Inchiostro - Istituto Universitario Suor Orsola Benincasa

2 aprile
2014
anno
XIV
n. 5
Periodico a cura della Scuola di giornalismo diretta da Paolo Mieli nell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli
www.inchiostronline.it
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SPECIALE 8 MARZO
SPETTACOLO
pag 9
pag 10
Per l’8 marzo, Napoli propone una serie di eventi
di cultura, arte e bellezza. L’obbligo è di usare
#zeromimose per festeggiare la ricorrenza. Nessuna banalizzazione, bandito il consumismo da
ogni iniziativa. Dalle prime ore del mattino fino
alla sera, numerosi appuntamenti coinvolgeranno le donne in una passeggiata per le vie della
città. Si inizia alle 10.30 con una colazione speciale al caffè Gambrinus, per proseguire al Pan
con la mostra ‘ She’s Rock’. In serata il Women’s
party alla Città della Scienza.
Nel sottosuolo della Galleria Borbonica, risuonano le note di Giovanni Allevi. Ha presentato il concerto “Piano Solo Tour” in anteprima alla stampa. Dopo i tre brani che
hanno incantato il pubblico, Allevi ha raccontato alcune tappe della sua carriera, del suo
primo concerto a Napoli e ha fatto un invito
ai giovani: “Studiate con impegno e realizzate i vostri sogni a prescindere dai detrattori”.
Per i fan un’anteprima: una nuova composizione.
Più con il carattere che con il gioco, il Napoli
piega la Roma nello scontro diretto del San Paolo e si rilancia nella corsa per il secondo posto
in classifica. Decide una rete di Callejon a otto
minuti dal termine, dopo un lungo predominio
dei giallorossi, che avevano avuto più di un’occasione per passare in vantaggio, fermati da un
grande Reina. Ora la Roma è soltanto a tre punti, anche se i giallorossi devono recuperare una
gara. Soddisfatti Benitez e De Laurentiis: “Tutti
bravi, continuiamo a crederci”.
pag 6
SPORT
Immagini da una città in chiaroscuro
di Lara De Luna
Scrive Erri De Luca che “Napoli è una città leggendaria,
quella di cui si parla sempre, qualunque cosa succeda”. Raccontare una giornata tipo, tratta dagli eventi
sparsi nel mese di marzo tra le sue strade, partendo
dal suo cuore, è stato il nostro fine ultimo, la guida del
nostro lavoro.
Un compito svolto correndo contro il tempo, come accade nei quotidiani. Come Penelope, Napoli disfa di
notte ciò che fa di giorno. Niente, all’apparenza, sembra lasciare un’emozione duratura. Che sia un uomo
morto in un quartiere residenziale, i suoni di un pianoforte in un luogo insospettabile o una causa di lavoro.
Ogni giorno la città si dipinge di “mille culure”, come
recita una delle canzoni più famose di Pino Daniele a
lei dedicate.
Colori di una politica controversa, che anima i bar
quanto le prime pagine dei quotidiani. Colori di una
città dall’anima femminile, capace di fare della Stra-
da, maestra e aula di scuola allo stesso tempo. I colori
dell’azzurro del cielo, del mare e della squadra di calcio
che qui è uno stato d’animo. I toni foschi della cronaca
nera fanno da contraltare a una città pulsante, che tenta continuamente di migliorare se stessa.
Una giornata a Napoli può essere un’avventura raccontabile in mille modi diversi. Le tracce di inchiostro
lasciate su queste pagine vogliono descrivere questa
fuggevole realtà, la cronaca di un giorno qualsiasi. Unico e tipico.
POLITICA
Tra presenze scarse e partecipazione nulla. La cronaca di una riunione farsa
Regione, il paesaggio è questo
Quasi due ore di ritardo. In aula regnano confusione e pressappochismo
Pagina a cura di Rita Murgese
Napoli, 10 marzo 2014. Seduta sciolta in anticipo per
mancanza di numero legale. Così recita l’attacco del
comunicato stampa del Consiglio Regionale della Campania. A conclusione, invece, il testo dovrebbe riportare
l’avviso di tenersi lontani dalla puntualità. Il ritardo dell’inizio, ben oltre “l’ora accademica” conosciuta dagli addetti ai lavori, permette ai novelli delle riunioni consiliari
di ambientarsi al piano -1
del palazzo F13 del Centro
Direzionale, ovvero la sede
del Consiglio Regionale della Campania.
Inizialmente si avverte fermento e divertimento tra
gli uscieri che preparano la
sala: si canticchia, si scherza ed è persino permesso
fumare davanti al divieto nei corridoi. Nella sala
stampa antistante l’aula del
Consiglio i giornalisti si conoscono tutti. Il banchetto
dell’ufficio stampa non c’è,
il responsabile bisogna conoscerlo; altrimenti nessuno
si palesa per la distribuzione della cartella stampa o
per distribuire informazioni.
Al Consiglio Regionale si
muove bene chi ha contatti,
il resto rimane in un angolo
e aspetta di seguire qualcuno.
Un primo dato che stupisce
è l’esiguo numero di donne,
sia all’interno dell’assemblea che tra i giornalisti.
Una campanella invita tutti
i presenti ad accomodarsi
nella sala consiliare: la seduta sta per iniziare. Paolo
Romano il presidente del
INCHIOSTRO N. 5
Consiglio Regionale richiama l’attenzione tre volte; alla
quarta uno dei consiglieri, impegnato in una fitta conversazione al centro dell’aula, grida: “Presidè, c’amma fa?
Na cantat? Aggiorni!”. Il presidente ne prende atto e fa un
annuncio: “Data l’esigua presenza dei consiglieri, aggiorniamo la seduta di un’ora”.
Sono le 11.40, l’assemblea si sarebbe dovuta riunire alle
11, ora toccherà aspettare le 12.40. Nell’attesa, i consiglieri, ben al di sotto del numero totale, imbastiscono mini
alla votazione, la seduta è rimandata a dopo pranzo.
Il consigliere Fernando Zara si avvicina ai giornalisti con
la faccia contrariata: “Che vergogna! È peggio del Consiglio Provinciale di Salerno. Quello di Valva è migliore!”.
riunioni all’interno della sala. Si chiacchiera di
attualità, un gruppo di consigliere di maggioranza, tra cui Mafalda Amente, Bianca Maria
D’Angelo, Monica Paolino, discute sulle quote rose della legge elettorale. Ascoltandole
ci si rende conto come sia sottile la linea di
separazione tra le istituzioni e i cittadini. Nessuna affermazione articolata in burocratese,
le consigliere di Forza Italia parlano tra loro
come se stessero chiacchierando tra amiche.
Un’altra cosa che balza all’occhio sono i plichi
spessi quaranta centimetri di leggi ed emendamenti. Pochi li sfogliano; se qualche passaggio della confusa assemblea non è chiaro,
si preferisce chiedere al vicino di banco: “Di
cosa stiamo parlando? Quale emendamento
votiamo? Qual è la legge di riferimento?”.
La prima parte della seduta consiliare sfida
la velocità della luce, il presidente Romano si
affida ai pochi presenti (scarsi una decina del
Centro Democratico) per approvare i verbali
delle assemblee precedenti. Il lavoro di mediatore non è semplice, il presidente scavalca
invano con la sua voce il chiacchiericcio dei
consiglieri in aula e lo scompiglio dell’esterno. La riunione è cominciata da pochi minuti,
arriva il momento di votare gli emendamenti. Nell’analisi del risultato di voto si rendono
conto che manca il numero legale conforme
Quello stesso esponente del Consiglio griderà poco
dopo, durante le votazioni: “Rosso, rosso. Pigiate il rosso
del no!”, rivolgendosi ai suoi colleghi di parte. Nella area
stampa i giornalisti parlano, c’è chi dice “Sono capaci
di far saltare più Consigli in maniera continuativa” e chi
sarcastico afferma: “Se non la smettono di far finta di
lavorare vado alla Corte dei Conti e gli faccio togliere il
gettone di presenza”.
Si avverte imbarazzo, eppure l’assemblea ha alle spalle
pochi minuti di vita.
Ritornati nell’aula consiliare, la seduta ricomincia con
lo stesso andazzo. Si parla di pianificazione paesaggistica, dell’utilizzo del termine “luogo” o “paesaggio” per
identificare l’area da tutelare mentre tra i consiglieri c’è
chi scorre le fotografie degli amici su Facebook; Bianca
Maria D’Angelo, con gli occhiali da sole, parla al proprio
vicino, chi non riesce mai a seguire il filo del discorso e
si affida ai colleghi e anche chi, preso dalle discussioni
extra assembleari lascia che al suo posto votino i colleghi. Il capogruppo Forza Italia, Gennaro Nocera dispensa occhiatine e bacetti ironici al capogruppo del Partito
Democratico, Lello Topo, coinvolto nella discussione sul
disegno di legge riguardo la valorizzazione paesaggistica
campana. Quando dopo tre ore di attesa la consigliera
Mafalda Amente, a riunione appena cominciata, chiede
al presidente un’ulteriore pausa per pranzare, si fa spazio l’idea che in realtà l’assemblea sia un convivio, dove
i consiglieri partecipano a intermittenza, in base ai loro
interessi.
Si parla di aree da tutelare
mentre c’è chi controlla Facebook
PAGINA 2
POLITICA
Smentita l’ordinanza dell’ottava Municipalità
Calcio nelle Vele
il Comune vota sì
Stella Rossa: “Non vogliono ristrutturare lo stadio”
Pagina a cura di Barbara Gigante
Napoli, 10 Marzo 2014. Al campo Hugo Pratt di Scampia si giocherà a porte aperte. È stato deciso, durante la
seduta comunale della Commissione Sport, presieduta dal consigliere Gennaro Esposito. Un’ordinanza dell’VIII Municipalità,
guidata da Antonio Pitterà, aveva disposto la chiusura del campo alle tifoserie. La partita di III
categoria, disputata la domenica
precedente, aveva visto sfidarsi
le squadre Stella Rossa 2006 e
Lokomotiv Flegrea, le cui tifoserie
sono gemellate. Secondo i verbali, però, sarebbero stati lanciati
petardi dagli spalti e pietre contro la polizia, creando disordine
in un’area con bambini nelle vicinanze. “E che facciamo al San
Paolo allora? Lo chiudiamo per
un petardo?” interviene Esposito,
contrariato da quella che ritiene
una motivazione eccessivamente
enfatica, per un’innocua partita di
calcio, in cui non si è verificato nessuno scontro tra tifosi.
Approvazione corale dal tavolo di discussione.
Il presidente dell’Arci Scampia, Antonio Piccolo, prende
il microfono e quasi commosso si rivolge alla commissione: “Abbiamo fatto lotte straordinarie per avere questo
stadio e c’è voluto tanto tempo. Finalmente i ragazzi po-
tevano avere attività ricreative come in tutto il resto del
mondo, con le società che si fanno carico di tutti i lavori e
poi arrivano questi provvedimenti dalla municipalità. Non
vogliamo medaglie per quello che facciamo a Scampia,
ma non vogliamo neanche essere
messi in difficoltà”.
L’assessore dell’VIII Municipalità
Luigi De Pompeis dichiara la contrarietà all’ordinanza, che, sostiene, non vorrebbe neanche lo stesso Pitterà. Di quest’ultimo, in aula,
aleggia solo lo spettro. Per motivi
di salute si nega da una settimana
e non ha inviato alcun suo sostituto al dibattito. Non c’è nemmeno
una rappresentanza dell’amministrazione comunale. Esposito è
infastidito, minaccia reclami. Irrompono in aula i ragazzi di Stella
Rossa, fortemente infastiditi dal
fatto che nessuno li avesse convocati alla discussione. Esposito
si scusa e sostiene che la riunione
sia stata convocata d’urgenza. I
portavoce della squadra si scusano, a loro volta, per quanto avvenuto la domenica precedente allo stadio, ma precisano
che i fatti non si sono svolti come raccontato nel verbale
della Polizia.
“Era una partita tranquilla”, sostiene Irene, una delle portavoce di Stella Rossa, animata dallo scopo sociale di
avvicinare i ragazzi di quartiere al sano agonismo cal-
Lo sport diventa solidale
via i giovani dalla strada
Stella Rossa 2006 è una squadra di calcio, da
quattro anni in III categoria. Nata dall’incontro di
universitari del centro e della periferia di Napoli
nel 2006, ha l’obiettivo di utilizzare il calcio come
veicolo di valori quali lo spirito di aggregazione e
il rispetto dell’avversario. Il sogno nel cassetto è
la creazione di una scuola di calcio popolare, con
costi ridottissimi per gli iscritti. I promotori sono
motivati dalla volontà di avvicinare al sano agonismo giovani di quartiere, come quello di Scampia, sottraendoli a realtà di strada e all’assenza
di riferimenti che affligge le nuove generazioni. I
dogmi della squadra sono l’antifascismo, l’antirazzismo e la solidarietà alla causa palestinese.
Si riuniscono, generalmente di mercoledì, presso
il centro sociale Zero81, attraverso assemblee
orizzontali che non prevedono alcuna gerarchia,
ma spingono all’integrazione e allo scambio di
proposte tra tifosi e calciatori. Dall’anno della loro
nascita, hanno dato impulso all’accrescimento
del calcio popolare, che ha visto la formazione di
nuove squadre di quartiere quali il Quartograd o la
Lokomotiv Flegrea.
cistico. “Stanno scaricando su di noi la responsabilità
dell’inagibilità della struttura, è questo il vero motivo per il
quale si vuole chiudere il campo, per non preoccuparsi di
rimetterlo a posto”. In effetti, all’Hugo Pratt deve essere
di volta in volta riconfermata l’agibilità, quando basterebbe accettare l’offerta delle società private che operano
sul campo: queste si sono proposte di anticipare i soldi dei lavori per poi scontarle dall’affitto. Una soluzione
che verrà discussa in questi giorni dall’amministrazione
comunale. “La priorità ora è ritirare l’ordinanza”, richiama Esposito. Ma se sono tutti d’accordo dall’inizio della
seduta sull’inopportunità di questo argomento, chi lo ha
disposto? “Pitterà ha detto che è stato Pisani, Pisani dice
su internet che non ne sapeva niente, alla fine è stata o
no la questura?”, tuona Irene.
Crisi dei rifiuti, problemi economici, turbolenze politiche: parla il sindaco de Magistris
“La città è sporca, ma niente discarica”
Dissesto del Comune, crisi dei
rifiuti, squadra di governo. Parla
il sindaco Luigi de Magistris.
Sindaco, molti consiglieri “arancioni”
hanno cambiato partito. C’è ancora
una maggioranza?
“Siamo sicuramente in fase di riorganizzazione, ma quella di adesso è una squadra
di cui sono assolutamente soddisfatto.
Attraverso i cambi all’ufficio di presidenza
e le presidenze di commissione potremo
contare nei prossimi due anni e mezzo
su una maggioranza poco al di sotto dei
30 componenti. Chiaro che Napoli, come
tutto il Paese, risente di una situazione di
instabilità generale”.
La sua prima giunta nasce con la nomina di alcuni assessori forti. Molti di loro
non sono più nella sua squadra. Pensa
di aver sbagliato nelle scelte?
SCRIVERE IL SETTORE
“Non vengo dalla politica di professione
e la mia candidatura è stata decisa due
mesi prima che effettivamente avvenisse.
Nella fretta dell’allestimento di una campagna elettorale, non ho pensato affatto
a una squadra di governo. In pochi giorni
ho dovuto trovare dodici persone che facessero gli assessori, scelti non dai partiti
ma dalla società civile. Qualcuno è andato
bene, qualcun altro no. Con la ridistribuzione delle deleghe, la giunta ha di nuovo
una sua organicità, anche molto articolata,
con provenienze diverse. E’ una squadra
di cui sono assolutamente soddisfatto”.
Veniamo alla questione rifiuti, aveva
promesso il 70% per la raccolta differenziata, ma per ora è ferma al 27%.
In più, la gara d’appalto per la costruzione dell’impianto di compostaggio
di Scampia è andata deserta. L’Europa
vi accusa di non aver adottato misure
strutturali sufficienti. Si è di nuovo alla
ricerca di una discarica e i rifiuti continuano a essere inviati in Olanda. Si rischia un nuovo fallimento?
“Ho posto come obiettivo il 70% in campagna elettorale, ma senza conoscere la
situazione economica di Napoli, perché i
bilanci non erano trasparenti. Per ora siamo poco sotto al 30%, ma questo significa 350 mila cittadini raggiunti dal porta
a porta. L’obiettivo comunque permane,
anzi, è di arrivare a “Zero Waste”, essendoci impegnati a firmare il protocollo
di San Francisco. La gara d’appalto a
Scampia è andata deserta, ma abbia-
mo immediatamente deciso di farlo “in
house” con la nostra società partecipata
Asìa. La multa europea non è nostra responsabilità, ma dell’amministrazione che
ci ha preceduti e della precedente giunta
regionale. Che una parte dei rifiuti vada in
Olanda è un bene e significa il raggiungimento di un obiettivo a breve termine, che
ha fatto smettere di parlare del problema
rifiuti a Napoli. Mi sembra già un grande
risultato, anche se la città non è ancora
pulita come vorrei. Per questo sto spingendo per l’investimento in nuovi impianti
meccanici, come le idropulitrici. Abbiamo
detto no alle discariche e su questo siamo
intransigenti”.
Le critiche a lei più frequenti: troppe iniziative di facciata, come il Car Sharing
o la banca dati di escrementi di cane e
poca attenzione alle vere priorità.
“Le deiezioni canine non sono la priorità,
ma va ricordato che l’Asl ha richiamato
l’attenzione sul problema. Insieme a loro e
alla facoltà di veterinaria, in via sperimentale, abbiamo avviato questo progetto a
costi ridottissimi. Con quei soldi ci avremmo tappato al massimo sei o sette buche e a me sembra che stia funzionando.
Tuttavia, non siamo i talebani delle sperimentazioni, se fallisse lo dichiareremmo
apertamente. Per il resto, i canali di finanziamento sono diversi, come il MIUR o i
finanziamenti europei. Se non li utilizzi in
un determinato settore, non puoi utilizzarli
in un altro. Se rinunci a car e bike sharing
non puoi mettere un autobus su gomma in
più, ci rinunci e basta”.
La Corte dei Conti ha bocciato il piano
di rientro anche per le irregolarità contabili. Non sarebbe stato meglio dichiarare il dissesto, prima di aderire al decreto salva-comuni?
“La sezione regionale della Corte non ha
registrato irregolarità contabili, ha ritenuto che il nostro piano non dovesse essere
approvato perché sostiene che avremmo
dovuto dichiarare prima il dissesto. Noi
non siamo d’accordo e infatti presenteremo ricorso”.
Mai avuto dubbi sulla scelta?
“Il dissesto significa che i creditori non
sarebbero stati pagati se non in minima
parte, mentre oggi, con tutte le difficoltà
economiche, vengono pagati interamente
entro un anno e mezzo. Centinaia di lavoratori sarebbero stati mandati a casa. Non
rinnego questa scelta, ma far diventare
Napoli un Comune virtuoso, abbiamo bisogno di più tempo”.
A tre anni dalla sua elezione, si sente
sempre un capo carismatico?
“Riconosco di essere un trascinatore. Già
da quando facevo il magistrato, trascinavo i miei collaboratori e la polizia giudiziaria in avventure rischiosissime, ma in realtà è così già dai tempi della scuola nelle
assemblee studentesche. Ho carisma nel
senso buono del termine, la capacità di
tenere in condizioni difficili c’è. L’intelligenza di un capo carismatico deve essere
anche quella di riconoscere i propri errori
ed io faccio molta autocritica” .
PAGINA 3
CRONACA
Quattro gli ex dipendenti in causa dal 2012
Licenziati dalla Curia
chiedono il reintegro
Lavoravano in nero: avevano mansioni extra
di Daniele Gargagliano
Napoli, 13 marzo 2014. La basilica di Capodimonte è al centro in questi giorni di una storia dai
risvolti delicati. Quattro ex dipendenti della Curia
sono stati licenziati dall’ente Opere Incoronata
del Buon Consiglio, con una lettera firmata da
monsignore Lucio Lemma, legale rappresentante
della struttura. La vicenda risale all’ottobre 2012
quando i lavoratori ricevettero le lettere di licenziamento per giusta causa: la cessazione di attività al cosiddetto “Castelletto”, una casa di riposo per anziani a pochi metri dal Tempio, che era
stata gestita per anni dall’associazione “Dame
dell’Incoronata”. In mezzo mesi e mesi di attesa con lettere, appelli e silenzi. L’ultimo volantino
che gira a Napoli grida alla vergogna e chiede
una mobilitazione generale per “sensibilizzare
l’intervento del cardinale Crescenzio Sepe”.
Gennaro Imbimbo, 42 anni di cui 17 al servizio
della Basilica, è un po’ la memoria storica di
questo posto. Ha scritto nello scorso novembre
una mail alla segreteria del Cardinale e di recente ha spedito una lettera al Papa nella speranza
di tornare a lavorare nella “piccola San Pietro”.
Ma non ha avuto risposta. Gennaro e sua moglie,
entrambi licenziati dalla Curia, vivono adesso a
casa dei genitori di lui con i loro due bambini. Tre
famiglie in difficoltà ognuna alle prese con le bollette o l’affitto da pagare come nel caso di Rita
Iacobino, che ha lavorato per otto anni al Tempio:
“Mi hanno rovinato: ho un figlio minorenne, mio
marito non lavora e pago 450 euro al mese di
pigione – dichiara l’ex operaia di 46 anni -. Sto
ancora aspettando 2800 euro della liquidazione.
Nessuno mi aiuta”. La quarta, Filomena Esposito
di 36 anni, con due figli a carico, il marito disoccupato e invalido per morbo celiaco, adesso vive
a casa della suocera. Ha lavorato per sei anni in
via Capodimonte, svolgendo varie mansioni anche dopo la lettera di licenziamento. Racconta
infatti che tutti e quattro gli ex operai generici
hanno continuato a lavorare sino a dicembre del
2012, un mese dopo l’ultimo giorno previsto per
legge dalla notifica, facendo le pulizie dell’altare
e altri compiti di manutenzione: “Abbiamo lavorato in nero. Inoltre in passato abbiamo svolto
mansioni diverse da quelle stabilite dal contratto:
eravamo operaie ma abbiamo fatto all’occorren-
INCHIOSTRO N. 5
za le cuoche, prendendo il libretto sanitario per
stare in cucina senza pagarci il dovuto. Le domeniche ci hanno fatto lavorare sino alle cinque
del pomeriggio. Lo facevamo per non perdere il
lavoro”.
I lavoratori hanno sempre chiesto di essere ricollocati all’interno del perimetro della Basilica
che, a quanto dichiarano, continua a celebrare
matrimoni e ad aprire i cancelli delle catacombe
di San Gennaro ai visitatori. Di certo c’è che le
donne anziane che, più di un anno e mezzo fa
abitavano nel centro del Castelletto, sono state
trasferite in un immobile, gestito da suore, proprio dietro l’ufficio del reggente del Tempio. Sempre nel fondo appartenente alla Curia troviamo
la Casa del clero, dove risiedono i preti andati in
pensione.
In questi tempi di crisi anche l’istituzione Chiesa
si ritrova costretta a licenziare lavoratori di lunga
data, nonostante gli appelli di Papa Francesco
nel denunciare la piaga sociale della disoccupazione.
Dall’Ufficio legale della Curia, interrogato sulla questione, è arrivato solo un
no comment.
di Lara De Luna
Trincerandosi dietro il segreto professionale, i legali dello staff non hanno
Napoli, 13 marzo 2014. Rendere Pozzuoli un centro post-industriale d’eccelvoluto rilasciare alcuna dichiarazione.
lenza, nel ricordo di Adriano Olivetti. E’ questo il grande progetto al quale il CoOggi intanto si è tenuta un’udienza temune puteolano lavora da tempo. La visita di Laura Olivetti, ultima figlia dell’instimoniale con il giudice del lavoro di
gegnere, è la testimonianza dello stretto rapporto di lavoro che unisce Pozzuoli
Napoli sul singolo caso di Filomena
e la Fondazione, intitolata al padre, di cui è presidentessa. Invitata dal sindaco
Esposito. Il suo avvocato, Fortunato
Vincenzo Figliolia e dalla direttrice del Polo culturale Maria Teresa Moccia di
Savarese, sentito telefonicamente dal
Fraia, ha visitato lo stabilimento realizzato dall’architetto Luigi Cosenza. E’ la
nostro giornale ha dichiarato: “Abbiamo
prima volta che vede la fabbrica, fondata da Adriano Olivetti il 23 aprile 1955.
tutto il diritto di chiedere la reintegra, la
Troppo piccola, allora, per ricordare il discorso che divenne un manifesto dell’
legge prevede che per un’azienda con
umanesimo capitalista. Si lascia fotografare vicino alla lapide che ricorda l’inau15 dipendenti ci sia la possibilità di
gurazione e non solo, dichiarando che il luogo è “ancora pieno di energie e poreinserimento. Risulterebbero all’epoca
tenzialità”. Un luogo vivo e armonico, quindi, adatto oggi come allora alle idee
quattro o cinque lavoratori a nero, ragprogressiste di colui che resta ancora uno degli industriali più illuminati della
storia italiana. Oggi lo stabilimento ospita, dopo l’era dei calcolatori e delle telegiungendo così la quota totale di sedicomunicazioni, il centro di ricerca genetica Tigem-Telethon che, secondo Laura
ci o diciassette dipendenti. Se venisse
Olivetti, “ è una prosecuzione della filosofia concettuale” che guidò il lavoro
provata la presenza di più di quindici
paterno. Il Comune e la Fondazione intendono seguire la corrente di pensiero
operai, il licenziamento sarebbe senza
secondo la quale la fabbrica deve essere luogo di cultura e lavoro allo stesso
giusta causa”.
tempo, capace di innalzare la qualità di vita dell’intero territorio. “Avvieremo un
Aspettando che la giustizia faccia il suo
discorso più ampio di collaborazione- dichiara il Sindaco Figliolia- per riscocorso, i quattro ex operai continuano a
prire la cultura d’impresa coniugata con il rispetto dell’uomo e della natura”.
riunirsi e ad incontrarsi nel loro vecchio
Numerosi gli eventuali culturali in programma, primo tra tutti l’organizzazione di
luogo di lavoro nella speranza che un
un convegno sulla figura dell’ingegnere Olivetti.
miracolo avvenga per le loro famiglie.
Olivetti, la prima volta di Laura
PAGINA 4
CRONACA
NERA
Tre fermi per l’omicidio Raffone in cui è stato ferito Mario Lo Russo
Camorra, vendetta d’onore
Folle sparatoria alla periferia Nord. Sfumata l’ipotesi di una nuova guerra
Pagina a cura di Anna Dichiarante
Napoli, 12 marzo 2014. Una donna contesa, un regolamento di conti interno alla cerchia di conoscenze del boss. È giunto alla soluzione il giallo dei Colli
Aminei, con i tre fermi effettuati due
giorni fa dalla Direzione distrettuale
antimafia di Napoli. A finire in manette
sono stati Fabio Cardillo, 35 anni, Valerio Nappella, 37, e Luciano Pompeo,
28. Il primo è accusato dell’omicidio di
Domenico Raffone e del tentato omicidio di Mario Lo Russo, mentre gli
altri due lo sono dell’accoltellamento
di Giovanni Lista. Nelle prossime ore il
giudice per le indagini preliminari dovrà convalidare i fermi. Sono ancora
ricercati, invece, i complici che sarebbero stati insieme a Cardillo.
Ieri, infine, è stato arrestato anche
Mario Lo Russo per porto e detenzione abusiva di arma da fuoco.
Nessun collegamento con le faide di
camorra, dunque; alla base del delitto ci sarebbe la relazione intrattenuta
dallo stesso Lo Russo con l’ex moglie
di un detenuto (il fratello di Cardillo),
un legame che avrebbe scatenato la
vendetta.
Facciamo un passo indietro.
Sabato 8 marzo. Il parco Matteotti - al civico 141 di
viale Colli Aminei - diventa scenario di un doppio agguato. Alle 23.45 Domenico Raffone, 33 anni, viene
ammazzato a colpi di pistola, mentre si trova in sella al
suo scooter. Il giovane, centrato alla schiena, rimane
a terra esanime. Poco più in là, i killer raggiungono
la Fiat Panda a cui Raffone stava facendo da scorta:
a bordo, suo suocero, il cinquantasettenne Mario Lo
Russo. Parte un’altra raffica di proiettili, che crivellano
la portiera dell’auto e colpiscono Lo Russo. Seppur
ferito in modo grave, quest’ultimo riesce ad arrivare
fino al vicino ospedale Cardarelli, dal quale è stato dimesso solo ieri per essere scortato negli uffici della
Questura. L’obiettivo dei sicari era precisamente lui,
boss dell’omonimo clan, fratello di Giuseppe e del col-
Raffone muore praticamente subito, mentre Lo Russo
cerca di fuggire, impossessandosi dell’auto di Cardillo. Saranno i familiari di Cardillo, poi, a denunciare una
falsa rapina per depistare possibili indagini.
La notte di sangue partenopea, comunque, non è ancora terminata. La scena del crimine
si sposta in via Ianfolla, a Miano. Alle
4 del mattino Nappella e Pompeo citofonano in casa di Giovanni Lista;
il trentenne - parente di Cardillo - si
veste in fretta e scende in strada per
vedere di che cosa si tratti. Qui, Lista viene aggredito e pugnalato alle
spalle: malconcio, ma non in pericolo di vita, riesce a chiamare aiuto e a
farsi trasportare al Cardarelli. A pochi
metri di distanza dall’abitazione di Lista, peraltro, vive Mario Lo Russo. La
spedizione punitiva è la contromossa
immediata del clan per stanare i responsabili della morte di Raffone e del
ferimento del boss.
Le indagini - affidate ai pm Ivana Fulco, Enrica Parascandolo e Henry John
Woodcock - sono partite a stretto
giro. A coadiuvare i magistrati della
Direzione distrettuale antimafia di Napoli, inoltre, sono stati gli uomini della
Squadra Mobile di Fausto Lamparelli.
L’ipotesi iniziale aveva portato gli inlaboratore di giustizia Salvatore: i Capitoni di Miano.
quirenti sulla scia della faida che, da oramai un paio
In realtà, la sparatoria è l’epilogo di un inseguimento. d’anni, contrappone i Capitoni agli ex Misso del Rione
Cardillo è andato dalla cognaSanità. I Lo Russo, infatti, si stanUna falsa rapina per
ta per chiederle chiarimenti sul
no scontrando a suon di piomrapporto con Lo Russo, che - a
bo con le famiglie Della Corte e
depistare le indagini
suo dire - getta discredito sulla
Savarese per l’occupazione del
famiglia; il litigio degenera; la
quartiere, in pieno centro storico.
donna avverte allora l’amante, il quale arriva accom- In un secondo momento, però, gli investigatori hanno
pagnato dal genero. I tre (o forse più) si affrontano e intrapreso la pista giusta, ricollegando i fatti di sabato
il passaggio dalle parole ai fatti è questione di attimi. notte a una lite per motivi personali.
Alleanze rovesciate e spartizioni
Viaggio nella criminalità cittadina
Scia di sangue
la faida riprende
con nuovi attori
Salvatore Lo Russo, ex boss di Miano
Napoli, 12 marzo 2014. Scatta in automatico,
come una psicosi. A Napoli e dintorni, a ogni
omicidio corrisponde l’allarme su una possibile nuova faida di camorra. Inevitabile in una
città che fa ciclicamente i conti con guerre
senza regole. Anche sabato scorso, dopo il
delitto dei Colli Aminei e l’aggressione di Miano, i quartieri coinvolti sono ripiombati nell’incubo di un conflitto tra clan.
Del resto, quando i nomi chiamati in causa
dalla cronaca hanno un certo peso nel panorama criminale, il collegamento viene naturale.
Così è accaduto anche per Mario Lo Russo,
fratello di quel Salvatore che del clan omonimo è stato un boss storico. Dominatori incontrastati di Miano per lungo tempo, pedina
fondamentale sullo scacchiere delle grandi
alleanze della camorra urbana, i Capitoni hanno influenzato con le loro mosse gli esiti dello
scontro tra la Nuova camorra organizzata di
Raffaele Cutolo e la Nuova famiglia di Carmine Alfieri. Dopo la sconfitta dei cutoliani, i
Lo Russo sono confluiti nell’Alleanza di Secondigliano di Gennaro Licciardi, un cartello
di famiglie operanti nell’area settentrionale di
Napoli e interessate a mettere le mani sulla
spartizione del potere all’esito della guerra.
Una storia di patti e, soprattutto, tradimenti, di
cui i mianesi sono stati protagonisti; sono stati
loro, infatti, a passare segretamente dalla parte degli odiati nemici del centro storico, salvo
poi riaprire le ostilità contro gli stessi al primo
cambio di vento.
Tra i gruppi criminali della periferia nord e
quelli del centro - in particolare, del Rione Sanità - c’è sempre stata una competizione dalle
conseguenze disastrose. Spesso sanguinose.
Gli scontri tra i Licciardi e i Misso, guidati dal
boss Giuseppe, hanno lastricato di morti le vie
cittadine.
Negli ultimi tempi la faida è ripresa, anche se
i protagonisti sono in parte cambiati. L’arresto
del boss Salvatore Lo Russo e la sua decisione di collaborare con la giustizia hanno lasciato il clan allo sbaraglio; la guida è stata presa
poi dal figlio Antonio, latitante da quattro anni
e re delle rotte del contrabbando internazionale. Sul fronte opposto, il dissolto clan Misso
è stato rimpiazzato dalle famiglie in passato
legate da vincoli di fedeltà a Giuseppe Misso,
i Savarese e i Della Corte. Entrambi i gruppi,
dunque, sono alle prese con grossi problemi
interni, con arresti e pentimenti, ma, soprattutto, con i subbugli che stanno attraversando
tutte le piazze cittadine dello spaccio. Le operazioni di polizia e le faide hanno consigliato di
abbandonare per un po’ quartieri come Scampia e Secondigliano per cercare nuovi mercati.
Di qui, il tentativo dei Capitoni di estendersi
nel Rione Sanità, contrastato fortemente dagli
ex alleati di Peppe ‘o nasone: il conflitto, annunciato da scaramucce crescenti, si è aperto
ufficialmente nel dicembre 2012, con l’omicidio di Francesco Bara (luogotenente dei Lo
Russo per il centro antico) e con la scia di rappresaglie che ne è seguita.
PAGINA 5
SPECIALE
8 MARZO
Dalla parte delle donne
Proiezioni, spettacoli teatrali, concerti: così in città si celebra la ricorrenza
Da Partenope alle vittime di femminicidio, una giornata con #zeromimose
di Lucia Francesca Trisolini
Giornate delle Donne” che si concluderà con il
progetto “Dimane Putesse Schiarà”, un recital
Napoli, 7 marzo 2014. Domani in occasione di solidarietà a favore delle donne migranti a
dell’8 marzo, Napoli “si metterà al bello” per la Lampedusa.
festa delle donne. Un’occasione per riflettere e Alle 17.30 al Palazzo delle Arti si terrà la
per non dimenticare le vittime della violenza di mostra”She’s rock”: un percorso-reading volto
genere. Solo nel 2013, infatti, sono stati 150 i a celebrare le donne del rock.
casi di femminicidio in Italia, una cifra in cre- Alle 18.00 il concerto sinfonico diretto da John
scita nonostante la nuova Legge varata a ot- Axelrod sarà gratuito per le donne che acquitobre scorso. In Campania, quasi 1 donna su steranno al teatro San Carlo una carta speciale
3 ha subìto violenza fisica o sessuale e quasi per l’8 marzo che al prezzo di 50 euro, darà di6 donne su 10 sono state vittime di minacce e ritto anche all’ultima replica dell’”Evgenij Onegin” alle 19 di domenica . Durante il primo intersoprusi.
Oggi alle 21.00, un anticipo della festa al cinema vallo dell’opera, l’antropologa Amalia Signorelli
Astra in via Mezzocannone, con due proiezioni porterà a riflettere il pubblico sulla figura femdedicate a ritratti e profili di donne straordina- minile nella nostra contemporaneità, partendo
rie. “La pazza della porta accanto, conversazio- dal personaggio di Tat’jana, protagonista del
ne con Alda Merini” di Antonietta De Lillo, sarà romanzo di Puskin.
seguita dal lavoro di altre due registe, Simona Nel corso del pomeriggio, presso l’accademia
delle Belle Arti, Maria
Cocozza e SaCristina Antonini, domantha Cito che
Party a Città della Scienza
cente di pittura e tecnipresenteranno un
per ricordare le ricercatrici
che performative incredocumentario dal
menterà la biblioteca
titolo “The barefo“Anna Caputi” con un
ot princess”.
Per domani mattina l’assessore alle Politiche nuovo fondo di libri dedicati alle donne artiste.
giovanili Alessandra Clemente ha proposto l’i- In serata, allo Spazio Artefia in vico Cacciottoli
niziativa “Zeromimose” per evitare ogni bana- 53, si potrà assistere al “Tetradramma”, spetlizzazione e atteggiamento consumistico sulla tacolo teatrale dedicato alle donne, in scena
festa delle donne e per sensibilizzarle alla lotta venerdì, sabato e domenica, una piéce che inper le pari opportunità. Interessanti i progetti tende unire teatro e filosofia in un percorso esiin ambiente sanitario: solo per domani matti- stenziale.
na, infatti, il presidio ospedaliero “Santa Maria Serata tutta al femminile anche a Città della
della Pietà “ a Casoria si trasformerà in un sa- Scienza, dove si terrà un Women’s Party con
lone di bellezza. In collaborazione con i volon- mostre e installazioni interattive alla presenza di
tari dell’Avo, lo staff medico e infermieristico, scienziate che ricorderanno il contributo femmiregalerà alle donne del reparto oncologico trat- nile alla ricerca tecnologica.
tamenti estetici, curati dall’hair stylist Pasquale La festa delle donne a Napoli non finisce l’8
Salsano. L’iniziativa dal titolo “Donna, infinita marzo, ma continuerà anche ad aprile. A partire
bellezza” si concluderà con una sfilata di moda dal 13 del mese si terranno passeggiate nardelle pazienti che si terrà nella Sala Convegni rate da accompagnatrici che evidenzieranno il
background femminile di ogni singolo monudell’ospedale.
La donna sarà protagonista anche di eventi ar- mento. Dalla fontana dedicata alla “madre” di
Napoli per eccellenza, Partenope fino ai contistici e culturali.
Alle 10.30 colazione al bar Gambrinus, con una tributi di grandi attrici, come Sofia Loren e Titiperformance dell’attrice Cristina Donadio. Le na De Filippo, passando per regine angioine e
donne saranno invitate a vestirsi di verde, per aragonesi e protagoniste famose come Matilde
Serao. Si ripercorreranno le orme che le donesprimere leggerezza e speranza.
In mattinata, all’istituto Froebeliano di via Stella, ne hanno lasciato a Napoli, plasmando, come
proseguirà la seconda edizione de “Le quattro muse ispiratrici, l’aspetto esteriore della città.
C’è anche un’altra data: il 20 novembre
di Roberta Cordisco
“Festeggio anch’io questa giornata: in quanto donna, anche se non lo sono biologicamente, mi sento coinvolta”. Lia Zeta, transessuale napoletana, spiega il suo punto di vista sulla
festa della donna. “Voglio schierarmi, però, per le cose più necessarie perché ci stiamo allontanando troppo dai veri problemi. Tanti, anche omosessuali o trans, festeggiano solo per
divertirsi, fare baldoria, senza pensare alla questione vera che ci riguarda. Perciò va bene la
festa, ma bisogna andare più in profondità”. Poi scherza e dice: “Cosa vado a fare a questi
party? A vedere uomini in slip che si ungono con l’olio? Mi sembra una stupidaggine che
lascia in ombra questioni più importanti”.
Attualmente, spiega, c’è poco da festeggiare se poi la donna viene trattata come un oggetto. “Io vivo in una società dove non sono vista come donna, la mia diversità è visibile,
non sono un omosessuale che può anche passare inosservato ed essere insospettabile”. Lia ricorda che anche le transessuali sono vittime di violenza e che
il più delle volte subiscono aggressioni da parte di uomini che le considerano
macchine di piacere al loro servizio. “Proprio poco tempo fa qui a Napoli c’è
stata un’altra aggressione ai danni di una transessuale”. Per questo ci tiene a
sottolineare che il 20 novembre, come pochi sanno, è la giornata mondiale in
cui si ricordano le trans vittime di violenza. Perché se l’8 marzo è importante
difendere ciò che si è, il 20 novembre è altrettanto importante difendere ciò che
si è scelto di essere.
Eppure pregiudizi e chiusure non mancano. La società delle apparenze, del
bigottismo e dell’ipocrisia, come la definisce Lia, pone numerosi ostacoli all’affermazione di una diversità così “visibile”. “Ciò nonostante ogni giorno esco
di casa con la mia pelle da Wonder Woman, che poi è la mia pelle, e affronto quella che io
chiamo ‘la freccetta sul monitor’, ossia gli sguardi puntati e i giudizi”. Le chiedo se non è
questo il tipico coraggio delle donne e lei risponde: “Si, è il coraggio delle donne”.
INCHIOSTRO N. 5
La fatina Satine vive la sua fiaba
Francesco, alias Lady Satine, l’8 marzo si esibisce a San Sebastiano
al Vesuvio, perché è una drag queen. Con questo termina inglese
si fa riferimento a cantanti o attori, non necessariamente gay, che
vestono abiti femminili. Nel film del 2001 di Baz Luhrmann, “Moulin
Rouge”, la bella étoile Satine, interpretata da Nicole Kidman, incanta
il pubblico con le sue esibizioni sul palcoscenico. A questo modello
di eleganza e signorilità rende omaggio la napoletana Satine che, ci
tiene a precisare, promuove un mondo “glitterato” lontano dalla volgarità. Tra le sue due identità, è quella femminile che sente più vicina
a sé. Di conseguenza vive il giorno della donna da protagonista, non
solo perché sale sul palco ad esibirsi, ma soprattutto
perché, al di là degli spogliarelli, ritiene fondamentale
ricordare le battaglie rosa combattute nel corso degli
anni e le donne che si sono sacrificate. “Se dovessi
proporre un simbolo alternativo alla mimosa, sarebbe
sicuramente il più tradizionale fiocco rosa, già utilizzato in segno di condanna della violenza sulle donne”.
Lady Satine è anche la drag speaker del programma “I
Tappi” di radio Kiss Kiss Napoli con Luca Sepe e Antonio Manganiello. E’ seguita soprattutto da un pubblico
femminile. “Forse perché – spiega – la trasmissione va
in onda la mattina dalle 7 alle 10 e le signore che lavorano o accompagnano i bambini a scuola, nonostante
il personaggio eccentrico che rappresento, mi seguono e si identificano”. Sono proprio le donne, però, ad
essere più prevenute nei suoi riguardi: “A volte scatta
una sorta di rivalità nel momento in cui si confrontano con una figura
così forte, estremamente curata e truccata”.
Satine ha combattuto per affermare la sua identità e la sua passione
per il cabaret. Ha avuto la fortuna di poter contare sul sostegno dei
famigliari e degli amici; per lei le difficoltà sono state più sopportabili. Accennando ai pregiudizi che tuttavia restano vivi, Satine spiega
che c’è grande ignoranza in merito: “Molte non sanno che le drag
queen non sono travestiti, possono anche non essere omosessuali.
Si vestono solo per fare spettacolo. Le mie esibizioni, ad esempio,
si rivolgono a tutti, bambini e adulti. Ho lavorato per matrimoni, comunioni, addirittura battesimi. I più piccoli, a volte, pensano che io
sia la fatina delle fiabe”.
R.C.
PAGINA 6
SPECIALE
8 MARZO
Il feroce omicidio di 10 anni fa, mentre era in corso la faida di Scampia
Mina, uccisa dalla camorra
per un “no” alla morte altrui
Parla Francesco Verde: il vero ergastolo
lo subisce la nostra famiglia ogni giorno
di Francesco Ungaro
Vogliamo la verità
Madri e sorelle, quattro storie
sono ancora in attesa di giustizia
di Lorenzo Ena
Napoli, 8 marzo 2014. Quattro donne accomunate da un destino
sciagurato: i loro cari sono morti in carcere. Nobila, Patrizia, Ilaria e
Lucia trascorrono l’8 marzo alla ricerca della verità, inseguendo una
Giustizia che ancora oggi non ha dato loro risposte sufficienti.
“Mi consumo ogni giorno. Ho paura del buio. Non posso guardare
film con scene violente, non sopporto le urla. Sto vivendo questo
dramma da sola, non ho una famiglia”.Così Nobila Scafuro, madre
di Federico Perna, il ragazzo morto nel carcere di Poggioreale lo
scorso 8 novembre. Per i familiari Federico è una vittima di pestaggi
tra le sbarre. Ma l’autopsia non ha dato riscontri per confermare le
accuse. “Voglio sapere perché mio figlio è morto – continua Nobila
- Ci sono troppe anomalie nei risultati autoptici. Pretendo la verità e
fin quando non la otterrò continuerò a combattere”.
Storia diversa ma dall’esito analogo quella di Federico Aldrovandi. A
18 anni è stato ucciso da quattro poliziotti. I colpevoli della morte del
ragazzo sono stati condannati il 21 giugno 2012 a 3 anni e 6 mesi
per omicidio colposo. A febbraio di quest’anno gli agenti sono rientrati in servizio. Inizialmente la morte del ragazzo venne giustificata
con un malore. Ma quando i genitori di Federico videro il corpo del
figlio – 54 lesioni ed ecchimosi sul corpo – decisero di scavare nella
vicenda per scoprire la verità.La madre del ragazzo, Patrizia Moretti,
prosegue la sua battaglia con un’associazione messa in piedi con
il marito e gli amici di Federico: “Il proposito è cambiare la cultura
violenta molto diffusa nella società. Utilizziamo l’informazione e alziamo la voce per evitare che certi episodi si ripetano. Nella giustizia
credo ancora, ma con alcune riserve. Bisogna sempre fare distinzioni tra le persone. Gli onesti esistono in ogni settore”.
Non generalizzare è anche il parere di Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, il 31enne morto nel carcere di Regina Coeli il 22 ottobre 2009. I
giudici hanno condannato in primo grado i medici dell’ospedale in
cui Cucchi era ricoverato. La sentenza spiega la morte di Stefano
con la mancanza di cure mediche. Ilaria non ci sta. La sorella di
Napoli, 8 marzo 2014. Mimose sporche di
sangue. L’8 marzo è anche l’occasione per
ricordare le donne vittime di violenza, ammazzate da uomini che dicevano di amarle,
uccise per aver scelto di non portare avanti
un rapporto nel quale non credevano più,
messe a tacere per sempre per non essersi
piegate alle logiche della malavita organizzata
“Mina era diversa da me. Lei voleva aiutare la gente, faceva volontariato. Io le chiedevo il perché, per me era tutta gente di
merda”. Mina sta per Gelsomina Verde e le
parole sono di Francesco, il fratello. Lui è
un ragazzone con la faccia dura di chi ne
ha viste tante, la stessa faccia che ti viene
quando guardi cose che non avresti voluto
trovarti di fronte. Mina è stata uccisa dieci
darei agli altri le vostre”. Dal clan parte la condanna
anni fa, quando aveva solo 22 anni. “Hana morte. Mina verrà trovata carbonizzata nella sua
no strappato quel fiore - dice Francesco - e
auto. Per questo delitto sono stati condannati Ugo
hanno lasciato solo il nudo gambo”. GelDe Lucia all’ergastolo e Pietro Esposito, collaborasomina è stata fatta fuori in modo barbaro.
tore di giustizia, a 7 anni e 4 mesi.
Le hanno sparato tre colpi di pistola e poi
hanno dato fuoco alla macchina in cui gia- La famiglia a dieci anni di distanza, ancora non sa
cevano le spoglie. Gelsomina, non c’entra- darsi pace. I colpevoli di quel brutale omicidio hanva niente con le logiche camorristiche. Non no già usufruito di alcuni permessi e hanno riasne era, però, lontana essendo cresciuta a saporato la libertà. A tal proposito Francesco, col
Secondigliano e avendo prestato attività di volto commosso e pieno di rabbia, mi dice che il
volontariato presso parecchie famiglie col- fine pena mai è solo per la sua famiglia. Aggiunge
che l’ergastolo è per sua mamma che da dieci anni
legate con la malavita dell’area nord di Napoli.
Nel 2004 a Secondigliano e Scampia in strada c’è piange lacrime di rabbia per la figlia. E’ per lui che
la guerra. Due clan si combattevano: i Di Lauro, non ha trovato pace.
“Questo non è femminicida molto tempo egeEra diversa da me. Voleva aiutare dio- conclude Francescomoni nel territorio, e
mia sorella non c’entra
gli Scissionisti che
la gente, faceva volontariato
nulla con quel tipo di omivolevano prendere il
cidio. Dopo la sua morte
potere. Ogni giorno le
abbiamo dovuto anche
forze dell’ordine contavano almeno tre cadaveri. Mina in quel periodo subire l’onta delle chiacchiere”.
lavorava come operaia precaria. Alcuni anni prima, Subito dopo il ritrovamento del cadavere iniziarono
nel 2001, aveva avuto una breve storia con Genna- a circolare le più diverse voci sulla vita di Mina. Si
ro Notturno, un ragazzo del quartiere. Poi la giova- disse che era una poco di buono che andava con
ne si rese conto che il ragazzo era un camorrista chiunque nel quartiere; che era la donna del boss e
legato agli scissionisti e decise di lasciarlo. Certe stava solo pagando per i suoi errori. Inizialmente non
cose il quartiere non le dimentica. Verso la fine del le fu neanche concesso il funerale religioso. Uccisa
2004, alcuni membri del clan Di Lauro, più volte due volte Mina. Per fortuna il processo fece emerfermarono Mina per strada. Volevano fotografie e gere una realtà completamente diversa. La realtà di
informazioni sul Notturno e altri esponenti della fa- una ragazza morta perché non si è abbassata alle lomiglia. Lei sapeva bene a cosa sarebbero servite. giche di un quartiere che può essere molto violento.
Le nega. Nega di firmare la condanna a morte del A Secondigliano può essere più difficile anche essuo ex fidanzato. “Non vi do le sue foto, come non sere donna.
Stefano non è convinta della sentenza. È in prima
linea per la tutela dei diritti dei carcerati. Ora attende
gli sviluppi della vicenda, sperando che la giustizia
faccia chiarezza. Come si sente ora? “Tutto cambia
radicalmente: il rapporto con gli altri, il modo di vedere la vita. Forse prima ero una persona ingenua.
Ho sempre rispettato le regole e in cambio ho ricevuto la morte di Stefano. Qualcuno aveva il dovere
di tutelare i diritti di una persona alla quale invece
ha tolto la vita”. Dopo 6 anni anche Lucia ha ancora
voglia di combattere. La sorella di Giuseppe Uva, il
ragazzo morto il 14 giugno 2008, risponde al telefono mentre ha in braccio suo nipote. La storia di
Giuseppe è nota alle cronache: dopo essere stato
fermato dai carabinieri per una bravata con il suo
amico Alberto Biggiogiero, Uva viene portato nella
caserma di Varese dove ad “accoglierlo” trova una
decina di agenti. Alberto, che attende fuori dalla
stanza, convinto che qualcosa non vada decide di
chiamare l’ambulanza perché sente le urla dell’amico. I carabinieri in un primo momento bloccano
l’intervento dei soccorsi. Poche ore dopo chiamano l’ambulanza chiedendo un Trattamento sanitario
obbligatorio. Dopo l’arrivo in ospedale, Giuseppe
muore. “Provo una grande rabbia, un dolore indescrivibile – dichiara Lucia -. Dopo tutto questo tempo non riesco ancora ad accettare la morte di mio
fratello.La mia vita è cambiata per colpa di questa
giustizia maledetta. Ho dovuto mettere da parte la
mia famiglia per scoprire la verità”. Lucia sottolinea
il rapporto speciale che si è venuto a creare con le
altre famiglie colpite dalla sua stessa tragedia: “Ormai siamo una grande famiglia accomunata da un
tragico destino. Cerchiamo di farci forza a vicenda”.
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CULTURA
Un diario autobiografico narra storie al confine tra illegalità e rinascita
Sulle frontiere dell’educazione
Carmine Amato si racconta: da ragazzo di periferia a maestro di strada
Pagina a cura di Elisabetta de Luca
Napoli, 6 marzo 2014. In un’affollata sala eventi della
libreria Feltrinelli di via San Tommaso d’Aquino, Carmine Amato ha presentato il suo libro “Il ragazzo sta bene
così. Nelle strade di Napoli ho imparato a educare”.
Oggi ha 44 anni, una bella bimba dai capelli ramati e una
moglie spagnola. Quando di anni però ne aveva molti di
meno, frequentava i vicoli di Barra, quartiere periferico
di Napoli, dove viveva con sua madre. Ogni giorno una
sfida per non cadere nel baratro della criminalità che
dilaga nei vicoli di periferia.
Questa è la storia dell’autore che da ragazzo di periferia
è diventato maestro di strada. Una vita trascorsa tra i
giovanissimi, prima con il servizio civile, poi come educatore e infine nelle scuole. Un percorso difficile che ha
deciso di raccontare in un libro. Il volume somiglia a un
diario sia come genere che nell’aspetto grafico: le pagine sono disegnate come un quaderno ad anelli, con i di-
INCHIOSTRO N. 5
segni di Marco Rossi Doria, ex sottosegretario all’Istruzione e amico dell’autore. Lungo il suo percorso Amato
ha incrociato tante persone che si sono trasformate nei
personaggi del suo racconto. Rossi Doria è uno di questi, conosciuto durante la nascita del progetto Chance
contro la dispersione scolastica.
Carmine Amato ora vive in Trentino “perché al Nord si
guadagna di più con progetti anche meno creativi rispetto a quelli proposti a Napoli”, afferma durante la
presentazione. Per un’altra iniziativa è passato prima
per la Spagna, dove conobbe la donna che
ha poi sposato. A casa è tornato per presentare il suo libro.
Durante l’evento i suoi familiari e amici hanno letto brani tratti dal volume. Alla figlia è
toccato il capitolo dedicato alla nonna, una
donna vissuta durante la seconda guerra
mondiale che in quel
periodo non è riuscita
a conseguire il diploma delle scuole elementari, a causa dei
bombardamenti.
L’autore elenca le
storie che lo hanno segnato di più:
“Non
dimenticherò
mai i sorrisi dei bambini di Santa Maria del
Pozzo che aspettavano noi volontari del
servizio civile, pensando fossimo assistenti
sociali e l’entusiasmo che avevano, perché
quelli erano gli unici momenti di svago”.
Storie di vita ma anche di morte: “Cesare è
stato ucciso a 16 anni per un regolamento
di conti, al suo funerale nessun rappresentate istituzionale. Gli adulti lo hanno abbandonato”. Ragazzi che non riconoscono il
confine tra il legale e l’illegale: “Un giovane
di una casa famiglia un giorno contava dei
soldi. Gli chiesi a cosa servissero, mi rispose che li avrebbe usati per comprare una
pistola al mercato di Sant’Antimo”. Un’autobiografia e anche una storia collettiva. “Il
ragazzo sta bene così” è il titolo tratto da un
altro racconto, quello di un giovane che per
fare attività sportiva doveva consegnare un certificato
di sana e robusta costituzione. Invece di recarsi in visita
dal medico, usò una vecchia ricetta, timbrata e firmata,
nella quale scrisse: “Ciro Veneruso ha superato la visita
medica, può fare tutti gli sport. Il ragazzo sta bene così”.
Carmine Amato da allora si domanda: “Quando un ragazzo sta bene così?”. Questo interrogativo guida il suo
operato alla ricerca di cosa possano fare gli educatori
per salvare giovani vite.
Sedici anni di Chance
Napoli, 6 marzo 2014. Al numero 11 di Via Saverio Baldacchini c’è un’oasi nel deserto. È l’associazione Maestri di strada. Una Onlus che nasce dopo la chiusura
del progetto Chance, a cui anche Carmine Amato ha
partecipato con l’ex sottosegretario Marco Rossi Doria.
Il progetto Chance è nato nel 1998 per aiutare centinaia di giovani in difficoltà. Bambini e ragazzi che vivono
contesti difficili, di periferia, di malavita. È stato chiuso
nel 2009, ma i Maestri di Strada continuano ad alimentare la speranza di salvezza.
L’associazione è nata nel 2003. Primo finanziatore
fu l’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio
Ciampi. Dal 2009 l’associazione Maestri di Strada si
è rinnovata basandosi su risorse private e sul lavoro
di giovani che hanno compiuto studi nel campo delle
scienze umane e sociali e dell’apporto gratuito di cittadini.
Il primo nucleo dei Maestri di Strada proviene dal Progetto Chance. Oggi gli educatori provengono invece da
esperienze diverse.
Cesare Moreno è “o Mast”, il maestro con i sandali,
messi in segno di protesta anni fa “perché Chance ave-
va ricevuto i vestiti, ovvero i fondi della Legge 285, ma
le istituzioni erano carenti nelle attività ordinarie e di
base: le scarpe”, racconta nella sua biografia.
È stato tra i fondatori del progetto Chance, occupandosi del recupero dei dispersi della scuola media, e suo
coordinatore dal 1998 alla chiusura avvenuta nel 2009.
I volontari si occupano principalmente di arginare il fenomeno della dispersione scolastica, una piaga sociale in Campania. Secondo i dati del Censis, nel biennio
2011-2013, il 29,9% degli studenti degli istituti superiori non riesce a conseguire il diploma. A Napoli sono il
35% e ancor di più negli istituti tecnici, d’arte e professionali. La dispersione si concentra nel primo anno, con
una percentuale del 16,1% a Napoli. Il dato complessivo è che il 23% dei giovani tra 18 e 24 anni sono del
tutto emarginati: non lavorano, non studiano, né sono
in corsi di formazione professionale.
PAGINA 8
SPETTACOLO
All’interno della Galleria Borbonica, è stato presentato “Piano Solo Tour”
Il ritorno di Allevi in città
Note dolci dal sottosuolo
“Faccio concerti perché non so stare lontano dal pubblico e dal pianoforte”
Napoli, 11 marzo 2014. Nel sottosuolo buio della Galleria Borbonica, tra i rottami di arricchire con la musica e quindi me lo sono potuto permettere”.
moto e macchine usate durante la guerra, logorate dall’umidità e dalla polvere, la musi- Sguardo basso, i capelli ricci diventati famosi, goffo nei movimenti, con l’immancabile
ca dona vita a un luogo di morte. Nell’ex rifugio antibellico, Giovanni Allevi ha presenta- felpa e le Converse ai piedi, Allevi si è seduto al pianoforte e ha fatto volare le dita sui
tasti, regalando al pubblico tre brani: il famoso “Aria”, “Go with the flow” e il nuovo
to alla stampa il concerto che a sera è andato in scena al Teatro Augusteo.
Il Piano Solo Tour ha fatto tappa a Napoli dopo il debutto a Milano, raccogliendo con- “L’idea”. Un aneddoto simpatico è legato alla composizione inedita: “Ero in metro a
sensi di pubblico e critica. Sold out anche lo spettacolo napoletano. “Suonerò brani Milano, a una signora si è rotta la busta di plastica della spesa e le è caduta della frutta.
del mio repertorio, ripescati dai primi due album che non ho mai eseguito dal vivo, i fan I pomi cadendo hanno fatto un suono con un buon ritmo. Ho annotato quel ritmo e ho
sono molto contenti perché finalmente potranno ascoltare pezzi che hanno solo su cd”, scritto accanto «È una buona idea» per questo il brano si chiama Idea”. Le note risuonaha raccontato il musicista. Allevi, quindi, non propone dal vivo un nuovo album, “ma no tra le mura strette e alte della Galleria Borbonica: “Ha un suono dolce questo piano
tengo questi concerti perché non posso stare lontano dal pubblico e dal pianoforte”, – ha detto – nonostante l’eco e l’umidità di questo posto. È un miracolo!”.
Allevi ricorda il suo passato fatto di critiche negative: “È facile esaltare il passato, che
ha detto.
Napoli è la città dove ha debuttato: “Avevo 21 anni, tante speranze e poca fama. Avevo è qualcosa di certo, a differenza del presente che è in divenire”. Come Giuseppe Verdi
un pubblico di cinque persone, ma è stato bellissimo. Porterò sempre nel cuore quel non è stato ammesso al conservatorio di Milano, così Allevi si è dovuto scontrare con
i pregiudizi della musica colta: “Non è stato facile protegmomento”. Una dichiarazione di amore quella di Allevi alla
Biglietti a prezzi ridotti agli under14 gere la mia anima e il mio sogno dai detrattori, ma ci sono
città: “È un posto bellissimo, ricco perché pieno di conriuscito”. Ha voluto lasciare un messaggio positivo ai giotraddizioni, sono felicissimo di essere qui, la gente mi ha
per avvicinare i giovani alla musica
vani: “Studiate e siate coraggiosi. Fate come me, portate
regalato il suo cuore e io sono orgoglioso di aver avuto
avanti il vostro sogno. Siate degli artisti anche quando tutti
questo regalo”.
Ha raccontato la prima volta che ha suonato all’Augusteo: “Napoli mi aveva detto sì e vi diranno di cambiare strada”.
io sono voluto ritornare in questa città che è vera, incredibile, immensa per l’energia e In conclusione ha dato una buona notizia a tutti i fan: “Ho scritto una nuova composizione che suonerò a breve. Finalmente è uscita dalla mia testa per prendere forma
per i valori che rappresenta”.
Come a Milano, anche all’Augusteo è stato possibile acquistare dei biglietti a prezzi sulla carta. È una toccata e fuga per organo a canne, una forma iperclassica che ha
ridotti per under 14: “Un modo per avvicinare i giovani alla musica classica, per per- dei precedenti illustrissimi e anche questa volta non sono mancate le critiche. Mi sono
mettere agli studenti di assistere al concerto”, racconta. Un’iniziativa da lui fortemente rifatto a un passato che torna nell’epoca contemporanea. Per scrivere una fuga bisogna
voluta: “Mi scrivevano molte mamme e papà, oltre che giovanissimi, e mi dicevano di padroneggiare l’arte del contrappunto, quindi sovrapporre più melodie armonizzate tra
non poter partecipare allo spettacolo perché, in un momento di crisi come quello che loro. Non è stato facile e ci è voluto tanto studio. Quando ti confronti con qualcosa di
stiamo attraversando, il prezzo del biglietto era troppo alto. Allora ho deciso di ab- così complesso e con dei grandi come Bach è facile scontrarsi con i detrattori”. Una
bassare il costo perché per un ragazzo che vuole avvicinarsi alla musica andare in un sfida: “L’arte è un superamento di se stessi oltre che dell’arte stessa”.
E.d.L.
teatro ad assistere a un concerto è un’esperienza imperdibile, formativa. Non mi voglio
“Criminali onesti” al teatro Bellini, su il sipario
Dalle pagine di un libro al palcoscenico
l’«Educazione Siberiana» di Nicolai Lilin
di Roberta Campassi
Napoli, 5 marzo 2014. “È
arrivato il momento che
anche Fiume Basso abbia il suo primo Mc Donald’s!”.
Yuri, ossessionato dal sogno americano e dal mondo del consumismo, vuole
che Fiume Basso diventi come Las Vegas. Un luogo dove
far soldi facili e dove tutti siano presi dal dio Denaro, allontanandosi dalle regole inflessibili degli Urka.
Yuri è uno dei protagonisti dello spettacolo messo in
scena, dal 4 al 9 marzo, al teatro Bellini di Napoli. Tratto
dal best seller di Nicolai Lilin “Educazione siberiana” è
il primo di una trilogia. Il libro racconta le vicende degli
Urka siberiani, uomini che si definiscono “criminali onesti”, animati da un codice etico fatto di religione e regole
ferree.
L’adattamento teatrale si muove intorno alla storia di due
fratelli molto diversi tra loro – spiegano Nicolai Lilin e Giuseppe Miale di Mauro, regista dello spettacolo –. Boris,
legato agli insegnamenti della tradizione siberiana, e Yuri,
il ribelle rapito dal sogno americano. Gli attori si muovo-
no sul palcoscenico con estrema facilità e non perdono
mai la concentrazione. Permettono al pubblico di entrare
nella storia quasi come se diventasse non solo spettatore
ma anche protagonista del racconto. La piéce comincia
con la madre dei due ragazzi, interpretata da Elsa Bossi,
che indirizza il pubblico verso quegli anni a cavallo della caduta del muro di Berlino e della successiva caduta
del regime comunista sovietico, che viene interrotta bruscamente dall’entrata in scena dei due fratelli Yuri, Francesco Di Leva, e Boris, Adriano Pantaleo. Nonno Kuzja,
interpretato da Luigi Diberti, dirige i protagonisti nelle
loro azioni, cercando di non fargli smarrire la strada educandoli alle regole ferree della comunità. La scenografia
- quasi low cost - si articola tra la casa di nonno Kuzja e
la strada realizzata dietro un pannello mobile posto leggermente più in alto per far sì che gli oggetti o gli attori
non vengano coperti dalla scenografia antistante. Pubblico dubbioso e perplesso sul finale. La conclusione della
storia non è chiara ma è sicuramente d’effetto. Il palco
sembra quasi travolgere lo spettatore. Avanza verso il
pubblico con un gioco di luci costringendolo a rintanarsi
sulla sedia.
Lilin, nato in Transnistria, regione dell’ex Unione Sovietica oggi Moldova, ambienta il libro proprio in questo luogo, dove la criminalità è l’unica certezza per un bambi-
no come lui, cresciuto nel culto delle armi che vengono
esposte in casa ai piedi delle icone religiose, come se
anch’esse fossero sacre. Indispensabili sono anche i tatuaggi, che ricoprono i corpi dei criminali, così come la
figura del tatuatore che ha il compito di scrivere la storia
di un uomo.
Il grande successo è stato determinato l’anno scorso
dall’uscita del film per la regia di Gabriele Salvatores.
Così come nello spettacolo teatrale la figura di nonno
Kuzja, interpretato nel film da John Malkovich, è una guida per i due ragazzi.
Il nonno fin dalle prime scene, fa appello a una preghiera alla Beata Vergine Maria affinché ascolti le sue parole
e perdoni “noi criminali onesti” per i peccati che sono
costretti a commettere per combattere i politici burocrati assetati di potere e i loro tirapiedi, gli sbirri che loro
chiamano “i diavoli in divisa”. Nel film i due protagonisti,
Kolimà, il giusto, e Gagarin, il ribelle, sono amici. Gagarin,
così come Yuri, è interessato al dio Denaro e per chiudere
definitivamente con la sua comunità compie un atto di
violenza nei confronti di un “Voluto da Dio”, ovvero persone con ritardi psicofisici. Secondo gli Urka, Dio attraverso i loro occhi e le loro orecchie osserva e protegge la
comunità e sono quindi meritevoli di assistenza e protezione. Kolimà si mette sulle tracce dell’autore di questa
efferatezza, scoprendo suo malgrado la cruda verità. Gagarin confessa. L’unico modo per chiudere la questione
è ucciderlo. Kolimà però, sotto choc per l’atto compiuto,
non farà ritorno a Fiume Basso.
PAGINA 9
SPORT
Al termine di una partita sofferta, gli azzurri vincono 1-0
Callejon stende la Roma
Il secondo posto è a tiro
Lo spagnolo segna nel finale, Napoli a -3 dai giallorossi
Pagina a cura di Valentina Trifiletti
Napoli, 9 marzo 2014. Il cinguettio del presidente Aurelio
De Laurentis, dopo il successo contro la Roma, recita:
«Ne ero sicuro. Una vittoria della maturità. Bravi tutti! Ora
sempre più in alto!!».
Gli fa eco un Benitez sorridente: «Siamo contenti, abbiamo battuto una squadra molto forte. Noi pensiamo che il
secondo posto sia alla nostra portata e continueremo a
giocare per poterlo conquistare. Io sono soddisfatto della
mentalità mostrata dalla squadra: ha giocato con intensità e convinzione, cercando sempre la porta avversaria,
pensando solo a fare gol perché volevamo vincere questa partita ad ogni costo e alla fine quel gol che abbiamo
Inchiostro
Anno XIV numero 5
2 aprile 2014
www.unisob.na.it/inchiostro
Periodico a cura della Scuola
di giornalismo
diretta da Paolo Mieli
nell’Università degli Studi
Suor Orsola Benincasa
Direttore editoriale
Lucio d’Alessandro
Direttore responsabile
Pierluigi Camilli
Coordinamento scientifico
Arturo Lando
INCHIOSTRO N. 5
inseguito lo abbiamo fatto».
Sono circa le 22.40 e allo stadio San Paolo l’adrenalina degli oltre 40mila cuori azzurri è a mille. I tifosi tornano alle
loro abitazioni felici e soddisfatti dopo il
match contro la Roma che destava non
poche preoccupazioni al pubblico partenopeo.
A 9 minuti dalla fine, con un formidabile
colpo di testa, Callejon segna il gol della
vittoria ai danni di una Roma ormai stanca che fin lì aveva messo paura al Napoli,
non meritando la sconfitta.
«Il cross di Ghoulam è stato perfetto – afferma lo spagnolo – disegnato in maniera
millimetrica. Non potevo anticipare l’avversario e ho aspettato che la palla scendesse. Ho capito che Romagnoli non ce
l’avrebbe fatta e ho preso la mira sul primo palo. De Sanctis non poteva prenderlo, l’ho colto di sorpresa».
da entrambe le
Una vittoria molto sofferta, che ha stentato ad arrivare. squadre, ma la
Gli uomini di Garcia sono stati padroni del campo per bravura dei due
buona parte del match con un 59,9 per cento di posses- portieri Pepe Reiso palla nel primo tempo e 65,5 nel secondo. I passaggi na e Morgan De Sanctis tiene inchiodato il punteggio suleffettuati sono stati 612 contro i 355 del Napoli. La Roma lo zero a zero. Quando il match sembra ormai destinato
ha giocato con vigore e decisione mettendo in serie dif- a concludersi in parità all’82’ arriva la rete di Josè Maria
ficoltà gli azzurri senza mai riuscire a concretizzare. È Callejon. Tra Roma e Napoli c’è una strana corrispondenmancato lo slancio decisivo, il guizzo giusto.
za: in campionato e coppa Italia le sfide si sono concluse
All’11’ della prima frazione la svolta negativa per i capicon due successi a testa. Gli uomini di Benitez hanno
tolini che vedono l’olandese Strootman uscire per una
portato a casa la finale di coppa Italia da disputarsi contro
distorsione al ginocchio
la Fiorentina e i giallorossi,
sinistro (si teme un lungo
nella corsa alla Champions,
stop). Il centrocampista ex
Tra Coppa Italia e Campionato
hanno 3 punti di vantaggio
Psv esce dal campo tra i
le squadre hanno 2 vittorie a testa
sul Napoli e una partita da
fischi dei tifosi che ancora
recuperare.
ricordano il gestaccio che
È proprio l’accesso diretto
riservò alla curva B durante il match di ritorno in coppa
all’Europa
che
conta
che
fa
gola alle due rivali. È un’ocItalia. Al suo posto uno spaesato Taddei. Per Strootman il
casione
ghiotta
per
gli
azzurri
di Benitez che hanno comSan Paolo non è di buon auspicio: lo scorso 12 febbraio
battuto
fino
all’ultimo
minuto
per
recuperare punti imporl’olandese venne espulso dalla gara per aver applaudito
tanti.
polemicamente in faccia all’arbitro Rocchi, che ha diretto
Per riuscire ad agguantare il secondo posto, il Napoli non
anche la gara di ieri sera.
dovrà più commettere passi falsi, sperando che la presLa prima frazione di gioco si conclude a reti bianche.
Il secondo tempo vede il Napoli più convinto: sono infatti sione sulla squadra capitolina porti i giallorossi a perdere
i partenopei a cercare con maggiore insistenza il gol. La punti importanti da qui alla fine del campionato.
partita si fa così più interessante, con occasioni create I tifosi ci credono, tocca al Napoli realizzare l’impresa.
Coordinamento redazionale
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Alessandra Origo
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Questo numero è il frutto
di un laboratorio diretto
da Giustino Fabrizio
capo della redazione
di Repubblica Napoli
In redazione
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Caporedattore
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Grafica
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PAGINA 10
SPORT
Nonostante i divieti passano fumogeni, lattine e bottiglie
Mille agenti in azione
Sicurezza ok, o quasi
Funziona il piano d’ordine pubblico, nessuno scontro
di Alfonso Fasano
di appoggio dell’ANM fino all’impianto di Fuorigrotta: cinque in stazionamento a San
Nicola Ovest, area di servizio autostradale nel casertano, uno in attesa in prossimità di
Napoli, 9 Marzo 2014. Nonostante gli allar- Piazza Garibaldi. Lo stesso servizio è stato garantito al termine della partita, dalle 23,30
mismi, bilancio della sicurezza abbastanza in poi.
speciali
positivo dopo il match Napoli-Roma. Le due Provvedimenti
anche
per
la
sicurezza
incurve non sono venute a contatto, e nemmeno si registrano scontri tra gli ultras e le forze terna al San Paolo. Il Prefetto di Napoli Francesco
dell’ordine.
Le inquietudini della vigilia, dovute alla rivali- Musolino ha predisposto
tà tra due tifoserie fino a pochi anni fa unite il divieto di vendere bein un suggestivo gemellaggio, hanno portato vande in contenitori di
solo a qualche attimo caldo. Piccoli momenti vetro, alluminio e plastidi tensione al momento dell’ingresso al San ca fin dalle tre ore prePaolo dei tifosi romanisti, dieci minuti dopo cedenti al fischio d’inizio
delle 20.45 e
per le due ore
Controlli accurati nelle stazioni
seguenti la fine
di Roma Termini e Tiburtina
del match. Il
provvedimento
ha interessato
l’inizio della gara, con lanci di bombe carta non solo i punti ristoro
tra il settore ospiti e la Curva A. Ferito uno dello stadio, ma anche
steward, ricoverato in ospedale in condizioni tutti gli esercizi nello spazio prossimo all’impianche non destano preoccupazioni.
Riscontro buono a metà, dunque, per il maxipiano di sicurezza predisposto dalla que- to. Non tutti hanno però
stura di Napoli che ha coinvolto mille agenti tra Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza recepito in pieno l’ordine
e Polizia Municipale. Per i seicento tifosi giunti dalla capitale, è entrato in funzione un della prefettura. Un nopiano di mobilità straordinario dopo le difficoltà dell’ultima partita giocata al San Paolo stro inviato allo stadio ha
tra azzurri e giallorossi, la semifinale di ritorno di Coppa Italia dello scorso 12 febbraio. segnalato che molti venIn quell’occasione, i sostenitori romanisti furono costretti a rimanere all’interno dello ditori non provvedevano
stadio fino alle quattro del mattino per mancanza di collegamenti ferroviari tra le due al travaso delle bibite
città. Il Viminale aveva invitato i supporter capitolini a venire a Napoli con “mezzi alter- nei bicchieri di plastica.
nativi” al treno. Nessun convoglio organizzato da Roma, con un’informativa tra la Digos Molte bottigliette e lattie le due questure che ha provveduto a controlli accurati già nelle stazioni di Termini e ne sono difatti entrate in
Roma Tiburtina. Per i romanisti in arrivo a Napoli in auto, sono stati predisposti autobus curva.
Dall’omaggio a Sorrentino agli immancabili cori di scherno
La curva B tra tifo e sfottò
Come il San Paolo ha vissuto il match con i capitolini
di Nicola Lo Conte
Napoli, 9 marzo 2014. Come in campo così in curva: si
lotta, si stringono i denti e alla fine si esulta. Lo zoccolo
duro del tifo partenopeo come sempre non fa mancare il
proprio contributo e spinge il Napoli a un’altra vittoria. Napoli-Roma è una partita da non fallire, la risposta del pubblico sugli spalti è da grandi occasioni. Prima dell’inizio, la
curva B tributa un omaggio al regista
Paolo Sorrentino. Più che all’Oscar
vinto, alla dedica da lui fatta in mondovisione dal palco di Los Angeles a
Maradona, menzionato come fonte di
ispirazione per il suo lavoro: “Onore
a chi in un momento di massima celebrità non dimentica appartenenza
e identità. Grazie a te P. Sorrentino”.
Dagli applausi ai fischi: le cheerleaders
in sfilata ricevono un sonoro invito ad
andare a lavorare. Niente da fare, la
trovata americaneggiante di De Laurentiis agli ultras proprio non piace.
Non riscontra il loro apprezzamento
neppure il remix del “surdato ‘nnammurato”, come sempre fischiatissimo.
L’incoraggiamento alla squadra durante il match è continuo. Come ogni tifoseria organizzata, anche quella del
Napoli indulge però in alcuni momenti nella celebrazione
di sé più che dei propri beniamini. A partita già iniziata,
fanno il loro ingresso allo stadio i tifosi giallorossi, che
rinnovano la triste tradizione dei cori razzisti. E giù inevitabilmente, in risposta, fischi, petardi e fumogeni. A completare il quadro, si avverte nell’aria l’inequivocabile odore
di sostanze psicotrope. Un ambiente per nulla adatto a
timpani e polmoni delicati.
Il salvataggio di Reina su Gervinho è
salutato quasi fosse un gol. Di stessa
intensità, ma di segno contrario, il boato di disappunto sulle due occasioni
sciupate in pochi secondi da Callejon e
Higuain. E poi, a dieci minuti dalla fine,
tutti giù per terra. No, non è il girotondo, è l’apoteosi collettiva scatenata dal
gol del vantaggio. Sarà quello definitivo, per la gioia dei quarantamila. Insieme alle note del “surdato ‘nnamurato”,
quello vero, partono i cori di dileggio
verso i romanisti beffati dopo una gara
tutta all’attacco: dal sempreverde “ma
che siete venuti a fa’?” al crudele invito
ad assistere da ospiti alla finale di coppa Italia in casa propria, tanto per riaprire la ferita della semifinale di un mese
fa. Una battaglia è stata vinta, la guerra per la conquista
del secondo posto in campionato è ancora aperta.
Inchiostro
Online
PAGINA 11
CUCINA
Dal kebab alle polpette. Piatti suggeriti dai calciatori e un menu per gli atleti
La lingua globale della cucina
Ricette da tutto il mondo e per tutti i gusti nel libro dello chef Salatiello
Pagina a cura di Germana Squillace
Napoli, 11 marzo 2014. Agli italiani piace il cibo. Lo
dimostrano le ultime classifiche dei libri più venduti, in
cui volumi che danno consigli su come cucinare scavalcano quelli dei mostri sacri della letteratura come
Ken Follett, Umberto Eco e Andrea Camilleri.
I libri di cucina che destano più interesse sono quelli
scritti da chef, che mettono da parte ricette moderne
e sofisticate proponendone di più tradizionali.
È il caso di Ciro Salatiello, executive chef in due strutture alberghiere e nella Società Sportiva Calcio Napoli. Il cuoco di Calvizzano si è raccontato ieri alla Feltrinelli di piazza dei Martiri nella Sala Eventi gremita
di persone. Il suo libro “In cucina con Ciro Salatiello.
Dalla prima colazione al dessert”, raccoglie tutte le
ricette migliori del cuoco.
“Ho voluto descrivere piatti
che soddisfacessero ogni
palato a ogni ora del giorno – sottolinea lo chef - Ho
descritto più tipi di colazioni che contenevano sia
cibi dolci che salati. Inoltre,
ho fatto un’indagine tra i
calciatori per capire quali
fossero le ricette che gradivano di più”.
L’evento è stato presentato
dalla giornalista enogastronomica Laura Gambacorta, che ha curato la prefazione del volume. Fra gli ospiti vi era anche Raffaele
Canonico, membro dello staff medico del Napoli.
Il volume contiene numerose ricette e un Menu dell’Atleta: la particolarità di questo ricettario è il coinvolgimento di mogli e madri dei giocatori della squadra
partenopea che offrono una panoramica delle cucine
del mondo. “La difficoltà più grande nel raccogliere
tutte queste ricette – afferma Salatiello - è stata di
tradurle. Alcune mi arrivavano via Skype, altre tramite
Ciro Salatiello durante la presentazione ha sfatato l’idea secondo cui il menu di un calciatore sia composto solo da pollo ai ferri o verdure lesse. Non solo le
pietanze devono essere belle esteticamente per suscitare in chi le guarda il desiderio di mangiarle, ma
nel buffet non mancano pasta, bresaola, grana o formaggio.
Lo chef ha scelto di iniziare e finire il proprio libro con
un prodotto tipicamente napoletano: il caffè. Lo scopo
è evidenziare la differenza tra quello del bar e quello
della moka. “Al caffè ho abbinato tre numeri: venticinque, sessantacinque e sette. Indicano rispettivamente i secondi che il caffè deve impiegare per scendere,
“ Il mio sogno nel cassetto
è aprire un ristorante tutto mio”
la temperatura che deve raggiungere e i grammi di
caffè che devono essere introdotti nella moka”.
Nel corso della presentazione il pubblico ha potuto
assaggiare uno dei cavalli di battaglia di Salatiello, il
“Che purp”, straccetti di polpo accorpati come un kebab: “Questa ricetta l’ho creata per mia figlia, perché
quando siamo andati a Londra si è appassionata di
kebab”.
Alla fine dell’evento lo chef di Calvizzano si è lasciato andare a una confessione. Alla domanda “Qual è
il suo sogno nel cassetto?” ha risposto: “A volte mi
balena nella mente l’idea di aprire un ristorante tutto
mio”.
Genere vario: i più venduti a gennaio
(fonte: Associazione Italiana Editori)
1) John P. Sloan
English da zero - Mondadori
2) Martin Sixsmith
Philomena - Piemme
3 ) Andre Agassi
Open. La mia storia - Einaudi
4) Benedetta Parodi
È pronto! Salva la cena - Rizzoli
5) A. Clerici; A. Romani; S. Barzetti
Tutti a tavola! - Mondadori
6) Paolo Fox
L’oroscopo 2014 - Cairo Publishing
7) Carlo Cracco
A qualcuno piace Cracco - Rizzoli
8) Fabrizio Corona
Mea culpa - Mondadori
9) Gigi Proietti
Tutto sommato - Rizzoli
10) Ferzan Ozpetek
Rosso Istanbul - Mondadori
La ricetta più apprezzata è stata
quella della moglie di De Sanctis
email, sia in spagnolo che in marocchino. Ma alla fine
abbiamo superato le difficoltà poiché la cucina parla
un unico linguaggio”.
Non mancano le tortillas consigliate dalla moglie di
Benitez e la “parillada”, un piatto uruguaiano proposto da Britos. Non sono stati esclusi i piatti suggeriti
da ex giocatori, come la pasta e patate della madre di
Cannavaro e la ricetta di un piatto marocchino fornita
da El Kaddouri. Anche se “le pallotte suggeritemi dalla
mamma dell’ex portiere De Sanctis – dice lo chef sono state le mie preferite. Polpettine fritte con parmigiano e uova. Cosa c’è di meglio?”
INCHIOSTRO N. 5
LE RICETTE CONSIGLIATE
• Pallotte cacio e ova di Sara Di Sciascio De Sanctis
• Tonno scottato in crosta di mandorle e pistacchi
• Tortino di branzino con gamberi in pasta Kataifi
• Piramide di cioccolato bianco e zenzero
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