I martedì del festival

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14
Cinema
Fiume
Verona 17 gennaio 2014
I martedì del festival
Cinema
Kappadue
Verona 21 gennaio - 27 maggio 2014
Ministero per i Beni
e le Attività Culturali
Direzione Generale
per il Cinema
illustrazione di Marco Paci per I martedì del festival
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I martedì del festival
Cinema Fiume
Verona 17 gennaio 2014
Cinema Kappadue
Verona 21 gennaio - 27 maggio 2014
IS ALL LOST?
Pensate all’enorme differenza che c’è tra una riproduzione su libro (o peggio ancora, su un piatto schermo digitale) di un Van Gogh, di un Picasso, di
un Tiziano o di un Velázquez e la meraviglia ispirata dagli originali. È la stessa differenza che passa tra un film concepito per il grande schermo e la sua
imitazione tascabile o ridotta per il monitor di un portatile. Come per magia,
film che pensavate di conoscere vi regaleranno un’emozione nuova.
Diciamo le cose come stanno: guardare su dvd un film pensato per il grande
schermo è come bere un vino analcolico. Si riceve l’idea ma non l’effetto.
In un’epoca in cui siamo bombardati senza sosta dalle immagini di Instagram, YouTube, Vimeo e Facebook, è arrivato il momento di chiederci cosa
significa godere delle immagini in movimento accompagnate dal suono e
montate in forma narrativa. C’è ancora posto per quell’esperienza collettiva
di narrazione audiovisiva conosciuta come cinema?
Andate a vedere i film della rassegna Il Cinema Ritrovato e troverete la vostra risposta. Per quanto mi riguarda – da uomo dipendente, distratto e ammaliato dalla frenetica evoluzione di Internet quanto lo siete voi – ho riscoperto la magia di lasciarmi incantare da un singolo enorme schermo con un
unico flusso di immagini. Per farlo ho dovuto ricorrere a un livello di concentrazione di cui non mi credevo più capace. I classici restaurati sono un
antidoto alla bulimia di immagini e informazioni con cui Internet ci invade il
subconscio. Vedere il film di Hitchcock Il delitto perfetto e le altre gemme
proposte dalla Cineteca di Bologna è un’esperienza lontana dal mondo dell’informazione. Aumenta la nostra conoscenza. Degli altri e di noi stessi. È
un tuffo liberatorio nel passato. Per migliorare il futuro collettivo.
Jonathan Nossiter, regista
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Venerdì 17 gennaio
ore 21.00
A TRIBUTE
TO ALFRED HITCHCOCK
(Francia, 2013, 1’ e 20’’)
di Jean-Baptiste Lefournier
Venerdì 17 gennaio
ore 21.15
IL DELITTO PERFETTO
(Dial M for Murder, Usa,
1954, 105’)
di Alfred Hitchcock
Cinema Fiume
Verona 17 gennaio 2014
vicolo Cere, 14 - telefono 045 800 2050
I martedì del festival
Cinema Kappadue
Verona 21 gennaio - 27 maggio 2014
via Antonio Rosmini 1/b - telefono 045 800 5895
Martedì 21 gennaio
ore 21.00
NEBRASKA
(Usa, 2014, 115’)
di Alexander Payne
Martedì 18 febbraio
ore 21.00
FAST FILM
(Austria/Lussemburgo,
2013, 14’)
di Virgil Widrich
Martedì 28 gennaio
ore 21.00
NINOTCHKA
(Usa, 1939, 110’)
di Ernst Lubitsch
Martedì 18 febbraio
ore 21.15
PASSION
(Germania/Francia/Gran
Bretagna, 2012, 94’)
di Brian De Palma
Martedì 4 febbraio
ore 21.00
Anteprima a inviti
ALL IS LOST
(Usa, 2013, 106’)
di J.C. Chandor
Martedì 25 febbraio
ore 21.00
THE GRANDMASTER
(Yi Dai Zong Shi, Cina,
2013, 123’)
di Wong Kar-Wai
Martedì 11 febbraio
ore 21.00
BEFORE MIDNIGHT
(Usa, 2013, 109’)
di Richard Linklater
Martedì 4 marzo
ore 20.30
IL GATTOPARDO
(Italia, 1963, 205’)
di Luchino Visconti
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Martedì 11 marzo
ore 21.00
THE BIRDS OF ANGER
(Usa, 2011, 6’)
di Gregg Bishop
Martedì 8 aprile
ore 21.15
SCIARADA
(Charade, Usa,
1963, 113’)
di Stanley Donen
Martedì 11 marzo
ore 21.15
COMPLESSO DI COLPA
(Obsession, Usa,
1975, 98’)
di Brian De Palma
Martedì 15 aprile
ore 21.00
RISATE DI GIOIA
(Italia, 1960, 106’)
di Mario Monicelli
Martedì 18 marzo
ore 21.00
ANNI FELICI
(Italia, 2013, 125’)
di Daniele Luchetti
Mercoledì 30 aprile
ore 21.00
AMANTI PERDUTI
(Les enfants du Paradis,
Francia, 1945, 95’)
di Marcel Carnè
Martedì 25 marzo
ore 21.00
TO THE WONDER
(Usa, 2012, 112’)
di Terrence Malick
Martedì 6 maggio
ore 21.00
THE CANYONS
(Usa, 2013, 99’)
di Paul Schrader
Martedì 1 aprile
ore 21.00
HITCHCOCK ANIMATED
MEDLEY
(Usa, 2012, 1’ e 30’’)
di Tim Luecke
Martedì 13 maggio
ore 21.00
HIROSHIMA
MON AMOUR
(Francia, 1959, 91’)
di Alain Resnais
Martedì 1 aprile
ore 21.15
INTRIGO
INTERNAZIONALE
(Usa, 1959, 136’)
di Alfred Hitchcock
Martedì 20 maggio
ore 21.00
BYZANTIUM
(Gran Breatgna, 2012,
118’)
di Neil Jordan
Martedì 8 aprile
ore 21.00
WHERE CINEMA LIVES ON
(Lussemburgo, 2012, 2’)
di Jeff Desom
Martedì 27 maggio
ore 21.00
CHINATOWN
(Usa, 1974, 131’)
di Roman Polanski
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Looking for Hitchcock
Venerdì
17 gennaio
ore 21.00
A TRIBUTE TO ALFRED HITCHCOCK
(Francia, 2013, 1’ e 20’’)
Regia: Jean-Baptiste Lefournier, musica e sound design: Cyril Balta
«Tutti i film che hanno reso famoso il genio del
cinema inglese riassunti grazie ai suoi “feticci”.
L’autore del video, Jean-Baptiste Lefournier,
filmmaker, title designer e art director francese,
prova a raccogliere la carriera di Hitchcock e
sintetizzarla in un minuto prendendo spunto
dalle inquadrature simbolo, dai temi musicali e
dalle atmosfere del maestro della suspense.»
La Stampa
«Nel cortometraggio A Tribute To Alfred Hitchcock, il title designer francese Jean-Baptiste Lefournier crea una serie di titoli ispirandosi ad
una selezione di film di Hitchcock e accompagnandoli con musiche del compositore parigino
Cyril Balta. Lefournier è un art director e regista
digitale che vive a Parigi e utilizza, per i suoi lavori, lo pseudonimo di Ghostlayer . “È in parte
un tributo a Ghost in the Shell, il film d’animazione, e in parte si riferisce anche al livello alfa
in compositing digitale, che a volte è invisibile,
ma può essere rivelata ed è quindi uno strato
fantasma”. Lefournier ha una formazione in graphic design presso l’ESAG - Penninghen di Parigi.
Ha progettato svariati lavori interattivi: dai videogiochi ai film aziendali, alle immagini in movimento per marchi di moda (per Issey Miyake,
Cartier e Lancaster). La sua passione per le sequenze dei titoli di testa dei film è iniziata quando gli fu mostrata la title sequence di Seven alla scuola d’arte: “E da quel giorno, ho considerato il title design come forma d’arte”.» Kaitlin
Hanger, the wordpress.com
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Looking for Hitchcock
Venerdì
17 gennaio
ore 21.15
IL DELITTO PERFETTO
(Dial M for Murder, Usa, 1954, 105’)
Proiezione in 3D
Regia: Alfred Hitchcock, sceneggiatura: Frederick Knott dalla sua pièce,
fotografia: Robert Burks, musica: Dimitri Tiomkin, interpreti: Grace Kelly,
Ray Milland, Robert Cummings
«“Un delitto senza forbici è come un asparago
senza salsa olandese. Insapore”. Parola di Hitchcock che a essere onesti avrebbe anche dovuto
aggiungere, oltre alle forbici, la presenza di una
bella bionda. E in Dial M for Murder (in italiano, Il
delitto perfetto) questi due corollari al piacere del
delitto ci sono entrambi, alla loro massima potenza. La bionda è Grace Kelly, forse la quintessenza
del mito hitchcockiano, avuta in prestito dalla
Mgm che l’aveva sotto contratto per 14 mila dollari; la forbice invece è l’arma del delitto, non
quello “perfetto” del titolo ma l’altro, quello che
rischia di mandare all’aria i piani del viscido marito interpretato da Ray Milland e che oggi possiamo finalmente vedere in tutta la potenza del 3D.
Perché Dial M for Murder fu girato nel 1953 sotto
la spinta dell’inaspettato successo tridimensionale di La maschera di cera […] Restaurato una
prima volta nel 1980, il film esce finalmente oggi
e inaugura un’iniziativa della Cineteca di Bologna
che proporrà ogni mese un film “del patrimonio”
in edizione restaurata e, se straniero, in originale
sottotitolato. [ …] Per tenere a battesimo l’iniziativa è stato scelto un film che conferma, se mai ce
ne fosse bisogno, la grandezza del regista anglohollywoodiano. A cominciare dal 3D che per una
volta non fa perdere luminosità allo schermo e
che è utilizzato in funzione realmente drammatica, capace di “esplodere” in tutta la sua forza nella scena del delitto (e delle forbici). Poi c’è la perfetta costruzione drammatica: passando dal teatro al cinema, il testo conquista ritmo e tensione
ma soprattutto cresce emotivamente con continui
colpi di scena che tengono lo spettatore incollato
alla poltrona. E l’immagine finale, dell’ispettore
Hubbard che si pettina compiaciuto i baffi, è il
trionfo dell’ironia e del piacere secondo Hitchcock. E poi c’è Grace Kelly, destinata a interpretare subito dopo La finestra sul cortile e Caccia al ladro, bellissima eppure sottilmente inquietante,
smarrita ma carica di passione. [ …] Non sono ragioni sufficienti per tornare ad ammirare il film?»
Paolo Mereghetti, Corriere della Sera
Restauro digitale
Versione originale con sottotitoli in italiano
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Visioni contemporanee
Martedì
21 gennaio
ore 21.00
NEBRASKA
(Usa, 2014, 115’)
Regia: Alexander Payne, sceneggiatura: Phil Johnston, Bob Nelson,
fotografia: Phedon Papamichael, musica: Mark Orton,
interpreti: Bruce Dern, Will Forte, June Squibb
«Woody Grant ha tanti anni, qualche debito e la
certezza di aver vinto un milione di dollari alla
lotteria. Ostinato a ritirare la vincita in un ufficio
del Nebraska, Woody si avvia a piedi dalle strade del Montana. Fermato dalla polizia, viene
“recuperato” da David, figlio minore occupato
in un negozio di elettrodomestici. Sensibile al
desiderio paterno e dopo aver cercato senza
successo di dissuaderlo, decide di accompagnarlo a Lincoln. [...] Nebraska è una ballata folk
che accomoda la bellezza e l’amore, quella di
un figlio per il proprio genitore, che prima di lasciare andare torna a guardare dal basso, in
una prospettiva infantile e accoccolata ai suoi
grandi piedi e al suo piccolo sogno. Intorno a loro scorre l’America lost and found insieme a
una storia sincera che battendo vecchie strade,
la struttura da road movie che diventa pretesto
di “formazione” (Sideways), ne infila una nuova. Nebraska è una spoglia poesia di chiaroscuri, un’indicazione lirica verso le radici, verso i
padri, davanti ai dilemmi di tempi paradossali e
senza guida. Diversamente dagli antieroi
springsteeniani, il protagonista di Payne non
cerca terre promesse e non corre sulle strade di
“un effimero sogno americano”, decidendo per
la lentezza, l’impegno, il rispetto e il senso di
responsabilità.» Marzia Gandolfi, My Movies
«Alexander Payne raggiunge un equilibrio egregio: iI viaggio nella provincia americana che fa
compiere a un padre e un figlio (Bruce Dern e
Will Forte) in Nebraska è un ulteriore, affascinante tassello nel suo lavoro di scavo sulle fragilità e le rimozioni di un’America fintamente sicura di sé. Girato in un bianco e nero un po’ polveroso, con il suo mondo di vecchi fintamente
ospitali, e invece invidiosi ed egoisti, è attraversato dalla stessa malinconia e senso della sconfitta del suo precedente Paradiso amaro. Qui
con un po’ di pietà in più, visto che il protagonista è un settantenne che crede ancora a chi gli
promette una vincita di un milione di dollari.»
Paolo Mereghetti, Corriere della Sera
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Capolavori ritrovati
Martedì
28 gennaio
ore 21.00
NINOTCHKA
(Usa, 1939, 110’)
Regia: Ernst Lubitsch, sceneggiatura: Charles Brackett,
Billy Wilder, Walter Reisch, fotografia: William H. Daniels,
musica: Werner R. Heymann, interpreti: Greta Garbo, Melvyn Douglas
«Nel film sceneggiato da Billy Wilder e Charles
Brackett (delle commedie lubitschiane, la più
aderente al canone sentimentale hollywoodiano), Lubitsch allestisce il suo mondo di grandi
alberghi, porte girevoli, nobiltà squattrinata e
aristocrazia morale della servitù: siamo a Parigi, la città ha stregato i tre agenti sovietici mandati da Mosca, poi il suo dolce delirio d’amore e
champagne scioglierà anche l’inflessibile commissario Nina Yakusciova. Garbo ride, ed è una
risata di resa a una vita nuova, una risata d’addio all’edificazione socialista, formidabile per
potere pubblicitario, perfetta per messinscena
comica: ma carica di presagi (lei non riuscì a
produrne il suono, fornito al montaggio dalla
voce di un’altra), quella risata fu il principio della fine anche per la carriera della diva. Resta il
fatto che questo s’è rivelato nel tempo il suo
film più resistente e popolare, e di Greta Garbo
rimane oggi più Ninotchka di quanto rimangano
Anna Karenina, Margherita Gauthier o la regina
Cristina. E resterà per sempre, nell’olimpo delle
battute memorabili, quel suo languido, alcolico
chiedere tempo al fuoco dell’ideologia: “Com-
pagni! La rivoluzione è in marcia, le bombe cadranno, la civiltà crollerà a pezzi. Ma per favore,
non adesso...”». Il Cinema Ritrovato
«[...] Alcuni tra i più brillanti cervelli emigrati a
Hollywood tra gli anni ‘20 e gli anni ‘30 dall’Europa Centrale (quello che è stato felicemente
definito l’asse “Vienna-Berlino-Hollywood”) si
riuniscono intorno a questa commedia: da Lubitsch a Billy Wilder. Commedia che, attraverso
le sue brillantissime soluzioni parodistiche ai
danni della rozzezza bolscevica, contiene, combinate tra loro, le qualità specifiche di ciascuno
dei collaboratori: dal tipico cinismo lubitschiano, nettamente prevalente in una regia assolutamente priva di realismo, al taglio corrosivo
dei daloghi wilderiani.» Paola D’Agostini, Cinema & Film
Restauro digitale
Versione originale con sottotitoli in italiano
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Visioni contemporanee
Martedì
4 febbraio
ore 21.00
Anteprima a inviti
ALL IS LOST
(Usa, 2013, 106’)
Regia e sceneggiatura: J.C. Chandor, montaggio: Pete Beaudreau,
fotografia: Peter Zuccarini, Frankie DeMarco, musica: Alexander Ebert,
interpreti: Robert Redford
«Sentivo di poter girare un film molto convincente, drammatico, elettrizzante (o almeno lo
speravo), ma nella terza parte ho dovuto affrontare il problema di mettere in scena, proprio davanti agli occhi dello spettatore, l’esperienza
emotivamente molto intensa di una persona costretta a fare i conti con la propria mortalità [...]
Allora ho capito che il modo migliore era fare sì
che il pubblico provasse direttamente quello
che stava accadendo al protagonista; quindi ho
girato come se lo spettatore fosse davvero lì
con lui.» J.C. Chandor
«Il plot non è nuovo, lo è il modo in cui Chandor,
alla seconda regia dopo il brillante Margin Call,
scrive e realizza questo thriller (r)esistenziale.
Di naufraghi ne abbiamo visti molti, al cinema e
nella realtà. Tante variazioni sul tema dell’uomo
in balìa della natura, primitiva e feroce. Vita di
Pi di Ang Lee (e Titanic a parte), soprattutto viene in mente il bel film di Zemeckis, Cast Away
con Tom Hanks, con lo zampino di James Cameron, perché alcune riprese sono davvero mozzafiato. Se in Cast Away un sopravvissuto a un
disastro aereo doveva fare i conti con un’isola
deserta e reinventarsi un presente, qui c’è un
uomo senza nome, che si risveglia e scopre che
un container abbandonato, pieno di scarpette
da ginnastica per bambini, lo ha speronato e la
sua barca a vela sta andando alla deriva. Non
dispera fino alla fine, non piange: agisce. Tenta
qualsiasi espediente per uscirne vivo. Non ci
sono indizi o flashback, né sogni che ci dicano
qualcosa del suo passato. C’è solo lui e il desiderio di sopravvivere. La soggettiva continua, le
riprese claustrofobiche, il ritmo drammaturgico
perfetto creano un’empatia totale e una tensione emotiva che attanagliano lo spettatore per
l’intera durata del film.» Marina Sanna, Cinematografo.it
Per gentile concessione di
Universal Pictures International Italia
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Visioni contemporanee
Martedì
11 febbraio
ore 21.00
BEFORE MIDNIGHT
(Usa, 2013, 109’)
Regia: Richard Linklater, sceneggiatura: Richard Linklater, Julie Delpy,
Ethan Hawke, fotografia: Christos Voudouris, musica: Graham Reynolds,
interpreti: Ethan Hawke, Julie Delpy, Seamus Davey-Fitzpatrick
«A poco meno di vent’anni dal loro primo incontro, nel 1995 a Vienna, e a circa dieci dal secondo, nel 2004 a Parigi, vediamo di nuovo Jesse e Celine, adesso 41enni, confrontarsi verbalmente in Grecia. [...] Nato come piccolo film e
diventata un’opera ambiziosa di rara sensibilità, la trilogia costituita da Prima dell’alba, Prima del tramonto e questo terzo film, senza sfociare nel semibiografismo dell’altro grande affresco umano/attoriale (l’Antoine Doinel di
Truffaut/Léaud), appare come il più sincero e
onesto tentativo degli ultimi 20 anni di raccontare l’umanità senza filtri e con le doti del cinema più appassionato. Vicino per carattere all’età adulta cui appartengono i personaggi, Before Midnight rifiuta i fuochi d’artificio ma ha il
coraggio di osare di più (raccogliendo però un
po’ meno che in passato) nel cercare di coniugare il romanticismo ad un più generale raffreddamento sentimentale. In questo il film
mostra di non aver dimenticato se stesso nonostante la necessaria evoluzione, confermando
la sua dote più misteriosa: quel sapersi svolgere in un mondo filmico in cui i personaggi sem-
brano agire e muoversi inconsapevoli di essere
guardati da un pubblico. Non c’è neanche da
ipotizzare un qualsiasi parallelo con il proliferare di saghe cinematografiche degli ultimi anni, quello di Linklater, Delpy e Hawke è un racconto che avanza assieme al tempo, in una coincidenza tra reale e finzionale (i mutamenti fisici degli attori sono anche quelli dei personaggi, la fortuna dei film è anche quella dei libri del protagonista) che esalta i piccoli espedienti drammaturgici di ogni opera. Una serie
che racconta con il massimo del cinema il meglio dell’umanità senza nasconderne il peggio
e che potrebbe andare avanti ad oltranza. O almeno si spera.» Gabriele Niola, My Movies
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Looking for Hitchcock
Martedì
18 febbraio
ore 21.00
FAST FILM
(Austria/Lussemburgo, 2013, 14’)
Regia: Virgil Widrich, fotografia: Martin Putz,
supervisione animazione: Walter Rafelsberger, Markus Loder-Taucher,
sonoro: Frédéric Fichefet
«Un bacio, una coppia felice. Ma poi la donna
viene rapita e l’uomo cerca di salvarla. Comincia così un drammatico racconto di salvataggio
pieno di scene di inseguimento selvaggio. A livello di “superficie”, Fast Film racconta una storia semplice, il problema è che tutte le sue scene sono state prese da 300 diversi lavori prodotti nel corso della storia del cinema, e gli eroi
cambiano identità un numero uguale di volte.
Ma, come per Copy Shop (2001) sempre di Virgil
Widrich, la straordinaria tecnologia utilizzata
durante la produzione è la prima cosa che spicca anche su Fast Film. Non meno di 65.000
stampe cartacee delle singole immagini sono
state impiegate: dopo essere state piegate in
migliaia di oggetti quali aerei e vagoni e disposte in quadri complessi, sono state fotografate
con una fotocamera digitale semplice ed inseriti in una immagine al computer. Almeno tre immagini diverse, sullo sfondo, in primo piano e in
una zona intermedia, sono state utilizzate per
costruire ogni fotogramma. In certe sequenze,
l’effetto aumenta fino a 30 strati visivi. La storia
veloce e furiosa di Fast Film si svolge sulle su-
perfici degli oggetti di carta. I suoi colpi di scena sono così ben pensati che ulteriori dettagli
possono essere trovati in ogni visualizzazione.
Quello che inizialmente era destinato ad essere
un omaggio ai film d’azione apre nuovi orizzonti nel genere a causa della sua estrema densità
e questo tour de force attraverso la storia del cinema, dai suoi inizi del muto fino ad oggigiorno
con Hollywood, dura appena 14 minuti: veramente un film veloce che difficilmente potrebbe
essere più furioso.» Peter Tscherkassky
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Looking for Hitchcock
Martedì
18 febbraio
ore 21.15
PASSION
(Germania/Francia/Gran Bretagna, 2012, 94’)
Regia: Brian De Palma, sceneggiatura: Brian De Palma tratta dal film
Crime d’amour di Alain Corneau, fotografia: Josè Luis Alcaine,
musica: Pino Donaggio, interpreti: Rachel McAdams, Noomi Rapace
«Da un bellissimo film, Crime d’amour, ultima
opera diretta da Alain Corneau presentato al Festival di Roma nel 2010, uno strepitoso remake.
Non date retta a chi vi dice che il cinema di De
Palma è bollito, che è prigioniero del suo stile al
limite del compiacimento. Passion è insieme
desiderio, perversione, feticismo (le scarpe, la
sciarpa), thriller erotico e in cui si respira totalmente cinema allo stato puro. [...] Il cinema di
De Palma attraversa le superfici: specchi, vetrate, riflessi. Tra Berlino e Londra, con un’astrattezza dell’azione degna del suo Mission: Impossible ma anche un voyerismo tra Body Double e Vestito per uccidere, evidente nel finale.
Ma soprattutto riprende forma il “doppio” depalmiano, tra Le due sorelle e Doppia personalità, evidente soprattutto nei sogni concentrici,
dove dimensione reale e onirica s’intersecano e
si confondono anche grazie all’utilizzo di quel
filtro blu in cui esplode grandiosamente tutta
l’ambiguità dell’immagine del cinema di De Palma. [...] Ma poi in Passion l’opera di De Palma
(come si è già visto nello straordinario Redacted) rimette in atto teoricamente tutta la sua ri-
flessione sull’immagine e sul modo in cui può
essere manipolata (come l’incidente in garage)
attraverso cellulari, PC, telecamere, schermi video, dove sembra esserci sempre un altro punto di osservazione nascosto, esempio di un cinema che per rialimentarsi ha bisogno di altre
immagini, di altro cinema. Il proprio, quello dei
suoi punti di riferimento. Non fa più differenza.
Una ricerca quella di Passion che conferma come l’opera di De Palma, come quella di Coppola (si pensi all’ultimo Twixt) voglia proprio sporgersi in avanti verso un futuro lontano.» Simone
Emiliani, Sentieri Selvaggi
Film inedito per l’Italia
Versione originale con sottotitoli in italiano
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Visioni contemporanee
Martedì
25 febbraio
ore 21.00
THE GRANDMASTER
(Yi Dai Zong Shi, Cina/Hong Kong, 2013, 123’)
Regia: Wong Kar-Wai, sceneggiatura: Wong Kar-Wai, Zou Jingzhi,
Xu Haofeng, fotografia: Philippe Le Sourd, musica: Nathaniel Méchaly,
Shigeru Umebayashi, interpreti: Tony Leung, Ziyi Zhang, Chen Chang
«Dopo anni di lavorazione, ritardi nella postproduzione e previsioni festivaliere smentite, a
inizio 2013 Wong Kar-wai ha finalmente terminato The Grandmaster, il suo attesissimo film
sulle arti marziali dedicato al maestro di kung
fu Ip Man, scomparso a 75 anni nel 1972 e celebre anche in Occidente per aver avuto tra i suoi
allievi Bruce Lee. E per chi non avesse amato la
trasferta americana di Un bacio romantico, si
tratta di un ritorno in grande stile: The Grandmaster è un film poderoso, straziante, magistralmente in bilico tra azione e melodramma,
magniloquente nello stile ed ellittico nella narrazione. La vicenda abbraccia quattro decenni
del Novecento, dall’invasione giapponese della
Cina nel 1936 agli anni ‘60, e segue l’evoluzione
artistica di Ip Man nella città natale di Foshan,
nella Cina sudorientale, tra la sfida con il maestro Gong Yutian e l’amore impossibile per sua
figlia Gong Er. [...] The Grandmaster è la storia di
un mondo alla fine, è il racconto della sconfitta
di un gruppo di virtuosi che oppone inutilmente
al caos della realtà una pratica fondata sul controllo fisico e spirituale del corpo. Tutto è rac-
chiuso nel precetto di base di Ip Man, l’idea per
cui il kung fu è fatto di due sole parole: orizzontale e verticale, se vai giù perdi, se stai in piedi
vinci. A partire da questa essenzialità di visione, Wong raggiunge la classicità del suo cinema, che in The Grandmaster è coreografato, cupo, squarciato dalla luce, sovraccarico di primissimi piani, step frame, movimenti di macchina, corpi danzanti, particolari, e al tempo stesso è intimo, minimale, capace di racchiudere
l’intensità del mélo in una cornice sentimentale
trattenuta. Con The Grandmaster Wong ha realizzato la sua idea di cinema bigger than life, la
sua elegia per un modo di intendere l’arte, non
solo marziale, che non esiste più (e nel finale il
tema di Deborah di C’era una volta in America è
lì a dimostrarlo), mentre la Storia procede per la
sua strada a una distanza irraggiungibile.» Roberto Manassero, Film Tv
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Capolavori ritrovati
Martedì
4 marzo
ore 20.30
IL GATTOPARDO
(Italia, 1963, 205’)
Regia: Luchino Visconti, sceneggiatura: Luchino Visconti, Suso Cecchi
d’Amico, Pasquale Festa Campanile, Massimo Franciosa, Enrico Medioli
dal romanzo omonimo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa,
interpreti: Burt Lancaster, Alain Delon, Claudia Cardinale, Romolo Valli
«Visconti, che discendeva egli stesso da una
delle famiglie aristocratiche più antiche d’Europa, passò molti anni a tentare un adattamento
di Proust per il grande schermo. In un certo senso ci riuscì con questo stupefacente arazzo cinematografico in cui ogni gesto, ogni parola, la
disposizione di ogni oggetto in ciascuna stanza
richiama in vita un mondo perduto. Il Gattopardo è un’epica del tempo, e la sua lentezza, che
culmina in un maestoso crescendo nella lunga
sequenza del gran ballo, è governata dai ritmi di
vita dell’aristocrazia fondiaria siciliana, con i
suoi costumi e abitudini, la sua coltivazione dell’agio e della riflessione, i suoi viaggi stagionali. È un’epica della storia, in cui assistiamo con i
nostri occhi alle trame del cambiamento: sui
campi di battaglia, nelle vie e nei salotti dove i
notabili si riuniscono per decidere chi muoverà
i fili del potere. È anche il ritratto di un uomo, il
Principe di Salina, interpretato da Burt Lancaster. All’epoca della lavorazione del film ci fu chi
mise in dubbio questa scelta di cast, ma dopo
aver visto Il Gattopardo risulta impossibile immaginare qualcun altro nei panni del Principe.
Lancaster conferisce al personaggio forza e autorità ma anche intelligenza e grazia, e il suo
senso di finezza aristocratica è straordinario. È
un’interpretazione eccezionale, profondamente
toccante. In definitiva, Il Gattopardo è un grande inno sinfonico alla Sicilia, al suo popolo, ai
suoi profumi e al suo paesaggio, alla sua bellezza e alla sua violenza. Il film di Visconti è una
delle più grandi esperienze visive della storia
del cinema, e nel corso degli anni i restauri si
sono rivelati estremamente difficili. […] Ci è stato così restituito uno dei nostri tesori più preziosi, in tutta la sua gloria.» Martin Scorsese
Restauro digitale
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Looking for Hitchcock
Martedì
11 marzo
ore 21.00
THE BIRDS OF ANGER
(Usa, 2011, 6’)
Regia, sceneggiatura, montaggio: Gregg Bishop,
fotografia: George Feucht, musica: Kristopher Carter,
interpreti: Amanda Baker, Cameron Barsanti, Jaimie Alexander
«I Bacon ricevono la visita della loro bella vicina
di casa, Anne, che ha portato per loro un bel
cestino di uova. Improvvisamente accade qualcosa di inquietante e inaspettato: i tre vengono
assediati all’interno dell’abitazione dagli uccelli che rivogliono le uova a loro tolte… Diretto da
Gregg Bishop, il cortometraggio fonde insieme
il popolare gioco per cellulari Angry Birds con il
famoso film di suspense di Alfred Hitchcock Gli
uccelli, riuscendo a creare un divertissement in
grado di divertire e mettere d’accordo amanti
dell’horror e dei videogiochi, riuscendo nel contempo ad essere un divertito e autoironico
omaggio al Maestro del thriller.» www.strangekidsclub.com
Cresciuto in Georgia (Usa), Gregg Bishop ha iniziato sin da piccolo a girare cortometraggi con
un macchina Super 8 del padre. Dopo la laurea
alla University of Southern California Film
School, investe i profitti del suo primo corto
professionale, Voodoo, nel primo lungometraggio, The Other Side (2006). Questo action-thriller soprannaturale vince un premio al Slamdan-
ce Film Festival a Park City nello Utah e Bishop
inizia a sviluppare progetti per la televisione e il
cinema. Nel 2011 con l’attrice di The Other Side,
Jaimie Alexander (che nel frattempo viene lanciata dai due film della saga di Thor), realizza il
suo personale omaggio ad Alfred Hitchcock con
The Birds of Anger.
Versione originale con sottotitoli in italiano
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Looking for Hitchcock
Martedì
11 marzo
ore 21.15
COMPLESSO DI COLPA
(Obsession, Usa, 1975, 98’)
Regia: Brian De Palma, sceneggiatura: Paul Schrader, Jerry Wunderlich,
fotografia: Vilmos Zsigmond, musica: Bernard Herrmann,
interpreti: Cliff Robertson, Geneviève Bujold, John Lithgow
«Per me Hitchcock è come una grammatica […]
Ciò che ho fatto con Sisters e Obsession è stato
utilizzare alcune tra le premesse dei film che ha
fatto lui, ma cercando di raccontare storie differenti. Io non sono Hitchcock e non sono preoccupato dal fatto di prendere alcune delle tecniche registiche di cui egli è stato pioniere, di
usarle anch’io e sentire che non ho fatto altro se
non servirmi di un dizionario.» Brian De Palma
«Brian De Palma (Le due sorelle) continua a
proporsi come il continuatore di Hitchcock, lavorando nella stessa direzione di Claude Chabrol. Ma se il ricalco del francese punta soprattutto sull’intrigo, l’americano va più in là: e in
un film come Complesso di colpa si impegna in
un raffinato esercizio di stile, intessuto di citazioni dalle opere del maestro e sostenuto da
un’estrema valorizzazione delle componenti
formali. In tale modo De Palma riesce a comporre un thrilling quasi perfetto, a parte taluni
sviluppi poco plausibili della trama, ma soprattutto ci dà un’opera perfettamente calata in
quel cinema dell’ambiguità di cui Hitchcock è
stato il maestro. È difficile definire la sostanza
di un film a suspense al di là del suo carattere
di macchina da intrattenimento: e anche i vari
tentativi di interpretare l’opera dell’autore di
Complotto di famiglia sono stati finora approssimativi. Nel nuovo film di De Palma le congiure dei criminali si sovrappongono alle congiure
dei sentimenti nella vicenda di un uomo d’affari di New Orleans, Cliff Robertson, che perde
moglie e figlia nel corso di un rapimento per il
quale non ha pagato il riscatto, ma ha la sorpresa, molti anni dopo, di ritrovare una specie
di gemella ringiovanita della moglie scomparsa. È una riflessione sull’impossibilità di rivivere la vita e di correggere i nostri errori; ed è anche uno scandaglio gettato nella mentalità,
molto diffusa nell’occidente capitalistico, che
mette al primo posto denaro e successo.» Tullio Kezich, Il Millefilm
Restauro digitale
Versione originale con sottotitoli in italiano
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Visioni contemporanee
Martedì
18 marzo
ore 21.00
ANNI FELICI
(Italia, 2013, 125’)
Regia: Daniele Luchetti, sceneggiatura: Daniele Luchetti, Sandro Petraglia,
Stefano Rulli, fotografia: Claudio Collepiccolo, musica: Franco Piersanti,
interpreti: Kim Rossi Stuart, Micaela Ramazzotti, Martina Gedek
«Anni felici di Daniele Luchetti è Kim Rossi
Stuart+Micaela Ramazzotti, respira grazie alla
loro forza vitale, palpita ed emoziona per merito della loro energia. E naturalmente della loro
bravura. Non voglio togliere niente al regista
che li ha scelti e diretti e alla sceneggiatura
(sempre di Luchetti con Rulli, Petraglia e Caterina Venturini) ma raramente provi la sensazione,
vedendoli recitare sullo schermo, che il film è
soprattutto loro due e che la verità dei loro personaggi è per prima cosa la “loro” verità, della
loro interpretazione e della loro prova. […] Ambientato nell’estate del 1974, Anni felici racconta il momento di crisi ma anche di maturazione
cui vanno incontro Guido e Serena. Lui è un artista legato al mondo dell’avanguardia, che trasforma in lampade i corpi nudi delle modelle e
immagina performance che dovrebbero mettere
in discussione i valori della borghesia; lei è la figlia di una tradizionale famiglia di commercianti, convinta che la propria felicità passi attraverso quella del marito e dei figli […] A rompere
questa quotidianità fatta di rabbie, litigi e riconciliazioni arriva Helke (Martina Gedeck), la gal-
lerista di Guido, che invita Serena e i bambini a
seguirla in una vacanza «femminista» in Camargue […] Luchetti e il direttore della fotografia
Claudio Collepiccolo pedinano Kim Rossi Stuart
e Micaela Ramazzotti da vicinissimo, riempiendo lo schermo con i loro primi piani, come per
non farsi sfuggire anche le più piccole sfumature dei due volti […] Così che quando la macchina da presa si allontana dai loro volti […] ti sembra di sentire una mezza nota stonata, in confronto all’”armonia” dei primissimi piani. Dove
la tensione autobiografica del regista funziona
bene è nella ricostruzione di quegli anni Settanta, i cui sogni&bisogni, a cominciare dalle tensioni politiche del post Sessantotto e dalle rivendicazioni identitarie del Femminismo, sono
raccontati con uno sguardo di indulgente tenerezza e una comprensione che evita facili ironie
e stonati giudizi ex post.» Paolo Mereghetti,
Corriere della Sera
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Visioni contemporanee
Martedì
25 marzo
ore 21.00
TO THE WONDER
(Usa, 2012, 112’)
Regia e sceneggiatura: Terrence Malick, fotografia: Emmanuel Lubezki,
musica: Hanan Townshend, interpreti: Ben Affleck, Olga Kurylenko,
Rachel McAdams, Javier Bardem, Romina Mondello
«Una donna ucraina a Parigi (Olga Kurylenko),
un nuovo compagno americano (Ben Affleck), la
figlia di un amore perduto. Poi il trasferimento
negli Stati Uniti, il processo di comprensione di
un’altra terra, di un altro paesaggio, il disgregarsi del sentimento di lui, l’ostinato persistere
di quello di lei. Tentennamenti, tradimenti. Altre
storie possibili. Andate, ritorni. E un sacerdote
(Javier Bardem), che mentre i due interrogano il
proprio sentimento, esplora la crisi del suo
innamoramento per Dio, macerato nella crisi di
un’America marginale, malata. E sempre,
comunque, amata. Dopo il tracotante candore
di The Tree of Life Terrence Malick lascia la
cosmogonia per la fragilità di una storia maggiormente privata, dove gli ideali d’amore, di
ogni possibile amore, guerreggiano con le secche della realtà, vi sprofondano, s’elevano […]
To the Wonder è un film che si concentra sull’incontro impossibile tra due cuori, tra uomo e
Dio, tra l’umanità e la meraviglia. Perché non
c’è dialogo tra gli amanti, ci sono solo appuntamenti mancati (insieme grotteschi e tragici, risibili e commoventi), come tra i frammenti di que-
ste storie e una narrazione coerente e lineare,
come tra i corpi e le voci, tra un melodramma
muto, a fior di pelle, e i verbosi monologhi. Tra
la patina superficiale di un’estetica ormai
manierata, pubblicitaria, e le questioni esistenziali poste fuori campo. Tra un film che è puro
inno visivo alla luce e l’oscurità in cui si perdono le domande. To the Wonder, a cuore aperto,
con tremore e stupore, con un’ingenuità che è
un gesto di fiducia struggente nel cinema, tiene
insieme il peso, la beltà e la miseria della terra
e lo slancio aereo dell’idea: è l’atto d’amore per
questi incontri impossibili, per la necessità di
questi desideri frustrati, per la ricerca e per il
suo fallimento.» Giulio Sangiorgio, Film Tv
Versione originale con sottotitoli in italiano
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Looking for Hitchcock
Martedì
1 aprile
ore 21.00
HITCHCOCK ANIMATED MEDLEY
(Usa, 2012, 1’ e 30’’)
Regia: Tim Luecke,
musica: Bernard Herrmann, Charles Gounod
«Un tributo affettuoso al cinema di Alfred
Hitchcock, animato in uno stile che richiama
quello degli studi della UPA a quelli della Pixar.
Cercate i riferimenti a L’uomo che sapeva troppo, I 39 scalini, La donna che visse due volte,
Gli uccelli, Intrigo internazionale, Delitto per
delitto, La finestra sul cortile e Psycho. La musica impiegata è il Prelude di North by Northwest di Bernard Herrmann con l’aggiunta della
Marcia funebre per una marionetta di Charles
Gounod.» Shelby.tv
«È sicuramente emozionante prendere parte ad
un film su Alfred Hitchcock. Oltre a studiare tecnicamente i film in profondità, nei master universitari mi è stata offerta l’opportunità di realizzare progetti creativi che rendano omaggio
allo stile di Hitchcock. Per il mio progetto, ho
sviluppato una medley animata di personaggi e
situazioni canoniche dei film del Maestro − dagli uomini in fuga attaccati dagli uccelli agli sconosciuti sui treni. Il pezzo finale è di circa un minuto e 30 secondi, e sembra un po’ come una
sequenza end-credits per la Pixar.» Tim Luecke
Originario di New York, Tim Luecke, dopo un diploma in Arti Visuali all’Università di Fordham,
collabora con la Marvel per le guide di stile dei
disegni dei supereroi della casa editrice, tra i
quali Spider-Man, Iron Man e i Vendicatori. Proseguendo la sua carriera di illustratore e disegnatore free lance, oltre ad aprire due propri
blog, realizza cortometraggi animati che ripercorrono la tradizione del cinema classico americano attraverso uno sguardo che oltre al citazionismo affettuoso fa emergere tutta la componente moderna e “attuale” del cinema del
passato.
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Looking for Hitchcock
Martedì
1 aprile
ore 21.15
INTRIGO INTERNAZIONALE
(North by Northwest, Usa, 1959, 136’)
Regia: Alfred Hitchcock, sceneggiatura: Ernest Lehman,
fotografia: Robert Burks, musica: Bernard Herrmann, interpreti: Cary Grant,
Eve Marie Saint, James Mason
«L’agente Roger Thornill (Grant) viene scambiato per un uomo che non esiste: un tale Kaplan,
inventato dal controspionaggio americano per
ingannare le spie nemiche. Inseguito dalle spie
e dalla polizia, dopo che è stato accusato dell’omicidio di un diplomatico, Thornill trova l’aiuto di una bella doppiogiochista, Eva Kendall
(Saint). Il finale, in cui i due si arrampicano sul
monte Rushmore è passato alla storia. Ma ancora più magistrali sono i sette minuti senza
dialogo che precedono l’attacco a Thornill, solo
in mezzo alla prateria, da parte di un biplano:
una lezione di suspense inarrivabile, dove vengono ribaltati tutti i cliché della paura e la tensione nasce dall’assoluta mancanza di quegli
elementi che provocano angoscia. Dissezionato
da psicoanalisti, semiologi e critici d’ogni specie, diverte ed emoziona ancora dopo l’ennesima volta che lo si vede. Tutti i temi classici
hitchcockiani (i giochi delle apparenze, gli
scambi di persona, l’itinerario iniziatico della
coppia, l’ambiguità della figura femminile), una
grande intelligenza e un umorismo sottile sono
profusi in ogni inquadratura: di certo tra i mi-
gliori Hitchcock di sempre, abilmente sceneggiato da Ernest Lehman. A proposito dell’immagine finale del treno che entra in una galleria
(dopo che con uno stacco audacissimo Eva, appesa nel vuoto del monte Rushmore, fa ogni
sforzo per mettersi al sicuro e… finisce nella
cuccetta di un wagon-lit accanto a Thornill, come nella prima scena in cui l’ha incontrato),
Hitchcock ha detto: “è il finale più impertinente
che abbia mai girato”. Il titolo, mai tradotto letteralmente in nessun paese, indica una direzione di 337° 30’ Nord-Nord-Ovest. La villa dell’inquietante Philip Vandamm (Mason) riproduce
una creazione di Frank Lloyd Wright. Hitchcock
è l’uomo che prende il bus in una delle scene
iniziali.» Il Mereghetti 2014
Restauro digitale
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Looking for Hitchcock
Martedì
8 aprile
ore 21.00
WHERE CINEMA LIVES ON
(Lussemburgo, 2013, 2’)
Regia, sceneggiatura e produzione: Jeff Desom,
fotografia: Jean-Louis Schuller, musica: André Dziezuk,
sonoro: Philippe Kohn, interpreti: Annette Schlechter
Regista lussemburghese Jeff Desom si è diplomato presso l’Istituto Bournemouth Arts nel
2007. Il suo Morgenrot su un compositore afflitto dal blocco della creazione, realizzato in
collaborazione con il pianista sperimentale Volker Bertelmann, è un cortometraggio animato
che conquista immediatamente l’interesse della Rete, soprattutto grazie alla particolare commistione di tecniche e atmosfere: prime fotografie del XX secolo (dalla vasta collezione della Biblioteca del Congresso a vecchie cartoline
di New York) elaborate con programmi per il fotoritocco. Il risultato è particolarmente granuloso, fumoso, evocativo ed ipnotico. Successivamente Desom realizza il suo primo affettuoso omaggio ad Alfred Hitchcock, Rear Window
Timelapse, dove effettua un rimontaggio topografico degli spazi della Finestra sul cortile, ridisegnandone una geometria fantastica e ottenendo ulteriori consensi e la curiosità di svariate testate giornalistiche. Infine, commossionatogli dalla cineteca del Lussemburgo, realizza nel 2013 Where Cinema Lives On, nuovo affettuoso saluto al magistero di Hitchcock e al
genere thriller nella sua versione gotica e ottocentesca.
«Per il fine settimana molti di voi andranno a
spaventarsi al cinema. E la Cinémathèque della
città di Lussemburgo vi invita a queste esperienze attivando la vostra attenzione attraverso
una delle migliori pubblicità viste finora nel
Granducato. In una Cinémathèque vuota, una
sera cupa, una donna sola addetta alla pulizia
degli ambienti verrà spaventata dagli spiriti che
infestano il luogo… Lo spot, intitolato Where Cinema Lives On e diretto da Jeff Desom è esteticamente molto bello, con un piccolo spostamento laterale verso un leggero profumo da
film horror di serie Z. Musica affidata a André
Dziezuk, e un finale che lascia brillantemente lo
spettatore con il fiato sospeso… Piccolo gioco
cinefilo di grande gusto e intelligenza» Fabien
Rodrigues, marketers.lu
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Looking for Hitchcock
Martedì
8 aprile
ore 21.15
SCIARADA
(Charade, Usa, 1963, 113’)
Regia: Stanley Donen, sceneggiatura: Peter Stone, fotografia: Charles Lang,
musica: Henry Mancini, interpreti: Cary Grant, Audrey Hepburn,
Walter Matthau, James Coburn, George Kennedy
«Tra le innumerevoli pellicole incensate dell’aggettivo “hitchockiano”, Sciarada può vantare la
variante, più originale, di “miglior film di Hitchcock non diretto da lui”. Ma al di là di quanto
debba a Intrigo internazionale, questo vivacissimo thriller che sfuma nella commedia sciaradaromantica (o, volendo, il contrario), diretto
come un’impeccabile coreografia dal leggendario Stanley Donen, ha assunto oggi un fascino
tra il classico e il deliziosamente demodé, come
le musiche di Henry Mancini che animano la
grafica ipnoticamente sixties dei titoli di testa.
Già dal prologo, dove una mano guantata punta minacciosamente una pistola che si rivela poi
ad acqua, è chiaro che ogni espediente drammatico finirà in farsa: la morte di un ricco e ambiguo uomo d’affari sembra giungere appositamente per unire la giovane vedova all’affascinante sconosciuto incontrato in vacanza e inizialmente allontanato con un laconico: “Io conosco già una tale quantità di persone, che finché non ne muore una non posso proprio conoscerne un’altra”. Per la prima e unica volta insieme sullo schermo, Cary Grant e Audrey Hep-
burn proiettano un romanticismo garbato e beffardo sul gustoso intreccio di servizi segreti,
malloppi nascosti, inseguimenti e scontri all’ultima spinta sui tetti di Parigi. La progressiva
uscita di scena dei cattivi di turno (che finiscono sparati o annegati ma comicamente ricomposti nei loro letti con il pigiama addosso) diviene un tormentone buffonesco come i cambi
d’identità di Cary Grant, che pongono ogni volta nuovi dilemmi sul suo stato civile alla disorientata aspirante consorte. Tanto spiazzata
appare l’eroina di Audrey Hepburn dal procedere incontrollato degli eventi, quanto aggressiva
nell’inseguire l’oggetto del suo desiderio.» Sara
Orazi, Sentieri Selvaggi
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Capolavori ritrovati
Martedì
15 aprile
ore 21.00
RISATE DI GIOIA
(Italia, 1960, 106’)
Regia: Mario Monicelli, sceneggiatura: Mario Monicelli, Age e Scarpelli,
Suso Cecchi d’Amico da due racconti di A. Moravia, fotografia: Leonida Barboni,
musica: Lelio Luttazzi, interpreti: Anna Magnani, Totò, Ben Gazzara
«Una notte di capodanno a Roma, Anna Magnani (che Monicelli trasformò in bionda) con
uno spiumato boa di struzzo, Totò con il suo
vecchio frac (e Ben Gazzara, compagno astuto nell’arte di arrangiarsi). Cercano compagnia, cercano d’infilarsi in tavolate che li rifiutano, cercano di sopravvivere. Scoprono
che ciascuno dei due ha solo l’altro, e non è
un granché. Scintille d’avanspettacolo e commedia esistenziale. Irresistibile successione
di gag e battute, amarissimo: il capolavoro
sottostimato di Monicelli. Il film ritorna alla
prima visione come anti-cinepanettone natalizio nel restauro curato dalla Cineteca di Bologna: ed è, forse più di ogni altra della serie
Il Cinema Ritrovato al cinema, un’opera da
scoprire, poiché nemmeno all’epoca ebbe il
successo sperato e previsto, “per via di quella vena amara e nostalgica del racconto, del
clima dolente che si respira, un po’ da fine
dello spettacolo, del varietà e dell’epoca dei
due grandi attori, della consueta dimensione
pessimista di Monicelli”. Davvero: un capolavoro.» Il Cinema Ritrovato
«Ultimo dei sette film di Totò diretti da Monicelli. Il film è poco conosciuto e l’autore non
ne parla quasi mai nelle sue interviste. Eppure è uno dei titoli migliori della sua filmografia
come di quella di Totò. Totò qui si affranca dal
burlesco e dalla farsa (dove non occorre ricordare come brillasse il suo talento) per penetrare in una commedia di costume della migliore tradizione. Vi troviamo un dosaggio
specificamente italiano e quasi sublime fra l’ironia e la compassione – mai stucchevole –
nei confronti dei personaggi. L’autore vi disegna un superbo ritratto di Totò nei suoi eterni
connotati: morale d’acciaio trionfante su ogni
smacco, galanteria e rispetto delle donne
(perfettamente anacronistico), incapacità
quasi fisiologica di arrabbiarsi, flemma e rassegnazione.» Jacques Lourcelles, Dictionnaire
du cinéma
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墌
Mercoledì
30 aprile
ore 21.00
Capolavori ritrovati
AMANTI PERDUTI
(Les enfants du Paradis, Francia, 1945, 190’)
Regia: Marcel Carné, sceneggiatura: Jacques Prévert,
fotografia: Roger Hubert, musica: Maurice Thiriet,
interpreti: Arletty, Pierre Brasseur, Jean-Louis Barrault, Marcel Herrand
«Un film che rimane uno dei più belli di tutto il
cinema francese: Les enfants du Paradis. Film di
alta classe nel quale la novità d’impostazione si
sposava con una rara bellezza figurativa. Era
una brillante lezione di stile, con la quale Carné
sembrava confermare le intenzioni del suo precedente lavoro rivedendo da cima a fondo i canoni della produzione francese d’anteguerra, ripulendo le proprie ispirazioni da tutto ciò che
sapeva di bassofondo convenzionale, persino
rinnovando il suo pessimismo che qui appare in
un certo senso rasserenato, o solamente rassegnato, comunque ingentilito da una cert’aria
quasi "shakespeariana"». Michelangelo Antonioni, Bianco & Nero
«Il film leggendario di Marcel Carné e Jacques
Prévert in edizione integrale e restaurata. Tornano a nuova vita il mondo meraviglioso e
scomparso della Parigi ottocentesca, il Boulevard du Crime con i suoi commedianti, ladri e
poeti assassini, e una delle più fuggevoli e strazianti storie d’amore mai raccontate, quella ardente, poetica e fatale tra il mimo Baptiste
(Jean-Louis Barrault) e l’inafferrabile Garance
(Arletty). Come scrissero due recensori dell’epoca, “Carné ha voluto far rivivere per noi la Parigi misteriosa e popolare dell’epoca romantica
– come ci appare attraverso le opere di Hugo e
di Eugène Sue. L’importante non è la verità storica, è la potenza evocativa delle immagini”
(Jean Gely). “Cerchiamo di enumerare ancora
alcune bellezze del film: quel paesaggio alla Corot, le scene di mimo, Arletty rannicchiata nel
suo palco, come si sente il bruciare del suo
amore infelice!” (Jean Sollies). Dall’immaginazione di un poeta, dalla visione di un maestro
del cinema, un luminoso film ‘resistenziale’ girato nel buio della Francia occupata (19431944), un classico francese diventato patrimonio dell’umanità.» Il Cinema Ritrovato
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Versione originale con sottotitoli in italiano
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Visioni contemporanee
Martedì
6 maggio
ore 21.00
THE CANYONS
(Usa, 2013, 99’)
Regia: Paul Schrader, sceneggiatura: Bret Easton Ellis,
fotografia: John De Fazio, musica: Brendan Canning,
interpreti: Lindsay Lohan, James Deen, Nolan Gerard Funk
«Los Angeles, sui titoli di testa vecchi cinema in
rovina, due coppie che parlano di sesso in un ristorante, appuntamenti al buio a Beverly Hills.
Da un copione di Bret Easton Ellis, diretto dal
regista di American Gigolo e Hardcore, un noir
su Hollywood costato quanto una mezza giornata di lavorazione di un film di Hollywood. Un
film realizzato sul filo del rasoio delle crisi della
sua diva (e che ne ha assorbito la tragicità), su
cui la critica Usa ha adorato riversare unanime
disprezzo. Da vendicare.» Paola Piacenza, Io
Donna
«Sono modi e frasi rituali quelli che abitano The
Canyons, come se il cinema ricordasse solo i
momenti elementari della sua storia e li riproducesse a stento; come se i generi, il noir soprattutto, fossero una forma evacuata, narrazione solo superficiale in cui i protagonisti non
elaborano pensieri, ma reagiscono soltanto, attingendo a un dizionario di parole e gesti limitato, come automi per cui la memoria è solo
materiale accumulato, privo di coscienza (è moralismo critico che si fa immagine: chi cerca pro-
fondità ritorni al romanzo ottocentesco). Anche
il mélo s’arrende al primo ostacolo di crisi: l’amore è impossibile, perché finisce, soprattutto,
per amore dei soldi. Il ritmo del dialogo è alienato, gli occhi sono vacui, affogati nei cristalli liquidi degli smartphone, il sesso e l’omicidio sono squarci nell’ovatta del reale, i cinema chiudono, i canyons sono le strade di L.A. al netto
dei sogni un tempo fabbricati, quando le storie
su pellicola erano i miti con cui raccontare e raccontarci. Oggi, quando la protagonista guarda
film in tv, le immagini lasciano il posto a una
chat: non è il cinema – da tempo – ciò che definisce l’immaginario, la paura e il desiderio, ma
è la rete, la messaggistica istantanea, la memoria dei social network, lo schermo minuscolo di
un tablet. Al posto dei film, qui, c’è il controllo
della vita degli altri. The Canyons è una rovina,
un’allucinazione di lucidità annichilente, come
solo Cosmopolis di Cronenberg.» Giulio Sangiorgio, Film Tv
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Capolavori ritrovati
Martedì
13 maggio
ore 21.00
HIROSHIMA MON AMOUR
(Francia, 1959, 91’)
Regia: Alain Resnais, sceneggiatura: Marguerite Duras,
fotografia: Michio Takahashi, Sacha Vierny, musica: Georges Delerue,
interpreti: Emmanuelle Riva, Eiji Okada, Bernard Fresson
«Potete immaginare Velàzquez che ha appena
concluso le sue Meninas mentre già Picasso
intesse le sue mirabili variazioni? Certamente
no. Ecco, accade qualcosa di simile. Con
Hiroshima mon amour, Alain Resnais affranca il
cinema dal 17° secolo per immergerlo senza
transizioni nel cuore del 20°.» Jean Douchet
«Un tuffo in piena Nouvelle Vague con il primo
lungometraggio di finzione di Alain Resnais che
firma un film destinato a segnare l’immaginario
cinematografico mondiale, affidandosi alla
penna della scrittrice Marguerite Duras (che
venne candidata all’Oscar per la miglior sceneggiatura originale). Diretto nel 1959 tra la
Francia e il Giappone, Hiroshima mon amour è il
film che lancia Emmanuelle Riva, oggi riscoperta dal grande pubblico grazie al successo internazionale di Amour di Michael Haneke.» Il
Cinema Ritrovato
«In Giappone per un film sulla pace, un’attrice
francese ha una relazione appassionata con un
architetto giapponese. Quest’amore le ricorda
quello che durante la guerra ebbe nella natia
Nevers con un giovane soldato tedesco, ucciso
sotto i suoi occhi. Su un testo di Marguerite
Duras, Resnais, cineasta della memoria, ha
fatto un film incantatorio e dialettico la cui
importanza innovatrice e precorritrice nell’evoluzione del linguaggio filmico ha superato la
prova del tempo. Il suo fascino nasce dall’impiego dei contrari (Nevers e Hiroshima, l’amante tedesco ucciso e l’amante giapponese di 36
ore senza domani, l’etnia e la cultura diverse, il
passato e il presente, la percezione e l’immagine mentale, la necessità della memoria e la
fatalità dell’oblio, il dialogo e il monologo, il
documentario e la poesia, la realtà quotidiana e
l’incantatrice litania erotica), dalla dialettica tra
fascinazione e decostruzione, tra partecipazione e distanziazione. Il Morandini 2014
Restauro digitale
Versione originale con sottotitoli in italiano
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Visioni contemporanee
Martedì
20 maggio
ore 21.00
BYZANTIUM
(Gran Bretagna, 2012, 118’)
Regia: Neil Jordan, sceneggiatura: Moira Buffini, fotografia: Sean Bobbitt,
montaggio: Tony Lawson, interpreti: Gemma Arterton, Saoirse Ronan,
Jonny Lee Miller
«Il rapporto tra la giovane Eleanor e sua madre
Claire, tenutaria di un bordello, si basa su un
segreto inconfessabile. Le due donne sono in
realtà dei vampiri, che hanno attraversato duecento anni di dolore e solitudine per arrivare fino ai nostri giorni. L’inizio del dolore è coinciso
con l’arrivo di un soldato senza scrupoli, che ha
costretto Claire alla prostituzione. Da quel momento la vita della donna è diventata una lotta
senza quartiere per proteggere prima se stessa
e poi sua figlia. Ma Eleanor è stanca di vivere
nella menzogna, e quando si innamora di Frank
decide di uscire allo scoperto. […] Possiamo annunciarlo con malcelata soddisfazione: Neil Jordan sembra tornato! Dopo anni di lungometraggi sbagliati il suo nuovo Byzantium ci restituisce
un cineasta capace di tornare al cinema autunnale che lo ha reso famoso e giustamente apprezzato in tutto il mondo. […] Lo spettatore deve lasciarsi avvolgere dalle immagini, dalla malinconia che pervade gli ambienti, le strade, le
stanze in cui la vicenda si dipana. Altro grande
pregio di questo cineasta è quello di saper tirare sempre fuori il meglio dagli attori che dirige.
[…] Se nel nuovo film di Neil Jordan cercate i fasti scenografici del suo storico Intervista col
vampiro, allora rimarrete probabilmente delusi.
Se invece cercate la poetica delle prime opere,
quella più intimista e crepuscolare, ecco che
Byzantium assume un sapore dolceamaro ma
comunque prelibato. Più importante di tutto è
che il regista pare aver ritrovato il suo discorso
cinematografico che sembrava irrimediabilmente interrotto, e questa è la notizia più gradita.»
Adriano Ercolani, My movies
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Capolavori ritrovati
Martedì
27 maggio
ore 21.00
CHINATOWN
(Usa, 1974, 131’)
Regia: Roman Polanski, sceneggiatura: Roman Polanski, Robert Towne,
fotografia: John A. Alonzo, musica: Jerry Goldsmith, interpreti: Jack Nicholson,
Faye Dunaway, John Huston
«Chinatown è un film sugli anni Trenta visto con
gli occhi dei Settanta.» Roman Polanski
«È un film profondamente chandleriano senza
Chandler, dunque foscamente romantico.
Chandleriano è anche l’umorismo che ne sorregge il pathos nella descrizione di un mondo
corrotto non solo politicamente in cui la presenza del male – incarnato dal vegliardo capitalista J. Huston – è ossessiva e sinuosa, mostruosamente ambigua. Pur senza abbandonarsi a esercizi di nostalgica archeologia, fece
scuola nel campo della rivisitazione del cinema nero.» Il Morandini 2014
«Chinatown è considerato una delle più felici e
originali riletture contemporanee del detective
movie di eredità chandleriana. La qualità dei
dialoghi e della ricostruzione d’epoca, l’accurata gradualità con cui viene alimentato lo spessore dei personaggi e dei loro anfratti psichici,
l’eleganza visiva della messa in scena sono in
realtà al servizio di una severa disamina di ogni
mondo possibile, senza appello o riscatto. [...]
Nel finale, riscritto da Polanski senza accordo
con lo sceneggiatore, Chinatown diviene la metafora dell’impossibilità di tutto (la vita, l’amore, il potere) a essere diverso [...]. Il mistero viene risolto, ma il caos della violazione e del sopruso, sotto l’ordine apparente, è riconfermato
per sempre. Polanski imprime a questa rilettura
la radicalità di uno scetticismo tipico dei suoi
film migliori, quasi nascosto da una ricostruzione preziosa di cui tutti sono complici: John Huston (il padre del noir, qui nei panni di un patriarca onnipotente: la storia si svolge nel 1937,
qualche anno prima che egli desse vita al genere con Il mistero del falco), Faye Dunaway (alla
sua prova migliore), e naturalmente Nicholson:
forse il più riuscito dei discendenti contemporanei di Philip Marlowe, ha diretto anche un seguito di questo film, The Two Jakes (Il grande inganno, 1991).» Mario Sesti
Restauro digitale
Versione originale con sottotitoli in italiano
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cinematografica, Cral Comune di Verona, Acli,
Agis, Arci-Uisp, Enal-etl, militari, studenti
universitari, iscritti Università Terza Età,
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Verona Film Festival
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Maria Pia Mazzi assistente programmazione
Maria Luisa Grigoletti segreteria
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grafica: Corrado Bosi cdf-ittica.it
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stampa: Tipografia Milani, Verona
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