Materia e memoria. Saggio sulla relazione tra il corpo e lo spirito

Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia
© PI-ME, Pavia 2009
http://gimle.fsm.it
Supplemento A, Psicologia
2009; Vol. 31, N. 1: A24-A29
ISSN 1592-7830
N. Magnavita
Strain, disturbi d’ansia, depressione e disturbi muscoloscheletrici
nelle attività di assistenza sociale
Istituto di Medicina del Lavoro, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma
RIASSUNTO. Questo studio indaga le relazioni tra caratteristiche
individuali, fattori di rischio professionali fisici e psicosociali
e disturbi muscolo-scheletrici nel personale di assistenza sociale.
La popolazione studiata si compone di 342 lavoratori di una
cooperativa, addetti ad assistenza domiciliare, scolastica ed
ambulatoriale. lo studio, a carattere trasversale, ha fatto uso
di un questionario circa la presenza attuale o remota
(ultimi 12 mesi) di disturbi muscoloscheletrici, la percezione
del sostegno sociale da colleghi e superiori, la percezione
dello stress da lavoro secondo il modello di Karasek, i livelli
di ansia e depressione misurati con le scale di Goldberg.
In tutti i gruppi la prevalenza dei disturbi muscoloscheletrici
era alta. Mediante analisi di regressione logistica di selezione
anterograda si è osservato che il mal di schiena era associato
con il carico di lavoro e la depressione; il dolore dorsale con età,
ansia e depressione; il dolore cervicale con i fattori psicosociali
di stress (domanda e controllo), sesso femminile e ansia.
I risultati indicano che i disturbi muscoloscheletrici sono un
problema rilevante negli addetti all’assistenza sociale. La loro
comparsa risulta correlata con fattori lavorativi ed emozionali.
La prevenzione deve essere programmata su più livelli,
integrando interventi educativi, ergonomici ed organizzativi.
Parole chiave: strain, ansia, depressione, disturbi muscoloscheletrici,
assistenza sociale.
ABSTRACT. PERCEIVED JOB STRAIN, ANXIETY, DEPRESSION AND
MUSCULO-SKELETAL DISORDERS IN SOCIAL CARE WORKERS.
BACKGROUND: This study explored the relationship between
individual characteristics, physical and psychosocial workrelated risk factors and the musculoskeletal pain among nonspecialized personnel working in different kinds of social care.
METHODS: The study population consists of 342 employees
of a cooperative for in-house, outpatient and scholar social care.
The study was conducted using a cross-sectional survey design.
Data were collected by means of questionnaires, including
questions about having or having had musculoskeletal symptoms
(12 months prevalence), the perception of social support from
co-workers and superiors, the perception of job strain according
to the Karasek’s demand/control model, and anxiety and
depression according to the Goldberg’s 9-items scales.
RESULTS: In all groups prevalence rates of musculoskeletal
complaints were high. A forward stepwise binary logistic regression
analysis showed that symptoms from the low back were significantly
related to psychological demands, and depression score; symptoms
from the upper back were related to age, anxiety and depression;
symptoms from the neck were related to psychological demands,
authority over decisions, gender and anxiety.
CONCLUSIONS: The results of the present study indicate that
both low and upper back complaints and neck complaints are
major health problems in social care workers. Musculoskeletal
disorders seemed to be related both to job strain and to individual
and emotional factors. The professional groups under study all
are target for preventive interventions; these interventions need
to be specified for each of the professional groups, and to include
educational, organizational, and ergonomic measures.
Key words: strain, anxiety, depression, musculoskeletal disorders,
caregivers.
Introduzione
Le attività professionali di aiuto a pazienti con handicap psichico e motorio sono associate ad una elevata frequenza di disturbi muscoloscheletrici (1). Tra i fattori
che determinano tale dato si pone indubbiamente al primo posto il rischio di movimentazione manuale degli assistiti, che si svolge generalmente in ambienti domestici
sui quali il datore di lavoro e l’operatore non hanno alcuna possibilità di intervento, e non di rado richiede sforzi non programmati e improvvisi con iperestensione
(“saving people”), o il mantenimento prolungato di posture non corrette. Una consistente quota delle assenze
dei lavoratori che svolgono attività di assistenza sociosanitaria in ambiti domestici è motivata da disturbi fisici, in particolare mal di schiena o altri disturbi dell’apparato muscoloscheletrico (2-4), per prevenire i quali sono state proposte misure ergonomiche (5-7). La genesi di
questi disturbi, peraltro, è multifattoriale. È dimostrato
che taluni fattori psicosociali, come il carico di lavoro e
il sostegno sociale sul lavoro (8), o le specifiche caratteristiche psichiche del soggetto (9) influenzano la frequenza dei sintomi. La programmazione di un intervento
preventivo non può prescindere dalla valutazione del rilievo di questi fattori.
Materiali e metodi
I soci lavoratori di una cooperativa sociale sono stati
invitati ad auto-compilare, nel corso delle visite periodiche obbligatorie per la sorveglianza sanitaria, un questionario comprendente, oltre ai dati anagrafici, la versione
italiana del Questionario Nordico (NQ) per i disturbi muscolo-scheletrici (10, 11), la versione breve del Job Content Questionnaire (JCQ) di Karasek (12) e le scale di ansia e depressione di Goldberg (13).
Il Questionario Nordico indaga la presenza di disturbi
muscolo-scheletrici in ciascuno dei distretti corporei (collo, spalla, gomito, polsi e mani, dorso, schiena, anche e cosce, ginocchia, caviglie e piedi) distinguendo la presenza
attuale del disturbo da quella che si è manifestata nei dodici mesi precedenti. Consta di 9+9 domande, e fornisce
altrettante variabili binarie, che consentono di localizzare
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con precisione la sede del disturbo e di differenziare la sintomatologia attuale o acuta da quella cronica.
Il modello di stress di Karasek, elaborato alla fine degli anni ’70, postula che la relazione tra elevata domanda
lavorativa (job demand) e basso controllo decisionale (job
control) definisca una condizione di job strain o stress lavorativo percepito, in grado di spiegare la comparsa di uno
stato di stress cronico correlabile all’insorgenza di disturbi muscolo-scheletrici, o di altri effetti dello stress. Le due
principali dimensioni lavorative (domanda vs. controllo)
sono considerate variabili indipendenti e poste su assi ortogonali. La job demand si riferisce all’impegno lavorativo richiesto: i ritmi di lavoro, la natura costrittiva dell’organizzazione, il numero di ore lavorative e le eventuali richieste incongruenti. Il job control è definito da due componenti: la skill discretion e la decision authority: la prima
identifica condizioni connotate dalla possibilità di imparare cose nuove, dal grado di ripetitività dei compiti e dall’opportunità di valorizzare le proprie competenze; la seconda individua fondamentalmente il livello di discrezionalità dell’individuo nella programmazione ed organizzazione del lavoro.
Il modello di job strain è stato approfondito da J.V.
Johnson negli Anni ’80, con l’aggiunta una terza dimensione: il social support (14). In accordo con questo modello il più elevato rischio di danni per la salute si rileva
nei gruppi connotati da una elevata domanda lavorativa,
da una bassa possibilità decisionale (DL) e da un basso
supporto sociale (“isostrain”).
Il JCQ nella versione utilizzata nel NQ consta di 17
domande, 5 relative alle richieste di lavoro (“demand”), 6
alla capacità di controllo sul lavoro (“control”) e 6 riferite
al sostegno sociale (“support”). Lo strain da lavoro percepito è definito come il rapporto pesato tra “demand” e
“control”. La versione italiana del NQ e del JCQ è stata
validata recentemente (15); la coerenza interna del questionario risulta buona per la scala “support” (alfa di Cronbach=0,87), accettabile per le altre due scale “demand”
(alfa=0,76) e “control” (alfa=0,57).
Le scale di ansia e depressione di Goldberg rappresentano un semplicissimo strumento diagnostico, elaborato
specificamente per indagare la probabilità dell’occorrenza
di uno stato di ansia o depressione e inizialmente pensato
per essere somministrato dal medico di medicina generale
durante l’attesa dei pazienti in ambulatorio. Esse constano
di 9+9 domande a risposta binaria e forniscono due punteggi rispettivamente indicativi del rischio che il soggetto
sia affetto da un disturbo d’ansia o di depressione. Il questionario A/D di Goldberg nella versione italiana dimostra
elevata consistenza interna (alfa di Cronbach pari a 0.82
per la scala A e 0,78 per la scala D) e struttura fattoriale
omogenea (16).
Complessivamente, quindi, la nostra intervista, oltre ai
dati anagrafici (età, sesso), all’abitudine al fumo di tabacco e alla mansione lavorativa, indagava le variabili relative alla presenza/assenza di disturbi muscolo-scheletrici;
allo stress da lavoro (demand, control, support) e ai disturbi di ansia e depressione.
Sono stati esaminati 342 lavoratori, di età media 36,8
anni, appartenenti ad una fascia di età molto ampia, tra 19
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Tabella I. Distribuzione dei lavoratori sorvegliati
secondo il tipo di lavoro
e 65 anni (d.s.=9,6). Circa un terzo della popolazione era
di genere maschile (110, pari al 32,2%). I fumatori abituali erano 155 (45,3% della popolazione).
Le mansioni svolte variavano dall’assistenza domiciliare di anziani, o di portatori di handicap, al trattamento
di tali pazienti presso centri diurni, all’assistenza scolastica e allo svolgimento delle attività impiegatizie di supporto (Tab. I).
I lavoratori erano stati classificati a rischio alto o, rispettivamente, basso di movimentazione manuale in funzione della mansione lavorativa prevalente nel Documento di Valutazione dei Rischi aziendale, redatto in base alle vigenti normative di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. L’estensore del Documento aveva attribuito il rischio maggiore ai soggetti addetti all’assistenza domiciliare di pazienti totalmente o parzialmente non autosufficienti per handicap fisico o psichico, mentre il livello di
rischio minore era attribuito ai lavoratori addetti ad assistenza scolastica, assistenza di adulti autosufficienti e attività impiegatizie.
Analisi statistica
I dati sono stati analizzati mediante statistiche descrittive. I confronti tra gruppi sono stati effettuati mediante
analisi della varianza.
Per valutare l’influenza dei diversi possibili fattori determinanti sui disturbi muscoloscheletrici si è fatto ricorso
all’analisi di regressione logistica, con metodo di selezione forward stepwise basato sulla massima verosimiglianza, mediante il pacchetto di statistiche SPSS 11.5. È stata
studiata separatamente, come variabile dipendente, la presenza o assenza di disturbi muscoloscheletrici; le variabili indipendenti testate sono state: età, sesso, abitudine al
fumo, movimentazione manuale (rischio medio alto/ medio basso), richieste del lavoro (“demand”), discrezionalità (“control”), sostegno sociale (“support”), ansietà e depressione (misurati dalle scale di Goldberg). La validità
dei modelli di regressione logistica costruiti con la selezione delle variabili è stata valutata con il test di Hosmer
e Lemeshow, detto anche chi quadro; per una buona adesione del modello di regressione ai dati, è necessario che
il test risulti non significativo.
Risultati
Con elevata prevalenza, i lavoratori riferivano disturbi dell’apparato muscolo-scheletrico localizzati nei di-
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Tabella II. Sintomi muscoloscheletrici presenti nell’ultimo
anno di lavoro, o al momento della visita
ULTIMO ANNO
DISTRETTO CORPOREO
ATTUALI
N.
%
N.
%
Collo
173
50.6
70
20.5
Spalla
134
39.2
66
19.3
Gomito
38
11.1
21
6.1
Polsi
76
22.2
38
11.1
Dorso
145
42.2
65
19.0
Schiena
115
33.6
51
14.9
Anche, cosce
39
11.4
26
7.6
Ginocchia
80
23.4
34
9.9
Caviglie, piedi
64
18.7
52
15.2
di ciascun lavoratore (“control”), risultava minore tra gli
addetti all’assistenza scolastica, maggiore tra gli addetti
all’assistenza agli anziani e ai portatori di handicap
(Tab. V).
Il sostegno sociale, viceversa, era maggiore per gli addetti ai servizi scolastici e al diurno rispetto alle altre categorie di lavoratori (Tab. VI).
L’associazione dei possibili fattori predittivi con i disturbi muscoloscheletrici più frequenti è stata studiata mediante regressione logistica con selezione progressiva.
Sia il mal di schiena acuto (Tab. VII) che quello cronico, presentatosi nell’ultimo anno (Tab. VIII) sono risultati
significativamente associati con il carico di lavoro (“demand”) e con la depressione.
I disturbi dorsali acuti sono risultati correlati con fattori personali, quali l’età e la depressione. I disturbi al dorso
comparsi nell’ultimo anno sono risultati correlati, oltre
che all’età e alla depressione, anche all’ansia dei soggetti
che li riportano (Tab. IX e X).
Nel caso dei disturbi cervicali presenti al momento
della visita, l’analisi di regressione ha identificato il
concorso di fattori psicologici (l’ansia entra nel modello
versi distretti corporei (Tab. II). La maggior parte dei disturbi riguardava le regioni dorsale, lombare e cervicale
del rachide.
Circa l’80% dei lavoratori lamentava la presenza di almeno un sintomo muscoloscheletrico
Tabella III. Numero di sintomi lamentati da ciascun lavoratore
negli ultimi 12 mesi, mentre meno di un
terzo riferiva specifici disturbi al momento della visita. Un discreto numero
di lavoratori riferiva contemporaneamente numerosi sintomi, in più distretti
corporei (Tab. III).
La frequenza dei disturbi muscoloscheletrici variava a seconda delle diverse attività di assistenza, risultando minima tra gli addetti all’assistenza scolastica, massima negli assistenti ai portatori
di handicap (Tab. IV).
Anche lo strain da lavoro percepito,
calcolato secondo il modello di Karasek come rapporto tra le richieste del
lavoro (“demand”) e la discrezionalità
Tabella IV. Numero di sintomi riportati nelle diverse categorie di lavoro
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finale, la depressione è inclusa nel modello al primo
step, quindi risulta esclusa dopo il quinto step), individuali (più colpito il genere femminile) e legati al lavoro
(“demand” e “control”). (Tab. XI). Per i disturbi cervicali comparsi nell’ultimo anno, che erano stati segnalati
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da oltre la metà dei lavoratori visitati, non è stato possibile identificare un modello predittivo valido; il test di
Hosmer e Lemeshow è difatti risultato significativo
(Chi-quadro= 17,596, p=0,024), escludendo quindi l’adesione del modello ai dati.
Tabella V. Valori di “job strain” nelle diverse categorie di assistenza
Tabella VI. Sostegno sociale nelle diverse categorie
Tabella VII. Analisi di regressione logistica; variabili che hanno valore predittivo
sul mal di schiena comparso nell’ultimo anno
Tabella VIII. Analisi di regressione logistica; variabili che hanno valore predittivo
sul mal di schiena al momento della visita
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Tabella IX. Analisi di regressione logistica; variabili che hanno valore predittivo
sui disturbi al dorso nell’ultimo anno
Tabella X. Analisi di regressione logistica; variabili che hanno valore predittivo
sui disturbi al dorso al momento della visita
Tabella XI. Analisi di regressione logistica; variabili che hanno valore predittivo
sui disturbi cervicali al momento della visita
Discussione e Conclusioni
La nostra osservazione conferma che i lavoratori addetti all’assistenza sociale presentano con elevata frequenza disturbi muscolo-scheletrici, a carico dei diversi distretti corporei, ma con maggior prevalenza a carico del
dorso, della regione lombare e cervicale. Tale dato è in accordo con quanto riportato in letteratura (2-4, 17).
È riconosciuto il rapporto di questi disturbi con le attività di movimentazione dei pazienti (18, 19).
Nella nostra esperienza, contrariamente alle attese, i disturbi muscoloscheletrici non risultano correlati con l’esposizione al rischio di movimentazione dei pazienti, o almeno
con la stima di tale rischio che deriva dal documento di valutazione dei rischi professionali redatto a cura del datore di
lavoro. Ciò potrebbe indicare una erronea attribuzione delle
classi di rischio, derivante dalla mobilità interna dei lavoratori tra mansioni a maggiore o minore rischio, e ancora di più
dalla imprevedibilità degli sforzi fisici, che variano nel tempo in funzione delle condizione di salute degli assistiti.
È segnalata da tempo una associazione dei disturbi muscoloscheletrici con condizioni di stress da lavoro e, più in
generale, con la percezione psicosociale dell’ambiente di lavoro (20). Tanto la discrepanza tra le richieste del lavoro e le
risorse individuali, quanto la mancata congruenza tra i valori dell’individuo e quelli dell’organizzazione possono danneggiare la salute degli operatori (21). Le cooperative socia-
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li potrebbero rappresentare un ambiente lavorativo più sano
di quello delle strutture ospedaliere, nonostante l’elevato
grado di precarietà del lavoro cooperativo, proprio per la peculiarità socio-culturale del modello, caratterizzato da elevata aggregazione sociale e bassa costrittività (22).
Nel nostro caso si osserva una associazione dei disturbi
con lo strain lavorativo, e particolarmente con la percezione
del carico lavorativo, ma anche con variabili quali l’ansia e la
depressione, che potrebbero rappresentare sia caratteristiche
individuali, che conseguenze di un prolungato stato di stress.
È stato osservato che l’autovalutazione delle caratteristiche psicosociali dell’ambiente di lavoro può essere influenzata dalle caratteristiche individuali del lavoratore intervistato (23). D’altro canto, le sfavorevoli condizioni
dell’ambiente di lavoro (24) e l’aumentato carico di lavoro con ridotto controllo sul lavoro e ridotto sostegno sociale (25, 26) possono originare condizioni di ansia e depressione. Tra lavoro e stato psicofisico del soggetto esiste
quindi una stretta relazione, che gli studi a carattere trasversale, come questo, possono confermare, ma del quale
non possono determinare la direzionalità.
Il tema è evidentemente molto complesso e non ancora chiarito da indagini longitudinali. Tenendo conto di ciò,
il medico incaricato della sorveglianza sanitaria dei lavoratori deve puntare alla realizzazione di programmi di prevenzione dei disturbi muscolo-scheletrico multi-livello
(27-30), che integrino, in un’ottica partecipativa, gli interventi educativi, ambientali, strutturali, meccanici ed organizzativi. Solo questo impegno su più livelli sembra oggi
proporzionato ad un problema di così vaste dimensioni.
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Richiesta estratti: Nicola Magnavita, Istituto di Medicina del Lavoro, Università Cattolica del Sacro Cuore, Largo Gemelli 8, 00168
Roma, Italy - Tel. 3473300367, Fax 0661909399 - E-mail: [email protected]; [email protected]