CONFIMI

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Rassegna Stampa del 24/09/2014
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INDICE
CONFIMI
24/09/2014 La Stampa - Biella
"Attraverso il '900" L'omaggio di Candelo al poeta Pippo Pozzi
6
24/09/2014 Il Giornale del Piemonte
Dal bosco al mobile: in Piemonte nasce il «Cluster del Legno»
9
24/09/2014 Il Quotidiano della Basilicata
Su Rai3 dal lavoro all'Isis
10
24/09/2014 Il Quotidiano di Calabria - Catanzaro
Su Rai3 dal lavoro all'Isis
11
24/09/2014 Prima Pagina - Modena
Aniem: «Bene Renzi, riforma del lavoro non più rinviabile»
13
24/09/2014 Prima Pagina - Reggio Emilia
Aniem: «Bene Renzi, riforma del lavoro non più rinviabile»
15
CONFIMI WEB
23/09/2014 ilcentro.gelocal.it 13:26
Carichieti, Sora sventa la fuga dei clienti
18
23/09/2014 agenparl.com 15:14
LAVORO: ANIEM, BENE RENZI, RIFORMA DEL LAVORO NON PIU' RINVIABILE
19
23/09/2014 trapaniok.it 19:46
ANIEM Sicilia: impignorabilità dei beni mobili e immobili d´impresa
20
SCENARIO ECONOMIA
24/09/2014 Corriere della Sera - Nazionale
La grande truffa dell'Iva in Italia per finanziare i gruppi islamici
22
24/09/2014 Corriere della Sera - Nazionale
Ecco le norme su falso in bilancio e autoriciclaggio
24
24/09/2014 Corriere della Sera - Nazionale
Finiper, 200 milioni dalle banche per l'ex Alfa di Arese
26
24/09/2014 Il Sole 24 Ore
Cento giorni per mettere in rotta la barca Italia
27
24/09/2014 Il Sole 24 Ore
Bonanni lascia la guida della Cisl: «La linea sul lavoro non cambierà»
29
24/09/2014 Il Sole 24 Ore
Taddei: tutele e flessibilità nella riforma
31
24/09/2014 Il Sole 24 Ore
La nuova normalità cinese
33
24/09/2014 Il Sole 24 Ore
La regia della Bce di Draghi
35
24/09/2014 Il Sole 24 Ore
De Benedetti: articolo 18 problema minore
37
24/09/2014 Il Sole 24 Ore
«Per Pioneer avanti con Santander»
38
24/09/2014 Il Sole 24 Ore
Intesa cambia la Banca dei Territori
40
24/09/2014 La Repubblica - Nazionale
Padoan: manovra per la ripresa non per il deficit
41
24/09/2014 La Repubblica - Nazionale
Scaroni: i miei conti? Ho guadagnato soltanto soldi puliti
44
24/09/2014 La Repubblica - Nazionale
Danni ambientali e ruolo dei Riva frenano lo sbarco di Arcelor Mittal all'Ilva di
Taranto
46
24/09/2014 La Repubblica - Nazionale
Ue, nuova offensiva anti-Google nel mirino di Bruxelles il traffico deviato su Youtube
47
24/09/2014 La Repubblica - Nazionale
Unicredit ha scelto polo Pioneer-Santander nel risparmio gestito
49
24/09/2014 La Stampa - Nazionale
Se l'Italia è verde solo a parole
50
24/09/2014 La Stampa - Nazionale
"Stress test più morbidi per Berlino"
51
24/09/2014 MF - Nazionale
Draghi convoca le banche sotto stress
53
24/09/2014 MF - Nazionale
Generali, cedolone dall'Italia
54
SCENARIO PMI
24/09/2014 Il Sole 24 Ore
Male l'indice Pmi in Europa, Borse giù
56
24/09/2014 Il Messaggero - Roma
Piccole e medie imprese è cominciata la risalita
57
24/09/2014 Libero - Nazionale
Altro che Silicon Valley Il premier ascolti i nostri imprenditori
58
24/09/2014 ItaliaOggi
Cibi d'Italia in Cina con un click
60
24/09/2014 ItaliaOggi
Nasce un fondo per sviluppatori agro-web
62
24/09/2014 MF - Nazionale
china desk
63
CONFIMI
articoli
24/09/2014
La Stampa - Biella
Pag. 56
(diffusione:309253, tiratura:418328)
La Via Francigena
è un'opportunità
Il Rotary Club Biella ha ospitato Alberto Conte che ha presentato una relazione sul tema "Via Francigena:
percorsi nel territorio biellese". Milanese d'origine, da una decina d'anni s'impegna nella divulgazione del
"viaggio lento" ed è consulente tecnico del Ministero Beni e Attività Culturali per la valorizzazione
dell'itinerario. Era presente anche Stefano Mosca, direttore dell'Atl. Il relatore ha illustrato le origini storiche
della via che, già nell'Alto Medio Evo, congiungeva Canterbury con Roma per poi proseguire anche verso
Gerusalemme; ha dato risalto all'interesse che negli ultimi anni coinvolge un sempre più ampio numero di
persone che percorrono le vie di fede e le opportunità di sviluppo turistico nel Biellese, attraversato dalla "Via
Francigena" nei territori dei comuni di Roppolo, Viverone e Cavaglià.
sergio ramella Un referendum
contro l'austerità
Sappiamo bene quanto ogni giorno le imprese debbano combattere contro una recessione che non molla la
presa. Una realtà che travalica le tante dichiarazioni ottimistiche e le promesse di interventi concreti che, fra
l'altro, stentano ad arrivare. Le nostre istanze - quelle che Api Torino e Confimi Impresa ogni giorno cercano
di difendere e far conoscere - sono chiare e semplici: meno burocrazia, una riforma seria del mercato del
lavoro, pagamenti in tempi europei, strumenti efficaci per i mercati esteri, una politica attenta e non avulsa
dalla realtà. Servono strumenti per la crescita. Ma è necessario anche fare i conti con le leggi che regolano il
nostro Paese. Per questo, invitiamo tutti a sostenere la raccolta firme per 4 referendum abrogativi
caratterizzati da uno slogan significativo: "Stop all'austerità, sì alla crescita, si all'Europa del lavoro e di un
nuovo sviluppo". Si tratta di quattro quesiti che hanno l'obiettivo di modificare il contenuto della Legge 243 del
2012 che ha introdotto il meccanismo del Fiscal Compact in Italia e una serie di politiche austere che stanno
aggravando la recessione del nostro Paese. I referendum sono promossi da un Comitato composto da
imprenditori, docenti universitari, esperti di economia e diritto che agiscono sulla base della constatazione
che tutte le politiche messe in atto sulla base dell'austerità e del Fiscal Compact hanno fallito. Serve una
svolta espansiva di politica economica a favore dello sviluppo e del lavoro. La nostra Confederazione
Confimi Impresa e Api Torino hanno aderito a questa iniziativa. L'obiettivo è raggiungere la soglia delle 500
mila adesioni necessarie per l'ammissione dei quesiti alla consultazione. E' possibile farlo in uno dei tanti
luoghi e occasioni indicati sul sito del comitato promotore (www.referendumstopausterita.it), o recandosi nel
Comune di residenza entro il 30 settembre.
Maurizio Trucci
Presidente Api Unione dei Comuni
Occorre trasparenza
Vengo a conoscenza che si sta organizzando un gruppo di Comuni per l'unione. Non mi sembra corretto il
fatto di non renderci partecipi. Non si tratta di questioni politiche sandiglianesi. Si parla di un limite di 10 mila
abitanti per l'unione che a me sembra ridicolo. La Regione ha infatti dato altre indicazioni auspicando unioni
più grandi. Tra l'altro non si tiene neppure conto che siamo sede di un istituto scolastico comprensivo che
serve un bacino diverso di comuni. Stiamo programmando il futuro dei nostri figli. Si dovrà comunque andare
a referendum ma ritengo logico che si debba perseguire una linea comune. Per cortesia chiediamo, come
gruppo di minoranza - le minoranze unite hanno preso più voti di voi, tenetene conto - di essere convocati al
più presto. Comunque stiamo organizzando riunioni perché una scelta che gioca il destino del paese per i
prossimi cinquant'anni sia presa nella massima trasparenza e con la ponderazione necessaria.
CONFIMI - Rassegna Stampa 24/09/2014
6
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
"Attraverso il '900" L'omaggio di Candelo al poeta Pippo Pozzi
24/09/2014
La Stampa - Biella
Pag. 56
(diffusione:309253, tiratura:418328)
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Pier Luigi Ferrarotti
insieme per Sandigliano
CONFIMI - Rassegna Stampa 24/09/2014
7
24/09/2014
Il Giornale del Piemonte
Pag. 7
(diffusione:12684, tiratura:39829)
Dal bosco al mobile: in Piemonte nasce il «Cluster del Legno»
Il progetto è promosso dalla Provincia di Torino e punta alla valorizzazione dell'intera filiera
Andrea Feltrinelli
Decolla il progetto del «Cluster Legno Piemonte», promossodalla Provinciadi Torino, dall'Environment Park e
dal Dipartimento di Architettura e Design del Politecnico di Torino. Presentato in anteprima nell'autunno dello
scorso anno a Milano, in occasione della fiera «MADE Expo», il progetto ha preso il via ufficialmente ieri con
la firma del protocollo d'intesa tra i partner dell'iniziativa nella Sala Consiglieri di Palazzo Dal Pozzo della
Cisterna. A nome della Provincia di Torino ha firmato il protocollo l'assessore all'Agricoltura e Montagna,
Marco Balagna. I partner del Cluster Legno Piemonte si impegnano dunque a promuovere un sistema
territoriale attivo e dinamico nel settore delle costruzioni in legno e dell'arredo, perseguendo alcuni obiettivi
strategici. Innanzitutto, una sinergiaterritoriale tra istituzioni, istituti di ricerca, organizzazioni imprenditoriali e
aziende, ma anche il supporto diretto alle imprese per valorizzare l'eccellenza e la visibilità del prodotto e
dell'intero sistema. Inoltre,si impegnano asostenere percorsi di formazione e aggiornamento professionale,
internazionalizzazione e strategie di impresa, a rafforzare la presenza delle aziende piemontesinel settore
dellacostruzione in legno, a promuovere l'innovazioneattraverso la cooperazionee a supportare lafiliera legno,
anche attraverso la promozione di reti d'impresa. Il Cluster Legno Piemonte prosegue un'azione di
valorizzazione delle risorse forestali del territorio, che la Provincia di Torino ha avviato nel 2002 con la
manifestazione fieristica «Bosco e Territorio» ed ha proseguito con il progetto europeo transfrontaliero «BoisLab», nel corso del quale si è costruita una solida alleanza tra le diverse professionalità operanti nel
comparto foresta-legno. L'Environment Parke il Dipartimento di Architettura e Design del Politecnico di Torino
hanno condiviso con Palazzo Cisterna l'obiettivo di consolidare e ampliare i risultati di questo lavoro alla scala
regionale, promuovendo la costituzione del Cluster e mettendo a disposizione del progetto le proprie
competenzematurate nella promozione dell'innovazione nelle aziende con «Polight», Polo di Innovazione
Edilizia Sostenibile e Idrogeno di Environment Park e nella formazione universitaria con «Woodlab», progetto
formativo del Dipartimento di Architettura e Design del Politecnico. Lefinalità del Clustersono coerenti con gli
obiettivi che la Provincia ha perseguito negli ultimi tredici anni: valorizzare le professionalità e le potenzialità
produttive della filiera foresta-legno-edilizia, unendo le forze di tutti gli attori che, con competenze e ruoli
diversi, operano in Piemonte nel comparto foresta-legno-edilizia. Ovvero Enti locali, imprese, proprietà
forestale pubblica e privata, associazioni imprenditoriali, istituzioni del sistema della ricerca, formazione e
dell'innovazione. L'idea sviluppata dagli attori pubblici e privati che hanno sottoscritto il protocollo d'intesa si
ispira all'esperienza degli «HolzCluster» costituiti in altre regioni e nazioni alpine europee, come il Trentino
Alto Adige e l'Austria. Attraverso un rafforzamento dei legami fra istituzioni, sistema di ricerca e di impresa, gli
«HolzCluster» hanno generato sviluppo e innovazione della filiera legno, con positive ricadute sull'ambiente,
determinando in alcuni casi un più ampio ricorso al legno regionale e un accorciamento delle filiere. Oltre a
Provincia di Torino, Politecnico e Environment Park, hanno aderito al progetto il Dipartimento di Scienze
Agrarie, Forestali e Alimentari dell'Università di Torino, la Società degli Ingegneri e degli Architetti in Torino, la
Fondazione dell'Ordine degli Architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori dellaprovincia di Torino,Cna
Torino, Confcooperative Fedagri Piemonte, Api Torino, Confartigianato Imprese Piemonte, Confindustria
Cuneo, l'Unione Industriale di Torino. E poi, consorzi, comunità montane, Comuni, Gal e, naturalmente, la
delegazione piemontese dell'Uncem.
CONFIMI - Rassegna Stampa 24/09/2014
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SINERGIA Siglato il protocollo d'intesa
24/09/2014
Il Quotidiano della Basilicata
Pag. 45
Su Rai3 dal lavoro all'Isis
ROMA - Mentre la riforma del lavoro continuaa infiammare il dibattito politico e a creare tensioni all'interno del
Pd, Matteo Renzi dagli Stati Uniti ribadisce l'impe gno a riformare l'Italia. Intanto, dopo l'attacco Usa in Siria,
cresce il timore di una controffensiva jihadista in Occidente. Se ne parlerà nella puntata di Agorà in onda oggi
alle 8 su Rai3. Ospiti di Gerardo Greco saranno: Stefano Fassina (Pd); Ivan Scalfarotto (Pd); Nunzia De
Girolamo(Ncd); GianMarcoCentinaio (Lega Nord); Francesco Paolo Sisto (Forza Italia); Paolo Agnelli,
presidente Confimi Impresa; Franco Cardini, storico; Haret Hamar. Immagini di guerra
CONFIMI - Rassegna Stampa 24/09/2014
9
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IN ONDA
24/09/2014
Il Quotidiano di Calabria - Catanzaro
Pag. 39
Su Rai3 dal lavoro all'Isis
Immagini di guerra ROMA - Mentre la riforma del lavoro continuaa infiammare il dibattito politico e a creare
tensioni all'interno del Pd, Matteo Renzi dagli Stati Uniti ribadisce l'impe gno a riformare l'Italia. Intanto, dopo
l'attacco Usa in Siria, cresce il timore di una controffensiva jihadista in Occidente. Se ne parlerà nella puntata
di Agorà in onda oggi alle 8 su Rai3. Ospiti di Gerardo Greco saranno: Stefano Fassina (Pd); Ivan Scalfarotto
(Pd); Nunzia De Girolamo(Ncd); GianMarcoCentinaio (Lega Nord); Francesco Paolo Sisto (Forza Italia);
Paolo Agnelli, presidente Confimi Impresa; Franco Cardini, storico; Haret Hamar.
CONFIMI - Rassegna Stampa 24/09/2014
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IN ONDA
24/09/2014
Prima Pagina - Modena
Pag. 24
Aniem: «Bene Renzi, riforma del lavoro non più rinviabile»
MODENA Il Presidente dell'Aniem (l'Associazione Nazionale delle imprese edili aderente a Confimi Impresa),
Dino Piacentini, incoraggia il Governo ad andare avanti con il massimo della determinazione sulla riforma del
mercato del lavoro. " B a s t a c o n i l t a b ù dell'art. 18, con i conservatorismi, con la difesa esasperata delle
rendite di posizioni da parte di Sindacati e Confindustria, con l'arretratezza culturale ed ideologica che porta
le imprese a perdere competitività ed i lavoratori a perdere diritti a cominciare da quello fondamentale al
lavoro". "Ciò di cui abbiamo bisogno non può e non deve limitarsi al superamento dell'art. 18, abbiamo
bisogno di rinnovare le regole fondamentali che oggi governano il mercato del lavoro, di semplificare e di
ridurre il numero dei contratti, di creare le condizioni più favorevoli per l'accesso al lavoro, di stimolare la
meritocrazia, di abbattere tutte quelle forme "p a ra s si t ar i e " c o st ituite dalla miriade di enti bilaterali
attraverso i quali vengono lucrate risorse imponenti a imprese e lavoratori. Su quest'ultimo aspetto e con
specifico riguardo al settore dell'e d ilizia sollecitiamo Governo e Parlamento ad essere ancora più coraggiosi
per esercitare un ruolo di garanzia degli interessi collettivi e di controllo sostanziale sul sistema di casse edili
(attualmente circa 120 enti che movimentano complessivamente 3,380 miliardi di euro) oggi lasciate di fatto
ad una gestione privatistica". "La legge delega sul lavoro è finalmente un'o pportunità per una riforma
organica delle formazione e dei contratti, per dare semplicità e chiarezza alle regole sul lavoro, in un quadro
di uniformità e di garanzie dei diritti fondamentali." "La nostra Associazione da anni porta avanti isolata
questa battaglia, salutiamo quindi con grande soddisfazione l'impe gno ostinato di Renzi contro le grandi
corporazioni di questo Paese che tentano di ostacolare l'ultima possibilità di salvare il nostro sistema
economico attraverso una modernizzazione che ci avvicini agli altri mercati internazionali." "Nel Paese si
avverte ormai un'onda lunga che spinge in direzione del rinnovamento, una sensibilità recepita anche dal
Presidente della Repubblica, Napolitano che opportunamente ha sottolineato come l'Italia non possa restare
"pr ig io ni era di conservatorismi, corporativismi ed ingiustizie". "L'obiettivo - c onclu de Piacentini - è quello di
dare a tutti diritti realmente fruibili e funzionali ad uno sviluppo economico moderno e sostenibile". Il
Presidente dell'Aniem (l'Associazione Nazionale delle imprese edili aderente a Confimi Impresa), Dino
Piacentini CAMERA DI COMMERCIO INDUSTRIA ARTIGIANATO E AGRICOLTURA DI REGGIO EMILIA
LISTINO PREZZI ALL'INGROSSO DAL 20/09/2014 AL 26/09/2014 PREZZI ACCERTATI DALLE APPOSITE
COMMISSIONI IL 23/09/2014 Dalla data del 30 ottobre u.s. le Commissioni dei Bovini e Foraggi si tengono
nella giornata di martedì anziché di giovedì Denominazione Unità Min Max BESTIAME SUINO (capi peso
vivo franco luogo di produzione, consegna e pagamento pronti) da allevamento: in calo magroni: in calo da
macello: in calo DA ALLEVAMENTO DOT MARCHIATI da 30 Kg. kg 2,370 2,370 da 40 Kg. kg 1,950 1,950
da 50 Kg. kg 1,860 1,860 DA MACELLO A PESO VIVO Magri da macelleria da 90 a 115 Kg. Kg. 1,467 1,467
Maiali grassi da 156 a 176 Kg. Kg. 1,423 1,423 LATTICINI Prezzo alla produzione Si informa che dal 1
febbraio 2012 le borsi Merci delle Camere di Commercio di Modena, Reggio Emilia e Parma hanno proceduto
ad un adeguamento tecnico della quotazione dello zangolato mediante un recupero di € 0,35/Kg
dell'ammontare del premio riconosciuto al produttore. Formaggio: stabile Burro: mercato stabile ZANGOLATO
Zangolato di creme fresche per la burrificazione della provincia di Reggio Emilia, destinato ad ulteriore
lavorazione, raffreddato e conservato a temperatura inferiore a 4°C, materia grassa min. 82%, residuo secco
magro max, 2%, acidità max. 1%. kg 1,50 1,50 FORMAGGIO PARMIGIANO-REGGIANO qualità: scelto +
12% fra 0-1 quantità: circa 1000 forme per quadrimestre Fasi di scambio: 1) da caseificio a stag. franco
caseificio 2) da stag. a grossista, franco magazzino 3) da stag. o grossista a dettagliante franco acquirente
Produzione minimo 30 mesi e oltre kg 10,35 10,50 Produzione minimo 24 mesi e oltre kg 8,95 9,25
Produzione minimo 18 mesi e oltre kg 8,35 8,65 Produzione minimo 12 mesi e oltre kg 7,50 7,80 CEREALI
Cereali: debole Farine: stabile Proteici: cedenti Cruscami: cedenti FRUMENTI (merce rinfusa sul veicolo
CONFIMI - Rassegna Stampa 24/09/2014
11
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Piacentini presidente dell'Associazione Nazionale delle imprese edili LAVORO
24/09/2014
Prima Pagina - Modena
Pag. 24
CONFIMI - Rassegna Stampa 24/09/2014
12
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
franco produttore o grossista) Frumento tenero nazionale panificabile - fino (p.s. min 78) 1 t 183,00 185,00
Frumento buono mercantile (p.s. 74/76) 1 t 165,00 167,00 Frumento mercantile (p.s<74) 1 t 160,00 162,00
Mais nazionale ibrido comune (umidità 14%) (franco partenza) 1 t 148,00 150,00 Orzo estero (pesante)
(franco partenza) 1 t N.Q. N.Q. PROTEICI (franco Reggio Emilia) Farine di estrazione di soia tostata estera
rinfusa (prot. 44% s.t.q.) 1 t 368,00 369,00 UVE, VINI E MOSTI Uve, vini e mosti: mercato attivo VINI (franco
stabilimento) Vino lambrusco emilia 2013 100Kg 5,70 6,00 Vino lambrusco reggiano DOC 2013 100Kg 5,90
6,20 Vino rossissimo desolforato 2013> 35/40 p.c. 100Kg 6,50 6,80 Vino lambrusco bianco emilia 2013
100Kg 6,10 6,40 Lambrusco emilia frizzantato 2013 100Kg 6,00 6,30 MOSTI (franco stabilimento) Mosto
muto di lancellotta 2013 (grado BE') 100kg 6,10 6,50 Denominazione Unità Min Max BESTIAME BOVINO
NB: i prezzi vengono aggiornati, di norma, il giovedì della settimana di riferimento. vacche: mercato calmo
vitelli: mercato calmo DA MACELLO A PESO MORTO (franco stabilimento o mercato di Reggio Emilia)
Vacca prima qualità kg 2,50 2,75 Vacca seconda qualità kg 1,95 2,40 DA ALLEVAMENTO E DA
RIPRODUZIONE (franco luogo di produzione o mercato di Reggio Emilia) Vitelli bleu belga kg 4,50 5,20
Vitelli da latte di 1° qualità - bianchi e neri kg 1,30 1,70 FORAGGI E PAGLIA NB: i prezzi vengono aggiornati,
di norma, il giovedì della settimana di riferimento. foraggio: calmo paglia: calmo FORAGGI E PAGLIA - IN
FIENILE (Reggio Emilia) Fieno di primo taglio 2014, rotoballe q 8,00 11,00 Erba medica secondo taglio 2014
q 9,00 11,00 Paglia in rotoballe 2014 q 4,50 6,00 Fieno di secondo taglio 2014, rotoballe q 9,00 10,00 Fieno
terzo taglio 2013, rotoballe in fienile q 8,00 11,00 Fieno di quarto taglio medica 2013 rotoballe in fienile q 7,00
9,00
24/09/2014
Prima Pagina - Reggio emilia
Pag. 18
Aniem: «Bene Renzi, riforma del lavoro non più rinviabile»
MODENA Il Presidente dell'A ni em (l'Associazione Nazionale delle imprese edili aderente a Confimi Impresa
), Dino Piacentini, incoraggia il Governo ad andare avanti con il massimo della determinazione sulla riforma
del mercato del lavo ro. " B a s t a c o n i l t a b ù dell'art. 18, con i conservatorismi, con la difesa esasperata
delle rendite di posizioni da parte di Sindacati e Confindustria, con l'arretratezza culturale ed ideologica che
porta le imprese a perdere competitività ed i lavoratori a perdere diritti a cominciare da quello fondamentale al
lavo ro ". "Ciò di cui abbiamo bisogno non può e non deve limitarsi al superamento d e ll 'art. 18, abbiamo
bisogno di rinnovare le regole fondamentali che oggi governano il mercato del lavoro, di semplificare e di
ridurre il numero dei contratti, di creare le condizioni più favorevoli per l'a ccesso al lavoro, di stimolare la
meritocrazia, di abbattere tutte quelle forme "pa rass itari e" cos titu ite dalla miriade di enti bilaterali
attraverso i quali vengono lucrate risorse imponenti a imprese e lavoratori. Su quest'ultimo aspetto e con
specifico riguardo al settore dell'edilizia sollecitiamo Governo e Parlamento ad essere ancora più coraggiosi
per esercitare un ruolo di garanzia degli interessi collettivi e di controllo sostanziale sul sistema di casse edili
(attualmente circa 120 enti che movimentano complessivamente 3,380 miliardi di euro) oggi lasciate di fatto
ad una gestione privatistica". "La legge delega sul lavoro è finalmente un'o p p o rtunità per una riforma
organica delle formazione e dei contratti, per dare semplicità e chiarezza alle regole sul lavoro, in un quadro
di uniformità e di garanzie dei diritti fondamentali." "La nostra Associazione da anni porta avanti isolata
questa battaglia, salutiamo quindi con grande soddisfazione l'impegno ostinato di Renzi contro le grandi
corporazioni di questo Paese che tentano di ostacolare l'ultima possibilità di salvare il nostro sistema
economico attraverso una modernizzazione che ci avvicini agli altri mercati internazionali." "Nel Paese si
avverte ormai un'onda lunga che spinge in direzione del rinnovamento, una sensibilità recepita anche dal
Presidente della Repubblica, Napolitano che opportunamente ha sottolineato come l'Italia non possa restare
"prigioniera di conservatorismi, corporativismi ed ingiustizie". "L'obiettivo - c on cl ud e Piacentini - è quello di
dare a tutti diritti realmente fruibili e funzionali ad uno sviluppo economico moderno e sostenibile". Il
Presidente dell'Aniem (l'Associazione Nazionale delle imprese edili aderente a Confimi Impresa), Dino
Piacentini CAMERA DI COMMERCIO INDUSTRIA ARTIGIANATO E AGRICOLTURA DI REGGIO EMILIA
LISTINO PREZZI ALL'INGROSSO DAL 20/09/2014 AL 26/09/2014 PREZZI ACCERTATI DALLE APPOSITE
COMMISSIONI IL 23/09/2014 Dalla data del 30 ottobre u.s. le Commissioni dei Bovini e Foraggi si tengono
nella giornata di martedì anziché di giovedì Unità Min Max BESTIAME SUINO (capi peso vivo franco luogo di
produzione, consegna e pagamento pronti) da allevamento: in calo magroni: in calo da macello: in calo DA
ALLEVAMENTO DOT MARCHIATI da 30 Kg. kg 2,370 2,370 da 40 Kg. kg 1,950 1,950 da 50 Kg. kg 1,860
1,860 DA MACELLO A PESO VIVO Magri da macelleria da 90 a 115 Kg. Kg. 1,467 1,467 Maiali grassi da
156 a 176 Kg. Kg. 1,423 1,423 LATTICINI Prezzo alla produzione Si informa che dal 1 febbraio 2012 le borsi
Merci delle Camere di Commercio di Modena, Reggio Emilia e Parma hanno proceduto ad un adeguamento
tecnico della quotazione dello zangolato mediante un recupero di € 0,35/Kg dell'ammontare del premio
riconosciuto al produttore. Formaggio: stabile Burro: mercato stabile ZANGOLATO Zangolato di creme
fresche per la burrificazione della provincia di Reggio Emilia, destinato ad ulteriore lavorazione, raffreddato e
conservato a temperatura inferiore a 4°C, materia grassa min. 82%, residuo secco magro max, 2%, acidità
max. 1%. kg 1,50 1,50 FORMAGGIO PARMIGIANO-REGGIANO qualità: scelto + 12% fra 0-1 quantità: circa
1000 forme per quadrimestre Fasi di scambio: 1) da caseificio a stag. franco caseificio 2) da stag. a grossista,
franco magazzino 3) da stag. o grossista a dettagliante franco acquirente Produzione minimo 30 mesi e oltre
kg 10,35 10,50 Produzione minimo 24 mesi e oltre kg 8,95 9,25 Produzione minimo 18 mesi e oltre kg 8,35
8,65 Produzione minimo 12 mesi e oltre kg 7,50 7,80 CEREALI Cereali: debole Farine: stabile Proteici:
cedenti Cruscami: cedenti FRUMENTI (merce rinfusa sul veicolo franco produttore o grossista) Frumento
CONFIMI - Rassegna Stampa 24/09/2014
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Piacentini presidente dell'Associazione Nazionale delle imprese edili aderente ( Confimi Impresa ) LAVORO
24/09/2014
Prima Pagina - Reggio emilia
Pag. 18
CONFIMI - Rassegna Stampa 24/09/2014
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tenero nazionale panificabile - fino (p.s. min 78) 1 t 183,00 185,00 Frumento buono mercantile (p.s. 74/76) 1 t
165,00 167,00 Frumento mercantile (p.s<74) 1 t 160,00 162,00 Mais nazionale ibrido comune (umidità 14%)
(franco partenza) 1 t 148,00 150,00 Orzo estero (pesante) (franco partenza) 1 t N.Q. N.Q. PROTEICI (franco
Reggio Emilia) Farine di estrazione di soia tostata estera rinfusa (prot. 44% s.t.q.) 1 t 368,00 369,00 UVE,
VINI E MOSTI Uve, vini e mosti: mercato attivo VINI (franco stabilimento) Vino lambrusco emilia 2013 100Kg
5,70 6,00 Vino lambrusco reggiano DOC 2013 100Kg 5,90 6,20 Vino rossissimo desolforato 2013> 35/40 p.c.
100Kg 6,50 6,80 Vino lambrusco bianco emilia 2013 100Kg 6,10 6,40 Lambrusco emilia frizzantato 2013
100Kg 6,00 6,30 MOSTI (franco stabilimento) Mosto muto di lancellotta 2013 (grado BE') 100kg 6,10 6,50
Denominazione Unità Min Max BESTIAME BOVINO NB: i prezzi vengono aggiornati, di norma, il giovedì
della settimana di riferimento. vacche: mercato calmo vitelli: mercato calmo DA MACELLO A PESO MORTO
(franco stabilimento o mercato di Reggio Emilia) Vacca prima qualità kg 2,50 2,75 Vacca seconda qualità kg
1,95 2,40 DA ALLEVAMENTO E DA RIPRODUZIONE (franco luogo di produzione o mercato di Reggio
Emilia) Vitelli bleu belga kg 4,50 5,20 Vitelli da latte di 1° qualità - bianchi e neri kg 1,30 1,70 FORAGGI E
PAGLIA NB: i prezzi vengono aggiornati, di norma, il giovedì della settimana di riferimento. foraggio: calmo
paglia: calmo FORAGGI E PAGLIA - IN FIENILE (Reggio Emilia) Fieno di primo taglio 2014, rotoballe q 8,00
11,00 Erba medica secondo taglio 2014 q 9,00 11,00 Paglia in rotoballe 2014 Fieno di secondo taglio 2014,
rotoballe Fieno terzo taglio 2013, rotoballe in fienile Fieno di quarto taglio medica 2013 rotoballe in fienile
CONFIMI WEB
3 articoli
23/09/2014
13:26
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Primo giorno con tensione palpabile: agli sportelli un imprenditore esulta e un operaio licenziato scoppia in
lacrime
di Lorenzo Colantonio
CHIETI. Tra i clienti non scatta la psicosi dei risparmi svaniti. I correntisti di Carichieti non fuggono dalla
banca. Il primo giorno di commissariamento non si trasforma in una Caporetto o in un 8 settembre. A decine
si presentano agli sportelli della Cassa ormai amministrata dal commissario di Bankitalia, Riccardo Sora. E in
banca si consumano scene anche eclatanti.
Prima fra tutte, l'ingresso trionfale di un noto imprenditore di Chieti Scalo che si piazza al centro della sala ed
esclama: «Finalmente da oggi iniziamo a lavorare bene!». Oppure il pianto di un operaio licenziato che ha
sfogato le sue paure all'impiegato di fronte a sè: «Ho già perso il mio lavoro alla Burgo», ha detto in lacrime,
«come farò se perdo anche i miei risparmi? Non dormo da due notti. La prego mi faccia capire che cosa
accadrà». Nel primo giorno di Sora che dalle 8,30 di ieri occupa la stanza dei bottoni all'ottavo piano delle
sede di via Colonnetta, gli impiegati si sono ritrovati a fare da padre, madre e psicologi ai correntisti che
chiedevano rassicurazioni per i loro risparmi, i libretti e i certificati di deposito.
«Sono venuti in tanti ma nessuno, per quanto mi riguarda, ha deciso di riprendersi i soldi», racconta un
dipendente di Carichieti che chiede di restare anonimo. «Erano addolorati per il commissariamento e
preoccupati per i loro risparmi. Ho ascoltato ciascuno di loro ed ho risposto che nessuno corre rischi perché
l'attività della banca prosegue e, nella peggiore delle ipotesi, conti corrente, libretti e certificati di deposito
sono coperti dal fondo interbancario fino a 100 mila euro».
Carichieti supera così la sua prima "prova del 9" ma questa mattina se ne consumerà subito un'altra che
guarda al futuro. Ben 14 associazioni di categoria scendono in campo per difendere la territorialità della
banca. Dicono no al rischio di una colonizzazione dell'istituto e provano gettare le basi di un'idea di
salvataggio da proporre al commissario Sora.
L'iniziativa coinvolge Chieti e Pescara al di là di ogni campanilismo ed ha un peso politico rilevante. Le
associazioni Confindutria, Confcommercio, Cna, Confartigianato, Coldiretti, Cia, Casartigiani,
Confcooperative, Confimi Abruzzo, Upap Clai, Adiconsum, Arco e Adoc, hanno scelto la sede degli industriali
pescaresi, in via Raiale, per dare il primo segnale di sinergia e dialogo con il commissario di Bankitalia. La
scelta non è casuale: i presidenti di Confindustria di Chieti e Pescara, Paolo Primavera ed Enrico Marramiero,
sono anche componenti rispettivamente dei comitati d'indirizzo delle Fondazioni Pescarabruzzo e Carichieti.
Sarà presente anche il sindaco di Chieti. Superato ogni ostacolo campanilistico e politico, Umberto Di Primio,
dichiara: «Non sarà il funerale di Carichieti ma il battesimo di una nuova idea». Che è quella di salvare la
banca con una soluzione locale attraverso la cessione di quote della Fondazione Carichieti. Ma è un'idea
sostenibile? Ha i presupposti della concretezza? Oppure parlarne oggi è intempestivo?
CONFIMI WEB - Rassegna Stampa 24/09/2014
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Carichieti, Sora sventa la fuga dei clienti
23/09/2014
15:14
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(AGENPARL) - Roma, 23 set - Il Presidente dell'Aniem (l'Associazione Nazionale delle imprese edili aderente
a Confimi Impresa), Dino Piacentini, incoraggia il Governo ad andare avanti con il massimo della
determinazione sulla riforma del mercato del lavoro.
"Basta con il tabù dell'art. 18, con i conservatorismi, con la difesa esasperata delle rendite di posizioni da
parte di Sindacati e Confindustria, con l'arretratezza culturale ed ideologica che porta le imprese a perdere
competitività ed i lavoratori a perdere diritti a cominciare da quello fondamentale al lavoro".
"Ciò di cui abbiamo bisogno non può e non deve limitarsi al superamento dell'art. 18, abbiamo bisogno di
rinnovare le regole fondamentali che oggi governano il mercato del lavoro, di semplificare e di ridurre il
numero dei contratti, di creare le condizioni più favorevoli per l'accesso al lavoro, di stimolare la meritocrazia,
di abbattere tutte quelle forme "parassitarie" costituite dalla miriade di enti bilaterali attraverso i quali vengono
lucrate risorse imponenti a imprese e lavoratori. Su quest'ultimo aspetto e con specifico riguardo al settore
dell'edilizia sollecitiamo Governo e Parlamento ad essere ancora più coraggiosi per esercitare un ruolo di
garanzia degli interessi collettivi e di controllo sostanziale sul sistema di casse edili (attualmente circa 120
enti che movimentano complessivamente 3,380 miliardi di euro) oggi lasciate di fatto ad una gestione
privatistica".
"La legge delega sul lavoro è finalmente un'opportunità per una riforma organica delle formazione e dei
contratti, per dare semplicità e chiarezza alle regole sul lavoro, in un quadro di uniformità e di garanzie dei
diritti fondamentali."
"La nostra Associazione da anni porta avanti isolata questa battaglia, salutiamo quindi con grande
soddisfazione l'impegno ostinato di Renzi contro le grandi corporazioni di questo Paese che tentano di
ostacolare l'ultima possibilità di salvare il nostro sistema economico attraverso una modernizzazione che ci
avvicini agli altri mercati internazionali."
"Nel Paese si avverte ormai un'onda lunga che spinge in direzione del rinnovamento, una sensibilità recepita
anche dal Presidente della Repubblica, Napolitano che opportunamente ha sottolineato come l'Italia non
possa restare "prigioniera di conservatorismi, corporativismi ed ingiustizie".
"L'obiettivo - conclude Piacentini - è quello di dare a tutti diritti realmente fruibili e funzionali ad uno sviluppo
economico moderno e sostenibile".
CONFIMI WEB - Rassegna Stampa 24/09/2014
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LAVORO: ANIEM, BENE RENZI, RIFORMA DEL LAVORO NON PIU'
RINVIABILE
23/09/2014
19:46
trapaniok.it
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Ore 16:00- si apre, oggi 23 settembre 2014, all'Assemblea Regionale Siciliana, il dibattito su un tema tanto
caldissimo quanto ovvio: la non pignorabilità sia della prima abitazione per i privati cittadini, sia la non
pignorabilità dei beni strumentali (leggi strumenti di lavoro!) per le ditte, siano esse industrie o artigiani; al
termine del dibattito il DDL (disegno di legge) che titola più esattamente "Norme in tema di impignorabilità
della prima casa e di beni mobili e immobili strumentali all´esercizio di imprese, arti e professioni, e di riforma
del sistema di riscossione esattoriale" sarà sottoposto al voto del Parlamento regionale.
A darcene notizia è il Presidente Regionale di ANIEM, Associazione Nazionale imprese Edili Manifatturiere aderente a CONFIMI Impresa - , dott. Ninni D'Aguanno, che, intervistato ha dichiarato:
"Questa legge rappresenta una tappa determinante di un percorso, avviato un anno fa, e che punta a
cambiare radicalmente un sistema, per troppi aspetti ingiusto ed permeabile al malaffare, alla speculazione e
alle mafie. Si consideri che, in caso di approvazione da parte dell´Ars, l´articolato sarà immediatamente
trasmesso alla Camera dei Deputati, e al Senato della Repubblica, per essere esaminato e trasformato in
legge dello Stato. Devo, a questo punto, confessare onestamente la mia contentezza, perch´ finalmente
questa legge, laddove venisse approvata, darebbe peso alle richieste giustissime di quelle miglia di piccoli
imprenditori che, in questi anni, si sono visti scippare sia la possibilità di proseguire l'attività, vitale per la
sopravvivenza e la possibilità di onorare i debiti, sia la propria casa di abitazione, cosa che ha portato, in
molte famiglie, oltre che una condivisibile grande disperazione, anche a gesti estremi, e inutilmente plateali,
come il suicidio. Sono infatti centinaia le piccole aziende, siciliane e non", continua Ninni D'Aguanno "che
giornalmente rischiano il fallimento, e di conseguenza sono centinaia anche i beni aziendali che vengono
messi all'asta, distruggendo le attività e favorendo la criminalità, spesso attivamente partecipe, e sempre
pronta a far cassa a buon mercato sulle disgrazie degli imprenditori onesti. Vogliamo però anche dare una
risposta chiara alle sirene che vorrebbero fare passare questa legge come se fosse un regalo a chi non paga;
non è così! La legge non ha lo scopo, n´ la volontà, di determinare una sorta di stato di impunità, ma piuttosto
di riconoscere al debitore il diritto insopprimibile alla sopravvivenza, nel mantenimento dei beni di prima
necessità (casa e lavoro) al fine proprio di poter continuare a lavorare anche per coprire le sue insolvenze,
cosa che, al contrario, i beni posti all'incanto non garantirebbero che per una minima parte. Ripeto, considero,
e consideriamo noi di ANIEM, insopprimibile il diritto alla casa e al lavoro, a meno che non si vogliano
deliberatamente sovvertire i principi fondamentali della solidarietà sociale, propri di ogni Costituzione
Repubblicana e Democratica. Mi aspetto quindi che oggi, in ARS, e in Sicilia, si manifesti un segnale, forte e
in controtendenza col lassismo sociale nazionale, che restituisca la fiducia nelle proprie risorse, e nel proprio
futuro, a famiglie e imprese, squarciando il velo nero che una crisi economica, mal pilotata e mal gestita, sta
facendo pagare solo ai più poveri e a chi, col proprio lavoro, sostiene la nostra economia. Mi aspetto, quindi,
che questa legge venga favorevolmente discussa, ed approvata, perch´ rappresenterebbe la prima vera
spinta verso un capovolgimento di una gestione, illogica e suicida, delle nostre risorse e della nostra gente."
CONFIMI WEB - Rassegna Stampa 24/09/2014
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ANIEM Sicilia: impignorabilità dei beni mobili e immobili d´impresa
SCENARIO ECONOMIA
20 articoli
24/09/2014
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 1
(diffusione:619980, tiratura:779916)
La grande truffa dell'Iva in Italia per finanziare i gruppi islamici
Luigi Ferrarella e Giuseppe Guastella
Un miliardo sottratto ai contribuenti italiani da una frode fiscale sui certificati ambientali scambiati sul mercato
telematico: la Procura di Milano lo contesta a una trentina di indagati di due associazioni criminali, una anglopachistana e una franco-israeliana, che con i profitti della maxifrode sull'Iva hanno finanziato anche il
terrorismo islamico. Uno scenario intuito dai servizi segreti stranieri dopo un blitz nel 2010 in un covo
talebano. a pagina6
MILANO Cercavano Osama Bin Laden, trovarono solo un pugno di fatture. Ma per le forze alleate il blitz in un
covo dei talebani al confine tra Afghanistan e Pakistan nel 2010 si è rivelato una miniera di informazioni che
attraverso Europa, Medioriente e Hong Kong hanno portato sulle tracce di una colossale frode fiscale sui
certificati ambientali servita a finanziare anche il terrorismo islamico. Le stesse orme seguite dalla Procura di
Milano in un'indagine che, innescata dalla denuncia di una commercialista terrorizzata, con l'incriminazione di
38 indagati e il sequestro di 80 milioni di euro colpisce ora un'associazione criminale anglo-pakistana e una
franco-israeliana che dal 2009 al 2012 hanno rubato all'Italia più di un miliardo di euro di Iva.
I documenti scoperti nel rifugio, non lontano dall'area dove il 2 maggio 2011 i Navy Seals americani hanno
ucciso Bin Laden, conducevano ad Imran Yakub Ahmed, un pachistano di 40 anni con passaporto inglese
residente a Preston (Gran Bretagna), amministratore della milanese "Sf Energy Trading spa", sulla quale
stavano indagando i pm Carlo Nocerino e Adriano Scudieri nel pool guidato dall'aggiunto Francesco Greco. I
pm e la Guardia di Finanza si erano mossi dopo che a presentarsi in Procura era stata una commercialista di
Milano spaventata dalla facilità con la quale guadagnava soldi a palate lavorando per alcune società intestate
a prestanome cinesi e italiani, cartiere che facevano girare milioni di euro vendendo e acquistando migliaia di
carbon credit .
Con l'accordo di Kyoto sulla riduzione delle emissioni di anidride carbonica, infatti, ad ogni Stato è assegnata
una quota massima di produzione di CO2. Le aziende che producono meno gas-serra del tetto assegnato
possono vendere il rimanente della quota alle imprese meno virtuose emettendo appunto carbon credit ,
certificati ambientali che possono essere negoziati bilateralmente o in un mercato telematico, scambi sotto la
supervisione di autorità pubbliche nazionali quali in Italia il «Gestore dei Mercati Energetici», una spa che fa
capo al Ministero dell'Economia.
Le due organizzazioni criminali operavano sia singolarmente che insieme. Acquistavano i certificati in Gran
Bretagna, Francia, Olanda e Germania attraverso società fittizie con sede in Italia, vere e proprie «cartiere»
che producevano solo fatture e che erano intestate o a prestanome quasi sempre cinesi o a persone
estranee ma vittime di furti d'identità. Dopo aver acquistato senza pagare l'Iva, esclusa in questo tipo di
transazioni intracomunitarie, le «cartiere» aggiungevano l'Iva al 20 per cento e vendevano i certificati ad altre
società, anche queste fittizie, che facevano da intermediari con gli ignari acquirenti finali. Una volta incassata
l'Iva, invece di versarla allo Stato italiano la «cartiera» chiudeva i battenti e spariva nel nulla, mentre i soldi,
milioni e milioni di euro, venivano dirottati su conti correnti a Cipro e Hong Kong per finire a Dubai, negli
Emirati Arabi Uniti. Lì le rogatorie avviate dai pm milanesi a caccia di Imran Yakum Ahmed sono cadute nel
nulla, mentre i soldi sottratti all'Erario italiano sono stati riciclati in diamanti ed investimenti immobiliari. C'è
stato anche qualcuno che non ha resistito e ha comprato due orologi da 50mila euro ciascuno in una
prestigiosa gioielleria di Roma.
Ma l'aspetto più inquietante che emerge dalle carte dell'indagine milanese è che dietro le «imponenti
operazioni di riciclaggio» legate alla frode fiscale potrebbe celarsi un canale di «finanziamento al terrorismo
internazionale» di matrice islamica. A lanciare l'allarme sono stati i servizi segreti americani e inglesi che
hanno esaminato la documentazione trovata tra le montagne tra Pakistan e Afghanistan e hanno segnalato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/09/2014
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L'INCHIESTA
24/09/2014
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 1
(diffusione:619980, tiratura:779916)
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/09/2014
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tutto alla «Hm Revenue & Custom di Londra», una sorta di GdF inglese, il cui ufficio stampa, contattato dal
Corriere della Sera , non ha fornito ulteriori dettagli perché non può «discutere di singoli casi per ragioni
legali». Peraltro i pm milanesi non hanno prove dirette su questo profilo, né possono utilizzare le carte
dell'intelligence . Questo meccanismo criminale è stato replicato per anni in centinaia di transazioni facendo
impazzire le polizie di tutta Europa, fino a quando le due organizzazioni hanno trasferito gli affari in Italia dopo
che altri Paesi dell'Ue erano corsi ai ripari con norme che avevano di fatto rotto il giocattolo. Un ginepraio in
cui si sono mossi anche gli investigatori della «Bundeskriminalamt» tedesca, della «Service National de
Douane Judiciare» francese, ma anche di Belgio e Liechtenstein, tutti coordinati da Europol e Eurojust. La
conclusione è che i mercati energetici europei sono «fortemente manipolati e comunque viziati da un numero
impressionate di transazioni commerciali effettuate al precipuo scopo di realizzare rilevanti frodi agli Erari».
La preoccupazione è alta, tanto che le indagini sono state estese a livello internazionale acquisendo i dati in
possesso del «Citl», l'ente di Bruxelles che monitora a livello europeo gli scambi dei permessi di emissione di
CO2.
Le indagini della Procura milanese, chiuse in questi giorni in vista della richiesta di processo, solo per il primo
filone hanno scoperto una frode da 660 milioni, di cui 80 sequestrati. Trentotto gli indagati di cui 11 ricercati, e
un centinaio le perquisizioni eseguite in società e abitazioni. Un'inchiesta parallela, ancora in corso, sta già
disvelando un'altra frode del tutto analoga che ha sottratto ai contribuenti italiani altri 450 milioni.
Luigi Ferrarella
[email protected]
Giuseppe Guastella
[email protected]
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Il meccanismo I passaggi usati per creare fondi neri Corriere della Sera Gran Bretagna Francia Germania
Olanda acquista senza Iva vendono Cartiera italiana acquista al prezzo finale Iva che dovrebbe andare allo
Sato italiano invece viene trasferita su conti esteri in Europa, Medio Oriente e Oriente Intermediario 1 miliardo
di euro vende aggiungendo il 20% d 'Iva acquista e rivende allo stesso prezzo Cipro Dubai Hong Kong I soldi
vengono riciclati acquistando diamanti e orologi di lusso e in parte destinati al finanziamento del terrorismo
islamico
24/09/2014
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 1
(diffusione:619980, tiratura:779916)
Ecco le norme su falso in bilancio e autoriciclaggio
Giovanni Bianconi
Il ministero della Giustizia ha ultimato le nuove norme promesse sull'autoriciclaggio e il falso in bilancio e le
ha inserite in un ampio disegno di legge. Sul falso in bilancio, in particolare, si reintroduce la procedibilità
d'ufficio, tranne alcune eccezioni.a pagina12
ROMA Alla fine - dopo quasi un mese di riletture, riscritture e limature - il testo è pronto. Il ministero della
Giustizia ha ultimato le nuove norme promesse sull'autoriciclaggio e il falso in bilancio, inserite in un ampio
disegno di legge intitolato «Misure volte a rafforzare il contrasto alla criminalità organizzata e ai patrimoni
illeciti». Trentadue articoli tra i quali spicca il terzo, che introduce, per l'appunto, il reato di autoriciclaggio che
ancora non esiste nel nostro codice penale.
Da tempo è considerato uno dei capisaldi per la lotta alla corruzione, in modo da colpire chi reinveste i soldi
ricevuti illegalmente, o chi accumula capitali «in nero» per poi impiegarli in altre attività. Adesso, se e quando
il progetto governativo sarà approvato dal Parlamento, verrà perseguita anche la seconda «impresa»,
considerata illecita. Seppure con qualche limitazione rispetto agli annunci e alle previsioni iniziali. Nei giorni
scorsi s'è parlato di un intervento concordato tra esponenti del governo e di Forza Italia per «alleggerire» le
riforme su questi due capitoli; ora il testo licenziato dal Guardasigilli Andrea Orlando andrà all'esame del
Parlamento e non è escluso che diventi il contenuto di un emendamento governativo ai testi già in
discussione alla Camera.
Il nuovo articolo 648 quater del Codice penale suona così: «Chiunque, avendo commesso o concorso a
commettere un delitto non colposo punito con la reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni,
sostituisce, trasferisce ovvero impiega in attività economiche o finanziarie denaro, beni o altre utilità
provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l'identificazione della loro
provenienza delittuosa», rischia una pena «da due a otto anni» di carcere, oltre a una multa da 5 mila a 25
mila euro. La limitazione riguarda il tipo di reato per i quali si applicherà la nuova norma: non a tutti, ma solo a
quelli puniti con una pena massima di almeno 5 anni di carcere. Il che significa escludere i cosiddetti reati
minori, o di lieve entità; nelle intenzioni del governo è un modo di adeguare questa seconda punizione legata
allo stesso fatto (il reato principale) alla sua gravità. La limitazione non è prevista nei testi attualmente in
discussione in Parlamento, e sarebbe stata introdotta in seguito ad alcune perplessità manifestate dai tecnici
del Ministero per lo Sviluppo economico.
Sempre nella logica di evitare di perseguire due volte condotte illecite considerate non troppo rilevanti, la
proposta governativa prevede che «l'autore del reato non è punibile quando il denaro, i beni o le altre utilità
vengono destinate alla utilizzazione o al godimento personale». In sostanza, nel caso di corruzione o
concussione, viene colpito solo l'eventuale reinvestimento in altre attività economiche del denaro acquisito
illegalmente; non se il corrotto o il concusso lo spende da sé e per sé. Allo scopo di favorire la collaborazione
con la giustizia in questo settore, «la pena è diminuita fino alla metà per chi si sia efficacemente adoperato
per evitare che le condotte previste dal primo comma siano portate a conseguenze ulteriori o per assicurare
le prove del reato e l'individuazione dei beni, del denaro e delle altre utilità oggetto, profitto, prezzo o prodotto
del delitto».
Sul falso in bilancio si reintroduce la procedibilità d'ufficio, di fatto abolita dalla riforma del 2001 fatta dal
governo Berlusconi, tranne alcune eccezioni. Si continuerà a procedere a querela «della società, dei soci o
dei creditori» per le piccole imprese. Inoltre, «il fatto non è punibile se le falsità o le omissioni non hanno
determinato una alterazione sensibile della rappresentazione della situazione economica, patrimoniale o
finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene».
Insieme ad altre norme come l'inasprimento delle pene per associazione mafiosa, il disegno di legge allarga
la punibilità per la falsa intestazione dei beni (che colpisce i cosiddetti prestanome) e la possibilità di confisca
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/09/2014
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LA RIFORMA PREVISTI I REATI, MA CON LIMITI
24/09/2014
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Pag. 1
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/09/2014
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dei beni anche in settori finora esclusi come il traffico illecito di rifiuti.
Giovanni Bianconi
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Le norme in arrivo Chi compie illeciti e investe i proventi L'introduzione del reato di autoriciclaggio serve a
colpire coloro che reinvestono i soldi che hanno incassato commettendo un reato. Ad esempio, chi accumula
in nero capitali che poi reinveste, oltre che per le violazioni fiscali, potrà essere accusato anche di
autoriciclaggio: due reati, pena maggiore La differenza con il riciclaggio Fino ad oggi, visto che non è previsto
l'autoriciclaggio, la legge punisce solo il reato che serve a produrre la somma illecita. Di riciclaggio può
essere accusato, invece, solo chi fa da intermediario e si occupa di reinvestire i proventi che gli vengono
affidati, senza partecipare al reato che li ha generati Dall'annuncio al testo della legge Il 30 giugno il premier
Renzi e il Guardasigilli Orlando hanno presentato i 12 punti della riforma della giustizia. Tra questi c'è
l'introduzione del reato di autoriciclaggio: sarà inserito in un disegno di legge, pronto per l'esame del
Parlamento dopo un mese di riscritture e limature I timori e le ipotesi di passi indietro L'Anm ha espresso
preoccupazioni sulla riforma: teme possibili «pressioni» che possano portare a una riforma «di facciata» su
autoriciclaggio e falso in bilancio. La scorsa settimana si è parlato di un'intesa tra governo e FI per
«alleggerire» il testo su questi due capitoli Il Guardasigilli: nessun dietrofront Venerdì scorso Orlando ha
assicurato: nessuna marcia indietro sull'autoriciclaggio. La pena per l'utilizzo di proventi illeciti, in base al
testo, scatterebbe se questi sono frutto di un delitto non colposo che prevede una condanna massima di
almeno 5 anni di reclusione
24/09/2014
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 47
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Finiper, 200 milioni dalle banche per l'ex Alfa di Arese
(d.pol. ) Tutto pronto al taglio del nastro per la costruzione ad Arese di uno dei più grandi centri commerciali
della Lombardia. Protagonista Marco Brunelli, l'imprenditore della Finiper che sui 121mila metri quadrati
dell'ex stabilimento Alfa Romeo costruirà il più grande progetto realizzato dal gruppo dei maxi supermercati
nelle gallerie commerciali a marchio Iper con 2,5 miliardi di ricavi. A far decollare i lavori sono anche le
munizioni messe a disposizione da Banca Imi e il gruppo Ubi Banca che hanno organizzato il prestito da 200
milioni, sindacato con Bnl-Bnp Paribas, Banco Popolare e Mps. Il gruppo di Brunelli affronterà un
investimento complessivo di circa 700 milioni, ma non da solo. Al suo fianco, la Euromilano, impresa di
costruzioni partecipata dalla stessa Finiper, da Intesa Sanpaolo, Unipol e altri soci. Il progetto riguarda
un'area cruciale: vicina a Milano e a sei chilometri dall'Expo, connessa a una rete viaria in grado di accogliere
migliaia di veicoli. E un affare immobiliare di portata. La sfida sarà richiamare traffico su uno spazio di 1,6
milioni di metri quadrati dove sorgeranno, oltre alle strutture commerciali anche le abitazioni, per rilanciare
l'area.
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Borghesi, Osculati e Pavese, boutique a tre
(f.ch. ) Ora è ufficiale. Arnaldo Borghesi (fino a pochi mesi fa amministratore delegato della Mittel, nella foto ),
Gianemilio Osculati (ex amministratore delegato di Intesa Sanpaolo Vita) e Giovanni Pavese (ex direttore
generale di banca Akros) lanciano una boutique finanziaria. E' nata Borghesi Osculati e Partner, società di
advisory indipendente. Laura Quaglia (ex Lehman Londra, Mediobanca, Vitale & Associati, Borghesi
Colombo) e Alberto Lampertico (ex Westdeutsche Landesbank, Accord Management e Osculati & Partners)
sono gli altri professionisti che completano la partnership. La nuova società avrà sedi sia a Milano che a
Padova e opererà a tutto campo nelle attività di advisory, con l'obiettivo di creare valore aggiunto per i clienti
e di costruire relazioni di lungo termine. I partner saranno coadiuvati da un team di professionisti che, a
regime, potrà contare circa su una trentina di persone.
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Dsolar-Ibm verso il Nasdaq, con Bolgiani, Penati e Cardarelli
(s.agn. ) L'investimento tecnologico è previsto in circa 100 milioni di euro. L'obiettivo, per ora, è chiaro:
quotarsi al listino tecnologico americano, il Nasdaq, nella seconda metà dell'anno prossimo. Il progetto
industriale si chiama Dsolar, sede a Biasca nel Canton Ticino, ed è uno «spin-off», uno scorporo del gruppo
Airlight Energy. Ma anche se il territorio di elezione è elvetico diversi protagonisti dell'impresa sono italiani, o
sono ben conosciuti al pubblico italiano. Il presidente della Airlight (e di Dsolar), ad esempio, è Francesco
Bolgiani, ex Ceo della Banca San Gottardo. Tra gli altri investitori il bergamasco Carlo Penati, mentre in
consiglio siedono anche Fabio Testori (ex Banca Gesfid) e il manager parmigiano (ex Montedison) Lino
Cardarelli. Il «prodotto» principale di Dsolar, in collaborazione con Ibm Research, è una tecnologia
fotovoltaica-termica ad alta concentrazione capace di produrre oltre all'elettricità anche acqua calda, aria
condizionata e acqua potabile o desalinizzata.
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/09/2014
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Sussurri & Grida
24/09/2014
Il Sole 24 Ore
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Cento giorni per mettere in rotta la barca Italia
Carlo Bastasin
Il peggioramento dello scenario economico e il modesto risultato dell'ultima iniezione di credito della Bce
hanno suggerito a molti analisti che si stia avvicinando il momento in cui la Banca centrale europea debba
ricorrere all'acquisto di titoli sovrani dell'area euro. Sarebbe un errore pensare che l'eventuale intervento della
Bce sia il capolinea delle preoccupazioni italiane e che sia sufficiente galleggiare fino ad aggrapparsi a quel
salvagente. Infatti, se dietro l'aspettativa dell'intervento della Bce c'è una logica economica abbastanza
lineare, perché questa logica prevalga è necessario che si realizzi in Europa un equilibrio politico molto
delicato a cui l'Italia dovrà dare un proprio contributo decisivo entro i prossimi cento giorni.
La logica economica è semplice: gli ultimi dati segnalano un nuovo rallentamento nell'attività delle imprese
manifatturiere europee. Si spiega così la debole domanda di credito e quindi, in parte, anche lo scarso
successo dell'offerta di prestiti della Bce. È poco probabile che le condizioni dell'economia cambino
radicalmente entro dicembre quando la Bce offrirà nuovi prestiti a basso costo. Questo fa prevedere che la
Banca debba ricorrere in ultima istanza all'acquisto di titoli sovrani con l'obiettivo di modificare la
composizione del portafoglio delle banche. Sostituendo i titoli pubblici con nuova liquidità, si porterebbero le
banche a utilizzare la liquidità per attività più rischiose come i prestiti alle imprese. In un'analisi pubblicata
dalla Sep (Luiss), Lorenzo Bini Smaghi prevede che la domanda di fondi delle banche europee resterà
modesta nel medio termine e che ciò comporti una riduzione tendenziale delle dimensioni del bilancio della
banca centrale. Come abbiamo osservato venerdì scorso, l'annunciato programma di acquisto di titoli con
collaterale (Abs) non servirebbe a incrementare granché il bilancio della Bce.
Carlo Bastasin
Il recente rifiuto di Francia e Germania di offrire una garanzia pubblica sulle componenti più rischiose degli
Abs riduce sensibilmente, infatti, l'ammontare di titoli che la Bce può acquistare sul mercato aperto. In
sostanza, l'unico modo di riportare il bilancio della Bce alle dimensioni del 2012 sarebbe di acquistare titoli di
Stato, altrimenti l'impronta della politica monetaria resterebbe ancora restrittiva in una fase di prezzi calanti e
lontani dall'obiettivo del 2%.
Esistono tuttavia serie obiezioni giuridiche all'acquisto di titoli sovrani da parte della Bce. La minaccia di farle
valere davanti alla Corte costituzionale è spesso evocata a Berlino anche da esponenti di governo per
giustificare la contrarietà tedesca a nuove azioni della Bce. I vincoli sono in ultima istanza di natura politica:
anche se la cancelliera Merkel può godere di una pausa insolitamente lunga nel ciclo elettorale tedesco, la
pressione del partito anti-europeo è sempre più forte. "Alternativa per la Germania" si è ormai stabilizzata
sopra l'8%, ma può pescare in un bacino del 20-25% dell'elettorato tedesco. Non a caso il "circolo di Berlino",
costituito da "neo-con" della Cdu, spinge il partito della Merkel a rincorrere "Alternativa", la quale a sua volta
si sta spingendo su posizioni ancora più radicali selezionando i nuovi parlamentari regionali tra gli esponenti
della destra estrema.
È possibile che all'ultimo momento la cancelliera, come ha già fatto nel 2012, si schieri con la Bce anziché
con la Bundesbank e con gli euro-scettici, riconoscendo la necessità che la Banca centrale difenda la stabilità
dei prezzi contro il rischio di deflazione. Ma resteranno pur sempre da superare gli ostacoli giuridici, cioè
l'obiezione che gli acquisti di titoli pubblici rappresentino un finanziamento degli Stati vietato dai Trattati. Per
superare questi ostacoli, in passato la Bce ha potuto intervenire solo quando la crisi era diventata così grave
da mettere in pericolo la stabilità dell'area euro nel suo complesso. Solo in tali circostanze, diventano
giustificabili interventi che estendono l'interpretazione letterale del Trattato e fanno prevalere l'obbligo di
difendere la stabilità della moneta, sia in osservanza dello statuto della Bce, sia per rispettare il requisito
posto dalla Corte tedesca alla partecipazione della Germania all'euro e cioè che appunto l'euro fosse una
moneta stabile.
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/09/2014
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RIFORME E PIANO BCE
24/09/2014
Il Sole 24 Ore
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/09/2014
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Perché le obiezioni politiche e giuridiche siano superabili, in quello che rappresenta un po' il "mezzogiorno di
fuoco" della crisi europea, è necessario che l'Italia si presenti in condizioni coerenti prima dell'acuirsi della
crisi. Un Paese incapace di tagliare la spesa e fare le riforme renderebbe insormontabili le obiezioni politiche
e quelle giuridiche. Draghi nell'audizione di lunedì al Parlamento europeo ha osservato che in passato gli
interventi della Bce sono stati sprecati dagli Stati: la spesa pubblica non è diminuita come doveva e le riforme
non sono state realizzate. Uno studio della Dg Ecfin sull'impatto delle riforme osserva che lo slancio dei
governi italiani per le riforme si è fermato a metà 2013, nemmeno un anno dopo il primo "salvataggio" di
Draghi, e che successivamente si sono visti annunci nella direzione giusta, ma pochi fatti. Il paradosso è
invece che per arrivare all'ultima spiaggia bisogna prima mettere la barca in condizioni di navigare, se l'Italia
non fosse in grado di sfruttare gli interventi della Bce per ritrovare la crescita, avrebbe sprecato anche l'ultima
carta. Ma prima di verificare se la Bce interverrà o meno sui titoli di Stato, dovremo comunque attendere
dicembre e gli effetti della prossima tranche di prestiti a lungo termine. È il tempo a disposizione per rimettere
a posto la barca. A occhio quindi non abbiamo mille giorni, ma forse poco più di cento.
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24/09/2014
Il Sole 24 Ore
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Bonanni lascia la guida della Cisl: «La linea sul lavoro non cambierà»
G. Pog.
Pogliotti u pagina 2 ROMA
Con un'improvvisa accelerazione Raffaele Bonanni ieri ha annunciato che lascerà la guida della Cisl, a
distanza di otto anni dalla sua elezione a segretario generale. Il suo posto con ogni probabilità sarà occupato
dall'attuale segretario generale aggiunto, Annamaria Furlan, che all'ultimo congresso ottenne il 99% dei
consensi.
«Non è una decisione presa all'improvviso - ha spiegato lo stesso Bonanni -. Avevo già indicato Furlan come
mio successore. Quando si fa così vuol dire che il tempo per il segretario generale è scaduto. Era
assolutamente necessario un segno di rinnovamento». L'avvicendamento era atteso per l'inizio del prossimo
anno, considerando che Bonanni (65 anni) era stato riletto dal XVII congresso a giugno 2013 per la terza
volta alla guida della Cisl (una modifica del regolamento aveva alzato l'età del suo pensionamento a 66 anni,
recependo le novità della riforma Fornero), ma aveva comunque in animo di non completare il terzo mandato,
ed aveva convocato per questa sera alle 19 una riunione della segreteria confederale, alla presenza dei
segretari dei regionali e delle categorie. Nella riunione odierna, quindi, verrà ufficializzato l'annuncio e sarà
convocato il consiglio generale per gli inizi di ottobre, al quale Bonanni si presenterà da dimissionario insieme
a tutta la segreteria confederale. All'ordine del giorno del consiglio generale di ottobre sarà posta l'elezione
della nuova segreteria, nel frattempo con Bonanni dimissionario, la reggenza della Cisl sarà affidata alla
Furlan in qualità di segretario generale aggiunto.
Bonanni ieri si è detto convinto che la Cisl «andrà avanti sulla stessa linea, con un rinnovamento che
ritenevo necessario in un momento di grande cambiamento politico e anche sociale». I suoi collaboratori
spiegano che sull'accelerazione del cambio della guardia ha pesato anche il monito lanciato ai sindacati dal
capo dello Stato, Giorgio Napolitano, affinché si rendano protagonisti del cambiamento. Ma Bonanni era
amareggiato anche dalla fuga di notizie sulla sua scelta di anticipare l'uscita di scena (la notizia della
convocazione della riunione odierna era stata riportata dal sito Dagospia). Oltre ad un "effetto Napolitano" è
probabile che sulla sua scelta abbia anche influito un "effetto Renzi". Bonanni probabilmente è rimasto deluso
dall'atteggiamento del premier Renzi nei confronti del sindacato, dalla mancanza di interlocuzione,
nonostante i ripetuti tentativi del segretario della Cisl di smarcarsi da posizioni radicali per accreditarsi come
interlocutore responsabile e credibile (mentre il presidente del consiglio ha scelto come unico interlocutore il
leader della Fiom, Maurizio Landini). Linea che Bonanni ha confermato nei giorni scorsi anche sul Ddl delega
Jobs Act quando, a differenza del «secco no» della Cgil alla cancellazione dell'articolo 18, il numero uno della
Cisl ha cercato di percorrere la via negoziale con il governo, proponendo uno scambio: «Trattiamo sul
contratto a tutele crescenti se saranno eliminate le finte partite Iva e le false collaborazioni». Ma anche in
questo caso Bonanni ancora non ha ottenuto risposta dal governo. «Il mio messaggio è di ricercare la
responsabilità e le strade che uniscono - ha ripetuto ieri -. L'Italia non può continuare a dividersi su tutto. La
divisione crea povertà culturale e politica».
Nella confederazione con oltre 4,3 milioni di iscritti Bonanni ha avviato la riforma organizzativa con un taglio
delle unioni territoriali passate da 116 ad una sessantina, avviando i percorsi di unificazione delle categorie: a
regime si passerà da 20 a 7, nell'ambito della spending review interna.
Ieri ha liquidato con un «mi guarderò intorno» la domanda su cosa farà in futuro, «la mia casa resta la Cisl»
ha detto ai suoi collaboratori, mentre si parla di un suo impegno nel volontariato. Qualcuno, tuttavia, fa notare
che il commissario straordinario dell'Inps, Vittorio Conti, scade il 30 settembre, e che quella casella potrebbe
essere occupata in futuro proprio dal leader della Cisl.
Quanto al successore, Annamaria Furlan, è un'ex lavoratrice delle Poste, nel 1980 è stata eletta delegata del
sindacato cislino dei lavoratori postali a Genova, ricoprendo poi l'incarico di segretaria provinciale e regionale,
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/09/2014
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IN POLE ANNAMARIA FURLAN
24/09/2014
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/09/2014
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fino ad entrare nel 2002 nella segretaria confederale dove si occupa di terziario, servizi, agroalimentare ed
energia.
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IL CAMBIO AL VERTICE Alla guida dal 2006
Raffale Bonanni , classe 1949, alla guida della Cisl dal 27 aprile del 2006 è al suo terzo mandato . Il
regolamento dell'organizzazione sindacale prevede che il segretario generale resti in carica fino al 65esimo
anno di età e Bonanni ha ottenuto una proroga che sarebbe scaduta fra sei mesi
La Cisl non cambia linea
In pole per la sucessione c'è Annamaria Furlan, 56 anni, segretario generale aggiunto. Oggi la
formalizzazione delle dimissioni mentre la la nomina del nuovo segretario potrà arrivare entro la prima
decade di ottobre. La linea della Cisl, comunque, assicura Bonanni, «non cambierà»
COMPENSO MINIMO
Altra novità il compenso orario minimo, applicabile alle prestazione di lavoro subordinato, nonché ai rapporti
di collaborazione coordinata e continuativa, nei settori non regolati da contratti collettivi sottoscritti dalle
organizzazioni sindacali e dai datori comparativamente più rappresentativi
Foto: «Segno di rinnovamento». Raffaele Bonanni
24/09/2014
Il Sole 24 Ore
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Taddei: tutele e flessibilità nella riforma
Emilia Patta
Il responsabile economico del Pd, Filippo Taddei (foto): «La riforma del mercato del lavoro è un pezzo unico
che si tiene tutto assieme. Un progetto unitario fatto di tre pezzi: tutele ai disoccupati, formazione dei
lavoratori e misure per il lavoro stabile».
Emilia Patta u pagina 2
ROMA
«La riforma del mercato del lavoro non è una scatola di cioccolatini in cui tu scegli quelli che ti piacciono e
lasci gli altri: la riforma del lavoro è un pezzo unico che si tiene tutto insieme. Quel progetto unitario è fatto di
tre pezzi: come estendere la tutela nella disoccupazione, come formare i lavoratori italiani e infine come
favorire il lavoro stabile». Il responsabile economico del Pd Filippo Taddei ricorda alla minoranza del partito
che l'obiettivo primario messo in campo da Matteo Renzi con il Jobs Act è quello di portare tutele a chi non ce
l'ha. Ed è «inaccettabile» una discussione incentrata tutta sulla questione della reintegra.
Allora, Taddei, si va avanti sulla strada di abolire l'articolo 18 per i neo assunti a tempo indeterminato?
Io preferisco parlare di aggiornamento dell'articolo 18, non di abolizione. Nella delega non si parla di articolo
18. Ma certo per estendere tutele e diritti ai lavoratori che non ce li hanno e per rendere il mercato del lavoro
equo, universale ed efficiente abbiamo bisogno di strumenti nuovi e di norme nuove rispetto all'esistente.
Quindi l'ipotesi di reintrodurre la reintegra dopo un lungo periodo, magari 10 anni, è tramontata? Non può
essere una soluzione di compromesso con chi vorrebbe reintrodurla dopo i tre anni di prova?
Tutte queste ipotesi hanno legittima dignità intellettuale e politica ma, ripeto, la riforma del mercato del lavoro
si tiene tutta insieme. Il Pd, con il governo, è certo degli obiettivi da raggiungere ed è consapevole che
esistono vari strumenti per realizzarli. Stiamo studiando tutti gli strumenti adeguati a raggiungere quegli
obiettivi. Starà poi al presidente del Consiglio e segretario del partito fare una sintesi e proporla alla direzione
del Pd, all'attenzione della nostra comunità.
Resta il fatto che la soluzione per il licenziamento sarà in via generale l'indennizzo economico. Giusto?
Sì, l'idea è introdurre un indennizzo monetario. Lo vogliamo rendere graduale, proporzionale all'età
lavorativa. Anche in questo senso si parla di contratto a tutele crescenti. Invece di creare uno scalino, così
com'è con l'articolo 18, si crea un percorso dove il lavoratore più anziano ha più tutele di quello più giovane,
anche se il lavoratore giovane è comunque più tutelato che non con i contratti a tempo, che non hanno un
costo di separazione.
E che convenienza economica ha il datore di lavoro ad assumere un giovane con il nuovo contratto a tempo
indeterminato, visto che comporta comunque un costo di separazione, invece che con un contratto a tempo
determinato?
Al datore di lavoro sarà offerto un vantaggio in termini di costo del lavoro attraverso uno sgravio Irap sulla
parte del lavoro a tempo indeterminato o attraverso i contributi sociali. Il contratto a tempo indeterminato sarà
più conveniente.
La delega prevede l'estensione delle tutele a tutti i lavoratori con l'introduzione di un sussidio di
disoccupazione universale e l'attivazione di politiche attive del lavoro. La minoranza obietta che i 2 miliardi
che si pensa di stanziare a questo scopo sono pochi, ne servirebbero dai 10 ai 15 miliardi l'anno...
È una discussione che non ha nessun senso fatta così in astratto. Parliamo di quanti lavoratori sono scoperti,
otteniamo una stima e vediamo quanto costano. Fatta quella chiarezza stimeremo i costi e da parte del Pd
c'è la determinazione di essere conseguenti: individuata la platea, ci impegnamo a trovare le risorse.
Il dato sui disoccupati c'è.
Certo, il dato sui disoccupati c'è, ma noi sappiamo che di quei disoccupati alcuni ricevono il sostengo e altri
non lo ricevono. Noi ci concentriamo su quelli che non lo ricevono perché avevano il contratto sbagliato o
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/09/2014
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INTERVISTA
24/09/2014
Il Sole 24 Ore
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/09/2014
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magari hanno avuto la sfortuna o l'imperizia di avere carriere contributive discontinue.
E le politiche attive? Come funzioneranno?
Occorre ricondurre le politiche di formazione articolate su base regionale ad una prospettiva nazionale
unitaria. Ad oggi noi sappiamo che l'Italia è in un deficit di competenze: i lavoratori italiani hanno perso molte
competenze durante la crisi, rispetto alla media europea siamo nell'ordine di 10/15 punti. Quello che
dobbiamo fare è condurre a piano unitario nazionale le politiche regionali per colmare questo deficit di
competenze e restituire capitale umano. È poi importante osservare che le politiche attive si terranno sempre
più per mano con le cosiddette politiche passive, ossia l'aiuto alla disoccupazione. L'idea è quella di
condizionalità e responsabilità. Estendiamo l'assegno di disoccupazione ai lavoratori che ora non ne hanno
diritto, glie lo diamo in maniera automatica, ma in cambio chiediamo l'impegno attivo del lavoratore nella
formazione, e naturalmente l'obbligo di accettare una congrua offerta di lavoro. Altrimenti si perde il sussidio.
E l'idea, avanzata da qualcuno della minoranza, di far partire prima i nuovi ammortizzatori e solo dopo
intervenire sui contratti?
Non avrebbe senso, su questo io vorrei avanzare la mia ferma opposizione. Questo è un progetto di mercato
del lavoro complessivo: Ha un faro, estendere tutele e diritti, e un fine, ridare capitale umano a chi l'ha perso.
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Foto: IMAGOECONOMICA Filippo Taddei, 38 anni, è docente di economia alla Johns Hopkins University: dal
dicembre 2013 è membro della Segreteria nazionale del Pd e responsabile Economia e Lavoro
24/09/2014
Il Sole 24 Ore
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di Yao Yang
L'economia cinese è in una fase di ribilanciamento, con i tassi di crescita che da oltre il 10% di prima del
2008 sono calati oggi al 7,5% circa. Si tratta della «nuova normalità» oppure il Paese deve aspettarsi una
crescita ancora più lenta nel prossimo decennio?
Il ribilanciamento della Cina è evidente, in primo luogo nel rallentamento delle esportazioni, passate da una
media annua del 29% nel periodo 2001-2008 a meno del 10 per cento. L'anno scorso l'occupazione e la
produzione nel settore manifatturiero hanno iniziato a diminuire. Nel primo semestre di quest'anno i servizi
hanno contribuito per oltre la metà alla crescita. Non stupisce che le eccedenze delle partite correnti si siano
ridotte, passando dal picco superiore al 10 per cento del Pil nel 2007 all'attuale 2.
Il riequilibrio ha concorso a migliorare la distribuzione del reddito. Negli ultimi anni la percentuale del reddito
nazionale da lavoro è andata aumentando, riflesso diretto del calo nel settore manifatturiero e dell'espansione
dei servizi. Tutto ciò ha significato un più ampio riequilibrio a livello di regioni: le province della costa, che
producono oltre l'85 per cento delle esportazioni, vivono il loro periodo di recessione più vistoso; le province
dell'entroterra hanno mantenuto tassi di crescita relativamente alti. L'indice della disuguaglianza su base 100
punti, in base al quale allo zero corrisponde l'uguaglianza assoluta e all'uno la disuguaglianza assoluta, nel
2012 è sceso allo 0,50 (nel 2010 era a 0,52).
A indurre questi cambiamenti sono due fattori. Il primo è il calo della domanda globale, nella scia della crisi
del 2008 che ha costretto la Cina ad adeguare il suo modello di crescita prima del previsto. Il secondo è la
continua trasformazione della Cina a livello demografico. Rispetto alla popolazione complessiva, la
percentuale in età da lavoro (da 16 a 65 anni) continua a scendere dopo aver raggiunto nel 2010 il picco con
il 72 per cento. Al tempo stesso, la Cina vive una fase di rapida urbanizzazione e nel periodo 2001-2008 200
milioni di persone hanno abbandonato il settore agricolo. Più di recente il ritmo di questa migrazione è
rallentato e le aree rurali mantengono il 35 per cento della forza lavoro. È inoltre plausibile che il contributo
alla crescita della produzione della percentuale in aumento della popolazione in età da lavoro prima del 2010
sia stato sovrastimato. Ciò rende il successivo calo nel rapporto tra i due un indice non accurato col quale
determinare l'impatto negativo sulla performance economica. Per di più, questo approccio non tiene conto dei
benefici dell'istruzione nei prossimi vent'anni, quando la generazione più giovane sostituirà i più anziani. Al
momento, il tasso di rendimento rapportato al livello di istruzione dei cinesi tra 50 e 60 anni è la metà di quello
dei 20-25enni. In altri termini, i giovani lavoratori saranno due volte più produttivi rispetto a coloro che
andranno in pensione. Entro il 2020 la percentuale dei 18-22ennni che studieranno all'università raggiungerà
il 40 per cento rispetto all'odierno 32. Questo miglioramento in termini di capitale umano è destinato a
controbilanciare la perdita netta di forza lavoro. L'età prevista per il pensionamento - 50 anni per le donne e
60 per gli uomini - fornisce ai policy-maker margini di manovra. Aumentando l'età della pensione di soli sei
mesi per i prossimi dieci anni, si potrebbe compensare il calo annuo nella forza lavoro.
Altri trend danno uno slancio ulteriore alla Cina. Anche se gli investimenti sembrano destinati a calare,
probabilmente occorreranno dieci anni prima che essi scendano sotto il 40 per cento. Infine, la capacità della
Cina di innovare aumenta di continuo, grazie al capitale umano in rapido miglioramento e ai sempre maggiori
investimenti nella ricerca e nello sviluppo.
Sulla base di questi trend - e dando per scontato un tasso continuo di partecipazione della forza lavoro - il
tasso di crescita potenziale della Cina nel prossimo decennio quasi certamente si aggirerà intorno al 6,9-7,6
per cento, con una media del 7,27 per cento.
Yao Yang è preside della National School of Development e direttore del China Center for Economic
Research all'Università di Pechino.
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/09/2014
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24/09/2014
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24/09/2014
Il Sole 24 Ore
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La regia della Bce di Draghi
Gianni Toniolo
di Gianni Toniolo
«Senza crescita della domanda, i governi che adottano riforme rischiano di correre restando sempre allo
stesso posto. Ma senza determinazione a fare le riforme, misure di sostegno della domanda avrebbero
scarsa efficacia».
Questo passaggio del discorso di Mario Draghi ai banchieri centrali riuniti tra le montagne del Grand Teton in
Wyoming dice che solo un insieme di politiche coordinate potrà ridurre la disoccupazione in Europa. Fa però
anche intuire la difficoltà di ottenere il coordinamento necessario per realizzarle. Difficoltà, per molti aspetti,
simili a quelle che governi e banche centrali non seppero superare negli anni Trenta.
Se gli elettori tedeschi riuscissero a concentrare la memoria storica su episodi del proprio passato più
disastrosi delle iper-inflazioni postbelliche, ricorderebbero quanto l'assenza di una «reflazione coordinata»
abbia contribuito, nei primi anni Trenta, a fare crescere in parallelo sia la disoccupazione sia il consenso
elettorale per Hitler. Ci sono analogie con la situazione attuale, oltre a importanti differenze, tutte a favore
dell'Europa di oggi. Evitando svalutazioni competitive e inflazione, i cambi fissi ancorati all'oro creavano un
ambiente di aspettative stabili che favoriva commercio internazionale e investimenti.
La Grande Crisi nacque, in Germania, da un eccesso di indebitamento privato, soprattutto sull'estero. La
riduzione dei flussi di capitali stranieri asciugò la liquidità di un sistema finanziario dominato dalla «banca
universale» che si finanziava a breve per investire a lungo termine.
Private del credito bancario, molte imprese fallirono, quasi tutte ridussero investimenti e occupazione.
Volendo tenere fisso il cambio, il governo alzò i tassi di interesse, riducendo contemporaneamente la spesa
pubblica, facendo ulteriormente diminuire investimenti e occupazione. Per uscire dal circolo vizioso, la
Germania avrebbe avuto bisogno di un prestito internazionale per ammorbidire le restrizioni monetarie, di una
politica fiscale espansiva da parte dei partner commerciali in surplus che sostenesse la domanda di
esportazioni tedesche e di una «riforma strutturale» del sistema bancario.
Queste tre condizioni si sarebbero potute realizzare solo con una forte cooperazione internazionale che
invece mancò. Il prestito fu subordinato a inaccettabili vincoli politici, i paesi in surplus - Stati Uniti e Francia non vollero mettere a repentaglio stabilità dei prezzi e riserve auree con un'espansione fiscale della quale
avrebbero beneficiato, accanto ai tedeschi, anche i propri cittadini. La Germania non attuò riforme interne
scegliendo la più facile via del controllo sui movimenti internazionali dei capitali e della protezione doganale.
Persero tutti, non solo la Germania ma anche Stati Uniti e Francia. L'economia mondiale entrò in una lunga
fase di protezionismi e autarchie che penalizzò la crescita di tutti i paesi. Il coordinamento che era
nell'interesse di tutti fallì perché, in un mondo caratterizzato da enorme reciproca sfiducia, mancò una guida
in grado di garantire l'esito favorevole del gioco cooperativo.
Le analogie tra oggi e i primi anni Trenta sono evidenti. Esistono, per fortuna, anche importanti differenze. La
principale, per quanto riguarda le politiche macroeconomiche, è l'esistenza di un'unica banca centrale che
consente a Draghi di proporsi come quell'elemento di coordinamento che mancò negli anni Trenta. È questa
forse la maggiore novità del discorso di Jackson Hole e di quello, focalizzato sugli investimenti invece che
sulla disoccupazione, pronunciato all'Eurofi Financial Forum di Milano l'11 settembre. La matassa di questa
recessione - che, almeno nel nostro paese, sembra non avere fine - si sbroglia solo con l'aumento della
fiducia reciproca tra i governi e dell'ottimismo di tutti circa il futuro.
La politica monetaria, dice Draghi, è indispensabile ma da sola non basta. Riusciremo «a stimolare gli
investimenti solo se le politiche strutturali, fiscali e monetarie si rinforzano a vicenda» e questo richiede che
«ciascun attore - europeo o nazionale che sia - faccia ciò che deve fare». Per superare le difficoltà di
coordinamento e fiducia che fecero naufragare l'Europa degli anni Trenta, la Bce si propone implicitamente
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/09/2014
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
come agente che rende possibile la cooperazione. Ha fatto con i TLtro la prima mossa. Facendo capire che
se questa non bastasse farebbe di più, crea le condizioni a che i governi nazionali facciano a propria volta ciò
che devono, sicuri che le necessarie condizioni monetarie non verranno meno. Quando Draghi parla di una
politica fiscale coerente pensa, senza nominarla, soprattutto alla Germania invitandola a fare quanto, negli
anni Trenta, la Francia rifiutò di fare: una robusta espansione degli investimenti pubblici, della quale la stessa
Germania ha bisogno, contribuendo a ridare tono a tutta la domanda dell'Eurozona. A Francia e Italia, che
non sono in condizione di attuare politiche fiscali espansive, dice di prendere in fretta le misure necessarie
per accrescere la competitività e, dunque, l'offerta di lavoro. Il gioco del chiedere agli altri di muoversi per
primi, biasimandoli per l'inazione, senza peraltro muovere un dito a casa propria è oggi ancora meno
scusabile che nel passato.
Un quadro monetario stabile nel prevedibile futuro è stato creato: l'espansione fiscale è nell'interesse
anzitutto dei tedeschi, lo scioglimento dei ghiacci che bloccano occupazione e investimenti è prima di tutto
nell'interesse degli italiani. Senza questo tipo di visione dell'interesse nazionale, l'euro, bene comune, è a
rischio. Su questa «narrativa» della nostra crisi e del modo per uscirne va cercato il consenso degli elettori,
non nel facile ma miope gioco dello scaricare sugli stranieri la causa di tutti i nostri mali.
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24/09/2014
Il Sole 24 Ore
Pag. 22
(diffusione:334076, tiratura:405061)
De Benedetti: articolo 18 problema minore
L'OBIETTIVO DELL'INGEGNERE «Con questa iniziativa vorrei insieme alla Bocconi aiutare i giovani che
nonostante tutte le negatività hanno voglia di provarci»
Vittorio Da Rold
«Quello dell'articolo 18 è un problema minore rispetto ai problemi drammatici di questo paese». Così il
presidente dell'Espresso, Carlo De Benedetti, a margine di un incontro in Bocconi per l'inaugurazione di una
cattedra per l'imprenditorialità in memoria del padre Rodolfo. L'articolo 18, ha premesso De Benedetti, è stato
«storicamente importante ma nelle condizioni in cui è l'Italia oggi, che sono preoccupanti, fermarsi a parlare di
articolo 18 è un problema minore, capisco lo spirito dei molti che ci sono affezionati».
Quanto alle resistenze all'interno del Pd alla linea di Matteo Renzi, non solo in materia di lavoro, «sono
comprensibili ma devono essere superate», ha auspicato l'ingegnere che ha poi aggiunto: «L'Italia sta
degradando, non declinando, è questo quello che succede, siamo miracolosamente ancora in Europa».
E per sconfiggere il declinismo De Benedetti è passato a spiegare perché ha deciso di dedicare un Cattedra
alla Bocconi a suo padre, «un vero piemontese, nato ad Asti nel 1892, un gentiluomo dedito al lavoro più che
alle pubbliche relazioni, un ingegnere laureatosi al Politecnico di Torino subito dopo la fine della Prima guerra
mondiale e che divenne imprenditore, dopo essere emigrato in Germania, grazie a un venture capital ante
litteram, un prestito dello zio di mio padre». Così Carlo De Benedetti ha ricordato gli inizi dell'avventura
imprenditoriale della sua famiglia e i motivi che lo hanno spinto a istituire la Cattedra Rodolfo Debenedetti in
Entrepreneurship alla Bocconi di Milano, grazie a una donazione a titolo personale, dell'ammontare di 3
milioni di euro.
«Con questa iniziativa in memoria di mio padre - ha affermato De Benedetti - vorrei insieme alla Bocconi
aiutare i giovani che nonostante tutte le negatività hanno voglia di provarci». Per facilitare questo obiettivo
bisogna aiutare l'imprenditorialità italiana a fare un balzo in avanti. In altri termini - ha detto Fabiano Schivardi,
il professore titolare della Cattedra - le modalità di apprendimento tradizionali, la palestra dei distretti, non
sono più sufficienti, in un mondo in cui il successo d'impresa dipende più dalla capacità di innovazione che da
quella di contenere i costi. Una formazione più strutturata e l'acquisizione di capacità manageriali dall'esterno
possono essere le soluzioni alla crisi di crescita.
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/09/2014
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Fare impresa. Inaugurata la cattedra dedicata al padre Rodolfo: «La palestra dei distretti non basta più»
24/09/2014
Il Sole 24 Ore
Pag. 25
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«Per Pioneer avanti con Santander»
Il ceo di UniCredit Ghizzoni conferma: trattative in esclusiva con gli spagnoli per un'alleanza LE TAPPE Circa
la metà dell'offerta sarà versata sotto forma di cash. Nella governance ampio spazio agli italiani, possibile la
sede a Londra
Marco Ferrando Carlo Festa
È Santander il nuovo partner per la Pioneer di UniCredit. L'operazione, che valorizza l'asset manager del
gruppo quasi 3 miliardi di euro, è stata annunciata dall'amministratore delegato di UniCredit, Federico
Ghizzoni: al termine del board, ieri il manager ha indicato il proseguimento delle discussioni con gli spagnoli
come partner futuro di quello che si annuncia come un «grande progetto industriale».
L'offerta di Santander, la più alta dal punto di vista economico, è stata preferita alle altre proposte di alleanza
dei fondi di private equity Cvc (affiancato dal fondo di Singapore Gic) e Advent. La prossima tappa è la firma
dell'accordo, che viene prevista entro novembre.
«Nel tempo si è sviluppata sempre di più questa opportunità industriale rappresentata da Santander», e per
la precisione l'alleanza con il polo del gruppo spagnolo, Santander Asset Management, ha detto Ghizzoni,
aggiungendo che è stata data «la preferenza a un partner industriale che, se le cose si concluderanno
positivamente, porterà alla creazione di una società integrata con 350 miliardi di masse gestite, tra le prime
dieci in Europa e fra le prime 25-30 al mondo forte di una presenza in Europa, Sudamerica e Usa».
Proprio il presidio negli Stati Uniti di Pioneer (che ha già un'importante branch Oltreoceano) è stata una delle
variabili che, nelle scorse settimane, sembrava dettare le scelte di UniCredit. Tanto che i due fondi di private
equity, assistiti dagli advisor Deutsche Bank e Mediobanca, avevano presentato nelle loro offerte un articolato
dossier con il piano di sviluppo negli Usa, tema a cuore soprattutto del management di Pioneer.
Alla fine ha vinto Santander, che ha saputo mettere sul piatto la valutazione maggiore (quasi 3 miliardi di
euro, per circa il 50% sotto forma di cash) ma anche un progetto più globale con una presenza che a questo
punto si estende pure in Sudamerica, dove l'asset manager iberico è uno dei più attivi sul mercato.
Ghizzoni ha spiegato che quello tra Pioneer e Santander Asset Management «è un progetto industriale con il
quale si vuole creare una società con dimensioni importanti e globali. La compagine azionaria sarà composta,
in parti uguali, tra noi, Santander e i due fondi già presenti in Santander Asset Management», e cioè l'angloamericano Warburg-Pincus e l'americana General Atlantic «con quote presumibilmente del 33-34% ciascuna.
«I fondi già presenti in Santander Asset Management - ha continuato Ghizzoni - usciranno con l'Ipo e quindi
abbiamo accettato di rimanere partner industriali con una quota più bassa del 50%, però in una realtà che
avrà un valore più alto, con masse già raddoppiate, e che dopo lo sbarco in Borsa vedrà due soci paritetici».
«In sostanza - ha riconosciuto Ghizzoni - quella concessa a Santander è un'esclusiva: lo facciamo - ha detto
ancora - per un obiettivo ambizioso e industriale. L'impatto di capitale - secondo Ghizzoni - sarà nell'ordine
dei 20-25 punti base ma questo dipende dalle condizioni finali. Nei negoziati ha prevalso questo progetto che
si basa sul fatto che per noi l'asset management è strategico».
Nulla di deciso sulla possibile piazza di quotazione del gruppo integrato che uscirà dalla fusione («È troppo
presto - ha spiegato Ghizzoni - e anche il marchio è ancora fra i punti da discutere»), mentre si sarebbero
avviati i primi ragionamenti sulla governance (il senior management vedrà in maggioranza esponenti Pioneer)
così come sull'organizzazione: tra le ipotesi sul tavolo, c'è quella della sede a Londra con due hub a Milano e
Madrid.
La banca iberica presieduta da Ana Patricia Botin sembrava essere uscita di scena un mese fa, ma poi ha
saputo giocare la carta dell'alleanza globale con il risparmio gestito di Unicredit. Tanto che, secondo qualche
addetto ai lavori, l'accordo potrebbe estendersi in futuro anche in altre aree di interesse delle due banche,
come ad esempio il credito al consumo. «È prematuro - ha indicato Ghizzoni - parlarne. Al momento non è
previsto niente di tutto ciò».
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/09/2014
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Banche. Se l'intesa andrà in porto, nascerà una società con 350 miliardi di masse gestite, tra le prime 15 in
Europa e 25-30 al mondo
24/09/2014
Il Sole 24 Ore
Pag. 25
(diffusione:334076, tiratura:405061)
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/09/2014
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© RIPRODUZIONE RISERVATA I NUMERI DI PIONEER La suddivisione del business La fotografia
Risultato netto di gestione In milioni di euro Asset gestiti In miliardi di euro 2013 2018 2013 114 2014 134
+17,9% +17,9% 174 53% 47% 263 45% 55% CAPTIVE NON-CAPTIVE VAR. % VAR. % PER ASSET
CLASS Obbligazioni 60 Azionari 20 Bilanciati e flessibili 18 Monetari 2 PER AREA GEOGRAFICA Europa
occidentale 69 e America latina Stati Uniti 19 Austria e centro-est Europa 9 Asia e Medio Oriente 3 0 10 20
30 40 50 60 70 80 90 100 MASSE AMMINISTRATE Dati in % Fonte: dati societari
24/09/2014
Il Sole 24 Ore
Pag. 26
(diffusione:334076, tiratura:405061)
Intesa cambia la Banca dei Territori
Messina: «Impatto senza precedenti per famiglie e imprese» LA GOVERNANCE Gros-Pietro: «Il progetto di
riforma non sarà presentato all'assemblea 2015». L'advisor per l'autovalutazione sarà Crisci&Partners
Marco Ferrando
Intesa Sanpaolo stringe le maglie della Banca dei Territori: tre segmenti di business, una struttura più
capillare che vedrà circa 380 aree commerciali sparse per l'Italia (contro le 28 di oggi) governata da mille
nuovi direttori, che avranno il compito di valorizzare le professionalità presenti nella banca (che non farà
esuberi) e al tempo stesso di estrarre maggior valore aggiunto.
Alla divisione della Banca dei territori, che nei primi sei mesi dell'anno ha contribuito ai risultati di gruppo con
5,7 miliardi di ricavi (il 67% del totale) e 749 milioni di utile netto, il piano industriale presentato da Carlo
Messina a marzo richiede uno degli sforzi più impegnativi (una crescita media annua dei ricavi del 3,2%), e
per martedì scorso il Consiglio di Gestione ha approvato il nuovo assetto organizzativo, che ieri è stato
presentato ai sindacati dal chief operating officer, Omar Lodesani.
Confermate le sette direzioni regionali (dove i responsabili verranno sostituiti nei prossimi mesi, non appena
matureranno i requisiti per la pensione), le novità sono a valle: attualmente, si diceva, la BdT conta 28 aree.
Da gennaio - il lancio è previsto per il 19 - diventeranno 380: 250 aree retail (cui faranno capo 3.450 filiali),
100 aree personal (850 le filiali), 30 aree imprese (200 filiali). Ognuna delle tre "filiere" sarà governata da un
direttore commerciale ad hoc a livello regionale: così, i sette coordinatori regionali avranno modo di stringere
la presa sulla struttura, in un approccio per segmento che dovrebbe consentire alla banca di offrire a ogni
cliente il proprio interlocutore e al tempo stesso di aumentare ricavi e profitti.
La pianta organica, i nuovi responsabili, nonché il trattamento economico che verrà assegnato alle
professionalità più elevate saranno comunicati entro fine novembre: «Le persone sono il nostro asset chiave,
e ogni persona ha il proprio piano di impresa da conseguire - ha sottolineato Carlo Messina, ceo di Intesa
Sanpaolo. «Abbiamo definito il Piano come un progetto di vita per la nostra banca, che avrebbe consentito di
crescere insieme valorizzando le nostre capacità e le nostre aspirazioni. Il nuovo modello avrà un impatto
senza precedenti sulla nostra capacità di rispondere alle esigenze di famiglie e imprese, facendo della
valorizzazione delle nostre competenze specializzate e della centralità del territorio gli elementi differenzianti
per raggiungere i risultati attesi».
Tempi diversi, invece, per la riforma della governance. Di cui ha fatto il punto, sempre ieri, il presidente del
Consiglio di Gestione, Gian Maria Gros-Pietro: «Non credo che potremo presentare un progetto per la
prossima assemblea» , ha detto. Di conseguenza, «la revisione della governance può avvenire in tre modi:
dicendo che così com'è va benissimo, mantenendo il duale e non modificandolo oppure abbandonando il
duale», ha aggiunto Gros-Pietro, chiarendo che sarà Crisci&Partners l'advisor chiamato ad aiutare Intesa
nella valutazione dei meccanismi di funzionamento degli attuali consigli, cui spetterà decidere sulla
governance. Gros-Pietro ieri è intervenuto alla cerimonia di consegna di due borse di studio intitolate a Luigi
Arcuti, ex dg dell'allora San Paolo ed ex presidente Imi, scomparso nel 2013.
@marcoferrando77
© RIPRODUZIONE RISERVATA La riorganizzazione dellaBanca dei Territori di Intesa Sanpaolo. Dati al3006-2014 Il nuovo schema DIVISIONE Corporate e investment banking DIVISIONE Banca dei territori
DIVISIONE Banche estere DIREZIONI REGIONALI 7 DIREZIONI Retail DIREZIONI Personal DIREZIONI
Imprese FILIALI 4.403 MILIONI DI CLIENTI 11,1 Fonte: elaborazione del Sole 24 Ore
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/09/2014
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Credito. Varata la nuova struttura: tre filiere, 380 aree commerciali sparse per l'Italia e mille nuovi direttori
24/09/2014
La Repubblica - Ed. nazionale
Pag. 1
(diffusione:556325, tiratura:710716)
Intervista al ministro dell'Economia "Cruciale per noi la riforma del lavoro" Sette emendamenti dalla
minoranza Pd
FEDERICO FUBINI
PIER Carlo Padoan ha passato il week-end in Australia al vertice del G20 e poi è tornato direttamente al
lavoro in via XX Settembre. «C'è una recessione lunga, che però si sta attenuando e da cui stiamo
gradualmente uscendo. Restano gli ostacoli alla crescita, pervasivi, che vanno aggrediti con le riforme».
ALLE PAGINE 14 E 15 ROMA. Se solo potesse, Pier Carlo Padoan per mezza giornata tirerebbe il fiato. Ha
passato il week-end in Australia al vertice del G20 e poi è tornato direttamente al lavoro in via XX Settembre.
Nonè facile, anche perchéi tempi in cui il ministro dell'Economia viaggiava comodo sugli aerei di Stato sono
passati. Ora sono solo voli di linea, e non sempre poltrone di élite. «Nei voli interni in Australia abbiamo
volato in classe economica - confessa - come facciamo per tutte le trasferte europee».
Il G20 suona una nota di preoccupazione per la crescita mondiale. Anche per l'Europa e l'Italia? «Il G20 ha
preso atto che l'obiettivo di alzare di due punti in cinque anni la crescita di Pil non sarà raggiunto, non senza
nuove misure. Naturalmente la crescita nonè uguale ovunque, l'Europa è la regione che cresce meno e l'Italia
- nonè una novità- cresce meno della media della zona euro. In Australia si è discusso molto nel mix di
politiche che serve per migliorare la situazione e qui è emerso un tema di fondo: bisogna agire, per dirla da
tecnici, sia dal lato della domanda che dell'offerta».
Che significa? «Con le cosiddette riforme strutturali ma anche, nei Paesi che hanno margini di bilancio, con
politiche espansive. Anche la politica monetaria può essere espansiva in Europa».
L'invito a usare il bilancio pubblico per sostenere la ripresa, se c'è spazio per farlo, è una critica a Berlino?
«C'è un dibattito fra gli Stati Uniti, che chiedono politiche di domanda molto più espansive, e alcuni Paesi
europei fra cui la Germania.
Questi ultimi concordano sulla necessità di fare più investimenti, ma pensano che solo conti pubblici sani
creino la fiducia perché partano gli investimenti privati. C'è un fatto nuovo: i Paesi del Sud Europa sotto
programma, cioè con la Troika, di recente hanno imboccato la strada di una crescita anche piuttosto vivace
rispetto alle attese. C'è chi indica questa crescita come prova che le loro strategie hanno successo».
Questi Paesi hanno subito una capitolazione, per loro decide la Troika, ma ora crescono più dell'Italia. Un
caso? «Le performance di Irlanda, Portogallo, Spagna o Grecia, sia pure diverse, mi sembrano frutto di due
meccanismi. Il primo riguarda i Paesi che vanno in profonda recessione: quando il tasso di crescita va così
giù, dopo un po' c'è un rimbalzo anche perché il Paese riacquista competitività tramite una compressione dei
salari nominali, cioè al lordo dell'inflazione. Poi in questi Paesi entra in azione l'effetto delle riforme fatte. Una
lezione per l'Italiaè che le riforme servono a consolidare la crescita e quindi rendere permanenti i benefici
della prima ripresa, quella legata al rimbalzo».
Senonché in Italia il Pil è caduto più che nei Paesi sotto Troika, Grecia esclusa, eppure il rimbalzo non si
vede...
«C'è una recessione lunga, che però si sta attenuando e da cui stiamo gradualmente uscendo. Questa si è
aggiunta a due decenni negativi per la produttività e di perdita di competitività.
L'Italia non è paragonabile a questi altri Paesi.
È un Paese più complesso, è la seconda economia manifatturiera del continente. Da noi lo sforzo di
aggiustamento di bilancio è stato significativo e lo vediamo nel bilancio pubblico in surplus al netto degli
interessi. Il sistema bancario ha dimostrato una tenuta importante. Ma restano gli ostacoli alla crescita,
pervasivi, che vanno aggrediti con le riforme».
La Bce non riesce a portare l'inflazione verso il 2%, come da obiettivo statutario.
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/09/2014
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Padoan: manovra per la ripresa non per il deficit
24/09/2014
La Repubblica - Ed. nazionale
Pag. 1
(diffusione:556325, tiratura:710716)
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/09/2014
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Le crea un problema di gestione del debito pubblico? «Per definizione una crescita nominale così bassa,
data da crescita reale negativa e inflazione molto bassa, è un problema in più per la dinamica del debito. Se
la crescita nominale fosse più in linea con gli obiettivi della Bce, l'Italia vivrebbe su un pilota automatico. Il
nostro surplus strutturale al netto degli interessi, più tassi d'interesse ragionevolmente bassi sul debito e una
crescita nominale superiore al 2%, sommando un po' di crescita reale e un po' di inflazione, darebbero
risultati chiari: il debito sarebbe in calo a velocità più che soddisfacente».
Che cosa manca a questo scenario di tranquillità? «Appunto una crescita nominale insufficiente. Noi
facciamo ciò che è nei poteri del governo: lo sforzo di bilancio e politiche che sono valutate positivamente dai
mercati, come dimostra il calo dello spread. In ogni caso dobbiamo fare la nostra parte per garantire che il
debito sia su sentiero discendente».
Sulla Grecia l'Eurogruppo disse che il 140% del Pil era la soglia di sostenibilità del debito. Oltre dovevano
fare un default controllato. C'è una soglia per l'Italia? «Queste polemiche sui valori-soglia sul debito sono
sterili. Il contro-esempio è il Giappone: ha un debito al 230% del Pil, di cui però nessuno mette in dubbio la
sostenibilità. Comunque il nostro obiettivo è far calare il debito». In legge di Stabilità ci sono 15-16 miliardi di
poste vincolate, ma la correzione lorda arriva a 20 per coprire i tagli al costo del lavoro e agli ammortizzatori.
Sarà una manovra di mantenimento del deficit poco sotto al 3% del Pil, invece che di riduzione del disavanzo
stesso come impone il Fiscal Compact europeo? «La legge di Stabilità tiene conto del fatto che il quadro
macroeconomico è profondamente deteriorato rispetto anche soloa cinque mesi fa.
Questo rende più difficile rispettare i vincoli di finanza pubblica. La manovra di bilancio parte da questo
presupposto. Il secondo presupposto è che il 3% non viene valicato. Il governo sta facendo uno sforzo basato
su tre pilastri. Il primo riguarda le riforme strutturali e in particolare quella del lavoro: le altre sono importanti,
questa è cruciale. Il secondo è un risanamento favorevole alla crescita, cioè misure volte ad abbatterei costi
per le imprese derivanti dal cuneo fiscale sul lavoro, tramite tagli di spesa. Il terzo è un sostegno agli
investimenti soprattutto privati, ma non solo, con la semplificazione delle regole, a incentivi che si
autofinanziano e altro». Difficile trovare tagli per 20 miliardi con sforbiciate del 3% sui ministeri. Toccherete
deduzioni e detrazioni, di fatto aumentando la pressione fiscale per le imprese? «Dove in dettaglio tagliare lo
stiamo vedendo in questi giorni insieme alla presidenza del Consiglio. È un esercizio che riguarda il mio
ministero, tutti gli altri, ma anche Regioni ed enti locali. Certo prenderà in considerazione anche le tax
expenditures , cioè deduzioni e detrazioni.A priori non ci sono voci che non vengono esaminate. Il che non
vuol dire tagliare, ma valutare. Sarà una questione di scelte politiche».
Come allocherete i 5 o 6 miliardi che ricavate per la manovra, più sul lavoro o sugli ammortizzatori? «I
numeri non ci sono ancora, ma penso sia importante favorire la ripresa degli investimenti privati. Sono la via
maestra per creare lavoro. Dunque servono misure che stimolano gli investimenti, accanto a quelle che
rendono il mercato del lavoro più semplice. Ecco perché la manovra finanziaria, di riforme strutturali e di
sostegno agli investimenti sono tre componenti della stessa strategia. Poi il mix di tagli di imposte, sostegno
agli ammortizzatori sociali nella nuova visione del mercato del lavoro e sostegni eventuali a investimenti in
innovazione saranno messi a punto».
Lei è stato consigliere di Massimo D'Alema a Palazzo Chigi, ora è ministro di Renzi. Sul lavoro i due si
stanno scontrando.
Lei dove si colloca? «Al di fuori di questo scontro» Lei è iscritto al Pd? «No».
Si ritiene neutrale? «Mi hanno chiesto di entrare nel governo, penso, in base alla mia esperienza di lavoro
internazionale, a cominciare da quando ero consigliere di D'Alema e poi di Amato. Come la penso l'ho
sempre detto e ora cerco di applicarlo in Italia. Sono cosciente che c'è una dinamica politica molto vivace, e
aggiungo: non è specifica dell'Italia, si è già vista in altri Paesi che hanno fatto riforme. Da uno studio fatto
all'Ocse emerge che le riforme che hanno successo sono legate alla creazione del consenso».
Funzionano solo se i cittadini capiscono che servono? «Esattamente. C'è un problema di consenso e di
percezione dell'urgenza del cambiamento». Insomma lei crede o no al contratto a tutele crescenti senza la
24/09/2014
La Repubblica - Ed. nazionale
Pag. 1
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/09/2014
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
protezione dal licenziamento dell'articolo 18? «Penso che il modo in cui il governo sta impostando la riforma
vada nella direzione giusta.
Ma uno dei temi del dibattito europeo è che ai Paesi ai quali si facilitano le condizioni finanziarie, poi manca
l'incentivo a fare riforme».
È la critica tedesca alla Bce e sul Fiscal Compact: non diamo spazio all'Italia, se no si ferma e non fa nulla.
«Sono in profondo disaccordo con questa critica, perché vedo in Italia una grande consapevolezza della
necessità di fare riforme. Questa non viene dalle scelte della Bce, ma dal fatto che il Paese vede che sta
perdendo tempo, opportunità, sta sprecando il suo enorme potenziale.
Questo mi incoraggia perché se c'è questa convinzione, poi le riforme si fanno».
Su Enel la privatizzazione va avanti, su Eni siete fermi. Colpa dell'inchiesta sulla tangente nigeriana? «Ogni
azienda ha una storia a sé. La questione di Eni che è di dominio pubblico non ha niente a che vedere con la
strategia di privatizzazione che, ripeto, è una strategia complessiva. L'obiettivoè abbattere il debito pubblico
ma anche trovare un equilibrio ottimale tra l'esercizio dell'indirizzo da parte pubblica e la spinta ad una
gestione d'impresa più efficiente».
135,6 ITALIA
La classiÞca europea del debito pubblico
In % del Pil, primo trimestre 2014 FONTE EUROSTAT 174,1 GRECIA 132,9 PORTOGALLO 112,2 CIPRO
105,1 BELGIO 93,9 EUROZONA 88,0 UE 28 96,8 SPAGNA 96,6 FRANCIA 91,1 REGNO UNITO 77,3
GERMANIA 75,1 AUSTRIA 58,6 FINLANDIA 44,3 DANIMARCA 40,4 SVEZIA 22,8 LUSSEMBURGO 10,0
ESTONIA
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Foto: AL TIMONE Pier Carlo Padoan e, nelle foto a sinistra, Matteo Renzi, Angela Merkel e Mario Draghi
24/09/2014
La Repubblica - Ed. nazionale
Pag. 1
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Scaroni: i miei conti? Ho guadagnato soltanto soldi puliti
DARIO CRESTO-DINA
MILANO NON ho nessun problema», ha detto Paolo Scaroni a chi lo ha incontrato ieri sera a Milano: «Il
denaro che stava nel trust inglese è pulito, è il frutto del mio lavoro all'estero. I magistrati possono rivoltarlo
come un calzino, altre autorità di controllo lo hanno già fatto in passato, e non ci troveranno nulla di illecito.
Tutto documentato, non un soldo sospetto». A PAGINA 21 CON UN ARTICOLO DI SANDRO DE
RICCARDIS MILANO. «Non ho nessun problema», ha detto Paolo Scaroni a chi lo ha incontrato ieri seraa
Milano: «Il denaro che stava nel trust inglese è pulito, è il frutto del mio lavoro all'estero. I magistrati possono
rivoltarlo come un calzino, altre autorità di controllo lo hanno già fatto in passato, e non ci troveranno nulla di
illecito.
Tutto documentato, non un soldo sospetto». L'ex amministratore delegato dell'Eni è più che amareggiato «In realtà è furioso», rivela qualcuno del suo entourage - ma con i suoi collaboratori è stato chiaro, a tutti
raccomanda freddezza: non vuole dire una sola parola sull'inchiesta per la presunta maxitangente algerina né
commentare lo sfogo del suo successore Claudio Descalzi, raccolto qualche giorno fa da Repubblica. Anche
se verrà il tempo dei chiarimenti e, forse, degli scontri.
Il lavoro della magistratura, fa capire, va rispettato in silenzio fino a quando non arriverà alle sue conclusioni.
Ma, questa è la questione sulla quale non riesce a tacere, ci sono confini della privacy che non andrebbero
superati. È per questo che ieri sera a un amico l'ex super boiardo dell'Eni ha confessato ciò che davvero non
riesce a mandar giù: «Su quei documenti ci sono i nomi di mia moglie e dei miei figli. Sono loro i beneficiari
del trust, la cui forma giuridica ha il vantaggio di consentire dei lasciti differenti dalle norme testamentarie.
Rendere pubblico tutto questo non può diventare pericoloso? E se a qualcuno domani viene in testa l'idea di
rapire uno dei miei figli?». In sostanza, ha ribaditoa chi lavora al suo fianco: «Cerchino pure dove vogliono,
metto a loro disposizione tutte le carte e le testimonianze documentali della mia vita professionale, ma ci
sono cose che non andrebbero sbattute in pubblico. Credo che questa sia una vergogna mondiale».
A scavare nel "Paolo Scaroni Trust" sono i pm milanesi Fabio De Pasquale e Isidoro Palma. Il conto venne
costituito nel 1998 nell'isola di Guernsey e nel 2009, secondo quanto accertato da una relazione ispettiva di
Bankitalia, il deposito ammontava a 13 milioni di euro. Di questi, al lordo dell'imposta del cinque per cento,
poco più di undici milioni vennero fatti rientrare in Italia grazie al filtro garantito dallo scudo fiscale ter. «Lo
ripeto ancora una volta - ha spiegato ieri sera il super manager a chi gli chiedeva spiegazioni - : ho fatto tutto
secondo la legge. Allora lavoravo e risiedevo in Gran Bretagna, ero amministratore delegato della Pilkington,
multinazionale del settore vetri per auto, e avevo il diritto di mettere i miei guadagni dove volevo. Credo fosse
una scelta che non riguardava nessuno». Sul trust sono confluiti i suoi emolumenti fino al 2002, fino a quando
è rientrato in Italia. Da allora il conto non sarebbe più stato alimentato, il flusso del denaro si sarebbe
interrotto in contemporanea al cambio di sede lavorativa di Scaroni. Il rimpatrio del capitale è avvenuto sette
anni dopo, come ieri sera il manager ha ricordato ha chi gli ha parlato: «Prima di decidere di usufruire dello
scudo andai a confrontarmi con Tremonti. Gli dissi: Giulio, che cosa mi consigli di fare? Lui mi domandò se i
beneficiari del trust erano i miei familiari oppure se avessi indicato altri tipi di destinatari. Quando gli spiegai
che, oltre a me, si trattava di mia moglie e dei miei figli mi suggerì di far rientrare il denaro in Italia».
Oggi il trust ha due protector, Rolando Benedicke il super commercialista di Milano Oreste Severgnini. E ogni
anno, da amministratore delegato dell'Eni, Scaroni ne ha sempre fatto menzione nella relazione davanti al
Parlamento e nell'assemblea dei soci: «Gli ispettori della Banca d'Italia lo hanno vivisezionatoe non hanno
trovato nulla di irregolare. Ecco perché sono tranquillo». Non chiedetemi nulla sull'inchiesta Saipem-Algeria,
ha ribadito ieri sera Paolo Scaroni, ma alla fine ha voluto ripetere quelle parole nelle quali, a suo avviso, è
racchiusa la sua immagine di manager: «Nei miei guadagni tutto è lecito fino all'ultimo centesimo. Non ho mai
preso soldi da nessuno. Nella mia carriera ho guadagnato soltanto soldi puliti. In caso contrario sarei già stato
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IL PERSONAGGIO
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arrestato. Spero che l'Italia non sia diventata un paese di matti».
PER SAPERNE DI PIÙ milano.repubblica.it
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Danni ambientali e ruolo dei Riva frenano lo sbarco di Arcelor Mittal all'Ilva
di Taranto
Il colosso franco-indiano chiede garanzie Ieri vertice con il ministro Guidi, il commissario Gnudi e i
Marcegaglia
LUCA PAGNI
MILANO. L'interesse del colosso franco-indiano Arcelor Mittal per l'Ilva di Taranto è cosa nota.
Tanto che dai primi di settembre uno stuolo di consulenti, avvocati, ingegneri è sbarcato in pianta stabile in
Puglia per esaminare conti, impianti e procedure ambientali della più grande acciaieria d'Italia. Così come
potrebbero essere interessati i concorrenti, sempre indiani, di Jindal, che già hanno messo gli occhi su
Piombino.
Ma prima che Arcelor Mittal arrivi a una proposta vincolante d'acquisto - prevista non prima di un paio di mesi
- ci saranno non pochi problemi da superare.
Uno di questi è sicuramente il ruolo della famiglia Riva, che controllano ancora una quota rilevante del
pacchetto azionario. Ma ancora di più la questione dei danni ambientali e le eventuali responsabilità che
potranno essere individuate dalla magistratura.
E proprio di questo si è parlato nell'incontro che si è tenuto ieri a Roma nella sede del ministero dello
Sviluppo economico, dove il ministro Federica Guidi ha incontrato il responsabile delle operazioni di M&A e
amministratore delegato per l'Europa di Arcelor Mittal, Aditya Mittal e il commissario straordinario dell'Ilva,
Piero Gnudi. Con loro anche Antonio ed Emma Marcegaglia, che si dividono la responsabilità del gruppo
mantovano. Il quale sarebbe interessato ad avere un piccola quota della futura società che gestirà l'Ilva, in
quanto tra i principali trasformatori in Europa di prodotti in acciaio.
Secondo alcune fonti, il tema centrale trattato ieri riguarda le garanzie che il gruppo Arcelor Mittal richiede
per non dover trascinarsi in futuro le incertezze legate alla vecchia Ilva. E' noto che qualcuno dovrà pagare
1,8 miliardi di bonifica ambientale. ma occorre trovare una soluzione perché tutti questi soldi siamo suddivisi
tra i nuovi proprietari e chi eventualmente verrò ritenuto responsabile nelle gestioni precedenti. Anche perché
a tutto ciò è anche legato il valore dell'asset industriale.
Ma, come detto, siamo solo alle prima battute.
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Foto: IL MINISTRO Federica Guidi
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IL PUNTO
24/09/2014
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Ue, nuova offensiva anti-Google nel mirino di Bruxelles il traffico deviato
su Youtube
Il commissario alla Concorrenza, Almunia, prefigura ulteriori procedure presunte violazioni anche attraverso il
sistema operativo per i cellulari Android Il colosso di Mountain View rischia sanzioni fino a 5 miliardi e un
pesante iter giudiziario
ARTURO ZAMPAGLIONE
NEW YORK. Alza la voce, Joaquin Almunia, lo sceriffo antitrust dell'Unione europea. Lancia una dura
minaccia a Google e prospetta l'apertura di nuove procedure: se il motore di ricerca non farà presto nuove
concessioni per risolvere il contenzioso con Bruxelles, saranno formalizzate le accuse per abuso di posizione
dominante, con il rischio di multe fino a 5 miliardi di euro e di un penalizzante iter giudiziario. Del resto, dice
Almunia rivolgendosi ai parlamentari europei, «Google pone problemi ancora più seri per la concorrenza di
quelli che avevamo una volta con Microsoft». E ricorda che la vertenza con la multinazionale fondata da Bill
Gates durò 16 anni (e si concluse con 2,2 miliardi di multa).
Queste dichiarazioni infuocate servono al commissario europeo alla Concorrenza per rispondere alle critiche,
soprattutto tedesche, di essere stato troppo soft nei confronti di Googlee di non essere riuscito a risolvere la
questione dopo quattro anni di indagini e tre tentativi di accordo. Anche l'ultimo compromesso, annunciato a
febbraio e appoggiato all'inizio da Almunia, è naufragato tra le obiezioni delle aziende europee e di grandi
editori come Axel Springer e Rupert Murdoch.
Adesso la questione passa in eredità alla prossima Commissione Ue, e in particolare all'ex-ministro danese
dell'Economia, Margarethe Vestager, che da novembre prenderà le redini dell'antitrust e già chiarisce che
una delle sue priorità sarà la «equa concorrenza nell'economia digitale».
Google è sotto inchiesta proprio per concorrenza sleale. I risultati delle ricerche sul suo motore - sostengono
gli avversari e gli inquirenti di Bruxelles - favoriscono i "suoi" prodotti o servizi, invece di metterli tutti sullo
stesso piano. E' anche possibile, secondo Almunia, che la Ue apra inchieste parallele su altri business di
Google: YouTube e il sistema operativo per smartphone Android. Sullo sfondo delle inquietudini dell'Europa,
dove la penetrazione del motore di ricerca di Mountain View è sul 90 per cento, quindi maggiore che negli
Stati Uniti, ci sono anche le questioni di privacy e di sovranità. Secondo le rivelazioni di Edward Snowden,
infatti, grazie alla collaborazione segreta di Google e degli altri giganti del web, l'intelligence americana ha
avuto accesso alle mail e a dati riservati di cittadini europei. In questo clima di crescente diffidenza, la
Germania ha deciso di alzare il livello dello scontro.
Heiko Maas, il ministro della Giustizia ai Angela Merkel, che si occupa anche di protezione dei consumatori,
ha chiesto la settimana scorsa a Google di rivelare la sua "formula segreta": cioè i dettagli dell'algoritmo con
cui vengono classificati i risultati delle sue ricerche. E Maas non ha escluso un'altra misura estrema per
contenere gli abusi di Google, già ipotizzata dall'europarlamentare Werner Langen: la frammentazione
forzosa del gruppo in varie società distinte, sulla falsariga di quel che fecero gli Stati Uniti con il gigante delle
telecomunicazioni At&t, in modo da attenuarne la forza monopolistica.
Per il momento Sergey Brin e Larry Page, i due giovani co-fondatori di Google, tacciono. Ma non c'è dubbio
che il duello stia diventando più serrato, anche perché non riguarda solo le tentazioni monopolistiche della
Silicon Valley, ma più in generale la volontà, da un lato e dall'altro dell'Atlantico, di impedire che la
globalizzazione diventi un modo troppo comodo per le multinazionali per aggirare regolamenti e tasse. L'Ocse
ha appena presentato un pacchetto di proposte per evitare che alcuni giganti, a cominciare proprio da Google
o da Amazon, spostino i profitti nei paradisi fiscali per pagare meno tasse rispetto ai paesi dove svolgono le
loro attività. E lunedì notte la Casa Bianca ha imposto nuove regole per impedire o quanto meno scoraggiare
le cosiddette "tax inversions", cioè il sistema di elusione fiscale usato da molte aziende americane (ma anche
dalla Fiat Chrysler): attraverso la fusione con aziende all'estero, trasferiscono la sede societaria in altri paesi
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IL CASO
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dove si pagano meno tasse.
«Dobbiamo impedire - ha commentato Barack Obama - che spostando la residenza solo sulla carta, queste
aziende non paghino a casa loro la fetta di tasse che a loro spetta». I PUNTI IL CASO MICROSOFT Il
Commissario Almunia ha ricordato che l'antitrust europeo ha multato in passato Microsoft per 2,2 miliardi di
euro per violazioni alla concorrenza L'ESEMPIO AT&T Gli Stati Uniti imposero la frammentazione forzosa al
gigante delle tlc At&t, in modo da attenuarne la forza monopolistica SU RTV-LAEFFE In RNews (alle 13,45
sul canale 50 Dt e 139 Sky) servizio su Google e l'antitrust
Foto: IL RICHIAMO Sarà la prossima Commissione Ue, che si insedierà a novembre, a portare avanti il
procedimento antitrust su Google
24/09/2014
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Unicredit ha scelto polo Pioneer-Santander nel risparmio gestito
Valutazione a 3 miliardi e più sinergie rispetto ai private equity L'ad Ghizzoni: prezzo migliore e logica
industriale, saremo grandi Per il cda Mediobanca oltre alla Magistretti entra Maurizia Comneno che sarà vice
presidente
ANDREA GRECO
MILANO. Unicredit porta il dossier Pioneer in cda e sceglie Banco Santander come partner nel risparmio
gestito. Dopo mesi passati a mostrare il dossier ai private equity anglosassoni, cui sembrava vendere un 50%
del marchio dei fondi comuni, la banca italiana ha ricevuto la classica offerta che non si poteva rifiutare.
Quasi 3 miliardi di euro la valorizzazione per Pioneer, di cui gli spagnoli vogliono il 33%, e i loro fondi partner
un altro 33%. E la società che gestisce 185 miliardi di euro di masse - se la trattativa andrà a buon fine - potrà
unirle a quelle dei baschi in un polo da 350 miliardi di masse gestite, tra i primi 15 in Europa e 30 al mondo.
«Il cda ha deciso di proseguire le discussioni in esclusiva con Santander asset management - ha detto l'ad
Federico Ghizzoni - preferendo l'offerta spagnola alle altre due dei private equity anglosassoni Cvc-Gic e
Advent. Nel tempo s'è sviluppata sempre più questa opportunità industriale rappresentata da Santander, che
ha offerto anche un prezzo migliore». L'operazione, da siglare entro novembre e perfezionare nella prossima
primavera, vedrebbe in una prima fase la discesa di Unicredit al 34% in Pioneer, e l'ingresso - in parte
pagando in contanti, in parte per conferimento di attività - con un 33% a testa di Santander e dei fondi suoi
partner nel risparmio gestito: Warburg Pincus e General Atlantic. In seguito i due fondi chiusi usciranno
mediante collocamento del loro 33% di Pioneer (ma il futuro nome della ditta è da discutere) in Borsa, da
effettuare in 3-4 anni. «È un progetto industriale, con cui creare una società con dimensioni importantie
globali. Non avremo più la maggioranza assoluta, ma è il 'prezzo' che ci è piaciuto pagare per realizzare un
entità più grande, e un progetto ambizioso e strategico. Dopo il collocamento Pioneer resterà una quotata con
noi e gli spagnoli soci paritetici».
Unicredit ha confermato l'impatto positivo sul patrimonio di 20-25 punti base, secondo i termini finali
dell'operazione; più sensibile sarà la plusvalenza sulla quota incassata. Ma questa sarà verosimilmente una
posta del 2015. Ghizzoni prevede «potenziali sinergie importanti, perché con gli spagnoli non ci sono
sovrapposizioni geografiche né di business. Tra i 9mila sportelli Unicredit e gli 11mila del Santander la rete
distributiva sarà di 21mila punti, per un mix commerciale che secondo Ghizzoni sarebbe «al 50% sulla rete e
al 50% con investitori istituzionali. Partiamo con una posizione captive invidiabile, ma la strategia, come
quella già annunciata da Pioneer, sarà crescere sul lato istituzionali». Il cda di Unicredit ieri ha inoltre scelto la
lista dei consiglieri per Mediobanca, che il 29 riunisce il patto per rinnovare il suo consiglio. Confermati
Alessandro Decio ed Elisabetta Magistretti, esce Dieter Rampl ed entra Maurizia Comneno, ex capo affari
legali di Unicredit e ora nel collegio sindacale di Piazzetta Cuccia. Comneno sarà proposta per la
vicepresidenza Mediobanca. Sembra che la favorita Magistretti si sia tirata indietro per motivi di tempo. PER
SAPERNE DI PIÙ www.unicredit.it www.trenitalia.it
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/09/2014
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La banche
24/09/2014
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Pag. 1
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Se l'Italia è verde solo a parole
MARIO TOZZI
Non scaturiranno decisioni significative dal vertice sul clima dell'Onu, come non ne sono uscite dagli ultimi
summit sullo stato della Terra, che non hanno praticamente sortito alcun effetto. Forse solo il protocollo
sottoscritto a Kyoto nel 1997 ha avuto un qualche successo, segnando la fine della deregulation selvaggia,
sensibilizzando un'opinione pubblica ancora incredula e facendo partire un'economia «verde » legata alla
riconversione ecologica Kyoto non significava molto in termini di impatti: una riduzione solo del 6% delle
emissioni clima-alteranti, quando tutti gli scienziati seri di questo mondo affermano che si dovrebbe partire
con il 60 per arrivare almeno all'80%. Obiettivi che possono essere raggiunti solo con l'accordo internazionale
e con le iniziative di governi, imprese e cittadini. Ammesso che si inizi ora, però, perché dopo rischia di non
esserci più tempo: l'inerzia dell'atmosfera è tale che, se in questo preciso istante bloccassimo per incanto
tutte le nostre emissioni clima alteranti (tutte in tutto il mondo), ci vorrebbe almeno altro mezzo secolo perché
la temperatura torni a diminuire. Al di là del vertice, però, in quasi tutto il mondo, il cambiamento climatico
occupa spesso le prime pagine dei giornali. Tranne che in Italia, dove si parla di clima solo se arriva una
«bomba d'acqua» uccidendo e devastando. Perché? Parte della risposta sta nell'ignoranza complessiva degli
italiani nei temi ambientali e scientifici. Recentemente un sindaco di una cittadina vesuviana (il cui nome
deriva dal fatto che bruciò tre volte in passato a causa del vulcano) ha richiesto la sanatoria di tremila abusi
edilizi finora sospesi in un territorio dove non ci dovrebbe essere nemmeno una nuova costruzione, perché
«lo Stato deve mettere in sicurezza le abitazioni». Stessa cosa che ripetono i sindaci dei comuni alluvionati,
anche a causa del cambiamento climatico, che ha reso le piogge sempre più micidiali. Con il consenso dei
cittadini che, non a caso, continuano a eleggerli. Come se fosse possibile mettere al sicuro le costruzioni
dalle eruzioni e dalle esondazioni o dalle frane: semplicemente non si può, ma a loro fa comodo ignorarlo. E
la stessa ignoranza vale per il clima: se quest'estate ha piovuto così tanto non avranno esagerato gli
ambientalisti con la paura del caldo? E vagli a spiegare qual è la differenza fra clima e tempo e che non basta
certo un'estate più fresca per impedire lo sciagurato aumento di temperatura dell'atmosfera e degli oceani in
atto negli ultimi decenni. Come si possono mettere in atto azioni contro il cambiamento climatico, che
comportano cambiamenti di abitudini, se la gente della penisola pensa che sia poco più di un'invenzione? E'
un segnale positivo che il presidente del Consiglio ritenga vincolante l'accordo sul clima di Parigi, ma
appaiono parole in contraddizione con l'azione di governo, che continua a favorire le fonti fossili, nonostante a
giugno il 50% dell'energia elettrica italiana sia stata prodotta per via rinnovabile. Solo noi italiani non
sembriamo aver compreso che crisi economica e crisi ambientale sono due facce della stessa medaglia, e
che solo una colossale operazione di riconversione ecologica potrebbe far intravedere una luce in fondo al
tunnel. Oggi il volume d'affari attorno alle tecnologie pulite per produrre energia è più che raddoppiato rispetto
al 2008 (200 miliardi di euro). E la Cina vende, da sola, tecnologie di questo tipo per circa 60 miliardi di euro
(le clean technologies cinesi rappresentano oggi l'1,7% del pil nazionale: in Europa solo lo 0,4). P urtroppo gli
imprenditori italiani non hanno il coraggio di investire nell'innovazione veramente utile e nella ricerca come
basi di una seria green economy. E, blanditi dai politici nostrani, rimandano decisioni che sono già nei fatti.
Noi arriviamo sempre ultimi, non o s t a n t e l e n o s t r e e c c e l l e n z e scientifiche note nel mondo: però
bravissimi, a parole, nel dipingerci « verdi» come non siamo.
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/09/2014
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SUMMIT SUL CLIMA
24/09/2014
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"Stress test più morbidi per Berlino"
Il rapporto Bruegel: quasi metà degli istituti esclusi dai controlli dell'Unione bancaria sono tedeschi
MARCO ZATTERIN CORRISPONDENTE DA BRUXELLES
Furono notti tempestose, ma alla fine si convenne che era stato trovato il compromesso utile per andare
avanti con l'Unione bancaria, sebbene il testo fosse colmo di spifferi e ambiguità. Era il 2013 ed era quasi
Natale, i ministri economici Ue dovevano accordarsi in fretta, e lo fecero a fatica per non far slittare il cruciale
progetto. Si disse che il gran puntare di piedi del tedesco Schaeuble fosse orientato soprattutto a garantire il
sistema di casse e banche reAd aggirare le verifiche sono casse di risparmio e cooperative: tutti enti capaci di
spostare voti gionali della Germania, roccaforti di credito e politica c h e B e rl i n o n o n v o l e v a esporre
alla vigilanza della Bce. «Malignità», fu la risposta. Oggi, però, a vedere i numeri si capisce che a pensare
male si commise forse solo un peccato veniale. Ai primi di settembre la Bce ha pubblicato l'elenco delle
banche che, dal novembre, finiranno sotto la lente della vigilanza di Francoforte e quelle che resteranno sotto
la responsabilità delle autorità nazionali. Bruegel, autorevole think tank bruxellese, ha fatto i conti e messo a
nudo qualche «asimmetria». Come si attendeva, sono 120 gli istituti di credito sistemici al punto da richiedere
l'intervento degli uomini di Mario Draghi, pochi in numero, tanti in volume, dato che rappresentano l'80%
dell'attività continentale. Quello che salta all'occhio è che quasi quattro quinti delle piccole banche, quelle che
Bce definisce «entità da supervisionare in modo meno significativo», sono in Austria, Germania, o Italia. Il
numero delle tedesche che non superano la soglia sistemica fa sobbalzare. Sono 1.697 su 3.532 a sfuggire
dalle competenze di Francoforte, a giocare con l'arbitro di casa: le casse di risparmio (Sparkassen) e le
cooperative (Volksbanken o Raiffeisenbanken), rubinetti per le imprese dal ruolo politico rilevante, capaci di
spostare consensi al momento giusto. Il progetto originale della Commissione non prevedeva figli grandi e
figli piccoli. Ricorda l'economista del Bruegel Nicolas Véron: «L'eccezione fu introdotta durante il negoziato al
Consiglio, apparentemente dopo la forte insistenza della Germania». Ne deduce che «le conseguenze sulla
struttura dell'Unione bancaria sono asimmetriche» e che «bisogna vedere se genereranno, o meno, tensioni
politiche in futuro». Il nodo resta l'abilità negoziale della Germania, capace di mescolare l'europeismo con gli
interessi nazionali. «Vogliono sempre che gli altri riformino tutto poi dicono che le loro regole non possono
essere toccate», ammette una fonte europea. Nel caso delle banche locali dissero che c'era un problema
costituzionale e di compatibilità con le leggi federali. Senza però dissipare il dubbio sull'esistenza di un
preciso disegno politico. Bruegel pone anche l'Italia nel partito dell'asimmetria, anche se è chiaro che da noi
c'è un problema di taglia e frammentazione del mercato più che di controllo politico. Oltretutto, la vigilanza di
Bankitalia è stata spesso giudicata «troppo severa» dal pianeta credito. La summa è che saranno dodici i
nostri istituti ad essere seguiti da Francoforte. Sono i pezzi grossi, da Intesa e Unicredit in giù. La tabella di
marcia prevede che l'azione combinata fra Bce, Eba e supervisor nazionali conduca nelle prossime settimane
la nuova serie di stress test sul sistema a livello Ue, in modo da garantirne la tenuta in condizioni estreme.
L'Unione bancaria s'inizia il 4 novembre. E' stata la migliore risposta alla crisi finanziaria, il modo per
scongiurare per quanto possibile altre tempeste. Deve partire sana. Anche se, alla fine, resta il dubbio che se
la Germania avesse giocato per la squadra e non per se stessa le condizioni sarebbero state migliori, i
benefici più certi.
120
sistemiche Le banche che dovranno sottoporsi agli stress test della Bce nelle prossime settimane
3.532
esentate Le banche che non faranno i test perché troppo piccole Di queste, 1.697 hanno residenza in
Germania
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/09/2014
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IL THINK TANK DI BRUXELLES PUNTA IL DITO SULLE ASIMMETRIE DELLA NEONATA VIGILANZA
COMUNITARIA
24/09/2014
La Stampa - Ed. nazionale
Pag. 29
(diffusione:309253, tiratura:418328)
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Foto: ANSA
Foto: L'Eurotower, la sede della Banca centrale europea a Francoforte
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/09/2014
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24/09/2014
MF - Ed. nazionale
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Draghi convoca le banche sotto stress
Francesco Ninfole
Parte la discussione tra la Bce e i singoli istituti europei sui bilanci. I risultati fi nali sono attesi per il 26 ottobre.
Intanto Consob invia ai gruppi creditizi italiani una lettera con le istruzioni per le comunicazioni al mercato.
Domani riunione Esma a Roma (Ninfole a pag. 4) Parte il confronto tra banche e Bce su asset quality review
e stress test. Secondo quanto appreso da MF-Milano Finanza, gli incontri (supervisory dialogue) con gli istituti
dell'Eurozona inizieranno lunedì prossimo. Un portavoce della Bce, contattato, ha fatto sapere che «il
supervisory dialogue inizierà come previsto verso la fine di settembre, ma non confermiamo date specifiche
perché si tratta di un processo di supervisione tra la Bce e le singole banche». Al momento la diffusione
pubblica dei risultati finali è prevista per domenica 26 ottobre, ovvero 48 ore dopo la comunicazione alle
banche, presumibilmente dopo la chiusura dei mercati di venerdì 24 ottobre. Queste sono le date per ora
fissate, anche se non sono escluse modifiche nei prossimi giorni. Prima di arrivare alla pubblicazione dei
risultati definitivi, la valutazione complessiva degli istituti prevede un confronto a Francoforte tra
rappresentanti delle banche, delle autorità nazionali e della Bce su alcuni aspetti dell'analisi. Nel supervisory
dialogue si discuterà di questioni parziali e preliminari, quindi non si parlerà dell'esito finale dell'esame né
dell'eventuale fabbisogno patrimoniale degli istituti. Le banche potranno fare osservazioni, dare chiarimenti,
rispondere a quesiti. Tutti gli istituti saranno ascoltati nel giro di due settimane. Poi la Bce avrà il tempo di
tirare le fila e definire i risultati definitivi dell'esame. Gli aspetti di comunicazione degli esiti di asset quality
review e stress test, intanto, sono finiti sotto la lente della Consob, che sulla materia ha inviato alle banche
una lettera nei giorni scorsi. La comunicazione della Commissione di controllo ha un duplice obiettivo:
informare le banche sulla nuova procedura Esma da applicare in caso di rumor o informazioni fuorvianti;
invitare gli istituti alla massima trasparenza sulle azioni di rafforzamento patrimoniale effettuate nel 2014 o
quelle programmate per il futuro come remedial action in caso sia individuato un deficit patrimoniale (va
ricordato, a tal proposito, che la Bce considererà gli aumenti di capitale conclusi quest'anno, ma si baserà in
primis sulla fotografia dei bilanci degli istituti a fine 2013). Alle banche è stato richiesto di fornire al mercato,
anche attraverso i comunicati stampa, un quadro il più possibile completo, chiaro e aggiornato, tale da
integrare in modo opportuno le informazioni ufficiali della Bce. Il tentativo è definire una tipologia di
comunicazione, se non uguale, almeno simile da parte delle 15 banche italiane coinvolte nell'esame. Domani
si terrà a Roma una riunione dell'Esma che affronterà i nodi comunicativi che restano aperti. La nuova
procedura dell'autorità Ue, varata a metà settembre, definisce condotte uniformi per le banche. I casi sono
due. Se l'istituto conosce le informazioni oggetto del rumor, potrà valutare direttamente se commentarle, in
base anche alla natura delle notizie e alla loro capacità di influenzare l'andamento dei mercati. Se invece la
banca non conosce le informazioni oggetto del rumor, allora si attiverà uno scambio di informazioni con la
Banca d'Italia e la Bce, affinché l'istituto valuti se dare comunicazione al pubblico. In linea teorica è possibile
una divergenza tra le ragioni della stabilità finanziaria (difesa dalle autorità bancarie) e quelle della
trasparenza (assicurata dalle autorità dei mercati), ma nella lettera Consob si precisa che, nel caso italiano, è
prevista una stretta cooperazione con la Banca d'Italia. L'obiettivo principale dei regolatori, si osserva nella
lettera, è minimizzare nel minor tempo possibile l'effetto sui mercati di eventuali notizie fuorvianti.
(riproduzione riservata)
Foto: La sede della Banca centrale europea a Francoforte
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VERSO L'ESAME DA LUNEDÌ A FRANCOFORTE VIA AI SUPERVISORY DIALOGUES RELATIVI AD
ASSET QUALITY REVIEW E STRESS TEST
24/09/2014
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Pag. 1
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Anna Messia
La compagnia guidata da Donnet gira alla capogruppo 998 milioni Messia a pag. 11 L'obiettivo è aumentare
la produttività e guadagnare ancora quote di mercato, nonostante Generali Italia sia già leader con premi per
20 miliardi e 100 miliardi di asset in totale. I risultati cominciano a vedersi, e sembrano anche superiori agli
obiettivi indicati nel piano industriale, ma di sicuro anche il primo maxi dividendo da 1 miliardo di euro,
incassato dalla controllante Generali Assicurazioni a pochi mesi dall'avvio della megafusione delle attività
italiane di Generali, deve aver già dato buone soddisfazioni al group ceo, Mario Greco. Guardando i numeri
del bilancio 2013 di Generali Italia, si scopre che la compagnia ha chiuso l'esercizio in utile per 233 milioni, ed
è riuscita a ripianare integralmente le perdite di 239 milioni che si era trascinata da Ina Assitalia, la
partecipata capitolina del gruppo fusa in Generali Italia. Inoltre, l'assemblea ha deciso di distribuire
all'azionista unico, Assicurazioni Generali, una quota residua degli utili portati a nuovo della gestione Danni,
pari a 39,79 milioni, cui si è aggiunta una quota della riserva straordinaria, contenuta nella voce, «altre
riserve», per 354,4 milioni. A ciò si aggiunge la distribuzione di una quota della riserva da sovrapprezzo di
emissione, pari a 604 milioni. Per un totale, appunto, di poco inferiore a 1 miliardo, e precisamente 998
milioni di euro. Il group ceo, di recente, ha avuto parole di apprezzamento per il lavoro di Donnet. «I colleghi
italiani stanno facendo un capolavoro con i risultati che stanno portando a casa. In Italia stiamo facendo la più
grande operazione di ristrutturazione mai vista in Europa», aveva detto Greco presentando i risultati
semestrali di Generali, «stiamo portando cinque compagnie che erano gestite in maniera indipendente sotto
una società unica, Generali Italia». Esercizio complicato perché si tratta di «una fusione realizzata
continuando a far crescere i business», aveva aggiunto il group ceo, spiegando che «le vendite vanno molto
meglio sul Vita e anche i Danni si stanno riprendendo». Anche il bilancio del primo semestre 2014 di Generali
Italia appare in crescita, con un risultato operativo Vita e Danni, che a giugno era salito a 1,1 miliardi, da 1
miliardo dello stesso periodo 2013. Dal 6 ottobre prossimo entrerà poi in funzione il nuovo riassetto
organizzativo, annunciato al mercato il 12 settembre, con la creazione di tre aree di responsabilità (Vita,
Danni e Sinistro), e una riorganizzazione della prima linea dei manager. Per esempio Davide Passero, che in
precedenza era ad di Genertel (la compagnia diretta controllata da Generali Italia) e anche responsabile
marketing della società italiana, sarà il nuovo ad di Alleanza, compagnia del gruppo controllata da Generali
Italia, che ha chiuso il 2013 praticamente in pareggio (-608 mila euro). Anche Alleanza, però, ha distribuito
all'azionista unico, un remunerazione straordinaria di 125 milioni, attingendo alle riserve da sovrapprezzo. Ma
in questo caso la controllante era Generali Italia. (riproduzione riservata) 23 giu '14 23 set '14 GENERALI
14,5 16,5 15,5 15,0 16,0 17,0 quotazioni in euro 16,1 € -1,53% IERI
GENERALI quotazioni in euro
Foto: Philippe Donnet
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/09/2014
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Generali, cedolone dall'Italia
SCENARIO PMI
6 articoli
24/09/2014
Il Sole 24 Ore
Pag. 1
(diffusione:334076, tiratura:405061)
Male l'indice Pmi in Europa, Borse giù
Andrea Franceschi
Andrea Franceschi u pagina 6
Le turbolenze sui mercati azionari europei, che già avevano segnato la prima seduta della settimana, non si
fermano. Anzi si intensificano. Il saldo finale della giornata di contrattazioni di ieri sui princiali listini europei è
in netto ribasso: Milano ha perso l'1,56%, Parigi l'1,87%, Madrid l'1,33% mentre Francoforte ha chiuso con
una flessione dell'1,58 per cento.
La giornata a dire il vero si era aperta con segnali positivi dalla Cina. La rilevazione di Hsbc sulla fiducia dei
responsabili acquisti delle imprese manifatturiere nella Repubblica Popolare ha infatti mostrato un
miglioramento della congiuntura a settembre: l'indice Pmi è passato da 50,2 a 50,5 punti facendo meglio delle
attese degli analisti che avevano messo in conto un calo a 50 punti. Ma il dato, che mostra una ripresa
dell'attività nella seconda economia al mondo, è stato controbilanciato da altri fattori. Dal rischio geopolitico
innanzitutto. Il raid aereo lanciato da Stati Uniti e alleati arabi contro il califfato islamico in Siria ha riportato ai
massimi l'incertezza sulla situazione mediorientale. A ciò si sono sommati i rinnovati timori sulla congiuntura
nell'area euro.
La nuova rilevazione di Markit sulla fiducia delle imprese manifatturiere nell'area della moneta unica è
risultata ancora una volta deludente: l'indice Pmi composito (servizi e manifattura) si è attestato 52,3 punti a
settembre. Al di sotto delle attese degli analisti che avevano messo in conto un dato invariato rispetto alla
lettura di agosto. L'indice è ai minimi da nove mesi anche se si mantiene oltre la soglia dei 50 punti che
separa le fasi di contrazione da quelle di espansione dell'attività. Hanno fatto peggio del previsto sia l'indice
relativo ai servizi (52,8 contro 53 atteso) che quello manifatturiero (50,5 contro 50,6 previsto).
Ha deluso in particolare il Pmi manifatturiero tedesco sceso a 50,3 punti dai 51,4 di agosto. Un dato
nettamente al di sotto delle attese degli analisti che avevano previsto una flessione più contenuta a 51,2
punti. Magra consolazione è arrivata dall'indice dei servizi, salito a 55,4 da 54,9 punti di agosto.
Male anche la Francia. Nella seconda economia dell'area euro l'indice flash complessivo si è attestato a 49,1
punti, il minimo da tre mesi, confermandosi sotto quota 50 che separa le fasi di espansione da quelle di
contrazione dell'economia.
Tra i settori che hanno sofferto di più ieri c'è sicuramente quello dell'energia che è stato fortemente
penalizzato dai venti di guerra in Medio Oriente. Male anche il comparto farmaceutico. Il settore, al centro del
recente revival del mercato delle fusioni e acquisizioni, ha sofferto le misure recentemente varate dal governo
americano per contrastare le acquisizioni di aziende estere finalizzate a trasferire i guadagni in Paesi a
fiscalità più favorevole.
Sul mercato obbligazionario i timori sulla congiuntura hanno spinto gli operatori a preferire i titoli a basso
rischio come i Bund tedeschi vendendo quelli dei Paesi periferici come Italia e Spagna. Il differenziale di
rendimento tra Bund e BTp dopo un avvio di giornata a quota 136 è ha chiuso a 139 punti.
@24finanza
© RIPRODUZIONE RISERVATA La liquidità bloccata Fonte: Bce, Barclays Research Dati in miliardi di euro
Titoli delle Regioni Abs Altri asset di mercato Corporate bond Covered bank bond Uncovered bank bond Titoli
di Stato 0 2.000 4.000 6.000 8.000 Asset di mercato accettabili dalla Bce come collaterali Asset già
consegnati alla Bce come collaterali
SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 24/09/2014
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Mercati. Piazza Affari -1,56%, lo spread sale a 139
24/09/2014
Il Messaggero - Roma
Pag. 41
(diffusione:210842, tiratura:295190)
Piccole e medie imprese è cominciata la risalita
C. Moz.
L'indagine Federlazio relativa al primo semestre 2014 dice che le piccole e medie imprese del Lazio tentano
di risalire la china della crisi, del crollo dei fatturati, dell'aumento della disoccupazione. Il numero delle Pmi
attive è andato aumentando rispetto all'ultimo semestre 2013. Un lieve +0,89% che tradotto in cifre significa
+5.517 imprese. Aumentano anche le esportazioni verso i paesi dell'Ue (+6,5%) e in altre regioni nazionali
(+11%), mentre crollano del 19,5% gli ordinativi extra europei. Anche i fatturati iniziano a risalire dell'8%, le
aziende che hanno compiuto investimenti sono aumentate, arrivando al 29,8%, rispetto al 24,8% del
semestre precedente e cresce dell'8% l'occupazione.
SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 24/09/2014
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Federlazio
24/09/2014
Libero - Ed. nazionale
Pag. 1
(diffusione:125215, tiratura:224026)
Altro che Silicon Valley Il premier ascolti i nostri imprenditori
MAURIZIO BELPIETRO
Pesco a caso dalle notizie economiche di ieri: il Cerved, ossia la banca dati che rifornisce di informazioni gli
istituti di credito e le finanziarie, segnala che nel secondo trimestre di quest'anno i fallimenti sono aumentati
del 14 per cento rispetto al 2013. Per il settore buone nuove si aggiunge poi il dato sull'occupazione dei
lavoratori autonomi, ossia artigiani e professionisti: tra il 2008 e il 2012 sarebbero un mezzo milione quelli che
hanno perduto il posto e dunque rimasti senza reddito, e per loro non c'è cassa integrazione. A completare il
quadro negativo arriva poi dalla Germania il bilancio del settore manifatturiero: invece di aumentare il
fatturato diminuisce, a conferma che anche la locomotiva tedesca ha rallentato la corsa e rischia di fermarsi.
Insomma, solo prendendo in esame le informazioni giunte ieri in redazione c'è di che allarmarsi. Ciò
nonostante in Parlamento nessuno sembra darsi veramente pena della crisi economica che minaccia non
solo l'Italia, ma l'intera Europa. Così tra Montecitorio e Palazzo Madama continua un assurdo dibattito intorno
all'articolo 18, quasi che dalle sue sorti dipendessero la libertà e la democrazia di questo Paese. La casa
brucia e invece di preoccuparsi di spegnere l'incendio gli onorevoli (...) segue a pagina 5 segue dalla prima
(...) dibattono se sia giusto aprire la porta e mettersi in salvo o se non sia meglio tenerla chiusa per non
alimentare le fiamme, con il rischio di rimanere tutti bruciati. L'inadeguatezza della politica e l'arretratezza di
una parte di essa si mostra anche in questa occasione o, forse, proprio in questa occasione, quando cioè
vista l'emergenza sarebbe giusto attendersi misure urgenti e non la solita contrapposizione. Eppure è molto
facile capire qual è la situazione: sarebbe sufficiente ascoltare chi ha il compito di fare impresa, ossia di
creare ricchezza e dunque anche posti di lavoro. Ieri ad esempio ho sentito una donna che qualche
competenza in materia c'è l'ha. Si chiama Lisa Ferrarini ed è una signora che guida l'omonimo gruppo
alimentare. Dalla sue fabbriche escono i salumi che poi si ritrovano su gran parte delle tavole degli italiani. In
tutto ha un migliaio di dipendenti, sei stabilimenti in Italia e uno in Polonia. Diciamo dunque che quando parla
di mercato del lavoro sa quel che dice e il suo discorso non è soltanto per sentito dire. Bene, intervistata da
me per Canale 5, la signora Ferrarini ha raccontato di un suo dipendente che da 12 anni presenta certificati
che lo dichiarano parzialmente inadatto a fare lavori pesanti, per cui è consigliato un riposo di dieci minuti
ogni ora. Lo stesso dipendente il sabato e la domenica li trascorre suicampi di calcio, inseguendo il pallone
con maglia nera e fischietto, forse perché ogni tempo dura solo 45 minuti. Ma in Polonia per uno così c'è la
possibilità che in caso di licenziamento un giudice disponga il reintegro?, ho chiesto all'imprenditrice dei
prosciutti. Macché, è stata la risposta: lì uno così lo mandi a casa senza troppi complimenti. Di fronte a casi
del genere chiunque si renderebbe conto che l'articolo 18 è una garanzia solo per chi ha scambiato il posto di
lavoro per un posto di riposo: chiunque ma non la sinistra e il sindacato, i quali insistono a difendere anche
ciò che non si può difendere. Tuttavia non vorrei ridurre il discorso alla questione dell'articolo 18, argomento
di cui mi sono occupato a più riprese e sul quale mi pare ci sia poco da aggiungere se non che risale al
secolo scorso, proprio come i suoi difensori. Ciò detto, vorrei riportare il resto della chiacchierata con Lisa
Ferrarini, perché la vice presidente di Confindustria se l'è presa anche con le banche e in particolare con il
governatore, Ignazio Visco, accusandolo di dire bugie a proposito degli investimenti fatti dagli imprenditori.
Per la signora, se gli industriali non mettono i quattrini non è perché li nascondono sotto il materasso, ma
perché o non li hanno, in quanto il sistema creditizio ha chiuso i rubinetti, o perché la burocrazia impedisce di
metterli. E a dimostrazione di quel che dice ha prodotto il suo caso. L'ultimo stabilimento che ha inaugurato
ha richiesto un iter di 9 anni prima di ottenere il via libera della pubblica amministrazione. Il prossimo che
dovrebbe essere aperto invece è in gestazione solo da 12 anni. Io non me ne vado, è stata la conclusione
della regina dei prosciutti, ma se per investire bisogna attendere lustri come si fa a far ripartire questo Paese?
Già, come si fa? Di certo non discutendo di articolo 18. Quello si deve levare di mezzo e in fretta. Ma poi se si
vuole ridare un po' di ossigeno alle imprese c'è da disboscare le norme che impediscono alle aziende di
SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 24/09/2014
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Ricette sbagliate
24/09/2014
Libero - Ed. nazionale
Pag. 1
(diffusione:125215, tiratura:224026)
SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 24/09/2014
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
andare avanti. È inutile che il presidente del Consiglio vada nella Silicon Valley a parlare con gli imprenditori
di laggiù. Resti qua e parli un po' con i nostri: vedrà che troverà argomenti e suggerimenti per rimettere in
carreggiata l'economia italiana. Non c'è molto da fare: basta ascoltare e imparare. Dalla Ferrarini e da tanti
altri. Come diceva un vecchio slogan, se non ora quando? [email protected]
@BelpietroTweet
24/09/2014
ItaliaOggi
Pag. 20
(diffusione:88538, tiratura:156000)
Cibi d'Italia in Cina con un click
Capozzoli: il trading non basta, bisogna produrre in loco Pensare che la Germania in fatto di agroalimentare
esporta in Cina quattro volte di più dell'Italia fa gridare allo scandalo
MARIANGELA PIRA
Tre milioni di negozi a portata di click, un miliardo e 400 milioni di potenziali consumatori cinesi cui offrire
prodotti italiani, 100 miliardi di dollari di volume d'affari stimato. Si tratta di CCIG Mall, piattaforma business to
business coordinata da China Class eCommerce (CCeC), che fa capo a Class Editori, annunciata in
occasione della visita di Matteo Renzi in Cina e il cui accordo è stato fi rmato alla presenza del premier
cinese Li Keqiang. La piattaforma ( www.ccec. eu ), che sarà presentata oggi a Milano e il 29 settembre a
Roma, si propone di diventare la più grande vetrina del made in Italy nel più grande mercato del mondo,
permettendo ai retailer cinesi l'accesso a oltre mille tipologie di prodotti scelti tra otto paesi europei e
americani. Proprio l'Italia sarà il primo paese ad entrare in questa piattaforma. E CCeC è il fornitore principale
del comparto food&beverage (che si attende coprirà il 60% dei volumi scambiati sulla piattaforma), nonché
agente principale per il settore moda, accessori, design e prodotti di lusso. «A PPOGGIARSI AGLI AGENTI O
DISTRIBUTORI LOCALI non è più suffi ciente», spiega Saro Capozzoli, a capo di Jesa Consulting, che vive e
lavora a Shanghai da 24 anni , «se non sei sul pezzo i cinesi ormai hanno capito che non si considera il
mercato come strategico e quindi si rivolgono ad altri». La piattaforma mira a sostenere le piccole e medie
imprese e il made in Italy di alta gamma in un mercato rischioso e diffi cile. L'alimentare, il fashion, i beni di
lusso, gli accessori, il design, sono alcuni tra i settori che beneficeranno di questa piattaforma. Soprattutto
l'alimentare dove l'Italia, sebbene recentemente abbia recuperato qualcosina, rimane indietro rispetto ad altri
concorrenti europei. Non solo i tedeschi, che da oltre 30 anni hanno capito che se si vuole crescere in
Europa, non si può prescindere dalla Cina, ma anche paesi come la Spagna, la Turchia, i paesi del
Nordafrica. «P ENSARE CHE LA G ERMA NIA ESPORTA in Cina prodotti agroalimentari quattro volte di più
in valore», continua Capozzoli, «fa gridare allo scandalo. Dobbiamo imparare dalla Francia, per esempio, nel
settore dei vini. Noi restiamo sempre indietro, rappresentiamo appena il 5% delle esportazioni di vino mentre
altri paesi sono strutturati con consorzi e sono presenti direttamente sul mercato». Alcuni consorzi francesi
infatti hanno 1.500-2.000 venditori diretti in Cina, e vendono il vino come Francese. «Noi stiamo ancora a
distinguere tra vino campano e veneto», spiega l'esperto, «e i cinesi non riescono spesso a capire dove
stanno questi «paesi». Il nostro campanilismo, la poca voglia e capacità di investire nei mercati di riferimento,
ci fa perdere quote di mercato e gli imprenditori non si rendono conto che o si cambia registro e si inizia a
ragionare come sistema Italia, oppure sarà difficile recuperare quote di mercato.E questo vale per tutte le
categorie». CA POZZOLI SOT TOLINEA COME OCCORRA fare di più per il settore alimentare in generale
non solo inteso come trading (che di per sé pone grossi problemi di logistica e di deperibilità) ma come
produzione in loco di prodotti italiani. «Il mercato li richiede», precisa, «ma se sono solo esportati dall'Italia si
raggiunge una percentuale minima della popolazione e restiamo al palo, facendo invece prosperare altri
paesi come la Francia e la Germania che producono e distribuiscono in loco». Ci sono già importanti aziende
italiane che producono salami e prosciutti in Cina e con grande successo, con produzioni che stanno per
essere raddoppiate a breve, ma se resteremo assenti in Cina con prodotti come quelli caseari, la pasta fresca
e secca, il settore conserve, il rischio è che prima o poi qualche nostro concorrente europeo si metta a
produrre sottoaceti in Cina o mozzarelle o altro, e noi arriveremo poi forse troppo tardi. «Anche il cioccolato
inizierà a decollare», rivela Capozzoli; «quando mi occupavo di un progetto nel settore nel 2000, il consumo
pro capite era di 3 grammi all'anno, ora siamo già oltre i 100 grammi, le cose cambiano, è un processo
irreversibile e noi dobbiamo essere presenti». E L'ECOMMERCE? Che ruolo avrà in tutto ciò? «Sarà
protagonista di un grande sviluppo», conclude l'esperto, «le aziende devono però capire una cosa: non basta
poter vendere dall'Italia, pensando di controllare la situazione con il telecomando. Vendere online richiede
SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 24/09/2014
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Con CCIGMall, una piattaforma b2b con 3 mln di negozi per 1,4 mld di potenziali clienti
24/09/2014
ItaliaOggi
Pag. 20
(diffusione:88538, tiratura:156000)
SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 24/09/2014
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una struttura in Cina che segua il business e coordini i vari e-shops che sono molto sviluppati in loco: sono
piattaforme fenomenali, ma non fanno da balia. Prendono il prodotto sdoganato e pretendono che gli si
garantisca l'assistenza in caso di rifi uto del prodotto e di riparazioni necessaria per prodotti difettati etc». ©
Riproduzione riservata
Foto: Saro Capozzoli
24/09/2014
ItaliaOggi
Pag. 21
(diffusione:88538, tiratura:156000)
Angelo Di Mambro
Un fondo da 4 milioni di euro per le pmi e gli sviluppatori web in grado di proporre idee e soluzioni per
aumentare la produttività agricola minimizzando l'impatto ambientale. Li mette a disposizione l'acceleratore di
impresa « Smart agri food », creato nell'ambito del settimo Programma quadro dell'Unione europea per la
ricerca e lo sviluppo tecnologico. SmartAgriFood ha come obiettivo stimolare l'innovazione e l'utilizzo di
applicazioni software in agricoltura, in particolare nei comparti dei seminativi e delle grandi colture,
dell'allevamento, dell'orticoltura in serra e della piccola frutticoltura. Fino a centomila euro di sovvenzioni
saranno concessi alle pmi e sviluppatori capaci di proporre applicazioni che rendano più produttive ed ecofriendly le aziende.I fondi saranno distribuiti nelle diverse fasi della messa a punto del prototipo, del test
presso l'utenza finale e dell'avvio dell'impresa. Il progetto prevede che le applicazioni utilizzino almeno nella
prima fase tecnologie FiWare, piattaforma cloud tutta europea, nata con lo scopo di facilitare lo sviluppo di
applicazioni «open» innovative orientate al pubblico e alle piccole imprese. Realizzata con fondi pubblici e
privati attraverso una partnership da 600 milioni di euro, Fiware si completa con FiSpace, un sistema di
collaborazione integrato. Fi sta per Future internet, il sogno Ue di una rete aperta e fatta di «piccoli» che sia
in grado di competere con i colossi americani della rete. L'interesse per il settore agricolo muove anche dalla
considerazione che i sistemi gestionali delle aziende di solito non sono concepiti per sfruttare le opportunità
del networking con altri attori della fi liera. All'acceleratore di impresa SmartAgriFood si è unita la rete
europea Ict-Agri, con 2 milioni di fi nanziamenti per fornire alle imprese consulenza e servizi di supporto.
L'invito a presentare proposte per SmartAgriFood si chiude il 15 di novembre. Tutti i dettagli della call
possono essere trovati sul sito www. smartagrifood.com.
SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 24/09/2014
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Nasce un fondo per sviluppatori agro-web
24/09/2014
MF - Ed. nazionale
Pag. 17
(diffusione:104189, tiratura:173386)
a cura di Mariangela Pira
Jarno Trulli si allea con Jihua È stata firmata a Pechino la partnership tra Trulli Formula E Team (scuderia
che di recente ha partecipato al Gran Premio di Bejing che ha inaugurato la prima edizione del campionato
mondiale di Formula E, riservata a monoposto elettriche) e Jihua, gruppo quotato a Shanghai e controllato al
66,3% dalla società statale Xinxing Cathay International. Tramite l'alleanza Jihua punta a sviluppare la ricerca
tecnologica finalizzata alla sostenibilità ambientale e allo sviluppo di prodotti di abbigliamento caratterizzati da
materiali all'avanguardia, come le tute dei piloti. Tra i progetti del gruppo c'è la realizzazione del Jihua Park,
network di 35 mete turistiche che combinano sport, intrattenimento, relax e shopping. Barclays: gli stimoli non
bastano Le politiche monetarie e fiscali cinesi di «allentamento mirato» non sono sufficienti per ridare slancio
alla crescita economica nel terzo trimestre. Lo afferma Barclays, che nel periodo preso in considerazione si
aspetta un aumento del pil del 7%. Bene il Pmi manifatturiero di Hsbc L'aumento del Pmi manifatturiero Hsbc
a 50,5 punti a settembre «dà un po' di sollievo a policy maker e mercati». Lo sostengono gli analisti di Rbs
spiegando che la prospettiva di breve termine della crescita cinese «è modesta ma non allarmante». Rbs si
aspetta «più misure di supporto all'espansione» soprattutto se il ritmo di crescita rallenterà ulteriormente. Rbs
stima un'espansione del prodotto interno lordo della Cina del 7,1% nel terzo semestre per un tasso annuale
del 7,2 nel 2014 e del 7,3% nel 2015. www.milanofi nanza.it/desk_china in collaborazione con
SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 24/09/2014
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