Comferut, più didattica sui lineari

Intervista
di Giulia Arrigoni
Comferut, più
didattica sui lineari
Nata 50 anni fa, Comferut,
azienda di proprietà della
famiglia Piubelli, è specializzata nella produzione e commercializzazione di ferramenta e accessori per mobili.
Intervista a Simone Zinelli,
direttore vendite.
Simone Zinelli,
direttore vendite
Comferut.
’azienda, con sede a Cerea, in
provincia di Verona, oltre alla
sede di produzione e uffici, ha due
showroom: il primo, di 1000 mq,
sempre a Cerea e il secondo, di 900
mq, presso la filiale di Tezze sul
Brenta. Due vetrine che non si limitano a soddisfare la domanda di
professionisti e privati ma che funzionano come veri e propri laboratori per la sperimentazione di nuove tecniche di esposizione e visual
merchandising. Un aspetto, que-
L
st’ultimo, che si lega fortemente alla didattica, entrambi elementi distintivi della filosofia aziendale di
Comferut. L’intervista con Simone
Zinelli, direttore vendite, ha approfondito i progetti di prossima
realizzazione, la visione della distribuzione italiana e le prospettive per
il prossimo anno.
“Parte del nostro lavoro è in stretta
connessione con il mondo del mobile, un comparto, come può ben
immaginare in estrema difficoltà –
introduce Simone Zinelli -. Difficoltà che non sono date solo dalla
contingenza economica ma, in parte, anche da cause di natura strutturale: aziende troppo piccole, artigianali che, col tempo, si sono trovate
in difficoltà a seguire le tendenze
del momento e a pianificare le risorse. Ben inteso, piccoli imprenditori che lavoravano 12-15 ore al
giorno ma, proprio per questo, impossibilitati a guardarsi attorno e
accorgersi che le cose stavano rapidamente cambiando.
Accorgersi in tempo
per cambiare
Qual è il fenomeno che, a suo parere, ha fatto da spartiacque?
In generale il cambio di mentalità e,
come dire, dei “desideri”: oggi si
spendono 800 euro per uno
smartphone e si vorrebbe spendere
la stessa cifra per una cucina. Indubbiamente l’arrivo di Ikea ha dato una
grossa mano a questo cambiamento,
seguita dai diversi mercatoni che, in72
BricoMagazine
sieme, hanno soppiantato buona
parte degli acquisti che prima avvenivano presso i negozi specializzati.
Molte aziende non hanno capito in
tempo il cambiamento e hanno subito seri contraccolpi, con una forte
riduzione dei volumi.
E voi? Ve ne siete accorti?
Sì, di fatto 10-12 anni fa abbiamo
intuito il cambiamento che stava
avvenendo e abbiamo capito che
probabilmente il nostro prodotto, la
ferramenta e la minuteria per mobili, poteva trovare uno sbocco nella
distribuzione organizzata. Ovviamente il livello di attenzione rimane
alto, anche perché, in questo settore, nell’ambito tradizionale non si
vede nessuna start up e anche la
Gds è in contrazione. Sì, qualcuno
continua ad aprire, ma il segnale più
forte, in questo momento, è quello
meno. Certamente il passo è stato
valutato con grande attenzione. Abbiamo realizzato studi e ricerche per
lungo tempo, poiché le esigenze dei
due canali sono molto diverse, così
come l’organizzazione.
Con quale insegna vi siete misurati maggiormente?
Dopo un paio d’anni di “palestra”,
abbiamo iniziato a lavorare con
Leroy Merlin, probabilmente il
cliente più impegnativo con il quale stiamo lavorando.
In che senso impegnativo?
Nel senso che, nel contesto italiano, è un’insegna che ti “obbliga” a
migliorare positivamente il tuo
modo di lavorare e trattare con i
clienti. D’altro canto i tempi sono
strettissimi: ha dei volumi talmente elevati e processi talmente
evoluti che devi imparare bene e
velocemente. Ma se sei umile e
disponibile a capire come si lavora in quel mondo, è un’organizzazione che ti fa crescere enormemente. Se avessimo iniziato con
insegne più piccole oggi non saremmo così organizzati.
Come dire... una terapia d’urto
con esiti positivi, guardandola in
prospettiva.
Assolutamente, con il senno di poi
posso confermarlo con grande forza.
Lavorare con la Gds
del bricolage
Ma quali sono le richieste di
un’insegna di queste proporzioni?
E quali differenze presenta – volumi a parte – rispetto a realtà distributive più contenute?
Il controllo qualità, il controllo della
supply chain, che potrebbe sembrare banale, ma non è così, in Italia.
Non ti consente di avere alibi, quelli
te li puoi permettere in piccola parte nel mercato tradizionale, perché
ci sono dei tempi che consentono il
recupero di eventuali errori, e perché il fattore umano è ancora molto
importante. Al contrario, nella
grande organizzazione non c’è spazio per l’umore personale. Ci sono
delle performance da raggiungere.
Però, noi italiani siamo ancora
molto abituati agli umori e ai rapporti personali. Trova che sia una
debolezza?
No, penso che il rapporto umano sia
un valore aggiunto, ma se alla base
c’è organizzazione. Lavorare per
creare empatia con i compratori non
deve essere un elemento preponderante ma, al massimo integrativo,
supplementare. Questa modalità,
per Comferut, è alla base del suo
modo di operare: una certa spersonalizzazione delle funzioni direttive
ma una grande organizzazione, alla
base. Al contrario, ritengo che, la
personalizzazione, vada ricercata nei
lineari. E qui potremmo dare il via
ad un altro argomento.
Approfitto... diamo il via!
La nostra filosofia è quella di essere meno presenti e pressanti con i
buyer, (non penso sia nemmeno
corretto andarli a trovare tutte le
settimane...) ma chiediamo molto
in fase di esposizione del prodotto.
Chiediamo una sempre maggiore
didattica sul lineare, indispensabile
per i nostri prodotti tecnici; investiamo circa 500 mila euro l’anno
per queste attività che non sono
specificamente legate al prodotto,
ma che comprendono il servizio di
merchandising e tutte le leve di visual che aiutano il cliente nella
scelta. La nostra è principalmente
una vendita di sostituzione e noi
abbiamo capito che il servizio migliore che possiamo dare ai clienti
finali è renderli sicuri nell’acquisto.
Siete presenti in tutte le insegne
del bricolage?
No, attualmente abbiamo una copertura intorno al 40%, in termini
di presenza sui punti vendita, del
35% come numero di presenze sui
lineari e 45% in termini di quote
espresse in potenzialità delle catene - considerando che non siamo
presenti in tutti i punti vendita di
un’insegna - o in aspettativa rispetto alla resa totale di un singolo
punto vendita.
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BricoMagazine 73
Intervista
…e con il tradizionale
(ferramenta)
Qual è l’elemento principe che fa
la differenza tra le insegne, relativamente ai risultati di vendita dei
vostri prodotti?
Indubbiamente l’esposizione e, soprattutto, la didattica. Sul mercato
ci sono insegne che non hanno come mission quella di dedicare molto spazio a questo aspetto. In queste realtà, dovremmo comportarci
in modo completamente diverso,
puntando soprattutto sulla competitività nel prezzo.
Quanto rappresenta la Gds per il
vostro fatturato?
Noi abbiamo cominciato a lavorare
con la grande distribuzione 8 anni fa
e oggi questo canale rappresenta il
40% del fatturato di Comferut.
Voi lavorate anche con il canale
tradizionale, ovvero la ferramenta?
Certo, noi lavoriamo con tre canali: il produttore di mobili, inteso
come artigiano e media industria,
la Gds del bricolage – in Italia e all’estero - e la ferramenta, sia con
prodotto confezionato sia con forniture più adatte al consumo industriale. Anche il canale ferramenta
sta finalmente realizzando che la
sua sopravvivenza è legata all’ammodernamento dei negozi e all’evoluzione dell’offerta. Sinceramente è un processo che io stimavo essere più veloce; al contrario, devo
constatare che è lentissimo, sia per
il momento economico sia per motivi culturali. Servirà del tempo,
prima di arrivare ad una quota significativa di aziende che si sono
realmente ammodernate.
Eppure la rete della moderna distribuzione del bricolage è in contrazione, con molti operatori che
tornano ad essere indipendenti, seconda motivazione, dopo le chiusure. Che ne pensa a proposito?
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BricoMagazine
Alla base deve esserci insoddisfazione per i servizi
ricevuti dalle organizzazioni, tuttavia sarebbe limitante ridurre
tutto a questa sola
motivazione. Forse, l’aspettativa di
alcuni imprenditori non è molto
centrata, oppure
alcuni sono convinti di fare meglio da soli – pensiero comune a
molti - risparmiando i costi di appartenenza ad
un’organizzazione
commerciale,
franchising o consorzio che sia. Ma,
è in grado l’imprenditore, da solo, di
far fronte? Chi è posizionato in un
bacino di utenza importante probabilmente ce la può fare, ma gli altri
devono obbligatoriamente fare
massa critica, mettendosi insieme
ad altri piccoli commercianti. Altrimenti diventa impossibile far fronte
ad un conto economico che, oggi, è
molto impegnativo. Ma, su questo
punto, li sento ancora culturalmente
molto lontani.
Mi sembra di capire che voi credete molto nelle forme aggregative...
Sì, indubbiamente. E il riferimento
non va solo alla distribuzione ma
anche alla produzione, che in Italia
è, come sappiamo, fin troppo contraddistinta da piccole realtà familiari che non sono culturalmente
pronte a fare quella “massa critica”
necessaria alla sopravvivenza. In
questo senso Comferut ha aderito al
consorzio Made4DIY, perché qualsiasi forma aggregativa, che abbia
dei presupposti positivi, è interessante da seguire. Personalmente, auspico l’arrivo di altri gruppi stranieri
di distribuzione, perchè credo che
possano servire da ulteriore stimolo
o, magari, da polo aggregativo. Certamente sarebbe interessante se arrivasse una realtà che fa affiliazione.
Il futuro prossimo
di Comferut
Torniamo alla produzione e parliamo di Comferut. Proprio in questo
periodo è uscito il nuovo catalogo.
Sì, è molto recente. L’azienda ha un
reparto Ricerca&Sviluppo molto
propositivo sia in termini di referenze e che di progetti. Si tratta di un
investimento importante ma necessario, rivolto ad artigiani, industrie e
grossisti. Oltre 9.000 referenze a
stock, che evidenziano la profonda
specializzazione che caratterizza l’azienda.
Nell’era di internet è ancora necessario avere un catalogo cartaceo?
È assolutamente necessario avere un
catalogo cartaceo ed è assolutamente necessario essere preparati per
avere un ulteriore “place” sul mercato, quale è il web. Non nascondiamoci, Amazon è arrivata ed è stata
molto chiara sul futuro che ci aspetta. Certamente noi vendiamo arti-
coli di minuteria, articoli che non
vivono d’impulso e che soddisfano
esigenze specifiche. Ma noi, il web,
abbiamo deciso di usarlo e così, ogni
nuova referenza in vendita, viene inserita anche nel nostro sito, con aggiornamenti quotidiani. Ora stiamo
lavorando per la creazione di un carrello, quindi sull’e-commerce. Saremo pronti per fine 2015. Il nostro è
un prodotto tecnico, la cui vendita
online potrebbe avere come sbocco
principale il canale professionale e la
distribuzione.
Parliamo di confronto con i mercati esteri?
Attualmente, il 20% dei nostri prodotti va all’estero, ed è una quota in
crescita. Esportiamo in tutto il
mondo e abbiamo distributori in 33
diversi Paesi. La penetrazione maggiore viene raggiunta in Europa, ad
Est e in Russia. Finora abbiamo lavorato sostanzialmente con l’industria, avvalendoci di grossisti, ma ora
stiamo lavorando ad un progetto
importante per l’inserimento nella
Gdo dei mercati scandinavi, ma anche in Romania e Germania.
È l’obiettivo per il 2015?
In parte direi di sì. Lavoreremo per
aumentare la nostra presenza sui
lineari della Gds italiana e la sua
fidelizzazione e, nel contempo, per
ampliare i mercati esteri. Abbiamo
svolto una ricerca di mercato, andando ad individuare aziende con
40-50 punti vendita, in Svezia,
Danimarca, Germania e Austria.
Catene di medie dimensioni, cui
tendiamo per avere maggiori possibilità d’ingresso.
Ci sono delle differenze importanti nell’approccio con la distribuzione estera rispetto a quella
italiana?
Nel comparto della ferramenta per
il mobile, non c’è una grande specializzazione, ma presenza di articoli generici e scarsa attenzione alla didattica. Forse perché gli acquirenti sono più evoluti e hanno meno bisogno di essere seguiti; tuttavia noi vorremmo esportare il nostro modo di vendere ed essere vicini al cliente finale, proponendo il
nostro concetto di merchandising.
Uno dei punti deboli che vedo nelle proposte all’estero, potrebbe diventare un nostro punto di forza.
E in Italia è ormai un servizio
“consolidato”?
Sì, lo inseriamo nel “pacchetto”,
anche perché i nostri espositori/lineari sono molto complessi e nel
personale di vendita c’è un turn
over piuttosto elevato. E, dato che
il nostro è un prodotto che va spie-
gato, prodotto e allestimento sono
diventati un tutt’uno.
Novità in quest’ambito?
Nel 2015 presenteremo un nuovo lineare, risultato di uno studio che
stiamo ultimando con la collaborazione di alcuni istituti tecnici. Abbiamo coinvolto il mondo della
scuola, perché vorremmo creare un
lineare completamente diverso,
comprensivo di un banco ancora più
orientato alla didattica, all’istruzione
e con un’interattività intuitiva molto
spinta, facendo uso di nuove tecnologie. L’idea di base è che il cliente
possa individuare facilmente ciò di
cui ha bisogno, risparmiando tempo.
Un secondo progetto è relativo all’esposizione per destinazione d’uso,
creando ambienti in cui poter trovare facilmente ciò che si cerca. Ci
stiamo lavorando e devo dire che
sarà una vera novità per questo genere di prodotti.
La didattica, un tratto distintivo
dell’azienda?
Indubbiamente. E’ chiaro che, nel
comparto dove operiamo, la concorrenza c’è, tuttavia, ha fatto scelte differenti. Ha deciso di ampliare il range dei prodotti, mentre noi abbiamo
preferito rimanere concentrati sulla
specializzazione, ponendo l’accento
sugli aspetti divulgativi. ■
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