Violinista ILYA GRINGOLTS

Sala Verdi del Conservatorio – Via Conservatorio, 12 – Milano
Lunedì 10 febbraio 2014 – ore 21.00
SERIE «Festival Omaggio a Milano» 2014
Violinista
NICCOLÒ PAGANINI
(1782 – 1840)
ILYA GRINGOLTS
24 CAPRICCI PER VIOLINO SOLO OP. 1
Capriccio n.1: Andante (mi maggiore)
Capriccio n.2: Moderato (si minore)
Capriccio n.3: Sostenuto, Presto (mi minore)
Capriccio n.4: Maestoso (do minore)
Capriccio n.5: Agitato (la minore)
Capriccio n.6: Lento (sol minore)
Capriccio n.7: Posato (la minore)
Capriccio n.8: Maestoso (mi bemolle maggiore)
Capriccio n.9: Allegretto (mi maggiore)
Capriccio n.10: Vivace (sol minore)
Capriccio n.11: Andante, Presto (do maggiore)
Capriccio n.12: Allegro (la bemolle maggiore)
Capriccio n.13: Allegro (si bemolle maggiore)
Capriccio n.14: Moderato (mi bemolle maggiore)
Capriccio n.15: Posato (mi minore)
Capriccio n.16: Presto (sol minore)
Capriccio n.17: Sostenuto, Andante (mi bemolle maggiore)
Capriccio n.18: Corrente, Allegro (do maggiore)
Capriccio n.19: Lento, Allegro assai (mi bemolle maggiore)
Capriccio n.20: Allegretto (re maggiore)
Capriccio n.21: Amoroso, Presto (la maggiore)
Capriccio n.22: Marcato (fa maggiore)
Capriccio n.23: Posato (mi bemolle maggiore)
Capriccio n.24: Tema con variazioni. Quasi presto (la minore)
ILYA GRINGOLTS
Dopo aver studiato violino e composizione a San Pietroburgo con Tatiana Liberova e Jeanna
Metallidi, ha frequentato la Juilliard School di New York dove ha avuto come insegnante Itzhak
Perlman. Nel 1998 ha vinto il Concorso Internazionale ‘Paganini’ nel 1998, il più giovane
vincitore di sempre. Ha suonato in prima esecuzione opere di Peter Maxwell, Christophe
Bertrand e Michael Jarrell. In occasione del Festival di Verbier dell’estate del 2010 ha suonato il
ciclo completo delle Sonate di Bach su un violino barocco insieme a Masaaki Suzuki.
È inoltre primo violino del Gringolts Quartet, da lui fondato nel 2008.
Nella stagione 2013/2014 si esibisce in come solista con la Bamberg Symphony (diretta da
Eivind Aadland), la Filarmonica di Copenhagen (diretta da Santtu-Matias Rouvali), l’Orchestra
Sinfonica Islandese (Ilan Volkov), l’Orchestra Sinfonica della BBC Scozzese (Ilan Volkov),
l’Orchestra Sinfonica di Taipei (Oleg Caetani), la Columbus Symphony (Thomas Wilkins) e
l’Orquesta Sinfónica de Galicia (Osmo Vänska). Apparirà inoltre in esibizioni di musica da
camera ai Festival di Verbier e Gstaad e, insieme a Maxim Vengerov, al Barbican Centre di
Londra.
Gringolts ha al suo attivo collaborazioni con Mahler Chamber Orchestra, Royal Philharmonic di
Liverpool, Orchestra Sinfonica di Birmingham, Deutsches Symphonie-Orchester di Berlino,
Orchestra Sinfonica della BBC, Orchestra Sinfonica dello Stato di Sao Paulo, Orchestra
Filarmonica Israeliana, Orchestra Sinfonica di Chicago, London Philharmonic, l’Orchestra
Filarmonica di San Pietroburgo, Orchestra Filarmonica di Los Angeles, Orchestra Sinfonica di
Melbourne, Orchestra Sinfonica NHK, la Hallé Orchestra ed entrambe le Orchestre tedesche
della SWR.
Molto richiesto anche nel campo dei recital è regolarmente ospite dei Festival di Lucerna,
Kuhmo, Colmar e Bucarest (Festival Enescu), ma anche dell’associazione Serate Musicali di
Milano e della Filarmonica di San Pietroburgo. Per la musica da camera collabora con Yuri
Bashmet, Lynn Harrell, Diemut Poppen, Nicolas Angelich, Itamar Golan, Peter Laul, Nicholas
Hodges e Jörg Widmann.
Dopo numerose incisioni di successo, Gringolts ha focalizzato la sua attenzione sulle opere di
Schumann contenute negli ultimi tre CD: le Sonate per violino n. 1 - 3 realizzate con Peter Laul
(2010), i Trii per pianoforte con Dmitry Kouzov e Laul (2011) e i Quartetti per archi e il
Quintetto per pianoforte con il Gringolts Quartet e Laul (2011). Nel 2006 ha vinto un
‘Gramophone Award’ con il CD Taneyev – Chamber Music registrato con Mikhail Pletnev,
Vadim Repin, Nobuko Imai e Lynn Harrell. Nei prossimi mesi sono inoltre in programma le
pubblicazioni di un CD con tutti i Capricci di Paganini e di una nuova registrazione dei tre
Quartetti per archi di Brahms.
Oltre alla cattedra di professore di violino all’Accademia d’Arte di Zurigo, Gringolts è docente di
violino alla Royal Scottish Academy of Music and Drama di Glasgow.
Suona uno Stradivari 1718-1720 che gli è stato messo a disposizione da un collezionista privato.
É ospite di Serate Musicali dal 2004.
INFORMIAMO CHE ALLA BIGLIETTERIA SERALE DEL CONSERVATORIO SONO
DISPONIBILI, PER IL PUBBLICO DI “SERATE MUSICALI”, I BUONI SOSTA PER IL
PARCHEGGIO DI VIA MASCAGNI A € 5,00 CON VALIDITÀ DI 3 ORE (20.00 - 24.00).
SI RACCOMANDA VIVAMENTE DI SPEGNERE I TELEFONI CELLULARI
Si ricorda che è vietato registrare senza l’autorizzazione dell’Artista e dell’organizzazione
PAGANINI, IL NUOVO MONDO E I 24 CAPRICCI
Non è azzardato dire che Genova abbia avuto due Cristoforo Colombo ovvero che Niccolò
Paganini confermi, tre secoli dopo, il destino dei Genovesi di scopritori di nuovi mondi: in senso
geografico Colombo, in senso musicale Paganini. Così, quel violino che si riteneva ormai
conosciuto in tutte le pieghe - con Arcangelo Corelli e i suoi allievi messaggeri per l'Europa, con
Vivaldi, Tartini, Viotti, i violinisti franco-belgi e tedeschi - e aveva ormai dato le consegne
solistiche al pianoforte, il quale lo aveva scalzato dal trono di re degli strumenti, si rivela grazie a
lui produttore di una materia sonora, emozionale e virtuosistica, per cui risulta come nuovo.
«Scoperto» da Paganini anziché carico della storia gloriosa di secoli, mentre nuova appare anche
la figura del concertista, presto svincolato dagli ambienti di corte e capace di incantare e
inchiodare il pubblico moderno in quanto «collettivo indistinto» con tutto un seguito di
diaboliche dicerie. Uno strumento, il violino, che con Paganini, negli anni eroici del giro di
concerti europeo, fra il 1828 e il 1834, fa nascere in Robert Schumann la determinazione di darsi
professionalmente alla musica e in Franz Liszt, con l'opportunità di superare i modi del
Biedermeier, una vocazione «trascendentale» - «transcendante»: il termine è di conio lisztiano - da
voltare sul pianoforte e magnificare con le risorse della tastiera. Un genovese insomma quale
forze trainante per il Romanticismo. Chopin incluso, per cui nelle Etudes chopiniane, come nei
Capricci del Genovese c'è il desiderio di fondere senza scarto l'aspetto creativo e quello delle
difficoltà, fornendo in entrambi i casi un passaporto per accedere alla scrittura strumentale e al
mondo espressivo dei rispettivi autori. E anche Mendelssohn, il «classico» fra i Romantici, per il
suo Concerto in mi minore ruba a Paganini alcuni procedimenti specifici (gli arpeggi balzati del
violino di contro al tema cantato in orchestra dai legni, il tremolo legato, la brillantezza del
Finale) pur rifiutando l’allure demoniaca del modello. Quanto a Berlioz, che avrà poi occasione di
dirigere e apprezzare incondizionatamente, in musiche paganiniane, Camillo Sivori (1815-1894),
ossia l'unico allievo riconosciuto da Paganini, si può leggere quello che afferma ne Les Soirées de
l'Orchestre. «Bisognerebbe scrivere un libro per indicare tutto ciò che Paganini ha trovato nelle sue
opere quanto a effetti nuovi, procedimenti ingegnosi» con i «miracoli di un talento che ribaltava
tutti i preconcetti, sdegnava i procedimenti noti, annunciava l'impossibile e lo realizzava». Perduti
gli originari caratteri contrappuntistici di Ricercare pur con un certo margine di libera e
imprevista scrittura «a capriccio», a metà del XVIII secolo Capriccio è ormai sinonimo di
cadenza solistica all'interno ad esempio di un Concerto oppure significa Studio, esercizio tecnico
segnatamente per il violino come nel caso di Fiorillo, poi di Kreutzer e Rode. Da questi
«precedenti» e nella sua più formidabile sintesi creativa, Paganini fonde la cadenza da concerto
con lo studio violinistico e inventa per il Capriccio una dimensione e un significato nuovi. La
successione svagata e brillante di note acquista un ordine netto, logico, conseguente nella forma,
che si è fatta organica, come nelle figure esecutive. Tutto questo senza rinunciare ai tratti bizzarri,
estemporanei, pure programmatici come nel bachiano Capriccio sopra la lontananza del suo fratello
dilettissimo che caratterizzarono il Capriccio anche nel Barocco. Contemporaneamente, la raccolta
di esercizi scolastici viene trasformata dal musicista genovese in «musica» (cioè investita da una
qualità creativa nuova per il genere: come poi, secondo quanto s'è accennato, gli Studi
chopiniani) e diventa un summit della didattica trascendentale destinata a stagliarsi assoluta nel
tempo: il Nuovo Testamento del violino - l'Antico sono i Sei Solo di Sebastian Bach - col quale
l'autore chiarisce anzitutto a se stesso e codifica le proprie acquisizioni sullo strumento, gettando
inoltre le basi per lo Studio da concerto d'esecuzione trascendentale che verrà messo a punto sul
pianoforte da Liszt: appunto le lisztiane Etudes de concert d'execution trascendante d'après des Caprices de
Paganini del 1838. Non si conosce la data di composizione dei 24 Capricci paganiniani, a
proposito dei quali è stata ipotizzata una collocazione giovanile peraltro difficile da dimostrare e
la nascita in fasi e tempi diversi. Divisi nell'autografo in tre raccolte - Opera I i primi sei. Opera II
altri sei, Opera III i dodici rimanenti - i Capricci vengono comunque portati a termine entro il 24
novembre 1817 secondo la data apposta dall'incisore delle lastre. Giovanni Ricordi pubblica la
raccolta due anni e mezzo dopo, nel giugno 1820, con i brani raggruppati tutti ventiquattro
nell'op. 1, numerati progressivamente e con dedica «Alli Artisti», cioè all'impegno privato dei
professionisti. Rara è l'opportunità di ascoltare a concerto l'integrale dei Capricci paganiniani che
l'autore, per quanto ne sappiamo, non eseguì mai in pubblico. Appunto il tour de force
impressionante per il violinista, impegno di riguardo anche per chi siede in sala. Con scatto felino
e nemmeno due minuti di musica, il Capriccio n. 1 in mi maggiore entra nel mezzo del discorso:
il vortice, il moto irrefrenabile di ampi arpeggi con l'archetto a rimbalzo e sequenze ben sgranate
di bicordi. Appunto un virtuosismo musicalissimo nel tradurre la febbre del discorso
compositivo così trascinante e serrato. Il Capriccio n. 2 è imperniato sul motivo tecnico dei salti
di corde con arco sempre elastico e leggero. La dialettica del brano nasce dalla combinazione e
dall'interagire di due figure: una nota che si ripete uguale ora al grave ora all'acuto; una frase
composta, dolente nel respiro semitonale e nel reclinare nota dopo nota. Dialettica fra vitalismo
strumentale e una melanconia che muove dal si minore d'impianto e può mutarsi anche in
smarrimento esistenziale per effetto del cromatismo così accortamente distribuito. Cornice del
Capriccio n. 3 è un «sostenuto» in mi minore tutto ottave intensamente cantabili e pure trillate.
Al centro un «Presto» in maggiore a moto perpetuo dalle movenze sfuggenti e romantiche e
d'esecuzione «legatissimo». Col suo gonfio do minore che rimanda a quello dei Classici Viennesi,
il Capriccio n. 4 svetta su tutti per ampiezza di ideazione e di rimando sonatistico. Lo
scintillante ricorrere di motivi trascendentali risulta così tutt'uno con il nutrito Sviluppo del
brano dove il primo tema - la frase pensosa e dolente d'apertura - è assoggettato a emozionanti
scambi tonali per enarmonia, gronda romantiche diminuite e si allarga in densi accordi con un
insolito rilievo polifonico. Il Capriccio n. 5 apre e chiude con una funambolica cadenza;
impressionanti e via via estreme scalate in arpeggi sino a non potere più salire con la mano
sinistra, ripide discese su scale, un lungo svolazzo cromatico ascendente- discendente: il tutto a
dimostrare la formidabile (se non patologica) flessibilità della mano di Paganini che suggerì a un
giornalista di genio come Castil Blase l'immagine di «un fazzoletto legato in cima a una canna,
che il vento fa sventolare da tutte le parti». Al centro, ancora un perpetuum mobile dall'intestazione
«Agitato»: appunto l'agitazione affidata a un proibitivo colpo d'arco «balzato» - tre note in giù e
ritorno in su per ben 228 volte - che è un'autentica croce per i violinisti preoccupati della fedeltà
a Paganini ovvero al carattere della pagina. Il Capriccio n. 6 con i suoi echi mandolinistici e la
malinconica ambientazione propiziata dal tono di sol minore, è un poetico tour de force imperniato
da capo a fondo, per oltre 50 misure di «Lento», sul virtuosistico «tremolo» con la mano sinistra
unito alla melodia nelle più varie stesure. Nel Capriccio n. 7, in la minore dalle micro-cellule
variate risalta immaginosamente il «picchettato» mentre col n. 8 in mi bemolle maggiore il
didatta sembra fare la parodia, Debussy avant la lettre, del canonico studio; di qui il disegno
ricorrente a note lunghe con movimento contemporaneo di quartine. Il popolare Capriccio n. 9
in mi maggiore è detto - non dall'autore - «La Caccia» per gli effetti di imitazione dei corni («sulla
terza e quarta corda» così da sfruttarne il risalto scuro e robusto) in fanfare e su intervalli
caratteristici. In esso incontriamo anche l'imitazione, sempre a note doppie, dei flauti («sulla
tastiera» per ottenere un suono morbido e dolce) secondo quel gusto degli effetti onomatopeici,
caro soprattutto al Paganini degli esordi, che fu particolarmente sviluppato nel violinismo
barocco di area tedesca. La forma, unico esempio dei Capricci, è di Rondò: il Ritornello «della
Caccia» e due Strofe. Al Capriccio n. 10 in sol minore, con la sua grinta ritmica, il vortice di
passaggi veloci, trilli e «picchettati» fa seguito e contrasto il n. 11 in do maggiore che apre e
chiude con il virtuosismo sublimato di un commosso, cantabilissimo «Andante» trascritto per
pianoforte da Schumann e porta al centro un «Presto» in cui risaltano certi prestiti popolareschi
del compositore. Nelle note-pedale il Capriccio n. 12 in la bemolle maggiore rivela un tratto in
comune col n. 2 così come nel «bariolage», colpo d’arco che vede l'alternanza continua di due
corde. Le analogie però si fermano qui perché il Secondo Capriccio risulta «saltato» e su corde
spesso lontane mentre questo è «legato» su corde attigue e con un colore diafano
particolarissimo. Nel Capriccio n. 13 in si bemolle maggiore una discesa di terze cromatiche
(non glissate, al contrario di quanto si ascolta abitualmente) sembra tradurre uno scoppio di risa di cui il titolo apocrifo «la risata» - mentre il n. 14 in mi bemolle maggiore, che è improprio
chiamare «La marcia» e suonare nello spirito della marcia, vede come l'entrata progressiva di
strumenti sino al «tutti» in «fortissimo», quasi che il violino di Paganini voglia e possa sostituirsi a
un'orchestra. Con il Capriccio n. 15 in mi minore ecco una enigmatica melodia in ottave fare da
spunto variato («Posato»), quindi una parte in accordi con «picchettati» fulminei su andamenti
immaginosi. A sua volta il Capriccio n. 16 in sol minore è uno stupendo morceau de bravoure
immerso in un bagno romantico e allucinato, con ansiogeni accenti ritmici ottenuti marcando
«forte» dove altrimenti cadrebbe l'accento debole. Nel Capriccio n. l7 in mi bemolle maggiore,
invece, dopo una interlocutoria introduzione «sostenuto» troviamo come uno Scherzo
(«Andante») a dialogo fra brillanti volatine e bicordi pacati e sornioni con al centro, in minore,
una sequela d'ottave tipicamente paganiniana. Il Capriccio n. 18 in do maggiore porta
l'indicazione «Corrente» da intendersi nel senso di «scorrevole», come è stato osservato, ovvero
senza riferimenti all'omonima danza. Di cui, con la scorrevolezza del 6/8, la quarta corda che per
sedici battute dà vita a un richiamo di tromba. Risponde un «Allegro» danzante su scale prima a
note semplici poi in bicordi. Nel Capriccio n. 19 in mi bemolle maggiore una cadenzina
rarefatta e in tempo «Lento» di sole quattro battute prelude a un ritmico «Allegro assai» con
avvicendarsi continuo di «piano» e «forte» che si ripete nel «Minore» di mezzo, tutto su
un'acutissima, acrobatica quarta corda. Il Capriccio n. 20, in un pastorale re maggiore, impiega
nuovamente un effetto imitativo con la terza corda fatta risuonare a vuoto e sopra un disegno
melodico caratteristico a mò di zampogna natalizia in 6/8. È l'«Allegretto» che fa da cornice al
brano e da contrasto con un «Minore» nervoso e trillato. Il rimando al melodramma, nel
Capriccio n. 21 in la maggiore ecco un «Amoroso» dalla didascalia «con espressione». Con
l'espressione di un'aria d'opera: anzi di un duetto poiché la melodia procede congiuntamente su
due corde, in seste, ora più grave ora più acuta e con volatine, come accostando due diversi
registri vocali. Contrasta improvviso - dal teatro alla sala da concerto - un «Presto», tutto veloci
scale picchettate e arpeggi di bel risalto violinistico. «Marcato» il Capriccio n. 22 in fa maggiore
apre con un Cantabile incisivo dalla singolare disposizione polifonica (terze, seste , decime e
accordi) prima di un rapido «Minore, mentre il Capriccio n. 23 in mi bemolle maggiore si pone,
per immaginosità virtuosistica ed espressiva, fra i maggiori della raccolta. É un degno preludio al
Finale; il Capriccio n. 24 in la minore, l'unico della raccolta in forma esplicita di Tema con
variazioni. Brano, quest'ultimo, che riprende ed esalta, come in un consuntivo storico, la
consuetudine, subito riscontrabile nel tardo Barocco di Corelli (l'op. V), Vivaldi (l'op. I), Locatelli
(l'op. III) etc. di concludere una raccolta violinistica nel segno del bizzarro e dell'imprevedibile:
talora di difficoltà esecutive, di «Labirinti armonici» (cioè musicali) che rimandano al motto
locatelliano: «Facilis aditus, difficilis exitus»; «facile l'accesso, difficile la riuscita». Qui l'«aditus» è
dato da un tema originale la cui fortuna otto-novecentesca sarà la stessa incontrata nel seisettecento dalla Folia di Spagna: un motivo cordiale ed espansivo, quadratissimo ed ammiccante in
tempo «Quasi Presto» che generazioni di musicisti riprenderanno per variarlo come fa Paganini.
La «riuscita» consiste invece nel superare con onore le undici Variazioni di bravura più il Finale,
che vedono nel brano una sorta di compendio dei motivi trascendentali già incontrati, ai quali
s'aggiunge, nuovo per i Capricci, un «ingrediente» tipico delle Variazioni da concerto: i pizzicati
con la mano sinistra (IX Variazione). Come a dire, per congedo, un «ponte» dal chiuso dello
studio, dall'impegno privato che fa capo agli altri ventitré Capricci, alla sala da concerto e a folle
da trarre a sé con armi affilatissime di prestigiatore del suono e pifferaio magico.
PROSSIMI CONCERTI
Lunedì 17 febbraio 2014 – ore 21.00 (Sala Verdi del Conservatorio – Via Conservatorio, 12 – MI)
(Valido per A+F; F; F2; COMBINATA2)
I FILARMONICI DI ROMA - Violinista UTO UGHI
F. MENDELSSOHN Sinfonia n. 10 in si minore - T. VITALI Ciaccona - J. S. BACH Concerto in mi maggiore –
F. SCHUBERT Rondò - H. WIENIAWSKI Polacca brillante op.4 - P. DE SARASATE Zingaresca
Biglietti: Intero € 25,00 - Ridotto € 20,00
Giovedì 20 febbraio 2014 – ore 21.00 (Sala Verdi del Conservatorio – Via Conservatorio, 12 – MI)
(Valido per A+F; F; F1; COMBINATA1; ORFEO 2)
Pianista ANDRAS SCHIFF
J.S. BACH Goldberg-Variationen BWV 988
Biglietti: Intero € 25,00 – Ridotto € 20,00
Corso Buenos Aires, 33 - Milano
ORCHESTRA FILARMONICA ITALIANA - Direttore ALESSANDRO ARIGONI
Maestro collaboratore GIANFRANCO MESSINA - Costumi SARTORIA ARTISTICA
Mercoledì, 12 Febbraio 2014 - ore 20.30
«NORMA» VINCENZO BELLINI -Opera seria Libretto di Felice Romani
NORMA (Gianna Queni) - POLLIONE (Leon Viola) - ADALGISA (Candida Spinelli) - OROVESO (Ezio Bertola)
FLAVIO (Gabriel Cortinaz) - CLOTILDE (Yoko Kavamoto)
Domenica, 23 Marzo 2014 - ore 20.30
«CARMEN» GEORGE BIZET - Opera Comique in 4 quadri - Libretto di Henri Meilhac e Ludovic Halévy
CARMEN (Rosy Zavaglia)- DON JOSÈ (Maurizio Tonini)- MICAELA (Irene Patta) - ESCAMILLO (Simone Baldazzi)
FRASQUITA (Yoko Kavamoto)- MERCEDES (Candida Spinelli) - EL DANCAIRO (Mathia Neglia) - EL REMENDADO
(Gabriel Cortinaz)- ZUNIGA (Ezio Bertola)- MORALES (Marco Rondinini)
Domenica, 13 Aprile 2014 - ore 20.30
«IL BARBIERE DI SIVIGLIA» GIOACHINO ROSSINI - Opera buffa in 2 atti - Libretto di Cesare Sterbini
CONTE D’ALMAVIVA (Mathia Neglia) - BARTOLO (Marco Rondinini) - ROSINA (Rosy Zavaglia) - FIGARO (Franco
Cerri) - BASILIO (Ezio Bertola) - FIORELLO (Victor Andrini) - BERTA (Yoko Kavamoto)
Domenica, 4 Maggio 2014 - ore 20.30
«TOSCA» GIACOMO PUCCINI - Melodramma in 3 atti - Libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica
FLORIA TOSCA (Gianna Queni)- MARIO CAVARADOSSI (Leon Viola) - IL BARONE SCARPIA (Milo Buson)
CESARE ANGELOTTI (Ezio Bertola) - SPOLETTA (Gabriel Cortinaz)- IL SAGRESTANO (Marco Rondinini) - UN
PASTORE (Yoko Kavamoto)
BIGLIETTI: INTERO € 25,00 - RIDOTTO € 12,50
Per informazioni: «Serate Musicali» Biglietteria Tel. 02 29409724 (lun./ven.10.00-17.00)
e-mail: [email protected] www.seratemusicali.it
ASSOCIAZIONE «AMICI DELLE SERATE MUSICALI»
ICALI»
Presidente Onorario
Hans Fazzari
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Soci Fondatori
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Franco Cesa Bianchi
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Emilia Lodigiani
Enrico Lodigiani
Luisa Longhi
Stefania Montani
Gianfelice Rocca
Luca Valtolina
Amici Benemeriti
Alvise Braga Illa
Fondazione Rocca
Ulla Gass
Thierry le Tourneur d’Ison
Mario Lodigiani
Pagel
Elisabetta Riva
Giovanna e Antonio Riva
Società del Giardino
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Croce
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Maria Luisa Sotgiu
Marco Valtolina
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Soci
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Fedele Confalonieri
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Roberto De Silva
Roberto Formigoni
Gaetano Galeone
Società del Giardino
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Mario Lodigiani
Roberto Mazzotta
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Robert Parienti
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Gianfelice Rocca
Fondazione Rocca
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Guya Mina
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Giovanni Peterlongo
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Marilena Signorini
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Giuseppe Tedone
Adelia Torti
Vivere l’Arte
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Giuseppe Volonterio
«SERATE MUSICALI» AMICI STORICI
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Rosanna Sangalli
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Franco Ferrara
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Simonetta Puccini