La rassegna di oggi

RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – venerdì 6 marzo 2015
(Gli articoli della presente rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti di carattere economico e sindacale, sono scaricati dal sito
internet del quotidiano. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti)
Indice articoli
REGIONE (pag. 2)
Caos Isee, 150 mila in lista d’attesa. Ma la Regione corre ai ripari (M. Veneto)
La coda dei 150mila per Isee e superticket (Piccolo)
La Regione rassicura: «Arriverà la proroga Nessuno sarà escluso»
Isee, Regione verso una proroga generale (Gazzettino)
Corriere, prontacassa per la proroga (Gazzettino)
In Fvg record di profughi. Fi: un “affare” da 13 milioni (M. Veneto)
Dall’Ue 276 milioni per l’occupazione (M. Veneto)
«Comparto unico da cancellare» (M. Veneto)
Acciaieria algerina sarà made in Danieli (M. Veneto)
CRONACHE LOCALI (pag. 11)
In Friuli cresce ancora l'esercito dei disoccupati (M. Veneto Udine)
Persi 13.000 posti in sei anni (Gazzettino Udine)
Erdisu, Udine produce di più, ma a Trieste personale triplo (M. Veneto Udine)
Mercatone Uno, in bilico i quaranta posti di Reana (M. Veneto Udine)
Spav, l’attività pagherà una parte dei creditori (M. Veneto Udine)
Tiare Center, sequestrati 26 milioni (Piccolo Gorizia-Monfalcone, 2 articoli)
Al processo sul caporalato scoppia il caos traduzione (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
Rigassificatore, Regione contro Roma (Piccolo Trieste)
Regione e Css di Udine contro il Rossetti (Piccolo Trieste)
Elezioni sindacali, in ospedale difficile scalata al quorum (Gazzettino Pordenone)
Caso Inox, sostegno dalle banche (Gazzettino Pordenone)
Vertenza Atap, passo avanti verso l’intesa azienda-autisti (M. Veneto Pordenone)
Tagli di bidelli, la Cgil insorge: «Contrari alle coop esterne» (M. Veneto Pordenone)
Acquisita la Valcucine. Più forza sui mercati esteri (Gazzettino Pordenone)
Nuovo corso Electrolux: nuova lavatrice di successo (Gazzettino Pordenone)
Sim 2, azienda dimezzata (Gazzettino Pordenone)
REGIONE
Caos Isee, 150 mila in lista d’attesa. Ma la Regione corre ai ripari (M. Veneto)
di Elena Del Giudice UDINE «Un diritto deve essere esigibile, altrimenti è aria fritta». E anche
l’esenzione, o la rimodulazione, del ticket sanitario rischia di tramutarsi in “aria fritta” per i cittadini se
non saranno nelle condizioni di presentarsi allo sportello con l’Isee già certificato. Il punto è che i Caf
di Cgil Cisl e Uil non sono allo stato in grado di farlo. La Regione Da Trieste l’assessore alla Salute,
Maria Sandra Telesca, fa sapere di essere a conoscenza del problema, che peraltro investe anche altri
assessorati, e anticipa: «La giunta sta lavorando ad una norma, che abbia valore di legge e che sarà
approvata con i criteri dell’urgenza, per prorogare tutti i benefici in corso. Sarà probabilmente costituita
da un solo articolo e funzionale a che nessun beneficio si interrompa perché manca l’Isee». La Regione
è anche consapevole dell’aggravio determinato dal nuovo modello, che impatta con maggiori costi sui
Caf, non compensati dalla convenzione in essere, a livello nazionale, con l’Inps. «Su questo - ancora
Telesca - vedremo in che modo si possa andare incontro ai problemi posti dai sindacati». L’opposizione
L’assessore Telesca risponde così anche all’interrogazione sullo stesso argomento che il portavoce del
Movimento 5 Stelle in Consiglio regionale, Andrea Ussai, ha depositato ieri e che fa riferimento alle
questioni poste dal sindacato e ai problemi dei cittadini. A livello nazionale Della questione “calcolo
dell’Isee” si è occupata ieri anche la Commissione nazionale welfare e politiche sociali di Anci,
presieduta dal sindaco di Perugia Andrea Romizi, a cui partecipa il sindaco di Spilimbergo, Renzo
Francesconi in qualità di consigliere nazionale Anci, e il presidente di Federsanita Anci Giuseppe
Napoli. La Commissione ha deciso di proporre al Governo una norma transitoria chiarificatrice per
permettere in tempi strettissimi l’adozione di sistemi di calcoli corretti da parte delle amministrazioni
comunali, garantendo allo stesso tempo continuità e certezza dei servizi alla popolazione. Francesconi e
Napoli hanno ribadito che «il problema è nazionale e non delle Regioni: è quindi il governo che deve
trovare una soluzione certa ed efficace in tempi molto brevi». Il nuovo Isee La rivoluzione del nuovo
Isee è già entrata in vigore il primo gennaio di quest’anno, mandando in soffitta le vecchie, magari solo
di qualche mese, certificazioni, e gettando nello sconforto i cittadini che, per poter avere accesso a
prestazioni sociali di varia natura, devono munirsi del nuovo strumento. Il modello, peraltro, ha avuto
bisogno di tempo solo per essere pienamente compreso, tanto che a febbraio in pochi si erano
avventurati a compilarlo. Ora che i “chiarimenti” sono stati forniti, le liste d’attesa per avere l’Isee
assomigliano a quelle della sanità. Agende piene fino ad aprile inoltrato. Isee e Caf Un problema che si
è reso subito evidente, è quello legato ai tempi di compilazione e ai costi per i Caf: raddoppiati
entrambi. «Se lo scorso anno la compilazione richiedeva circa una trentina di minuti, il nuovo modello
impegna l’operatore per un’ora circa» hanno spiegato in conferenza stampa Gianfranco Valente (Cisl
Pensionati), Andrea Cum (Caf Cisl), Luciano Bordin (Cisl Fvg), Emanuele Iodice (Cgil Fvg), Claudio
Cinti (Uil Fvg), Gianpaolo Orzan (Caf Uil), Silvano Petris (Caf Cgil). Il costo per elaborare il nuovo
Isee sale quindi a 24/25 euro, a fronte del quale l’Inps riconosce un rimborso di 11 euro per modello. I
richiedenti Nel 2014 i Caf delle tre organizzazioni sindacali, ai quali si rivolge oltre il 90 per cento dei
richiedenti, hanno elaborato circa 100 mila modelli Isee. Quest’anno quel numero, già impegnativo,
aumenterà. Difficile dire ora di quanto, ma sicuramente è destinato a incrementarsi sensibilmente per
effetto della decisione della Regione di intervenire sul ticket sanitario rendendolo esente per alcune
categorie di persone. Ovviamente, dietro presentazione del nuovo Isee. «Probabilmente - spiegano i
sindacati - se la Regione stima circa 200 mila “teste” che potrebbero beneficiare del provvedimento, è
ragionevole ritenere che vi rientreranno i 100 mila che già nel 2014 avevano chiesto l’Isee e si
sommerà un’ulteriore fascia di popolazione». Si stima, cioè, che la richiesta di Isee lieviti a 150 mila
modelli. Secondo l’assessore Telesca, invece, non dovrebbe verificarsi un aumento impegnativo di
certificazioni. «Per la carta famiglia - ricorda - la soglia Isee è 30 mila euro, che è superiore a quella
indicata per beneficiare dell’esenzione». Il problema costo I Caf e i sindacati hanno un problema
oggettivo: stante i costi già calcolati, quest’anno saranno in grado di accogliere la metà delle richieste,
50 mila contro le 100 mila dello scorso anno. E naturalmente non sono nelle condizioni di potenziare
gli organici perchè non possono permettersi di lavorare in perdita. La proposta Una delle proposte
molto concrete che Cgil, Cisl e Uil regionali lanciano, è che sia la Pubblica amministrazione, nelle sue
varie articolazioni, dall’Inps fino alle Aziende sanitarie e ospedaliere, a farsi carico dell’elaborazione
del modello Isee. È quanto emerso nel corso dell’incontro con i sindacalisti quando hanno affermato
che «la decisione della giunta regionale di legare l’abolizione del super ticket all’Isee senza attrezzare
le Asl o altri uffici pubblici per garantire l’elaborazione del modello, significa annunciare una decisione
impossibile da realizzarsi concretamente». L’alternativa sarebbe una proproga - che dovrebbe arrivare
dal livello nazionale - della validità degli Isee precedenti, e per la presentazione di quelli nuovi. Super
ticket addio? La norma regionale che arriva ad azzerare il superticket entrerà in vigore il primo maggio,
e questo significherebbe «elaborare qualcosa come 100 mila modelli Isee in tempi brevissimi, e stante
la situazione, questo non è proprio possibile». «Ma il modello - chiarisce Telesca - non va presentato il
1° maggio, bensì al primo accesso alle prestazioni». A ciascuno il suo Le responsabilità in questa
vicenda «debbono essere chiare. Noi - spiegano sindacalisti e responsabili dei Caf - non vogliamo
essere additati come i responsabili della impossibilità di applicare una norma nel merito apprezzabile
qual è l’applicazione di un ticket. Riteniamo sarebbe stato corretto che la Regione, quando legifera
qualcosa che ha ricadute su soggetti diversi da sè, avesse proposto un confronto con questi soggetti».
Avrebbe appreso delle difficoltà oggettive dei Caf, e si sarebbe potuta muovere di conseguenza. La
richiesta A questo punto è scontata la richiesta che Cgil Cisl e Uil del Fvg avanzano alla giunta
Serracchiani: «Una decisione urgente che si confronti con i problemi concreti». I cittadini Chi ha
necessità di ottenere il famigerato Isee, intanto, attende. Attendono in lista d’attesa, coloro che si sono
già prenotati, e attendono che si aprano le agende di maggio per poter sapere “quando” potranno
presentarsi allo sportello per compilare il modulo. «L’Isee attuale è più equo del precedente» è la
promozione dello strumento da parte dei sindacati. Certo è che al cittadino ha complicato ulteriormente
la vita. Sono aumentati i documenti da presentare e ne sono stati inseriti di nuovi, alcuni - come
l’attestazione della giacenza media sul conto corrente postale o bancario, non facile da avere o con
tempi poco compatibili con quelli del cliente -. Ben che vada l’utente deve recarsi allo sportello almeno
due volte, se non tre. Una per prenotare, una per recarsi all’appuntamento con la documentazione,
l’ultima per ritirare il modello. Sempre che abbia portato tutte le carte che servono, altrimenti i “viaggi”
diventano quattro. Per tutti. L’incognita A tutto questo si somma un’incognita aggiuntiva relativa alle
sentenze del Tar del Lazio, giunte a quota tre, che hanno “cassato” la scelta di inserire, con valore di
reddito ai fini Isee, gli assegni assistenziali (come l’accompagnatoria). Nonostante i pronunciamenti dei
giudici amministrativi, nulla al momento è stato modificato. Il governo pare non aver deciso se
impugnare o no le sentenze, l’Inps non ha fornito indicazioni nuove. Ma c’è il rischio che chi oggi
compila l’Isee con le regole in vigore, tra qualche mese potrebbe doverlo rifare con le modifiche che
arriveranno. Le scadenze La nuova disciplina dell’Isee definisce la data di scadenza della certificazione
- 15 gennaio - e ciò significa che il prossimo anno una folla incredibile di persone si riverserà sui Caf
dal 16 gennaio per compilare quel modello così necessario. L’Isee è la condizione per avere l’assegno
di maternità, per ottenere l’erogazione dell’assegno per il nucleo familiare, per beneficiare di tariffe più
basse all’asilo nido, per il diritto alla mensa per i figli, per il trasporto scolastico o la borsa di studio,
per agevolazioni sulle tasse universitarie, per avere prestazioni socio-assistenziali, sconti sulle bollette
di luce, gas, telefono, per il bonus bebè e anche per la social cardoppure per gli affitti. ElenaDelGiudice
La coda dei 150mila per Isee e superticket (Piccolo)
di Marco Ballico TRIESTE Immaginate 150mila persone in coda davanti ai Caf. Sono più di un
cittadino della regione su dieci, impossibile gestirne così tanti con scadenze a breve e tempi di lavoro
raddoppiati rispetto all’anno scorso. Il combinato disposto tra nuove regole dell’Isee e abolizione del
superticket sanitario per i redditi bassi, fanno sapere i sindacati, sta facendo scoppiare i centri di
assistenza fiscale, quelli che gestiscono sostanzialmente tutte le pratiche per l’accesso alle agevolazioni
socio-assistenziali. Già oggi gli appuntamenti sono fissati a distanza di un mese, ma in prospettiva, dei
150mila in fila, 100mila rischiano di restare senza niente in mano. Sempre che la Regione, questa è la
richiesta, non decida per la proroga delle scadenze. A Udine le segreterie regionali di Cgil, Cisl e Uil,
con Emanuele Iodice, Luciano Bordin e Claudio Cinti, e i responsabili dei rispettivi Caf, Silvano Petris,
Andrea Cum e Giampaolo Orzan, lanciano l’allarme, invitano i cittadini alla comprensione nei
confronti di chi cerca di garantire il servizio meglio possibile, accusano la giunta regionale. I toni sono
più o meno duri: si va dall’accusa di «grave mancanza di serietà» all’«errore di sottovalutazione», ma
la preoccupazione riguarda soprattutto l’utenza. I numeri evidenziano l’assalto ai Caf dei primi mesi
del 2015. L’anno scorso i centri di Cgil, Cisl e Uil hanno gestito circa 100mila richieste per calcolo Isee
per Carta famiglia, abbattimento rette asili nido, Fondo per l’autonomia possibile, mutui casa, libri di
testo. Quest’anno, con la riforma governativa dell’Indicatore della situazione economica equivalente, la
partita è diventata più complicata. I sindacati, con la premessa che il nuovo Isee «è decisamente più
equo di quello vecchio», spiegano che il tempo necessario per l’elaborazione della pratica «è doppio»:
da mezz’ora a un’ora. E ancora che il costo è di 24/25 euro contro un compenso medio da parte
dell’Inps di non più di 11 euro. Facile sottrazione: per ciascun documento i Caf perdono 13/14 euro e
non si possono certo permettere di assumere personale per un’operazione in rosso. A parità di addetti
impegnati, i centri informano di non poter elaborare più di metà delle pratiche del 2014, vale a dire
50mila. Ma non basta. Perché ai 100mila in fila per rinnovare il modulo 2014 si aggiungeranno altre 50
mila nuove richieste sul fronte dei ticket sanitari da 10 euro. Se infatti la Regione stima in circa
200mila persone la platea dei potenziali beneficiari dell’esenzione dal superticket di 10 euro (sotto il
tetto dei 15mila euro di Isee), si ritiene che la metà delle 100mila famiglie interessate si recherà per la
prima volta allo sportello Caf. Per loro, alzano le braccia gli esponenti sindacali, c’è il rischio di non
poter ottenere in tempo utile (l’esenzione scatta dal prossimo 1 maggio) la documentazione necessaria.
«Anche se ci mettiamo persone, risorse, impegno – dichiarano Cigl, Cisl e Uil –, senza un aiuto della
Regione non ce la facciamo. Ma è giusto che la gente sappia che non sarà per colpa nostra». L’accusa
alla giunta è di non avere previsto una fase di “accompagnamento” di una situazione che, viste le nuove
regole dell’Isee e la misura sui 10 euro, «era più che prevedibile diventasse complicata».
Concretamente, insistono i sindacati, «la decisione di legare l’abolizione del superticket all’Isee senza
attrezzare le Aziende sanitarie o altri uffici pubblici per garantirne l’elaborazione significa annunciare
una misura sicuramente positiva, ma impossibile da realizzarsi». Di qui l’appello alle proroghe o
comunque a «decisioni urgenti» per far fronte a una domanda di dichiarazioni insostenibile per l’Inps e
il sistema dei Caf. Sulla questione interviene anche il Movimento 5 Stelle con un’interrogazione in
Consiglio. «Vogliamo sapere se l’esecutivo regionale abbia intenzione di procedere a un differimento
dei termini per la presentazione delle domande sui contributi per i quali è prevista una scadenza
perentoria, anche d’intesa con i Comuni – spiega il consigliere Andrea Usssai –. La giunta Serracchiani
deve inoltre chiarire se le problematiche relative all’emissione degli Isee rendano concretamente
realizzabile l’entrata in vigore dell’esenzione dal pagamento del ticket da 10 euro sulla specialistica
ambulatoriale».
La Regione rassicura: «Arriverà la proroga Nessuno sarà escluso»
TRIESTE Le proroghe ci saranno. E, altra notizia a stretto giro di posta, «nessuno perderà il beneficio
per un ritardo nell’elaborazione dell’Isee». Altra cosa, spiega Maria Sandra Telesca, è però il
provvedimento di cancellazione del superticket per chi non sfora il tetto dei 15mila euro. La data di
inizio, già slittata di un mese, rimarrà il primo maggio. «Sarebbe un peccato – osserva l’assessore alla
Sanità – che ci fosse un ritardo nella concretizzazione del beneficio per una questione puramente
burocratica». Un po’ stupita, Telesca, dell’attacco dei sindacati: «Strano che parlino di poca serietà e ci
accusino di avere sottovalutato il problema dopo che ci siamo incontrati più volte e pure poche ore fa ci
eravamo sentiti per condividere un percorso comune. I toni mi erano sembrati più concilianti». In
conferenza stampa, invece, Cgil, Cisl e Uil con i loro Caf non le hanno mandate a dire. E l’assessore
viene chiamata a rispondere. Innanzitutto sul tema delle proroghe. «Ai sindacati è già stata data
assicurazione che le proroghe ci saranno per gli interventi in corso che necessitano di rinnovo delle
pratiche Isee. Si tratta soprattutto di questioni che riguardano gli assessorati delle colleghe Santoro e
Panariti: dagli affitti, ai trasporti scolastici ai libri di testo». La giunta, fa sapere ancora Telesca,
provvederà d’urgenza intervenendo con modifiche alle leggi vigenti, allungando dunque i tempi per la
presentazione delle domande, ma senza nel frattempo che venga negata l’agevolazione alle famiglie
beneficiarie. Anche per quanto riguarda la parte socio-sanitaria, a partire dal Fap, «l’assessorato ha già
informato gli ambiti socio-assistenziali di non interrompere l’erogazione dei contributi nella
consapevolezza che la riforma dell’Isee ha allungato i tempi di stesura delle pratiche e determinato un
carico di lavoro maggiore a causa di problemi interpretativi non di semplice soluzione». Quanto al
superticket, la partenza di maggio è confermata, «e sarebbe davvero un dispiacere non vedere
concretizzato per tutti il beneficio che abbiamo già deliberato in giunta». Auspicando che «tutti diano il
loro contributo, come noi faremo attraverso le nostre strutture», l’assessore ha peraltro qualche dubbio
sulle stime dei sindacati. «Parlano di 50mila persone allo sportello Caf che l’anno scorso non c’erano?
Credo si tratti di un dato eccessivo prendendo come riferimento il tetto massimo di Isee, 30mila euro,
della Carta famiglia. In molti casi si tratta delle stesse persone». Dopo di che, aggiunge, «non tutti
avranno bisogno delle carte in mano al primo maggio. Sarà sufficiente avere a disposizione la
documentazione solo al momento del primo esame o visita in ambulatorio. Credo che, con l’impegno di
tutti, riusciremo a rispondere alle esigenze di ciascun cittadino». Infine, sulla richiesta di un contributo
pubblico a coprire le maggiori spese dei Caf per gli Isee di quest’anno, Telesca ricorda che per la
Regione «è impossibile intervenire su un accordo, tra Inps e sindacati, che è di livello nazionale». Lo
ribadisce anche l’Anci Fvg, ieri a Roma con il sindaco di Spilimbergo Renzo Francesconi e il
presidente di Federsanità Giuseppe Napoli, alla commissione nazionale welfare e politiche sociali.
All’ordine del giorno proprio il calcolo Isee: «Il problema è nazionale e non delle Regioni. È quindi il
governo che deve trovare una soluzione efficace in tempi molto brevi per garantire continuità e
certezza dei servizi». (m.b.)
Isee, Regione verso una proroga generale (Gazzettino)
UDINE - «Siamo pronti a dare una mano quando e dove possibile, come ha già promesso la presidente
Serracchiani». Se i sindacati sono preoccupati dall'arrivo del nuovo Isee, l'assessore alla Salute Maria
Sandra Telesca prova a rassicurarli. Promettendo una proroga generale al 1. maggio dei termini di
presentazione della dichiarazione. Proroga pensata per chi deve presentare l'Isee per la prima volta, ma
che «induce la necessità di alcune modifiche normative», spiega Telesca, che ridimensiona anche in
termini numerici l'emergenza. «Prevedendo - spiega - che a fruire dell'esenzione dal ticket sanitario da
10 euro siano decine e non centinaia di migliaia di cittadini, e confidando sul fatto che la gradualità dei
termini di presentazione, a seconda della prestazione richiesta, consenta di affrontare la situazione».
SOS. L'allarme di Cgil, Cisl e Uil, al centro di una conferenza stampa ieri a Udine, nasce da due fattori.
Le nuove regole "anti furbetti" fissate sull'Isee a livello nazionale e l'aumento delle domande legate al
nuovo intervento regionale di esenzione dal superticket, riservata alle famiglie al di sotto dei 15mila
euro Isee. I sindacati, pur considerando il nuovo Isee più equo del precedente, stimano che esso
comporterà un raddoppio dei tempi di elaborazione. Che passeranno dai 30 minuti medi del vecchio
Isee a 60, con un aggravio anche in termini di costi. Cgil, Cisl e Uil, con i rispettivi Caf, stimano una
perdita media di 13-14 euro a Isee in termini di costo-lavoro.
150MILA DOMANDE. Ecco perché ritengono impossibili nuove assunzioni per fare fronte a una
richiesta di Isee stimata in 150mila dichiarazioni. «Al massimo saremo in grado di garantirne 50mila»,
spiegano i responsabili organizzativi di Cgil, Cisl e Uil Emanuele Iodice, Luciano Bordin e Claudio
Cinti, con i responsabili dei rispettivi Caf. Da qui la richiesta di far slittare i tempi di presentazione
dell'Isee, per consentire di diluire le domande nel corso dell'anno. Richiesta cui sembra venire incontro
la Regione, stando alle dichiarazioni di Telesca.
DIRITTO ESIGIBILE. «Non vogliamo essere indicati come i responsabili della mancata applicazione
di una norma nel merito apprezzabile», spiegano i sindacati, che cercano di tenere bassi i toni della
polemica. Ma ribadiscono, a proposito dell'esenzione dell'Isee, che «un diritto, per essere tale, deve
essere concretamente esigibile». Non è solo una richiesta di aiuto alla Giunta, ma anche un avviso ai
naviganti: «Gli utenti - dichiarano i responsabili dei Caaf Silvano Petris (Cgil), Andrea Cum (Cisl) e
Giampaolo Orzan (Uil) - sappiano per tempo che code e disservizi non saranno imputabili a noi».
Corriere, prontacassa per la proroga (Gazzettino)
Maurizio Bait TRIESTE - Nelle more del bando europeo del trasporto locale su gomma da 1,3 miliardi
per dieci anni, la Regione ha ripartito i fondi affinché nel 2015, anno-ponte in regime di prorogatio, i
gestori possano contare in tempi utili e certi sulle risorse pubbliche per garantire l’esercizio.
Si tratta complessivamente di 78 milioni di euro da erogare immediatamente rispetto ai 130 totali (è il
60%), mentre entro il prossimo settembre la quota di anticipazione arriverà al 90% del dovuto.
Lo stabilisce una delibera approvata dalla Giunta regionale su proposta dell’assessore alle Infrastrutture
Mariagrazia Santoro.
Il 60% dei fondi erogati subito alle società di trasporto, attraverso le Province, vede Trieste al primo
posto con 30,685 milioni seguita da Udine con 25,524 milioni. A Pordenone vanno 12,075 milioni e
infine a Gorizia la Regione assegna 9,715 milioni di euro. Alla fine dell’anno, la ripartizione dei 130
milioni globali vedrà attribuire a Trieste 51,142 milioni, a Udine 42,540, a Pordenone 20,125 e a
Gorizia 16,191 milioni.
Non è affatto escluso, poi, che utilizzando fino in fondo le previsioni dell’Unione europea (gestori unici
con gara europea all’inizio del 2017), la Regione proroghi anche al 2016 l’attuale regime transitorio.
Occorre infatti verificare gli sviluppi del complesso contenzioso avviato da due società partecipate
dalle Ferrovie italiane per ottenere l’illegittimità del bando attuale, con scadenza prorogata al 23 marzo
prossimo. Si tratta di Busitalia Sitanord e di Autoguidovie. Un primo ricorso al Tar ha sortito la
necessità di correzioni, già esperite, al bando originario ed è ora all’esame del Consiglio di Stato quale
giudice amministrativo d’appello. Ma nel frattempo il Tar dovrà esaminare un nuovo ricorso, che
riguarda stavolta la nuova versione del bando. Il documento giudiziario è stato depositato in tempo utile
per l’esame alla prossima udienza del Tar di Trieste, fissata per mercoledì prossimo. Al momento, nel
ruolo del Tribunale amministrativo viene indicata la richiesta di sospensione cautelare dell’efficacia del
provvedimento in attesa dell’esame di merito, tuttavia non è escluso che il Tar stabilisca di saltare la
fase cautelare andando subito al "nocciolo". In ogni caso il rischio di allungare i tempi si fa
oggettivamente concreto. Da parte sua Busitalia precisa che «è orientata alla concorrenza e alla
creazione di un mercato per il trasporto pubblico locale su gomma più contendibile», precisando per il
Fvg che «sta ricorrendo alle autorità competenti per favorire una migliore competizione, a tutto
beneficio degli Enti locali e dei cittadini che fruiscono dei servizi».
Si profilano tempi incerti, a caduta, anche per il secondo bando di gara europea che dovrebbe essere in
dirittura di pubblicazione, ossia quello sul trasporto locale ferroviario, dove Trenitalia già opera a sua
volta con un contratto di servizio "ponte" in attesa della gara e del suo vincitore.
In Fvg record di profughi. Fi: un “affare” da 13 milioni (M. Veneto)
di Stefano Polzot UDINE Gli ultimi dati forniti dal ministero dell’Interno parlano chiaro: i profughi
ufficialmente registrati in Friuli Venezia Giulia sono saliti a quota mille 870 e la nostra regione risulta
ai vertici nel Nord e ai primi posti in Italia relativamente al rapporto tra richiedenti asilo e popolazione.
I “buchi” nell’accoglienza che si stanno verificando a Gorizia e le difficoltà dei Comuni testimoniano
una situazione critica che, al di là della disponibilità degli amministratori e delle associazioni, balza
agli occhi. I numeri Sono stati aggiornati a fine febbraio e quindi si tratta di cifre che fotografano
pressoché lo stato di fatto. Rispetto ai mille 575 di gennaio (dato della Fondazione Leone-Moressa), i
profughi sono saliti a quota mille 870, il 3 per cento del totale nazionale pari a 67 mila 128. Nel
rapporto tra richiedenti asilo e popolazione, il Fvg si colloca al quinto posto in Italia (uno ogni 656
residenti) dietro a regioni in prima linea come Sicilia, Calabria, Molise e Basilicata, lasciandosi alle
spalle il Lazio che pur ha importanti centri di accoglienza. In ogni caso è un primato, con una
sperequazione evidente guardando soprattutto al Veneto che ha quasi quattro volte la popolazione
friulana e un numero di richiedenti asilo di poco superiore al Fvg. Le richieste d’asilo Il ministero
dell’Interno, nel bilancio 2014, evidenzia che dal 1990 al 2013, su 13 mila 920 domande presentate, ne
sono state accolte dalla commissione di Gorizia 6 mila 135 (meno della metà) un dato in linea con le
altre commissioni presenti nel territorio nazionale (Bari, Caserta, Crotone, Foggia, Milano, Roma,
Siracusa, Torino, Trapani). Di queste mille 311 hanno comportato il riconoscimento dello status di
rifugiato, mille 457 della protezione sussidiaria e 3 mila 367 di quella umanitaria. Da segnalare che
quasi una domanda su 10 non ha avuto esito positivo perché i richiedenti sono risultati irreperibili,
ovvero, come spesso accade, hanno preso la strada del Nord Europa. La spesa Il sistema
dell’accoglienza comporta oneri significativi, quantificati dal capogruppo di Forza Italia, Riccardo
Riccardi, in 13 milioni di euro per il 2015. «Oneri - tuona il berlusconiano - che contrastano con il
momento di crisi che ha messo in ginocchio tanti concittadini». Secondo Riccardi, in realtà
«l’accoglienza è diventata un business. Suscita particolare interesse - aggiunge - il bando di gara
emesso dalla prefettura di Udine, dove traspare che quello dell’accoglienza è diventato un mestiere;
non a caso vengono assegnate vie preferenziali a chi ha avuto esperienze ad esempio nell’ambito di
Mare Nostrum. Un mestiere che vive “sul perdurante straordinario afflusso di cittadini stranieri” e che
di questa stessa straordinarietà si alimenta. Fa specie poi che, sempre nell’appalto relativo a Udine, si
faccia riferimento a cittadini stranieri giunti sul territorio nazionale a seguito degli sbarchi sulle coste
italiane, quando invece la gran parte dei richiedenti asilo presenti in Fvg sono arrivati dai Paesi dell’Est
attraverso il confine orientale, come dichiarato pubblicamente dal prefetto di Gorizia».
L’interrogazione Dell’accoglienza in provincia di Udine si è parlato in Parlamento per iniziativa del
deputato Gian Luigi Gigli (Per l’Italia-Cd). Il sottosegretario Bocci ha garantito che, in attesa del bando
di gara indetto dalla Prefettura, il cui termine è fissato per il 18 marzo, «le convenzioni in atto saranno
prorogate fino all’esito della procedura di aggiudicazione» e che il Viminale «assicurerà
l’accreditamento delle risorse finanziarie necessarie alla copertura della spesa». Nella replica, Gigli ha
sottolineato «il ritorno economico sulle comunità locali delle politiche di accoglienza finanziate dal
ministero e la positiva esperienza di inserimento dei migranti nelle attività di volontariato realizzata nei
Comuni di Nimis e di Lignano Sabbiadoro».
Dall’Ue 276 milioni per l’occupazione (M. Veneto)
UDINE Ben 276 milioni a disposizione del Fvg dal 2014 al 2020. Sono i soldi che l’amministrazione
regionale avrà a disposizione dal Fondo sociale europeo (Fse)e che saranno destinati prioritariamente
ad affrontare la disoccupazione e il rischio di esclusione sociale e di povertà. Ieri a Trieste l’assessore
al Lavoro Loredana Panariti e le parti sociali hanno discusso e dato il via libera alla pianificazione
periodica delle operazioni da attuare nel primo triennio, cioè fino al prossimo anno, triennio nel quale
saranno utilizzati 100 milioni. Il Fas è il principale strumento utilizzato dall’Unione europea per
accrescere le prospettive occupazionali sia di chi un lavoro lo aveva e lo ha perso, sia dei giovani. I
fondi a disposizione del Fvg sono garantiti per metà dall’Ue, per il 35 per cento dallo Stato e per il
restante 15 dalla Regione. «Serviranno principalmente – spiega Panariti – per rafforzare i percorsi
innovativi e le sperimentazioni attuate con il programma “Pipol”, che comprende le iniziative
“Garanzia giovani” e “occupabilità”. E quindi ci sarà continuità con la programmazione precedente, ma
anche un coinvolgimento molto più forte delle parti sociali, dei centri di orientamento e delle
Università». Gli interventi, ha garantito l’assessore, saranno anche più concentrati perché «in questo
momento di perdurante crisi economica bisogna saper orientare gli interventi verso quelli che danno
maggiori risultati. Per cui – ha aggiunto Panariti – non mancherà un attento e costante monitoraggio di
quanto viene fatto». La pianificazione approvata ieri è stata strutturata su cinque diversi assi, di cui i
primi tre, strettamente connessi tra loro, sono rivolti a creare occasioni di lavoro, e quindi sostenere
l’inclusione attiva anche attraverso adeguati percorsi di formazione e riqualificazione professionale. «In
collaborazione con le imprese e il territorio stiamo costruendo percorsi che consentano di favorire le
opportunità di occupazione e il ricollocamento», ha evidenzia Panariti. Il percorso è ideato per chi non
ha più un ammortizzatore sociale, mentre nella parte che riguarda l’istruzione non mancano iniziative
incentrate su ricerca e innovazione maggiormente rivolte ai giovani. Il Fvg è tra le prime Regioni in
Italia che si sono viste approvare la propria programmazione Fse.
«Comparto unico da cancellare» (M. Veneto)
UDINE «Mentre in Fvg voteremo in una sola giornata, per andare incontro alla logica di contenimento
dei costi imposta dalla spending review, i lavoratori del Comparto unico beneficiano di ben tre giornate
per votare i propri delegati sindacali. Una prassi che dimostra una volta in più, se ce n’era bisogno,
quanto anacronistico sia il Comparto e quanta necessità ci sia di riformarlo». Torna all’attacco del
contratto dei dipendenti degli enti locali il sindaco di Gemona, Paolo Urbani. Davanti ai seggi, aperti
nel suo Comune, così come in tutti i municipi della regione e degli enti i cui dipendenti fanno parte del
Comparto, il primo cittadino ieri non ci ha visto più. «Un milione di persone in Fvg sarà chiamata a
votare in un solo giorno, mentre 75 dipendenti (tanti sono quelli in forze al municipio gemonese) hanno
avuto ben tre giornate più una di scrutinio. Quattro giorni in tutto quando un’ora sarebbe stata più che
sufficiente». Il sindaco naturalmente non ce l’ha con i “suoi” dipendenti, che votano secondo quanto
previsto a livello regionale per l’intero Comparto. È contro quest’ultimo che si scaglia: «Che segnale
diamo alla gente? Lo dico io: l’ennesimo segnale che parla di privilegi fuori dal tempo, anacronistici,
che è davvero ora di cancellare. La crisi ci impone morigeratezza, risparmio, uso assennato delle
risorse, efficienza della macchina pubblica. Mi si dica se il Comparto unico risponde a queste
caratteristiche quando per far votare meno di 100 persone ci vogliono tre giorni». Il primo cittadino si
augura che quanto prima il governo regionale «si decida a disdire il Comparto che tanti danni sta
facendo sulla spesa complessiva della Regione e che non è più giustificabile agli occhi tanti cittadini
rimasti senza lavoro».(m.d.c.)
Acciaieria algerina sarà made in Danieli (M. Veneto)
UDINE Made in Danieli l’acciaieria più innovativa e competitiva dell’area mediterranea. La società di
Buttrio si occuperà della parte tecnologia - macchine e assistenza - essendosi aggiudicata la commessa
da 750 milioni di dollari (su un investimento complessivo da 2 miliardi). L’intesa è stata siglata ieri alla
presenza del ministro dell’Industria algerino, Abdussalam Buchuareb, del governatore dello Stato di
Jijel, Ali Bedrici, del presidente di Algerian Qatari Steel (Aqs, una società mista algerina/qatarina, con
una quota di capitale che è, rispettivamente, del 51 e 49 per cento), Hasnaoui Chiboub, e
dell’amministratore delegato della stessa società, Abdulla Ali Al-Buainain; per la Danieli era presente
il presidente Gianpietro Benedetti. La miniacciaieria integrata è in grado di produrre 2 milioni di
tonnellate l’anno, grazie, per l’appunto, alla componente tecnologica fornita dal Gruppo Danieli che è
riuscito ad affermarsi sui concorrenti proprio in ragione della competitività in termini tecnologici ed
economici. Il ministro dell’Industria algerino ha sottolineato l’importanza nazionale del progetto che
sarà un esempio per rapidità di costruzione e competitività: «Un esempio - ha sottolineato - anche per il
popolo algerino su ciò che si può fare, motivati dalla capacità di costruire il proprio futuro». Il
presidente di Danieli ha illustrato il progetto ricordando che egli stesso lo presentò a Parigi nel 1986 al
ministro dell’Industria di allora, ma si decise di non procedere per ragioni contingenti. Oggi
ovviamente quel progetto è stato aggiornato con molta più tecnologia, enviromental friendly ed è il più
competitivo nell’area mediterranea per produrre vergella e barre. L’acciaieria a regime impiegherà
circa un migliaio di persone all’interno, tra tecnici e ingegneri, e genererà un indotto di 3 mila occupati
impegnati nei servizi. Già nella giornata di domenica sarà posata la prima pietra dell’impianto alla
presenza dei primi ministri del Qatar e dell’Algeria. «Questo ordine - commenta il presidente Benedetti
- conferma la leadership mondiale del nostro Gruppo nel settore acciaierie con forno elettrico, anche
integrate a un impianto di riduzione diretta». Recentemente Danieli ha approvato il proprio bilancio
semestrale che ha segnato un incremento dell’utile e del margine operativo in un contesto - soprattutto
quello dell’acciaio - che rimane molto competitivo.
CRONACHE LOCALI
In Friuli cresce ancora l'esercito dei disoccupati (M. Veneto Udine)
In provincia di Udine quasi un ragazzo su tre è disoccupato. L’emergenza lavoro va avanti, senza
soluzione di continuità. Ed è immortalata nei dati Istat per il quarto trimestre 2014, elaborati dalla
sezione friulana della Cgil. Un cataclisma che, nell’ultimo trimestre dello scorso anno, ha portato al
27,8 per cento i senza lavoro fra i 15 e i 24 anni. E, allargando lo sguardo all’intera platea dei
lavoratori, sono quasi 20 mila i disoccupati. Mille in più in un solo anno e più del doppio rispetto a
prima della crisi, per un tasso di disoccupazione salito all’8,3 per cento nell’intero 2014. «Questi
numeri non soltanto non lasciano intravedere alcun segnale di ripresa, soprattutto sul versante
dell’occupazione, ma anzi dipingono un peggioramento», commenta il segretario generale della Cgil
Udine Alessandro Forabosco. Unico dato non negativo è il numero di occupati, stabile rispetto al 2013,
a quota 216 mila. «Ma l’Istat ha rivisto al ribasso anche i consuntivi degli anni precedenti – sottolinea
Forabosco – e il conto rispetto al periodo pre-crisi resta pesantissimo, con oltre 13 mila posti persi dal
2008. A subirne le conseguenze è soprattutto l’occupazione maschile, mentre tiene quella femminile,
sia pure con un peso maggiore del part-time. Questo a testimonianza che a soffrire è soprattutto il
manifatturiero, dove gli uomini sono in netta prevalenza». Da qui, per Forabosco, la necessità di
accelerare l’attuazione del disegno di legge Rilancimpresa varato dalla giunta regionale che «pone
giustamente al centro il sostegno del manifatturiero, vero motore della nostra economia, ma anche il
settore che ha pagato il pedaggio più pesante alla crisi». Ma la prima emergenza è legata ai giovani. Da
qui, secondo la Cgil, dovrebbe partire ogni politica di rilancio. Soltanto a Udine la disoccupazione è
aumentata di quasi sei punti percentuali in un anno nella fascia tra 15 e 24 anni e ora è al 27,8 per
cento. Cresce di un punto nella fascia 25-34, dove si assesta all’11,9 per cento. «Il triplo rispetto al
2008 – rimarca Forabosco – quando i due valori erano rispettivamente dell’8,6 e del 4,8 per cento».
Condizione imprescindibile per un’inversione di tendenza, per la Cgil, la modifica della riforma
Fornero che ha aumentato in modo esponenziale gli effetti della crisi sul lavoro giovanile, poiché lo
spostamento in avanti dell’età pensionabile ha bloccato un turnover nella forza lavoro già fortemente
rallentato dalla crisi. Se c’è attesa per le misure regionali, la Cgil conferma un giudizio profondamente
negativo sul Jobs act varato dal governo Renzi, approvato nei giorni scorsi. «La riforma – attacca
Forabosco – certo faciliterà i licenziamenti, con l’eliminazione dell’articolo 18, che rischia di
determinare anche l’uscita di lavoratori tutelati da sostituire con altri senza garanzie contro i
licenziamenti illegittimi. Quanto agli sgravi sulle nuove assunzioni con contratto a tutele crescenti,
avranno un effetto immediato, ma di dubbia efficacia nel lungo periodo». La Cgil è scettica anche sui
risultati in termini di lotta alla precarietà del lavoro e ai contratti atipici «che stanno registrando una
riduzione nel breve periodo, ma non vengono eliminati da un disegno riformatore avviato già lo scorso
anno con la liberalizzazione di fatto dei contratti a termine, rinnovabili senza causale». Michela Zanutto
Persi 13.000 posti in sei anni (Gazzettino Udine)
UDINE - Tredicimila i posti persi in sei anni e quasi 20mila disoccupati. Con un tasso di senza lavoro
che tra i giovani è addirittura triplicato. Ancora numeri, e ancora negativi, sul lavoro che non riparte. A
fornirli la Cgil di Udine, con il segretario provinciale Alessandro Forabosco: «Non solo non si
intravedono segnali di ripresa - spiega - ma la situazione sembra addirittura aggravarsi».
Il 2014, dati Istat alla mano, ha visto aumentare di mille unità l'esercito dei disoccupati, che oggi in
provincia raggiunge il 27,8% nella fascia 15-24 anni. Unico dato positivo, commenta il segretario della
Cgil, un numero di occupati stabile rispetto al 2013 a quota 216mila. «Ma l'Istat ha rivisto al ribasso
anche i consuntivi degli anni precedenti - sottolinea Forabosco - e il conto rispetto al periodo pre-crisi è
pesantissimo, con oltre 13mila posti persi dal 2008. A pagare il conto soprattutto l'occupazione
maschile, mentre tiene quella femminile, sia pure con un peso maggiore del part-time. Questo a
testimonianza che a soffrire maggiormente è il comparto industriale, dove gli uomini sono in netta
prevalenza. È proprio l'industria, quindi, il settore su cui si devono concentrare le politiche anticrisi, e
la Cgil condivide l'impostazione del disegno di legge Rilancimpresa varato dalla Giunta regionale, «che
pone giustamente al centro il sostegno del manifatturiero, vero motore della nostra economia, e che
deve trovare rapida attuazione».
Se c'è attesa per le misure regionali, la Cgil conferma un giudizio profondamente negativo sul jobs act
varato dal Governo nazionale e che ha visto nei giorni scorsi l'approvazione dei primi decreti attuativi.
«La riforma - commenta Forabosco -di sicuro faciliterà i licenziamenti, attraverso l'eliminazione
dell'articolo 18, che rischia di determinare anche l'uscita di lavoratori tutelati da sostituire con altri
senza garanzie contro i licenziamenti illegittimi. Quanto agli sgravi sulle nuove assunzioni con
contratto a tutele crescenti, avranno soprattutto un effetto immediato, ma di dubbia efficacia nel lungo
periodo».
La riforma, per la Cgil, non coglie la vera priorità, rappresentata dal rilancio dell'occupazione
giovanile, che in provincia è aumentata di quasi sei punti in un solo anno nella fascia 15-24 anni,
salendo al 27,8%, e di un punto nella fascia 25-34, dove si assesta all'11,9%. Valori tripli rispetto al
2008. Condizione imprescindibile per un'inversione di tendenza, sostiene Forabosco la modifica di
quella riforma Fornero che ha aumentato esponenzialmente gli effetti della crisi sul lavoro giovanile.
Erdisu, Udine produce di più, ma a Trieste personale triplo (M. Veneto Udine)
di Mattia Pertoldi È possibile che a Udine si riesca a gestire una mole di lavoro superiore a quella dei
colleghi di Trieste con meno di metà del personale a disposizione? Sì, se stiamo parlando della
comparazione dei vecchi Erdisu - confluiti nel 2012 nell’Agenzia regionale per il diritto agli studi
superiori (Ardiss) – dei due capoluoghi. La “denuncia” del Consiglio degli studenti dell’ateneo friulano
sulla disparità di trattamento nel pagamento delle borse di studio alle matricole, infatti, ha scoperchiato
una sorta di vaso di Pandora del gap esistente tra la sede udinese dell’Ardiss e quella triestina. Una
bilancia, dando una semplice occhiata ai numeri presenti sul sito ufficiale dell’Agenzia, sproporzionata
a favore della Venezia Giulia. Grazie al portale, infatti, si capisce nitidamente come non soltanto l’ex
Erdisu friulano soccomba quanto a personale, ma anche a livello di trasferimenti correnti. Il tutto
all’interno di un panorama di iscritti che, nei due atenei, è ormai pressoché identico. Personale all’osso
In base ai dati presenti sul bando unico per l’assegnazione delle borse di studio, la sede operativa di
Udine ha dovuto elaborare, per l’anno in corso, 3 mila 754 domande a cui si sommano le 700 per
l’alloggio e le 3 mila 995 per le cosiddette riduzioni-mensa. Senza dimenticare come in Friuli siano
state gestite oltre 6 mila richieste di contributo per le tasse universitarie presentate on-line. Con quanta
gente? Appena 6 persone per quanto riguarda il servizio “Interventi per il diritto agli studi superiori” su
un totale di 18 unità. Addetti al guardaroba E a Trieste come vanno le cose? Bene, o sicuramente molto
meglio, considerata la disponibilità di personale. In totale, infatti, nel capoluogo giuliano lavorano in
43, stando al sito ufficiale dell’Ardiis, ma una persona sarebbe recentemente andata in pensione
nonostante il suo nome sia ancora presente sul portale. L’analisi più interessante, però, riguarda la
composizione del servizio “Interventi per il diritto agli studi superiori di Trieste”. Se, infatti, a Udine
lavorano appena 6 persone, nel capoluogo regionale il personale è composto dalla bellezza di 22 unità
all’interno delle quali troviamo quattro addetti di portineria e, addirittura, due al guardaroba. Il tutto per
gestire, stando sempre al bando unico, 2 mila 866 richieste di borse di studio – mille in meno di Udine
– oltre a 677 richieste di posto alloggio e 2 mila 653 – cioè quasi mille e 400 domande in meno – di
riduzione mensa. E non si pensi che, allargando il discorso, la mole di lavoro generale sia diversa tra
Friuli e territorio giuliano. In base ai dati ufficiali del ministero, infatti, nell’anno accademico
2013/2014 gli iscritti all’università di Trieste risultavano essere 16 mila 409 contro i 15 mila 177 di
Udine. Trasferimenti Il divario, inoltre, non finisce qui, ma investe anche i trasferimenti e le spese dei
due enti. Partiamo dal fabbisogno per le borse di studio dell’anno accademico in corso. Quello udinese
è pari a 6 milioni 847 mila euro, quello triestino a 7 milioni 421 mila 383. Un gap, nonostante gli
idonei siano maggiori all’ateneo friulano (2 mila 206 contro 2 mila 120) spiegato, ufficiosamente, con
il fatto che all’università giuliana ci sia una fetta maggiore di studenti fuori sede che, quindi, godono di
borse di studio di valore più elevato. Ma quanto incassano le due realtà? Qui bisogna basarsi sui bilanci
sociali relativi all’anno 2012 – gli ultimi disponibili on-line – per stilare un confronto. Tre anni fa, nel
dettaglio, le entrate totali a Udine corrispondevano a 11 milioni 935 mila 151 euro con una quota di
trasferimenti correnti (Regione, ministero, università, conservatorio, Provincia e Comune) pari a 5
milioni 905 mila. Spostandoci a Trieste, invece, troviamo un totale di 13 milioni 551 mila 956 euro di
cui 5 milioni 356 mila dalla Regione, 2 milioni 260 mila 346 da università, Sissa e Tartini e 3 milioni
643 mila dal ministero. Stando sempre ai bilanci, infine, nel capoluogo giuliano la spesa corrente per il
2012 ha toccato quota 10 milioni 480 mila 965 euro contro i 7 milioni 553 mila 661 euro di quello
friulano. Un differenziale evidente come lo era, in maniera nettamente più marcata, quello relativo
anche ai pagamenti per le borse di studio con Udine che si “accontentava” di 3 milioni 774 mila 675
euro per finanziare un totale di mille 946 richieste idonee, mentre Trieste, per le sue 2 mila 169
domande accolte, ne spendeva 6 milioni 916 mila 85.
Mercatone Uno, in bilico i quaranta posti di Reana (M. Veneto Udine)
REANA DEL ROJALE Al Mercatone Uno di Reana del Rojale si scaldano i motori in vista
dell’incontro convocato al Mise (Ministero dello sviluppo economico) il prossimo giovedì 12 marzo tra
l’azienda, le parti sociali e le Regioni, tra cui anche il Friuli Venezia Giulia. Oggi, intanto, alle 12.30, la
Cgil Filcams di Udine ha indetto un’assemblea con i 40 lavoratori dell’esercizio commerciale di via
Nazionale per fare il punto sulle maggiori criticità della vertenza. La situazione rimane piuttosto
pesante e la Regione ha aperto un tavolo di monitoraggio per farsi parte attiva nella risoluzione della
delicata vicenda. In ballo c’è anche il futuro dei dipendenti di Sacile e di Monfalcone, ma il timore è
che il negozio di Reana sia nella “lista nera” ancora top secret delle chiusure che la proprietà, la
Mercatone Business, avrebbe messo nero su bianco nel piano di rilancio. Giovedì 19 marzo la “dead
line”, che potrebbe però anche essere prorogata, entro la quale la società dovrà presentare il documento
al Tribunale di Bologna per essere ammessa a concordato e scongiurare, dunque, l’ombra del
fallimento. E se si lavora alla ricerca di una soluzione all’anticipo della solidarietà, sospeso
dall’azienda dallo scorso febbraio per mancanza di liquidità, è un muro quello alzato dalla direzione del
punto vendita friulano all’istanza dei sindacati sulla riorganizzazione dei turni di lavoro. Le ore adesso
sono ridotte all’osso, solo 20 a settimana, e c’è chi ci rimette a lavorare da pendolare. Un punto, questo,
su cui «abbiamo volutamente richiesto un incontro con la direzione del negozio – spiega il segretario
provinciale Francesco Buonopane –, ma il no è stato categorico. Si parla tanto di equità, ma quando si
tratta di applicarla resta soltanto una buona intenzione». Lodovica Bulian
Spav, l’attività pagherà una parte dei creditori (M. Veneto Udine)
MARTIGNACCO Una parte dei ricavi dell’attività ai creditori chirografari. Ecco l’asso nella manica
della “Spav prefabbricati”, la storica società di Martignacco alle prese con una crisi economicofinanziaria che, da mesi, la costringe a tenere in cassa integrazione la quasi totalità dei suoi circa ottanta
dipendenti. Invitata ieri a comparire davanti al tribunale civile di Udine, per discutere della revoca del
concordato preventivo - al quale era stata ammessa il 24 dicembre e sul quale ha poi pesato il giudizio
negativo del commissario giudiziale - l’azienda ha integrato la proposta originaria con una soluzione
alternativa, che punta a colmare eventuali carenze finanziarie e garantire così, in ogni caso, la
soddisfazione di tutti i creditori. Il problema è rappresentato da una divergenza di valutazione sul
valore degli immobili (la sede della società, a Martignacco, e il capannone industriale, a Villa Santina)
che la Spav si è impegnata a liquidare, per recuperare la capienza necessaria a coprire i debiti con i
chirografari. Stando al piano, la somma che l’azienda riuscirà a ottenere dalla vendita ammonta a circa
9 milioni di euro. Nella propria relazione, invece, il commissario Giuliano Bianco osserva come le
valutazioni immobiliari effettuate dai propri periti siano più basse di quelle indicate nella proposta
concordataria. Da qui, la decisione del tribunale di “congelare” la procedura, per decidere il da farsi.
All’udienza di ieri, l’avvocato Emanuele Urso e il commercialista Daniele Cattaruzzi, i professionisti
incaricati dalla Spav di predisporre il piano, hanno dunque illustrato al collegio (presidente Alessandra
Bottan, a latere Lorenzo Massarelli e Andrea Zuliani) il documento intregrativo depositato nei giorni
scorsi. «Abbiamo fatto una nuova perizia – hanno spiegato – e cercato di convenire con quelle del
tribunale. Pur rimanendo dell’idea che gli immobili siano sufficienti a garantire quanto proposto,
abbiamo presentato anche una sorta di “paracadute”, che impegna l’azienda ad assicurare ai creditori
chirografari il pagamento minimo del 10 per cento, attraverso l’attività della società. E con questo –
concludono – riteniamo di avere superato il motivo dell’udienza di revoca». Presenti il pm Paola De
Franceschi, l’amministratore unico di Spav, Roberto Turello, il commissario e alcuni creditori. La
decisione dei giudici si conoscerà nelle prossime ore e, comunque, non più tardi di mercoledì, quando il
tribunale ha fissato il rinvio dell’adunanza dei creditori precedentemente fissata a lunedì scorso. (l.d.f.)
Tiare Center, sequestrati 26 milioni (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
di Roberto Covaz GORIZIA Sequestro preventivo di beni per un valore complessivo di 26 milioni di
euro; 12 indagati; ipotesi di reati per bancarotta fraudolenta, ricorso abusivo al credito e false
comunicazioni sociali. Trema il Tiare Center di Villesse sotto il colpi portati dalla Compagnia della
Guardia di finanza di Gorizia su disposizione della Procura della Repubblica di Brescia. L’indagine
prende le mosse dalla protesta delle tante imprese che hanno costruito il centro commerciale di Villesse
di proprietà della società Villesse Shopping Center (gruppo Inter Ikea). Le ditte vantano crediti per una
ventina di milioni di euro. Proprio dalla loro manifestazione di protesta attuata nei mesi scorsi a
Villesse ha preso le mosse l’indagine della Gdf di Gorizia. La conferma arriva dal comandante della
Compagnia, colonnello Giuseppe Antonio D’Angelo: «Abbiamo monitorato le proteste delle imprese e
ravvisato gli estremi per procedere a determinati accertamenti. L’indagine è appena all’inizio». Perché
indaga la Procura di Brescia? Perché nel mirino delle indagini ci sono due società immobiliari del
Bresciano: Arco e Fogliata. Alle due società gli inquirenti contestano l'omesso versamento all'Erario
dell'Iva e delle ritenute Irpef per il triennio 2011/2013, per la somma totale di 26 milioni di euro. Arco
e Fogliata sono le immobiliari che hanno realizzato il Tiare Center chiavi in mano per Villesse
Shopping Center. Quest’ultima, ieri interpellata, non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali. Il dirigente
Mazzucchelli della società che fa capo a Gabriele Fogliata ha spiegato che «la società Fogliata ha
incaricato l’avvocato Alessandro Romano di esaminare gli atti nella convinzione di poter chiarire ogni
cosa nelle sedi opportune». Interpellata, anche Arco immobiliare non ha dato risposta. Il
provvedimento del gip Tribunale di Brescia, eseguito dai finanzieri di Gorizia, ha consentito di
sequestrare conti correnti, titoli, azioni e quote societarie, polizze assicurative, fondi, fabbricati e terreni
ed altri beni mobili di proprietà o comunque nella disponibilità dei consiglieri di amministrazione delle
due società committenti la realizzazione del parco commerciale, costato circa 100 milioni di euro,
grande 90mila metri quadri, con 4.200 posti auto, 150 negozi e decine di migliaia di visitatori ogni
mese. Precisa ancora Finanza che sono state eseguite 15 perquisizioni nei domicili di amministratori,
sindaci e revisori dei conti, nonché nelle sedi legali e amministrative delle due società bresciane. Da
ricordare che nei mesi scorsi, nel pieno delle proteste degli imprenditori che sostenevano di non essere
stati pagati, l’avvocato Gianluca Battelli per conto di Arco e Fogliata aveva affermato: «Le imprese
non sono creditrici né di Arco né di Fogliata: in realtà si tratta di subfornitori e o subappaltatori di
imprese terze, a loro volta, subappaltatrici della Fogliata e quindi di Arco. In sostanza ciò che è
realmente avvenuto è presto detto: alcune imprese, delle quali Arco e Fogliata si sono avvalse nella
costruzione di Tiare Shopping, pur essendo state puntualmente pagate, non hanno a loro volta pagato i
subfornitori».
Zoppolato: «Si allungano i tempi per i pagamenti»
di Stefano Bizzi «È un disastro». Per Beppino Zoppolato non suona affatto come una buona notizia
l’annuncio del sequestro preventivo di beni chiesto dal gip del Tribunale di Brescia - ed eseguito dalla
Guardia di Finanza di Gorizia - su conti correnti, titoli, azioni, quote societarie, polizze assicurative,
fondi, fabbricati, terreni ed altri beni mobili nella disponibilità dei consiglieri di amministrazione delle
società committenti la realizzazione del parco commerciale di Villesse. In ballo ci sono
complessivamente 26 milioni di euro. Un tesoro immenso. Tutto congelato e, come se non bastasse, il
debito a cui si fa riferimento è quello nei confronti dell’erario, non delle aziende. Consulente di
Edilfognature, Zoppolato è di fatto il portavoce delle ditte che, dopo aver eseguito i lavori di
costruzione del Tiare Shopping, a un anno e tre mesi dalla sua inaugurazione, attendono ancora di
essere pagate. A fine dicembre qualcosa sembrava essersi mosso. Al termine del tavolo convocato con
le parti dalla Provincia di Gorizia per discutere della questione pareva che la vertenza si sarebbe potuta
chiudere entro la metà di quest’anno. L’operazione delle fiamme gialle però rimescola le carte e mette
tutti in fibrillazione. Secondo le stime, pendenti ci sono ancora 7 milioni di euro. La somma non ha
nulla a che fare con il pagamento dell’Iva e delle ritenute Irpef. È a parte ed è destinata a dare linfa
vitale al territorio locale. La questione delle ditte appaltatrici è però urgente, perché i creditori, a loro
volta, hanno dei debiti da saldare (a iniziare da quelli con le maestranze, per finire con quelli con i
fornitori). Ogni mese che passa, gli interessi passivi aumentano e crescono le difficoltà dei titolari. «Se
si tratta di un sequestro conservativo, come pare – dice Zoppolato –, significa bloccare tutto e allungare
i tempi dei pagamenti. Alcuni erano previsti anche nei prossimi giorni. A questo punto Villesse
Shopping Center deve farsi un esame di coscienza e pagare lei i debiti di chi si è aggiudicato l’appalto
per la realizzazione del centro commerciale isontino. Ha contribuito a creare false speranze in chi è
andato a lavorare in delegazione passiva. Vsc deve spiegarci poi come si fa ad affidare un lavoro del
genere a delle società che hanno un capitale sociale ridicolo. A livello centrale, Ikea deve inoltre
cominciare a studiare il comportamento dei suoi delegati in Italia, deve mostrare la faccia e pensare alle
ditte che hanno lavorato per lei». Secondo Zoppolato il danno è generale: riguarda tutto l’Isontino, non
solo le ditte. «Ora bisogna capire cosa è successo», prosegue. Zoppolato chiama in causa anche le
istituzioni. «Parliamo di quello che hanno fatto la Regione e la Provincia? Spero che la Regione
intervenga per salvaguardare le ditte facendosi promotrice di prestiti a lungo termine senza interessi o
con interessi ridotti. Ha dei fondi che può mettere a disposizione. In questo modo le aziende potranno
fare fronte alle proprie spese: saldare i creditori e tirare avanti fino al termine di questa vicenda». Tra le
amministrazioni tirate in ballo da Zoppolato non c’è il Comune di Villesse («Il Comune non c’entra
niente»). Richiamando alla cautela, il vicesindaco reggente Igor Turco auspica che le forze dell’ordine
«accertino le responsabilità nel più breve tempo possibile. Se c’erano dei piani di rientro concordati,
quest’operazione potrebbe metterli a rischio», dice.
Al processo sul caporalato scoppia il caos traduzione (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
di Laura Borsani «Ha ricevuto denaro dai suoi connazionali bengalesi per essere assunti nelle imprese
Edilgreen e Sea Work?». «No, non ho ricevuto denaro, personalmente». «Cosa intende, forse li ha
ricevuti per altre persone?». «No, non ho preso nulla, però Giuseppe Commentale aveva detto che
voleva persone da assumere e io li ho messi in contratto. Si sono messi d’accordo tra loro». Sono solo
alcune delle risposte alle domande poste ieri, nell’ex sala Assise del Tribunale di Gorizia, dal pubblico
ministero Laura Collini, ad Amin Ruhul, l’operaio bengalese alle dipendenze delle ditte dei
Commentale, coimputato nell’ambito del processo dedicato al caporalato nell’appalto di Fincantieri, in
relazione allo sfruttamento dell’attività professionale ai danni dei cittadini bengalesi. Quello di ieri
pomeriggio è stato un vero e proprio “controinterrogatorio”, passando in rassegna le dichiarazioni rese
dal bengalese durante l’interrogatorio al quale fu sottoposto nel novembre 2011. Il pubblico ministero,
davanti al Collegio giudicante presieduto da Francesca Clocchiatti (a latere Nicola Russo e Gianfranco
Roze), ha snocciolato una lunga sequela di domande ad Amin Ruhul, il tutto avvalendosi di una
interprete. Ruhul ha più volte ripetuto, di fronte all’incalzare degli interrogativi: «Non c’entravo nulla,
ero solo un semplice operaio e non ho mai ricevuto soldi». La dottoressa Collini, verbale del 2011 alla
mano, ha rilanciato: «Eppure, ha dichiarato di aver ricevuto denaro...». Lui ha risposto: «No l’ho
preso». Insomma dichiarazioni rese e che non hanno trovato conformità di risposta ieri in aula. Tanto
che, a un certo punto, il pm ha sottoposto al bengalese il verbale di quell’interrogatorio del 2011, testo
in italiano, chiedendogli di riconoscere la propria firma apposta. E lui: «Mi hanno chiesto di firmare e
l’ho fatto. Non capivo però cosa c’era scritto nel verbale...». «Certo - ha aggiunto di fronte a
un’ulteriore domanda - tutto mi era stato tradotto da un interprete, però non mi aveva letto dei soldi, se
no non lo avrei firmato». «Quindi nega di aver ricevuto soldi dai suoi connazionali?». Ruhul ha negato
ancora. Il problema di fondo è stato proprio il corretto trasferimento delle dichiarazioni del bengalese,
peraltro ieri in difficoltà. E quando Ruhul ha confermato di soldi pagati da un connazionale per
l’assunzione, ha chiarito che si trattava di una circostanza riferitagli. O ancora, a proposito di un altro
connazionale chiamato in causa dal pm, scorrendo sempre il verbale dell’interrogatorio: «Ha pagato
direttamente a Giuseppe Commentale...». Comunque sia, è stato un susseguirsi di “no”, quelli ripetuti
da Amin Ruhul, «non ho preso nulla». Non è mancata quindi l’obiezione, sollevata dai legali difensori,
circa la bontà della traduzione da parte dell’interprete, dovendo trasmettere le parole di Ruhul che nella
sua lingua si esprime in dialetto. Ruhul ha comunque ancora negato di aver mai avuto regalie. E
quando gli è stato chiesto se fosse a conoscenza delle condizioni salariali dei suoi connazionali, ha
risposto: «Non so, sono cose personali». Tuttavia, ha aggiunto, dipendeva dal lavoro svolto. Il
bengalese ha dichiarato poi di non sapere cosa fosse la paga globale. Ha confermato che i suoi
connazionali venivano pagati regolarmente, 4,5-5 euro all’ora nei primi tempi di occupazione. Il pm ha
fatto riferimento a un altro connazionale che era stato lasciato a casa dal lavoro poichè s’era rivolto ai
sindacati per segnalare ammanchi in busta paga. Ruhul ha confermato, ma non ha saputo rispondere se
si fosse trattato di un unico episodio o meno. Il pm ha poi chiesto conferma a Ruhul delle sue
precedenti dichiarazioni, ovvero se i Commentale reagivano male, a volte minacciando i connazionali
di licenziamento quando si rivolgevano ai sindacati. «Sì, li maltrattavano», ha risposto. Ha chiesto altre
conferme alle dichiarazioni rese dal bengalese in merito ai rapporti tra Alessandro Rispoli, responsabile
dell’organizzazione del lavoro nonchè coimputato al processo, e gli operai connazionali, domandando:
«Trattava gli operai come cani, dando ordini e dicendo di tacere quando chiedevano spiegazioni e
avanzavano pretese?». E lui: «Una volta sola è accaduto». Il pm ha concluso: «Rispoli non chiamava
gli operai per nome, ma fischiava loro come cani?». Ruhul ha risposto: era un modo di scherzare.
Rigassificatore, Regione contro Roma (Piccolo Trieste)
di Massimo Greco «Siamo pronti a impugnare gli atti qualora le nostre ragioni non vengano tenute in
considerazione». Debora Serracchiani, governatrice della Regione Fvg e vicesegretario nazionale del
Pd, è assolutamente avversa alla prospettiva di un rigassificatore nel golfo di Trieste e lo ha ribadito a
chiare lettere ieri mattina all’attenzione del ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, deputato
bolognese dell’Udc e amico di Pier Ferdinando Casini. E’la prima volta che la governatrice entra in
rotta di collisione con il governo retto da Matteo Renzi, segretario nazionale dei “dem”. La
Serracchiani aveva sollecitato l’incontro con l’esponente governativo in seguito alla recente pronuncia
da parte della Commissione di Valutazione di impatto ambientale (Via) riguardo la compatibilità del
rigassificatore Gas Natural, che avrebbe quale riferimento territoriale l’area di Zaule. Pur senza aver
dettagliato il merito, è quantomeno probabile che l’impugnazione, di cui parla la Serracchiani, riguardi
proprio il “Via”: la strada sarebbe quella della giustizia amministrativa e il destinatario potrebbe essere
il Tar del Lazio. La governatrice si è presentata all’appuntamento con Galletti insieme a Zeno
D’Agostino, neo-commissario dell’Autorità portuale triestina. Una evidente scelta di campo che
privilegia interessi e investimenti di carattere marittimo-infrastrutturale rispetto al temi
dell’approvvigionamento energetico. Lo scenario economico è mutato rispetto a dieci anni fa, quando
si mossero i passi preparatori per lanciare il progetto di rigassificazione nel Golfo. Nella Capitale
adesso i riflettori si spostano da viale Cristoforo Colombo, sede del dicastero ambientale, a via Molise,
dove opera lo Sviluppo Economico che indirà la Conferenza dei Servizi. Dal bolognese Galletti si passa
alla modenese Federica Guidi, indicazione ministeriale assai vicina a Confindustria. Proprio nella
Conferenza dei Servizi - riporta un comunicato della Serracchiani - «siamo in grado di formulare delle
controdeduzioni puntuali, dimostrando con elementi oggettivi l’incompatibilità tra il rigassificatore e le
prospettive di sviluppo dei traffici portuali». «Non derogheremo dalla linea - conclude la nota della
governatrice - che abbiamo già più volte sostenuto in tutte le occasioni in cui la Regione è stata
chiamata a esprimersi, sulla base di una precisa delibera approvata dalla Giunta». Alla vigilia
dell’incontro con Galletti la Serracchiani aveva detto che avrebbe chiesto un incontro ai ministri
competenti, ricordando, oltre alle prioritarie esigenze operative del porto triestino, «la contrarietà
espressa dalla Repubblica di Slovenia». Appoggio alla governatrice dall’associazione FareAmbiente,
che ha chiesto un coordinamento generale con Slovenia e Croazia sui principali dossier energetici altoadriatici, dai rigassificatori alle trivellazioni.
Regione e Css di Udine contro il Rossetti (Piccolo Trieste)
di Matteo Unterweger Sino a qualche mese fa, sembravano avviati sulla strada del matrimonio, della
fusione con ambizione nazionale. Ora - dopo che il ministero si è pronunciato sulla classificazione dei
teatri di prosa - manca poco che si guardino, sebbene a distanza, in cagnesco, e proprio per quella
sinergia che alla fine non si è realizzata. È guerra aperta fra il Css Teatro Stabile di innovazione di
Udine e il Teatro Rossetti di Trieste, bacchettato pure dalla Regione per voce dell’assessore alla
Cultura Gianni Torrenti, convinto sostenitore dell’unione: «La possibile aggregazione tra il Rossetti e il
Css avrebbe portato con ogni probabilità al riconoscimento di un Teatro nazionale in regione - il rilievo
dell’esponente della giunta Serracchiani -. Purtroppo solo le amministrazioni e il Css ci hanno creduto
fino in fondo, pur comprendendo le difficoltà del progetto. Dispiace che il Rossetti non abbia saputo
cogliere un’indicazione forte, che ritengo avrebbe collocato l’intera regione in una posizione più alta
nel panorama nazionale». Ad aprire il fuoco all’indirizzo dello Stabile del Friuli Venezia Giulia è stato
ieri mattina il presidente del Css di Udine, Alberto Bevilacqua, in un’infuocata conferenza stampa
convocata il giorno dopo le decisioni ufficializzate dalla commissione consultiva per la prosa del
Ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo. Valutazioni che al Friuli Venezia Giulia
hanno assegnato due Tric (teatri di rilevante interesse culturale) cioè Rossetti e Stabile Sloveno,
entrambi a Trieste, e un centro di produzione (il Css di Udine, mentre la triestina Contrada spera nel
ripescaggio). Lo scenario dice, dunque: nessun teatro nazionale in Fvg. E qui sta il nocciolo delle
rimostranze udinesi: «Lo spirito della riforma è stato senza dubbio premiante rispetto a chi ha saputo
incrociare e condividere i progetti, accorpandosi, ed è proprio questo il punto in cui si è enormemente
sbagliato nella nostra regione - le parole di Bevilacqua -. Un errore di valutazione che costerà
certamente molto caro ai singoli e che ha dei responsabili». Il presidente del Css non ci mette che pochi
istanti a fare i nomi: «È evidente che l’ipotesi di un Teatro nazionale tra Css, Rossetti, Accademia Nico
Pepe avrebbe avuto i numeri per poter essere competitivo e realizzabile. Riuscire avrebbe significato
non solo poter vantare un Teatro nazionale nella nostra regione, ma anche certamente poter contare su
maggiori risorse. E si sarebbero potuti salvare anche i due Tric su Trieste: Sloveno e Contrada. Ma
questa ipotesi è affondata soprattutto perché persone decisive - l’attacco di Bevilacqua - come il
presidente Budin e il direttore Però non hanno mai davvero creduto in questo progetto (nemmeno il
successivo tentativo con il Teatro Nuovo Giovanni da Udine è andato a buon fine per il Css, ndr)». Il
presidente e il direttore del Rossetti di Trieste nel mirino, un’offensiva frontale. La replica da viale XX
Settembre non tarda: «Non è vero che non si è tentata la strada della collaborazione - afferma deciso,
pur senza perdere il suo proverbiale aplomb, Miloš Budin -. Siamo andati infatti alla verifica dei dati e
con l’alto numero di recite di produzione propria imposto dal nuovo decreto per i teatri nazionali, si è
visto che non sarebbe stato possibile farcela considerato il bacino d’utenza, nemmeno con le sinergie.
Non siamo né una regione da 4 milioni di abitanti, né un capoluogo regionale da un milione».
Sull’uscita di Bevilacqua, Budin aggiunge: «Non deve scomporci un attacco, sono le reazioni del
momento che però non si capisce su cosa siano fondate. Nessuno sa infatti ancora quali saranno i
contributi che avremo, il decreto non lo stabilisce. Perché fasciarsi la testa prima?». Nella serata di ieri,
le riflessioni dell’assessore regionale Gianni Torrenti che, come accennato, a sua volta non ha
risparmiato critiche al Rossetti: «Le pochissime realtà premiate in Italia sono state quelle che hanno
avuto il coraggio di aggregarsi. La Regione aveva indicato con forza questa esigenza. Abbiamo perso
un’occasione di sviluppo».
Elezioni sindacali, in ospedale difficile scalata al quorum (Gazzettino Pordenone)
testo non disponibile
Caso Inox, sostegno dalle banche (Gazzettino Pordenone)
testo non disponibile
Vertenza Atap, passo avanti verso l’intesa azienda-autisti (M. Veneto Pordenone)
Altro passo avanti nella vertenza Atap, ma ancora nessun accordo coi sindacati. Nell’incontro di ieri si
è discusso dei turni degli autisti e sono state apportate ulteriori migliorie alle bozza presentata
dall’azienda la scorsa settimana. «Ci sono ancora diverse partite da gestire, ma ci sono le condizioni per
arrivare a un’intesa. Il clima di lavoro è più disteso e collaborativo – hanno commentato Claudio
Pettovello (Filt), Giuliano Romanet (Cisl) e Dino Marcuzzi (Faisa) –. L’attenzione resta comunque
alta: finché gli impegni non saranno messi nero su bianco non siamo tranquilli». Al di là dei turni, sarà
necessario rimodulare anche gli orari delle corse, visto che gli orari risalgono a vent’anni fa e non
tengono conto delle numerose modifiche alla viabilità nel frattempo apportate. A breve sarà necessario
partire con la sperimentazione delle nuove corse e coincidenze, per risolvere il problema dei ritardi.
Una sperimentazione che andrà fatta di concerto con la Provincia. Dopo le rotture dei mesi scorsi,
insomma, l’intesa appare sempre più vicina. (g.s.)
Tagli di bidelli, la Cgil insorge: «Contrari alle coop esterne» (M. Veneto Pordenone)
BRUGNERA «No ai tagli di bidelli nelle scuole previsti nell’organico 2015: non siamo d’accordo
sull’assunzione di cooperative esterne». Prima gli statali a scuola, a Brugnera e altrove. E’ questa la
linea di Mario Bellomo vertice del sindacato Flc Cgil e docente a Brugnera, il qiale ha risposto picche a
quanti chiedono le cooperative di pulizia. Il problema: pochi bidelli a Brugnera e non solo. La legge di
stabilità ha messo in conto un taglio secco di una quindicina di posti di lavoro fra il personale ausiliario
prima dell’estate, nelle scuole pordenonesi. Intanto la lista dei bidelli precari nelle graduatorie “24
mesi” conta oltre 200 stagionali, 3 mila sono in attesa negli elenchi di terza fascia a Brugnera. «La
proposta della Cisl scuola di assumere lavoratori privati al posto di bidelli precari dalle graduatorie
statali sconcerta – ha evidenziato Bellomo – Ci sono bidelli che lavorano con supplenze brevi da oltre
dieci anni a Brugnera. Chi vuole le cooperative private nelle scuole statali non ha nel cuore la sorte di
intere famiglie di precari statali». (c.b.)
Acquisita la Valcucine. Più forza sui mercati esteri (Gazzettino Pordenone)
PORDENONE - (d.l.) Siglata l’acquisizione della maggioranza di Valcucine. L’operazione annunciata a gennaio - è stata perfezionata nei giorni scorsi: l’accordo prevede l’ingresso del fondo
industriale Italian Creation Gruop con la quota del 75%, mentre la quota di minoranza del 25% resta
nella mani dei quattro storici fondatori dell’azienda: Giovanni Dino Cappellotto, Gabriele Centazzo,
Franco Corbetta, Silvio Verardo. Per l’azienda pordenonese dell’arredamento - del 1980 leader nelle
cucine innovative e di design - si apre una stagione nuova che dovrebbe portarla ancora di più sui
mercati internazionali con una forza che da sola forse non avrebbe. Il fondo che opera nei settori
dell’home design e dell’arredamento è stato fondato da Giovanni Perissinotto (già amministratore
delegato del Gruppo Generali) e Stefano Core, in precedenza manager di spicco di Telecom, che è il
nuovo amministratore. Il management di Icg porterà con sé l’esperienza e il know how manageriale
acquisito negli anni per importanti multinazionali con l’obiettivo di rafforzare la presenza del marchio
in Italia e all’estero grazie a importanti investimenti. L’obiettivo dell’operazione è quello di fare entrare
Valcucine nell’orbita di una società che con nuova forza possa fare crescere l’azienda e portare il
marchio in nuovi mercati esteri incrementando la percentuale del fatturato straniero che oggi si attesta
sul 40 per cento. La "filosofia" - un po’ quella utilizzata da Farinetti nel settore alimentare con Italy alla base di questa importante operazione è proprio quella di mettere insieme le eccellenze del design e
dell’arredo italiano per portarle su nuovi mercati internazionali. L’operazione non dovrebbe avere
ricadute occupazionali (170 sono gli addetti) proprio perché volta alla crescita aziendale. Dall’ottobre
2014 si stanno utilizzando i contratti di solidarietà previsti per due anni. Il sindacato - che ha chiesto un
incontro urgente con la nuova proprietà - auspica che non vi siano operazioni di riduzione del
personale. «Se l’obiettivo è di crescere non ci attendiamo scossoni occupazionali».
Nuovo corso Electrolux: nuova lavatrice di successo (Gazzettino Pordenone)
Davide Lisetto Electrolux inaugura la nuova stagione della comunicazione diretta in fabbrica e negli
uffici. Con l’assemblea convocata ieri dall’azienda a Porcia - l’incontro di un’ora a metà giornata si è
svolto nella grande sala mensa dello stabilimento in modo da accogliere tutti gli operai dei due turni - la
multinazionale intende rinnovare gli appuntamenti con l’informazione a ogni trimestrale, o almeno un
paio di volte l’anno. Evidentemente la società vuole incrementare le occasioni di trasparenza con i
dipendenti: complici forse anche i difficili momenti che hanno caratterizzato la lunga vertenza
dell’anno scorso. Anche se il nuovo corso è stato deciso a Stoccolma e riguarda tutti gli stabilimenti
dell’Europa, del Medio Oriente e dell’Egitto.A spiegare i risultati economici dell’ultimo periodo
dell’anno scorso (ma più in generale del 2014) che hanno visto un andamento positivo e il ritorno
all’utile anche in Italia sono stati il direttore di stabilimento, Emanuele Quarin, e la responsabile del
personale Marzia Segato. Sono state dettagliate le informazioni - già emerse venti giorni fa nel summit
ministeriale con il gruppo - riguardanti le azioni per il rilancio di Porcia: il ritorno all’interno della
fabbrica di alcune produzioni oggi realizzate all’estero (50 occupati che saranno "riassorbiti" dagli
esuberi) e la re-industrializzazione da parte di un’azienda meccanica fornitrice di Fincantieri che
potrebbe insediarsi a Porcia rioccupando 40 addetti. Inoltre, è stato annunciato - con musica
trionfalistica di sottofondo e applausi degli operai - che la nuova lava-asciuga a pompa di calore
(prodotta dall’ottobre scorso) sta riscuotendo forte successo sui mercati europei: più 200% rispetto alle
previsioni. Un prodotto alto di gamma a marchio Aeg che viene venduto a oltre 1.500 euro. Cosa potrà
significare questo successo rispetto al piano triennale è presto per dirlo. Intanto, nel 2014 a Porcia sono
stati investiti 7,5 milioni di euro, quelli previsti nel quadriennio per i quattro stabilimenti italiani sono
150. Insomma, il piano salva-fabbrica pare proseguire a tappe forzate. Qualche dubbio resta sul fronte
della re-industrializzazione.
Sim 2, azienda dimezzata (Gazzettino Pordenone)
Davide Lisetto Sim2 Multimedia, il piano di ristrutturazione aziendale durato due anni e concluso a
febbraio non ha dato i risultati sperati. Nonostante l’utilizzo dei contratti di solidarietà e le strategie
industriali volte a ridurre i costi e a consolidare la presenza di nuovi prodotti sui mercati emergenti - a
compromettere la situazione è stato anche il crollo del mercato russo, secondo mercato di riferimento
per la società di Vallenoncello - gli obiettivi di crescita di produzione e fatturato non sono stati
raggiunti. L’azienda ha dunque bisogno di un nuovo piano di ristrutturazione: una "cura da cavallo" che
dovrà tenere conto di oltre venti esuberi sui trentasette attuali dipendenti complessivi. Tagli che si
rendono necessari per ritarare il livello occupazionale alla situazione produttiva e al fatturato previsto.
Esauriti i contratti di solidarietà è stata attivata la cassa integrazione ordinaria a rotazione tra i
dipendenti. L’utilizzo della cassa potrebbe proseguire fino al prossimo mese di agosto. Nel frattempo,
però, l’azienda dovrà "dimagrire" riducendo il personale a una quindicina di unità. Due anni fa, con
l’avvio del primo, gli addetti erano quasi ottanta. Per gli oltre venti esuberi impresa e sindacato
dovranno trovare le condizioni che possano attenuare l’impatto dei licenziamenti di personale che, in
media, ha un’età ancora piuttosto lontana dalla pensione. Inoltre, da qui ad agosto l’ennesimo piano di
ristrutturazione dovrà in parte rivedere la mission aziendale: con un numero di addetti ridotto all’osso è
chiaro che la produzione sarà molto ridotta, mentre potrebbero essere implementate le attività di
ricerca, progettazione e commercializzazione del prodotto. Sim2, azienda di elettronica storicamente
nata da una costola di Séleco e specializzata nei proiettori di alta gamma, deve combattere contro una
terribile concorrenza coreana e cinese. «Non sono stati due anni facili - conferma il presidente della
società Maurizio Cini -: la "botta" è arrivata dal mercato russo. Abbiamo ora di fronte alcuni mesi per
delineare il nuovo piano e una strategia futura». Nessuna strada è esclusa per accompagnare il nuovo
piano "lacrime e sangue": nemmeno quella di eventuali nuovi investitori.