delle risorse disponibili per la tutela delle colture agricole
sia data priorità al finanziamento delle iniziative di prevenzione dei danni, che devono essere attuate
dalla Provincia e dagli ATC su tutto il territorio di competenza mediante un’adeguata gestione della
popolazione di fauna selvatica e mediante la predisposizione di apposite iniziative di prevenzione.
Il piano di prevenzione dei danni all’agricoltura deve essere parte integrante del piano di gestione e
prelievo degli ungulati, così come previsto dal D.P.G.R. n. 33/R/2011 art. 90 c. 3 lettera b)e deve
essere predisposto tenuto conto della realtà agricola presente sul territorio, dell’ammontare dei danni
che si sono verificati, delle popolazioni animali presenti e delle caratteristiche dei luoghi.
L’A.T.C. competente per territorio, stabilisce ogni anno, ai sensi del D.P.G.R. n. 33/R/2011 art. 90 c.
2 , nel Piano di gestione e prelievo di ciascun Distretto, gli oneri a carico dei cacciatori per il
risarcimento di eventuali danni causati dalla mancata realizzazione del piano stesso ed altre eventuali
misure conseguenti il mancato raggiungimento degli obiettivi gestionali programmati.
Art. 6 - Procedure per l’erogazione dei contributi per le opere di prevenzione
Coloro che intendono realizzare opere o attuare accorgimenti atti a prevenire i danni arrecati dalla
fauna selvatica alle opere ed alle colture agricole o forestali, possono presentare domanda di
contributo all’Ente competente, sulla base di un apposito progetto;
Le opere e le colture agricole o forestali oggetto della domanda di contributo devono rientrare nelle
tipologie specificatamente previste dai presenti criteri;
L’Ente Competente valuta il sistema di prevenzione proposto e se lo ritiene idoneo , in funzione della
coltivazione , dell’ambiente e della fauna presente, riconosce al richiedente un finanziamento fino al
100% sull’importo del solo costo dei materiali impiegati;
Sono escluse dai contributi le recinzioni permanenti che possono impedire il passaggio delle specie
selvatiche non oggetto dell’intervento di prevenzione;
Non è consentita, in alcun caso, la trasformazione delle recinzioni oggetto di contributi in fondi
chiusi sottoposti a divieto di caccia; tale impegno è assunto mediante scrittura privata tra le parti
nella forma di atto unilaterale d’obbligo;
I materiali utilizzati nelle opere di prevenzione restano di proprietà dell’Ente competente che li
128
concede agli agricoltori in comodato d’uso gratuito, fatti salvi diversi accordi a livello locale.
Sulla base di specifichi accordi a livello locale, nel caso di interventi di prevenzione richiesti alla
Provincia, i materiali utilizzati rimangono di proprietà del richiedente. L’imprenditore agricolo dovrà
allegare alla domanda un progetto di prevenzione con almeno tre preventivi di spesa. L’assegnazione
di contributo sarà effettuata sulla base dell’analisi comparativa dei preventivi presentati e la
successiva liquidazione avverrà a seguito di:
•
comunicazione dell’effettiva messa in opera del metodo di prevenzione riconosciuto,
•
presentazione della fattura quietanzata comprovante l’acquisto del materiale.
L’Ente competente liquiderà l’importo del finanziamento previa verifica dell’effettiva installazione
del metodo di prevenzione.
Nel caso di ripetute richieste di indennizzo che riguardino danni da fauna selvatica già verificati in
precedenza e che abbiano interessato i medesimi terreni coltivati, il rifiuto da parte dell’imprenditore
agricolo di adottare i mezzi di prevenzione suggeriti , esonera l’Ente competente dall’obbligo di
risarcimento dei danni.
Art. 7 - Metodi di prevenzione ammissibili
L’azione di prevenzione dei danni può essere esercitata mediante:
•
recinzioni individuali in rete metallica o "shelter" in materiale plastico,
•
reti antiuccello,
•
protezione elettrica con filo percorso da corrente elettrica a bassa intensità,
•
protezione meccanica con recinzioni perimetrali in rete metallica, purché non sia
impedito il passaggio delle specie selvatiche non oggetto dell’intervento di
prevenzione o precostituire condizioni idonee alla istituzione di fondi chiusi,
•
protezione acustica con strumenti ad emissione di onde sonore di ampiezza variabile,
apparecchi radio, apparecchi con emissione di grida registrate di allarme o di stress,
•
palloni predator, dissuasori acustici e nastri riflettenti,
•
interventi di protezione con sostanze repellenti, tali da non arrecare danni alla salute
delle persone e degli animali, che agiscono sul gusto e/o sull'olfatto dell'animale.
Oltre alle tipologie suddette le Province e gli ATC possono implementare, anche in via sperimentale,
sistemi innovativi di prevenzione.
L’azienda agricola che intende richiedere un contributo per l’acquisto di un metodo di prevenzione
deve presentare la domanda su apposito modello reperibile presso l’Ente competente, allegando alla
domanda i seguenti documenti:
•
planimetria in scala 1:5.000 o 1:10.000 dei terreni oggetto della prevenzione;
•
planimetria in scala 1:2000 dei terreni con indicazione delle particelle interessate;
•
visura catastale relativa alle particelle;
•
dichiarazione attestante il regime Iva;
•
relazione esplicativa del metodo di prevenzione e della sua installazione, che per le
recinzioni deve comprendere anche un progetto di massima.
Nel caso che il richiedente non sia proprietario dei terreni sui quali è presente la coltura danneggiata
129
ai documenti sopra indicati devono essere aggiunti i contratti di acquisto, di affitto o di comodato
che attestano il possesso dei terreni. In loro mancanza deve essere presentata una dichiarazione
sostitutiva di atto notorio nella quale viene indicata la forma di conduzione (comproprietà,
comodato verbale, etc.) gli estremi catastali a cui si riferisce la domanda, il nominativo del
proprietario o dei comproprietari.
Per le recinzioni dovrà essere prodotta anche una dichiarazione unilaterale nella quale il richiedente
si impegna a non utilizzare l’opera di prevenzione per la realizzazione di un fondo chiuso.
Art. 8 - Risarcimento dei danni
L’imprenditore agricolo che ha subito un danno alle proprie colture, pur avendo adottato le eventuali
misure di prevenzione dei danni e che abbia effettuato tutte le normali metodologie di utilizzo per il
loro corretto funzionamento, può richiedere il risarcimento all’Ente competente (ATC o Provincia)
presentando domanda su modulistica unica predisposta a livello regionale entro 48 ore dalla
constatazione del danno in modo tale da dare al soggetto destinatario l’opportunità di adottare
tempestivamente tutti i provvedimenti e/o accorgimenti tecnici atti ad impedire, o comunque
limitare, un ulteriore aggravamento del danno.
Art. 9 - Danni ammessi a risarcimento per le colture agricole
Sono ammessi a risarcimento, nel rispetto delle competenze sopra specificate, i danni accertati ed
irreversibili, causati dalla fauna selvatica e dall’attività venatoria a carico di:
•
colture erbacee (frumento, orzo, mais, ecc.),
•
colture arboree,
•
rimboschimenti fino a tre anni dall’impianto,
•
boschi cedui nei tre anni successivi al taglio,
•
colture vivaistiche.
Art. 10 - Procedure per il risarcimento dei danni alle colture agricole
Per le procedure per il risarcimento dei danni alle colture si rimanda a quanto riportato nel P.R.A.F.
al punto 4.6.
Se l’azienda richiedente non è in possesso del fascicolo Artea alla domanda dovranno essere allegati
i seguenti documenti:
•
planimetria in scala 1:5.000 o 1:10.000 dei terreni oggetto del danno;
•
planimetria in scala 1:2000 dei terreni con indicazione delle particelle interessate;
•
visura catastale relativa alle particelle danneggiate;
•
dichiarazione attestante il regime Iva.
Nel caso che il richiedente non sia proprietario dei terreni sui quali è presente la coltura danneggiata
ai documenti sopra indicati devono essere aggiunti i contratti di acquisto, di affitto o di comodato
che attestano il possesso dei terreni. In loro mancanza deve essere presentata una dichiarazione
sostitutiva di atto notorio nella quale viene indicata la forma di conduzione (comproprietà,
130
comodato verbale, etc.) gli estremi catastali a cui si riferisce la domanda, il nominativo del
proprietario o dei comproprietari.
Art. 11 - Danni ammessi a risarcimento per le opere approntate sui terreni
Sono considerate opere approntate sui terreni agricoli quelle funzionali all’esercizio dell’attività
agricola stessa, in particolare:
•
impianti aziendali di irrigazione,
•
opere realizzate a sostegno dei filari delle colture arboree,
•
piccole opere di sistemazione idraulico-agrarie e di regimazione delle acque,
•
recinzioni fisse e mobili per gli allevamenti con caratteristiche diverse da quelle previste
all’art. 25 della L.R. 3/1994,
•
attrezzature per l’allevamento zootecnico,
•
poggi e muretti a secco realizzati su terreni agricoli in quanto opere funzionali all’attività
agricola.
Art. 12 - Procedure per il risarcimento dei danni alle opere funzionali all’attività agricola
Ai sensi di quanto previsto dal P.R.A.F., per il risarcimento dei danni alle opere funzionali all’attività
agricola il richiedente dovrà presentare alla Provincia un preventivo per la rimessa in ripristino delle
opere danneggiate con prezzi in linea con quanto riportato nei prezzari regionali vigenti per opere
analoghe. La Provincia può effettuare apposita perizia attraverso un tecnico incaricato. L’effettiva
erogazione del risarcimento è comunque subordinata all’effettiva esecuzione dei lavori e alla
presentazione, da parte del richiedente, di fatture e/o ricevute fiscali attestanti le spese sostenute.
Qualora gli interventi di ripristino delle opere funzionali alle attività agricole non siano previsti in
specifiche voci di prezzario e non sia possibile ricavarne gli importi nemmeno con eventuali
procedimenti analogici su voci similari (come nel caso di danni ai poggi realizzati su terreni agricoli),
l’imprenditore agricolo può presentare alla Provincia un preventivo per la messa in ripristino delle
opere danneggiate sulla base di una specifica analisi-prezzi. La congruità degli importi previsti dovrà
essere verificata in sede di esame della richiesta da parte dei tecnici della Provincia.
Se l’azienda richiedente non è in possesso del fascicolo Artea alla domanda dovranno essere allegati
i seguenti documenti:
•
planimetria in scala 1:5.000 o 1:10.000 dei terreni oggetto del danno;
•
planimetria in scala 1:2000 dei terreni con indicazione delle particelle interessate;
•
visura catastale relativa alle particelle danneggiate;
•
dichiarazione attestante il regime Iva .
Nel caso che il richiedente non sia proprietario dei terreni sui quali è presente la coltura danneggiata
ai documenti sopra indicati devono essere aggiunti i contratti di acquisto, di affitto o di comodato
che attestano il possesso dei terreni. In loro mancanza deve essere presentata:
•
una dichiarazione sostitutiva di atto notorio nella quale viene indicata la forma di
conduzione (comproprietà, comodato verbale , etc.), gli estremi catastali a cui si riferisce la
131
domanda , il nominativo del proprietario o dei comproprietari;
•
dichiarazione di consenso dei proprietari o dei comproprietari.
Per interventi di ripristino agronomico e forestale di modesta entità che possono essere eseguiti
direttamente dagli imprenditori agricoli e forestali e dai loro familiari, comunque ascrivibili alla
tipologia degli “interventi in economia”, si potrà procedere alla liquidazione degli importi stabiliti
senza la presentazione di fatture o ricevute, secondo quanto stabilito dal Documento Attuativo
Regionale del PSR 2007-2013 (DAR) al paragrafo 3.3.3.2.8 “Fornitura di beni e servizi senza
pagamento in denaro”.
La Provincia per la valutazione dei danni arrecati alle opere, intende continuare ad avvalersi
dell’apposito comitato, composto da rappresentanti di strutture provinciali delle organizzazioni
professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale e da rappresentanti delle
associazioni venatorie nazionali maggiormente rappresentative, ai sensi di quanto stabilito dalla L.
157/1992 art. 26 c. 2.
Art. 13 - Danni per i quali non è ammesso il risarcimento
Danni che si sono verificati:
• nei fondi chiusi o nei terreni sottratti alla gestione programmata della caccia ai sensi
dell’articolo 25 della l.r. 3/1994;
• nei fondi comunque recintati in modo da impedire il libero passaggio di animali o persone;
• su superfici interessate da istituti o aziende private che abbiano tra le finalità la tutela, la
produzione faunistica o l’attività venatoria.
Non sono inoltre ammessi a risarcimento:
• i danni richiesti non in tempo utile per la verifica in campo del danno da parte dei tecnici
incaricati;
• i danni alle colture che al momento del sopralluogo siano già state raccolte o comunque
manomesse;
• i danni alle colture dove non sia in alcun modo tecnicamente accertabile la causa del
danneggiamento;
• i danni richiesti oltre il normale periodo di maturazione ed il normale periodo di raccolta;
• gli impianti di essenze arboree attuati con i contributi comunitari ove non sia stata prevista
in progetto alcuna opera di prevenzione, qualora ammessa dalla normativa comunitaria;
• i danni provocati da piccioni di città o da altri animali domestici;
• i danni alle colture spontanee ottenute in assenza di operazioni agronomiche;
• i danni di importo complessivo inferiore a Euro 100.
Per quanto non previsto nei presenti criteri si rimanda a quanto disciplinato dal P.R.A.F.
132
17. INTERVENTI DI MIGLIORAMENTO AMBIENTALE
La Legge Regionale 3/1994 così come modificata dalla Legge Regionale 2/2010 prevede, all’art. 7
comma 2, che nel Piano Agricolo Regionale (PAR) siano previste risorse per la realizzazione di
progetti di valorizzazione del territorio, per l’incremento della fauna e per il ripristino degli equilibri
naturali anche in applicazione dell’art. 15, comma 1, della Legge 11 febbraio 1992 n. 157 (Norme
per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio).
A tal fine la delibera di Giunta Regionale di attuazione annuale del PAR provvede alla ripartizione
finanziaria delle risorse disponibili nella misura del 65,5 per cento a favore delle province per il
perseguimento degli obiettivi gestionali programmati e per la realizzazione di progetti di cui al
comma 2 dell’art. 7. Il 30 per cento di tali risorse deve essere destinato ad interventi sul territorio a
caccia programmata che devono essere realizzati attraverso gli ATC.
Nel PRAF 2012-2015, uno degli indirizzi per la gestione faunistico venatoria riguarda la
conservazione e l’incremento della fauna selvatica, anche al fine di garantirne la coesistenza con le
attività antropiche presenti sul territorio, e per far ciò il PRAF prevede di mettere in atto tutte le
possibili strategie per tutelare e conservare le specie in quanto parti essenziali della biodiversità della
regione. Tale obiettivo è da perseguirsi anche attraverso l’individuazione di sistemi di miglioramento
ambientale effettivamente efficaci e sufficientemente economici da poter essere allocate su larga
scala. Per far ciò il PRAF prevede l’indispensabile coinvolgimento delle imprese agricole nelle
attività gestionali.
La Provincia di Lucca, annualmente, approva un Bando di Miglioramenti Ambientali tramite il quale
vengono concessi contributi per la realizzazione di interventi volti a migliorare la qualità ambientale
e la disponibilità trofica negli istituti faunistici a divieto di caccia. L’ATC similmente concede tali
contributi per le aree a caccia programmata. Tali contributi vengono erogati ai proprietari e ai
conduttori di terreni agricoli ricadenti nei Comuni compresi negli Istituti di Protezione e Faunistici
previsti dall’Amministrazione Provinciale ed individuati nel Piano Faunistico Venatorio Provinciale.
Il Bando oltre alle tipologie di intervento ammissibile prevede anche il contributo massimo
ammissibile, salvo quanto previsto dal Regolamento CE del 20 dicembre 2007, n. 1535 o altra
normativa di riferimento nel caso di Imprese Agricole.
MIGLIORAMENTI AMBIENTALI - PROVINCIA
ANNO
n. di
tipologia di intervento
pratiche
Contributo
annuo superficie interessata tipologia di
erogato in Euro
5
Colture a perdere
4.236,00
13
Colture a perdere
6
Colture a perdere
15
(ha)
istituto
2,6
Oasi
33.900,00
29
Zone art. 14
6.189,00
3,0
Oasi
Colture a perdere
29.885,00
25,0
Zone art. 14
9
Colture a perdere
6.760,00
3,0
Oasi
12
Colture a perdere
35.000,00
29,0
Zone art. 14
5
Colture a perdere
5.400,00
3,0
Oasi
15
Colture a perdere
35.568,00
30,00
Zone art. 14
2
Colture a perdere
2.587,00
0,75
Oasi
1
piante
1.000,00
20 (n. di piante)
Oasi
2
Colture a perdere
3.917,00
2,7
ZRC
2007
2008
2009
2010
2011
133
n. di
ANNO
2012
pratiche
Contributo
tipologia di intervento
annuo superficie interessata tipologia di
erogato in Euro
(ha)
istituto
11
Colture a perdere
29.105,00
25,6
Zone art. 14
2
Allagamento terreni
16.300,00
27,00
Zone art. 14
3
Colture a perdere
1.004,69
0,31
Oasi
1
piante
1.000,00
20 (n. di piante)
Oasi
1
Colture a perdere
1.739,20
1,39
ZRC
14
Colture a perdere
30.489,16
24,48
Zone art. 14
3
Allagamento terreni
25.120,00
47,2
Zone art. 14
MIGLIORAMENTI AMBIENTALI - ATC 11
ANNO
n. di
pratiche
tipologia di intervento
contributo annuo
erogato in Euro
superficie
interessata (ha)
tipologia di
istituto
2007
11
Colture a perdere
19.876,00
12
ATC 11
2008
8
Colture a perdere
18.268,00
10
ATC 11
2009
31
Colture a perdere
49.918,00
54
ATC 11
45
Colture a perdere
32.375,00
26
ATC 11
1
Recupero incolti
750,00
0,5
ATC 11
2010
2011
47
Colture a perdere
34.287,00
28
ATC 11
2012
32
Colture a perdere
34590,87
33,7
ATC 11
MIGLIORAMENTI AMBIENTALI - ATC 12
ANNO
n. di
pratiche
tipologia di intervento
77
Colture a perdere
contributo annuo
erogato in Euro
superficie interessata
(ha)
69.118,00
tipologia di
istituto
69
ATC 12
2007
3
Recupero incolti
82
Colture a perdere
2
Piante da frutto
4
Recupero incolti
66
Colture a perdere
2
3
2010
2011
2008
2009
547,00
1
ATC 12
69.392,00
69
ATC 12
4.000,00
n. piante 80
ATC 12
839,00
0,6
ATC 12
40.192,00
52
ATC 12
Piante da frutto
3.500,00
n. piante 70
ATC 12
Recupero incolti
1.057,00
0,7
ATC 12
75
Colture a perdere
70.047,00
75
ATC 12
55
Colture a perdere
51.443,00
43
ATC 12
35
Colture a perdere
35.555,20
23,61
ATC 12
1
Recupero incolti
123,50
0,07
ATC 12
2012
134
17.1 Criteri di pianificazione
La pianificazione di interventi di miglioramento ambientale tesi ad aumentare la biodiversità
ambientale e la capacità portante del territorio dovrebbe essere effettuata elaborando progetti
pluriennali differenziati per ciascuna tipologia di istituto presente (istituto di gestione venatoria,
zona protetta, ecc.). Tale elaborazione dovrebbe basarsi su una valutazione dettagliata della
diversificazione ambientale e colturale, individuazione delle particelle sulle quali si intende agire,
determinazione della tipologia di intervento che si intende effettuare per le diverse zone nel corso
degli anni. E’ inoltre necessario individuare i proprietari delle particelle sulle quali si ritiene
opportuno intervenire con i miglioramenti e quantificare i costi degli interventi per la successiva
assegnazione dei contributi. Infine bisogna prevedere un momento di verifica dei risultati ottenuti
che si porrà come base di partenza per la pianificazione degli anni successivi.
Nella realtà molto spesso la programmazione non segue tale successione di eventi, la reale
disponibilità dei proprietari o conduttori ad operare interventi di miglioramento e le scarse risorse
disponibili sono i limiti fondamentali con i quali doversi confrontare.
Nondimeno, specialmente laddove le adesioni ai Bandi di miglioramento ambientale superino
l’effettiva disponibilità di risorse, è necessario predisporre criteri che consentano di orientare la
pianificazione mediante una opportuna selezione degli interventi.
Al fine di procedere alla definizione di criteri di priorità per la programmazione dei miglioramenti
ambientali è indispensabile basarsi sull’analisi e la valutazione della diversità ambientale, della
frammentazione del pattern di uso del suolo e colturale e della vocazione faunistica del territorio.
Strumenti indispensabili di lavoro sono quindi la Carta della diversità ambientale del territorio
Provinciale, la Carta della frammentazione dell’uso del suolo e la Carta della vocazione faunistica
per le specie di interesse.
In particolare è opportuno che gli interventi di miglioramento ambientale siano prevalentemente
concentrati nei comprensori che, in base alla distribuzione e ai valori medi assunti dalla diversità
ambientale e dall’indice di frammentazione dell’uso del suolo, risultino caratterizzati da una
sostanziale monotonia dell’assetto agro-forestale e quindi da livelli inferiori della qualità dell’habitat
in rapporto alle esigenze della fauna selvatica.
In generale nei territori della fascia pianeggiante caratterizzati da agricoltura intensiva (spesso
condotta con tecniche meccanizzate) e da una eccessiva semplificazione del paesaggio, gli interventi
di miglioramento ambientale dovrebbero tendere ad incrementare in modo significativo
l’eterogeneità ambientale, puntando soprattutto sulla ricostituzione e sul ripristino di zone di
vegetazione naturale con elevata complessità strutturale e disposte a mosaico tra le coltivazioni. Un
altro obiettivo è quello di aumentare la diversità colturale riducendo le dimensioni dei blocchi
monocolturali. Anche il ripristino di elementi a copertura vegetale permanente (siepi, filari) può
contribuire in modo determinante ad accrescere la capacità portante del territorio per tutte le specie
di fauna selvatica.
Nei territori della fascia medio – collinare, caratterizzati da una agricoltura più tradizionale,
l’eterogeneità ambientale è marcatamente più elevata di quanto non sia in pianura, a causa della
presenza e della buona distribuzione della copertura vegetale permanente costituita da siepi, filari,
cespugliati e boschi. I miglioramenti ambientali in questi territori dovrebbero essere mirati, quasi
esclusivamente, al mantenimento e, dove necessario, al ripristino dei metodi colturali tradizionali
(rotazione cereali-leguminose) e alla riduzione dell’impatto delle lavorazioni agricole sulla fauna
(fienagione e relativa distruzione di nidi e giovani).
135
Nei comprensori in cui predominano gli incolti e la forestazione causati dall’abbandono delle attività
agricole, e cioè nei territori situati a quote più elevate, è opportuno intervenire con coltivazioni a
perdere per incrementare la disponibilità alimentare o con opere di miglioramento forestale dirette
ad aumentare la capacità portante del territorio per le specie di Ungulati vocazionali o uccelli
silvicoli o, ancora, con il recupero di pascoli abbandonati o sotto utilizzati.
Pertanto, sulla base dell’utilità che può essere riconosciuta, a ciascuna categoria, nell’incrementare
la diversificazione e la qualità dell’habitat per le specie di interesse nel contesto agro-forestale del
territorio considerato, sarà possibile stabilire una definizione preliminare di priorità distinguendo tra
categorie d’intervento prioritarie, categorie d’intervento non prioritarie ma significative e categorie
d’intervento non particolarmente significative.
Una tale definizione di priorità, preliminare e generale, dovrà poi confrontarsi con la vocazione
faunistica per le specie di interesse della zona considerata.
E’ infatti opportuno che gli interventi di miglioramento ambientale siano preferibilmente
programmati e realizzati nei territori aventi valori intermedi di vocazionalità, in quanto più adatti al
raggiungimento di condizioni ottimali di quanto non lo siano i territori a bassa vocazione. Infatti
sulla base di studi effettuati è ormai appurato che incrementi, anche modesti, dei valori di diversità
ambientale e frammentazione dell’habitat, possono produrre effetti significativi sulla vocazionalità,
per tutte le specie faunistiche anche laddove i livelli di partenza della qualità dell’habitat sono
scadenti. Al contrario interventi effettuati in aree ove vi siano valori elevati di vocazionalità per le
specie di interesse, di diversità ambientale e di frammentazione dell’habitat non danno risultati
apprezzabili.
Livelli intermedi di priorità saranno da prevedere qualora l’intorno del sito interessato
dall’intervento risulti caratterizzato da bassa vocazione faunistica per le specie di interesse e/o da
livelli intermedi di diversità ambientale e frammentazione dell’habitat.
Dovranno essere ritenuti comunque prioritari interventi rivolti a specie di prevalente interesse
conservazionistico e/o a territori caratterizzati dalla loro presenza così come pure interventi da
realizzarsi su territori su cui vengono realizzati specifici progetti di reintroduzione di specie
faunistiche. In questi casi infatti la finalità di eventuali miglioramenti ambientali è, principalmente, di
tutelare, migliorare lo status e potenziare le entità faunistiche presenti privilegiando, anche
indipendentemente dalla qualità dell’habitat, le situazioni di pregio esistenti.
Sarà poi opportuno, all’interno della medesima categoria di intervento, dare priorità a quelli che
abbiano dimensioni contenute risultando di gran lunga preferibile un maggior numero di interventi
distribuiti sul territorio, piuttosto che la concentrazione dei medesimi in blocchi di grandi
dimensioni.
Qualora i terreni ricadano all'interno dei Siti Natura 2000 (comprendente anche i Siti di Importanza
Regionale) gli interventi di miglioramento ambientale devono essere programmati e realizzati in
coerenza con quanto riportato nello studio di incidenza del PFV in merito alle "specie" , agli
"habitat" , alle "criticità" e alle "misure di conservazione" previste per il Sito stesso. Nel Bando dei
miglioramenti ambientali sia di competenza della Provincia che di competenza dell'ATC deve essere
prevista una specifica premialità per coloro che , all'interno dei Siti, realizzino interventi funzionali
alla conservazione della Biodiversità, come da Del. G.R. 644/2004 e da successive normative e
regolamenti vigenti in materia. Per quanto riguarda i territori a caccia privata, in particolare le
Aziende Faunistico Venatorie, comprendenti interamente o parzialmente Siti della Rete Natura
2000, i titolari dell'autorizzazione sono tenuti alla pianificazione di interventi volti alla conservazione
di specie ed habitat nel rispetto degli indirizzi forniti dalla Regione Toscana e da strumenti e
programmi a livello Comunitario e Nazionale.
136
Il Comitato di Gestione dell'ATC di competenza, d'intesa con la Provincia, nell'assegnazione dei
contributi per i miglioramenti ambientali, dovrà privilegiare , ai sensi della Delibera di C. P. n. 209
del 30/12/2009 che approva le Direttive per la disciplina ambientale e urbanistica dell'Area contigua
della Riserva Naturale Provinciale del Lago di Sibolla – SIR-SIC 26, gli interventi sui terreni
ricadenti all'interno delle Aree contigue di secondario interesse ambientale
Complementarietà con altri finanziamenti
Poiché i contributi previsti per i miglioramenti ambientali dalla vigente normativa in materia di
protezione della fauna e regolamentazione dell’attività venatoria costituiscono una misura
complementare ai finanziamenti di origine diversa provenienti dalla legislazione comunitaria,
nazionale e regionale nel settore agricolo e nel settore ambientale, sarà necessario, in sede di
predisposizione dei Bandi attuativi, prevedere opportuni strumenti amministrativi per accertare che
non sussistano sovrapposizioni tra i diversi tipi di finanziamento.
Omogeneità di applicazione
I criteri esposti in questa sede dovranno orientare la programmazione degli interventi di
miglioramento ambientale a fini faunistici dell’Amministrazione Provinciale, degli Ambiti Territoriali
di Caccia e degli istituti di gestione privata.
Divieti e prescrizioni
E' vietato cacciare in prossimità delle colture a perdere attuate nell'ambito del Bando di
miglioramento ambientale di competenza provinciale e di competenza ATC.
Le colture a perdere devono essere opportunamente segnalate con tabelle di divieto di caccia ai
sensi dell'art. 42 della L.3/94 quali "colture in atto".
17.2 Le tipologie di Intervento di Miglioramento Ambientale
Nelle pagine seguenti vengono indicati gli interventi di miglioramento ambientale di particolare
interesse per il territorio Provinciale.
All’Amministrazione e agli Ambiti Territoriali di Caccia spetterà, con bandi annuali per i rispettivi
territori di competenza, stabilire per ogni tipologia le condizioni di attuazione.
Di seguito indicheremo inoltre i criteri attuativi per la predisposizione dei suddetti bandi, i compiti e
le competenze degli ATC e della Provincia.
A ) Colture per l'alimentazione della piccola fauna selvatica
La finalità dell’intervento è di incrementare le disponibilità alimentari per la fauna selvatica anche in
periodi critici dell’anno, interrompere la monotonia ambientale con la creazione di ecotoni e
aumentare la biodiversità. Dovranno essere previste semine primaverili o autunnali di graminacee
e/o leguminose che verranno lasciate sul terreno per 12 mesi a disposizione della fauna selvatica,
privilegiando gli interventi che prevedano la semina di essenze che si diversificano da quelle presenti
nell’ambiente circostante non solo per qualità ma soprattutto per epoca di semina. (Per esempio in
zone a prevalenza di colture a semina primaverile, saranno privilegiati interventi che prevedono la
semina di colture autunnali e viceversa). Sulle colture non potranno essere adottate tecniche
pregiudizievoli per l’equilibrio ambientale ma dovranno comunque essere eseguite tutte le pratiche
137
necessarie alla buona riuscita della coltivazione.
Le superfici interessate dall’intervento dovranno essere comprese tra i 1.000 e i 5.000 mq non
potranno essere contigue e dovranno avere una distanza di almeno 50 mt. da valutarsi in relazione al
contesto ambientale e alla conseguente necessità di intervento.
Più interventi effettuati su una singola particella (o “presella” v. Bientina) verranno sommati e
rientreranno nella categoria di riferimento per il totale di mq lavorati.
In particolari contesti ambientali (zone montuose, presenza di terrazzamenti, etc) la dimensione
minima del singolo intervento potrà essere inferiore ai 1.000 mq.
La distanza dell’intervento da strade asfaltate altamente trafficate dovrà essere superiore a 50 mt.,
mentre dai fabbricati ad uso abitativo o lavorativo dovrà essere superiore a 100 mt. fatta eccezione
per immobili disabitati. Tale distanza potrà essere diminuita, fino a 50 mt., in particolari casi quali:
zone montuose o collinari altamente boscate con presenza di pochi nuclei abitativi.
Specie di valore gestionale: Phasianidi, Lepre, Cervidi (o anche cinghiale in funzione di dissuadere la
frequentazione di colture di interesse o di aree limitrofe ai centri abitati).
B ) Recupero incolti e cespugliati
Questa tipologia di intervento, finalizzata ad interrompere la monotonia ambientale con la creazione
di ecotoni e aumento della biodiversità, mediante la ripulitura di terreni incolti invasi da vegetazione
erbacea e arbustiva potrà essere collegata alla successiva realizzazione di colture destinate
all’alimentazione della fauna selvatica (Intervento A),
E’ previsto il decespugliamento, la trinciatura di stocchi sul campo e/o l’erpicatura con frangizolle a
disco e ripulitura salvaguardando le specie arboree e le piante in grado di produrre bacche e frutti
appetiti dalla fauna selvatica.
L’estensione di ogni singola zona che si intende recuperare non dovrà superare i 5.000 mq e deve
essere garantita la non contiguità tra un intervento e l’altro.
La distanza da strade asfaltate altamente trafficate dovrà essere superiore a 50 mt., mentre da
fabbricati ad uso abitativo o lavorativo dovrà essere superiore a 100 mt. fatta eccezione per
immobili disabitati. Tale distanza potrà essere diminuita, fino a 50 mt., in particolari casi quali: zone
montuose o collinari altamente boscate con presenza di pochi nuclei abitativi.
Specie di valore gestionale interessate: Lepre, Cervidi, Phasianidi.
C) Creazione fasce inerbite
L’intervento consiste nella realizzazione di fasce inerbite ecotonali, lungo i seminativi e le scoline,
con funzione di rifugio per la fauna selvatica.
L’estensione della superficie di ogni singola fascia non dovrà essere superiore ai 2.500 mq, la
larghezza massima non dovrà preferibilmente superare i 10 metri e la distanza tra le fasce dovrà
essere di almeno 150 ml.
Non dovrà essere eseguita nessuna lavorazione pregiudizievole per l’equilibrio ambientale.
L’utilizzo e lo spandimento di fitofarmaci lungo tali fasce è vietato.
Per ogni richiedente l’estensione delle fasce inerbite non potrà superare una soglia percentuale
138
rispetto all’estensione dell’intervento “Colture per l’alimentazione della piccola fauna selvatica” e
“Rilascio fasce di prodotto agricolo”.
Nel caso il rilascio di fasce inerbite sia realizzato indipendentemente dagli interventi di tipologia A e
D l’estensione non potrà superare una percentuale dell’ampiezza dell’unità di coltivazione
(particella, presella, ecc..).
Specie di valore gestionale interessate: Lepre, Rallidi, Phasianidi.
D) Rilascio fascce di prodotto agricolo
Con questo intervento si intende incrementare la disponibilità alimentare per la piccola fauna
stanziale soprattutto nel periodo invernale e creare aree di rifugio.
Lungo il perimetro o all’interno di colture foraggere o cerealicole potrà essere previsto il rilascio di
fasce del prodotto esistente di ampiezza non superiore ai 6 ml.
La miglior resa dell’intervento si avrà con una buona distribuzione sul territorio evitando di
concentrare la presenza in un unica zona.
La coltura dovrà rimanere in piedi per semine autunnali fino alla primavera dell’annata successiva
alla raccolta, per semine primaverili fino alla primavera successiva alla semina.
Questo intervento sarà prevedibile solo in zone con ridotta presenza di terreni coltivati.
Specie di valore gestionale interessate: Phasianidi e Lepre.
E)
Realizzazione e manutenzione di struttre di ambientamento della piccola fauna selvatica
Potranno essere concessi finanziamenti, ai proprietari e conduttori dei fondi, per il mantenimento o
la realizzazione di strutture di ambientamento della piccola fauna selvatica.
Tali strutture dovranno essere prioritariamente realizzate congiuntamente ad un piano di
riqualificazione ambientale che preveda la realizzazione di miglioramenti ambientali sul territorio
circostante determinando l’aumento della disponibilità trofica dell’ambiente, di siti di rifugio e di
nidificazione per la fauna selvatica.
Le strutture dovranno essere realizzate secondo le più sperimentate tipologie costruttive che, ad
oggi, garantiscono il maggior successo delle operazioni di ambientamento. Dovrà comunque essere
previsto un recinto a cielo aperto intorno alla struttura principale dal quale gli animali potranno
irradiarsi gradualmente nel territorio circostante.
La struttura dovrà essere situata ad una distanza di almeno 500 ml da strade e da edifici destinati ad
abitazione o luogo di lavoro. Dovrà essere garantito il funzionamento per almeno 10 anni.
Specie di valore gestionale interessate: Phasianidi.
F) Piantumazione siepi - Mantenimento e ripristino siepi esistenti
Verranno concessi finanziamenti sia per il mantenimento che per l’impianto ex novo di siepi
costituite da piante di medio-alto fusto alternate a cespugli. L’intervento permetterà così di ricreare
o preservare fasce ecotonali incrementando i luoghi di alimentazione, nidificazione e rifugio.
Le siepi potranno essere a fila semplice o doppia e saranno costituite da essenze selvatiche e piante
selvatiche da frutto appetite alla fauna. Alla base, per una profondità di almeno 3 metri, dovrà essere
139
mantenuta una fascia libera da coltivazioni agrarie e accuratamente inerbita che potrà essere sfalciata
annualmente una sola volta dopo il 20 luglio (salvo proroghe motivate concesse dalla Provincia).
Specie di valore gestionale interessate: Fagiano, Starna e Lepre.
G) Recupero e realizzazione punti acqua
L’intervento consiste nel recupero di vecchi fontanili, vasche di abbeverata per il bestiame e sorgenti
al fine di renderli fruibili da parte della fauna selvatica.
Per il recupero dovranno essere utilizzati gli stessi materiali con i quali è costruita la struttura, i
nuovi interventi dovranno essere realizzati con materiali e tipologie costruttive tradizionali.
Il terreno circostante per un raggio di almeno 10 metri dovrà essere liberato da arbusti e quant’altro.
I punti d’acqua dovranno avere una alimentazione continua (è vietata qualsiasi captazione o
derivazione d’acqua) e non potranno essere ricompresi all’interno di aree recintate non liberamente
fruibili alla fauna selvatica.
L’intervento sarà ammesso solo previo sopralluogo con esito favorevole tenuto conto della
localizzazione e della effettiva capacità di soddisfare le esigenze della fauna selvatica.
Specie di valore gestionale interessate: Ungulati Phasianidi
H) Valorizzazione agrituristica di percorsi per l'accesso alla natura e alla conoscenza scientifica e
culturale della fauna ospite
Sono previsti contributi per il recupero o la realizzazione ex-novo (ripulitura, ricostituzione
pendenze scolo acque, segnalazione, cartellonistica) di sentieri, vecchi tratturi per trekking,
escursionismo equestre o mountain bike al fine di migliorare la fruizione dell’ambiente naturale
attraverso percorsi non pregiudizievoli per gli equilibri naturali.
Nel caso di realizzazione ex-novo il progetto dovrà aver ottenuto tutte le necessarie autorizzazioni e
sarà ammesso solo previo sopralluogo con esito favorevole.
I ) Messa a dimora di piante da frutto
L’intervento prevede la messa a dimora di specie arbustive da frutto scelte tra le varietà più appetite
alla fauna selvatica con l’intento di offrire ad essa una più ampia varietà pabulare.
Questa tipologia di intervento sarà da prevedersi preferibilmente in ambienti di collina o montagna.
Il vincolo per il beneficiario sarà di almeno 10 anni durante i quali egli dovrà provvedere al
mantenimento e all’eventuale sostituzione di fallanze.
L ) Allagamento di terreni
Realizzazione di zone umide temporanee mediante allagamento dei terreni al fine di ottenere
superfici di estensione compresa tra i 3.000 e i 10.000 mq e con profondità tale da garantire una
adeguata efficacia nei confronti della fauna interessata. L’acqua dovrà permanere per tutto l’anno su
almeno il 50% della superficie. Potranno essere valutati interventi anche di estensioni maggiori
qualora siano particolarmente auspicabili per la conservazione. Le specie di valore gestionale
interessate sono: Anatidi, Rallidi e Limicoli.
L’intervento dovrà permanere almeno per 5 anni.
140
M ) Salvaguardia di piccole aree umide
L’intervento ha come obiettivo quello di preservare e/o ripristinare piccole aree umide: torbiere,
sfagnete o marcite che per le peculiari caratteristiche di habitat ospitano comunità animali di
interesse conservazionistico.
L’intervento potrà essere autorizzato là dove ci siano evidenze, accertate da opportuna relazione
tecnica stilata da un professionista, che testimonino la natura dei luoghi e l’importanza a fini
conservazionistici degli interventi proposti.
Potranno essere finanziate anche recinzioni, di altezza non superiore a 110 cm, atte a prevenire
l’ingresso di specie ungulate che possano direttamente incidere sulla conservazione dei luoghi. La
zona dovrà essere dotata di appositi pannelli informativi recanti indicazioni sull’habitat che viene
preservato.
Specie di valore gestionale interessate: Specie migratrici, Anatidi, Rallidi e Limicoli, Beccaccia .
N) Miglioramento faunistico di aree allagate
L’intervento ha lo scopo di migliorare la naturalità delle aree allagate artificialmente anche attraverso
opere di ingegneria naturalistica, realizzazione di isolotti semi-naturali, ecc. Le specie di valore
gestionale interessate sono: Specie migratrici, Anatidi, Rallidi e Limicoli, Beccaccia .
17.3
Criteri attuativi per gli Interventi di Miglioramento
Ambientale di competenza della Provincia
Priorità
Annualmente, per ogni istituto di competenza Provinciale e per ogni zona, potrà essere stabilito un
diverso ordine di priorità di accoglimento delle domande tenendo conto del tipo di intervento che si
ritiene debba essere attuato e di eventuali progetti di ripopolamento e/o reintroduzione di piccola
fauna selvatica che la Provincia intenda realizzarvi.
I criteri di priorità potranno inoltre stabilire che:
•
conduttori di aziende agricole singole e associate abbiano priorità di accesso ai fondi.
•
per interventi della stessa tipologia sia data priorità a quelli che garantiranno una
migliore distribuzione sull’area interessata.
L’attuazione delle suddette priorità verrà disciplinata mediante i Bandi annuali di accesso ai
finanziamenti.
Modalità di accesso ai finanziamenti
All’inizio di ogni anno solare saranno predisposti i Bandi di accesso ai contributi per
141
miglioramenti ambientali e di incremento faunistico che dovranno indicare:
•
i soggetti beneficiari
•
la modalità di presentazione della domanda
•
data di scadenza per la presentazione
•
dati personali dei richiedenti ed estremi identificativi dei terreni interessati
•
dall’intervento
•
documentazione da allegare alla domanda
•
il regime di aiuti
•
modalità di istruttoria
•
modalità rilascio autorizzazione
•
impegni a carico dei richiedenti
•
accertamento degli interventi
•
erogazione contributo
•
decadenza e revoca
•
eventuali ricorsi
17.4 Criteri attuativi per gli Interventi di Miglioramento Ambientale
di competenza degli Ambiti Territoriali di Caccia
Annualmente entro il 31 ottobre il Comitato di Gestione dell’ATC propone un proprio Piano
Tecnico di intervento relativo ai miglioramenti ambientali che intende attuare nell’anno successivo.
Nel Piano dovranno essere indicate:
•
le valutazioni, fatte per aree, del carico di selvaggina presente;
•
gli obiettivi che si intende raggiungere attraverso la pratica dei miglioramenti ambientali;
•
le priorità e le aree di intervento, in accordo con gli indirizzi Provinciali;
•
una valutazione sul numero di animali per singola specie che si intende immettere nelle
diverse aree, in base anche a quanto stabilito nel Piano delle immissioni.
L’Amministrazione Provinciale valuta la corrispondenza del Piano con i criteri di
programmazione dei miglioramenti ambientali stabiliti all’interno del Piano Faunistico
Venatorio e in eventuali altri atti successivi riservandosi di richiedere gli eventuali
adeguamenti.
Entro la stessa data il Comitato di Gestione invia, anche su supporto informatico per
l’inserimento nel sito della Provincia, copia del Bando di accesso per i miglioramenti
ambientali che dovrà contenere:
142
Priorità
L’ATC nel fissare i criteri ai quali attenersi per formulare una graduatoria per l’assegnazione
del finanziamento dovrà dare priorità, rispetto alle altre istanze, nell’ordine a:
1. Il Comitato di Gestione dell'ATC di competenza, d'intesa con la Provincia,
nell'assegnazione dei contributi per i miglioramenti ambientali, dovrà privilegiare , ai sensi
della Delibera di C. P. n. 209 del 30/12/2009 che approva le Direttive per la disciplina
ambientale e urbanistica dell'Area contigua della Riserva Naturale Provinciale del Lago di
Sibolla – SIR-SIC 26, gli interventi sui terreni ricadenti all'interno delle Aree contigue di
secondario interesse ambientale ;
2. domande contenenti interventi da realizzarsi all’interno di Zone di Rispetto Venatorio;
2. domande presentate da conduttori di aziende agricole singole e associate;
3. domande contenenti interventi che per la stessa tipologia garantiscano una migliore
distribuzione sull’area interessata.
modalità di presentazione della domanda
•
data di scadenza per la presentazione
•
dati personali dei richiedenti
•
Cognome, nome, luogo e data di nascita;
•
Residenza e recapito telefonico;
•
Codice Fiscale o Partita I.V.A.
•
titolo di possesso dei terreni;
•
estremi identificativi dei terreni interessati dall’intervento (Comune, foglio catastale e
n° di particella;
•
Descrizione delle colture praticate dall’azienda
documentazione da allegare:
•
cartografia di insieme 1:10.000 e mappa catastale in scala 1:2.000 con evidenziata la
zona oggetto dell’intervento (indicare chiaramente se si tratta di particelle complete o
porzioni di particelle catastali; in quest’ultimo caso indicarne chiaramente l’estensione
specificando le dimensioni);
•
autorizzazione del proprietario o del comproprietario ad eseguire le opere previste e
alla riscossione del relativo contributo. In alternativa dichiarazione sostitutiva di atto
notorio sottoscritta dal richiedente. visura catastale aggiornata agli ultimi tre mesi di
tutte le particelle oggetto di intervento;
•
progetto analitico con la descrizione delle opere e degli interventi da realizzare;
•
ogni altra eventuale autorizzazione o concessione necessaria per le opere da
effettuare.
Ricorsi
I Comitati di Gestione degli ATC eseguono la selezione delle domande pervenute sulla base dei
143
criteri indicati nel bando e in accordo con il piano di intervento, accertano la regolarità tecnica e
amministrativa e la completezza dei documenti e, mediante apposito verbale, ammettono la domanda
a contributo e danno comunicazione all’interessato.
Entro il 31 maggio l’ATC invia all’Amministrazione Provinciale un elenco dettagliato delle
domande ammesse a contributo nel quale dovrà essere indicato per ogni beneficiario nome e
cognome, comune, tipo di intervento, superficie ammessa a contributo, importo che si
presume di liquidare.
Il suddetto elenco dovrà essere fornito anche su supporto magnetico.
Al fine di consentire alla Provincia l’espletamento di controlli a campione dovrà essere
allegata copia delle domande ammesse, complete di tutta la documentazione.
L’ATC verifica, mediante sopralluoghi effettuati da tecnici, l’effettiva consistenza degli
interventi realizzati e trasmette alla Provincia copia di tutti i verbali dei sopralluoghi di
collaudo. Tale invio dovrà avvenire entro e non oltre il 30 giugno per interventi di colture a
perdere autunno-vernini ed entro il 31 ottobre per quelli primaverili–estivi e comunque
sempre entro il 31 ottobre per tutte le altre tipologie di interventi.
L’ATC potrà richiedere la liquidazione degli importi relativi agli interventi collaudati alla
scadenza del periodo previsto per la permanenza in campo della coltura allegando un elenco
che dovrà contenere per ogni beneficiario:
•
•
•
nome e cognome,
Comune,
interventi realizzati con indicazione delle quantità (ha, ml, ecc.) e degli importi da
liquidare,
• importo totale del contributo.
La Provincia prima della liquidazione potrà effettuare controlli a campione, secondo le modalità
previste con apposito atto, al fine di verificare l’esatta corrispondenza tra somme impegnate, lavori
eseguiti e fondi richiesti.
18. CRITERI PER IL MONITORAGGIO DELLA FAUNA
I presenti criteri si applicato a tutto il territorio della provincia di Lucca. Le stime delle popolazioni
animali dovranno essere certificate da personale tecnico qualificato.
18.1 Monitoraggio degli Ungulati
Capriolo
Censimento in battuta su aree campione per la definizione delle densità del capriolo prima delle
nascite.
Come da parere ISPRA, la superficie censita annualmente con il metodo dei censimenti in battuta
non deve essere inferiore al 10% della superficie boscata presente nell’unità territoriale di
riferimento, al fine di garantire una maggiore “robustezza” dei dati ricavati nelle aree campione da
estrapolare all’intero territorio cacciabile.
144
All’interno dell’unità territoriale di riferimento, il numero minimo di giornate di censimento in
battuta che devono essere effettuate è pari a 2. Al fine di raggiungere la percentuale di superficie
censita non inferiore al 10%, possono essere previste ulteriori giornate di censimenti in battuta,
rispetto al numero minimo pari a 2, la partecipazione alle quali è comunque obbligatoria per poter
accedere alle attività di gestione.
Le date dei censimenti devono essere comunicate alla Polizia Provinciale e all’Ufficio Risorse
Faunistiche della Provincia in forma scritta almeno sette giorni prima della data dell’effettuazione
degli stessi.
Il periodo utile per la realizzazione del censimento in battuta è quello in cui la distribuzione dei
caprioli tende ad essere meno aggregata e più casuale (mesi di febbraio/marzo e, nelle zone
appenniniche, massimo fino alla fine di aprile). Si ritiene quindi necessario, a tutela della
riproduzione delle popolazioni presenti sul territorio provinciale e nel rispetto del parere fornito da
ISPRA, che le operazioni di censimento in battuta debbano concludersi entro il 30 aprile di ogni
anno.
Censimento a vista in contemporanea da punti vantaggiosi fissi mappati per il rilevamento dei dati
per la struttura di popolazione. Per ciascuna sessione di censimento si deve prevedere l'arrivo al
punto di osservazione almeno mezz'ora prima del sorgere del sole (per uscite mattutine) e
permanenza nel punto di osservazione per un periodo di almeno due ore consecutive (sia per le
uscite mattutine che pomeridiane). I periodi in cui eseguire i censimenti a vista sono febbraio-aprile.
All’interno dell’unità territoriale di riferimento, il numero minimo di giornate di censimento a vista
da effettuarsi in simultanea da punti vantaggiosi mappati è pari a 2. Le date dei censimenti devono
essere comunicate alla Polizia Provinciale e all’Ufficio Risorse Faunistiche della Provincia in forma
scritta almeno sette giorni prima della data dell’effettuazione degli stessi.
Pellet group count.
Generalmente questa tecnica è applicata per ottenere una stima dell’abbondanza dei Cervidi in
ambienti caratterizzati da un’estesa copertura di bosco, laddove altre metodologie risultano
inapplicabili. Il concetto di base è che la densità dei gruppi di pellet è correlata al numero medio di
animali presenti nella medesima area per un dato periodo.
Il campionamento dovrà essere condotto su Unità Campione, scelte tramite selezione casualesistematica tra tutte le potenziali Unità Campione, e secondo un criterio di stratificazione con
allocazione del numero di aree proporzionale all'estensione dei diversi strati vegetazionali basandosi
sulla carta dell'uso del suolo in scala 1:25.000.
Per la stima della densità del capriolo possono essere effettuati anche censimenti notturni con faro su
percorso campione. Su apposita scheda deve essere annotata l’area illuminata, la distanza percorsa e
il numero dei capi avvistati che devono essere riportati anche su di una mappa con l’uso del suolo in
scala 1:5000. Il censimento dovrà essere svolto dal 31 gennaio al 15 marzo di ogni anno.
Muflone
conteggio diretto a vista in contemporanea da punti fissi vantaggiosi mappati per la definizione delle
densità e della struttura di popolazione del muflone.
I censimenti si svolgono nel periodo 1 marzo - 20 maggio e 1 ottobre – 15 novembre di ciascun
anno.
Nel periodo 1 marzo – 20 maggio dovranno essere effettuate almeno 2 giornate di censimento, a
145
distanza di non meno di 30 giorni. Nel periodo 1 ottobre – 15 novembre dovrà essere effettuata
almeno 1 giornata di censimento . Ogni “giornata di censimento” comprende due sessioni da
effettuarsi rispettivamente all’alba e al tramonto con permanenza nel punto di osservazione per un
periodo di almeno due ore consecutive.
Le date dei censimenti devono essere comunicate alla Polizia Provinciale e all’Ufficio Risorse
Faunistiche della Provincia in forma scritta almeno sette giorni prima della data dell’effettuazione
degli stessi.
Per la stima della densità del muflone possono essere effettuati anche censimenti notturni con faro su
percorso campione. Su apposita scheda deve essere annotata l’area illuminata, la distanza percorsa e
il numero dei capi avvistati che devono essere riportati anche su di una mappa con l’uso del suolo in
scala 1:5000. Il censimento dovrà essere svolto nel periodo 31 gennaio - 15 marzo.
Cervo
Conteggio al bramito.
Il conteggio al bramito prevede la quantificazione dei maschi socialmente adulti attraverso l’ascolto,
la rilevazione goniometrica e quindi la triangolazione delle emissioni sonore (bramiti) dei maschi
presenti in settori di vaste dimensioni .
I criteri per la raccolta di dati di consistenza con questo metodo sono:
· individuazione preliminare dei punti di rilevamento (ascolto) su carta topografica 1:10.000,
con densità indicativa di 1 punto ogni 100 ha, abbassabile a 1 punto ogni 200-300 ha nelle
aree a minore densità;
· date di censimento di norma nel mese di settembre;
· rilevamento di tre ore comprese tra le 19.00 e le 24.00;
·
censimento in contemporanea in prossimità del crinale e nelle vallate di confine tra
amministrazioni diverse (Province, Parchi);
· utilizzo di un quadrante goniometrico per la valutazione della provenienza dei bramiti da
orientare prima dell'inizio del rilievo con una bussola di precisione;
· registrazione su scheda delle direzioni di provenienza dei bramiti e della distanza indicativa;
· determinazione del numero di maschi per triangolazione effettuate da due o più punti;
· conteggio dei maschi non triangolati;
La consistenza della popolazione viene calcolata a partire dal numero di maschi censiti e dalla
frequenza relativa dei maschi adulti nella popolazione.
Protocollo operativo per il rilevamento della struttura demografica della popolazione
Il rilevamento della struttura demografica della popolazione di cervo costituisce parte integrante del
metodo di censimento al bramito. Sono definiti i seguenti criteri per l'analisi della struttura di
popolazione:
· periodo di raccolta delle osservazioni da luglio a gennaio, devono essere effettuati almeno due
uscite in periodo "pre bramito" e altrettante uscite in periodo "post bramito";
· le osservazioni devono essere pianificate in simultanea nelle diverse aree di indagine;
· le osservazioni dovranno essere effettuate preferibilmente da appostamento, alla cerca lungo
146
transetto diurno-crepuscolare o di notte con faro alogeno e autoveicolo;
· le osservazioni vengono registrate su apposita scheda annotando data, ora, localizzazione,
classe di sesso e di età di ciascun individuo osservato;
· per i censimenti lungo transetto, questi ultimi devono essere individuati su carta topografica
1:10.000, in modo che sia garantita la copertura totale delle principali aree aperte in
prossimità delle strade;
· mappatura degli animali osservati su carta topografica 1:10.000.
Pellet group count.
Generalmente questa tecnica è applicata per ottenere una stima dell’abbondanza dei Cervidi in
ambienti caratterizzati da un’estesa copertura di bosco, laddove altre metodologie risultano
inapplicabili. Il concetto di base è che la densità dei gruppi di pellet è correlata al numero medio di
animali presenti nella medesima area per un dato periodo.
Il campionamento dovrà essere condotto su Unità Campione, scelte tramite selezione casualesistematica tra tutte le potenziali Unità Campione, e secondo un criterio di stratificazione con
allocazione del numero di aree proporzionale all'estensione dei diversi strati vegetazionali basandosi
sulla carta dell'uso del suolo in scala 1:25.000.
Censimenti notturni con faro su percorso campione. Su apposita scheda deve essere annotata l’area
illuminata, la distanza percorsa e il numero dei capi avvistati che devono essere riportati anche su di
una mappa con l’uso del suolo in scala 1:5000. Il censimento dovrà essere svolto nel periodo 31
gennaio - 15 marzo.
Dove le condizioni ambientali lo consentono può essere effettuato anche il conteggio da punti
vantaggiosi al primo verde.
I criteri per la raccolta di dati di consistenza e struttura con questo metodo sono:
•
individuazione preliminare dei punti di osservazione su carta topografica 1:10.000, in modo
che sia garantita la copertura totale delle aree aperte di dimensioni superiori a 1,56 ha;
•
date di censimento, di norma nei mesi di marzo e aprile;
•
osservazioni in simultanea su tutta l’area oggetto di indagine;
•
n. 4 sessioni di conta di cui almeno 2 mattutine;
•
eventuale mappatura degli animali osservati su carta topografica 1:10.000;
•
scelta della sessione migliore per l’elaborazione;
Cinghiale
La raccolta dei dati sulla popolazione deve essere condotta attraverso le seguenti tecniche:
Ormature su percorso fisso: finalizzate alla stima delle densità relative in aree con diverse
caratteristiche ambientali; i percorsi (almeno 2 per ogni Zona di Caccia) devono essere considerati
fissi (almeno 3 anni) e la loro localizzazione e lunghezza deve essere comunicata – tramite dati
georeferenziati – all’Amministrazione Provinciale prima dell’inizio dei rilevamenti.
Carniere standardizzato: standardizzazione del carniere (numero di capi abbattuti) sullo sforzo di
caccia (numero di partecipanti, numero di cani, numero di giornate di caccia) e sull’estensione
147
dell’area di battuta.
Osservazioni da punto fisso : (anche tramite l’utilizzo di fototrappole): osservazioni presso appositi
siti di foraggiamento (temporaneo, da ripetere per alcuni giorni prima delle osservazioni), per la
determinazione della struttura di popolazione in periodo pre-venatorio e postvenatorio; la
localizzazione dei punti di osservazione (almeno 2 per Zona di Caccia) deve essere resa nota
all’Amministrazione Provinciale prima dell’inizio dei rilevamenti, attraverso dati georeferenziati.
Struttura del carniere: analisi della composizione qualitativa del carniere (per classi di sesso ed età).
Analisi degli uteri: analisi dell’apparato riproduttivo delle femmine abbattute, tramite esame delle
ovaie (numero di corpi lutei) e del contenuto dell’utero (numero di feti).
Misurazioni biometriche: misurazione dei principali parametri biometrici (peso, lunghezza testatronco, etc.) di ogni animale abbattuto.
Monitoraggio sanitario : il monitoraggio sanitario del cinghiale deve mirare alla prevenzione dei
problemi derivanti da patologie eventualmente presenti nelle popolazioni selvatiche, che possano
incidere sulla popolazione stessa e/o sull’uomo. In particolare risulta fondamentale il controllo
epidemiologico costante della diffusione della trichinellosi sul territorio. A tal fine è già in atto una
collaborazione tra gli Ambiti Territoriali di Caccia e l’Azienda Sanitaria locale Lucca 2 a cui è
essenziale assicurare la necessaria continuità.
18.2
Monitoraggio della piccola Selvaggina stanziale
Lepre
Censimenti notturni con faro su percorso campione : per la rilevazione della densità di lepre (a scelta
con metodo “area illuminata” o “distance sampling”); dovrà essere fornita una cartografia della
viabilità percorsa (transetto) e la copertura del suolo (uso del suolo), dovranno essere annotati su
apposita scheda: l’area illuminata, la distanza percorsa, ed oltre alla lepre anche il numero di capi
delle seguenti specie: capriolo, muflone, cervo, cinghiale. Gli avvistamenti devono essere annotati
anche su una mappa con l’uso del suolo in sala 1:5.000. Il censimento dovrà essere svolto dal 31
gennaio al 15 marzo di ogni anno.
I censimenti in battuta : possono rappresentare una buona alternativa al censimento notturno con
faro qualora si debba operare in aree caratterizzate da elevato coefficiente di boscosità, morfologia
accidentata e con scarsa copertura viaria. Tali censimenti potranno essere svolti nel periodo postriproduttivo (gennaio-febbraio).
Pellet group count.: metodica di censimento indiretta basata sul conteggio delle pallottole fecali
rinvenute sul territorio per risalire ad un indice di abbondanza o, con l’ausilio di alcune assunzioni,
alla densità di una popolazione. Si conteggiano i pellet fecali che si trovano all’interno di aree
campione, denominate plot, o lungo transetti percorsi da singolo operatore o da punti di
osservazione. I conteggi devono essere effettuati in tre periodi: il primo dopo la chiusura della
stagione venatoria, al fine di stimare la dimensione della popolazione prima dei parti e quindi
dell’apporto dei giovani, il secondo nel momento di massima densità della popolazione per la
presenza dei giovani (produttività), infine il terzo prima dell’apertura della nuova stagione venatoria
per poter valutare il tasso di mortalità e la dimensione della popolazione prima degli abbattimenti.
148
Galliformi:
Conteggi invernali
FAGIANO, PERNICE ROSSA, STARNA, COTURNICE
Censimenti diurni in autovettura su percorso campione mediante calcolo dell’IKA (Indice
Kilometrico di Abbandondanza), da attuarsi su percorsi che coprano ampie aree dotate di buona
viabilità; dovrà essere annotata la distanza percorsa ed il numero di capi delle diverse specie. Il
censimento dovrà essere svolto dal 31 gennaio al 15 aprile di ogni anno.
Conteggi primaverili e estivi
STARNA, PERNICE ROSSA, COTURNICE
Conteggio dei maschi territoriali, n. minimo accertato in primavera, mediante l’emissione di richiami
registrati (playback). Questo conteggio deve essere effettuato sull’intera unità di gestione, se di
limitata estensione (<2000 ha); su aree campione per unità di gestione molto estese (ATC). I criteri
di scelta delle aree campione sono: rappresentatività dell’unità di gestione sotto il profilo
dell’idoneità ambientale per la specie, l’estensione complessiva pari a circa il 20% delle aree idonee
alle singole specie in ciascuna unità di gestione, stabilità di queste aree negli anni per meglio valutare
il trend.
Modalità di esecuzione del monitoraggio primaverile:
•
definizione di una serie di transetti percorsi contemporaneamente a piedi da più operatori
(coturnice), nell’arco di una o più mattinate, oppure percorsi in auto su strade sterrate
(starna e pernice rossa);
•
da punti fissi preordinati , tra loro distanti 300-500 m, emissione con magnetofono del canto
territoriale del maschio (4 emissioni per 20” nelle quattro direzioni, con ascolto per 20” dopo
ogni emissione);
•
dalla levata del sole fino alle ore 10 circa;
•
si inizia con transetti posti alle altitudini minori e si termina con quelli individuati sui rilievi
maggiori;
•
si evitano i conteggi in giornate con vento forte e/o precipitazioni consistenti.
•
Sulla scheda di osservazione deve essere annotato: l’orario di ogni osservazione, il numero di
esemplari (maschi e femmine), la precisa localizzazione del contatto su mappa
(ortofotocarta), tipo di osservazione.
Questi censimenti devono essere completati da conteggi a vista effettuati durante le prime due ore
che seguono l'alba e nel pomeriggio avanzato, quando gli animali sono all'aperto nei luoghi di
alimentazione.
Rilievo delle nidiate, mediante il metodo del mappaggio, fissando nell’area interessata un reticolo di
percorsi da effettuare in periodo estivo in autovettura. Le nidiate vengono individuate ispezionando
con l’aiuto di binocoli i luoghi di alimentazione, al mattino e alla sera. Per ogni censimento deve
essere evidenziato su una mappa in scala 1:10.000, il percorso fatto, l’orario di inizio e di fine
operazione e tutte le osservazioni di nidiate. Per ciascun gruppo familiare si deve annotare su
apposita scheda il numero dei giovani e il loro stadio di sviluppo.
149
FAGIANO
Conteggio dei maschi in canto territoriale (aprile- maggio): predisporre un reticolo regolare di punti
di ascolto, che copra l’intero territorio da sottoporre a censimento. Il raggio di ascolto sarà di circa
150-300 metri. Si calcola la densità media dei maschi nelle aree circolari, con successiva
estrapolazione all’intero territorio. Il censimento al canto deve essere effettuato nelle prime ore del
mattino (non oltre le ore 9) e alla sera (non prima delle 17:00) quando è massima questa attività.
La consistenza complessiva della popolazione primaverile di fagiano, femmine incluse, potrà essere
calcolata verificando il rapporto sessi con osservazioni (dall’auto) in prossimità delle aree di
alimentazione (prime ore del mattino e tardo pomeriggio).
Rilievo delle nidiate e delle femmine presenti, per valutare il successo riproduttivo, percorrendo in
auto itinerari campione ben distribuiti sul territorio (strade sterrate) e perlustrando con il binocolo, i
luoghi di alimentazione (prime ore del mattino fino alle 9 e pomeriggio, dalle 18 fino all’imbrunire).
Di ogni nidiata deve essere rilevato il numero di giovani, determinata la loro età o in giorni o per
classi (classi: 0-30, 30-60, 60-90, >90 gg) dalle dimensione e stato del piumaggio, annotando i dati
su apposita scheda. Le femmine vanno distinte tra quelle con o senza prole. Le località di
avvistamento devono essere riportate su carte topografiche in scala 1:10.000.
19. GESTIONE FAUNISTICO VENATORIA DEL CINGHIALE
Il cinghiale (Sus scrofa) risulta attualmente l’ungulato più abbondante e diffuso nella Provincia di
Lucca e anche quello più difficile da gestire.
Questa specie è caratterizzata da elevate densità nei territori vocati e consistente presenza, almeno in
certi periodi dell’anno, nei territori non vocati dove questa specie arreca elevati danni alle produzioni
agricole.
Il problema dei danni, oltre che alla densità della popolazione, è legato alle disponibilità alimentari
del territorio ed in particolare a quella offerta dalle superfici forestali. A questo riguardo è da tenere
presente l’effetto dell’imenottero cinipide Dryocosmus kuriphilus Yatsumatsu sulla fruttificazione
del castagno che ha influito in questi ultimi due anni sull’erratismo alimentare di questa specie. Il
cinghiale, non trovando risorse alimentari sufficienti nelle aree boscate, si è avvicinato sempre di più
alle aree agricole e a quelle urbane, esercitando un forte negativo impatto sulle coltivazioni e sulla
popolazione.
D'altra parte, il cinghiale rappresenta una specie di grande e crescente importanza venatoria con tutte
le conseguenze dirette ed indotte che ciò comporta sul piano faunistico e gestionale. Ad oggi più
della metà dei cacciatori della Provincia risultano iscritti al Registro Provinciale della caccia al
cinghiale in battuta come risulta dalla tabella sottostante.
Questa situazione ha contribuito ad acuire i contrasti tra le diverse categorie sociali (cacciatori,
agricoltori, enti pubblici) con interessi divergenti rendendo, unitamente ad alcune obiettive difficoltà
di ordine tecnico, la gestione di questa specie particolarmente problematica.
150
Cacciatori iscritti al Registro provinciale di caccia al cinghiale rispetto al totale dei cacciatori
Stagione venatoria N° cacciatori
N° cacciatori iscritti al Registro
%
2001/2002
11.937
3.668
30,72
2002/2003
11.978
3.153
26,32
2003/2004
11.653
3.301
28,33
2004/2005
11.586
3.305
28,52
2005/2006
11.040
5.737
52,00
2006/2007
10.771
5.913
54,89
2007/2008
10.443
6.124
58,64
2008/2009
10.170
6.205
61,01
2009/2010
9.911
6.382
64,39
2010/2011
9.669
6.535
67,89
2011/2012
9.403
6.493
69,05
2012/2013
8.911
6.517
73,13
2013/2014
8452
6492
76,81
19.1 Quadro normativo
La gestione della popolazione di cinghiale (Sus scrofa) allo stato selvatico trova il proprio
riferimento normativo nella legge 11 febbraio 1992, n. 157, nella L.R. 3/1994 di recepimento della
normativa nazionale, nel Decreto del Presidente della Giunta Regionale Toscana 26 luglio 2011, n.
33/R “Regolamento di attuazione della legge regionale 13 gennaio 1994 n. 3.
Da un punto di vista giuridico, il cinghiale fa parte della fauna selvatica oggetto di tutela da parte
della legge nazionale sopra citata (art. 2, comma 1), ma, ai fini dell’esercizio venatorio, ne è
consentito l’abbattimento nel periodo compreso tra il 1 di ottobre e il 31 dicembre o tra il 1
novembre e il 31 gennaio (art. 18, comma 1, lettera d).
La Legge Regionale 3/94 all’art. 28 bis prevede che “ La gestione faunistico venatoria degli ungulati
interessa l’intero territorio regionale, anche se soggetto a regime di protezione o di vincolo,
persegue gli obiettivi indicati nel piano faunistico venatorio provinciale ed è finalizzata al
mantenimento delle densità sostenibili, anche interspecifiche, definite a livello locale, tenuto conto
degli effettivi danneggiamenti alle coltivazioni agricole e ai boschi.”
Inoltre “le province determinano le densità sostenibili di cui sopra, sentiti gli ATC e le organizzazioni
professionali agricole”, fino a che queste non siano determinate “la densità regionale è fissata, per il
cinghiale, a 2,5 soggetti ogni cento ettari.”
Il Decreto del Presidente della Giunta Regionale Toscana 26 luglio 2011, n. 33/R, indica come il
territorio agricolo forestale delle Province debba essere suddiviso in aree in cui la presenza del
cinghiale sia compatibile con le attività agricole (aree vocate) e in aree in cui detta presenza non è
tollerata (aree non vocate).
151
Le indicazioni normative distinguono pertanto le zone in cui la gestione della specie può avere
indirizzi di tipo conservativo, individuabili nelle aree prevalentemente boscate, ed in altre dove
invece deve essere attuata una gestione non conservativa, finalizzata all’eradicazione del cinghiale
con l’obiettivo di ridurre i danni alle coltivazioni agricole.
Nelle aree in cui la presenza del cinghiale e degli altri ungulati non è compatibile con lo svolgimento
delle attività agricole le province adottano forme di gestione non conservative delle specie. Le
province predispongono programmi di gestione e di controllo avvalendosi, per la loro attuazione, dei
proprietari e conduttori dei fondi ovvero dei cacciatori di selezione, delle squadre di caccia al
cinghiale e dei cacciatori abilitati ai sensi dell’articolo 37 della L.R. 3/94.
Durante la stagione venatoria, nelle zone e oasi di protezione, nelle zone di ripopolamento e cattura,
nei centri pubblici di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale, nei centri privati di
riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale nelle aree addestramento e allenamento dei cani le
province adottano piani di cattura o di abbattimento degli ungulati adeguati a garantire le densità
sostenibili di cui al comma 1 dell’art. 28 bis della L.R. 3/1994.
Nei parchi regionali e nelle aree protette di cui alla l.r. 49/1995, l’ente gestore adotta piani di
gestione degli ungulati che tengono conto delle densità sostenibili di cui al comma 1 e degli effettivi
danneggiamenti alle coltivazioni agricole, anche limitrofi ai propri confini, e ai boschi. In caso di
inadempienza e in presenza di danni alla produzione agricola, anche nelle aree limitrofe, la provincia
interviene ai sensi dell’articolo 37 della L.R. 3/1994.
Qualora le forme ordinarie di gestione degli ungulati non consentano di raggiungere o di mantenere
le densità sostenibili di cui al comma 2, con conseguente incremento dei danni alle coltivazioni
agricole e ai boschi, le province approvano e realizzano piani straordinari di gestione dandone
comunicazione alla competente struttura della Giunta regionale.
Con regolamento regionale sono indicate le modalità per la caccia al cinghiale e per il prelievo
selettivo degli altri ungulati, i criteri per l’abilitazione dei cacciatori all’esercizio della caccia agli
ungulati e le modalità di accertamento dei presupposti per l’esercizio del potere sostitutivo di cui al
comma 8 dell’art. 28 bis della L.R. 3/1994.
La specie può inoltre essere sottoposta a piani di controllo numerico, autorizzati dalle Regioni e
dalle Province, qualora si renda localmente responsabile di danni alle coltivazioni agricole o
determini problemi di carattere sanitario (L. 157/1992 art. 19, comma 2; L.R. 3/1994 art. 37 comma 2): “Le
province, per la migliore gestione del patrimonio zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi sanitari, per la
selezione biologica, per la tutela di particolari specie selvatiche, per la tutela del patrimonio storico artistico,
per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche, provvedono al controllo delle specie di fauna
selvatica anche nelle zone vietate alla caccia. Tale controllo, esercitato selettivamente, viene praticato di
norma mediante l’utilizzo di metodi ecologici su parere dell’Istituto nazionale per la fauna selvatica.”
I piani di controllo possono prescindere dai tempi e dalla modalità di prelievo stabiliti per la caccia,
ma debbono essere attuati da personale appositamente autorizzato. (L.R. 3/94 art. 37 comma 3):
“Tali piani sono attuati dalle province con la presenza diretta di un’agente di vigilanza di cui all’articolo 51 e
sotto il coordinamento del corpo di polizia provinciale. Per la realizzazione dei piani le province possono
avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi nei quali si attuano i piani di abbattimento, delle guardie forestali
e del personale di vigilanza dei comuni, nonché delle guardie di cui all’articolo 51, purché i soggetti in
questione siano in possesso di licenza di caccia.
Per interventi di tutela della produzione agricola e zootecnica la provincia può affiancare al proprio personale
anche soggetti che abbiano frequentato appositi corsi di preparazione organizzati dalla provincia stessa sulla
base di programmi concordati con l’INFS. Tali corsi dovranno fornire una idonea preparazione circa
152
l’ecologia e la gestione delle popolazioni animali selvatiche, la biologia delle specie selvatiche oggetto di
controllo nonché sulle tecniche e le modalità con cui effettuare il controllo.”
19.2 Analisi dei danni e interventi di prevenzione
L’analisi e il monitoraggio costante dell’impatto della fauna selvatica sulle colture agricole
costituisce uno degli aspetti essenziali per una strategia di gestione finalizzata alla riduzione del
conflitto tra i diversi soggetti coinvolti. La conoscenza accurata dei danni permette infatti di
effettuare interventi mirati di prevenzione e, nel caso, di controllo della specie che ha provocato i
danni ai sensi dell’art. 37 della L.R. 3/1994. Nel contempo, la conoscenza del fenomeno “danno”,
permette, unitamente al monitoraggio della dinamica delle popolazioni, di definire le densità
obiettivo compatibili con le attività agricole.
Nella destinazione delle risorse disponibili per la tutela delle colture agricole, deve essere garantita
da parte della Provincia e degli ATC priorità al finanziamento delle iniziative di prevenzione danni,
secondo quanto stabilito dal P.R.A.F. 2012-2015, che devono essere predisposte tenendo conto della
realtà agricola presente sul territorio, dell’ammontare dei danni che si sono verificati, delle
popolazioni animali presenti e delle caratteristiche dei luoghi.
Oltre ai sistemi preventivi classici (recinzioni elettriche e metalliche, protezioni acustiche, repellenti.,
etc.) è possibile implementare, anche in via sperimentale, sistemi innovativi di prevenzione.
Costituiscono comunque azione di prevenzione tutti gli interventi agronomici, ambientali e
selvicolturali in grado di offrire alla fauna selvatica fonti trofiche alternative alle produzioni agricole,
per cui laddove possibile, devono essere privilegiati, ai sensi del P.R.A.F punto 4.4., gli interventi di
miglioramento ambientale e i progetti di dimensioni comprensoriali, coordinati con specifici
interventi complementari, realizzati tramite la collaborazione tra cacciatori ed agricoltori.
In questo quadro, nel corso degli ultimi anni, sono stati finanziati agli Ambiti Territoriali di Caccia
progetti per attività di prevenzione danni da fauna selvatica alle colture agricole , al fine di ridurre
l’impatto esercitato dalle specie selvatiche, in primis il cinghiale, sull’ecosistema agrario.
Sono stati pertanto concessi agli agricoltori, da parte degli Enti competenti, diversi sistemi di
prevenzione del danno, principalmente recinzioni elettrificate ma anche sostanze repellenti in grado
di agire sul gusto e/o olfatto dell’animale.
Questi metodi sperimentati in diverse realtà della provincia su colture come mais, girasole, vigneti
hanno contribuito a ridurre l’entità dei danni da parte del cinghiale.
A queste misure di prevenzione, ai fini del contenimento dei danni da cinghiali, sono stati affiancati
anche interventi di foraggiamento dissuasivo che si sono rilevati utili al fine di ridurre le abitudini
erratiche della specie ed impedire, per quanto possibile, il suo sconfinamento all’interno delle aree ad
essa non vocate.Tali interventi sono stati realizzati in aree limitate dei due Ambiti Territoriali di
Caccia, individuate cartograficamente, all’interno delle aree boscate dei distretti di gestione.
Questi interventi di foraggiamento sono stati necessari in questi ultimi due anni per limitare
l’erratismo alimentare del cinghiale che a seguito della scarsa offerta alimentare fornita dal bosco, in
particolare per effetto del cinipide sulla fruttificazione del castagno, si è avvicinato sempre di più alle
aree agricole e a quelle urbane, esercitando un impatto sulle coltivazioni e sulla popolazione.
153
19.3 Delimitazione delle aree vocate e non vocate
Le aree vocate alla presenza del cinghiale corrispondono sostanzialmente alle superfici interessate da
boschi. Sulla base di quanto stabilito dal Piano Regionale Agricolo Forestale (P.R.A.F.) 2012-2015,
le superfici massime vocate al cinghiale in ciascuna Provincia non possono essere superiori a quelle
definite nel piano faunistico venatorio regionale 2007-2011 che per la provincia di Lucca
ammontano a ha 118.553.
Nelle aree vocate la caccia al cinghiale è effettuata in battuta secondo quanto previsto dall’art. 98 del
D.P.G.R. 33/R del 2011. I cacciatori sono riuniti in squadre composte da almeno quaranta iscritti e
le battute si possono effettuare con la presenza di almeno diciotto iscritti alla squadra.
Sono escluse dalle aree vocate alla presenza del cinghiale le zone in cui la specie si è radicata di
recente e le zone interessate da attività agricole o arboricoltura da legno.
Nelle aree non vocate alla presenza del cinghiale (che per quanto riguarda la Provincia assommano
ad un totale di 40.080 ha) sono previste forme di gestione non conservative della specie, cioè
tendenti alla densità zero.
Qualora le forme ordinarie di gestione non abbiano consentito il raggiungimento degli obiettivi di
densità programmati o siano evidenti situazioni di criticità, anche a livello locale, devono essere
approvati ed efficacemente implementati piani straordinari di gestione o piani di controllo della
specie.
Nelle aree non vocate, secondo quanto previsto dall’art. 88 del D.P.G.R. 33/R del 2011, le modalità
di caccia sono fissate dalla Provincia all’interno del Programma di Gestione e di Controllo. Fino ad
oggi nelle aree non vocate la caccia al cinghiale è stata svolta in forma singola senza che da parte
dell’ATC siano state messe in atto forme di controllo del numero di capi abbattuti.
La suddivisione del territorio in aree vocate e non vocate al cinghiale è stata recentemente
revisionata, come riportato nella cartografia allegata al presente Piano.
19.4 Gestione del cinghiale nelle Aree Vocate
In base al D.P.G.R. n. 33/R 2011 art. 87 “Regolamento di attuazione della legge regionale 13
gennaio 1994 n. 3” la Provincia individua nel Piano Faunistico Venatorio Provinciale per la gestione
degli ungulati i territori vocati, la cui gestione è attuata individuando un’unità di gestione per ogni
popolazione presente sul territorio. L’unità di gestione può comprendere i distretti di gestione,
definiti dagli ATC. I Comitati di gestione degli ATC , sentiti i cacciatori di cinghiale iscritti, individua,
per ogni Distretto, zone di caccia o aree di battuta.
Nella tabella sottostante sono indicati i dati principali relativi ai distretti di caccia al cinghiale per
ciascun Ambito Territoriale di Caccia della Provincia nel periodo 2009-2013.
154
Dati principali relativi ai distretti di caccia al cinghiale per ciascun Ambito Territoriale di Caccia della Provincia nel
periodo 2009-2013.
ATC LUCCA 12
STAGIONE
VENATORIA
AREA
VOCATA
ha
AREA
DISTRETTI
ha
N. DISTRETTI
2009/2010
2010/2011
2011/2012
2012/2013
71.684
71.684
71.684
71.684
60.294
60.294
60.294
60.294
12
12
12
12
N.
N. ANIMALI
N. SQUADRE
CACCIATORI
ABBATTUTI
2.474
2.548
2.542
2.513
53
53
52
52
2.493
2.632
3.325
3.313
ATC LUCCA 11
STAGIONE
VENATORIA
AREA
VOCATA
ha
AREA
DISTRETTI
ha
N. DISTRETTI
2009/2010
2010/2011
2011/2012
2012/2013
44.897
44.897
44.897
44.897
28.079
28.079
28.079
28.079
7
7
7
7
N.
N. ANIMALI
N. SQUADRE
CACCIATORI
ABBATTUTI
993
1.004
993
1.015
21
21
20
20
854
1.216
1.342
1.695
La Provincia, ai sensi dell’art. 28 bis comma 3 della L.R. 3/1994, predispone il piano annuale di
gestione e prelievo degli ungulati, che deve garantire il raggiungimento e il mantenimento delle
densità sostenibili, anche interspecifiche, definite a livello locale, tenuto conto degli effettivi
danneggiamenti alle coltivazioni agricole e ai boschi, perseguendo gli obiettivi indicati nel piano
faunistico venatorio provinciale.
Nel piano annuale di gestione sono specificati gli obiettivi di medio termine da perseguire e le
modalità operative previste. La relazione sull’attività svolta, che deve essere allegata al piano
annuale di gestione, deve contenere un report sulle densità di ungulati presenti su tutto il territorio
provinciale con specifico riferimento alla situazione esistente nelle aree a divieto di caccia (aree
protette, istituti faunistici ecc….). Il report deve riportare gli esiti delle verifiche annuali dei risultati
raggiunti.
Nella tabella sottostante sono riportate le densità-obiettivo indicative per aree a diversa vocazione
per il cinghiale:
155
VOCAZIONE
CARATTERISTICHE
AM B IENTALI
DENSITA’
DENSITA’ OB IETTIVO
POTENZIALE
Aree non
vocate
Aree ad alta prevalenza di
colture agricole con scarsa
presenza di bosco e territori
naturali o seminaturali
Basse
0 ind./Km2
Aree con alta
frammentazione del bosco e
Basse (normalmente
Aree a bassa degli altri ambienti naturali
Sino ad elevate
vocazione
e semi-naturali, fortemente
inferiore a 3 ind./Km2)
interdigitati con aree
coltivate
Medio-elevata
(indicativamente Aree a scarsa
frammentazione degli
Aree ad alta
ambienti naturali e semivocazione
naturali, con prevalenza del
bosco
Da media ad
elevata
comprese fra 3 ind./Km e 10 ind./Km2).
a condizione che non si
registrino danni sensibili al
patrimonio agro-forestale o
alle altre componenti delle
zoocenosi terrestri. In questi
casi la densità può essere
fissata anche a densità < 3
ind/Km2
Aree solitamente
Aree protette caratterizzate da alta
naturalità
Da media ad
elevata
Qualsiasi densità che non
provochi danni sensibili al
patrimonio agro-forestale o
alle altre componenti delle
zoocenosi terrestri.
La densità agricola e forestale individuata per ciascun distretto potrà essere modificata anche
annualmente a seguito dell’acquisizione di ulteriori informazioni circa le diverse tipologie di colture
presenti sul territorio e sulla consistenza delle popolazioni di cinghiale.
La gestione del cinghiale che si propone non può che essere una gestione “adattativa” intendendo
con essa l’attuazione di una serie di azioni e soluzioni tecniche che consentano di risolvere in
maniera dinamica i vari aspetti del problema “presenza cinghiale” che di volta in volta si possono
porre per raggiungere l’obiettivo prefissato: il conseguimento di una densità di popolazione che
mantenga i danni al patrimonio agricolo al livello più basso possibile, per renderli socialmente ed
economicamente accettabili.
Il piano deve altresì contenere: gli interventi per la prevenzione dei danni e le atre azioni utili al
controllo della presenza e della localizzazione del cinghiale, fissando, per ogni distretto, gli oneri a
carico dei cacciatori per il risarcimento di eventuali danni causati dalla mancata realizzazione del
piano stesso ed altre eventuali misure conseguenti il mancato raggiungimento degli obiettivi
156
gestionali programmati.
Per la realizzazione del piano di gestione e prelievo la provincia stabilisce un contributo a carico dei
cacciatori iscritti alle squadre di caccia al cinghiale.
19.5 Monitoraggio della popolazione di cinghiali
Al fine di ottenere una adeguata conoscenza della risorsa da gestire, devono essere raccolti – in
modo continuativo nel tempo – dati sui principali parametri della popolazione di cinghiali, sia
attraverso il controllo dei capi abbattuti, sia attraverso i rilevamenti di campo .
L'analisi dei dati sulla popolazione deve essere condotta secondo le tecniche definite nel Capitolo
"Criteri per il monitoraggio della fauna" e deve essere contenuta nel piano annuale di gestione.
Al fine di verificare l'efficacia delle densità obiettivo fissate annualmente dall'ATC, nel rispetto delle
attività socio-economiche , delle caratteristiche del patrimonio agro-forestale e di eventuali
emergenze naturalistiche, sarà necessario provvedere ad un costante monitoraggio degli effetti
negativi del cinghiale .
19.6 Gestione e controllo del cinghiale nelle Aree non Vocate
L’esperienza degli ultimi anni ha posto in luce come difficilmente gli interventi di riduzione numerica
nelle zone non vocate alla presenza del cinghiale, applicati attraverso la caccia, abbiano sortito da
soli gli effetti voluti.
In particolare, il ruolo dell’ ATC sui cacciatori iscritti risulta in queste particolari aree assai
depotenziato. Infatti, come detto, la caccia nelle aree non vocate si è svolta, fino ad oggi ,
esclusivamente in forma singola senza alcun controllo sui capi abbattuti se non, eventualmente, la
semplice lettura dei tesserini regionali. Pertanto i Comitati di Gestione degli ATC non si sono dotati
di strumenti operativi diretti per poter verificare l’entità dei prelievi in queste aree né potevano
condizionare le attività incrementandole a seconda delle esigenze.
Negli ultimi anni infatti si è registrata nella nostra Provincia una presenza abnorme di cinghiali che ha
turbato il relativo equilibrio soprattutto in quei Comuni dove ancora si pratica una agricoltura di
complemento del reddito legata a tradizioni familiari e a proprietà talora di modestissima estensione.
Le coltivazioni prevalenti di viti, olivi, e piccoli appezzamenti orticoli o a mais hanno subito assalti
ricorrenti da parte dei cinghiali che oltre al danno diretto alle produzioni e ai fondi agricoli hanno
distrutto scoline, sistemi di ritenzione dei terreni, muretti a secco, poggi e opere dirette a controllare
il deflusso delle acque.
Il risultato di questa situazione si concretizza in un progressivo abbandono di territori finora coltivati
nonostante la relativa marginalità con una compromissione della qualità del territorio.
Inoltre questa “presenza anomala” in contesti spaziali dove l’incompatibilità è manifesta, oltre a
provocare danneggiamenti alle colture e ai suoli, crea anche una condizione di insicurezza indotta
negli abitanti di aree dove fino ad ieri questi animali non erano presenti e che pertanto non sono
abituati a convivere con selvatici di stazza come i cinghiali. Vi è poi da considerare anche l’aspetto
degli impatti di queste presenze sugli spazi funzionali correlati come ad esempio la viabilità
principale e secondaria, le pertinenze delle abitazioni, i giardini, etc.
Da un punto di vista “economico” è da tenere in considerazione che le norme del Piano Regionale
157
Agricolo Forestale che prevedono l’indennizzo ai soli agricoltori professionali non lasciano emergere
a livello di quantità di indennizzi la reale situazione dei danneggiamenti estesi alle piccole colture
familiari tanto più rilevanti quanto non soggette ad alcun ristoro economico.
19.6.1 Indicazioni gestionali
Risulta evidente come sia del tutto inadeguata la funzione ed il ruolo sinora avuto dagli Ambiti
Territoriali di Caccia sulla gestione delle aree cosiddette non vocate alla presenza del cinghiale
soprattutto se posto in raffronto ad una serie di indicazioni normative relative ai compiti assegnati
agli ATC che si indicano pur senza pretesa di esaustività :
L.R. 3/94 art. 12 comma 1) lettera d) “svolge i compiti relativi alla gestione faunistico –venatoria
degli ungulati”;
DPGRT 33/r/2011 art. 89 comma1 lett. b) “organizza per ciascuna specie (di ungulati ndr)
censimenti o stime annuali delle popolazioni; lettera e) individua modalità, localizzazione e tempi di
effettuazione dei prelievi (di ungulati ndr), nel rispetto della normativa vigente.
E' necessario, quindi, ritagliare un ruolo di maggior protagonismo dei Comitati di Gestione degli
ATC nella gestione delle zone ove la presenza del cinghiale non è compatibile con le attività agricole.
Si ritiene pertanto che gli ATC della Provincia di Lucca debbano introdurre un regime particolare di
gestione delle aree non vocate che passi attraverso la previsione di una razionalizzazione del prelievo
venatorio per quanto riguarda la caccia al cinghiale, facoltà a loro assicurata dalla vigente normativa
ai sensi di quanto previsto dall’art. 12) comma 1) lettera C) del Regolamento approvato con DPGRT
33/r/2011.
Tale particolare regime opportunamente regolamentato dagli ATC deve essere aperto a tutti gli
iscritti e realizzato in territori delimitati riferibili alle aree non vocate alla caccia al cinghiale così
come individuate nel Piano Faunistico Venatorio.
Esso dovrà prevedere i tempi e le modalità di svolgimento nonché le rispettive aree dove possano
essere esercitate sia le forme di caccia singole che quelle in battuta.
A tal proposito si prevede espressamente, ai sensi dell’art. 98 comma 1) del Regolamento approvato
con DPGRT 33/R/2011, che il regime di razionalizzazione del prelievo introdotto dagli ATC nelle
aree non vocate escluda esplicitamente la caccia in battuta in tutte quelle aree ove le condizioni
ambientali non consentano di operare in sicurezza evitando anche solo potenziali pericoli alla
incolumità delle persone avendo specifico riguardo alle particolari dinamiche di interazione che
vengono a crearsi durante le azioni di caccia “in braccata”.
Per questa tipologia di caccia sono da evidenziarsi anche problematiche di carattere
conservazionistico all'interno dei Siti Rete Natura 2000 e dell'Area Contigua della Riserva Naturale
Provinciale del Lago di Sibolla. In particolare, data la presenza di avifauna migratoria, è consentita la
caccia esclusivamente in forma singola nel mese di gennaio di ciascun anno all'interno dei SIR SIC
ZPS "Lago e Padule di Massaciuccoli" , SIR SIC "Padule di Verciano, Prati alle Fontane, Padule
delle Monache ", SIR SIC "Lago di Bientina" e SIR SIC ZPS "Lago di Porta".
Infine le forme di razionalizzazione del prelievo introdotte dagli ATC debbono espressamente
prevedere le modalità di monitoraggio dei risultati conseguiti e particolari disposizioni relativi alla
sicurezza delle attività di caccia.
A tal scopo dovrà essere predisposta una apposita modulistica ad uso dei cacciatori e riservata al
monitoraggio di dette attività e i Comitati di Gestione dovranno altresì introdurre l’obbligo di
apposizione sui capi abbattuti di fascette inamovibili o marcature auricolari o l’utilizzo di altri
dispositivi comunque denominati e destinati ad un controllo dei prelievi.
158
Sul tema della sicurezza si prescrive che tutti i soggetti operanti all’interno del regime particolare di
gestione indossino nell’esercizio delle attività di caccia al cinghiale indumenti ad alta visibilità.
Entro il 31 marzo gli ATC hanno l’obbligo di far pervenire alla Provincia di Lucca i dati
riepilogativi relativi sia alle attività di caccia singola che di quelle in battuta riferiti a ciascuna area
individuata e ogni altro dato utile a definire i risultati conseguiti dalle azioni di razionalizzazione del
prelievo anche con riferimento allo sforzo di caccia applicato.
La regolamentazione del regime particolare di gestione e razionalizzazione del prelievo introdotto ai
sensi dall’art. 12) comma 1) lettera C) del Regolamento approvato con DPGRT 33/r/2011 dovrà
essere sottoposto a preliminare presa d’atto del Dirigente del Servizio competente della Provincia di
Lucca che ne verificherà la corrispondenza alle indicazioni del presente Programma di Gestione.
19.6.2 Controllo diretto ex art. 37 della L.R. 3/94
L’analisi dei risultati ottenuti attraverso l’applicazione del Piano di Controllo del cinghiale contenuto
all’interno del Piano di Gestione e Prelievo degli ungulati fino ad ora vigente evidenzia l’ utilizzo
principalmente delle seguenti metodiche:
tipologia
2012
abbattimento
n.
2013
n.
animali n.
n.
animali
interventi abbattuti/catturati interventi abbattuti/catturati
Braccata
5
12
9
21
Girata
1
1
4
16
Tiri selettivi notturni
32
4
6
4
Trappola
1
2
--
--
Totale
19
41
2012
COMUNE
LUCCA
CASTELNUOVO
S.ROMANO CAMPORGIANO
N. ANIMALI
16
1
2
N. BRACCATE N. GIRATE
2
2
1
1
159
n. interventi
di TIRO
singolo
32
GABBIA
1
2013
COMUNE
LUCCA
PIETRASANTA
BORGO A
MOZZANO
MINUCCIANO
S.ROMANO
MASSAROSA
N. ANIMALI
34
4
1
N. BRACCATE N. GIRATE
5
2
4
n. interventi
di TIRO
singolo
1
1
2
GABBIA
1
1
2
2
L’applicazione di tale Piano prevedeva, dove vi fosse segnalazione di danni da cinghiale,
l’applicazione in primis di metodi ecologici. A tal fine, oltre all’utilizzo dei metodi di prevenzione del
danno fino a qui richiamati, venivano realizzati, ove possibile, in relazione al contesto circostante,
alla presenza di strade altamente trafficate o, comunque, di barriere naturali o artificiali difficilmente
valicabili, interventi di allontanamento dei cinghiali verso aree contermini non passibili di
danneggiamento accompagnando tali operazioni con la realizzazione di punti di foraggiamento
artificiale per mantenere in loco gli animali. Tali azioni quasi mai hanno ottenuto l’effetto sperato se
non per pochi giorni.
La Provincia, nel tentativo di mettere in campo tutte le metodiche possibili al fine di attenuare la
pressione dei cinghiali sul territorio, ha inoltre coinvolto alcuni dei Comuni interessati
maggiormente da episodi ricorrenti e puntuali di presenza della specie che hanno emanato
ordinanze ingiuntive di pulizia ai privati proprietari dei terreni, incolti e ricoperti da vegetazione
arbustiva in abbandono, spesso in vicinanza di abitazioni, venivano utilizzati quali “rimesse”dai
cinghiali.
L’attuazione degli interventi di controllo diretto è prevista durante tutto l’anno a seguito di
specifiche richieste da parte degli agricoltori e di verifica da parte del personale tecnico della
Provincia e/o degli ATC della reale necessità dell’intervento.
Gli interventi potranno essere realizzati su tutto il territorio provinciale ove sia presente il cinghiale,
a partire dalle così dette “aree problematiche” individuate dalla Regione Toscana con Delibera n. 373
del 05/05/2014. L’attività di controllo è volta a mitigare puntuali situazioni di emergenza. Tali
situazioni, per le quali le azioni di contenimento ecologico non abbiano dato risultati efficaci saranno
verificate puntualmente dal personale tecnico. L’Ufficio della Provincia autorizzerà gli interventi
necessari al fine di ridurre o prevenire localmente i danni alle produzioni agricole anche non
professionali o alle opere approntate sui terreni agricoli.
Negli istituti di cui all’art. 6 bis comma 4 lettere a), b), c), d), e g), della L.R. 3/94, qualora la
densità del cinghiale risulti non compatibile con lo svolgimento delle attività agricole o con le finalità
per le quali le aree sono state istituite, si potrà prevedere la realizzazione di azioni di contenimento
del cinghiale in concomitanza con la realizzazione degli abbattimenti nei distretti adiacenti . Pertanto
dal 1 novembre al 31 dicembre si potranno prevedere azioni di scaccio verso le contermini aree di
battuta nelle aree in cui queste operazioni siano compatibili con il contesto e attuabili in condizioni di
sicurezza. Ove tali azioni non siano realizzabili si procederà con azioni di abbattimento localizzato
160
adottando le tipologie della girata, dei tiri selettivi notturni e il trappolaggio .
Durante tutto il rimanente periodo dell’anno, dovranno essere valutati tipologia di danno,
(coltivazioni agricole, soprassuolo boschivo, altra fauna selvatica) anche con riferimento ai territori
contermini e, ove necessario, messe in atto azioni di abbattimento localizzato.
L’Ufficio provvederà ad autorizzare tutti gli interventi di cui sopra con appositi atti nei quali saranno
indicati i tempi e le modalità di attuazione tenendo conto della eventuale presenza di emergenze
comprese in Siti della Rete Natura 2000 ed eventualmente riservandosi di attuare, in tali aree,
abbattimenti nella forma del tiro selettivo notturno con ausilio del faro su zone di pasturazione .
19.6.2.1 Obiettivi
·
Attuare una gestione consapevole e coordinata della specie tra i diversi attori presenti sul
territorio comprese le Aree Protette Regionali e Statali.
· Mettere in sinergia le diverse forme di azione al fine di ottenere densità sostenibili dei cinghiali
·
Investire nella sperimentazione e diffusione delle migliori tecniche per la prevenzione dei
danni da cinghiale.
· Monitorare costantemente i risultati e i dati provenienti dal territorio per affinare le metodiche
di intervento così da aumentare l’incisività e limitare il disturbo alle altre specie di fauna.
19.6.2.2 Metodi
Per l’effettuazione del controllo diretto saranno adottati i seguenti metodi:
tiri selettivi notturni con ausilio del faro su zone di pasturazione; girata; trappolaggi.
Il metodo della "girata" si attua con un massimo di 12 operatori oltre ai conduttori di due cani.
Il metodo della “braccata” verrà utilizzato, esclusivamente, in situazioni di comprovata necessità ed
eccezionalità previa acquisizione di parere favorevole ISPRA su ogni singolo intervento e
valutazione di incidenza qualora ricadente all'interno dei Siti della Rete Natura 2000.
L’individuazione della modalità di attuazione dei singoli interventi di contenimento, verrà effettuata
in accordo con la Polizia Provinciale, dopo una accurata valutazione dei danni registrati e attribuibili
ai cinghiali e della pressione di questi, sul territorio anche circostante e del contesto ambientale nel
quale si dovrà operare.
L’Ufficio autorizzerà i singoli interventi e il personale coinvolto con il coordinamento della Polizia
Provinciale.
Per ogni zona, negli atti autorizzativi dei singoli interventi, verrà fissato il contingente massimo di
cinghiali abbattibile.
Per ogni capo abbattuto dovrà essere verificato il sesso, la classe di età, peso pieno e vuoto,
lunghezza totale, circonferenza torace e collo, altezza al garrese, lunghezza del garretto, numero e
lunghezza di eventuali feti presenti.
19.6.2.3 Personale
All’esecuzione degli interventi di controllo saranno autorizzati i soggetti previsti dal comma 4
161
dell’art. 28 bis nonché dal comma 3 dell’art. 37 della L.R. 3/94, alla presenza diretta di un agente di
vigilanza di cui all’art 51 della L.R. 3/94. Tali soggetti per gli interventi sul territorio a caccia
programmata potranno essere individuati tra gli iscritti alle squadre di caccia al cinghiale della ATC
competente per territorio su coordinamento della Polizia Provinciale che sovraintenderà alle
operazioni ai sensi degli articoli sopra richiamati o verranno individuati direttamente dall’Ufficio.
Qualora la Polizia Provinciale lo ritenga opportuno potrà attuare direttamente gli interventi di
controllo.
Ci si potrà anche avvalere di altri soggetti in possesso di abilitazione di cui all’art. 37 della L.R. 3/94
diversi da quelli iscritti nelle squadre di caccia al cinghiale. In tal caso ci si dovrà avvalere in primis
dei proprietari o conduttori dei fondi nei quali si attuano i piani di abbattimento e successivamente in
ordine di importanza decrescente dei:
· residenti all’interno dell’area in cui viene attuato il piano di controllo;
· residenti in aree contigue all’area in cui viene attuato il piano di controllo;
·
residenti nel Comune all’interno del quale ricade l’area in cui viene attuato il piano di
controllo;
· altri soggetti abilitati residenti in Comuni limitrofi.
Nel caso di interventi di caccia in battuta (braccata), specificatamente autorizzati da ISPRA, si avrà
riguardo a far intervenire squadre operanti nel territorio del Distretto di caccia al cinghiale
interessato o in Distretti limitrofi nel caso di zone non vocate o a divieto di caccia, fatta eccezione
per particolari esigenze che consiglino una scelta diversa in funzione del risultato atteso .
19.6.2.4 Sicurezza
Dovranno essere adottate tutte le misure precauzionali, necessarie per la salvaguardia della pubblica
incolumità compreso l’obbligo di allontanare le persone estranee alle operazioni.
La Polizia Provinciale potrà impartire tutte le disposizioni che riterrà opportune al fine della
sicurezza delle operazioni di abbattimento ivi compresa la sospensione delle stesse qualora lo ritenga
necessario per ragioni organizzative e/o di sicurezza.
Il personale di vigilanza intervenuto, dopo ogni operazione, dovrà redigere un apposito verbale con
indicata la località di intervento, il numero dei capi osservati e quelli abbattuti dagli autorizzati; il
verbale redatto dalla vigilanza volontaria dovrà essere controfirmato dalla Polizia Provinciale.
Tutti i soggetti intervenuti alle operazioni di controllo del cinghiale dovranno indossare indumenti
ad alta visibilità.
19.6.2.5 Destinazione capi abbattuti
I capi abbattuti durante le azioni di controllo saranno destinati ai proprietari e conduttori dei fondi
che abbiano subito danno da cinghiale negli ultimi due anni fatti salvi eventuali soggetti già
indennizzati o per i quali siano in corso le procedure di indennizzo. La quota non utilizzata per
rifondere i danni sarà destinata ai partecipanti alle azioni di abbattimento a copertura dei costi di
organizzazione degli interventi. Qualora i capi non siano utilizzati per rifondere i danni o per
rimborsare i costi sostenuti per l’intervento, dovranno essere inviati, come previsto dall’art. 37
comma 6 ter della L.R. 3/94, ai centri di lavorazione abilitati ai sensi del regolamento emanato con
decreto del Presidente della Giunta Regionale 1 agosto 2006 n. 40/R.
162
19.6.2.6 Munizionamento utilizzabile
Nell'ambito della strategia nazionale che prevede la progressiva sostituzione del munizionamento di
piombo, negli interventi di controllo ex art. 37 della L.R.3/94 del cinghiale, eseguiti all'interno di
Istituti provinciali, nei Siti Rete Natura 2000 e nelle Zone Ramsar dovrà essere utilizzato
munizionamento atossico. Entro due anni dall'approvazione del presente Piano, le attività di
controllo sul cinghiale sull'intero territorio provinciale dovranno provvedere alla definitiva
sostituzione del munizionamento di piombo con munizionamento atossico.
20. GESTIONE FAUNISTICO VENATORIA DEL CAPRIOLO
Le origini delle popolazioni di capriolo in Provincia di Lucca possono essere fatte risalire a
reintroduzioni fatte ad opera dell’ ex Azienda di Stato delle Foreste Demaniali (oggi Ufficio per la
Biodiversità del Corpo Forestale dello Stato di Lucca) negli anni 1960 e 1970. Dalle Foreste
Demaniali dell’Alto Serchio e dalla Riserva Naturale dell’Orecchiella, dove sono stati introdotti
alcuni esemplari, questa specie è andata gradualmente espandendosi.
La presenza e la diffusione di questa specie è stata favorita dalle trasformazioni ambientali avvenute
negli ultimi decenni, tra i fattori che maggiormente hanno contribuito all’espansione delle
popolazioni nel territorio provinciale ricordiamo in particolare:
•
l’aumento delle aree boscate e cespugliate, in grado di offrire rifugio ed alimentazione;
•
la presenza di aree protette;
•
la diminuzione dell’antropizzazione in ampie aree appenniniche;
•
la presenza comunque di fattori selettivi naturali in grado di incidere in maniera modesta
sulle popolazioni.
20.1 Territorio vocato
Il territorio vocato alla specie interessa 32 comuni ed è caratterizzato per il 70,9% da boschi di
latifoglie, per il 5,8% da praterie, pascoli ed incolti, per 4,7% da praterie di crinale e per il 4,2% da
castagneti da frutto.
163
Carta della vocazione del capriolo in Provincia di Lucca.
164
20.2 Analisi danni
Gli indennizzi per danni arrecati dal capriolo alle colture agricole sul territorio a caccia programmata
sono riportati nella tabella sottostante. Nelle aree a divieto di caccia di competenza provinciale è
stato registrato un unico danno da capriolo nel 2012 per l'importo di € 354,00.
Danni arrecati dal capriolo alle colture agricole rispetto al totale dei danni indennizzati nel corso degli
anni 2008-2013
Importo
ATC LU 11
ATC LU 12
danni Importo danni totali Importo
danni Importo danni totali
capriolo (€)
€)
capriolo (€)
€)
2008
-
33.902,00
123,00
54.682,00
2009
918,00
30.529,00
-
48.876,00
2010
1.129,00
27.231,00
-
87.300,00
2011
694,00
14.278,00
505,00
72.357,00
2012
1.422,00
34.166,00
304,00
81.917,00
2013
390,00
22.121,00
-
26.506,00
Totale
4.553,00
162.227,00
2.147,00
371.638,00
20.3 Gestione faunistico venatoria
L’esercizio della caccia di selezione nella Provincia di Lucca è iniziato nella stagione venatoria
2001/2002 successivamente all’effettuazione di corsi di formazione per cacciatori di selezione al
capriolo, daino e muflone, ed attualmente riveste un ruolo importante nel panorama della gestione
faunistica dell’interno dei due A.T.C.
In Provincia di Lucca all’interno dell’area vocata alla specie attualmente sono presenti quattro
distretti per la caccia di selezione al capriolo, tre ricadenti all’interno del territorio dell’ATC Lucca
11 (Distretto A, B, C) e uno all’interno del territorio dell’ATC Lucca 12 (Distretto Bagni di Lucca).
Distretti
A
Comuni interessati
Piazza
al
Serchio,
S.
Romano,
Sup. Totale
Sup. Boscata
ha
%
Villa 4.946,80
50
Collemandina
B
Castiglione G., Pieve Fosciana, Fosciandora
C
Camporgiano,
Careggine,
4.503,30
71
Castelnuovo 2.940,30
54
5.887,00
77
Garfagnana
ATC LU 12
Bagni di Lucca
165
La tabella sottostante riporta la consistenza minima accertata del capriolo nei tre Distretti di Caccia
di selezione dell'ATC Lucca 11 e nel Distretto dell'ATC Lucca 12 nel corso degli ultimi anni.
Distretti
2009
2010
2011
2012
A
920
730
780
760
B
1.370
1.060
820
820
C
0
0
300
500
ATC LU 12
770
960
1.190
231
Nei grafici che seguono viene riportato l’andamento degli abbattimenti del capriolo (n. capi abbattuti
e % di abbattimento rispetto ai capi assegnati) nei vari distretti di gestione dell’ATC Lucca 11 e
Lucca 12, a partire dalla stagione venatoria 2009/2010.
ATC LU 11 - CAPI ABBATTUTI
n. capi abbattuti
10 0
95
90
74
80
70
60
76
66
64
55
52
53
50
40
40
26
30
20
10
0
20 0 9/2 01 0
DIST RET T O A
2 0 10 /2 01 1
20 11 /2 01 2
DIST RET T O B
166
2 01 2 /20 1 3
DIST RET T O C
ATC LU 11- % ABBATTIMENTO
100
% abbattimento
90
88
83
90
87
76
80
70
59
62
57
52
60
50
50
40
30
20
10
0
2009/2010
2010/2011
DISTRETTO A
2011/2012
2012/2013
DISTRETTO B
DISTRETTO C
DIS TRETTO ATC LU 12 - CAPI ABBATTUTI
70
62
60
53
n. capi abbattuti
49
50
38
40
30
20
10
0
2009/2010
2010/2011
2011/2012
167
2012/2013
DIS TRETTO ATC LU 12 - % ABBATTIMENTO
57 ,6
60
4 9,6
4 9 ,4
% abbattimento
50
38 ,4
40
30
20
10
0
2 00 9 /2 0 10
2 01 0 /2 0 11
20 1 1/2 01 2
2 0 12 /2 01 3
20.4 Disciplina per la Gestione Faunistico Venatoria del Capriolo
1. Gli obiettivi gestionali che si intendono perseguire per la durata del presente Piano Faunistico
Venatorio sono:
· la conservazione delle popolazioni di capriolo ed il mantenimento della loro struttura;
· la definizione ed il monitoraggio nel tempo, con metodi omogenei e comparabili, della densità e
degli altri parametri di popolazione;
· il raggiungimento e/o il mantenimento di densità locali di popolazione compatibili con le attività
agro-silvo-pastorali.
2. All’interno dei distretti di gestione la presenza del capriolo deve essere monitorata annualmente
secondo i seguenti metodi di stima:
· censimento a vista da punti vantaggiosi mappati, finalizzato alla raccolta di dati di struttura;
· censimento in battuta in aree campione per la definizione della densità e consistenza;
3. Per calibrare il prelievo in funzione delle densità riscontrate localmente, i censimenti devono essere
pianificati al fine di attuare un monitoraggio rappresentativo dell’intero distretto di gestione anche
mediante la rotazione, su diversi anni, delle aree di campionamento utilizzate.
4. Al fine di individuare aree il più possibile omogenee e di semplice identificazione e di conseguenza
più facilmente gestibili, i confini dei distretti devono assestarsi su elementi topografici certi .
5. I periodi in cui eseguire i censimenti a vista sono febbraio-aprile. All’interno del distretto di
gestione, il numero minimo di giornate di censimento a vista da effettuarsi in simultanea da punti
vantaggiosi mappati è pari a 2. Per ciascuna sessione di censimento a vista da punti vantaggiosi
mappati si deve prevedere l'arrivo al punto di osservazione almeno mezz'ora prima del sorgere del
sole (per uscite mattutine) e permanenza nel punto di osservazione per un periodo di almeno due ore
consecutive (sia per le uscite mattutine che pomeridiane).
168
6. I dati disponibili relativi al soccorso /recupero degli animali in difficoltà sul territorio provinciale
evidenziano la presenza di nuovi nati già negli ultimi giorni del mese di aprile. Questo risponde alle
caratteristiche biologiche della specie per cui anche ISPRA suggerisce di effettuare i censimenti in
battuta nei mesi di febbraio/marzo e, nelle zone appenniniche, massimo fino alla fine di aprile. Al fine
della tutela della riproduzione delle popolazioni presenti sul territorio provinciale, e nel rispetto del
parere fornito da ISPRA , le operazioni di censimento in battuta devono concludersi entro il 30
aprile di ogni anno.
7. Come da parere ISPRA, la superficie censita annualmente con il metodo dei censimenti in battuta
non deve essere inferiore al 10% della superficie boscata presente nel Distretto di gestione, al fine di
garantire una maggiore “robustezza” dei dati ricavati nelle aree campione da estrapolare all’intero
territorio cacciabile.
8. Fermo restando quanto riportato al punto 7., in ogni Distretto di Gestione, il numero minimo di
giornate di censimento che deve essere effettuato è, in totale, pari a quattro, di cui 2 a vista e 2 in
battuta. Il numero dei censimenti necessari è strettamente correlato alla dimensione del distretto, al
rispetto della superficie minima del 10 %, alla necessità di estrapolare dati rappresentativi.
9. Per poter accedere alle attività di gestione del Distretto, il selecontrollore, ogni anno, deve
obbligatoriamente effettuare almeno n. 2 giornate di censimento a vista e n. 2 giornate di censimento
in battuta.
10. Al fine di raggiungere la percentuale minima di superficie censita pari al 10%, l’ATC può
prevedere ulteriori giornate di censimenti in battuta, rispetto al numero minimo pari a 2, la
partecipazione alle quali è comunque obbligatoria per poter accedere alle attività di gestione del
Distretto.
11. Le date dei censimenti, a vista ed in battuta, devono essere comunicate alla Polizia Provinciale e
all’Ufficio Risorse Faunistiche della Provincia in forma scritta almeno sette giorni prima della data di
effettuazione degli stessi.
12. Per valutare la possibilità di apertura alla caccia di selezione di un nuovo distretto all’interno del
territorio vocato alla specie devono essere attuati almeno due anni di monitoraggio, con censimenti a
vista ed in battuta effettuati con le modalità sopra riportate, al fine di ottenere dati sulla struttura e
densità della popolazione. L’apertura del nuovo distretto sarà possibile a seguito di verifica tecnica
positiva dei risultati ottenuti. Le date dei censimenti, devono essere comunicate alla Polizia
Provinciale e all’Ufficio Risorse Faunistiche della Provincia in forma scritta almeno sette giorni prima
della data di effettuazione degli stessi.
13. Il periodo della caccia di selezione al capriolo non potrà essere superiore a mesi 2, nel rispetto
dell’art. 18 della L. 157/1992, e dovrà essere individuato nell’arco di tempo riportato nella tabella
sottostante:
Classe sociale
Tempi di prelievo
Maschi classe I e II
1 giugno- 15 luglio
15 agosto- 30 settembre
Femmine classe I e II
1 gennaio- 15 marzo
Piccoli
1 gennaio – 15 marzo
169
14. I piani di prelievo del capriolo, redatti dagli Ambiti Territoriali di Caccia, una volta esaminati dai
Tecnici della Provincia, dovranno essere trasmessi all’Istituto Superiore per la Protezione e la
Ricerca Ambientale al fine di acquisire un parere in merito.
15. Al fine di garantire un prelievo bilanciato tra le diverse classi di sesso ed età, i Comitati di
Gestione degli ATC devono porre in atto i necessari monitoraggi e controlli in tempo reale
sull’attuazione del piano di prelievo della popolazione di capriolo all’interno dei distretti di gestione,
adottando, se del caso, conformemente alle proprie competenze, gli opportuni correttivi.
16. Entro il mese di settembre, i Comitati di Gestione degli ATC devono produrre alla Provincia una
relazione sull’andamento del Piano di prelievo. Sulla base dei dati di attuazione del piano di prelievo,
la Provincia si riserva di apportare a quest’ultimo correzioni al fine di garantire un prelievo bilanciato
della popolazione.
17. Data la particolare conformazione del territorio della Provincia, data la presenza simultanea
all’interno dei Distretti di altre forme di caccia in alcuni periodi dell’anno (caccia di selezione al
cervo) e l’elevata fruizione delle zone da parte di escursionisti in alcuni mesi in cui la caccia di
selezione è aperta (mesi estivi), questa è consentita unicamente da postazione fissa, preferibilmente
da altana, adeguatamente segnalata. Gli spostamenti all’interno del Distretto devono avvenire con
arma scarica ed in custodia ed in ogni caso devono essere unicamente finalizzati a raggiungere il
punto sparo prefissato.
18. All'interno delle "macro-aree" individuate per ciascun distretto devono essere definite "sottozone"
di dimensioni non inferiori a 50 ha. All'interno di ciascuna "sottozona", non sono collocabili più di
cinque postazioni fisse da comunicare, prima dell'inizio della caccia, alla Polizia Provinciale fornendo
cartografia in scala adeguata e coordinate geografiche di riferimento in Gauss-Boaga. La distanza tra
le postazioni deve essere di almeno 250 metri.
19. All'interno di ciascuna "sottozona", per ogni postazione fissa è possibile individuare due
"postazioni complementari" nell'intorno dei 100 metri da raggiungere con arma scarica e in custodia:
la localizzazione di tali postazioni deve essere comunicata contestualmente alle postazioni di cui al
punto precedente.
20. E’ espressamente vietato condurre con sé cani durante l’esercizio della caccia di selezione (art.
100 comma 2 del DPGR 33/R/2011).
21. L’accesso al Distretto di Gestione è ammesso a cani da traccia qualificati in prove di lavoro
riconosciute dalle associazioni competenti esclusivamente per il recupero di capi feriti . I soggetti
ammessi al recupero dei capi feriti sono esclusivamente quelli previsti dall’art. 95 comma d) del
DPGR 33/R/2011, individuati dalla Provincia. L'attività di recupero deve essere esercitata da un
soggetto diverso da colui che ha effettuato l'abbattimento e deve essere preventivamente comunicata
alla Polizia Provinciale.
22. Al fine di diminuire l’utilizzo di munizioni con piombo è opportuno prevedere nel regolamento
provinciale e in quelli degli ATC forme premiali per coloro che durante la caccia di selezione usano
munizioni atossiche. Il Regolamento per la caccia di selezione al capriolo deve fissare il termine entro
il quale si dovrà provvedere alla definitiva sostituzione del munizionamento di piombo con
munizionamento atossico. Tale termine non potrà essere superiore a due anni dall'approvazione del
Regolamento stesso.
23. Possono accedere all’assegnazione dei capi in abbattimento coloro che sono in possesso di
idonea certificazione di un poligono di tiro autorizzato rilasciata nell’anno solare di riferimento. Si
considera tarata correttamente un’ arma con la quale il cacciatore riesce a centrare con 4 colpi su 5
un bersaglio di 10 cm di diametro posto a 100 metri di distanza . Il cacciatore che intende utilizzare
170
più di un’arma deve presentare un certificato di poligono per ciascuna di esse.
24. Durante la caccia di selezione, in tutto il territorio provinciale, ogni cacciatore è obbligato ad
indossare, sopra agli altri capi d’abbigliamento, un capo ad alta visibilità di colore arancione. Questo
accessorio deve essere indossato per tutto il periodo dell’azione di caccia .
25. Il regolamento per la caccia di selezione al capriolo dovrà obbligatoriamente essere adeguato
entro e non oltre un anno dall'approvazione del presente Piano recependo integralmente quanto
previsto dalla presente "Disciplina".
21. GESTIONE FAUNISTICO VENATORIA DEL CERVO
Il cervo è stato reintrodotto in Provincia di Lucca a partire dall’anno 1967 ad opera dell’ ex Azienda
di Stato delle Foreste Demaniali (oggi Ufficio per la Biodiversità del Corpo Forestale dello Stato di
Lucca) con un totale di 6 animali provenienti dal Tarvisio e da La Mandria. Dopo un periodo di
ambientamento nei recinti della Riserva naturale dell’Orecchiella, nei primi anni 70 alcuni dei cervi
presenti furono liberati nel territorio del Parco dell’Orecchiella, dando origine gradualmente alla
popolazione attualmente presente.
In questi ultimi anni, il cervo ha rioccupato parte dell’areale potenziale e le prospettive di espansione
naturale dei nuclei presenti appaiono discrete. Permangono tuttavia aree ad alta vocazione ove la
specie non è ancora stabilmente presente.
Il bracconaggio, l’attività venatoria e il disturbo antropico sono probabilmente i fattori critici che più
di altri ritardano la colonizzazione di questa specie.
Il cervo si presenta come una specie di grande valenza ecologica e biologica ma decisamente
problematica a causa della necessità di disporre, per ospitare una popolazione autosufficiente, di una
superficie forestale non inferiore ai 5000-10000 ha.
Nel caso del cervo, specie caratterizzata da esigenze spaziali di vaste proporzioni, l’unità di gestione
non può pertanto essere di piccole dimensioni.
Per ciascuna popolazione presente sul territorio, ai sensi del DPGR n. 33/R/2011, viene individuato
un comprensorio geografico e amministrativo di gestione corrispondente all’areale distributivo
complessivo della popolazione stessa.
In Provincia di Lucca la gestione del cervo viene attuata all’interno del Comprensorio ACATER
Occidentale, all’interno dei quali ricadono tutti i comuni dell’ATC Lucca 11 e i comuni di Barga,
Coreglia, Borgo a Mozzano, Bagni di Lucca e Villa Basilica dell’ATC Lucca 12. Il resto del
territorio provinciale risulta non vocato o scarsamente vocato alla specie.
21.1 Analisi danni
Gli indennizzi per danni arrecati dal cervo alle colture agricole sul territorio a caccia programmata
sono riportati nella tabella sottostante. I danni sono stati riscontrati unicamente sul territorio a caccia
programmata dell'ATC Lucca 11. Le colture danneggiate da cervo sono state prevalentemente i
cereali (mais). Di scarso rilievo i danni a foraggere e orticole. L'importo dei danni accertati alle
produzioni agricole mostra un andamento crescente fino al 2012, mentre nel 2013 si registra una
brusca inversione di tendenza.
171
Danni arrecati dal cervo alle colture agricole rispetto al totale dei danni indennizzati nel corso degli anni
2008-2013
ATC LU 11
Importo danni cervo
Importo danni totali
€
€
2008
-
33.902,00
2009
-
30.529,00
2010
3.799,00
27.231,00
2011
3.982,00
14.278,00
2012
8.298,00
34.166,00
2013
1.082,00
22.121,00
Totale
17.161,00
162.227,00
21.2 Gestione faunistico venatoria
In Provincia di Lucca all’interno dell’area vocata alla specie sono presenti due distretti per la caccia
di selezione al cervo .
Estensione dell'areale complessivo, distributivo, e riproduttivo nel cervo
Superficie distretto (ha)
Areale distributivo (ha)
Areale riproduttivo(ha)
DG LU 11
34.725
26.800
11.300
DG LU 12
32.021
16.500
2.100
TOTALE
66.746
43.300
13.400
172
Aree di gestione dei distretti della provincia di Lucca
173
La metodologia impiegata per la definizione della consistenza e l'estensione dell'areale riproduttivo
del cervo è il conteggio al bramito, mentre il conteggio notturno con faro viene effettuato per
ottenere i dati di struttura della popolazione e per l'estensione dell'areale distributivo
(presenza/assenza della specie nelle maglie chilometriche).
Il conteggio primaverile notturno con faro da automezzo ha evidenziato in tutti gli anni di
applicazione alcune criticità :
– un'anomala proporzione tra maschi e femmine.
– la percentuale di maschi adulti nella popolazione è risultata inferiore a quanto noto per la
specie in ambiente appennico; questo probabilmente in ragione del fatto che in periodo
primaverile i maschi adulti sono più difficili da contattare e lo stadio di sviluppo del palco
non sempre consente un'attribuzione certa alla classe di età.
– Il conteggio notturno con il faro ci può dare delle indicazioni certe di presenza/assenza della
specie nei distretti di gestione e la possibilità di definire indici di abbondanza, ma una relativa
difficoltà di riconoscimento delle classi di età solitamente meglio identificabili con i
monitoraggi diurni.
La popolazione di cervi è stata pertanto stimata assumendo che la percentuale di maschi adulti sia il
17% .
Densità calcolata nei distretti della Provincia di Lucca nell'anno 2013.
N. cervi
Densità
sul
distretto Densità su distributivo
(capi/100 ha)
(capi/100 ha)
DG LU 11
547
1,57
2,06
DG LU 12
65
0,2
0,39
TOTALE
612
0,92
1,42
Densità calcolata nei distretti della Provincia di Lucca nell'anno 2014.
N. cervi
Densità
sul
distretto Densità su distributivo
(capi/100 ha)
(capi/100 ha)
DG LU 11
594
1,71
2,22
DG LU 12
53
0,16
0,32
TOTALE
647
0,97
1,49
La caccia di selezione al cervo nella Provincia di Lucca è stata avviata nella stagione venatoria
2013/2014 in ambedue i distretti di gestione.
Nel primo anno di gestione venatoria del cervo sono stati prelevati 31 capi su 40 con una
percentuale di realizzazione del piano di prelievo del 82,5 %, in particolare il distretto DGLU11 ha
raggiunto tassi di attuazione molto alti con 23 capi prelevati su 25 pari al 92%, mentre nel DGLU 12
la percentuale di realizzazione del piano di prelievo è stata del 50%.
Nel distretto DGLU11 i prelievi risultano distribuiti uniformemente in tutte le Aree di Gestione del
distretto, mentre nel distretto DGLU12 tutti i prelievi salvo uno sono stati effettuati nell'area di
gestione AG2.
174
Nella tabella sottostante è riportato il resoconto degli abbattimenti nella stagione venatoria
2013/2014.
DISTRETTO
CAPI ASSEGNATI
CAPI PRELEVATI
ATC LU 11
DC LU 11
25
23
ATC LU 12
DC LU 12
10
5
A.F.V. Monte Prunese
DC LU 11
5
3
40
31
TOTALE
ATC LU 11
PIANO PRELIEVO
CAPI ABBATTUTI
%
Piccoli
8
8
100
Femmine giovani
3
2
66,6
Femmine adulte
5
5
100
Maschi giovani
3
3
100
Maschi subadulti
4
4
100
Maschi adulti
2
1
50
TOTALE
25
23
92
PIANO PRELIEVO
CAPI ABBATTUTI
%
Piccoli
3
1
33,3
Femmine giovani
1
0
-
Femmine adulte
3
2
66,6
Maschi giovani
1
1
100
Maschi subadulti
1
0
-
Maschi adulti
1
1
100
TOTALE
10
5
50
ATC LU 12
175
21.3 Disciplina per la Gestione Faunistico Venatoria del Cervo
Art. 1 - Finalità
La gestione faunistico venatoria del cervo appenninico è finalizzata a garantire il mantenimento della
specie in buono stato di conservazione, in un’ottica di sostenibilità nei confronti delle attività
agricole, della gestione forestale e delle altre competenti della biocenosi.
In particolare all’interno del comprensorio si perseguono i seguenti obiettivi:
1. Orientare la popolazione verso i valori di densità obiettivo a livello di comprensorio e
possibilmente di Provincia.
2. Assecondare l’espansione territoriale del cervo nelle porzioni vocate del comprensorio ove
questo è attualmente assente, incrementare la consistenza della popolazione ove si osservino
valori di bassa densità e contenerne la presenza nelle aree meno vocate o particolarmente
conflittuali.
3. Migliorare la capacità recettiva del territorio.
Gli obiettivi di cui sopra dovranno essere perseguiti attraverso programmi e metodi che considerano
in modo unitario la popolazione, nonostante le suddivisioni amministrative del territorio occupato.
Gli strumenti di gestione della popolazione di cervo sono rappresentati dal piano poliennale e dal
programma operativo annuale di cui all’art. 105, 106, 107 del DPGR n. 33/R/2011.
Art. 2 - Monitoraggio della popolazione
1. Al fine di garantire l'omogeneità della raccolta dei dati, i censimenti devono essere svolti in
simultanea su tutta l'area oggetto di indagine.
Metodi di stima
La stima della consistenza del cervo può essere effettuata ricorrendo ad una o più delle seguenti
tecniche:
• conteggio da punti vantaggiosi al primo verde;
• conteggio notturno con faro da automezzo;
• conteggio al bramito;
• distance sampling;
• pellet count;
• altre tecniche di conteggio purché di riconosciuta validità scientifica.
2. In Provincia di Lucca la stima della consistenza del cervo deve essere attuata principalmente
tramite i seguenti protocolli operativi:
a) - Protocollo operativo per il conteggio al bramito
I criteri per la raccolta di dati di consistenza con questo metodo sono:
• individuazione preliminare dei punti di rilevamento (ascolto) su carta topografica 1:10.000,
con densità indicativa di 1 punto ogni 100 ha, abbassabile a 1 punto ogni 200-300 ha nelle
aree a minore densità;
• date di censimento di norma nel mese di settembre;
176
• rilevamento di tre ore comprese tra le 19.00 e le 24.00;
• censimento in contemporanea in prossimità del crinale e nelle vallate di confine tra
amministrazioni diverse;
• utilizzo di un quadrante goniometrico per la valutazione della provenienza dei bramiti da
orientare prima dell'inizio del rilievo con una bussola di precisione;
• registrazione su scheda delle direzioni di provenienza dei bramiti e della distanza indicativa;
• determinazione del numero di maschi per triangolazione effettuate da due o più punti;
• conteggio dei maschi non triangolati;
La consistenza della popolazione viene calcolata a partire dal numero di maschi censiti e dalla
frequenza relativa dei maschi adulti nella popolazione.
b) - Protocollo operativo per il rilevamento della struttura demografica della popolazione
Il rilevamento della struttura demografica della popolazione di cervo costituisce parte integrante del
metodo di censimento al bramito. Al fine di mitigare le criticità evidenziate dai Piani Annuali
Operativi del Comprensorio ACATER Occidentale degli anni 2013-2014 e 2014-2015 in merito al
conteggio primaverile notturno con faro da automezzo, sono stati definiti i seguenti criteri per
l'analisi della struttura di popolazione:
•
periodo di raccolta delle osservazioni da luglio a gennaio, devono essere effettuati almeno
due uscite in periodo "pre bramito" e altrettante uscite in periodo "post bramito".
•
Le osservazioni devono essere pianificate in simultanea nei distretti di gestione provinciali.
•
le osservazioni dovranno essere effettuate preferibilmente da appostamento, alla cerca lungo
transetto diurno-crepuscolare o di notte con faro alogeno e autoveicolo;
•
le osservazioni vengono registrate su apposita scheda annotando data, ora, localizzazione,
classe di sesso e di età di ciascun individuo osservato;
•
per i censimenti lungo transetto, questi ultimi devono essere individuati su carta topografica
1:10.000, in modo che sia garantita la copertura totale delle principali aree aperte in
prossimità delle strade;
•
mappatura degli animali osservati su carta topografica 1:10.000;
Per il rilievo della presenza/assenza della specie e quindi per incrementare le conoscenze relative
all'areale distributivo del cervo risulta necessario considerare i dati relativi ai capi rinvenuti in
difficoltà o feriti, ai capi trovati morti per cause diverse dal prelievo venatorio, alla localizzazione ed
entità dei danni.
Art. 3 - Attivazione del prelievo
Così come da disposizioni del Piano di Gestione Poliennale del Cervo nel comprensorio ACATER
Occidentale, la forbice di densità entro la quale assestare la popolazione di cervo è 1- 4 capi/100 ha.
L’estremo superiore dell’intervallo è auspicabile in aree a bassa vocazione agricola e forestale, quello
177
inferiore rappresenta il riferimento per zone con presenza diffusa di coltivazioni vulnerabili.
Il raggiungimento del valore minimo dell’intervallo di densità (individuato in 1 capo/100ha) non
costituisce condizione comunque sufficiente per attivare il prelievo nei distretti, così come il
superamento del valore massimo (4 capi/100 ha) non comporta scontatamente il ricorso a piani di
abbattimento non conservativi della popolazione.
Al fine di assicurare il rispetto di quanto di quanto riportato sopra e di quanto previsto all'art. 1 delle
presente Disciplina , ossia assecondare l’espansione territoriale del cervo nelle porzioni vocate del
comprensorio ove questo è attualmente assente, incrementare la consistenza della popolazione ove si
osservino valori di bassa densità e contenerne la presenza nelle aree meno vocate o particolarmente
conflittuali, valori di densità inferiori ad 1 capo / 100 ha non permettono di attivare il prelievo
venatorio all'interno del distretto di gestione.
Ai fini della sostenibilità del prelievo e per garantire la reale espansione della specie nelle aree
ritenute vocate è necessario che i parametri di densità, di cui tener conto ai fini dell'attivazione del
prelievo, devono essere riferiti al singolo distretto di gestione e non al territorio provinciale.
Art. 4 - Esercizio della caccia
a) - Possono accedere alla assegnazione dei capi in abbattimento coloro che:
•
sono iscritti all’ATC dove intendono esercitare l’attività;
•
sono in possesso di abilitazione per l’esercizio della caccia al Cervo dell’ Appennino;
•
sono iscritti alla graduatoria del distretto di cui al successivo articolo 18;
•
hanno partecipato ai censimenti annuali di cui all'art. 2 della presente disciplina ed alle
eventuali altre prestazioni d'opera nelle quantità decise annualmente dall'A.T.C. su
indicazione della Commissione Tecnica;
•
sono iscritti all’ Albo Provinciale dei cacciatori del Cervo dell’Appenninico esclusivamente
nella provincia di Lucca;
•
sono in possesso di idonea certificazione di un poligono di tiro autorizzato rilasciata
nell’anno solare di riferimento. Si considera tarata correttamente l’arma che è in grado di
centrare con 4 colpi su 5 un bersaglio di 10 centimetri di diametro posto a 100 metri di
distanza. Il cacciatore che intende utilizzare più di un’arma, deve presentare un certificato di
poligono per ognuna di esse;
•
hanno esercitato la gestione alla specie capriolo da almeno tre anni in un distretto della
Provincia di Lucca.
b) - Durante l’esercizio della caccia di selezione è espressamente vietato condurre con sè cani.
L’accesso al Distretto di Gestione è ammesso a cani da traccia qualificati in prove di lavoro
riconosciute dalle associazioni competenti esclusivamente per il recupero di capi feriti. I soggetti
ammessi al recupero dei capi feriti sono esclusivamente quelli previsti dall’art. 95 comma d) del
DPGR 33/R/2011, individuati dalla Provincia. L'attività di recupero deve essere esercitata da un
soggetto diverso da colui che ha effettuato l'abbattimento e deve essere preventivamente comunicata
alla Polizia Provinciale .
c) - Al fine di diminuire l’utilizzo di munizioni con piombo è opportuno prevedere nel regolamento
provinciale e in quelli degli ATC forme premiali per coloro che durante la caccia di selezione usano
munizioni atossiche. Il Regolamento per la caccia di selezione al cervo deve fissare il termine entro il
178
quale si dovrà provvedere alla definitiva sostituzione del munizionamento di piombo con
munizionamento atossico. Tale termine non potrà essere superiore a due anni dall'approvazione del
Regolamento stesso.
d) - Durante la caccia di selezione, in tutto il territorio provinciale, ogni cacciatore è obbligato ad
indossare, sopra agli altri capi d’abbigliamento, un capo ad alta visibilità di colore arancione. Questo
accessorio deve essere indossato per tutto il periodo dell’azione di caccia.
Art. 5 – Regolamento per la caccia di selezione al cervo
1. Il regolamento per la caccia di selezione al cervo dovrà essere obbligatoriamente adeguato entro e
non oltre un anno dall'approvazione del presente Piano recependo integralmente quanto previsto
dalla presente "Disciplina".
22. GESTIONE FAUNISTICO VENATORIA DEL MUFLONE
Il muflone (Ovis aries) è una specie originaria di alcune grandi isole mediterranee, quali Corsica,
Sardegna e Cipro. La sua presenza in diverse zone dell’Italia peninsulare è dovuta ad introduzioni
effettuate a partire dal XVIII secolo.
Nella provincia di Lucca le origini della popolazione di muflone si possono far risalire ad interventi
di reintroduzione effettuati a cavallo degli anni 60 da parte dell’ex Azienda di Stato delle Foreste
Demaniali.
Nel Parco Regionale delle Alpi Apuane questo bovide è stato introdotto con intenti venatori
all’inizio degli anni ’80 del XX secolo, antecedentemente all’istituzione dell’area protetta che risale
al 1985; gli esemplari provenivano dal Parco Naturale dell’Orecchiella (LU), situato sul vicino
Appennino Lucchese e complessivamente 16 capi furono rilasciati nel territorio del Comune di
Stazzema (LU), in due riprese: nel 1981 (6 capi) e nel 1982 (10 capi). A partire da questo nucleo, il
muflone si è affermato sul territorio manifestando una presenza sempre più diffusa e numerosa.
La popolazione apuana dal 2003 è oggetto di progetti di monitoraggio sul territorio del Parco curati
dall’Ente Parco. Da cinque anni gli Ambiti Territoriali di Caccia hanno iniziato il monitoraggio nelle
aree circostanti il Parco utilizzando le stesse tecniche di censimento, ovvero osservazioni in
contemporanea da punti di vantaggio e a partire dalla stagione venatoria 2011/2012 è stata avviata la
gestione faunistico venatoria di questa specie.
Il nucleo principale si colloca lungo il crinale appenninico dei comuni di Sillano, S.Romano e Villa
Collemandina a Nord, mentre scendendo verso Sud, interessa i comuni di Castiglione Garfagnana,
Pieve Fosciana, Fosciandora e Barga, nelle loro porzioni più elevate. Altro nucleo importante è
quello apuano nel quale la presenza del muflone è concentrata in un area compresa tra i rilievi del
Monte Freddone a nord ovest e del Monte Croce a sud-est, dove frequenta svariati ambienti, dai
fondovalle alla vetta della Pania della Corce (1858 m), cima più elevata del territorio in questione.
22.1 Territorio vocato
Il territorio indicato come vocato al muflone interessa 23 comuni è caratterizzato per il 70,0% da
formazioni arboree di latifoglie, per il 9,5% da praterie di crinale, per il 9,2% da affioramenti
rocciosi e per il 6,2% da prati-pascoli.
179
Carta della vocazione del muflone in Provincia di Lucca.
180
22.2 Analisi dei danni
Nel corso degli anni 2008-2012 non sono stati presentate domane di risarcimento danni a colture
agricole a carico di questa specie.
22.3 Gestione faunistica venatoria
A seguito di alcuni anni di monitoraggio effettuato dai due Ambiti Territoriali di Caccia è stato
appurato che una consistente porzione della popolazione originatasi dai primi individui immessi
all’interno del Parco Regionale delle Alpi Apuane è ormai stabilmente presente all’esterno dei confini
del Parco, per cui è risultato possibile, anche in considerazione delle caratteristiche di alloctonia della
specie, avviare la gestione faunistico venatoria del muflone all’interno dei territori a caccia
programmata a partire dalla stagione venatoria 2011-2012.
In Provincia di Lucca sono stati individuati due distretti di gestione per la caccia di selezione al
muflone, uno ricadente nell’Ambito Territoriale di Caccia dell’ATC Lucca 12 e uno nell’Ambito
Territoriale di Caccia Lucca 11.
Comuni interessati
Sup. Totale
ha
Distretto ATC Lu 11
Molazzana, Vergemoli, Gallicano, Careggine, 3.867,35
Castelnuovo Garfagnana
Distretto ATC Lu 12
Stazzema, Seravezza, Camaiore, Pescaglia, 2.536,90
Barga
La gestione venatoria del muflone è attuata all'interno dei Distretti di gestione previa esecuzione dei
censimenti annuali ed accertamento dell'esistenza di una densità minima compatibile con il prelievo.
Nelle tabelle sottostanti sono riportate le caratteristiche dei distretti, la consistenza minima accertata
ed i capi abbattuti nei due distretti di gestione a partire dalla stagione venatoria 2011/2012.
Sup. Totale
Sup. utile alla specie Consistenza minima Consistenza minima
(ha)
(ha)
accertata
accertata
(SUS)
2011
2012
Distretto ATC Lu 11
3.867,35
3.832,87
235
318
Distretto ATC Lu 12
2.536,90
2.508,13
595
299
ATC LU 12
ATC LU 11
2011/2012
2012/2013
2011/2012
2012/2013
Totale capi Totale capi % di
M A MG
abbattuti assegnati prelievo
16
24
66,7
5
4
36
45
80
9
9
.43
54
80
10
3
53
75
71
15
4
181
F
piccoli
5
12
23
22
2
6
7
12
22.4 Disciplina per la Gestione Faunistico Venatoria del Muflone
1. La gestione venatoria del muflone è attuata all’interno dei Distretti di Gestione previa esecuzione
dei censimenti annuali ed accertamento di una densità minima compatibile con il prelievo.
2. Il metodo di censimento per la definizione delle densità e della struttura di popolazione del
muflone è il censimento a vista in simultanea da punti vantaggiosi mappati da effettuarsi all’interno
del Distretto di Gestione. I censimenti si svolgono nel periodo 1 marzo - 20 maggio e 1 ottobre – 15
novembre di ciascun anno.
Nel periodo 1 marzo – 20 maggio dovranno essere effettuate almeno 2 giornate di censimento a
distanza di non meno di 30 giorni. Nel periodo 1 ottobre – 15 novembre dovrà essere effettuata
almeno 1 giornata di censimento .
Ogni “giornata” di censimento comprende due sessioni da effettuarsi rispettivamente all’alba e al
tramonto con permanenza nel punto di osservazione per un periodo di almeno due ore consecutive.
3. Il numero minimo di censimenti a vista obbligatori per accedere alle attività di gestione del
Distretto è pari a 3.
4. E’ comunque auspicabile un coordinamento delle date di censimento, per quanto possibile, tra
l’Ente Parco Regionale delle Alpi Apuane e l’ATC. Le date dei censimenti devono essere comunicate
alla Polizia Provinciale e all’Ufficio Risorse Faunistiche della Provincia in forma scritta almeno sette
giorni prima della data di effettuazione degli stessi.
5. L’ATC può, in ogni caso, per una migliore definizione della densità e struttura della popolazione,
prevedere ulteriori giornate di censimento rispetto a quanto riportato sopra, la cui partecipazione è
comunque obbligatoria per poter accedere alle attività di gestione del Distretto. Di tali censimenti
aggiuntivi viene data notizia alla Polizia Provinciale e all’Ufficio Risorse Faunistiche della Provincia
in forma scritta almeno sette giorni prima della data di effettuazione degli stessi.
6. Per valutare la possibilità di apertura alla caccia di selezione di un nuovo distretto all’interno del
territorio vocato alla specie devono essere attuati almeno due anni di monitoraggio, con censimenti a
vista effettuati con le modalità sopra riportate, al fine di ottenere dati sulla struttura e densità della
popolazione. L’apertura del nuovo distretto sarà possibile a seguito di verifica tecnica positiva dei
risultati ottenuti. Le date dei censimenti, devono essere comunicate alla Polizia Provinciale e
all’Ufficio Risorse Faunistiche della Provincia in forma scritta almeno sette giorni prima della data di
effettuazione degli stessi.
7. I piani di prelievo del muflone, redatti dagli Ambiti Territoriali di Caccia, una volta esaminati dai
Tecnici della Provincia, dovranno essere trasmessi all’Istituto Superiore per la Protezione e la
Ricerca Ambientale al fine di acquisire un parere in merito.
8. Al fine di garantire un prelievo bilanciato tra le diverse classi di sesso ed età e rispettoso del Piano
di Prelievo, i Comitati di Gestione degli ATC devono porre in atto i necessari monitoraggi e controlli
in tempo reale sull’attuazione del piano di prelievo della popolazione di muflone all’interno dei
distretti di gestione, adottando, se del caso, conformemente alle proprie competenze, gli opportuni
correttivi.
9. La caccia di selezione al muflone è consentita unicamente da postazione fissa, preferibilmente da
altana, adeguatamente segnalata. Le postazioni dovranno essere comunicate alla Polizia Provinciale
prima dell'inizio della caccia fornendo cartografia in scala adeguata e coordinate geografiche di
riferimento in Gauss-Boaga.
10. Al termine del primo mese dell’attività di selezione, si richiede che venga prodotta alla scrivente
182
Amministrazione una relazione sull’andamento del Piano di prelievo.
11. E’ espressamente vietato condurre con sé cani durante l’esercizio della caccia di selezione.
12. L’accesso al Distretto di Gestione è ammesso a cani da traccia qualificati in prove di lavoro
riconosciute dalle associazioni competenti esclusivamente per il recupero di capi feriti . I soggetti
ammessi al recupero dei capi feriti sono esclusivamente quelli previsti dall’art. 95 comma d) del
DPGR 33/R/2011, individuati dalla Provincia. L'attività di recupero deve essere esercitata da un
soggetto diverso da colui che ha effettuato l'abbattimento e deve essere preventivamente comunicata
alla Polizia Provinciale.
13. Al fine di diminuire l’utilizzo di munizioni con piombo è opportuno prevedere nel regolamento
provinciale e in quelli degli ATC forme premiali per coloro che durante la caccia di selezione usano
munizioni atossiche. Il Regolamento per la caccia di selezione al muflone deve fissare il termine
entro il quale si dovrà provvedere alla definitiva sostituzione del munizionamento di piombo con
munizionamento atossico. Tale termine non potrà essere superiore a due anni dall'approvazione del
Regolamento stesso.
14. Possono accedere all’assegnazione dei capi in abbattimento coloro che sono in possesso di
idonea certificazione di un poligono di tiro autorizzato rilasciata nell’anno solare di riferimento. Si
considera tarata correttamente un’ arma con la quale il cacciatore riesce a centrare con 4 colpi su 5
un bersaglio di 10 cm di diametro posto a 100 metri di distanza . Il cacciatore che intende utilizzare
più di un’arma deve presentare un certificato di poligono per ciascuna di esse.
15. Durante la caccia di selezione, in tutto il territorio provinciale, ogni cacciatore è obbligato ad
indossare, sopra agli altri capi d’abbigliamento, un capo ad alta visibilità di colore arancione. Questo
accessorio deve essere indossato per tutto il periodo dell’azione di caccia.
16. Il regolamento per la caccia di selezione al muflone dovrà essere obbligatoriamente adeguato
entro e non oltre un anno dall'approvazione del presente Piano recependo integralmente quanto
previsto dalla presente "Disciplina".
23. GESTIONE FAUNISTICO VENATORIA DEL DAINO
L’ origine della popolazione che occupa attualmente la Provincia di Lucca è molto controversa. Ciò
è dovuto al fatto che la vicinanza del Parco di Migliarino – S. Rossore – Massaciuccoli ha messo a
disposizione di Comuni, Comunità montane e privati molti animali che sono stati introdotti nel
passato in numerose località che hanno costituito centri importanti di irradiazione sul territorio della
Provincia. A causa dell’alto numero di introduzioni effettuate, la distribuzione del daino appare oggi
molto frammentata.
Essendo una specie molto plastica dal punto di vista comportamentale, il daino, in alcuni ambienti
protetti, ha dato vita in pochi decenni a popolazioni numerosissime che hanno arrecato, come nel
caso della tenuta presidenziale di San Rossore, gravissimi danni al soprassuolo arboreo ed arbustivo:
danni tali da precludere la possibilità di rinnovazione alla foresta stessa.
In virtù del suo comportamento gregario e della relativa confidenza che instaura con le attività
antropiche è una delle specie a più alto impatto sulle attività agricole e sulla selvicoltura. Dal punto
di vista dell’interazione con altre specie, questo cervide si pone in forte competizione alimentare con
il cervo e con il capriolo; competizione, che, date le sue maggiori capacità di adattamento, si risolve
quasi sempre a vantaggio del daino.
Sebbene la presenza del daino sia ancora sporadica e frammentata, sarebbe auspicabile prendere in
183
esame la necessità di un avvio di monitoraggio di questa specie sul territorio provinciale, anche per
valutare l’impatto che esercita sul contesto faunistico in cui si trova.
184
INDICE
PAG
1
ANALISI DEI RISULTATI DEL PIANO FAUNISTICO VENATORIO
2006 - 2010
1
2
SINTESI DEGLI OBIETTIVI
4
2.1
OBIETTIVI SPECIFICI
5
2.2
LA DECLINAZIONE DEGLI OBIETTIVI SPECIFICI IN AZIONI
6
IL TERRITORIO PROVINCIALE
46
3.1
VALLE DEL SERCHIO
47
3.2
PIANA DI LUCCA
48
3.3
VERSILIA
49
AGRICOLTURA DELLA PROVINCIA DI LUCCA
49
4.1
VALLE DEL SERCHIO
50
4.2
PIANA DI LUCCA
50
4.3
VERSILIA
51
4.4
CENSIMENTO AGRICOLTURA 2010
53
5
LA SAF DELLA PROVINCIA DI LUCCA
57
6
IL QUADRO DEI VINCOLI
59
7
I SITI NATURA 2000
61
8
IL TERRITORIO A CACCIA PROGRAMMATA
62
8.1
I COMPRENSORI
62
8.2
LA PRESSIONE VENATORIA
63
8.3
SICUREZZA NELL'ESERCIZIO
CONTROLLO FAUNISTICO
8.4
APPOSTAMENTI FISSI DI CACCIA
66
8.5
AREE IN CUI NON SONO COLLOCABILI APPOSTAMENTI FISSI DI CACCIA
66
GLI ISTITUTI - VALUTAZIONI E PROPOSTE
68
CENTRI PUBBLICI PER LA RIPRODUZIONE DELLA FAUNA SELVATICA ALLO
STATO NATURALE
69
"CENTRO PUBBLICO PER LA RIPRODUZIONE DELLA FAUNA SELVATICA ALLO
STATO NATURALE ""COLLE FOBIA"
68
9.1.1.1
Valutazione
69
9.1.1.2
Indicazioni gestionali
70
ZONE DI PROTEZIONE LUNGO LE ROTTE DI MIGRAZIONE DELLA AVIFAUNA
71
ROTTA DI MIGRAZIONE LUNGO L'ALVEO DEL FIUME SERCHIO
71
9.2.1.1
Sintesi delle principali caratteristiche dell'area
71
9.2.1.2
Valutazioni e indicazioni gestionali
72
ROTTA DI MIGRAZIONE DEL BIENTINA
75
9.2.2.1
Sintesi delle principali caratteristiche dell'area
75
9.2.2.2
Valutazioni e indicazioni gestionali
76
ROTTA DI MIGRAZIONE DELLA VERSILIA
77
Sintesi delle principali caratteristiche dell'area
77
3
4
9
9.1
9.1.1
9.2
9.2.1
9.2.2
9.2.3
9.2.3.1
185
VENATORIO
E
NELLE
OPERAZIONI
DI
65
9.2.3.2
Valutazioni e indicazioni gestionali
77
ROTTA DI MIGRAZIONE DELLE EX-CAVE DEL BRENTINO
77
9.2.4.1
Sintesi delle principali caratteristiche dell'area
77
9.2.4.2
Valutazioni e indicazioni gestionali
78
NUOVE PROPOSTE
78
OASI
80
OASI DELL'ORRIDO DI BOTRI E OASI DEL BALZO NERO
80
Sintesi delle principali caratteristiche dell'area e linee gestionali
80
OASI DI MONTEVECCHIO ORECCHIELLA
82
Sintesi delle principali caratteristiche dell’area e linee gestionali
82
ZONE DI RIPOPOLAMENTO E CATTURA
84
9.4.1
ZRC CONTRONERIA
86
9.4.2
ZRC FARNETA
86
9.4.3
ZRC CARRAIA
86
9.4.4
ZRC PIAZZA AL SERCHIO
86
ZONE DI RISPETTO VENATORIO
87
10
FONDI CHIUSI
88
11
AREE SOTTRATTE ALLA CACCIA PROGRAMMATA
89
12
AREE PER L'ADDESTRAMENTO, L'ALLENAMENTO E LE GARE DEI CANI
90
DISCIPLINA PER LA COSTITUZIONE E LA GESTIONE
ADDESTRAMENTO CANI
91
9.2.4
9.2.5
9.3
9.3.1
9.3.1.1
9.3.2
9.3.2.1
9.4
9.5
12.1
13
DELLE AREE
AZIENDE FAUNISTICO VENATORIE E AGRITURISTICO VENATORIE
93
13.1
LINEE GUIDA PER LA GESTIONE DELLE AZIENDE FAUNISTICO VENATORIE
95
13.2
LINEE GUIDA PER LA GESTIONE DELLE AZIENDE AGRI TURISTICO
VENATORIE
98
13.3
RICHIESTE DI NUOVA AUTORIZZAZIONE
99
IMMISSIONI FAUNISTICHE
100
14.1
ANALISI DELLE IMMISSIONI
101
14.2
VALUTAZIONI
106
14.3
DIRETTIVE PER LE IMMISSIONI DI FAUNA SELVATICA
107
LINEE GUIDA PER LA GESTIONE DELLE SPECIE PROBLEMATICHE
112
15.1
CORNACCHIA GRIGIA (Corvus corone cornix)
112
15.2
PICCIONE (Columba livia forma domestica)
113
15.3
VOLPE (Vulpes vulpes)
113
15.4
MINILEPRE (Sylvilagus floridanus)
114
ANALISI DANNI CAUSATI DALLA FAUNA SELVATICA
115
16.1
INDENNIZZI CORRISPOSTI DALLA PROVINCIA
115
16.2
INDENNIZZI CORRISPOSTI DALL'ATC
117
16.3
PREVENZIONE DEI DANNI
125
16.4
PIANO REGIONALE AGRICOLO FORESTALE (P.R.A.F.) 2012-2015
126
16.5
CRITERI
PER
LA PREVENZIONE,
L'ACCERTAMENTO
ED
IL
RICONOSCIMENTO DEI DANNI CAUSATI ALLE OPERE ED ALLE COLTURE
AGRICOLE E FORESTALI DALLA FAUNA SELVATICA E DALL'ATTIVITA'
VENATORIA
127
14
15
16
186
17
INTERVENTI DI MIGLIORAMENTO AMBIENTALE
133
17.1
CRITERI DI PIANIFICAZIONE
135
17.2
LE TIPOLOGIE DI INTERVENTO DI MIGLIORAMENTO AMBIENTALE
137
17.3
CRITERI ATTUATIVI PER GLI INTERVENTI DI MIGLIORAMENTO AMBIENTALE
DI COMPETENZA DELLA PROVINCIA
141
17.4
CRITERI ATTUATIVI PER GLI INTERVENTI DI MIGLIORAMENTO AMBIENTALE
DI COMPETENZA DEGLI AMBITI TERRITORIALI DI CACCIA
142
CRITERI PER IL MONITORAGGIO DELLA FAUNA
144
18.1
MONITORAGGIO DEGLI UNGULATI
144
18.2
MONITORAGGIO DELLA PICCOLA SELVAGGINA STANZIALE
148
GESTIONE FAUNISTICO VENATORIA DEL CINGHIALE
150
19.1
QUADRO NORMATIVO
151
19.2
ANALISI DEI DANNI E INTERVENTI DI PREVENZIONE
153
19.3
DELIMITAZIONE DELLE AREE VOCATE E NON VOCATE
154
19.4
GESTIONE DEL CINGHIALE NELLE AREE VOCATE
154
19.5
MONITORAGGIO DELLA POPOLAZIONE DI CINGHIALI
157
19.6
GESTIONE E CONTROLLO DEL CINGHIALE NELLE AREE NON VOCATE
157
19.6.1
Indicazioni gestionali
158
19.6.2
Controllo diretto ex art. 37 della L.R. 3/94
159
18
19
20
161
19.6.2.2 Metodi
161
19.6.2.3 Personale
161
19.6.2.4 Sicurezza
162
19.6.2.5 Destinazione capi abbattuti
162
19.6.2.6 Munizionamento utilizzabile
163
GESTIONE FAUNISTICO VENATORIA DEL CAPRIOLO
163
20.1
TERRITORIO VOCATO
163
20.2
ANALISI DANNI
165
20.3
GESTIONE FAUNISTICO VENATORIA
165
20.4
DISCIPLINA PER LA GESTIONE FAUNISTICO VENATORIA DEL CAPRIOLO
168
GESTIONE FAUNISTICO VENATORIA DEL CERVO
171
21.1
ANALISI DANNI
171
21.2
GESTIONE FAUNISTICO VENATORIA
172
21.3
DISCIPLINA PER LA GESTIONE FAUNISTICO VENATORIA DEL CERVO
176
GESTIONE FAUNISTICO VENATORIA DEL MUFLONE
179
22.1
TERRITORIO VOCATO
179
22.2
ANALISI DANNI
181
22.3
GESTIONE FAUNISTICA VENATORIA
181
22.4
DISCIPLINA PER LA GESTIONE FAUNISTICO VENATORIA DEL MUFLONE
182
GESTIONE FAUNISTICO VENATORIA DEL DAINO
183
21
22
23
19.6.2.1 Obiettivi
187