Geheime Tochter

SWiSSlife
5° anno // Numero 3 // CHf 6.50
Autunno 2014 // Silenzio!
Apri la confezione, metti i tappi alle orecchie,
e poi mettiti a tuo agio e goditi
la lettura della rivista SWISSLIFE.
Con calma e nel silenzio!
Editoriale // 3
Buongiorno
Tutti noi di quando in quando vagheggiamo la tranquillità,
la quiete, il silenzio. E ora che il periodo dell’Avvento si
avvicina, lento ma ormai certo, questo desiderio diventa
per alcuni ancora più forte.
Giorno per giorno siamo circondati dal chiasso, da una
società a tratti troppo loquace, da un rumore di fondo che
spesso ci rende difficile staccare la spina: troppo spesso
veniamo distratti e non riusciamo a trovare un momento
di pace con noi stessi.
È anche per questo motivo che, in un gesto simbolico
quanto pratico, abbiamo incollato un paio di tappi per le
orecchie sulla copertina della nostra rivista: usateli e
godetevi il piacere di poter leggere indisturbati, per esempio la storia della scrittrice Milena Moser. Oppure ammirate, liberi dai rumori esterni, le immagini di un cimitero
delle automobili in cui la natura ha avvolto e ricoperto
le carrozzerie in disuso. E scoprite perché la vita monastica a volte porta un monaco come Frate Daniel al limite
delle proprie energie.
Viaggiate con noi nel regno della quiete e del silenzio:
la quotidianità non impiegherà molto a riacciuffarvi!
SWISSLIFE Autunno 2014
Ivo Furrer, CEO Swiss Life Svizzera:
«Troppo spesso la nostra vita è un andirivieni
frenetico e rumoroso: per questo cercare e
trovare la calma e il silenzio è indispensabile
di tanto in tanto, e si rivela estremamente
piacevole.»
08
Photo Selection:
Catorci moderni
I rottami nel cimitero delle automobili di Kaufdorf sono
arrugginiti in pace per decenni, finché le autorità non ne
hanno ordinato lo sgombero. Il fotografo Thomas Margelist
ha fatto in tempo a immortalare il placido idillio di foglie,
lamiera e ruggine.
20 Due facce della medaglia: La
24
quiete è qualcosa di personale
Vendita all’asta di Kapitän, Capri & Co.
Nel settembre 2009, le 800 carcasse presenti nel
bosco di Kaufdorf sono state messe all’asta. Una
Porsche degli anni 50 è stata venduta a 20 000
franchi. Due terzi dei rottami hanno trovato
nuovi proprietari, il resto è finito nella pressa.
Storia di copertina:
Giorni di silenzio a Sweetwater
Non c’è dubbio: spesso si parla tanto e si dice poco. La scrittrice
Milena Moser lo sa, anche per esperienza personale. L’annuale
settimana del silenzio non è giunta quindi inopportuna.
Esercizio: stare a bocca chiusa per sette giorni.
32 Mix di numeri:
Il confine tra silenzio e rumore
35 Maestre di yoga:
Il futuro comincia qui.
Responsabile del progetto: Swiss Life, Comunicazione Svizzera, Martin Läderach Commissione redazionale:
Ivo Furrer, René Aebischer, Thomas Bahc, Monika Behr, Elke Guhl, Christian Pfister, Hans-Jakob Stahel,
Paul Weibel Responsabile della redazione UPDATE: Dajan Roman Indirizzo della redazione: Rivista
SWISSLIFE, Public Relations, General-Guisan-Quai 40, 8022 Zurigo, [email protected] Coordinamento
del progetto: Mediaform|Christoph Grenacher, Ittenthal/Zurigo Ideazione e progettazione: Festland
Werbeagentur, San Gallo/Zurigo Traduzione: Swiss Life Language Services Stampa e spedizione:
Heer Druck AG, Sulgen; stampato su carta FSC Inserzioni: Stämpfli AG, Anzeigenmanagement,
Wölflistrasse 1, Postfach 8326, 3001 Bern, 031 300 63 84, [email protected]
Cambiamenti d’indirizzo/Ordinazioni: Rivista SWISSLIFE, General-Guisan-Quai 40, 8022 Zurigo,
[email protected] Tiratura: 100 000 Pubblicazione: 3 volte l’anno; primavera, estate, autunno.
Avviso legale: le informazioni relative a servizi e prodotti contenute nella presente pubblicazione
non costituiscono un’offerta in termini giuridici. Non viene tenuta alcuna corrispondenza
in merito a concorsi. Sono escluse le vie legali. ISSN 1664-5588
Rilassare corpo e mente
Chi desidera trovare il perfetto equilibrio e
l’armonia al di là dell’inquietudine e delle
confusioni interiori, deve lasciarsi alle spalle
la quotidianità ed esercitarsi in silenzio: sedere
immobile e contare i respiri. Da uno a dieci.
Sommario // 5
44
A Swiss Life:
Frate Daniel
L’attività pastorale, l’assistenza spirituale in paese, l’amministrazione e il laboratorio delle ceramiche erano già stati assegnati,
quando nel 2007 Daniel Prandini si unì alla comunità
benedettina del convento di Fischingen. Per questo, oggi Frate
Daniel offre corsi di zazen.
53 I piaceri della tavola:
Movimento slow con l’agenda piena
I corsi di meditazione di Frate Daniel non
giovano soltanto ai circa 2000 ospiti stressati
all’anno, ma anche a lui stesso. Tra e-mail,
telefonate e quattro siti Web da aggiornare,
spesso la quiete gli viene a mancare.
55 Beni Frenkel:
56
Lombata di capriolo, che delizia!
La Funzione Frenkel
Concorso:
Vincete sette giorni di silenzio e quiete
Andreas Vollenweider, arpista, sullo
«stato zero del silenzio»
58 Fuoriprogramma:
Allegato:
Per avere chiarezza: il mandato di consulenza
Cosa accade quando ci si ammala improvvisamente? E di quanto denaro si ha bisogno
dopo il pensionamento? Il mandato di
consulenza di Swiss Life svela molte cose.
E infonde così un buon senso di sicurezza.
UPDATE
Leggete cosa porta un’analisi finanziaria e previdenziale completa,
come prendere sistematicamente in mano il proprio futuro
finanziario e come accumulare un bel cuscinetto monetario nella
cassa pensioni con i versamenti volontari.
Leggete la rivista e UPDATE on line con l’app SWISSLIFE.
Provate altre ricette di «I piaceri della tavola» e partecipate in via
digitale al concorso. Le app per tablet e smartphone sono disponibili
nell’App Store, su Google Play e sul sito www.swisslife.ch/rivista.
SWISSLIFE Autunno 2014
Pagina 24 // «Storia di copertina»
Milena Moser
Gran fortuna, quando SWISSLIFE
ha bussato alla porta di Milena
Moser: l’autrice di bestseller («L’isola
delle cameriere», l’ultimo «Das wahre
Leben», edito da Nagel & Kimche) e
columnist si trovava ad affrontare un
viaggio a San Francisco, suo precedente luogo di residenza, dove ha incontrato gli amici e – rito annuale! – ha
assolto la sua settimana del silenzio.
Bilancio della storia di copertina
dell’ormai ufficiale buddista Zen
Milena Myoshin Moser: chi vuole il
silenzio, deve stringere i denti.
Pagina 20 // «Due facce della medaglia»
Ladina Bischof
«Il mio lavoro è incentrato sull’essere
umano. Vitalità e autenticità sono
importanti per me. Desidero immortalare la vita vera, non amo la pura
ricerca dell’effetto», afferma la fotografa di San Gallo Ladina Bischof. Nel
suo lavoro per la rubrica «Due facce
della medaglia» ha incontrato persone
nelle più svariate situazioni e constatato come anche alle domande semplici
spesso sia davvero difficile dare una
risposta.
Pagina 44 // «A Swiss Life»
Urs Mannhart
Pagina 53 // «I piaceri della tavola»
Manuel Reichenbach
Manuel Reichenbach è considerato
una grande promessa della scena
culinaria svizzera: anni di apprendistato in Svizzera con Roland Pierroz,
Beat Bolliger e Anton Mosimann, da
Gordon Ramsay a Londra – finché
nel 2003 grosse frane hanno devastato la Surselva e Trun, suo paese natio.
Reichenbach: «Quando ho appreso
la notizia, sapevo di dover tornare a
casa. I miei genitori hanno bisogno
di me.» Da allora, il quasi 40enne
cucina nella vecchia casa patrizia –
energico e audace e sempre alla
ricerca di maggiore perfezione – con
una semplicità seducente che si
rispecchia anche nella ricetta della
nostra rubrica «I piaceri della tavola».
Per Urs Mannhart, ex ciclocorriere,
oggi scrittore pluripremiato (dal
romanzo d’esordio «Luchs» all’ultimo «Bergsteigen im Flachland», edito
da Secession) l’incontro con Frate
Daniel nel convento di Fischingen è
stato un ritrovarsi: già una volta,
infatti, il bernese aveva trascorso tre
giorni nella quiete ascetica della bassa
Turgovia. Allora era sulle tracce di
un’antica slitta da corsa – ora ha
analizzato più nel dettaglio l’agenda
di quel frate che, per via dei suoi
numerosi impegni, deve poter contare
su una grande quiete interiore.
La rivista che state sfogliando piace
anche agli esperti: al «Best of Corporate
Publishing (BCP)», il più grande e
importante concorso per le pubblicazioni
aziendali, quest’anno a Monaco di
Baviera SWISSLIFE si è aggiudicata la
medaglia d’oro nelle categorie stampa
e innovazioni e quella d’argento in
due altre categorie.
Foto: Anna Yarrow/Santa Fe, Ladina Bischof, Bruno Voser, Beat Schweizer
6 // Protagonisti
22.—29.1.2015
Raffinerie AG für Gestaltung
50¡
GIORNATE DI
S�LETTA
8 // Photo Selection
Rust
in Peace
Niente rimbombi di motori, rumori di pneumatici né clacson,
soltanto un silenzio di tomba. Nello storico cimitero delle
automobili di Kaufdorf (Canton Berna) i rottami arrugginivano in pace, ma senza la benedizione delle autorità.
Le impressionanti immagini del fotografo vallesano Thomas
Margelist mostrano l’unione di natura e tecnica, finita
improvvisamente nel 2009 con lo sgombero del luogo.
›››
Photo Selection // 13
SWISSLIFE Autunno 2014
Photo Selection // 15
SWISSLIFE Autunno 2014
Photo Selection // 19
«Carrozzerie ricoperte di muschio
e tagliate in due dagli alberi:
nel tempo, natura e tecnica sono
diventate un tutt’uno.»
Il fotografo Thomas Margelist
nasce nel 1966 a Baltschieder, nel
Canton Vallese. Nel 2006 termina
la scuola di fotografia M-Art a
Berna, durata cinque semestri.
La sua passione per la fotografia
ha origine nella natura, dove
Thomas trova la quiete dopo il
lavoro come operatore sanitario.
Nel suo studio si è specializzato
in ritratti fotografici. I suoi lavori
sono stati più volte premiati con
ori, argenti, bronzi o attestati
dall’EFFVAS (Ferrovieri fotografi
cineasti e videotecnici amatori)
e dal Fotoclub Brig.
SWISSLIFE Autunno 2014
Il selvatico cimitero delle automobili di
Kaufdorf, con le sue circa 800 carcasse, ha
conosciuto la fama internazionale grazie alla
stampa. Le auto più vecchie che vi giacevano
risalivano addirittura agli anni 30. Poiché
il gestore ne vietava l’accesso al pubblico, le
vetture si conservavano perfettamente, degrado
naturale a parte. Nel 2008 l’artista Heinrich
Gartentor ha allestito una mostra all’interno
dell’area. Per ragioni legate alla legislazione
ambientale, nel 2009 il deposito di rottami è
stato smantellato, scatenando violente discussioni
tra i residenti e le autorità del posto. Fino
al 2013 tutte le auto sono state vendute all’asta
o rimosse. Nell’aprile 2008, prima ancora
della mostra, ho potuto visitare il cimitero delle
automobili e immortalarne le impressioni.
Che giornata: per un meccanico provetto come
me queste auto d’epoca, un tutt’uno con
la natura, erano uno spettacolo travolgente.
La fotografia animalistica e
paesaggistica offre la continua
consapevolezza di quanto sia
bello il nostro pianeta. Fotografare
la fauna alpina è sempre molto
importante per me. Il più delle
volte gli animali si possono
soltanto osservare. Ma anche
senza materiale fotografico, si
torna a casa soddisfatti. Restano
la tensione e il fascino di riuscire
a immortalare splendidi animali.
www.mth-fotografie.ch
Anna Lena Zimmermann (19 anni),
studentessa di design, San Gallo
«Essere circondata dal rumore e
riuscire comunque a stare per
conto mio.»
Larissa Lanziletto (17 anni),
apprendista commerciale, San Gallo
«Stare sdraiata sulla spiaggia,
in assoluto relax.»
Douglas André (22 anni), impiegato nel commercio al dettaglio e
Désirée Schmid (22 anni), droghiera, San Gallo
«Un tranquillo after party in casa di amici.»
Foto: Ladina Bischof
Silenzio
e quiete
per me
significano:
Morgan Heiniger (26 anni), artista,
San Gallo
Tabita Gentsch (24 anni),
studentessa di pedagogia, Arbon
«Avere l’anima libera, grazie alla
musica e all’amore.»
Lukas Schneeberger (31 anni), insegnante, San Gallo
«Avere tempo.»
«Finire la mia tesi di master.»
Björn Siegrist (28 anni),
architetto ETH, Zurigo
«Avere la batteria del cellulare
scarica.»
Manuela Leibundgut (29 anni), fiorista,
Gossau
«Leggere un libro fuori in giardino.»
Due facce della medaglia // 21
Jasmin Mafalda Fischli (26 anni),
accompagnatrice gruppi di gioco nel
bosco, Appenzello
«Sentire la terra sotto i piedi.»
Shirin Ana Zollinger (18 anni),
praticante in una fattoria avventura, San Gallo
«Andare a cavallo nella natura incontaminata.»
Jakob Forrer (32 anni), carpentiere, Rehetobel
«Pescare in beata solitudine.»
Rosa Fäh (36 anni), insegnante,
Stein AR
«Sedere in chiesa.»
SWISSLIFE Autunno 2014
Simona Frischknecht (20 anni),
assistente medica, Appenzello
«Guardare un film con gli amici
la domenica sera.»
Michael Tanner (30 anni),
tecnico della distribuzione, Abtwil
«Stare in mezzo alla natura.»
Ueli Steingruber (26 anni),
fotografo, Stein AR
«Sentire il tempo che passa.»
Anina Steiner (33 anni), insegnante,
Teufen
«Passare da un ristorante italiano
a uno svizzero.»
Linda Schläpfer (32 anni), psicologa equina, Abtwil
«Quando la sera i miei due bambini e tutti e 36 gli animali
se ne stanno tranquilli.»
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Storia di copertina // 25
Testo: Milena Moser, illustrazioni: Sylvia Geel
Giorni di
silenzio a
Sweetwater.
Non guardarsi. Non fare cenni. Non parlarsi. Per
un’intera settimana. Non è facile reggere alle regole del
californiano Sweetwater Zen Center. Soprattutto per
una scrittrice come Milena Moser, nella cui bocca le parole
si formano incessantemente. Eppure ci ha provato.
Stringendo i denti per sette giorni.
›››
SWISSLIFE Autunno 2014
26 // Storia di copertina
C
’è tanto rumore qui. Perché c’è
così tanto rumore qui? Che
razza di rumore è mai questo?
Un macinare, scricchiolare, stridere
pressoché insopportabile riempie l’atmosfera.
È mattino presto nell’Industrial
City, un sobborgo di San Diego assolutamente degno del nome che porta. La
California delle cartoline, con le sue
spiagge di sabbia e palme e ville tinteggiate di bianco e sgargianti buganville
rosa è molto lontana. Lo Sweetwater
Zen Center è una scuola semplice.
Niente fronzoli. La sala di meditazione
è una yurta, una struttura aperta con
pavimentazione in legno e un tetto a
padiglione. Da un lato si odono voci
stizzite provenire dalla clinica dei senzatetto, dall’altro si trova una carrozzeria. Alla radio passano hip hop messicano, i motori delle auto mugolano, i
gas di scarico ci solleticano il naso. Ma
a quest’ora del mattino è ancora tranquillo. L’aria è fresca e leggermente salata. In cinque siamo seduti a tavola,
muti come pesci. Si sente solo un incessante macinare e scricchiolare.
Sono i miei denti che masticano
pezzetti di granola. Cric, croc, crac. Il
mio volto si infiamma. Tengo gli occhi
abbassati sulla scodella di muesli, come
vuole il regolamento. Non dobbiamo
guardarci. Non dobbiamo fare cenni. E
non dobbiamo assolutamente parlarci.
Per un’intera settimana.
Smetto di masticare. Inghiotto. Finalmente il silenzio. «Mi spiace», vorrei dire. «Non sapevo...» Le parole si
ammassano in bocca. Non avevo idea
di quante fossero. Parole che vorrebbero essere pronunciate. Cosa non sape-
vo? Che masticare questa speciale qualità di granola, che mangio anche a
casa, causasse così tanto rumore. Perché non lo sapevo? Perché mentre faccio colazione a casa leggo il giornale,
ascolto musica, telefono. Perché quando sono a tavola con altre persone,
parlo con loro.
Sollevo furtivamente lo sguardo, lasciandolo correre sui piatti. Cos’hanno
portato gli altri? Tortillas di un colore
bianco pallido. Barrette energetiche.
Un uovo sodo.
Forse non dovrei mangiare più
niente? Non mi è mai capitato di digiunare, né ho mai avuto intenzione di farlo. Ma ora, improvvisamente, riesco a
persona. «Mi spiace», vorrei dire. «Mi
spiace di masticare così rumorosamente. Mi spiace di respirare così rumorosamente.» Tutto ciò che vorrei dire è
una spiegazione: «Sono svizzera. Non
parlo molto bene inglese. Sono una
scrittrice. Ho due figli. Mi definisco
usando la parola.»
Chi sono, se non ho l’uso della parola?
Sono gli inglesi che dicono: «Never
explain, never complain?» Mai spiegare, mai lamentarsi? Non male, come
motto. Non ti scusare, aggiungo io. Almeno non automaticamente.
Immergo il cucchiaio nello yogurt,
giro intorno ai pezzi più grossi di gra-
«Solo in questo ‹ragionevole silenzio›
mi rendo conto di quanto io blateri
per tutto il giorno senza dire qualcosa.»
capire ciò che dicono in proposito: che
diventiamo realmente consapevoli di
ciò che ingurgitiamo distrattamente
per tutto il giorno nel momento in cui
smettiamo di farlo. Allo stesso modo,
solo in questo «ragionevole silenzio»
mi rendo conto di quanto io blateri per
tutto il giorno senza dire qualcosa.
Senza dire realmente qualcosa. Ho la
sensazione che le parole inizino a formarsi nella mia bocca, che spingano
contro le mie labbra, come animaletti
che cercano di liberarsi: «Scusa!» Evidentemente, è sempre la prima cosa
che mi viene in mente vedendo un’altra
nola, carico due mirtilli e li spingo tra
le labbra, come se volessi ricacciare indietro le parole. E improvvisamente mi
figuro cosa accadrebbe se aprissi la bocca. Mi vedo sputar fuori parole, afferrarle. Lettere compatte, scolpite nel
legno. Mi vedo gettare questi cubi alfabetici suppergiù in direzione degli altri,
li vedo cadere sul tavolo, nello spazio
vuoto tra noi. Riempiono questo spazio, si accatastano tra noi fino a che
non riusciamo più a vederci l’un l’altro
dietro questi mucchi di parole.
In ogni caso non ci è consentito
guardarci. È il mio primo giorno qui.
Sono arrivata ieri sera, ho riposto i miei
viveri nel frigorifero comune e ho fatto
il letto. Poi ho studiato ancora una volta il programma:
05.30 Sveglia
06.00 Zazen
06.30 Kinhin
06.40 Zazen
07.10 Kinhin
07.20 Zazen
07.40 Recitazione dei sutra
07.55 Preparazione della colazione
08.15 Colazione
Noi ora siamo qui: 08.15, colazione.
Quasi tre ore dopo essermi alzata.
Sembra che siano passati anni. Zazen
significa meditazione Zen seduti, Kinhin
è la meditazione camminata. Altre espressioni giapponesi che ho imparato
sono Samu, il lavoro in casa o in
giardino, e Daisan, colloquio individuale con l’insegnante. Il programma
procede in questo stile, a intervalli di
venti minuti fino alle 21.00: riposo notturno.
Alle 21.00, l’ho constatato ieri, qui
è ancora giorno. Quando è stata l’ultima volta che sono andata a dormire ed
era ancora giorno? Qui non mi è consentito né leggere né scrivere. Men che
meno utilizzare dispositivi elettronici.
Ma ho introdotto clandestinamente
un e-reader. Ieri ho letto sotto le coperte come un bambino. Di nascosto, perché è vietato. Il fatto di sapere che
dall’esterno possono vedere la luce
contribuisce al divertimento. Quando
è stata l’ultima volta che leggere era
vietato? Altre disposizioni: non posso
indossare abiti vistosi o a disegni.
SWISSLIFE Autunno 2014
Storia di copertina // 29
Braccia e gambe devono essere coperte.
I miei amici sono preoccupati. In che
razza di setta sono finita? Insistono
nel voler concordare una parola in codice. «Ti tiriamo fuori da lì», dicono.
«In qualsiasi momento! Giorno e notte!» Già pregustano l’avventura. Li deludo, benché controvoglia: «Posso andarmene in qualsiasi momento», dico.
«Non vado in prigione.»
Mi sono figurata il personaggio di
un romanzo, la Poppy patologicamente distratta che finisce in prigione senza aver commesso alcun reato e lì trova
la pace. Grazie alla routine, a una vita
regolare, a una drastica limitazione di
cose, possibilità, distrazioni. Sta talmente bene da non volersene più
andare. Altri pagherebbero fior di
quattrini per un retreat come quello,
commenta ironicamente. Retreat significa ritiro. Ma ritirarsi dove? In se
stessi? Cosa voglio trovare in me stessa? Cosa c’è da vedere? O meglio, da
sentire?
Quattro o cinque anni fa, ad Aarau,
mi sono imbattuta per la prima volta
in una scuola Zen. Già da un anno almeno stavo riflettendo sul volermi o
meno cimentare con «questa» meditazione Zen. Ma due ore mi sembravano
piuttosto lunghe. Tanto più la mattina presto, alle sei. «In qualsiasi momento puoi alzarti e andartene», disse
l’insegnante.
Le sue istruzioni erano abbastanza
semplici. Sedere immobile, contare i
respiri: inspira, espira, uno, inspira,
espira, due. E così via. Da uno a dieci.
Da uno a Zen. Ah ah! Vien fuori che
non è così semplice come sembra. Mi
siedo sul cuscino nero, gambe incro-
SWISSLIFE Autunno 2014
ciate, mani congiunte, occhi semichiusi. Risuona un gong. Inspiro, espiro.
Conto: uno. Inspiro, espiro, due. Inspiro, espiro... Ho male a un fianco. Da
quanto tempo sono seduta qui? Una
persona come me, che fa tanto yoga,
non dovrebbe essere in grado di stare
seduta immobile per una mezz’ora?
Qualcuno starnutisce. Per fortuna
non è successo a me. D’altro canto,
l’insegnante non ha detto che gli impulsi involontari del corpo come deglutire, starnutire, tossire, non si devono reprimere? Ora ho il solletico al
naso. Lo starnuto è contagioso come
lo sbadiglio? Oddio, non pensare a
sbadigliare! Stringo le mascelle, mi lacrimano gli occhi. Sento un bisogno
pente come animale domestico, i vicini
avevano un boa constrictor, oltre a un
piccolo alligatore che tenevano nella
vasca da bagno. Inspira, espira. Uno.
Inspira, espira, due. Inspira, espira... Il
mio respiro sibila attraverso le narici.
Perché respiro così rumorosamente?
Da quanto tempo sono seduta qui? Ho
un piede addormentato. Inspirare,
espirare. Uno. Due. Tre.
Improvvisamente il silenzio. Silenzio totale.
Il mio respiro si dissolve. Io mi dissolvo. Nulla.
Poi, improvvisamente sono a diciotto.
Diciotto? Inspira, espira, uno...
L’essenza della meditazione sta nel
non avere una finalità. In questo senso
«Non voglio diventare una persona
migliore, non credo nell’illuminazione,
voglio solo essere felice.»
irresistibile di sollevare il braccio,
asciugare le lacrime, che mentre seccano lasciano sulla mia pelle uno sgradevole prurito. Se non mi gratto subito,
muoio. OK. OK. Inspira, espira, uno.
Inspira, espira, due. Inspira, espira… La
mente è come un serpente, ha detto
l’insegnante, sempre in movimento,
senza esserne consapevole. Se si infila questo serpente nella canna di
bambù della pratica meditativa, diventa consapevole di questi movimenti. Se sbatte contro la canna. Da
piccola ho sempre desiderato un ser-
sbaglio tutto: io medito perché mi fa
bene. Frequento il centro Zen perché in
gruppo mi riesce meglio che non da
sola. Questo è quanto. Non voglio diventare una persona migliore, non credo nell’illuminazione, voglio solo essere felice.
Solo?
(Poiché soggiorno regolarmente
nella mia vecchia patria, la California,
la mia insegnante mi propone di visitare la «casa madre» in cui lei stessa ha
vissuto e studiato. Di conoscere la sua
insegnante. La roshi, Seisen Saunders,
30 // Storia di copertina
non ha mai scritto un libro né attirato
allievi celebri, non come il suo insegnante, Bernie Glassmann. Grazie alla
sua collaborazione con Jeff Bridges, la
meditazione Zen ha trovato il consenso quantomeno dei miei figli. Se il
«Drugo» la approva, non può essere del
tutto sbagliata. In effetti, il film culto
«Il grande Lebowsky» può essere considerato una raccolta di koan Zen, ma i
abbassata. Nei giorni successivi ripenserò continuamente alla giovane donna. Ogni giorno piange. Spesso. A volte la sento tirare su col naso. Con la
coda dell’occhio vedo che solleva il
naso; durante la meditazione camminata, furtivamente, tira fuori un fazzoletto dalla manica e si asciuga il viso. È
insolito piangere se non ci si commuove. Le lacrime solleticano mentre scor-
«Un istante è reale, se non viene condiviso?
Un’esperienza è importante se non
viene apprezzata da altre persone, se non
‹mi piace›?»
miei figli non sono interessati ad approfondire tanto la questione. Sto di
nuovo divagando...)
Inspirare, espirare. Uno. Due. Tre.
Due giorni dopo, lavorando in
giardino, mi volto goffamente, la pala
in spalla gira con me e colpisce in piena tempia la giovane donna che mi è
accanto. Lascio cadere l’attrezzo e il
«ragionevole silenzio». «Oddio, mi dispiace! I am so, so, so sorry!» Ora che
finalmente sputo fuori queste parole,
che da giorni si accumulano in me,
sono certa che siano opportune. La
giovane donna si tocca la testa, corruga la fronte e poi ride. «È tutto OK»,
dice. «Mi è già capitato di peggio.»
Peggio? Davvero? Vorrei chiederle,
ma non posso. Non mi è consentito.
Sistemo la pala e torno alla sala di meditazione, con le mani giunte e la testa
rono sul viso e pizzicano mentre si
asciugano. Ma anche questo passa,
come tutto. Inspira, espira, uno. Inspira, espira, due. Che motivo avrà di
piangere? Sembra così giovane, così
sana. È la sua prima volta lontana da
casa? È scappata di casa? Inspira, espira, uno... Inspira, espira... Mi chiedo
cosa possa esserle capitato di grave. Gli
americani sono così viziati. Inspira,
espira, uno... Ah, e tu saresti l’esperta
di cose gravi? Inspira, espira... Un momento dopo sono invasa da un’immensa compassione. E poi passa anche
quella.
A pranzo, affetto un pomodoro e
all’improvviso mi viene da piangere.
Ho mai visto qualcosa di più bello di
questo pomodoro? Alzo lo sguardo,
ma non c’è nessuno. Nessuno con cui
potermi confidare. E comunque non
potrei farlo. Lo devo tenere per me. Un
istante è reale, se non viene condiviso?
Un’esperienza è importante se non viene portata a conoscenza di altre persone, se non è apprezzata, se non «mi
piace»? Da tempo, condividere qualcosa non significa più parlare di qualcosa. Parlarne non basta. Dobbiamo documentare tutto, rendere tutto di
dominio pubblico.
Metto in bocca un pezzo di pomodoro, è salato.
Quando l’ultimo giorno il silenzio
viene rotto, tutti parlano tra loro. Le
voci si sovrappongono. Chiacchieriamo fino ad avere il capogiro. La giovane donna che per una settimana era
seduta accanto a me e piangeva ogni
giorno, a cui ho dato la pala sulla testa,
mi racconta di essere stata in Marina.
Tira su la manica e mi mostra il suo tatuaggio: un’ancora e sotto le parole
«Death before Dishonor».
«Ti ho detto che mi era già capitato
di peggio», sogghigna.
Parole.
Sylvia Geel, pittrice, pratica yoga da almeno
quattro anni. Con la tecnica illustrativa scelta è
in grado di raffigurare bene il flusso interiore.
Ha associato colori diversi ai flussi corporei
e alle sensazioni. Le scritte e i disegni «goffi»
sono fattori di disturbo che interrompono la
meditazione riportando continuamente alla
realtà. La metafora con il serpente mostra
molto bene la presa di coscienza dei movimenti
della mente. Le illustrazioni di Sylvia Geel si
spingono oltre; ossia fino al punto della
meditazione in cui la mente va alla deriva, cade
come in un vortice, in uno stadio intermedio
tra veglia e sonno, fluttuante, leggera. Il colore
blu indica il misticismo e possiede un effetto
di sostegno. I colori dell’illustrazione finale
mostrano l’ultima eco, la conclusione e il
ritorno alla quotidianità. I flussi e le emozioni,
i movimenti e le fluttuazioni, le lotte interiori
si allontanano lentamente dal corpo.
SWISSLIFE Autunno 2014
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80
50dB
Bi
Il rumore è una componente fissa della quotidianità moderna.
Può danneggiare l’orecchio. Anche quando all’apparenza
non disturba, può distruggere le cellule sensoriali sensibili
nell’orecchio interno. Che si lavori senza cuffie protettive
o si ascolti musica con gli auricolari, spesso il livello acustico,
e con esso il pericolo di danni permanenti all’udito, è elevato.
Concedete un po’ di silenzio alle vostre orecchie.
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Il rumore ci riempie
le orecchie
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SWISSLIFE Autunno 2014
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Aereo a reazi
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«Technology is the answer,
but what was the question?»
domandava Cedric Price oltre tre decenni fa.
Cedric Price, prospettiva interna del Fun Palace, 1964, Canadian Centre for Architecture Montréal, © Pro Helvetia
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di prova:
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a rc h i t h e s
Anche la Biennale di architettura di Venezia quest’anno è alla ricerca del giusto connubio tra tecnologie
all’avanguardia e architettura. archithese riferisce della più importante esposizione di architettura al mondo.
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Rivista e serie internazionale di architettura
Maestre di yoga // 35
e
Foto: Giorgio von Arb
Il futuro
comincia qui.
Armonia fra corpo, spirito e anima – il controllo del respiro
e la concentrazione della pratica yoga inducono la pace
interiore. Anche in Svizzera sempre più persone sono
affascinate dalle tecniche che portano al silenzio interiore.
Giorgio von Arb fa il ritratto di alcune donne che di recente
hanno concluso la propria formazione e il cui obiettivo è
aiutare altre persone a raggiungere uno stato di calma –
senza pensieri né sensazioni.
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SWISSLIFE Autunno 2014
›››
Cathleen epper, BenKen (Zh)
«lo yoga apre le porte dell’anima.»
paSCale patrICIa hOFFMann-hOStettler, therWIl (Bl)
«lo yoga ci insegna a percepire dentro di noi uno stato di calma profondo e una felicità senza limiti.»
SWISSLIFE Autunno 2014
ClaudIa haurI, StrenGelBaCh (aG)
«lo yoga mi permette di accompagnare altre persone nella scoperta della loro forza tranquilla.»
nOËlle hÄGler, adlISWIl (Zh)
«per me lo yoga ha il medesimo significato dell’amore: tocca profondamente ed è un grande maestro.»
SWISSLIFE Autunno 2014
SuSanne rIeSer, ZurIGO (Zh)
«lo yoga è al contempo cammino e obiettivo. I miei corsi creano uno spazio interiore per i partecipanti,
che possono cercare dentro di sè e scoprire le proprie possibilità.»
GaBrIele MÜller-BaSelGIa, OBerMuMpF (aG)
«lo yoga non è una tecnica che s’impara lì per lì. È un ampio processo di maturazione personale e un’opportunità individuale
nell’epoca frenetica e di grandi cambiamenti in cui viviamo.»
SWISSLIFE Autunno 2014
SneZana SulSer, WInterBerG (Zh)
«lo yoga è un alleato della mia salute fisica, spirituale e mentale: significa avere tempo e spazio
per ritemprarmi e ritrovare la pace interiore.»
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A Swiss Life // 45
Testo: Urs Mannhart, foto: Tom Haller
Vacanza di
meditazione
Vita monastica in silenzio, quiete e raccoglimento?
Una pia illusione. Tra movimento slow e meditazione,
Frate Daniel ha soprattutto una cosa: un’agenda talmente
piena da portarlo talvolta al limite delle proprie energie.
Perché un monaco è pur sempre un uomo.
›››
SWISSLIFE Autunno 2014
C
on una veste nera come la pece che gli arriva fino
alle caviglie, attraversa lunghi corridoi a passi svelti,
sotto il braccio un vecchio libro rilegato in pelle.
La luce dell’alba si posa sui corti capelli neri e sull’affascinante pelata.
Con occhi vivaci, una stretta di mano e parole cordiali
Frate Daniel (53 anni) saluta gli ospiti che lo attendono. Per
rapportarsi con i forestieri, non ha bisogno di riemergere
alla superficie del presente da uno stato di profonda contemplazione. Al contrario, riesce a infondere negli ospiti la
sensazione di stare al suo stesso livello.
Conduce queste persone, venute al convento di Fischingen per prendersi una pausa dallo stress lavorativo, all’ultimo piano dell’imponente edificio sacro, dove li prega di togliersi le scarpe. Nessuno riesce a tenere il suo ritmo: con un
movimento fluido, Frate Daniel apre le chiusure a strappo
dei suoi sandali Teva ed è già nella stanza accanto, mentre
tutti gli altri, impacciati e assonnati, sono ancora indaffarati
con i lacci delle scarpe. Questa stanza misura circa settanta
metri quadrati e pare essere stata importata in Turgovia direttamente dal Giappone: la pavimentazione è realizzata con
pannelli Tatami, le pareti sono in legno non trattato, davanti alle finestre si ergono telai di legno rivestiti con carta di
riso filigranata color latte. Cuscini neri giacciono ordinati
sul pavimento, davanti si trova un altare con una raffigurazione di Cristo, un ritratto del maestro Zen cristiano Hugo
Lassalle e una croce. Frate Daniel si siede su un cuscino a
gambe incrociate. L’orologio alla sua destra segna le 07.00; è
giunto il momento di iniziare.
A seconda dell’agilità, gli ospiti prendono posto su una
sedia, una panca di legno minimalista o un cuscino.
«Dovete stare bene», dice il monaco, che già emana una
serenità contagiosa, e attende che tutti si siano sistemati con
il proprio corpo. «Ottimo», dice, e dopo una pausa aggiunge: «Ma sbagliato: vogliamo tutti sederci in modo da non
osservarci e controllarci l’un l’altro.»
Lo dice senza rimprovero. Che lo scopo dell’incontro
non sia fare quattro chiacchiere è chiaro: «Zazen con i benedettini», così si chiama uno dei numerosi corsi che Daniel
offre nel convento di Fischingen; silenzio, vigilanza, meditazione sono gli argomenti principali. Tutti quindi si voltano,
finendo per guardare verso una parete o il legno chiaro; le
possibilità di distrarsi sono minime.
Frate Daniel percuote tre volte la campana tibetana, un suono piacevolmente limpido e distinto si diffonde nella stanza.
Forse il silenzio sarà una via che conduce nei meandri
della quiete?
Tutto d’un tratto Frate Daniel tira fuori il vecchio libro.
Come apre la copertina appare un tablet. Pochi istanti
dopo ha davanti agli occhi un brano, soavemente illuminato nella luce crepuscolare, che egli declama accuratamente.
In poche parole parla di avidità, dell’aspirazione alle cose
impure. Considerato l’uditorio, un testo scelto sicuramente non a caso.
Dopo non succede nulla per un tempo piuttosto lungo,
sempre che non si consideri un evento lo scorrere del tempo.
Ma per quale motivo gli altri otto monaci che insieme a
Frate Daniel formano la comunità di benedettini del convento di Fischingen non partecipano a queste meditazioni?
La risposta va ricercata nelle diverse personalità che si
sono ritrovate in questo luogo. E nei compiti che i monaci si
spartiscono.
Quando nel 2007 Daniel Prandini decise di intraprendere la vita monastica, presto si pose la questione della sfera
di competenze: l’attività pastorale, l’assistenza spirituale in
paese, l’amministrazione, il laboratorio delle ceramiche,
tutto era già stato assegnato.
Per questo Daniel propose di offrire corsi di zazen. La
reazione dei benedettini non fu esattamente euforica. È lecito che una forma di meditazione che affonda le proprie radici in Giappone, tramandata da uomini dei più svariati
orientamenti religiosi e non, venga offerta in un convento
cattolico a ospiti di ogni sorta, comprese le donne e le persone lontane dalla chiesa?
«Dovete stare bene», dice il
monaco, che già emana una
serenità contagiosa, e attende
che tutti si siano sistemati
con il proprio corpo.
Frate Daniel non si stupì dell’esitazione dei confratelli. Anziché tenere una conferenza sullo zazen, tirò fuori i cuscini,
fece sedere i monaci davanti a una parete e li lasciò seduti
immobili per un quarto d’ora. I benedettini, solitamente di
indole tradizionalista, apprezzarono pienamente la quiete
che si diffuse. Gli diedero quindi il via libera, senza immaginare minimamente il successo che avrebbe riscosso: oggi
circa duemila persone si recano ogni anno a Fischingen per
trascorrere un’ora o più con Frate Daniel e sedere attente nel
silenzio introdotto dai rintocchi della campana tibetana. La
Periodo di pausa dalla vita conventuale: Frate Daniel cerca la quiete nel bosco.
Il convento di Fischingen attira molte persone desiderose di trovare la quiete. Ogni anno sono circa 2000 i partecipanti ai corsi di zazen.
SWISSLIFE Autunno 2014
Nel 2007 Frate Daniel ha affrontato l’avventura di entrare in convento – un passo in un mondo completamente diverso.
A Swiss Life // 49
sua casella di posta è perennemente intasata e le chiamate
senza risposta si moltiplicano. «Capita che io vada a letto
malgrado ci siano ancora 30 e-mail a cui rispondere, ma prima o poi l’energia si esaurisce, sono pur sempre un uomo.
Purtroppo si crede spesso che vi sia una risposta pronta per
tutto, sovente però ci si dimentica l’importanza del porsi domande. Gli argomenti che oggi sono importanti lo saranno
anche domani.»
La pressione che gli deriva dal dover rispondere continuamente alle e-mail, fare telefonate o aggiornare i quattro
siti web da lui curati è lontana, ora che Frate Daniel guida
«Capita che io vada a letto malgrado ci siano ancora 30 e-mail
a cui rispondere, ma prima o
poi l’energia si esaurisce, sono
pur sempre un uomo.»
questa meditazione a occhi semichiusi. Di nuovo suona la
campana tibetana, grossa quanto un’insalatiera, e quando il
suono va morendo tira fuori il computer. Il brano parla di
paradiso e inferno. Dopo alcune frasi lascia nuovamente
campo al silenzio.
Frate Daniel non è il primo ad aver introdotto la pratica
della meditazione zazen in un ambiente cristiano. Altri,
come Hugo Lassalle, lo avevano già fatto sessanta anni prima. Eppure di tanto in tanto viene criticato. «Capisco bene
che proprio oggi, in un periodo in cui il mondo appare tanto
confuso, la gente avverta il forte desiderio di attribuire a determinate cose, per esempio la Chiesa, un carattere immutabile. Ma la vita è confusa da sempre, il XXI secolo lo è in ogni
caso, e i divieti di pensiero e la ristrettezza di spirito non mi
sono mai piaciuti», dichiara.
Mentre di tanto in tanto si ode un sospiro provenire da
alcuni uomini in carriera – non è chiaro se sia espressione
dello stato di benessere della mente, pressoché libera da ogni
pensiero, o piuttosto dei dolori lancinanti alle gambe – Daniel si alza e percuote più volte un legno con un martello: la
meditazione è conclusa. Ora pronuncia il secondo brano:
per lui paradiso e inferno non sono luoghi geografici, bensì
sinonimo di pensieri positivi e negativi. Non si tratta di precetti bigotti, ma di un invito ad abbandonare alcuni pre-
SWISSLIFE Autunno 2014
giudizi. Scioglie così la seduta. Ora non resta tempo per i
colloqui a quattr’occhi, che altrimenti sono sempre parte
integrante dei suoi corsi, perché alle 07.45 deve trovarsi nella
cappella di Santa Ida per impartire la benedizione ai pellegrini in viaggio.
Alcuni minuti più tardi, in effetti, una pellegrina con zaino e bastoni telescopici entra in chiesa, seguita da una giovane coppia con indosso indumenti impermeabili che viaggia
in bicicletta. Frate Daniel invita i tre all’altare, recita preghiere e intercessioni, applica il timbro del convento sul diario
del pellegrinaggio e si informa sulle loro prossime tappe. La
donna ha già un’idea di dove trascorrere la notte. I ciclisti
invece osservano sorpresi la carta stradale che Frate Daniel
allarga davanti a loro. Anche in questo caso mette a disposizione le sue esperienze: quando ancora lavorava nell’industria elettronica, era un appassionato ciclista. Si esercitava
nella meditazione in lunghi viaggi solitari, unici compagni
la tenda e il sacco a pelo. E alla fine, in sella alla sua bici, ha
affrontato il Cammino di Santiago. Indicando il punto in
cui li attende una discesa mozzafiato, strappa alla giovane
coppia una risata. Lieti di aver ricevuto dal religioso non soltanto una benedizione, ma anche consigli pratici per il viaggio, i due fotografano il dettaglio della cartina e salutano
affettuosamente.
Nel frattempo l’orologio al polso del frate indica già le
otto e un quarto; è tempo di correre in cella e togliersi la veste nera, perché il prossimo autobus per Wil parte da Fischingen alle 08.28.
Un monaco che stacca dal lavoro già di prima mattina?
Certo. Perché anche i monaci hanno bisogno di ferie. A Fischingen è consentito chiedere ogni anno fino a quattro settimane di riposo; una volta al mese, i monaci hanno diritto a
una giornata libera. «Oltre a questi riposi, vado regolarmente in supervisione», dice Frate Daniel. «Da qualche parte
devo pur poter metabolizzare il peso di tutte le sorti che mi
vengono affidate.»
E cosa fa durante le ferie?
«Preferibilmente, mi prendo una pausa dall’intensa attività del convento e mi ritiro in un eremo. Lì ho davvero il
tempo di leggere, meditare, immergermi nei pensieri. Lì trovo la mia quiete.»
Forse conoscerete presto Frate Daniel di persona.
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I piaceri della tavola // 53
La cucina della Surselva, termine
romancio che significa «sopra il
bosco», è fortemente influenzata
dalla natura: la vallata nella
parte alta del Reno Anteriore
è un paradiso per la selvaggina,
come anche per i cuochi
che ne fanno un uso
ricercato.
Illustrazioni: Sylvia Geel
Il maestro dei fornelli e
il capriolo della Surselva
Lombata di capriolo arrosto in crosta
Mescolare bene tutti gli ingredienti per la crosta e metterli da parte. //
Scaldare l’olio d’oliva in una padella a fuoco medio. // Rigirare la
lombata di capriolo nella crosta in modo che l’intero pezzo sia ricoperto
di crosta. // Quando la padella è ben calda, adagiarvi la lombata di
capriolo e far rosolare fino a ottenere una consistenza croccante. //
Aggiungere il burro a dadini. // Nel frattempo riscaldare e insaporire il
sugo di selvaggina. // Quando la lombata di capriolo è pronta, toglierla
dalla padella e lasciarla riposare prima di affettare. // Servire la pietanza
con cavolo rosso, funghi porcini arrostiti e purè di pastinaca.
Ingredienti per 4 persone: Crosta: 10 g di chicchi di caffè macinati, 15 g di cioccolato
fondente (75 %) grattugiato, 20 g di tartufo nero tagliato fine, 80 g di pangrattato chiaro,
5 g di foglie di timo fresche tritate finemente. Lombata di capriolo: 600 g di lombata di
capriolo disossata, sale e pepe nero macinato, 6 cucchiai di olio d’oliva, 15 g di burro a
dadini, 1 dl di sugo di selvaggina.
SWISSLIFE Autunno 2014
Manuel Reichenbach
sul legame con
la propria terra
Il luogo dove cucino è anche il luogo
in cui sono cresciuto. Qui ho le mie
radici, questo è il mio paese natale.
Questo influisce anche sullo stile della
mia cucina: non cerco l’opulenza, al
contrario mi concentro sulla frugalità.
Raffinare e innalzare di livello ciò che
è semplice: questo è il mio criterio.
Cuciniamo con prodotti locali, curiamo questa cultura culinaria, ci preoccupiamo del legame con la nostra terra e dello sviluppo, tenendo
comunque sempre gli occhi aperti.
Traggo le mie ispirazioni dai viaggi.
Londra, dove ho anche trascorso alcuni anni di apprendistato, è una meravigliosa ispirazione: lì l’Occidente incontra l’Oriente, il sud il nord, e così
la nostra cucina si avvicina alle varie
culture, aprendo le porte del nostro
ristorante al mondo. Affinché gli ospiti che vengono da noi possano godere
momenti lieti e indimenticabili.
Manuel Reichenbach Dopo aver trascorso gli
anni di apprendistato in patria e all’estero,
nel 2003 Manuel Reichenbach è tornato nella
casa di famiglia, «Casa Tödi» a Trun (GR).
Il ristorante vanta 14 punti Gault Millau; nel
2014 Reichenbach è stato premiato come
«Rivelazione dell’anno» nella Svizzera tedesca.
Casa Tödi, Via Principala 78, 7166 Trun,
081 943 11 21, www.casa-toedi.ch
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Illustrazioni: Sarah von Blumenthal
Beni Frenkel // 55
La Funzione Frenkel: un problema frequente degli scrittori è la rapida
caduta nell’oblio dopo la morte.
Chi, al giorno d’oggi, acquista ancora libri di Hubert Fichte,
Efraim Kishon o Johannes Mario Simmel? Non molto tempo fa, le loro opere erano bestseller. Il valore evanescente di
presunte personalità letterarie si evidenzia anche sulle nostre banconote. Solo sul biglietto da 200 franchi, che tra l’altro si vede in giro raramente, è immortalato uno scrittore
(Charles Ferdinand Ramuz). Guardando la facoltà opposta,
ovvero le discipline matematiche, provo una certa invidia. I
grandi scienziati sono immortali. I loro assiomi, le leggi, le
equazioni sono incontestabili e accompagnano gli studenti
di semestre in semestre.
E così ho pensato bene di lasciare in eredità qualcosa di
matematico. Tuttavia devo premettere che, ai tempi della
scuola, amavo la matematica tanto quanto la pertica. Da
dove posso iniziare, ho pensato. Quale argomento non è ancora stato studiato a fondo? E così sono giunto al problema
dei pensionati sui treni delle FFS. Chi non li conosce: la
chiassosa comitiva di escursionisti di Opfikon con problemi
di udito nell’ultimo scompartimento in fondo, diretta ad
Andermatt. 20 donne e uomini arzilli chiacchierano a un volume non esattamente gradevole.
Come, mi sono posto la domanda iniziale, come si può
rilevare matematicamente il livello di questo rumore? Il mio
obiettivo era redigere una formula elegante che consentisse
di calcolare anticipatamente l’esatto volume. Dopo numerose riflessioni, alla fine l’ho trovata: la «Formula di calcolo del
volume sul treno dei pensionati», o più brevemente la «Funzione Frenkel». A proposito, potete ritagliare questa formula e conservarla nel portafoglio:
f(x) = 0,5(x²)10 + 30w + 30mB + 30S
SWISSLIFE Autunno 2014
Iniziamo da un semplice esempio: siete seduti sul treno e
arriva la signora S. Meier, 68 anni, di Köniz. La signora
Meier è diretta a Wettingen per incontrare le sue amiche al
bar. Quanto rumore produrrà la signora Meier durante il
viaggio? Secondo la formula solo 5 decibel. Meno del fruscio di una foglia. Ma cosa accade se altri tre pensionati si
uniscono a lei? E proprio in quel momento il minibar lì
accanto (30mB) emette la sua monotona musichetta? In tal
caso avremo 110 decibel. Solo una motosega è tanto rumorosa! Ma siete fortunati. Grazie alla Funzione Frenkel lo
sapevate già in anticipo e avete intelligentemente cambiato
scompartimento.
La Funzione Frenkel, lo abbiamo appena visto, serve a
prevenire e probabilmente sarà presto messa a catalogo dalla
cassa malati. Facciamo un terzo e ultimo esempio: una comitiva di dieci persone (30w) sale ad una stazione (30S).
Fritz urla alla signora piuttosto anziana sull’altro binario
«Heidi, siamo qui!!» e Annemarie ridacchia sonoramente
per le barzellette vietate ai minori di Köbi.
Quanto rumore produce questa orchestra? 560 decibel!
Come se foste comodamente coricati su una sedia a sdraio e
da ogni lato si azionasse un motore a reazione.
Non è facile per me tenere i piedi per terra, lo ammetto.
Ma ho scoperto una formula importante e la sto pubblicando su «SWISSLIFE» anziché su «Science» o «Lancet». Probabilmente questa decisione rispecchia il mio carattere
umile. Al contrario di Ramuz, non vorrei neppure essere
immortalato sulla banconota da 200 franchi. Nel caso, preferirei il biglietto da 20. E chiederei un favore ai grafici: solo
il profilo destro, qualche capello in più e un naso romano.
Grazie, posteri.
Vincete sette giorni
di silenzio e quiete nel
convento di Fischingen.
Rifugiarsi nella quiete per staccare dalla quotidianità partecipando alla vita monastica, dai
momenti di preghiera fino ai pasti: la vincitrice e il vincitore alloggeranno negli ambienti
riservati della comunità di monaci, assistiti da Frate Daniel (cfr. il ritratto a pagina 44).
Il premio del concorso riservato ai vincitori è un soggiorno di una settimana nella quiete
della Casa di formazione del convento di Fischingen. Naturalmente saranno invitati a partecipare alle preghiere corali e alle funzioni della comunità benedettina. Indovinate quale
delle quattro iscrizioni riportate nella pagina a fianco non compare sopra le porte del convento di Fischingen. In bocca al lupo!
Il convento benedettino di Fischingen
fu fondato nel 1138 dal vescovo di
Costanza Ulrico II. L’unico convento
abitato da monaci nel Canton Turgovia
sorge sul corso superiore del fiume Murg.
Partecipate al concorso con l’app SWISSLIFE o su www.swisslife.ch/
rivista. Oppure inviateci la cartolina-risposta in UPDATE con la vostra
soluzione. Ultimo termine di partecipazione è il 7 dicembre 2014.
I vincitori saranno resi noti nel prossimo numero di SWISSLIFE.
Congratulazioni a Markus Widmer di Wichtrach, per aver vinto
l’ultimo concorso SWISSLIFE.
Concorso // 57
SWISSLIFE Autunno 2014
—1—
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58 // Fuoriprogramma
L’arpista Andreas Vollenweider
sulla sua musica
«Necessito dello
stato zero
del silenzio.»
«Per un musicista, per un compositore il silenzio è ciò che
per un pittore sono il foglio bianco o la tela bianca. È la base
di ciò che facciamo. Senza silenzio non potremmo fare nulla, è uno stato necessario; questo stato zero è il presupposto
fondamentale per poter dare inizio alla musica. Bisogna distaccarsi da tutto il resto, bisogna crearsi lo spazio per l’esecuzione.
La prima nota che penetra un simile silenzio è incredibilmente esposta. Poi bisogna scavare, alla ricerca di ciò che questo spazio interiore ha da offrire, e portarlo all’esterno: solo
allora diventa musica. Io suono finché rimane qualcosa, finché si crea un particolare momento. Il più delle volte, è qualcosa che ci meraviglia abbia a che fare con noi stessi – o al
contrario, ci stupisce esserne autori soltanto in parte. Viene sì
da noi, ma dietro vi è ancora di più.
A tal proposito, la filosofia quantistica offre approcci assai
interessanti, come per esempio il campo morfico – secondo
cui dietro una propria ispirazione esiste un enorme campo
universale che perfeziona l’idea individuale. Sono fermamente convinto che ci sia del vero. Attualmente si sta tentando di
spiegare come avvenga il contatto con l’universo della conoscenza, il campo di tutte le possibilità.
Io mi immagino una membrana di vari spessori che ci separa da questo campo morfico. Noi persone creative dobbiamo trovare, in questa membrana, un punto talmente sottile
da vederci trasparire qualcosa – poi si tratta di ‹raccogliere›
questo qualcosa, introdurlo nella nostra attività.
Cerchiamo quindi di dare forma a un’idea, siamo per così
dire modellatori e, in linea di principio, non semplici autori.
Tutto ha inizio da me, da Andreas Vollenweider, senza di me
non funziona, lo so benissimo – e ora tutto sembra, mi si accusa sempre di essere un esoterista, ora tutto sembra forse un
po’ insolito, ma non lo è affatto. Credo semplicemente che
tutto consti di questi due poli e non ho il timore di formularlo in tal senso.
Per creare la mia musica, necessito quindi di silenzio assoluto. Se si è immersi in una frenesia estrema, è molto difficile
riconoscere queste sottigliezze – e, a essere sinceri con se stessi, si rappresenta semplicemente ciò che è già stato creato,
solo in maniera un po’ diversa. Per questo la musica di oggi è
uguale in tutto il mondo: nulla di nuovo esce più da questo
serbatoio, in linea di massima è più facile riformulare ciò che
già esiste piuttosto che andare alla scoperta innovativa di
nuovi elementi – perché per questo ci vuole silenzio, è indispensabile, senza non si può.»
Andreas Vollenweider è il musicista svizzero di maggior successo, nonché
unico elvetico finora ad aver ricevuto un Grammy, il premio più prestigioso del settore della musica. Arpista, 61 anni, ha suonato in tutti i
continenti e venduto oltre 15 milioni di dischi. Che si esibisca da solo, in
trio o accompagnato da una dozzina di musicisti, ai suoi concerti regna
sempre un’atmosfera particolare, influenzata dall’arpa elettro-acustica da
lui stesso ideata e continuamente perfezionata. www.vollenweider.com
www.swisslife.ch/rivista