CalabriaRurale n.3

A cura del Dipartimento Agricoltura,
Foreste e Forestazione - Regione Calabria
Aprile-Giugno
2014
F O C U S
calabria
Tra vite, vino e qualità,
alla scoperta di un’altra
eccellenza calabrese
L’assessore
Trematerra:
“Al via il PSR
2014-2020”
Il controllo
delle macchine
irroratrici e l’uso
dei prodotti
fitosanitari
PSR Calabria:
clima, crescita
sostenibile
e sistema agricolo
DIPARTIMENTO N. 6
AGRICOLTURA, FORESTE E FORESTAZIONE
Via Enrico Molè - 88100 Catanzaro
Assessore
Dirigente Generale
Autorità di Gestione PSR Calabria 2007-2013
SETTORE 1
A FFARI G ENERALI ,
R ISORSE U MANE ,
S ERVIZI T ERRITORIALI ,
E NTI S TRUMENTALI
E S UB -R EGIONALI
SETTORE 2
V ALORIZZAZIONE
E P ROMOZIONE ,
P RODUZIONI A GRICOLE
E F ILIERA P RODUTTIVA
Dirigente
Dirigente
dott. Giacomo Giovinazzo
dott. Giuseppe Calabretta [email protected]
[email protected]
Servizio 4
Servizio 1
Sistema Qualità AA.GG., Contenzioso
Valorizzazione,
e Usi Civici,
Produzioni Agricole,
Rapporti
Mercato e Sicurezza
con l’Organismo
Alimentare,
Pagatore Regionale
Valorizzazione
e con gli Enti
Filiera Produttiva
Dirigente
Strumentali
ing. Carmelo Salvino
e di Bonifica
[email protected]
Dirigente
avv. Domenico Ferrara
[email protected] Servizio 5
Promozione e Marketing
dei Prodotti Agricoli
Servizio 2
e Agroalimentari,
Area Territoriale
Fiere e Mercati,
Meridionale
Osservatori
Reggio Calabria
ed Educazione
Dirigente
dott.ssa Caterina Loddo Alimentare
Dirigente
[email protected]
dott. Giorgio Piraino
[email protected]
Servizio 3
Area Territoriale
Settentrionale Cosenza
Dirigente ad interim
dott. Giuseppe Oliva
[email protected]
SETTORE 3
S VILUPPO R URALE ,
Z OOTECNIA ,
C REDITO , R IORDINO
E T RASFORMAZIONE
F ONDIARIA
dott. Michele Trematerra
[email protected]
prof. Giuseppe Zimbalatti
[email protected]
avv. Alessandro Zanfino
[email protected]
SETTORE 4
S ERVIZI DI S VILUPPO
A GRICOLO
F ITOSANITARIO
E V ALORIZZAZIONE
P ATRIMONIO I TTICO
E F AUNISTICO
SETTORE 5
F ORESTE
E F ORESTAZIONE ,
P OLITICHE
DELLA M ONTAGNA ,
D IFESA DEL S UOLO
E B ONIFICA
Reggente
ing. Carmelo Salvino
[email protected]
Dirigente
dott. Giuseppe Oliva
[email protected]
Servizio 6
Sviluppo della Zootecnia,
Riordino
e Trasformazione
Fondiaria
Dirigente
ing. Pasquale Celebre
[email protected]
Servizio 9
Patrimonio Ittico
e Faunistico,
Caccia e Pesca
Dirigente
dott. Cosimo Caridi
[email protected]
Servizio 7
Sviluppo Rurale,
Leader Plus,
Agriturismo,
Paesaggio Rurale
Dirigente
dott.ssa Alessandra Celi
[email protected]
Servizio 10
Ricerca e Dimostrazioni,
Divulgazione,
Formazione, Vivaismo
e Fitosanitario
Dirigente
dott.ssa Carmela Barbalace
[email protected]
Servizio 11
Forestazione, Tutela
Boschi, Valorizzazione
delle Montagne,
Sistemi Agricoli
e Montani,
Filiere Silvopastorali
Dirigente ad interim
ing. Pasquale Celebre
[email protected]
Dirigente
dott. Giovanni Aramini
[email protected]
Servizio 8
Sviluppo Rurale,
Credito Agrario,
Fondo di Solidarietà
Dirigente ad interim
dott. Giovanni Aramini
[email protected]
Servizio 12
Difesa del Suolo, Bonifica
e Irrigazione,
Valorizzazione dei Sistemi
e Infrastrutture Rurali
Dirigente
ing. Fernando Bafaro
[email protected]
Sommario
2
2
IL PUNTO
Al via il PSR 2014-2020: a misura di territorio
15
MICHELE TREMATERRA
4
4
6
9
16 “Sostenere i vigneti e puntare al mercato estero”
A colloquio con l’assessore all’Agricoltura Michele Trematerra
18 Situazione attuale e prospettive future
MECCANIZZAZIONE
Macchine irroratrici: sostenibilità ambientale
in primo piano
della viticoltura calabrese
ROCCO ZAPPIA
PAO L O P E L L E G R I N O
24 Il vino custodisce la vita, la storia, le persone
Intervista ad A N T O N I O
Ecco come ottimizzare l’uso dei prodotti fitosanitari
GIUSEPPE ZIMBALATTI
SANDRO LIBERATORI
ROBERTO LIMONGELLI
28 Il Gaglioppo nel suo regno:
controllo e formazione le regole per vincere la sfida
32 Per un nuovo sviluppo potenziare la filiera del vino
N I C O L A B E L F I O R E et al.
GIACOMO GIOVINAZZO
34
Calabria Rurale
A cura dell’Assessorato Agricoltura, Foreste e Forestazione
Dipartimento 6 Settore 3 della Regione Calabria
Via Molè - 88100 Catanzaro
Telefono 0961 853132 – 0961 853125
Coordinamento editoriale
Bruno Bernardi, Vincenzo Carè, Anna Maria Corea,
Rosario Franco, Giuseppina Statti, Edoardo Vigetti
Hanno collaborato
Giovanni Aramini, Nicola Belfiore, Luigi Chies,
Antonella Costa, Davide De Santis, Antonio Di Leo,
Rosaria Fortugno, Giovanni Gagliardi, Federica Gaiotti,
Giacomo Giovinazzo, Antonio Guzzo, Manuela Lacaria,
Piero Lamanna, Antonio Leuzzi, Sandro Liberatori,
Roberto Limongelli, Lorenzo Lovat,
Massimino Magliocchi, Maria Monte, Paolo Pellegrino,
Pia Rispoli, Valda Rondelli, Luigi Sansone, Diego Tomasi,
Michele Trematerra, Rocco Zappia, Giuseppe Zimbalatti
38
40
Stampa
Rubbettino srl
Soveria Mannelli (Catanzaro)
www.rubbettinoprint.it
www.calabriapsr.it - [email protected]
OLIVICOLTURA
Nell’olivicoltura la nostra storia,
nell’olio extravergine IGP di Calabria il nostro futuro
LO STUDIO
Il miglioramento genetico del Suino Apulo-Calabrese
LUIGI CHIES
PIERO LAMANNA
42
ALIMENTAZIONE
44
P A T - P RO D O T T I A G RO A L I M E N TA R I T R A D I Z I O N A L I
Workshop su sicurezza alimentare e ristorazione
Siamo a (cacio)cavallo
Il Caciocavallo di Ciminà
Distribuito in allegato ad Agrisole - Gruppo Il Sole 24 Ore
Progetto, impaginazione e realizzazione
Pierrestampa srl
Viale di Villa Grazioli, 5 - 00198 Roma
www.pierrestampa.it
Clima, crescita sostenibile e sistema agricolo,
ormai siamo già nel 2020
MASSIMINO MAGLIOCCHI
Registrazione Tribunale di Catanzaro n. 7 del 22.10.2013
Spedizione in abbonamento postale DL 253/2009
(conv. in L. 27.2.2004 n. 46) art. 1 comma 1
PSR CALABRIA
G I O VA N N I A R A M I N I
ANTONELLA COSTA
Direttore responsabile
Massimo Antonio Calabrò
Vicedirettore
Manuela Lacaria
G I O VA N N I G A G L I A R D I
alla prova il miglioramento delle uve
VA L D A R O N D E L L I
ANTONIO DI LEO
ANTONIO LEUZZI
GUZZO
26 Passito, ma non passato: il lungo viaggio di un dolce tesoro
L’impatto sull’ambiente e la salute:
tutto inizia progettando le macchine
12 In Calabria tocca all’ARSAC:
F O C U S. I N V I N O. . . C A L A B R I E TA S!
46
ROSARIO FRANCO
PIA RISPOLI
L’EVENTO
Prodotti ittici in vetrina
ROSARIA FORTUGNO
47
LEGGI - TUTTI I PROVVEDIMENTI
Il vino tra decreti, disciplinari e laboratori autorizzati
MANUELA LACARIA
P U N T O
I L
Al via il PSR 2014-2020:
a misura di territorio
Il Dipartimento Agricoltura, Foreste e Forestazione ha terminato la stesura della
nuova programmazione dei fondi comunitari. Un lavoro partito da lontano, che non
ha lasciato nulla al caso e che è basato,
oltre che sull’analisi dei fabbisogni specifici
individuati e delle correlazioni incrociate
SWOT-Focus Area/SWOT-fabbisogni, sulle
preziose indicazioni raccolte nei numerosi
incontri organizzati negli ultimi mesi non
solo nelle sedi istituzionali, ma anche in
giro per i territori calabresi, volti all’ascolto
delle istanze e delle esigenze degli attori
principali del mondo rurale. Incontri fortemente voluti con l’intento di essere in
grado di redigere un Programma di Sviluppo Rurale aderente alla realtà e alle diverse necessità dei territori e che riesca a
ottenere importanti ricadute su di essi.
Una programmazione, quella 2014-2020,
dai forti elementi innovativi, che punta a
snellire e ottimizzare tempi e procedure
burocratiche e a rendere più efficiente la
macchina amministrativa e più efficaci gli
interventi di sostegno ai settori agroalimentare e forestale. Interventi che saranno stabiliti in virtù di scelte precise e
ragionate. Intendiamo dare infatti una
nuova impostazione al sistema dei finanziamenti, concentrando attenzione e risorse sui settori che realmente necessitano
di supporto e che sono in grado di produrre
redditività e occupazione e, naturalmente,
premiando la qualità progettuale. A dimostrazione inoltre della nostra intenzione di
snellire i tempi e la burocrazia, puntiamo
a pubblicare i primi bandi della nuova programmazione entro la fine dell’anno.
Il PSR 2014-2020, nel dettaglio, sarà articolato per Focus Area, individuate all’interno delle sei Priorità dello sviluppo
rurale indicate dalla Comunità Europea. A
ciascuna Focus Area sono associati specifici indicatori di misurazione dei risultati
che il PSR persegue e un target generale.
MICHELE TREMATERRA
Assessore all’Agricoltura
della Regione Calabria
I nuovi bandi
premieranno
la qualità progettuale
nell’ottica
di convogliare
le risorse
sui settori
che realmente
necessitano
di supporto
e che garantiscano
redditività
e occupazione
2
E una stessa misura può concorrere all’obiettivo di più di una Focus Area e,
quindi, a più obiettivi del programma.
Tre gli obiettivi strategici verso il quale è
orientato il Programma: competitività del
sistema agricolo, sostenibilità e ambiente, sviluppo territoriale equilibrato.
La competitività del sistema agricolo sui
mercati verrà perseguita attraverso l’innovazione e lo sviluppo delle aziende agricole
e forestali e la cooperazione e l’integrazione di filiera. Sostenibilità e ambiente
verranno perseguite attraverso la gestione
sostenibile di tutti i fattori della produzione, il presidio e la custodia dei suoli soggetti a specifici vincoli naturali o a rischi e
la salvaguardia della biodiversità. Lo sviluppo territoriale equilibrato verrà perseguito infine nell’ambito dei territori rurali
più svantaggiati attraverso l’innovazione
dei processi di governance dello sviluppo
locale, la creazione di nuove opportunità di
lavoro mediante processi di diversificazione
dell’economia rurale e la gestione economica sostenibile delle foreste.
Tra le parole d’ordine della nuova programmazione, l’innovazione. Puntiamo
infatti alla modernizzazione sia dei comparti agricolo e forestale sia della stessa
macchina amministrativa.
Uno dei principali scopi del PSR 20142020, quello di favorire l’occupazione
giovanile nei settori extra-agricoli e nel
settore forestale, anche attraverso l’implementazione di strategie di sviluppo locale,
nonché la promozione della cooperazione
e dell’associazionismo tra imprese e
gruppi di produttori, ancora poco perseguite in Calabria, ma strumenti indispensabili per rendersi realmente competitivi.
Partendo dal presupposto che qualità e
certificazione dovranno essere le linee
guida in agricoltura, zootecnia e forestazione, si punterà a rafforzare sui mercati
le filiere agroalimentari più rappresenta-
tive e a sviluppare le aree forestali migliorando la redditività delle foreste.
Massima importanza avrà la salvaguardia
agro-climatico-ambientale. Le nuove misure saranno tutte orientate alla gestione
e all’utilizzo sostenibile delle risorse scarse
o non riproducibili, al risparmio energetico,
alla produzione di energia da fonti rinnovabili, alla riduzione delle emissioni di gas
serra e ammoniaca, alla difesa della biodiversità e del suolo, al presidio delle aree
agricole soggette a vincoli naturali, all’ampliamento delle pratiche biologiche e a favorire l’imboschimento e gli investimenti
per accrescere la resilienza e il pregio ambientale dei sistemi agroforestali.
Per conseguire invece uno sviluppo socioeconomico equilibrato, puntiamo a sostenere i processi di diversificazione aziendale
e quelli di start up nei settori extragricoli,
ivi incluso lo sviluppo delle filiere correlate
alla gestione economica delle aree forestali, promuovendo lo sviluppo, l’ammodernamento e l’innovazione della filiera
bosco-legno attraverso investimenti in
nuove tecnologie e nella trasformazione e
commercializzazione dei prodotti forestali.
Tra le caratteristiche principali delle nuove
misure, la flessibilità, in modo da consentire
adattamenti nel corso dell’intero periodo di
programmazione. All’interno della stessa
misura, inoltre, saranno definite più linee
d’intervento, così che ci si possa rivolgere
a precisi target di beneficiari e/o a target di
territori/prodotti diversificati, ad esempio
attraverso bandi monotematici. Ci adopereremo anche affinché per gli imprenditori
sia più semplice l’utilizzo degli strumenti finanziari, alcuni dei quali saranno decisamente innovativi rispetto al passato.
Tra le altre novità della nuova programmazione, l’importante mansione assegnata all’ARSAC: per garantire organicità
e pertinenza rispetto ai fabbisogni del territorio regionale, l’ente si occuperà della
redazione del Piano annuale formativo,
concertato con le parti sociali, su indicazione e controllo dell’Autorità di Gestione.
Le importanti novità, però, non finiscono qui.
Prendiamo ad esempio gli investimenti
aziendali, l’ex Misura 121, riferita all’ammodernamento delle aziende agricole: a partire
da questo momento, le aziende verranno
classificate rispetto alla loro potenzialità oggettiva di produrre reddito e i bandi saranno
differenziati per categoria di impresa. L’adozione di diverse linee di sviluppo intende
rappresentare infatti la base per determinare
un accesso ampio ma differenziato alle risorse pubbliche da parte delle aziende.
Forti elementi di discontinuità con le passate programmazioni interesseranno le
strategie di sviluppo locale, che saranno intese in maniera diversa per puntare a una
maggiore efficienza e si concentreranno all’interno della Misura 19. Sarà definita infatti una netta delimitazione delle misure
che possono essere attivate per la strategia
di sviluppo locale, in maniera tale da concentrare gli obiettivi dei GAL e soprattutto
da non determinare sovrapposizioni con
l’azione ordinaria del PSR. L’Autorità di Gestione avrà il compito di verificare i criteri
di selezione dei beneficiari dei progetti
GAL. Discorso simile per i Progetti Integrati
di Filiera, nel settore agroalimentare e in
quello forestale, che saranno riconsiderati
e rivisti per conseguire maggiore efficacia.
Si punterà a una forte concorrenzialità tra
i potenziali beneficiari per selezionare programmi di intervento che dimostrino maggiori possibilità di riuscita sui mercati e in
linea con la politica regionale di settore. E
l’Autorità di Gestione definirà gli ambiti
settoriali prioritari per l’attuazione dei PIF,
indicando le strategie di intervento, il numero di progetti integrati finanziabili, i valori minimi di PLV che il soggetto
proponente deve garantire nel processo
produttivo, la composizione minima del
partenariato, le misure attivabili, gli interventi ammissibili.
Si tratta di una sfida importantissima per
il futuro prossimo della Calabria e dei calabresi, per la quale il Dipartimento Agricoltura, Foreste e Forestazione si sta
spendendo con grande impegno e dedizione. Incoraggiati anche dagli ultimi dati
emersi dal rapporto annuale della Banca
d’Italia sull’economia regionale, che mostrano chiaramente come l’agroalimentare, a dispetto della crisi generalizzata e
perdurante, sia uno dei pochissimi comparti in Calabria e nel Meridione a compiere significativi passi in avanti. Siamo
certi quindi che il PSR 2014-2020, partito
con i migliori presupposti, seminerà realmente sviluppo e favorirà ulteriormente la
crescita dei vari comparti e dell’intera
economia regionale.
Aprile-Giugno 2014
Nuova linfa vitale
in agricoltura,
zootecnia,
forestazione
e anche
in tutto
l’indotto,
per uno sviluppo
che ricadrà
sull’intera
economia
regionale
3
MECCANIZZAZIONE
Macchine irroratrici:
sostenibilità ambientale
in primo piano
GIUSEPPE ZIMBALATTI
Dirigente Generale
del Dipartimento Agricoltura,
Foreste e Forestazione Regione Calabria
Oggi più che mai, in chiave Comunitaria,
è aumentata la consapevolezza che l’attività agricola non può essere esercitata
se non nel rispetto dell’ambiente e della
sicurezza del consumatore. Per anni, tuttavia, l’esecuzione dei trattamenti fitosanitari ha rappresentato una delle fasi
meno efficienti dell’intero processo produttivo agricolo, in quanto, durante tale
operazione, macchine e attrezzature utilizzate facevano registrare perdite della
dose distribuita anche del 50%. L’attenzione principale si incentrava infatti, in
maniera quasi esclusiva, sul periodo di
esecuzione del trattamento e sulla tipologia di prodotto fitosanitario da adoperare, piuttosto che su come distribuirlo al
meglio. In buona sostanza questo ha comportato l’uso di macchine mal funzionanti,
poco efficaci e altamente inquinanti per
perdite eccessive, effetto deriva e difficoltà di raggiungimento del bersaglio. A
questo si accompagnava una non soddisfacente formazione degli addetti ai trattamenti che operavano, fra l’altro, anche
in precarie condizioni di sicurezza.
L’attenzione sul tema è oggi notevolmente
migliorata e la corretta distribuzione degli
agrofarmaci è divenuta un presupposto
fondamentale nell’ottica di un’agricoltura
globale sempre più ecocompatibile e sostenibile. L’evoluzione tecnologica ha permesso di migliorare l’efficienza delle
irroratrici adoperate e sono inoltre migliorate le conoscenze sulle corrette modalità
di utilizzo delle stesse; inoltre difficilmente si riscontrano gravi carenze funzionali dovute all’assenza di manutenzione
da parte degli operatori.
Istituito
presso l’ARSAC
il Servizio Regionale
di Controllo
Funzionale
e Taratura
per contenere
la dispersione
di sostanze attive
e incrementare
l’efficienza
degli interventi
4
In Italia, i primi passi sul controllo funzionale delle irroratrici risalgono agli
anni ’80, ma è solo nel 1996 che con il
Programma interregionale agricoltura e
qualità, Misura 4 “Impiego di fitofarmaci ed efficienza distributiva delle irroratrici”, che varie Regioni italiane
hanno attivato, con modalità e organizzazione diverse, un servizio per il controllo funzionale e la taratura delle più
diffuse tipologie di macchine irroratrici,
rappresentate essenzialmente dalle
barre irroratrici e dagli “atomizzatori”.
Momento questo, che, anche se ha segnato l’avvio di un interesse più puntuale sul tema, ha tuttavia generato una
sorta di diversità operativa fra gli agricoltori delle diverse Regioni italiane, con
particolare riferimento sia ai contoterzisti, che si trovavano a operare in regioni con norme diverse, sia per i
costruttori di macchine irroratrici, che
dovevano far fronte a richieste costruttive estremamente diversificate.
Oggi, la normativa in merito ha subito notevoli cambiamenti e si è fortunatamente
evoluta. A sottolineare l’importanza che
attualmente riveste la verifica funzionale
e la regolazione delle irroratrici, è stato
pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 35
del 12 febbraio 2014 il Decreto 22 gennaio 2014 “Adozione del Piano di Azione
Nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari”, ai sensi dell’articolo 6
del Decreto Legislativo n. 150 del 14 agosto 2012 recante: “Attuazione della Direttiva 2009/128/CE che istituisce un quadro
per l’azione comunitaria ai fini dell’utilizzo sostenibile dei pesticidi”.
© Eléonore H - Fotolia.com
Tale Decreto si inserisce in un quadro più
ampio di misure europee, il “Pacchetto pesticidi” che pone l’accento su un uso più
responsabile e sostenibile dei prodotti fitosanitari. La Direttiva stabilisce, tra l’altro, che entro il 26 novembre 2016 tutte
le attrezzature per l’applicazione di agrofarmaci debbano essere soggette almeno
una volta a controllo funzionale, presso
centri prova autorizzati. In Italia si stima
siano presenti circa 600.000 irroratrici
(circa 20.000 in Calabria), di cui il 61% è
rappresentato da macchine operanti su
colture arboree, il 31% da barre irroratrici
e il restante 8% da attrezzature portate.
Inoltre, tutti gli utilizzatori professionali
devono effettuare regolazione e manutenzione delle stesse attrezzature direttamente e in modo periodico, adattando la
macchina alle specifiche realtà aziendali,
definendo volumi e verificando l’integrità
funzionale.
L’impegno profuso verso il raggiungimento
di un’agricoltura più sostenibile è dimostrato anche dal nuovo sistema sanzionatorio, stabilito con il Decreto Legislativo
69/2014, relativamente all’immissione su
mercato dei prodotti fitosanitari. Il testo,
nonostante le polemiche suscitate da alcune scelte del legislatore, stabilisce nuove
disposizioni sia per le società produttrici
che per gli utilizzatori, quest’ultimi con
particolare riferimento alle modalità di
conservazione e di impiego, mirate a far
rispettare i principi delle buone prassi in
agricoltura.
Obiettivo ambizioso questo, per l’intera
Europa, del perseguimento della sostenibilità ambientale, che richiede, dal punto
di vista operativo, tecnici preparati e aggiornati sulle nuove norme e macchine in
perfetta efficienza, da sottoporre a controlli funzionali e regolazione periodici da
parte di Centri riconosciuti a livello regionale e da personale tecnico appositamente abilitato.
L’attività agricola
non può essere
esercitata se non
nel rispetto
dell’ambiente
e della sicurezza
del consumatore
Le maggiori difficoltà in merito saranno
principalmente quelle relative all’attività
di programmazione dei controlli per rispettare le scadenze delle Direttive, a
causa della mancata definizione del numero esatto di irroratrici presenti sul territorio.
La Regione Calabria è da tempo impegnata a rendere operative tutte le conoscenze acquisite in questo ambito in
continua evoluzione nonché a recepire
nuove metodologie; con l’istituzione
dell’Azienda Regionale per lo Sviluppo
dell’Agricoltura Calabrese - ARSAC
(Legge Regionale n. 66 del 20 dicembre 2012) ha demandato infatti a quest’ultima le attività di
“Per anni l’esecuzione
controllo funzionale e taratura
delle attrezzature agricole atte
dei trattamenti fitosanitari
alla distribuzione dei prodotti fiha rappresentato una delle fasi
tosanitari, attraverso l’istituzione
di un apposito Servizio Regionale
meno efficienti dell’intero
di Controllo Funzionale e Taraprocesso produttivo agricolo,
tura, in ossequio alla Direttiva
europea 128/2009 e alla normain quanto macchine e attrezzature
tiva EN 13790/2003. Così, forutilizzate facevano registrare
nendo agli operatori del settore
gli strumenti per garantire il corperdite della dose distribuita
retto funzionamento delle attrezanche del 50%”.
zature, sarà possibile ottenere i
migliori risultati della difesa delle
coltivazioni, un minor impiego di
sostanze attive e un incremento dell’efficienza di lavoro con indubbi vantaggi,
per tutti, di tipo economico, sanitario e
ambientale.
Aprile-Giugno 2014
5
MECCANIZZAZIONE
Ecco come ottimizzare l’uso
dei prodotti fitosanitari
L’obbligo del controllo funzionale delle attrezzature: le regole per le aziende
e il ruolo di Regioni e Provincie Autonome nella Direttiva dell’Unione Europea
SANDRO LIBERATORI
In agricoltura operano numerose macchine che fanno uso di prodotti fitosanitari per la protezione delle colture e l’Italia
è il Paese in Europa con il numero di gran
lunga più alto di tali mezzi in circolazione:
si stima che sul nostro territorio siano
presenti più di 600.000 irroratrici, mentre
ci segue a distanza la Francia con le sue
350.000 irroratrici.
Al fine di gestire al meglio la dispersione
nell’ambiente di questi prodotti si è reso
necessario adottare delle misure di controllo.
Tali misure, che hanno evidenti benefici
per l’ambiente oltre che per gli operatori
agricoli, in quanto consentono di ottimizzare l’uso del prodotto rendendone spesso
sufficienti quantità minori, sono contenute nelle disposizioni previste dal PAN –
Piano d’Azione Nazionale, il documento
previsto dalla Direttiva 2009/128/CE che
istituisce un quadro per l’uso sostenibile
dei prodotti fitosanitari.
Il documento è stato redatto da ogni
Stato membro dell’Unione Europea e contiene le modalità di attuazione dei disposti generali della citata Direttiva per il
proprio territorio. Il documento deve essere soggetto a revisione dei contenuti
ogni cinque anni.
Le date importanti per il PAN sono state:
• 19 dicembre 2013: approvazione della
Conferenza Stato-Regioni e trasmissione alla Commissione Europea e agli
altri Stati membri;
• 22 gennaio 2014: firma del Decreto interministeriale tra Ministero dell’Ambiente, Ministero della Salute e
Ministero dell’Agricoltura;
ENAMA - Ente Nazionale
per la Meccanizzazione
Agricola
ROBERTO LIMONGELLI
ENAMA - Ente Nazionale
per la Meccanizzazione
Agricola
Sandro Liberatori
Roberto Limongelli
6
• 12 febbraio 2014: entrata in vigore del
PAN a seguito della pubblicazione
sulla Gazzetta Ufficiale n. 35.
Il PAN prevede di adottare delle misure volte
ad assicurare una capillare e sistematica
azione di controllo, regolazione e manutenzione delle attrezzature, ponendo anche limitazioni all’utilizzo di alcune di esse.
Particolare attenzione meritano le attività
di “controllo funzionale” e quelle di “regolazione” (più conosciuta come “taratura”).
Il controllo funzionale prevede la verifica
che la macchina e le sue parti funzionino
correttamente, mentre la regolazione prevede l’adattamento delle modalità di utilizzo delle macchine alle realtà colturali
presenti. Una differenza sostanziale indicata nella Direttiva 2009/128/CE è che,
mentre il controllo funzionale effettuato
presso appositi centri prova riconosciuti da
Regioni e Province Autonome è obbligatorio, la regolazione strumentale, da effettuare sempre presso gli stessi centri
autorizzati dalle Regioni, è volontaria e
pertanto può essere proposta dalle Regioni
ma solo in via facoltativa. Il PAN riporta
in merito che le Regioni e le Province Autonome possono incentivare il ricorso alla
regolazione strumentale.
Altro discorso è la regolazione eseguita
dall’utilizzatore professionale: assieme
alla manutenzione rappresenta un obbligo
per l’utilizzatore che è tenuto a rilevare i
dati (relativi ad attrezzature impiegate,
data di esecuzione e volumi di distribuzione utilizzati per le principali tipologie
colturali) riportandoli annualmente su
un’apposita scheda da allegare al Registro
dei trattamenti.
Più in dettaglio, i controlli avvengono
presso centri prova autorizzati dalle Regioni secondo precise linee guida definite
in accordo con il Ministero delle Politiche
Agricole, Alimentari e Forestali sulla base
dei lavori svolti in ambito ENAMA (Ente
Nazionale per la Meccanizzazione Agricola), che è il suo organismo di supporto
tecnico, grazie alla collaborazione di funzionari di tutte le Regioni e Province Autonome assieme a referenti scientifici.
Le principali attrezzature a uso professionale dovranno essere sottoposte ai controlli funzionali almeno una volta entro il
26 novembre 2016; al superamento del
controllo il centro prova rilascia un attestato che, grazie al mutuo riconoscimento, verrà legittimato anche dalle altre
Regioni e in ambito europeo. Nello stesso
documento sono indicate le attrezzature
esonerate come già disposto nella Direttiva citata; in merito a quelle che dovranno subire i controlli a intervalli
diversi, il Piano rimanda alla stesura di
uno specifico decreto del Ministero delle
Politiche Agricole, Alimentari e Forestali,
da adottare entro sei mesi dall’entrata in
vigore dello stesso Piano.
In tale contesto ENAMA ha avuto anche
il ruolo di curare i requisiti tecnici e i criteri
per l’organizzazione dei servizi di controllo
funzionale, la creazione di un archivio nazionale dei referenti regionali, dei centri e
dei relativi tecnici e garantire il mutuo riconoscimento nelle diverse Regioni.
Un ulteriore decreto stabilirà con dettaglio, oltre alle modalità d’invio dei risultati dei controlli da parte delle Regioni
e Province Autonome a una banca dati
nazionale, quale sarà il ruolo di ENAMA
in qualità di organismo di supporto al
MiPAAF, che provvederà, come indicato
nel Piano:
• a supportare le autorità competenti
nella redazione e nell’aggiornamento
delle procedure, nel raccogliere i dati
forniti da Regioni e Province Autonome
relativi ai centri prova e ai tecnici abilitati;
• a garantire un servizio di assistenza
tecnica a Regioni e Province Autonome
nelle varie fasi del servizio compresa la
formazione dei tecnici addetti ai controlli e dei formatori;
• a dare supporto tecnico al MiPAAF e a
Regioni e Province Autonome nell’attivare un registro nazionale delle attrezzature.
Negli ultimi dieci anni ENAMA,
grazie a progetti MiPAAF, ha coordinato un gruppo interregionale
Gli Stati membri della Comunità
con il supporto tecnico del DISAFA dell’Università di Torino. Tale
hanno redatto il PAN, un autonomo
gruppo ha posto le basi per l’attiPiano di azione in cui sono contenute
vazione del controllo funzionale in
maniera diffusa sul territorio natutte le misure necessarie
zionale, fornendo a Regioni e Prodi controllo dei mezzi che irrorano
vince Autonome tutti gli elementi
necessari con anticipo rispetto alla
le sostanze chimiche
stesura del PAN che, in merito alle
metodologie di controllo, ha recepito gran parte dei documenti ENAMA.
Tutti i dettagli relativi all’attivazione del
servizio e le specifiche metodologie adottate da Regioni e Province Autonome sono
contenuti nella monografia ENAMA Attività di controllo funzionale e regolazione
delle macchine irroratrici in uso in Italia,
disponibile gratuitamente sul sito internet: www.enama.it.
Aprile-Giugno 2014
7
MECCANIZZAZIONE
Centri prova e tecnici abilitati in Italia
18 - 31
6-8
(Trento e Bolzano)
3 - 13
1-3
23 - 78
36 - 154
19 - 46
4-6
3 - n.d.
n.d.
(Solo macchine
portate
dall’operatore)
22 - 33
4-9
2 - 30
n.d.
2-2
3 - 19
Centri prova
Tecnici abilitati
4 - 31
totale 164*
totale 502*
* www.centriprovairroratrici.unito.it
* www.enama.it
(database in continuo aggiornamento)
1-3
5 - 12
8 - 24
Elaborazione DiSAFA
Attualmente i centri prova riconosciuti
sono circa 164 su tutto il territorio nazionale (come illustrato in figura) e i
tecnici abilitati sono circa 502. Tali numeri non sono sufficienti, soprattutto
in alcune regioni, e vi è ancora la necessità di nuovi centri per coprire tutto
il territorio nazionale.
Altro problema sarà quello di riuscire a
controllare tutte le macchine entro la
scadenza del 2016; in tale ambito sarebbe opportuna una maggiore e capillare
informazione per
evitare che si ricorra al controllo
in prossimità della
scadenza, quando i centri saranno sovraccaricati e non riusciranno a soddisfare,
nella
maggior parte
dei casi, tutte le
richieste.
8
Questa evoluzione normativa può sembrare a prima vista un ulteriore impegno
per le imprese agricole che fanno uso
delle irroratrici, ma con una più approfondita analisi emerge chiaramente che le
macchine correttamente messe a punto,
oltre ai benefici sopra menzionati per
l’ambiente, l’uomo e la qualità dei prodotti agricoli, consentono di ottimizzare i
trattamenti utilizzando le quantità di prodotto strettamente necessarie con conseguenti risparmi economici per le imprese.
È su questo ultimo punto che occorre riflettere in quanto i benefici superano nettamente i modesti impegni richiesti dalla
Direttiva contribuendo positivamente ai
bilanci delle imprese agricole e agromeccaniche.
Tutto ciò è anche in linea con le aspettative riposte in tutti i programmi di
promozione dell’agroalimentare italiano
che rischiano di scivolare se non supportate da politiche e da normative tecniche che garantiscano un corretto uso dei
fitofarmaci.
L’impatto sull’ambiente
e la salute: tutto inizia
progettando le macchine
L’intervento europeo e quello nazionale riformeranno
profondamente il metodo di protezione delle colture
La protezione delle colture agrarie è prevalentemente affidata all’utilizzo di prodotti fitosanitari distribuiti sulle piante
mediante macchine irroratrici. Con il Decreto del 22 gennaio 2014 è stato adottato il Piano di Azione Nazionale (PAN)
per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari. Il PAN si prefigge di ridurre i rischi e
l’impatto dei prodotti fitosanitari sulla salute umana, sull’ambiente e sulla biodiversità e di promuovere al tempo stesso
l’adozione della difesa integrata, dell’agricoltura biologica e di altri approcci alternativi. Si tratta di un provvedimento che
fa riferimento alla Direttiva 2009/128/CE
che istituisce un quadro per l’azione comunitaria finalizzata all’utilizzo sostenibile dei pesticidi.
La protezione delle colture è completamente riformata da queste nuove disposizioni legislative e uno degli aspetti
salienti, oltre alla formazione degli operatori, riguarda il controllo delle macchine
irroratrici.
Il contributo
della macchina irroratrice
VA L D A R O N D E L L I
Dipartimento
di Scienze e Tecnologie
Agro-alimentari,
Università di Bologna
Il contributo della macchina irroratrice
alla sostenibilità ambientale nella protezione delle colture agrarie è stato considerato di fondamentale importanza a
livello legislativo e oggi dalla progettazione della macchina fino al suo impiego
in campo e alla sua manutenzione ci sono
indicazioni chiare alle quali i costruttori
devono attenersi per essere in regola. I requisiti essenziali cui devono essere conformi le macchine per l’irrorazione di
prodotti fitosanitari prima di essere immesse sul mercato o in servizio
sono contenuti nella Direttiva
2009/127/CE.
La Direttiva comunitaria e il Piano
Le irroratrici devono essere progetdi Azione di ogni singolo Paese
tate e costruite in modo da poter essere utilizzate, regolate e sottoposte
avranno benefici effetti di sviluppo
a manutenzione senza causare
anche per l’agricoltura biologica
un’esposizione non intenzionale
dell’ambiente ai pesticidi.
e i diversi approcci alternativi
Prototipo di barra
irroratrice
aero-assistita,
progettata
per trattare
le colture dal basso
o dall’alto
in relazione
alle esigenze colturali
(Fonte DISTAL)
Aprile-Giugno 2014
9
MECCANIZZAZIONE
Oggi nella progettazione della macchina si
deve prevedere che i comandi e i controlli
siano facili e accurati, che in fase di riempimento e di svuotamento del serbatoio
vengano evitate dispersioni accidentali di
prodotto e l’inquinamento delle fonti idriche, che la regolazione della dose distribuita sia precisa e affidabile e che il
prodotto irrorato venga depositato nella
zona bersaglio evitando dispersioni per deriva nell’ambiente, che sia possibile un lavaggio completo
della macchina a
fine trattamento
e, infine, che i
componenti possano essere facilmente riparati e
ispezionati con
regolarità. Il costruttore deve
valutare questi
elementi e autocertificare
la
conformità dell’irroratrice costruita e messa
sul mercato.
Prendendo come
esempio esplicativo la deriva, è evidente
che approcci costruttivi che prevedono la
localizzazione del prodotto mediante l’avvicinamento dei punti di erogazione al
bersaglio, l’utilizzo di ugelli antideriva o
con inclusione d’aria, la realizzazione di
irroratrici schermate o a tunnel per vigneto e frutteto, il supporto dell’aria nel
trasporto del nebulizzato prodotto dalle
barre irroratrici per le colture erbacee,
consentono di contenere le perdite di prodotto e contribuiscono ad aumentare la
sostenibilità ambientale del trattamento.
Prototipo
di irroratrice
a tunnel
con circolazione
d’aria progettata
per trattamenti
in vigneto
(Fonte DISTAL)
Le irroratrici in uso in azienda
Le macchine irroratrici in uso nell’azienda
sono anch’esse interessate dalle disposizioni del PAN che ne impongono la revisione obbligatoria.
Il Piano di Azione Nazionale si propone di
ridurre l’impatto ambientale dei prodotti fitosanitari mediante la capillare e sistematica formazione degli operatori sui rischi
10
connessi all’impiego dei prodotti, l’informazione della popolazione sui rischi potenziali
associati a tale uso e altresì l’azione di controllo, regolazione e manutenzione delle
macchine irroratrici. Quest’ultima è una
procedura non completamente nuova nel
nostro Paese poiché già dagli anni ’80 sono
stati organizzati e autorizzati a livello regionale i centri di controllo cui i proprietari
di irroratrici si sono rivolti volontariamente
per eseguire i controlli periodici della macchina e avere un supporto nella fase di taratura dell’attrezzatura. In particolare le
aziende interessate sono state quelle che
hanno adottato sistemi di produzione integrata e biologica. L’autorizzazione dei centri
prova, la formazione e l’abilitazione dei tecnici e l’organizzazione del servizio sono
state di competenza regionale.
A fronte di tale attività sin dal 2004 è
stato approvato dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali un programma per
il coordinamento delle attività di controllo
delle macchine per la protezione delle colture e la gestione è stata affidata all’Ente
Nazionale per la Meccanizzazione Agricola
(ENAMA). Il nuovo Piano di Azione Nazionale prevede il ruolo di supporto dell’ENAMA nella redazione e nel controllo
delle metodologie da adottare nei controlli
funzionali obbligatori delle irroratrici, nella
raccolta dei dati relativi ai centri prova autorizzati e nel servizio di assistenza tecnica
alle Regioni e alle Province Autonome
nell’espletamento delle varie fasi del servizio. L’insieme di tali attività dovrebbe
consentire di creare un registro nazionale
delle attrezzature in uso per la distribuzione dei prodotti fitosanitari.
Le irroratrici in uso dovranno essere sottoposte a controllo funzionale entro il 26
novembre 2016 e tale controllo dovrà essere ripetuto ogni cinque anni fino al
2020 e in seguito ogni tre anni. Le macchine utilizzate da conto-terzisti dovranno però eseguire i controlli successivi
ogni due anni. Le irroratrici nuove inoltre
devono essere sottoposte a controllo funzionale entro due anni dalla data di acquisto, mentre le irroratrici portatili e
spalleggiate, attivate dall’operatore, e le
irroratrici spalleggiate a motore ma prive
di ventilatore, se non utilizzate su colture
protette, sono esonerate dall’obbligo del
controllo funzionale periodico.
Il controllo funzionale
delle irroratrici
Il controllo funzionale prende in considerazione:
• la presenza e lo stato degli elementi di
trasmissione del moto;
• le caratteristiche del serbatoio, che
deve essere dotato di filtro e indicatore
di livello ben visibile e non deve evidenziare perdite di prodotto;
• le prestazioni della pompa, che deve
assicurare la frantumazione del liquido
per l’irrorazione e l’agitazione continua
della miscela contenuta nel serbatoio;
• la corretta attivazione e funzionalità
dei comandi della distribuzione e del
regolatore di pressione;
• le prestazioni degli ugelli, che non devono sgocciolare e devono essere uniformi in termini di distribuzione nelle
irroratrici a barra e simmetrici nei due
lati di irrorazione nelle irroratrici da
frutteto e vigneto.
I filtri montati nella macchina devono essere adeguati alle caratteristiche della distribuzione e sostituibili senza perdite di
prodotto; al tempo stesso non devono esserci perdite nei condotti e nelle tubazioni.
Per il ventilatore, qualora presente, vanno
previste adeguate prestazioni e assenza di
vibrazioni. Nel caso delle irroratrici a barra,
infine, deve essere valutata la stabilità
della barra e la possibilità di comandare
singolarmente ciascuna sezione di barra.
L’utilizzo della macchina
all’interno dell’impresa agricola
L’utilizzatore dell’irroratrice è a sua volta
chiamato in causa dalle recenti disposizioni legislative poiché dovrà eseguire annualmente il controllo periodico della
macchina e rilevare la presenza di rotture
che possono causare perdite di prodotto,
valutare la prestazione del circuito idraulico, del manometro, degli ugelli, degli antigoccia, dei filtri e verificare lo stato delle
protezioni degli elementi in rotazione,
quali il giunto cardanico e il gruppo ventilatore.
L’operatore deve altresì
essere in grado di provvedere alla taratura dell’attrezzatura. In tale attività
potrà essere coadiuvato
dai centri di controllo autorizzati a livello regionale che gli possono fornire supporto
nell’adeguare il volume distribuito alle
esigenze specifiche della coltura, in
modo da scegliere il tipo di ugello, la
pressione di lavoro e la velocità d’avanzamento più rispondenti alla sostenibilità ambientale del trattamento di
protezione.
Il nuovo approccio legislativo nella protezione sostenibile delle colture agrarie richiede in sostanza la perfetta
integrazione di tutti gli attori coinvolti nel
trattamento delle colture. Solo in questo
modo si otterrà la sostenibilità nell’operazione di difesa delle colture.
L’utilizzo di principi attivi efficaci e selettivi, quali quelli oggi disponibili sul
mercato, richiede che vengano distribuiti
al momento opportuno e con tempestività,
impiegando attrezzature rispondenti in termini di caratteristiche
costruttive e funzionali.
La riduzione dei rischi legati all’uso dei prodotti fitosanitari
sulla salute umana e sull’ambiente rende necessarie macchine irroratrici tecnologicamente adeguate e utilizzatori
altrettanto "tecnologicamente
formati" per sfruttare al meglio
le potenzialità delle macchine.
Certamente l’insieme delle recenti
disposizioni legislative porterà a
un cambiamento radicale nella
pratica dei trattamenti di protezione delle colture.
Aprile-Giugno 2014
Banco prova lamellare
per controllare
la distribuzione
del liquido di irroratrici
per frutteto
e vigneto
(Fonte DISTAL)
Ugello
a iniezione
d’aria
11
MECCANIZZAZIONE
In Calabria tocca all’ARSAC:
controllo e formazione
le regole per vincere la sfida
Il nuovo servizio previsto dall’Azienda Regionale
per lo Sviluppo dell’Agricoltura prevede anche
azioni di sensibilizzazione degli operatori agricoli
ANTONIO DI LEO
ARSAC - Coordinatore
Centri di Verifica
Funzionale
e Regolazione (Taratura)
Irroratrici
Il servizio di verifica funzionale e regolazione delle irroratrici è svolto in Calabria
dall’Azienda Regionale per lo Sviluppo
dell’Agricoltura Calabrese (ARSAC); si
tratta di un adempimento che con l’approvazione del Decreto n. 150 del 14 agosto 2012 “Attuazione della Direttiva
2009/128/CE” è diventato obbligatorio:
almeno una vota ogni 5 anni fino al 2020
e ogni 3 anni dopo il 2020.
L’attività di verifica funzionale è iniziata
in Calabria nel 2000, quando l’ARSSA, su
delega della Regione Calabria nell’ambito
del progetto “Programma interregionale
Agricoltura e Qualità”, ha attivato la Misura 4 “Impiego fitofarmaci ed efficienza
ANTONIO LEUZZI
ARSAC - Dirigente
Settore Ricerca
e Sperimentazione
Verifica della precisione
del manometro
12
distributiva delle irroratrici” provvedendo:
a. all’acquisto di 5 stazioni per il controllo
funzionale e la regolazione delle macchine irroratrici (di cui due mobili e tre
fisse). Le stazioni sono state assegnate
ai Centri Sperimentali Dimostrativi
dell’ARSSA dislocati sul territorio regionale (Mirto Crosia, Lamezia Terme,
Gioia Tauro e Locri);
b. alla formazione del personale e all’attivazione in via sperimentale e divulgativa dell’attività inerente il Servizio
di controllo e taratura delle macchine
irroratrici a partire dal 2001.
Dalla sua attivazione, l’attività di controllo
funzionale e taratura delle macchine irroratrici è stata svolta con continuità nell’ambito dei servizi specialistici e di
supporto all’agricoltura forniti dall’ARSSA
e oggi dall’ARSAC, consentendo alle
aziende agricole calabresi che aderiscono
a canali di commercializzazione, che richiedono il rispetto di disciplinari di produzione integrata e biologici, di essere in
regola con le dovute certificazioni.
Oltre alla normale attività di verifica funzionale, l’ARSAC svolge attività di sensibilizzazione degli operatori agricoli
sull’importanza del servizio di taratura
delle macchine irroratrici attraverso la
produzione di materiale divulgativo e l’organizzazione di giornate tecniche dimostrative e seminari, durante i quali sono
trattati argomenti inerenti gli aspetti tec-
nici del servizio, normativi e i risultati
dell’attività svolta.
L’ARSAC in aggiunta ai centri prova già
operanti, considerato il numero elevato di
macchine irroratrici presenti in Calabria
(circa 18.000), per far fronte alle esigenze
degli operatori agricoli ha previsto per il
2014 l’istituzione di ulteriori cinque centri
prova.
CENTRI PROVA FUNZIONANTI
Centro
Indirizzo
Telefono
Centro Sperimentale
Dimostrativo di Mirto
Contrada Pantano Martucci
Mirto Crosia (CS)
0983.42235 0983.480832
Centro Sperimentale
Dimostrativo di Gioia Tauro
Contrada Bettina
Gioia Tauro (RC)
0966.52137
Centro Sperimentale
Dimostrativo di Locri
Contrada Riposo
Locri (RC)
0964.390543
Centro Sperimentale
Contrada San Pietro
Dimostrativo di Lamezia Terme Lametino (CZ)
Come si accede al servizio
Abilitazione: irroratrici per colture arboree ed erbacee
Per accedere al servizio è sufficiente contattare uno dei centri prova attualmente
funzionanti.
Le irroratrici per essere sottoposte a verifica è necessario che rispettino i seguenti
requisiti:
a. siano trainate o portate con lo stesso
trattore utilizzato per i trattamenti;
b. siano pulite e prive di residui di prodotti fitosanitari e contengano nel serbatoio almeno 400 litri di acqua pulita;
c. siano buone condizioni di funzionamento, con dispositivi di sicurezza presenti e funzionanti;
d. abbiano ugelli facilmente smontabili;
e. sia garantita la presenza dell’operatore
che utilizza l’irroratrice.
(ventola, albero cardanico, ecc.), e un colloquio con l’operatore dell’irroratrice per
acquisire tutte le informazioni inerenti
l’azienda, tipo di colture e modalità operative di utilizzo dell’irroratrici. Successivamente si procede alla verifica e ai
controlli di seguito riportati:
• determinazione del numero ottimale di
giri del motore della trattrice (numero
di giri p.d.p.);
• controllo del compensatore idropneumatico;
• controllo della portata della pompa;
• controllo del sistema di agitazione nel
serbatoio principale;
• controllo dell’efficienza del manometro;
• controllo del sistema di filtrazione;
• controllo della portata dei singoli
ugelli;
• controllo della funzionalità dei dispositivi antigoccia;
La procedura di verifica si svolge
secondo uno specifico protocollo
0968.209187
Verifica
della portata
dei singoli
ugelli
Per controllo funzionale si intende l’insieme di verifiche e controlli eseguiti con
attrezzature dedicate e seguendo uno
specifico protocollo di prova, per valutare
la corretta funzionalità dei componenti di
una macchina irroratrice. Dal 2006 i protocolli di prova adottati fanno riferimento
ai documenti ENAMA elaborati dal
gruppo di lavoro MiPAAF macchine irroratrici di cui la Regione Calabria fa parte.
Tali documenti sono stati integralmente
recepiti nel PAN (Allegati II e III).
Una volta che l’irroratrice ha raggiunto il
centro prova, viene effettuata da parte di
un tecnico abilitato un controllo visivo
consistente nella verifica della presenza e
dell’efficienza dei dispositivi di sicurezza
Aprile-Giugno 2014
Fax
13
Adesivo
attestante
il superamento
del controllo
funzionale
© m.bonotto - Fotolia.com
MECCANIZZAZIONE
• controllo della tenuta e posizionamento delle tubazioni;
• controllo delle perdite di carico del circuito idraulico;
• controllo del regolatore di pressione;
• controllo dell’assetto orizzontale della
barra (solo per barre orizzontali).
Al termine della verifica funzionale, se l’irroratrice ha superato il controllo viene
apposto
sulla
stessa un adesivo
attestante il superamento del
controllo funzionale e, inoltre,
viene rilasciato
un attestato di
prova con i risultati delle verifiche effettuate.
La regolazione
viene eseguita
successivamente
alla verifica funzionale e consiste
nella regolazione
della macchina in
base alla coltura
da trattare e al
tipo di trattamento, determinando il grado
di polverizzazione e il volume da distribuire. Una corretta regolazione delle irroratrici consente di ottimizzare i volumi
evitando perdite di prodotto che in alcuni
casi possono raggiungere l’80% della dose
distribuita.
Il costo del servizio
Il servizio di verifica funzionale è stato
fornito gratuitamente fino a tutto il 2006,
mentre dal febbraio 2007 le verifiche sono
a pagamento e oggi il costo è di:
• 60 euro Iva inclusa se le irroratrici vengono portate presso i centri prova;
• 90 euro Iva inclusa se la verifica viene
fatta presso l'azienda.
Verifica
della distribuzione
verticale
14
I L
ƒ
F O C U S
In vino…
Calabrietas !
“Sostenere i vigneti
e puntare al mercato estero”
“La viticoltura – dice l’assessore all’Agricoltura Michele Trematerra –
rappresenta un settore emergente nel panorama economico regionale
tanto da poter diventare strategico anche per il rilancio del turismo
Che incidenza ha la produzione
vinicola nel panorama dell’economia regionale?
«Il comparto sviluppa un fatturato
annuo di circa 50/60 milioni di
euro. Considerato però l’indotto e la
valenza dell’enogastronomia, tali
16
dati possono essere stimati per difetto. La vitivinicoltura, che in termini percentuali incide per il 5%
sul comparto agricolo regionale,
rappresenta comunque un settore
emergente nel panorama economico regionale, in quanto intercetta
flussi di capitali provenienti da
compartimenti diversi rispetto a
quello agricolo. Uno dei motivi per
i quali questo settore potrebbe diventare un elemento strategico per
il delineamento di una distrettualità
orientata all’enogastronomia, fortemente legata ai flussi turistici».
Cosa c’è da migliorare e cosa da
cambiare nella struttura produttiva del settore?
«È necessario migliorare la coltivazione dei vigneti per consentire
una gestione razionale ed economica degli stessi. I vecchi vigneti,
impiantati con sistemi non meccanizzabili e con troppe varietà
indistinte, dovrebbero essere sostituiti con altri facilmente meccanizzabili e distinti per varietà
omogenee.
Ad eccezion fatta per quelle realtà
ad alta valenza ambientale e paesaggistica che dovranno essere incentivate, e la cui produzione, di
nicchia, dovrà essere adeguatamente valorizzata e promossa.
Bisognerebbe inoltre aumentare la
superficie vitata media aziendale,
che attualmente è pari a 0,7 ettari
per azienda».
Come si muove la Regione Calabria nelle politiche e nelle strategie a sostegno della produzione?
«La Regione intende, mediante i
contributi previsti dall’OCM Vino
per la ristrutturazione e la riconversione dei vigneti, raggiungere
alcuni importanti obiettivi, che
consentano di esprimere al meglio
le potenzialità della filiera vitivinicola regionale, qualificando
maggiormente la produzione e aumentando la competitività dei produttori di vino.
Nel rispetto del dettato legislativo
comunitario e nazionale, il sostegno per la ristrutturazione e riconversione dei vigneti è rivolto
principalmente:
• ad adeguare la produzione alle
esigenze del mercato;
© Maksim Pasko - Fotolia.com
I L
• a ridurre i costi di produzione
attraverso una progressiva sostituzione dei vigneti coltivati
con tecniche tradizionali, con
altri vigneti che consentano di
ottenere materia prima di
buona qualità a prezzi competitivi e remunerativi per il viticoltore;
• a riorganizzare gli impianti di
varietà autoctone;
• a sostituire alcune varietà con
altre ritenute di maggior pregio
enologico e/o commerciale;
• a effettuare reimpianti applicando forme razionali di allevamento e sesti d’impianto atti a
migliorare la qualità del prodotto
e a consentire la meccanizzazione delle principali operazioni
colturali.
Con la Misura investimenti prevista
dall’OCM Vino, vengono concessi
contributi, soprattutto ai piccoli
produttori, per l’acquisto di conte-
nitori idonei alla conservazione e
all’affinamento del vino. Con il
PSR, invece, vengono concessi
contributi per l’ammodernamento
delle cantine, al fine di migliorare
la qualità e la competitività del
vino calabrese».
In particolare quali sono gli indirizzi di marketing per favorire
la commercializzazione anche all’estero dei vini calabresi?
«Con la misura volta alla promozione del vino nei mercati dei
Paesi terzi, prevista dall’OCM
Vino, vengono concessi contributi
per la promozione del vino nei
Paesi extra UE e probabilmente a
partire da quest’anno anche ai
Paesi della Comunità Europea. La
maggior parte dell’investimento
deve essere realizzato nel Paese
estero prescelto, ma è prevista
anche una forma di ospitalità in
azienda dedicata a giornalisti e
buyer stranieri.
F O C U S
La Misura 133 del PSR, “Azioni di
informazione e promozione”, è relativa invece ad alcune tipologie di
promozione di tipo collettivo, legate ai marchi di qualità».
All’ultima edizione del Vinitaly è stato ufficialmente presentato il marchio “Cervim Viticoltura eroica”, così definita per le
particolari condizioni ambientali
e di lavoro che comporta. Il marchio ha come intento quello di
identificare la viticoltura di montagna o in forte pendenza e delle
piccole isole (viticoltura eroica
appunto), in modo chiaro e tangibile, consentendo di valorizzare
la tipicità, di incentivare l’imprenditoria locale a produrre
considerando tecniche e modalità
compatibili con il rispetto delle
tradizioni e dell’ecosistema territoriale. Qual è in proposito la
situazione in Calabria?
«Per le zone ad alta valenza ambientale e paesaggistica (Bagnara,
Scilla, Palmi, Seminara, Bova,
Bova Marina, Brancaleone, Condofuri, Palizzi, Staiti, Bivongi, Camini, Caulonia, Monasterace,
Pazzano, Placanica, Riace, Stignano, Stilo, Guardavalle, Bianco,
Casignana, Nocera Terinese, Luzzi,
Rogliano, Verbicaro e Rocca Imperiale) è stata vietata l’estirpazione
a premio dei vigneti, ma in compenso è stata assegnata una priorità nella graduatoria della
ristrutturazione dei vigneti ed è
stato previsto un contributo più
alto, rispetto alle altre zone, sia
per sopperire alle maggiori difficoltà gestionali, sia per mantenere
la viticoltura eroica nelle zone altamente vocate».
Aprile-Giugno 2014
17
ƒ
Situazione attuale
e prospettive future
della viticoltura calabrese
ROCCO ZAPPIA
Dipartimento di Agraria Università degli Studi Mediterranea
di Reggio Calabria
Negli ultimi 30 anni si è registrato un aumento
sia delle aziende (+10,1%) che delle superfici (+20,9%)
interessate alla produzione del vini DOC e DOP
PAO L O P E L L E G R I N O
Introduzione
Dipartimento di Agraria Università degli Studi Mediterranea
di Reggio Calabria
Fra le coltivazioni tradizionali
dell’area mediterranea, la vite ha
tradizioni colturali millenarie: pare,
infatti che la nascita della viticoltura sia riconducibile a 7-8 mila
anni fa (Johnson, 2003) e quindi
precedente all’insediamento delle
colonie greche (Teti, 2008).
All’arrivo dei Greci nel VII secolo
a.C. l’estrema parte della penisola
era già ricca di viti rigogliose, tanto
che essi le attribuirono il nome di
Enotria e diedero agli antichi abitanti il nome di Enotri (Pais, 1894).
Figura 1 - Vite allevata ad alberello
Tabella 1 - Aziende con vite e relativa superficie investita per natura della produzione in Calabria
1990
2000
2010
Variazione %
1990-2010
n°
ha
55.434
23.824
34.292
13.848
13.433
10.040
-75,8
-57,9
Aziende
Superficie
n°
ha
2.013
2.639
2.614
2.705
2.216
3.189
10,1
20,9
Altri vini
Aziende
Superficie
n°
ha
52.353
20.145
31.456
10.806
11.620
6.595
-77,8
-67,3
Uve da tavola
Aziende
Superficie
n°
ha
1.126
607
762
291
242
193
-78,5
-68,2
155
47
41
62
Aziende
Superficie
DOC - DOP
Materiale di propagazione
Aziende
n°
Superficie
ha
Fonte: dati ISTAT - Censimenti dell’Agricoltura, 1990, 2000 e 2010
18
La Calabria, già prima dell’età coloniale, si identificava come un
territorio dove la vite è allevata a
ceppo basso o ad alberello sorretto
da paletti (Figura 1), cioè secondo
i sistemi, appunto, elaborati nel
mondo egeo-asiatico (Sereni,
l981). Le antichissime origini della
specie, la sua ampia area di diffusione, il probabile incrocio in
epoca remota tra varietà appartenenti alla stessa specie, l’ibridazione di vitigni appartenenti a
specie diverse, mutazioni gemmarie spontanee, ecc., hanno favorito
la nascita di numerose varietà la
cui provenienza in massima parte
rimane sconosciuta (Fregoni,
2008).
Nel corso dei secoli la viticoltura
regionale ha attraversato alterne
vicende, che hanno interessato sia
gli aspetti qualitativi delle produzioni sia le superfici investite. La
“cultura” della vite in Calabria
trae origine da conoscenze e saperi antichi e si intreccia con
aspetti sociali, economici e ambientali di eccezionale importanza. Le peculiarità territoriali, la
natura dei suoli, il clima e le genti,
in Calabria trovano poliedriche
espressioni e caratteristiche variegate, contribuendo a costituire
una piattaforma produttiva vasta
e multiforme.
I L
L’analisi strutturale
del comparto vitivinicolo
In Calabria, nell’ultimo trentennio,
si è evidenziata una decisa flessione
delle superfici vitate. Infatti, in base
ai dati degli ultimi tre rilievi censuari, la stessa è scesa dai 23.824
ettari del 1990 ai 10.040 del 2010
registrando una riduzione di circa
il 58% (Tabella 1). Al pari delle superfici anche il numero delle
aziende ha subito una flessione del
76% passando da 55.434 del 1990
a 13.433 del 2010 a causa dell’abbandono spontaneo dell’attività e
degli effetti delle politiche comunitarie che negli anni precedenti, per
ovviare alle note situazioni di eccedenza, hanno favorito l’espianto dei
vigneti e l’esodo dal settore. Relativamente alle superfici viticole investite per tipologia di vino, al 2010
emerge che il 31,8% di esse sono
destinate alla produzione di DOC DOP , il 65,7% di altri vini e appena
l’1,9% di uve da tavola.
Dall’analisi dei dati emerge, tuttavia, che, a fronte di una drastica e
generalizzata riduzione sia delle superfici che del numero di aziende
viticole, quelle interessate alla produzione vini DOC - DOP sono invece
cresciute, nell’arco del trentennio,
del 10,1% con un incremento delle
superfici pari al 20,9%. Di contro,
le aziende produttrici di uve per
altre tipologie di vini hanno registrato una contrazione del 77,8%
con una riduzione del 67,3% delle
relative superfici. Ciò nonostante,
esse continuano a rappresentare
ancora più dei tre quarti delle
aziende viticole totali e più dei due
terzi delle superfici. Ciò, probabilmente, è da attribuire anche alla
complessità delle norme legate alle
procedure che regolano la commercializzazione dei vini DOC - DOP che
scoraggiano i produttori spingendoli a optare verso altre tipologie di
vini. Si conferma anche l’estrema
marginalità delle aziende interessate alla produzione di uve da tavola che si sono fortemente ridotte
F O C U S
Tabella 2 - Aziende con vite e relativa superficie per natura della produzione nelle province calabresi - 2010
Vino totale
Cosenza
Crotone
Reggio Calabria
Catanzaro
Vibo Valentia
DOC - DOP
Altri vini
n° az.
ha
n° az.
ha
n° az.
ha
7.891
2.341
1.964
927
713
4.162
3.229
1.343
706
344
754
1.259
114
70
19
629
2.301
151
99
10
7.137
1.082
1.850
857
694
3.534
928
1.193
606
335
Fonte: dati ISTAT - Censimento dell’Agricoltura, 2010
Tabella 3 - Dati relativi alla produzione vinicola calabrese - 2010
Vino totale (hl)
Cosenza
Crotone
Reggio di Calabria
Catanzaro
Vibo Valentia
124.000
78.000
58.000
54.000
10.000
Calabria
324.000
DOC - DOP
Vini da tavola
56.000
36.000
232.000
Bianchi
Rossi e rosati
52.000
272.000
IGT - IGP
Fonte: dati ISTAT - Censimento dell’Agricoltura, 2010
nell’arco del trentennio e attualmente rappresentano meno del 2%
sia in termini di superfici che di numero di aziende. Si conferma anche
l’estrema frammentazione del comparto, con una superficie media
aziendale pari a circa 0,75 ettari.
Tale valore aumenta nelle aziende
produttrici di uve da destinare alla
produzione di vini DOC - DOP (1,44
ettari). A livello provinciale emerge
che la coltivazione dell’uva da vino
prevale nella provincia di Cosenza,
con 4.162 ettari, seguita da Crotone
(3.229 ettari), Reggio Calabria
(1.343 ettari), Catanzaro (706 ettari)
e Vibo Valentia (344 ettari) (Tabella
2). La provincia di Crotone si caratterizza per l’elevata concentrazione
di superfici destinate alla produzione di uve per vini DOC - DOP , che
interessano più dei due terzi delle
superfici viticole.
La produzione regionale di vino nel
2010 è stata di circa 324 mila ettolitri (Tabella 3) di cui l’84% è rap-
presentato da vini rossi e rosati e il
16% dai vini bianchi. Relativamente alla differenziazione per tipologia qualitativa, i DOC - DOP
coprono il 17,3% del totale regionale, gli IGT - IGP l’11,1%, mentre i
vini da tavola interessano il restante 71,6%. La quantità di vino
prodotta a livello provinciale rispecchia l’estensione delle superfici
vitate, per cui la provincia di Cosenza si colloca al primo posto, seguita da Crotone, Reggio Calabria,
Catanzaro e Vibo Valentia.
La Calabria vanta oggi 9 vini DOC DOP , tra i quali spicca il Cirò che, in
base ai dati della Confederazione
Nazionale dei Consorzi Volontari
per la tutela delle Denominazioni
dei vini italiani (Federdoc) del 2010,
con 55.260 ettolitri rappresenterebbe da solo più dell’80% della
produzione DOC - DOP regionale (Tabella 4). Relativamente alla distribuzione territoriale, emerge che le
DOC - DOP sono collocate principalAprile-Giugno 2014
19
DOC - DOP
IGT - IGP
CIRÒ
MELISSA
SANT’ANNA DI ISOLA C.R.
SAVUTO
SCAVIGNA
TERRE DI COSENZA
LAMEZIA
BIVONGI
GRECO DI BIANCO
CALABRIA
LIPUDA
VAL DI NETO
VALDAMATO
LOCRIDE
PALIZZO
PELLARO
ARGHILLÀ
SCILLA
COSTA VIOLA
Figura 2 - Dislocazione territoriale dei vini DOC - DOP e IGT - IGP calabresi
Il panorama varietale
mente nel centro-nord della regione, mentre gran parte delle IGT IGP è concentrata in provincia di
Reggio Calabria, che ne detiene ben
6 delle 10 riconosciute a livello regionale (Costa Viola, Scilla, Arghillà, Pellaro, Palizzi, Locride), a
dimostrazione del fatto che il comparto vitivinicolo provinciale ha
fatto dell’IGT - IGP uno degli strumenti principali di tutela delle produzioni (Figura 2).
La piattaforma ampelografica regionale è costituita da 39 vitigni
iscritti al Registro Nazionale delle
Varietà di Vite (RNVV) e autorizzati alla coltivazione nella regione
Calabria (Del. Giunta Reg. Calabria
n. 267 del 29 luglio 2013). Di questi, 21 sono a bacca nera, 17 a
bacca bianca e uno a bacca rosata.
Pur con l’attendibilità dei dati che
derivano dalle dichiarazioni delle
superfici vitate, in ambito regionale
Tabella 4 - Dati relativi alla produzione di vini DOC-DOP in Calabria - 2010
Vino totale (hl)
Cirò
Melissa
Lamezia
Terre di Cosenza
Savuto
Bivongi
Scavigna
Greco di Bianco
Sant’Anna di Isola Capo Rizzuto
55.260
4.345
2.016
1.691
1.646
1.311
510
375
–
Fonte: dati Federdoc, 2010
predomina il Gaglioppo, che con
circa 4.170 ettari rappresenta il
42,6% del vigneto calabrese e trova
un consistente impiego nelle produzioni dei vini DOC-DOP (Tabella 5).
Segue il Greco nero con 635 ettari, il
Magliocco Canino con 522 ettari e,
tra quelli a bacca bianca, la Malvasia
bianca con 310 ettari. Sono presenti
anche vitigni internazionali quali il
Merlot, lo Chardonnay e il Cabernet
Sauvignon che rispettivamente occupano 148, 141 e 116 ettari.
La diversificazione
della viticoltura regionale
Grazie alle favorevoli condizioni
pedoclimatiche, la coltivazione della
vite si è diffusa in tutte le province
calabresi, dalla fascia ionica a ridosso dell’Aspromonte, all’area Prepollinica, fino alle colline Joniche
Presilane, in situazioni orografiche,
socioeconomiche e strutturali fortemente differenziate che consentono
di individuare diversi sistemi viticoli
fortemente rappresentativi della realtà regionale. La viticoltura regionale è localizzata prevalentemente
in collina, con circa il 73,9% delle
superfici e in misura minore in
montagna e in pianura, rispettiva-
Tabella 5 - Principali vitigni a uva da vino in Calabria - 2010
Vitigno
Gaglioppo (n)
Greco nero (n)
Magliocco canino (n)
Malvasia bianca (b)
Sangiovese (n)
Greco bianco b. (b)
Nerello cappuccio (n)
Greco bianco (b)
Aglianico (n)
Calabrese (n)
Merlot (n)
Chardonnay (b)
Nerello mascalese (n)
Cabernet Sauvignon (n)
Malvasia nera (n)
Altri vitigni
Superficie
totale
dichiarata
Superficie
destinata
a vini DOC - DOP
Superficie
destinata
ad altri vini
4.170
635
522
310
292
245
175
163
161
150
148
141
131
116
88
2.529
2.260
95
85
55
34
103
13
123
75
16
37
6
9
22
5
1.910
540
437
255
258
142
162
40
87
135
110
135
122
94
83
Fonte: elaborazione su dati ISTAT - Censimento dell’Agricoltura, 2010
20
I L
mente con il 15,6 e il 10,5%. Questi
areali si caratterizzano per elementi
di omogeneità riguardanti il contesto produttivo, le caratteristiche
qualitative delle produzioni e le
problematiche settoriali. Pertanto,
appare più corretto parlare di diverse viticolture piuttosto che di viticoltura calabrese.
In questa cornice, immaginando un
viaggio da nord verso sud, si parte
dal sistema viticolo del cosentino e
del crotonese dove ricadono ben 6
delle 9 DOC - DOP regionali (Cirò, Melissa, Sant’Anna di Isola Capo Rizzuto, Savuto, Scavigna, Terre di Cosenza). Nell’areale cosentino la
viticoltura si estende dalle coste ioniche e tirreniche, compreso l’entroterra collinare, sino alle pendici
della Sila interessando una superficie di oltre 4 mila ettari (Figura 3).
Dal punto di vista orografico, si
passa dalle zone litoranee a quelle
poste sulle pendici interne. Nell’entroterra si incontrano colline a profilo molto regolare, che conferiscono
al paesaggio un aspetto leggermente
ondulato e zone più interne, facilmente riconoscibili per le aspre pendenze. I principali vitigni diffusi in
questo sistema viticolo e contemplati nei vari disciplinari di produzione sono: Magliocco, Greco nero,
Gaglioppo, Calabrese, Aglianico, Cabernet Sauvignon, Merlot, Sangiovese, Greco bianco, Guarnaccia
bianca, Pecorello, Montonico e Malvasia bianca.
Procedendo verso sud sulla costa
ionica, si incontra il sistema viticolo
del crotonese, che occupa una superficie di oltre 3 mila ettari, di cui
ben 2.301 dedicati alla coltivazione
di vitigni destinati alla produzione
dei tre vini DOC - DOP (Cirò, Melissa,
Sant’Anna di Isola Capo Rizzuto)
(Figura 4). Si tratta di un sistema
viticolo caratterizzato da una forte
omogeneità varietale, con la diffusione quasi esclusiva, in particolare
nel comune di Cirò, del vitigno Gaglioppo (circa il 90%) e del Greco
bianco (meno del 10%) (quest’ultimo iscritto nel RNVV con il nome
F O C U S
di Guardavalle).
Notevole è anche
l’omogeneità strutturale degli impianti, in larga
parte ad alberello e
a controspalliera
sia orizzontale che
Figura 3 - Localizzazione del sistema viticolo del cosentino,
verticale. Le potenvigneto nei pressi della frazione Donnici di Cosenza
zialità di quest’area
sono legate al miglioramento generale della qualità
del vino e alla diffusione dell’imbottigliamento. Il dinamismo evolutivo
di alcune imprese
ha portato a una
modernizzazione
delle tecniche agroFigura 4 - Localizzazione del sistema viticolo del cirotano,
nomiche e in partimoderno vigneto nei pressi di Cirò
colare di quelle
enologiche
che
hanno consentito
di innalzare notevolmente la qualità
delle produzioni.
Tra gli aspetti di
carattere agronomico più rilevanti è
da segnalare la presenza abbastanza
Figura 5 - Localizzazione del sistema viticolo della Piana di
diffusa dell’irrigaLamezia Terme, veduta del golfo di Sant’Eufemia
zione. Questa consente, in aggiunta
all’applicazione
vitigni Gaglioppo, Magliocco dolce
dell’inerbimento controllato, di ri(denominato in loco Marsigliana o
durre l’erosione del suolo, sopratGreco nero) e Greco nero che postutto nei terreni declivi e argillosi
sono concorrere, in percentuali dipresenti in diversi comuni di questa
verse, alla produzione del DOC
provincia.
Lamezia nelle tipologie rosso e roContinuando verso sud sulla costa
sato. Fra i vitigni a bacca bianca
tirrenica, si incontra il sistema viquello maggiormente diffuso è il
ticolo della Piana di Lamezia Terme
Greco bianco, che concorre con alcon la DOC Lamezia nelle tipologie
rosso, rosato e bianco. Si tratta di
meno il 50% alla produzione del
un areale che insiste per la maggior
vino bianco. È presente, inoltre, il
parte su terreni collinari di origine
vitigno Mantonico il cui impiego è
alluvionale situati sia nell’area
previsto per la produzione di vini a
della Piana di Sant’Eufemia-Lamebase spumante e per i passiti. La
zia sia sulle falde meridionali del
forma di allevamento maggiormassiccio del Reventino (Figura 5).
mente impiegata è quella a spalIl panorama varietale di questo siliera che, soprattutto negli anni
stema viticolo è rappresentato dai
’60, ha sostituito l’alberello.
Aprile-Giugno 2014
21
Nella fascia ionica della provincia
di Reggio Calabria, si incontrano
due sistemi viticoli particolarmente
interessanti: quello del Bivongi e
quello del Greco di Bianco. Il primo
si estende sul versante orientale
della catena delle Serre, nella bassa
valle del torrente Stilaro all’estremo
nord della provincia reggina, sia sul
litorale che nell’entroterra collinare
(Figura 6). In questo sistema, ricco
di variabilità genetica, sono presenti
numerosi vitigni: Magliocco dolce
(denominato in loco Maglioccuni,
uno dei vitigni che annovera più sinonimi in tutta la regione), Greco
nero, Nocera, Calabrese, Castiglione,
Greco bianco, Guardavalle, Mantonico, Malvasia bianca, Ansonica e
in minore misura il Gaglioppo (conosciuto come Cirotana). Accanto a
queste varietà, negli ultimi anni, i
viticoltori stanno iniziando a recuperare diversi altri vitigni minori
ancora presenti nel territorio (Pecorello bianco, Uva ruggia, Pedilongo
o Padaluta) e maggiormente diffusi
in passato, anche grazie ad azioni
sinergiche con istituti di ricerca presenti sul territorio.
Nel basso Ionio reggino, si incontra
il sistema viticolo del Greco di Bianco,
che si estende in tutto il territorio del
comune di Bianco e in parte di quello
di Casignana (Figura 7). In questa
zona la viticoltura è praticata su terreni con giacitura prevalentemente
pianeggiante e in parte collinare con
altitudine inferiore ai 200 m s.l.m. Il
sistema viticolo presenta un’elevata
omogeneità varietale legata alla coltivazione preponderante del vitigno
Greco di Bianco (conosciuto anche
come Greco bianco a Gerace e sinonimo sia di Malvasia di Lipari che di
Malvasia di Sardegna). Questo vitigno
viene allevato a spalliera con sistema
di potatura a Guyot ed è destinato
prevalentemente alla produzione
dell’omonimo vino passito DOC oltre
che alla produzione di vino bianco
da tavola. In questo areale è presente
anche il vitigno Mantonico (da non
confondere con il Montonico descritto dal Bruni, 1962) che, nono-
22
stante le notevoli
potenzialità enologiche, nel corso degli
anni ha fatto registrare una sensibile
riduzione delle superfici investite che
ad oggi risultano inFigura 6 - Localizzazione del sistema viticolo del Bivongi,
feriori ai 10 ettari.
veduta della vallata del fiume Stilaro nei pressi di Bivongi
Oltre ai due precedenti vitigni sono
presenti anche il
Greco bianco (conosciuto in zona come
Guardavalle, nome
con il quale è iscritto
nel RNVV), il Castiglione e diversi Nerelli. I sistemi di allevamento
più
diffusi sono la spalFigura 7 - Localizzazione del sistema viticolo del Geco di
liera e in misura miBianco, vigneto posto alle spalle del centro abitato.
nore l’alberello.
Degno di menzione
è anche il sistema
viticolo della Costa
Viola dove, in passato, il lavoro di
audaci viticoltori ha
contribuito a modellare il territorio
conferendogli
un’elevata valenza
Figura 8 - Localizzazione del sistema viticolo della Costa Viola,
paesaggistica legata
tipico vigneto terrazzato.
ai tipici terrazzamenti. Questo territorio interessa il
tratto meridionale della costa tirrebientali (clima caldo-arido) sia per
nica affacciata sullo stretto di Mesnecessità legate alla particolare orosina e delimitata dai comuni di
grafia (ottimizzazione della densità
Palmi a nord e di Scilla a sud (Figura
di impianto sulle rasole). Per aumen8). La peculiarità di questo sistema è
tare il numero delle viti per unità di
legata all’orografia caratterizzata da
superficie si è fatto ricorso alle clasbruschi dislivelli, che rapidamente
siche pergolette che consentono di
superano i 500 metri di altitudine e
sfruttare al massimo l’esiguo spazio
da costoni rocciosi a strapiombo sul
a disposizione. In questo sistema,
mare. Il paesaggio viticolo è noto
accanto allo Zibibbo, il vitigno magper i tipici terrazzamenti, sostenuti
giormente diffuso, sono presenti
da muretti di pietra a secco (armacìe)
anche altri vitigni minori: Nocera,
che sostengono i terrapieni (rasole)
Petruneri (o Petru Ranieri) e Malvadove viene allevata la vite. La vitisia bianca, che corrisponde alla Malcoltura della Costa Viola ha da semvasia bianca lunga (Malvasia del
pre adottato la forma di allevamento
Chianti).
ad alberello, sia per questioni di
Oltre ai suddetti sistemi, in Calabria
adattamento alle condizioni amsono presenti altre tipologie viticole,
I L
come testimoniato dal riconoscimento di ben 10 IGP , la cui base ampelografica non è specificata nei
relativi disciplinari ma che nella realtà colturale si diversificano sia per
la presenza di vitigni ben noti nel
panorama nazionale sia per i sistemi
di allevamento e le tecniche colturali.
Le prospettive di sviluppo
dell’intera filiera
L’analisi dello scenario descritto e
l’esame delle dinamiche in atto consentono di individuare alcuni elementi critici fondamentali del comparto vitivinicolo calabrese. Il primo
dato che emerge è quello relativo
all’elevata polverizzazione della
struttura produttiva che ne limita
fortemente la competitività. La drastica riduzione delle superfici vitate,
unitamente al continuo spopolamento delle aree interne, rende il
settore viticolo sempre meno attrattivo per i giovani imprenditori. Dal
punto di vista strutturale gli impianti, specialmente quelli più vecchi, presentano forme di allevamento
poco razionali che limitano la diffusione della meccanizzazione. Dal
punto di vista ampelografico vige
una generalizzata confusione dovuta
sia alla presenza di vigneti multivarietali sia alle problematiche connesse ai casi di omonimia e sinonimia. Ciò trova riscontro, in pratica,
nella generale inadeguatezza dei disciplinari di produzione dei vini a
denominazione di origine nei quali,
spesso, sono inseriti vitigni locali
come sinonimo di altri vitigni diffusi
in altre regioni. Dal punto di vista
imprenditoriale è noto ormai a livello regionale lo scarso ricorso al
cooperativismo, con le imprese che
sono orientate più verso prodotti di
massa a prezzi accessibili che verso
prodotti di alta qualità e con un generale scarso coordinamento verticale di tutta la filiera. Relativamente
alla fase di trasformazione, il sensibile ritardo nell’ammodernamento
F O C U S
tecnologico rallenta
il miglioramento
qualitativo sia della
fase di vinificazione
che di affinamento.
Dal punto di vista
commerciale
emerge che in CaFigura 9 - Alcuni importanti vitigni autoctoni calabresi.
labria ancora una
Da destra: Castigione, Mantonico e Guardavalle
notevole quota di
prodotto
viene
commercializzato
allo stato sfuso o rientra nella tipoAlla luce di queste brevi considelogia dei vini comuni da tavola.
razioni, emerge chiaramente che le
A fronte di questa situazione, tuttaazioni a sostegno di un miglioravia, la Calabria possiede ancora elemento della vitivinicoltura regiovate potenzialità produttive e ampi
nale dovrebbero essere orientate
verso l’aggiornamento e la ridefimargini di valorizzazione delle aree
DOC - DOP e IGT - IGP legate sia all’elenizione degli areali di produzione,
vata diversificazione della piattain funzione dei nuovi parametri
forma ampelografica, notevolmente
bioclimatici, mediante opportuni
più ampia rispetto a quella di altri
studi sulla vocazionalità territoPaesi a grande tradizione viticola,
riale e la definizione di manuali
sia alle caratteristiche pedoclimatid’uso di buona pratica viticola. In
che particolarmente favorevoli alla
tale ambito, è opportuno puntare
viticoltura. A ciò si aggiunge l’espeanche al recupero, alla caratterizrienza millenaria dei nostri viticolzazione e alla valorizzazione del
tori che negli ultimi anni stanno
maggior numero possibile di vitipuntando verso una razionalizzagni autoctoni di grande rilievo e
zione delle forme di allevamento e
alla loro successiva iscrizione negli
verso una diversificazione varietale,
elenchi ufficiali.
con rinnovato interesse verso alcuni
Contemporaneamente, è necessario
vitigni autoctoni di grande prestigio
proporre l’adeguamento dei disci(Figura 9). Per quanto riguarda la
plinari di produzione dei vini di
fase di trasformazione, ad oggi sul
qualità, rivalutando il ruolo del vimercato sono disponibili e accessitigno come principale strumento in
bili innovazioni tecnologiche che
grado di tipicizzare fortemente il
consentirebbero facilmente di valoprodotto. La possibilità di mettere a
rizzare il prodotto imbottigliato ridisposizione dei viticoltori mateducendo l’incidenza di quello sfuso.
riale vegetale certificato dal punto
Le numerose ricerche condotte in
di vista genetico e sanitario, infatti,
campo vitivinicolo, inoltre, sono
rappresenta il primo passo verso
concordi nel ritenere che la qualità
una viticoltura che sappia coniudei vini è legata in primo luogo alle
gare modernità e tipicità delle procaratteristiche che si esprimono
duzioni. Dal punto di vista
nelle uve ottenute in vigneti colticolturale, infine, la diffusione di
vati in zone vocate, dove i fattori
una viticoltura a basso impatto ampedoclimatici sono rispondenti alle
bientale e integrata con l’agroecoesigenze del vitigno e sono in equisistema consentirebbe di ridurre
librio con l’ecosistema viticolo. In
l’impiego di energie esterne, di conquesto sistema l’uomo interviene
cimi e di pesticidi.
con le pratiche agronomiche al fine
di stimolare e indirizzare le risposte
La documentazione bibliografica di
produttive del vitigno nella direquesto studio può essere richiesta scrivendo a [email protected]
zione voluta.
Aprile-Giugno 2014
23
Il vino custodisce la vita,
la storia, le persone
Cosa vuol dire apprezzarlo veramente?
Risponde Antonio Guzzo,
membro dell’Associazione Italiana Sommelier
d’annata, penso a quante di loro
sono morte. Mi piace che il vino
continua a evolversi e se apro una
bottiglia oggi avrà un gusto diverso
da quello che avrebbe se l’aprissi un
altro giorno. Perché una bottiglia di
vino è un qualcosa che ha vita, ed
è in costante evoluzione e acquista
complessità. Finché non raggiunge
l’apice, e poi inizia il suo lento, inesorabile, declino. E che sapore …
quanto è buono”».
Cosa aspettarsi da un bicchiere
di vino?
«Un bicchiere di vino assomma
tutte le scelte operate nella sua produzione, dal tipo di terreno alla
© EcoPim-studio - Fotolia.com
Perché ama il vino?
«La migliore risposta ritengo sia
stata data nel film Sideways, un
cult da non perdere per gli amanti
del vino e anche per chi muove i
primi passi nell’affascinante mondo
del nettare degli dei. In questo film
a effetto on the road of wine, alla
stessa domanda la protagonista risponde: “La verità è che amo pensare alla vita di un vino. Il vino è
un essere vivente. E amo immaginare l’anno in cui sono cresciute le
uve di un vino: se c’era il sole o se
pioveva. E amo immaginare le persone che hanno curato e vendemmiato quelle uve. E se un vino è
24
specie di vitigno, dal modo di vinificazione a cui è stato sottoposto
fino alle tecniche di affinamento. È
come se ogni passaggio, ogni scelta
produttiva avesse lasciato una traccia di sé».
La degustazione del vino a
quando risale?
«L’assaggio ragionato del vino ha
una lunga storia: gli haustores, gli
assaggiatori, esistevano già al
tempo dei romani. Negli scritti di
Petronio si legge che, nel corso
delle cene di Trimalcione gli haustores servirono un Falerno, il vino
che l’antica Roma innalzò al più
alto rango, vecchio di 100 anni. Al
1312 risale poi l’organizzazione,
ancor oggi attiva a Parigi, dei sensali degustatori di vini, antenati
degli odierni sommelier, realizzata
dal re di Francia Filippo il Bello».
Tutti sono in grado di degustare
un vino?
«Saper degustare non è solo indice
di allenamento, ma è anche espressione di capacità e background che
si possiede nel saper leggere un
vino. Benché tutti possano degustare
un vino, è di contro riservato solo a
pochi esperti comprendere ciò che
un bicchiere di vino ci racconta; è,
in definitiva, una dote innata.
L’interpretazione di un vino inizia
dal suo esame visivo; dal colore è
I L
possibile risalire a una serie di informazioni, quali la zona di produzione e lo stato di evoluzione.
Inoltre, la rotazione del vino nel
bicchiere consente il conoscere il
contenuto alcolico, la consistenza e
perfino la provenienza.
Dalla successiva fase, l’olfattiva, si
può valutare l’intensità, la complessità dei profumi e individuare le tipologie: floreali, fruttati, minerali,
speziati, animali, eterei ecc.
Infine, dall’esame gustativo si può
comprendere se un vino è secco o
dolce, la morbidezza, l’acidità, la
sapidità, la presenza di tannini e di
alcool».
Come si rapporta la qualità del
vino alla produzione industriale?
«La qualità del vino si pone in rapporto di netta antitesi rispetto alla
produzione industriale; i grandi
vini sono espressione di un solo vigneto, a volte di un appezzamento
minuscolo. È il fascino del terroir,
che associa un vino a una varietà,
un clima e un territorio determinati.
Ma anche il terroir prevede una
componente umana, perché l’esperienza degli agricoltori, accumulata
nel corso dei secoli, è un fattore
fondamentale per ottenere vini di
qualità».
Nella scelta di un vino il prezzo
è indice di qualità?
«Non sempre un prezzo rilevante è
indice di buona qualità del vino.
Solo la capacità di interpretarlo
F O C U S
consente di comprendere la qualità
del vino. Il prezzo è la risultante del
lavoro che necessita per la produzione del vino, del tempo che si è
dovuto spendere e attendere per arrivare al giorno in cui lo si può
bere. Il prezzo è direttamente proporzionale al peso del nome del vitigno e della cantina; del terroir più
o meno vocato, della nobiltà e
dell’età delle vigne; del plauso della
critica; della legge della domanda e
dell’offerta; della rarità di quella
bottiglia, di quella vendemmia. In
conclusione, bere bene comporta
spendere molto, il suggerimento è
quello di bere poco ma bene, del
resto: la vita è troppo breve per
bere vini mediocri (Goethe)».
E UVITE, UN MODELLO VINCENTE D I A G G R E G A Z I O N E E D I N A M I S M O
S T R AT E G I E E O B I E T T I V I D E L L’A S S O C I A Z I O N E C H E M E T T E I N R E T E A Z I E N D E E T E R R I T O R I
EuVite, è il primo modello
per il Sud di associazione
fra produttori, uniti per
promuovere i «frutti» più
pregiati della vitivinicoltura
calabrese condividendo
competenze e conoscenze,
di marketing e della
comunicazione.
Costituitasi nel 2008, EuVite
mette in rete, rappresentando
un modello vincente di
aggregazione, aziende di
diverse dimensioni, ciascuna in
rappresentanza di un diverso
territorio regionale: Crotone,
Melito Porto Salvo (Reggio
Calabria), San Demetrio
Corone e Bisignano (Cosenza)
e Lamezia Terme (Catanzaro).
Finanziata con la Misura 111
del PSR Calabria. L’iniziativa
è in perfetta sintonia con
l’opera di recupero dei vitigni
autoctoni e di riqualificazione
della viticoltura calabrese,
stimolata dalla Regione
Calabria sin dagli anni ’90 per
contrastare gli effetti di una
produzione di massa che
aveva progressivamente
incentivato l’abbandono di
vitigni storici a favore di quelli
internazionali.
E’ in questo senso un tipico
modello di best practice che
si sviluppa a partire da uno
studio ventennale avviato nel
1993 da Nicodemo Librandi,
oggi presidente di EuVite.
Precursore di tendenze,
con il supporto della Regione
Calabria, Librandi ha avviato
il primo vigneto sperimentale
a Cirò Marina con vitigni
autoctoni di pregio caduti
in disuso negli anni ’70:
Magliocco, Mantonico bianco
e Pecorello. Nel 1999,
dall’area del Cirò la ricerca si
è estesa all’intero territorio
regionale; sono state
setacciate la maggior parte
delle vigne calabresi e sono
state individuate 289 varietà
diverse, messe a dimora in un
campo a spirale nella tenuta
Rosaneti di Rocca di Neto,
sulle quali è stato condotta
l’analisi del Dna e diversi
studi; su 28 di queste varietà
sono stati realizzati i profili
enologici. I risultati sono stati
pubblicati nel volume
Il Gaglioppo e i suoi fratelli.
«È stato, inoltre, messo a
dimora un campo di selezione
clonale per Gaglioppo,
Magliocco e Pecorello e
finalmente la Calabria ha,
oggi, i primi cloni selezionati
di queste uve che saranno
iscritti nel Registro nazionale
Il passo successivo è stato
condividere i risultati con
altre aziende attraverso il
progetto EuVite, includendo
quattro produttori di
eccellenza calabresi» spiega
Nicodemo Librandi.
EuVite punta a sviluppare
attività di divulgazione,
di comunicazione e
informazione, realizzando
prodotti editoriali ed
organizzazione di eventi,
educational tour per la
stampa e comunicazione web,
espressione di un nuovo modo
di comunicare il territorio
e valorizzare i prodotti
e le peculiarità della Calabria
vitivinicola e delle altre
eccellenze agroalimentari,
storiche e culturali.
L'aggregazione è il vero
motore dell'economia italiana
soprattutto per regioni
enologiche poco considerate
dal mercato: in questo senso
l'obiettivo di EuVite è quello
di comunicare che la Calabria
produce vini di qualità che
possono competere con le
migliori produzioni italiane ed
estere e elevare la reputazione
dei vini della regione
restituendo valore aggiunto
all'economia della Calabria.
Va dato atto alla Regione
di aver creduto fin da subito
nelle potenzialità degli
autoctoni, tanto da aver
investito tempo e risorse
economiche in una ricerca
durata alcuni anni e alla fine
sfociata nel totale recupero
di questi vitigni.
Aprile-Giugno 2014
25
Passito, ma non passato:
il lungo viaggio
di un dolce tesoro
G I O VA N N I G A G L I A R D I
Spetta ai greci il primato di aver portato in Calabria tecniche e vitigni
innescando un processo di contaminazione virtuosa ancora attuale
Esperto in Management
delle Imprese Vitivinicole
e fondatore del portale
vinocalabrese.it
A un certo punto la situazione si
evolse e i Greci pensarono di muoversi verso il mare in cerca di terre
e occasioni. Arrivarono in Calabria
e si adattarono subito. Anzi.
La spinta espansionistica fu dettata
da sommovimenti interni e soprattutto dall’esigenza di rispondere a
bisogni sempre più impellenti di
trovare sbocchi per i mercati e soprattutto opportunità di approvvigionamento.
La Calabria era la frontiera che tutti
i popoli in espansione avrebbero
voluto incontrare. I Greci avevano
la fortuna di raggiungerla con
poche remate. Territorio fervido e
potente, spiagge, pianure, colline,
clima straordinario e tanto spazio
favorirono velocemente lo sviluppo
di scambi e di insediamenti. Non
vennero solo a prendere ma portarono anche, e tra le cose che portarono da questo lato dello Jonio ci
fu la conoscenza della vinificazione
e tante tante varietà di uve che utilizzavano per produrre vino che si
aggiunsero a quelle presenti: la Ca-
labria già allevava uva e infatti i
Greci la chiamavano Enotria (terra
della vite).
I territori più “contaminati” da questo scambio sono stati quelli sulla
costa jonica in concomitanza della
nascita di insediamenti urbani.
Nella zona della Locride trovò subito giovamento un vitigno molto
caro ai cugini ellenici tanto da portarselo ovunque nel Mediterraneo
(forse come fanno i calabresi con il
peperoncino che allevano nelle più
disparate zone del mondo nei vasi
da fiori sui balconi). Infatti lo troviamo in Croazia a Dubrovnik, a
Bosa in Sardegna, a Barcellona e
nelle Canarie, in Sicilia nelle Eolie
dove hanno preso altri nomi, Malvasia Dubrovacika, Malvasia di
Sardegna, Malvasia di Stiges, Malvasia delle Lipari e a Bianco nella
parte bassa della penisola calabrese,
Greco di Bianco, appunto.
Ma, come per ogni situazione, il
contesto fa la differenza e a Bianco
che di bianco ha anche il terreno,
questo vitigno esprime le sue diffe-
renze. “Agghiocana” la chiamano i
contadini del luogo, la marna bianca
su cui nascono le vigne (al 95% a
Greco Bianco) dei pochi produttori
di questo fantastico lembo della Calabria grecanica. Pochi ma in forte
crescita: da qualche anno si sono
anche riuniti in associazione e cominciano a fare mosse comuni e a
riscuotere benevolenze dal mercato
e dalla critica. L’approvazione ministeriale è del 1980 e ha dato luogo a
una delle più piccole zone a denominazione d’Italia, prevedendo la
coltivazione e la produzione solo nel
territorio amministrativo del comune di Bianco e nella confinante
Casignana (ma solo per un pezzetto).
Il Greco di Bianco è un bianco passito che si fa secondo l’antica tecnica descritta anche da Esiodo in Le
opere e i giorni, volume dedicato
all’agricoltura del tempo: “Quando
poi Orione e Sirio sono giunti a
mezzo del cielo (metà settembre,
ndr), e l’Aurora dalle dita di rosa riesce a vedere Arturo, allora, o Perse,
raccogli tutti i grappoli d’uva e por-
Appassimento
Appassimento
Moscato giovane
26
I L
tali a casa; esponili al sole per dieci
giorni e dieci notti; quindi per cinque giorni lasciali all’ombra, ed al
sesto versa nei recipienti il dono di
Dioniso ricco di letizie”*.
“È un vino bianco “passito” ricavato da uve che, prima di essere
spremute, vengono appassite al sole
su graticci di canne e subiscono
una riduzione di peso che può raggiungere, a seconda del contenuto
in zuccheri, il 35%. Le uve aromatiche si prestano a essere prodotte e
appassite direttamente sulla pianta
(previo schiacciamento o torsione
del rachide a opera dell’uomo) o
direttamente al sole su graticci,
oppure in locali condizionati.
Al termine dell’operazione di appassimento le uve vengono sottoposte a pigiatura e torchiatura”.
Così recita il disciplinare all’articolo
8 prevedendo anche l’utilizzo di locali ad hoc ma che finora mai nessuno ha voluto utilizzare, lasciando
a questo vino il carattere identitario
che lo rende tale.
Ma quest’uva nel suo grande viaggio giunse nello stesso periodo
anche a Sibari, definita da tanti la
New York dell’epoca, per la sua
grande vitalità e il ruolo centrale
nell’economia di tutta la Magna
Grecia. Una città che accoglieva
300.000 abitanti nel massimo del
suo splendore, che era dedita alla
bellezza, all’arte e al buon vivere.
Sulle colline intorno a questo
grande polo urbano sistemarono in
una condizione perfetta le produzioni come l’ulivo e la vite da
vino. Nei secoli il vino divenne un
elemento importante per l’economia e si tramandò nei secoli arrivando fino ad oggi. E proprio su
queste prossimità che si trova Saracena, piccolo comune nato su
media collina sulle sponde del
fiume Garga, uno degli affluenti
del Crati sulla cui foce nasceva Sibari. A Saracena la stessa uva di
Bianco e di tantissimi altri posti
F O C U S
Bianco
Saracena
Terreno di Bianco (marna)
Terreno di Saracena
colonizzati dai Greci si utilizzava
insieme alla Guarnaccia e all’Addoraca (il Moscato Bianco) e al
Moscatello per farne un vino dolce
ottenuto da una ricetta antica di
cui si hanno le prime notizie certe
in documenti del 1500 quando
viaggiava dal porto di Scalea verso
la corte papale a Roma.
Il vino è alla ricerca del riconoscimento pubblico, DOP o IGP e per ora
ha ottenuto grandi risultati dalla
critica di settore e dal mercato specializzato, finendo nelle carte dei
vini di importanti ristoranti italiani
e non. Tra i riconoscimenti annovera quello della Fondazione Slow
Food per la Biodiversità che lo ha
inserito nella cortissima lista dei
Presidi del Vino e il riconoscimento
come bene immateriale con legge
del Consiglio Regionale calabrese.
Il vino è prodotto dal blend di due
mosti ottenuti con una ricetta ancestrale molto impegnativa composta da due fasi ben distinte. La
prima che consiste nella vinificazione in uvaggio della guarnaccia,
malvasia e zibibbo (adduroca)
estratte per pressatura soffice. Una
volta ammostate il liquido viene
messo a contatto con fuoco diretto
in caldaie tradizionalmente di rame
stagnato dove viene fatto concentrare fino a ridursi del 25-35%.
A questo mosto, lasciato raffreddare, vengono poi aggiunti gli acini
schiacciati manualmente del moscatello precedentemente appassiti
in locali chiusi e ventilati oppure su
graticci esposti al sole e all’aria
aperta fino a che non si ottenga un
mosto con contenuto zuccherino
non inferiore al 30%.
Il mosto fresco di moscatello, pieno
di lieviti vivi, ha come obiettivo
quello di attivare la fermentazione
e conferire al vino aromi e profumi
straordinari. Gli acini dell’uva appassita rimangono a macerare nel
mosto per almeno sei mesi dopo
l’innesco della fermentazione.
Il Greco di Bianco DOP e il Moscato
di Saracena, detto anche “Moscato
Passito di Saracena” e il “Moscato
al Governo di Saracena” (nome del
Presidio Slow Food) rappresentano
la punta più evoluta della rinata
enologia calabrese.
* Esiodo, Opere e giorni. Lo scudo di Eracle, a cura di Silvia Romani, introduzione di
Giulio Guidorizzi, Milano, Mondadori, 1997
Aprile-Giugno 2014
27
Il Gaglioppo nel suo regno:
alla prova il miglioramento delle uve
È una delle varietà autoctone a bacca nera più coltivate in Calabria:
come migliorarne la dotazione e la stabilità colorante
NICOLA BELFIORE
LUIGI SANSONE
D AV I D E D E S A N T I S *
FEDERICA GAIOTTI
MARIA MONTE
L O R E N Z O L O VA T
DIEGO TOMASI
C R A - Centro di Ricerca
per la Viticoltura,
Conegliano (Treviso)
Introduzione
Il Gaglioppo rappresenta una delle
varietà autoctone a bacca nera più
coltivate in Calabria e la sua presenza viene testimoniata già alla
fine del 1700. Attualmente trova
diffusione principalmente sul versante ionico, nelle province di Crotone, Cosenza e Catanzaro, ma è
nell’area di Cirò che questo vitigno
trova la massima diffusione, con
circa 2500 ettari. Il principale fattore critico per questa varietà è rappresentato dal contenuto antocianico mediamente basso e costituito
principalmente da antociani disostituiti facilmente ossidabili (cianidina e peonidina). Queste caratteristiche fanno sì che, nonostante
l’elevata estraibilità degli antociani,
anche in uve ben mature il potenziale colorante raggiunga difficilmente alti livelli. Il potenziale aromatico si esprime pienamente
* Collaboratore esterno
28
soprattutto nelle zone collinari dove
le forti escursioni termiche fanno
maturare i chicchi molto lentamente, sviluppando pienamente le
proprietà organolettiche del vitigno.
Prevalgono i composti benzenoidi
e norisoprenoidi, mentre il tenore
in terpeni risulta mediamente inferiore.
Nell’ottica di migliorare la scarsa
dotazione in sostanze coloranti
nonché la loro stabilità è stata impostata e condotta una prova sperimentale della quale si dirà più
avanti.
Sviluppo e maturazione dell’acino
La composizione della bacca, non è
legata solamente ai processi metabolici che avvengono durante la
maturazione, ma si realizza durante
tutto il processo di sviluppo. Infatti
se zuccheri, amminoacidi, antociani, proteine, terpeni e altre molecole degli aromi primari sono
accumulati nel corso della maturazione, altre, quali i flavonoli, gli
stilbeni e gli acidi fenolici sono sintetizzati prima e dopo l’invaiatura
e altre ancora quali acidi organici,
protoantocianidine e carotenoidi,
sono sintetizzate prima dell’invaiatura per subire durante la matura-
I L
F O C U S
Figura 1. Sezione dell’acino: localizzazione dei composti fenolici e delle sostanze coloranti
zione fenomeni di trasformazione e
diluizione (Downey et al., 2003).
Lo sviluppo dell’acino segue un andamento a doppia sigmoide.
Nella prima fase di crescita della
bacca (che va dall’allegagione all’invaiatura e ha una durata media
di circa 60 giorni), oltre all’accrescimento volumetrico si assiste
anche all’accumulo di importanti
composti che raggiungono la loro
concentrazione massima in prossimità dell’invaiatura (acido tartarico,
acido malico, acidi idrossicinnamici, i precursori dei fenoli volatili,
aminoacidi, micronutrienti e composti aromatici, quali ad esempio le
metossipirazine e i tannini).
Nel secondo periodo di crescita, che
va dall’invaiatura alla maturazione,
l’accrescimento è dovuto esclusivamente alla distensione cellulare.
Dall’invaiatura alla maturazione si assiste al rapido incremento della concentrazione zuccherina (glucosio e
fruttosio), alla diminuzione di quella
degli acidi (malico e tartarico) e delle
sostanze pectiche. Nelle uve a bacca
nera vengono sintetizzati aromi e antociani a livello della buccia, mentre
in quelle a bacca bianca vengono
prevalentemente prodotti aromi come
i terpeni e i norisoprenoidi e polifenoli
incolori. Nel corso di questa fase le
sostanze tanniche, specialmente
quelle dei semi, diminuiscono rapidamente (Coombe, 1992).
Le sostanze coloranti dell’uva
Le sostanze responsabili della colorazione delle uve rosse sono dei
composti polifenolici, chiamati antociani, appartenenti alla classe dei
flavonoidi che comprende anche
altri composti non coloranti.
Gli antociani sono probabilmente i
componenti fenolici dell’uva più studiati, grazie al loro contributo al colore dei vini rossi (Mazza 1995). La
loro molecola è costituita da due
anelli benzenici uniti per mezzo di un
eterociclo ossigenato, lo ione flavilio.
Immagine rielaborata da Teixeira A. et al., 2013
In Vitis vinifera gli antociani sono
3-monoglucosidi di malvidina,
peonidina, petunidina, delfinidina e
cianidina (si usa il suffisso “-idina”
per le forme libere e “-ina” per
quelle glicosilate).
La presenza di antociani diglucosidi
in quantità importante è specifica
delle specie americane del genere
Vitis (V. riparia e V. rupestris) e la
loro presenza nel vino è in genere
indice di un’aggiunta di vino proveniente da ibridi.
In sintesi: gli antociani possono essere trisostituiti (Malvina, Delfinina,
Petunina) oppure disostituiti (Cianina, Peonina) e infine acilati (ac.
acetico, ac. paracumarico). Il rapporto, geneticamente definito e costante, tra le cinque forme di
antociani (trisostituite e disostituite)
e la presenza/assenza di antociani
acilati definiscono il profilo antocianico caratterizzante ogni singola varietà di uva in quanto le diverse
varietà (cultivar) di Vitis vinifera
non contengono la stessa percentuale relativa dei diversi antociani e
ciò permette, se non proprio di distinguere una cultivar dall’altra, per
lo meno di raggrupparle in famiglie
simili per composizione antocianica.
Localizzazione e sintesi
degli antociani
Gli antociani sono localizzati nelle
cellule della buccia (Figura 1) con
l’eccezione di poche varietà, denominate tintorie, che ne possiedono
anche nella polpa.
La loro sintesi inizia 2-3 settimane
prima che il colore sia visibile e il
picco massimo si raggiunge durante la maturazione, quando l’attività del principale enzima
responsabile della sintesi – fenilalanina-ammonio liasi (PAL) – che è
localizzato nel citoplasma, aumenta
bruscamente raggiungendo la sua
massima espressione in due settimane. Il livello di accumulo degli
antociani e la posizione del massimo accumulo, variano molto in
funzione della zona viticola, dell’annata (variazioni climatiche), del
vitigno e delle tecniche colturali.
Durante gli ultimi stadi della maturazione si assiste al declino del contenuto in antociani totali degli acini
e questo fenomeno può essere dovuto sia a una perdita di tutte le
forme principali di malvidina 3glucoside sia all’attività di glicosiAprile-Giugno 2014
29
DALL'ENOTRI A A L L A C A L A B R I A I L V I N O R E S TA U N M I T O
T R A D I Z I O N I M I L L E N A R I E C H E S I R I N N OVA N O A O G N I V E N D E M M I A
La Calabria – già
conosciuta
nell’antichità
(XV secolo a.C.) anche
come Enotria, un
territorio in cui oggi
gli storici hanno
compreso anche la
Campania meridionale
e la Basilicata – ha
con il vino un legame
millenario.
Una leggenda racconta
come durante i giochi
olimpici dell’età
classica, gli eccellenti
vini dell’attuale
territorio cirotano
arrivassero in Grecia
come premio per gli atleti
vincitori.
La storia, con i suoi documenti,
afferma che la coltivazione
della vite e la produzione
vinicola, è antichissima ed era
diffusa in tutta la regione.
dasi e perossidasi nei vacuoli delle
cellule epidermiche (Haselgrove et
al., 2000; Keller & Hrazdina, 1998).
La concentrazione media degli antociani è di 1-5 g/kg di uva e sono
contenuti nelle cellule epidermiche,
ammassati nei vacuoli, addossati e
legati alla membrana vacuolare durante le prime fasi della maturazione e via via sempre più in forma
libera nel lume vacuolare all’avanzare della maturazione.
Prove sperimentali volte
a migliorare l’intensità
e la stabilità del colore
nel Gaglioppo
Questo studio è stato avviato nel
2011 in un vigneto situato in Calabria nella zona del DOC Cirò. Si
tratta di un impianto di 20 anni
della varietà Gaglioppo innestata su
17.37 (V. berlandieri x V. rupestris),
30
La ricercatrice Marilena
De Bonis ha sottolineato,
nel corso di un recente
convegno dedicato alle
tradizioni e alle prospettive
del settore, come sin dal ’500
i vini calabresi, il Falerno
per primo, fossero noti
per l’eccellente qualità:
nelle piazze di Roma
e di Firenze il vino calabrese
era il più caro, superato
soltanto dalla malvasia.
Non solo. Era anche molto
richiesto e i calabresi erano
abilissimi nell’esportare
e vendere il loro prodotti.
Gli antichi produttori di
Enotria erano insuperabili nel
valorizzare i vitigni autoctoni
e nello sfruttare le potenzialità
offerte dal suolo calabrese:
i declivi ondulati di Cirò
e Melissa, i colli cosentini
di Donnici, Esaro e Savuto,
le fertili colline del Lametino,
dotato di discreto vigore, con densità di 5.000 viti/ha, irrigato, allevato a controspalliera, con potatura
a cordone speronato doppio.
Per migliorare la dotazione polifenolica delle uve e soprattutto per
aumentare la stabilità delle sostanze coloranti del vino, è stata
impostata una prova che ha visto
l’applicazione della rutina (quercetin-3- O-ramnosil (1-6) glucoside),
molecola del gruppo dei flavanoli,
con proprietà di copigmentazione
(fenomeno chimico attraverso il
quale si formano complessi coloranti tra diverse forme di antociani
o tra antociani e altre forme fenoliche incolori) (Boulton 2001,
Schwarz et al., 2005).
Esperienze condotte nel nord della
Spagna sul vitigno “Tempranillo”
hanno anche dimostrato che l’applicazione della Rutina due settimane prima della vendemmia –
nella dose di 100 g/hl – ha aumentato il contenuto degli antociani e
dei polifenoli totali rispettivamente
i suggestivi terrazzamenti della
Costa Viola che da Tropea
si allunga fino a Scilla
e Bagnara, dove cresce
il profumato zibibbo, per finire
alle morbide pieghe ioniche
che circondano l’Aspromonte.
Il vino aveva qualcosa di sacro,
terapeutico e addirittura
miracolistico e veniva
fortemente desiderato alla fine
di una lunga giornata di lavoro
nei campi, per accompagnare
il pasto o anche
semplicemente per rilassarsi
e dissertarsi:
una presenza forte e costante
nella cultura e nel costume
degli antichi calabresi.
Oggi la politica regionale per il
settore riscopre valori millenari
per farne patrimonio in vista
di una produzione di qualità.
La storia, il passato,
la tradizione che sposano
il presente e il futuro.
del 33% e del 28% (Gonzales R. et
al., 2010).
L’applicazione è stata eseguita alla
dose di 80/100g/hl su 4 tesi differenziate per numero di interventi a partire da 30, 20 e 10 giorni dalla
presunta data di maturazione, a confronto con un testimone non trattato.
La rutina ha un costo di circa 900
euro/chilo. Il trattamento della sola
fascia produttiva con circa 300 litri
di soluzione acquosa/ha, comporta
un costo di circa 250 euro/ha/trattamento.
Le tesi a confronto erano le seguenti:
1. 30 + 20 + 10 giorni dalla maturazione (3 interventi);
2. 20 + 10 giorni (2 interventi);
3. 20 giorni (1 intervento);
4. 10 giorni (1 intervento);
5. Testimone non trattato.
Lo schema sperimentale adottato è
stato completamente randomizzato
con 3 ripetizioni per tesi, ciascuna
costituita da un filare di 100 metri
lineari.
I L
Rilievi alla vendemmia. In tutte le
tesi si sono rilevate le caratteristiche qualitative dei mosti e la dotazione in antociani e flavonoidi delle
uve (Di Stefano et al., 1991) e dei
vini. I dati sono stati sottoposti ad
analisi della varianza usando il
software SPSS; il confronto tra i
trattamenti è stato effettuato mediante il test di Tukey per P ≤ 0,05.
Risultati
Con l’applicazione della rutina la
produzione di uva per vite evidenzia solo un effetto annata, con il
2012 più produttivo. Inoltre, in entrambe le annate non si sono modificate né la concentrazione in
solidi solubili (in media circa 22°
Brix senza significative differenze
tra le tesi), né l’acidità totale dei
mosti, che comunque nel 2012 appare leggermente inferiore. Anche
le variazioni del pH sono contenute
in un intervallo molto ristretto
senza variazioni significative.
Gli antociani totali nelle uve, nel
2011, non hanno subìto variazioni
(da 116 per le tesi trattate a 144
mg/kg per il test); nel caso dei flavonoidi totali si è osservata una
diminuzione della concentrazione
nelle tesi trattate (valori pari a
971 mg/kg e 1219 mg/kg per il
trattato e il testimone rispettivamente), senza differenze significative tra le tesi.
Nel 2012, sia gli antociani totali
sia i flavonoidi totali sono risultati
superiori all’anno precedente, ma
senza differenze apprezzabili tra i
trattamenti e fra questi e il testimone (da 177 mg/kg nel trattato a
198 nel testimone per gli antociani, e da 1789 a 1848 mg/kg per
i flavonoidi). Riguardo alla estraibilità degli antociani, in entrambe
le annate questa è risultata maggiore mediamente del 10% nelle
tesi “rutina”.
La valutazione visiva dei vini del
2011 e del 2012, in entrambi i casi
dopo 6-8 mesi dall’imbottigliamento e a oltre un anno dalla vendemmia, ha evidenziato variazioni
dell’intensità del colore: mediamente i trattamenti ripetuti hanno
indotto una maggiore gradevolezza
visiva anche se non in modo ripe-
Giudizio visivo su base di 10/10
tibile nelle due annate. In Figura 2
si riportano i risultati relativi al
solo 2011.
Conclusioni
Nelle due annate di prova, le differenti applicazioni di rutina, in ambiente caldo-arido, non hanno
prodotto modificazioni apprezzabili
sulle sostanze coloranti delle uve di
Gaglioppo, varietà notoriamente
povera nella dotazione polifenolica.
Invece, nei vini dopo un anno di
invecchiamento, si è osservata una
maggiore stabilità e intensità del
colore relativamente ai trattamenti
eseguiti nel 2011 a 20 + 10 e a 10
giorni dalla data di vendemmia e
nel 2012 con tre interventi a 30, 20
e 10 giorni dalla vendemmia. Si
può quindi concludere che vi è un
effetto positivo della rutina quando
però l’intervento è ripetuto almeno
due volte prima della vendemmia,
che dovrebbero diventare tre in annate climaticamente favorevoli alla
sintesi antocianica (come avvenuto
nell’annata 2012).
La documentazione bibliografica di
questo studio può essere richiesta scrivendo a [email protected]
Figura 2 - Intensità e attraenza del colore nei vini dell’annata 2011
6,0
F O C U S
Intensità colore
Attraenza colore
5,0
4,0
3,0
2,0
1,0
0,0
T 20+10
T 10
Test
T 20
T 30+20+10
Valutazione effettuata a febbraio 2013 a 8 mesi dall’imbottigliamento
Aprile-Giugno 2014
31
Per un nuovo sviluppo
potenziare la filiera del vino
Gli investimenti della Regione riguardano in particolare
la ristrutturazione e la riconversione dei vigneti
GIACOMO GIOVINAZZO
Dirigente del Settore 2
del Dipartimento Agricoltura,
Foreste e Forestazione Regione Calabria
tanti obiettivi che consentiranno di
esprimere al meglio le potenzialità
della filiera, qualificando maggiormente le produzioni e aumentando
la competitività dei produttori di
vino attraverso la sostituzione e/o
il sovrainnesto di vecchi vigneti
con impianti nuovi aventi caratteristiche tecniche, colturali e varietali più rispondenti. Infatti la
superficie vitata regionale ha una
forte valenza economica per alcuni
specifici territori e partecipa in
modo rilevante alla formazione del
reddito agricolo.
La Misura Investimenti invece, inteLA REGIONE ALLA RASSEGNA INTERNAZIONALE DI VERONA
resserà 37 aziende
ammesse a finanziamento con un contributo totale di
coraggio hanno puntato sulla
L’assessore Michele Trematerra Dipartimento dell’Agricoltura,
qualità. In Calabria – ha quindi
Giuseppe Zimbalatti.
è intervenuto a un incontro
1.016.934 euro.
ribadito Trematerra – esiste
“La Calabria – ha detto
con gli operatori del settore
Gli interventi, sono
Trematerra – punta alla qualità una realtà molto interessante
organizzato presso lo stand
rivolti alle sole imfatta di aziende che hanno
grazie alla capacità delle
della Regione Calabria
prese vitivinicole,
investito molto nelle proprie
aziende di innovare nel solco
durante la manifestazione
escludendo quindi
produzioni. In questi due
della tradizione. Il nostro
internazionale Sol - Vinitaly
settori, infatti, sono stati fatti
obiettivo è quello di lanciare
di Verona. All’incontro,
quei soggetti che
grandi passi in avanti proprio
un messaggio importante:
incentrato sui temi
hanno effettuano a
in questo senso. Un’ottima
non più individualismi
della produzione vitivinicola
qualsiasi titolo la
occasione è offerta dalla
ma sinergia e condivisione.
e olivicola in Calabria,
sola commercializnuova programmazione.
Occorre fare massa critica
oltre a moltissimi giornalisti,
zazione del vino fiLa Calabria, grazie
e stringersi in rete per fare
erano presenti: i presidenti
sistema e affrontare il mercato alle numerose potenzialità
delle Camere di Commercio
nito.
di cui dispone, può puntare
globale con più forza”.
di Catanzaro e Vibo Valentia,
Gli
investimenti
a ottenere risultati eccellenti
“Dobbiamo continuare
Paolo Abramo e Michele Lico,
ammessi saranno di
in entrambi i comparti”.
su questo percorso – ha
il direttore di Unioncamere
tipo strutturale, coAll’ultima edizione del Vinitaly
proseguito – per far conoscere
Calabria, Antonio Palmieri, il
me la costruzione, la
hanno partecipato
al meglio le nostre eccellenze:
presidente della Casa dei Vini
oltre 50 aziende regionali
il merito principale va
Calabria, Gregorio Mungari
ristrutturazione e/o
produttrici di olio e vino.
alle nostre aziende che con
e il dirigente generale del
gli allestimenti di
punti vendita, l’ac-
Le azioni portate avanti dalla Regione Calabria nel settore della vitivinicoltura negli ultimi mesi dell’anno hanno puntato a uno
sviluppo armonico della vitivinicoltura in Calabria con un investimento di 4.400.000 euro.
I principali interventi hanno riguardato la ristrutturazione e la riconversione dei vigneti, la Misura
Investimenti, la Vendemmia verde,
ma anche la concessione dei diritti
di reimpianto.
È la prima volta che la Regione Ca-
labria ha avviato un percorso di recupero di quote vigneti, dando la
possibilità ai viticoltori di poter
usufruire di altri 50 ettari e mettendo così in circolo nuove risorse.
Nell’imminente è prevista l’uscita di
un nuovo bando per 200 ettari.
Con la ristrutturazione e la riconversione dei vigneti, che sta interessando 97 beneficiari per una
superficie di 150 ettari e un importo
da liquidare di circa 2.600.000
euro, la Regione si prefigge lo
scopo di raggiungere alcuni impor-
SINERGIE E ACCORDI DI RETE PER AFFRONTARE IL MERCATO
32
L’IMPEGNO DELLA REGIONE CALAB R I A N E L L A F I L I E R A V I T I V I N I C O L A
POR Calabria 2000-2006 - Asse IV “Sistemi Locali di Sviluppo”
PSR Calabria 2007-2013
Misure POR Calabria attivabili dai PIF - Progetti Integrati di Filiera
Misura 4.5 - Investimenti nelle aziende agricole
– Azione 4.5.a - Macrofiliere
– Azione 4.5.c - Tutela ambientale
Misura 4.6 - Miglioramento delle condizioni di trasformazione
e commercializzazione dei prodotti agricoli
Misura 4.7 - Commercializzazione dei prodotti agricoli di qualità
Misura 4.8 - Avviamento di servizi di sostituzione e di assistenza
alla gestione delle aziende agricole
Misura 4.14 - Insediamento giovani agricoltori
Misura 4.15 - Formazione
Misura 4.17 - Sviluppo e miglioramento di infrastrutture che incidono
sullo sviluppo dell’agricoltura
Misure PSR Calabria attivabili dai PIF - Progetti Integrati di Filiera
Misura 111 - Azione nel campo della formazione professionale
e dell’informazione
Misura 115 - Avviamento di servizi di consulenza aziendale, di sostituzione
e di assistenza alla gestione delle aziende agricole,
nonché di servizi di consulenza forestale
Misura 123 - Accrescimento del valore aggiunto dei prodotti agricoli
e forestali
Misura 124 - Cooperazione per lo sviluppo di nuovi prodotti,
processi e tecnologie nei settori agricolo e alimentare
e in quello forestale
Misura 133 - Azioni di informazione e promozione
PIF (Progetti Integrati di Filiera) Vitivinicoli approvati: 6
Contributi FEOGA: € 37.161.713,29
Numero di aziende beneficiarie: 211
PIF - Progetto
Integrato di Filiera
Numero
Importo
di aziende finanziato*
Misure
attivate
PIF “Le vigne del sole”
24
7.644.865,00
Gli Itinerari dei vini
della Calabria Citra
PIF Azienda Agricola
Russo e Longo
Val di Neto srl & Partner
63
9.874.660,00
18
4.474.125,00
4.5 • 4.6 • 4.7
4.8 • 4.15
4.5 • 4.6 • 4.7
4.8
4.5 • 4.7 • 4.8
8
1.254.640,00
4.5 • 4.6
32
5.619.798,29
66
8.293.625,00
4.5 • 4.6 • 4.7
4.8
4.5 • 4.6 • 4.7
Consorzio Vitivinicolo
Calabrese
Parco Viticolo
P I F (Progetti Integrati di Filiera) Vitivinicoli approvati: 2
Contributi FEASR: € 3.658.148,00
Numero di beneficiari diretti e indiretti: 76
Superficie interessata: 790 ha
Fatturato: €10.109.000,00
Dimensione
territoriale
PIF - Progetto
Integrato di Filiera
Subprovinciale
(KR)
Subprovinciale
(CS)
Subprovinciale
(KR)
Subprovinciale
(KR)
Interprovinciale
(CZ, KR, RC)
Subprovinciale
(KR)
Gli Itinerari dei vini
della Calabria Citra
Vitivinicolo
Sibari Pollino
Numero
Importo
di aziende finanziato*
71
1.923.467,00
5
1.734.681,00
Misure
attivate
111 • 115 • 123
124 • 133
123 • 133
Dimensione
territoriale
Subprovinciale
(CS)
Subprovinciale
(CS)
* Valori in euro
* Valori in euro
Interventi realizzati
• Investimenti per il miglioramento della qualità delle produzioni attraverso
la ristrutturazione e l’adeguamento tecnologico di cantine esistenti e la
creazione di nuove cantine aziendali
• Miglioramento delle condizioni di commercializzazione attraverso la
creazione di piattaforme commerciali e creazione di punti esposizioni –
enoteche.
Attivazione di
• Servizi di sostegno alle imprese per l’adeguamento dei disciplinari di
produzione
• Servizi di consulenza tecnico/finanziaria e agronomica
• Attività di formazione e di promozione
quisto di barriques e piccoli vasi vinari, la realizzazione di laboratori e
l’adozione di sistemi di qualità, ma
anche immateriali riguardanti in
questo caso l’attività di e-commerce. Con tale misura, si introduce
così un regime di sostegno per le
imprese situate nel territorio della
Regione Calabria che realizzino investimenti funzionali all’incremento del rendimento globale
dell’impresa del settore vitivinicolo,
soprattutto in termini di adeguamento alla domanda del mercato e
per il raggiungimento di una maggiore competitività.
Infine, la Vendemmia verde, che risponde all’obiettivo dell’equilibrio
del mercato vitivinicolo, eliminando le eccedenze nel rispetto di
quei particolari fattori di tutela del
valore paesaggistico e delle tradizioni culturali del territorio, interesserà 20 aziende per un importo di
180.000 euro.
La Vendemmia verde è un intervento di autoregolazione delle eccedenze e consiste nella distruzione
o eliminazione totale dei grappoli
non ancora giunti a maturazione.
Nell’ambito del rilancio della vitivinicoltura regionale tale intervento
è stato considerato marginale, trattandosi di un comparto in forte crescita e con potenzialità di incremento di notevole valore.
Sempre nell’ambito dell’OCM Vino
è previsto a breve il bando sulla
Misura Promozione del vino sui
mercati dei Paesi terzi con un importo di 800.000 euro.
Con circa 12.000 ettari la vitivinicoltura calabrese, grazie agli sforzi
corali del Dipartimento e degli imprenditori, si sta affermando sul panorama regionale, mentre i vini
provenienti da vitigni autoctoni si
stanno imponendo a livello nazionale e internazionale.
La vitivinicoltura calabrese ha
quindi salde e consolidate tradizioni, accompagnate da innovazione e passione che fanno ben
sperare in un ulteriore sviluppo.
Aprile-Giugno 2014
33
L’attuale Programma di Sviluppo Rurale prevede una serie
di azioni che hanno effetti diretti sul complessivo sistema
ambientale. Con un occhio al futuro. Che sta arrivando
G I O VA N N I A R A M I N I
Dirigente del Settore 3
del Dipartimento
Agricoltura, Foreste e
Forestazione Regione Calabria
Premessa
ANTONELLA COSTA
In vista della preparazione dei documenti di programmazione per il periodo
2014-2020, i Servizi della Commissione
Europea hanno pubblicato il documento
(position paper) che traccia le strategie
fondamentali per contribuire alla crescita sostenibile, all’occupazione e alla
competitività a livello nazionale.
Geologa,
esperta in tematiche
ambientali
Tale documento, tra l’altro, pone fra gli
obiettivi prioritari il tema della mitigazione e dell’adattamento ai cambiamenti
meteo-climatici. In realtà, già la riforma
dell’Health ckeck, prevista dal Reg.
74/2009, poneva tra le nuove sfide delle
Politiche di sviluppo rurale la lotta ai
cambiamenti climatici.
FOTOSINTESI
Figura 1.
Il settore
agroforestale,
incidendo
sui flussi
di carbonio
fra suolo
e atmosfera,
presenta
forti implicazioni
con le
problematiche
legate
ai cambiamenti
climatici
CO 2
CO 2
CO 2
CO 2
fissata dalla vegetazione
min
e
ral
izz
azi
one
P S R
C A L A B R I A
Clima, crescita sostenibile
e sistema agricolo,
ormai siamo già nel 2020
us
hum
LETTIERA
34
CO 2
fissata
nel suolo
A livello
globale
il contenuto
di carbonio
nel suolo
è stimato
essere
3 volte
maggiore
di quello
contenuto
nella biomassa
epigea
È noto infatti che il settore agricolo e forestale presenta forti implicazioni con le
problematiche legate ai cambiamenti climatici. Se da una parte, infatti, ne subisce
le conseguenze dirette relative a eventi
meteo climatici estremi (processi di desertificazione, aridità, alluvioni, fenomeni di
dissesto), dall’altra, le politiche agricole
possono influenzare significativamente i
livelli di emissioni di gas a effetto serra,
incentivandone o mitigandone gli effetti.
Si calcola che una variazione di solo 0,1% di
carbonio organico nei suoli agrari italiani
equivale a 275 milioni di tonnellate di biossido di carbonio, a fronte di un valore di
emissioni totali a livello nazionale di 553 Mt
colare, tali interventi riguardano il sistema
per l’anno 2007. Il suolo in particolare costiforestale, la gestione sostenibile delle aree
tuisce il comparto ambientale più importante
olivetate e alcune azioni legate a tecniche
in termini di “sequestro” di CO2. A livello glodi agricoltura conservativa.
bale il carbonio presente nei suoli è pari a 3,2
volte quello atmosferico e 4,4 volte quello
biotico. È evidente che piccoli cambiamenti
del contenuto di carbonio organico nei suoli
possono comportare significative variazioni
nei flussi di carbonio e conseguentemente
nei fenomeni legati ai cambiamenti climatici.
Il biossido di carbonio, infatti, è considerato
la principale causa dell’effetto serra a livello
Gli ecosistemi forestali sono particolarmente
planetario (Figura 1).
efficaci in termini di sottrazione di CO2 atLe politiche agricole e forestali possono,
mosferica e immagazzinamento della stessa
pertanto, svolgere un ruolo determinante
nel soprassuolo e nel suolo (parte epigea,
promuovendo strategie di intervento effilettiera, orizzonti superficiali, orizzonti sotcaci in termini di flusso di CO2, anche a
tosuperficiali). Le foreste contribuiscono per
vantaggio di altri
circa il 25% alla ricomparti produttivi.
duzione delle emisIl Piano di Sviluppo
sioni di CO2 dovute
Le foreste contribuiscono
Rurale della Calabria
ai
combustibili
costituisce lo strufossili. Circa il 50%
per circa il 25% alla riduzione
mento programmatico
del carbonio glodelle emissioni di CO2
per la gestione dei
bale è contenuto
fondi strutturali 2007dovute ai combustibili fossili
nelle foreste.
2013 relativamente al
La Calabria si pone
Fondo Europeo Agrifra le regioni itacolo per lo Sviluppo
liane con più alto
Rurale (FEASR). Il
indice di boscosità
Piano regionale, coerentemente con le
(35%). Le superfici forestali rappresentano
linee strategiche fissate a livello nazionale,
ben 480.000 ettari di cui circa un terzo
mira al rafforzamento del sistema agricolo,
deriva dalla forte azione di rimboschimento
alla tutela e valorizzazione delle risorse
effettuata nella seconda metà del secolo
naturali, al miglioramento delle condizioni
scorso per effetto delle Leggi speciali per
di vita nei contesti rurali. Alcune azioni atla Calabria (Foto 2).
tivate nell’ambito dell’Asse II – ValorizzaIl Piano di Sviluppo Rurale 2007-2013
zione delle risorse naturali – presentano
mette in atto strategie indirizzate alla
implicazioni dirette con le problematiche
salvaguardia del patrimonio boschivo esilegate ai cambiamenti climatici. In partistente, alla ricostituzione di aree dan-
Foto 2.
Negli anni ’50
fu avviata
un’importante
azione
di ripristino
ambientale con la
ricostituzione
di 153.000 ettari
di bosco
nelle aree
a maggior rischio
di degrado
Il settore forestale: riforestazione,
afforestazione,
gestione del patrimonio forestale
Aprile-Giugno 2014
35
C A L A B R I A
P S R
neggiate da calamità naturali o incendi,
all’imboschimento di terreni agricoli e
non agricoli. In particolare la Misura 221
è finalizzata al primo imboschimento di
terreni agricoli già destinati a colture
agrarie e rende disponibili risorse per circa
20 milioni di euro.
La Misura 223 incentiva il primo imboschimento di superfici non agricole al fine di
realizzare boschi permanenti con ricadute
ambientali, paesaggistiche e protettive.
Infine la Misura 226 mira alla ricostruzione di boschi nelle aree attraversate
da incendi o danneggiate da calamità
naturali e mette
in atto interventi preventivi
contro le calamità stesse.
Nella prima fase
attuativa del PSR
risultano finanziati interventi
per la realizzazione di circa 700
ettari che, sulla
base delle stime
effettuate, potrebbero diventare 2.500 nell’intero arco temporale di
attuazione del Piano.
Sulla base dei dati acquisiti sperimentalmente nell’ambito di un recente studio condotto dall’ARSSA, il potenziale accumulo di
carbonio organico nei suoli potrebbe aggirarsi attorno al 2,7 t/ha/anno, al quale
andrà ad aggiungersi una quantità equivalente di carbonio fissata nella parte epigea.
Foto 3.
Il 90%
dell’olivicoltura
calabrese interessa
terreni fortemente
vulnerabili
ai processi
erosivi.
Le tecniche
di gestione
a basso impatto
ambientale
promosse
con il PSR
consentono
una gestione
sostenibile
di tali aree
Foto 4. Fenomeni di desertificazione
sui rilievi collinari del versante ionico
36
Complessivamente può stimarsi, per gli
interventi realizzati con il PSR nel settore
forestale, una capacità di sequestro di
CO2 pari a 60.000 t/anno.
Il sistema oliveto
Circa il 90% dell’olivicoltura calabrese interessa terreni di collina o di montagna
soggetti a forti processi erosivi (Foto 3).
In un contesto di elevata vulnerabilità ambientale, le strategie di gestione assumono
valenza determinante. In questa ottica le
politiche agricole regionali sono orientate
a incentivare sistemi gestionali di tipo
conservativo, più incisive rispetto alle
condizioni minime stabilite con le norme
di condizionalità. Gli strumenti messi in
atto sono riconducibili, da una parte, all’inerbimento delle colture permanenti e,
dall’altra, all’Azione 2 della Misura 214,
che promuove l’agricoltura biologica, un
sistema di coltivazione basato sul concetto
che la fertilità fisico-chimica dei suoli sia
il presupposto per un’agricoltura sana e
sostenibile dal punto di vista ambientale.
Sia nel primo che nel secondo caso il
flusso positivo di carbonio sequestrato
sotto forma di sostanza organica, risulta
rilevante. Il contenuto medio in carbonio
organico nei suoli olivetati calabresi, a eccezione di situazioni pedologiche zonali,
non supera lo 0,7%, mentre in condizioni
gestionali di equilibrio lo stesso contenuto
può stimarsi fra l’1,5 e il 2,5%. Il potenziale recupero può quantificarsi, considerando un orizzonte di riferimento di 30
cm, fra 40 e 80 t/ha di carbonio organico.
È evidente che un obiettivo del genere richiede tempi di medio-lungo periodo, ragionevolmente qualche decennio.
Un dato comunque di particolare
interesse che, rapportato ai 45.000
ha di oliveto condotti in biologico
o che hanno aderito all’“Azione
inerbimento”, può significare un
valore compreso tra 6,5 e 12,9 Mt
di CO2. Complessivamente valori
annui di sequestro di CO2 quantificabile in circa 400.000 t.
Dati sperimentali acquisiti in ambiente collinare calabresi su suoli
olivetati inerbiti, hanno evidenziato
un incremento di circa lo 0,1% anno di sostanza organica, a conferma delle valutazioni proposte.
Il sistema olivicolo calabrese, oltre a continuare a svolgere fondamentali funzioni
paesaggistiche e produttive, può contribuire in maniera significativa alla mitigazione dei cambiamenti climatici.
Agricoltura conservativa
Fra gli interventi agroambientali del PSR
sono state attivate alcune azioni orientate
all’incremento della fertilità dei suoli attraverso l’incremento della sostanza organica, con conseguente sequestro di CO2
dall’atmosfera. In particolare le azioni riguardano l’inerbimento, le tecniche che
rafforzano le buone condizioni agronomiche e ambientali già fissate dalle norme
di condizionalità e la conversione colturale da seminativi a pascoli. Gli interventi
si concentrano nelle aree collinari particolarmente vulnerabili ai fenomeni di degrado (Foto 4).
Le risorse finanziarie disponibili consentono di ipotizzare interventi su alcune migliaia di ettari, in larga misura nel
versante ionico, con ricadute ambientali
rilevanti, sia in termini di riduzione dei fenomeni di dissesto idrogeologico che in
termini migliorativi della fertilità dei suoli.
Il passaggio dall’attuale sistema di gestione basato sulle lavorazioni profonde a
un sistema gestionale di tipo conservativo
consente di:
- aumentare gli apporti di residui vegetali ipogei ed epigei legati al cotico erboso spazialmente continuo e presente
nell’intero arco dell’anno;
- contenere i processi di ossidazione
della sostanza organica;
- ridurre i consumi di combustibili fossili
richiesti per le lavorazioni meccaniche.
Ipotizzando anche nel caso dell’adozione
di tecniche di agricoltura conservativa un
incremento di circa 0,05-0,1%/anno di
carbonio organico, fino al raggiungimento
del livello di equilibrio che per le specifiche condizioni ambientali oscilla intorno
al 2%, si può considerare un valore medio
di CO2 sottratta all’atmosfera oscillante
intorno a 100.000 t/anno (Foto 5) .
Foto 5.
Le lavorazioni
ripetute
secondo schemi
convenzionali
favoriscono
i processi
di degrado dei
suoli con flussi
positivi di CO2
nell’atmosfera
Complessivamente, a fronte di obiettivi
annui di riduzione delle emissioni di CO2,
quantificati per la Calabria in 0,76
M/t/anno per effetto degli impegni assunti nell’ambito del Protocollo di Kyoto
(APAT, 2009), le sole misure del Piano di
Sviluppo Rurale possono contribuire
complessivamente per 0,56 M/t/anno.
Ciò conferma il ruolo positivo svolto dal
settore primario nella complessa partita
dei cambiamenti climatici (Foto 6).
Considerazioni conclusive
Foto 6.
La conversione
colturale
da seminativo
a pascolo
favorisce
la stabilizzazione
dei versanti
e la sottrazione
di CO2
dall’atmosfera
Il Piano di Sviluppo Rurale della Calabria
si propone, tra l’altro, l’obiettivo della tutela delle risorse ambientali. In maniera
specifica alcune misure prevedono interventi finalizzati a incrementare la capacità di “sequestro” di CO2 da parte dei
sistemi agricoli e forestali.
Le valutazioni effettuate nell’ambito del
presente lavoro consentono, in via preliminare, di proporre alcune sintetiche riflessioni:
1. il sistema agroforestale, oltre a espletare la fondamentale funzione produttiva, conferma il proprio ruolo di
produttore di beni pubblici ambientali;
2. la gestione agricola e forestale può
contribuire concretamente alla mitigazione dei cambiamenti climatici;
3. i sistemi di contabilizzazione dei flussi
di carbonio devono tener conto della
gestione agricola e forestale;
4. il prossimo periodo di applicazione del
Protocollo di Kyoto dovrebbe riconoscere
il ruolo degli imprenditori agricoli e forestali attraverso l’accesso al sistema di
gestione dei crediti di carbonio.
Aprile-Giugno 2014
37
O L I V I C O L T U R A
Nell’olivicoltura la nostra storia,
nell’olio extravergine
IGP di Calabria il nostro futuro
Fare agricoltura non è mai stato facile e
mai lo sarà, in quanto attività soggetta
a fattori variabili, primo fra tutti il clima
ormai acclaratamente in cambiamento.
Tali difficoltà aumentano in Calabria
dove, alle difficoltà storiche, si aggiungono oggi quelle derivate dalla globalizzazione di un mercato che richiede
organizzazione, qualità e concentrazione
dell’offerta.
L’olivicoltura in Calabria si fa da millenni
e, nonostante i progressi tecnico-economici che la ricerca ha apportato dal
punto di vista produttivo, oggi vorremmo
ulteriormente valorizzarla . Perché l’olivo
è l’emblema di tutta la storia millenaria
della nostra terra, in esso troviamo
tracce del nostro passato glorioso e una
forte identità culturale.
Oggi più che mai la Calabria è in grado
di essere un punto di riferimento importante sul mercato globale, e i nostri agricoltori sono sempre più attivi e dinamici,
proiettati in un percorso di crescita e sviluppo, che contribuisce quotidianamente
e in maniera determinante a far conoscere la nostra terra e i suoi prodotti in
tutto il mondo, incentivando gli scambi
commerciali con i Paesi esteri.
Lentamente e con difficoltà si sta costruendo quel “made in Calabria” che
comporta sfide e impegno, necessari per
affrontare un confronto che è ormai globale. Ma c’è ancora tanta strada da fare
per poter giungere a far conoscere appieno i nostri prodotti e la loro origine.
In quest’ambito è nata l’esigenza di valorizzare la “tipicità e l’origine” dell’olio
calabrese, attraverso uno strumento idoneo e cioè la creazione di un marchio
IGP. Tutto è iniziato all’incirca dieci anni
fa, quando è nata l’idea di dotarci di un
elemento di sostegno, organizzato e
M A S S I M I N O M AG L I O C C H I
Presidente
del Comitato Promotore
IGP “Olio di Calabria”
Il lungo cammino
verso il riconoscimento
sembra ormai avviarsi
alla conclusione
grazie agli sforzi,
l’impegno
e la mediazione
di tutti coloro
che ne sono stati
coinvolti
Un momento
dell’audizione pubblica
38
strutturato, in grado di portare ai consumatori e sui mercati del mondo intero
una conoscenza più consapevole del nostro olio di oliva extravergine di qualità.
Si costituì allora un Comitato Promotore,
espressione del mondo agricolo calabrese, che potesse dare a un prodotto
che rappresenta una voce primaria dell’economia del comparto agricolo della
nostra regione, quantizzabile mediamente nel 25% del PIL regionale, quell’impulso capace di determinare una
crescita ulteriore e significativa del comparto.
Pur vantando tre aree DOP in Calabria, sui
mercati nazionali e internazionali siamo
sempre e comunque rimasti generici produttori di olio, privi di una forte identità,
in quanto le aree DOP non venivano riconosciute sui mercati internazionali. Così,
nonostante la qualità dei nostri prodotti,
magari ben superiore a quella di tante
altre regioni italiane, spesso ci si ritrovava – rispetto a queste – con un prezzo
inferiore.
Questa situazione ci ha indotto a iniziare dieci anni fa il percorso per il riconoscimento del marchio IGP “Olio di
Calabria” in modo di dare la giusta identificazione al prodotto e al suo territorio
di origine. Già allora, molti sostenevano
che era una battaglia ardua e difficile.
Oggi lo è diventata anche di più, per
motivi normativi legati ai cambiamenti
dei regolamenti comunitari, non ultimo
il Regolamento UE n. 1151 del 21 novembre 2012 sui regimi di qualità dei
prodotti agricoli e alimentari, che rende
difficilissimo il percorso per il riconoscimento delle denominazioni di origine,
per effetto dei notevoli elementi identificativi che devono accompagnare il
prodotto.
Tutti elementi restrittivi paragonati alla
Legge originaria n. 169 del 5 febbraio
1992, “Disciplina per il riconoscimento
della denominazione di origine controllata degli oli di oliva vergini ed extravergini” e del Regolamento (CEE) n. 2081/92
del Consiglio, del 14 luglio 1992, relativo
alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d’origine dei
prodotti agricoli e alimentari.
Conosciamo bene, purtroppo, la variabilità delle condizioni riscontrabili in Calabria, dove esistono moltissimi scenari
colturali e ambientali e dove si riscontrano almeno una quindicina di varietà di
olivo largamente diffuse, che hanno reso
difficile omologare l’intera produzione
olearia sotto un unico logo IGP. Credevamo anche noi agli inizi di poter avere
un disciplinare sul modello di quello toscano, prevedendo per le tante tipologie
anche le sottozone. Inizialmente, infatti,
nella prima stesura del disciplinare erano
state previste cinque sottozone: Basso
Tirreno, Basso Jonio, Medio Jonio-Tirreno,
Alto Jonio e Alto Tirreno, in cui rientravano quasi tutte le cultivar calabresi esistenti. Ma le nuove norme comunitarie
ormai non permettono più il perseguimento di questa linea di condotta. È pur
vero che la Regione Toscana le ha! Ma le
ha ottenute tempo addietro e con i vecchi regolamenti comunitari molto più
permissivi di quelli odierni.
Il comitato promotore del marchio IGP,
mi piace ricordarlo, è composto innanzitutto da calabresi, che conoscono molto
bene il germoplasma olivicolo regionale
e la esatta diffusione delle cultivar sul
territorio. Con il disciplinare attuale,
siamo stati “vincolati” a indicare come
prevalente una sola cultivar, seppure la
più importante e diffusa della Calabria,
ovvero la Carolea.
Le riunioni condotte con tutte le organizzazioni di categoria, le associazioni
olivicole, i produttori, i trasformatori e i
funzionari regionali, in questi anni si
sono succedute proprio per dar vita a un
disciplinare che soddisfacesse tutte le
esigenze che dal territorio si levavano,
anche per la più piccola produzione o
cultivar, senza quindi vincoli limitativi
per le nostre produzioni.
Tuttavia, ricordo nuovamente, che il distinguo, il merito, la specificità che identificasse con chiarezza l’“unicità del
prodotto” doveva emergere da una tipologia di cultivar a preminenza produttiva
regionale, in grado di esprimere il legame
fra una determinata tipologia di significativa rilevanza produttiva e l’ambiente
geografico di riferimento: di quell’elemento insomma in grado di contraddistinguere il nostro olio, l’olio della
Calabria, da tutti gli altri presenti sui
mercati di vendita, identificandone la
storia, il territorio, la sua delimitazione e
il suo contenuto altamente diverso da
quello delle altre regioni.
L’Audizione Pubblica del 9 luglio scorso
ha rappresentato il punto apicale di confronto sul disciplinare, la cui stesura originaria è avvenuta nel rispetto dei
regolamenti e non per scelta campanilistica o per individuali personalismi, che
non ci appartengono. Ancora una volta,
alla presenza dei rappresentanti del Ministero, siamo stati pronti ad ascoltare le
esigenze del territorio e attenti a cogliere
le richieste di revisione del Disciplinare,
soprattutto in riferimento alle percentuali da adottare per l’ottenimento del
marchio IGP. Tale aspettativa è stata
fatta propria dal Comitato Promotore
che, grazie al supporto del Dipartimento
Agricoltura della Regione Calabria, sta
interfacciandosi con i funzionari ministeriali per valutare come intervenire,
ovviamente al ribasso, su tali percentuali, fermo restando l’impossibilità di
derogare alla presenza di una cultivar
prevalente. E non è solo dovere istituzionale ringraziare sentitamente tutti coloro che sono intervenuti alla pubblica
audizione e che stanno facendo sentire
la loro voce appassionata, allo scopo di
pervenire alla migliore formulazione
possibile per l’intera regione. Grazie a
questi interventi la visione prospettica si
sta modificando, proprio nella direzione
desiderata.
Il nostro obiettivo è infatti quello che la
Calabria ottenga questo importantissimo
riconoscimento, che potrà e dovrà essere
il principio per una crescita del nostro sistema produttivo, sostegno concreto per
lo sviluppo economico del nostro territorio e per rafforzare in maniera durevole
la competitività delle nostre tipicità sui
mercati internazionali.
L A R A S S E G N A I N T E R N A Z I O N A L E D I T R I E S T E D E D I C ATA A L L’ E X T R A V E R G I N E T I P I C O E D I Q U A L I T À
L’olio riesce a unire Calabria e Friuli Venezia Giulia
La Regione ha preso parte a Trieste
all’ottava edizione di “Olio Capitale”,
la rassegna internazionale dedicata
agli oli extra vergine tipici e di
qualità. Nella giornata di apertura
della manifestazione si e svolto il
convegno “Calabria – Friuli Venezia
Giulia, la qualità dell’olio extravergine
d’oliva agli estremi della penisola
italiana”, organizzato dall’Assessorato
regionale all’Agricoltura insieme
all’Assessorato alle Attività Produttive
della Regione Friuli Venezia Giulia e
Aries Trieste. “Potrebbe suonare
insolito – ha dichiarato l’assessore
Michele Trematerra – l’accostamento
tra Calabria e Friuli, due regioni che
apparentemente condividono poco
e nulla. Invece, nonostante storie
e quantità produttive diverse, i due
territori hanno lo stesso obiettivo:
raggiungere l’eccellenza nel settore
per distinguersi sui mercati
internazionali. “Olio Capitale – ha
spiegato l’Assessore – è la celebrazione
dell’olio ai massimi livelli, dove
i buyer internazionali incontrano
il “mercato” e le novità che questo
offre”. Al convegno sono intervenuti
il dirigente generale del Dipartimento
agricoltura Giuseppe Zimbalatti, il
presidente della Camera di Commercio
di Trieste Antonio Paoletti, il curatore
della guida “Flos Olei” Marco Oreggia
e il presidente del Comitato promotore
IGP “Olio di Calabria” Magliocchi.
Aprile-Giugno 2014
39
S T U D I O
L O
Il miglioramento genetico
del Suino Apulo-Calabrese
Tra storia e tradizione
LUIGI CHIES
Dipartimento di Agraria Università degli Studi
Mediterranea
di Reggio Calabria
In molti scritti è dimostrato che la cultura suinicola in Calabria è radicata da
millenni: già in epoca romana, infatti,
si racconta di un prodotto costituito da
carne tritata insaccata nel budello nella
zona della Lucania e delle terre dei
Bruzi.
Nel ’700 G.M. Galanti nel suo Giornale di
viaggio fa menzione di quella che era la
suinicoltura e la produzione di carne
suina nelle zone in cui, allora, era distinta la Calabria: Citra e Ultra.
Tra ’800 e ’900 molti furono gli autori
che descrissero quelli che erano gli usi in
Calabria dell’allevamento e della trasformazione delle sue carni; molti rievocano
alla memoria l’uso di tenere il maiale nel
piano basso della casa,“u catuaju”, acquistato magari in una fiera paesana e
tenuto con gli avanzi della tavola e le
scolature dei piatti “a vrodata”.
Era la donna che aveva l’onere o l’onore
di allevare il “sacro” animale, fonte di
proteine e grasso.
Questi animali d’estate erano tenuti al
pascolo spesso con l’anello al grugno per
evitare che questi rovesciassero il truogolo o andassero a depauperare il sottobosco; in autunno iniziava il
finissaggio e l’alimentazione diventava
ricca: castagne, ghiande, patate bollite,
crusca e farina di mais grano e favino
diventavano gli alimenti che dovevano
donare consistenza e profumi alla carne
e al grasso.
A metà degli anni ’20 la popolazione
suina calabrese era rappresentata da
131.736 capi. Soprattutto a partire
dagli anni ’70 ha subito una forte contrazione.
PIERO LAMANNA
Dipartimento di Agraria Università degli Studi
Mediterranea
di Reggio Calabria
Carta della distribuzione
degli allevamenti
di Suino Apulo-Calabrese
in Calabria
40
La consistenza e la localizzazione
degli allevamenti
In Calabria il numero di allevamenti di
Nero si aggira intorno a 80, dato che
molti allevamenti non sono ancora
censiti dall’ANAS, e con un numero di
capi totali che si aggira sui 1.800. La
maggior parte di questi allevamenti ricadono nella Provincia di Cosenza,
visto che è da qui che comunque si è
ripresa e rivalorizzata a opera dell’ARSSA (oggi ARSAC) la razza autoctona
calabrese e da qui si sta estendendo a
macchia d’olio in tutto il territorio regionale.
Dal punto di vista della trasformazione
dei prodotti ricavati dal Nero e della loro
collocazione sul mercato, gli allevatori si
stanno riunendo in cooperative, visto che
si tratta di un prodotto di nicchia e che
l’unico modo per essere competitivi sul
mercato è il cooperativismo, considerato
che sono pochi quei singoli allevamenti
che riescono ad attivare e mantenere autonomamente l’intera filiera.
Le caratteristiche morfologiche
È un suino di tipo robusto, di taglia
medio-piccola con scheletro forte.
Mantello e cute Cute e setole sono di
colore nero; le setole sono robuste e più
lunghe nella regione dorso-lombare. Alcuni soggetti possono presentare macchie bianche alle estremità degli arti
(balzane), che non devono però estendersi oltre il garretto posteriormente o
oltre il pastorale anteriormente.
Testa La testa è di medio sviluppo, con
profilo fronto-nasale rettilineo, mandi-
bola piuttosto stretta, grugno lungo e
sottile; le orecchie grandi sono pendenti
in avanti e in basso.
Collo Il collo è allungato, mediamente
sviluppato.
Tronco Il tronco è moderatamente lungo
e stretto; il torace poco profondo, ventre
stretto e pendente, linea dorso-lombare
rettilinea, groppa inclinata.
Arti Gli arti sono di media lunghezza, robusti, con articolazioni asciutte.
Caratteri sessuali Nel maschio, si notano
testicoli ben pronunciati. La femmina è
caratterizzata da mammelle in numero
non inferiore a 10, con capezzoli normali
ben pronunciati e pervi.
Le esigenze nutrizionali
e alimentari
A differenza del suino allevato in
strutture industriali, dove le esigenze
nutrizionali sono ormai determinate e
standardizzate, per il suino allevato
allo stato brado, soprattutto a causa
della forte variabilità ambientale, alla
quale consegue una variabilità fitosociologica notevole, la standardizzazione della dieta risulta molto più
complessa. Nel corso della vita dell’animale, i tessuti si accrescono in
modo differente. Al fine di ottenere le
migliori condizioni di accrescimento
degli animali, è molto importante conoscere il valore nutritivo delle materie
prime e delle risorse naturali spontanee. Infatti nell’allevamento all’aperto
è necessaria l’integrazione con alimenti concentrati quali: semi di cereali
e leguminose.
Esemplari al pascolo
Il sistema di allevamento
L’obiettivo è di migliorare le caratteristiche
qualitative dei prodotti carnei valutando
l’influenza della genetica su di essi, in particolare attraverso la caratterizzazione del
gene CRC ,che presenta tre polimorfismi:
NN omozigote dominante, Nn eterozigote
ed nn forma omozigote recessiva. Quest’ultima è causa della PSS che a sua volta provoca PSE. I difetti principali della carne
suina sono legati alla evoluzione del pH del
muscolo nel corso del rigor mortis e della
maturazione ed è legato a diversi fattori
come lo schema genetico dell’animale, le
condizioni di trasporto verso il mattatoio,
le condizioni di abbattimento e di refrigerazione della carcassa. La carne PSE (pallida,
molle ed essudativa) è caratterizzata da caduta rapida del pH fino a 5,2 a temperatura
di 37°C con un successivo leggero rialzo
fino a 5,4-5,5, 24 ore dopo la morte. Una
rapida diminuzione del pH, a temperatura
della carcassa di circa 37°C, comporta la
denaturazione delle proteine miofibrillari
che trattengono l’acqua (Penny, 1969).
La PSE è associata con la condizione della
porcine stress sindrome PSS ereditata attraverso un solo gene recessivo spesso
chiamato gene dello stress RYR1 (CRC)
quindi diventa necessaria la valutazione
precoce della presenza o assenza di questo
gene. La presenza del soggetto non portatore dell’allele n (NN o CC) è un requisito
fondamentale per ottenere un prodotto
candidato all’etichetta di qualità Designazione di Origine Protetta (DOP), Indicazione
Geografica Protetta (IGP) e Specialità Tradizionale Garantita (STG) o comunque nei
prodotti di norcineria di nicchia.
La determinazione assume alta rilevanza
per una piccola popolazione autoctona dal
momento che la presenza del “portatore
sano” potrebbe causare il rapido trasferimento del gene mutato; inoltre, la distribuzione della carne PSE dovrebbe portare a
conseguenze negative sull’economia dell’azienda. La diffusione degli alleli mutati
anche nei tipi genetici autoctoni indica la
necessità di allargare la tipizzazione al
maggior numero di soggetti allevati e in
particolar modo ai verri o ai giovani maschi
aspiranti riproduttori. Nuovi studi hanno
comunque evidenziato la presenza di geni
di contrasto che quindi vanno a lenirne gli
effetti. L’uso di carne PSE porta a una produzione qualitativamente inferiore variando
la capacità di penetrazione del sale nei prodotti salati quali possono essere le produzioni a denominazione presenti in Calabria
che rischierebbero quindi non riuscire a essere collocati sul mercato.
Recinto di pascolamento
con capannina-parto
Gel elettroforetico con distinzione
dei tre genotipi NN, Nn e nn
La struttura degli allevamenti è imperniata su recinti di pascolamento dotati di
ricoveri. L’organizzazione tecnica dei recinti fa riferimento alla normativa sul benessere degli animali: tali norme fissano
i parametri o standard minimi per la protezione degli animali. La tipologia di stabulazione è di tipo semibrado o brado,
una forma di conduzione che consente di
salvaguardare il declino del territorio rurale, da una parte, e dall’altra la possibilità di conservare alcune razze autoctone
in via di estinzione, razze che si erano
evolute in un perfetto adattamento con
l’ambiente. Questo tipo di allevamento
consente,dunque di rispettare sia i bisogni etologici degli animali, sia il mantenimento delle caratteristiche floristiche
dei prati, degli erbai e del sottobosco destinati al pascolo,oltre alla diminuzione
dei rischi di inquinamento da nitrati.
Il miglioramento genetico
Aprile-Giugno 2014
41
A L I M E N T A Z I O N E
Workshop su sicurezza
alimentare e ristorazione
L’incontro tenutosi a Catanzaro per affrontare il problema della qualità a tavola:
“Noi non siamo solo quel che mangiamo, ma anche quel che beviamo”
Presso l’UMG di Catanzaro si è tenuto il
workshop “Sicurezza alimentare e ristorazione”, organizzato da tre professori
universitari
che, in Calabria, hanno
iniziato un comune percorso
culturale
e
scientifico. I
lavori
sono
stati introdotti
il 27 giugno da
Stefano Alcaro, professore ordinario
di
Chimica
Farmaceutica
presso l’UMG di Catanzaro, dove si occupa di Nutraceutica dal punto di vista
didattico e di ricerca. Sono seguiti i saluti
del direttore del Dipartimento di Scienze
della Salute, Giovambattista De Sarro, e
degli altri due organizzatori del meeting
Vincenzo Mollace, professore ordinario
di Farmacologia all’UMG, oltre che direttore del Centro di Ricerca Interregionale per la sicurezza sugli alimenti e la
salute (IRC FSH), e Nicola Fiorita, professore associato all’Unical, oltre che presidente di Slow Food Calabria.
La relazione di apertura è stata svolta da
Silvio Borrello, direttore generale per
l’Igiene e la Sicurezza degli Alimenti e la
Nutrizione presso il Ministero della Salute. Il suo intervento è iniziato definendo nettamente 3 concetti base:
sicurezza alimentare, informazione e
qualità globale. Temi chiave, come quello
42
della tracciabilità degli alimenti, dei diritti dei consumatori e della food safety,
sono stati efficacemente delineati prima
di indicare i dati disponibili sulla ristorazione collettiva in Italia.
La prima sessione, relativa al controllo di
qualità alimentare, è partita con John
Fairban, imprenditore tecnologico e fondatore di una piattaforma informatica
flessibile per la ristorazione. Francesco
Maria Russo, dirigente del Dipartimento
ARPACal Crotone, ha affrontato il tema
della ristorazione dal punto di vista del
“controllore”. Riguardo al processo
HACCP ha analizzato i punti critici del
controllo in termini di prevenzione, eliminazione e riduzione dei pericoli a livelli accettabili. Ha poi mostrato il
galateo del perfetto alimentarista, soffermandosi sui comportamenti da promuovere e da evitare.
La seconda sessione, focalizzata ancora
sul controllo di qualità alimentare, ha registrato l’intervento di Anna Scognamiglio, dirigente dell’Istituto Zooprofilattico di Catanzaro, esperta di analisi
degli alimenti, la cui relazione si è focalizzata su campionamento, metodi di
prova e interpretazione dei risultati secondo il Regolamento 2073/2005 e il Decreto regionale n. 124 del 24 settembre
2013, che norma il campionamento degli
alimenti di origine animale e vegetale.
Quindi Enzo Perri, direttore dell’istituto
CRA-OLI di Rende, ha discusso il tema
relativo a qualità e controllo degli oli di
oliva nel settore olivicolo-oleario, mettendo in evidenza il ruolo centrale dell’Italia e della Calabria nella produzione
globale di olio di oliva. Ha concluso il suo
intervento menzionando i principali illeciti degli oli, con particolare rilievo alle
violazioni sull’etichettatura. A fine sessione Raffaella Boggia, professore associato dell’Università di Genova, esperta
di chemometria e di chimica degli alimenti, ha brillantemente esposto sulla
valutazione dell’autenticità dei succhi di
frutta mediante la combinazione di tecniche computazionali e spettrofotometriche nell’UV e visibile
Il secondo giorno la prima sessione è
stata incentrata sui pericoli alimentari.
L’intervento di Francesco Luzza, professore ordinario di Gastroenterologia
presso l’UMG di Catanzaro, ha trattato il
tema delle allergie alimentari e della sicurezza del consumatore, in particolare
esponendo con grande chiarezza le reazioni avverse agli alimenti anche dal
punto di vista epidemiologico. È seguito,
quindi, l’intervento di Domenico Monteleone, farmacista esperto di sicurezza
alimentare in campo micologico, che lavora presso il Ministero della Salute. Nell’ambito della formazione Monteleone
ha lanciato un messaggio per riunire
Università, Ministero della Salute, Assessorati regionali competenti e Associazioni per la definizione di ulteriori
percorsi scientifici e culturali ad alto valore professionalizzante da proporre in
campo micologico nel prossimo futuro.
Nella seconda sessione si è focalizzato
l’interesse su nuove frontiere di sicurezza
alimentare. Il primo relatore Cinzia Scaffidi, responsabile del Centro Studi Slow
Food, ha trattato il tema di security e safety in campo alimentare. La sessione è
andata avanti con l’intervento di Silvio
Greco, dirigente di ricerca dell’Istituto
Superiore per la Protezione e la Ricerca
Ambientale e responsabile del programma Slow Fish, che ha trattato il
tema della sicurezza alimentare nell’ambito delle risorse ittiche. Il dirigente ha
esordito simpaticamente con l’espressione “Dire ora sano come un pesce …
vuol dire augurare a qualcuno di ammalarsi!” e ha poi concluso il suo intervento
menzionando le frodi alimentari in ambito ittico, in particolare nel mercato del
surgelato, spiegando che si ritrovano
enormi quantità di no food e di prodotti
chimici di sintesi. Silvia Sivini, ricercatrice del Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università della
Calabria, ha trattato il tema della sicurezza alimentare e delle pratiche sociali
innovative. Il suo intervento si è concluso
sui sistemi di garanzia partecipata, che
assicurano la qualità agendo su base locale, tramite la verifica dei produttori
sulla partecipazione attiva delle parti interessate e su altri concetti.
L’ultima sessione della seconda giornata
si è concretizzata in una tavola rotonda
tenuta da vari esperti del settore. Il giornalista Gianfranco Manfredi ha enfatizzato gli aspetti legati all’olio d’oliva di
qualità; Alessandra Nucci, imprenditrice
agroalimentare della Toscana, ha testimoniato le proprie esperienze anche a
proposito di progetti formativi legati ai
valori dell’agricoltura di qualità nelle
scuole; l’avvocato Simona Albano, presidente della sezione agroalimentare di
Confindustria di Catanzaro e imprenditrice nella ristorazione, ha trattato gli
aspetti legislativi della catena alimentare, con particolare rilievo al tema dell’etichettatura del prodotto; Giacomo
Giovinazzo, dirigente di settore della Regione Calabria, ha affrontato, con grande
qualificazione e competenza, il delicato
tema dei marchi di qualità sui prodotti
tipici regionali; Antonio Abbruzzino, chef
di alta cucina, ha discusso il tema del rispetto delle regole nella ristorazione; infine Giancarlo Rafele, sommelier AIS e
responsabile della redazione Slow Wine,
ha parlato degli inevitabili solfiti nei vini
concludendo brillantemente con una
frase estesa di Feuerbach in “L’uomo è
ciò che mangia e anche ciò che beve!”.
In conclusione gli organizzatori hanno
evidenziato la necessità di conciliare le
esigenze normative legate alla sicurezza
alimentare secondo le linee guida nazionali e comunitarie con quelle che impattano con la sostenibilità ambientale e
sociale. Attorno al tema della ristorazione ruotano molti aspetti che l’Università Magna Græcia di Catanzaro,
attraverso il Centro di Ricerca Interregionale per la sicurezza sugli alimenti e la
salute (IRC FSH), può significativamente
contribuire ad affrontare di concerto con
gli enti competenti (Ministero della Salute, Assessorati regionali alla Salute,
Agricoltura e Ambiente) e associazioni
che hanno un forte radicamento sul territorio, come Slow Food. Dal workshop
del 27 e 28 giugno potranno auspicabilmente nascere altre iniziative utili per la
valorizzazione e l’impiego corretto di alimenti di qualità nel delicato comparto
della ristorazione.
Aprile-Giugno 2014
43
PAT
ROSARIO FRANCO
Funzionario ARSAC c/o
Dipartimento Agricoltura,
Foreste e Forestazione
P R O D O T T I A G R O A L I M E N TA R I T R A D I Z I O N A L I
Siamo a (cacio)cavallo
Il viaggio di Calabria Rurale alla scoperta dei prodotti agroalimentari tradizionali
arriva oggi a Ciminà, in Aspromonte. Dove...
PIA RISPOLI
Il Caciocavallo di Ciminà
e un territorio in evoluzione
Funzionario ARSAC c/o
Dipartimento Agricoltura,
Foreste e Forestazione
«Non è bella la vita dei pastori in Aspromonte, d’inverno,
quando i torbidi torrenti corrono al mare,
e la terra sembra navigare sulle acque.
I pastori stanno nelle case costruite di frasche e di fango,
e dormono con gli animali. Vanno in giro coi lunghi cappucci
attaccati ad una mantelletta triangolare che protegge le spalle,
come si vede talvolta raffigurato qualche dio greco pellegrino
e invernale. I torrenti hanno una voce assordante.»
Corrado Alvaro (1930)
Dal tempo dei racconti di Corrado Alvaro molto è cambiato.
Cambiamenti lenti e faticosi, ma che oggi ci consentono di raccontare un prodotto antico che diventa protagonista di un progetto per un futuro migliore.
Foto © Rosario Franco
I pascoli aspromontani
Uno degli elementi che caratterizzano i prodotti caseari
sono le essenze pabulari. L’allevamento di vacche e capre,
da cui proviene il latte con cui
si produce il Caciocavallo di
Ciminà, è di tipo semi-brado.
I pascoli sono quelli aspromontani caratterizzati da una
composizione floristica con
elevata diversità in specie, da
collegare a una serie di fattori
attuali e storici. In particolare,
un ruolo determinante è
giocato dalla posizione geografica. La posizione del
massiccio aspromontano, al
centro del Mediterraneo, ha
favorito nel corso dell’era Terziaria e Quaternaria il sovrapporsi di flore di diversa origine
che almeno in parte si sono
adattate differenziando stirpi
locali a vari livelli (specie, sottospecie e varietà). L’elevata
biodiversità in specie vegetali
è legata anche alla eterogeneità ambientale attualmente
riscontrabile nel territorio, diretta conseguenza delle sue
caratteristiche geomorfologiche e climatiche. Come messo
in evidenza da Pignatti (1994),
il territorio aspromontano risulta essere tra quelli che annoverano un maggior numero
Dove
si produce?
Ciminà
Antonimina
Ciminà
È un paese della fascia
ionica della provincia
di Reggio Calabria.
Il suo nome deriva
dal greco Kyminà
luogo dove abbonda
il cumino selvatico.
di specie endemiche. L’elevato
numero di specie endemiche
può essere spiegato con il
fatto che questo territorio è
molto antico e nel complesso,
analogamente alle altre montagne dell’Appennino meridionale è stato per lungo
tempo isolato dagli altri territori europei e mediterranei.
Foto © Rosario Franco
Foto © Alberto Peroli
44
Ardore
(frazione Bombile,
Potito, San Nicola)
Platì (frazione Cirella)
Sant’Ilario dello Jonio
(località Piccirillo)
È un formaggio a pasta
filata ottenuto da latte
vaccino o misto caprino.
Al latte riscaldato fino
alla temperatura di 3438°C (tradizionalmente
in caldaie di rame)
si aggiunge il caglio
“u quagghju” in pasta
(di capretto o agnello).
A coagulazione avvenuta
si procede alla rottura
della cagliata “tuma”.
La verifica dell’avvenuta
coagulazione si effettua
immergendo un bastone
di legno di ulivo selvatico
“ugliastru”. La cagliata si
raccoglie in fuscelle e si
lascia fermentare per 2448 ore a seconda della
grandezza delle forme e
delle condizioni climatiche.
Dopo l’acidificazione
viene immersa in acqua
alla temperatura di 85°C
per preparare la pasta alla
filatura. Verificato il
raggiungimento del punto
di filatura, il casaro
conferisce la tipica forma
a una o due teste.
Il caciocavallo di Ciminà
Le forme vengono immerse
in acqua a 4°C per qualche
minuto e poi immerse
in salamoia al 20-25% di
sale per un periodo
variabile da 1 a 24 ore.
Le forme tolte dalla
salamoia vengono legate
a coppie e poste
per l’asciugatura
a cavalcioni
di una pertica
e da questo il caciocavallo
deriva il suo nome.
Può essere consumato
sia fresco che stagionato.
Foto © Rosario Franco
Foto © Alberto Peroli
L’interesse verso questo prodotto è testimoniato da una serie di
iniziative che hanno fatto conoscere il caciocavallo e il territorio
in cui viene prodotto, anche fuori dai confini regionali.
Il Caciocavallo di Ciminà rientra nell’elenco nazionale dei prodotti
agroalimentari tradizionali della Regione Calabria (D.L. 173/1998).
Il Comune di Ciminà, nel 2008, ne ha istituito una De.Co.
Ma di particolare rilevanza è l’Associazione Caciocavallo di Ciminà
che raccoglie i produttori che in sinergia tra loro stanno attuando
una serie di iniziative per la promozione di questo prodotto
d’eccellenza anche attraverso la partecipazione a fiere su tutto il
territorio nazionale, attività che hanno permesso di farlo conoscere
anche all’estero.
Inoltre Slow Food, associazione non-profit che promuove il
consumo di “cibo buono, pulito e giusto” ne ha istituito uno dei suoi
presidi e il Caciocavallo di Ciminà è stato soggetto, tra altri presidi,
delle fotografie di Oliviero Toscani.
Foto © Alberto Peroli
I produttori
Graziella Bontà • Ciminà
Giuseppe Fabiano •
San Nicola di Ardore
Vitaliano Grillo • Ardore
Pasquale Macrì •
Cirella di Platì
Caterina Monteleone •
Ciminà
Questo prodotto caseario,
che ha costituito fonte di
sussistenza per diverse generazioni, ha conquistato oggi
l’attenzione di esperti del
settore enogastronomico per
le sue qualità nutrizionali e
organolettiche.
Così come avviene per tanti
prodotti alimentari, anche il
Caciocavallo di Ciminà è
stato analizzato da esperti
analisti sensoriali.
A fianco un grafico descrittivo che mette a confronto
due caciocavalli prodotti da
due aziende diverse e con diversa stagionatura
In giallo: otto-nove giorni di
stagionatura.
In rosso: un mese di stagionatura.
Antonio Pisto • Ciminà
Pasquale Pisto •
Cirella di Platì
Felice Polifroni • Ciminà
Raffaele Polifroni •
Ciminà
Bruno Antonio Polito •
Cirella di Platì
Teresa Reale • Antonimina
Caseificio Romano di Rocco
e Domenico Siciliano
e Anna Romano • Ciminà
Leonardo Spagnolo •
Ciminà
Pasqualina Varacalli •
Ciminà
Aprile-Giugno 2014
45
Prodotti ittici in vetrina
L ’ E V E N T O
IL SEAFOOD GLOBAL EXPO DI BRUXELLES
1.700 espositori provenienti da 76 Paesi e
circa 30 mila visitatori di 145 Paesi: questi
i numeri della ventiduesima edizione del
Seafood Global Expo, la più importante
vetrina europea di prodotti ittici.
Dalle uova di storione cremonesi al gambero viola di Crotone, dalla saraghina
dell’Adriatico alla bresaola di tonno della
Puglia, fino alle salse a base di pesce e
crostacei siciliani. Così l’Italia – con le
sue 49 aziende provenienti da 13 regioni – è stata protagonista dello stand
“Fish&Italy”, trainata da ben 9 aziende
calabresi presenti, un vero primato per la
Regione Calabria. Lo stand è stato realizzato grazie al contributo del Ministero
delle Politiche Agricole e della Pesca e il
sostegno del Fondo comunitario.
L’edizione si è svolta in un momento di
grande transizione, dovuta all’applicazione della nuova riforma europea della
politica sulla pesca e alla ripartizione tra
gli Stati membri dei fondi strutturali
2014-2020 (prevista per metà giugno).
La riforma sarà uno strumento per le imprese calabresi, i pescatori e gli operatori
verso la crescita e l’internazionalizzazione.
La Fiera ha anche visto una coppia inedita, lo chef italiano Gianfranco Vissani
ROSARIA FORTUGNO
Giornalista ARGA
Calabria - Associazione
Regionale Giornalisti
Agricoltura, Alimentazione,
Ambiente, Territorio,
Foreste, Pesca,
Energie Rinnovabili
Numeri da record
per la ventiduesima
edizione
della rassegna:
1.700 espositori
provenienti
da 76 Paesi
e oltre 30 mila
visitatori
46
e la Commissaria Europea alla Pesca
Maria Damanaki, a favore del “pesce
d’allevamento nell’UE: un’alternativa locale per un prodotto sano e fresco”.
L’idea lanciata da Damanaki è di traslare
dal settore agricolo a quello ittico l’iniziativa italiana del “chilometro zero”:
oggi solo il 10% del pesce consumato in
Europa è allevato nell’Unione. Lo chef ha
presentato due ricette: un’insalata di
branzino al pepe selvatico del Madagascar con porcini, fiori di zucca e ricci di
mare e spaghetti alle vongole veraci, radice nera e lime.
Dall’ambasciatore italiano presso il
Regno del Belgio Alfredo Bastianelli, al
vicepresidente della Commissione Pesca
dell’Unione Guido Milana, al neodirettore
generale per la pesca e l’acquacoltura del
Ministero Riccardo Rigillo con Elisabetta
Giannoccari, rappresentante del Ministero per il gruppo di lavoro pesca in Europa, un’unica certezza: puntare sulla
promozione dell’identità italiana della
pesca in Europa e sulla commercializzazione con regole igienico-sanitarie certe
e sicure.
LEGGI
TUTTI I PROVVEDIMENTI
Il vino tra decreti,
disciplinari
e laboratori autorizzati
Si riportano in breve alcuni decreti
del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali
pubblicati nel 2014 per il settore vitivinicolo
MANUELA LACARIA
Giornalista
Funzionario ARSAC
D E C R E T O N . 1 6 711 D E L 7 M A R Z O 2 0 1 4
D E C R E TO N . 2 8 41 D E L 7 M A G G I O 2 01 4
Modifica dei disciplinari di produzione dei vini DOP
e IGP concernente la variazione dell’autorità
di controllo o dell’organismo di controllo
di cui all’art. 90 del Reg. UE 1306/2013,
ai sensi dell’art. 10, comma 9
del Decreto Ministeriale 7 novembre 2012,
recante la procedura a livello nazionale
per la presentazione e l’esame delle domande
di protezione delle DOP e IGP dei vini
e di modifica dei disciplinari
Disposizioni nazionali relative all’organizzazione
comune del mercato vitivinicolo, in ordine
alla attivazione della Misura Vendemmia verde Campagna 2013-2014
Pubblicato sul sito internet del Ministero,
Sezione Qualità e Sicurezza - Vini DOP e IGP
Il decreto modifica i disciplinari di produzione dei vini DOP
e I G P per quanto riguarda la
G.U. n. 112 del 16 maggio 2014
Viene attivata, per la campagna
2013-2014, la Misura Vendem-
mia verde con le modalità previste dal D.M. 23 dicembre 2009.
DECRETO N. 15938 DEL 20 DICEMBRE 2013
variazione dell’autorità di
controllo o dell’organismo di
controllo.
Disposizioni nazionali di attuazione
dei Regolamenti CE n. 1234/2007
del Consiglio e CE n. 555/2008 della Commissione
per quanto riguarda l’applicazione della Misura
della riconversione e ristrutturazione dei vigneti
G.U. n. 54 del 6 marzo 2014
Il Decreto stabilisce modalità e
condizioni per applicare la misura della riconversione e ri-
strutturazione dei vigneti per le
campagne vitivinicole dal 20132014 al 2017-2018.
LABORATORI CALABRESI AUTORIZZATI AL RILASCIO DEI CERTIFICATI DI ANALISI
UFFICIALI NEL SETTORE VITIVINICOLO
In Calabria, attualmente, i laboratori autorizzati al rilascio dei certificati di analisi ufficiali nel settore vitivinicolo (aventi valore
ufficiale, anche ai fini dell’esportazione, limitatamente alle prove di analisi autorizzate) sono due. L’elenco delle prove di
analisi autorizzate per laboratorio è riportato nei decreti ministeriali di autorizzazione.
Enocalabria Soc. Coop. a r.l.
Via Venezia, 54
88811 Cirò Marina (KR)
Telefono/Fax 0962–36031
e-mail [email protected]
Decreto di rinnovo dell’autorizzazione
del 27 giugno 2011,
G.U. n. 164 del 16 luglio 2011;
Decreto di sostituzione dell’elenco delle
prove di analisi del 26 novembre 2013,
G.U. n. 294 del 16 dicembre 2013.
PromoCosenza
Divisione laboratorio Calab
Via Pianette, 1
87046 Montalto Uffugo (CS)
Telefono 0984-938784
Fax 0984-938856
e-mail [email protected]
Decreto di rinnovo dell’autorizzazione
del 25 novembre 2010,
G.U. n. 299 del 23 dicembre 2010;
Decreto di variazione della denominazione
del 26 marzo 2013,
G.U. n. 84 del 10 aprile 2013.
Aprile-Giugno 2014
47
NORMATIVA SUI DISCIPLINARI DI PRODUZIONE DEI VINI DOC CALABRESI
BIVONGI
GRECO DI BIANCO
S. ANNA DI ISOLA CAPO RIZZUTO
Approvato con DM 24.05.1996
G.U. 131 - 06.06.1996, modificato con
DM 04.07.2005 G.U. 160 - 12.07.2005,
modificato con DM 06.06.2011
G.U. 143 - 22.06.2011,
modificato con DM 30.11.2011 (MiPAAF).
Approvato con DPR 18.06.1980
G.U. 340 - 12.12.1980,
modificato con DM 30.11.2011 (MiPAAF).
Approvato con DPR 10.01.1979
G.U. 158 - 11.06.1979
Modificato con DM 30.11.2011 (MiPAAF).
LAMEZIA
SAVUTO
Approvato con DPR 21.12.1978
G.U. 96 - 05.04.1979, modificato con
DM 02.05.1995 G.U. 125 - 31.05.1995,
modificato con DM 13.10.2011
G.U. 256 03.11.2011 (S. O. 229),
modificato con DM 30.11.2011 (MiPAAF).
Approvato con DPR 19.05.1975
G.U. 291 - 03.11.1975,
modificato con DM 23.11.2011
G.U. 284 - 06.12.2011 (S. O. n. 252),
modificato con DM 30.11.2011
(MiPAAF).
MELISSA
TERRE DI COSENZA
Approvato con DPR 31.05.1979 G.U. 326
- 29.11.1979, modificato con DM
30.11.2011 G.U. 295 - 20.11.2011 (MiPAAF),
modificato con DM 07.03.2014 (MiPAAF).
Approvato con DM 18.10.2011
G.U. 256 - 03.11.2011 (S.O. 229),
modificato con DM 30.11.2011
(MiPAAF).
CIRÒ
Approvato con DPR 02.04.1969
G.U. 139 - 04.06.1969, modificato
con DPR 25.09.1989 G.U. 85 11.04.1990,
modificato con DM 09.12.2010
G.U. 298 - 22.12.2010,
modificato con DM 21.11.2011 G.U. 281 02.12.2011, modificato con DM
30.11.2011 (MiPAAF).
NORMATIVA SUI DISCIPLINARI DI PRODUZIONE DEI VINI IGT CALABRESI
ARGHILLÀ
LOCRIDE
SCILLA
Approvato con DM 27.10.1995 G.U. 266 14.11.1995, modificato con DM 31.07.1996
G.U. 190 - 14.08.1996,
modificato con DM 24.07.2009 G.U. 184 10.08.2009,
modificato con DM 30.11.2011 G.U. 295 –
20.12.2011 (MiPAAF),
modificato con DM 30.09.2013 G.U. 245 –
18.10.2013 (MiPAAF).
Approvato con DM 27.10.1995
G.U. 266 - 14.11.1995,
modificato con DM 31.07.1996
G.U. 190 - 14.08.1996,
modificato con DM 24.07.2009
G.U. 184 - 10.08.2009,
modificato con DM 30.11.2011
G.U. 295 - 20.12.2011,
modificato con D.M. 28.11.2013,
modificato con D.M. 07.03.2014
Approvato con DM 27.10.1995
G.U. 266 - 14.11.1995,
modificato con DM 31.07.1996
G.U. 190 - 14.08.1996,
modificato con DM 24.07.2009
G.U. 184 - 10.08.2009,
modificato con DM 30.11.2011
G.U. 295 – 20.12.2011 (MiPAAF),
modificato con DM 23.10.2013 (MiPAAF),
modificato con D.M. 30.09.2013
G.U. 242 – 15.10.2013 (MiPAAF),
modificato con D.M. 07.03.2014
(MiPAAF).
CALABRIA
Approvato con DM 27.10.1995 G.U. 266 14.11.1995, modificato con DM 31.07.1996
G.U. 190 - 14.08.1996, modificato con DM
24.07.2009 G.U. 184 - 10.08.2009,
modificato con DM 30.11.2011 G.U. 295 20.12.2011 (MiPAAF),
modificato con D.M. 28.11.2013 (MiPAAF),
modificato con D.M. 30.09.2013
G.U. 245 – 18.10.2013 (MiPAAF),
modificato con D.M. 07.03.2014 (MiPAAF).
COSTA VIOLA
Approvato con DM 27.10.1995 G.U. 266 14.11.1995, modificato con DM 24.07.2009
G.U. 184 - 10.08.2009, modificato
con DM 30.11.2011 G.U. 295 – 20.12.2011
(MiPAAF), modificato con DM 30.09.2013
G.U. 244 – 18.10.2013 (MiPAAF).
LIPUDA
Approvato con DM 27.10.1995 G.U. 266 14.11.1995, modificato con DM 31.07.1996
G.U. 190 - 14.08.1996, modificato
con DM 24.07.2009 G.U. 184 - 10.08.2009,
modificato con DM 30.11.2011
G.U. 295 – 20.12.2011,
modificato con DM 23.09.2013
G.U. 232 – 03.10.2013,
modificato con DM 07.03.2014.
48
PALIZZI
Approvato con DM 27.10.1995
G.U. 266 - 14.11.1995,
modificato con DM 31.07.1996
G.U. 190 - 14.08.1996,
modificato con DM 24.07.2009
G.U. 184 - 10.08.2009,
modificato con DM 30.11.2011
G.U. 295 – 20.12.2011,
modificato con D.M. 12.07.2013,
modificato con D.M. 30.09.2013
G.U. 243 – 16.10.2013,
modificato con D.M. 28.11.2013,
modificato con D.M. 07.03.2014 (MiPAAF).
VALDAMATO
Approvato con DM 27.10.1995
G.U. 266 - 14.11.1995,
modificato con DM 31.07.1996
G.U. 190 - 14.08.1996,
modificato con DM 23.06.2011
G.U. 163 - 15.07.2011,
modificato con DM 30.11.2011
G.U. 295 20.12.2011 (MiPAAF),
modificato con DM 30.09.2013
G.U. 242 – 15.10.2013 (MiPAAF).
VAL DI NETO
PELLARO
Approvato con DM 27.10.1995
G.U. 266 - 14.11.1995,
modificato con DM 21.07.1996
G.U. 190 - 14.08.1996,
modificato con DM 24.07.2009
G.U. 184 - 10.08.2009,
modificato con DM 30.11.2011
G.U. 295 – 20.12.2011,
modificato con D.M. 12.07.2013,
modificato con D.M. 30.09.2013
G.U. 243 – 16.10.2013,
modificato con D.M. 07.03.2014 (MiPAAF).
Approvato con DM 27.10.1995
G.U. 266 - 14.11.1995,
modificato con DM 31.07.1996
G.U. 190 - 14.08.1996,
modificato con DM 24.07.2009
G.U. 184 - 10.08.2009,
modificato con DM 30.11.2011
G.U. 295 - 20.12.2011 (MiPAAF),
modificato con D.M. 28.11.2013 (MiPAAF),
modificato con D.M. 30.09.2013
G.U. 245 – 18.10.2013 (MiPAAF),
modificato con D.M. 07.03.2014
(MiPAAF).
Verso il nuovo
Psr 2014-2020
DALL'AS C O LT O D E L T E R R I T O R I O R I S P O S T E P U N T U A LI
w w w. c a l a b r i a p s r. i t
UNIONE
EUROPEA
«Fondo Europeo Agricolo per lo sviluppo rurale:
l’Europa investe nelle zone rurali»
L’AGRICOLTURA
IN CALABRIA.
I.P.
Splendide opportunità
all’orizzonte.
www.assagri.regione.calabria.it
w w w. c a l a b r i a p s r. i t
UNIONE
EUROPEA
«Fondo Europeo Agricolo per lo sviluppo rurale:
l’Europa investe nelle zone rurali »
F I N A N Z I A T A
D A L
F E A S R
-
M I S U R A
1 1 1
D E L
P S R
C A L A B R I A
2 0 0 7 / 2 0 1 3
( R E G .
C E
1 6 9 8 / 2 0 0 5 )