Con la mia gamba ho camminato per mezzo mondo

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IL MAGAZINE PER LA DISABILITÀ / OTTOBRE 2014 / NUMERO 10
SIBLINGS
Silenzio, la parola
ai fratelli
DOPO L’INFORTUNIO
ROBERTO BRUZZONE
E Nicola tornò a fare
il taglialegna
Con la mia gamba
ho camminato per mezzo mondo
EDITORIALE
di Giovanni Paura
Direttore Centrale Prestazioni Sanitarie e Reinserimento, Inail
Il Papa e lo sport paralimpico:
appuntamento in Vaticano
«L
a persona malata o disabile, proprio a partire dalla
sua fragilità, dal suo limite, può diventare testimone dell’incontro [...]. In effetti, solo chi riconosce la
propria fragilità, il proprio limite può costruire relazioni fraterne e solidali». A pronunciare queste parole, il 29 marzo
scorso, è stato Papa Francesco. Ricevendo in udienza nell’Aula Paolo VI circa 8mila persone con disabilità sensoriali, il
Pontefice ne aveva sottolineato il ruolo e il protagonismo in
ambito sociale. Ma questa è stata solo una delle circostanze in cui Bergoglio ha rimarcato la sua attenzione nei confronti delle persone con disabilità, sempre al centro dei suoi
gesti e della sua sollecitudine. Il 4 e 5 ottobre molti assistiti Inail avranno l’occasione di sperimentarlo direttamente durante l’evento “Believe to be alive” (Believetobealive.com), organizzato dal Comitato italiano paralimpico con il supporto
dell’Istituto: nel giorno di San Francesco il Papa riceverà migliaia di atleti paralimpici e i loro accompagnatori nell’Aula Paolo VI. E domenica 5 via della Conciliazione, nel cuore di Roma, si trasformerà in una grande palestra Il 4 e 5 ottobre il mondo
a cielo aperto, dove tutto il mondo potrà vedere “assaggi” delle discipline
paralimpico incontrerà Papa
paralimpiche praticate da centinaia di persone disabili in aree sportive appositamente allestite per l’occasione. La manifestazione si concluderà con Francesco, sempre attento alle
l’Angelus in piazza San Pietro e le giornate verranno seguite passo dopo persone disabili. Che saranno
passo da Rai Sport.
accolte nel cuore della capitale
L’Inail ha sempre creduto allo sport come fattore strategico d’inclusione sociale degli infortunati e degli assistiti: un valore che accomuna creden-
ti e non credenti. Perché gli ideali paralimpici sono impregnati di etica e l’Istituto
vi aderisce convintamente. Anche per questo nella serata del 3 ottobre – durante la prima edizione dell’Italian Paralympic Awards, presso l’Hotel Hilton di Roma – il presidente Massimo De Felice e il portale Superabile.it saranno destinatari
di riconoscimenti per lo straordinario impegno profuso, in questi anni, a favore
del paralimpismo italiano, creandone i presupposti della stessa nascita. Verranno
consegnati premi anche ad altre istituzioni e personalità che, in vari campi della
società, hanno contribuito alla crescita e allo sviluppo del movimento paralimpico italiano.
L’auspicio è che questo evento non resti isolato. La eco mediatica che sicuramente accompagnerà queste giornate non può e non deve esaurirsi quando i
riflettori si spegneranno e le attrezzature sportive in via della Conciliazione verranno smontate. Perché lo sport paralimpico continui a crescere e a generare partecipazione, adesione, ritorno alla quotidianità dopo un infortunio.
SuperAbile INAIL
3 Ottobre 2014
NUMERO dieci Ottobre 2014
EDITORIALE
3 Il Papa e lo sport paralimpico:
appuntamento in Vaticano
di Giovanni Paura
ACCADE CHE...
5 “Cucin...Abile”, se il riscatto
parte dai fornelli
7 Inail e Anmil insieme per
la Giornata delle vittime
degli incidenti sul lavoro
L’INCHIESTA
sotto la lente
18 Il boscaiolo che decise
di tornare in montagna
di A.P.
CRONACHE ITALIANE
20 Una casa per l’autismo
di M.T.
PORTFOLIO
22 Atleti che non si arrendono
SPoRT
medaglie sui biker
8 Mio fratello è disabile. E la cosa 26 Piovono
paralimpici
mi riguarda
di Antonella Patete
di Stefano Caredda
tempo libero
INSUPERABILI
28 Alla scoperta della Torino
16 Giro il mondo, gamba in spalla
Intervista a Roberto Bruzzone
di Michela Trigari
SuperAbile Magazine
Anno III - numero dieci, ottobre 2014
Direttore: Giovanni Paura
che non ti aspetti
di Antonio Storto
In redazione: Antonella Patete, Laura
Badaracchi e Diego Marsicano
Direttore responsabile: Stefano Trasatti
Hanno collaborato: Stefano Caredda,
Chiara Ludovisi, Laura Pasotti, Antonio
Storto, Michela Trigari di Redattore
Sociale; Franco Bomprezzi; Erica Battaglia,
Antonello Giovarruscio, Rosanna Giovèdi,
Gabriela Maucci del Consorzio sociale Coin;
Ilaria Cannella, Francesca Iardino, Monica
Livella, Monica Marini, Mariella Pedroli
dell’Inail
CULTURA
30 Non aver paura del dolore.
Anche da adolescenti
di Laura Badaracchi
31 Raccontarsi è una terapia
di L.B.
34 Fuori Posto, dal palco alla piazza
di A.P.
35 La danza inclusiva di Maria
di L.B.
RUBRICHE
36 Inail... per saperne di più
Dopo l’auto-mutuo aiuto, nasce
l’associazione Fly Handbike
37 Previdenza
Reversibilità e università:
nessun diritto negato
38 Mobilità
Decreto semplificazione. Ecco
cosa cambia
39 L’esperto risponde
Patente, Scuola
Editore: Istituto Nazionale
per l’Assicurazione contro gli Infortuni
sul Lavoro
Redazione: Superabile Magazine
c/o agenzia di stampa Redattore Sociale
Piazza Cavour 17 - 00193 Roma
E-mail: [email protected]
Stampa: Tipografia Inail
Via Boncompagni 41 - 20139 Milano
Autorizzazione del Tribunale di Roma
numero 45 del 13/2/2012
Progetto grafico: Giulio Sansonetti
SuperAbile INAIL
4 Ottobre 2014
PINZILLACCHERE
40 Dr. Jekyll e Mr. Hyde
Mattanze “inevitabili”
di Franco Bomprezzi
Che impresa
La Bottega informatica
di M.T.
Moda utile
Thando Hopa, una modella
albina contro la superstizione
di M.T.
41Scavi
Ha oltre 1.500 anni il più antico
caso di sindrome di Down
di M.T.
Tendenze
Carolina, insegnante brasiliana
senza braccia, spopola sul web
di L.B.
42 Fai da te
Lo Hobbit in simboli: la sfida di
un papà
di M.T.
Un ringraziamento, per averci
gentilmente concesso l’uso delle foto, a
Fabio Moscatelli (pagg. 4, 8-15), Claudio
Correzzola (pagg. 4, 18-19), Stefano Pini
(pagg. 16-17), Michela Trigari (pagg.
20-21), Paolo Genovesi (pagg. 22-25),
Salvatore Aiello (pag. 28), Ivan Delabio e
Fernanda Zanetti (pag. 41).
In copertina: Roberto Bruzzone mentre
attraversa il deserto del Namib, in
Namibia. Foto di Stefano Pini
ACCADE CHE...
mondo inail
“Cucin...Abile”, se il riscatto parte dai fornelli
Q
uando l’integrazione
avviene tra pentole
e tegami. Si chiama
“Cucin...Abile”, il progetto
messo in campo dalla
Direzione regionale Inail
dell’Umbria e destinato
a una ventina di assistiti (divenuti disabili in
seguito a un infortunio
sul lavoro). L’obiettivo?
Favorire i rapporti sociali
e valorizzare le abilità
residue attraverso un
laboratorio di cucina.
Magari scoprendo un
talento ai fornelli che
non si sapeva di possedere. Dopo la prima
edizione, conclusasi a
giugno presso il “polo di
Perugia” – sedici lezioni
in cui i dieci partecipanti
provenienti dal nord
della regione si sono
sperimentati sulle principali specialità locali e
nazionali di pizze e primi
piatti –, l’iniziativa ora
viene replicata presso il
“polo di Foligno” coinvolgendo un’altra decina
di assistiti Inail residenti
nel sud dell’Umbria, a cui
non resta che indossare il
grembiule. “Cucin...Abile”
è un progetto «capace di
agire contestualmente su
più livelli: integrazione e
socializzazione, sostegno
all’autonomia, sviluppo
delle potenzialità della
persona e reinserimento
lavorativo – commenta
Tullio Gualtieri, direttore
regionale Inail Umbria –.
Il tutto perfettamente
in linea con la mission
dell’Istituto e con il con-
cetto di tutela globale e
integrata caratterizzante
l’attuale Dna del Polo salute e sicurezza».
Soddisfatti anche i
partecipanti: «È stata
un’esperienza divertente,
positiva e costruttiva –
racconta Luca Donateo –.
Abbiamo imparato alcuni
trucchetti che rendono
più semplice cucinare e
che danno più estro ai
piatti». Inoltre, dopo il
corso, il gruppo rimaneva
a mangiare insieme. «Mi
sono trovata bene, tanto
che siamo diventati una
specie di famiglia – dice
Tiziana Dolci, l’unica
donna – e siamo ancora
in contatto. È stata proprio una bella iniziativa:
utile, interessante e da
cui ho imparato nuove
ricette».
Bologna
Cambia look Il nuovo faro, la rivista del disagio psichico
A
rriva un nuovo
look per la voce
del disagio psichico.
È Il nuovo faro, periodico realizzato
da persone seguite
dai Centri di salute
mentale di Bologna
e provincia. Nato nel
2006 per volontà di
un utente, grazie a un
progetto promosso
dalle associazioni Il
Ventaglio di Orav,
Diavoli Rossi, Spazio e
Amicizia e finanziato
dalla Fondazione del
Monte di Bologna e
Ravenna, ha rinnovato
la veste grafica senza
cambiare il contenuto:
riflessioni e poesie
di chi è seguito dal
servizio psichiatrico
adulti, testimonianze
dai gruppi di scrittura,
pensieri in libertà
(anche se ogni numero
è a tema). Dopo un
corso di grafica, alcuni
SuperAbile INAIL
5 Ottobre 2014
utenti hanno imparato
a impaginare la rivista.
Grazie al Dipartimento
di Salute mentale
dell’Ausl di Bologna,
la redazione riceve un
contributo economico
per il proprio lavoro.
Info: Ilfaroinsieme.
blogspot.it.
Ripartito il Fondo per
le non autosufficienze
2014. La quota
destinata a Regioni e
Province autonome è di
340 milioni di euro ed
è ripartita così: 60% in
base alla popolazione
di 75 anni o più, 40%
secondo i criteri del
Fondo per le politiche
sociali. Vincolo di
destinazione: 75 milioni
destinati ai disabili
gravissimi. Le risorse
saranno utilizzate
per assistenza,
domiciliarità, servizi
residenziali, inclusione
sociale e sostegno al
reddito.
ACCADE CHE...
In Francia 40mila
bambini con autismo
non vanno a scuola.
Il Consiglio d’Europa
ha emesso un monito
per «l’impegno
insufficiente dello
Stato», in violazione del
diritto all’educazione
e all’istruzione delle
persone disabili. Il
dossier era stato aperto
nel 2012; tra gli altri
dati: solo il 30% di chi
è autistico ha anche
deficit intellettivi e
ben il 90% di chi ha
tra i 16 e i 19 anni non
riceve alcuna forma di
sostegno per entrare nel
mondo del lavoro alla
fine degli studi.
Opg: ecco la nuova
legge. La Camera ha
convertito il decreto
52/2014 sulla chiusura
degli Ospedali
psichiatrici giudiziari.
Nella nuova norma
«sono i magistrati a
stabilire le alternative
all’internamento»,
spiega il
coordinamento
StopOpg, e si pone fine
agli “ergastoli bianchi”:
la proroga delle misura
di sicurezza non può
superare infatti la
durata della pena.
Regioni e Asl sono poi
obbligate a presentare
a breve i progetti per
dimettere i reclusi.
food
Alla Locanda alla Mano prosegue
il lavoro dei ragazzi Down
D
opo la riapertura
estiva, la “Locanda
alla Mano” di Milano
continuerà a servire
panini e caffè anche
per tutto il mese di
ottobre e fino a quando
il bel tempo lo consentirà. Qui, in piazza
del Cannone, dentro il
parco Sempione, a comporre i piatti, servire ai
tavoli e a rigovernare
ci sono sette ragazzi
Biella
Down (cinque sotto
contratto e due in tirocinio). Un’iniziativa nata
l Centro servizi per il volontariato (Csv) di Biella ha l’anno scorso in sinergia
pubblicato l’ultima di 15 video-newsletter in lingua con l’imprenditoria
privata e patrocinata
dei segni, dedicandola a “Una scuola, due lingue”
di Cossato. Un progetto che da una ventina d’anni
propone l’educazione bilingue (in italiano e Lis) per
i bambini sordi e udenti che frequentano la scuola
dell’infanzia e la primaria e, dall’anno scolastico
2002/2003 e in rete con la direzione didattica, anche
la secondaria di primo grado “Leonardo da Vinci”.
Nei video ci sono notizie, interviste e anche le
testimonianze dei due rappresentanti degli studenti
del liceo di Cossato, che illustrano l’impegno dei
loro compagni per raccogliere fondi a sostegno del
progetto e per sensibilizzare il territorio su questa
tematica. Come? Per esempio attraverso la pagina
Facebook “Yes, we Lis”. Tutti i video della newsletter
in Lis del Csv di Biella sono disponibili anche sul sito
Acsv.it/bi/.
Quindici video-newsletter in Lis:
l’ultima su una scuola bilingue
I
dall’amministrazione
comunale per via del
fatto che la sede è in un
parco pubblico.
Ad aver investito
in questo progetto è
stata Repower (società
che produce e vende
elettricità e gas), che
ha deciso di soddisfare
in questo modo gli
obblighi di legge di
inserimento lavorativo
delle persone con disabilità in azienda: in
pratica ha supportato
la start-up di una cooperativa sociale di tipo
B (Contè) per gestire il
punto di ristoro.
roma
Utopie urbane: auto elettriche a disposizione delle famiglie di autistici
P
ermettere a genitori
e figli con autismo di
circolare in città a bordo
di Smart elettriche di
ultima generazione,
parcheggiando gratuitamente sulle strisce blu:
è l’ultima scommessa di
Insettopia, community
SuperAbile INAIL
fondata dal giornalista
Gianluca Nicoletti, papà
di Tommy, per costruire
una città a misura di
ragazzi autistici come
il suo. «Ragazzi e genitori potranno disporre
dell’auto per tutta la
giornata, a un costo
6 Ottobre 2014
quasi simbolico», spiega.
Le vetture saranno
consegnate con un’autonomia di circa 150
chilometri, ma potranno
essere ricaricate presso
una delle 120 colonnine
installate in città.
[Chiara Ludovisi]
MOBILITÀ
Anglat.it: un social network per l’accessibilità dei trasporti
N
asce la piattaforma di social
network di Anglat, l’associazione che si batte per la
mobilità delle persone disabili.
La novità è il risultato del progetto “I diritti del passeggero
con disabilità nei sistemi di
trasporto”, realizzato grazie al
contributo del ministero del
Lavoro e delle politiche sociali.
La piattaforma, accessibile
a tutti dal portale Anglat.it,
rende interattivo l’approccio
al web da parte dell’utente,
il quale può passare dalla
semplice consultazione delle
informazioni alla possibilità di
contribuire e alimentare l’area
social con propri contenuti.
«Anglat.it – dicono i promotori
– è uno strumento pensato
per muoversi al meglio o per
denunciare situazioni che
ostacolano l’accessibilità, in un
dialogo continuo tra persone
disabili e non, territori, associazioni, enti e istituzioni».
l’evento
DATI
Inail e Anmil insieme per
la Giornata delle vittime
degli incidenti sul lavoro
In Italia 4 milioni di disabili.
E dopo la scuola, nulla
R
icorre il 12 ottobre la 64ª edizione
della Giornata nazionale
per le vittime degli incidenti
sul lavoro, promossa dall’Anmil
contemporaneamente in tutte le
province d’Italia, coinvolgendo circa
40mila persone. In questa occasione
i dirigenti territoriali delle Sedi Inail
consegneranno brevetti e distintivi
d’onore ai nuovi e ai grandi invalidi
del lavoro. Fulcro dell’evento, che
ha il patrocinio del presidente della
Repubblica, sarà la città di Firenze;
parteciperanno – fra gli altri – il
ministro del Lavoro e delle politiche
sociali Giuliano Poletti, il sindaco
Dario Nardella, i presidenti dell’Inail
Massimo De Felice e dell’Anmil Franco
Bettoni. Dopo la celebrazione alle 8.45
di una Messa per commemorare tutte
le vittime del lavoro nella chiesa di
Santa Maria Novella, alle 10 è prevista
la cerimonia civile nel Salone dei
Cinquecento di Palazzo Vecchio in
piazza della Signoria.
Seguirà la consegna degli attestati
di merito e dei distintivi d’onore ai
nuovi e ai grandi invalidi del lavoro e
la premiazione di alcune scolaresche
per un concorso promosso dall’Anmil
dedicato alla sicurezza sul lavoro.
TEMPO LIBERO
Co-piloti disabili in viaggio
U
n viaggio a bordo
di fuoristrada per
cinque infortunati
gravi da lavoro assistiti
dalle strutture Inail
della regione: si chiama
“Basilicata Land Off 4x4”
l’iniziativa promossa
dalla Direzione regio-
nale in collaborazione
con l’associazione
onlus Dinamica One di
Potenza e l’Azienda di
promozione turistica
regionale.
La carovana, formata
da otto fuoristrada e un
quad con un equipaggio
di 19 persone (tra cui
nove piloti normodotati
SuperAbile INAIL
S
arebbero 4,1 milioni,
secondo le stime
del Censis, i disabili
in Italia (pari al 6,7%
della popolazione).
La sindrome di Down
colpisce circa 48mila
individui, mentre le
persone con disturbi
dello spettro autistico
sono circa 500mila. I
dati sono contenuti nel
Diario della transizione.
Crescono gli alunni disabili nelle scuole (quasi
210mila quest’anno) e
anche gli insegnanti di
sostegno (oltre 110mila).
Ma i bambini Down e
autistici frequentano
soprattutto l’obbligo
formativo. Dopodiché
ha un lavoro solo il
31,4% delle persone
Down e il 10% di quelle
autistiche.
Gli adulti rimangono
in carico alle famiglie,
con sostegni
istituzionali limitati
(437 euro pro-capite
l’anno la spesa per le
prestazioni sociali). A
frequentare un centro
diurno, infatti, sono solo
il 33% delle persone
Down e il 50% di chi è
autistico. E più sale l’età
della persona disabile,
più diminuiscono le
speranze dei genitori di
vedere un “dopo di noi”.
e cinque co-piloti
disabili da lavoro) è
partita da Potenza il
5 settembre per una
due giorni attraverso
le aree più impervie e
remote del territorio.
I partecipanti hanno
potuto sperimentarsi
nelle complesse
operazioni di guida
su sterrato, sabbia e
suolo roccioso, uso
del Gps e lettura delle
mappe. Il progetto è
stato realizzato con il
supporto tecnico del
Comando regionale del
Corpo forestale dello
Stato e con il patrocinio
della Regione Basilicata,
del Comitato regionale
del Cip e del Comune di
Potenza.
7 Ottobre 2014
l’inchiesta Sentirsi invisibili
Mio fratello è disabile.
E la cosa mi riguarda
Hanno scelto di farsi chiamare siblings e di incontrarsi in gruppi
di auto-mutuo-aiuto per condividere i propri vissuti. Perché, confrontandosi
con altri, si rendono conto di non essere gli unici ad aver sperimentato
la convivenza con un altro figlio che ha molti più problemi di loro.
E che spesso finisce per assorbire tutte le attenzioni dei genitori.
In queste pagine, le loro storie
SuperAbile INAIL
8 Ottobre 2014
Gli scatti in queste pagine
sono di Fabio Moscatelli.
Fotografo di reportage
sociale e antropologico,
è nato e vive a Roma.
Ha frequentato la Scuola
romana di fotografia
e nel 2013 è stato finalista
del Leica Award e vincitore
del concorso National
Geographic nella categoria
“ritratti”. Il suo sito
è Fabiomoscatelli.com.
Antonella Patete/foto Fabio Moscatelli
G
iulia ha provato rabbia per tanti anni. Era la sorella “fortunata”, ma si sentiva trascurata
e abbandonata a se stessa. Dinanzi alla disabilità di suo fratello Simone, le sue esigenze passavano in
secondo piano. Questo almeno avvertiva lei, che a quei tempi era solo
una bambina. E non riusciva a spiegarsi le ragioni di quel clima teso e
preoccupato che a lungo ha sentito
gravare come una cappa sulla sua
famiglia. Oggi Giulia ha 29 anni, vive da sola in un bell’appartamento
situato in un quartiere residenziale
romano e fa pratica legale presso un
avvocato. Ma soprattutto ha capito
di non essere unica: negli ultimi anni, infatti, ha avuto modo di incontrare tanti fratelli e sorelle di ragazzi
con disabilità e, insieme a loro, è riuscita a rimettere in ordine un gro-
viglio di esperienze composto di
domande senza risposte, rimozioni,
sensi di colpa e la sensazione di aver
vissuto un’ingiustizia.
Hanno scelto di chiamarsi siblings, un termine che in inglese
arcaico indica i fratelli e le sorelle, a prescindere dal sesso di appartenenza. In origine questa parola
doveva comprendere tutti, anche i
fratelli disabili, ma nell’uso comune
ha cominciato a indicare solo loro:
la prole fortunata, che poi, a guardar bene, così fortunata non si sente.
Perché nello scompiglio totale che la
nascita di un bambino con disabilità porta in una famiglia, gli altri figli rischiano di sentirsi declassati ad
attori di secondo piano. Schiacciati
tra i problemi “reali” dei fratelli e lo
sforzo eroico dei genitori costretti a
rimboccarsi le maniche, mettendo
da parte la disperazione.
SuperAbile INAIL
9 Ottobre 2014
«Simone è nato con un ritardo
psicomotorio grave», ricorda Giulia che, all’epoca, aveva quattro anni. Era stata lei stessa a scegliere il
nome Simone per quel fratellino che
attendeva come il suo bambolotto
speciale. «Poi quando è arrivato le
cose strane erano tante e molteplici: non faceva ciò che facevano gli altri bambini. Io cercavo attenzione e
affetto, ma la famiglia era destabilizzata». Ci sono voluti anni di pazienza e l’arrivo dell’adolescenza per
cominciare a tirarsi fuori da quella
situazione. «Un bambino non ha gli
strumenti per affrontare quello che
sta vivendo, e quelle emozioni negative te le porti dentro senza riuscire a elaborarle. Perché ti dicono che
il problema è la disabilità di tuo fratello, ma solo dopo capisci che non è
così: il problema non è la sua disabilità, è la tua solitudine».
l’inchiesta Sentirsi invisibili
Così quando Giulia ha incontrato
Marco, otto anni fa, era pronta a fare i conti con la propria infanzia. Si
sono conosciuti nel corso di un convegno organizzato da un’associazione che si occupa di persone disabili,
e si sono subito capiti al volo. Perché,
tra le tante cose che condividono, ce
n’è una particolarmente importante: anche Marco ha un fratello con
una disabilità psicomotoria, e insieme hanno cominciato a frequentare
i gruppi di auto-mutuo aiuto organizzati dal Comitato siblings onlus
più noto, tra gli operatori e le famiglie, semplicemente come Gruppo siblings. Sono tante le cose che hanno
in comune: entrambi hanno sperimentato la paura di essere risucchiati
nel vortice delle dinamiche familiari e il desiderio spasmodico di trovare la propria strada e, nei momenti
di difficoltà, si sono posti le stesse
domande: «Non sarà che io e questo fratello così diverso ci somigliamo nel profondo più di quanto non
possa apparire?». Ma entrambi sono
riusciti a cogliere anche il lato luminoso di questa esperienza, a partire
dalla gratificazione di un rapporto
così intenso tra siblings. Giulia non
ha dubbi: «Simone non è parte della
mia vita, è parte di me». Devi vederli insieme per capire cosa voglia dire.
È come se si completassero a vicenda, lei è discreta, riflessiva, gentile,
lui ha una personalità prorompente.
Parla senza sosta, ama stare al centro
dell’attenzione e, con la sua travolgente imprevedibilità, non fa fatica a
conquistare (e rivoluzionare) la scena. «Si è sempre sentito tanto amato, non ha nessuna lacuna affettiva»,
è il commento di sua sorella. Un affetto che ora Simone non fa fatica a
dispensare all’umanità in generale e
SuperAbile INAIL
10 Ottobre 2014
a Giulia in particolare. Da quando è
andata a vivere da sola hanno continuato a vedersi spesso e si sentono a telefono più volte al giorno, in
qualsiasi momento. Perché c’è sempre qualcosa che lui ha il bisogno urgente di dirle.
Quanto alla loro vita futura, Marco e Giulia pensano a una famiglia
allargata dove i loro fratelli possano
trovare tutto lo spazio fisico e affettivo di cui hanno bisogno. «È l’eredità
che ci lasciano i nostri genitori», dice lui. «Ci sono sempre stati e sempre
ci saranno – aggiunge lei –. Quando
dico che voglio vivere con Simone è
perché voglio per lui una vita vera.
So che starà sempre con me perché
io ho bisogno di lui». Nel frattempo tante cose in casa di Giulia parlano di quel fratello così esuberante
e talvolta «ingombrante». Le pareti ospitano i quadri che da qualche
Nato a Roma nel 1997, il Gruppo
siblings onlus opera soprattutto
attraverso la promozione di gruppi
di auto-mutuo aiuto, riservati ai
fratelli e le sorelle di persone con
disabilità. Il comitato promotore,
composto esclusivamente da siblings
che prestano la loro opera a titolo
volontario, gestisce anche un sito
ricco di testimonianze, indicazioni
bibliografiche e aggiornamenti sulle
attività svolte (Siblings.it). Da 13 anni
il Gruppo siblings organizza un mega
raduno nazionale a cui prendono
parte fratelli e sorelle provenienti
da tutta Italia. L’ultimo si è svolto
a Sacrofano (Roma) lo scorso 27
settembre.
tempo Simone ha iniziato a dipingere e il balcone accoglie un micro orto urbano che lui coltiva, sull’onda
delle attività di agricoltura sociale
svolte quando non è impegnato con
la scuola. E dove è appena nata una
piccola melanzana, di cui Simone va
orgoglioso.
Fino agli anni Novanta del secolo
scorso nel nostro Paese nessuno aveva
pensato che la disabilità di un bambino
potesse coinvolgere anche i fratelli. Le
terapie familiari offerte da enti pubblici e convenzionati riguardavano
per lo più la linea diretta genitori-figli disabili e l’immagine prevalente era quella di una triade familiare
composta da madre, padre e bambino con disabilità. Degli altri fratelli
nessuna traccia. La prima a interessarsene fu Anna Zambon Hobart,
una psicoterapeuta vicina all’As-
sociazione italiana persone Down
(Aipd). «Dalla sua intuizione nacquero i primi gruppi di auto-mutuoaiuto, all’inizio frequentati soltanto
da fratelli e sorelle di persone con
trisomia 21», spiega Federico Girelli,
oggi docente di Diritto costituzionale e, soprattutto, presidente del Comitato siblings, un’associazione di
soli volontari che, oltre a organizzare incontri in tutta Italia, gestisce
un sito Internet molto frequentato,
un gruppo Facebook di quasi 4.500
membri e una mailing list ristretta
di 300 indirizzi. «Si tratta di gruppi
informali composti da sei a otto persone – spiega –. Non sono sedute di
psicoterapia, ma attività fatte da fratelli per altri fratelli, all’interno delNelle foto: Giulia e suo fratello Simone
(pagg. 8-10), Federico e sua sorella Maria
Claudia (pagg. 11-13)
SuperAbile INAIL
11 Ottobre 2014
le quali si può parlare della propria
esperienza con assoluta libertà: perché sai che quello che dirai non verrà mai riportato all’esterno».
Attualmente gli esponenti del
Gruppo siblings vengono invitati a
convegni e incontri e i gruppi di auto-mutuo aiuto si sono aperti a disabilità diverse rispetto alla sindrome
di Down. «Ma quando iniziammo
nel 1997 non potevamo sospettare
che sarebbe diventata una cosa così grande», racconta Federico che
all’epoca aveva 25 anni, studiava
Giurisprudenza ed era solito accompagnare sua sorella minore Maria
Claudia alle attività pomeridiane
organizzate dall’Aipd. «Negli anni
dell’università passava tanto tempo
a casa da solo con lei, soprattutto il
pomeriggio quando gli altri della famiglia erano assenti – dice –. E allora dovevi preoccuparti di assisterla
l’inchiesta Sentirsi invisibili
Fratelli e sorelle in una ricerca dell’Anfass
I
rapporti tra fratelli e sorelle,
quando in famiglia c’è
un figlio disabile, al centro
di un’indagine dell’Anfass
realizzata grazie al contributo di
circa 200 persone provenienti
da tutta Italia. L’indagine,
presentata nel maggio scorso,
ha coinvolto 94 persone tra
i 13 e i 60 anni con disabilità
intellettiva e/o relazionale e 109
fratelli e sorelle in età compresa
tra gli 11 e i 60 anni. Ne emerge
che per molti siblings la
presenza della disabilità in
famiglia è stato un modo per
maturare più velocemente degli
altri. Come racconta uno dei
partecipanti: «La disabilità mi
ha fatto crescere in fretta. Mi
ha costretto a pormi domande
importanti, a cercare di capire
le ragioni della differenza».
Ma emergono anche
momenti di difficoltà, spesso
a fronte degli atteggiamenti
dei compagni di scuola e
dell’uso da parte di questi di
termini come “mongoloide”
o “handicappato”. Quanto al
presente o al futuro di adulti,
risulta chiara la preoccupazione
per il cosiddetto “dopo di
noi”. Cosa accade o accadrà
quando i genitori non saranno
più presenti? Su questo punto
alcuni hanno lamentato di non
essere stati preparati ad avere
un rapporto con il proprio
fratello o sorella, anche in
virtù della vita futura (spesso
immaginata dai genitori
insieme). Altri, invece, si sono
sentiti «schiacciati» dalla
disabilità, soprattutto quando
hanno avvertito un sovraccarico
SuperAbile INAIL
di responsabilità e aspettative
da parte dei genitori.
Interessante anche il punto
di vista dei fratelli e delle
sorelle disabili, che il progetto
ha preso in considerazione.
Molti hanno sottolineato l’aiuto
ricevuto: («Quando ero piccola
mio fratello mi prendeva in
braccio per salire o scendere
le scale»), altri raccontano le
preoccupazioni («Quando
torna a casa tardi la sera io mi
preoccupo, soprattutto se sento
le sirene delle ambulanze»)
oppure il dolore per il distacco
(«Ho sofferto perché non è più
con noi in famiglia»).
Ma come influisce la disabilità
sulle dinamiche familiari? Dallo
studio emerge che, quando la
famiglia non si sgretola, diventa
più unita e forte nell’affrontare
12 Ottobre 2014
i problemi. Proprio su questo
aspetto però i pareri si dividono.
Perché se c’è chi dice: «La mia
famiglia ha vissuto fino ad oggi
la disabilità di mio fratello quasi
come un dono», c’è anche chi
afferma: «I miei genitori si sono
dedicati solo ed esclusivamente
alla sorella più fragile. A quel
tempo non c’erano aiuti. Io e
mia sorella siamo cresciute da
sole, cercando di non pesare
sui nostri genitori». Quanto
ai genitori, infine, se alcuni
hanno concentrato la maggior
parte delle loro energie sulla
riabilitazione del figlio disabile,
altri hanno puntato tutto sul
figlio senza disabilità: «Pensavo
di dover realizzare tutte io le
aspettative che i miei genitori
avevano riposto in entrambi».
[A.P.]
un po’ in tutto, combattendo con il
senso di colpa di dedicarti allo studio anziché pensare a lei, che magari non aveva bisogno di niente ma se
ne stava seduta in poltrona a non far
nulla».
Fu proprio in quel periodo che Federico ricevette una strana telefonata: arrivava da un suo coetaneo che, come
lui, accompagnava il fratello maggiore agli appuntamenti dell’Aipd. Si co-
noscevano solo di vista e la chiamata
lo colse di sorpresa: «Fino a quel momento non avevo mai realizzato che
esistessero altri fratelli e sorelle di
persone con sindrome di Down e la
richiesta mi spiazzò: mi proponeva
di incontrare altri siblings una volta a settimana per parlare di noi, e
mi chiedeva di farlo per almeno tre
volte prima di trarre le somme. Mi
sembrava l’ennesima seccatura, ma
accettai. Alla fine, anziché tre settimane, in quel gruppo ci sono rimasto tre anni». La cosa funzionò così
bene che pensarono di proporla anche ad altri fratelli. In molti accettarono, perché quel confronto alla
pari funzionava e tanti si trovavano
a raccontare a perfetti sconosciuti
esperienze e vissuti che non avevano mai confidato neppure alle proprie fidanzate. «Poi aprimmo un sito
e ricevemmo talmente tanti contatti e richieste da convincerci a costituire un’associazione vera e propria.
Col tempo abbiamo fondato gruppi
in mezza Italia, coinvolgendo decine
di persone dai 18 ai 70 anni di età».
A uno di questi gruppi ha preso
parte Alessandra. Ci è arrivata tardi,
quando aveva ormai passato la boa
dei 40, dopo la scomparsa di suo fratello Arrigo nel 2009. «Prima di allora parlare con altri dei miei problemi
SuperAbile INAIL
13 Ottobre 2014
di sorella mi sarebbe sembrato un
tradimento – afferma –. E parlarne
con lui era impossibile: non si discute di disabilità con il proprio fratello disabile. È come avere un elefante
in salotto, direbbero gli inglesi: è sotto gli occhi di tutti, ma è meglio fare
finta di non vedere». A quattro anni
gli avevano già diagnosticato una distrofia muscolare e a 24 Arrigo non
riusciva più a camminare. Il suo spirito però volava alto e lui sentiva il
gusto della vita anche attraverso l’amore per la musica, che lo ha sempre accompagnato. Gli appassionati
di classica si ricordano ancora di Arrigo Quattrocchi, voce di Radio Tre,
critico musicale e musicologo, membro dell’Accademia filarmonica romana e tra i massimi esperti di lirica
in Italia. Dopo la sua morte Alessandra è andata ad abitare nell’appartamento dove lui ha vissuto negli
l’inchiesta Sentirsi invisibili
ultimi dieci anni della sua vita, e dove conserva ancora il suo pianoforte
e la libreria dei cd. «Non so se ho fatto bene, ma è stato un modo per fare i conti con il passato». E con tutte
quelle dolorose questioni che in precedenza aveva preferito negare: a lui,
alla famiglia e soprattutto a se stessa.
«Quando c’è un figlio che ha più problemi, gli altri non si sentono meno amati, ma intimamente meno importanti. È
una cosa che può capitare a tutti, a prescindere dalla disabilità – spiega –. E
poi c’è il senso di colpa perché tu sei
sana e tuo fratello no». Ma la disabilità di Arrigo toccava solo il corpo, e
lei non poteva mentire: «Per nascondergli la mia rabbia, ho dovuto celarla
in primo luogo a me stessa. Ho annullato tutti i sentimenti negativi, perché
avevo la sensazione che ammettendoli avrei potuto ucciderlo. Era come di-
re: tu non puoi esistere». Col passare
del tempo Alessandra ha cominciato a diventare sempre più indispensabile per suo fratello: lo aiutava a fare
molte cose pratiche, dove non arrivava
lui, poteva pensarci lei. E la sensazione che la sua disponibilità fosse data
per scontata alimentava il risentimento sottotraccia. Poi c’era quella intelligenza, quella saggezza, quella capacità
di stare con gli altri e farsi amare da loro, che lo rendevano così speciale. «La
genialità doveva essere la compensazione naturale della disabilità che lo
aveva colpito – riflette oggi –. Restavo
sempre un passo indietro, non potevo
rischiare di fargli ombra».
A 29 anni Alessandra ha lasciato
la casa dei genitori. È stata quasi una
fuga. «Da noi vigeva una sorta di cospirazione. Si fingeva che tutto fosse normale: dovevamo conservare
l’immagine di una famiglia che af-
SuperAbile INAIL
14 Ottobre 2014
fronta i problemi a vele spiegate». Poi
una selezione fatta quasi casualmente in Francia per un lavoro da giornalista, la sorpresa di averla superata
e la decisione repentina di accettare:
«È stato Arrigo a prestarmi i soldi per
partire. Penso che anche lui si sentisse incartato in una situazione che
non riuscivamo a sciogliere. Abitavamo ancora con i nostri genitori che
lavoravano tutto il giorno, io non riuscivo ad andare avanti con gli esami
universitari e avevo un impiego part
time. La mia partenza ha cambiato
le carte in tavola, due anni dopo anche mio fratello è andato a vivere da
solo, con un assistente. Capiva che
In alto, Alessandra al pianoforte di Arrigo;
a fianco, un particolare della libreria dei cd
musicali di suo fratello
Specchiarsi in
una sorella disabile
O
non potevamo continuare così». Per
Alessandra allontanarsi fisicamente
è stato il primo passo per cominciare a fare chiarezza in se stessa, separando la rabbia dall’amore.
Anni dopo, frequentando i gruppi di siblings italiani e americani, ha
compreso tante cose e, soprattutto, ha imparato a rintracciare nelle
esperienze degli altri quel comune
denominatore che unisce i siblings
ad altri siblings, come una catena invisibile che lega le singole storie, al
di là dell’irripetibile unicità dell’esperienza umana. «Alle sorelle dei
distrofici dico sempre: migliore sarà la vostra vita, migliore sarà la loro.
Pensare di salvarli con il nostro sacrificio è pura fantasia. Più ci sentiamo sane ed equilibrate, più saremo
in grado di aiutarli». E non si stanca
mai di insistere sull’importanza della comunicazione: «Parlate, parlate e
ancora parlate. Non so che avrei dato perché qualcuno mi chiedesse di
parlare del rapporto con mio fratello. È molto importante per un sibling
avere punti di riferimento esterni
alla famiglia, che possano fare da
sponda e da valvola di sfogo, perlomeno in alcuni momenti. Non è risolutivo, ma aiuta».
Dopo la scomparsa di Arrigo, Alessandra per la prima volta ha cominciato a studiare musica. È un modo
per metabolizzare il ricordo del fratello e la passione per lui più importante, la sua parte felice. D’altra parte
lei stessa ha talmente tanta musica in
testa, che spesso non sa neppure dire
di che pezzo si tratti. Eppure da quando lui se n’è andato, non riesce più ad
ascoltare un cd. Forse un giorno ricomincerà e la musica potrà intrecciarsi lievemente al ricordo di quel fratello
maggiore tanto amato.
SuperAbile INAIL
15 Ottobre 2014
ggi Alice
e Daniele
Pareyson hanno
19 anni: sono
gemelli e fratelli
di Arianna,
maggiore di
quattro anni,
cerebrolesa
grave. Nel
volume Se Arianna, fresco di stampa
per i tipi di Giunti – firmato dalla loro
mamma Anna Visciani ma scritto
in realtà a otto mani, comprese
quelle del padre Davide –, i ragazzi
raccontano senza filtri il loro
rapporto con la sorella. Riflessioni
scritte da Daniele quando era più
piccolo: «TUTTI CI GUARDANO»,
annota in maiuscolo, riferendosi
a imbarazzanti cene in vacanza.
Partecipando a una festa organizzata
dal centro diurno in cui Arianna
trascorre alcune ore delle sue
giornate, si dischiudono in lui letture
nuove della sua esperienza: conosce
persone disabili, meno gravi della
sorella, che non hanno alle spalle una
famiglia. Squisitamente femminile
la relazione descritta da Alice, che
confida ad Arianna le sue prime cotte
anche se lei non può risponderle. In
una situazione difficile da gestire sia
emotivamente che logisticamente,
i gemelli scovano modalità
comunicative inedite con la sorella,
che fa maturare in loro una visione
oblativa dell’esistenza e una capacità
di guardare oltre le apparenze e i
silenzi. [L.B.]
INSUPERABILI Intervista a Roberto Bruzzone
Giro il mondo,
gamba in spalla
Dopo aver attraversato
il deserto della Namibia
ed essere salito in vetta
al Kilimanjaro,
ora il trekker vuole partire
per un tour nelle scuole
Michela Trigari
Q
uando gli chiedi che lavoro fa, lui
risponde che «cammina». E in effetti ora Roberto Bruzzone è un
trekker di professione. Nel senso che,
da quando in quattro ore e mezza scalò il Gran Paradiso con la sua protesi
alla gamba (era il 2006), non si è più
fermato: l’anno dopo ha percorso i 781
chilometri del cammino di Santiago
di Compostela in 26 giorni e poi, dopo pochi mesi, è salito in vetta al Kilimanjaro. Nel 2008 ha attraversato
parte dell’Islanda a piedi (si è dovuto fermare a causa di un’infiammazione al tendine d’Achille), nel 2010 è
arrivato in cima all’Aconcagua (in Argentina) toccando quota 6mila metri e
“riposandosi” poi in giro per la Corsica, mentre tre anni fa ha conquistato il
deserto della Namibia.
A suo modo è un uomo dei record.
Tanto che, grazie alle sue imprese,
tutte documentate su Robydamatti.
it, questo ragazzone di Ovadia (Alessandria) classe 1978, amputato sotto il
ginocchio 14 anni fa in seguito a un incidente in moto, è diventato il tester e il
testimonial di un’azienda di protesica,
gli sponsor tecnici gli danno una mano
quando parte per le sue avventure e in
più lo chiamano un po’ da tutta Italia
per motivare ragazzi e dirigenti, tenere
corsi, presentare i suoi viaggi. «Effettivamente non ho un lavoro in particolare – dice –. Ma da quando ho iniziato
SuperAbile INAIL
16 Ottobre 2014
Bruzzone attraversa il deserto del Namib,
in Namibia. Nella pagina precedente, sul sentiero
Gr 20 in Corsica. Foto di Stefano Pini
a fare il camminatore estremo si sono
create tutta una serie di sinergie che
sono diventate il mio lavoro. Inoltre ho
fondato anche l’associazione Naturabile, una onlus che promuove il trekking
e lo sport tra le persone disabili». Ora è
reduce dal “Robydamatti walk camp”,
una settimana di perfezionamento del
cammino sui terreni accidentati delle colline bolognesi (cinetica, postura,
eccetera) rivolta alle persone amputate.
hanno amputato le dita del piede, poi
l’avampiede, poi tutta una serie di interventi chirurgici per vedere di ricostruire qualcosa. Mi sono fatto tre anni
di ospedale, di antidolorifici e di morfina prima di decidere di farmi amputare la gamba sotto il ginocchio. Ma da
quando la protesi si è assestata sono ripartito in quinta. Ricordo che dissi a
mio fratello: «Il giorno che riesco a fare il primo passo non mi fermo più».
Più o meno ero la stesso, almeno come personalità. Forse un po’ più
scavezzacollo. Lavoravo in fabbrica
– costruivo marmitte per le moto da
corsa, la mia grande passione – e poi
facevo l’istruttore in palestra e molto pugilato. Sono stato per dodici anni
sul ring e la box è stata il primo sport a
cui mi sono avvicinato dopo l’incidente: andavo quasi meglio di prima, tanto ero motivato. Ma visto che non mi
facevano più gareggiare e che non esisteva il pugilato per disabili, sono passato all’atletica. Però anche la pista mi
stava stretta.
Il messaggio è sempre quello di non
fermarsi mai davanti agli ostacoli. E
poi cerco di dare dei consigli pratici e
di indicare la strada più corta per avere
una buona protesi. Ma non è semplice,
soprattutto quando ti arrivano e-mail
di ragazzi che vogliono emularti facendosi amputare un arto. Anche le madri
mi scrivono preoccupate dell’infelicità dei loro figli dopo un incidente o
un altro tipo di disabilità acquisita: io
rispondo che è normale e che sarebbe
preoccupante se fossero subito allegri
e sorridenti.
Chi era Roberto Bruzzone prima dell’incidente?
Poi è arrivato l’amore per il trekking...
Sì, me lo ha proposto Alessio Alfier, un preparatore atletico specializzato negli sport di resistenza. E io che
credevo che andassimo a fare delle passeggiate in montagna... Dopo il Gran
Paradiso sono diventato un “camminatore con la gamba in spalla” – la protesi di riserva che porto sempre con
me nello zaino – per vedere non solo
quanta strada riuscivo a fare in salita ma anche quanti chilometri riuscivo a percorrere in piano. C’è voluto un
bell’allenamento, tanta fatica e a volte
pure dolore. Ma n’è valsa la pena.
Cosa dice a chi si trova a dover fare i conti con la disabilità?
Quali sono i suoi progetti futuri?
Per prima cosa sto cercando fondi
per effettuare un tour regionale nelle
scuole, che parta almeno da Piemonte e da Lombardia, e che affronti anche
il tema della sicurezza sulle strade. Il
secondo progetto riguarda invece una
serie di incontri in collaborazione con
il Cai (il Club alpino italiano) per parlare dell’approccio della disabilità alla
montagna.
Prossimo viaggio in programma?
Spero di partire al più presto per
il Perù, magari tra gennaio e febbraio prossimi, alla volta del viaggio più
lungo che abbia mai affrontato a pieMomenti di sconforto non ne ha mai avu- di: da Lima al lago Titicaca, al confine
con la Bolivia, naturalmente salendo
ti in questi anni?
Certo che sì. Dopo l’incidente è stato anche sul Machu Picchu alla scoperta
psicologicamente durissimo. Prima mi degli Inca.
SuperAbile INAIL
17 Ottobre 2014
sotto la lente Dopo l’infortunio
Il boscaiolo che decise
di tornare in montagna
D
Un incidente sul lavoro
che gli è costato il braccio
destro. Ma Nicola
De Martin Topranin
è tornato al suo vecchio
impiego. Grazie a
un’incrollabile forza
di volontà e all’aiuto
dell’Inail. Che gli hanno
permesso di adeguare
il mezzo agricolo alla
sua nuova situazione
opo 20 anni trascorsi nei boschi,
non se l’è sentita di andare a fare l’impiegato il signor Nicola De
Martin Topranin. Originario di Padola, un paese di mille anime in provincia
di Belluno, ha passato gli anni migliori della sua vita a fare il boscaiolo tra
le montagne delle Dolomiti: magnifico
scenario naturale, ma anche fonte di lavoro per gli abitanti della zona. Classe
1962, Nicola lascia la scuola a 15 anni per
andare a lavorare tra i boschi, seguendo l’esempio di suo padre. D’altra parte
la sua passione è la montagna: a 18 anni è già maestro e allenatore federale di
sci, qualifica a cui più in là si aggiunge
quella di presidente del Soccorso alpino
della Val Comelico. Nel 1988 si sposa, ha
due figli e la sua vita sembra procedere tranquilla e senza scosse, seguendo il
ritmo sempre uguale delle stagioni: col
bel tempo va nei boschi, in inverno lavora sulle piste come addetto alla gestioSuperAbile INAIL
18 Ottobre 2014
ne degli impianti di risalita. Fino a che
a sparigliare le carte arriva un terribile infortunio.
«Era il 10 maggio del 2008 – racconta Nicola –. Sono rimasto impigliato
all’albero cardanico del trattore». L’esito dell’incidente è drammatico: amputazione dell’avambraccio destro con
lussazione del gomito. Ma il vittimismo
dura poco, «a metà settembre avevo già
la protesi al braccio ed ero pronto a ricominciare». Il ritorno alla vita normale si
rivela però più complicato del previsto:
la buona volontà non manca, la famiglia
gli è sempre vicina, ma il lavoro che ha
sempre svolto diventa terribilmente difficile e gravoso. Nicola non riesce più a
tagliare gli alberi, salire e scendere dal
mezzo gli richiede tempo e fatica e, soprattutto, il ritorno economico diventa
insufficiente a mantenere la famiglia.
Per risolvere il problema prova perfino
a riprendere la professione di maestro
di sci, ma anche questa strada si rivela impraticabile e, soprattutto, incompatibile con la disabilità acquisita. «Ho
preso in considerazione qualunque cosa
– racconta –, anche la possibilità di usufruire di un collocamento mirato come
centralinista. Ma alla fine ho deciso di
rinunciare, perché si trattava di un impiego troppo distante dalla mia idea di
lavoro».
La soluzione arriva nel 2010, durante una fiera del legno in Austria.
Qui il boscaiolo di Belluno scopre l’esistenza di un nuovo mezzo agricolo dotato di una particolare gru per il carico e
il trasporto del legname. Si tratta di una
macchina imponente, che gli permette
di raggiungere luoghi inaccessibili anche a persone che non hanno disabilità. Ma il vantaggio principale è che la
gru può essere manovrata dal posto di
guida, senza la necessità di uscire dalla
cabina. Per Nicola quel mezzo rappresenta un’irrinunciabile opportunità: recuperare il lavoro perduto e tornare alla
sua vecchia vita. La spesa è ingente, ma
sente di non potersi fare sfuggire l’occasione. Chiede e ottiene un finanziamento regionale, stipula un cospicuo mutuo
con una banca ed è quasi pronto per ripartire. Quasi, perché gli rimane un ultimo problema: non può manovrare il
“Gigante” con una sola mano.
È a questo punto che entra in gioco
l’Inail. La Sede di Treviso ha effettuato
un progetto riabilitativo personalizzato
che ha previsto di concedere il rimbor-
Le fotografie sono di Claudio Correzzola,
(professionista Contarp della Direzione
regionale Veneto dell’Inail)
SuperAbile INAIL
19 Ottobre 2014
so per l’adattamento dei comandi della gru, in modo tale che possano essere
usati con la mano sinistra. «Nella tutela globale dell’infortunato, il reinserimento lavorativo è tra gli obiettivi della
missione dell’Istituto – commenta l’assistente sociale Monica Lucato –. Nel
caso particolare del signor De Martin,
fin dal primo momento è stata evidente una buona motivazione alla ricerca
di un lavoro». Un proficuo inserimento
professionale è indispensabile non solo
da un punto di vista economico, ovvero per poter adeguatamente provvedere
ai bisogni della famiglia. Oltre a rispondere a questa fondamentale necessità,
conclude l’assistente sociale, «il ritorno
al lavoro riveste una grande importanza anche dal punto di vista etico, tenuto conto anche dei suoi valori culturali,
per i quali il lavoro è vissuto come dovere e va a incidere sulla dignità della persona». [A.P.]
cronache italiane Forlimpopoli
Sulle colline romagnole, la
più grande realtà italiana
dedicata all’autismo e al
disagio psichico, dove i
ragazzi vengono impiegati
anche nella serra e nella
stalla. Una struttura
residenziale e un centro
diurno voluti dalle famiglie
Fornino e Valmori,
che hanno dato vita
all’omonima fondazione
per trovare una soluzione
per il futuro dei loro figli
Una casa per l’autismo
Q
uello che colpisce quando arrivi è
che non ci sono cancelli. Chiaro
che il giardino della villetta
dove per un po’ abitano i ragazzi è recintato, ma per il resto nessuna gabbia.
Questo perché alla Fondazione ForninoValmori, la più grande realtà italiana dedicata all’autismo e al disagio psichico,
credono che agli ospiti servano «spazi
senza reticolati» per potersi esprimere al
meglio, «in un luogo che non sia chiuso
in se stesso ma aperto a tutti all’insegna dell’integrazione con chiunque
voglia venire a trovarci», dice Vincenzo
Fornino, uno dei due fondatori. E poi
questo “villaggio protetto” inaugurato
un anno fa è lontano dalla strada, immerso nel verde tra le campagne di ForSuperAbile INAIL
20 Ottobre 2014
limpopoli e le colline di Bertinoro (in
provincia di Forlì-Cesena), e i ragazzi
autistici o con disagio psichico sono
costantemente seguiti dagli operatori.
Così che Nicolò, Andrea, Roberto, Leonardo, Tiziano, Stefano e Davide, se vogliono, possono andare tranquillamente
in giro per la serra, i campi sportivi e
il maneggio sempre sotto l’occhio vigile
di due psicologi, due educatori e tre operatori sociosanitari che si alternano
nelle 24 ore. Ecco allora che capita di
imbattersi in uno di loro che porta una
carriola, mentre un altro sorride nel
farsi spingere dentro un carrello. Ma
gli ospiti sono liberi anche di guardare
la tv, di prendersi un bicchiere d’acqua,
di stare seduti sul divano o sul dondolo
Il villaggio in cifre
Finora otto ospiti residenziali (tutti
autistici non verbali), cinque persone
con disagio psichico seguite dal centro
diurno e una decina di richieste per i
mesi futuri. E poi 22 ettari di terreno
tra maneggio – con una ventina
di cavalli –, serra, farmer’s market,
laboratorio di ceramica, campi sportivi,
e 6mila metri quadrati al coperto tra
appartamenti, palestra, spazio infanzia
e per l’analisi comportamentale
applicata, ristorante, lavanderia,
parrucchiere, due sale convegni. Info:
Fondazioneforninovalmori.com o
pagina Facebook. [M.T.]
In questa residenza per l’autismo e il disagio
psichico in provincia di Forlì-Cesena molte delle
iniziative sono aperte a tutti, come il centro
estivo per i bambini disabili e non della zona (a
fianco). Foto di Michela Trigari
proprio come fossero a casa propria.
Una casa che alla Fondazione ForninoValmori è una bella villetta su due piani
dove ognuno ha la propria stanza e il
proprio bagno, mentre la cucina e il salotto sono in comune. Infatti in questo
centro residenziale con 20 posti letto
(otto per l’autismo e dodici per il disagio
psichico in due strutture separate), i ragazzi vivono insieme per qualche settimana o qualche mese scandendo il
ritmo delle giornate – dalla sveglia ai
pasti fino all’ora di andare a dormire –
e seguendo le attività proposte dalla cooperativa sociale Insieme per crescere,
creata ad hoc per gestire questa realtà.
La struttura, inoltre, funge anche da
centro diurno per le persone con disagio psichico e da luogo di stage ai fini
dell’inserimento lavorativo.
Oltre al cosiddetto “sollievo”, «l’obiettivo delle famiglie che dal territorio
ma soprattutto dal resto d’Italia porta-
no qua i propri figli – e che possono fermarsi per qualche giorno soprattutto
durante l’inserimento – è quello di aumentare o recuperare la loro autonomia
personale e domestica nonché le capacità di relazione», spiega Galeazzo Garavini, coordinatore socio sanitario. «Noi
lavoriamo secondo progetti individualizzati e in base a un ventaglio di attività
occupazionali che vanno dall’ippoterapia e dalla riabilitazione equestre a tutto
quello che riguarda i prodotti della terra, dal laboratorio di ceramica al mantenimento delle abilità scolastiche,
passando per un po’ di palestra e di
sport all’aria aperta fino al portare la
propria roba sporca in lavanderia. Inoltre una volta a settimana vengono un fisiatra, un terapista della riabilitazione e,
a richiesta, un medico di base che è anche psichiatra».
La struttura nasce grazie a due famiglie di imprenditori agricoli, i Fornino e
SuperAbile INAIL
21 Ottobre 2014
i Valmori, decise a dare un futuro sia ai
propri figli sia a quelli degli altri. Vincenzo Fornino è il papà di Antonio, un
42enne che soffre di disagio psichico,
mentre Edo Valmori lo è di Nicolò, un
ragazzo poco più che ventenne affetto
da autismo. I due pian piano maturano
l’idea di dover fare qualcosa per quello che viene chiamato il “dopo di noi”,
perché non sono soddisfatti dei centri
visitati fino a quel momento.
Nei primi anni Duemila prende piede la convinzione che una fondazione sia la strada giusta, e così investono
gran parte dei loro risparmi in questo
progetto totalmente a capitale privato
nonostante, da statuto, i futuri garanti
della struttura – quando le due famiglie
non ci saranno più – siano i Comuni di
Forlimpopoli e Bertinoro. «Abbiamo
deciso di convertire i nostri averi in capitale sociale perché altrimenti sarebbero andati dispersi. E lo abbiano fatto
aprendoci all’esterno. Un’apertura nuova che significa sia integrazione dei ragazzi con il territorio sia possibilità di
autofinanziare la cooperativa Insieme
per crescere», commenta il signor Fornino. Da qui il ristorante Fiori di zucca,
la vendita dei prodotti coltivati e magari anche di quelli di ceramica, le lezioni di equitazione per tutti, lo stallaggio
dei cavalli, il noleggio dei campi da calcetto, basket, pallavolo e tennis, l’affitto degli spazi per feste, convegni o
ambulatori, la raccolta di vestiti, mobili, giocattoli e libri. Ma anche un centro
estivo per i bambini della zona, anche
disabili, che ha funzionato da giugno
a settembre. E in futuro la lavanderia
(nonché stireria) dovrà trovare alcune
commesse esterne, così come si lavorerà per rendere operativa anche una piccola sartoria. Senza nascondere i ritardi
e le difficoltà di una realtà che, in fondo, ha appena compiuto il suo primo
anno di vita. [M.T.]
portfolio Atleti che non si arrendono
Accostare i ritratti di atleti
disabili e non, accomunati
dalla voglia di sfidare «il
limite delle loro possibilità
fisiche». Il volume Oltre lo
sguardo. Uomini e donne
alla ricerca dei loro limiti
racconta «storie vere che
esaltano le capacità, la
forza, lo spirito dell’uomo,
che hanno offerto anche
un contributo importante
alla scienza. Storie di
atleti con disabilità che
non si sono arresi al
destino, realizzando con
la pratica sportiva sogni e
passioni», scrive Luciano
Montanari, autore dei
testi, mentre le foto sono
di Paolo Genovesi e il
giornalista Toni Capuozzo
firma la presentazione
del libro. Le vicende
raccontate da parole e
immagini condividono
anche «un profondo
aspetto umano, molte volte
alla base della ricerca
e della motivazione di
SuperAbile INAIL
22 Ottobre 2014
queste imprese, che ci
portano a conoscere cosa
c’è oltre le barriere che loro
sono riusciti a superare,
rivelandoci il percorso
difficile che hanno seguito
per realizzare ciò che
per noi non va oltre lo
sguardo». Soglia simbolica
«per identificare i limiti
delle possibilità umane,
limiti che non sono solo
fisici, del corpo, ma
soprattutto psicologici,
della mente».
Sopra e nella pagina a
fianco, Maurizio Zanolla,
soprannominato Manolo. A
17 anni scopre la montagna
rivoluzionando il sistema
dell’arrampicata libera,
affidandosi a mani e piedi,
calzando scarpe leggere al
posto degli scarponi chiodati.
Accanto, Mauro Bernardi,
con la giacca a vento blu.
Bergamasco, ha vissuto
sempre la montagna con
grande passione, anche dopo
l’incidente con il camion che
gli ha tolto l’uso delle gambe.
Sulla neve ritrova autonomia
e libertà, diventando il primo
maestro di sci disabile per
l’insegnamento dello sci alpino
alle persone con disabilità
motoria. Il volume fotografico
è accompagnato da una
mostra itinerante: dettagli su
Oltrelosguardo.it.
SuperAbile INAIL
23 Ottobre 2014
portfolio Atleti che non si arrendono
Sopra, Nicola Dutto: motociclista
affermato, nel 2010 la sua carriera è
compromessa da un grave incidente
durante una corsa che lo rende
paraplegico, ma torna in sella su una
moto speciale. A fianco, Emanuele
Pagnini: dopo aver perso l’uso delle
gambe in un incidente stradale, dallo
sci alpino è passato allo sci nautico nelle
specialità salto, slalom e figure, fino
al cable wakeboard. A destra, Maria
Canins, diventata un simbolo dello sport
femminile mondiale prima nello sci di
fondo, poi nel ciclismo.
SuperAbile INAIL
24 Ottobre 2014
Marco Olmo, in alto, icona dell’extra trail
mondiale. Da 40 anni è protagonista di
corse estreme dai deserti al Monte Bianco,
a cui si prepara da solo, senza la guida di
un allenatore.
A sinistra, Oliviero Bellinzani: coltiva la
passione per l’alpinismo anche dopo un
grave incidente in moto a seguito del
quale a 21 anni gli viene amputata una
gamba. Con le stampelle ha scalato oltre
un migliaio di cime, tra cui 27 di 4mila
metri, il suo lasciapassare nel Club 4000
del Cai di Torino.
SuperAbile INAIL
25 Ottobre 2014
SPORT Paraciclismo
Piovono medaglie
sui biker paralimpici
Agli ultimi Mondiali,
conclusi a settembre
negli Stati Uniti,
gli azzurri hanno
conquistato sei ori,
quattro argenti, tre
bronzi. Grazie a
inossidabili campioni
come Alex Zanardi e
Vittorio Podestà
e a nuovi altleti che
fanno ben sperare
anche per il futuro
Stefano Caredda
C
on loro, vai sul sicuro. Sole o pioggia, strade di casa o d’oltreoceano,
c’è un’abitudine che gli azzurri del
paraciclismo mantengono sempre: quella di prendersi qualche medaglia. Anzi,
tante medaglie, a giudicare dai risultati
recenti, che hanno proiettato questa disciplina (su pista, su strada e l’handbike) al rango di sport più prolifico per i
colori italiani. Due anni fa, alle Paralimpiadi di Londra 2012, arrivarono
dieci medaglie, con quattro ori, tre argenti e tre bronzi. Medaglie diventate 13
sia ai Mondiali disputati nel 2013 (sette ori, due argenti, quattro bronzi), sia
in quelli appena andati in scena – fra
agosto e settembre scorso – in Sud Carolina, negli Stati Uniti: sei ori, quattro
argenti, tre bronzi. Squadra sempre in
forma, imperniata sulla presenza di alcuni inossidabili campioni – come Alex
Zanardi e Vittorio Podestà – e arricchiSuperAbile INAIL
26 Ottobre 2014
ta da nuovi nomi che fanno ben sperare
anche per il futuro. Eppure le cose potrebbero andare molto meglio, perché
scovare nuovi atleti di alto livello è difficile, sostenere quelli che già ci sono è
complicato, allargare la base dei praticanti e rendere il ciclismo davvero popolare fra le persone con disabilità è una
sfida ancora lontana dall’essere vinta.
Mario Valentini, che di anni ne ha
72 e da 15 è il commissario tecnico della Nazionale, ha passato gli ultimi undici mesi in giro per l’Italia a promuovere
la disciplina: «Bisogna fare reclutamento nei centri di riabilitazione, per andare a dire ai ragazzi che hanno subito un
incidente che c’è un altro mondo là fuori, che lo sport è bellissimo ed è alla loro
portata». Un’esperienza di scouting contrastato, la sua: ci sono volti nuovi, come
il 44enne Giancarlo Masini (un passato
nel motocross e ora già uno splendido
argento mondiale) o i ventenni Elia Bo-
tosso e Fabio Anobile, ma si trova anche
chi rema contro: «In alcuni centri di riabilitazione non ti fanno neppure entrare». E poi il problema del costo della bici
o della handbike è per molti una barriera economica all’ingresso.
Non è così per gli assistiti Inail,
che possono ricevere gratuitamente l’attrezzo sportivo, ma lo è
per tutti gli altri, costretti a spendere cifre importanti: le handbike partono da
4mila euro. «La legge italiana – spiega
Podestà, uno degli atleti più rappresentativi e vincenti della Nazionale, seguito per gli ausili dal Centro protesi di
Vigorso di Budrio – le considera mezzi ortopedici e i contributi regionali
per acquistarle, che pur ci sono, coprono solo una piccola parte del prezzo». Il
mercato è di nicchia, le aziende che ci
investono sono poche e una legislazione
così puntuale «è un’arma a doppio ta-
glio», perché paradossalmente ne limita la diffusione.
«È anche per questo – aggiunge Vittorio – che con Alex cerchiamo da tempo di far capire che l’handbike non è
uno sport per disabili, ma adatto a tutti». Uno sport aerobico che utilizza tutti
i muscoli dalle ginocchia in su e in modo simmetrico, il solo con queste caratteristiche che per essere praticato non
ha bisogno né di acqua (come il nuoto o il canottaggio), né di neve (come lo
sci di fondo). Una disciplina che va bene
per paraplegici e tetraplegici, si adatta
ad amputati e a poliomielitici, ma merita di essere “sdoganata” e aperta a tutti.
Senza l’etichetta di “sport per soli disabili”, è probabile che la sua popolarità
aumenti, che la richiesta di mezzi porti altre aziende a investirci sopra, che
Nella pagina precedente, Vittorio Podestà, assistito
Inail. Sopra, da sinistra, il campione festeggia con
Luca Mazzoni e Alex Zanardi la vittoria nel Team Relay
del Mondiale 2013
SuperAbile INAIL
27 Ottobre 2014
il mercato si apra e si sviluppi il settore
dell’usato e del riutilizzo, insomma che
si possano abbattere quelle barriere che
oggi impediscono a molti di poterlo praticare. «È interesse di tutti che l’handbike, come ogni sport paralimpico, si
faccia conoscere ampiamente, perché
le implicazioni sociali sono importanti,
anche senza risultati sportivi di livello:
l’obiettivo finale, del resto, non è vincere medaglie ma avere una vita più soddisfacente». Per quelli capaci di grandi
prestazioni, c’è bisogno di rendere il sistema più “amico”: il ciclismo agonistico
è molto selettivo e prestazionale. E i risultati – per usare le parole del ct Valentini – «si ottengono solo con gente che
non lavora», cioè che ci si può dedicare
a tempo pieno perché non deve guadagnarsi altrove il pane quotidiano. «Tecnologia e professionalità – dice Podestà
– sono diventate essenziali anche nel
nostro sport; negli anni sono riuscito a
portare proprio questo tipo di mentalità che non lascia niente al caso, studia i
materiali e dà indicazioni per migliorarli, raffina la preparazione atletica».
Ma per fare tutto questo, il sostegno
economico è fondamentale. Il Cip aiuta
in parte con i premi in denaro e le borse
sportive che però, legati ai risultati raggiunti, non mettono al riparo da amare
sorprese: che succede se dopo tre anni e mezzo di impegno e preparazione
sbagli proprio la gara delle Paralimpiadi? Ad alti livelli diventano cruciali gli
sponsor, anche se trovarli non è facile e
c’è il rischio che il singolo atleta debba
rinunciare all’agonismo per lavorare. Il
ct Valentini punta su soluzioni creative:
sostenere l’attività sportiva degli atleti
capaci di portare lustro e medaglie, garantendo loro un “dopo-carriera” tranquillo. Con assunzioni nelle pubbliche
amministrazioni dov’è prescritta per
legge una quota di personale disabile.
I successi futuri passano anche da qui.
TEMPO LIBERO In tour
Alla scoperta della Torino
che non ti aspetti
Da un anno nel capoluogo piemontese si coniuga
turismo e cultura accessibile con una singolare
iniziativa: tre itinerari dedicati a persone con disabilità
motoria e non vedenti attraverso i decori architettonici
d’epoca. Ma anche se l’idea non raggiunge il successo
sperato, il promotore non demorde. E lancia una
nuova proposta: un percorso attraverso il Cimitero
monumentale cittadino
SuperAbile INAIL
28 Ottobre 2014
Antonio Storto
L
a partenza è in via Carlo Alberto,
una delle arterie pedonali che dalla
stazione di Porta Nuova si snodano
nel centro storico di Torino. All’altezza
del civico 42, dal portone di un palazzo rinascimentale sporge un ornamento in ferro battuto: è il volto accigliato
e vagamente antropomorfo di un leone, che pare squadrare chi si appresta a
varcare l’ingresso. Parte da qui il primo
dei percorsi di Torino Paratour, iniziativa che da un anno si propone di coniu-
gare turismo e cultura accessibile con
un’inedita modalità di fruizione delle
arti plastiche. A idearla è stato Raffaele Palma, scrittore e fondatore del Centro d’arti umoristiche e satiriche, ma
soprattutto avido studioso di decori architettonici d’epoca. Simili ornamenti,
nel centro di Torino, sono disseminati ovunque. Fino ai primi del Novecento, gli architetti li mettevano idealmente
a guardia di ingressi, cancellate e mura cittadine, ma nel capoluogo sabaudo li si può trovare anche su fontane e
lampioni: un universo di draghi, sirene,
gargoyle e mascheroni, che nel corso dei
secoli ha finito per mimetizzarsi nel dedalo delle vie dello shopping.
Lo scorso anno Palma, che sul tema è
autore di due libri, ne ha catalogati una
trentina, delimitandoli in tre aree della
città. L’idea, già sperimentata in passato, era di costruire percorsi tematici che
incoraggiassero a riscoprire il centro
cittadino, prestando attenzione a dettagli che in genere si tende a ignorare:
dagli anni Ottanta a oggi lo scrittore ne
ha progettati a decine, scaricabili gratuitamente dal sito del Caus. Stavolta, però, l’obiettivo era soprattutto un altro:
sfruttare «le marcate qualità plastiche di
questi oggetti, che si prestano all’esplorazione tattile oltre che visiva – spiega
Palma – per proporre itinerari a misura di disabile». Nasceva così, nel giugno
del 2013, Torino Paratour, un viaggio tra
i decori architettonici del capoluogo sabaudo, le cui descrizioni sono articolate
pensando a una fruizione che passi dal
tatto, prima ancora che dalla vista. Palma ha voluto dedicarlo alla memoria di
Gianni Pellis, «un grande amico e collaboratore – riferisce – portato via dalla sclerosi multipla, che per dieci anni
ha dovuto fare uso di una carrozzina».
L’intera esperienza è studiata per essere godibile da persone con disabilità motoria e non vedenti: questi ultimi,
per esempio, possono scaricare gratuitamente un sintetizzatore vocale da installare su iPad e cellulari, per poter
accedere ai contenuti multimediali relativi all’iniziativa. «Tutti i decori selezionati, inoltre, sono posti ad altezza di
ragazzo – prosegue l’ideatore – e possono quindi essere toccati da chiunque».
Torino Paratour è articolato in tre itinerari, che ripercorrono idealmente l’evoluzione dell’architettura italiana dal
Rinascimento ai giorni nostri. Il primo
è dedicato allo studio del grottesco, uno
stile in voga tra Settecento e Ottocento,
fatto di figure simili al leone antropomorfo che apre il tragitto in via Carlo
Alberto.
Nell’itinerario sono compresi alcuni tra i più famosi edifici storici
della città: è il caso, per esempio, di Palazzo Madama e Palazzo Dal Pozzo della
Cisterna, sede della Provincia di Torino. «I decori che si incontrano nei vari
tour – evidenzia Palma – hanno utilizzi
e funzioni decorative differenti. Le maniglie esterne di Palazzo Dal Pozzo, per
esempio, sono un bell’esemplare di figure denominate chimere: le due prese
sono gemelle e raffigurano il volto e il
busto di giovani donne, mentre il bacino e le gambe terminano in volute fitoformi, cioè sagomate a forma di foglie».
Con una durata calcolata in circa due
ore, il percorso è scandito da una serie
di forme bizzarre e a volte inquietanti, e termina idealmente a Palazzo Reale, uno degli edifici più rappresentativi
del capoluogo. Un secondo tragitto, dedicato al Liberty e al Déco, passa per le
vie del quartiere San Donato, attraverso
una serie di edifici storici realizzati tra
la fine dell’Ottocento e l’inizio del NoveNella foto, particolare di Palazzo Madama, a Torino.
Lo scatto è di Salvatore Aiello
SuperAbile INAIL
29 Ottobre 2014
cento da architetti come Fenoglio, Bellini, Benazzo, Gribodo; il terzo e ultimo
itinerario, dedicato al razionalismo e allo stile contemporaneo, si svolge invece
nel quartiere Crocetta.
I percorsi sono del tutto privi di barriere architettoniche: per mesi Palma si
è impegnato a individuare itinerari percorribili dai visitatori in sedia a ruote.
«È stata questa la parte più difficile –
annota –. Con un po’ d’attenzione è facile rendersi conto di quanti ostacoli le
persone disabili debbano aggirare ogni
giorno: buche nell’asfalto, pali divelti,
strade lastricate da pietre sconnesse. E
soprattutto ponteggi, che spuntano da
un giorno all’altro e non consentono il
passaggio delle sedie a ruote».
Un’iniziativa nata proprio mentre a
Torino si faceva sempre più vivo il dibattito sulla cultura accessibile, con associazioni e istituzioni impegnate in
una serie di tavole rotonde sul tema.
Per questo, Torino Paratour ha esordito tra il plauso dell’associazionismo e
una certa attenzione della stampa locale; e stupisce, quindi, constatare come, a un anno dal lancio, il riscontro
non sia dei migliori. «In altre parole –
ammette Palma – tutto è finito il giorno dell’inaugurazione, con la visita di
una delegazione dell’Unione italiana
ciechi: dopo di allora, semplicemente,
non abbiamo più avuto visitatori. Al di
là della vanità personale, è una cosa che
faccio fatica ad accettare: partecipando
spesso a convegni sul tema, so quanto
le persone con disabilità lamentino la
mancanza di iniziative accessibili. Noi
gliene abbiamo offerta una, ed è andata deserta».
Palma, però, non demorde: in cantiere ha già un altro percorso, che attraverserà il Cimitero monumentale di
Torino. «Non voglio darmi per vinto –
conclude –. Quantomeno, per la memoria di Gianni».
OS
IBRIRAGAZZIM TRECINEMAFESTIVALFICTIO
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NFUMET
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 cinema 
Quando il dolore
non ha l’ultima
parola
M
eglio il libro o il film?
La domanda è ricorrente quando nelle sale ci si
imbatte negli stessi titoli che troneggiano nelle librerie. Di certo incuriosiscono le pellicole di
cui abbiamo amato i romanzi o,
viceversa, scopriamo un libro di
cui non sospettavamo l’esistenza
grazie ai trailer e alle locandine.
Forse è il caso di Colpa delle stelle, best-seller di John Greene tradotto in Italia da Rizzoli, sbarcato
nelle sale a inizio settembre nella
trasposizione cinematografica diretta da Josh Boone.
Hazel ha 16 anni, ma ha già alle spalle un vero miracolo: grazie a un farmaco sperimentale, la
malattia che anni prima le hanno diagnosticato è ora in regressione. Ha però anche imparato
che i miracoli si pagano: mentre
lei rimbalzava tra corse in ospedale e lunghe degenze, il mondo
correva veloce, lasciandola indietro, sola e fuori sincrono rispetto alle sue coetanee, con una vita
in frantumi in cui i pezzi non si
incastrano più. Un giorno però il
destino le fa incontrare Augustus
(Gus), affascinante compagno di
sventure che la travolge con la sua
fame di vita, di passioni, di risate, e le dimostra che il mondo non
si è fermato, insieme possono riacciuffarlo. Ma come un peccato
originale, come una colpa scritta
nelle stelle avverse sotto cui Hazel
e Gus sono nati, il tempo che hanno a disposizione è un miracolo, e
in quanto tale andrà pagato.
Cosa rende un libro degno di
essere ricordato? Forse non la trama, ma il modo in cui è raccontata, lo stile, i sentimenti che suscita
nel lettore. Colpa delle stelle potrebbe essere di questa tipologia.
Due adolescenti, lei una ragazza
qualunque un po’ nerd, lui il clasSuperAbile INAIL
TITELEVISIO
NEPERSONAGGILIBRITEA
The Fault in Our Stars
è il titolo originale
del film diretto da
Josh Boone, tratto
dall’omonimo
romanzo di John
Green. Protagonisti
sono Shailene
Woodley e Ansel
Elgort. Distribuita il
6 giugno negli Stati
Uniti, la pellicola
è uscita poi in
Australia e Nuova
Zelanda. In Italia
è nelle sale dal 4
settembre
30 Ottobre 2014
sico belloccio arrogante si incontrano. Complice il cancro, che li
fa innamorare. E fin qui, direte, è
una storia come tante. Ma ha fatto
piangere e ridere i lettori di tutto
il mondo, non solo gli adolescenti. Perché affronta a brutto muso
temi universali come la morte, la
malattia, la necessità di essere ricordati e poi l’amore, la spensieratezza della gioventù e dell’essere
vivi. E li mette a confronto, senza retorica.
Forte anche il valore dell’amicizia: Gus non lascia da solo un
istante Isaac, che a causa del cancro diventerà presto cieco. «Parlami» è la frase ricorrente fra questi
ragazzi dalla vita breve: chiudersi in se stessi è la cosa peggiore che possa capitare all’interno
del loro piccolo circuito di solidarietà. Quindi questi adolescenti
coraggiosi ma non eroici parlano
apertamente, non evitano di affrontarla. Realizzando un’intesa
profonda che sfocia in amore autentico. [Laura Badaracchi]
GRAFIAVIDEOMUSICARADIOLIBRIRAGAZZ
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Raccontarsi
èl una
terapia
valore della parola e della
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Aa.Vv.
Fare i (rac)conti con
il cambiamento
Inail 2013
pagine 224, gratuito
scrittura come strumento per
esprimere il vissuto di chi ha
subito un incidente sul lavoro. Da
questa idea nasce Fare i (rac)conti con il cambiamento, una raccolta dei testi scritti da un gruppo di
persone che hanno vissuto direttamente o come familiari un’esperienza di infortunio o malattia
professionale. Pagine che rappresentano la rielaborazione di una
serie di interviste e del materiale
prodotto durante un laboratorio
di narrazione autobiografica. «Lo
spazio del laboratorio si è trasformato in un luogo dove la memoria
individuale è diventata cronaca
di sé e strumento di rielaborazione del proprio vivere. L’obiettivo
è mettere questo vissuto a disposizione di altri con la finalità di
stimolare processi di riflessione
e sensibilizzazione rispetto ai temi dell’infortunio e della prevenzione nei luoghi di lavoro», spiega
l’assistente sociale Alessia Congia,
della Sede Inail di Torino Centro.
Il libro è dedicato a Mario, «vero “motore” della bella esperienza, scomparso in seguito a una
malattia professionale pochi giorni prima dell’inizio del laboratorio», racconta Congia, curatrice
del lavoro insieme a Valeria Grotto, Serena Peyron, Lucia Portis e
Roberto Sciarra. L’équipe multidisciplinare, attraverso interviste
mirate a conoscere le storie e il laboratorio di scrittura (il tramite
per cui la cronaca è diventata racconto, assumendo una veste più
narrativa e autobiografica, grazie
anche all’utilizzo dei disegni realizzati dagli stessi protagonisti),
ha dato voce a 13 uomini e sette
donne dai 20 ai 70 anni, di varie
nazionalità, che hanno vissuto in
prima persona l’esperienza di un
infortunio sul lavoro o di una malattia professionale.
«Dalle interviste emergeva
l’intenzione di elaborare la propria esperienza attraverso il racconto. Siamo convinti che i vissuti
delle persone possano coinvolgere
molto di più rispetto a interventi
che insistono solo sulle prescrizioni normative e sull’obbligo dell’u-
SuperAbile INAIL
31 Ottobre 2014
so dei dispositivi di sicurezza», fa
notare Congia, evidenziando le
potenzialità del progetto nel campo della prevenzione.
Dopo il successo all’ultimo Salone del libro di Torino, il volume
– scaricabile on line in formato pdf da Inail.it; per richiederlo scrivere a torinocentro@inail.
it – si è affacciato il 13 settembre
al Festival nazionale dell’autobiografia di Anghiari (Arezzo), nato
nel 2011 e promosso dalla Libera
Università dell’autobiografia. «È
stata un’opportunità preziosa –
conclude Congia – per presentare questa esperienza». [L.B.]
AFESTIVALF
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Muta per errore,
narcolettica
perisarioscelta
Morales è muta a cau-
Harper, fashion designer disabile
Si chiama Harper, ed è una giovane
disegnatrice di moda in sedia a
ruote rosa. Ma soprattutto è il
nuovo personaggio del cast di
Archie, la serie a fumetti pubblicata
da Archie Comics che fin dal 1941
racconta le avventure del teenager
Archie Andrews e dei suoi compagni
di scuola di Riverdale. A ispirare
questa divertente new entry,
schietta, fashion e molto attenta
agli stivali che indossa, è stata una
persona reale.
Si chiama
Jewel Kats, ed
è un’eccentrica
canadese
autrice di libri
per bambini
disabili (tra gli
altri ha scritto
Cinderella’s
magical
wheelchair,
ovvero La
sedia a rotelle
magica di Cenerentola, e The princess
and the ruby: an autism fairy tale,
cioè La principessa e il rubino: una
favola sull’autismo). Come Harper,
anche lei si sposta su una sedia
a ruote in seguito a un incidente
stradale ed è sempre all’ultima
moda. [Laura Pasotti]
L
sa di un maldestro intervento
chirurgico, ma legge di nascosto Cervantes e scrive lettere
alla Madonna. È poco più di una
bambina quando le propongono
per la prima volta il matrimonio:
per sottrarsi cade addormentata. Quando non può opporsi alla violenza degli adulti, dorme.
E addormentata da mesi, come
la protagonista della più classica
delle fiabe, la riceve in cura Avicente Iguelmano, medico fallito giunto a Napoli per rifarsi una
reputazione. Tra mille incertezze, pudori, paure, la terapia sarà coronata dal successo, e però
spalancherà davanti alla mente
del dottore, fragile, superstiziosa,
supponente – barocca –, un vero e
proprio abisso di fantasmi e di terrori, tutti con una radice comune:
il mistero profondo, conturbante,
indescrivibile del piacere femminile, l’incontrollabile ed eversiva
energia delle donne.
Finalista al premio Strega, Lisario o il piacere infinito delle donne di Antonella Cilento, edito da
Mondadori, è soprattutto un romanzo di avventure. La storia di
una donna che scopre il piacere,
di un pittore che scopre la passione, di una città intera che si ribella
ai potenti. Come scenario, l’affresco della Napoli barocca fra Masaniello e la peste riassume la sua
forma fastosa, miserabile ed eccessiva. [L.B.]
SuperAbile INAIL
La vita prima e
dopo
l’incidente
icordi nostalgici di viaggi,
Antonella Cilento
Lisario o il piacere
infinito delle
donne
Mondadori 2014
pagine 300, euro 17,50.
Nicola Codega
Sempre in piedi
Acrobat Media 2014
pagine 224, euro 15
32 Ottobre 2014
R
concerti, vacanze, gare. L’esistenza di Nicola Codega,
autore della sua biografia Sempre
in piedi (edito da Acrobat Media),
somiglia a un treno in corsa. Fino
al drammatico incidente, quel 22
luglio 1998 poco dopo le 19, quando il tempo sembra dilatarsi e
quasi arrestarsi: mentre è in sella al suo scooter, l’ex campione di
atletica leggera viene travolto da
un’auto che non rispetta lo stop e
lo catapulta nella carreggiata opposta, dove un altro veicolo lo falcia. Esito: lesione permanente alla
colonna vertebrale.
«Sogno spesso che qualcuno
mi voglia far del male, ma riesco sempre a scappare. Questo è
un lato del mio carattere: mi trovo con frequenza in situazioni
difficili, ma in qualche modo riesco sempre a uscirne», annota
Nicola nel volume, che ha la prefazione del calciatore Gianluigi
Buffon. Lo testimoniano le pagine scritte, dallo stampo diaristico,
in cui i fatti si mescolano a riflessioni e sentimenti. Gli affetti risultano fondamentali per il lungo
percorso di accettazione della paraplegia: Nicola sceglie di «vivere,
non di sopravvivere», nonostante
i ricoveri e le piaghe da decubito.
Laureato in economia aziendale,
lavora presso Carrafiere, fa parte dell’associazione Handysuperabile, pratica tre sport (vela, sci
e tennis) e da qualche tempo si
cimenta nel teatro classico e improvvisato. [L.B.]
SICARADIOLIBRI
RAGAZZIM
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OSTRECIN
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FICTIONFUMETT
 Libri 
In bilico, alla
ricerca
di stabilità
nna Conte racconta alla fi-
A
glia i fatti che hanno segnato la sua vita. In un percorso
che è allo stesso tempo introspettivo e concretamente lucido, si
staglia in primo piano una personalità forte ma comunque ferita.
Che innesca un meccanismo autolesionista: pur controllato, sfocia in anoressia e bulimia, poi
nella sclerodermia. Oggi Anna è
in ossigeno-terapia e in lista di attesa per il trapianto di entrambi i
polmoni. Malgrado tutto, non si
arrende e si aggrappa con determinazione alla vita. Lo scopo del
romanzo Tacco 12. In bilico sulla vita, scritto con ironia ed edito
da Progedit, è dunque terapeutico. Al volume è stato assegnato il
premio Il Tassello 2014. [L.B.]
Anna Conte
Tacco 12. In bilico
sulla vita
Progedit 2014
pagine 104, euro 16
 Ragazzi 
Le parole
nonallasono
tutto
solitudine di una nonna
D
malata di Alzheimer e di un
bambino dislessico nasce un
incontro che ha il sapore della salvezza. E della sconfitta di un male
che lancina e ha il potere di isolare
chi ne viene colpito dal resto dei
suoi simili. Dopo la selezione da
parte di Ibby International, l’organizzazione internazionale nata
nel 1953 per promuovere la letteratura per l’infanzia, come miglior libro 2013 per i ragazzi con
disabilità, Coccole books ha deciso di dare alle stampe una nuova
Arianna Papini
Le parole scappate
Coccole books 2014
pagine 52, euro 12
età: da 7 anni
edizione di Le parole scappate: un
piccolo e prezioso volume scritto
e illustrato da Arianna Papini, autrice molto apprezzata da chi ama
pensare ai libri per bambini come un formidabile strumento per
esplorare la realtà, anche quella
più difficile, con gli occhi limpidi dell’infanzia.
In questo caso si tratta di un libro a due voci, nel quale il pensiero della nonna si alterna a quello
del bambino. È la donna a iniziare, in un incipit incantevole:
«Non so chi sono. Ma sono viva.
Ho molti anni, credo. Le persone
di questa famiglia mi pare di conoscerle a volte. Ci sono una donna e un uomo, lui tanto bello non
è. Lei invece mi è più familare, mi
ricorda qualcosa». Come lei, suo
nipote non riesce a trattenere le
parole, nemiche cattive e misteriose, che si stagliano su un foglio di carta fredde e sconosciute:
«Da quando è iniziata la scuola,
tre anni fa, la mia vita è parecchio
difficile. Sono diverso dagli altri
bambini, forse. Sto sempre fuori
dal gruppo. Le maestre all’inizio
mi sgridavano perché le cose fatte
un momento prima se ne andavano dalla testa, come se non fossero esistite mai. Poi è stato peggio.
Pensano che non posso capire,
che non ce la faccio». Proprio da
questa sensazione di inadeguatezza nasce un punto di contatto
tra i due. Che si sentono reciprocamente accolti e mai condannati. E che riescono infine non solo
a trovare un punto di contatto
nella magia del disegnare insieme, ma anche a riallacciare il filo
con il proprio pensiero. Riconquistando fiducia e identità nei
due estremi dell’esistenza. [A.P.]
SuperAbile INAIL
33 Ottobre 2014
Ability Channel ha vinto il
Festival “Malati di cinema”
Il riconoscimento come migliore
web tv del Festival “Malati di
cinema” di Rutigliano, vicino
Bari, è andato ad Ability Channel
(Abilitychannel.tv). Il portale
dedicato a sport e disabilità
ideato da Michelangelo Gratton
ha presentato i video La favola di
Francesco, il sogno di un ragazzo
con una gamba sola di creare la
prima squadra di calcio formata
da persone amputate (realizzato
in collaborazione con As Roma
Calcio), Illusione e disperazione
di un ragazzo disabile, monologo
fantastico ma basato su una storia
vera e, infine, Quando il rock batte
la paralisi, ovvero Vincenzo e il suo
talento per la batteria nonostante
la disabilità. Al secondo posto
Nps Italia onlus, con la mini serie
web sulla sieropositività Virus 4,
mentre il premio per il miglior
cortometraggio è andato a Gabriele
Villa per Le verità di mezzo. [M.T.]
GRAFIAVIDEOMUSICARADIOLIBRIRAGAZZ
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EPERSONAGGILIBRITEAT
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Fuori Posto, dal
palco
alla piazza
iventerà una mostra foto-
D
grafica itinerante, che girerà l’Italia nei prossimi
mesi, “Fuori Posto - Festival dei
teatri al limite”, andato in scena
a settembre in uno dei luoghi più
impensati: i parchi pubblici della Capitale, esposti al passaggio
casuale di famiglie e gruppi di
ragazzi. Che hanno saputo raccogliere la sfida e fermarsi a guardare spettacoli e performance
dove l’arte incontra la disabilità,
e si lascia contaminare.
Sul palco (si fa per dire) si sono avvicendate alcune tra le compagnie di artisti disabili e non
più famose del Paese. Che per
l’occasione hanno lasciato i teatri, facendosi a loro volta contagiare dagli umori dei passanti.
Tra gli artisti che si sono esibiti, la compagnia DreamTime di
Milano, l’Accademia della follia
di Trieste, il Laboratorio teatrale integrato Piero Gabrielli, Fuori
contesto, Pezzi di ricambio e Teatro Buffo di Roma. Ma anche Simona Atzori e la sua Simon Art
Dance Company, molto apprezzata dagli spettatori e soprattutto
dai tanti bambini presenti.
«Siamo riusciti a raggiungere
il nostro obiettivo – commenta
Emilia Martinelli, attrice, insegnante di dance ability e direttrice artistica del Festival –. La
nostra idea è stata quella di irrompere nei luoghi pubblici, attirando l’attenzione dei passanti
per proporre loro un altro punto
SuperAbile INAIL
La seconda edizione
di “Fuori Posto Festival dei teatri al
limite”, che ha avuto
luogo a Roma dal 6
al 25 settembre, è
stata organizzata
dalla cooperativa
sociale Eureka Primo
e dall’associazione
culturale Fuori
Contesto, con il
sostegno di Roma
Capitale
34 Ottobre 2014
di vista sulla disabilità. Ci siamo
rivolti a degli spettatori casuali,
che non conoscevano gli attori e
le compagnie e non avevano idea
di quello che li aspettava. E la loro
risposta è stata più che positiva».
Tra le performance più applaudite, uno dei monologhi tratti
dal progetto “Affari di famiglia”.
Scritto e diretto dalla stessa Emilia Martinelli, porta in scena il
rapporto tra una madre e il proprio figlio disabile: un cordone
ombelicale impossibile da recidere fatto di amore, rabbia, provocazione, tenerezza e complicità.
«Il monologo fa parte di un lavoro più vasto che vuole raccontare
ciò che avviene tra le mura domestiche – spiega l’autrice –. Le protagoniste sono tutte donne colte
in un momento di svolta della loro vita». [A.P.]
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La danza
inclusiva
di Maria
ra l’unico film italiano in
E
concorso alla 29a Settimana internazionale della critica, nell’ambito della 71a Mostra
del cinema di Venezia. Dancing
with Maria di Ivan Gergolet è
un documentario – il primo lungometraggio diretto dal regista
friulano – sul Maria Fux, coreografa e danzaterapeuta argentina che svolge da oltre 40 anni il
lavoro di formazione alla danzaterapia in vari paesi dell’America
e dell’Europa, nei quali è ampiamente praticato il suo metodo per
il recupero psicofisico attraverso
il movimento creativo in diverse
situazioni di disabilità.
«Nei suoi corsi danzano insieme ballerini di qualsiasi condizione ed estrazione sociale, uomini e
donne con malattie fisiche e mentali, alla scoperta di se stessi e degli altri. L’incontro con l’energia
e la danza di Maria cambiano la
vita di chi l’incontra – riferisce
Gergolet, classe 1977 –. Dopo aver
sperimentato e trasmesso agli altri per tutta una vita il suo metodo basato sulla percezione dei
ritmi interni e sulla simbiosi con
la musica, Maria Fux ha preso in
consegna un’ultima allieva, forse la più difficile: se stessa». Ultranovantenne, «non ha perso la
verve e la grazia che ne hanno fatto una
delle grandi della danza», afferma
il regista, che
ha girato nella scuola della Fux dove «la
missione è trasformare con
la danza e la
simbiosi con
la musica i limiti di ognuno in risorse».
Perché – sostiene l’anziana insegnante – «la
danza è l’incontro di un essere
con gli altri». Tra il 1954 e il ’60 è
una delle prime ballerine del Teatro Colon di Buenos Aires e gira
il mondo. Nei cinque anni successivi dirige il “Seminario di danza” all’Università nazionale della
capitale argentina. Nel ’68 presenta al Congresso internazionale di musicoterapia una relazione
su “La danza come terapia”: per la
prima volta si parla del ballo come mezzo educativo ed espressivo per gli audiolesi. Da allora
Maria diventa un punto di riferimento; nel 1980 inizia la sinergia
con Lilia Bertelli, con cui fonderà
a Firenze nel 1989 il Centro toscano di formazione in danzaterapia
“Maria Fux”. Oggi molti operatori, medici e psicologi hanno
sperimentato la validità del metodo-Fux e lo adottano a scopo riabilitativo e terapeutico nella cura
di persone di varie età con disabilità sensoriali (cieche e sorde),
con sindrome di Down o disagi
psicologici. [L.B.]
Braccialetti rossi fa il bis.
E sbarca negli States
La seconda serie della fiction
Braccialetti rossi, realizzata da
Palomar e Rai Fiction, andrà in onda
su Rai Uno nel primo semestre del
2015. Previste quattro puntate;
altrettante costituiranno la terza
serie. Braccialetti rossi è la riproposizione del format catalano Polseres
vermelles, creato da Albert Espinosa
e Pau Freixas.
I diritti di remake per gli Stati Uniti
– dove la serie s’intitola Red band
society, in onda su Fox dal 17 settembre – sono stati acquistati da
Steven Spielberg, che ha prodotto
22 episodi da 45 minuti ciascuno. La
serie, narrata da Charlie, ragazzo
dodicenne in coma, segue le vite
quotidiane di sei ragazzi nell’Ocean
Park Hospital di Los Angeles. Tra
loro anche Jordi, illegalmente arrivato dal Messico. [L.B.]
SuperAbile INAIL
35 Ottobre 2014
RUBRICHE Inail... per saperne di più
Monica Livella*
Dopo l’auto-mutuo aiuto, nasce
l’associazione Fly Handbike
Nella Sede Inail di Cremona un gruppo di infortunati,
condotto da una psicologa e psicoterapeuta, ha finalizzato
positivamente l’interesse condiviso per lo sport. “Complice”
un regalo del Centro protesi di Vigorso di Budrio
T
I disegni di questa sezione del Magazine sono di Saul Steinberg
ra la fine del 2012 e i primi mesi del 2013 si è costituito presso
la Sede Inail di Cremona un gruppo di auto-mutuo aiuto di infortunati con la particolarità di non essere un
gruppo alla pari, ma di essere condotto da una professionista, psicologapsicoterapeuta, esperta di conduzione
di gruppi. È stata proprio la formazione specifica del conduttore che ha
permesso al gruppo di vedersi, conoscersi, ri-conoscersi, trovare forza in
sé e, partendo da requisiti e interessi personali, darsi fiducia e forza per
sperimentarsi in un proprio progetto
condiviso e ampliabile ad altri.
Il lavoro svolto all’interno del gruppo si è posto l’obiettivo di affrontare
l’elaborazione del passaggio dal “non
sono più come prima=non sono più”
al “posso essere in un altro modo,
non sono riducibile alle mie gambe o
alla mia parte di corpo interrotta”.
Così il gruppo in quanto tale è
diventato luogo di scambio affettivo, di condivisione dell’esperienza
emotiva, di universalizzazione della sofferenza. La crescita di un sentimento di forte aggregazione nel
gruppo ha portato al consolidamento dell’interesse comune a molti nel
praticare un’attività sportiva e la Sede Inail ha contribuito fornendo agli
interessati, attraverso il Centro protesi di Vigorso di Budrio (Bologna), una
handbike anche per l’uso agonistico.
Una prima esperienza per il gruppo
è stata la gara organizzata con Anmil
Cremona a Sergnano nell’aprile del
2013, in collaborazione con l’Associazione sclerosi multipla. Da quel momento in poi, l’impegno e la voglia di
aggregarsi attorno a una passione comune, facendo tesoro della rete di relazioni che l’esperienza di auto-mutuo
aiuto aveva generato, sono stati sempre maggiori, tanto da arrivare alla
nascita dell’associazione sportiva Fly
Handbike Cremona. Il gruppo ha dato la possibilità a ogni partecipante di
condividere esperienze analoghe con
altre persone, creando uno “spazio di
pensiero” aperto, indispensabile per
ri-cucire e re-integrare la propria immagine e aprirsi al cambiamento che,
nell’esperienza di Cremona, è stato
veicolato dallo sport.
Le relazioni, quelle che concretamente portano al cambiamento, sono
il motore di Fly Handbike, che offre a chi ha una disabilità nuove opportunità di scambio, di incontro.
Testimoniando un’esperienza di socialità allargata anche ai familiari: il
sito internet dell’associazione, infatti,
è gestito da alcuni di loro che con dedizione riportano i traguardi, le storie
e gli obiettivi degli atleti.
La Sede Inail di Cremona ha visto
nascere tutto questo: il funzionario
socioeducativo, Maria Teresa Rondina, che ha seguito con passione il
progetto, i membri della équipe multidisciplinare e tutti i colleghi vivono
con interesse, e con un po’ di orgoglio campanilistico, gli ottimi risultati agonistici che vengono raggiunti e
riportati su Flyhandbikecr.com.
* Responsabile della Sede Inail di Cremona
SuperAbile INAIL
36 Ottobre 2014
RUBRICHE Previdenza
Gabriela Maucci
Reversibilità e università:
nessun diritto negato
La pensione di reversibilità spetta ai figli orfani che
intraprendano un percorso accademico, purché non siano
fuori corso. E comunque la prestazione può essere erogata
agli studenti dalla data d’iscrizione all’ateneo fino ai 26 anni
N
essun diritto negato per quei figli che ricevono la pensione di
reversibilità dei propri genitori e
intendano frequentare corsi universitari. La pensione di reversibilità spetta
infatti ai figli minori di 18 anni, ai figli inabili di qualunque età e a carico
del genitore, ai figli studenti di scuola
media o professionale di età compresa
tra i 18 e i 21 anni a carico del genitore e che non svolgano attività lavorativa, e ai figli studenti universitari per
tutta la durata del corso legale di laurea e comunque non oltre i 26 anni di
età purché siano a carico del genitore e, anche in questo caso, non svolgano attività lavorativa. La pensione di
reversibilità spetta poi anche al figlio
superstite, studente universitario, che
dopo il conseguimento della laurea si
iscriva a un corso di specializzazione o
di perfezionamento presso facoltà universitarie. La prestazione sarà erogata
dalla data di iscrizione al corso fino al
compimento del 26esimo anno di età.
Quando un genitore viene a mancare, i figli – anche adottivi, naturali o
solo dell’altro coniuge – possono conSuperAbile INAIL
37 Ottobre 2014
tare sulla pensione di reversibilità, pure in mancanza del coniuge superstite.
L’assegno continua a essere pagato, anche dopo il compimento della maggiore età, se i figli stessi frequentano un
corso di studi o se sono completamente inabili.
Il riconoscimento non è tuttavia automatico, come avviene per
i figli minori, in quanto per studenti e persone inabili sono fissate precise condizioni, anche di reddito, dalle
quali non si può prescindere. Dopo il
18esimo anno di età, i figli hanno diritto alla pensione di reversibilità se
sono ancora studenti. Occorre distinguere, però, due situazioni: la pensione spetta fino al completamento del
corso di studi, ma non oltre il 21esimo
anno di età; la pensione spetta anche
per la durata del corso legale di laurea, ma non oltre il 26° anno di età. I
periodi fuori corso sono in ogni caso
“fuori pensione”, anche se lo studente ha meno di 26 anni. In altre parole,
quando si è fuori corso, non si ha diritto alla pensione di reversibilità, anche
se non si è compiuta l’età stabilita per
legge (26 anni).
In genere, ogni università ha un regolamento proprio per determinare
quando lo studente è fuori corso. Se un
figlio studente, ottiene la licenza liceale a 21 anni e si iscrive a una Università che preveda un corso di sei anni, la
pensione viene pagata fino al 26° anno di età, anche se il corso legale non
è ancora terminato. La normativa favorisce anche chi, una volta conseguita la prima laurea, decide di iscriversi
a un’altra facoltà o a un corso di specializzazione. In questo caso, infatti,
il pagamento della pensione continua
anche dopo il conseguimento del primo titolo, comunque non oltre il compimento del 26° anno di età.
RUBRICHE Mobilità
Antonello Giovarruscio
Decreto semplificazione.
Ecco cosa cambia
Abolito dallo scorso giugno il ricorso alle Commissioni
mediche locali per il rinnovo delle patenti speciali B da
parte dei guidatori con patologie stabilizzate. Una svolta
storica per le associazioni delle persone con disabilità
C
ambia la mobilità per i cittadini con disabilità. A decretare il
cambiamento il decreto legge 24
giugno 2014, n. 90, “Misure urgenti
per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza
degli uffici giudiziari” che, all’art.25
“Semplificazione per i soggetti con invalidità”, mette il governo nelle condizioni di intervenire con una serie
di misure importanti. Misure definite “storiche” dalle stesse associazioni
a difesa dei diritti delle persone con
disabilità sui temi della mobilità, del
lavoro, dell’indennità per i minori,
della rivedibilità degli accertamenti.
Il decreto, entrato in vigore il 25 giugno scorso, è in attesa di conversione
in legge, ma sono già in molti a tirare finalmente un sospiro di sollievo.
A esprimersi in questo senso è
la Federazione delle associazioni nazionali disabili (Fand) che, in una nota ufficiale, parla espressamente di
“svolta storica” per i possessori di pa-
tenti speciali B con patologie stabilizzate, i quali, nelle fasi di rinnovo, non
dovranno più ricorrere alle Commissioni mediche locali (Cml), ma seguire l’iter come tutti gli altri patentati.
Un risparmio di tempo per i cittadini, un risparmio di denaro per la Pubblica amministrazione. Centrali poi, a
parere dell’Anglat (Associazione nazionale guida legislazioni andicappati
trasporti), i primi tre commi dell’articolo in questione: il primo comma su
patente e guida prevede che nelle Cml
deputate al riconoscimento dell’idoneità alla guida nel caso di “minorazioni o infermità” sia presente un
rappresentante designato dalle associazioni a tutela dei diritti delle persone con disabilità; il secondo comma
stabilisce che i soggetti con patologie
stabilizzate, che non necessitano di
SuperAbile INAIL
38 Ottobre 2014
modifiche delle prescrizioni o delle limitazioni in atto certificate dalle Cml, non devono più passare per la
Commissione per i successivi rinnovi
e che, soprattutto, come tutti gli altri
patentati devono essere rispettati gli
stessi limiti temporali; il terzo comma tratta di parcheggi riservati e interviene sulla gratuità dei parcheggi,
attraverso la modifica dell’articolo 381
del Regolamento del codice della strada e successive modificazioni, e impone ai Comuni di “stabilire”, nelle aree
destinate a parcheggio a pagamento gestite in concessione, un numero
di posti destinati alla sosta gratuita
ai possessori di contrassegno disabili europeo, superiore al limite minimo previsto dalla normativa vigente
(un posto ogni 50 o frazione di 50 posti disponibili).
Questa disposizione, in precedenza facoltativa, interviene ora in maniera impositiva, obbligando i gestori
ad adeguare gli spazi comunali avuti in concessione, tenendo finalmente
in considerazione i diritti dei cittadini con disabilità. Ad accogliere positivamente la sinergia, che ha portato
al provvedimento, anche la Federazione italiana superamento dell’handicap (Fish).
l’ESPERTO RISPONDE
a cura del Consorzio sociale Coin
Patente
A mio padre, in fase di rinnovo patente
speciale AS/BS, la Commissione medica
ha prescritto degli adattamenti
alla guida. Nello specifico i codici
riportati sono i seguenti: 42-20-40-10.
Vi chiedo cortesemente se potete
fornirmi delucidazioni in merito,
anche relative al contributo regionale
sulle modifiche del veicolo e/o a chi
rivolgermi.
Occhiello
a circolare ministero dei Trasporti del
30 luglio 2003 individua e indica i codici
di prescrizione degli adattamenti di guida,
per patente A/B e C speciale, relativamente alle singole minorazioni presentate dalla persona con disabilità. Nello specifico, i
codici riportati nella patente di suo padre
corrispondono a: codice 42 (specchietto retrovisore, panoramico o supplementare);
codice 20 (freno adattato); codice 40 (servosterzo); codice 10 (cambio automatico).
Ovviamente, con i sub-codici vengono poi
espressi gli adattamenti più idonei.
Per quanto riguarda il contributo sull’adattamento del veicolo previsto dall’art. 27
della legge 104/1992 a favore dei titolari di
patente di guida delle categorie A, B, e C
speciale, segnaliamo che hanno diritto a richiederlo le persone con ridotte o impedite
capacità motorie permanenti.
È possibile – come
lei suggerisce – che
alcune regioni preve-
L
dano la concessione del contributo anche
verso chi adatta il veicolo al trasporto di
una persona con ridotte o impedite capacità motorie. Inoltre in alcune Regioni il
contributo è concesso anche a chi non ha
la gravità dell’handicap, presentando solo il certificato di invalidità. Si consiglia di
informarsi su quanto previsto nella propria Regione di residenza rivolgendosi alla Asl. Il contributo è relativo alla spesa per
la modifica degli strumenti di guida, quale
strumento protesico extratariffario. Il contributo è concesso dalla Regione di competenza tramite le Asl nella misura del 20%.
Per approfondimenti, occorre rivolgersi alla Asl di proprio riferimento, di solito all’ufficio ausili e protesi. In materia di
agevolazioni fiscali, la rimandiamo al sito
internet dell’Agenzia dell’entrate e in particolare alla guida Agevolazioni fiscali per le
persone con disabilità,
aggiornata al dicembre
2013.
Scuola
Sono la mamma di un bambino di
undici anni affetto da epidermolisi
bollosa distrofica, impossibilitato a
frequentare la scuola. Sono previste
forme di scolarizzazione a domicilio?
Occhiello
ei casi in cui il minore sia impossibilitato alla frequenza scolastica per
almeno 30 giorni a causa di malattia e sottoposto a cicli di cura periodici, è possibile che venga seguito a casa da uno o più
docenti, a seguito di approvazione di uno
specifico progetto, in modo da proseguire il percorso di apprendimento e facilitare il suo successivo reinserimento in classe.
La procedura da osservare per l’attivazione dell’istruzione domiciliare è la seguente: la scuola interessata elabora un progetto
di offerta formativa nei confronti dell’alunno impedito alla frequenza scolastica, con
l’indicazione della sua durata, del numero
dei docenti coinvolti e dichiaratisi disponibili e delle ore di lezione previste. Il progetto viene approvato dal Collegio dei docenti
N
SuperAbile INAIL
39 Ottobre 2014
e dal Consiglio d’istituto e inserito nel Pof
(Piano offerta formativa). La richiesta, con
allegata certificazione sanitaria, e il progetto elaborato vanno poi inoltrati al competente Ufficio scolastico regionale, che
procede alla valutazione della documentazione presentata, ai fini dell’approvazione
e della successiva assegnazione delle risorse finanziarie.
L’assegnazione di risorse (ex legge n.
440/1997) garantisce il funzionamento
delle sezioni ospedaliere, l’attivazione di
progetti di istruzione domiciliare e la formazione del personale coinvolto, per garantire sempre il diritto allo studio e alla
formazione della persona, anche in situazione di difficoltà, improntati al massimo
della personalizzazione.
pinzillacchere
Mattanze
“inevitabili”
N
on sopporta la sofferenza del figlio. O
della figlia. O della moglie. O del papà. O della
mamma. La loro vita è
diventata un inferno,
con quella persona disabile in casa. Uccide il
figlio disabile e poi si toglie la vita. Ammazza
tutti e poi si spara. Oppure ammazza e non
riesce a suicidarsi. Ecco, in fila casuale, una
possibile serie di titoli di giornale, di telegiornale, di sito web. Ogni volta che si verifica
una tragedia familiare nella testa dei giornalisti scattano i luoghi comuni, c’è la necessità
assoluta di trovare subito la spiegazione più
facile, convincente, plausibile, direi persino
accettabile e giustificabile.
Ecco il punto: giustificabile. Ammazzare
una persona con disabilità (quasi sempre
di tipo mentale, ma anche spesso solo
fisica, di gravità variabile) è una notizia di
cronaca da trattare rovistando con pigrizia
nel cassetto delle frasi fatte. È un richiamo
irresistibile, forse per togliersi il peso di un
possibile approfondimento, forse perché in
questo modo è possibile giocare sulla pietà,
sulla sofferenza, sull’idea che disabilità e
sofferenza, disabilità e peso insopportabile,
disabilità e tragedia, vadano di pari passo.
Io non ce la faccio più. Vorrei almeno
una moratoria. Ma quando mi permetto di
protestare, di sostenere che una vita – per
quanto complicata e bisognosa di servizi e
di supporti, di affetto e di cura – è in ogni
caso preziosa e degna di essere vissuta,
vengo accusato di non capire, di non
conoscere davvero l’inferno nel quale vivono
le famiglie. Ma in questo modo i morti
ammazzati ci saranno sempre, e l’opinione
pubblica accetterà queste mattanze come
inevitabili e, in qualche misura, giuste.
Il buon giornalismo, forse, può fare la
differenza. Cominciamo a raccontare le storie
dal punto di vista delle vittime, delle persone
uccise. Facciamo i giornalisti.
moda utile Thando Hopa, una modella albina
contro la superstizione
V
olti femminili per
combattere i pregiudizi che in Africa
ruotano intorno all’albinismo. Uno di questi è
quello di Thando Hopa,
una ragazza albina sudafricana che ha messo
da parte la carriera da
avvocato per fare la
fotomodella. Una scelta
fatta per lottare contro
la discriminazione che
aleggia verso questa
malattia genetica,
partendo dalle riviste
patinate. Un modo diverso per continuare a
difendere i diritti civili
e denunciare l’emarginazione a cui sono
condannati gli albini.
In tutto il continente
africano, infatti, le
persone colpite da
questa malattia
vengono discriminate
e perfino uccise per
superstizione: secondo
false credenze, i loro
organi servirebbero
a realizzare talismani
miracolosi.
La scelta di Thando
Hopa segue la strada di
un’altra modella albina,
Refilwe Modiselle,
che lo scorso anno
aveva fatto scandalo
e suscitato clamore
mediatico prestando la
propria immagine per
alcuni manifesti affissi
sempre in Sudafrica.
[M.T.]
che impresa La Bottega informatica
A
lle origini era una bottega
di falegnameria e restauro
mobili: oggi è La Bottega informatica. Ne ha fatta di strada
questa cooperativa sociale di
Brescia in 28 anni di integrazione
e 23 di servizi. Nata nel 1986,
nel ‘91 ha cambiato vocazione,
indirizzo: Via Buffalora 3/h
continuando però a occuparsi di
25135 Brescia
inserimento lavorativo soprattel.: 030/2357712
tutto delle persone con disabilità
e-mail: form sul sito
sito web: Labottegainformatica.it fisica, ma anche psichica, intipo: società cooperativa sociale tellettiva o con problemi di
dipendenza. Tra le attività prinonlus
cipali, la gestione di call center
anno di nascita: 1986
fatturato: 5,5 milioni di euro (2013) e sportelli ospedalieri-sanitari o
per la riscossioni di tributi locali,
soci: 132, di cui 37 disabili
l’inserimento dati e – novità – la
lavoratori: 112, di cui 62 disabili
digitalizzazione dei documenti.
tipologia di contratti: lavoro
Una realtà solida, che l’anno
dipendente
scorso ha chiuso con un utile di
stipendio medio: 1.200 euro (netto
40mila euro e un incremento di
medio per full time)
SuperAbile INAIL
40 Ottobre 2014
scavi Ha oltre 1.500 anni il più
antico caso di sindrome di Down
tendenze Carolina, insegnante brasiliana senza
braccia, spopola sul web
I
l più antico caso documentato di
sindrome di Down è datato tra il
quinto e il sesto secolo. La scoperta,
pubblicata sull’International Journal
of Paleopathology e ripresa in Italia
dal magazine Galileo, è avvenuta grazie al ritrovamento dello scheletro di
un bambino nella necropoli di SaintJean-des-Vignes, in Francia.
Gli scavi hanno portato alla luce
anche i resti di altre 93 persone. Ma il
cranio del bambino, di circa sei anni,
presenta alcune anomalie: forma tondeggiante, lobo occipitale appiattito,
ossa sottili e assenza di alcuni denti:
tutte malformazioni frequenti nelle persone
con Trisomia 21. Gli archeologi hanno osservato
che il piccolo è stato seppellito esattamente
come gli altri scheletri, ipotizzando quindi che
non fosse stato discriminato. [M.T.]
fatturato dell’1,4%. «Quest’anno
però le nostre commesse si
sono ridimensionate e, di conseguenza, anche il numero dei
dipendenti: da 250 sono passati a
un centinaio – spiega Paola Rossi,
dell’ufficio personale –. Abbiamo
perso gli appalti degli Spedali
civili di Brescia e dell’Azienda
ospedaliera di Desenzano del
Garda. Fortunatamente, i lavoratori sono stati assorbiti dalle
cooperative che hanno vinto i
due bandi e ci restano grandi
clienti come l’Istituto ortopedico Galeazzi di Milano, l’Ausl di
Ravenna, Engineering Tributi e
Mondadori». Proprio il settore
privato sembra rappresentare la
nuova sfida per il futuro, insieme
all’archiviazione ottica dei documenti. [M.T.]
Il giorno delle nozze la brasiliana
Carolina Tanaka Meneghel, nata
senza braccia, ha usato i piedi
per mettere l’anello al dito dello
sposo. La ragazza è diventata
famosa grazie a un servizio sul
canale televisivo G1 (in alto, foto
di Fernanda Zanetti, G1; a sinistra,
uno scatto di Ivan Delabio)
È
la “Simona Atzori” brasiliana. Perché, proprio come la quarantenne
ballerina e pittrice milanese, Carolina Tanaka Meneghel è nata 29 anni
fa senza braccia ma fa tutto con i piedi e con assoluta normalità: guida una
vettura adattata, si trucca, scrive a penna e al computer, sbriga le faccende
domestiche. Si è laureata in educazione fisica nel 2007 e ha da poco superato
un concorso pubblico per docenti del comune di Piracicaba, nello Stato di
San Paolo.
Carolina spopola su Youtube grazie a un servizio realizzato a maggio dal
canale televisivo brasiliano G1. Che ha raccontato come, fin da piccola, la
ragazza è stata incoraggiata dai genitori: «Mi hanno detto di inseguire i miei
sogni. È quello che ho fatto», dice alle telecamere. Un’altra analogia con la
storia di Simona Atzori, perché i suoi l’hanno sempre spronata a praticare la
danza, la pittura e a socializzare con tutti.
I genitori di Carolina non sapevano che sarebbe nata senza braccia,
proprio come quelli di Simona: «L’inizio è stato molto complicato, ma a dare
la risposta è stata Carolina, che fin da piccola ha cominciato a usare i piedi
per fare tutto», ricorda la madre Dina de Paula Tanaka. Il periodo più duro è
stato quello dell’adolescenza: «È stato molto difficile, ma non mi sono mai
bloccata interiormente». Il 29 novembre 2011 la ragazza ha sposato Jonas
Meneghel, 30 anni: «Abbiamo parlato molto della mia disabilità, ma lui mi ha
sempre sostenuta. Il prossimo sogno? Diventare mamma. Un’altra sfida, ma
per Carolina «tutto è superabile e sono certa che andrà bene». [L.B.]
SuperAbile INAIL
41 Ottobre 2014
pinzillacchere
fai da te Lo Hobbit in simboli: la sfida di un papà
S
ta trasformando uno dei bestseller di
Tolkien in un In-book, ovvero un libro
fatto di simboli, concetti e poche semplici
parole. Ora è al quarto capitolo. A “tradurre”
Lo Hobbit nei caratteri della comunicazione
aumentativa alternativa (Caa) è Luca Errani,
un papà che abita a Bentivoglio, in provincia
di Bologna. E lo sta facendo non solo per
sua figlia Chiara, ventenne che da sempre si
esprime e apprende attraverso questa forma
di linguaggio, ma «per tutti i ragazzi che
hanno bisogno di letteratura adatta alla loro
età e disabilità». Infatti il romanzo viene pian
piano pubblicato sul blog di Chiara (Kueta.
blogspot.it), dove anche i suoi post sono
scritti in simboli, e poi condiviso su Facebook.
L’obiettivo è quello di riscrivere il corposo
volume, riducendo e “riadattando” i
contenuti di questo classico del fantasy
senza però perdere d’intensità. Un lavoro
lento e complesso, ora semplificato grazie
all’aiuto di Symhelper: un software nato dalla
collaborazione tra Luca Errani e Paolo
Mantovani, esperto di open source. Il
programma, che si scarica gratis dalla
rete, “riquadra” automaticamente
i simboli e le parole utilizzati nella
Caa (Comunicazione aumentativa
e alternativa). «Prima disegnavo
i quadratini manualmente, ma questo
significava notti insonni e pochi libri. Adesso è
tutto più veloce», racconta Errani. Symhelper
coinvolge anche il Centro sovranazionale di
comunicazione aumentativa, l’associazione Il
volo (nel Ferrarese) e l’Ausilioteca di Bologna.
E per sopperire la mancanza di figure che
di solito si riscontra negli in-book, Fausto
Lobrano sta arricchendo la storia con le
illustrazioni delle avventure di Bilbo, Gandalf,
Thorin e tutti gli altri personaggi. Ma il sogno
del papà di Chiara sono «biblioteche e case
editrici attente a questo tipo di libri», e magari
la pubblicazione del suo Lo Hobbit in simboli.
[M.T.]
SuperAbile INAIL
42 Ottobre 2014
Gli In-book sono libri per
l’inclusione dei bambini
con disturbi complessi della
comunicazione, con il testo
completamente tradotto in
simboli. Rappresentano il modo
principale per avvicinare alla
Caa sia i più piccoli sia le loro
famiglie, e spesso vengono fatti
su misura. Sviluppati negli ultimi
15 anni dal Centro sovrazionale
di comunicazione aumentativa
di Milano (Csca), gli In-book si
sono piano piano diffusi nelle
scuole e nelle biblioteche – tra
cui la storica a Brugherio, ma
anche a Mesola, Foligno e in altre
città italiane –, diventando uno
strumento di condivisione.
Tipolitografia INAIL - Milano