apss notizie, n. 3, anno 13 - Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari

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Numero 3 | Anno 13 | SETTEMBRE 2014 | Trimestrale
Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari
N. 3/14
BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI: FOCUS SUI DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO |
5 DOMANDE SUI DIPARTIMENTI | DOMANDE E RISPOSTE SUL COMITATO ETICO PER LE
SPERIMENTAZIONI CLINICHE | A VILLA ROSA DEBUTTA LA CARDIOLOGIA RIABILITATIVA |
E MOLTO ALTRO...
RENDERE CONTO
Luciano Flor
Direttore generale
Come previsto dalla legge provinciale 16/2010, l’APSS ha redatto e inviato alla Giunta provinciale
per l’approvazione il Bilancio di missione 2013, documento finalizzato a mettere in evidenza i risultati delle attività di tutela e promozione della salute nel territorio provinciale nonché i mutamenti
qualitativi e quantitativi intervenuti nella domanda e nell’offerta di servizi sanitari e i necessari e
opportuni interventi correttivi.
Il Bilancio di missione si affianca alla rendicontazione economica, costituita dal Bilancio di esercizio,
dalla quale si distingue per la fondamentale funzione di descrivere l’operato dell’APSS attraverso
l’esposizione dei risultati raggiunti in rapporto agli obiettivi assegnati dalla Provincia autonoma di
Trento, in modo tale da rendere conto a tutti gli interessati delle scelte effettuate. Questa descrizione non può prescindere dal considerare che i risultati sono necessariamente collegati a vincoli,
scenari prefigurati, obiettivi stabiliti, strategie e attività istituzionali connesse, contenuti nei documenti programmatici.
APSS NOTIZIE
PERIODICO D’INFORMAZIONE
DIREZIONE E REDAZIONE
Azienda provinciale per i servizi sanitari
Provincia autonoma di Trento
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Tel. 0461 904111 / 0461 902920 / 0461 904171
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Iscrizione al registro stampe del Tribunale
di Trento n. 1112 del 30 gennaio 2002
DIRETTORE EDITORIALE
Luciano Flor
DIRETTORE RESPONSABILE
Roberta Corazza
REDAZIONE
Luciano Bocchi, Renata Brolis, Orazio Caffo,
Sandra Chighizola, Maurizio Del Greco,
Davide Donner, Barbara Gasperini, Annamaria
Guarnier, Lorenza Lenzi, Angelo Cesare Passerini,
Franca Refatti, Silvia Romani, Lucia Sabbadin,
Adrianne Segata, Bruno Zanon.
HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO
Annalisa Bertoldi, Roberto Bonmassari,
Anna Brugnolli, Stefano Calzolari, Marco Clerici,
Claudio Cortelletti, Marina Cuel, Michela Dalmartello,
Marina Ferri, Floriana La Femina, Pasquale Laurino,
Mirko Locatelli, Amelia Marzano, Anna Maria Moretti,
Giandomenico Nollo, Daniele Ortolani,
Francesco Reitano, Luisa Saiani, Francesca Spadaro,
Carlo Tenni, Emanuele Torri, Mauro Trentinaglia,
Paola Zalla.
FOTOGRAFIE
Ufficio stampa APSS
GRAFICA
Verba Volant - Trento
IMPAGINAZIONE
OnLine Group - Roma
CHIUSO IN REDAZIONE IL
30 settembre 2014
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TITOLARE DEL TRATTAMENTO DATI
(D.Lgs. 196/2003) Luciano Flor
notizie
Gli strumenti quali il Bilancio di missione sono quindi volti a promuovere forme di maggior trasparenza e partecipazione alle decisioni, nonché a comunicare a soggetti, istituzionali e non, quali
obiettivi e finalità sono stati concretamente realizzati, rispondendo alla necessità, sempre più avvertita da parte della collettività, di accrescere il livello di responsabilizzazione sui risultati delle
pubbliche amministrazioni.
Affrontando in questa prospettiva l’operato dell’APSS, sul fronte delle risorse il quadro della finanza
provinciale ha orientato tutti i processi in direzione di una forte razionalizzazione e qualificazione
della spesa da perseguire nel quadro del complessivo processo di modernizzazione di tutto il sistema pubblico provinciale. In tale contesto, durante l’esercizio 2013 l’APSS è stata chiamata a perseguire la razionalizzazione programmata con il Piano di miglioramento aziendale.
In particolare sul versante dell’offerta ai cittadini, il 2013 è stato l’anno di attivazione dei Punti unici
di accesso, che rappresentano uno degli strumenti di miglioramento dell’accessibilità ai servizi, il
punto di riferimento per la valutazione e la presa in carico dei bisogni socio-assistenziali.
Per quanto attiene alla valutazione dei risultati di salute, dai documenti disponibili emerge che le
condizioni di salute della popolazione trentina possono considerarsi di buon livello e collocano la
nostra provincia in una posizione privilegiata nel panorama italiano, anche se si registrano alcuni
ambiti problematici rispetto ai quali si rendono possibili o necessari ulteriori miglioramenti.
Riscontri positivi rispetto agli esiti degli interventi sanitari realizzati dall’APSS emergono anche da
iniziative nazionali di verifica e valutazione, quali il Programma nazionale esiti (PNE) gestito dall’Agenzia per i servizi sanitari regionali e il Sistema di valutazione della performance dei sistemi sanitari
regionali messo a punto dal Laboratorio MeS, Management e sanità, della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa.
I buoni risultati evidenziati da queste e altre iniziative di valutazione costituiscono certamente un
importante e positivo riscontro all’impegno garantito dagli operatori del Servizio sanitario provinciale, ma al tempo stesso rappresentano uno stimolo forte per attivare le azioni di miglioramento che si
rendono necessarie rispetto a quegli ambiti di attività nei quali si rilevano segnali di problematicità.
Proprio per garantire a chiunque la verifica di quanto è stato realizzato e rendere possibile il riscontro sulla graduale realizzazione degli obiettivi istituzionali dichiarati nei piani, dopo l’approvazione
da parte della Giunta provinciale il Bilancio di missione sarà visibile sul sito dell’APSS.
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SOMMARIO
04 PIANIFICAZIONE DELLE ATTIVITÀ FORMATIVE PER IL 2015
06BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI: FOCUS SUI DISTURBI
SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO
085 DOMANDE SUI DIPARTIMENTI
11IL COMITATO ETICO PER LE SPERIMENTAZIONI CLINICHE:
DOMANDE E RISPOSTE
14 A VILLA ROSA DEBUTTA LA CARDIOLOGIA
RIABILITATIVA
15LE DOMANDE PIÙ FREQUENTI SUGLI SCREENING
PER LA DIAGNOSI PRECOCE DEI TUMORI
18ADDIO A SUOR MARIANNA DENTELLA,
FONDÒ LA SCUOLA INFERMIERI DI TRENTO
20 PROGETTO NATHCARE, UNA RETE DI SEI SISTEMI
SANITARI ALPINI
21IN&OUT
22 LAVORI IN CORSO
25 OSPEDALE DI TIONE, FOCUS SULLA RISTRUTTURAZIONE
26 LA RICETTA SALUTARE
27 CINEMA E SALUTE
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dalla
formazione
PIANIFICAZIONE DELLE ATTIVITÀ
FORMATIVE PER IL 2015
Amelia Marzano
Servizio formazione
Il piano per la formazione continua
2013-2014 sta per vedere il suo epilogo ed è giunto quindi il momento,
per il Servizio formazione, di procedere alla stesura del nuovo piano.
Prima di entrare nel merito è necessario fare riferimento a due fatti verificatisi nel corso di validità dell’attuale piano.
Il 2014 ha visto il servizio formazione
impegnato nell’erogazione di numerosi
seminari, per la prima volta con il supporto della segreteria unificata di CFC
(Commissione per la formazione continua). Questa nuova collaborazione è
stata la logica conseguenza del recente
riordino della formazione aziendale, che
prevede il supporto sostanziale della CFC
rispetto alla «formazione organizzata direttamente dai direttori di unità operativa, valutandone la validità scientifica e
prevedendo eventuali finanziamenti».
Ciò ha comportato il riconoscimento,
quale formazione interna nonché orario
di servizio, di attività seminariali promosse da direttori di unità operativa,
attività che in passato erano gestite invece come formazione esterna.
L’elevato numero di richieste giunte fino
ad oggi ha comportato, in tempi piuttosto brevi, la saturazione per questa tipologia di attività, dell’agenda del Servizio
formazione e della segreteria della CFC,
fino al primo trimestre del 2015.
Alla luce di ciò abbiamo capito che non
si poteva affidare la programmazione di
queste attività esclusivamente alla tempistica delle richieste e quindi, proprio
alcuni giorni orsono, abbiamo provveduto a richiedere formalmente a tutti i
direttori di unità operativa/servizio una
pianificazione sul periodo medio-lungo,
ovvero per la restante parte del 2015.
Tale pianificazione consentirà al Servizio
formazione e alla CFC di competenza di
verificare la validità scientifica, la compatibilità con la programmazione provinciale e la politica aziendale, la fattibilità delle attività seminariali proposte
nonché il necessario percorso gestionale e amministrativo delle stesse, come
previsto dal documento di riordino
sopra nominato.
Al termine della suddetta valutazione, le
attività che saranno prese in carico dal
Servizio formazione entreranno a far
parte del prossimo piano della formazione continua.
Il secondo fatto, anche se non rappresenta del tutto una novità, è che, nel
corso di validità dell’attuale piano, abbiamo erogato un significativo numero
di attività formative non previste dal
piano stesso, in quanto ritenute prioritarie dalla committenza aziendale. Queste ultime attività, insieme con i seminari, stanno già occupando una discreta
porzione di una prima bozza del Piano
della formazione cui stiamo lavorando
e quindi appaiono inevitabili le seguenti
domande. Le richieste “urgenti” di formazione sono un segno che la pianificazione biennale non è poi così compatibile con le esigenze dei professionisti
e sarebbe quindi meglio riorientarci su
una pianificazione annuale?
Che senso ha coinvolgere, almeno per
il Piano 2015, i dipartimenti, le tecnostrutture e le articolazioni organizzative fondamentali per la capillare attività
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di raccolta ed analisi delle necessità di
formazione, producendo inevitabilmente un gran numero di richieste, quando
verosimilmente non sarebbero compatibili con la programmazione delle attività
lavorative delle unità operative/servizi?
È giunto il momento, al di là delle contingenze legate agli eventi descritti sopra, di rivedere, oltre alla cadenza della
pianificazione (annuale e non più biennale) anche le modalità di raccolta delle
necessità di formazione?
Una prima risposta, anche se parziale,
viene da come il Servizio formazione ha
in programma di provvedere alla stesura
del Piano della formazione per il 2015.
La prima bozza del Piano 2015 è già
composta da un elevato numero di attività provenienti da importanti progettualità di rilevanza aziendale (tanto
su tematiche specialistiche quanto organizzative), dai seminari e dalle aree
dell’urgenza-emergenza, della sicurezza
e di alcuni obblighi legislativi.
Questa situazione ci ha portato a decidere, in accordo con la Direzione aziendale, di non provvedere per quest’anno
all’attività “classica” di raccolta delle
necessità di formazione, ma di portare
direttamente all’attenzione del Consiglio di direzione la bozza di piano così
come risulta oggi.
Sarà in capo al Consiglio di direzione
apportare le integrazioni opportune e,
come sempre, procedere all’approvazione definitiva del Piano della formazione
per il 2015, mentre sarà cura del Servizio formazione rivedere le vecchie modalità di costruzione del piano e pensarne altre, più in linea con le necessità di
programmazione delle Unità operative,
dei servizi e delle direzioni.
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BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI:
FOCUS SUI DISTURBI SPECIFICI
DELL’APPRENDIMENTO
Francesco Reitano, Floriana La Femina
Unità operativa di psicologia, Distretto centro sud
Secondo le ricerche attualmente
più accreditate, i Disturbi specifici di
apprendimento (DSA) si presentano
come un’atipia dello sviluppo caratterizzata da difficoltà in alcune aree
specifiche dell’apprendimento scolastico nell’ambito di un funzionamento intellettivo adeguato all’età
cronologica. Sono coinvolte in tali
disturbi: le abilità di lettura (velocità, accuratezza e comprensione del
testo), di scrittura, di calcolo.
Stefano Calzolari
Unità operativa di neuropsichiatria infantile, Distretto centro nord
Per sviluppare la collaborazione sul efficaci che devono essere contemplate
tema dei disturbi dell’apprendimento, all’interno dei progetti di istituto, preveè stato costituito in provincia di Trento, dendo il coinvolgimento degli studenti,
all’inizio del 2012, un gruppo di lavoro delle loro famiglie e della scuola.
interistituzionale composto da rappre- Agli insegnanti viene affidato il compito
sentanti della Scuola e della Sanità pub- fondamentale di osservazione didattiblica e accreditata.
co-educativa per il riconoscimento di
Il primo risultato che ne è scaturito è un possibile Disturbo specifico di apstata la redazione e diffusione delle prendimento (DSA), a partire dalla scuo«Linee operative provinciali per i DSA» la dell’infanzia e a seguire per tutto il
in attuazione della legge 14/2011, che percorso scolastico, al fine di sostenere
hanno portato alla revisione dei criteri e garantire ad ogni singolo studente il
diagnostici, a una omogeneizzazione del successo formativo, azione che diventa
Studi clinici mettono in evidenza la mo- percorso di assessment a livello provin- obbligatoria nelle classi prime e secondificabilità del quadro clinico qualora ciale e a una chiarificazione dei rispettivi de della scuola primaria. La rilevazione
precoce ha l’obiettivo di individuare le
l’alunno sia posto nelle condizioni di ruoli e compiti tra sanità e scuola.
difficoltà
già nelle prime fasi di apprenattenuare e/o compensare il disturbo.
dimento e consentire agli insegnanti di
Grazie all’applicazione di questi accorgi- LINEE OPERATIVE DSA PROVINCIALI
menti, lo studente può raggiungere gli Le linee operative provinciali, pubbli- attivare azioni didattiche mirate. A tale
obiettivi di apprendimento previsti dalla cate nel 2013, contengono per tutte le scopo è compito della scuola attivare
istituzioni scolastiche e formative le in- una didattica individualizzata e persoclasse frequentata.
Dal punto di vista epidemiologico, i DSA dicazioni in merito alle corrette moda- nalizzata che contempli strumenti comhanno una prevalenza tra il 3% e il 4.5% lità e agli strumenti idonei da adottare pensativi e misure dispensative adeguadella popolazione in età evolutiva costi- per la rilevazione precoce dei DSA e per te ai diversi stili di apprendimento dei
tuendo così un’importante parte dell’u- le attività d’intervento scolastico più singoli studenti.
tenza che perviene alla valutazione dei
servizi sanitari specialistici.
L’INTEGRAZIONE SCUOLA SANITÀ
Successivamente alla promulgazione
della legge nazionale 170/2010 e della
legge provinciale 14/2011, in cui si sono
riconosciute la dislessia, la disortografia
e la discalculia come disturbi specifici
di apprendimento (DSA), è stato assegnato al sistema scolastico e sanitario
nazionale e provinciale il compito di
individuare modalità d’intervento per
osservare e valutare le prestazioni degli
alunni nei vari ambiti di apprendimento
interessati.
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LE AZIONI INNOVATIVE IN APSS
I risultati di questo lavoro di confronto e
ricerca hanno stimolato riflessioni intorno al bisogno di rimodulare l’attuale modello di intervento, oltre che nella scuola
anche nell’area sanitaria, a partire dai disturbi dell’apprendimento (in particolare
i DSA) che rappresentano una importante
fetta dell’attività in cui si interfacciano cittadini, scuola e sanità. A tal fine è stata
proposta come sperimentazione nell’anno scolastico 2014 - 2015 un modello di
ambulatorio psicodiagnostico dedicato ai
disturbi dell’apprendimento (in particolare ai DSA) all’interno della Unità operativa di psicologia 2, utilizzando le risorse
strutturali e di personale esistenti in APSS
e con l’integrazione di personale tirocinante esperto e opportunamente formato. Lo scopo dell’innovazione è quello di
prendimento già costruito durante la operative DSA ha stimolato la prosecuziomigliorare la qualità e l’appropriatezza orne del lavoro di ricerca e revisione, all’inricerca azione;
ganizzativa delle procedure di valutazione • migliorare la capacità clinica di conosce- terno dell’APSS, di strumenti e standard
diagnostica, riorganizzando a risorse date
re i profili cognitivi dei disturbi dell’ap- diagnostici su altre aree problematiche
l’attuale modello di risposta, utilizzando
riguardanti la collaborazione tra sanità
prendimento più frequenti.
gli strumenti, le esperienze e le conoscene scuola. Nel corso del 2013 si è creato
ze acquisite in maniera tale da avvicinare L’approccio metodologico alla valutazio- un gruppo di progetto per la revisione
le competenze diagnostiche presenti in ne diagnostica dei bambini con disturbo dei criteri diagnostici utilizzati per la cerazienda alla risposta al bisogno sanitario dell’apprendimento prevede la formula- tificazione ex legge nazionale 104/1992
emergente.
zione di una diagnosi mediante l’utilizza- nella più vasta area dei disturbi aspecifici
zione di un pacchetto prestazionale che dell’apprendimento, della disabilità intelGli obiettivi specifici, in particolare, sono: ricomprende essenzialmente una prima lettiva lieve, dei disturbi gravi della con• ridurre gli attuali tempi di attesa per la visita e un pacchetto di accertamenti psi- dotta e del cosiddetto spettro autistico,
prima visita per la certificazione di DSA; codiagnostici; la restituzione alla famiglia con l’obiettivo di proseguire con il lavo• ottimizzare, riorganizzandoli, i tempi e la produzione di una documentazione. ro di omogeneizzazione dei criteri, degli
necessari per l’assessment diagnostico Gli standard diagnostici e gli strumenti da standard e delle procedure diagnostiche
(dagli attuali circa otto accessi di un’o- utilizzare sono quelli descritti negli alle- iniziato con i DSA.
ra a due accessi da tre ore, prima visita gati alla delibera della Giunta provinciale I risultati di questo ulteriore approfondiesclusa);
mento sono ora disponibili a conclusione
del 15 ottobre 2012 sui DSA.
• implementare la raccolta e disponibilidell’iter del gruppo di lavoro composto
tà di dati attraverso l’ampliamento del LE PROSPETTIVE DI SVILUPPO
da neuropsichiatri infantili e psicologi deldatabase dinamico sui disturbi dell’ap- La pubblicazione e diffusione delle linee le unità operative aziendali.
notizie
07
5 domande sui
DIPARTIMENTI
5 DOMANDE A
NUNZIA MAZZINI
DIRETTORE DEL DIPARTIMENTO
DI RIABILITAZIONE E LUNGODEGENZA
1. Come pensa di svolgere il ruolo di
coordinamento e indirizzo delle attività
delle unità operative così come definito nel regolamento di organizzazione
dell’APSS?.
La riabilitazione è un insieme di interventi medici e tecnici finalizzati al recupero di attività della vita quotidiana
come la capacità di muoversi, di camminare, di manipolare gli oggetti, di lavorare ecc. e per migliorare funzioni cognitive come il linguaggio, la comunicazione.
Il Dipartimento di riabilitazione e lungodegenza svolge la sua attività valutativa
e terapeutica per le persone che hanno
disabilità motorio-cognitive in seguito
a danni del sistema nervoso centrale e
periferico quali gli ictus, le lesioni del
midollo spinale, i traumi cranici, le anossie cerebrali, le malattie neurologiche
ma anche in seguito a danni del sistema
muscolo scheletrico traumatici come le
fratture multiple o singole e le condizioni degenerative come le artrosi o altre
patologie scheletriche. Ci sono inoltre
aree impegnate nella riabilitazione respiratoria, nei linfedemi da patologia
neoplastica, nella comunicazione alternativa con sistemi ottici, nella scoliosi.
La prestazioni riabilitative sono erogate
in tutti gli ospedali e in diversi servizi
sul territorio, per un totale di venti sedi
APSS, riunite nel Dipartimento di riabilitazione e lungodegenza.
In relazione alla complessità delle disabilità si possono distinguere le attività
in intensive ed estensive sulla base dei
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notizie
problemi clinici presenti, del “tempo
terapia” e della molteplicità di professionisti coinvolti. Sono intensivi i trattamenti necessari per le gravi e multiple
disabilità, che richiedono un ricovero
riabilitativo, sono estensive la maggior
parte delle attività ambulatoriali.
Le prestazioni riabilitative di degenza
ordinaria e day hospital sono a Villa
Rosa, all’ospedale di Arco e ad Ala; attività mediche e tecniche riabilitative
sono presenti in tutti gli ospedali aziendali per i pazienti ricoverati nei reparti
per acuti in particolare le unità operative di ortopedia, neurologia e Stroke
unit, neurochirurgia, reparti medici,
rianimazione e ogni altro reparto nel
quale si renda necessario. All’ospedale
Villa Rosa ci sono diverse altre articolazioni con valenza dipartimentale, quali il
laboratorio di neurofisiologia, il laboratorio di analisi del movimento, il centro
di consulenza ausili «Abilita», le palestre
per la terapia con Robot, l’ambulatorio
per alvo e vescica neurologici.
Le attività ambulatoriali estensive vengono erogate nelle sedi territoriali e nei
servizi ospedalieri della rete aziendale
e sono rivolte alle disabilità meno complesse come gli esiti di una frattura, di
interventi chirurgici ortopedici, la presa
in carico di scoliosi, di dolore cronico
riacutizzato osteo articolare e altro, in
base anche a PDTA (percorsi diagnostici
terapeutici).
Le unità operative multizonali sono tre:
Unità operativa Villa Rosa, con l’ospedale di Borgo, Unità operativa di Trento
– Villa Igea – Santa Chiara – Mezzolombardo con l’ospedale di Cles e l’ospedale
di Cavalese, Unità operativa di Rovereto – Arco – Ala con l’ospedale di Tione. I
servizi con sedi territoriali sono a Levico,
Malè, Pellizzano, Vigo di Fassa, Predazzo, Tonadico, Centro per i servizi sanitari
di Trento, Bezzecca e Storo; in diverse
sedi territoriali vi sono attività mediche
o fisioterapiche di operatori delle tre
unità operative multizonali, in particolare a Levico, Bezzecca, Storo e Malè.
Le attività riabilitative in provincia sono
presenti anche con ospedali privati
accreditati, prevalentemente ubicati
nell’area Sud del Trentino, e con associazioni, come per esempio ATSM a Trento
e AISM a Rovereto, senza dimenticare
che anche nelle RSA trentine ci sono
attività riabilitative.
In questo complesso panorama, ricco di
molte sedi, di molti e diversi professionisti, che afferiscono al Dipartimento,
il Piano sanitario prevede che vi siano
raccordi di tipo funzionale sui percorsi
paziente anche con le strutture private
accreditate.
Dopo questa presentazione che ho ritenuto necessaria e mi scuso se un po’
lunga, per altro non esaustiva di tutta
la riabilitazione che viene effettuata in
provincia, va detto che il ruolo di coordinamento del Dipartimento è di tipo partecipato e condiviso da e con molti professionisti, in primo luogo i componenti
del Comitato di dipartimento. Lavoriamo per problematiche cliniche o organizzative in gruppi multi professionali
e le decisioni operative sono prese in
Comitato per tutto ciò che è di competenza, il Comitato svolge anche un ruolo
di indirizzo laddove non può svolgerlo di
tipo operativo.
del controllo di gestione che possiamo
integrare con quanto recentemente
è ottenibile con strumenti informatici
specifici del settore ambulatoriale riabilitativo.
Da anni tutte le sedi riabilitative aziendali utilizzano lo stesso programma informatico gestionale per le attività ambulatoriali e si scambiano informazioni.
Il controllo della qualità delle attività è
soprattutto dato dalla formazione, dal lavoro in équipe, dai gruppi di lavoro, dagli
audit che sono i momenti importanti del
confronto e dell’approfondimento e che
permettono prestazione di buon livello
ed equità su tutto il territorio, non tutto
in tutte le sedi, ma certamente molto.
2. Per quanto riguarda il controllo delle attività delle unità operative quali
strumenti pensate di utilizzare?
Il controllo puntuale delle attività di ricovero e ambulatoriali, ovvero i report,
sono ovviamente strumenti aziendali
notizie
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IL COMITATO ETICO PER LE SPERIMENTAZIONI
CLINICHE: DOMANDE E RISPOSTE
5 DOMANDE SUI DIPARTIMENTI
Marina Ferri, Francesca Spadaro
Comitato etico per le sperimentazioni cliniche
3. Come svilupperete le reti cliniche provinciali?
In Riabilitazione si lavora in rete da molti
anni e sappiamo bene che le reti sono
prima di tutto composte da persone che
si parlano e si confrontano, ma hanno
bisogno di supporti formali.
I servizi riabilitativo-fisioterapici degli
ospedali di tutto il territorio si possono
considerare una rete. Nei reparti per
acuti vengono ricoverate molte persone che necessitano di riabilitazione, sia
durante la degenza sia alla dimissione.
Contribuire a definire il setting di cura
più indicato, quale il ricovero riabilitativo o day hospital o ambulatoriale, è una
delle nostre attività. Inoltre, attraverso
la rete riabilitativa permettere la continuità terapeutica nei suoi obiettivi tecnici terapeutici e realizzarla nelle sedi
più idonee è un compito che abbiamo
cercato di assumere da anni e che ha bisogno di continui miglioramenti.
Una modalità che interseca quanto detto è la definizione di percorsi terapeutico assistenziali, per esempio dopo la
grande chirurgia ortopedica protesica
di arto inferiore, da molti anni, abbiamo
un percorso terapeutico che ha permesso a tutte le persone operate in Trentino
(e anche fuori dal Trentino) di poter fare
riabilitazione dopo l’intervento.
Attualmente stiamo rivedendo il percorso artroprotesi perché come tutti i
prodotti umani anche questo ha bisogno di manutenzione.
Un’altra rete che abbiamo iniziato a costruire, soprattutto attraverso corsi di
formazione e mediante le possibilità offerte dall’informatizzazione, di lavorare
in remoto via web, è la rete ausili con il
nostro centro «Abilita».
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notizie
4. Percorsi diagnostico-terapeutici: quali
sono le modalità per garantire la presa
in carico omogenea su tutto il territorio
provinciale?
I percorsi terapeutico assistenziali sono
strumenti per promuovere buone cure
e per effettuare verifiche di buona pratica nel tempo. I nostri percorsi diagnostico terapeutico assistenziali fissano
delle strategie valutative e terapeutiche di bisogni riabilitativi e per essere
efficaci possono non essere distribuibili in modo omogeneo sul territorio,
ma l’equità e le possibilità di accesso
a buone cure devono esserci per tutti ovunque le persone abitino, ovunque nel territorio vengano ricoverate.
5. Evoluzioni e prospettive future.
Il futuro è caratterizzato da una richiesta
riabilitativa in aumento e da risorse che
invece sembrano calare per tutti, occorrerà pertanto definire strategie nuove
di maggior vicinanza al domicilio delle
persone perché sappiamo che molta
efficacia nella cura si ha nel confronto
con le difficoltà motorie e cognitive nel
contesto di vita abituale e come altro
importante impegno occorrerà una rete
ospedaliera riabilitativa che sappia qualificarsi sempre più per intensità di cura,
utilizzando al meglio le risorse.
Occorre inoltre agire sulle buone abitudini di vita delle persone disabili e
tra queste la promozione dell’attività
fisica in contesti extra sanitari, conservando un ruolo al settore riabilitativo
nella promozione e nel controllo di queste attività. Agire sulle abitudini di vita
per i disabili è un compito etico per ridurre incidenza di malattie e per ridurre
anche una parte della richiesta riabilitativa che può trovare comunque risposte
efficaci in attività motorie dedicate
extraospedaliere.
Quali sono i progetti di ricerca che devono essere sottoposti al parere del
Comitato etico per le sperimentazioni
cliniche aziendale?
I più importanti documenti di riferimento internazionali, tra i quali la Dichiarazione di Helsinki e la Convenzione di Oviedo, stabiliscono che tutte le
ricerche che coinvolgono esseri umani,
comprese quelle effettuate su campioni
biologici, devono ricevere il parere favorevole da parte di un Comitato etico
indipendente che, nel caso dell’APSS
è il Comitato etico per le sperimentazioni cliniche (CESC). Anche gli studi di
tipo osservazionale/epidemiologico, che
non comportano modifiche alla normale pratica clinica, ma che prevedono
la raccolta dei dati sanitari dei pazienti, devono essere sottoposti al parere
del CESC se i dati raccolti vengono trasmessi a soggetti esterni all’APSS per
essere elaborati, da soli o unitamente a quelli provenienti da altri centri.
Non è invece necessario sottoporre al
CESC i progetti di ricerca realizzati tramite la raccolta di dati, retrospettiva o prospettica, effettuata da personale, dipendente o convenzionato, nell’ambito del
miglioramento della qualità assistenziale e che non prevedono il coinvolgimento di soggetti esterni all’APSS.
Il CESC aziendale esprime un parere in
merito a tutte le ricerche che coinvolgono soggetti che accedono alle strutture
del Servizio sanitario provinciale.
Sono oggetto di valutazione i progetti di ricerca su terapie farmacologiche,
dispositivi medici, test diagnostici, alimenti, interventi chirurgici e altre procedure interventistiche, linee – guida e
percorsi clinico – assistenziali, program-
mi di promozione della salute (compresi
i programmi di screening), sistemi organizzativi e processi.
Il CESC esprime inoltre parere in merito
alle richieste di utilizzo terapeutico di
medicinali sottoposti a sperimentazione
clinica (il cosiddetto “uso compassionevole”, come previsto dal decreto ministeriale dell’8 maggio 2003).
Quali sono i criteri utilizzati dal Comitato etico per le sperimentazioni cliniche
per esprimere i pareri?
La responsabilità principale del CESC è
quella di garantire la sicurezza ed i diritti dei soggetti coinvolti nei progetti di
ricerca; è però importante sottolineare
che la valutazione “etica” non può prescindere da quella degli aspetti metodologici, della rilevanza clinica dello studio
proposto e della trasferibilità dei suoi
risultati. Non può infatti definirsi “etico”
uno studio con disegno non adeguato,
che genera risultati non affidabili, scarsamente rilevanti o difficilmente trasferibili nel contesto clinico.
Gli aspetti metodologici/scientifici che
vengono valutati con particolare attenzione sono elencati di seguito:
• Le premesse e il razionale riportano
informazioni aggiornate sullo stato delle conoscenze, relativamente
all’argomento della ricerca?
• L’obiettivo (o gli obiettivi) dello studio
è definito in modo chiaro? La scelta
dell’endpoint primario è adeguata?
• Il disegno è coerente con l’obiettivo
proposto?
• La numerosità del campione ed i test
statistici permettono di rispondere al
quesito dello studio?
La valutazione del CESC si estende ad
altri aspetti relativi alla tutela dei soggetti inclusi negli studi, quali l’informazione
fornita agli stessi ed ai loro curanti, la copertura assicurativa e la riservatezza dei
dati personali (privacy). È compito del
CESC verificare, inoltre, che sia garantita
la pubblicazione dei risultati degli studi,
siano essi positivi o negativi.
Da chi sono nominati e come sono
scelti i componenti del CESC?
In Italia, la composizione dei comitati
etici che si occupano di ricerca clinica
(in particolare su farmaci, dispositivi
medici e alimenti) è stata recentemente ridefinita da un decreto del ministro
della Salute (decreto 8 febbraio 2013).
Essa deve garantire le qualifiche e le
esperienze necessarie a valutare tutti gli
aspetti dei protocolli proposti e i componenti devono possedere una documentata conoscenza ed esperienza nelle materie di competenza del comitato.
I componenti del CESC vengono nominati con delibera del direttore generale
e restano in carica per 3 anni (il mandato non può essere rinnovato consecutivamente per più di una volta); essendo
la nomina personale e fiduciaria, i componenti non possono delegare ad altri
la propria funzione, quindi non possono
farsi sostituire in caso di impossibilità a
partecipare alle sedute.
Il CESC elegge al proprio interno un presidente e un componente che lo sostituisce in caso di assenza.
L’aspetto più rilevante, oltre alla competenza tecnica, riguarda l’indipendenza dei comitati etici da ogni altra
influenza indebita; per questo motivo,
sono previste la presenza di almeno un
terzo di componenti esterni e l’assoluta
notizie
11
IL COMITATO ETICO PER LE SPERIMENTAZIONI
CLINICHE: DOMANDE E RISPOSTE
mancanza di subordinazione gerarchica
dei comitati nei confronti delle strutture
per le quali operano.
I componenti del comitato non devono
presentare cointeressi di tipo economico con le aziende che producono-
commercializzano prodotti sanitari (ad
esempio farmaci, dispositivi medici e
diagnostici in vitro).
Componenti aggiuntivi
Ruolo secondo D.M. 8 febbraio 2013
COMPOSIZIONE DEL COMITATO ETICO PER LE SPERIMENTAZIONI CLINICHE (aggiornata a settembre 2014)
Giorgio Camin
Servizio Ingegneria clinica
Ingegnere clinico (in relazione all’area medico-chirurgica oggetto dell’indagine con il dispositivo medico in
studio)
Antonio Costa
Servizio dietetica e nutrizione clinica, Ospedale di
Trento
Esperto in nutrizione (in relazione allo studio di prodotti alimentari sull’uomo)
Pierluigi De Bastiani
Dipartimento di psicologia e scienze cognitive,
Università degli studi di Trento
Esperto clinico (in relazione allo studio di nuove procedure tecniche, diagnostiche e terapeutiche, invasive e semi invasive)
Alberto Turco
Dipartimento di scienze della vita e della riproduzione, Università degli studi di Verona
Esperto di genetica (in relazione allo studio
di genetica)
Ruolo secondo D.M. 8 febbraio 2013
Giovanni Tognoni
presidente
Consorzio Mario Negri Sud
Farmacologo
Marina Ferri
vicepresidente
Servizio farmaceutico
Farmacista del Servizio Sanitario Regionale
Carlo Casonato
Facoltà di Giurisprudenza, Università degli studi
di Trento
Esperto di bioetica
Vittoria Cauvin
Unità operativa di pediatria, Ospedale di Trento
Pediatra
Giuseppina Ciraolo
Unità operativa di medicina legale
Medico legale
Flavio Corradini
Comitato difesa dei consumatori
Rappresentante del volontariato o
dell’associazionismo di tutela dei pazienti
Roberto Corrocher
Dipartimento di medicina, Università degli studi
di Verona
Clinico
Enzo Galligioni
Unità operativa di oncologia medica, Ospedale
di Trento
Clinico
Renzo Girardello
Unità operativa di geriatria, Ospedale di
Rovereto
Clinico
Roberta Iori
Unità operativa di cardiologia, Ospedale di
Trento
Rappresentante dell’area delle professioni sanitarie
Daniele Ortolani
Medico di medicina generale
Medico di medicina generale territoriale
Carla Sartori
Unità operativa di farmacia, Ospedale di
Rovereto
Esperto in dispositivi medici
Pierantonio Scappini
Direzione medica, Ospedali di Cavalese e di
Borgo Valsugana
Altro
Armando Toniolatti
Servizio affari generali e legali
Esperto in materia giuridica e assicurativa
Emanuela Zandonà
Servizio di governance clinica
Sostituto permanente del direttore sanitario
Maria Elisabetta Zanolin
Dipartimento di sanità pubblica e medicina di
comunità, Università degli studi di Verona
Biostatistico
12
notizie
Ufficio di segreteria tecnico - scientifica
email: [email protected]
Francesca Spadaro
Segreteria scientifica
Servizio farmaceutico
Mauro Guglielmo
Segreteria amministrativa
Servizio farmaceutico
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notizie
13
A VILLA ROSA DEBUTTA
LA CARDIOLOGIA RIABILITATIVA
LE DOMANDE PIÙ FREQUENTI SUGLI SCREENING
PER LA DIAGNOSI PRECOCE DEI TUMORI
Annalisa Bertoldi, Roberto Bonmassari
Anna Maria Moretti
Marco Clerici, Daniele Ortolani, Pasquale Laurino
Oggi, tra le attività sanitarie in grado
di prevenire o ridurre la gravità delle malattie, compaiono gli screening
per la diagnosi precoce di alcuni tumori. Attualmente i programmi di
screening proposti alla popolazione
adulta dal Servizio sanitario provinciale riguardano la prevenzione dei
tumori del collo dell’utero, della
mammella femminile e del grosso
intestino (colon e retto).
È vero che oggi si muore meno di tumore?
In Italia i tumori sono ancora la seconda
causa di morte, dopo le malattie cardiocircolatorie. Tuttavia, da alcuni anni,
i dati dimostrano una riduzione della
mortalità per tumore, dovuta all’aumento della sopravvivenza dei malati
per il miglioramento della diagnosi, più
precisa e più precoce, e per le nuove terapie oggi a disposizione.
Come ogni altro intervento sanitario
questi programmi presentano, però, dei
rischi e alcuni criticano la modalità di
fare comunicazione sugli screening per
la tendenza a sottolinearne i benefici e
a ridimensionarne i rischi. Altri mettono
in dubbio l’efficacia degli screening ma
l’opinione della comunità scientifica internazionale concorda sulla loro utilità,
poiché è stato dimostrato che le persone che si sottopongono regolarmente
ai test di screening presentano una riduzione della mortalità dovuta a questi
tumori.
Poiché non tutti gli interventi di prevenzione e di diagnosi precoce consigliati
dalle diverse fonti si basano su solide
prove di efficacia, condividere l’informazione sulle campagne di screening
appare oggi più che mai necessaria per
tutti i professionisti sanitari. Per questo
motivo il Dipartimento di prevenzione
dell’APSS, in collaborazione con la Scuola di formazione in medicina generale,
ha curato un breve vademecum per
risponde alle domande più frequenti
in tema di screening. Un’informazione
chiara e completa è l’unico modo per
mettere in grado le persone di scegliere
consapevolmente.
Cosa sono gli screening?
Gli screening sono interventi sanitari indirizzati alla popolazione per individuare una malattia prima che possa dare
gravi disturbi. Per mezzo di essi oggi è
possibile ridurre la mortalità per alcuni
tipi di tumore poiché si riduce il numero
di quelli diagnosticati in stadio avanzato, quando terapia e guarigione sono
più difficili. Gli screening garantiscono ai
cittadini equità di trattamento in quanto
le prestazioni sono gratuite.
Dipartimento di prevenzione
Unità operativa di cardiologia, struttura ospedaliera di Trento
La cardiologia riabilitativa (CR) viene
definita come «processo multifattoriale attivo e dinamico che ha il fine
di favorire, nel cardiopatico, la stabilità clinica, di ridurre le disabilità conseguenti alla malattia e di supportare
il mantenimento e la ripresa di un
ruolo attivo nella società, con l’obiettivo di ridurre il rischio di successivi
eventi cardiovascolari, di migliorare
la qualità di vita e di incidere complessivamente in modo positivo sulla
sopravvivenza» (World Health Organisation Expert Committee. Rehabilitation after cardiovascular disease
with special emphasis on developing
countries. Technical report series
Geneva: WHO 1993; 831:1-122).
Si tratta quindi di una branca della cardiologia che si occupa della gestione
iniziale e, talora, periodica del paziente post acuto. Ha solide evidenze di
efficacia nella riduzione della mortalità e dei nuovi eventi nel medio lungo
14
notizie
termine e di efficienza con un favorevole rapporto costo/beneficio in termini
prettamente sanitari ma anche sociali,
ovviamente se orientata al paziente selezionato correttamente.
L’introduzione nella realtà trentina della CR gestita dalla struttura cardiologica
ospedaliera risale a più di vent’anni fa.
Questa funzione è stata sempre svolta
con modalità di accesso in day hospital o ambulatoriale, in considerazione
dell’attività in regime di ricovero ordinario già ampiamente svolta da centri
convenzionati.
Nello specifico riguardo la Cardiologia
del Santa Chiara, il primo centro è stato
attivato all’ospedale di Mezzolombardo
nel 1999 e successivamente, in seguito
della chiusura del presidio ospedaliero, il centro è stato temporaneamente
spostato a Trento, a Villa Igea, già prevedendo, nel quadro di un progetto provinciale organico di riordino di tutta la
attività riabilitativa, la collocazione definitiva nel nuovo ospedale riabilitativo
Villa Rosa di Pergine.
Con uno sforzo organizzativo sostenuto
all’inizio di luglio di quest’anno si è provveduto al trasferimento della cardiologia riabilitativa da Villa Igea a Villa Rosa.
La nuova struttura appare, sotto il profilo costruttivo e logistico, eccellente, gli
spazi e la loro collocazione soddisfano le
esigenze dell’attività affidata e appaiono
favorevoli anche in un’ottica di potenziamento di quest’ultima.
Attualmente l’attività effettuata è articolata in: riabilitazione cardiologica in
day hospital, riabilitazione cardiologica
ambulatoriale, attività cardiologica
ambulatoriale per esterni.
Le attività principali che caratterizzano
la riabilitazione cardiologica sono rappresentate da: valutazione completa e
approfondita, sia clinica che strumentale, delle condizioni cliniche globali del
paziente; valutazione del rischio cardiovascolare globale; assistenza clinica volta
alla completa stabilizzazione delle condizioni cardiache e generali del paziente;
formulazione di un piano di trattamento
terapeutico personalizzato che deve includere anche la prescrizione di un programma di attività fisica; partecipazione
a lezioni di educazione sanitaria, dietologica e psicologica (aperte anche ai familiari) aventi l’obiettivo di far conoscere
i corretti stili di vita e dare informazioni
utili nei riguardi della prevenzione secondaria della malattia cardiaca.
L’attività riabilitativa viene svolta dal
lunedì al venerdì, con la possibilità di
adottare protocolli elastici di articolazione settimanale degli accessi, per superare il disagio dello spostamento giornaliero dalla propria residenza.
La durata del percorso riabilitativo è generalmente di quattro settimane.
Nell’anno 2013 i trattamenti riabilitativi
in regime di degenza diurna e ambulatoriale sono stati 287, l’attività ambulatoriale per esterni di 10.956 prestazioni.
La nuova collocazione e la riorganizzazione del centro, considerate le grandi
potenzialità strutturali in ambito riabilitativo, ma anche ambulatoriale, sono
presupposto per poter prevedere un
potenziamento della attività, ovviamente se sostenuto da un adeguamento del
personale coinvolto.
Scuola di formazione in medicina generale di Trento
Se sono così efficaci, perché non vengono attivati programmi di screening per
tutti i tumori?
Perché un programma di screening sia
efficace occorrono alcune condizioni,
tra cui quella di disporre di un valido test
che possa identificare il minor numero
possibile di falsi negativi (ossia soggetti che hanno la lesione ma risultano
normali al test) e di falsi positivi (ossia
quei soggetti che non hanno la malattia
ma che presentano un test anomalo).
Inoltre deve essere disponibile una terapia in grado di migliorare l’evoluzione
della malattia, altrimenti lo screening è
inutile e dannoso per il paziente, visto
che il decorso della malattia non verrà
modificato, oltre che rappresentare uno
spreco di risorse che potrebbero essere
impiegate in modo più vantaggioso per
la comunità.
Se lo screening rappresenta un beneficio in termini di salute, perchè non sottoporre tutti al programma?
I programmi di screening sono rivolti a
tutte le persone che rientrano in determinate fasce di età, nelle quali è più alto
il rischio di ammalare di tumore e quindi maggiore il beneficio della diagnosi
precoce.
Come tutti gli interventi sanitari, anche
gli screening presentano dei limiti e non
in tutte le situazioni «prima si scopre un
tumore e meglio è». La diagnosi precoce
può comportare, soprattutto nelle fasce
di età che non entrano in un programma
di screening, la possibilità di scoprire dei
tumori che potrebbero non dare problemi di salute nel corso dell’intera vita. In
questo caso si parla di sovradiagnosi.
Poiché, attualmente, non siamo in grado
di prevederne l’evoluzione, c’è il rischio
di sottoporre le persone a trattamenti
non necessari: in questo caso si parla di
sovratrattamento. Quindi solo nelle fasce di età individuate dai programmi di
screening il rapporto rischio-beneficio
risulta favorevole.
Se una persona manifesta dei sintomi e
vuole fare lo screening perchè non può
farlo?
In questo caso la persona può rivolgersi direttamente al proprio medico che
prescrive subito gli accertamenti sanitari più appropriati. È bene ricordare che
gli screening si rivolgono a persone che
nella maggior parte dei casi sono sane.
notizie
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LE DOMANDE PIÙ FREQUENTI SUGLI SCREENING
PER LA DIAGNOSI PRECOCE DEI TUMORI
Se un test di screening non rientra nella
normalità cosa succede?
Poiché la persona, fino a prova contraria, è sana, occorre verificare di non essere di fronte a un falso positivo, ossia
occorre confermare il test attraverso
un vero e proprio esame diagnostico
(esempio: esame istologico). Se l’approfondimento conferma la presenza
di una lesione la persona viene presa in
carico dallo specialista e, se necessario,
da un gruppo di specialisti per essere
sottoposta al trattamento migliore.
16
notizie
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http://www.apss.tn
può generare falsi allarmi e non fornire
alcun vantaggio sulla diagnosi precoce
dei tumori.
Non è possibile eliminare i falsi negativi, i falsi positivi e i cancri intervallo?
No, tutti gli esami hanno un grado di incertezza non eliminabile. Quello che si
può fare è ridurre al minimo le imprecisioni, attraverso una serie di controlli
che sono costantemente applicati e monitorati in tutti i programmi di screening
avviati.
Cosa succede se una persona richiamata non si sottopone ad approfondimento e preferisce attendere il successivo
invito di screening?
Questa decisione è molto pericolosa
per la salute della persona. Confermare
in tempi brevi la presenza di una lesione allo stato iniziale permette di intervenire precocemente con possibilità di
praticare una terapia conservativa, ossia
una terapia in grado di salvare l’integrità
dell’organo colpito dalla malattia e aumentare le possibilità di sopravvivenza.
E in caso di falso negativo?
La possibilità di un esame normale in
presenza di malattia purtroppo è un’eventualità che può verificarsi, anche se
in una bassa percentuale dei casi. In
pratica è come se la persona non avesse fatto lo screening. Inoltre potrebbe
comparire anche il cosiddetto cancro
d’intervallo, cioè quello che si manifesta
dopo un test di screening negativo, prima dell’invito successivo.
Queste situazioni devono indurre a non
sottovalutare la comparsa di sintomi e a
rivolgersi al proprio medico, anche se si
è aderito alle campagne di screening.
link
Se vi sono falsi negativi e cancri intervallo, non sarebbe meglio ridurre l’intervallo tra un test di screening e l’altro?
Poiché ogni tumore ha proprie caratteristiche di sviluppo temporale, gli
intervalli tra un test e l’altro sono stati
definiti in modo da bilanciare gli effetti
positivi con quelli negativi, questi ultimi presenti in ogni procedura sanitaria.
Aumentare il numero dei test, cioè sottoporre le persone sane a test più ravvicinati non solo non aumenta l’efficacia
del programma ma espone le persone
al rischio di esami e trattamenti talora
più dannosi che utili. Per questo è molto
importante attenersi al rispetto dei tempi consigliati dal personale sanitario che
gestisce gli screening.
Medici e specialisti non dovrebbero consigliare di ripetere gli esami
di screening ad intervalli diversi
da quelli previsti dai programmi, a
meno che non siano presenti indicazioni di tipo clinico, ossia condizioni
di sospetta malattia, o presenza di
sintomi.
Quindi non c’è alcuna possibilità di
prevenire questi tumori?
È bene ricordare che la comparsa di
molti tumori può essere notevolmente
ridotta attraverso stili di vita sani, che
devono diventare abitudini quotidiane.
Si parla, infatti, di mortalità evitabile
per tumore. Condurre una vita attiva,
adottare una sana alimentazione, ridurre il consumo di alcol e astenersi dal
tabacco sono comportamenti salutari
che concorrono alla prevenzione non
solo dei tumori ma anche delle malattie
croniche, come quelle cardiovascolari, il
diabete, le malattie respiratorie. Inoltre
per alcuni tipi di tumori, come quello
del fegato dovuto al virus HBV o della
cervice uterina dovuto agli oncovirus
HPV, oggi è disponibile la vaccinazione.
In questo caso si parla di prevenzione
primaria che, a differenza degli screening per la diagnosi precoce delle lesioni pre-cancerose, impedisce l’insorgenza delle lesioni stesse.
Esistono programmi di screening efficaci per la diagnosi precoce di altri tumori
che però non vengono attivati?
No. Da qualche tempo si parla di diagnosi precoce del tumore della prostata
e di quello del polmone. Allo stato attuale delle conoscenze, il Ministero della salute precisa, in accordo con linee
guida internazionali, che gli screening
di popolazione, per questi tumori, non
sono raccomandati poiché sarebbero
minori i benefici rispetto agli effetti negativi. Occorre anche attendere i risultati degli studi sugli effetti collaterali, quali
quelli dovuti alle radiazioni ionizzanti.
Raccomanda, inoltre, di non utilizzate a
scopo preventivo il test del PSA sopra i
70 anni e di non utilizzarlo come esame
di controllo periodico.
Anche la ricerca di altri marcatori tumorali (CEA, CA 15.3, CA 125, CA 19.9), tramite analisi del sangue, se eseguita al di
fuori di un percorso diagnostico mirato,
notizie
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ADDIO A SUOR MARIANNA DENTELLA,
FONDÒ LA SCUOLA INFERMIERI DI TRENTO
Anna Brugnolli, Marina Cuel, Luisa Saiani e Carlo Tenni
Si è spenta il 23 agosto scorso a Zogno, in provincia di Bergamo, suor
Marianna Dentella la fondatrice della Scuola infermieri di Trento. Era arrivata a Trento nel 1971 proveniente
dall’ospedale Niguarda Ca’ Granda
di Milano e per sedici anni ha diretto
la Scuola da lei fondata.
È stata per molti infermieri trentini una
guida: con lei si sono diplomati più di
800 studenti.
Dopo il suo pensionamento la conduzione della scuola è passata alle sue allieve
che hanno improntato l’attività didatti-
ca cercando di mantenere e sviluppare
nel tempo la sua eredità. Pubblichiamo
volentieri il ricordo che quattro ex alunni hanno di Suor Marianna, certi che,
senza di Lei, la formazione professionale degli infermieri trentini non sarebbe
riconosciuta per la competenza e l’alta
qualità professionale che l’ha sempre
contraddistinta.
Il ricordo di Suor Marianna è ancora
molto presente nelle storie personali
e professionali di molti di noi e quando gli infermieri si incontrano raccontano esperienze e aneddoti dai quali
emerge la sua severità, ma anche la
grande stima e affetto per Lei.
Suor Marianna era nata ad Aviatico in
provincia di Bergamo nel 1919. Ha dedicato la sua vita religiosa e professionale
alla formazione degli infermieri.
Nel 1987 dopo diciassette anni di direzione della scuola infermieri si è trasferita all’Istituto religioso delle suore di
Maria Bambina di Villazzano e nel 2011
alla Casa di riposo di Zogno, dove era
Superiora suor Giuseppina Chiocchetti,
che aveva condiviso con lei la direzione
della scuola.
31 luglio 1987, consegna delle chiavi a Luisa Saiani, nuova direttrice della Scuola infermieri.
Foto di gruppo degli ultimi diplomati di Suor Marianna.
18
notizie
Con il suo approccio formativo Suor
Marianna intendeva preparare infermieri con uno stile di azione e di comportamento orientato alla dedizione
verso i malati e i familiari, capaci di assistere con competenza, rispetto, precisione e attenzione globale alla persona.
Il suo impegno era volto non solo a formare infermieri di qualità, ma a sviluppare personalità libere e responsabili.
Integrava i valori della tradizione infermieristica con elementi di modernità,
proponeva una formazione scientifica
rigorosa, etica, morale ma contestualmente innovativa coinvolgendo, per
esempio, docenti universitari di discipline e saperi emergenti come sociologia o
antropologia. Nella formazione considerava il tirocinio l’ambito più importante
ed efficace, quello della sintesi e dell’identità professionale e spesso richiamava anche gli infermieri dell’ospedale
quando non erano di esempio positivo
per gli studenti.
Suor Marianna non ammetteva deroghe
né sui modi né sui tempi del tirocinio:
lo voleva formativo, guidato, negoziava
con determinazione con l’amministrazione la dotazione di caposala didattici
per affiancare e guidare gli studenti, per
prevenire possibili disguidi o errori sui
pazienti, per dare coerenza al progetto
formativo. Lei stessa leggeva le relazioni
e i “rapporti notte” degli studenti, precisava, correggeva, integrava e il momento in cui riconsegnava il testo diventava
occasione di incontro personale per far
riflettere, incoraggiare e orientare.
Suor Marianna è stata una grande
educatrice, dotata di personalità carismatica, ricca di doti: saggia, intelligente, aperta, desiderosa di giovare a
coloro a cui sapeva di essere chiamata
a far crescere come persone e come
professionisti.
notizie
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PROGETTO NATHCARE,
UNA RETE DI SEI SISTEMI SANITARI ALPINI
Michela Dalmartello, Emanuele Torri
Dipartimento salute e solidarietà sociale,
Provincia autonoma di Trento
Nell’autunno del 2012 ha preso avvio il progetto Nathcare, acronimo di Networking alpine health for continuity
of care. Il progetto, cofinanziato dal Fondo europeo di
sviluppo regionale attraverso il programma di cooperazione territoriale europea «Spazio alpino 2007-2013»,
coinvolge undici partner nella zona alpina di Austria,
Francia, Germania, Italia, Slovenia e Svizzera. Esso si sviluppa nell’arco di 34 mesi, fra settembre 2012 e giugno
2015, con un budget di complessivo 2.673.000 euro, di
cui 200 mila assegnati alla Provincia autonoma di Trento, impegnata per la prima volta in un progetto in ambito sanitario nello Spazio alpino.
Il progetto Nathcare mira a creare una rete transnazionale
di sistemi sanitari che si basa sulla centralità della persona
nell’assistenza, attorno alla quale si vogliono costruire e offrire servizi più efficaci, tramite la condivisione di risorse, esperienze e migliori pratiche tra sei paesi dell’arco alpino.
Uno degli obiettivi
del progetto è lo sviluppo di una piattaforma informatica
che impieghi servizi
innovativi per incrementare la continuità assistenziale.
Essa favorirà la comunicazione e condivisione di informazioni, per creare una forte integrazione e
sinergia tra tutti gli operatori sanitari coinvolti nel percorso
assistenziale e con lo stesso paziente, affinché diventi soggetto attivo nei processi decisionali che riguardano la sua salute.
Nathcare si propone di incidere su un’area geografica dove il
cambiamento socio-demografico ed epidemiologico comporta l’esigenza di riorganizzare i servizi e migliorare la qualità
assistenziale, specie in contesti come quelli montani dell’arco
alpino, problematici da un punto di vista logistico, ma dove la
vitalità e le risorse delle comunità locali offrono molte opportunità di sviluppo e riqualificazione.
La cooperazione territoriale può quindi offrire un mezzo
tramite il quale ogni regione coinvolta può incrementare la
20
notizie
Giandomenico Nollo
Innovazione e ricerca clinica in sanità,
Fondazione Bruno Kessler
qualità della vita e dei servizi delle aree periferiche. È obiettivo di questo tipo di progetti la valorizzazione delle esperienze
territoriali dell’area di cooperazione mediante la ricerca di soluzioni che possano
essere adattate alle
differenti esigenze
di ciascuna realtà.
Nel progetto Nathcare, ad esempio,
è stata garantita
la diversificazione
degli oggetti degli
studi pilota: ogni
territorio ha avuto la possibilità di scegliere un ambito assistenziale di lungo periodo e la Provincia di Trento ha scelto
il percorso nascita nel quadro della fisiologia, con una forte
valorizzazione della figura dell’ostetrica. La zona attualmente
impegnata nell’organizzazione del nuovo servizio, con il coinvolgimento di servizi distrettuali e ospedalieri, è la Comunità
delle Giudicarie (ndr. si veda l’articolo pubblicato sullo scorso
numero di APSS Notizie: numero 2, anno 13, giugno 2014).
La partecipazione della Provincia autonoma di Trento al progetto rappresenta un’opportunità per rafforzare un percorso
già in atto per lo sviluppo dell’integrazione assistenziale e della gestione sicura ed efficiente del percorso nascita, mettendo al servizio del cittadino i risultati di ricerca e innovazione
nell’ambito dell’ICT e della rete di cooperazione scientifica
europea.
Il progetto Nathcare mira quindi, nel suo complesso, ad accrescere «Competitività e attrattiva dello Spazio alpino» (Priorità
1 del programma operativo Spazio alpino) tramite approcci integrati in contesti in cui la cooperazione transnazionale risulta
più efficace delle iniziative individuali o può supportare e dare
valore aggiunto al conseguimento di soluzioni innovative e sostenibili per tutti.
link
Ritorna dopo un anno la rubrica che
presenta gli avvicendamenti negli incarichi di strutture complesse
dell’APSS. Per motivi di spazio sono
pubblicati solo gli avvicendamenti
dei dirigenti apicali, dato il considerevole numero di persone che nel
corso dell’anno lasciano, iniziano o
cambiano attività all’interno dell’azienda. Questo piccolo spazio vuole
tuttavia essere un benvenuto a tutti
i nuovi dipendenti e un ringraziamento a coloro che hanno lavorato
per la sanità trentina.
Quest’anno sono stati nominati direttori di unità operativa:
Raffaella Bianchi è direttore dell’ospedale Valli del Noce di Cles dal 1° agosto.
Elena Bravi è direttore dell’unità operativa di psicologia del Distretto centro
nord dall’8 settembre.
Fabrizio Cortese è direttore dell’unità
operativa di ortopedia e traumatologia
dell’ospedale Rovereto dal 16 giugno.
Mario Grattarola è direttore dell’ospedale di Trento dal 1° agosto.
Federica Romanelli è direttore dell’unità operativa di oculistica dell’ospedale
Rovereto dal 19 maggio.
Nell’ultimo periodo hanno lasciato
l’APSS:
Luigi Battaia direttore dell’unità operativa di medicina generale dell’ospedale
di Tione.
Mauro De Concini direttore dell’unità
operativa di oculistica dell’ospedale di
Trento.
Paolo Dalla Palma direttore dell’unità
operativa di anatomia patologica dell’ospedale di Trento.
Ernesto Rosati direttore dell’unità operativa di psicologia del Distretto centro
nord.
Dario Visconti direttore dell’unità operativa di radiologia diagnostica dell’ospedale.
Egidio Dipede è direttore dell’unità operativa di medicina generale dell’ospedale di Tione dal 1° giugno.
reproject.eu
http://www.nathca
notizie
21
LAVORI IN CORSO
Mauro Trentinaglia
Servizio immobili e servizi tecnici
Per ridurre i rischi di malfunzionamento, gli impianti e le strutture
utilizzate dall’APSS sono sottoposti
a vari tipi di intervento da parte del
Servizio immobili e servizi tecnici:
manutenzione programmata, monitoraggio dei singoli componenti
mediante sistemi di telecontrollo,
verifiche periodiche sul funzionamento dei singoli componenti o
parti dell’impianto, manutenzione
a richiesta degli utilizzatori e in caso
di guasto interventi del personale
in servizio o in pronta disponibilità
ventiquattro ore su ventiquattro.
La verifica dei componenti edilizi viene
effettuata dal personale aziendale che
provvede all’ispezione periodica dei percorsi, dei chiusini e delle caditoie, della
segnaletica, dello stato delle pavimentazioni, delle porte, delle parti appese
quali corpi illuminanti e controsoffitti,
oltre alla verifica della presenza di eventuali gocciolamenti e di rami pericolanti
intervenendo in caso di anomalie.
La gestione degli impianti termo meccanici di riscaldamento, di raffrescamento
e idraulici avviene tramite la centrale
operativa attiva ventiquattro ore su ventiquattro che offre servizi di call center,
gestione interventi su chiamata, gestione manutenzione programmata e telecontrollo degli impianti. L’attività è tracciata mediante un sistema informativo
dedicato.
L’approvvigionamento dei gas medicinali è garantito mediante fonte ordinaria,
di riserva e di emergenza. La manutenzione dei singoli componenti è programmata a cadenze definite e i sistemi sono
22
notizie
telecontrollati con protocolli di intervento in caso di anomalie.
Gli impianti elettrici sono ispezionati regolarmente. In particolare gli impianti
di terra e di protezione dalle scariche
atmosferiche sono ispezionati ogni due
anni da un Ente terzo certificato. Il personale elettricista interno esegue, invece, la verifica degli interruttori differenziali una volta all’anno, quella dei nodi
equipotenziali e dei dispersori di terra
ogni tre anni e quella dei trasformatori
di isolamento ogni sei mesi. Le lampade
di emergenza sono verificate una volta
all’anno, così come le cabine di media
tensione.
presente un sistema di telecontrollo che
allerta il personale in caso di malfunzionamenti.
Tutti gli impianti relativi ai dispositivi di
protezione incendio (estintori, idranti e
naspi, idranti esterni, armadi tipo A e B,
rilevatori di fumo, porte REI, gruppi di
surpressione, impianti sprinkler, piazzola elicotteri) sono oggetto di manutenzione programmata a scadenza regolare.
Oltre a garantire la disponibilità e funzionalità degli immobili sono attualmente in corso 127 cantieri per nuove
realizzazioni (di importo superiore a 40
mila euro).
La fonte alternativa di energia elettrica
in caso di black-out è garantita da gruppi elettrogeni che intervengono entro
20 secondi dal black-out. Con procedura
condivisa con la direzione dell’ospedale vengono eseguite una prova a vuoto
ogni mese ed una prova a carico ogni
quattro mesi. Ogni gruppo è oggetto di
manutenzione programmata.
• Risanamento conservativo ex convitto Silvio Pellico. Nel 2013 la Provincia autonoma di Trento ha comunicato che l’edificio verrà destinato
completamente a fini scolastici per il
Comune. Sono in corso di perfezionamento gli atti necessari per la variante
progettuale (importo totale 7 milioni
760 mila euro di cui 4 milioni 495 mila
euro per intervento APSS).
• Struttura sanitaria di Ala. Adeguamento antincendio (335 mila euro).
I gruppi soccorritori alimentano le lampade di emergenza ed intervengono
entro 0,5 secondi dal black-out. Ogni
gruppo è oggetto di manutenzione programmata ogni sei mesi.
I gruppi di continuità, che garantiscono
il funzionamento in caso di black-out
per i dispositivi più importanti (blocchi
operatori, terapia intensiva, ecc.), sono
telecontrollati e sottoposti a manutenzione programmata ogni sei mesi.
Per gli ascensori viene effettuata una
manutenzione programmata ogni sei
mesi e una verifica ispettiva da parte di
Ente terzo certificato ogni due anni. È
ALA
ARCO
• Potenziamento della rete di emergenza del monoblocco. È previsto il
recupero del gruppo elettrogeno da
800 kVA dall’ospedale di Rovereto
(150 mila euro).
BORGO VALSUGANA
• Messa a norma antincendio dell’ospedale San Lorenzo. L’intervento riguarda l’Edificio principale (428 mila
euro) e l’ex Sanatorio ed Edificio servizi (675 mila euro).
CAVALESE
• Riqualificazione stanze degenza blocco ovest e sostituzione serramenti
esterni. L’intervento prevede la riqualificazione delle stanze di degenza del
blocco ovest trasformando le attuali
stanze in camere a tre posti letto con
bagno privato. In tutto saranno realizzate dieci camere con bagno (747 mila
euro).
CLES
• Unità operativa di radiologia diagnostica. I lavori riguardano l’adeguamento degli spazi finalizzati alla ricollocazione dell’area TAC (480 mila euro).
• Adeguamento di una parte dell’ex Laboratorio analisi. I lavori sono necessari per realizzare spazi idonei per l’unità raccolta sangue al piano rialzato
del corpo ambulatori (200 mila euro).
MEZZOLOMBARDO
• Appalto misto per la ricostruzione
del presidio sanitario integrato e la
gestione servizi tecnici. L’opera prevede la realizzazione di un edificio di
44 mila metri cubi circa che conterrà
ambulatori infermieristici, medicina di
base, Centro salute mentale, Centro
per i disturbi del comportamento alimentare, specialistica ambulatoriale,
hospice e degenza territoriale. L’opera
è seguita dalla Provincia autonoma di
Trento (importo dell’opera 23 milioni
500 mila euro, importo per la gestione
750 mila euro all’anno per nove anni).
PERGINE VALSUGANA
• Riqualificazione funzionale e messa a
norma di Maso San Pietro e Maso Tre
Castagni. Lavori eseguiti tramite convenzione con la Fondazione opera San
Camillo. Ultimato l’intervento a Maso
Tre Castagni, in corso quello a Maso
San Pietro (486 mila euro).
• Cardiologia riabilitativa. Lavori necessari per il trasferimento della cardiologia riabilitativa da Villa Igea al Villa Rosa
(204 mila euro). Intervento ultimato.
• Deposito temporaneo rifiuti. I lavori
consistono nella realizzazione di un
ampio piazzale asfaltato e recintato
con all’interno box e pensilina (405
mila euro).
PINZOLO
• Nuovo presidio socio sanitario. L’intervento prevede la realizzazione di
dieci nuovi ambulatori di cui cinque
dedicati alla medicina generale in un
edificio che sorgerà in prossimità della
RSA «Abelardo Collini». (totale stimato un milione 950 mila euro di cui 400
mila a carico del Comune di Pinzolo).
Lavori avviati nell’estate 2014.
ROVERETO
Ospedale Santa Maria del Carmine
• Realizzazione blocco operatorio ostetrico, blocco parto, nido e locali di
supporto. Al 7° piano dell’edificio degenze, l’intervento prevede la realizzazione di una sala operatoria dedicata,
la riqualificazione del blocco parto con
tre sale travaglio/parto e la riqualificazione del nido (importo dei lavori 4
milioni 190 mila euro).
• Riqualificazione involucro edificio degenze. L’intervento migliorerà notevolmente il comfort termico dell’edificio degenze sostituendo i serramenti
e applicando un cappotto isolante alla
facciata dell’edifico (5 milioni 400 mila
euro. Lavori ultimati.
• Nuova dialisi. L’intervento riguarda la
realizzazione della nuova dialisi per 14
posti letto, utilizzando gli spazi di una
corte interna dell’ospedale (2 milioni
800 mila euro).
• Magazzini farmacia, area uffici e laboratorio. I lavori riguardano l’adeguamento strutturale e antincendio
dei magazzini farmacia e la ristrutturazione dell’area uffici e laboratorio (707
mila euro).
• Realizzazione di sorgenti di sicurezza
elettrica a servizio del corpo degenze.
Si prevede una nuova rete di distribuzione elettrica principale dei circuiti di
emergenza e la fornitura di gruppi di
soccorso a servizio delle nuove dorsali
(630 mila euro).
notizie
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OSPEDALE DI TIONE, FOCUS SULLA
RISTRUTTURAZIONE
LAVORI IN CORSO
Claudio Cortelletti
Servizio immobili e servizi tecnici
ROVERETO
• Realizzazione nell’area «ex Bimac»
del nuovo Centro servizi sanitari. Nel
corso del 2012 si è conclusa la riprogettazione prevedendo di centralizzare nell’area anche le attività ora collocate in via San Giovanni Bosco e piazza
Leoni. I lavori sono in corso (14 milioni
di euro) e ne è previsto il completamento nel 2015.
TRENTO
• Villa Igea. È in corso l’attivazione degli
spazi per la formazione sulle emergenze ostetriche (195 mila euro).
• Banca del Sangue. Lavori di manutenzione straordinaria nell’area laboratori
di via Malta (240 mila euro).
• Edificio ex casa di riposo. L’intervento
riguarda l’adeguamento antincendio
dell’edificio (550 mila euro). I lavori
sono in corso.
• Area ambulatoriale al 1° piano. Si
tratta della realizzazione di cinque ambulatori per ostetricia e ginecologia,
servizi igienici e spogliatoi (530 mila
euro). Lavori in corso.
• Ristrutturazione dell’area attesa del
centro prelievi. I lavori in corso di
completamento riguardano la ristrutturazione dell’area attesa del centro
prelievi e lo spostamento e ampliamento dell’area stoccaggio liquidi di
laboratorio (286 mila euro).
• Impianti elevatori. L’intervento prevede la sostituzione completa di quattro
elevatori dell’edificio degenze (370
mila euro).
• Cucina centrale. I lavori riguardano
la sostituzione del pavimento e il rifacimento dei rivestimenti (160 mila
euro).
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notizie
TRENTO
Ospedale Santa Chiara
• Adeguamento antincendio dell’ospedale. (2 milioni e 50 mila euro).
• Mensa e cucina. Riqualificazione dei
locali dedicati al servizio mensa ospedaliera (708 mila euro). Lavori in corso
di completamento.
• 5° piano e 6° piano. Si procederà al
trasferimento del day hospital medico
dal 5° al 6° piano e ad effettuare opere di manutenzione straordinaria al 5°
piano (522 mila euro).
• Compartimentazione e nuove uscite
d’emergenza. I lavori coinvolgono le
scale esterne antincendio, sul lato est
ed ovest dell’edificio degenze (6°, 5°,
4°, 3°, 2° e 1° piano del Corpo C) quali
vie di fuga antincendio (306 mila euro).
• Sistema radiologico telecomandato.
Installazione del sistema e sistemazioni varie (220 mila euro)
• Adeguamento strutturale sala radiologica. L’intervento viene effettuato
per permettere la sostituzione dell’apparecchiatura radiologica in sala 9
(106 mila euro).
• 2° piano. Opere di manutenzione straordinaria (200 mila euro).
Dal 2008 il presidio ospedaliero di
Tione è interessato da importanti lavori di ristrutturazione e di adeguamento.
I lavori hanno previsto cinque tipologie di intervento per un totale di
19 milioni e 600 mila euro. Si tratta
della realizzazione di nuova elisuperficie idonea per il volo notturno con
elicotteri tipo Agusta AW139 (opera
in funzione), realizzazione di nuovo
parcheggio a monte dell’ospedale
per un totale di 105 posti macchina
(opera in funzione), costruzione delle centrali tecnologiche (centrale con
i gruppi elettrogeni, centrale frigorifera, centrale dei gas medicali) e della rete infrastrutturale degli impianti
(opera in funzione), ristrutturazione interna del corpo nord, verso la
valle Rendena (opera in funzione),
realizzazione di una parte dei lavori di adeguamento antincendio e di
adeguamento ai requisiti minimi per
l’autorizzazione sanitaria (lavori in
corso) nonché l’adeguamento antisismico della struttura realizzata nei
primi anni ‘80.
(endoscopia digestiva, piccoli interventi,
otorino, ecodoppler, visita) con i relativi
locali di supporto e al terzo piano un’area dotata di spazi e impianti versatili
e idonei sia per degenza che per aree
amministrative, quindi con destinazione
d’uso variabile a seconda delle esigenze
del presidio.
Questo intervento oltre a costituire un
miglioramento del comfort per utenti e
personale ha consentito anche importanti innovazioni organizzative. La nuova area di degenza della Medicina, completa di guardiola infermieri posizionata
centralmente al piano, ha consentito di
riorganizzare la gestione con un unico
punto di presidio infermieristico garantendo nel contempo la disponibilità di
un maggior numero di posti letto. L’area ambulatoriale del secondo piano è
dotata di spazi e attrezzature moderne
(colonne pensili con le apparecchiature
per l’endoscopia, scialitiche performanti
e molto maneggevoli, sistemi di disinfe-
zione degli endoscopi che garantiscono
qualità e durata dei trattamenti) che
rendono gli ambienti idonei per attività
medico/chirurgiche tipiche delle strutture di dimensioni maggiori.
Sull’esterno dell’edificio realizzato nei
primi anni ottanta in calcestruzzo armato si vedono i quattro tralicci metallici
che “legano e stabilizzano” l’edificio in
caso di sisma, il tutto anche mediante la
collaborazione di travi metalliche passanti da una parte all’altra della struttura e mascherate sotto i controsoffitti (si
veda foto).
Gli interventi descritti, “disegnati” dalle
norme e dalle condizioni dell’organizzazione, costituiscono un importante tassello degli interventi edilizi in corso nei
presidi della provincia e aiuteranno la
stessa organizzazione a fornire all’utenza segnali tangibili di miglioramento dei
servizi erogati.
La ristrutturazione del corpo nord, in
direzione della valle Rendena, è stata
ultimata nel mese di luglio 2014 e ha
riguardato sei piani dell’edificio: al secondo piano seminterrato sono stati
realizzati i locali tecnici con le macchine
di trattamento dell’aria e i locali con i
quadri elettrici, al primo piano seminterrato gli spogliatoi di tutto il personale
e il guardaroba con la biancheria pulita,
al piano terra il pronto soccorso provvisorio, al primo piano un’area di degenza per la Medicina, al secondo piano
un’area ambulatoriale multidisciplinare
notizie
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CINEMA E SALUTE
a cura di
Mauro Bertoluzza
I CORPI ESTRANEI
la ricetta salutare
ORZOTTO AGLI AROMI CON PESCATRICE
INGREDIENTI
PROCEDIMENTO
• 600 ml di brodo vegetale
• 500 g di rana pescatrice (o coda di
rospo)
• 200 g di orzo perlato (o integrale)
• 100 ml di vino bianco
• 50 g di farina 00
• 30 g di olio extravergine d’oliva
• 1 cipolla bianca
• misto di aromi (rosmarino, salvia,
origano, alloro, aglio, bacche
di ginepro, prezzemolo, ecc.)
• sale
Pulire il pesce, eliminando la pelle e la
lisca centrale, tagliare la polpa in dadi di
circa un centimetro per lato, salare e lasciar riposare per mezz’ora circa.
In una casseruola stufare la cipolla tritata con mezza foglia d’alloro e un pizzico
di sale, aggiungere l’orzo, bagnare con
il brodo vegetale e cuocere lentamente
come un risotto.
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notizie
In un saltiere antiaderente ben caldo
rosolare i pezzi di pesce leggermente infarinati con poco olio, aggiungere il vino
bianco, far evaporare e bagnare con un
mestolino di brodo vegetale, lasciare
cuocere per alcuni minuti.
A cottura dell’orzo ultimata (mezz’ora
circa), togliere la casseruola dal fuoco,
aggiungere il trito di aromi e mantecare
con un filo di olio extravergine d’oliva.
Servire assieme ai bocconcini di pesce,
eventualmente aromatizzati con un po’
di pomodoro e basilico.
Il film di Mirko Locatelli può essere inteso sia come un lungo viaggio nella sofferenza di un padre sia come un percorso
nel confronto con gli altri. Antonio è un
padre amoroso, capace di tenerezze insospettabili e al tempo stesso è rozzo,
diffidente, sospettoso nei confronti di
tutto ciò che non rientra nel suo campo di conoscenze, pieno di prevenzioni
e pregiudizi. Si adegua presto alle esigenze e alle convenzioni della vita ospedaliera, della quale è ospite forzato in
quanto accompagnatore, ma non riesce
ad accettare coloro che si trovano nella sua stessa condizione, soprattutto se
sono stranieri, se appartengono a culture e tradizioni diverse (si chiede se è
giusto che ricorrano alle stesse strutture
sanitarie). Per lui il giovane maghrebino Jaber, con cui incrocia il destino, o il
meccanico marocchino che gli risolve un
problema all’auto, o lo zingaro Eugenio,
sono tutti “arabi” che si esprimono e
pregano in modi ridicoli.
Di Antonio non si sa molto, il suo accento rivela un’origine umbra, è operaio o
forse un artigiano, ha moglie e altri figli più grandi, il suo pensiero è limitato,
la sua religiosità superficiale. Stridente
emerge la sua differenza con Jaber, che
appare dotato di una consapevolezza
superiore, di una serenità interiore, di
una religiosità profonda, di una capacità
di condivisione dei sentimenti.
Quanto più Jaber gli offre solidarietà
(“come sta tuo figlio?”), conforto (“pregherò per tuo figlio”), aiuto pratico (il
lavoro all’ortomercato, la sostituzione
della batteria) tanto più Antonio si richiude a riccio, pronto a esplodere in
un gesto di rabbia quando vede il maghrebino cospargere il corpo del proprio figlio con un misterioso unguento
(“lo farà puzzare come voi”). Altrettanto poco si sa di Jaber, che nonostante
la sua presenza nel racconto sia minoritaria, è il vero protagonista del film.
Il mondo che lui rappresenta è uno
dei molti mondi diversi con i quali fare
i conti: saremo in grado di stabilire un
dialogo fatto di comprensione e di tolleranza reciproche, di cooperazione? Il finale aperto del film lascia intendere che
forse è possibile, seppure attraverso un
percorso complesso. “I corpi estranei”
è un film oscuro, domina il buio nelle
viscere dell’ospedale, dell’ortomercato, delle notturne strade cittadine. È un
film dove si coglie l’angoscia della malattia, ma anche quella della mancata
comunicazione, è un film del quotidiano
dove assumono valenza anche piccole
componenti come uno sciacquone da
riparare o un distributore automatico
riluttante, o i rituali della mensa self
service. Mirko Locatelli privilegia i piani
ravvicinati, un ritmo lento come i movimenti del protagonista; al sonoro concorrono, in armonia con gli scarni dialoghi o i monologhi telefonici, i rumori
di fondo e i discreti interventi musicali
dei Baustelle. Intensa la recitazione di
Filippo Timi nella parte di Antonio, che
occupa costantemente la scena senza
mai invaderla.
Antonio arriva dall’Umbria a Milano presso un centro oncologico pediatrico con il suo bambino Pietro,
pochi mesi e una grave malattia da
curare.
I giorni trascorrono lentamente tra
l’accudire il bambino, le telefonate
a casa, le incombenze quotidiane,
la ricerca di un lavoro in nero per
sopperire alle spese e soprattutto
l’ambientarsi in quel piccolo universo ospedaliero.
Incontra Jaber, un giovane maghrebino che assiste un amico malato,
un contatto che è contrasto prima
ancora che confronto.
Inizialmente reticente a fidarsi,
Antonio scopre in Jaber un’anima
parallela con cui dialogare in quel
luogo di dolore e speranza.
Regia di Mirco Locatelli
(Italia 2013)
notizie
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notizie
Azienda provinciale per i servizi sanitari |Provincia autonoma di Trento | Via Degasperi 79, Trento Tel. 0461 904111 / 0461 904171| www.apss.tn.it