LA SCIENZA DEL SILENZIO

LA SCIENZA DEL SILENZIO
COLLANA DI STUDI INTERDISCIPLINARI SULLA SORDITÀ

Direttore
Massimo C
Psicologo clinico esperto in disabilità sensoriale, Palermo
Comitato scientifico
Anna C
Professoressa di Glottologia e Linguistica all’Università “Ca’ Foscari”, Venezia
Jesper D
Psicologo esperto in sordità e sordocecità, Università di Copenhagen (Danimarca)
Nicoletta G
Primario neuropsichiatra infantile e senior lecturer presso il South West
London and St. George’s NHS Trust di Londra (Regno Unito)
Daan H
Linguista e ricercatore presso la Royal Dutch Kentalis a Sint–Michielsgestel
(Paesi Bassi)
Kimitaka K
Medico e ricercatore esperto in impianti cocleari, Università di Tokyo
(Giappone)
Valentina M
Educatrice professionale esperta in sordità, Palermo
Federica P
Psicologa e consulente specializzata in psicologia della sordità, Torino
Renato P
Docente di Psicopatologia dei disabili sensoriali e di Lingue e Linguaggi
(modulo non udenti), Università degli Studi di Macerata
Cinzia S
Pedagogista esperta in sordità, Camorino (Svizzera)
Alys Y
Professoressa in Servizi Sociali ed esperta in sordità, Università di Manchester (Regno Unito)
LA SCIENZA DEL SILENZIO
COLLANA DI STUDI INTERDISCIPLINARI SULLA SORDITÀ
“La scienza del silenzio” nasce con l’intento di indagare in forma
moderna l’affascinante e complesso tema della sordità. Per decenni
la letteratura scientifica si è concentrata su quanto il senso dell’udito
fosse importante per acquisire valori culturali, captare informazioni
ed emozioni, stabilire rapporti sociali e sviluppare le proprie abilità
intellettuali. In base a tale ottica, una sua compromissione non poteva che ripercuotersi negativamente su ognuno dei suddetti campi,
risultando così debilitante per l’individuo e la sua psiche. Solo nella
seconda metà del secolo scorso la Sordità — con la S maiuscola — ha
assunto anche una connotazione di tipo antropologico, in base alla
quale essa rappresenta non una tragica menomazione ma la peculiarità di un gruppo di individui con una storia, una tradizione, una
lingua e un umorismo del tutto originali. Caratteristica principale
della collana è la sua multidisciplinarietà. È infatti aperta a testi di
psicologia, pedagogia, linguistica, neurofisiologia, medicina, antropologia, sociologia e qualunque altra materia possa contribuire ad
accrescere la conoscenza della sordità, tema unico nel suo genere, da
parte di studenti e operatori del settore.
Stile e titolo dell’immagine di copertina richiamano alla mente il cosiddetto “rumore bianco”, così chiamato perché una radiazione elettromagnetica di simile spettro all’interno della banda della luce visibile all’occhio
umano apparirebbe di tale colore. Solitamente il rumore è un fenomeno
sonoro considerato molesto che può avere ripercussioni negative sulla tranquillità psicofisica di un soggetto. Tuttavia il rumore bianco, simile a quello
del phon o di un canale televisivo non sintonizzato, genera in molte persone
uno stato di rilassamento e di maggiore concentrazione, in quanto è in
grado di mascherare e diminuire la percezione di qualsiasi altro rumore.
Ciò che dovrebbe avere necessariamente un effetto nocivo può trasformarsi
dunque in qualcosa di funzionale. Ecco così l’evidente collegamento con
la sordità: per molti solo una tragica menomazione, per altri una grande
risorsa.
Gilda Cecoro
Disabilità, corporeità e didattica
Nuove prospettive di ricerca
sull’uso della lingua dei segni italiana
Prefazione di
Nadia Carlomagno
Copyright © MMXIV
ARACNE editrice int.le S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Quarto Negroni, 
 Ariccia (RM)
() 
 ----
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: ottobre 
Alla memoria di Silvana Cecoro. . .
e alla mia famiglia con amore.
Indice

Prefazione

Introduzione
La storia di Bastiano Tansu. . . Uno dei figli di un “dio
minore”, .

Capitolo I
Sordità. . . Handicap “etereo”
.. La dimensione corporea nella disabilità,  – .. La disabilità negli assetti normativi internazionali,  – .. Il deficit
uditivo ed i fattori eziologici alla base delle gravi lesioni uditive,  – .. Sordità e legislazione,  – ... Progetti ENS
per valicare le barriere comunicative: il Servizio Ponte, .

Capitolo II
La Lingua dei Segni Italiana (LIS)
.. Un’introduzione alla lingua dei segni italiana,  – .. I
Segni: parametri formazionali e componenti non manuali,  – .. La funzione e la classificazione dei gesti,  –
.. LIS: breve excursus normativo,  – ... Le Proposte di
Legge emanate in Italia: disposizioni per il riconoscimento e l’uso della lingua dei segni italiana,  – ... Le Leggi Regionali
a sostegno dei non udenti, .


Indice

Capitolo III
Didattica e corporeità in LIS: dai primi metodi educativi alle nuove prospettive di ricerca
.. L’educazione dei sordi nel continente europeo e nella
penisola italiana,  – .. Le scuole private dei non udenti:
breve excursus storico,  – .. Il difficile percorso dei non
udenti nella normativa scolastica italiana,  – .. Le potenzialità dell’esperienza corporea come possibile strumento di facilitazione dei processi formativi a supporto della
didattica per i bambini non udenti,  – .. Strategie innovative ed inclusive in ambito didattico,  – .. BlueSign:
la lingua dei segni su dispositivo palmare, .

Capitolo IV
L’interprete di Lingua dei Segni Italiana: formazione
e sviluppi professionali
.. Interprete e/o Traduttore: analogie e difformità,  –
.. L’interprete di lingua dei segni italiana: tecniche di comunicazione e registri linguistici,  – .. La formazione
professionale dell’interprete di lingua dei segni italiana, 
– .. La formazione universitaria delle figure che operano
con le disabilità sensoriali, .

Conclusioni

Bibliografia

Appendice: Leggi Regionali
Prefazione
Il superamento di una visione medicalizzata delle persone
con deficit uditivo richiede l’attivazione di un processo
culturale ed il cambiamento di una sensibilità sociale. La
questione dell’inclusione delle persone con disabilità uditiva non si esaurisce nella determinazione di un quadro
diagnostico ma richiede la definizione di un quadro epistemologico grazie al quale possa emergere una visione
plurale e complessa della persona e delle sue potenzialità, riconoscendo nella sua corporeità una dimensione
biopsicofisica proteiforme ed unitaria.
In un organismo che integra in sé le dimensioni mentale e fisica, la mente esiste e prende forma con e nel corpo e il corpo
si sostanzia e si sviluppa in relazione alla mente. In tal senso,
l’organismo viene pedagogicamente inteso come condizione
e via all’apprendimento; non solo veicolo strumentale di sensazioni, pensieri ed emozioni, ma unità biopsichica che attiva
le funzioni apprenditive e conoscitive (Santoianni, Sabatano,
Capasso, Sorrentino, & De Angelis, ).
Il lavoro di Gilda Cecoro su Disabilità, corporeità e didattica. Nuove prospettive di ricerca sull’uso della lingua dei segni
italiana trova le sue radici in questo approccio, complesso
e plurale che intreccia e rende complementari campi diversi della ricerca nell’ambito delle scienze dell’educazione.
La concorrenza di aspetti teoretici, forme prescrittive, indirizzi metodologici e riferimenti tecnici si armonizza nel
lavoro alla loro contestualizzazione, agli ambiti istituzio

Prefazione
nali e agli spazi operativi nello specifico campo di ricerca
oggetto dello studio.
L’analisi del possibile rapporto tra corpo, movimento
e linguaggi extra–verbali conduce il lettore all’interno di
traiettorie metacomunicative capaci di valorizzare le abilità
diverse del soggetto (Sibilio, ), mettendo in evidenza
come le corporeità didattiche (Sibilio, ) siano in grado
di determinare un coinvolgimento multisensoriale capace
di ampliare i processi di significazione.
La lingua dei segni in questa prospettiva non è considerabile come una modalità tecnica di facilitazione del
linguaggio, ma come una espressione di forme alternative
di comunicazione potenzialmente disponibili in ognuno.
L’attuale sfida per il riconoscimento di tutte le possibili
forme di comunicazione fruibili, in particolare in presenza
di un deficit uditivo, richiede l’avvio di un percorso di
armonizzazione tra le opportunità ed i vincoli normativi,
le procedure e gli strumenti, anche tecnologici, a supporto
dei processi inclusivi.
L’alleanza educativa tra tecnologie ed inclusione ha
consentito in questi anni, grazie ad uno specifico filone di
ricerca indirizzato ad indagare sulle potenzialità dell’interazione uomo–macchina, la produzione di strumenti come
il BlueSign, dispositivo in grado di riprodurre sul display
di un qualsiasi mobile device frasi in LIS, grazie al supporto
di una figura tridimensionale (avatar). Il dispositivo è nato per rispondere efficacemente alle difficoltà dei deficit
uditivi nel quotidiano, dal tempo libero al contesto lavorativo a quello scolastico, con l’obiettivo di guidare il non
udente attraverso il supporto di uno specifico “interprete
tascabile”.
Una straordinaria fase evolutiva, quella che attraversa
lo studio delle tecnologie, considerate non più come mere
Prefazione

“protesi” ma come strumenti ed ambienti di facilitazione di processi di interazione, valorizzando così le risorse
personali e lo sviluppo delle potenzialità vicarianti della
persona.
Nadia C
Introduzione
Tra le molte minoranze di cui è piena la nostra penisola una in particolare è stata trascurata per lungo tempo. . . neanche uno si rende conto che
sussista. . . la sordità è di fatto. . . una
minoranza eterea.
C, M.C., M, S., P
R, L., V, V., ∗
Il fenomeno sordità, in passato, è stato totalmente ignorato
e questo è ben accentuato dai termini adoperati per indicare i sordi afonos , kofos , alalus . La sordità veniva affiliata
alla stupidità, alla stoltezza, all’inabilità intellettuale. I sordi
incapaci il più delle volte di comunicare per mezzo delle
parole e di adeguarsi a valori e norme adoperate dalla maggior parte degli individui ha spinto in molti casi a pensarli
come soggetti indemoniati, posseduti da spiriti maligni e
non meritevoli di solidarietà o di considerazione sociale .
∗
C, M.C., M, S., P R, L., V, V.
(). Linguaggio e sordità. Parole e segni per l’educazione dei sordi. Firenze: La
Nuova Italia, p. .
. Cfr. A, L. (). Fuori norma. La diversità come valore e sapere.
Roma: Armando Editore.
. Afonos: dal greco αφωνος ammutolito.
. Kofos: dal greco Κωφος sordo.
. Alalus: dal greco άλαλος muto.
. Cfr. Tomassini, R. (). Echi dal silenzio. L’adolescenza nelle famiglie
con figli sordi. Roma: Meltemi Editore.


Introduzione
Le tematiche e le opinioni che gravitano attorno al
mondo dei sordi non sono semplici. La prima di queste è
di carattere educativo. Essere sordo non significa assolutamente essere meno elevato dal punto di vista intellettivo.
Come afferma il linguista italiano Simone per molto tempo, invece, la nostra tradizione popolare ha vestito questa
disumana ipocrisia .
Un ulteriore tema riguarda più da vicino la lingua usata
dai sordi, che non è secondaria a quella degli udenti. Come
osserva, difatti, lo scrittore inglese Sacks nel suo testo
Vedere voci. Un viaggio nel mondo dei sordi:
Il parlato ha un’unica dimensione (la sua dilatazione nel tempo); la scrittura ne ha due (spazio e tempo). . . solo le lingue
dei segni dispongono di quattro dimensioni (le tre dimensioni
spaziali accessibili al corpo del segnante avanti–dietro; sopra–
sotto; destra–sinistra e la dimensione temporale, il tempo di
produzione del segnato–enunciato).
I sordi utilizzano un canale diverso da quello delle lingue vocali, ovvero il canale visivo–gestuale, che consente
loro una piena padronanza ed indipendenza del messaggio
in entrata (gli occhi ascoltano) e in uscita (le mani producono). I sordi si avvalgono, infatti, di codificazioni di senso
basilari, i segni , in quanto parole visivo–gestuali che han. Raffaele Simone [ maggio ]. Linguista italiano ed uno dei più
grandi studiosi europei di linguistica e filosofia del linguaggio.
. Cfr. C, M.C., M, S., P R, L., V,
V. (). Linguaggio e sordità. Parole e segni per l’educazione dei sordi, op. cit.
. Oliver Wolf Sacks [ luglio ]. Neurologo e scrittore inglese.
. S, O. (). Vedere voci. Un viaggio nel mondo dei sordi. Milano:
Adelphi, p. .
. « Il segno è un’unità intrinsecamente duplice fatta di significante
(segno percepibile da uno dei cinque sensi: l’udito per gli udenti e gli
occhi per i sordi) e significato (l’unità concettuale che è condivisa da chi
Introduzione

no la medesima potenzialità dei segni di una lingua vocale,
ovvero delle parole acustico–vocali . Inoltre, il fatto che i
sordi impieghino le mani, il corpo e la mimica facciale per
comunicare non significa che non siano capaci di produrre
suoni vocali in quanto il loro apparato fono articolatorio è
intatto .
Il presente lavoro dal titolo Disabilità, corporeità e didattica. Nuove prospettive di ricerca sull’uso della lingua dei
segni italiana, strutturato in quattro capitoli, analizza a partire da uno studio del deficit uditivo da un punto di vista
scrive/legge e chi parla/ascolta una data lingua) ». [B, V., C, P.
(). L’interprete di Lingua dei Segni Italiana. Problemi linguistici, aspetti
emotivi e formazione professionale. Milano: HOEPLY, p. ].
. Per ulteriori approfondimenti si veda: Cfr. B, V., C, P.
(). L’interprete di Lingua dei Segni Italiana. Problemi linguistici, aspetti
emotivi e formazione professionale. Milano: HOEPLY; Cfr. C, M.C.,
M, S., P R, L., V, V. (). Linguaggio e sordità.
Parole e segni per l’educazione dei sordi. Firenze: La Nuova Italia; Cfr. (a
cura di). Volterra, V. (). La lingua dei segni italiana. La comunicazione
visivo–gestuale dei sordi. Bologna: il Mulino; Cfr. P, R. (). Socio
psicopedagogia del bambino sordo. Una risposta protagonistica sull’educazione e
riabilitazione sino a sei anni. Urbino: Quattro Venti.
. Nell’affrontare le questioni congiunte al deficit uditivo si fruisce spesso il termine sordomuto, pensando a persone che costituzionalmente non
possono udire, né accedere al linguaggio, confondendo la conseguenza con
la causa. La parola sordo, al contrario, fa attinenza all’unico deficit uditivo,
sottendendo di conseguenza l’idea che chi non ascolta non ha per questo
perso la capacità di acquisire la lingua. Il deficit uditivo è eccezionalmente
un deficit totale; più assiduamente si parla di audiolesi o ipoacusici, ovvero
individui che, pur avendo invalidate le capacità di entrata al mondo dei suoni,
custodiscono anche in quest’ambito possibilità e mezzi. [Cfr. R, C.,
S, M. (). Disability manager. Gestire la disabilità sul luogo di lavoro.
Edizioni Ferrari Sinibaldi, p. ]. Di conseguenza anche la norma si riveste
odiernamente di un nuovo spirito con la Legge del , con la quale il
legislatore ha disposto lo scambio del termine sordo al previgente sordomuto. [Cfr. Legge  febbraio , n.  – Nuova disciplina in favore dei minorati
auditivi (Gazzetta Ufficiale n.  del  marzo ). Entrata in vigore del
provvedimento  marzo ].

Introduzione
medico, l’excursus storico, educativo e normativo sulla
lingua dei segni, con i suoi parametri formazionali e componenti non manuali, attraverso una metodologia teorica–
argomentativa a carattere descrittivo–comparativo.
Il lavoro sottolinea la complessità della lingua dei segni attraverso plurime chiavi interpretative, fra cui quella
normativa, prendendo in considerazione lo studio delle
proposte di legge e delle norme regionali indirizzate al
riconoscimento, nell’ambito dell’ordinamento nazionale,
della lingua dei segni italiana come lingua della comunità
dei sordi e dirette a conseguire i principi di uguaglianza e
pari dignità sociale.
Si riportano poi le attuali prospettive di ricerca che confermano le potenzialità dell’esperienza corporea come
possibile strumento di facilitazione dei processi formativi
a supporto della didattica grazie anche all’uso di innovativi
software didattici approvati dal Ministero dell’Istruzione,
dell’Università e della Ricerca.
Lo studio al fine di focalizzare l’attenzione ai contesti
educativi formali e non formali approfondisce gli strumenti (tecniche di comunicazione e registri linguistici) ed i
percorsi di formazione sia professionale che universitaria
degli interpreti di lingua dei segni.
La storia di Bastiano Tansu. . . Uno dei figli di un “dio
minore”
Dalla storia Il muto di Gallura di Costa del  si riportano
alcune righe per sottolineare la solitudine, l’esclusione,
l’isolamento sociale, che sono stati per secoli la condizione
esistenziale dei sordi. Come i malati di mente sono stati
ritenuti inetti di ereditare, sposarsi, studiare, svolgere un
Introduzione

lavoro. Il loro mondo, come quello dei folli, era serrato,
inesplorabile, inconoscibile.
Bastiano Tansu era figlio di umili pastori di Aggius. Aveva
molti fratelli, alcuni maggiori d’età, altri minori di lui.
La sua infanzia era stata burrascosa; fin dai primi anni ebbe a
soffrire molte mortificazioni per la sua deficienza fisica. I suoi
compagni lo picchiavano, o lo schernivano. Nei divertimenti
infantili era sempre scartato, nei litigi sempre picchiato.
Qualche volta coi gesti e gli stridi cercava di ammonire i compagni della loro iniquità: ma chi capiva gli urli e le smorfie di
quel disgraziato?. . . Nessuno!
Egli gemeva e si avviliva, e quelli erano convinti che scherzasse. . . implorava invocando un po’ di commiserazione, e quelli
erano convinti che offendesse. Infelice!
Altro mezzo non gli era dato per svelare i suoi concetti, all’infuori di quegli strilli e di quei gemiti, i quali non facevano che
provocare il divertimento, o la beffa.
Bastiano si raccoglieva in se stesso. Tra lui e il mondo non
c’era alcuna relazione. Egli non poteva rivelare agli altri i suoi
pensieri, né gli altri a lui. Era dunque centro d’un mondo tutto
suo, e conversava soltanto con la propria coscienza.
Crescendo però, il suo carattere e le sue consuetudini si erano trasformati. Alle facili condiscendenze aveva preso posto
un orgoglio prepotente. Bastiano entrava nel periodo della
reazione. La sordità lo aveva reso furioso. Veduto che i suoi
stridi muovevano al riso; veduto che la sua mortificazione
gli provocava insulti; veduto che i suoi gesti non venivano
compresi e che egli non riusciva a capire il gesto degli altri aveva adoperato un mezzo che rispose all’intento prefisso. Non
riuscendo a farsi amare, tentò di farsi temere; alla sua lingua,
che non sapeva spiegarsi, oppose i suoi pugni che venivano
capiti.
I saggi del paese dicevano che Bastiano aveva conseguito dalla
nascita istinti feroci. Tutti avevano identificato in lui una natura malvagia; e il parroco aveva presagito e predicato in piazza,
che quel muto doveva finire all’ergastolo o sul patibolo.
Bastiano era per tutti un cattivo. . . tranne che per i suoi fratelli

Disabilità, corporeità e didattica
e per sua madre la quale aveva un attaccamento per il povero
disgraziato: forse perché sapeva che i disgraziati hanno, più
degli altri, bisogno dell’affetto e di attenzioni.
E Bastiano, dal suo canto, non amava che sua madre e i suoi
fratelli. Essi solo al mondo capivano i suoi gesti e i suoi stridi.
. Cfr. C, E. (). Il muto di Gallura. Cagliari: Davide Zedda
Editore, pp. –.