ha pronunciato la presente sul ricorso R.G. n. 807

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N. 00533/2014 REG.PROV.COLL.
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R E P U B B L I C A
I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso R.G. n. 807 del 2012, proposto da: Giovanni Fazio, Carolina
Fazio, Luigi Fazio, Maria Caterina Fazio, Francesco Maria Fazio, Flavia
Martinelli, Massimo Martinelli, Carla D'Ajello e Nicoletta Salerno,
rappresentati e difesi dagli avv.ti Alfonso Guaragna, Ettore Notti, Arturo
Valente, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giuseppe
Spadafora, in Catanzaro, via XX Settembre, n. 63;
contro
Comune di Scalea, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e
difeso dall'avv. Saverio Rocco Cetraro, con domicilio eletto presso lo
studio dello stesso, in Diamante, Galleria San Biagio, n. 101;
per ottenere
-la declaratoria di illegittimità ed illiceità dell’occupazione del terreno di
cui in narrativa da parte del Comune di Scalea;
-la condanna del Comune di Scalea, in persona del Sindaco pro-tempore,
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al risarcimento di tutti i danni subiti e subendi dagli attori per
l’illegittima occupazione del terreno in questione, derivanti dalla perdita
del diritto di proprietà.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Scalea;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, alla pubblica udienza del giorno 7 marzo 2014, il cons.
Concetta Anastasi e uditi per le parti i difensori come specificato nel
verbale;
Rilevato in fatto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con atto notificato in data 17.7.2012 e depositato in data 27.7.2012, i
ricorrenti premettevano di agire nelle qualità di proprietari del terreno,
sito in località “La Bruca” del Comune di Scalea, dell’estensione di mq.
426.652, interessato dalla procedura ablativa, avviata con Deliberazione
di G.C. n. 253 del 11.10.2001, recante l’approvazione del progetto
esecutivo relativo all’intervento “infrastrutturale Avio superficie di
Scalea – Sistema integrato delle infrastrutture di supporto alle attività
produttive”, per un importo complessivo di lire 24.735.361.724.
Esponevano che detto provvedimento, equivalente a dichiarazione di
pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dell’opera, prevedeva, ai sensi
dell’art. 13 della legge n. 2359/1865, i seguenti termini: a) inizio dei
lavori entro 3 (tre) anni dalla data di esecutività della deliberazione
medesima; b) termine dei lavori entro 5 (cinque) anni; c) inizio delle
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espropriazioni entro 1 (uno) anno dalla data di esecutività della
deliberazione; d) termine delle espropriazioni entro 5 (cinque) anni dalla
data di esecutività della deliberazione.
Precisavano che, successivamente, il Comune di Scalea emanava il
Decreto di Occupazione e di Urgenza del 23.10.2001 e procedeva
all’immissione in possesso degli immobili, come attestato dai verbali del
29 e 30.11.2001 e 1.12.2001.
Evidenziavano che, nonostante i lavori fossero stati ultimati entro il
termine prestabilito, il conclusivo Decreto di Esproprio veniva emanato
tardivamente, con nota prot. n. 01/ESP/10 del 10.3.2010, notificata il
19.3.2010.
Precisavano che, avverso detto Decreto di Esproprio, avevano proposto,
presso questo Tribunale, il ricorso R.G. n. 480 del 2010.
Concludevano per l’accoglimento del ricorso, con vittoria di spese.
Con memoria depositata in data 16/04/13, si costituiva il Comune di
Scalea per resistere al presente ricorso ed evidenziava che, in relazione
alla presente vicenda contenziosa, era intervenuta anche la sentenza di
questo Tribunale n. 600 del 03/05/2011, resa sul ricorso R.G. n. 823 del
2008.
Evidenziava che, non essendo stato raggiunto un accordo a seguito della
sentenza di questo TAR n. 600 del 2011, era intervenuta la perizia di
stima da parte dell’ing. Francesca Salvo del Dipartimento di
Pianificazione Territoriale della Facoltà di Ingegneria dell’Unviersità
degli Studi della Calabria, incaricata con Decreto n. 3793613,4 Gab. del
29.9.2011 del Prefetto di Cosenza, su richiesta del Comune di Scalea.
Con nota depositata in data 15/10/13, il Comune di Scalea produceva la
sentenza di questa Sezione n. 670 del 14.6.2013, resa sul ricorso R.G. n.
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480 del 2010.
Con memoria depositata in data 31/10/13, i ricorrenti insistevano nelle
già prese conclusioni.
Questa Sezione, con OCI n. 1214 del 22/11/13, per ragioni di
concentrazione del giudizio e di economia processuale, disponeva il
deposito della precitata relazione, che veniva effettuato dal Comune di
Scalea in data 16/01/14.
Nessuna delle parti sollevava contestazione al riguardo.
Alla pubblica udienza del giorno 7 marzo 2014, il ricorso passava in
decisione.
DIRITTO
1. I ricorrenti chiedono il risarcimento di tutti i danni subiti e subendi per
l’illegittima occupazione del terreno, esteso per mq. 426.652, sito in
località “La Bruca” del Comune di Scalea, interessato dalla procedura
ablativa, avviata con Deliberazione di G.C. n. 253 del 11.10.2001,
recante
l’approvazione
del
progetto
esecutivo,
equivalente
a
dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dell’opera, in
relazione all’intervento “infrastrutturale Avio superficie di Scalea –
Sistema integrato delle infrastrutture di supporto alle attività
produttive”, per un importo complessivo di lire 24.735.361.724.
Come risulta dalla parte in fatto, nelle more del giudizio, è intervenuta la
sentenza di questa Sezione n. 670 del 14.6.2013, resa sul ricorso R.G. n.
480 del 2010, che ha disposto l’annullamento del decreto di esproprio
prot. n. 01/ESP/10 del 10.3.2010, notificato il 19.3.2010, in quanto
“assunto ben oltre la scadenza del termine finale della procedura
espropriativa (che non risulta essere stato prorogato) indicato nella
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deliberazione n. 352/2001”.
Risulta altresì che, in relazione alla medesima vicenda contenziosa, è
intervenuta la sentenza di questa Sezione n. 600 del 03/05/2011, resa sul
ricorso R.G. n. 823 del 2008., che ha: a) dichiarato inammissibile, per
difetto di giurisdizione del G. A., la domanda per il riconoscimento
dell'indennità da occupazione legittima del bene; b) rigettato la domanda
risarcitoria per la perdita del diritto di proprietà, previo accertamento
dell’irreversibile trasformazione del bene e conseguente ablazione; c)
rigettato la domanda risarcitoria per rimozione di strutture, precedente
progettazione e danno morale; d) rigettato la domanda risarcitoria per
deprezzamento di aree limitrofe; e) accolto la domanda risarcitoria per
privazione del godimento del bene nel periodo di illecita occupazione e,
per l'effetto, condannato il Comune di Scalea al risarcimento del danno,
assegnando il termine di novanta giorni dalla notificazione o
comunicazione della sentenza, per a corresponsione di una somma
determinata secondo i criteri ivi indicati.
Non risulta che avverso dette sentenze sia stato interposto gravame da
alcuna delle parti, per cui il comando giurisdizionale in esse contenuto
ha oramai assunto l’autorità della res iudicata.
2. L’art. 13, comma 6, del D.P.R. 8.6.2001 n. 327 contempla la sanzione
dell'inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità, nel caso di omessa
emanazione del decreto di esproprio entro il termine di cinque anni dalla
data in cui è diventato efficace l'atto che aveva dichiarato la pubblica
utilità dell'opera, con ciò confermando, sostanzialmente, il quadro
normativo risalente all’art.13, 3° comma, della Legge 25 giugno 1865 n.
2359, in relazione all'inutile spirare del termine entro cui deve compiersi
l'espropriazione ed al venir meno del potere dell'Amministrazione nel
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caso di inosservanza di tale necessario presupposto.
Il comportamento tenuto dalla Amministrazione, la quale abbia emanato
una valida dichiarazione di pubblica utilità ed un legittimo decreto di
occupazione d'urgenza, senza tuttavia emanare il provvedimento
definitivo di esproprio nei termini previsti dalla legge, va qualificato alla
stregua di un "illecito permanente", nella cui vigenza non decorre la
prescrizione, mancando l’effetto traslativo della proprietà.
Sussiste la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi
dell’art. 133, comma 1, lett. f), cpa (“Allegato 1” del D. Lgs. 2 luglio
2010 n. 104) in relazione alle controversie inerenti un comportamento
dell'Amministrazione riconducibile all'esercizio del pubblico potere che
si sia manifestato per il tramite della dichiarazione di pubblica utilità,
della quale non risulta dimostrata la perdita d'efficacia, nonché nelle
controversie aventi ad oggetto atti, provvedimenti e comportamenti della
P.A. in materia di espropriazioni per pubblica utilità di cui alla
successiva lett.g) del citato art. 133, ferma restando la giurisdizione del
giudice ordinario per la domanda relativa all'indennità di occupazione
legittima, ai sensi dell’art. 53 ai sensi dell'art. 53 comma 2, del D.P.R. n.
327 del 2001, senza che l'eventuale connessione tra tale domanda e
quella di risarcimento del danno possa giustificare l'attribuzione di
entrambe le domande allo stesso giudice (conf.: Cons. Stato, Sez. IV, 4
febbraio 2011 n.804).
Secondo la Convenzione Europea e, in particolare, secondo l'art. 1 del
Protocollo Addizionale n. 1, la realizzazione dell'opera pubblica non può
determinare un effetto preclusivo rispetto alla restituzione dell'area
illegittimamente espropriata, indipendentemente dalle modalità occupazione acquisitiva od usurpativa - di acquisizione del terreno, in
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quanto un comportamento illecito o illegittimo non può essere posto a
base dell'acquisto di un diritto, per cui la cosiddetta “accessione
invertita” - intesa come preminenza del diritto sul fatto- va ritenuta in
contrasto con il principio di legalità e la realizzazione dell'opera pubblica
non costituisce di per se impedimento alla restituzione dell'area
illegittimamente espropriata (conf.: Corte Europea dei Diritti dell'Uomo,
sent. 30 maggio 2000, n. 24638/94, Carbonara e Ventura, e sent. 30
maggio 2000, n. 31524/96, Società Belvedere Alberghiera).
Ne deriva che l'illecita occupazione, e, quindi, il fatto lesivo,
permangono fino al momento della realizzazione di una delle fattispecie
legalmente idonee all'acquisto della proprietà, a prescindere dal fatto che
ciò possa aver luogo in via consensuale oppure in via autoritativa.
Conseguentemente, il proprietario del fondo occupato dalla P.A.,
ottenuta la declaratoria d'illegittimità dell'occupazione e l'annullamento
dei relativi provvedimenti, può legittimamente domandare nel giudizio
di ottemperanza sia il risarcimento, sia la restituzione del fondo con la
sua riduzione in pristino (ex plurimis: Cons. Stato, n. 4650 del 2012 e n.
5844 del 2011).
Pertanto, sussiste l’obbligo primario di procedere alla restituzione della
proprietà illegittimamente detenuta in capo alla P.A, la quale può anche
optare per la (legittima) apprensione del bene, avvalendosi di uno dei
due strumenti tipici, ossia il contratto, tramite l'acquisizione del consenso
della controparte.
In particolare, la P.A. può ricorrere al procedimento espropriativo
semplificato, già previsto dall'art. 43 del D.P.R. 8.6.2001, n. 327 ("Testo
unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di
espropriazione per pubblica utilità") ed attualmente disciplinato dall'art.
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42-bis dello stesso testo, come introdotto dall'articolo 34, comma 1, del
D.L. 6 luglio 2011, n. 98 ("Disposizioni urgenti per la stabilizzazione
finanziaria"), convertito in legge 15 luglio 2011, n. 111, intervenuto a
seguito della sentenza Corte Cost. 8.10.2010 n.293, il quale prevede che
" Valutati gli interessi in conflitto, l'autorità che utilizza un bene
immobile per scopi di interesse pubblico, modificato in assenza di un
valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della
pubblica
utilità,
può
disporre
che
esso
sia
acquisito,
non
retroattivamente, al suo patrimonio indisponibile e che al proprietario
sia corrisposto un indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e non
patrimoniale, quest'ultimo forfettariamente liquidato nella misura del
dieci per cento del valore venale del bene" (1° comma), e che "Salvi i
casi in cui la legge disponga altrimenti, l'indennizzo per il pregiudizio
patrimoniale di cui al comma 1 è determinato in misura corrispondente
al valore venale del bene utilizzato per scopi di pubblica utilità e, se
l'occupazione riguarda un terreno edificabile, sulla base delle
disposizioni dell'articolo 37, commi 3, 4, 5, 6 e 7. Per il periodo di
occupazione senza titolo è computato a titolo risarcitorio, se dagli atti
del procedimento non risulta la prova di una diversa entità del danno,
l'interesse del cinque per cento annuo sul valore determinato ai sensi del
presente comma" (3 comma).
3. Nel caso di specie, i ricorrenti chiedono il risarcimento del danno, con
ciò significando di voler rinunciare alla tutela restitutoria (conf.:
Cass.Civ. Sez. I, 19 ottobre 2011, n. 21639).
Pertanto, l'Amministrazione ha l'obbligo di attivarsi al fine di adeguare la
situazione di fatto a quella di diritto, mediante il ricorso ad un formale
atto di acquisizione, anche perché la rimozione dell’opera realizzata
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risulterebbe molto gravosa e, certamente, in contrasto con gli interessi
pubblici perseguiti con la Delibera di C.C.n. 253 del 11.10.2001, inerente
la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dei lavori
(conf.: Cons. Stato, Sez. VI, 31 ottobre 2011 n. 5813).
Orbene, risulta che il terreno di proprietà dei ricorrenti è stato occupato
in via di urgenza con il Decreto prot. n. 01/ESP/10 del 10.3.2010,
notificato il 19.3.2010, seguito dall’immissione in possesso degli
immobili, come attestato dai verbali del 29 e 30.11.2001 e 1.12.2001.
Risulta che il decreto di esproprio prot. n. 01/ESP/10 del 10.3.2010 è
stato rimosso ex tunc dal mondo giuridico con la sentenza di questa
Sezione n. 670 del 14.6.2013, resa sul ricorso R.G. n. 480 del 2010, in
quanto “assunto ben oltre la scadenza del termine finale della procedura
espropriativa (che non risulta essere stato prorogato) indicato nella
deliberazione n. 352/2001”.
Non risulta che, nella specie, sia intervenuto, alcun accordo fra le parti
per la cessione volontaria della proprietà del fondo, né risulta che vi sia
stato un atto di acquisizione del fondo stesso, a seguito della sentenza di
questa Sezione n. 600 del 03/05/2011, resa sul ricorso R.G. n. 823 del
2008.
Pertanto, la domanda risarcitoria appare suscettibile di favorevole
delibazione.
Il danno risarcibile è conseguente ad un illecito permanente, che perdura
fino e per tutto il tempo in cui si protrae l'occupazione illegittima,
sussiste fino al momento in cui l'Amministrazione non si attiverà con gli
strumenti previsti dall'ordinamento, al fine di rendere la situazione stessa
conforme a diritto con l'acquisizione del consenso di controparte,
mediante
contratto,
ovvero
con
l'adozione
del
provvedimento
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autoritativo, ai sensi dell’art. 42 bis del D.P.R. 8.6.2001 n. 327.
Per le quantificazioni, le parti faranno riferimento agli elementi accertati
dalla relazione peritale, depositata dal Comune di Scalea in data
16/01/14 - non contestata tra le parti – inerente la stima effettuata
dall’ing. Francesca Salvo del Dipartimento di Pianificazione Territoriale
della Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi della Calabria,
incaricata con Decreto n. 3793613,4 Gab. del 29.9.2011 del Prefetto di
Cosenza, su richiesta del Comune di Scalea, a seguito del mancato
accordo tra le parti, al fine di ottenere la “determinazione del valore
venale del terreno sulla cui base applicare gli interessi per la
liquidazione del danno da mancata fruizione”, secondo i criteri posti
dalla Sezione con sentenza n. 600 del 2011.
Sotto il profilo soggettivo, l'occupazione del bene, in assenza di titolo
idoneo, integra gli estremi di un comportamento colposo, per
consapevolezza della violazione della norma comportamentale di buon
andamento dell'azione amministrativa di cui all'art. 97 Cost. (ex
plurimis: Cons. Stato, Sez. IV, 3 ottobre 2012 n. 5189).
4. Ritiene il Collegio di poter fare applicazione, anche ai fini
dell’adozione di un formale atto di acquisizione, della disposizione di cui
all'art. 34 cpa ( conf.: Cons. Stato Sez. IV 16.3.2012 n. 1514) e, pertanto,
ordina al Comune di Scalea, in persona del Sindaco pro-tempore, di
provvedere, entro il termine di sei mesi - stante le notorie condizioni di
difficoltà in cui versa detto ente- decorrente dalla data di comunicazione
o di notificazione, se antecedente, della presente sentenza, a procedere
negozialmente all'acquisizione dell’area di proprietà dei ricorrenti,
interessata dalla costruzione dell’opera pubblica de qua, oppure ad
emanare un provvedimento di acquisizione ex art. 42-bis del D.P.R. n.
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327/2001, con effetto ex nunc, effettuando anche il doveroso
risarcimento del danno per l'occupazione illegittima, ai sensi dell’art. 42
bis, 3° comma, del D.P.R. 8.6.2001, n. 327, detratte le somme che parte
ricorrente potrebbe già eventualmente ricevuto.
Va, infine, precisato che, nel caso in cui dovesse permanere, oltre il
termine indicato, un contegno puramente inerte del Comune di Scalea cioè senza l'adozione di alcun atto autoritativo o negoziale- i ricorrenti
potranno chiedere l'esecuzione della presente sentenza, con l'adozione
delle misure consequenziali, rientrando nei poteri di questo Tribunale la
nomina di un eventuale commissario ad acta.
Alla regolazione delle spese processuali si provvede nel rispetto del
principio della soccombenza con rinvio per la loro liquidazione al
dispositivo.
Le spese per il perito sono poste a carico del Comune di Scalea, che
provvederà a liquidare la parcella, nel caso in cui non abbia già
provveduto.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione
Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe
proposto, lo accoglie nei sensi e nei termini di cui in motivazione.
Condanna il Comune di Scalea al pagamento delle spese di giudizio, che
liquida, complessivamente e forfettariamente, nella somma di €. 1500
(euro millecinquecento)
Pone interamente a carico del Comune di Scalea le spese per la relazione
peritale, nel caso in cui non abbia già provveduto.
Manda alla Segreteria per il seguito di competenza.
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Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del giorno 7 marzo
2014 con l'intervento dei magistrati:
Salvatore Schillaci, Presidente
Concetta Anastasi, Consigliere, Estensore
Giuseppina Alessandra Sidoti, Referendario
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 02/04/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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