I MOTORI DA COMPETIZIONE: PASSIONE E TALENTO

I MOTORI DA COMPETIZIONE: PASSIONE E TALENTO
1_La storia dei motori da competizione
Riccardo Guidetti: Allora, iniziamo, siamo riusciti ad usare il quarto d’ora accademico classico.
Un saluto a tutti gli studenti che sono qui oggi con noi e passeranno una giornata e mezza credo
indimenticabile. Vengono da Torino, da Milano e, giocano in casa, da Bologna; direi per la quasi
totalità ingegneri, molti dei quali meccanici, aerospaziali e quindi dentro a questi temi, anche molti
appassionati, immagino. Io sono Riccardo Guidetti, sono il Direttore di uno dei sette Camplus che
abbiamo in Italia e dirigo quello di Bologna, l’Alma Mater, che è il primo, nato nel ’98 e ho avuto
la fortuna o il caso di incontrare Mario Manganelli, di cui ospitiamo un master del quale vi parlerà
stasera perché è una cosa molto interessante; tra l’altro ho scoperto che un nostro studente di Torino
lo sta frequentando questo anno, non te l’ho mai detto... Ci è venuta la pazza idea di provare a
concentrare in una giornata e mezzo un po’ di storia dei motori da competizione, dal punto di vista
dei protagonisti di questa storia, di chi l’ha studiata, attuata, commentata, pubblicata, da chi ancora
oggi progetta, costruisce, è responsabile di motori che puntano a vincere e mi sento di dire che è un
workshop, che noi chiamiamo workshop studio, di alta formazione, paragonabile ad un master; poi,
quando l’Ingegner Manganelli vi spiegherà che cosa sta facendo da qualche anno a Bologna,
capirete. Quindi un ringraziamento particolare va all’Ing. Manganelli senza il quale nulla sarebbe
stato di quello che c’è oggi, non sto esagerando, vi assicuro che è così, anche perché voi capite che
per poter aver concentrato in una giornata persone importanti come quelle che stamattina sono qui
con noi e che poi arriveranno nel pomeriggio, vuol dire che bisogna essere degni di incontrarle,
conoscerle, essere stimati e quindi poter riuscire a costruire quello che abbiamo costruito. Questa
mattina sono con noi l’Ing. Mauro Forghieri, che è la storia (io son di Formigine, lo conoscevo
prima ma c’è anche un affetto verso la Ferrari da quando sono bambino); Massimo Clarke, lo
abbiamo definito giornalista sportivo, probabilmente è più giusto scrittore tecnico, se teniamo
presente la sua biografia: ha scritto tantissimo sui motori, moto, auto ma ho capito oggi anche su
aerei; Roberto Boccafogli, altro giornalista sportivo, anche lui un altro pezzo di storia della Formula
1, avrete modo di apprezzarlo; Giulio Fabbri, che insieme a Manganelli ci ha aiutato a costruire
questa giornata, è inviato di Motosprint, ha frequentato l’istituto tecnico aeronautico, non è
ingegnere ma appassionato di motori e aeroplani; Mario Manganelli, ne abbiamo già parlato, ma
avrà spazio oggi per raccontarvi quello che sta facendo. Pomeriggio, in questo senso i nostri tempi
sono precisi perché alle due saranno qui Claudio Domenicali, AD di Ducati e Ayrton Badovini e qui
abbiamo quelle due ore da passare con loro; poi c’è il momento più tecnico, iniziano i momenti in
cui ci sono gli ingegneri Manganelli, Responsabile area Motori Aprilia Racing e Diego Cacciatore
che è Responsabile Ingegneria e Sperimentazione Motori Lamborghini e un dopo cena, tanto per
tenerci in allenamento, sul reparto Corse, con anche documenti riservati che da qui non potranno
uscire se non nella memoria di chi ha potuto assistere. Domani mattina c’è una cosa particolare che
è nata nel costruire questo Workshop ed è la visita di una collezione di 100 Yamaha da
competizione, per gli appassionati, io non sapevo che esistesse ed è a pochi chilometri da qui; siamo
riusciti a farcela aprire sostanzialmente per noi e poi pare che domani il caso o la fortuna abbia
voluto che ci sarà anche un raduno di ferraristi. Quindi noi domani ci troviamo un piazzale di
Ferrari ed un capannone di Yamaha, come portare i bambini al luna park! Domani ci divertiamo
così insomma, avremo due ore di visita e un momento finale con Manganelli in conclusione del
lavoro fatto. Una nota di metodo, vi dicevo gli orari sono stretti ma perché c’è tanto che dobbiamo
mettere a tema. Una cosa che ci tengo a dirvi: siete venuti da Torino, siete venuti da Milano e anche
chi viene da Bologna ha scelto di essere qui, io mi auguro che possiate essere veramente recettivi,
attivi. Non pensiate che esistono domande stupide, sono stupide le persone che non hanno domande;
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non preoccupatevi di far domande giuste ma fate domande vere, qualcosa che interessa a voi e non
si sbaglia. Questo lo dico anche per chi è con noi e ha avuto tantissime occasioni di momenti d’aula;
nella mia esperienza, non lunghissima, una cosa l’ho capita, non tanti anni fa, e la sto portando
avanti: la formazione non è quello che vi viene comunicato ma è quello che voi portate a casa e lì ci
siete voi; voi potete avere pezzi di storia che vi portano un’esperienza di una ricchezza enorme ma
la formazione è qualcosa che avviene in voi ed è uno spazio che date voi a quello che accettate
quindi o ci siete o sennò sono momenti belli ma che poi non scavano. Siete universitari, non siete
dei bambini, questa è un aula e in questo senso dovrebbe essere un’aula attiva. Un ultimo aneddoto,
per far simpatia, della mia storia. Io sono di Formigine, sono nato nel ’71, il mio papà, che ha
un’azienda di meccanici carpentieri, ha lavorato in Ferrari come fornitore ed io mi sono trovato a 12
anni ad entrare in Ferrari con papà. Andavo lì, a lavorare, però mi ricordo che c’era una Ferrari
Testarossa nera e dicevano “quella è quella di Sylvester Stallone”, c’erano di queste cose che per un
bambino erano impressionanti, io ho visto quella poi nei box sentivo questi ingegneri che parlavano
una lingua strana, perché, prima della nuova galleria del vento c’era la galleria lì, quindi noi
abbiamo fatto dei lavori lì di meccanica e io da ragazzino sentivo questa lingua che non conoscevo
e mi dicevano “sono ingegneri tedeschi che lavorano”... Vabbè, comunque qualcosa della mia
storia che mi fa cara la Ferrari, qualcosa che chi ha vissuto lì conosce molto bene. Io mi fermo,
lascio la parola a Giulio Fabbri, e iniziamo questo intenso weekend di motori, passione e
competizione, con tutto quello che ne verrà fuori. Grazie.
Giulio Fabbri: Io dò a voi il benvenuto, a tutti, a chi è arrivato da lontano e si è fatto molta strada
per venire a sentirci oggi. Anche io ve lo chiedo, fate domande! Siamo qua per voi, quindi qualsiasi
domanda è ben accetta. Lascio subito la parola a Roberto Boccafogli che è un collega, un amico ma
adesso è Responsabile della Comunicazione per Pirelli per la F1, lavoro non semplice e molto
impegnativo. Iniziamo con una chiacchierata tra Roberto e l’Ing. Forghieri. Forghieri è stato una
delle persone che ha scritto la storia della F1, direi moderna, perché negli anni ’70 sono iniziati i
primi esperimenti, dimmi se sbaglio, quelli veri, delle auto da corsa.
Roberto Boccafogli: Buongiorno a tutti, ai ragazzi, agli ingegneri e ai nostri ospiti. Io non ho
moltissimo da dire, sono molto contento di dare un mio contributo di collegamento a ciò che ci
racconterà l’Ing. Forghieri, perché dovete sapere che io ero molto più giovane di quanto siete voi
quando per me l’Ing. Forghieri era… faccio un gesto Mauro, non posso dirlo bene con parole.
L’Ing. Forghieri era una delle menti della F1 e dell’automobilismo. Io ho avuto poi la fortuna di
incontrarlo, come giornalista, quando molta storia era già andata avanti perché lui è arrivato
talmente giovane ad assumere ed a gestire un posto di gigantesca responsabilità in Ferrari, la sua età
era talmente giovane che oggi ci è addirittura difficile immaginarlo; eppure lui già allora gestiva
tutto il reparto tecnico della squadra che è sempre stata come sapete la numero uno delle corse e,
soprattutto a quei tempi, della F1. Io ho visto, con grande piacere Mauro, che la spina dorsale
diciamo del tuo intervento di oggi toccherà un paio di vetture che per me sono rimaste care come tu
ben sai. In particolare la prima, che è una Ferrari 312 T sulla quale ci sarebbero da raccontare delle
perle, chiedendo anche la spiegazione al racconto di alcuni aneddoti che lo stesso Ing. Forghieri non
mi ha mai raccontato del tutto fino in fondo, perché le storie sono veramente eccezionali. La 312 T
la vedete lì, una vettura straordinaria, lo fu per me, che a quei tempi avevo 14-15 anni, perché portò
la Ferrari a vincere il titolo mondiale con il pilota Niki Lauda in un’epoca molto molto particolare;
per la F1, per la storia della tecnica della F1, perché fu la prima vettura a portare in campo un
cambio trasversale che è rappresentato dalla lettera T della sigla, poi l’Ing. Forghieri sarà molto più
ricco di me di dettagli, ma lì veramente si spalancò un’epoca molto particolare. Detto questo la
macchina la vedete lì, oggi sembra quello che è, è un pezzo di museo, allora era bellissima, era una
monoposto che tagliava assolutamente la storia con tutto ciò che l’aveva preceduta, con tutto ciò
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che era il prodotto tecnico della sua concorrenza; allora la concorrenza erano team importantissimi
perché c’erano come oggi la McLaren ma c’erano anche team che oggi non ci sono più, vi ricordo
solamente la Brabham, vi ricordo la Tyrrell… Era una competizione esasperata; la Ferrari veniva da
un decennio importante di mancanza del titolo mondiale piloti, dal 1964 e l’ora della riscossa suonò
proprio grazie, Mauro dimmi se mi sbaglio, a questa vettura qua che conteneva qualcosa di
straordinario.
Mauro Forghieri: Lui non può sbagliare, è un giornalista con cui io ho lavorato molto. Penso che
tu voglia che io faccia la storia di questa macchina, di come è nata. Andiamo lontano, comunque ci
sono anche degli episodi divertenti. Vi parlo degli anni 1972-73, cominciate a fare i conti. Io devo
dire che sono entrato in Ferrari nel ’60 e la Ferrari aveva una storia alle spalle e quindi per i primi
dieci anni i giovani ingegneri che sono stati dentro - tra gli altri c’era anche Gian Paolo Dallara, che
è conosciuto nel mondo ed è un mio caro amico - si sono dovuti muovere davanti a dei mostri, i
motori che erano fatti in un certo modo, tutto era fatto in un certo modo, il cambio… e noi avevamo
delle idee nuove che ci venivano un po’ dall’istruzione ma non potevamo prepotentemente dire “son
tutti deficienti e noi siamo dei geni”; prima di tutto i deficienti eravamo noi, gli altri erano stati
intelligenti fino a quel momento. Però pian piano siamo riusciti a rompere le barriere perché io ho
avuto la fortuna estrema di avere l’appoggio totale di Enzo Ferrari. Quando mi scontravo con i
piloti e un pilota mi diceva “devi fare così” e io “no, tu devi fare colà”, ed erano piloti molto
importanti, io avevo la forza di dire “va bene, adesso andiamo dal Presidente e vediamo chi ha
ragione”, tanto io sapevo che Ferrari mi dava ragione a tutti i costi. Lui poi mi chiamava il giorno
dopo e mi diceva in dialetto… capite il dialetto? Scusate, ma per me il dialetto fa parte della vita dei
box e della Ferrari, comunque mi chiamava e mi diceva che io avevo torto e però mi aveva dato
ragione perché il comandante ha sempre ragione, “se tu mi fai fare una brutta figura sei finito”. Ma
qualche volta avevo ragione. Comunque la prima rottura con la storia della Ferrari, vi dò un
dettaglio, è stata quando io avevo dato le dimissioni, perché avevo detto che se avessimo potuto
correre solo in F1 avremmo vinto 4 Gran Premi e invece purtroppo - avevamo Jacky Ickx - Ickx
vinse un Gran Premio; ne avremmo potuti vincere almeno 3 o 4 se ricordo bene però all’ultimo
proprio non c’eravamo e a 10 giri dalla fine cominciavo a dire “ma adesso cosa mi capita?”. 1967,
vi faccio un esempio, noi abbiamo introdotto, non è che l’abbiamo inventato noi, l’alettone.
L’alettone è una cosa già vecchia, c’è un libro tedesco dove ci sono delle macchine del ’30 -‘35
dove c’era l’alettone. Noi avevamo avuto la fortuna di avere una nuova iniezione diretta con cui
avevamo vinto il campionato del mondo nel 1964. La Ferrari aveva fatto un motore V8, a iniezione
diretta, quando vi dico questo dovreste essere stupiti; noi avevamo già un motorino con un
alesaggio piccolo da neanche 60 mm, se mi ricordo perché la memoria falla completamente, il
ricordo c’è ancora non c’è la memoria, fortunatamente loro sono molto gentili e non mi dicono
niente. Comunque mi sembra così e lì avevamo incominciato grazie all’appoggio che io ebbi
dall’Ingegnere Jano (Jano è stato uno dei grandi progettisti della storia d’Italia, voi pensate che ha
fatto una macchina che aveva i serbatoi staccati dal corpo motore, che prima era Alfa Romeo poi la
Fiat l’ha rubato). Quindi andiamo avanti, dò le dimissioni perché invece che vincere 5 Gran Premi
ne avevamo vinto uno, io dico “no, dò le dimissioni” e il Dott. Ferrari mi dice “no, tu devi andare a
progettare” e mi dà un ufficio di fianco a lui, a Modena, dove lui aveva il suo ufficio personale,
quello che vedete oggi se andate al museo a Maranello. Io la mattina aprivo la porta, gli rubavo il
giornale e lo tenevo come nuovo; se si fosse accorto che aprivo il giornale prima di lui mi avrebbe
licenziato! E lì facevo il 12 giri, primo passo verso la F1, perché? Perché fino ad allora per la
Ferrari, Maserati, Mercedes, raffreddare il motore significava avere moltissima acqua e noi
introducemmo invece un motore che raffreddava solo un terzo, perché sapevamo che la temperatura
si abbassava prepotentemente, scendendo il pistone, e anziché metterci molta acqua, facevamo
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girare molta acqua con delle pompe più potenti; perché questo? Prima di tutto evitavamo dei
problemi di formazione di vapore: le bolle che si formavano a livello della canna venivano portate
via da delle velocità che avevamo stabilito. Bisogna dire una cosa, dovete pensare a questo, allora
non c’era la strumentazione, tutto questo deriva da prove e intuizioni dei ragazzi, degli ingegneri,
ecc. Non avevamo il sistema di guardare dentro, oppure di misurare il peso dell’acqua... Quindi
facemmo questo motore che è il motore piatto, non è un motore boxer come molti dicono, perché
voi sapete che i boxer hanno i pistoni contrapposti, questo è un motore piatto. Disegnammo anche
una macchina - e da lì poi sono nate certe idee - che poteva essere anche una 4 ruote motrici; quindi
disegnammo una macchina che aveva un motore piatto, un cambio longitudinale e fu una macchina
di un certo successo, anzi al giorno d’oggi è quella che ha più successo perché è quella che costa di
più e non ho capito perché. Per dirvi gli errori che si facevano allora. Io feci una sospensione nuova,
per cui sono stato criticato, perché avevo messo l’ammortizzatore sopra, in quel momento problemi
non ce ne erano, poi ad un certo momento andando su con le prestazioni sono entrate le vibrazioni e
i piloti addirittura arrivavano a perdere il visus, perché allora non c’erano tante storie, sedili di
plastica, un pochino di gomma qui quando si lamentavano (poi invece dopo siamo passati a quelle
gomme con cui fanno oggi i materassi che ci ricordano la forma del corpo)... Io in quel momento
non avevo capito certe cose; sapevo che c’erano queste vibrazioni che venivano dentro e feci una
cosa anche molto all’avanguardia, perché pretesi di attaccare sotto sui portamozzo, vicino a dove
entrava la vibrazione, un sistema di massa tarato per quella vibrazione; è ovvio che non è era tarato
esattamente, c’aveva un certo campo di funzionamento. Io credevo che la vibrazione avesse dei
certi valori, una certa frequenza… Funzionava, solo che funzionava solo in un punto, poi quando
cambiavamo curva era un disastro. Non avevo capito che la mia sospensione aveva un difetto per
via dell’ammortizzatore; ancora noi avevamo 150 mm di scorrimento, non come adesso, avevamo
50 di compressione e 100 di estensione, perché quando ci si trovava in condizioni per cui la
macchina saltava per circa 70 metri a circa mezzo metro da terra, le sospensioni di allora aiutavano
e le macchine di oggi non potrebbero correre come quelle di una volta. Allora, dicevo, io facevo
queste masse che vibravano; era una scatolina con una massa dentro, con una molla sopra e una
sotto, facevo i calcoli, mi spostavo e “niente, non ci sono”; però poi mettendo l’ammortizzatore a
terra attaccato a dove avevo messo la massa che vibrava ho riprovato e non che erano sparite le
vibrazioni, no, però il pilota aveva meno problemi; questo per dirvi che per poter risolvere i
problemi bisogna convivere con i problemi. Oggi voi avrete la fortuna di avere anche dei sistemi di
acquisizione dati ma non sono tutto, perché anche con Mario avevamo un mare di acquisizione dati;
il dramma è che quando tu hai una corsa, poi ne hai un’altra dopo una settimana e se anche tu
raccogli i dati della prima corsa, non hai il tempo per svilupparli; è uno dei errori più grossi che
commettono le squadre oggi. Devo dire non in Mercedes, perché in Mercedes hanno tre squadre e
quindi una da usare sulla pista, una di sperimentazione, una di analisi. Per cui noi raccoglievamo
milioni di dati che nessuno di noi andava a guardare ma perché non avevamo tempo, eravamo
quattro gatti; la Ferrari di allora aveva 170 persone contando il dott. Ferrari e il suo autista Peppino,
adesso sono in 600 credo; le macchine son sempre due quelle che corrono, ma è anche giusto.
Comunque io dò le dimissioni e per un anno succedono dei drammi, perché la stampa italiana ha dei
benefici e dei meriti, tra cui quello di prendere delle decisioni su campi che non può conoscere e in
quel caso aveva detto, continuato a dire, che noi non andavamo bene con quella macchina lì. Così
intorno al ’68, quando avevamo smesso di correre negli sport, io avevo promesso che avremmo
vinto dei Gran Premi e ne vincemmo uno o due, avevo deciso di dare le dimissioni - sono ritornato
indietro scusatemi - comunque poi mi metto a lavorare e incomincio a pensare come fare e avevo
certe idee. Avevo avuto la fortuna enorme di lavorare con i prototipi e di averli anche progettati, la
P4, la P3, la 250 P… Noi lavoravamo allora in una galleria del vento che era a Stoccarda e che
allora era dell’Università, oggi è della Mercedes e c’era dentro un aerodinamico eccezionale il quale
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usava dei sistemi tutti suoi per preparare le macchine; allora non c’era il tappeto mobile come c’è
oggi nelle varie gallerie del vento, però lui trovava un modo estremamente particolare: usava due
profili aerodinamici sostenuti con quattro cavi, ci metteva sopra la macchina e poi la alzava due
metri. Voglio dirvi che si lavorava solo dalle undici di sera al mattino alle sei, perché la città di
Stoccarda non accettava che la galleria usasse tutta quella potenza elettrica, allora non c’erano certe
centrali, quindi avremmo dato fastidio all’illuminazione della città; era molto bello, un silenzio
incredibile, solo il rumore del vento. Noi ricevevamo un mare di dati, per dirvi cosa vuol dire la
formazione di cui si parlava prima, che non significavano niente. Lui doveva darci dei coefficienti
con cui noi dovevamo moltiplicare e devo dire che quei dati, con i prototipi, tornavano sulla strada;
questo signore non ha mai sbagliato. Però io vedevo che coi prototipi avevamo delle deportanze;
facevamo già delle macchine, ad esempio la P4 330 se non sbaglio, per cui avevamo velocità. Non
avevamo nessun problema; avevamo dei passi corti che al giorno d’oggi farebbero rabbrividire,
2.700 mm; la macchina era perfetta, non avevamo problemi, con delle deportanze che le F1 neanche
se le sognavano, perché le F1 erano fatte le più strette possibili, le più piccole possibili, c’erano dei
Robur per cui c’era da vergognarsi, che secondo me se qualcuno gli avesse dato una botta sopra
cadevano. Però era la politica, bisognava vincere, bisogna esser leggeri… noi eravamo un pochino
più conservativi. Allora io comincio a dire “che cosa hanno di diverso?”. Allora andiamo avanti e
incomincio a disegnare la T. Nel frattempo c’erano dei personaggi diversi che dirigevano la
squadra, seguendo la stampa italiana decidono che era la tenuta di strada che noi non avevamo,
contro il parere di molti, in realtà erano altre cose che probabilmente non capivamo; la sospensione
era stata una di queste e poi c’erano delle altre cose. Comunque io dico “cosa manca? Manca la
carrozzeria”. Geniale! Le F1 sono piccole, i prototipi sono cinque m² circa di superficie, basta che ci
sia una piccola modifica, moltiplichi per la superficie e tu hai la deportanza della macchina;
un’operazione difficilissima. Ma a 350 km avevamo dei problemi, che non erano facili da risolvere;
però si risolveva con un tamponamento progressivo e anche delle molle e contro-molle... Vado dal
Dott. Ferrari e gli chiedo “Senta, posso segare una macchina?” lui mi guarda… Perché volevo fare
un esperimento; solo lui lo sapeva, nessuno lo sapeva. Prendo una macchina, una F1 vecchia e ne
sego un pezzo; perché nel frattempo avevo considerato che nei prototipi avevamo fatto dei passi
avanti quando eravamo riusciti a ridurre il momento d’inerzia della macchina e avevamo avuto dei
vantaggi. Allora dico “si potrebbe fare col cambio trasversale…”. Facciamo dei calcoli molto
approssimati, a mano… non c’erano i calcolatori, cominciavamo ad avere i primi calcolatori quelli
che facevano rumore e che per fare un calcolo ci mettevano quasi lo stesso tempo che ci mettevo io,
con dei regoli lunghi così, io ne ho tre; stupendi! Io mi compiaccio ancora di usare i calcolatori che
per certi calcoli sono più veloce di me… per forza faccio 2 × 2 ꞊ 4... Allora facciamo la macchina e
la facciamo provare a Fiorano. Non l’avessimo mai fatto, gli inglesi l’hanno cominciata a chiamare
“Snowplough”, che vuol dire “Spazzaneve”, poi anche gli italiani; ma io non ho mai detto che era
una macchina che doveva andare a correre, ma siccome io avevo dato le dimissioni, chi c’era pensò
che fosse per andare a correre. E andarono a correre con grossi disastri, perché il passo era diventato
se ricordo bene 2.400 o anche meno, ma perché teneva conto del fatto che noi pensavamo di fare un
cambio trasversale ed inoltre volevo fare una carrozzeria che potesse essere equiparata a quella che
poi facemmo dopo; ma c’erano delle problematiche perché non potevo coprire le ruote, anche se poi
le ho coperte… Quindi questi qui vedono che questa macchina non va e ce la rimproverano; i
problemi che noi avevamo con i nostri metodi e con il nostro ragionamento rivelavano una
situazione disastrosa. Il telaio era estremamente rigido; infatti poi loro decidono anche di far fare un
telaio in Inghilterra da Thompson, una bravissima persona, fece un telaio stupendo, una
monoscocca stupenda molto pesante devo dire, ma lì forse c’era anche un po’ di colpa nostra perché
in Ferrari come vi ho detto eravamo conservativi. Questo telaio purtroppo era disegnato per una
macchina tradizionale anzi addirittura con momenti di inerzia più elevati... non mi sembra che abbia
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mai fatto qualcosa di positivo, adesso non ricordo. Noi ci siamo completamente disinteressati di
questa cosa, avevo solo Arturo Merzario che quando doveva piangere veniva da me perché io allora
ero passato in un altro ufficio che divenne poi lo studio dove Schumacher faceva la ginnastica,
allora invece era il mio ufficio. Passa neanche un anno, Ferrari mi chiama e mi dice “tu te la senti di
mettere apposto quella macchina?” e io dissi “quella lì non posso…”, “ma quella che stai
facendo?”, “Se lei vuole...”. Arturo Merzario era felice, Jacky Ickx non voleva perché in parte era
lui l’uomo che aveva fatto la politica del telaio di cui abbiamo parlato prima. Abbiamo preso
questo telaio senza modificarlo troppo, non c’era il tempo, avevamo 14 giorni e mezzo; abbiamo
fatto una macchina che aveva un po’ delle caratteristiche, ma non tanto, di quella macchina lì,
alcune idee; mettemmo dei radiatori lunghi inclinati di fianco con l’uscita sopra, mettemmo un
presa dinamica che l’altra non aveva, però non come quella ma trasversale… e la macchina riuscì a
battere per 3 secondi il record di Fiorano… Arturo Merzario fu eccezionale perché si sobbarcò tutto
il lavoro e io gli sono molto riconoscente, però io nel frattempo stavo lavorando per quella
macchina. Non vi annoio ancora molto, però quando arrivammo a quella macchina un conto era
disegnarla, progettarla, calcolarla, un conto era dire che sarebbe stata pronta per maggio.
Cambiarono tutta la squadra, vennero due piloti uno dei quali conoscevamo che era Regazzoni ed
era già stato un paio di anni con noi nel ’70 e un nuovo pilota, suggerito da lui stesso e del quale
disse “è un bravo pilota, è un bravo ragazzo, prendetelo!”. “Come si chiama?” “Niki Lauda!”.
Arrivarono e devo dire che in quel momento Niki Lauda guidava bene ma non capiva niente,
proprio zero. Ma non c’era da stupirsi perché aveva corso solo in due squadre; una fu la BRM, con
un grande ingegnere che si chiamava Tony Rudd, che era in un momento di crisi per una mancanza
di gente a capo… c’era Louis Stanley... Allora, non sapeva niente, però vi dico che Clay Regazzoni
e Niki Lauda si sono fatti il sedere perché si provava dalle 9 fino alle 8 di sera e delle volte loro
provavano anche col buio, a sera avanzata insomma. A Fiorano c’era un sistema di circa 29
fotocellule e c’era un calcolatore che avevamo impostato noi, in base a una curva traiettoria della
pista che avevo messo su insieme anche a due ingegneri eccezionali e avevamo stabilito col
calcolatore che quando un pilota sbagliava in un certo modo il calcolatore diceva “un disastro, hai
sbagliato, 5%” - magari era anche un po’ esagerato perché noi stavamo molto attenti - e devo dire
che Niki Lauda dopo le prove stava lì due ore a leggersi questa lunga stampata di tempi intermedi;
tutto questo però permise a Niki di imparare perché poi si ricordava tutto. Dovemmo purtroppo
modificare il telaio di Thompson e io gli chiesi anche scusa e quando lo vidi gli dissi “tu hai fatto un
telaio per un’altra macchina, noi abbiamo messo appunto tutto…”. Così facemmo quella che viene
chiamata B3/ B4 che aveva il telaio accorciato, la posizione del pilota in un certo modo… e i
ragazzi della Ferrari fecero un lavoro come se fossero stati quelli di Thompson. Era un telaio
monoscocca, io ce l’ho un po’ coi telai monoscocca, adesso vi spiego perché; sono rigidi, forse sono
più leggeri - scordiamoci quelli in carbonio che sposo, parlo di quelli in alluminio – e hanno un
grosso difetto: se tu prendi una botta e rompi il telaio lo metti da una parte, per ripararlo ci vuole
una settimana. Uno dei primi che abbiamo fatto correva l’altro giorno a Monaco per il Gran Premio
storico, 66-67. Noi avevamo trovato un modo per facevamo un telaio monoscocca come si faceva
all’epoca, non avevamo inventato niente: c’erano dei tubini che creavano la forma e poi fuori c’era
l’alluminio e i chiodi automatici, che noi usavamo, rimanevano dentro al tubino in modo che il
serbatoio di sicurezza non avesse problemi. Abbiamo confrontato il nostro telaio e abbiamo
accertato che fosse un po’ più rigido e un pochino più pesante; però in Giappone Clay ebbe un
incidente, alla sera perché si provava fino a tardi. Allora i ragazzi portarono il telaio presso un uomo
che rifaceva le eliche per i motoscafi, perché le eliche là si consumavano con la sabbia e lui le
ricostruiva; la mattina alle 9 la macchina era già in pista riparata, lui aveva tagliato e ricostruito
tutto; questi giapponesi sono eccezionali! Noi non l’abbiamo fatto, l’hanno fatto loro. Quello che
non ha detto la stampa italiana su questo telaio, “è un falso!”. Ecco quella macchina lì che vedete
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aveva il falso monoscocca e la macchina che avevo fatto (lo spazzaneve) mi permise di capire che
la riduzione del momento di inerzia con un cambio trasversale e l’incremento di deportanza che si
poteva avere con una superficie di carrozzeria importante, mi davano un effetto suolo incredibile. In
quel periodo là gli inglesi avevano delle macchine sottili con due radiatori laterali, quindi
deportanza non ne avevano, l’avevamo noi ma loro non avevano capito; tanto è vero che dopo il
primo anno, o il secondo, che Niki Lauda vinse il campionato ci fu una polemica dove gli inglesi ci
chiesero che tutti togliessero la presa dinamica perché secondo loro era quella che ci dava un
vantaggio. Allora ce ne erano solo due che l’avevano, tra cui una macchina francese e loro ci
chiesero di toglierla e Ferrari disse “sì, sì accettiamo” ma ad altre condizioni; e accettammo tutti.
Tanto noi avevamo una macchina che avevamo già provato con le prese davanti ed era uguale. Il
Commendator Ferrari non ha mai voluto far capire che la Ferrari era capace di fare innovazioni,
anche nella ricerca; era geloso, non voleva che gli altri lo sapessero. Non permetteva mai ai suoi
ingegneri di parlare; non tanto a me perché io sono uno che non parla molto, anzi parlo molto ma
dico poco. Lui era geloso; noi per esempio per provare le prese d’aria facevamo delle cose assurde;
perché per provare la presa d’aria bisogna avere anche il motore che aspira e allora noi eravamo
andati a prendere una macchina che aspirava e mettendola dentro al motore noi vedevamo a quella
velocità cosa faceva la presa d’aria e c’era un ragazzo molto bravo. Comunque facevamo delle cose
che erano valide; per esempio una 4 ruote motrici, che pure è stata mostrata alla mostra 2 anni fa;
l’avevamo disegnata con dei principi molto più moderni, perché avevamo fatto una macchina 4
ruote motrici dove anziché usare il giunto che producono in Germania che usano tutti o quasi, noi
avevamo un giunto progressivo. Poi abbiamo fatto una macchina dopo quella lì, quando io ho dato
delle ulteriori dimissioni che non ho accettato di ritirare e poi l’Ing. Ghidella mi disse “fai quello
che vuoi”, “cosa faccio?” e lui mi disse “fai la macchina più moderna che vuoi!”. Allora io disegnai
una macchina con i ragazzi, quando dico io disegnai voi capite… a mano principalmente. Siccome
sapevo, perché ero andato a vedere in produzione, che uno degli investimenti di maggior livello che
c’era erano le attrezzature che si dovevano fare per produrre una macchina, allora noi ci siamo
raccolti, abbiamo cominciato a discutere e abbiamo detto “non si può fare un telaio senza
attrezzature”. Voi sapete come si fanno le case dei bambini? C’è il cartone poi si piega… Io allora
collaboravo con una ditta che faceva componenti per tutta quella che era la costruzione delle auto
stradali e faceva anche delle resine molto moderne; io chiesi a loro di preparare un’enorme lamiera
di alluminio dove sopra c’era resina epossidica molto avanzata; cosa facemmo? Avevamo disegnato
il telaio, lo piegavamo e ci veniva un telaio con tutto quanto fatto; la parte dietro era montata in
modo elastico rispetto a quella anteriore, inoltre il telaio era schiumato, avevamo una schiumatura
automatica per cui il telaio veniva tutto schiumato nelle parti importanti che dovevano assorbire
lateralmente; poi davanti e di dietro avevamo due telaietti, anzi telaioni: davanti una fusione che
portava le sospensioni e di dietro la stessa cosa. Disegnammo per quella macchina un motore 8
cilindri con il cambio di fianco, andammo alla galleria della Fiat e lavorammo. Con Ghidella
potevamo fare quello che volevamo, poi c’erano dei ragazzi molto in gamba; soprattutto avevamo
fatto anche delle cose un po’ particolari che Ghidella voleva poi mettere nella Uno. Per esempio
c’era una macchina molto leggera e noi avevamo fatto in modo che quando chiudevamo le porte
c’era un piccolo interruttorino che faceva partire un ventilatore che gonfiava e la macchina veniva
tenuta ed era molto meno rumorosa; poi avevamo fatto un’altra cosa, Oscar, uno dei figli di
Scaglietti e noi ci eravamo dedicati a fare un composito di un certo tipo che non costasse, costava
pochissimo e avevamo ottenuto una superficie di grado A. In questa macchina c’eravamo divertiti a
fare tutto al posto di quello che si faceva. Per esempio vi siete mai fatti riparare un vetro di quelli
manuali? Il lavoro che devono fare… devono smontare tutta la parte interna… Noi abbiamo fatto
l’opposto di quello che si fa normalmente abbiamo fatto la porta che era tutto un pezzo con l’interno
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e il pannello esterno che si toglieva con dei sistemi di sicurezza. Tu toglievi il pannello esterno e
riparavi; 30 minuti, rimontavi il pannello ed era fatta.
Boccafogli: Ti devo interrompere perché abbiamo la seconda parte della tua elaborazione, perché
qua tu potresti raccontare per un’ora e mezza ancora…
Forghieri: Si posso andare avanti, ma poi ad un certo punto dovrei anche andare…
Boccafogli: Io volevo solo ricordare che tutta questa storia che viene appunto dalla B per arrivare
alla T che avete visto, avveniva nei primi anni ’70 cioè molti anni prima che voi nasceste e fu
veramente una cosa storica perché tu hai ricordato Niki Lauda, la maggior parte del lavoro di
sviluppo è stato fatto su quella che era la B2… Ma prima di arrivare alla T, che debuttò nel ’75
vincendo subito il mondiale, ci fu la B3 che nel ’74 rischiò pesantemente di vincere i mondiali
perché Lauda vinse due corse, Regazzoni arrivò a vincere subito il miglior piazzamento nel
mondiale piloti… insomma una storia che prenderebbe tutta la mattinata. Poi si arrivò alla T che
dominò il ‘75, nella sua seconda versione cioè la T2, senza più quelle prese d’aria perché il
regolamento del ’76 le proibì, dominò il mondiale del ’76; quello fu l’anno del famoso incidente di
Niki Lauda, quello del film Rush che forse voi non avete mai visto. Ci fu quel titolo perso per un
punto per una serie di concomitanze che secondo me un campionato non ha mai più presentato nella
storia della F1. In quell’anno avvenne di tutto, perché Lauda ebbe l’incidente a luglio, ma ne ebbe
un altro in primavera rovesciandosi con il trattore, se è vero, perché in realtà si dice che stesse
facendo motocross ma lasciamo stare… Comunque, mondiale perso per un punto; figuratevi che
cosa capitò. Però la T2 continuò a correre nel ‘77 e vinse anche il mondiale del ’77 in Jugoslavia e
Lauda vinse il secondo titolo e poi se ne andò… Fu un’epoca di tragedie. Però grazie a quella
Ferrari con il cambio trasversale, l’invenzione di Mauro Forghieri e del pool dei tecnici guidati da
Mauro Forghieri, la Ferrari tornò ad essere la grande forza della F1 che non era più da molti anni;
cioè portò un’idea completamente innovativa che nessun altro costruttore riuscì a copiare
continuando così su altre strade. Però come vi dicevo ha vinto il mondiale nel ’75, perso nel ’76,
rivinto nel ’77, sarebbe stato vinto forse anche nel ’78…
Forghieri: Se ci avessero permesso di montare le minigonne…
Boccafogli: Assolutamente e sarebbe arrivato anche quel titolo lì; poi arriva un altro titolo nel ’79
con Jody Scheckter; per cui l’epopea di tutta questa idea fu eccezionale. Però, per introdurti Mauro,
stava già perdendo il turbo, perché nel ’77 la F1 conobbe il turbo portato in pista da Renault che
fece un miliardo di chilometri di sviluppo, moltissime gare, alcune anche ben corse e guidate ma poi
scoppiava tutto e quelle gare non le vincevano; la Renault arrivò a vincere la prima gara di un turbo
a Digione nel ’79, che non ricorda nessuno perché Digione ’79 viene ricordata per il famoso duello
finale durato quattro giri e fu la prima vittoria di Jabouille, prima vittoria Renault, prima vittoria del
turbo, cioè una gara epocale che noi tutti ricordiamo solo per il duello che la Ferrari vinse per il
secondo posto con Gilles Villeneuve contro Arnoux che guidava la seconda delle Renault. Però poi
tutti gli altri iniziarono a seguire la linea del turbo, perché potete immaginare che cosa era… si
avvicinava già rapidamente ai 1000 CV con una risposta violentissima per cui i piloti potevano
gestire praticamente solo sul rettilineo, perché quando le macchine andavano con il turbo
sembravano dei missili inguidabili; e sul turbo arrivò finalmente anche la Ferrari. E qui Mauro c’è
tutta la strada tua che porta al 126 C2 che vediamo in questa foto meravigliosa e che è la macchina
che purtroppo ci portò anche la triste perdita di Gilles, ma quello fu un anno catastrofico e delle
gambe di Pironi purtroppo. Per cui insomma, come nacque tutto questo Mauro?
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Forghieri: Noi comprendemmo sicuramente che era la strada da seguire, anche perché allora tra i
motori aspirati forse noi avevamo quello più moderno, eravamo un po’ accantonati diciamo. Noi
eravamo arrivati col motore 12 cilindri a 515-520 CV; quello che avevamo fatto di bello era che
rispetto alla fase iniziale in cui la dispersione dei dati era arrivata a valori del 4-5%, quando siamo
arrivati alla fine della storia del 12 cilindri le cose cambiarono. Questa era una cosa buona per
coloro che montavano il motore perché voleva dire che lo facevano quasi sempre allo stesso modo,
non era facile: tutte le piccole intolleranze, i rapporti di compressione, le forme del pistone, i
ritocchi. E allora ci siamo messi un po’ a studiare i motori turbo. La Renault ebbe l’indubbio
vantaggio di farlo accettare perché non era facile. Però c’era un regolamento che favoriva
moltissimo il turbo perché il rapporto tra motori con turbo e motori aspirati era nettamente a favore
del turbo, se però utilizzato nel modo corretto. Tutti erano contrari, perché ci sono dei circuiti
cittadini, dei circuiti molto tortuosi… erano evidentemente dei circuiti dove bisognava avere un
grande campo di visualizzazione per guidare bene. Le prime prove sul turbo non erano tanto buone;
però noi incominciammo a provare con un motore che avevamo e nel frattempo decidemmo di
disegnare un motore a 120°, 6 cilindri, perché io avevo paura, e in questo modo giocai anche a
sfavore della macchina, di mettere i turbo laterali sotto, perché secondo me favorivano di più la
possibilità di avere degli incendi. Infatti feci un motore aperto e misi tutto sopra anche perché così
io mi resi conto che molti dei problemi che c’erano venivano dai sistemi di scarico lunghi, invece io
mettendo tutto sopra avevo delle cose molto corte. Insomma facemmo un motore che incominciò
veramente ad andare bene. Tra di noi allora, tra la gente che correva, c’era una certa “abitudine”: di
essere amici, al di fuori della corsa. Io mi ricordo invece un team in particolare che diceva “tu
Mauro non vincerai mai con un motore turbo delle corse…”. C’è una cosa da dire, che noi non
avevamo mai potuto usare le minigonne perché il Commendatore diceva che erano illegali e allora
nel 1978 perdemmo il campionato del mondo pur avendo vinto alcuni Gran Premi, gli stessi che
aveva vinto la Lotus; solo che la Lotus li aveva vinti con Andretti quasi tutti, noi li avevamo divisi
tra Niki Lauda e Reutemann e non avevamo le minigonne, tanto è vero che i miei piloti giustamente
si arrabbiavano e io dicevo “lo so ragazzi, ma il Dott. Ferrari ha detto di no, io non posso montare le
minigonne”. L’anno dopo abbiamo disegnato la T4 e abbiamo avuto il permesso di montare le
minigonne perché si era creato un accordo con gli inglesi, però gli inglesi erano andati già molto
avanti. Era stato inventato un sistema per tenere le minigonne eccezionale; si collegava una stoffa
sottilissima alla minigonna e l’altro pezzo veniva attaccato alla scocca; cosa succedeva? Quando si
creava la depressione le minigonne venivano tenute giù. Noi che non l’avevamo fatto il primo anno,
montammo le minigonne come l’avevano fatto loro prima. A quei tempi i meccanici vivevano
molto insieme, si trovavano a bere e parlavano e questa invenzione è finita che l’avevano tutti;
ovviamente tranne noi che eravamo italiani, anche perché i nostri meccanici non andavano a bere
Whisky o il Gin Tonic… Però proibirono le minigonne mobili e allora noi – vi racconto questa
storia poi vi parlo della macchina – montammo le minigonne fisse, non si muovevano, erano fatte di
gomma. Un giorno vidi della gente che lavorava con dei compensati marini; tutti usavano la
ceramica, però si rompeva quindi ci volevano i compensati. Noi montammo queste strisce che si
consumavano in maniera graduale mentre la macchina girava prendendo la forma perfetta. Noi lo
montavamo quadrato e poi si adattava. Eccezionale. Li abbiamo avuti per quattro giorni, il quinto
giorno lo sapevano tutti, perché uno dei nostri meccanici che era un po’ inglese era andato a bere e
aveva parlato… perché si facevano anche forti delle cose che facevano, insomma abbiamo perso
quel vantaggio lì. Comunque noi lì avevamo qualcosa, che mise sempre l’Ing. Ghidella che allora
era diventato molto importante; avevamo un sistema di bypass dell’aria per cui quando un pilota
toglieva dall’acceleratore, anziché avere una riduzione di giri, il compressore andava a finire in
turbina; noi in quel momento avevamo un sistema per cui mettevamo un po’ di benzina e il gas di
scarico con il resto bruciavano e saliva di giri, acquistava energia e quando loro riaprivano
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l’acceleratore non c’era una caduta di pressione; c’era molto meno aria di quella che avevano gli
inglesi ed è per quello anche che noi vincemmo, soprattutto grazie a Villeneuve. Perché noi
avevamo un telaio osceno, non avevamo avuto la forza di preparare il turbo l’anno prima di quella
macchina lì e prendemmo la macchina dell’anno prima, la tagliammo e andammo a correre a Imola
con questa macchina arrangiata, sicura ma con una tenuta di strada… perché davanti era rigida
dietro era più flessibile...
Boccafogli: Ricordiamo anche che a quei tempi, giusto per una parentesi, la Ferrari era l’unico team
che faceva telai col motore, perché tutti gli altri avevano un motorista esterno che si chiamava ad
esempio Honda per la Williams… Loro avevano un turbo che veniva da grandi case
automobilistiche che lavoravano da 5 anni soltanto su quello; chi faceva il telaio, l’aerodinamica, la
macchina, non vedeva neanche un bullone del motore, mi sbaglio Mauro? Voi forse siete stati i
primi e gli unici a fare tutto questo dovendo fare entrambe le cose, il telaio, l’aerodinamica, il
motore…
Forghieri: Ed eravamo sempre 160 uomini, non eravamo cambiati; poi c’erano 10 disegnatori in
più nell’ufficio. Comunque posso dirvi questo, noi abbiamo vinto un campionato del mondo nel
’79; nell’ ’80 e ’81 è stato un dramma, perché abbiamo mollato le macchine aspirate, abbiamo
iniziato a studiare i motori turbo, i telai con le nuove minigonne, le nuove sospensioni perché
c’erano anche delle deportanze incredibili… fatto sta che arrivammo al 1982 con una macchina che
non solo avrebbe dovuto vincere il campionato del modo ma avrebbe dovuto stracciare tutti.
Boccafogli: E avreste vinto con tre piloti.
Forghieri: Incominciammo con Villeneuve e Pironi e devo dire che Villeneuve ha una popolarità
mondiale; era un uomo di una forza naturale incredibile però nello stesso momento era un uomo che
non aveva quelle qualità che l’avrebbero potuto far vincere il campionato del mondo, perché lui
correva per la corsa, cioè lui quando era dentro tirava giù la visiera e via andava, sembrava un
matto. Io vi dico solo che una volta esce di strada, porta via mezza macchina di dietro, riesce ad
arrivare al box e mi dice “Mauro, riparamela!”. Riparamela? A parte il fatto che ci volevano i
meccanici… poi non c’era niente da fare. Perché lui correva... Comunque, tornando a noi, una
macchina eccezionale con un motore turbo che aveva un cambio di utilizzo di più di 6-7- mesi,
grazie a quel sistema di by pass dell’aria e anche al fatto che i tubi di scarico erano particolarmente
corti e soprattutto con un’ottima aerodinamica; e devo dire che sia Gilles che Pironi non si
lamentavano.
Boccafogli: Vi volevo ricordare solo, anche perché volevamo fare una piccola pausa per i ragazzi e
poi tu devi andare, che si è vero, purtroppo Gilles morì l’8 maggio e avrebbe potuto vincere il titolo,
Pironi iniziò a vincere le gare e si distrusse le gambe durante le prove ordinarie, la macchina rimase
in mano a Patrick Tambay che stava per vincere lui il campionato se non avesse avuto
quell’infortunio alla spalla. Contate che quell’anno lo vinse un pilota, che era Keke Rosberg,
vincendo una sola gara, ti ricordi?
Forghieri: Anche perché al Gran Premio di Francia la curva che avevano fatto a Tambay fu
talmente sbagliata, io non sapevo niente, che fece un giro, venne al box e mi disse “Mauro io non
posso correre, non vedo la strada!”. Aveva male alla spalla, ha preso il cortisone e lui non vedeva
veramente. Rinunciando a quella corsa lì noi siamo usciti, permettendo a Rosberg di vincere senza
nessun merito. Quello fu un anno di quelli che non riesco a dirvi, soprattutto per la morte di
Villeneuve che avvenne perché non furono rispettate, non parlo di ordini di scuderia, ma delle cose
che dovevano essere rispettate; perché tra tutti Villeneuve era quello che aveva aiutato in tante
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scelte, si meritava moltissimo e invece le cose avvennero in un modo tale per cui lui non ebbe
quello che avrebbe dovuto avere.
Boccafogli: Per concludere Mauro, riusciamo in un minuto a ricordare se e che cosa c’è di
similarità tecnica tra quello che è un turbo parliamo di ormai di 32 anni fa e il turbo che è tornato
oggi in F1?
Forghieri: Ma dunque, il motore di allora turbo era un motore come qualsiasi motore in cui c’erano
attaccati due turbo abbastanza moderni, perché si usavano i cuscinetti, sfere particolari, ecc.; e
stavamo per ricevere, prima che incominciassero a proibire certe cose per i motori turbo, le famose
turbine a geometria variabile ed ero molto preoccupato perché sarebbero aumentati i costi e poi
avremmo dovuto gestire l’elettronica e noi allora eravamo non oserei dire proprio dei grandi
elettronici. Però i motori turbo di allora avevano lo stesso rumore grossomodo di quelli di adesso,
era nell’aria che erano bellissimi, delle lotte incredibili, cambiavano i vincitori… Perché allora,
forse, c’era meno differenza di budget e questo grazie a Enzo Ferrari, perché lui gestiva la struttura
delle corse più o meno con gli stessi soldi con cui veniva gestita la McLaren, ecc. Più o meno,
avevamo una fabbrica in cui facevamo tutto. Fu un anno per noi drammatico. Cosa hanno i motori
di oggi? Prima di tutto non sono motori a combustione interna, ma sono un insieme di motori e di
capacità di reagire; quindi uno può fare un motore turbo eccezionale però è la gestione dell’insieme
delle cose che conta. Noi non avevamo un po’ di elettronica che ci permetteva di gestire quel by
pass, ma non era molto difficile. Oggi invece ci sono dei problemi di tipo tecnico che soprattutto
sono gravi, quindi chi ha fatto un motore in un certo modo e qui io sono molto dubbioso di questo,
non potrebbe in teoria modificarlo se non per motivi di affidabilità. E poi c’è un’altra cosa, la
Ferrari l’anno scorso ha continuato a dire che i problemi della macchina erano rappresentati
dall’aerodinamica. Io non ho fatto altro che dire questa cosa. Allora, cosa è successo? Il
regolamento che è in atto adesso era a conoscenza dei tecnici due anni fa, però io direi che la parte
più pesante da creare, da fare era la parte intorno; perché hanno fatto i due motori elettrici, un
motore a combustione interna, tutto il sistema di connettività dei vari sistemi e soprattutto i
software… Voglio dire, un motore a combustione interna al quale va attaccato un motore elettrico
non può essere comandato da me perché ho delle batterie piene di energia, ma basta che io gli do un
comando per cui, quando fa un numero di giri, il compressore giri molto più velocemente grazie al
motore elettrico di quanto girerebbe solo azionando la turbina. Io non mi sogno di dire cosa ha fatto
la Ferrari. Però vi dico una cosa, secondo me la Ferrari oggi ha due problemi, gli stessi che aveva
l’anno scorso: non ha trazione, non mi venite a dire che con un sistema così quando fa una curva a
150 km/h l’aerodinamica non conta niente? Come mai la macchina indiana passa veloce così? Non
mi verrete mica a dire che la Ferrari non ha abbastanza CV? No, non è così. Perché, vincolato dal
segreto tecnico, Alonso è l’unico che si fa una macchina rigida in un modo degno; l’uomo che ha
fatto le macchine rigide, per cui c’erano i piloti che uscivano tutti insanguinati, oggi lui ha avuto
ragione perché i circuiti sono tuti piatti, sono tutti uguali con gli stessi tipi di curva per cui non si
può quasi più superare. Alonso, avete visto che lui fa fatica a fare il tempo, però in gara va sempre
meglio di quello che fa quando fa la prova, Perché? Perché taglia la punta massima della macchina,
fa una macchina che anziché avere una prestazione così, ha una prestazione così; a mio modo di
vedere. Loro quando hanno fatto la macchina, hanno fatto la macchina esattamente copiando quella
dell’anno scorso; cosa hanno fatto? Hanno fatto una macchina piccola, bassa, stretta… cosa è
successo? Che tutta quell’energia che circola, perché nulla si fa senza spendere energia, fa sì che
soffra il caldo, quella macchina lì soffre il caldo e non ha trazione. Mia ipotesi che può essere anche
sbagliata però io continuo a guardarmi il Gran Premio così e dico “ho quasi ragione” e poi magari
quando vedo che ho torto me la prenderò con me, solo con me. Un’altra cosa che mi dispiace è ci
sono dei ragazzi giovani che vengono e stanno lì a guardare la partenza e tornano alla fine della
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gara. Alla radio ho sentito una cosa che mi ha lasciato esterrefatto, sapete che rispetto a cinque anni
fa c’è il 50% di spettatori che guardano la gara. Tragicamente lo dico.
Boccafogli: Sicuramente è vero.
Fabbri: Ingegnere noi la ringraziamo molto, abbiamo un po’ sforato. Se avete qualche domanda
l’ing. è a disposizione, così poi facciamo una piccola pausa e lasciamo la parola a Massimo Clarke.
Forghieri: Io di pettegolezzi ne ho fatti tanti, probabilmente non hanno più domande da farmi. Io
ho visto anche un’altra cosa, possiamo dire anche delle cose che esulano un po’? Sono andato a fare
il Gran Premio storico a Monte Carlo, è già tutto pronto, c’erano 400 macchine dei vari periodi
storici della F1 e io mi sono divertito moltissimo. C’erano molti dei piloti che conoscevo, anzi ce ne
era uno, faccio del gossip, che aveva una pancia paurosa, e aveva una Lotus, le Lotus sono delle
macchine tutte piccole, strette; e dico “come fa questo ad entrare?”. Lo conoscevo, era un inglese e
io vedo che entra e lascia la pancia fuori, arriva un meccanico con una leva, piazza la leva dentro,
tira e la pancia viene divisa in due parti ed è arrivato con la pancia sotto e sopra il volante. Ma
perché è gente che va lì non per vincere la corsa ma per il piacere di guidare e pagano anche, perché
pagano 5000 euro per farla e gli danno 20 minuti, il che vuol dire fare al massimo 9 giri. Ma loro
sono contenti. Comunque lì ho rivisto il periodo delle gare del 1970-80, 400 macchine che
pagavano 5000 mila euro; dalle 9 del mattino alla sera alle 7; 20 minuti per ogni categoria, perché li
dividono per anni, per serie… il più giovane aveva 45 anni, tutti gli altri 70-80, ma tirati a lucido
con delle tute e dei caschi nuovi. Se vi capita andate a vedere, lo fanno ogni due anni. Domande non
ce ne sono, proprio nessuno? Ecco ce n’è uno coraggioso.
A: Io sono studente dell’Università di Ingegneria di Bologna. Volevo chiedere, ma non pensa che
sarebbe meglio, per la Formula 1 stessa, ritornare a come si correva 10-15 anni fa, quindi
tralasciando l’introduzione di dispositivi tipo il terzo, l’ala mobile… e tornando invece a quello che
era veramente la F1 quindi basata sull’abilità del pilota o dell’ingegnere? Ritornare alla F1 quando
si poteva chiamare molto di più F1, rispetto a quella che è adesso. Grazie.
Forghieri: La domanda è posta bene. Io sono d’accordo con lei su alcune cose, le dirò quali e penso
che anche loro siano d’accordo con me. Trovo la questione dell’ala mobile una forte via d’uscita,
perché non è giusto. Cioè il Gran Premio è fatto di tutti, anche di quelli che vengono doppiati e
anche di quelli che vengono sorpassati; non è giusto che perché uno è davanti e arriva uno dietro,
quello davanti non ha nessun diritto tranne che morire o uscire di strada e quello dietro può togliere
l’ala, o altro… Questa però è una battaglia messa in piedi da Bernie Ecclestone, perché la caduta
dello show della F1 era dovuta secondo lui al fatto che mancavano i sorpassi; ma i sorpassi
mancano per due motivi molto semplici: l’aerodinamica e i freni in carbonio; se loro riducessero
l’aerodinamica e togliessero i freni in carbonio le frenate si allungherebbero del doppio ed è più
facile superare. Tra le altre cose dapprima io mi sono permesso di scrivere che non era idoneo fare i
rifornimenti e devo dire che il Presidente della FIA, che è anche un mio amico, ha accettato questo
perché hanno smesso di fare i rifornimenti e, come hanno smesso i rifornimenti, la bellezza delle
corse di F1 è aumentata. E allora io ho anche detto un’altra cosa, permettono di correre con questi
musi lunghi dei metri là davanti per cui i poveri piloti non avevano la percezione delle vetture,
quanti incidenti sono successi? Una cosa paurosa. Ma perché hanno fatto una soluzione di quel
tipo? Non hanno accettato il mio suggerimento, però vi posso giurare che se voi riducete
l’aerodinamica, mettete i freni in ghisa ma anche quelli in ceramica, i sorpassi ci sono sicuramente.
Ma oggi ci sono aiuto piloti di tutti i tipi; quelli, anziché guidare, hanno circa 200 bottoni sopra il
volante. Poi adesso c’è un'altra cosa, dicevo a Massimo, prima si diceva “io gli dò 100 kg di
benzina e poi il pilota si arrangia”; no, adesso non è così. Il pilota riceve ogni giro quanto consuma
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a giro e i commissari l’avvertono: “se tu consumi ancora così tanto sei squalificato!”. Ora come può
accettare la Commissione di condizionare in campione del mondo dicendogli “guarda tu consumi
troppo, non puoi fare così”? Io penso che uno ha il diritto di consumare 98 kg di carburante il prima
che può e poi con gli ultimi 2 kg finisce la gara. Invece stanno condizionando tutto, e su questo
sono d’accordo con lui, ha ragione, anche rispetto le qualifiche fatte in quel modo... Voglio dire
durante la gara ci sono 20 macchine che girano e tu giri con 20 macchine, la qualifica dovrebbe
essere fatta con le macchine che girano, nel rispetto del sorpasso… c’è gente ignorante sulle gare
oggi. E purtroppo, vi dico una cosa, anche alle moto sta succedendo qualcosa di simile, è una cosa
drammatica. E poi soprattutto ci sono degli aiuti elettronici, ma quelli non siamo noi, sono quelli
delle vostre macchine. I grandi costruttori di automobili se voi guardate su Quattroruote o altre
riviste, hanno chiesto di ridurre la cilindrata del motore e di renderlo più efficiente. Voi sapete che
sono stati messe delle centraline per misurare le emissioni, allora l’idea è di avere dei motori più
piccoli, tanto ci saranno sempre quelli che comprano le Ferrari, le McLaren; che significato ha
avere dei motori grossi e un mare di CV che non usi? Devono essere motori adeguati alle condizioni
del traffico. Io prima, dodici anni fa, quando andavo alla Oral Egineering a Modena ci mettevo 18
minuti, adesso ce ne metto 54; dove le mettiamo le macchine? Sapete quante macchine in 5 anni,
fatte le debite sottrazioni tra quelle che vendiamo e quelle che rottamiamo ma che teniamo, o che
compriamo dall’estero, quanta area compriamo ogni 5 anni? Provate a fare i conti, adesso vi dò
un’idea, 75 km²... Vi ho annoiato, scusatemi. Vogli dirvi una cosa, siate riconoscenti a questo uomo
(Manganelli) perché sta facendo, oltre al suo lavoro, altri lavori.
Guidetti: Io direi, per chi ha bisogno di una pausa, che ci prendiamo 5 minuti e poi ci rivediamo
qui.
(PAUSA)
Massimo Clarke: Bene, io vi parlerò di come, nel corso degli anni, nel corso dei decenni, si è
svolto lo sviluppo dei motori. Più che altro io vi parlo di motori motociclistici anche perché da
diversi anni a questa parte sono quelli più spinti e dei quali si sa qualcosa, mentre i motori di F1 ad
un certo punto hanno smesso di comunicare alesaggi, corse… da alcuni decenni; anche se
qualcosina si sa, però non più di tanto alla fin fine. Per fortuna c’è qualcuno che ogni tanto fa
qualche pubblicazione; la Honda ha fatto un paio di pubblicazioni, relative agli sviluppi che ha fatto
negli anni 2000 con alcune tecnologie molto interessanti, una è stata vietata dal regolamento
successivo. Niente, io comincerei subito parlando di come si sono evoluti alcuni motori. Questo che
vedete (slide) è un motore della Yamaha M1, ho messo questo perché non ho la foto di quello della
Honda, ma tanto più o meno siamo lì. Cominciamo a parlare di come si sono evoluti i parametri
motoristici; uno è importante ed è il rapporto corsa-alesaggio che negli anni ‘50 era intorno all’unità
in F1, poi è andato progressivamente diminuendo e si è arrivati alle ultime F1 aspirate; perché io mi
fermo al 2006… dopo hanno limitato i giri di rotazione, non si sapeva quasi nulla, mentre dei
motorini aspirati qualcosa si sapeva. Dunque gli ultimi aspirati 3000, prima del passaggio nel 2006
all’ 8 cilindri 2004 cc, che è stato l’ultimo anno in cui c’è stato il regime di rotazione libero tra
l’altro, pare che nel rapporto corsa-alesaggio sono scesi a 0, 405; avevano 98 di alesaggio e 39,7 di
corsa, il che è una cosa assolutamente incredibile. Da metà anni ’90 al 2006 c’è stata una riduzione
media di oltre il 40%, per cercare di fare i CV, le potenze, con i giri; per cui proponevano corse
molto corte e in più alesaggi molto grandi, che consentono anche di far respirare bene il motore a
grandi regimi. Dopo abbiamo il regime di rotazione, altro parametro importante; andiamo pure
avanti. Questo qui è giusto per farvi vedere lo stato dell’arte, è il 4 cilindri del SBK Aprilia.
Comunque io qui vado avanti poi vediamo anche delle tabelle; gli ultimi motori, prima che ne
limitassero i regimi di rotazione, sono arrivati a superare i 19000 giri; BMW pare sia arrivata a
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20000; la Honda ha lasciato scritto qualcosa in un paper e anche loro parlano di 20000, nella
stagione 2005-2006; il che è abbastanza interessante perché comporta anche accelerazioni e
sollecitazioni meccaniche straordinarie. Andiamo pure avanti. Questo è un altro stato dell’arte nelle
motociclette sportive. Lo sviluppo degli olii Petronas a livello mondiale viene fato a Villastellone
ex Fiat Lubrificanti e i motori quelli da corsa aspirati per lo sviluppo usavano i motori delle 600
sportive, usavano anche un GPR e una Yamaha mi sembra… perché le 600 sportive comprate
hanno potenza massima 13 o 13, 5 ma girano fino a 15, il che è incredibile perché poi sono motori
che fanno anche decine e decine di migliaia di chilometri senza problemi, quindi sono motori anche
longevi e sono motori che motori con emissione, sia acustica che di scarico; quindi veramente sono
stati compiuti in avanti passi da gigante. In questi motori motociclistici tra l’altro il rapporto corsaalesaggio non è mai così radicale, così drastico; A, per la guidabilità perché la motocicletta ha
bisogno di campo insomma non è come l’automobile e B, perché nel caso del 1000 c’è problema di
fondo: se sono in linea i cilindri, si adottano alesaggi molto grandi e il motore può diventare troppo
largo; poi ci sono problemi di contatto tra qualche parte del motore e il suolo; la dinamica diventa
anche penalizzata. Dal lato pratico sono arrivati a 80 con i 1400 cilindri di alesaggio che è quello
delle BMW. La Federazione ha limitato a 81 per la MotoGP, è il massimo alesaggio consentito; il
che è stato un vantaggio per Yamaha, perché Yamaha se andava oltre 81 faceva il motore largo poi
facendo a V poteva anche andare ad 86, a 88, 90, senza essere più largo; quindi poi si sono messi
d’accordo tra di loro. Andiamo pure avanti, questo qui per ricordarmi che devo parlare della
velocità del pistone; la velocità media è un parametro di riferimento abbastanza importante,
significativo. Il passaggio a rapporti di corsa-alesaggio così radicale che si è avuto nella F1, ha
consentito di mantenere su valori abbastanza umani la velocità media del pistone; per inciso sapete
che per conoscere quella massima se moltiplicate la media per 1,62… dipende dalla lunghezza della
biella però cambia di poco, c’è una formula più complessa ma a mente fate per 1,62... Comunque la
velocità media del pistone… meno dubbi stradali per le motociclette 1000 di cilindrata 4 cilindri
che sono quelle di riferimento ed oggi si superano i 23 metri al secondo, che è una volta sarebbe
stato impensabile. I motori da competizione girano di più; i motori 1000 stradali sportivi girano a
12-13000, i SBK 4 cilindri stradali sono arrivati a 10000, per la potenza massima è di 15. I motori
della F1 giravano intorno ai 19000 e siamo sui 25 m/s, quindi non sono valori più alti di quelli della
SBK. Possiamo andare avanti, quella prima immagine è un pistone automobilistico da
competizione, mi piaceva darvi quell’immagine lì però poi vedremo come sono i pistoni moderni.
Qui c’è una tabella aggiornata ad un paio di anni fa, l’evoluzione dei rapporti corsa-alesaggio
(Evoluzione rapporto C/D) nei motori motociclistici stradali. Vedete le 600 oggi sono tutte quante
67 di alesaggio, hanno tutte la stessa misura ed è 0,634 e non è molto radicato come rapporto. I
10000 hanno 0,62 - 0,67 e però avevo detto che le F1 sono arrivate a 0,405; qui c’è un’altra tabella
che può essere interessante ed è quella relativa all’angolo tra le valvole (Evoluzione angolo valvole)
ma ci torniamo dopo magari perché prima vorrei farvi vedere un’altra cosa, vai avanti per favore…
torna pure indietro. L’angolo tra le valvole vedete che si è ristretto progressivamente; c’è da notare
che negli anni ’70 l’angolo tra le valvole era abbastanza elevato, alcuni un po’ di più, altri un po’ di
meno, perché era un motore a due valvole; vecchia scuola. Col passaggio a quattro valvole per
cilindro è iniziata la riduzione dell’angolo fra le valvole che consente di ottenere delle camere più
compatte, questo è il principale vantaggio e quindi un rendimento termico migliore ma oggi siamo
tra 20°- 28°, il range è quello diciamo, che vale anche nei motori da competizione. Possiamo andare
avanti, questo è un altro parametro importante (Evoluzione della Pressione Media Effettiva) vedete
c’è stato un incremento; inizio anni ’70 la pressione media effettiva non arrivava a 10 bar, eravamo
tra i 9 e i 10, poi c’è stato questo graduale incremento e attualmente i motori sportivi dei 1000 a 4
cilindri arrivano a qualcosa più di 13, si va da 12,7 - 13,7; questo calcolato in base a quanto
dichiarano i costruttori, i giapponesi sono sempre un po’ ottimisti con le potenze. E i motori di F1
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sono 14 bar; però una cosa è avere 14 bar con un motore che gira a 19000, quindi i tempi sono
ristrettissimi per far avvenire la respirazione, e le perdite aumentano in maniera esponenziale
all’aumentare del regime di rotazione; quindi ottenere una pressione media effettiva molto alta a
9000-10000 giri è un conto, ottenerla a 19000 giri è tutta un’altra storia. Andiamo pure avanti,
(Evoluzione potenza specifica) la potenza specifica del motore è aumentata nel corso degli anni,
questi sono sempre motori di serie naturalmente; vedete qui negli anni ’70 un 1000 aveva 90-95
CV/l, oggi siamo a valori dichiarati che superano i 180 CV per i 600 che girano a una potenza
massima di 13-13,5 siamo a 210 anche 215 CV/l sempre in base a quanto dichiarano i costruttori,
però più o meno... Possiamo andare avanti e questo è un parametro molto importante
(Accelerazione potenza) per conoscere il quale bisogna conoscere anche la lunghezza della biella
sennò non lo possiamo calcolare questo, perché ci dice direttamente quanto sono alti i campi
inerziali con delle sollecitazioni meccaniche; quindi un CB 750 Four stava a 28000; negli anni ’70
fino a metà degli anni ’80 non si andava sopra i 34-35000 m/s². Oggi un 1000 di serie arriva a
60000; Kawasaki gira un po’ di più, ha fatto 63000 m/s². Le SBK vanno dai 72-73000 agli 82000
m/s², mi sembra. Dopo i ’90 hanno superato i 90000 m/s², questo vuol dire 10000 volte
l’accelerazione di gravità il che comporta delle soddisfazioni meccaniche impressionanti. Vedremo
come si è dovuto modificare gli organi meccanici per sopportare delle sollecitazioni di questo
genere. Possiamo andare avanti, (grafico) questo è banale: una volta i motori avevano delle valvole
molto inclinate, una motocicletta degli anni ’70 era così; il che significa che si utilizzava solo una
parte, si sfruttava la seconda parte del condotto perché da questa parte ne passava ben poca di
carica, per cui il coefficiente del flusso era scadente. Questa è una cosa dei primi anni ’70 di uno
studio che fece la BMW, ci dice grosso modo, per un motore a due valvole, come cambia la curva
di potenza in funzione della geometria del condotto di aspirazione; questa è una cosa di interesse
storico più che tecnico, oggi abbiamo strumenti diversi si fanno simulazioni, con computer e tutto
quanto e questo è veramente troppo schematico, però è quello che all’epoca era disponibile
insomma. Passiamo pure avanti, per ottenere una curva con andamento notevole con una bella
schiena come si suol dire da queste parti, ad un certo punto diversi produttori americani pensarono
di fare 4 trombette lunghe e 4 trombette corte; le trombette corte erano per la potenza e quelle più
lunghe per la coppia. In questo modo si rinunciava a qualcosina in alto ma si allargava il campo di
utilizzo, era una cosa molto rudimentale, dopo vedremo le trombette telescopiche, sulle automobili
è ancora meglio perché c’è più spazio e si possono fare in tutte le salse, con tutte le geometrie
variabili. Il campo automobilistico di serie consente molto di più, però le potenze specifiche sono
più basse, il motore gira molto di meno, adesso poi l’orientamento è questa è fare motori piccoli.
Questa invece è per farvi vedere come erano le camere di combustione dei motori di una volta; è un
2 valvole fine anni’60 inizi anni ’70, l’angolo delle valvole era molto forte visto che era molto
bombato e il percorso del fronte di fiamma era tormentato, con una sola candela. Andiamo pure
avanti, ecco questo ha aperto un’era; la foto è brutta ma è l’unica disponibile non credo ce ne siano
altre in giro, questa qui è una testa di un 4 cilindri Honda 250 al Gran Premio del ’61. Nel ‘61 è
apparso questo motore che ha vinto, è stato competitivo e poi vabbè è stato superato dai successivi 6
cilindri che fece la Honda capolavoro assoluto, ma anche qui non siamo messi male. Hanno fatto
vedere che se si volevano avere giri, cioè che il motore girasse molto in alto e che respirasse molto
bene in alto, ci volevano 4 valvole per cilindro. Quando è uscito questo tutti i motori motociclistici
da competizione erano tutti a 2 valvole, anche quelli automobilistici erano tutti a 2 valvole in
Europa, da noi non si sapeva neanche. Nel ’56-57 una casa tedesca, scomparsa nel ’61 circa, fece un
1500 da competizione che era a 4 valvole, però anche quello non se lo sono filato, nessuno ha
ripreso quella strada. La strada delle 4 valvole è stata impostata dalla Honda che ha cominciato a
vincere tutto e quindi poi anche i costruttori automobilistici si sono velocemente convertiti alla
soluzione delle 4 valvole per cilindro, a conferma del fatto che quando una soluzione funziona dopo
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un po’ la usano tutti. Quindi la cosa abbastanza interessante è il grande angolo tra le valvole; vedete
qui abbiamo le valvole di scarico, dall’altra parte quelle di aspirazione ma l’angolo è grande,
intorno ai 70°. Perché la Honda faceva questo? Perché avevano una camera molto brutta, ma gli
ingegneri giapponesi non erano scemi lo sapevano benissimo questo ma preferivano usare
comunque le 4 valvole per poter girare molto in alto e far respirare bene il motore. Hanno rinunciato
a qualcosa in termini di rendimento termico perché così si riesce a raffreddare la zona centrale della
testa; poi col passare del tempo questi problemi non sono più esistiti. Ecco qui siamo nella seconda
metà degli anni ’80, l’angolo delle valvole è 28°; per diversi anni Honda è rimasta fedele 28° che è
già una cosa umana. Vedete già con tutta l’aspirazione come si sta alzando, non è più orizzontale.
Andiamo a quella dopo e qui è ancora meglio perché 16 e 16, è 32°. Andiamo avanti, qui andiamo
meglio ancora perché siamo a 29, quindi già un valore moderno; ancora il motore a carburatore però
guardate il condotto di aspirazione come è inclinato, questo ha portato poi i costruttori a fare grossi
air box nella parte superiore. Molto vantaggioso, vi è un ridotto angolo tra l’asse condotto e l’asse
valvola e il condotto è quasi rettilineo, la curvatura nell’ultimo tratto è modesta. Questo è un
particolare di una testa di un motore da F1, 2001 direi; è un Asetek, quindi un Peugeot. Credo che
l’avessero regalato qualche anno dopo quando si erano già ritirati a qualche concessionario
meritevole il quale poi ha pensato bene di segare, sezionarla, farne vari pezzi e venderla su e-bay;
fatto sta che è stata comprata da un appassionato di Milano e io l’ho fotografata e qui si vede la
camera, mi sembra che abbia 95-96 di alesaggio, le valvole che all’epoca ancora di facevano in
rame-berillio. Il berillio è stato vietato nel 2000 perché tossico, pericoloso sia come inalazione che
se uno ci si taglia, per un avvelenamento del sangue, anche se qui di berillio ce n’è 3%; però oggi ci
sono materiali migliori. Poi vi faccio vedere, la Honda ha fatto un paio di cosette di una bellezza
tecnica incredibile prima di ritirarsi. Possiamo andare avanti, questo qui è l’andamento delle sezioni
del condotto di aspirazione di un motore da corsa, quello della Ducati insomma, vedete l’andamento
del condotto di una SBK dell’epoca, parliamo degli anni 94-95. Andiamo pure avanti, a parità di
angolo delle valvole e di geometria del condotto bisogna sfruttare bene quello che ognuno ha a
disposizione, quindi cosa è importante? E’ importante il coefficiente di flusso, inutile avere tanta
tensione a disposizione se poi si sfrutta male. Nel coefficiente di flusso ci sono tanti fattori che
intervengono, c’è la schermatura da parte delle pareti, le pareti troppo vicine riducono il coefficiente
di flusso; secondo la Suzuki, che ha fornito questa immagine, anche pareti troppo lontane possono
ostacolare, non c’è una norma molto precisa, bisogna rilevarlo sperimentalmente e si fa con la
valvola di flussaggio che tutti i costruttori adottano da non so quanti anni e lì anche i piccoli dettagli
contano; questo lo faccio vedere, perché? Perché prima ho fatto vedere la camera di combustione a
riduzione dell’angolo delle valvole perché camere compatte significano miglioramento di
rendimento termico; la strada per ottenere, a parità di regime di rotazione, potenze specifiche più
alte bisogna aumentare la pme e per aumentare la pme bisogna lavorare sul rendimento termico,
meccanico e volumetrico; in questo caso abbiamo un rendimento volumetrico cioè la respirazione
del motore. Questo ci fa tornare ad una considerazione relativa alla velocità media del pistone, una
volta si dichiarava di non poter superare i 20 m/s ma questo non è vero, si va molto più su, però poi
un limite c’è; non è un limite posto dalle sollecitazioni meccaniche, è più che altro un limite di
capacità respiratoria, la capacità respiratoria del motore precipita; quando si arriva a 26-27 m/s il
motore non ce la fa a respirare. E’ spiegato molto bene sul libro del Prof. Pignone, che in realtà tutti
possedete… no, neanche uno. Si chiama Motori ad alta potenza specifica, vi consiglio di leggerlo;
dal punto di vista meccanico non dice quasi nulla, non parla di materiali, dimensionamento dei
componenti… però ci sono considerazioni sulle dinamiche e fluidodinamiche interessantissime e
non è un libro di testo, è proprio un libro da leggere, con considerazioni di veramente notevole
interesse. Lui era ricercatore, ha lavorato anche in Ferrari. Un problema dei motori che girano molto
in alto specialmente se l’alesaggio è considerevole rispetto alla corsa… per esempio questi motori
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della F1 erano arrivati a 97-98 di alesaggio, con camera singola , non c’erano più punti di
accensione ma uno solo; per ottenere un po’ di compressione la camera era molto schiacciata quindi
non fosse proprio ideale sotto tutti i punti di vista… uno dei problemi di questi motori che giravano
così in alto era la velocità di combustione, cioè fare avvenire velocemente la combustione e allora si
è lavorato soprattutto sulle turbolenze. E qui c’è un confronto tra i sistemi convenzionali e i sistemi
dotati di tumble, vortici il cui asse di rotazione è perpendicolare all’asse cilindro; è un tipo di macro
turbolenza, fondamentale per motori moderni. Una mano l’hanno data anche i produttori di
carburante che hanno lavorato per permettere che la benzina bruciasse in fretta. Qui si vede che
all’aumentare dell’intensità del tumble, che si misura con delle banche di flussaggio, peggiora il
coefficiente del flusso. Noi perdiamo energia rotazionale, questa massa di gas rientra però questo
non si ottiene gratis. Tutto sta all’ accettare e scegliere la soluzione di compromesso che poi ci dà i
risultati migliori. Andiamo pure avanti, vedete lì non c’è la valvola, c’è solo l’appoggiamento della
guida della valvola e c’è un condotto, è un motore moderno di alte prestazioni, con due diverse
soluzioni per quanto riguarda il condotto di aspirazione. Vedete che quello tratteggiato è più grande,
la sezione del condotto è più grande; passando a quella dopo, vedete che la configurazione relativa
al condotto più grande ci dà un coefficiente di flusso più basso, quindi bisogna verificare;
certamente oggi ci sono dei programmi per computer che dicono tantissimo, sono eccezionali, però
il banco flussi è fondamentale per rilevare sperimentalmente il coefficiente del flusso in funzione
della valvola. Queste qui sono quasi tutte cose in inglese o tedesco. L’inglese è obbligatorio
nell’Ingegneria meccanica, lo dovete sapere; se poi sapete anche il tedesco tanto meglio, un mio
consiglio personale. Comunque andiamo pure avanti, ecco prima abbiamo visto delle trombette
sfalzate, invece adesso qui abbiamo delle trombette telescopiche. Praticamente queste sono le
trombette corte, quindi è stato tutto ottimizzato, questo qui scende giù e il condotto diventa più
lungo. Quindi si hanno due situazioni, condotto lungo e condotto corto. L’ideale sarebbe avere un
condotto telescopico che continuamente… però con le variazioni di carico è una cosa abbastanza
problematica. Questo è un BMW ma anche altri costruttori la usano. Andiamo pure avanti, questo
può essere interessante; in alto, A, vedete la variazione del rapporto corsa-alesaggio, con le camere
e la geometria della camera, variando anche l’angolo tra le valvole. Vedete la situazione più
vantaggiosa l’abbiamo fra i 30 e i 20; a 45° già la camera diventa un po’… invece qui sotto
abbiamo l’angolo tra le valvole che è fisso, però cambia il rapporto corsa-alesaggio e vediamo
questo qui corsa lunga e questo qui corsa corta. Possiamo andare avanti, questo qui è uno studio
della Nissan dove il migliore angolo tra le valvole è di 26°, lo dicono loro, poi in realtà c’è un certo
range, siamo più sul 20,21,23. Comunque, vedete qui abbiamo preso in considerazione parametri
come la dimensione della testa, il rapporto superficie-volume, la capacità dell’intercapedine di
acqua, con sollecitazione della testa del pistone e l’angolo delle valvole; alla fine la soluzione di
compromesso ottimale è 26°; qui l’angolo è grande e lì l’angolo è piccolo. Dicono che è così.
Andiamo avanti, questo è un motore di F1, questo per dire semplicemente che i motori son dei
trasformatori di energia, non sono tra l’altro efficienti come trasformatori di energia perché quella
che viene poi utilizzata è un 30%, un terzo se ne va per il raffreddamento e un terzo per lo scarico.
Comunque si cerca di fare del nostro meglio. Passiamo oltre, qui c’è la scocca a scintilla, questo è
l’andamento della pressione in funzione della rotazione dell’albero e che è cambiato? Niente, è lo
stesso motore, le stesse condizioni di funzionamento. Questa è la dispersione ciclica, infatti quando
i tecnici delle case comunicano - se lo fanno, perché in genere non lo comunicano - il valore, il
picco di pressione in camera di combustione, il valore medio su 200, 250, 300 cicli consecutivi,
ridurre il valore di dispersione ciclica comporta un miglioramento del rendimento. Si lavora si è
lavorato tanto però il problema è un altro, non si riescono ad avere due cicli consecutivi esattamente
uguali; ma neanche 20, ma neanche 1000… cioè si cerca di restringere il range. Andiamo avanti,
qui lasciate perdere quello che c’è scritto perché è tradotto malissimo; il grafico comunque è una
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fotocopia e rappresenta la ripartizione delle perdite per attrito; qui siamo passati al rendimento
meccanico per vedere cosa è stato fatto per migliorarlo. Qui si possono ridurre solamente le perdite
per attrito vero e proprio, cioè strisciamento… e poi lo sbattimento… vedete da una parte segmenti
e pistoni, questo è il pompaggio, l’emulsione dell’olio, questi qui sono i cuscinetti di banco, questi i
cuscinetti interni e questa la distribuzione. Andiamo avanti, qui si vede come cambiano gli
assorbimenti da parte delle singole voci in funzione del regime di rotazione; in effetti si è lavorato
su tutti questi componenti. Passiamo oltre, questa è interessante è il confronto di quanto si perde per
attrito in funzione del regime di rotazione con due pistoni analoghi, stesse condizioni di
funzionamento, stesso motore e stessa geometria complessiva del pistone. Con questi due segmenti
si guadagna in termini di potenza, mica tanto un po’, nei motori veloci sì; Nei motori da
competizione dove non ci sono problemi di durata, dove si gira molto in alto i due segmenti
convergono, mentre nei motori di serie si continua ad andare avanti con tre segmenti di cui due di
tenuta. Questa qui invece è una bronzina, per far vedere l’area proiettata, che è un riferimento ma
non c’entra niente con la realtà. E’ un riferimento all’area applicabile per facilità di calcolo; una
volta si parlava di 600 kg/cm2, oggi ci sono materiali che superano di 1000 bar come capacità di
carico, sempre in riferimento all’area applicata e l’hanno sviluppati non per i motori veloci aspirati,
li hanno sviluppati per i turbo diesel dove ci sono dei carichi dovuti alla pressione dei gas che sono
mostruosi. Il picco di pressione in camera di combustione è dell’ordine di 200 bar in un turbo diesel
automobilistico di ultima generazione e nei veicoli industriali si è arrivati a 240 bar. Andiamo pure
avanti, qui vedete cosa abbiamo qui? Gioco piccolo e gioco grande, esagerato ovviamente; durante
il funzionamento sapete che il perno dell’albero si dispone ciclicamente all’interno della bronzina e
nella rotazione fa il cuneo. Se mettiamo un gioco piccolo significa che il perno copia meglio il
cuscinetto, c’è minor differenza tra i due raggi di curvatura; la distribuzione delle pressioni è
minore, il picco pressione è minore; col gioco grande è il contrario, il perno copia male la bronzina,
le pressioni si concentrano di più e il picco di pressione è più alto. Però con un gioco grande la
bronzina è raffreddata, con un gioco piccolo di olio ne passa di meno nell’ unità di tempo. Quindi la
temperatura sale; anche qui si tratta di trovare il compromesso ottimale. Andiamo avanti, questo ci
fa vedere che sembrano cilindrici i perni dell’albero ma non lo sono; in genere le tolleranze sono
molto ristrette, si sta sotto il centesimo, nelle moto si sta sotto i 5 micron; però per ridurre le perdite
di attrito sono vantaggiosi i perni piccoli; però qualcosa poi lascia a desiderare se si va oltre a
livello di rigidezza se l’albero flette ci son dei problemi di allineamento di questo genere qua e
andiamo avanti la rigidezza, cioè l’albero flette e se flette ci sono dei problemi di questo genere
qui; l’albero non è più allineato. La rigidezza assoluta ovviamente non esiste, tutti i corpi in qualche
misura si deformano elasticamente, si cerca comunque di averli per quanto possibile rigidi, perché
sennò ecco cosa succede, quando c’è combustione tende ad ovalizzarsi o ad accentuare la bronzina,
tendono ad aprirsi… avvengono queste deformazioni elastiche si cerca di ridurle per quanto
possibile, in modo che mangino meno potenza per attrito; specialmente a livello di giri questa è una
cosa importante. E’ vantaggioso nei motori moto che hanno tutti supporti di banco tagliati a metà…
la struttura è rigida. Comunque anche i motori delle automobili di serie tendono anche ad utilizzare
il sotto basamento, proprio per la rigidezza strutturale. Andiamo avanti, nei motori motociclistici
quelli sportivi a 4 cilindri che girano moto forte, quando un pistone scende sotto c’è comunque
dell’aria, ci sono assorbimenti, è un lavoro passivo. Allora facendo queste aperture tra un cilindro e
l’altro si riduce questo assorbimento. La prima a fare soluzioni di questo genere è stata la Porsche,
se vediamo la foto dopo questo è un cilindro, questo è l’altro cilindro, questo è un supporto di banco
e qui c’è questa apertura per ridurre questo assorbimento. La Suzuki parla di un miglioramento
dell’ordine di un 2%, forse anche 3, che non è poco alla fine. Andiamo avanti, queste sono le
perdite per attrito della viscosità dell’olio; qui aumentando la temperatura diminuisce la viscosità,
diminuiscono le perdite per attrito; l’olio è molto viscoso. Comunque oggi ci sono degli olii che
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hanno un range di viscosità molto ampio, un indice di viscosità molto elevato e una viscosità a
freddo che è bassissima. Anche loro danno un piccolo contributo. E’ la somma di tutti questi piccoli
contributi che porta un motore di serie a consumare di meno e un motore da corsa ad avere CV.
Sono stato un po’ lungo scusate. Dovete farmi delle domande? Sono qui apposta. Questa immagine
mostra come è cambiato il rapporto tra l’altezza del diametro nei pistoni automobilistici di serie; a
parità di alesaggio l’altezza del pistone è scesa notevolmente. Oggi nei motori auto di serie siamo
intorno a 0,60, le motociclette di serie sono un po’ più giù, sono 0,52 e i pistoni da corsa sono
arrivati a 0,32. Adesso ve ne faccio perché è veramente estremo. Ecco qui vediamo che per l’altezza
del diametro oggi siamo a 0,51-0,56, anche il peso è diminuito moltissimo. Qui ha contribuito anche
il fatto che una volta era un mantello o quasi adesso sono molto sfiancati, il che vuol dire anche
minore espressione del mantello in larghezza, quindi riduzione della superficie di strisciamento, ma
è diminuita anche la lunghezza spinotto. Andiamo avanti questo è un pistone di un motore da corsa
noto degli anni ’50, un Gilera 500 del ’57. Vedete, mantello anteriore e per tenere lo spinotto si
usavano le pasticche di alluminio, tanto l’alluminio è più tenero della ghisa e non dava problemi.
Vedete come è bombato? Questo aveva 90°, di inclinazione tra le valvole; aumentando
l’inclinazione servivano valvole più grosse, però veniva una camera schifosa. Andiamo pure a
avanti, a cavallo degli anni ’60-70 la situazione era questa, ancora un motore a due valvole; questo è
un pistone già stampato con mantello scaletto, le due parti di appoggio, molto sfiancato (ad H come
si diceva allora); questo era un po’ meno bombato e qui l’angolo tra le valvole è 90°, comunque
ancora non ci siamo. Andiamo avanti, questo è pistone stampato, diametro 77° di un Kawasaki 600.
Andiamo avanti, questo qui è un pistone di F1 all’incirca del 2000, qui vedete l’ampiezza è un terzo
del diametro e ci sono solamente due segmenti. Andiamo pure avanti, questo non è di F1 però vi fa
vedere la struttura di questi pistoni nei motori da corsa odierni; ci sono questi traversini di
riferimento… Il motore è forgiato. I motori di serie molto spinti hanno un motore forgiato, però
sono sempre leghe di alluminio al silicio; aumentando il valore di silicio diminuisce il coefficiente
di dilatazione termica quindi il pistone può essere montato a freddo con un gioco abbastanza ridotto,
cambia poco scaldandosi; però questo motore da corsa forgiato non è in alluminio-silicio, questo
qui è in alluminio al rame; ha migliori caratteristiche meccaniche a caldo, anche se a freddo va
montato con un gioco maggiore. Andiamo pure, i segmenti; il lavoro che è stato fatto negli ultimi
anni è stato di ottenere gli stessi risultati avanti segmenti stessi risultati con campi radiali minori.
Adesso sono di altezza molto ridotta i segmenti, perché ci sono delle accelerazioni in gioco
mostruose; questo ha contribuito alla necessità di getti d’olio per il raffreddamento dei pistoni,
perché essendo così bassi smaltiscono poco; prima la maggior parte del calore dei pistoni si
smaltiva tramite segmenti, oggi non più possibile. Segmenti che generalmente sono ghisa, però in
campo auto l’80% dei motori a benzina ha i segmenti in acciaio, quindi c’è stato questo passaggio.
Andiamo avanti, questo è motore di serie, un 600 della Yamaha; guardate l’altezza del pistone…
questa è la biella classica, fusto a sezione ad H. Se vediamo la successiva qui abbiamo a confronto
quella ad H e ad H rovesciato, di serie da corsa; questa qui è in lega di titanio. Il titanio è 4,5 g/cm3
di densità mentre l’acciaio è 7,7. Andiamo avanti, il posizionamento del cappello sulla biella; in
questo caso questa è una soluzione con bussole calibrate che assicurano un montaggio corretto.
Questa è una soluzione che fino a pochi anni fa era strana per i motori da competizione; in molte
realizzazioni di serie moderne il cappello viene posizionato utilizzando superfici di frattura, cioè si
va nel campo fragile e si spezza. Questo è possibile solo in certi casi e solo con certi acciai; quelli
da corsa mai, e sicuramente non in titanio. Andiamo avanti, sempre titanio perché ormai è così da
decenni; qui il centraggio è dato dalle viti stesse. Queste viti hanno un gambo a sezione calibrata
che assicura i centraggi. Funziona, però può portare in errore la posizione delle viti perché fa attrito
comunque. La vite è una forza elastica. In campo auto in molti casi si usa la coppia con angolo;
cioè si dà una coppia e poi la casa dice di quanto ulteriormente è ruotata l’altezza della vite. Però
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anche lì ci dovrebbe essere un legame diretto vite-angolo tra il tiro vite e l’angolo di rotazione; c’è
un filetto però se rompo la testa della vite il piano d’appoggio quanto è? Difficile avere qualcosa di
preciso; è accettabile per i motori di serie ma per i motori da corsa no. Andiamo avanti, ecco vedete
questo qui? Questo ci dice veramente il tiro della vite, se andate a vedere la Kawasaki 600 è così.
Questa è una moto inglese di fine anni ’40. Comunque andiamo avanti, questa qui è una biella da
corsa di un motore di F1, sarà stato intorno al 2000-2002; qui ci sono i denti triangolari e anche i
grani. Andiamo ancora avanti qui ho solo il disegno, non so se la usano ancora penso di sì, una
biella in titanio con questa stranissima geometria, è sfiancato ma anche di qua… è una geometria
molto complessa. Però se uno va a pesarla pesa molto di meno; è una corsa all’alleggerimento.
Andiamo avanti, questo è un albero a gomito di una motocicletta inizio-metà anni ’80. Il comando
di distribuzione è a catena centrale e aveva 6 perni di banco questo albero; ma ogni perno di banco
cosa significa? Un po’ di attrito in più. Dopo che hanno fatto? Se andiamo avanti vediamo invece
un albero con soltanto 5 perni di banco; l’hanno fatto per rendere il motore un po’ più stretto,
l’albero un po’ più rigido perché più corto ed eliminare un supporto di banco. Oggi sono tutti così,
hanno la catena laterale. Andiamo avanti, la Yamaha ogni tanto fa cose strane, in questo caso ha
messo i perni di manovella non a 180° ma a 270°; dicono che migliora la trazione, se fosse vero
veramente lo userebbero tutti. Andiamo avanti, questo qui è l’albero della Ducati della MotoGP, 4
cilindri; vedete gli inserti? Per ridurre la dimensione degli alberi nei motori da corsa si usano tutti
gli inserti in tungsteno, lega con densità 18-18,5 kg/dm3; si fa per ridurre le dimensioni. Andiamo
pure avanti, questa si vede male ma è l’unica immagine che ho, è un modellismo di un motore di F1
anno 2000, BMW. Qui è chiaro perché vogliono ridurre le dimensioni, da un lato pesa un po’ meno
l’albero e dall’albero possono abbassare l’asse di rotazione che nell’automobile è importantissimo;
adesso non si fanno neanche quelli. Andiamo avanti, qui siamo anni ’60 fino a metà anni ’70; i
motori tradizionalmente avevano la canna in ghisa e qui vediamo istallata l’interferenza; il
Kawasaki 900 era fatto così… poi da fine anni ’70 in poi si sono usati i cilindri italiani; i tedeschi
hanno usato i cilindri con la canna integrale in nichel e camera di silicio, mentre i giapponesi sono
andati avanti con le canne in ghisa fino a metà degli anni ’90. Andiamo pure avanti questa qui è
un’astuzia Giapponese… no, non è vero, anche europea; queste che vedete qui sono le canne in
ghisa. Vedete che queste canne in ghisa non arrivano esattamente alla sommità, qui ci saranno 2-3
mm di alluminio, perché hanno fatto questo? Perché così l’utensile della macchina che spiana la
superficie superiore del blocco cilindri dura 7 volte di più, incontra solo l’alluminio. Andiamo
avanti, questo è il cilindro a canna integrale di un motore giapponese; lo spessore di parete nella
zona che separa le canne contigue nei motori motociclistici è sceso in certi casi al di sotto di 6 mm.
C’è un motore che è arrivato a 5 e ce ne sono un paio che sono scesi a 5,5; quindi fra 5 e 6 mm,
sotto a quello non posso andare. Andiamo pure avanti, queste sono le canne di un motore che ha le
canne appoggiate in alto, perché così si stringe solo il coppino, non si schiaccia la canna; queste
sono in alluminio e le usa per esempio la Ducati Panigale 1199. In campo auto, in F1 hanno usato le
canne uniche fino alla fine degli anni ’90, poi sono passati alle canne integrali perché il motore era
un po’ più compatto e pesava meno; sono arrivati a fare un 3000 che pesava 90 kg. Poi sono
intervenuti i regolamenti e vabbè, però è una cosa incredibile. Andiamo pure avanti, questa è una
soluzione, il cosiddetto blocco cilindrico del tipo open deck; vedete, qui non c’è collegamento tra la
sommità delle canne e le pareti esterne del blocco. Open deck perché come diceva qualcuno
raffreddava meglio, in realtà è perché costa di meno, è conveniente. Comunque se andiamo avanti,
qui c’è invece un closed deck; c’è un piano che collega le canne alle pareti laterali e qui ci sono le
intercapedini del passaggio acqua che poi continuano qui dentro e qui intorno finché possono. Nei
motori di F1 ci sono almeno un paio di motori che non hanno i passaggi acqua tra testa e cilindro;
cioè l’acqua entra nella testa e fa il suo giro e separatamente entra nel cilindro e fa il suo giro;
questa senza passaggi intermedi è detta dry deck. In riferimento alla closed deck c’è un’altra cosa
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interessante, vedette il condotto dell’olio scende giù dalla testa e va esternamente alla camera di
manovella, così l’albero che gira non viene investito ma va direttamente sotto; anche questo per
ridurre. Andiamo pure avanti, questa l’ho messa per curiosità; questa che sembra la testa di un
motore degli anni’70 primi anni ’80, è del ’53 ed era veramente avanti come ben sa la Honda e
come ben sa la Yamaha. Andiamo pure avanti, questo giusto per farvi vedere la calotta in bronzo;
soluzione che hanno usato nei 4 cilindri perché dicevano “se va giù la valvola mi distrugge tutto,
invece cambio la calotta e non butto la testa, se è una testa buona”. Andiamo avanti, ecco queste qui
sono le sedi di un motore di altissime prestazione. Ma la Honda cosa ha fatto nel 2004 ha messo le
teste del suo F1 senza sedi, però l’alluminio non ha le caratteristiche adeguate; allora sono ricorsi
all’alligazione laser, cioè riscaldamento concentrato intorno alla sede e dall’altro lato apporto di
polvere che veniva incorporata nell’alluminio, che si fondeva. Polvere a base di rame, particelle di
motore, e lubrificante solido. E niente ha fatto questo sistema così che ha potuto ridurre lo spessore,
sono andati a lavorare anche sui dettagli, ottenendo anche un ottimo scambio termico e anche la
temperatura delle valvole è scesa; quindi si lavora anche su questi dettagli. Andiamo pure avanti,
questo è lo stato dell’arte un BMW 1000; nei motori moderni se volete sapere approssimativamente
quanto sono grandi le valvole aspirazione moltiplicate il raggio per 0,40 - 0,42 non si scappa.
Andiamo avanti, questa qui è la stessa testa del BMW e qui si usano i bilancieri a dito non le
punterie a bicchiere; i bilancieri a dito pesano di meno. Oltre al profilo della canna qui entra in
gioco anche il raggio di curvatura del bilanciere. Questo, Mario, è trattato molto bene nel Master.
Oggi coi computer si costruisce tutto, si simula tutto, le deformazioni, l’adeguata distribuzione… si
tratta di strumenti che una volta non c’erano e danno contributi impressionanti. Andiamo avanti,
questa immagine è moderna, le valvole; ci interessano le valvole di scarico perché quelle di
aspirazione non sono molto sollecitate, invece quelle di scarico vanno a 850° circa, allora si usano
acciai austenitici, però nei motori da corsa si usano le valvole in leghe di titanio tarate ad alte
temperature, perché hanno il vantaggio di una densità molto ridotta. Queste qui invece sono molle
delle valvole, se andate a vedere i motori ultimi di serie spesso sono fatte in modo per cui
consentono di montare uno scodellino più piccolo e quindi di ridurre la massa mobile; sono andati a
lavorare anche su questo. Se c’è una massa mobile minore può aiutare le molle a dare un carico un
po’ inferiore e quindi assorbono di meno. La somma di tanti piccoli contributi da risultati
importanti. Se andate a vedere motori di alte prestazioni motociclistici in officina osserverete che il
filo non è tondo, la sezione non è tonda; sono multi-air, possiamo dire ovale anche se non è vero ma
ci si avvicina. Consente di distribuire meglio le sollecitazioni e di sfruttare meglio lo spazio a
disposizione perché a parità di rigidezza e di carico la molla può diventare più corta o più alta.
Andiamo avanti, questo è un brevetto del ‘52 della Mercedes sulla distribuzione desmodromica;
loro con questo sistema qui hanno vinto due mondiali, nel 54 e 55. Quindi la strada giusta l’ha
indicata la Mercedes, che ha fatto le cose seriamente come del resto sta facendo anche adesso in F1.
Andiamo avanti, qui abbiamo valvola e molla pneumatica; la molla pneumatica che strutturalmente
è molto semplice poi in realtà realizzarla… da un anno all’altro il regime di rotazione era aumentato
e ha continuato perché con le molle ci si era fermati adesso all’epoca, adesso è migliorata la
situazione, sono migliorati i materiali, sono migliorati molto i procedimenti produttivi. E’
importantissima la purezza dei materiali; i materiali di oggi non sono molto diversi da quelli passati,
ma oggi i motori di alta prestazione hanno tecnologie produttive che consentono di ridurre al
minimo la presenza di impurità e con una composizione molto più rigorosa. Questa è una molla
pneumatica, lo scodellino va fissa; è un pistone, questo qui si muove con la valvola e quest’altra è la
parte fissa. Vedete, la molla che vi dicevo, non è perfettamente cilindrica; un po’ si vede, comunque
ci sono alcuni casi in cui è molto più visibile la cosa. Quando si usano i bilancieri a dito in certi
casi estremi, un fianco non è convesso, non è rettilineo ma è leggermente concavo; i motori da
competizione sono così, il che comporta dei problemi per cui ci vuole una molla molto piccola che
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li risolva. Andiamo avanti, questa qui è una sezione di un pezzo della testa di una BMW del 2001;
qui si vede la trombetta telescopica, si vedono gli alberi a camme, le molle pneumatiche sono qua
dentro, i bilancieri a dito… Era lo stato dell’arte nel 2001 ed è lo stato dell’arte anche adesso.
Andiamo avanti, queste sono pompe dell’olio a ingranaggi; questa sarà di una portata un po’
maggiore aumentando lo spessore degli ingranaggi, purtroppo però non hanno cambiato il diametro
del foro che aspira. Andiamo avanti, questa è la valvola limitatrice che a un certo punto si apre, per
cui la pressione dell’olio fa così, arrivata ad un certo punto rimane quasi costante; perché più tende
ad aumentare più si apre la valvola limitatrice. Andiamo avanti, questa è solo per far vedere la
posizione dei fori dai quale esce l’olio che lubrifica le bronzine, se uno sbaglia la posizione succede
un casino. Poi notate anche il foro che è svasato; questa colorazione è data da un tempra che ha
subito, il raggio di raccordo molto generoso e il passaggio olio. Andiamo avanti, il getto d’olio per
il raffreddamento del pistone, oggi è obbligatorio in tutti i motori ad alta prestazione. Andiamo
avanti, questa qui è la sezione di un motore di F1 molto schematica ma veritiera; ci sono i suoi
bilancieri a dito, le valvole e qui ci sono due getti per ogni pistone; in realtà alcuni hanno fatto
quattro getti per ogni pistone. Non c’è la pompa dell’olio, qui la rotazione dell’albero agevola il
lavoro delle pompe di recupero che in genere sono una per ogni camera di manovella. Per
concludere voglio parlarvi un attimo delle bielle che usava la Honda che poi vengono vietate nel
2007; comunque nel 2004-2005 le ha usate. La forma ideale di una biella in realtà sarebbe la biella
che ha il materiale solo esternamente e come si fa? Loro hanno preso la biella, l’hanno sdraiata,
l’hanno tagliata a metà, le due metà le hanno scavate e le hanno riunite ma non con la saldatura ma
con un procedimento di fusione particolare: a 40 bar, per 50 ore, a 840°; si può fare con quel
materiale che è una lega di titanio si fa; e le sezioni non mostrano discontinuità strutturale, che si
vedrebbe invece se si fosse utilizzata la saldatura. Per dire che oggi stanno uscendo fuori tecnologie
molto interessanti. Il regolamento l’ha vietate perché ha detto che il corpo biella deve essere in un
pezzo solo; anche l’albero, non si può usare l’albero fatto in più parti. Niente io sono apposto, ho
finito. Avete delle domande? Qui nessuno fa domande. Ok, finito.
Fabbri: Sono affamati perché sono le 13:30…
Guidetti: Se avete delle domande che volete fare in privato, vi avvicinate e potete chiedere.
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2_Competizione, passione e azienda
Giulio Fabbri: Buon pomeriggio, cominciamo questo secondo blocco con un altro ospite
importante, Claudio Domenicali della Ducati. La Ducati è qua vicino, è un’azienda bolognese, col
cuore a Bologna. Domenicali secondo me è l’esempio perfetto di chi è riuscito ad entrare in azienda
come ingegnere - se non sbaglio era nel ’91 - ed ha fatto carriera. E’ stato Amministratore Delegato
della Ducati Corse, quando è nata la Ducati Corse ed ora è il boss. Lascerei subito a lui la parola.
Claudio Domenicali: Buon pomeriggio, grazie di avermi dato questa possibilità. Quando gli amici
mi hanno chiamato per fare questa testimonianza dicendomi che c’era questo convegno sui motori
da competizione, nonostante gli impegni, che poi tutte le volte che c’è un fine settimana a casa uno
cerca di ritagliarselo e di goderselo, mi è sembrato che valesse la pena e fosse opportuno, anche
perché conservo con l’Università un rapporto di affetto molto particolare proprio per tutto quello
che mi ha dato, quindi credo che nella vita sia opportuno cercare di restituire tutto quello che la
fortuna poi ci ha dato e quindi metto a disposizione queste due ore del mio tempo per raccontare la
mia storia e raccontarvi qualche aneddoto di questi, purtroppo, ormai un po’, per quanto siamo
giovani, numerosi anni; e l’aver visto motori di vario tipo nel modo della Superbike e della MotoGP
può essere interessante, può essere uno stimolo per poi lasciare uno spazio alle domande, i dubbi e
le curiosità che vi possono venire. Quindi io partirei contestualizzando un po’ il mio ruolo in Ducati
oggi, quindi che cosa è la Ducati, proprio per poi riuscire a calarci poi meglio nella parte un po’ più
profonda, nel mondo un po’ più della tecnica.
Fabbri: Posso permettermi di far vedere una foto? Perché oltre ad essere un ingegnere e AD, va
anche in moto e questo è lui su una Panigale R, se non sbaglio, in questa foto.
Domenicali: C’è del lavoro duro ma qualcuno lo deve fare, direbbero in presenza di cose come
queste. Ieri l’altro ero al Mugello invece dove abbiamo presentato la Superleggera, che è una moto
che qualcuno di voi magari conoscerà, è l’evoluzione più estrema, eccola qua (foto), fantastico,
magari parliamo anche di quella dopo; c’erano quattro giornalisti, avevamo scelto la rivista più
importante di ogni nazione, per non fare dispetto a nessuno ci siamo collegati al numero di lettori e
purtroppo dovevamo sceglierne una sola quindi abbiamo avuto un giornalista americano, un inglese,
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un tedesco e un italiano, sembra una barzelletta e anche lì c’è stato un duro lavoro di
accompagnamento per una giornata in pista quindi ho dovuto sottostare! Trovo ogni scusa possibile
per stare a contatto con le moto perché è da dove sono nato, da dove vengo come forse molti di voi,
però io a 14 anni insomma avevo già le mani in pasta, smontavo pistoni e segmenti. La Ducati oggi
è una tipica media azienda italiana, medio-grande per essere in Italia, perché è un’azienda di 1280
dipendenti che ha tre sedi produttive, di cui la principale è a Bologna, Borgo Panigale, dove
facciamo il 90% della nostra produzione, poi per motivi di dazi doganali oggi produciamo le moto
che vendiamo in Asia, in Thailandia, quindi abbiamo uno stabilimento a 200 km a sud di Bangkok e
abbiamo anche una sede produttiva in Brasile per lo stesso motivo. Ogni tanto i politici li sentirete
parlare di dazi e di come fare, poco, infatti nei giornali si legge di tutto ma pochissimo di questo, ma
questo invece è uno dei motivi principali per cui il lavoro si trasferisce all’estero. Si trasferisce
perché sono state impostate una serie di asimmetrie doganali per cui si può importare un pezzo dalla
Cina con un dazio del 4%, quindi abbiamo componenti che arrivano dalla Cina in tutte le cose che
usiamo, abiti, vestiti, mobili, automobili… mentre per esportare in Cina un qualsiasi bene prodotto
nella Comunità Europea pago un dazio del 60%, in India il 100%, in Brasile è oltre il 100%; quindi
questa cosa qua sarebbe la prima singola cosa che sarebbe utile fare per far sì che le aziende
potessero avere la loro produzione in Europa, o in Italia meglio, piuttosto che avercela in
Thailandia. Però se uno in Thailandia non ci va semplicemente le moto non le vende, perché il
dazio è del 100 e passa % quindi le vende poi un concorrente. Queste sono le regole di base che la
politica dovrebbe gestire, perché gestendo le regole poi influenza i comportamenti. Questo
stabilimento in Thailandia che abbiamo, ha prodotto circa il 10%; abbiamo prodotto 45 mila moto
nel 2013, che è stato l’anno record della nostra storia quindi abbiamo un’azienda che è in ottima
salute. Ha avuto un percorso veramente complesso nella sua storia; l’azienda nasce nel 1926 non
faceva moto, faceva apparecchiature radiofoniche, ha cominciato a fare moto nel dopoguerra,
faceva i Cucciolo, un piccolo veicolo a motore, aveva motorizzato la bicicletta, poi ha vissuto
vicende estremamente alterne e difficili; faceva parte del gruppo IRI e hanno tentato in tutti i modi
di chiuderla, finalmente è stata comprata da Claudio Castiglioni che è stata probabilmente una delle
persone più importanti, che purtroppo è deceduto recentemente; una delle persone più importanti
nella storia dell’azienda perché era un grande appassionato di moto e ha fatto tutto il possibile per
far crescere l’azienda. Infatti l’azienda dopo 10 anni da quando l’aveva comprata lui, quando l’ha
comprata lui produceva circa 1000 moto all’anno, quando l’ha venduta nel ’95 ad un fondo
americano ne produceva 20 mila, quindi una storia straordinaria di successo e ha venduto l’azienda
perché era l’unica cosa che valeva del suo gruppo perché era in grave difficoltà economica era il
periodo di mani pulite, non so se ormai è rimasto qualcosa di mani pulite nei libri di storia. E’ stata
venduta quindi nel ’95 e ha poi fatto due giri, due passaggi di private executive diversi, quindi è
stata prima di un fondo americano, Texas Pacific Group, questa proprietà è durata 10 anni fino al
2005, poi, anche qui le cose non andavano particolarmente bene, è stata venduta un’altra volta ad un
fondo italiano che è il fondo di Andrea Bonomi, Investindustrial, oggi proprietà di Aston Martin,
per rimanere nel modo delle cose belle. Andrea e il suo fondo sono stati degli azionisti straordinari
per la Ducati, perché hanno creduto moltissimo nell’azienda, ci hanno permesso di investire molto
nel prodotto e dal 2005 l’azienda è rifiorita. Nel 2005 era un’azienda tecnicamente fallita,
un’azienda tecnicamente fallita è un’azienda che consuma più soldi di quelli che produce, per
andare molto nella pratica; l’azienda dal 2000 al 2005 ha consumato cassa in continuazione. Voi
fate Ingegneria e avete fatto o farete un esame di economia, economia magari non è per tutti lo sport
preferito, ma avere alla fine dell’anno più soldi nel conto corrente di quelli con cui si è cominciato è
sano per un’azienda; spesso non succede, perché c’è il conto economico che in qualche modo si
riesce a gestire, gli ammortamenti uno li fa in un modo, uno in un altro, quindi uno può presentare
un utile, un profitto, ma può trovarsi a fine anno con una cassa inferiore a quella con cui si è
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cominciato e dopo un po’ il continuo drenaggio di cassa in assenza di nuovi finanziamenti, un
aumento di capitale, o i finanziamenti delle banche ovviamente produce il fatto che di cassa si
muore nel tempo zero, nel senso che tu ad un certo punto il 10 del mese devi pagare gli stipendi,
devi pagare i fornitori, da qualche parte, in qualche modo dovrà esserci una certa liquidità, se non
c’è tu a quel punto il fornitore non lo paghi, quello smette di darti i pezzi e ti fa un decreto
ingiuntivo e quindi si “portano i debiti in tribunale”. Noi nel 2005 avevamo una condizione di
questo tipo, molto complessa e molto difficile era una serie di effetti negativi dovuti ad una serie di
scelte sbagliate fatte in azienda principalmente, quindi prodotti poco redditizi anche poco appealing
e dal 2005 invece siamo ripartiti con una serie di investimenti importanti, facendo continui
investimenti in nuovi prodotti che invece dal 2007 in poi hanno incontrato una grandissima
accettazione da parte dei nostri appassionati e che erano anche tutti prodotti realizzati con una
grande attenzione alla marginalità e quindi prodotti che hanno generato un flusso di cassa positivo
per l’azienda. L’azienda aveva un debito importante in quel momento, ha ripagato tutto e si è
presentata ad un appuntamento a metà del 2012 con Audi, il gruppo Volkswagen e Audi in
particolare, che era interessata ad aggiungere una perla nel proprio patrimonio di marchi e si è
presentata con questa situazione di cassa molto interessante: un debito molto limitato di solo 50
milioni su circa 500 milioni di fatturato e si è presentata con tutte le carte in regola. Inoltre l’azienda
era interessante, in particolare, perché il patriarca o il patrono del gruppo che è Ferdinand Piech che
è un ingegnere straordinario - leggetevi la sua biografia che è un esercizio interessante perché
contiene diversi insegnamenti che per me sono stati utili, io non la conoscevo in dettaglio, me la
sono letta negli ultimi due anni per ovvi e opportuni motivi, ma lui è un ingegnere vero, ci sono
migliaia di aneddoti, dopo magari ne racconto un paio, tra l’altro è un ingegnere di quelli per cui
nell’azienda sono importanti molte cose ma niente è importante come il prodotto -, ha preso l’Audi,
che era la macchina del signore col cappello, l’Audi all’inizio degli anni ’80, se qualcuno va a
guardare era veramente la NSU, quindi siamo nel mondo della Prinz non so se… noi avevamo
l’Alfa Romeo e la Lancia in Italia e quindi all’inizio degli anni ’80 gli italiani guardavano l’Audi
con sufficienza, insomma questo ha preso l’Audi ed ha inventato la trazione integrale permanente
delle vetture stradali che all’epoca era riservata ai veicoli fuoristrada e gli ha anche assegnato il
marchio che è il 4 e quindi ha fatto un’operazione congiunta di tecnica e di marketing, si è inventato
il TDI, che è il turbo diesel con tutte le sue specificità. All’epoca il turbo diesel lo usavano i camion
e c’erano tutti motori a reazione diretta estremamente rumorosi, farraginosi quindi ha portato il
motore diesel; oggi sembra scontato usare macchine diesel come se fossero motori a benzina (per
dire i motori diesel sportivi), ma prima di Ferdinand questa cosa non c’era; ha inventato l’Audi
Space Frame con i telai in alluminio e quindi l’alleggerimento continuo… tutta una serie di cose che
hanno portato come un’ossessione drammatica sulla qualità, la perfezione e la voglia di realizzare
vetture straordinarie, per cui l’Audi è ancora oggi un marchio che compete direttamente con BMW
e con Mercedes in termini di volumi ma anche di profitti e quanto altro e c’è anche un obiettivo, ce
ne sono diversi, ma insomma si pone l’obiettivo di poter diventare entro il 2020 il costruttore primo,
numero uno nel mondo. Quindi veramente tutto è partito con Fernand Piech e con tutte queste sue
idee straordinarie. Dicevamo la Ducati era in regola per entrare in questo gruppo e ha continuato
dopo il 2012 a migliorarsi ulteriormente; quindi abbiamo detto che nel 2013 abbiamo fatto il nostro
record di vendita, circa 45 mila moto. Il nostro mercato principale sono gli Stati Uniti, noi abbiamo
il 25% di moto oltre oceano purtroppo; dico purtroppo perché ci piace l’Italia, o per fortuna, perché
altrimenti saremo già morti, solo l’11% del nostro prodotti va in Italia e quindi questo dice
moltissimo della situazione e di quello che è oggi un’impresa che poteva avere buona salute e deve
rivolgersi forzatamente al mercato esterno. Ducati ha una serie di particolarità che ne fanno
un’azienda abbastanza caratteristica, il prodotto è straordinariamente importante, lo teniamo sempre
al centro in modo molto chiaro, non era così dieci anni fa era un po’ uscito dal… era importante ma
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non era la cosa più importante che cerca l’azienda e a mio giudizio questa è stata la singola azione
più importante del fatto che poi le cose hanno cominciato ad andar male, ma attorno al prodotto c’è
un mondo, molto più che in altre marche, un mondo che è fatto di una serie di attività che vi
racconto rapidissimamente ma che fanno di Ducati un’azienda molto particolare. Abbiamo un
mondo che è fatto di corse, di abbigliamento, è fatto di accessori, di eventi, abbiamo un mondiale
che si svolge ogni due anni e che sarà questo anno nella seconda metà di Luglio che è il World
Ducati Week in cui abbiamo 60 mila persone, l’ultima edizione avevamo 60 mila ducatisti e
appassionati che venivano da tutto il mondo che si sono ritrovati a Misano nel 2012 e gli stiamo
preparando una grandissima festa per quest’anno. C’è il video, vai col video. Non eravamo
preparati ma è più bello così in diretta. Intanto che lo cerca, comunque tutto questo è un pezzetto nel
dire: noi facciamo le moto perché siamo appassionati di moto, ma non facciamo solo moto,
facciamo un pezzetto in più, vorremmo fare un pezzetto in più.
(video)
Alla fine è una grande festa, un modo straordinario di stare insieme e la moto è un elemento
straordinario di aggregazione. Quindi la moto vissuta da sola, per chiunque abbia provato
l’esperienza, ha un sapore diverso dalla moto vissuta in compagnia; l’estremo di questo è il
grandissimo raduno in cui per quattro giorni c’è la sfida fatta sulla spiaggia, c’è la festa in spiaggia,
ci sono tre giorni interi di pista a disposizione di tutti gli appassionati, si creano dei turni e possono
girare con le moto loro o con le nostre moto nuove, andiamo tutti i piloti giù e quindi vedono e
possono avere un contatto diretto con il Dovi, Andrea, con tutti piloti della SBK… C’è questo
mondo in qualche modo di aggregazione che fa sì che una volta che uno entra nel mondo Ducati è
un’esperienza che permette di non confrontarsi sempre con gli altri nell’ultimo mezzo
chilogrammetro di coppia o altro, che è importante, la parte tecnica è importante, ma per noi c’è
tutto un mondo che c’è attorno. Le corse sono una parte estremamente importante di questo;
abbiamo un museo Ducati, che è il quarto museo più visitato di Bologna quindi è una cosa
straordinaria, abbiamo 40 mila visitatori all’anno; abbiamo un laboratorio che si chiama Fisica in
moto, che di nuovo parla della voglia dell’azienda di mettersi a disposizione in qualche modo dei
ragazzi che studiano e quindi abbiamo questo laboratorio, che è stato fatto in collaborazione con il
liceo Malpighi proprio di Bologna, in cui le leggi della dinamica vengono in qualche modo
trasformate in esperimenti che usano pezzi di moto; per cui è un modo simpatico di coinvolgere i
ragazzi del liceo sulla Fisica; che poi, magari verrà fuori nella seconda parte del mio ragionamento
quando vi racconto di cosa per me è stato importante, io credo che il rispetto delle leggi fisiche e
l’amore per la Fisica sia un pezzo importantissimo per un ingegnere e quindi affezionarsi e non
vederla come materia lontana, distante, distaccata, per i ragazzi del liceo, spesso non è così
scontato; voi avrete superato questo punto da un pezzo. Rapidamente, cinque minuti la mia storia.
Io entro in Ducati nel ’91 come si diceva prima, come giovane ingegnere, io sono del ’65, quindi mi
sono laureato abbastanza alla svelta; all’epoca esisteva ancora questo simpatico servizio militare
obbligatorio per cui ho fatto un anno di servizio militare e sono stato assunto poi da Ducati dove io
ero il terzo ingegnere perché la Ducati aveva due ingegneri più uno, aveva fatto un potenziamento
aumentando del 50% le proprie competenze e sono stato assunto come Responsabile del progetto
Supermono, che era una moto da competizione, all’epoca, erano i primi anni ’90. Esistevano queste
competizioni per moto monocilindriche. Quindi mi era stato assegnato questo progetto e io ero
molto depresso quando sono diventato responsabile di questo progetto, perché c’erano due progetti
in azienda: un 4 cilindri, che poi è diventato il motore nella MV ma a quell’epoca era un motore
sviluppato insieme con Ferrari, sviluppato fra Ferrari e Ducati, un motore sviluppato con Cagiva,
che era stato assegnato ad un altro ingegnere e questo monocilindrico che a me sembrava, rispetto al
4 cilindri, una punizione. E quindi questo è un primo pezzettino simpatico da portarsi a casa, perché
dopo due anni capii che il grande capo in realtà voleva fermare in tutti i modi possibili il 4 cilindri
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quindi si era messo con quello che ritenevo più scarso, invece lui era grande tifoso del
monocilindrico e quindi dopo da lì il monocilindrico è andato bene, il 4 cilindri ha avuto tutte le
traversie della sua vita anche perché diciamo che in quella fase non era particolarmente
sponsorizzato e quindi a volte le cose sono diverse da come sembrano; non fermiamoci alla prima
impressione, ci sono anche dei momenti in cui non sempre le cose possono essere dette come sono,
poi si capisce più tardi che era positiva anche la scelta che è stata fatta. Nel ’95 sono diventato
Responsabile dell’Ufficio Tecnico della Ducati prodotto, all’epoca non esisteva la Ducati Corse e
nel ’99 l’Amministratore Delegato dell’epoca Federico Minoli, decide di dedicare al mondo della
competizione una società facendo una specie di spin-off di un gruppo di tecnici di Ducati e quindi
nasce Ducati Corse Srl e siamo nel ’99. A quel punto si guarda un po’ attorno e decide di prendere
me e nominarmi Amministratore Delegato della società, una cosa piccolina, erano 35 persone però
era totalmente dedicata al mondo delle competizioni e in quello una leva determinante che ci ha
permesso poi di crescere per 10 anni, facendo dei risultati che poi possiamo commentare, è stata la
comprensione chiara del fatto che noi eravamo troppo piccoli per competere direttamente con i
giapponesi e con gli latri concorrenti, quindi bisognava forzatamente fare crescere un’area che in
quel momento per noi non esisteva, che era il mondo del marketing delle corse, uno dice il
marketing delle corse non si capisce mai che cosa è, sono soldi che, by the way, non risolvono tutti i
problemi ma aiutano moltissimo. Quindi io ho cercato di mettere in piedi un gruppo di marketing
competente e assunsi Livio Suppo, che oggi è in altra area a fare attività con anche profitto mi
sembra, all’epoca lui era in Benetton e si occupava di competizione con la Honda 125 e abbiamo
ottenuto risultati straordinari; poi dal ’99 fino al 2009, quando lui è andato via, il mondo delle
sponsorizzazioni per noi è cresciuto in modo impressionante raggiungendo risultati molto
importanti che ci hanno permesso di avere una capacità di spesa in Ducati Corse che ha contribuito,
insieme alle idee degli ingegneri e dei tecnici che c’erano, a raggiungere i risultati che abbiamo
ottenuto. Ducati oggi, più o meno in modo condiviso, più o meno in modo certo è comunque
l’azienda che ha vinto in Superbike più di tutti gli altri costruttori messi insieme nella storia della
SBK ed è l’unica azienda europea in questo momento a competere con MotoGP ed è anche l’unica
azienda ad aver vinto un titolo mondiale MotoGP nel 2007 con il grande Stoner, salvo poi entrare
nel buco cosmico, quei buchi cosmici che non si capiscono bene dove cominciano e da cui stiamo
lottando per uscirne. Quindi, certamente nel decennio dal 2000 al 2010 abbiamo ottenuto risultati
straordinari; io poi mi sono occupato solo di corse fino al 2005, poi nel 2005 il solito Federico
Minoli è venuto da me mi ha preso, a fine 2004, da una parte e mi ha detto “ho capito che ti diverti
molto a fare questa roba qua delle gare, delle corse, la MotoGP, la Superbike, però qua stiamo
andando in picchiata sott’acqua”. Era il momento prima della seconda cessione quando, vi
raccontavo, c’era il momento dell’assorbimento di cassa; era il momento in cui la Ducati come
prodotti aveva il 999, le Multistrada, quello precedente, prima di questo, prodotti molto impegnativi
dal punto di vista di investimento e che però non avevano una marginalità adeguata. Quindi mi ha
staccato dal mondo delle corse come referente diretto e Filippo Preziosi - che è stato mio compagno
di avventure per tantissimo tempo e poi è uscito dall’azienda, come molti di voi probabilmente
sanno, un paio di anni fa nel novero delle vicende turbolente che ci sono state in Ducati negli ultimi
due anni - è stato nominato Direttore Generale e io sono rimasto Amministratore Delegato, ma dal
2005 dedicavo alle corse solo il 10-15% del mio tempo, occupandomi della parte globale, gestionale
delle corse quindi sponsorizzazione, la parte politica, lasciando la parte tecnica tutta a Filippo. E
sono stato nominato prima Direttore Tecnico di Ducati e poi Direttore Generale, quindi
occupandomi prima della parte dello sviluppo dei nuovi prodotti e cioè il 1098, l’Hypermotard, il
Multistrada nuovo, il Diavel… da lì tutta la fila di prodotti che abbiamo oggi in gamma e poi mi è
stata assegnata tutta la parte delle operations, quindi gli acquisti, la logistica, la produzione, la
qualità, fino ad arrivare ad aprile del 2013, per cui le cose sono cambiate ancora. Eravamo già
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all’interno del mondo Audi, l’Amministratore Delegato precedente aveva deciso di andare a
“giocare” con gli aeroplanini - Gabriele Del Torchio che oggi è Amministratore Delegato di Alitalia
- e in Audi si son guardati attorno e hanno deciso che era il mio momento e quindi da qual momento
ho cominciato ad occuparmi dell’azienda a 360°. Quindi questa è un po’ la storia dal punto di vista
manageriale. Vi racconto un paio di aneddoti, poi lascio spazio alle domande per non tediarvi su
temi che magari non sono specificatamente di vostro interesse, vi lascio la possibilità di
approfondire. Certamente dal ’96 al 2014 il numero di motori (e qui parliamo di motore da
competizione) che ho avuto la fortuna e il privilegio di vedere avviare la prima volta in sala prova è
innumerevole ed è sempre un’emozione straordinaria. Ricordo la prima notte che abbiamo avviato il
primo motore di MotoGP, era il 2001 eravamo tutti lì, sembrava una cosa… non dico come aver
avuto 3 figli ma è una cosa che somiglia abbastanza, nel senso che questo affare qua non sai mai se
parte davvero oppure no e succede sempre di no, non si sa perché, perché tu arrivi e la devi avviare
per forza, poi non parte perché il cablaggio non funziona e quindi arrivano gli elettronici, cambiano
il cablaggio perché è sbagliato, il software… poi alla fine questo affare prende vita sempre tutte le
volte, questa è una specie di cosa miracolosa, questo mondo inanimato che è prima solo una serie di
visioni e di sogni su un pezzo di carta, poi una serie di modelli matematici, poi arriva una serie di
pezzi di ferro, di alluminio e di titanio, poi prende vita e questo è sempre, per chi ha la passione
come ce l’abbiamo noi, un evento che mi si drizza il pelo sulle braccia solo a pensarci. E’
veramente uno dei momenti che ripaga di tante difficoltà e di tante fatiche che poi ci sono. Mi
ricordo che in quegli anni nessun ingegnere usciva prima delle dieci di sera, difficilmente, perché
poi questa roba qua prende, la vuoi fare al meglio e questo è, credo, un grandissimo valore di noi
come popolo, cioè gli italiani tanto bistrattati e tanto, secondo me ingiustamente criticati,
ingiustamente parzialmente perché c’abbiamo un bel po’ di casini però c’abbiamo anche un bel po’
di persone brave e competenti che se messe in fila nel modo giusto fanno risultati straordinari. Io
penso che spesso i proverbi abbiano un grande fondo di verità e quando si dice “il pesce puzza dalla
testa”, ne sono molto convinto; quindi credo che noi in Italia abbiamo un bel po’ di problemi di
testa però penso che i ragazzi che sono in Università e le persone che lavorano in azienda abbiano
competenze veramente straordinarie e anche dedizione, spirito di sacrificio e capacità di
raggiungere risultati straordinari. Noi in quegli anni eravamo un gruppo, lo chiamavo gruppo di
pirati, pirati perché all’inizio la MotoGP per noi era proprio un’operazione… quelli della MotoGP
ci guardavano col sorrisino, noi che eravamo arrivati dalla SBK… c’era la Honda, la Yamaha…
“questi della Superbike si è vero vincono in SBK ma è un'altra roba, adesso quando arrivano si
danno un bel meravigliotto…” dicevano e noi avevamo fatto questa roba da incoscienti perché
avevamo fatto un budget in cui avevamo ipotizzato dei costi che erano sbagliati, siamo stati
estremamente fortunati perché poi siamo riusciti a fare un recupero delle sponsorizzazioni del
doppio di quello che pensavamo e quindi abbiamo coperto i costi doppi di quello che avevamo
stimato, quindi doppio contro doppio alla fine non ci hanno cacciato ma abbiamo rischiato
veramente la pelle, si passa delle volte per delle strettoie piccolissime. Avevamo messo in piedi
questa cosa puntando proprio sul motore, cioè per noi la moto era un accessorio che portava in giro
un motore, quando abbiamo fatto la MotoGP e guardavamo la Yamaha, che all’epoca aveva deciso
di affrontare questo cambio di categoria, dalla 500 a 2 tempi alla MotoGP, non sfruttando tutta la
cilindrata totale; il limite di cilindrata era 1000 e loro decisero di fare 900 a carburatore perché
dicevano “tanto la potenza ce ne sarà in eccesso quindi figurati più del 900 non serve, l’importante è
la guidabilità” tutte queste robe qua. Il mondo della moto per chi lo conosce è veramente buffo
perché è ancora oggi è un misto di stregoneria e alchimie. Diciamo che l’approccio scientifico è
molto molto complesso e difficile; il tema è molto difficile in particolare nella dinamica del veicolo,
sul motore è molto più facile utilizzare gli strumenti scientifici sia di simulazione fluido-dinamica
che di calcolo mentre sulla dinamica del veicolo e quindi sulla progettazione del veicolo,
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sull’analisi delle problematiche generate o sentite dai ragazzi che sono sulla moto, simulare
effettivamente è ancora molto molto difficile. Il tema è molto complesso perché anziché un veicolo
che si muove su un piano come una vettura, è un veicolo tridimensionale, perché ha l’angolo di
rollio, l’angolo di beccheggio, che si muove sulle tre dimensioni con due masse paragonabili fra
loro che sono la massa del veicolo senza ruote, quindi masse non sospese e le masse sospese e poi le
masse del pilota che si muove, insomma è un gran casino capire effettivamente le forze che si
scambiano effettivamente i vari membri tra di loro, c’è un mondo di modelli Muli-Body, di
ADAMS… però il problema è molto più complicato di quello di un’auto e i gruppi di lavoro di
solito sono un centesimo. Quindi rimane ampio spazio per diciamo… loro scendono, dicono delle
robe, la gente si guarda, cerca di dare una risposta più o meno ragionevole… per cui rimane ancora,
ed è forse la parte bella del motociclismo, una componente esperienziale, la componente umana,
molte forte. All’epoca la Honda aveva fatto il loro motore e avevano fatto un 5 cilindri l’RC 211;
aveva fatto un 5 cilindri 1000 però con alesaggio piccolo perché anche loro hanno detto “vabbè,
vediamo”, quindi hanno preso in pratica l’alesaggio del 7 e mezzo che avevano, avevano il 7 e
mezzo al Superbike, ne hanno aggiunto uno, hanno movimentato un po’ la corsa, hanno messo in
piedi questo motore un po’ alla Honda, perché la Honda fa diverso per definizione, “perché l’avete
fatto a 5 cilindri?” “Perché non l’avevamo mai fatto!” Mah, questa è spesso la risposta dei tecnici
della Honda e per la Honda le corse sono un laboratorio tecnologico anche di show; perché hanno
fatto la moto con i pistoni ovali, l’NR 750? Perché non l’aveva mai fatto nessuno, c’è molto questa
cosa qua. E noi invece, nell’ignoranza dell’ingegnere, come dicevo prima contavamo sul rispetto
dei principi fisici; quindi, cosa serve per andar forte? Molta potenza, frenare tardi, accelerare presto
e curvare velocemente… noi ci siamo scelti un pilota che era Capirossi e quindi abbiamo fatto
questa moto, ci siamo presentati la prima sessione di prove invernali in finale ed era a Barcellona
nel 2003. A Barcellona, ultima sessione di prove la domenica pomeriggio, ad un certo punto… tutti
provano venerdì, sabato e domenica, c’è la televisione, tutti pronti, alla fine l’ultima mezz’ora, bim,
bum, bam, c’era il momento della qualifica, Loris… avevamo un motore che aveva 25 CV più
degli altri quindi noi avevamo 240 CV, gli altri ne avevano 220; a Barcellona c’è un rettilineo di 1
Km , gomme morbide, moto che non stava da nessuna parte… finisce il tempo, tutti guardano il
monitor, la Ducati era prima! A quel punto è calato nel reparto un silenzio, per mezz’ora non ha
parlato nessuno perché non avevamo capito cosa era successo. “Questi qui che arrivano dalla
Superbike”, mi ricordo Max Biaggi che diceva “voi con quei tubini dov’è che andate, cosa fate?”
Perché quella moto si storceva, aveva dei buchi nella carena davanti, bollivano le mani, perché
un’altra cosa che abbiam detto è “allora per far andare forte una moto, la moto deve avere il sistema
frontale piccolo, quindi facciamo la moto piccola salvo che poi si deve anche raffreddare ma adesso
a raffreddare ci penseremo in futuro, adesso moto a sistema frontale piccola, temperatura alta
perché così… quindi avevamo 120° di acqua, pressione dell’acqua 3 bar… c’eravamo dimenticati
che dentro c’era il pilota e quindi Loris doveva mettersi le fasce… Però in tutto questo noi ci siamo
portati a casa la pole position dopo 3 gare; abbiamo cominciato a correre nel 2003, a Jerez abbiamo
fatto la pole, non solo nelle ultime prove ma la prima gara a Jerez abbiamo fatto la pole perché
avevamo la moto lunga, anche lì perché abbiamo detto “una moto con tanti cavalli deve impennare
poco, con una moto bella lunga… la moto non aveva trazione perché era troppo lunga però quando
ci mettevi le gomme da qualifica diventava una specie di aereo, diventava una specie di cosa
imbattibile perché moto lunga, non impennava, gomme da qualifica… Per cui abbiamo fatto la pole
alla terza gara che è quella straordinaria e abbiamo vinto la sesta gara, a Barcellona, lì c’erano gli
altri in pista… E questo è certamente un pezzo di storia che ci ha aiutato un sacco; noi dopo poi
abbiamo continuato, abbiamo cercato di mettere in piedi un prodotto più raffinato e più rifinito,
alcune volte riuscendoci di più altre volte riuscendoci di meno. Nella Superbike abbiamo continuato
a lavorare; noi abbiamo sempre cercato di ottenere nella SBK delle prestazioni di riferimento.
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Anche qui, sul motore bicilindrico, a cui siamo particolarmente affezionati nel mondo della SBK, a
cilindrata limitata, come ormai è, le prestazioni si ottengono aumentando il numero di giri e oggi
noi abbiamo in produzione un motore che ha 112 mm di alesaggio che è certamente un estremo.
Abbiamo fatto il motore della Panigale. Abbiamo fatto molta fatica a metterlo appunto e tu (Ayrton)
ci hai litigato anche un po’; abbiamo sofferto moltissimo in particolare con il motore e quest’anno
invece abbiamo migliorato moltissimo, abbiamo fatto un po’ di miglioramenti sul veicolo ma tanti
sul motore; oggi il motore ha 10 CV in più dell’anno scorso e abbiamo fatto molta fatica ad ottenere
prestazioni tali. Mentre per il motore di MotoGP, quando l’abbiamo avviato nel 2003, avevamo una
simulazione che diceva 238 CV mentre gli altri facevano 240, quindi questo è stato veramente
straordinario, quando abbiamo avviato il motore della Panigale in versione SBK dovevamo fare
220 CV e ne faceva invece 206 e questo è stato molto meno divertente anche perché da lì in poi la
rincorsa è stata molto molto faticosa; anche perché non era tanto un problema di termodinamica,
quindi ovviamente quando uno si trova davanti ad un problema di questo tipo comincia a provare
separare gli effetti, l’elemento volumetrico c’è o non c’è, il consumo specifico è buono o non è
buono? Lì dicevamo si all’elemento volumetrico e al consumo specifico ma c’erano delle friction in
giro per il motore che ci portavano via troppo e quindi c’è stato un lavoro lungo per riuscire a quei
giri… siamo quasi a 13000 giri e le friction sono estremamente importanti, quindi c’è voluto
moltissimo per arrivare alla potenza tale, ancora oggi soffriamo di gap prestazionali rispetto agli
amici qua a sinistra che hanno un motore veramente straordinario, hanno fatto un lavoro passando
dal motore di serie a quello da gara che è stato veramente straordinario. Con tutti i gap, il motore di
serie è buono ma non è proprio un super campione diciamo così, mentre il motore di gara è un
signor motore; paghiamo ancora un po’ di gap però nell’ultima gara abbiamo fatto due podi e siamo
ben contenti. Adesso perlomeno restiamo in scia e non ci staccano, che è già un bel risultato perché
se riesci ad arrivare alla staccata che sei in scia poi hai una buona moto, ripassi in frenata, mentre
l’anno scorso non c’era modo di attaccarsi con l’ancora quindi se uno non riesce a stare attaccato
poi diventa difficile, il pilota si demoralizza perché anche se fa tre staccate rischia la vita… allora
dopo un po’ uno ci rinuncia. Questa è un po’ la storia mia di Ducati e quindi mi fermerei qua, dando
spazio a voi alle vostre domande, dubbi, qualsiasi cosa. Grazie.
A: Io vorrei sapere un po’ di più sul progetto 1199 che lei ha nominato.
Domenicali: Il progetto della 1199 Superleggera è il mio progetto, nel senso che è il progetto
dell’ignoranza; ignoranza in senso buono, nel senso che uno deve sognare e io credo che Ducati più
di ogni altro marchio debba sognare perché ha una base clienti straordinaria: noi abbiamo 350 mila
clienti nel database di cui 10 mila di questi sono dei clienti con la C, cioè gente che vuole il
massimo e quindi nel momento in cui glielo dai davvero - quindi non menti mai e questa è un’altra
cosa che è importantissima, non raccontare mai palle ai clienti, perché lo annasano subito -, nel
momento in cui fai un prodotto veramente straordinario ti trovi anche di fronte, quando il marchio è
come il nostro, a una base clienti che è subito pronta ad acquistarlo. Noi abbiamo pensato la moto
più straordinaria che fosse mai stata prodotta per la circolazione stradale, per noi Ducati il peso è
l’ossessione numero uno o il non peso, è meglio e quindi nella maggior parte dei casi tutte le nostre
moto sono le più leggere della categoria. Ma perché c’è questa ossessione qua, perché quando uno
va in moto, la moto è un pezzo sportivo, per noi è un oggetto che deve essere emozionante e se
vogliamo tradurlo in fisica di nuovo, questo mio amore per la fisica esce, a pari forze applicate sul
manubrio la velocità di esecuzione di manovra è inversamente proporzionale ai momenti di inerzia
che stanno in giro, quindi la distribuzione delle masse è altrettanto importante. Il progetto Panigale
è stato un po’ l’estremo di tutti gli altri progetti con tutte le difficoltà del caso, perché il mondo della
moto è un mondo anche estremamente conservativo; in generale il mondo dell’ingegneria spesso è
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conservativo anche perché ci sono dei direttori tecnici da una parte, gli ingegneri, ci sono gli
amministratori delegati, ci sono i direttori marketing e tutte le volte che tu pensi a qualcosa di nuovo
ci sono molte possibilità di miglioramento e anche tante insidie perché tanto più è nuovo il progetto
tanto più è incognito, quindi la ricerca è la cosa più difficile da stimare come tempi, come costi.
Quindi il progetto Panigale si basa attorno all’idea di eliminare il telaio in qualche modo come
elemento e usare il motore come struttura portante; noi abbiamo già delle fusioni di alluminio che
stanno in giro quindi perché non usarle? Poi c’è tutto un modo in cui siamo entrati, di discussioni,
complicanze e quanto altro, però certamente se uno fosse in grado di realizzare una struttura che
genera le rigidezze che servono al veicolo per comportarsi bene e usa il motore in modo adeguato
ovviamente risparmia. La Panigale nasce come una moto sportiva più leggera e la Superleggera è
l’estremo di questa perché avendo delle fusioni grandi, si presta in modo straordinario ad usare dei
materiali a bassa massa volumica e basso modulo di rigidezza specifica, perché se uno vuole osare,
buffamente o no i materiali hanno un rapporto tra rigidezza specifica e massa specifica più o meno
costante, tutti i materiali in costruzione; cioè l’acciaio, il titanio o il magnesio sono via via più
leggeri ma via via meno rigidi; quindi se quello che interessa è la rigidezza diventa quasi
indifferente. Però quando si riescono ad usare delle superfici molto ampie, quindi usare la forma per
dare rigidezza e non usare gli spessori, allora si possono usare materiali anche poco rigidi come
rigidezza specifica, come può essere il magnesio o come può essere anche il titanio. Spesso però
non si riesce ad usarli in modo efficiente perché lo spessore minimo necessario per poter ottenere il
pezzo è sovrabbondante rispetto a quello che servirebbe per generare una rigidezza regolare e
quindi spesso i materiali leggeri non riescono ad essere utilizzati abbastanza bene; cioè avrei
bisogno di fare uno spessore tipico ma non ci riesco perché nella fusione per gravità sotto i 3.5mm
non riesco ad andare. Quindi questo progetto qua si prestava proprio molto bene non solo a fare una
versione standard di quello che abbiamo fatto, ma a fare una versione estrema sostituendo la
monoscocca con una monoscocca in magnesio, o addirittura in composito ma qui ci stiamo ancora
ragionando, e sostituendo il telaietto che invece è una fusione in alluminio con una fusione in
composito. Quindi abbiamo estremizzato la massa del tutto, usando materiali sofisticati che si
prestavano particolarmente bene e nel motore invece abbiamo messo tutto quello che, anche qui, è
un po’ il sogno di chi è appassionato di vetture e motori sportivi, cioè che cosa vorrebbe trovarsi
uno sulla moto più estrema possibile? I pistoni della SBK, quindi abbiamo montato pistoni con 3
circuiti in rapporto di compressione con solo 2 segmenti, il che è apparentemente incompatibile col
mondo della produzione di serie, però con un po’ di lavoro siamo riusciti ad avere un consumo
d’olio un po’ più alto rispetto al consumo d’olio di un motore chiamiamolo standard ma nel modo
dell’accettabilità, perché in un uso normale con un po’ di pista siamo attorno ai 300 gr per 1000 km
che è un consumo alto ma non impossibile. Per cui c’è il pistone leggerissimo, ci sono i due
segmenti, rapporto di compressione alto… e questo motore qua è un motore che con lo scarico che
viene dato correndo, con il peso di un ordine di marcia, con acqua e olio senza benzina, di 163 kg in
questo scarico, moto con ABS montato, quindi 2 kg in meno di una moto da SBK da gara, se uno
pensa che in questa cosa qua può metterci dentro la benzina e andare al bar è veramente una cosa
non normale; infatti la moto è non normale in tutto. Io purtroppo, nonostante tutte le scuse che trovi,
vado in pista solo 4-5 volte all’anno e non sono come loro che posso stare 20 giri fuori perché dopo
5 giri comincia ad annebbiarmisi la vista; è un oggetto veramente straordinario. Dà la stessa
sensazione di quando sono andato ad Abu Dhabi dove c’è il luna park della Ferrari, non so se
qualcuno di voi c’è mai stato; c’è una simpatica auto volante che però parte da ferma e anziché
salire col trenino su per la salita e poi quando è su ti molla, tu sali su questa specie di treno, è un
treno perché ci sono i vagoni attaccati, ti mettono gli occhiali perché sei fuori essendo una vettura
scoperta; io essendo un ospite d’onore mi hanno messo in prima posizione, quindi guardavo ad
occhi sbarrati quello che mi si prospettava davanti: mi si prospettano 500 m di rettilineo, poi questa
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cosa sale in verticale per cui l’oggetto viene preso da un pistone idraulico e viene sparato con
l’accelerazione della Formula 1, solo che fa praticamente credo 15 m/s² di accelerazione ed è una
cosa mostruosa, da 0 a 250 all’ora, per cui l’accelerazione mentre in una vettura normale dopo un
po’ comincia a diminuire, lì non cala mai. Quindi tu sei sopra e dici “adesso muoio, non è
possibile”, speri che finisca il prima possibile, ad un certo punto appena l’accelerazione finisce sei
sulla rampa, ti spara totalmente in verticale e arrivi su come un fulmine e poi da lì comincia ad
essere un’auto volante che è niente rispetto a quello che hai subito prima. La Panigale è la cosa più
simile a quell’auto volante che mi è mai capitato di guidare, quindi è veramente un oggetto
straordinario.
B: Secondo lei qual è la moto che più rappresenta lo spirito Ducati tra tutte? Monster…?
Domenicali: Ma, allora, io sono particolarmente affezionato a questa Superleggera, e quindi faccio
fatica. E’ la moto più straordinaria che abbiamo mai fatto e rappresenta un po’ la voglia di Ducati di
spostare avanti sempre l’asticella. Certamente nella nostra storia di moto molto importanti ne
abbiamo avute tante; il 916 è una moto che è stata introdotta nel ’94, all’epoca era un oggetto che
non aveva confronti perché miscelava arte - perché di questo bisogna parlare -, tecnologia e
prestazioni in un modo veramente originale. Nell’epoca, negli anni ’90 di moto c’erano le moto
giapponesi, le 4 cilindri, c’erano le Bimota… però erano secondo me tutte moto più o meno
normali. Tamburini ha avuto il pregio di voler realizzare qualcosa di straordinario, cioè voleva fare
un 1000 con le dimensioni di un 125 questo è il punto, poi tutto il resto è a discendere. Infatti fece la
Mito e c’erano moltissimi pezzi in comune tra il 916 e la Mito cruscotto, fanale posteriore… perché
lui le ha fatte insieme ed è venuto fuori questo oggetto straordinario in cui in più lui ha ci ha
insegnato questa lezione straordinaria dell’attenzione maniacale al dettaglio, che poi non abbiamo
cercato di implementare in continuazione, che non esisteva prima. Se uno prendeva una moto
dell’epoca tendenzialmente c’era una piastra porta pedana, una piastra porta pedana, una vite e una
vite invece lì era tutto disegnato tutto pensato in ogni vista, la moto era equilibrata; quindi questa è
stata una moto straordinariamente importante. Il Monster dall’altra parte è un oggetto che ha
cambiato il modo di intendere le moto vecchie; noi abbiamo avuto 270 mila Monster nella nostra
storia. Il Monster è un po’ come la pizza, dico io, va bene per qualsiasi cosa, è una moto sportiva,
una moto per andare in città, moto urbana, moto per andare al mare… però è sempre un oggetto
molto sportivo con cui ci si può divertire, abbiamo fatto tutte le cilindrate, piccole, grandi, l’RS,
l’abbiamo declinato in tutti i modi e ancora di più faremo in futuro. Adesso l’abbiamo fatto crescere
ancora perché l’abbiamo fatto diventare 1200, a brevissimo faremo una versione più piccola, quindi
Monster continua a rimanere importantissima per noi e la rendiamo sempre più contemporanea.
Fabbri: Tamburini che se non sbaglio era il –TA di Bimota.
Domenicali: Certamente, è l’acronimo di Bianchi, Morri e Tamburini.
C: Io le volevo chiedere qualche informazione un po’ personale sul corso di studi e su come è
entrato in azienda.
Domenicali: Conto corrente, numero di carta di credito? Allora, io sono entrato in Università da
perito meccanico perché avevo deciso che non volevo fare l’Università, per la disperazione di mia
mamma che voleva facessi il liceo perché quelli più bravi fanno il liceo e quelli somari fanno
l’istituto tecnico; io invece decisi di fare l’Istituto tecnico perché invece volevo saldare le marmitte.
Mi piaceva moltissimo mettere le mani in pasta, quindi io tornivo, fresavo, poi al quarto anno di
Istituto Tecnico andavo molto bene e il mio professore di disegno ha detto che mi avrebbe
ammazzato se non avessi fatto l’Università, quindi per salvare la pelle ho deciso di iscrivermi ad
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Ingegneria. Mi sono iscritto ad ingegneria a Bologna, eravamo all’epoca in 168, un numero
importante quindi c’era la lotta sull’accaparrarsi i posti e quanto altro. L’Università è stato un
momento bello però ho vissuto abbastanza in difficoltà e quindi con rammarico il distacco che in
Università c’era rispetto alla fisicità delle cose, quindi mi mancava come noi all’Istituto Tecnico
riuscivamo, parlando di Tecnologia, a fare le provette per la prova di trazione, poi andare giù in
laboratorio prendere le provette spaccarle, vedere il grafico, prenderle in mano provarla magri più
duttile, a volte più fragile… questa cosa qua mi è mancata un sacco all’Università però ho fatto il
meglio di quello che son riuscito. Ho avuto la possibilità di incontrare professori molto bravi e mi
sono impegnato molto, credo che questo sia una cosa che mi è poi servita dopo; io sono stato uno
studente di quelli che prendevano gli appunti, un po’ uno di quelli che venivano guardati come un
po’… pesanti, di quelli che fanno gli esami e di solito riescono sempre, quindi sono arrivato
rapidamente infondo. E come sono entrato in azienda? Sono entrato in azienda perché dicevo “io
farò le moto!”, ero di Bologna, c’era la Ducati e quindi ho cominciato a rompere le scatole a quelli
della Ducati, in tutti i modi possibili ed immaginabili, quindi ho cercato, sbattendomi a destra e a
sinistra, di trovare un contatto. Mi sono subito attaccato tipo cozza al Professor di Progetti di
Macchine e come primo progetto, si facevano all’epoca dei lavori, dei progetti che bisognava fare
insieme all’azienda, al quarto anno, io ho fatto un lavoro sulle vibrazioni torsionali dell’albero
motore del motore 851, motore da competizione dell’epoca e quindi ho cominciato per forza di
questo lavoro a circolare dentro l’azienda; quindi ho cominciato a conoscere il capo dell’ufficio
tecnico e un po’ di persone. Poi per far la tesi, ho fatto una tesi di nuovo con questo professore di
Progetti di Macchine e conobbi Tamburini, quindi ho fatto una tesi sulla rigidezza del telaio e del
forcellone del 916 di cui abbiam parlato prima. Ho cercato il più possibile di rimanere attaccato e
poi uno spera di far le cose abbastanza buone ed eravamo molto in pochi, era un mondo diverso;
pensate che il risultato dipende molto anche dalla concorrenza, quindi se non ci fosse Marquez oggi
noi ci divertiremmo di più, ma c’è quindi faremo il meglio che riusciamo con Marquez. Quindi ho
fatto questa tesi, sono stato notato dal Direttore Generale dell’epoca che era Massimo Bordi e ho
cercato a questo punto di attaccarmi tipo cozza a lui e mi ha fatto un’offerta di lavoro. Siccome
c’era il servizio militare, ho cominciato prima con l’occuparmi di consulenza facevo calcoli per loro
e poi sono stato assunto… Un percorso abbastanza standard se non che l’unica e particolarità era
che io ero molto molto determinato, molto fortunato anche, perché riuscivo facilmente e questa è
una dote di natura, quindi l’ho usata al meglio e avevo un grandissimo fuoco dentro. Lo dicevo con
Massimo, gliel’ho detto molte volte, io sono cresciuto a libri di Università e i Motosprint con gli
articoli di Massimo Clarke, cioè per me quando il martedì o forse il mercoledì usciva Motosprint
era una festa, da legare, io avevo il casco di Lucchinelli… proprio di quelli malati da piccoli,
capito? Sono stato fortunato ed è andata bene.
D: Volevo chiederle invece riguardo ai motori da competizione come si è vissuto in Ducati il
passaggio al telaio a traliccio e quindi il fenomeno dell’evoluzione nel rispetto del marchio?
Domenicali: La tradizione è estremamente importante, perché ci differenzia dai marchi nuovi,
quindi il marchio che ha 50 anni di storia ha un valore straordinario, che se ben compreso e viene
utilizzato è un vantaggio competitivo fortissimo verso la Chongqing del caso, o altre; dall’altra
parte cullarsi sulla tradizione è sinonimo certo di morte perché una volta che gli l’hai raccontata, al
cliente di questa roba qua non gliene frega più niente. Cioè o è un elemento moltiplicatore di un
valore del prodotto oggi, contemporaneo, oppure non vale niente. Quindi l’innovazione è al centro,
deve essere al centro di ogni impresa che oggi vuole pensare ad avere un futuro. Ma vi dico di più,
questa innovazione qua o è abbastanza rapida da stare davanti ai nostri amici della Chongqing del
caso, oppure se innovano anche loro ed è anche solo un po’ più lenta, prima o poi ti prendono e sei
morto. E noi oggi nel modo industriale, anche economico, assistiamo ad una corsa, la gente forse
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non l’ha capito ancora del tutto, ma è come un leone contro una gazzella, noi siamo la gazzella e i
mille Chongqing del caso sono il leone che se ti becca, leone contro la gazzella, non è che c’è tanto
da discutere; quindi l’unica speranza della gazzella è che lui invecchi, l’unica speranza è di correre
più forte del leone. Questa metafora per dire che Chongqing oggi è in grado di realizzare i prodotti
che 10 anni fa non era in grado di fare e continua a crescere e la loro capacità innovativa gli
permette di rendere, la loro possibilità di produrre; Chongqing è il nomignolo con cui
identifichiamo un’azienda produttrice che per come sono le condizioni macro-economiche oggi
disponibili è in grado di attingere ad un sistema produttivo in cui il costo dei fattori produttivi è
sostanzialmente e completamente diverso da quelli europei; per cui l’ingegnere costa 250 dollari al
mese, 200, e l’operaio ne costa 150; quindi chiaramente se un’impresa europea ha bisogno di 200
ingegneri e 500 operai, la stessa cosa fa l’altra ed è chiaro che per produrre la stessa cosa parte da
bassi costi per rendersi diversa. Allora devi vendere un oggetto che deve confrontarsi su
qualcos’altro che non è il costo, altrimenti tu sei certo che non hai futuro. Quindi qualsiasi impresa
europea pensi di vendere prodotti che sono realizzabili oggi in Asia è un’impresa morta. Forse avete
degli amici che fanno impresa, che vendono delle cose che prendendo un aereo possono andarle ad
acquistare in un’altra parte, ditegli che sono morti. Ma esiste una cosa che moltissimi altri
economisti non hanno capito, che ha cambiato totalmente questo paradigma che è il fatto che il
mondo digitale rende disponibile oggi qualsiasi informazione, in qualsiasi posto del mondo a tempo
zero e a costo zero. Questo è di una dirompenza straordinaria, se noi mandiamo tutto il file del
motore con un click a Chongqing, un file di dimensione grande, il costo è zero perché tanto la linea
è una linea dedicata, prenotata, non si paga è WIFI, cioè paghi niente per modo di dire, bisogna
pagar il nostro abbonamento di un tot al mese ma poi è finito perché non dipende dalla quantità di
dati che scarichiamo. Questo fatto di poter trasferire una mole straordinariamente grande di
informazioni senza tempo, perché il tempo di trasferimento di informazioni sono millisecondi e
senza costo, fa sì che la competizione sui fattori produttivi sia fortissima; quindi qual è l’unica
speranza per mantenere una manifattura adeguata e a mantenere delle imprese che siano adeguate in
un mondo in cui i fattori produttivi siano così svantaggiati? Il fatto che tu abbia ideato un prodotto
innovativo. Cioè avere la capacità di spostare continuamente l’asticella da un’altra parte, il correre
via; Chongqing sarà capace di fare le cose che faccio io oggi ma io fra 5 anni farò una cosa che
renderà non in grado di competere allo stesso prezzo le cose che fanno dall’altra parte, che però si
muove. Quindi questa competizione, questa corsa è una corsa contro il tempo. La metafora del
leone e della gazzella funziona ancora meglio perché il leone poi si stanca; se la gazzella è
abbastanza avanti poi la capacità di resistenza del leone è più bassa. Le imprese cinesi fra 30 anni
avranno un costo dei fattori produttivi che sarà uguale a quelli europei perché crescono il 10%
all’anno, mentre da noi sono stabili, crescono il 2%, il 3%. Questa cosa è certa che va a risolversi,
dipende da quante gazzelle saranno vive nel 2040. Quali saranno le gazzelle vive nel 2040? Quelle
che avranno saputo mantenersi vive vendendo nel frattempo dei prodotti più costosi, rispetto
all’equivalente prodotto in un’area avvantaggiata da fattori produttivi che possono essere le Indie
piuttosto che la Cina e l’unico modo per farlo è innovare in continuazione. Quindi quando a me si
dice “no però il telaio, sposta…” mi fa sorridere nel senso che non c’è spazio per la nostalgia in
questo e quindi un telaio di magnesio fuso come quello della Superleggera è una cosa estremamente
complicata, c’è un problema di corrosione, c’è un problema di rivestimento superficiale… abbiamo
studiato 3 anni per farlo. Quindi non è che meglio o peggio, semplicemente è che è estremamente
facile da replicare, questo è; per cui è estremamente importante in ogni area e nella nostra in
particolare, correre velocemente, aspettando che il leone si stanchi. Intanto salutiamo con
soddisfazione la prima prima fila dell’anno: il Dovi, che è terzo in qualifica questo anno, mi è
arrivato adesso il messaggio. Ovviamente se non ci fosse Marquez sarebbe secondo.
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E: Volevo chiederle, collegandomi al suo discorso iniziale e cioè in riferimento all’acquisizione di
Ducati da parte di Volkswagen, nello specifico cosa è cambiato? Poi, se ci può dare qualche
considerazione critica anche per vedere le differenze tra l’industria tedesca e quella italiana.
Domenicali: Arrivare a far considerazioni di confronto tra l’industria tedesca e quella italiana mi
sembra presto, anche perché la mia esperienza è un’esperienza di due anni e quindi stiamo
progressivamente entrando all’interno del gruppo; i colleghi della Lamborghini hanno più
esperienza e quindi possono secondo me con maggiore competenza esplicitare questo confronto.
Certamente l’impressione, dopo 2 anni di lavoro, è che l’industria tedesca rifletta, in modo
estremamente chiaro, un approccio di popolo, il popolo tedesco, che ha un carattere che poi riflette
anche all’interno dell’azienda. C’è un rapporto tra l’impresa e il sindacato molto particolare, molto
maturo; il sindacato è molto presente all’interno dell’azienda ma condivide moltissimo le scelte con
una grande responsabilità. Il sindacato è uno solo non sono 3 come in Italia, o 4, o 5, o 6… quindi è
molto più in grado di assumersi le responsabilità. C’è un’idea di dedizione e precisione molto forte,
l’impresa ha un valore sociale fortissimo; l’impresa, nel nostro gruppo ma in moltissimi altri, ha una
componente del Land locale che è azionista dell’impresa stessa, nel nostro caso in Volkswagen è
del 20%. Il legame fra l’impresa e il territorio è molto forte, è una situazione se vogliamo che per
noi è certamente un riferimento; è gestita da persone che ragionano moltissimo sul lungo periodo.
Mettono il prodotto al centro molto, molto vicino all’impostazione che abbiamo voluto dare noi
infatti noi ci siam trovati particolarmente bene. In Volkswagen, piuttosto che in Audi, i numeri uno
dell’azienda guidano un sacco le macchine, sono dei fortissimi appassionati di prodotto e sono
stradeterminati a fare il prodotto migliore. Da lì discende tutto il resto; se vuoi fare il prodotto
migliore devi avere una fabbrica straordinariamente precisa, pulita. A Ingolstadt la fabbrica
dell’Audi è un’esperienza straordinaria, è un oggetto che mi affascina tutte le volte che ci vado
perché è un posto enorme che produce 600 mila macchine all’anno, voi pensate che noi in tutta
l’Italia ci siamo ridotti a produrne meno di 300 mila, in tutta l’Italia noi produciamo meno di 300
mila vetture in un anno e solo a Ingolstadt c’è un posto dove fanno 600 mila vetture da 30, 40, 50,
60 mila euro, fatte di roba che a Chongqing non si fanno oggi, non le fanno se non ci sono loro, cioè
le fanno nella loro joint venture, ma fatte di tecnologie che non sono replicabili, per tornare a quel
discorso, quindi in grado di venderle ad prezzo che permette all’azienda di essere un’impresa
redditizia. Lo stabilimento è straordinario, tutto verniciato bianco, c’è una pulizia, un ordine, è un
grandissimo esempio di disciplina e di attenzione al dettaglio. In Audi pensano che non si possa
produrre macchine straordinarie senza una fabbrica straordinaria e l’hanno messo in pratica. Direte
“vabbè, queste son cose che sanno tutti…”, però è un circolo che parte da piccolo e poi un
pezzettino alla volta si autoalimenta nel tempo; cioè bisogna partire da un’azienda con un prodotto
forte che sia in grado di produrre cassa, questa cassa sia in grado di essere reinvestita in azienda, in
modo adeguato, in una parte importante e quindi di continuare a generare questo circolo virtuoso
che nelle imprese tedesche è partito però da 30 anni. Io oltre alla passione per le moto ho sempre
avuto la passione anche per l’economia, quindi l’ho studiata molto l’impresa automobilistica
tedesca che è un bellissimo esempio, l’impresa automobilistica in generale è un bel caso di scuola
perché si sono confrontate nel tempo delle teorie economiche molto diverse: la Ford, l’invenzione
della catena di montaggio, la General Motors, poi negli anni ’50 la Fiat e la Peugeot sono diventati
grandissimi costruttori generalisti, poi i giapponesi, la Toyota… Agli inizi degli anni ’90 è uscito un
libro che magari qualcuno di voi ha letto e se non l’ha letto è utile che ve lo prendiate si chiama The
machine that changed the world (la macchina che ha cambiato il mondo) ed è un libro in cui una
serie di studiosi riportano una serie di analisi sull’automobilistica giapponese e spiegavano come le
altre erano morte. Poi come sempre si spiega il passato, ma il futuro cambia e ovviamente poi non è
successo. Però negli inizi degli anni ’90 la grande moda era sulla metodologia giapponese, di caccia
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allo spreco, riduzione dei costi, in presenza di un mercato stagnante, un mercato che non cresceva
più a doppia cifra come dagli anni’60 agli anni ’80, in cui si è dovuto motorizzare il mondo
industrializzato; in America questa cresta straordinaria c’è stata da prima della seconda Guerra
Mondiale a subito dopo, in Europa è arrivata dopo la seconda guerra; e quindi qui la Fiat è cresciuta
sempre a doppia cifra perché dalla gente che andava prima in motorino si è passati alla 500, poi ad
un certo punto il mercato, con la crisi petrolifera degli anni ’70, si è cominciato a stabilizzare quindi
è uscita la teoria che bisognava combattere i costi in tutti i modi. Quindi l’industria tedesca
all’epoca era vista come una industria di difficile sopravvivenza perché dotata di costi molto alti,
grande sofisticazione tecnologica e grande componente ingegneristica, però costi alti e tempi di
sviluppo lunghi, quindi 6-7 anni per fare una macchina, con stampi molto costosi, precisione molto
alta e quindi incompatibile. L’industria tedesca si è saputa invece reinventare e oggi nell’industria
automobilistica tedesca sono veramente delle macchine da guerra quelle aziende, perché producono
una quantità di cassa straordinaria e perché si sono inventati un connubio fra prezzo e valore che sta
sopra al mercato di massa, chiedono un premio di prezzo del 20, 30, 40 % rispetto a costruttori
generalisti, Toyota piuttosto che Peugeot e però esiste un numero di milioni di clienti nel mondo
disposti a gestire questo e spostano in continuazione avanti l’asticella. Quindi oggi il livello
tecnologico, motoristico, piuttosto che di elettronica, prestazionale o emotivo, che si riesce a trovare
nei motori tedeschi è difficilmente avvicinabile. Per esempio oggi abbiamo 4 aziende grosse che
sono Porche, Audi, Mercedes e BMW, poi Volkswagen fa un po’ un auto spot perché è un oggetto
che costa un po’ più della massa ma sempre con volumi grandi, però sono aziende che danno un
contributo alla dimensione economica del Paese che è spaventoso, sono delle manovre economiche
ognuna di queste aziende; noi leggiamo i giornali e vediamo che ci sono discussioni di tre mesi per
discutere una manovra economica, discussioni infinite, un gruppo come Volkswagen è un gruppo
oggi che fa 15 billion di profitto e ne paga 5 billion di tasse all’anno, quindi vale metà del valore
finanziario, perché tu ti ammazzi, per il solo il fatto che il gruppo esiste; poi ha 570 mila dipendenti,
ognuno dei quali non solo non prende il sussidio di disoccupazione che paghiamo noi, ma ognuno
dei quali paga i suoi 500-600 euro di tasse al mese quindi 570 mila, noi 400 mila in Germania. Per
cui la presenza di queste imprese e il fatto di generare una situazione legislativa e anche di clima, di
paese e di supporto alla presenza di queste aziende, è un po’ una differenza importante. Oggi in
Italia l’azienda viene spesso vista in molti casi come elemento di conflittualità tra l’impresa e i
lavoratori; è stata presentata 10 giorni fa, una lista che in Germania non è mai uscita, le 10 persone
che guadagnavano di più in Italia. Cioè il profitto in Italia è ancora una cosa negativa, sporca, chi
guadagna di più è perché in qualche modo li ha rubati e magari sicuramente una parte della nostra
storia dice questo, però tutto questo crea un clima un po’ complicato e mentre certamente tu ti
muovi in Germania con queste grandissime aziende caratterizzate dalla precisione, la precisione, la
precisione tautonica c’è davvero e quindi per noi è un esempio, un’ispirazione, un bellissimo
esempio. La seconda cosa che è una grande fonte di ispirazione ed è molto simile a quello che già
noi facevamo, è l’attenzione per la qualità del lavoro all’interno dell’azienda, cioè al fatto che le
persone che stanno in Ducati siano contente di starci. Anche questa è un’altra delle cose che
rasentano la banalità ma poi la differenza è tra il farlo e il non farlo, cioè nel mettere in atto una
serie di comportamenti, di dinamiche che vanno dagli aspetti retributivi ma sono una parte molto
marginale a il modo in cui le persone vengono trattate in azienda, il modo in cui i propri
collaboratori vengono gestiti, il modo in cui le informazioni vengono diffuse; per noi è
estremamente importante avere un gruppo di 1200 persone che sono contente di stare in azienda A,
perché crediamo che l’impresa abbia una responsabilità sociale, cioè l’impresa non ha un fine, non
esiste per se stessa, esiste per quello che con una brutta parola inglese si chiama stakeholder, cioè
tutto il mondo delle persone che stanno attorno all’azienda i fornitori, i clienti, i nostri
concessionari, gli appassionati delle moto e i dipendenti che stanno nell’azienda per cui quello che
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ci accumuna molto e che ci vede molto vicini e in questo di nuovo il gruppo Volkswagen è molto
forte, è l’attenzione a far sì che le persone che lavorano nel gruppo siano contente di farlo,
ovviamente parliamo di lavoro quindi uno entra la mattina e si mette a lavorare non è che si mette a
ballare la salsa, lo farà la sera, però lavora dentro all’azienda e cerca di farlo nel miglior modo
possibile. Per cui ci sono degli strumenti, ho visto anche una cosa con un nome impronunciabile che
lo Stimmungsbarometer, che è l’indagine di clima che una volta all’anno viene fatta e i nostri
colleghi conoscono bene, in cui ognuno ovviamente la prima volta che lo fa dà sfogo a tutte le ire
represse, “cosa pensi del tuo capo? Vengono fuori le cose peggiori, poi piano piano ci si tara, però
certamente non è scontato in Italia, non è totalmente normale, tipicamente è il capo che giudica il
collaboratore; invece nel gruppo al collaboratore viene chiesto un giudizio sul proprio responsabile.
In alcune aziende anche in Italia si fa ma non è una prassi, invece nel mondo delle imprese tedesche
ci sono tanti aspetti, l’organizzazione, la precisione, la pulizia, l’attenzione al clima all’interno
dell’azienda quindi c’è un po’ un rombo che sono le linee guida, il faro verso cui ci muoviamo e
devo dire che noi stiamo vivendo molto bene questa parte di integrazione perché sentiamo nostri
tutti questi aspetti.
Fabbri: Grazie, io volevo tornare un attimo sul discorso tecnico e coinvolgere a questo punto
Ayrton; Ayrton Badovini è pilota del mondiale SBK, quest’anno è pilota Bimota, domenica scorsa a
Imola ha portato Bimota alla vittoria nella classe EVO, poi per una serie di circostanze non ha preso
punti; circostanze legate più ad un discorso regolamentare perché per correre in SBK le moto
devono essere in vendita, devono essere regolarmente prodotte in un determinato numero, Bimota
ancora non ha raggiunto questo numero quindi loro corrono ma non hanno punti. Comunque Ayrton
ha vinto quindi complimenti e l’anno scorso è stato uno dei piloti ufficiali di Ducati, quindi io
volevo appunto chiedere a Ayrton come si sviluppa una moto, visto che chi tra voi, come ingegnere,
riuscirà o avrà voglia di fare le corse, dovrà poi interfacciarsi con un pilota. Quindi vorrei un attimo
capire da Ayrton e coinvolger sempre anche l’Ing. Domenicali come funziona il lavoro di sviluppo
di una moto da corsa.
Ayrton Badovini: Beh, innanzitutto ciao a tutti, sono contento di esser qui, è una situazione un po’
strana; lui verrà 5 volte in pista all’anno ma io qui ci vengo una volta all’anno, quindi è più difficile
per me direi. Sì, guarda lo sviluppo di una moto è una cosa molto complicata perché ha tantissimi
fattori che la circondano a partire dall’umanità, quindi dalle persone che ci lavorano dentro, allo
spirito, poi chiaramente una delle parti più importanti è il budget che racchiude tutta questa
operazione e poi chiaramente dopo ci sono progetti che nascono bene, altri che nascono “male”, o
magari con un po’ più di difficoltà. Quest’anno abbiamo, ho, deciso per una serie di circostanze di
seguire questa nuova operazione con Bimota che ritorna a correre ufficialmente dopo diversi anni;
abbiamo un nuovo progetto, una nuova moto motorizzata BMW, attualmente non stiamo prendendo
ancora i punti appunto perché la moto è ancora in fase di realizzazione, a breve sarà in produzione
con i numeri minimi per poter essere omologati, quindi questa è la motivazione per la quale ancora
non siamo in classifica definitiva però siamo molto contenti perché c’è un grande interesse da parte
da parte di Bimota stessa, da parte del nostro team che la gestisce, quindi siamo molto fiduciosi.
Abbiamo un passato in comune con Domenicali perché comunque lo scorso anno ero pilota di
Ducati.
Fabbri: Infatti la pole con la Panigale l’hai fatta tu.
Badovini: Infatti hanno fatto il record di vendite! No vabbè, è stata veramente una gran
soddisfazione perché anche io da italiano ho sempre seguito Ducati perché nella mia “gioventù”
quando ho iniziato a correre è chiaro che vedevo questo marchio come il “traguardo” è
un’ambizione. L’averci corso è stato… anche se solo per una parentesi e con una moto non ancora
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performante, come è invece diventata quest’anno, sono molto contento di aver contribuito nello
scrivere una piccola parte di storia, quindi questa è una bella cosa. E poi, cosa ti posso dire?
Fabbri: Come funziona quando si porta per la prima volta una moto da corsa in pista? Come ci si
relaziona con gli ingegneri che poi sono quelli che devono trasformare in numeri le tue sensazioni?
Appunto come diceva l’Ing. Domenicali la moto non è come una macchina che è su 4 ruote, ha tre
dimensioni col pilota che si sposta e quindi modifica la dinamica del veicolo.
Badovini: Si, esatto, se bastasse la teoria nelle moto andrebbero tutte forte; questo è quello che si
dice di solito nel nostro ambiente. Non basta perché comunque prima di tutto c’è una componente
molto variabile che è il pilota sopra; ogni pilota ha delle esigenze diverse rispetto ad un altro, ha un
modo diverso di approcciarsi sia alla gara che alla moto in generale… quindi questa un pochettino è
la componente più difficile secondo me della messa appunto di una moto. Come si affronta un
progetto come quello che stiamo seguendo noi, o comunque anche quello dello stesso scorso anno?
C’è molto lavoro a casa, nel senso che comunque c’è un grande studio ingegneristico alle spalle e
una grande preparazione dei materiali della moto; una volta che la moto scende in pista per la prima
uscita, quindi per una verifica, la prima cosa che si va a cercare di identificare nei nostri casi sono
dei problemi strutturali, ovvero qualcosa che richieda del tempo a casa per poter studiare,
riprogettare, riportare nuovo materiale. Quest’anno siamo stati particolarmente fortunati, non
abbiamo riscontrato ancora nulla di drastico, nulla di grave, pecchiamo solo di esperienza e di
materiali da provare. Abbiamo iniziato molti test, molte prove sicuramente buona parte è servita
anche quest’anno a loro per migliorare perché comunque la cosa più importante è sempre provare
tantissime cose, perché nel nostro caso c’è un grande studio che viene approcciato alle spalle ma ci
vuole una direzione che deve essere data; questa direzione da chi viene presa? Viene presa dalle
esigenze del pilota associata comunque alla forma, che alla fine è l’ingegnere perché è la persona
con cui noi parliamo quando ci fermiamo, per cui è la nostra ombra, quello che trasforma le nostre
sensazioni, il nostro feeling alla guida, le nostre richieste in qualcosa di pratico, di vero, nel senso
quello che quando una moto che ha certo comportamento lo deve trasformare in una risposta ovvero
qualcosa che dobbiamo andare a fare fisicamente sulla moto. Bisogna ammettere che noi piloti negli
ultimi anni ormai un po’ esigenti lo siam diventati, perché si son complicate molto le moto e il
tempo a disposizione durante il weekend gara è sempre più corto e quindi spesso e sovente le
decisioni non sono solo prese dall’ingegnere ma sono in concordato; ovvero ci si ragiona perché
comunque, per l’esperienza che abbiamo alle spalle, sai già hai che cosa una certa cosa può
comportare. E spesso e sovente ci si scontra con gli ingegneri in questo caso perché comunque
hanno un’idea “tecnica” di quello che può comportare una cosa, noi abbiamo già un feedback di
quello che sarà, perché comunque ne abbiamo conoscenza. Quindi è difficile spesso… però tante
volte mi è capitato veramente di far dei cambi drastici che spiegati sulla carta hanno portato dei
risultati, completamente inaspettati, subito dopo; quindi è veramente importante avere una figura
potente, forte nel box che ti sappia aiutare e io ho sempre detto che le squadre sono come una
famiglia, cioè quello che si fa lo si fa tutti quanti insieme: c’è il weekend che il pilota deve mettere
il 70% e ci sono dei weekend in cui lo deve mettere la squadra per il pilota perché il pilota non ce la
fa in qualche modo a trovare le strade giuste.
Fabbri: Quindi l’ingegnere deve fare un po’ anche da padre, diciamo, del pilota, è un po’
psicologo?
Badovini: Senz’altro. No, è capitato molte volte in cui, anche se un qualcosa non funzionava o
magari il cambiamento ci sarebbe stato, anche se le modifiche magari sono piccole il saper parlare
ad un pilota, l’ingegnere col pilota, può aiutare comunque a trasformare quella piccola differenza in
qualcosa di grande. E’ chiaro che, qui però entriamo in un ambito più sportivo che tecnico, la
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motivazione che un pilota può avere per portare a casa un risultato può essere più forte di qualsiasi
altra cosa, quindi la capacità, con la squadra, di trovare la forma di cattiveria, la mentalità giusta per
approcciare un weekend di gara, sicuramente magari conta di più che una dritta data alla forcella
davanti in estensione; questo è un fattore determinante. Però tutto nasce a monte dalla struttura che
si è creata quindi non so, è tutto un’armonia insomma. Comunque ripeto non sottovalutiamo un
fattore molto importante, negli ultimi 5 anni direi le moto, specialmente le derivate di serie nelle
massime categorie come le SBK, hanno fatto un’evoluzione direi doppia rispetto agli anni
precedenti; io mi ricordo il 999, la prima volta che guidai un 1000 non vorrei dire che è
paragonabile ad un 600 adesso ma non siamo tanto distanti credo, cioè credo che le differenze di
velocità, di prestazioni che si sono create negli ultimi 5-6 anni siano veramente grosse, forti. Questo
comunque è dovuto grazie all’elettronica e grazie a tutta una serie di circostanze. Io credo che in
questo momento la figura più importante all’interno del box sia appunto l’ingegnere che sì sa
comprendere quella che è la tua richiesta, ma sa anche trasformarla in dati perché appunto le nostre
moto ormai parlano col computer, senza computer sono finite, non si accendono, come dicevi anche
tu (Domenicali) con i cablaggi prepari tutto poi non parte quindi è sempre colpa dei cavi alla fine.
Noi stessi stiamo litigando in questa fase del nostro progetto con l’elettronica della moto, però è un
capitolo nostro questo. Quindi direi che, guarda, secondo me alla fine dei fatti quello che conta
veramente tanto è riuscire ad aver un bel feeling però l’elettronica, quindi nel nostro caso
l’evoluzione, la tecnologia, è quella che la fa da padrone.
Fabbri: Ing. Domenicali, oggi come si sceglie un ingegnere? E se sono diversi i requisiti per
l’azienda, quindi per la produzione e per le corse. Quali sono i requisiti che la Ducati chiede e
ricerca?
Domenicali: Beh, certamente il curriculum scolastico è l’elemento numero uno. Noi facciamo parte
ancora di quelli che pensano che l’Università dia una formazione importante e per gli ingegneri che
fanno l’ingegnere davvero, quindi non gli ingegneri che fanno i commerciali, perché ci sono anche
quelli, la parte che uno abbia un buon voto in Scienze delle Costruzioni, negli altri continua ad
essere determinante. Quindi noi assegniamo proprio ai risultati ottenuti una parte importante, l’altra
parte che vogliamo è che ci piacerebbe vedere quelli che sono cresciuti a latte e benzina diciamo
noi, che dà quell’extra motivazione che permette di vedere più il bicchiere mezzo pieno che mezzo
vuoto quando la situazione è faticosa, perché tanto di situazioni difficili e faticose ce ne sono, sarà
costellata la carriera e quindi ci piace avere attorno a noi delle persone come noi appassionate e
coinvolte; una terza parte è certamente una competenza relazionale che diventa via via più
importante quanto più le dimensioni dell’azienda sono crescenti. Chiaro che in un gruppetto piccolo
è più importante, se vuoi, la competenza specifica, tanto più si è in un mondo come il nostro oggi
qui in Ducati, che è non un’azienda straordinariamente grande ma già fa parte di un gruppo grande,
la capacità di avere uno spirito di relazione buono è altresì importante.
Fabbri: Il famoso latte e benzina è praticamente la passione. Una cosa indispensabile per chi sogna
di lavorare nel mondo delle moto ma anche delle auto e soprattutto delle corse, perché davvero
durante i periodi di gara, Ayrton lo potrà confermare ma anche l’Ing. Domenicali, non esiste la
pausa, ma non perché c’è il capo che ti dice “no, non vai in pausa”, perché sei tu che sei concentrato
nel tuo lavoro, giusto?
Badovini: Si, il mio weekend di gara comincia, nel nostro caso, il mercoledì alla fine e fino alla
domenica sera non c’è tempo di respirare perché comunque c’è sempre uno scontro di idee, una
volontà di migliorare; spesso e sovente le migliori idee vengono sempre la domenica sera e tardi, è
vero. Noi stessi ai test lunedì abbiamo tolto 6-7 decimi insomma, ma perché? Perché non c’è stato il
tempo e non siamo arrivati in tempo ad una soluzione che magari poi era banalissima. Quindi ci
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vuole anche la determinazione ma quello che conta è appunto lo spirito di tutta la squadra che
lavora fino all’ultimo momento.
Fabbri: Ingegnere un’ultima cosa, poi secondo me possiamo fare anche un po’ di pausa, è diverso
lavorare in MotoGP o in SBK, per un ingegnere? Cioè uno ci arriva per gradi oppure uno bravo può
anche andare direttamente in Moto GP oggi?
Domenicali: No, non direi che è diverso è, oggi, diverso il livello economico richiesto per
partecipare alle due categorie e diversa è la dimensione minima necessaria per ottenere dei risultati
ragionevoli nelle due categorie; sono due categorie in cui il livello tecnico, la possibilità di
utilizzare materiali anche sofisticati ancora oggi è abbastanza equivalente anche se è in grosso
cambiamento, SBK l’anno prossimo cambierà regolamento quindi il motore sarà meno soggetto a
possibilità di lavorazione. Oggi è molto simile, nei motori delle SBK ci sono tante limitazioni però
si possono fare anche tanti cambiamenti, dall’anno prossimo sarà molto diverso; la parte elettronica
invece è molto simile. Quindi non è tanto il tipo di strumento che si usa, è la dimensione del
gruppo. Oggi sicuramente la Honda in MotoGP definisce degli standard, in termini di dimensione
del progetto, per confrontarsi con i quali bisogna partire con una certa struttura oppure è meglio
restare a casa perché io non mi metto a pensare di andare a litigare in pista con Ayrton, sto a casa
facciamo un altro sport; ognuno deve sapere qual è il suo sport, quindi è un po’ questo. Oggi, la
MotoGP è uno sport veramente impegnativo in cui c’è una barriera all’ingresso molto alta, in SBK
c’è una soglia di ingresso più ragionevole, però non è che la preparazione di ingresso di un
ingegnere deve essere diversa, probabilmente un ingegnere può arrivare magari più rapidamente in
SBK e coprire dei ruoli più impegnativi perché le dimensioni sono più piccole. Questo è.
Fabbri: E quali sono i ruoli oggi nelle corse per un ingegnere? Magari i ragazzi non lo sanno.
Domenicali: Considera che noi oggi occupiamo nell’area corse più di 100 persone e avremo 80
ingegneri, quindi c’è tutto: ci sono non so 10 elettronici e anche delle persone che si occupano di
progettazione veicolo e di dinamiche del veicolo, quindi c’è una parte se vuoi più architetturale o di
modellazione solida e definizione degli scambi e attrezzature che servono, carrozzerie e quanto altro
e una parte invece più concettuale, che è la parte di calcolo che è tutto il mondo della dinamica del
veicolo. Quindi il tentativo di portare avanti questa comprensione di questo oggetto che in alcuni
casi come dicevo è ancora misterioso, anche perché l’oggetto più misterioso di tutto, di questo non
abbiam parlato, sono le gomme; parliamo di motori in questo seminario ma le gomme sono la cosa
più simpatica che c’è, nel senso che si applica il principio di indeterminazione, perché tu nel
momento in cui le osservi loro cambiano. Cioè, se uno tenta di misurare le performance delle
gomme, perché c’è un mondo di modelli, modellizzazione dei pneumatici e c’è un modello che si
chiama Pacejka per i più appassionati, un modello matematico pieno di coefficienti deve essere
tarato e viene tarato attraverso le misure fatte sul pneumatico su un banco, per cui vengono misurate
forze e coppie che il pneumatico offre attraverso certi slittamenti e certi slip angol. Solo che nel
momento in cui uno fa la misura sta utilizzando il pneumatico magari per 10 secondi nello stesso
punto cosa che nel mondo reale non avviene mai, perché la ruota in continuazione si muove e
quindi si surriscalda di più rispetto a quello che succede effettivamente, quindi la misura non è
completamente attendibile. Questo è un mondo delirante in cui però ci sono diverse persone quindi
abbiamo degli ingegneri che tentano di capire questo mondo delirante dei modelli matematici; poi
c’è invece la parte della progettazione del motore, la parte che io chiamo di “architettura”, quindi
quelli che si occupano di dare forma alle cose, che segue però anche un’altra parte che invece è la
parte concettuale, quella dei modelli matematici monodimensionali, tridimensionali, scelgono tra
tutte le varie configurazioni, tutti il mondo della fluido-dinamica e termodinamica… Diciamo che
nel tempo per noi è cresciuta molto la parte di calcolo, quindi tanto più uno è bravo a fare i calcoli
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prima e tanto meno interazioni e analisi hai in fase progettuale e sperimentale. Poi c’è tutto il
mondo della sperimentazione, ci sono gli ingegneri sperimentali, quelli che stanno in sala prova
quindi fanno le prove, analizzano i dati, fanno le misure, aumentano i sensori quindi tutto il mondo
delle prove e c’è invece il mondo della pista che è diviso in sviluppo, quindi c’è un team che fa
un’uscita al mese o due dipende dal periodo effettuando sessioni di prove per far degli
“esperimenti”, ad esempio pianifica e sviluppa una ruota strumentata, la mette appunto, si rompe, la
ricolloca, verifica il segnale se è corretto… questo è tutto il mondo della sperimentazione e poi alla
fine c’è tutto il mondo della pista quindi chi prende il risultato di tutto e alla fine si presenta il
mercoledì in pista e cerca di mettere il pilota nelle migliori condizioni; quindi ci sono ingegneri di
pista che seguono il pilota, c’è chi dialoga direttamente con loro invece c’è qualcuno invece ancora
più dietro che prende i dati, li analizza e cerca di offrire delle soluzioni aggiuntive attraverso
l’analisi dei dati. Il mondo della Formula 1 è molto più complicato di questo, perché poi c’è tutto il
mondo dei simulatori, quindi c’è chi a casa con i simulatori riproduce il fenomeno e quindi genera
delle soluzioni alternative che rispedisce in pista; questo è un mondo che se c’è, c’è in Giappone noi
lo conosciamo, ma qui non lo vedo, non c’è.
Fabbri: Ci sono domande? Anche per Ayrton?
Badovini: Meno male.
Fabbri: Facciamo una pausa poi riprendiamo tra quanto? Un quarto d’ora? Va bene. Grazie, intanto
ringraziamo.
3_I motori da competizione oggi
Diego Cacciatore: Ciao a tutti, io mi chiamo Diego Cacciatore e sono il Responsabile
dell’Ingegneria e della Sperimentazione Motori in Automobili Lamborghini; ho preparato questa
presentazione, che ho presentato ieri al Master in Ingegneria dei motori da competizione e vorrei
descrivere un po’ quello che abbiamo fatto quando è nata la nuova Aventador e quando quindi
abbiamo sviluppato il nuovo motore 12 cilindri. I primi dati che abbiamo discusso con i colleghi del
veicolo sono i dati di prestazione del veicolo, quindi la velocità massima; l’accelerazione; le
emissioni di CO2 che non dipendono solo dal motore ma anche dal veicolo; il peso del veicolo
stesso e dove, in quale parte il motore ha questo peso; e un’altra cosa molto importante è come il
motore viene istallato all’interno del veicolo, dove è posizionato. Sulla sinistra trovate l’attuale
configurazione dell’Aventador dove vedete la particolarità del cambio che è all’interno
dell’abitacolo, mentre sulla destra abbiamo il layout della Huracàn dove il motore è posteriore.
Queste due layout hanno alcuni vantaggi e alcuni svantaggi; per esempio il grosso vantaggio
dell’avere il cambio anteriore è quello di avere parte del peso sull’anteriore, gli svantaggi sono
quelli di avere un serbatoio della benzina diviso a metà e quindi per portare la benzina da un
serbatoio all’altro e per tenere sempre il livello equilibrato c’è bisogno di pompe e quindi del peso;
l’abitabilità all’interno del veicolo è un pochino più bassa e siamo obbligati ad avere i radiatori
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dell’acqua qui, molto comodo per trasportare l’acqua da un lato all’altro del veicolo, però la
pressione che ricevono i radiatori in questa posizione è ben diversa da quella dei radiatori
sull’anteriore; però sicuramente avere 120-130 kg qui invece che posteriormente è un grossissimo
vantaggio per la dinamica del veicolo. Questa è una piccola tabella in cui ci sono i parametri
generali del motore. La potenza richiesta al motore è di 700 CV in più c’è da considerare la crescita
nel tempo, cioè quando si fa un motore nuovo si deve anche dare la possibilità di crescere di
potenza negli anni. Noi ci siamo guardati in casa abbiamo fatto un pochino di conti, abbiamo visto
quanta potenza specifica eravamo in grado di fare, abbiamo parlato anche con i colleghi del
marketing e con loro abbiamo deciso sia la potenza ma anche la cilindrata. All’epoca noi eravamo
più orientati su un 6 litri, loro ci hanno chiesto di rimanere sui un 6,5 l per una questione di
marketing, perché sia la potenza che la cilindrata fanno parte del prezzo del veicolo. Queste sono
alcune dimensioni fondamentali del motore, per cui trovate l’alesaggio/corsa rispettivamente 95 mm
e 76,4mm, con un rapporto di 0,8, un rapporto di compressione di 11,8 e dopo vi farò vedere come
mai siamo riusciti a realizzare un rapporto compressione elevato per un motore a iniezione indiretta
e qui trovate un paio di numeri molto importanti che sono per esempio il diametro del perno di
banco e di biella che danno non solo un contributo alla riduzione degli attriti ma che insieme ad altri
parametri danno questo valore che indica quanto il perno di banco e quello di biella siano
sovrapposti ed è un indice di robustezza dell’albero motore. Vi ho detto prima, perché un motore a
iniezione indiretta? La progettazione di questo motore è nata all’inizio del 2007, c’erano ancora in
discussione le norme antinquinamento e sembrava che i motori a iniezione indiretta, anzi i motori in
generale, dovessero essere fortemente monitorati a livello di particolato. Quindi un motore a
iniezione indiretta particolato non dico che non ne faccia ma ne fa molto meno di un motore a
iniezione diretta, quindi abbiamo scelto questa strada in modo da salvaguardare il motore e il
veicolo da una legislazione particolarmente aggressiva per il futuro. Qui ci sono alcune dimensioni
generali come il peso del motore; uno dei dati più interessanti è questo qui: il motore è un carter
secco e vediamo che l’altezza del motore quindi la distanza tra la base del motore e il centro
dell’albero motore è particolarmente bassa. Qui troviamo alcuni dati che fanno riferimento al
raffreddamento come la portata dell’acqua e alcuni pesi che fanno riferimento alla biella e al
pistone. Un’altra cosa molto interessante è che qui trovate un bilanciamento dell’albero motore, è
un motore normalmente equilibrato però si può giocare sulla equilibratura in riferimento alla
bancata; in genere gli alberi motore si equilibrano al 150 %, 100% di centrifuga e 50% a terra.
Riducendo questa percentuale si fa un albero motore più leggero che ha meno inerzia. Nella nostra
esperienza siamo arrivati fino al 33%, per questo motore senza piombo il 33% non ce lo siamo
potuti permettere e siamo dovuti crescere al 100%. Questo grafico rappresenta il coefficiente di
carico e il coefficiente di flusso di un motore; sono due numeri, il test è sempre lo stesso, lo si fa
attraverso un arco di flussaggio, quello di cui Massimo stamattina parlava; fisicamente il più
realistico è questo numero, mentre questo numero è più una convenzione. Il numero che avete visto
prima, quindi il coefficiente di carico moltiplicato per l’aria istantanea della valvola indica una
quantificazione di quanto questo motore possa respirare. C’è un indice che si chiama indice di Mach
(Gulp Factor) che è questo z; l’indicazione di letteratura vi fa vedere perché e dice che questo
numero deve essere inferiore a 0,6 (z < 0.6) se questo valore è superiore a 0,6 il motore cade di
portata quindi anche se cresce di giri il motore non riesce più a respirare. Mi ha fatto molto piacere
che Massimo stamattina vi ha fatto vedere un po’ di storico sugli angoli delle valvole; noi abbiamo
fatto queste scelte: abbiamo l’angolo tra le valvole di 30°, non siamo andati oltre, per questo
motivo, perché dopo avevamo problemi, avevamo delle limitazioni su quanto la valvola di
aspirazione e la valvola di scarico potessero essere aperte; è un condotto tuffante e quando si parla
di condotto tuffante vuol dire che facciamo lavorare sia l’intradosso che estradosso; quindi andando
a questa immagine abbiamo fatto un condotto in cui sia l’estradosso che l’intradosso lavorino.
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Questo ha un lato negativo, quello di avere un moto di tumble non completamente organizzato.
Come potete vedere abbiamo un macro vortice che è questo qui che sto indicando e un micro
vortice da questo altro lato. Se volessimo avere un solo macro vortice dobbiamo inclinare molto di
più il condotto di aspirazione. In genere questa cosa la si fa soprattutto sui motori a iniezione
indiretta; i motori a iniezione indiretta hanno bisogno di un macro vortice organizzato in modo tale
da poter miscelare molto meglio e molto velocemente. I motori invece a iniezione diretta che
iniziano a miscelare molto prima non hanno bisogno di questo. E’ logico che un motore a iniezione
indiretta quindi paga perché avere un moto di tumble organizzato vuol dire avere un coefficiente di
flusso un pochino più basso. Torno un attimino indietro, vi faccio vedere anche questo angolo tra
valvola di scarico e il condotto di scarico che è abbastanza piccolo per essere di scarico e questo
l’abbiamo fatto perché quando in genere si iniziano a superare i 110-120 CV/l lo scarico diventa
importante come l’aspirazione, che dopo vi farò vedere. Questa curva rosa è un vecchio 12 cilindri
Lamborghini di qualche anno e vedete che questo motore aveva un Gulp Factor superiore a 0,6;
quindi arrivati a 6800 giri come vedete non vediamo nessun incremento di potenza. Quindi per
quanto riguarda l’evoluzione di quel motore con delle valvole e dei profili completamente diversi,
siamo riusciti a spostare questo numero portandolo a 0,54 se non ricordo male e siamo riusciti a
crescere di potenza. Perché lo scarico è così importante? Vi faccio vedere; questo è uno scarico a
scalino che viene usato da molti anni in F1 trovate qui uno step. E questo è quello che succede
all’interno di una camera di combustione; qui in questo grafico voi vedete la traccia blu che indica
quello che succede nel condotto di aspirazione, la traccia rossa che è quello che succede nel
condotto di scarico e la traccia nera che è quello che succede nella camera di combustione. Come
vedete intorno ai 270° abbiamo un blocco di portata e in quel punto il pistone è obbligato a spingere
al di fuori i residui e quindi per fare questa operazione compie del lavoro. Una volta che abbiamo
inserito uno scarico a scalino vedete come il segnale cambia completamente; faccio un passo
indietro così vi faccio rivedere quello vecchio e poi quello nuovo. Vedete come nel cilindro non
abbiamo più una zona piatta, quindi cosa vuol dire? Che il ΔP sulla valvola di scarico è aumentato
fortemente e quindi quel processo di espulsione forzata che doveva colpire il pistone è molto calata.
Infatti qui vedete il confronto dei due cicli di pompaggio e vedete come il pompaggio è calato.
Queste sono le due curve di potenza dove vedete lo scarico a scalino che messo su questo motore ha
dato un incremento di 30 CV. Nel caso un domani vi doveste occupare di motori da competizione o
motori in genere tenete presente che lo scarico, soprattutto per determinate tipologie di motori, è
molto molto importante. Mario se dico delle sciocchezze correggimi. Questo è il sistema di
aspirazione dove trovate un collettore in plastica; a noi questa cosa ci ha reso particolarmente
orgogliosi, anche se la plastica non è un materiale particolarmente nobile, perché siamo riusciti ad
inserire su un motore a bassi volumi di produzione un componente che come costo del motore è
molto basso ma anche e soprattutto come peso, se confrontato con altri. Questa è la sezione della
testa del 12 cilindri; troviamo un sistema di controllo del knock e del misfire fatto attraverso una
carena, attraverso un sistema di ionizzazione; quindi andiamo a leggere quello che succede
direttamente in camera e riusciamo a controllare sia il knock che il misfire e questo ci ha consentito
di arrivare ad un rapporto di compressione di 11,8. Abbiamo una carena abbastanza piccola quando
di solito su motori del genere è più grande. Qui troviamo il basamento; è un open deck, abbiamo
delle canne in acciaio. Questa è una scelta non modernissima però è una scelta molto comoda,
perché? Perché abbiamo deciso di dare l’accoppiamento che ha il pistone direttamente al fornitore
perché ci siamo trovati in passato con dei basamenti in canna metallica a dover gestire delle
problematiche di produzione dove c’era sempre una sorta di rimpallo di responsabilità tra i fornitori
e questo cosa vuol dire? Pagare un pochino in termini di peso e di numero ma abbiamo deciso di
fare così in modo tale da non avere poi nessun problema in produzione. Questo è il sottobasamento; ha 6 campate completamente isolate, in ogni campata c’è una pompa di recupero. Qui
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abbiamo due pompe che servono a estrarre olio dalle teste. Questo è un motore in cui le campate
non vengono isolate completamente ma ci sono dei fori che facevano passare dell’aria da una
campata all’altra; questi fori a livello di coefficienti di flusso hanno coefficienti molto bassi quindi
ogni volta che il pistone scende questa aria va a destra o a sinistra e si hanno delle perdite di fluido
molto molto alte; avendo invece chiuso completamente la campata abbiamo un andamento di questo
tipo, quindi vedete che abbiamo un recupero di prestazione e lo abbiamo soprattutto nella zona
cilindro. Usiamo quindi questo sistema per ridurre i consumi nella zona cilindro. Quando
progettiamo un motore facciamo molta attenzione alla qualità del suono e facciamo una
presentazione più dettagliata sulla parte del suono. Questa per esempio è una configurazione di un
12 cilindri in cui le bancate vanno in questo modo; ci può essere un’altra configurazione in cui le
bancate saranno messe in comunicazione attraverso questo tubo e casomai ci può essere una valvola
a farfalla. In genere si fa questa cosa per andare ad ottimizzare gli effetti di fase e controfase delle
bancate, se fatte in un certo modo; cioè le acustiche dei sistemi a volte sono in fase, a volte in
controfase e questo fatto si può sfruttare per amplificare o per abbattere determinati rumori. Poi c’è
ancora un’ulteriore soluzione… Tutte queste cose le facciamo per andare a cambiare le armoniche
che fuoriescono dal sistema di scarico. Questa è la rappresentazione del sistema di scarico, vedete
che abbiamo 4 precatalizzatori molto vicini alla valvola di scarico, 500 mm e questo è molto molto
importante. Questo è il sistema di scarico, con un silenziatore di grosso volume e uno di piccolo
volume. Perché abbiamo fatto una cosa del genere? Perché il volume più grosso ci dà la possibilità
di passare agevolmente alla prova di pass by, cioè alla prova di produzione rumore ma visto che i
nostri clienti desiderano avere un sound non solo emozionale ma anche elevato, usiamo un piccolo
volume per fare un po’ di smorzamento. Questo è il pistone, forgiato; qui ci sono un pochino di
numeri sia di spessori che di forze tangenziali; siamo molto orgogliosi di questo numero: altezza di
compressione, 26; per i motori di serie è particolarmente basso. La biella, dove troviamo una
resistenza meccanica di 1300 MPa quindi un acciaio molto resistente e naturalmente un acciaio del
genere ci consente di avere un peso molto basso; nel caso volessimo avere un peso ancora più basso
dobbiamo cambiare materiale. Albero motore, anche questo forgiato; qui ci sono dei numeri che già
vi ho fatto vedere. Circuito dell’acqua, come dicevo qui in mezzo c’è il motore e qui ci sono i
radiatori dell’acqua; quindi è molto comodo per il giro dell’acqua, non è una posizione
particolarmente felice perché lateralmente la pressione che ricevono i due radiatori è bassa. Questa
è la schematizzazione del circuito dell’olio; usiamo dei programmi abbastanza sofisticati per fare
questa tipologia di simulazione ed è molto importante andare a capire se ai diversi componenti
arrivi il giusto quantitativo di olio e casomai andare a capire dove invece possiamo togliere dell’olio
laddove non ne arrivi abbastanza. Un velocissimo riepilogo sulla carburazione motore di cui usiamo
vari tipi di fase per superare le emissioni. Qui vediamo la fase dell’aspirazione dello scarico quando
i radiatori sono attivati e vediamo un incrocio molto elevato; mentre invece quando i radiatori sono
chiusi troviamo un incrocio molto basso… Quando andiamo a fare l’analisi per le emissioni cosa
facciamo? Andiamo a prendere tutti i cicli emissioni e vediamo quali sono i punti più percorsi dal
motore, andiamo a scegliere i nostri 10 punti migliori ed è lì che adiamo a dedicare la nostra attività
di carburazione. Questo è l’esempio di un 2x2, andiamo a prendere tutti i parametri motore e
andiamo a cercare poi quali sono quei parametri motore che vanno utilizzati per le emissioni. Un
altro parametro importante è un indice della stabilità della combustione; in genere noi in sala prova
partiamo con determinati valori in genere del 7-10%, il motore dopo va in macchina e lì riceviamo i
poi consigli dei colleghi e quindi vediamo se il motore è un po’ scorbutico oppure il motore non è
particolarmente guidabile, per cui oscilla un pochino… una delle cose che dobbiamo fare è andare a
ridurre l’incrocio dei radiatori. Questi sono i numeri che mettiamo in centralina per quello che
riguarda le fasature, quindi in funzione del carico e della pressione che troviamo all’interno nel
condotto di aspirazione in funzione dei giri, andiamo a trovare i numeri giusti da mettere in
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centralina. Vi faccio osservare una cosa, guardate questo numero ad un certo punto c’è un salto;
quando vedete un salto del genere vuol dire che lo scarico non è intonato, disturba e quindi si riduce
l’incrocio per far sì che lo scarico non disturbi l’aspirazione e non disturbi la combustione. Infatti,
se vedete, qui siamo a basso carico, intorno ai 4000- 4500 giri e vedete una discontinuità; questa
discontinuità è proprio dovuta al fatto che abbiamo delle energie all’interno, lo scarico non è
intonato, c’è un rallentamento del fronte di fiamma. Questo è un classico nostro ciclo di durata e
come costruiamo uno shift di durata? Per esempio le torsioni dell’albero motore in cui abbiamo una
risonanza di circa 2700 giri e poi dei valori molto elevati. Noi cosa facciamo? Tutti i componenti
hanno dei grafici del genere, quindi sappiamo tutti i componenti come sono sollecitati e ogni punto
che trovate su questa mappa va a percorrere quei punti critici in modo tale che durante la fase di
sperimentazione e manutenzione andiamo a sollecitare tutti i componenti; cerchiamo di andare a
sollecitare tutti i componenti nei punti critici di funzionamento. Velocissimamente, quanto tempo ci
mettiamo a sviluppare il motore? Abbiamo la prima fase che è una fase di concetto e può durare
dalle 14 alle 52 settimane; 52 settimane in genere si hanno quando si va a sviluppare un motore a
iniezione diretta. Ci vogliono circa 40 settimane per completare la fase di analisi, quindi le prime
parti in casa lavorate; dopodiché partiamo con il test funzionale di durata che in genere dura un
annetto, la parte più impegnativa è la messa appunto per le emissioni. Dopo questa fase lanciamo le
attrezzature per la lavorazione di serie per poi avere tutti i componenti dopo due settimane in genere
in casa. Qui poi ci sono 2 settimane di durata per la prova in vitro di cui necessitano alcuni
componenti. Un accenno allo sviluppo performance, quello che abbiamo fatto per sviluppare la
performance, qui vedete le differenze tra il vecchio e il nuovo motore e come potete vedere allo
scarico abbiamo lavorato molto meglio che all’aspirazione proprio perché abbiamo bisogno di uno
scarico particolare. L’altra cosa che ci soddisfatto particolarmente è il numero di camme superiore
rispetto al vecchio motore in modo sostanziale e lungo tutta l’alzata valvola. Questo è il nostro
condotto di aspirazione che ha 4 modi di funzionare, ha la possibilità di lavorare 4 configurazioni
differenti; noi ne usiamo solo tre e le chiamiamo chiuso-chiuso, chiuso-aperto e aperto-aperto. La
configurazione base dove non c’è nessun effetto risonante è questa configurazione qui, l’apertoaperto. Vedete che quando ci sono questi sistemi che funzionano abbiamo tutto questo rendimento
di coppia quindi sia in basso che in alto. Perché? Perché questo sistema che noi chiamiamo chiusochiuso ha una doppia risonanza. Questi sono valori di contropressioni, quindi di quanto abbiamo
calato le contropressioni dal vecchio al nuovo motore e siamo passati da 380 a 260. Per il motore
catalizzato sono dei valori interessanti. Perdite di pressione e di aspirazione, siamo arrivati a 33.
Questi sono gli attriti, siamo passati da 2,3 bar a 8000 giri ad 1, 8 e questo l’abbiamo fatto non solo
perché abbiamo ridotto la corsa, ma abbiamo aumentato l’efficienza delle pompe dell’acqua e
dell’olio e abbiamo iniziato a mettere qualche decomprimento interessante. Tutto questo
naturalmente lo si vede nel consumo specifico, siamo arrivati a 299 gr/kWh. Il risultato finale è
questo: nella curva nera potete vedere le prestazioni del vecchio 12 cilindri, 640 CV a 8000 rpm e
una coppia massima 660 Nm a 6000 rpm; con il nuovo motore siamo passati a 700 CV a 8250 rpm
e 690 Nm a 5500 rpm. Quindi diciamo che per un motorista questo è il risultato finale naturalmente
insieme al consumo specifico. E io ora ho un piccolo video che rappresenta il lavoro finale che
abbiamo fatto.
(video)
Giulio Fabbri: Emozionante direi, io farei un applauso. Siamo entrati un po’ nel vivo della parte
più tecnica del workshop, se non sbaglio non è ancora finito giusto?
Cacciatore: Adesso tocca a Mario, volevo però sapere se avete qualche domanda.
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A: Io avevo giusto un paio; la prima, un po’ così per curiosità, volevo chiederle se avete un
software particolare per fare questo studio e quanto questo è affidabile.
Cacciatore: Ma guarda, diciamo i software professionali oggi sono molto validi, li abbiamo usati
un pochino tutti, puoi avere qualche problema però in genere sono molto affidabili. Tieni presente
che comunque non cerchiamo la correlazione sperimentazione-calcolo al 100%; tante volte ci
accontentiamo di avere un 30. Dove invece cerchiamo di avere una grossa precisione è sull’aspetto
dimensionale e sul freno; per esempio sullo studio strutturale non è che sbagliamo il codice ma tante
volte si sbagliamo a mettere il dato di resistenza meccanica. Lì ci siamo attrezzati con dei laboratori
e andiamo delle prove a fatica su dei prodotti che arrivano direttamente dal fornitore del componete;
perché tante volte abbiamo visto che anche se sul disegno c’è scritto la stessa cosa, le cose
cambiamo.
A: Volevo chiederle alla luce dell’attenzione che si dà e dell’importanza che ha il rapporto potenzapeso del motore, quanto è difficile cercare il materiale giusto, soprattutto quando si ha a che fare
con potenze elevate? Quanto è difficile trovare il materiale adatto a soddisfare le vostre esigenze?
Cacciatore: La difficoltà per noi è nel mescolare i materiali; il problema è rendere il motore
industrializzabile. Se io devo immaginare il prossimo motore del futuro mi immagino il sottbasamento in plastica. Prediligiamo la plastica nel confronto con il carbonio; perché il carbonio ha
delle problematiche in sé, molte volte alla fine pesa di più della plastica. E perché ogni volta che ci
siamo affacciati su altri materiali come ad esempio il magnesio non siamo riusciti ad introdurli in
produzione per motivi di costi. La plastica invece se hai il numero giusto di componenti negli
investimenti hai un valore molto basso.
B: Visto che si è parlato di emissioni di CO2, volevo sapere la vostra posizione a riguardo e se
avete pensato a direzioni da prendere per il futuro.
Cacciatore: Ci stiamo lavorando e ti do un anteprima, nel senso che dal 2020 le case
automobilistiche saranno obbligate a rispettare i 95 g/km. Anche noi dobbiamo fare il nostro lavoro
e dove andremo non è facile dirlo; ci stiamo guardando, abbiamo fatto tante esperienze; guidare un
veicolo ibrido ti dà tante sorprese soprattutto dal punto di vista emozionale. Noi comunque per
quello che riguarda Lamborghini siamo un’azienda che punta al prodotto, siamo convinti che
bisogna offrire qualcosina in più al cliente; quindi non pensiamo che i nostri clienti siano veramente
intenzionati a consumare meno quello che però vorremmo dargli casomai è un’emozione diversa e
un motore ibrido dà molte opportunità in questo.
Fabbri: Posso fare una domanda io? E’ più complicato e più costoso sviluppare una tecnologia
ibrida oppure è qualcosa di nuovo e più attrattivo dei motori classici?
Cacciatore: Allora diciamo che se uno pensa alla tecnologia necessaria per realizzarlo, non c’è
tantissima tecnologia perché sono dei motori elettrici, nelle batterie lì c’è tantissima tecnologia però
aziende come Lamborghini e altre non si metteranno mai a sviluppare batterie in prima persona,
quindi si andranno a prendere questi componenti dall’esterno e si andranno ad istallare sul veicolo.
La grossa difficoltà nello sviluppo del sistema di engine è l’integrazione, cioè come trovare lo
spazio, cercare di non appesantire eccessivamente il veicolo e come far parlare ii vari sistemi tra
loro… Quindi anche a livello di organizzazione aziendale noi pensiamo che soprattutto i ragazzi che
fanno controllo debbano essere persone che poi gestiscano questi sistemi, questa sarà la grossa
difficoltà. Non solo questo ma anche come raffreddare il sistema. Perché? In genere quando si parla
di veicoli elettrici molti grandi costruttori dicono “io ho messo uno, due o tre motori elettrici con
questa data potenza”; questo non è verissimo perché la potenza è data dalle batterie e le batterie
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hanno una potenza variabile; quindi bisogna sapere gestire le batterie e non solo. Inoltre la batteria è
un oggetto pericoloso e bisogna capire anche dove metterla.
Riccardo Guidetti: Non farò una domanda tecnica perché non ti dico cosa ho capito delle slides
che hai proiettato, ma perché io ho abbandonato matematica in quinto liceo quindi ho i miei
problemi. Prima mi accennavi una cosa, mentre pranzavamo, di come oggi i giovani ingegneri
entrano, nello specifico nella tua realtà e come sono chiamati anche a destreggiarsi in un ambiente
non semplice, non immediato e anche voi vi state interrogando sul come aiutarli. Potrebbe essere
utile raccontar qualcosa perché comunque è nella loro prospettiva nei prossimi 3-4 anni, non so se
sarà Lamborghini o altre realtà comunque credo sia un esempio significativo.
Cacciatore: Guardi, adesso non mi ricordo chi di voi ha fatto la domanda a Domenicali “cosa
cercate in un ingegnere?”, allora se non sbaglio l’Ing. Domenicali ha detto “noi cerchiamo una
persona che sia stata particolarmente brava all’Università, una persona che sappia relazionarsi con
gli altri e la passione”. Allora la passione naturalmente è qualcosa che cerchiamo anche noi, se devo
essere sincero noi mettiamo sullo stesso piano la preparazione accademica e la capacità di
relazionarsi con gli altri, per quale motivo? Perché facciamo parte di un mondo complesso seppur
incasinato, in cui un progetto del genere non è più come non so 30-40 anni fa dove magari
probabilmente c’era l’ing. Forghieri che se lo faceva da solo con un paio di collaboratori; però
adesso i motori non sono dei motori, sono degli oggetti particolarmente complicati e quindi avere la
capacità di parlare con gli altri e ascoltare gli altri è molto molto importante. Noi in più facciamo
parte di un gruppo che è ancora più grosso e a volte per parlare con i nostri colleghi non sono solo
tedeschi ma anche di tante altre nazionalità, abbiamo bisogno di fare diverse presentazioni e io c’ho
messo tempo a capire come si fa una presentazione, per rendere, per tradurre quello che avevo
dentro e passarlo a qualcun altro; ed è una cosa particolarmente complicata perché bisogna avere un
minimo di preparazione tecnica e di tipo relazionale per poter fare sì che si passi l’informazione a
qualcun altro. Non lo insegnano a scuola e ci vuole tempo per impararla e prima, durante la pausa,
dicevo che noi diamo moltissima delega ai nostri colleghi, quindi li esponiamo però ci stiamo
rendendo conto che probabilmente li esponiamo anche troppo; cioè una persona giovane, magari
alla prima esperienza, gira in Lamborghini e viene pinzato dai diversi colleghi che lavorano nelle
altre aree e queste persone chiedono delle soluzioni a dei problemi nel giro di pochissimo tempo.
Questo vediamo che mette in difficoltà, quindi il fatto di essere un’azienda noi diciamo moderna,
che dà delega, probabilmente siamo andati un pochino oltre abbiamo esagerato, questa delega forse
un pochino ce la dobbiamo riprendere. Ci sono molti ragazzi che vogliono responsabilità, vogliono
prendere delle decisioni e per forza di cose noi gliela vogliamo e gliela dobbiamo dare, però
dobbiamo capire come dosarla; non so se ho risposto alla tua domanda però è una delle tematiche
aziendali di cui parliamo.
Guidetti: Credo sia un tema fondamentale; il tempo dell’Università è un tempo sufficientemente
adeguato per rendersene conto. Io ho avuto modo anche di leggere qualcosa a riguardo, sono studi
difficili che riguardano il gap che c’è tra la formazione universitaria e il modo del lavoro; quando ti
leggi il gap sulle competenze trasversali te lo aspetti e bisogna rendersi conto che i problemi non
sono mai quelli tecnici, almeno credo che anche nelle vostre aziende quelli più grossi non sono
quelli tecnici, quindi bisogna rendersi conto che lavorare tra persone 1+1 fa 2000 come diceva
Charleston ma può anche fare 0, e quello è un problema. E poi c’è l’altro tema, che forse però gli
ingegneri vivono un po’ meno, è che c’è anche un gap di competenze; uno esce, ha fatto
l’ingegneria giusta per quel ruolo ma quando entra in azienda gli chiedono delle cose che lui magari
non sa fare assolutamente, forse neanche capire e quindi mi sembra importante che chi sta studiando
Ingegneria si renda conto di che cosa gli può dare oggi l’Università senza accusare l’Università
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perché l’Università fa il suo mestiere e lo fa anche bene, ma vedere che cosa manchi e quindi
attrezzarsi di conseguenza perché poi quello che farà già appena entra… mi ha colpito quello che
dicevi perché uno entra in azienda pensando di avere un ruolo tecnico e in realtà già da subito è
esposto a vivere tempeste varie. Mi sembra molto utile.
Fabbri: Io dico solo una cosa, intanto già sui siti Lamborghini ma anche Ducati è possibile vedere
le figure che sono ricercate, figure libere diciamo così all’interno dell’azienda, c’è proprio una parte
del sito dedicata; il sito è pubblico quindi basta cercare un pochettino e si trovano queste
informazioni. Poi a proposito di colloquio, io vorrei farvi raccontare qualcosa da Mario che ha
lavorato anche in KTM e ha avuto delle esperienze in questo senso.
Mario Uncini Manganelli: Come diceva Giulio, il colloquio è fondamentale e io ricordo che a
metà 2002 sono entrato in KTM per creare un gruppo di lavoro al progetto MotoGP e il colloquio è
stato chiaramente conoscitivo, quindi chi sono, dove abito, che esperienza avevo… ma è stato
tecnico cioè io non dovevo andare su un ruolo di progettista però in realtà il Direttore Tecnico della
KTM che seguiva l’area Motori e Racing, mi ha fatto disegnare un condotto di aspirazione. Io
chiaramente avevo scritto sul curriculum che Pro-E lo sapevo usare bene e lo so usare bene, cioè per
quello che devo fare io, non sono un disegnatore sono un ingegnere; però è chiaro che sul momento
ho detto “Ah, qui le cose vogliono che si facciano in un certo modo”. Vi dico se succede questo in
Italia è difficile trovare delle persone che possano sostenere un colloquio di questo tipo. Noi
abbiamo iniziato in Aprilia Racing e ho voluto fare colloqui di questo tipo già da un po’ di tempo e
devo dire che siamo un po’ indietro, noi italiani. Per questo secondo me serve a fare un passo
indietro e cercare dopo l’Università di migliorarsi sempre più per imparare di più quelli che sono gli
strumenti che servono per dialogare poi tra di noi. Però è stato quello, quindi dopo il colloquio ho
disegnato questo condotto è chiaro che mi hanno dato dei dati, avevo un sistema di coordinate, delle
indicazioni… però è fondamentale questo perché dopo mi son trovato a coordinare 7 progettisti
c’era quello che disegnava la pompa a olio ma quello che disegnava anche il condotto; se non lo
traduceva in una superficie il modello matematico che andava bene dopo il responsabile ero io.
Quindi è fondamentale conoscere; è chiaro che bisogna delegare, è fondamentale perché anche io
ho commesso degli errori. Io ho lavorato con Mauro Forghieri, li ho commessi degli errori perché
lui mi delegava, però bisogna anche avere il controllo di quello che si delega perché altrimenti…
Quindi in Italia secondo me in generale questo avviene solo nelle grandi aziende Ducati, Piaggio,
Aprilia, Lamborghini… però in altre realtà si fa più fatica quindi servono le capacità relazionali così
come le capacità tecniche; e soprattutto scrivere quello che si sa fare perché si vede subito in un
colloquio se uno ha scritto delle cose che in realtà sa fare in maniera mediocre o sa fare fino ad un
certo punto, perché non è che tutti possiamo saper far tutto. Io ho con me ho 18 persone circa, che
messe insieme permettono di vincere le gare; il motore è fondamentale, mentre il telaio –
sostengono i motoristi - è il cavalletto con due ruote… Però no, a parte gli scherzi bisogna saper
bene giudicare le persone bisogna e farsi saper giudicare quindi scrivete quello che sapete fare dopo
magari ne parliamo tutti insieme stasera un pochino più in maniera informale.
Guidetti: Mi attacco a quello che diceva Giulio sul fatto che si può vedere sui siti e per chi è già su
Linkedin, queste aziende hanno la pagina su Linkedin con le offerte e se non ci siete un punto di
domanda sul perché non ci siete ancora. Claudio Domenicali che è anche un amico che ho avuto la
fortuna di conoscere anche in contesti più informali, uscendo mi ha detto “mandami pure i curricula
dei ragazzi”, me lo ha detto seriamente. Chi vuole può farmi avere il curriculum, anzi farlo avere ad
Anna Moser ([email protected]), così li raccogliamo e li facciamo avere all’Ingegnere. Mi ha stupito
perché me l’ha detto ed è stato molto telegrafico: “mandami i curricula dei ragazzi” “va bene!”. So
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che qualcuno di voi è ancora molto giovane però chi volesse farlo e non ha ancora il curriculum può
chiedere all’Anna Moser.
Cacciatore: Se posso, io lavoro in Lamborghini dal ’98 e ho visto arrivare in azienda tanti colleghi
che hanno l’Università “subendo” tante riforme; quello che ho visto è che c’è stato un grossissimo
avvicinamento del mondo dell’Università al mondo del lavoro; c’è stata una semplificazione nei
percorsi formativi dei ragazzi che secondo me per alcuni aspetti sono stati molto utili, perché hanno
accorciato i tempi; adesso i ragazzi escono molto prima dall’Università e con un livello di
preparazione probabilmente più basso di 20-30 anni fa, però questo secondo me non è a loro
discapito perché chi poi ha voglia riesce comunque a recuperare, lavorando; quindi io ho visto
questa cosa molto molto positiva. Probabilmente la prima riforma è stata un po’ troppo aggressiva,
la seconda sono tornati un pochino indietro e quindi adesso c’è un buon equilibrio, le persone che
noi riceviamo sono preparate.
Guidetti: Sono laureati magistrali o c’è anche qualcuno della triennale chi si ferma?
Cacciatore: In genere sono magistrali però noi facciamo tante esperienze con i ragazzi che fanno la
triennale e poi continuano; quindi hanno anche un doppio elemento di incontro con la Lamborghini
a anche con altre aziende. Quindi il fatto di avere la possibilità di entrare all’interno di un’azienda e
testare la realtà lavorativa è importante.
Guidetti: Lo chiedo perché qui ci sono i torinesi e i milanesi dei Politecnici… se ci fosse interesse
per un progetto di tesi, Lamborghini lavora anche fuori dall’Università di Bologna?
Cacciatore: Noi avevamo una bellissima collaborazione con l’Università di Milano che per vari
motivi non c’è più; collaboriamo con quasi tutte le Università italiane, collaboriamo con Modena,
Bologna, Perugia, Napoli… lavoravamo con Catania ma poi abbiamo perso chi era veramente
intenzionato a lavorare con l’Università di Catania.
Guidetti: Siete aperti a lavorare con molte Università, quindi se ci fosse qualcuno qui che in
prospettiva ha un progetto di tesi anche se non c’è già una collaborazione avviata se ne può parlare?
Cacciatore: Si, come dicevo ieri ai ragazzi del Master noi siamo un pochino selettivi, non con i
ragazzi ma con noi stessi, nel senso che cerchiamo di prendere poche persone e seguirle. Casomai
rinunciamo a prendere uno, due ragazzi in più perché poi lasciarli lì parcheggiati non è bello.
Fabbri: L’Ing. Cacciatore ha già parlato diverse volte del Master; il Master è stato un’invenzione di
Mario che tra le altre cose, per passione ha deciso di creare questo anello di congiunzione che c’è
tra il mondo dell’Università e il mondo del lavoro; dopo ne parleremo, tra poco vi daremo anche un
volantino, quindi quando parla di master dopo lo spiegheremo bene con tutte le informazioni. Che
ore sono adesso? Facciamo una pausa poi ripartiamo.
(PAUSA)
Manganelli: Allora, se ci siamo tutti… Intanto, mi conoscete già di nome, mi presento brevemente
così sapete da dove vengo e cosa sto facendo già da un po’ di anni. Io mi sono laureato
all’Università di Bologna nel ’96, ho 41 anni, da poco compiuti e ho fatto la tesi dall’Automobili,
circa un anno, nella galleria del vento; ho avuto sempre una grandissima passione per i motori in
generale, fa parte un po’ dell’area in cui vivo, probabilmente c’è un DNA che ci passiamo ogni
tanto e statisticamente tra le persone che nascono qua, fra Modena e Bologna ecco, ed è una parte
fondamentale di questa area. Pensate che a pochi chilometri da qui la moto è chiamata “motore”
quindi già… da Imola in poi questo non esiste; il telaio di fatto è supporto più due ruote ecco dopo
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il resto se non si guida si può anche andar dritto, andar forte e andar dritto, un po’come diceva
Domenicali che ha qualche anno in più di me. Vabbè a parte gli scherzi è chiaro che il veicolo è
fondamentale, tutto il pacchetto completo, per andar forte. Dopo un anno dalla Automobili come
tesi e dopo la laurea, ho fatto un colloquio in Oral Engineering, dall’Ing. Forghieri e ho capito che
probabilmente era più utile per me e che la mia passione si poteva concretizzare lavorando con
l’Ingegnere. Ho lavorato con lui 6 anni, di cui uno praticamente quasi sempre a Monaco di Baviera
ad un progetto BMW F1, era circa il 2000; i 5 anni che ho passato a Modena sono stati veramente
fondamentali, per me è stato veramente il padre della progettazione, io quello che ho imparato di
grosso l’ho imparato lì, dopo ho cercato di maturarlo, metterlo sul campo. Nel 2002 ho avuto
un’ottima offerta di lavoro, sono andato a lavorare in KTM e l’Ingegnere si è anche arrabbiato
perché mi ha detto “ma come dopo 6 anni, ti ho mandato anche a Monaco di Baviera per un periodo
a lavorare sul motore F1…”; perché la Oral collaborava con BMW, noi sviluppavamo il due cilindri
con 600 cc che era un quinto di un 3000, però era molto più facile da smontare, rimontare e
provavamo tutti i componenti, poi per un periodo come vi ho detto sono stato anche in Germania ed
è stato molto utile. E allora ho deciso di fare questo passo, me la son sentita, avevo dei vincoli in
Italia ma relativi, insomma ero fidanzato non ero sposato, però diciamo che per fortuna avevo e
continuo ad avere una compagna vicino che mi ha supportato, sopportato e supportato; quindi ho
fatto questo passo, sono andato circa a metà del 2002 e ci sono rimasto fino a quasi tutto il 2006,
come Responsabile dell’Ufficio Tecnico progetto MotoGP V4 che abbiamo dato a team Roberts
con cui abbiamo corso una stagione e mezzo; è un motore che ha corso ma non ha vinto niente però
era un motore estremamente affidabile, performante, il veicolo aveva delle grosse lacune in
generale di elettronica anziché di controllo motore, però è stato molto formativo. Poi all’inizio del
2006 quando la Piaggio ha comprato l’Aprilia, arrivò come Direttore Tecnico l’Ingegner Dall’Igna
che adesso è Direttore Generale del reparto Corse Ducati, ci siamo conosciuti sui campi di gara e in
particolare diciamo che tutto è successo a Brno nel 2006; ci siamo incontrati, loro avevano bisogno
di una figura come me, per portare avanti un progetto SBK, un motore nuovo per correre,
l’Ingegner Lombardi che era Responsabile dell’Area Motori di Aprilia stava andando in pensione,
sarebbe rimasto lì 6 mesi quindi era importante fare l’operazione rapidamente e decisi di andare in
Aprilia. Sono tornato in Italia, un pochino più vicino a Bologna e ho preso il posto di Lombardi
praticamente, con un affiancamento per 6 mesi e poi dopo sono diventato Responsabile dell’Area
Motori Racing di Aprilia Racing, quindi la Superbike. Quindi dopo Forghieri ho avuto la fortuna di
lavorare con l’Ing. Lombardi, che è famoso per la Delta Integrale, la S4… adesso non mi ricordo
tutte le macchine e poi è stato anche Direttore Tecnico di Ferrari in F1 per qualche anno. Ho preso
in mano questo progetto che era un progetto all’inizio, nel senso che c’era l’impostazione iniziale
del motore V4 e bisognava fare di tutto fra il 2006-2007 considerando tutte le possibilità per correre
per almeno di 5 anni ed essere vincenti con quel motore, perché il motore di serie non lo si fa ogni
anno, lo si fa ogni 5 anni, questi sono gli anni, 5-6 dipende dai soldi poi che ha l’azienda perché un
progetto così motore-veicolo costa circa 15-18 milioni di euro ad un’azienda per far una moto, poi
quella era una RS V4 non so se la conoscete è una moto nota; l’importante era progettare un
motore di serie che potesse avere un certo tipo di evoluzione. Progettare quindi vuol dire trovare
sempre dei compromessi. Vediamo poi andando avanti cosa vuol dire in alcune configurazioni. La
prima immagine è questa qui: da una parte c’è il motore KTM a cui son particolarmente affezionato
anche se non ha vinto niente poverino, però è stato per me molto formativo; dall’altra parte c’è il
motore della RS V4 di serie, in Superbike è uguale, quello che cambia è il cuore, l’interno a partire
dall’albero motore, che per me è la spina dorsale del motore. In realtà poi aldilà di questi motori c’è
il bicilindrico della BMW a cui ho lavorato, quello che vi dicevo prima ed è quello su cui ho
iniziato a lavorare ma lì non coordinavo il motore completo, mi occupavo solo di alcune singole
parti: il pistone, una volta la biella, le pompe di recupero, una volta un condotto di aspirazione, i
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famosi condotti da disegnare… però questi hanno segnato sicuramente la mia formazione. Tutt’ora
sono lì, a novembre abbiamo avuto questo cambio direzionale, è andato via l’Ing. Dall’Igna che è
andato in Ducati Corse, quindi dipende dal Dott. Domenicali ed è venuto un nuovo responsabile, in
realtà una persona interna all’Aprilia, che è l’Ing. Albesiano che è Responsabile del prodotto, è
diventato anche Direttore Generale di Aprilia Racing. Siamo 3 capi area: motore, veicolo ed
elettronica e io sono uno dei tre che mandiamo avanti il reparto Corse, io ho circa 18 persone nel
mio gruppo tra progettazione, calcoli, sale prove, officina e pista, quindi un gruppo di lavoro molto
vario con idee diverse, poi soprattutto sono veneti quindi non sono facili da trattare.
Fabbri: Mario è la persona che ha voluto tutto questo! Voi siete qua grazie a Mario.
Manganelli: Si, ho voluto tutto questo e grazie anche a Giulio che mi segue sempre, oltre che
seguire sui campi di gara quello che avviene. Adesso poi inizio, perché bisogna che parliamo un po’
di roba seria. Comunque quello che vi volevo dire, visto che questo workshop è chiamato passione,
la prima cosa è la passione, bisogna crederci veramente. Io ci sono arrivato ma non perché io sia
una persona fuori, sopra, sono arrivato ad avere un ruolo importante, son sempre cresciuto, ho
sempre fatto di tutto per imparar qualcosa di più e secondo me questo è fondamentale per riuscire
ad arrivare e realizzarsi in qualcosa, quindi è importante crederci e credere nella formazione.
Abbiamo un’ottima Università, però dopo l’Università serve comunque il prima possibile entrare
nelle aziende e sforzarsi per crescere sempre di più, imparare, leggere e se si ha la possibilità anche
andare all’estero; io l’ho fatto nello studio, al secondo anno di Università, ho fatto degli esami a
Berkeley in America, però era più per imparar l’inglese, poi diciamo mi sono anche un po’ divertito
perché nella vita bisogna fare anche questo e però la cosa importante è far bene e darsi degli
obiettivi, cioè l’Università è un obiettivo, se c’è un esame lo si studia, perché dopo lavorare non è
che è così facile, questo vi voglio trasferire in questo momento. Allora partiamo ed individuiamo
due attività: progetto e sviluppo di un motore da competizione, questi sono due esempi, sono nati da
un foglio bianco cioè in KTM non si era mai fatto un motore a V, in Aprilia si era fatto un V2,
quindi una roba diversa, girava più piano e con altre problematiche; in KTM si è partiti da zero, son
partito io ed altri due disegnatori che parlavano il tedesco e un po’ l’inglese, immaginate voi, il
Direttore Tecnico molto esigente che dettava i tempi. Lì mi son dato da fare molto perché ho
disegnato anche io proprio in 2D ma anche in 3D, io dovevo cercare di trasferire a queste persone, a
dei progettisti, dei concetti perché loro erano bravissimi ad usare PRO-E erano dei disegnatori, dei
periti industriali però non sapevano dove andavano gli organi ecc., quindi dopo pian piano siamo
cresciuti e abbiamo preso un capolista, due capolista ecc., ma questo è stato l’approccio al progetto.
La progettazione è legata a moltissimi fattori quali la filosofia aziendale, la tradizione tecnica, il
budget, la formazione dei tecnici e la spinta anche di far qualcosa di nuovo. Cioè qual è il motivo?
Perché corriamo in MotoGP o in SBK? Non è che ce lo dice il medico; noi corriamo perché
vogliamo imporre un’immagine. Oggi il Dott. Domenicali ha detto “sì noi abbiamo storicamente
delle conoscenze tecniche che portiamo avanti”, il V90, la distribuzione desmodromica, sono le
tradizioni tecniche aziendali, la KTM mi ha imposto di fare 75° perché in produzione c’era un V2 a
75°. E’ chiaro che abbiamo fatto un’analisi di quello che voleva dire perché non doveva andare in
un museo o in una sala prove, doveva andare dentro un veicolo, però è un dato importante il
mantenere quella che era la tradizione di un’azienda, cercare di esprimere al meglio quello che
l’azienda ci chiede. Correre vuol dire anche presentare al mondo il livello tecnologico che l’azienda
può fare, quello che l’azienda può investire. Si spendono un sacco di soldi per correre; la maggior
differenza tra un motore da corsa e un motore di serie è il costo, non è la prestazione. Un motore
della MotoGP fa 260 CV, un motore di serie può farne 200, se fate il rapporto è 1, qualcosa; ma se
voi fate il rapporto tra il costo del motore di una MotoGP e il costo di un motore di serie, ce ne è, si
parla di 20 o qualcosa di più. Parliamo di motori che costano 200-220 mila euro, i motori della
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MotoGP, un motore di serie può costare 2500-3000 euro, fate il rapporto. Le MotoGP dovrebbero
durare di più, comunque l’obiettivo è farle durare meno di 1500 Km e poi vengono revisionate.
Quindi la prima grande differenza è il costo sicuramente, non è la prestazione. Non bisogna
snaturare la tradizione motociclistica aziendale perché rischio di trovarmi anche una parte
dell’azienda che magari non mi segue; se io fossi andato in KTM ad imporre delle idee bazzane
magari supportate anche da dei calcoli, avrei trovato un campanilismo interno. Parliamo di KTM
Austria, un conto è la Germania, quindi è un ambiente un pochino più tradizionale. A suo tempo,
nel 2002 i limiti erano questi qui: 2 e 3 cilindri, con il peso di 135 Kg; 4 e 5, 145 Kg; 6 cilindri, 155
Kg; aspirati. Sapete cosa è un motore aspirato? L’aria di alimentazione viene aspirata da un motore
a pressione atmosferica, il massimo contenuto di serbatoio è di 24 litri, poi siamo scesi a 22. Quindi
c’era un ragionamento anche sul consumo perché la gara bisogna finirla, perché se uno finisce la
benzina e poi naturalmente non vince. Diciamo che a suo tempo anche per una questione di costi,
questo lavoro qui non fu messo in discussione (4 cilindri), era impensabile farne 5 anche se i
giapponesi hanno fatto di tutto come configurazioni, ma non dimentichiamoci che noi in Italia, fino
al ’45 se uno mette uno zero al ’45 e va a vedere storicamente, Clarke non c’è ma ve lo potrebbe
confermare, le aziende italiane di motori come MV, Guzzi ecc., avevano esplorato tutte le
configurazioni possibili di motore a combustione interna. Avevamo fatto dei 6 cilindri, avevamo
fatto dei motori a V, avevamo girato la V nella moto, probabilmente non avevamo fatto un 5 cilindri
con quella V lì, però avevamo fatto qualcosa di simile; quindi non è che siamo lì fermi, il problema
è che un po’ la situazione mondiale ci ha costretto a ridurre un po’ il budget e a stare un po’ più
attenti. Purtroppo abbiamo perso grandi nomi; dalle mie parti, in questa area qui, intorno alla fine
del ’50, c’era una cosa come una ventina di aziende motociclistiche, tutte progettavano motori o
realizzavano motori, adesso è rimasto poco e niente; è rimasta la Ducati, che è vero è proprietà di
una grandissima azienda, però una volta era così. Successivamente ho indicato una tabella che serve
anche per capire perché facciamo una configurazione motore; all’Università di Bologna c’è un
professore a cui sono particolarmente affezionato anche perché mi sono laureato con lui, che insiste
molto sul un progetto concettuale. Chi vuol fare il progettista ha un’idea e allora l’idea bisogna
esprimerla con un disegno perché non è che vado a raccontarla a uno, a mia moglie, mia zia… “sai
voglio fare questo”, no. Bisogna che lo disegniamo, la cosa più importante è avere un’idea, un
concetto, devo esprimerlo a chi mi aiuta nel progetto e vi farò vedere cosa vuol dire. Bisogna fare
dei confronti, quindi le configurazioni o architetture, quello che diceva prima il Dott. Domenicali; la
potenzialità, perché bisogna che io esprima una certa prestazione, voglio andar forte; il packaging,
non posso fare una moto troppo lunga o troppo corta o troppo larga, perché altrimenti diventa
inguidabile, se ho un pilota piccolo la moto piccola è fondamentale, se ho un pilota grande meglio
averla piccola perché c’è già il pilota che è grande; le masse di bilanciatura; la massa complessiva
del motore; le dimensioni generali e alla fine il consumo carburante, che forse adesso come adesso
andrebbe un pochino spostato in alto nel senso che sta diventando un elemento fondamentale per le
nuove categorie.
Fabbri: Quindi in MotoGP come in SBK c’è un limite massimo di carburante che si può utilizzare
in gara, quindi bisogna fare i calcoli per quello?
Manganelli: Esatto. Se uno consuma poco ed esprime prestazione vuol dire che è un motore
altamente efficiente. La potenza è fatta di una moltiplicazione di rendimenti, la sapete meglio di me
la formula della potenza, quindi consumare poco vuol dire mettere meno benzina. Una volta un
giornalista, quando siete venuti a fare il backstage poi vedremo stasera un filmato veloce, mi ha
chiesto “cosa vuol dire per un motorista consumar meno benzina?” e io gli ho detto “E’ una
considerazione aerodinamica”; lui mi ha guardato e ha pensato “ma cosa dice questo qua, non gli ho
parlato di motore…”. Due litri su venti litri, è un bel po’, a livello di ingombro, pensate a due
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bottiglie d’acqua, se uno le considera nel serbatoio è un bell’ingombro. Se io riesco a far stare il
pilota più piegato sulla moto o riesco a guadagnare dello spazio per l’air-box, che è la parte
fondamentale per esprimere la prestazione, alimentazione aria e benzina, il motore va ad aria e
benzina, capite cosa vuol dire togliere 2 litri. Se io riesco ad avere il motore un pochino più
risparmioso, riesco a far stare il pilota più piegato sulla moto, col casco più basso ed avere più
spazio per l’air-box. Cioè, faccio quello che ha detto prima Diego, giustamente penso allo sviluppo
motore. Se io ho un motore che consuma tantissimo perché ha grossi attriti, è chiaro che devo avere
un serbatoio grande, comprometto la posizione aerodinamica e comprometto anche la parte di airbox che generalmente in una moto è sopra al serbatoio, specialmente nelle moto moderne in cui si
tende ad avere l’air-box nella parte diciamo sotto il corpo del pilota e il serbatoio nella parte
posteriore, per mettere un po’ di carico al posteriore perché queste moto qui della MotoGP con le
gomme che hanno calcoli molto l’anteriore per riuscire a far andare in temperatura le gomme,
altrimenti succede purtroppo che come è successo a piloti di grande talento dopo un giro si lanciano
e quello è il problema perché non riescono a scaldare la gomma davanti. Comunque torniamo al
motore, quindi metterò su una colonna le considerazioni che penso di esplorare e dall’altra parte
metto le mie varianti: le potenzialità di configurazione; il packaging, il massimo numero di giri, le
masse di bilanciatura, le masse complessive, dimensioni generali e il consumo di carburante
Quindi vediamo il V4 75° KTM (il 4 era deciso, 75° è una questione anche di immagine) e allora io
vado a confrontarmi: dove ho zero non ho veramente una penalità, cioè il 4 in linea sul massimo
numero di giri probabilmente non ha un vantaggio rispetto ad un altro, ok? Guardate questo per
esempio, se invece io vado a prendere un 3 in linea sul massimo numero di giri posso avere un
limite, posso avere non un vantaggio ma uno svantaggio, perché chiaramente un 3 in linea girerà
meno, avrà i pistoni più grandi e più pesanti, avrà una corsa più lunga, a parità di velocità media del
pistone avrà giri più bassi; sapete qual è la velocità media del pistone? Chi è che me lo dice?
Nessuno. Due volte la corsa per il numero di giri, quindi è chiaro che se io ho una corsa maggiore a
parità di velocità media devo avere i giri più bassi. La velocità media del pistone è uno degli
indicatori principali per dimensionamento fluidodinamico perché mi caratterizza le velocità nelle
aree che l’aria attraversa come condotto, trombette ecc. e dall’altro punto di vista mi indica un
grado di sollecitazione; nei motori MotoGP siamo circa 27,5, nei motori SBK nei migliori,
probabilmente l’Aprilia SBK come ha detto Domenicali è tra quelli più performanti, siamo intorno
a quei valori lì. Il 3 cilindri è svantaggiato. Un altro esempio, prendiamo la massa di bilanciatura
per il V4 90°, se avete studiato la meccanica applicata alle macchine sapete che a 90° io non ho
bisogno di masse per bilanciare le forze alterne o le coppie, parliamo del primo ordine in generale,
quindi ho un doppio +, estremamente positivo; qui avrò un + perché comunque ne ho bisogno e per
un 4 in linea zero, quindi non è estremamente vantaggioso. Un altro esempio, prendiamo le
dimensioni generali, un 4 in linea sicuramente ha un fronte marcia maggiore quindi ha un punto
negativo perché il 4 cilindri in linea occupa una sezione frontale maggiore di un 4 a V, vedete? Un 4
a V è più piccolo come fronte marcia, è vero che ha due cilindri dietro però davanti ne ha solo due,
mentre un 4 in linea ne ha 4. Questo non vuol dire che la Yamaha M1 non vincerà mai il mondiale
anzi ne ha vinti anche tanti però sappiamo che da quel punto di vista lì è svantaggiata. Per il
consumo carburante un 3 cilindri è avvantaggiato, consumerà meno, dovrà esprimere meno
prestazione, girerà meno, consumerà meno. I 4 cilindri più o meno sono a pari merito. Un V5 della
Honda è svantaggiato, consumerà di più, però potrà esprimere più giri perché avrà la corsa più
piccola; quindi a parità di sollecitazione, a parità di velocità media posso girare un po’ di più, infatti
era il motore che girava più in alto. Potenzialità della configurazione, vedete che i 4 e i V5 sono
tutti uguali, sono tutti a favore cioè ho potenzialità, posso aumentare il numero di giri, potrò fare
pistoni un po’ più leggeri; con i 3 cilindri probabilmente non ce la faccio perché ho già un alesaggio
importante. Ricordo l’Aprilia 3 cilindri che non era stato un progetto particolarmente di successo,
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per una scelta aziendale perché si è deciso di prendere una parte del motore di una F1 e metterlo
dentro la moto, è impensabile; probabilmente un 3 cilindri con le condizioni di vincolo di consumo
calcolate che ci sono adesso, se progettato bene in un veicolo giusto, piccolo, potrebbe dare delle
soddisfazioni, nel senso che andrebbe fatta un’analisi in maniera molto robusta, è chiaro che serve
un background dell’azienda importante perché una volta che ho progettato il 3 cilindri non è che
dopo un anno mi chiamano e mi dicono “bravo Manganelli visto che non abbiamo vinto facciamo il
4”, mi dicono “bravo, arrivederci!”, ok? Comunque se un’azienda ha una struttura robusta e sicura
alle spalle di progettazione e simulazione, potrebbe essere una soluzione. Potrebbe, sarebbe da
investigare. Certo che per chi entra in MotoGP dopo tanti anni che non l’ha fatta non è sicuramente
la soluzione migliore. Questa è una tabella (Tabella 2-1) che abbiamo fatto parecchi anni fa
probabilmente il V4 è la soluzione migliore, per una questione anche di fronte marcia; il 4 in linea è
sicuramente più economico. Qui non era stata messa la colonna costi perché comunque siamo lì,
parliamo di prodotti estremamente costosi, però probabilmente un 4 in linea costa meno a livello di
attrezzatura, è vero che devo comunque elaborare 4 camere, però comunque ho una testa sola,
un’attrezzatura sola; un V4 ha due teste simmetriche e probabilmente due attrezzature; non è che
due costano il doppio ma ci vanno molto vicino al doppio. Poi c’è un altro aspetto che quando io
faccio il motore a V ho due teste e devo averne un’anteriore e una posteriore, con un 4 in linea ne
ho una sola, cioè quando faccio la revisione mi serve una testa sola, là ne ho bisogno di due tutte le
volte. Anche a livello di controllo, il controllo dei componenti è fondamentale. Noi abbiamo un
ufficio di controllo qualità molto evoluto con macchine che lavorano in temperatura, controllano
tutti i componenti al micron, qualcuna anche sotto al micron ma diciamo al micron; un conto è
controllare 4 assi per motore un conto è controllarne due. Se ci sono domande ditemelo, se pensate
che dica qualcosa che non è giusta ditemelo. Quindi fu maturata questa decisione, qui vedete il
motore fatto, l’abbiamo realizzato; come vedete è un motore a V, testa anteriore e posteriore
simmetriche, non è che è come in SBK che prendo la parte anteriore e la giro di 180 ma partendo da
questo piano è la simmetrica, la distribuzione era da una parte, qui c’era un perno messo in basso
per una questione di masse… più abbasso le masse in un motore più probabilmente è meglio per
abbassare il baricentro, secondo me, visto che sto lavorando ad un progetto nuovo, vi dico quella
che secondo me è la tendenza, quello che si farà nei prossimi anni, come idea. Era un motore che
era molto estremizzato aveva dei condotti vedete di scarico molto quadrati, questa era l’esperienza
che mi era venuta dalla F1 e questi due condotti di aspirazione erano praticamente due archi di
cerchio uniti da due tratti rettilinei, adesso non si fanno più così perché si è imparato che la
guidabilità è fondamentale per vincere. Lì si sperava che pecche di non guidabilità del motore
fossero risolte dall’elettronica, grandissimo problema, perché l’elettronica è un’opportunità, non è la
soluzione ai problemi. L’ elettronica è un’opportunità per far andar bene il motore ma non è che io
correggo la curva di coppia in maniera bella diciamo solo con l’elettronica, io la correggo con gli
assi a camme e con i condotti; gli ingegneri meccanici sostengono questo; per fortuna che non c’è
un elettronico però in generale è così. Se il motore nasce bene e si guida bene, l’elettronica è
un’opportunità enorme per migliorar le cose. Quindi l’obiettivo a suo tempo erano: 230 CV,
parliamo di 10 anni fa minimo, 15500 giri, 121 Nm di coppia, 12500 RPM, questi valori adesso si
sono spostati, i giri sono saliti, la coppia non è tanto salita ma si è spostata più in basso di circa
2000 giri, per riuscire a guidarle queste motociclette perché sennò altrimenti se la coppia massima è
vicino alla potenza massima io devo sempre avere rapporti molto corti, per rimettermi in zona
coppia massima o appena al di sotto della curva di coppia. Campo di utilizzo motore da 8000 RPM
a 16500 RPM questo era il limitatore, in realtà da 8000 a 10000 non è che ci fosse un grande
utilizzo. Curva di coppia il più lineare possibile, un altro obiettivo. Sistema delle valvole di tipo
pneumatico, questo era il punto chiave del motore, cioè non usar le molle ma usare le valvole
pneumatico, dopo vediamo cosa vuol dire. Sistema di lubrificazione con ritorno di olio in coppa
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tramite pompe di recupero, ne ha parlato prima l’Ing. Cacciatore; è nato nelle auto per una
questione di centrifughe, una volta le moto non l’avevano, le auto non l’avevano, è nato nelle
macchine per tenere il baricentro molto basso così le pompe recuperano ed anche per evitare che
l’olio vada perso. Nelle moto perché si fa? Si fa per ridurre gli attriti, perché comunque nella moto
il motore non è a 90 mm o a 100 dal suolo, è più in alto perché comunque ci sono dei concetti per
cui l’albero motore non deve essere troppo basso perché altrimenti ci sono altre problematiche.
Comunque abbiamo la coppa, esiste la coppa è un serbatoio che invece che nelle auto messo nella
posizione del vano, nelle moto si mette sotto perché è nella zona inferiore; la coppa è chiusa e
riceve l’olio dai radiatori, viene messo lì per comodità anche perché un motore in una moto deve
essere molto essenziale, ma anche in una macchina. Generalmente si parla di due tubi dell’acqua e
due tubi dell’olio: uscita dell’acqua e rientro dell’acqua, uscita dell’olio e rientro dell’olio; se io ho
tanti tubi poi diventa un problema anche cambiarli. Si fa su per una questione anche di distribuzione
di pesi e di trazione, se viene molto basso si rischia che la moto in accelerazione abbia grandi slip,
per molto basso intendo basso come un’auto, una macchina da corsa, in realtà è moto più alto in una
motocicletta. Obiettivo di 1000 km percorribili senza revisione di alcun componente. Si sono messe
in campo tutte le risorse disponibili, quindi calcoli, progettazione, simulazione, sale prove, ecc. e
dopo le prime idee si è iniziata a fare una scheda, la cosiddetta scheda base del motore a cui io
tengo particolarmente e utilizzo molto perché è come quella che ha fatto vedere l’Ing. Cacciatore, è
una scheda in cui uno riepiloga tutte le caratteristiche del motore, sia dalla parte geometrica che
anche dalla parte fluidodinamica; tutti i componenti del team progetto dovranno utilizzarla,
dovranno riferirsi ad essa, cioè non esiste che un progettista viene da me la mattina e mi dice “che
diametro abbiamo?”, io rispondo “vai a vedere la scheda perché sto facendo un altro lavoro e tu
devi essere indipendente”, quindi serve molto la responsabilità. E’ un documento condiviso, è come
una legge. Quindi in un esempio di scheda base (Tabella 3-1) avrò la configurazione; gli ordini di
scoppio; l’angolo delle manovelle; l’alesaggio/corsa… noi avevamo di alesaggio 84 quindi vuol
dire che tra le canne c’erano 10 mm; stamattina se qualcuno di voi ha ascoltato bene Massimo
parlava di 6 mm, allora uno mi dice “ma come tu mi dici che qui sono 10 e Massimo parlava di 6”.
La differenza qual è? E’ che nei motori di serie non si fa girar l’acqua in mezzo alle canne tra due
cilindri vicini, nei motori da moto, quindi si tende per questioni anche di ingombro frontale ad
avvicinare perché sono 4 mm x 4 e quindi è quasi più di un centimetro; qui invece per questioni di
affidabilità, specialmente nei tratti rettilinei molto lunghi in cui le canne si scaldano e si scaldano i
pistoni, si fa girare l’acqua anche tra i due cilindri, quindi servono mediamente 3 mm - 3,5 mm di
spessore di canna per parte e 3 mm interni dove gira l’acqua; invece nelle moto di serie per esempio
avevamo fatto vedere un basamento in cui io ho 6 mm di alluminio, l’acqua arriva fino ad un certo
punto poi dopo torna indietro, sono delle specie di archi non interrotti. E’ chiaro il discorso? Poi
magari vedrete qualche immagine. Cilindrata; lunghezza della biella… Fondamentale. Questa è una
biella estremamente corta ma lo si fa per un motivo, per tenere le teste basse e abbassare comunque
il baricentro del motore verso l’albero motore, perché le teste alte ingombrano la parte alta della
motocicletta, ingombrano il serbatoio, mi costringono ad avere magari un air-box più piccolo ed a
limitare la fluidodinamica dell’air-box; per contro una biella corta va a sfavore delle forze sulle
canne, quindi dell’attrito, specialmente in tutte le condizioni in cui il pistone è fermo e voi sapete
che quando riparte parte con accelerazioni molto elevate, di cui vi ha parlato Massimo stamattina, e
in quelle condizioni lì io non ho condizioni di lubrificazione idrodinamica tra il segmento e la
canna, o tra il pistone e la canna perché sono fermo e come sapete a velocità bassa, molto bassa, le
condizioni sono incerte, quindi ho più attrito. Chiaro? Quindi è chiaro che una biella più lunga
genera un meccanismo del movimento molto più lineare e molto più a favore degli attriti e a favore
dell’accelerazione, però la biella corta mi dà un vantaggio di ingombro del motore. Il numero di
valvole per cilindro era 4; 5 è qualcosa legato alla F1 del passato, la Yamaha aveva fatto un 5
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valvole ma era impensabile anche perché si complica la testa in maniera importante e sinceramente
non c’era l’esperienza per fare un 5 valvole. Era stato scelto di fare un valvole radiali, cioè oltre ad
avere quei due angoli tra aspirazione e scarico, c’era un angolo anche tra le valvole; se voi cercate
su internet valvole radiali vedrete che la camera è sferica, però questo complica tantissimo la
tecnologia di produzione degli assi a camme perché non avrò una superficie parallela all’asse ma
sarà inclinata, quindi è un costo però beneficio fluidodinamico, è positivo; è dall’esperienza della
F1 che era venuta questa considerazione a fronte di un costo maggiore. Il rapporto di compressione,
era vicino a 15; il sistema di iniezione; il comando distribuzione, ad ingranaggi su un lato. Nelle
moto di serie c’è la catena o la cinghia; la Ducati fino a pochi anni fa aveva le cinghie a vista se
qualcuno se le ricorda, nei motori invece da moto più evoluti si utilizzano dei sistemi più moderni
che hanno un grosso vantaggio, sono molto precise, molto rigide e sono chiamate silenziose perché
recuperano molto bene i giochi, hanno meno componenti. Questo era un valore limite che ci siamo
dati a seguito anche di simulazioni ed esperienza, diciamo che poi successivamente è stato fatto uno
sviluppo maggiore sullo squish, che è la distanza tra il pistone e la testa, per riuscire a guadagnare
prestazione perché lì eravamo partiti un po’ larghi; sul rapporto di compressione, con la camera che
avevamo e con le bronzine, ci permetteva di girare a questi valori qui. Direi che adesso in MotoGP
sono tra i 14,5 e i 15,5 come valori; i giapponesi sono grandi sostenitori dei rapporti bassi perché
dicono che il motore si riaccende meglio. Gli europei, e un po’ anche il sottoscritto, che hanno un
occhio per una prestazione particolare, noi abbiamo rapporti anche più alti per le corse dopo
bisogna capire come si comporta il pilota. Lì l’elettronica può aiutare, perché invece di accendere 4
cilindri, li accendi uno per volta e il pilota sente che il motore cresce in maniera lineare. Sistema
distribuzione, di tipo pneumatico; raffreddamento, circolazione forzata di acqua con pompa
centrifuga; lubrificazione, con pompa volumetrica e con pompa di recupero; cambio, 6 marce;
bilanciatura albero motore, 100% delle masse rotanti, 50% delle masse alterne, quello che
dicevamo prima. Nelle moto si tende a mettere inerzia, perché questo aiuta la fase di accelerazione e
la fase di rallentamento quindi il nostro albero motore sicuramente ha una certa inerzia; l’inerzia in
un albero motore dove la si mette per non sbilanciarlo? La si mette sul piano neutro, perché
altrimenti se la metto solo sotto creo uno sbilanciamento, oppure si aggiunge un volano esterno. Noi
per esempio in SBK aggiungevamo un volano esterno gara per gara, abbiamo due tipi di volani.
Dopo dipende molto dal pilota però generalmente mettere inerzia aiuta molto perché smorza le fasi
di accelerazione e di rallentamento. Inoltre l’inerzia nei rettilinei lunghi fa velocità; cioè se voi
andate a Monza dove ci sono dei rettilinei molto lunghi e delle curve anche molto ampie dove si va
forte, se aumentate l’inerzia del 10 % saltano fuori uno o due chilometri all’ora in più, perché
chiaramente questo facilita la salita di giri del motore, facilita il grip tra la ruota e l’asfalto e si ha
meno slip perché la ruota gira senza produrre un’effettiva velocità. Considerate che a Monza nel
tempo più veloce, noi abbiamo fatto 343 con Max, lo slip della ruota posteriore è circa del 2%,
quindi se fate il 2% di 340 sapete quanti chilometri all’ora io perdo; col volano che regolarizza gli
scoppi guadagno qualche chilometro all’ora. Il volano fa velocità perché in tutte le fasi di
accelerazione, cambio marcia e il recupero è molto più lineare quindi la gomma si comporta meglio,
in generale. Il 2% non è poco, sono 4 Km immaginate a 340 km/h avere che la ruota dietro scivola
di qualche km/h, non è una bella sensazione. Quindi il volano dà una grande mano, poi dipende il
motore dove è arrivato con la progettazione, cioè se ho progettato un motore che non ha spazio per i
volani, diventa difficile metterli; per questo bisogna cercare di tenersi un pochino di spazio.
Parliamo della struttura del basamento; una delle parti principali dalla quale si parte per progettare il
motore è sicuramente il basamento. Non è che io parto a disegnare un basamento qualsiasi; vi faccio
vedere, io per cultura mia faccio sempre uno scheletro. Vediamo se qualcuno lo riconosce, questo è
uno scheletro fatto in PRO-E di quello che poi sarà il motore; perché faccio uno scheletro? Perché
se io faccio uno scheletro io dò dei riferimenti al mio gruppo di lavoro e dico “io voglio che la
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distribuzione degli ingranaggi abbia questi diametri primitivi qui”, questi sono diametri primitivi
non sono diametri esterni o interni. Però dò delle impostazioni, dico “il mio piano testa posteriore
sarà qui, il mio piano testa anteriore sarà qua”; io definisco dei limiti, come un direttore di orchestra
deve dare dei cenni all’orchestra per funzionare. Allora si disegna uno scheletro, bisogna saper
disegnare in PRO/E, sapere bene da dove partire e impostare quella che è la struttura del basamento.
Poi questo scheletro qui sarà collegato ad una struttura dei disegni che prenderanno le informazioni
da lì. Qualcuno di voi usa CAD, usa PRO/E? Parlo di modelli modificabili, voi non fate nessun
corso di CAD all’Università? Io ho sempre usato PRO/E. Comunque questo è quello che avviene
quando si progetta un motore nuovo, cioè si va ad una riunione dove si è in tre o quattro per
progettare un motore, nasce una roba così, non vi aspettate chissà che cosa. Questo è un codice che
mi identifica come il motore viene progettato, vedete? Io posso andare qua, in queste due parti qui
avrò le due parti dove girano le manovelle, individuo il rapporto di trasmissione; quindi avrò il
centro dell’albero motore, avrò una prima area, avrò una seconda area… so che devo stare in questi
spazi qui; questo è un esempio. E’ chiaro che dopo da lì si costruirà tutto il resto. Dall’altra parte
avrò la cascata della distribuzione, vedete queste ruote qua… Chi lavora al progetto del motore si
riferirà a questo, ma è fondamentale questo qui perché altrimenti è impossibile iniziare, da dove
parto? Perché o sono un’azienda che ha già fatto un motore e allora prendo i disegni vecchi e inizio
a lavorarci, altrimenti dove vado? In KTM c’è un motore da cross monocilindrico, non posso partire
da lì. Io ho il foglio bianco e allora lì si verificano due fenomeni o uno riesce a partire perché di
fatto dentro di lui si sente progettista, non ha la paura del foglio bianco… uno se lo deve sentire
sennò non fa il progettista ma fa il capolista, riceve un condotto lo calcola e poi lo modifica; adesso
non so tra di voi quanti vorranno fare i progettisti, progettare, perché non si può fare solo gli
ingegneri gestionali, ne siamo pieni, non c’è più un progettista neanche a pagarlo, ci sono solo
ingegneri gestionali. E fanno paura perché sono quelli che tagliano il budget, invece abbiamo
bisogno di metterli nei posti giusti, bisogna che qualcuno lo faccia il progettista, magari la
signorine, non si sa. No, tu fai gestionale! Tu invece? Energetica! Va bene, quindi diciamo la parte
diciamo calda del motore, comunque anche quella è progettazione. Però servono i progettisti.
Quanti di voi disegnano a mano libera? Ma non il cuore per la fidanzata. Quanti di voi sanno
disegnare un accoppiamento vite-dado? Disegnarlo bene, quanti di voi lo fanno? Cioè lo fate
disegno, fate qualcosa? All’Università di Bologna c’era un professore, di cui non faccio nome, al
terzo anno di Disegno di Macchine e praticamente lui chiedeva di disegnare non so una ruota
dentata in sezione; essendo un elemento asimmetrico se uno partiva dall’asse ti diceva “arrivederci
e grazie” e dopo te lo dicevano gli altri perché ti aveva bocciato. Il problema è che ti bocciava
all’orale quindi magari avevi fatto lo scritto molto bene e dovevi rifare tutto. Io almeno
personalmente ho sempre disegnato a mano perché mi piaceva, chi vuole fare il progettista deve
prima disegnare a mano, perché il CAD è un’opportunità per far le cose molto rapidamente e
facilmente e soprattutto ha l’opportunità di usare le simmetrie; il CAD è fondamentale per le
simmetrie, ad esempio disegni un pistone, ti vale per quattro. Pensate quando si disegnavano le
sezioni di 12 cilindri con Forghieri, non è che uno poteva disegnare un pistone, doveva fare tutta la
sezione; se invece in CAD disegno un cilindro posso replicarlo e viene uguale.
Fabbri: Tanto è che in Aprilia c’è tantissima carta!
Manganelli: Bisognerebbe averne di più, purtroppo! Una volta c’erano i tecnigrafi negli uffici,
adesso sono in via di estinzione però bisognerebbe disegnare di più. Capisco che è una fatica però
se uno pensa che tutte le sere fa un disegno a mano alla fine dell’anno ha fatto 300 disegni, se uno
vuol far il progettista altrimenti per carità gran rispetto anche per i gestionali, anche se ci litigo tutti
i giorni. Alcune indicazioni riferite alla fusione; alluminio, silicio, magnesio, rame nelle varie
percentuali; vengono rivestite le canne di Nicasil (nichel e silicio), questo è un trattamento
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superficiale molto duro quindi fragile e qui scorrono segmenti e anche il pistone diciamo si
appoggia; rugosità molto basse, nelle corse si arriva fino a 0,08 o 0,07 perché comunque anche con
rugosità basse è vero che si ha un pochino più consumo d’olio però quello che cerchiamo è la
riduzione degli attriti. I motori da corsa di base consumano un po’ di olio perché sono a due fasce;
diceva prima Domenicali che la Superleggera consuma più olio di una moto normale perché ha due
fasce, se ne avesse tre ne consumerebbe sicuramente di meno. I due basamenti sono tenuti insieme
fissati da 6 prigionieri principali e 6 secondari a coppie di due per ogni bancata. In molti motori di
serie da moto ce ne sono solo due, uno davanti, uno dietro la bronzina, che chiudono; in realtà, in
generale nei motori da corsa per rendere più rigida possibile la struttura tra la bronzina e l’albero
motore sono doppi, questo riduce anche eventuali palpitazioni tra le due parti perché sono tenute
vicine da prigionieri da 10, 11 o 12, generalmente possono allontanarsi le due parti se i due
prigionieri si allungano. Se palpitano è chiaro che la bronzina si muove e fa uscire più olio, questo
olio qua non fa bene se esce e posso avere dei problemi. La stessa cosa che avviene anche quando
chiudo una biella coi bulloni e devo fare in modo che i carichi, specialmente con la vibrazione,
permettano che le due superfici di accoppiamento siano comunque affacciate perché la bronzina
altrimenti ne risente; le bronzine di biella sono sicuramente più critiche. Questa è un’immagine in
cui si vedono chiaramente i due prigionieri principali, i secondari; è una sezione mezzeria, quello
che abbiamo visto prima nello scheletro era questo diametro qui; era stata fatta una scelta di mettere
tra le due coppie due spine forate. E’ chiaro che alla luce di tanti anni uno poteva dire “metto questo
prigioniero qui e lo faccio passare dentro la spina, compatterei sicuramente”; a suo tempo fu fatta
questa scelta qui perché risultava la migliore, poi è chiaro che se io questo prigioniero lo faccio
passare all’interno ho due funzioni nella stessa posizione: qua le ho separate completamente, là
riuscirei a metterle insieme perché la spina mi fa da riferimento quando vado a chiudere il
basamento, perché servono le spine? Perché io monto i due basamenti con le spine, li lavoro per
fare la barenatura di banco e li applico alla bronzina ma quando lo riapro il basamento deve
ritornare in quella posizione lì perché altrimenti la bronzina lavora male. Poi qua si vedeva la
lavorazione della piastra cambio, dove ci sono l’albero primario e l’albero secondario, il canale
dell’acqua e qua c’erano le canne; questa è una sezione fatta che non passa per l’alesaggio e quindi
risulta più piccola in proiezione. Però un disegno così bisogna saperlo interpretare, se si esce da
Ingegneria un disegno così va interpretato. Posso non sapere perché è stato fatto questo interasse,
però devo saperlo leggere. Disegnare questo a mano è sicuramente più complicato, però disegnare
un accoppiamento così con la rondella, il dado e il prigioniero e dimensionare questa lunghezza qui
col diametro bisogna saperlo fare. Se nell’alluminio faccio che la lunghezza del filetto è una volta il
diametro insomma, non è che vada bene perché questo lo dicono i libri, non è che c’è da fare chissà
quale calcolo; se lo faccio 2 volte, 2 volte e mezzo sicuramente distribuisco la pressione bene
perché l’alluminio, sapete bene anche voi, accetta meno pressione di contatto. Domande?
All’Università vedete dei disegni, fate un po’ di attività di questo tipo? Dice sì solo lei, io non so,
voi cosa fate? La triennale! Ecco questo invece è quello che è stato realizzato, eravamo partiti
iniziando a schematizzare tutto, vedete che ci sono delle zone colorate e delle zone grigie. Qui non è
l’estro del progettista che gli piaceva disegnare, quando uno disegna un grezzo va a mettere delle
lavorazioni e cambia colore, il CAD aiuta molto in questo; quindi vuol dire che tutta la parte grigia
è grezza. Io disegno grezzo, la prima cosa che farò sarà la fusione, sopra il basamento vedete che è
tagliato qui, fondo sopra e fondo sotto; poi lo lavoro, avrò filetti, piani, un ingranaggio del
contralbero, il piano delle teste, qui ci sono i due cilindri e i prigionieri che fissano le teste. Un’altra
cosa importante è che gli ingegneri seguono motori tutti uguali, considerate che i motori giapponesi
si smontano con tre chiavi i motori di serie, ma non penso che per i motori di Marquez ce ne
vogliano 22. E’ molto importante perché se dovete fare un intervento, anche quando montate il
motore, se voi riducete i tempi riducete anche i costi, perché se dall’altra parte del mondo c’è
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qualcuno che revisiona un motore in tre giorni e voi ce ne mettete 6, voi avete perso tre giorni
rispetto al concorrente, cioè è una banalità ma è così. Se io produco dei pezzi non in qualità e mi
serve più tempo per ripararli dall’altra parte del modo c’è qualcuno che li produce in qualità e li
prova prima; prima provi, prima sai se hai fatto bene e magari se hai fatto bene vai in gara il
weekend dopo, dopo aver fatto le prove di durata e tutte quelle cose che servono. Questo è
fondamentale nelle corse perché i tempi sono veramente stretti. Considerate che quello che corre
adesso nel mondiale SBK è stato deliberato ad ottobre-novembre dell’anno scorso; adesso si prova
quello che magari correrà nelle ultime due o tre gare; magari di prestazione, di affidabilità, o di
coppia. Non è che io posso pensare oggi di fare una cosa che va in gara domani perché sicuramente
andrà male; la qualità e il metodo di progettazione sono fondamentali. Per esempio balza all’occhio
che questi due prigionieri qua è stato un errore farli così sottili, infatti questi qui dopo due volte che
si stringevano si spezzavano; questo è stato un errore mio chiamiamolo di immaturità o di
ignoranza, alla luce dei fatti uno dice “ma come? Servono le teste con dei prigionieri da 10 questi
sono da 6”; erano molto sottili, è vero che non avevano una funzione strutturale, avevano la
funzione solo di tenere un cordino, una guarnizione per chiudere lì e basta; però la progettazione è
come una bella struttura, bisogna che sia ergonomica; cioè se noi vediamo una bella struttura, una
bella casa, e vediamo un camino brutto, vuol dire che qualcosa lì non è andato. Adesso guardandolo
dico “mammamia, dove avevo gli occhi a quel tempo?”; infatti ogni tanto si spezzava. Lì ero un
progettista e ho sbagliato. Un’altra cosa, non potevo cambiarlo perché la base che avevo qui di
fusione era molto poca. Se avessi lasciato più materiale, più grezzo, avrei potuto mettere un M8,
quello era un M5; avrei potuto mettere o un M6 o un M7 anche, perché nelle corse si fanno anche
gli M7, in produzione un po’ meno, invece lì non avevo margine. L’ho rotto una volta e mi
dicevano “Puoi metterlo più grande nel prossimo basamento?”, “No, perché non ho più margine.” E
non va bene. Qui si vede bene, fu fatto un irrigidimento, dopo qualche mese fu modificata questa
parte qua: è stato aggiunto materiale perché sospettavamo di avere una rigidezza nel basamento
nella parte posteriore e nella parte anteriore; qui ci sono i due punti del telaio che ci risultavano un
po’ deboli. Avevamo aumentato il materiale e ricalcolato la struttura. Questa è la parte un po’
discorsiva, c’è quello che vi ho detto prima. Nel basamento è possibile trovare inoltre
l’alloggiamento del gruppo pompe H2O ed olio, il fissaggio della piastra cambi… quindi gli
accessori sono fondamentali per il funzionamento del motore, cioè il nostro motore è una macchina
termica. Carica di calore potenziale, aria e benzina e immette calore in forma di energia meccanica
ma anche di calore scambiato con l’ambiente; devo scambiare la parte del calore con il
raffreddamento; anche la lubrificazione scambia calore. Prima non so se avete visto sul V12 c’era la
pompa dell’acqua, uno o due mi sembra, una da 500 litri al minuto; noi abbiamo una pompa
dell’acqua che è intorno ai 150-160 l/min. Ma generalmente ho visto che se uno fa il rapporto tra la
potenza in CV o la potenza in kW diviso la portata dell’acqua in l/min, i rapporti sono sempre
simili; perché a fronte di 240 CV e 165-170 l, voi avevate 650 CV e 500 min, i rapporti sono molto
simili. E’ chiaro che poi dipende dalle masse quanto caldo scambio e comunque da quanta aria,
perché la presenza dell’aria influenza di più lo scambio termico. La spina dorsale del motore è
rappresentata dall’albero motore; questo è l’albero motore a bassa inerzia, aveva delle pastiglie per
bilanciare le masse alterne e le masse rotanti però se io volessi aumentare l’inerzia è chiaro che
devo mettere della massa nel piano di simmetria, cioè nel piano che passa a 90° rispetto alla
mezzeria della vaschetta, in questo piano qua. Se io metto massa in questi punti qua non cambio la
bilanciatura ma aumento l’inerzia. Questa soluzione qui prevedeva il comando di una ruota
contralbero; da questa parte invece avevo l’ingranaggio sottile che muoveva un’altra ruota parallela
a questa sullo stesso asse e qui avevo invece una ruota che muoveva la prima area e faceva rapporto
di trasmissione tra albero motore e albero primario. Queste due ruote erano fuori, uno poteva
pensare “ma, qui non c’è un contralbero”; è vero io non le comando con un albero, ma perché se io
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avessi pensato di comandare questa prima ruota contralbero con questa e un albero, mi avrebbe
appesantito le attività di progettazione per una questione torsionale; non è banale calcolare un
albero a torsione a quei giri lì. Avrei dovuto fare probabilmente un esperimento, avrei dovuto
comunque rischiare molto, allora la scelta che feci era montare due ruotine senza albero,
ovviamente era più leggera così perché queste ruote giravano sui rullini e di solito necessitano di
meno lubrificazione; se ho dei cuscinetti ho comunque bisogno di fargli arrivare un po’ più di olio.
Con i due tempi i rullini viaggiano con il 3% di olio, tutto il resto è benzina e qui giravano folli su
un perno, su un’asse con dei rullini, quindi erano folli. La biella è una biella tradizionale in titanio,
aveva un canale centrale qui che era forato da sotto e nel momento in cui la biella andava giù,
andava dal punto morto superiore a inferiore, l’olio all’interno che veniva dalla bronzina per inerzia
andava su e andava a lubrificare l’accoppiamento dello spinotto. Era un grado di sicurezza in più, in
realtà nei motori moderni con due getti di pistoni da sotto riesco sia a raffreddare l’ugello che a
lubrificare l’accoppiamento tra spinotto e biella che è fondamentale, però avendo le bielle in
generale in titanio hanno una bronzina in bronzo, questo agevola molto la lubrificazione anche
perché gli spinotti generalmente si fanno in acciaio con rivestimento anti attrito e questo produce
anche meno calore quindi sono sicuramente più in sicurezza. Questi erano pistoni da corsa con
mantello molto basso e abbastanza largo. Ecco se oggi ho un V 90 non ne ho bisogno, però ho un
motore più grande; allora sinceramente io la farei con un motore più stretto però questo chiaramente
non deve andare contro le politiche aziendali o contro l’imprinting aziendale perché è chiaro che per
un’azienda come la Ducati passare da un 90 ad un 72-70 è una scelta importante. Adesso hanno
girato il motore, non è più a L ma è a V, nella MotoGP ma ci hanno messo tanti anni a girare,
sicuramente è una scelta importante, che porterà dei vantaggi. Sinceramente preferisco avere due
ruote qui, che assorbono molto molto poco di prestazione. Considerate che quello che progettate
adesso magari andrà in pista tra un anno, magari cambiano i regolamenti anzi cambiano
sicuramente, cambia l’elettronica, cambieranno le gomme, quindi se faccio un motore piccolo
probabilmente è un vantaggio per la parte ciclistica. Un’altra cosa importante quando si progetta un
motore è avere un’idea, insieme al progettista del veicolo che fa il telaio, di quali sono le
conoscenze sul telaio, perché se io sono in un’azienda che non ha mai fatto un V 90 e propongo un
V 90 e l’azienda non ha mai fatto veicoli con motori molto ingombranti, chiedo ai veicolisti di
andare ad esplorare configurazioni di telaio che non hanno mai visto, anche configurazioni di
ciclistica; quindi è un rischio molto grande, molto grande, perché faccio un motore che poi non
riesco più a muovere. Se io faccio invece un motore un pochino più piccolo probabilmente ho un
vantaggio e soprattutto se l’azienda sa fare delle ciclistiche piccole. Pensate all’Aprilia, ha sempre
fatto motori molto piccoli; il 60, il cilindrico di tanti anni fa, il cilindro era V 60, la SBK era un 65
perché con l’alesaggio non riuscivamo a starci e allora abbiamo aperto di più; se domani l’Aprilia fa
la MotoGP e fa un 90 è una scelta importante, vuol dire che i ciclistici dovranno studiare
configurazioni del veicolo molto diverse perché il motore ha comunque cilindrata 1000, il volume è
quello, non è che il volume cambierà. Questo è un confronto a parità di scala di quelle che sono le
forze su supporti anteriori, supporti posteriori, supporti posteriori superiori, sui perni sui quali
attaccherò il motore; e come sono le forze? Su un 4 in linea sono forze molto regolari però con
ampiezza più grande; un V4 a 75° avrà un andamento di forze di questo tipo qua: ho un picco qui
però sono più basso, però ho un motore più ingombrante; questo è un motore che longitudinalmente
è meno ingombrante, trasversalmente lo è un di più perché ha un fronte marcia maggiore. Questo è
quello che a seguire abbiamo visto dopo aver fatto la scelta; abbiamo detto “vediamo anche un 4 in
linea cosa darebbe” e ci siamo trovati questa differenza qua, abbiamo comunque perseguito questa
strada perché comunque per noi era importante avere un motore a V, però se dimensioni e attacchi il
motore devi saperle le forze e calcolarle permette di conoscerne le sollecitazioni. La testa motore; la
testa motore è una parte fondamentale per esprimere la prestazioni, cioè il pistone è il primo
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elemento che crea il movimento insieme alla biella e all’albero motore. Riceve moto dalla
combustione, non da un elemento fisico ma da un elemento chimico perché alla fine noi studiamo il
processo chimico dei motori; non ce lo ricordiamo però generalmente è così. La testa è un elemento
fondamentale per creare la prestazione. Quindi dal punto di vista tecnico è fondamentale
dimensionarla bene; ha un condotto di aspirazione e un condotto di scarico. Vedete questa pinna
perché ho due valvole di aspirazione, qua ce n’è un’altra perché ho due valvole di scarico, cioè i
condotti si separano. Qui vedete che c’è l’asse a camme ad aspirazione e scarico, dito invece del
bicchierino, questo perché la massa alterna è molto bassa quindi posso avere un’accelerazioni molto
elevate. F = m a vale in tutto il motore; se io abbasso le masse posso mettere molta accelerazione
nei profili camme a parità di forza, perché comunque le forze si scaricano sui perni e l’alluminio è
sempre alluminio non è che ho un materiale qua che posso aumentare del 20% delle caratteristiche
meccaniche. Quindi nei motori da corsa cosa si fa? Si mette accelerazione, si riducono le masse.
Questa è una legge fondamentale, se voglio girar forte devo calare le masse, perché la caratteristica
dell’alluminio di un pistone è sempre quella; posso fare dei trattamenti, posso cambiare la
tecnologia di produzione però non è che rivoluziono. Queste sono delle canne dove dentro si muove
un pistoncino, l’aria arriva da sotto viene in questa camera ed è come una siringa, voi schiacciate,
create un processo di compressione; generalmente sono processi a temperatura costante perché sono
molto rapidi; la temperatura non aumenta ma aumenta la pressione. Tra il canale principale e la
camera c’è un getto, questo getto è un po’ quello che succede se prendete una siringa e schiacciate:
vedete che la forza che è necessaria se non parcellizzata aumenta. Questo permette di avere a fine
ciclo una pressione superiore che moltiplicata l’area aumenta la pressione; se invece voi avete un
cilindro con un pistone e una sezione molto grande e schiacciate non cambia la pressione, perché
schiacciate in un ambiente molto grande; se invece voi isolate questo ambiente con un getto
generalmente da 0,5 o 0,3 crea una compressione quindi aumentate di pressione. Si vede qua,
vedete questo è il profilo camme, questa è la pressione all’interno, questa è la pressione di
alimentazione e la pressione salirà perché c’è il getto; se non ho il getto, il canale è in
comunicazione con un ambiente molto grande che è il serbatoio e sarà orizzontale e non posso avere
una molla; la molla si comporta come un elemento elastico, l’aria si comporta come un elemento
elastico. Questo era il canale di lubrificazione, questo il canale pneumatico, questa è la camera di
aspirazione, questa è la camera di scarico, questo è il condotto di aspirazione, il condotto di scarico.
Qui si vedono delle tasche realizzate in fusione e dove circola l’acqua. Veramente l’acqua dei
motori si fa entrare dallo scarico, si fa girare intorno alla zona verso la parte calda e esce
dall’aspirazione; si manda più acqua allo scarico che all’aspirazione. Generalmente i rapporti nei
motori da corsa sono fino a 80-85% dell’acqua in un cilindro, che sarà l’acqua totale diviso 4,
diviso “n” cilindri e di questa l’85% lo scarico di qua, giro e vado all’aspirazione; allora uno mi può
dire “ma mando all’aspirazione l’aria calda”, si, ma è meglio mandarla prima allo scarico piuttosto
che dopo. Perché la zona più critica è certamente quella delle sedi scarico, specialmente negli ultimi
motori di ultima generazione in cui non si fanno più in bronzo ma si fanno in acciaio centralizzato e
il coefficiente di scambio termico tra l’acciaio e l’alluminio è molto peggiore rispetto a quello tra
bronzo e alluminio. Alla fine si ottengono delle temperature molto più alte sulle sedi che
chiaramente sono più a rischio; è vero che la valvola quando si posa trasferisce calore, però è anche
vero che la sede trasferisce meno, ha un modulo di produzione termica molto basso rispetto al
bronzo. Dopo c’era un canale principale da cui l’acqua usciva. Concetti principali: sistema
pneumatico abbinato ad un altro sistema; le prime F1 di tanti anni fa avevano le pneumatiche ma
avevano i bicchierini; quindi masse ridotte, posso cambiare camme come voglio, cambio la
pressione di alimentazione e non devo andare a riprogettare delle molle come diceva Massimo
stamattina, cioè i motori con le molle se cambio il profilo camme devo cambiare anche la molla,
sennò sfarfallo. La valvola rimane aperta, cosa vuol dire? Che la forza di inerzia in fase di chiusura
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è superiore alla forza della molla, più precarico; questa è la formula classica in Meccanica applicata
alle macchine e si calcola, lo si fa all’Università, qualcuno l’ha già fatto questo esame? Cambio la
pressione della precarica, è come avessi una nuova molla; la forza della molla è F0 +k x; questa è la
molla, in realtà qua io avrò una P A, una pressione di alimentazione per un’area, se io voglio più
forza aumento P, A non posso cambiarla. E’ molto importante, quando si dimensionano questi
componenti qui, lavorare con le formule; perché se ci pensate, solito discorso, per andar forte, per
aumentare i giri, F ꞊ m a. A parità di forze con cui sollecito il mio meccanismo, il mio motore io
devo calare le masse, cioè non posso sperare si fare uno step di motore di 1000 giri se non vado ad
alleggerire biella e pistone; è chiaro che devo alleggerirli in maniera razionale perché sennò prima o
poi li vedo uscire dal motore. Massa ridotta col dito, perché la massa chiaramente partecipa al
movimento lineare ed è più bassa della massa del bicchierino e ed è estremamente più rigida; perché
immaginate che questa qui è una trave con sezione a doppia t ed è sollecitata a flessione, ha un
fulcro, ha una zona di carico qui, una forza e una reazione... una trave, quindi viene dalla scienza
delle costruzioni, se io ho studiato bene Scienze delle Costruzioni riesco a calcolarlo questo sistema.
Dopo è vero che i calcoli di studio si fanno con la FM ecc., però devo sapere cosa sto facendo anche
perché l’FM non ti dice se hai sbagliato, solo il motore ti dice se hai sbagliato quando rimani con i
pezzi in mano; comunque danni ne ho fatti anche io. Il sistema pneumatico di una motocicletta è
fondamentale per le moto da competizione di ultima generazione, in SBK no perché bisognerebbe
omologarle, bisognerebbe fare una moto con la pneumatica per correre in SBK con la pneumatica,
mentre in MotoGP sì. Allora come è composto? Qui ho cercato di partire da un altro sistema che è
la moto, deve contenere un sistema di regolazione e una bomboletta; c’è un’ulteriore bomboletta
che si chiama dumping che è uno smorzatore, mi va ad aumentare il volume. Perché nella testa ho
dei canali, questi canali chiaramente sapete anche voi che vanno bene perché quando si fa il calcolo
di riempimento un foro piccolo si riempie prima ma non smorza le vibrazioni; immaginate di avere
tutti questi comparti che si muovono in modo pressoché disordinato quindi con l’ordine di scoppio e
allora devo andare ad aggiungere un piccolo smorzatore, un volume, non è niente di particolare.
All’inizio in F1 avevamo messo anche una membrana e avevamo da una parte la pressione dell’aria
che veniva dal circuito e dall’altra parte caricavano con una pressione un po’ più bassa quindi c’era
una membrana che si muoveva da una parte e dall’altra, come gli accumulatori che ci sono negli
impianti idraulici; non so se avete visto negli esami di Idraulica, se lo fate, o di Aerodinamica, si
mettono gli accumulatori lungo la linea per smorzare le pulsazioni, io apro e chiudo dei condotti
essendo il fluido incomprimibile negli impianti idraulici devo smorzare perché altrimenti posso
avere delle rotture, poi le guarnizioni peggiorano. Anche in pneumatica si usano gli smorzatori,
sono separati, però in questo caso avevamo fatto una cosa semplice avevamo messo il volume ed
era circa 70 cc. Qui avrò un ingresso, calcolo il sistema, qui la bomboletta arriva ad alta pressione, a
200 bar, io regolo e da qui esce 10-12 bar; quindi alimento, vedete in blu, questa uscita qui mi
alimentava qua la bassa pressione che era poi data dalle due teste, testa anteriore e testa posteriore.
Qui c’era il dumping giallo, due sensori uno di alta e uno di bassa, perché questi sensori qua devono
essere letti dalla centralina perché se la bombola ad alta pressione inizia a perdere aria io a valle del
circuito avrò sicuramente una perdita e prima o poi non avrò più aria dentro le pneumatiche e il
motore si ferma, le valvole vengono giù con tutti i danni che possono creare. Allora io leggo la
pressione bassa, leggo la pressione alta, manderò questi segnali in acquisizione dati, posso mettere
degli allarmi; se io vedo che questa pressione inizia a perdere molto, da 200 bar ad ogni giro va a
190, 180, o è l’acqua ad alta pressione o bassa, da entrambe le parti è rischioso, ok? E’ chiaro che
questo sistema qui in teoria è un sistema chiuso, ma essendo le guarnizioni comunque elementi che
possono perdere aria perché il pistoncino si muove, cosa succede? Che qui la pressione, ipotizziamo
che sia a 13 bar, da 13 bar andrà a 12,5, 12, 10; se io ho impostato la centralina e il mio limite è 10,
a 10 cosa succede? Il regolatore di pressione riaprirà per caricare dall’alta pressione la bassa e
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ripristinerà la pressione. Generalmente un sistema di questo tipo perde circa 1 bar di alta pressione a
giro su 6 km, nei motori da corsa; quindi vuol dire che se io parto con 200 bar, dopo venti giri avrò
220 perché qui io perdo pressione, qui sono decimi, ma qui sono valori di bar, ok? Quindi il sistema
deve controllare la pressione e questo deve essere il più costante possibile. Dove è che questo
sistema ha un grosso vantaggio? L’abbiamo visto un anno fa in un qualifica; questo sistema qui
permette di scaricare la pressione a valle a valori molto bassi di 2 o 3 bar, giusto da tenere le valvole
appoggiate verso il veicolo e permettere al pilota, se caduto, di spingere la moto e ripartire, perché
abbassa la coppia necessaria a far girare gli assi a camme all’avviamento. Cioè immaginate che uno
cade, con una moto con le molle è molto difficile avviarla; le SBK nostre non si avviano perché
hanno le molle molto caricate ma sono caricate sia a basso numero di giri che ad alto numero di giri.
Se io riesco ad abbassare la pressione qui a valori bassi per avviare la moto a 3000 giri, io abbasso
la pressione e scaricherò in un serbatoio. Quando il pilota spinge la moto vedrà la coppia necessaria
a far girare il motore, cioè vede la friction, gli attriti; se le teste assorbono meno io avrò solo il fatto
di far girare i pistoni, che è vero che quando le valvole sono chiuse hanno compressione, però è
molto meno di far girare gli assi a camme con le pneumatiche caricate, ci sono delle forze che
contrastano l’apertura delle valvole. Quindi io riesco a far partire il pilota, dopodiché sale di giri, il
sistema legge i giri sa che serve più pressione, ricarica il circuito e quindi dopo la moto può
continuare a girare. Il sistema deve ricaricare perché a 3 bar oltre i 5-6 mila giri non vado; il sistema
va in diagnosi, legge che i giri salgono, carica direttamente in pochi millesimi di secondo il sistema
in modo che il motore possa tornare a funzionare, sennò le valvole si piantano sul pistone, questo è
successo. Può essere usato anche per risparmiare coppia quando il motore è a bassi giri; tipo quando
i meccanici riscaldano la moto, non è necessario che la pneumatica vada a 13 bar, la tengo più bassa
perché tanto il meccanico quando riscalda non va mai ad alti giri. Questo è lo schema della
distribuzione, una ruota dentata primaria, due ruote folli, altre due folli e il comando degli assi a
camme. Vedete che qua ci sono due cose che sono abbastanza chiare. Intanto qua queste due ruote
sono sullo stesso piano ma queste no: una prende il motore da dietro e una prende il motore davanti,
qui c’è un’altra ruota non si vede ma c’è, un’altra ruota è qua dietro, ma perché questo avviene?
Perché le bielle sono sfalsate sul perno di manovella e quindi vuol dire che guardando dall’alto avrò
due cilindri un po’ da una parte, due cilindri un po’ dall’altra e allora devo andare a compensare lo
sfasamento con le ruote. L’altra cosa interessante è che si è fatta un’analisi per cui conveniva
comandare l’asse di scarico rispetto l’asse di aspirazione, perché generalmente le teste del lato di
scarico hanno valvole più lunghe quindi riesco a tagliare le teste inclinate e mi conviene comandare,
questo lo avvicino alla ruota folle… è una scelta, una scelta tecnica. Non mi conveniva qui fare una
ruota molto grande e tenere questo asse su, perché avrei avuto una testa molto grande nella parte
posteriore, dopo lo si può vedere.
Fabbri: Mario scusa una domanda di servizio, visto che si avvicina l’ora di cena, sono le 19:05,
quanto manca?
Manganelli: Beh, un’altra mezz’oretta, facciamo alle 19 e35 più o meno. Ci sono domande?
Distribuzione ruote dentate vs catena. Questo è il motore di serie, ma anche la SBK è così. Noi
abbiamo corso con la distribuzione a ingranaggi nel 2010 la seconda parte della stagione; ce l’hanno
vietata, ce l’ha vietata qualcuno che dipendeva dal dott. Domenicali, perché eravamo molto forti nel
2010, poi abbiamo vinto il mondiale. Abbiamo vinto il mondiale ad Imola con la distribuzione a
ingranaggi, ce l’hanno fatta togliere seppur il regolamento diceva che potevamo usarla, ma per una
questione politica l’abbiamo tolta, l’ultima gara abbiamo vinto anche con la catena. C’era
comunque qualcosa di base che era ostile, ma ci sta nelle corse alla fine, cista anche la politica.
Vantaggi della distribuzione a ingranaggi: frequenze coppia alte; rigidezza, la catena lo sapete chi
va in moto, ogni tanto va registrata quindi perde in rigidezza. Svantaggi: costo e complicazioni
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costruttive. Lì ci sono dei rullini che permettono di girare le ruote, le ruote costano; considerate che
una ruota così fatta, per applicazione da Racing con materiale acciaio rifuso sotto vuoto per
eliminare le scorie, quindi viene fuso e rifuso perché così eliminiamo le scorie che sono il possibile
innesco di grip, una ruota così costa circa 300 euro. Queste due ruote qua hanno generalmente di
vita 2500-3000 km, se abbasso la rugosità e le rivesto con un trattamento antiattrito posso
guadagnare anche prestazione, però mi costa altri 60-70 euro in più. Una catena così costa 19 euro.
Per questo dico che non sarà mai una differenza di coppia o di potenza tra un motore da corsa e un
motore di serie, sono i costi. Tra la distribuzione a catena e la distribuzione ad ingranaggi c’è l’1%,
vuol dire che su 200 CV erano 2; allora uno mi dice “ma vinci il mondiale con 2?”, “no, 2 oggi, 2
domani, 2 dopodomani, mi permettono di partire da un motore di serie che è un 180 CV e arrivare a
240”; e allora 60 CV in sei anni. Se inizio a dire “no” a 2, domani dico no a 2,5, perché tra 2 e 2,5
non c’è tantissimo; se io devo dire sì solo a 5 è impossibile, perché spesso i pacchetti di sviluppo
comprendono più cose. Quindi diffidate da chi dice “non è il cavallo che fa la differenza”, no, non
lo è oggi ma se tu metti insieme un gruppo di lavoro che in anno mette insieme 10 modifiche e
danno 10 CV non è che ne tu puoi eliminarne una perché non ti è simpatica, ci sarà chi si occupa del
gestionale, guarderà i costi e poi dopo valuteremo. Alla fine lotti per ottenere la prestazione; perché
alla fine comunque considerate che 2 CV possono essere velocità massima o magari anche mezzo
km/h ogni giro, 1 Km/h e per venti giri possono essere qualche decimo. Noi abbiamo vinto nel 2012
un mondiale per mezzo punto; Forghieri l’ha perso per 1, noi l’abbiamo vinto per mezzo con Max
Biaggi, il secondo mondiale che ha vinto in SBK. Allora mezzo punto è molto poco se ci pensate,
su 240 punti, allora mezzo punto per me vale come mezzo cavallo. E allora se uno si inizia a fare
degli sconti dopo non tiene più le redini del gioco. Mezzo punto perché la gara era stata interrotta
abbastanza presto e Max in gara non è caduto ha fatto zero, e l’altro è arrivato secondo ne avrà fatti
20, quindi noi abbiam perso 20 punti all’ultima gara, avevamo margine quindi abbiamo vinto il
mondiale gli ultimi due o tre giri e c’era ancora la carta del secondo pilota che poteva comunque
farlo passare e invece alla fine non è servito, però quando si lavora sul filo così bisogna dar tutto,
per esperienza lo dico. Spero però di non soffrire più per mezzo punto. Vantaggi: costo basso,
semplicità costruttiva. Svantaggi: frequenze coppia medio-basse e rigidezza; quindi questo sistema
non è rigido e quindi non garantisce la perfetta fasatura tra motore e canne, questo altro invece è un
orologio; qui è la rigidezza dei denti che fa la fasatura, qua è la rigidezza del sistema. Volevo poi
farvi vedere questa, è una sezione del motore V 4, si vede chiaramente il giro dell’albero motore
con il ponte di recupero; era stata fatta una scelta con ingranaggi esterni che erano comandati
comunque da un ruota dietro la primaria, qui si vede chiaramente il condotto di aspirazione, le
valvole e il condotto di scarico; è chiaro che la moto va verso sinistra. L’albero primario e albero
secondario… Qui eravamo già a buon punto, quando in 6 o 7 inizi a mettere dentro con lo scheletro
tutti i pezzi e tutto torna inizi a capire che sei a buon punto del progetto. Qui c’è la parte di
alimentazione a benzina; farfalla; il sistema della pneumatica messo in mezzo alla V per questioni
di masse, per accentrare il tutto; ingresso e uscita olio schematizzato nel disegno e la pompa
dell’olio, questo era il ritorno dell’olio con un piccolo svasatore in modo che l’olio potesse cadere
in maniera facile in pompa. Questo è il circolo, vedete il ponte di recupero, c’era un ciclone… è
chiaro che da questa parte andava al radiatore e qui andava nel ciclone, qui si formava del gas che è
il Blue Bay, è la respirazione del motore, perché il gas oltre a generare prestazione, pressione trafila
dai segmenti e questo gas doveva essere comunque rimesso in aria, dove c’è pressione atmosferica
altrimenti il motore va in pressione; perché è vero che la pressione del gas ce l’ho sopra al pistone,
ma una parte passa dai segmenti perché anche i segmenti perdono e diciamo che l’80% del Blue
Bay passa dall’apertura dei segmenti. Se qualcuno di voi avrà sviluppato un pistone con i segmenti
sa che c’è il gap e da quel gap lì passa molto Blue Bay. Qui ho messo una slide in cui potete vedere
nei motori non in depressione come si fanno le ventilazioni tra una canna e l’altra per ridurre le
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perdite, perché le perdite di un motore sono tantissime, dipendono dall’albero motore che gira,
quindi sono perdite di rotazione e di ventilazione; dalle bielle; dai pistoni; dal primo segmento; dal
secondo segmento… Vedete è come un mezzo che si muove in un fluido, il moto nell’aria, vedete
come aumenta? Qui ci sono fino a 8000 giri perché di solito si prendono in considerazione valori di
motori stradali e sono prestazioni standard, però qui si parla di kW. Già un motore della MotoGP
che esprime 230 CV è possibile che trascinato fino a 15 mila giri abbia delle perdite pari a 45 CV;
cioè io per trascinarlo a 15 mila giri a energia costante devo spendere 45 CV, se io riuscissi a
toglierne 5 da lì, li metto in Pme (pressione media effettiva). Voi sapete la Pme come si definisce?
Lo sapete ma non me lo volete dire; comunque Pme ꞊ Pmi Pmr, quindi o io aumento la pressione
media indicata o calo la Pmr non è che abbiamo tanto per guadagnare prestazione. Quindi se uno si
scrive questa formula qui ogni tanto magari qualche idea gli viene perché la Pmi dipende da questi,
la Pme dipende dal ciclo in camera di combustione quindi anche dal rendimento volumetrico e da
tutte le altre condizioni che si instaurano nell’alimentazione aria e dopo uno decide su cosa
lavorare; l’olio, un olio molto fluido fa calare la Pmr a favore della Pme però poi ha meno capacità
portante, devo calcolare di nuovo lo spessore minimo delle bronzine. Questo è un esempio di
circolazione di serie parallela sul motore, cioè entro da una parte vado su, oppure in serie, entro da
sopra e scendo da sotto, comunque più didattica. Questo è lo schema dell’impianto dell’acqua,
l’ingresso dell’acqua, la voluta, entravamo di qua, giravamo dal lato di scarico poi entravamo nelle
teste e uscivamo dalle teste con manifold. Questa è la caratteristica di una pompa dell’acqua: il
punto di funzionamento è determinato da una caratteristica del circuito. Però ricordatevi sempre lo
smaltimento termico dipende molto dalla parte frontale, la moto è sfortunatissima perché ha due
forcelle davanti che servono, dicono; ha una ruota, che qualche volta tocca il suolo, distaccata; e un
parafango che dovrebbe essere un elemento aerodinamico, dovrebbe… quindi una parte centrale
dell’alettone non lavora, a differenza di quello che dicono gli aerodinamici, la parte laterale lavora
però insomma, non è banale. Quindi è vero che ci sono tante condizioni di percorrenza in cui la
moto non produce tanta prestazione quindi devi raffreddare meno, però è anche vero che se sei sui
rettilinei lunghi e sei in scia, o meglio se sei davanti, ti porti tutto il calore degli altri. Io ricordo che
noi avevamo una moto in qualifica, non in gara perché non eravamo all’altezza di Ducati, in una
qualifica stava dietro la Desmosedici e non stava in scia dal calore che veniva fuori, cioè lì era
impossibile stare in scia perché veniva un calore bestiale dalla motocicletta; aveva uno scarico
molto alto quindi sparava più verso il pilota, ma non si riusciva a stare in scia. Io ricordo Capirossi
che come ha detto lui scendeva ma sembrava bollito, perdeva non so quanti chili a gara; giravano
con l’acqua a 120°. Ma erano costretti a girare così perché avevano un alettone piccolo, il motore
scaldava tantissimo, mettevano il circuito in pressione e quindi poi si sposta tutto di condizione.
Fabbri: Guarda Mario nei test ad Imola della SBK ho visto un pilota che aveva dentro lo stivale un
rivestimento interno di quelli che si utilizzano per tenere più freschi i serbatoi, lui lo aveva dentro
gli stivale per avere meno caldo…
Manganelli: Si si, non si stava. Un accenno all’impianto benzina, perché come sapete è un processo
chimico aria-benzina; c’è molta più aria che benzina, per fortuna perché con quello che costa poi la
benzina da corsa; se fosse l’opposto avremmo tutti già fatto le moto elettriche. C’è un serbatoio in
cui c’è un filtro, perché la benzina non è pulita, arriva comunque raffinata ma non è pulita, viene
travasata; c’è la pompa, questa qui è una pompa con portata tre volte rispetto alla pompa a benzina
del motore; qui c’è un getto, quando questo è pieno, a motore pieno, butta indietro, quindi questo
getto determina la pressione. Dopodiché c’è una pompa meccanica che generalmente ha una portata
più bassa, una volta e mezzo la portata al consumo del motore (se un motore consuma 40kg/h quella
lì sarà da 60, mentre questa sarà da 150). Questo permette di avere sempre questo serbatoio pieno,
prendiamo la benzina la aspiriamo, la mettiamo ad alta pressione, 10 bar per regolamento, ma una
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volta si arrivava a 30 bar in MotoGP, io ricordo che avevamo fatto delle prove a 30 bar. A 30 bar
non è un impianto banale, se perde e va sugli scarichi voi bruciate il pilota, è una bomba! E’ vero
che anche a 10 può perdere, però è più facile fare un impianto a 10 bar che a 30 bar. C’è un ulteriore
filtro perché questa pompa crea comunque della polvere, l’usura, per evirate che si tappino gli
iniettori; una valvola di pressione che ritorna dentro, quindi lo alimento da due parti per tenerlo
sempre pieno… quando la farfalla è semi chiusa come faccio a far arrivare la benzina? Man mano
che apro la farfalla iniziano a partire questi iniettori di potenza; comunque dopo dal filmato vedete
meglio quello che succede qua dentro. I motori da corsa girano a 88-89 ma i motori di serie girano
anche oltre i 90. Noi giriamo un po’ più bassi per due motivi, perché abbiamo rapporti di
compressione più alti e secondo per tenere i pistoni un po’ più freddi; perché quando avete dei
rettilinei da 1 km e 800 m, il motore è sotto carico per un bel po’ di secondi. Questo serbatoio qui è
fondamentale, perché se io esco da una curva molto lenta e un rettilineo molto lungo e chiaramente,
per dinamica del veicolo, la benzina va indietro ma non riesco più a pescarla, la pompa meccanica
pesca da qui e nel tempo che impiega lei a svuotare questo io devo arrivare in fondo al rettilineo,
perché se questo è troppo piccolo vuol dire che arrivo ad un certo punto a metà del rettilineo per cui
ho una perdita di portata di benzina, il motore tende a spegnersi e dopo magari riparte perché la
benzina torna ad essere pescata, ma generalmente si dimensiona con un rettilineo più lungo, che
nella SBK è Monza, nella MotoGP penso sia Barcellona; è fondamentale perché altrimenti vuol dire
il motore si spegne. Questo aiuta a ricaricarlo sempre; ci sono delle linee a bassa pressione… anche
qui, la potenza di una pompa, a parte il coefficiente che serve per passare da kW a CV assorbiti, è
data dalla pressione per la portata, quindi se ho molta portata avrò una pompa a bassa pressione.
Infatti questa è generalmente ad un paio di bar, vedete ha molta portata ma è sotto di bar; questa
invece è una pompa che fa pressione però ha una portata decisamente più bassa, è un bilanciamento.
Posso comandare questa piena elettricamente, se l’impianto della molla me lo consente; perché
nella moto da corsa la batteria è molto piccola, cioè bisognerebbe usare un generatore per
mantenere l’impianto. Questa ad esempio è una simulazione dello spray, l’aria arriva da giù c’è lo
spray… vedete se la farfalla è chiusa, io sono in percorrenza di curva e vado ad aprire pian piano,
questo si aprirà perché farà così; però se io sparo da sopra, la benzina fa fatica ad arrivare qui. Qui
io miscelo bene, anche qui però qui miscelo bene quando la farfalla è tutta aperta ed ho una buona
velocità nell’aria; perché la base della miscelazione dipende dalla velocità. Immaginate una
medicina se voi la mescolate in un bicchiere si miscela prima, perché aumento l’energia cinetica. Se
io ho alti giri, l’aria viaggia molto forte miscelo qua e quando apro la farfalla devo cercare di
avvicinarmi alla zona dove ho più velocità. Un altro aspetto da termodinamico, chi studia la parte
più energetica del motore, mi dice che la benzina deve essere sparata nella parte calda del condotto
che è questa, perché è vicina alla parte dove l’acqua poi esce, non contro la parete ma verso la
fiancata; perché stimano che in questa zona qui l’aria è un po’ più calda rispetto a questa, però sono
dettagli; comunque meglio se riusciamo a farli stare qui perché dall’altra parte non ci stanno. Chiaro
se ho un motore più aperto forse riesco a metterli qua, però devo invertire. Io a suo tempo decisi di
fare tutta l’alimentazione benzina al centro per una questione anche di packaging, così non avevo
niente che disturbava in questa zona qua. Questa è la pneumatica con regolatore impiantato sugli
elementi smorzanti; perché già il regolatore vibra, se sente le vibrazioni del motore... avevamo un
calcolo per cui servivano questi elementi. Io non ho finito, ma è una cosa brevissima. Ci tengo. Ho
un filmato ma prima vi faccio vedere questa ultima cosa. Molto velocemente, ho riepilogato un
po’di numeri, alcuni numeri principali di Aprilia Racing in SBK. E’ un inizio di attività, però
intanto ci facciamo esperienza anche perché se uno non è lì gli atri poi fanno i regolamenti e se non
vanno bene almeno siamo lì; dopo chiaramente i regolamenti li fanno i grandi però noi ci
proviamo… 634 componenti fondamentali in un motore. 402 componenti optional, alternativi: le
viti, una bronzina diversa… 66 pagine di catalogo, di tutto il motore, cioè in officina c’è un catalogo
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di 66 pagine; è chiaro che nella parte finale sono descritte le attrezzature che un meccanico deve
avere per montare. 45 ore per montare un motore dal nuovo, cioè faccio il prelievo in magazzino, lo
monto e ci vogliono 45 ore, generalmente lo montano in due di cui uno fa le teste e uno fa il motore,
fa la parte bassa; chiaramente se si parte il lunedì mattina alle 8 con buona volontà poi il venerdì va
in sala prove, poi dopo viene spedito magari la settimana dopo; qualche volta abbiamo fatto il
motore anche in due giorni quando serviva e quindi abbiamo fatto qualcosa di più. 86 motori
montati dal 2007. 237 revisioni motori fatte dal 2007, vuol dire che ogni motore è stato revisionato
più di una volta, ma qui ci sono anche i motori da durata; noi abbiam un motore da durata ogni due
settimane che deve fare 200 giri di pista a Monza e sono 1200 km più rodaggio curve di potenza
ogni tanto e tutto il resto sono circa 1300 km; di solito c’è un ingegnere che segue i motori da durata
e si occupa di tuto; si arriva a fare 200 giri in pista tutti uguali; il mio pilota al banco prova gira
sempre uguale e non si stanca mai, cioè inizia alle 8:00 e finisce alle 17:00. 52 teste prodotte in
pista, il sottoscritto ne ha fatte 37 continuative dal 2007 al 2009. 7242 pompe di potenza circa, in
due sale prove; dal 2010 ne abbiamo una in più, dal 2013 un’ulteriore in più: 4 sale prova che
girano tutti i giorni; immaginate la benzina, sono 500 l di benzina a settimana; per questo vi dico
che fare il motore non è solo questione di pezzi, è tutto quello che c’è attorno. 480 anomalie trovate,
problemi e rotture; risolti 465 con successo, vuol dire che ce ne sono ancora un certo numero aperte
che sono problematiche di qualità… perché per me un’anomalia è anche un problema di qualità…
Ho voluto sorvolare sui soldi in quanto ritengo che il nostro lavoro come ingegneri, voi siete
ingegneri lo diventerete a breve, sia quello di risolvere i problemi cercando di calcolare quello che
non sapete, o misurare per conoscere se il vostro calcolo è giusto; questo è il vostro obiettivo! Cioè
la cosa peggiore è dare una risposta senza aver fatto un calcolo o senza aver avuto un risultato
sperimentale. “Sicuramente andrà bene!”, è la volta buona che si rompe, ve lo dico per esperienza.
Misurate se non sapete oppure calcolate. Non andate a rischiare inutilmente… Non è che qualcuno
vi dirà “bravi!” se rischierete, ma non è un comportamento conservativo, anzi io sono tutto
l’opposto del conservativo, però le cose bisogna fare passo per passo; cioè bisogna capire una
soluzione nuova perché va meglio o perché va peggio; perché spesso quando una cosa nuova va
peggio in realtà c’è qualcosa che non è tenuto in conto e dopo magari va anche meglio. Io dico
sempre al corso quando faccio le mie lezioni “badate sempre che quello che l’esperienza insegna sia
la base di ogni discorso su quello che vi pare essere fondato”; inoltre “misura ciò che è misurabile e
rendi misurabile ciò che non è misurabile” (Galileo Galilei). Se si torna da test dicendo “abbiamo
misurato ma la misura non è attendibile” non è che finisce lì; tu devi capire perché non sei stato in
grado di misurare. Perché comunque è un fenomeno fisico, cioè non è qualcosa che non fa parte di
noi, è la natura. La natura nel mondo generalmente è chiara, l’effetto è chiaro, magari non è chiaro
tra causa ed effetto quale legge matematica ci sia, però possiamo misurarla. Se uno mi dice “non è
misurabile”, non è vero. Noi siamo riusciti a far delle misure sulle bielle, sulle molle, sulla
distribuzione, sui pistoni… in una maniera incredibile. Bisogna mettersi lì e cercare di avere buona
volontà. “A volte va male a te; è meglio seminare bene! Bravo Max ti vogliano bene! Noi a casa,
che fortuna!”; perché qua a Monza ad un certo punto il motore si è spento, abbiamo capito il
motivo; era un giro di allineamento e nel giro di allineamento hanno sospeso la gara, hanno sospeso
la partenza perché c’era un problema di pioggia, semi pioggia. Qui la moto si è spenta, Max poteva
fare due cose: o mollarla lì e se la gara iniziava non avevamo più nessuna possibilità è tornato ai
box non aveva nessuna possibilità; altrimenti lui ha alzato la mano, qualche moto gli ha dato un
passaggio ed è tornato ai box, perché se la moto non rientra non puoi fare niente; abbiamo risolto ed
è andata bene. “A volte va male agli altri; meglio comunque stare davanti; che fortuna!”, Max avrà
sicuramente pensato “Bravi i miei ragazzi a casa!”. Purtroppo quando succede questo è molto brutto
perché magari tu hai fatto tutto però la gara finisce lì. E’ capitato anche a me, è l’anno scorso che e
poi anche a Imola, che i piloti sono rimasti a piedi… Per chi lavora con passione, per chi dà tutto è
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molto brutto, ve lo posso assicurare, perché il motore prende molto chi lo progetta; a me in
particolare. E’ un tonfo al cuore incredibile perché qua si butta via tutto quando succedono queste
cose. Il tempo dal rientrare dalla gara a tornare a casa, quindi in questo caso da domenica
pomeriggio a lunedì, non finisce mai. Non finisce mai quel tempo lì, vorresti essere già in ufficio a
provare di risolvere il problema. Quello che ti può aiutare è avere qualcuno di fianco che ti vuol
bene e magari ti dà una mano; non voglio far filosofia però purtroppo succede. Noi abbiamo risolto
il problema, avevamo un problema alle molle, abbiamo lavorato molto e abbiamo cercato di
risolverlo. Visto che parliamo di passione, “ci vuole passione ad un miglioramento continuo; se
ancora non era maturato dentro di voi”. Studiare è un esempio; cioè se studiate un esame ed è
andata così e così il prossimo deve andar meglio; il prossimo lavoro sempre meglio. Poi anche io
ho lottato con qualche esame, ad Economia ho preso un voto bassissimo, probabilmente farei
spendere tantissimo un’azienda e la farei fallire. Però puntate al miglioramento continuo “ho capito
che nella vita bisogna darsi degli obiettivi”. Ho messo in fila quello che è il DNA della passione:
talento, dono, non è un sogno; cioè se uno nasce con il dono di fare il progettista fate il progettista,
seguite quello che pensate di saper fare, l’obiettivo, che può essere studiare, viaggiare… io ho
viaggiato molto, ho fatto grandi sacrifici, ho scelto le persone giuste intorno a me per riuscire a
bilanciare tutto... può generare errori, ambizione… La passione genera ambizione, l’innamoramento
delle soluzioni. Gli ingegneri si innamorano delle soluzioni che pensano siano le migliori, ma se
aprono gli occhi vedono che probabilmente esiste qualcosa di più: progettare comunque qualcosa;
non è che un può dire “no, il motore non è più sviluppabile”, non esiste; cioè uno deve stare lì a
migliorar le cose no meglio di così non posso fare ora no però pensa a qualcosa Naturale fare
conoscenze per lavoro, se un progettista dei miei mi dice “no, meglio di così non posso fare!”,
allora io dico “ora no, facciamo i pezzi però pensa già a qualcosa per migliorare”. Maturare, la
competizione è un processo di maturazione fatta di conoscenze per evitare l’errore. Leggete molto;
leggete il più possibile; cioè non esiste che un progettista o un ingegnere va in un ufficio tecnico, o
reparto qualsiasi di un certo livello, che sia un corso o no e parla male l’inglese, non esiste. Bisogna
conoscere e leggere anche riviste inglesi; riviste per chi sa l’inglese, in inglese. E’ importante. Una
volta un giornalista mi ha fatto un’intervista per Motosprint, nel 2009 e mi ha chiesto “cosa fai nel
tuo lavoro?”, allora io gli dissi “trasformo in emozione la mia passione!”. Io ho una passione e la
trasformo in emozione mia e anche per gli altri; perché alla fine un pilota può essere simpatico o no,
però poi chi ha passione per l’Aprilia magari vede l’Aprilia vincere e ha un’emozione, alla fine
serve anche quello. Dopo può succedere in qualsiasi lavoro e questo è tutto, l’importante. Grazie.
Adesso c’è un primo video, sonoro.
(video)
Manganelli: L’altro invece è un giro di pista al banco di un motore KTM V4. Non è un grande
sonoro.
(video)
Fabbri: Se avete fame andiamo a mangiare, sennò Diego ha un filmato molto interessante.
Cacciatore: E’ una presentazione che penso duri una ventina di minuti.
Fabbri: Giornata piena oggi, bisogna chiudere in bellezza.
Cacciatore: Voglio farvi vedere qual è il nostro approccio quando disegniamo il sound del veicolo.
Vi ho fatto già vedere qualcosina prima, si può fare anche in altri e diversi modi però questa è la
nostra procedura, tecnologia. Vi faccio vedere un attimino quello che abbiamo fatto con un V10.
Per un 10 cilindri possiamo scegliere tra due angoli della V: 90° e 72°. E possiamo usare due alberi
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motore diversi: un albero motore così fatto, in cui il perno di biella è unico quindi questo fa girare
un meccanismo di accensione che chiamiamo “zoppo”. Dopodiché già con il 12 cilindri vi ho fatto
vedere che gli scarichi li possiamo fare in un modo molto differente; per esempio qui abbiamo le 2
bancate separate completamente, invece in questo caso le due bancate le possiamo unire; questo
cambia l’armonica e quindi la frequenza che noi ascoltiamo. Queste sono due diverse
configurazioni dello spettro, per cui cambia la timbrica del motore. Questo che vedete è un grafico
dove troviamo le armoniche di cui parlavo prima però osservate che abbiamo anche delle armoniche
spurie; quindi questo cosa vuol dire? Che il sound che ci si propone di dover sentire sarà un rumore
sporco, perché a 7000 giri oltre alle armoniche fondamentali voi andrete a sentire anche queste
spurie, quindi sentirete moltissime frequenze che sporcheranno il rumore. Non è detto che questo
rumore sia prodotto; uno spettro di questo tipo ce l’hanno il vuoto nei cavi che hanno un condotto di
scarico fatto in un determinato modo. Il vuoto nei cavi non possiamo dire che è tutto ma ha una
timbrica particolare. Allora noi cosa abbiamo fatto? Abbiamo preso la V di 90°, abbiamo fatto un
72° e abbiamo giocato un pochettino con i gas di scarico. In questo grafico però c’è qualcosa che
non c’è piaciuto, la linea rossa indica quello che voi sentite; vedete che ad un certo punto cala. Il
fatto che cali non ci è piaciuto perché si scollega dai giri; i giri crescono e il rumore scende. Quindi
abbiamo cercato di fare delle altre verifiche per fare in modo che questa curva rossa fosse non
crescente come il lato basso ma almeno non avesse questi buchi. Come vedete simo riusciti ad
ottenere una cosa del genere, quello che vi farò adesso vedere non è pulitissimo però vi dà l’idea del
lavoro finale che abbiamo fatto.
(audio)
Fabbri: Grazie. Direi buon appetito!
Guidetti: Allora la cena è già pronta noi ci rivediamo qui alle 20:30 con Mario.
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4_Il reparto corse (un punto di riferimento italiano)
Giulio Fabbri: Parliamo del Master, che è già in corso, è iniziato ad ottobre ed è stata
un’invenzione di Mario, come appunto questo workshop, per cercare di collegare l’Università al
mondo del lavoro e per spiegare attraverso lo stesso come si lavora, in questo caso, nelle corse.
Quindi ci sono una serie di corsi, sono 150 ore, ci sono 30 aziende partner; il corso dura circa tre
mesi e si svolge qua a Bologna nei weekend, giusto Mario? E niente, tutto questo per preparare i
futuri ingegneri del mondo delle corse. A ottobre prossimo partirà la terza edizione destinata a chi
ha concluso i tre anni, giusto?
Mario Uncini Manganelli: Si, dai tre anni fino a chi è laureato con la magistrale; però anche
quest’anno con questa dizione che abbiamo, si chiama Race Engine che è principalmente sui motori
quest’anno, ci sono sia laureati triennali che magistrali. Come diceva Giulio, per il prossimo anno,
diciamo da ottobre in poi abbiamo pensato di ampliarla anche sul veicolo perché le aziende partner
sono aumentate, c’è la Dallara Automobili di Parma che porterà due docenti sia di Dinamica che
Aerodinamica del veicolo, ci sono richieste anche di Lamborghini con la Direzione per la
progettazione delle carrozzerie e veicoli quindi si parlerà del carbonio… Questo è il volantino
perché il programma che vi ho lasciato è una bozza, non ne avevo abbastanza ve ne ho lasciati un
po’, ma se lo volete possiamo mandarvi il pdf sulle vostre email, poi Camplus è parte del Master nel
senso che lo facciamo qua, non in questa aula ma in un’altra nell’altra sede vicino alla stazione.
Quest’anno ci sono 30 studenti, qualcuno è già stato inserito nel mondo del lavoro, qualcuno verrà
inserito; i docenti sono tutti lavoratori come me diciamo, non sono professori universitari, quindi
parlate direttamente con persone che lavorano tutti i giorni sui motori e sui veicoli da competizione.
Ho pensato di ampliarlo all’area veicolo perché chiaramente bisogna maturare anche in quella
direzione lì; ci sarà anche un’area probabilmente sulle power unit tipo F1 e sul carbonio, quindi
manufacturing di carbonio che è una tecnologia molto richiesta, non viene fatto quasi niente
all’Università però ci sono richieste in quell’area lì. Nel giro di una settimana o due Riccardo vi
manderà il pdf a tutte le email. Inoltre la People Design che è una società di progettazione
meccanica a Modena metterà in rete, quindi con Facebook, Linkedin, ecc., quindi si possono
chiedere informazioni. Il Master viene tenuto comunque qui a Bologna.
Fabbri: Ci sarà poi la presentazione nei prossimi mesi, verremmo a raccontare un pochettino gli
obiettivi del prossimo corso; diciamo che non vi assicura un posto di lavoro però fino ad ora molti
dei ragazzi ora sono stati fortunati, qualcuno ha trovato lavoro anche in America. Di sicuro ti
prepara bene per il famoso colloquio tecnico in stile KTM.
Manganelli: Esatto. Soprattutto per aumentare e ampliare quelle che possono essere anche le vostre
curiosità; cioè io ho dei ragazzi che sia quest’anno ma anche l’anno prima… l’anno prima ancora
che era più sulle moto e dei ragazzi che iniziavano a frequentare il Master hanno capito quale era la
loro direzione; perché chiaramente venivano a contatto con delle persone, con degli ingegneri che
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lavorano in azienda ed essere a contatto con delle persone in azienda è importante. Viene fatto
anche il corso CAD, o Pro-E, o UG, stiamo vedendo perché è in funzione delle richieste delle
aziende per la formazione. Quest’anno c’è Pro-E; poi viene fatto un corso di calcolo strutturale CFD
con ESI Group, che è una società che fornisce un software per il calcolo strutturale, il CFD, a tanti,
anche Piaggio ce l’ha, ce l’ha Lamborghini, ce l’hanno varie aziende, ce l’ha la Ferrari; viene fatto
un corso di GT- Power e VT, per il ridimensionamento dei motori dal punto di vista mono-D e
Valve Train della distribuzione; viene fatto un corso di Team Working, cioè imparare a lavorare
insieme perché da soli non si va da nessuna parte; vado a fare una passeggiata da solo, è anche
meglio non da solo. Bisogna lavorare insieme, quindi c’è una giornata di Team Working e di
Problem Solving, in cui non ti si dice come risolvere il problema ma quali sono gli strumenti da
utilizzare; i feedback sono molto positivi. Nelle prossime settimane come vi ho detto, Riccardo vi
invierà delle informazioni poi dopo se c’è bisogno a fine serata magari vi lascio la mia email
personale quindi potete scrivermi, per richieste e comunque l’email è quella della People Design,
arriva anche a me.
Guidetti: Mario una cosa. Non devo far pubblicità al tuo master però in Italia c’è una grande
anomalia su questo tema qua: nel senso che se voi avete provato a guardare le offerte di master che
ci sono in Italia è una Babele complicatissima anche perché ci sono certi soggetti che lo vivono
come business e quanto altro. Quello che ho visto fare a Mario è il Master vero, in cui cioè c’è
formazione vera che non è accademica, scusate se parlo proprio pari pari e c’è il rapporto con
l’azienda, quello autentico appunto. Mi ricordo che Marmorini, che non è qui perché è saltata la
Ferrari, aveva già detto che veniva ma poi nel frattempo è saltato l’Amministratore Delegato,
parlava ai suoi e diceva “andate da Mario così imparate!”. Questo va cercato nel Master, qualunque
cosa decidiate di fare.
Manganelli: Anche l’Ing. Cacciatore ha mandato due suoi ragazzi che lavorano con lui, uno in sala
prove e uno che fa calcolo, a frequentare il Master, quindi la Dallara manderà probabilmente un
ingegnere o due, quindi insomma c’è richiesta; è chiaro che bisogna esser pronti nel momento
giusto.
Guidetti: Quindi il master può essere una cosa interessante anche per un ingegnere, lo è per tanti
altri neo laureati ma può esserlo anche per un ingegnere; bisogna rendersi conto di cosa offre
l’Italia; cose come le fa Mario vi assicuro che non ce ne sono. Lo vedrete voi però, informatevi, fatti
in questo modo, con questo tipo di docenza e di rapporto con l’azienda, io non ne conosco altri.
Siamo contenti che ci siamo incrociati.
Manganelli: Esatto. La People Design è una società che fa outsourcing, quindi prende ingegneri
giovani, li forma e poi li mette in azienda come esterni. Dopo qualcuno può rimanere anche lì; ne
abbiamo uno anche in Aprilia ha fatto un periodo e poi ritornerà da noi a metà giugno come
progettista. Quindi loro lavorano molto sull’outsourcing, la casa madre è al Mind che ha tre sedi: in
Germania, in Italia e in India, quindi per chi vuole fare un’esperienza anche all’estero può andare a
fare l’ingegnere in India se è interessato, lavorano nell’Aerospace. Quindi se andate su
www.peopledesign.it o www.peopledesign.com vedete cosa fanno. E’ una società di Ingegneria
ecco, non è una società che fa master, è una società di ingegneria che ha deciso di sposare insieme a
Camplus questa esperienza qua. Ok.
Fabbri: Ragazzi io adesso vi lascio nelle mani di Mario, vi racconterà come funziona un reparto
corse, quello di Aprilia appunto che dirige nella parte riguardante i motori. Fate domande,
approfittatene, poi domani sarà una giornata molto più rilassante e ludica direi. Direi quasi che vi
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saluto perché devo andare a Roma per il campionato italiano di SBK, quindi adesso prendo la
macchina e vado a Roma. Buona continuazione. Spero di rivedervi presto!
Manganelli: Ciao, grazie. Bene, allora buon viaggio e in bocca al lupo per i tuoi report e il
prossimo lavoro di Motosprint. Io stasera avevo chiesto a Riccardo di dedicare un po’ di tempo,
decidiamo noi quanto tempo, però vorrei farvi vedere due video, uno è di Piaggio perché comunque
Aprilia non esisterebbe senza Piaggio; Aprilia è stata salvata da un momento molto difficile nel
2002-2003. Sto in piedi perché mi sento più a mio agio, scusate ma sono abituato ad essere vicino
alle persone. Aprilia e Aprilia Racing, insieme a Guzzi, Laverda e Gilera, è stata salvata da un
momento molto difficile, molto, più brutto di quello che ha avuto Ducati nel 2005. Perché la Ducati
è vero che vendeva, spendeva e incassava, ma spendeva più di quello che incassava; invece Aprilia
nel 2002-2003 era fallita praticamente perché non vendeva, non pagava i fornitori, aveva speso
tantissimo per la MotoGP 3 cilindri e quindi era veramente alla fine. Il vecchio proprietario, Ivan
Beggio era un grande entusiasta, un uomo tipo Castiglioni, quegli uomini che non ci sono più,
quegli uomini che hanno dato la vita per l’azienda e ad un certo punto quando le cose iniziavano ad
andar male hanno messo di più, poi iniziavano ad andare peggio hanno messo ancora di più
sperando che le corse potessero cambiare. Vincemmo con il 125 2.5 ma col 3 cilindri è stato un
buco enorme finanziario. Poi chiaramente quando un padre, un padrone di un’azienda mette
tantissimo nelle corse poi perde l’occhio del prodotto perché non c’è niente da fare sono due figli;
se stai dietro ad uno che stai scialacquando anche se l’altro è bravo chiaramente avrà meno,
Qualcuno 2000 anni fa ha detto qualcosa del genere però purtroppo per il figliol prodigo è andato a
finire così. La Piaggio è arrivata che era già proprietaria della Derby, Derby Corse e ha rilevato
tutto: Aprilia, Guzzi, Gilera e Laverda; Gilera e Laverda erano due marchi, due brand, due simboli
che non producevano niente. Ha messo dei soldi e per questo è ripartita. Poi nel 2004 è ripartito il
budget per la SBK, nel 2005 è stato approvato, a metà-fine 2005-2006 è tornato l’Ing. Dall’Igna che
era in Derby, che è stato uno dei primi che quando la 3 cilindri è andata in scatafascio è andato via,
è andato in Derby e dopo è rientrato come Direttore Tecnico; a metà 2006 sono entrato io, ho creato
il gruppo V4 SBK ecc. e dopo siamo arrivati ad oggi. Abbiamo vinto con la SBK in maniera
importante, abbiamo creato una nuova era, abbiamo fatto rivincere Max, che aveva vinto comunque
4 mondiali quindi non era un fermissimo, aveva sfiorato il mondiale MotoGP però purtroppo poi si
fermò, poi è venuto con noi ha fatto un lavoro egregio; è un grande pilota, è un amico prima di
tutto, adesso anche di più di prima perché adesso non c’è un interesse personale e lì ci si accorge se
un amico ti rimane amico e con cui ti senti regolarmente dopo gli interessi personali, perché a me
interessa vincere e a lui interessa vincere, perché sapete che i capi area partecipano comunque a dei
benefit in azienda se vince ed è giuso perché si motivano le persone, quindi non c’è più l’interesse
che io vinca o lui vinca e quindi siamo rimasti molto amici. Max ha dimostrato veramente di essere
un uomo, un talento, è uno dei piloti più vincenti, il secondo penso dopo Valentino, adesso non so i
numeri non me li ricordo; adesso rimarrà forse come collaudatore perché uno comunque
appassionato dalle moto. Poi dopo c’è stato un grosso cambiamento dei Regolamenti nel 2005
quando la 2 tempi l’hanno voluta cancellare, hanno fatto fuori Aprilia. Aprilia in quel momento non
aveva una Direzione molto forte perché la Direzione era lontana da Noale, era a Pontedera e
Pontedera non capiva le dinamiche dei cambiamenti, avrebbero dovuto sostenere di più il
mantenimento della 2 tempi per altri due anni e farla correre insieme alla Moto3, alla Moto2, ma
questo non è avvenuto perché è andata così insomma. Quindi ci siamo lanciati nei 4 tempi e siamo
partiti da lì. Adesso per Aprilia Racing c’è stato un grosso ridimensionamento da quando si sono
interrottii 2 tempi, eravamo 110 ora siamo 55; io ho un gruppo di 18-20 persone circa; è chiaro che
ne servirebbero di più ma questo è quello che ci possiamo permettere, siamo tre capi area: motore,
elettronica e veicolo, la Direzione Generale e Tecnica è dell’Ing. Artesiano e noi 3 riferiamo a lui.
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Lui è Responsabile del prodotto Aprilia, quello di Guzzi e di Gilera. Gilera sono scooter Aprilia con
marchio Gilera; Aprilia Racing è una Srl, abbiamo creato una società in più che si chiama ART
(Aprilia Racing Tecnology) con cui corriamo nella Opel perché non potremo correre come Aprilia
Racing; forniamo servizi, cioè motori anche in PDM; forniamo moto complete a Vignola. Non
siamo diciamo contenti quest’anno però purtroppo sta andando così perché le risorse del team sono
quelle lì, invece l’anno scorso abbiamo fatto molto bene perché più di una volta siamo stati a
ridosso nella MotoGP di Ducati, ma anche in maniera mia privata quindi l’anno scorso abbiamo
fatto un lavorone: tre specifiche di motore diverse a step di 10 CV l’una, durante l’anno; abbiamo
vinto il primo anno e il secondo il campionato CRT sia come piloti che come costruttori quindi la
moto andava sul podio insieme alle altre tre. La moto andava molto bene ed è stato fatto un grande
sviluppo del motore ma anche di elettronica. Abbiamo corso con l’elettronica APX, che è Aprilia
Racing è nostra, cioè l’area elettronica ha chi fa hardware e scrive firmware e strategie che le
proviamo noi; quest’anno c’è stato il cambio con la Marelli e chiaramente noi ci siamo trovati in
ritardo con un grosso gap di prestazione perché abbiamo dovuto rifare le mappature e gestire le
strategie, che non sono banali, il motore senza quella scatolina elettronica non va. Comunque se
questo è il futuro della MotoGP bisogna adeguarsi e andremo avanti così. Stiamo lavorando ad un
progetto molto ambizioso, l’ha detto anche il nostro Presidente, l’ha ribadito venerdì a Imola,
arriveranno degli investimenti, al momento stiamo lavorando su un motore e un motoveicolo nuovo
per correre nel 2016 che sarà tipo MotoGP, sarà un progetto originale, cosiddetto di original design
come c’è scritto nel Regolamento MotoGP; si parla di original design, cioè motori originali, unici,
non sono comprabili come un SBK. Se tu domani vuoi comprare un SBK vieni da noi e lo compri;
se c’è qualche romano qui che ha presente anche la Red Devils Roma con Tony Elias, lo conosci?
Bene spero con buoni risultati. Tony è un buon pilota che ha vinto il campionato del mondo in
Moto2 quindi siamo contenti; ci dà una mano, speriamo che ci dia una mano quest’anno per cercare
di portare a casa più punti e cercare anche di stare avanti. Quindi la MotoGP è un obiettivo
importante, cioè è un altro sport perché i giapponesi non scherzano, la Ducati non sta scherzando ha
fatto una grossa evoluzione, ci ha portato via delle risorse; a parte il Direttore Tecnico, che è un
amico e stimo tantissimo, ha portato vi anche qualcuno, no i capi area grazie a Dio perché altrimenti
può essere un grosso problema; abbiamo stretto i denti, abbiamo cercato di capire cosa ci serviva e
stiamo concentrando le energie su quello che ci potrà servire nei prossimi anni. Nell’area
dell’elettronica ci sono 12-13 persone e invece l’altra parte è quella del veicolo in cui ci sono circa
9-10 persone. La rimanenza sono controllo qualità, magazzino e attrezzeria; sono fondamentali
perché ci facciamo piccoli pezzi in casa. Controlliamo i pezzi, io vorrei controllarne sempre più del
101% ma… cerchiamo di trovare i componenti strategici. L’attrezzeria è fondamentale perché
lavoriamo dei pezzi anche in casa, facciamo piccole modifiche, non abbiamo macchine a tre assi
però abbiamo macchine tradizionali per cui qualche lavorazione di basamento o modifica riusciamo
a farla. Chiaramente produciamo anche valvole, pistoni, bielle, fusioni ecc. Utilizziamo Piaggio
come fornitore perché sinceramente se facciamo sinergia col gruppo è importante anche perché li
responsabilizziamo; sono sicuramente fortissimi in prodotti di serie ma in prodotti da competizione
è un’altra storia. Noi comunque abbiamo deciso di investire con loro due anni fa e adesso abbiamo
ottenuto risultati molto positivi, nel senso che ci seguono con la qualità e con i tempi, per la qualità
non avevo grossi dubbi, per i tempi si perché, come ho detto, quando si progetta un esperimento va
provato in un certo tempo altrimenti c’è qualcuno dall’altra parte del mondo che lo fa prima di te o
fa una cosa simile e arriva prima. Quindi se noi ci diamo un tempo deve essere quello; bisogna
essere molto chiari, molto seri, sia nella fase di progettazione che nella fase di sperimentazione. Io
volevo farvi vedere un video istituzionale Piaggio, che tutti conoscete per la Vespa però insomma fa
tante cose: mp3, libri… Ha parecchie sedi nel mondo, quindi è un’azienda molto molto importante e
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molto robusta e solida; poi dopo vi faccio vedere un video invece su Aprilia Racing in cui potete
vedere un po’ lo spirito e alcuni momenti salienti delle ultime stagioni. Quindi vediamo.
(video)
Manganelli: Senza un gruppo così è impossibile fare le competizioni; è chiaro che Piaggio non è il
gruppo più grande del mondo però voi capite che quando si fanno le competizioni bisogna avere
una schiena molto forte adesso, non è come una volta che si faceva una cosa a casa si prendeva e si
andava a correre. Adesso si muovono 25 persone ogni 10 giorni, si parte il mercoledì, si torna il
lunedì, si muovono 4 motociclette, si muovono centinaia e centinaia di chili; una trasferta in
Australia per fare una settimana di test costa 150 mila euro di materiale spedito più la pista; i piloti
costano chiaramente, è che chiaro che quello che avete visto prima ha vinto tantissimo costa più di
tutti gli altri, è un talento; quindi quando voi iniziate a pianificare un test dall’altra parte del mondo
e sapete che dovete spedire il materiale, andate là spendete 150 mila euro, allora bisogna andare là
con le idee molto chiare, non è che vado là a provare così. Quello che viene chiesto agli ingegneri
come me, ma anche a quelli che lavorano con me chiaramente è di essere prima di tutto capaci a
pianificare le cose, o a risolvere dei problemi come ho detto prima, perché non si scherza. Non so se
qualcuno di voi aveva un’idea di questi costi alti, di quanto costano le corse ma questa è la base. Un
motore come l’RSV4 è nato nel 2006 e ha fatto la sua prima gara nel 2009; la prima vittoria è
avvenuta a Bernold nel 2009 ed è avvenuta a metà luglio, il motore era nato a metà 2006. E’ nato e
la prima volta che siamo andati al banco abbiamo girato fino a 12 mila giri e aveva 173 CV. Avete
visto i numeri nei montaggi che abbiamo fatto, adesso il motore gira a 16 mila giri ed ha oltre 240
CV; parliamo di componenti come la biella che costa 1000 euro e fa 7 mila km; un pistone costa
1300 euro, ne servono 4 che fanno 2000 km; il basamento costa 4000 euro a testa, 3000 senza
accessori; una valvola di aspirazione costa 140 euro e ce ne sono 8+8; un albero motore costa 2000
euro senza bronzine e niente; un cambio mediamente pesa 6,5 kg e costa intorno agli 8000 euro; ce
ne sono circa 8 a pilota a stagione, con gli ingranaggi e col cambio facciamo tipo non so 2000 km,
dopo vengono cambiati perché sono componenti fondamentali; un telaio costa 18 mila euro, se
cade viene buttato via, ogni pilota ne ha 4 di scorta; uno scarico di Akrapovich costa circa 8 mila
euro, è un prototipo fatto a mano da tecnici di Akrapovich, ce ne sono 12 a stagione a pilota e con
quelli bisogna far la stagione… quindi iniziate poi a fare tutta la somma e si arriva a milioni di euro;
poi si devono anche pagare gli stipendi tutti i mesi per tutto l’anno ai progettisti, ai responsabili di
area, ecc. Vi ho detto delle sale prove, noi ne abbiamo 4, sono full time dal lunedì al venerdì e
bruciamo 500 l a settimana di benzina, una benzina che costa 8 euro al litro; mediamente ordiniamo
circa 2500 l di benzina al mese, perché chiaramente bisogna averne un pochino di scorta, poi c’è
quella che viene caricata sul camion e si può solo fino ad una certa quantità. Quando si va al
Mugello a provare per un giorno costa mediamente 15 mila euro al giorno e non ho messo neanche
le ruote per terra, quindi se piove come l’altro giorno amen, fai 20 giri e ti fermi, a meno che tu non
voglia girar col bagnato ma serve molto poco. Abbiamo una centralina elettronica che acquisisce 63
canali in tempo reale, con frequenze di acquisizione fino a 200 Hz; tutti parametri del motore
mentre la moto viaggia, acquisizione, sospensione... Solo per gestire i sistemi di iniezione a benzina
ci sono 8 mappe, una mappa per ogni iniettore, ne abbiamo 8, solo per trovare il meglio di queste
mappe bisogna fare durate... Come vi ho detto ogni due settimane c’è un motore da durata,
praticamente un motore da durata è un motore usato con i componenti vitali nuovi cioè il basamento
viene usato fino a 5000 Km, le bielle fino a 7000 e i pistoni fino a 2000, però per esempio le
valvole, le molle, le bronzine vengono tutte messe nuove; revisionare un motore così costa 18 mila
euro, ogni volta. E tutte le volte ha le componenti nuove che devono far la durata e si spera di
portare a casa sempre tutto, ogni tanto qualcosa non va; ci si prendono anche dei rischi perché arriva
un fornitore nuovo, ti offre le bielle a 300 euro in meno, dici “cavolo, lo faccio subito”, magari la
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carburiamo ecc., può sfuggire qualcosa nel trattamento termico perché sapete bene che le bielle
hanno un processo di produzione importante, trattamento di riscaldamento dello stampo…
specialmente per quelle in titanio, se una biella si rompe si butta via tutto, ci è capitato anche se il
calcolo diceva che andava bene, però c’è il rischio che ci si prende. In pista adesso c’è una moto
unica per ogni pilota, quindi noi abbiamo Sylvain e Marco, ci sono circa 4 meccanici a moto, più un
Rolling Chassis che è un telaio con due ruote con solo il cablaggio appoggiato e il motore è separato
perché per regolamento non può essere montato, è di scorta; se il pilota cade con la moto bisogna
rifarlo. Mediamente si cambia il motore in un ora e si rifà la moto circa in 4 ore; questo avviene
generalmente saltando i pasti, saltando le serate. Io ho un ingegnere che segue i motori in SBK e un
ingegnere che segue i motori Opel, quindi che fa le gare di MotoGP perché ha l’assistenza al cliente
per le mappature; è chiaro che anche loro quando devono montare un motore nuovo per mettere in
fila tutto passano anche loro le serate in piedi, le nottate ecc. Comunque poi ancora tutto il costo
delle gomme, dei cerchi, dei freni, di tutte le sospensioni… un kit di sospensioni costa 30 mila euro,
nel momento in le appoggi così su una barricata butti via le forcelle e il resto. Domande? Se siete
stanchi possiamo fermarci, però fate domande, mi raccomando. La curiosità è fondamentale. Vai.
Vedi subito…
A: Che tipo di benzina utilizzate?
Manganelli: La benzina è prodotta dalla Eni ed è una benzina particolare, ha un potere calorifico
superiore a quello della benzina normale, un potere antidetonante superiore, usiamo rapporti di
compressione più elevati… considera che una macchina di serie diceva Diego oggi, quella poi è
sportiva, fa 11,8 in realtà le macchine nostre essendo motori a benzina fanno intorno a 10. Noi con
rapporti di compressione superiori a 14 usiamo benzine antidetonanti per cui anche con anticipi
piccoli, pagandoli di anticipo, riusciamo ad ottenere un’ottima combustione. Sono benzine molto
secche cioè se ti cade la benzina sulla mano diventa bianca, ma non è che la perdi, scolorisce; i
condotti di aspirazione dopo che il motore ha fatto la sua attività sono bianchi perché proprio
tendono ad essere molto aggressive, ossidano, quindi sono benzine estremamente volatili, se tu
metti un bicchiere di benzina lì nel giro di pochi minuti un pochino di benzina va via subito; questo
facilita tutta la parte di miscelazione del condotto e chiaramente anche la combustione. Sono delle
benzine fatte ad hoc, stanno cercando di dare un po’ una stretta a questo perché è chiaro che Eni è
partner di Aprilia, di Piaggio… penso che in tutto il mondo il primo equipaggiamento di olio sia
Eni, per tutti i prodotti; tu vai in India compri una Vespa probabilmente ha olio Eni quasi
sicuramente, sono accordi commerciali quindi si parla di migliaia di migliaia di litri di olio per tutte
le categorie, per tutti i vari tipi. Sono accordi commerciali importantissimi. Quindi usiamo Eni, io
personalmente sono in contatto sia come il Responsabile Gruppo benzina Eni che è a San Donato e
quello che si occupa dell’olio, perché la benzina come l’olio sono fondamentali per la prestazione,
quindi chiediamo “che cosa abbiamo da provare tra tre mesi? Proviamo qualcosina in più?”. Loro
fanno le alchimie chimiche, mandano magari un campione di 20 l di benzina e lo proviamo; poi
dopo la benzina da gara va riprovata in modo che sia uguale; riprodurla uguale come prestazione,
come valori rispetto alla standard è un’altra attività importante. Perché se è una benzina che scalda
di più, che aumenta la temperatura in camera di combustione a favore del rendimento di
combustione ti puoi trovare i pistoni più caldi, allora tu fai due-tre curve di potenza con la benzina
standard, stabilizzi la prestazione del motore, poi ne fai altri 2-3 con la benzina nuova e vedi che va
di più, più CV; sono quei famosi 2 CV che messi insieme agli altri due servono ma poi però vai in
gara o aspetti? Perché se il pistone è mediamente più caldo ti può aspettare un problema magari e
dopo se si rompe il pistone è colpa della benzina o è colpa di qualcos’altro? Dopo sono problemi,
non sono così facilmente risolvibili. Allora conviene sempre fare delle attività di durata, la si prova,
la si mette in un’attività di durata di un motore successivo; è chiaro che in quel caso lì usi un pistone
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standard, di cui tu conosci la vita statisticamente e provi la benzina nuova, magari quando la provi
puoi provare anche la molla nuova e sai che se la molla si rompe non è colpa della benzina. Quindi
bisogna ragionarci molto bene quando arriva qualcosa di nuovo. Così pure per l’olio; per l’olio
vengono fatte delle formulazioni con additivi anti-frizione nel senso di anti attrito per cui ci sono
dei modificatori di attrito; praticamente questi modificatori si attaccano alle superfici e facilitano la
lubrificazione però generalmente abbassano lo spessore del film d’olio, perché comunque in
riferimento alla formula dell’orbitale, più basso è lo spessore e meno olio muovi, se tu hai molto
spessore di olio è una pompa, perché è studiato. Allora se tu riesci ad avere meno spessore, pompi
meno olio, si muove meno olio nell’orbitale e spendi meno energia; ai vari banchi, varie bronzine,
risparmi qualcosa anche fino a 0,5 o 1%. Però è chiaro che uno spessore più basso di olio può
portare statisticamente a più contatto tra le pareti, tra l’albero e la bronzina, quando hai contatto hai
usura, perché hai una velocità relativa; hai un’usura e quindi puoi avere un’usura della bronzina e
va perciò provata anche questa in affidabilità, va fatta una sessione di prove metti insieme magari
non so la benzina, l’olio, una valvola, metti insieme magari una molla e vai a vedere con i giri di
pista come è il comportamento. Per questo vi dico che quello che si prova oggi andrà in gara tra tre
o quattro mesi; quello che corre adesso è stato provato 4 mesi fa. Quando qualcuno mi chiede “cosa
hanno le corse in, più rispetto ad altro?”, le corse secondo me ti danno un gran metodo in questo, è
chiaro che anche a noi sfugge qualcosa a me in primis, però ti danno un metodo sulla qualificazione
delle attività, perché chiaramente l’obiettivo delle corse è molto semplice; qual è l’obiettivo di una
gara? O meglio per un ingegnere? E’ percorrere una distanza nel più breve tempo possibile, basta.
Se l’hai percorsa più piano di un altro sei secondo e così via. Noi dobbiamo percorrere nel nostro
lavoro una distanza nel più breve tempo possibile, noi dobbiamo progettare nel più breve tempo
possibile, dobbiamo calcolare, pensare, trovare nel più breve tempo possibile, dobbiamo trovare una
soluzione insieme nel più breve tempo possibile. E questo secondo me è molto formativo. In
produzione un mio omologo Responsabile motori di serie ha altri obiettivi, è chiaro che anche lui ha
un tempo perché se il marketing prevede che fra un anno bisogna vendere questa moto, se tu la
vendi dopo due non la vendi più, l’azienda spende, non incassa e fa i debiti, detto in maniera molto
semplice. Però ci sono molti più attori che partecipano a questo raggiungimento, capito? Nelle corse
invece bisogna cercare di sintetizzare i pensieri e le idee nel più breve tempo possibile. Se
l’ingegnere che lavora con me, che è nel mio gruppo e di cui io sono responsabile, torna il lunedì
pomeriggio dalla gara dall’altra parte del mondo, il lunedì pomeriggio si fa la riunione perché
magari il martedì è già tardi; perché se noi decidiamo lunedì pomeriggio un’attività per il martedì,
martedì mattina alle 8 si parte, la sala prove è pronta, l’officina è pronta e guadagni mezza giornata.
Questo è fondamentale, perché se uno inizia a farsi sconti non arrivi più, capito? E soprattutto
sapere; se uno vede un problema, tenerlo sotto controllo, mai far finta di niente. Adesso vi faccio
vedere un altro video che è un po’ la sintesi della Racing.
(video)
Manganelli: Sono immagini delle ultime due stagioni; non abbiamo vinto il mondiale piloti ma
abbiamo vinto il mondiale costruttori. Questo è avvenuto 4 volte negli ultimi 5 anni e devo dire che
sono soddisfazioni perché una casa prima di tutto realizza dei prodotti e sapere che questi prodotti
comunque, in un’attività più estrema, risultano i primi è importante; il mondiale costruttori non se
lo ricorda mai nessuno se lo ricordano solo gli ingegneri, tutti ricordano il mondiale piloti. La
Ferrari ha vinto tanti mondiali costruttori e ha vinto un certo numero di mondiali piloti; ma il
mondiale costruttori te lo ricordi solo se ci hai lavorato sennò no. Comunque è molto importante; è
chiaro che il mondiale piloti è quello di riferimento perché ad un certo punto della stagione decidi
qual è il pilota su cui contare e deve essere un processo abbastanza naturale in un’azienda, non è
questione di ordine di scuderia, ci si rende conto di chi sta migliorando col veicolo e chi ti sta
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seguendo in un processo di sviluppo di un veicolo e come evolvono le cose. Se poi tutti e due
stanno davanti questo è positivo, per carità non voglio dire di no, però è chiaro che bisogna decidere
nella vita perché lì vince uno solo, quindi bisogna essere molto capaci e riuscire anche a concentrare
gli sforzi su quello che serve; dare delle priorità, ve le date voi quando preparate gli esami, me le dò
anche io tutti giorni quando c’è da mettere in fila tante cose. Questo è qualcosa che secondo me già
alla vostra età bisogna fare; già da giovani bisogna imparare a darsi delle priorità perché dopo
l’azienda alla fine chiede questo. Anche a me piacerebbe fare mille cose sul lavoro, però bisogna
fare quello che serve! Io dico sempre ai miei quando propongono tante cose “facciamo quello che
serve per andar più forte, quello che serve per essere più affidabili! Non facciamo quello che ci
piace.”; già stiamo facendo un lavoro bellissimo, perché per me è bellissimo. Io sono arrivato alle
corse ma non è che ci sono arrivato per caso, cioè io fin da ragazzino avevo la passione dei motori e
delle competizioni da corsa; mi piaceva molto la F1, ma mi piaceva la F1 perché i motori erano a 4
tempi, cioè non è che sapevo che cosa era un 4 tempi però sapevo che nelle moto c’erano dei motori
che non mi attiravano più di tanto, ma non me ne voglia nessuno; c’è qualche appassionato dei
motori a 2 tempi che va lì…? No, siete tutti ingegneri… Io avevo intuito questo, poi avevo anche io
un motorino a 2 tempi chiaramente, però capivo che nelle auto c’era qualcosa che mi interessava di
più perché i motori erano più complicati, c’erano più pezzi, c’era più meccanica. Non capivo le 2
tempi perché era così semplice, cilindro… non lo capisci quando hai 12-13 anni e giri col motorino
in mezzo alla campagna, però sapevo che le macchine erano più complicate. Dopo quando ci fu
questo cambiamento io ricordo ancora che dissi a mio padre, che era ancora vivo, “guarda papà se
cambierà regolamento secondo me ci saranno grandi possibilità di lavoro per gli ingegneri”. Io
lavoravo da Forghieri e iniziammo con lui a pensare ad un 3 cilindri per la BMW, facemmo un
progetto... E gli dissi “è un’occasione incredibile, le moto passavano ai 4 tempi e non torneranno
più indietro”; infatti non torneranno più indietro, almeno nelle gare di velocità. Qualcuno ancora
dice che bisognerebbe tornare ai tempi in cui c’era meno elettronica il problema è che se torniamo
ai 2 tempi adesso con meno elettronica, uccidiamo i piloti, anche se rimane comunque uno sport
pericoloso anche coi 4 tempi perché le moto sono estremamente pericolose. E quindi capii che c’era
la possibilità di entrare anche nelle moto e la moto da ragazzino è la prima cosa che puoi comprare,
non puoi comprare una macchina ed andare in giro in mezzo ad un campo; è il primo mezzo con cui
ti esprimi e fai dei danni a te, agli altri, magari solo a te, o smonti il motore e non sai più
rimontarlo... così, insomma. Domande?
B: Mi chiamo Fanny. Una domanda da energetica. Volevo sapere sia in Aprilia che nel mondo delle
corse in generale, si è mai pensato di fare qualcosa di più sostenibile? Cioè visto il consumo di
benzina che da sempre fate c’è una prospettiva futura a lungo termine in questo senso?
Manganelli: La tua domanda è più che chiara, anche perché prima io vi faccio vedere il video di
Piaggio che parla di sustainibility e dopo dall’altra parte invece gente che accende la moto, motori
che girano con consumo d’olio più alto del normale, si consuma benzina tutti i giorni… E’ vero,
allora secondo me il motociclismo in generale o l’ingegneria che c’è dietro le moto è qualche anno
indietro rispetto all’ingegneria delle auto; questo non vuol dire che facciamo prodotti antiquati
perché comunque girare 16 mila giri e far potenza massima 15, 240 CV/l sei avanti; non si può dire
sono motori antiquati. Le auto chiaramente vedono prima i cambiamenti; un esempio sono le
bronzine degli alberi motore, delle bielle, nelle auto già da qualche anno sono senza piombo, sono
bronzine in acciaio rivestite in alluminio con uno strato che pian piano si va a consumare, però sono
di base in acciaio con rivestimento in alluminio. L’hanno fatto per sostenibilità perché tu quando
butti via il motore butti via il piombo. Le sedi sono già obbligatorie senza berillio, infatti nelle auto
siamo già passati alle sedi sinterizzate; le moto stanno passando; così pure per le guide ecc.; nelle
moto ancora usiamo bronzine al piombo… Questo avverrà, come anche per la benzina: le Power
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Unit secondo me sono un’opportunità; quello che secondo me va fatto e il motivo perché non si
passi subito è packaging. Cioè, su una macchina della F1 le batterie, le Power Unit che hanno
concepito adesso, che piacciano o non piacciano, che facciano rumore o no non mi interessa, hanno
spazio dove tu le possa metterle; una moto deve essere un veicolo molto leggero perché si muove in
uno spazio, come diceva Domenicali, un po’ come un aereo, cioè oltre a fare un movimento così c’è
anche un movimento di questo tipo perché i raggi di curvatura sono diversi, quindi se voi prendete
una moto a casa e la piegate da un lato non si piega così, si piegherà puntando il muso nella
direzione; infatti le moto nelle curve veloci non si piegano perché si utilizza lo sterzo, curvano
perché il pilota le piega e allora diversi raggi di curvatura hanno una deriva da una parte e da
un’altra (addirittura alcuni piloti entrano in curva con lo sterzo girato!). Comunque tutto per dire
che il problema è il packaging; cioè il Power Unit ecc. arriveranno anche nelle moto di un certo
livello, arriveranno anche nelle competizioni per fare esperienza, ma ci vorranno degli anni perché
le batterie, questi gruppi ibridi, non sono così facili da impacchettare. Pensa per esempio
all’iniezione diretta; l’iniezione diretta c’era 40 anni fa, io non lo sapevo che la Ferrari aveva fatto
un motore a iniezione diretta, però l’iniezione diretta nelle macchine, nelle Audi - come si
chiamava? TurboFSI… - come anche i turbo, ci sono da una vita. Il turbo e l’iniezione diretta hanno
un rendimento superiore… Ma quale è il punto? Intanto che in una motocicletta devi avere una
pompa ad altissima pressione, non sono i 10 bar che dicevo prima, ma 500 o 1000; sono pompe
grosse che assorbono prestazione, sono pesanti, hai bisogno di un serbatoio con un ulteriore
pompamento che carica questa pompa meccanica; hai bisogno di un sistema di controllo più
voluminoso di una centralina normale perché hai bisogno di energia; l’iniettore è una bobina, tu hai
una molla da una parte, dall’altra parte hai una pressione, tu la ecciti e lui apre per mandare benzina.
Quindi è tutto l’hardware che è molto più pesante. Io come Responsabile dell’area motori Aprilia
Racing ho l’obbligo di portare innovazione al gruppo Piaggio, quindi non solo Aprilia, perciò anche
sul motore RSV4 del prossimo anno mi hanno chiesto di dare delle opinioni; poi bisogna vedere se
mi ascoltano, però io le dò, faccio il mio. Come gruppo Piaggio partecipo ad un progetto di
innovazione. Abbiamo parlato dell’iniezione diretta, l’abbiamo proposta, abbiamo incontrato la
Bosh, come abbiamo incontrato anche altri… il problema è il packaging, oltre ad un investimento
iniziale importante; perché chiaramente loro ti dicono “un veicolo diverso, non ti posso vendere un
pacchetto di ingegneria che ho venduto all’Audi o simile, ti devo vendere più customizzato”; quindi
andrebbero riprogettate le pompe, l’iniettore… i motori da moto sono più piccoli, i motori da
macchina sono sicuramente più ingombranti. I budget delle moto sono più bassi, considera che per
fare il progetto di una RSV4 20 che abbiamo fatto nel 2007 e che poi è stata venduta dal 2009 è
costato circa 18 milioni di euro, il progetto fino a quel punto lì: attrezzature, ingegneria, calcoli,
stampi, prototipi… Se tu vai a chiedere quanto è costata la 3 TurboFSI all’Audi, secondo me è
costata molto di più, non perché ha più componenti ma perché ha un’ingegneria più complicata.
Naturalmente alcuni componenti erano già standard; l’iniezione diretta della Golf a benzina va
sull’Audi A3, va sull’Audi A4, va su tutto; è difficile sulle moto riuscire a customizzare dei
componenti, quindi se arriverà qualcosa bisognerà che sia qualcosa di molto piccolo che vada bene
ai giapponesi, agli europei, all’Aprilia, alla BMW, alla Guzzi, alla Harley… invece nelle auto c’è
più customizzazione; la Bosh ha venduto l’iniezione diretta a tutti, dalla Ferrari stradale, alla BMW,
Volkswagen, ecc. Nelle moto è più difficile, una risposta è questa; ma perché abbiamo tutti moto
diverse, ognuno ha il suo imprinting. Cioè quando tu compri una macchina, prendi per esempio
un’Audi A3 che è una macchina medio-alta di livello, il motore come è? Un 4 in linea? Penso di sì.
E’ inclinato da una parte? Il cambio sarà trasversale perché le fanno tutte così. Bo, sinceramente
penso di sì. Io sono appassionato di meccanica, però se tu compri una BMW 1000 RR sai che hai 4
cilindri in linea, l’alesaggio 80… cioè è chiaro perché lo vedi; nella macchina non lo vedi il motore,
apri il cofano vedi tutta plastica, poi sai che con 3 viti smonti tutto e lo tiri fuori. Questo è un
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problema perché ognuno progetta… i giapponesi per esempio fino ad adesso tutti 4 cilindri 1000,
sono tutti fronte marcia, 4 in linea, sbaglio? E’ quello. Probabilmente dovrebbero essere i costruttori
che si mettono insieme; questi cambiamenti avvengono solo se le grandi case si mettono d’accordo.
Cioè se domani Aprilia fa un accordo con Piaggio, con BMW e magari fa un accordo con Ducati
per l’iniezione diretta e dicono “ok, cerchiamo di standardizzare i componenti”, allora sì. Spero di
averti risposto. C’è bisogno di lavorare ancora e siamo un po’ indietro con le moto; io non so se lo
vedrò, ho 41 anni, non sono vecchio, mi giudico giovane e voi siete estremamente giovani anzi
quando arriverete voi direte “pensa Manganelli cosa ci aveva detto, che sfigato che era!”. No,
secondo me bisognerà arrivarci. Io sono stato in Giappone 5 giorni a Pasqua, per lavoro - stasera la
facciamo così, più discorsiva, siamo tutti stanchi da una settimana pesante -, tu vai in Giappone e in
aereo a Francoforte se ci sono giapponesi tre quarti hanno la mascherina; arrivi in Giappone, di
solito si arriva a mezzogiorno per questioni geografiche, scendi, vai in aeroporto, prendi un taxi e
vedi la gente per la strada tutti con la mascherina, in centro a Tokio. Ma perché loro hanno la fobia
dell’inquinamento, sanno che il livello di inquinamento si è talmente alzato che loro si proteggono
così; loro escono, tu li vedi per la strada che parlano, parlano con la mascherina. Nelle aziende, la
gente è in ufficio con la mascherina. Pensa se ad una ragazza di 25 anni, di 30 anni dici “guarda tu
esci di casa con la mascherina”, cioè questa esce col rossetto, tutta bella carina, pronti via… questi
invece hanno la mascherina, non li vedi… perché sono fatti così. Probabilmente hanno ragione loro.
Nelle aziende che ho visitato in cui fanno componenti Racing, hanno la mascherina; ma anche a
Bologna servirebbe, ci sono dei giorni… Diceva Forghieri che non le guardano più le colonnine
perché sanno, poi da noi c’è la nebbia… è finita. Un mio amico lavora per una multinazionale è
stato a Shanghai e a Pechino ed è irrespirabile l’aria. E’ vero, nelle corse bruciamo benzine
particolari; la nostra benzina viene travasata portando una maschera perché chiaramente è una
benzina pericolosa. Ho dei figli, ne avrai anche tu, quindi… Prego.
C: Quando c’è stato il passaggio nella categoria del 125 250 alla Moto2, Moto3 che effetto c’è stato
nell’Aprilia?
Manganelli: Allora il primo effetto è stato quello di una riduzione del personale di circa 20-25
persone; chiaramente erano persone che non avevano intenzione di convertirsi. Cioè l’azienda ha
fatto un processo molto naturale, mancava dell’utile perché noi vendevamo circa 150 motori l’anno,
30 motociclette… poi considera che un RSA 125 per una stagione full inclusive veniva venduta a 1
milione di euro, esclusi i ricambi e la caduta; tu avevi tutte le revisioni motore, avevi le revisioni
cambio eccetto carene e roba che rompevi quando cadevi. 1 milione di euro, ne vendevamo 10-12
all’anno, solo di 125 RSA. Poi c’era l’RS quella normale, costava molto meno, costava 500-600
mila euro; non aveva la possibilità di vincere, doveva esserci un pilota ma non ha vinto mai, era
dietro. Le 250 costavano 1,5 milioni di euro e ne abbiamo vendute una decina, esclusi i ricambi e la
caduta. E quindi mancando questo utile è stato fatto un ridimensionamento importante; abbiamo
fatto il Rally, abbiamo fatto un po’ le Motocross che abbiamo venduto; il Rally, lo abbiamo
venduto; poi abbiamo iniziato l’esperienza in SBK in cui abbiamo venduto, però Piaggio ha messo
dei soldi. I 2 tempi come funzionava? Il meccanico si montava il suo motore, provava, dopo erano
abituati a far così: non si parlavano perché ognuno era orgoglioso del proprio; per i 4 tempi è
impossibile perché il meccanico prova il motore, scrive come è andato, compila la tabella e arriva in
officina, dopodiché si fa la relazione, si sa cosa proviamo ma non tocca niente. Loro praticamente
lavoravano in maniera molto autonoma e i risultati venivano perché i 2 tempi era un po’
un’alchimia, erano degli sciamani questi personaggi che pensavano ai condotti e giravano con
queste valigette in pista con cilindro e pistone, lo raccontavo ieri sera a lezione ai ragazzi; e quindi
non si sono volute integrare e hanno trovato altre destinazioni. Per noi è stata prima di tutto una
perdita di fatturato importante, oltre che una perdita anche storica, perché è chiaro che se domani,
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ma penso che non avverrà, uno debba rimanere con i 2 tempi è persa tutta la storia; la gente ormai è
formata sul 4 ed è così. Comunque non penso che il 2 tempi se non si riesce a metterci l’iniezione
elettronica di un certo tipo probabilmente non è un motore che può dare una mano. Ci hanno
provato a restare con i 2 tempi; anche Cross KTM ci è rimasta, per una questione di marginality di
mercato perché c’è ancora un po’ di gente che preferisce il cross a 2 tempi quindi loro dicono “beh,
li vendo, faccio fatturato, li produco”, perché ormai i costi di produzione sono bassissimi nei 2
tempi. Però di fatto in realtà il vero business della KTM è il 4 tempi. Quindi la prima cosa è stata
una riduzione delle persone e chiaramente riduzione dei costi. Comunque la cosa più importante
delle aziende sono le persone, non sono le attrezzature, non sono i banchi prova…sono le persone.
Io lo sostengo sempre quando facciamo le riunioni anche con alcuni dirigenti della Piaggio perché
magari mi dicono “bisogna investire qui, là”, generalmente tendo sempre a dire “prendiamo le
persone e poi prendiamo le cose”. Se tu il banco prova non lo fai andare non serve a niente; se tu hai
la persona la fai andare con un banco prova, lo fai in un altro turno, ma se tu hai il banco prova e
non hai le persone giuste non serve a niente. Se tu hai la persona giusta io gli trovo il lavoro, capito?
Se tu Piaggio mi dai le risorse economiche per pagarla io la faccio vendere, la formo, fra 3 anni è…
Nome?
D: Sono Luciano. Una curiosità, uscirà mai una RSV4 600 o un 4 in linea 600…?
Manganelli: E’ stata analizzata questa qualche tempo fa… Allora fare un 600 o fare un 1000 costa
uguale, il motore; però se tu pensi che andrebbe rifatta la moto, è un ulteriore costo. Allora a questo
punto si è deciso di concentrare le energie, lavorando su un V4, sull’RSV4 per il prossimo anno. La
categoria 600 è molto bastonata dalle vendite, se uno va a vedere si alcuni giapponesi li fanno
perché ormai sono storici, sono tutti uguali, tutti con 67 di alesaggio, con motori molto simili, son
belle, vanno bene, girano anche forte però per l’Aprilia fare un 600 significherebbe rifare la
ciclistica, l’aerodinamica… e fare il motore e un V4 600 o anche un 4 in linea 600 costerebbe
molto; è comunque un motore nuovo.
D: Perché invece la MV l’ha voluto fare allora?
Manganelli: La MV ha fatto la F3 3 cilindri… non conosco le strategie operative di marketing della
MV però immagino che siano arrivati dei capitali, probabilmente dall’estero, per far qualcosa di
differente; perché loro intanto fanno un 3 cilindri che non è un 4; intanto ha una curva di coppia
molto diversa da un 4: un 4 sai anche tu che devi fare girare per avere coppia, un 3 guadagna un
pochino di giri e quindi un pochino di coppia, non gira tantissimo però è sempre il solito discorso
della velocità media del pistone... Io penso che l’abbiano fatto perché loro hanno un brand
fortissimo, perché MV è fortissimo. L’Audi voleva comprare MV invece poi ha comprato Ducati da
quello che ho capito; Mercedes voleva comprare MV invece da quello che ho capito è arrivato a un
fondo russo e infatti corrono in SBK con un team russo; io penso che l’abbiano fatto perché
comunque loro avevano di base un motore 4 cilindri a cui hanno modificato il basamento di fatto ed
è un motore nuovo, però di fatto son partiti da lì. Penso che l’abbiano fatto solo per una questione di
marketing, non perché quel mercato va bene. MV ha una nicchia, una nicchia importante, non so
quanti clienti abbiano nel mondo però hanno una nicchia; è chiaro che non è una nicchia come
quella che ha detto Domenicali – io sono rimasto impressionato – 10 mila clienti potenziabili che
comprano una moto da 40 mila euro più con IVA; è un numero impressionante. Sono impressionato
perché chiunque faccia una moto 1000 di un certo livello se non ha un potenziale numero di clienti
così… guardate che 10 mila persone sono tante, 10 mila ricchi che comprano una moto così son
tanti; magari non saranno 10 mila ma anche che siano 5, perché magari il marketing ha sbagliato i
calcoli, sono tante 5 mila persone, è un palazzetto dello sport! Quindi io penso che l’abbiano fatto
per fare qualcosa partendo da un progetto che avevano già in casa ecco. Prego.
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E: Io sono Arcangelo e studio Ingegneria elettrica. Volevo sapere se un ingegnere elettrico ha un
ruolo più o meno importante nella realizzazione e sviluppo all’interno dell’azienda?
Manganelli: Secondo me l’ingegnere ha un ruolo importante, punto. Cioè, io sono abbastanza
ingegnere, penso che l’ingegnere ha un ruolo importante e fondamentale nella società. Se tu vedi
chi è ai vertici delle aziende molto spesso è un ingegnere, non c’entra che sia elettrico, elettronico,
delle telecomunicazioni, meccanico, aerospaziale, energetico, gestionale, ecc. L’ingegnere ha un
ruolo fondamentale perché è una persona che sintetizza e risolve dei problemi, non dico che gli altri
non lo fanno però lo fanno in maniera diversa. Mio fratello è un ingegnere meccanico come me e si
occupa di tutt’altro; lavora in Svizzera, per dirti, al marketing operativo della Procter & Gamble che
è una delle multinazionali del mondo di prodotti di grande distribuzione. E’ un ingegnere
meccanico, non sa niente di moto, motori però gli piace vedere le corse. Per quel che riguarda un
ingegnere elettrico, adesso non conosco esattamente quello che è il tuo percorso di studi, quello che
farai, però è un ingegnere elettronico di fatto. E’ un ingegnere che conosce gli impianti e che
conosce l’informatica, immagino. Comunque la moto ha un impianto elettrico viaggiante e spesso
ha grossi problemi perché ci sono delle matasse, fili che passano… ancora siamo un po’ agli albori,
la F1 è un passo molto più avanti in queste cose qui; quindi io penso che sicuramente c’è la
possibilità. Quello che ti posso dire è occupati anche di informatica, ti piace sì? Secondo me è
importante, l’informatica è fondamentale perché adesso si programma tutto in Simulink. Una volta
si faceva in C++, tutti quei linguaggi lì, adesso si usa molto Simulink; le nostre centraline viaggiano
tutte su Simulink, è fatto come un codice per scrivere strategie e software per blocchi, di fatto.
Usalo, imparalo perché quello lì nel curriculum è una cosa richiesta, in generale. Quindi tranquillo.
Secondo me avrai più futuro tu che un ingegnere meccanico, no a parte gli scherzi, i processi di
cambiamento non sono così veloci. La macchina elettrica è sicuramente un obiettivo ma non è la
realtà; la moto elettrica è un obiettivo ma non è la realtà. Tu considera che molte aziende lanciano
macchine elettriche anche perché loro hanno dei budget a fondo perduto, cioè mettono 20 milioni di
euro, 40 milioni di euro su un progetto e ci devono essere, perché se sanno che un concorrente sta
per uscire loro comunque vogliono essere lì. Cioè la BMW la macchina elettrica l’ha fatta, ma non è
che l’abbia fatta perché l’Audi non la sta facendo; l’Audi la sta facendo, l’ha già fatta, oppure
l’Audi ha investito in e-Tron e altre tecnologie lì e loro devono comunque essere presenti con
qualcosa; sono scelte diverse. Non ti fare nessun problema, anzi.
F: Sono Giovanni, ho due domande. Mi ha colpito vedendo il circolo dell’acqua il fatto che
passasse prima dal lato scarico della testa…
Manganelli: Perché tu dici che l’acqua calda… Si, è vero sicuramente nei progetti del passato era
così, perché circolava tanta acqua a bassa velocità perché non si riusciva a progettare pompe acqua
che girassero forte per problemi di gravitazione; invece adesso con tecnologie nuove, anche facendo
pareti leggere, riuscendo a simulare circuiti dell’acqua in anticipo rispetto a quelli che fai dentro la
testa… immagina CFI in un’anima dell’acqua, una volta non si faceva; si faceva l’anima per come
era, ma le perdite di carico non le sapeva nessuno, tu cosa facevi? Mettevi in pressione il circuito,
misuravi la pressione qui e lì e dicevi “questo è un ΔP”, allora dicevi “no, è troppo. Se la pompa ha
questa prevalenza allora io non arrivo a far girare l’acqua nel radiatore”, perché tu hai che la prima
perdita di carico è la testa, la seconda sono i radiatori e poi dopo avrai le tubazioni per tornare;
quindi è una somma di perdite, somma di resistenze... Con l’avvento del CFI nei condotti, il calcolo
dei circuiti dell’acqua dentro la testa, hai potuto ottimizzare queste perdite, quindi cosa si fa? Si fa
girare l’acqua molto velocemente, sai che il coefficiente di scambio aumenta facendo circolare
l’acqua quindi l’acqua non fa in tempo a trasferire calore all’aspirazione, mentre passando molto
velocemente nei tratti caldi lo asporta, proprio per la proprietà che la velocità trasferisce calore,
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capito? Quindi si è preferito progettarli in questo modo qui. Se tu vai a vedere nel passato i motori
avevano pompe d’acqua enormi, invece adesso hanno pompe d’acqua più piccole che girano forte
quindi a parità di intervallo di tempo mandano poca acqua ma in maggiore velocità, quindi la
portata chiaramente è la stessa. Adesso si tendono a fare circuiti con molto bassa perdita di carico,
così circola velocemente, quindi la tua curva di resistenza si abbassa.
F: L’altra domanda, parlando della SBK, ma queste moto da quelle di serie in cosa si differenziano,
materialmente, i componenti vengono utilizzati allo stesso modo…?
Manganelli: Allora noi siamo entrati nel 2009; io penso quasi sicuramente che Aprilia abbia alzato
l’asticella sia per la prestazione che per i costi, infatti a noi ci hanno accusato di avere un motore
troppo lontano dalla serie, l’ha detto oggi anche Domenicali: la moto SBK è estremamente veloce,
il motore non è quasi niente, non l’ha detto, ma lo voleva sottolineare, invece il motore della moto
di serie è un pochino sopra aspettative. Il discorso della distribuzione degli ingranaggi, quando noi
abbiamo ottenuto la distribuzione degli ingranaggi nella SBK ci hanno guardato come per dire “ma
non è la MotoGP” e noi abbiamo detto “sì, ma da regolamento è possibile”; ci hanno fatto correre
una parte della stagione e dopo ce l’hanno vietata. Questo ti dice quanto siano diverse, capito?
Quindi le fusioni sono le stesse; alcune lavorazioni sono le stesse; l’albero motore è alleggerito;
pistoni, bielle, valvole, asse a camme… tutto è diverso; quindi di fatto il motore è molto più
evoluto. Però il regolamento lo permetteva, il budget c’era, noi volevamo vincere e il motore è una
parte fondamentale della motocicletta e quindi questo è quello che dovevamo fare, se non avessimo
fatto questo non avremmo vinto. Non sto a screditare il veicolo o l’aerodinamica ma se non
avessimo fatto così non avremmo vinto; è stato speso molto, ci sarà un trasferimento ai prodotti di
serie e non solo lì, abbiamo sviluppato trattamenti superficiali per ridurre gli attriti, il rendimento
meccanico del motore… però è vero che abbiamo alzato l’asticella; infatti adesso il prossimo anno
la vogliono passare e lì vincerà chi avrà prodotto di serie competitivo; infatti noi ci stiamo
lavorando. Non sarà facile però, la Ducati sarà quella che pagherà meno, perché loro sai è sempre il
solito discorso, mettono sul mercato una moto da 50 mila euro che è una derivata della SBK e se
consuma un po’ di più di olio chi se ne frega tanto non ci andrai mai a Reggio Calabria, capito?
Cioè non è che dici “vado a fare un viaggio” con la Superleggera, dove vai? Arrivi che ti devono
ricoverare! Altro che visus! Poi sono moto che sono molto estreme; va bene per andare in pista e
poi bisogna saperci andare. Perché è il solito discorso, se la porti al limite va bene se non la porti al
limite non la guidi. Io ho un grande rispetto però sono moto molto estreme. E’ come avere un pilota
scarso ma con un moto estremamente competitiva, non ti potrà mai portare avanti lo sviluppo; come
avere un motore scarso su un telaio ottimo, sarà perfetto in percorrenza però non esprimerà velocità.
Quella moto lì se non ha un pilota di un certo livello è una bella moto, però tu capisci che davanti è
in magnesio, il motore è in alluminio, la coda sarà in alluminio come il telaio… cioè il magnesio
non è un materiale così flessibile da dare buone reazioni, loro l’avranno provata però l’obiettivo lui
l’ha detto molto chiaramente: era il peso, si chiama Superleggera non si chiama “superguidabile”. I
telai in alluminio ci sono nelle moto in generale, Ducati ha percorso la strada del tubolare per tanti
anni, dopo sono passati alla parte davanti in alluminio… per esempio le moto da cross giapponesi
hanno il telaio in alluminio, anche le stradali, l’alluminio è consolidato ormai nelle moto. Secondo
me quello che avrà un futuro e che è poco conosciuto nei motori, io penso sia più il magnesio; oggi
Diego parlava di plastica, non lo so, perché poi per noi ingegneri meccanici tutto ciò che non deriva
dal legame ferro-carbonio non va bene. Io penso che quello che avrà un grosso futuro nei prossimi
10 anni sarà il magnesio, ma non tanto in applicazioni veicoliste, quanto motoristiche. Il magnesio
se trattato, lavorato e ulteriormente rivestito in un modo giusto ha delle proprietà incredibili; intanto
di peso, pesa veramente poco, poi se uno progetta bene lo può rendere anche rigido. Il problema del
magnesio è quello che diceva lui, cioè tu la moto la usi al mare, chiaramente l’ambiente salino è
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altamente corrosivo quindi vanno fatte delle reazioni e studiati dei rivestimenti che già ci sono, però
la qualità non è un gran che. Ti posso portare un esempio, noi abbiamo le pompe a olio in magnesio,
nella moto SBK; i motori partono e vanno in America o in altri luoghi perché spediamo i motori nei
vari campi di gara, quando rientrano ci si accorge che il magnesio è stato in un ambiente non
adeguato; sono rivestite le pompe però non è che abbiamo una particolare attenzione, perché non ho
conoscenze di rivestimenti anticorrosione. Se va bene ok, sennò la buttiamo via e la cambiamo.
Però penso che il magnesio sia il futuro. Pensa che 20 anni fa non si sarebbe mai pensato di fare
delle scocche in alluminio, però sono arrivate; l’Audi ha fatto di tutto, sono veramente avanti. Io
penso che il magnesio nei prossimi 10-20 anni prenderà il posto dell’alluminio; ad esempio un sotto
basamento come lo vedevamo lì, che non ha problematiche di rivestimento di canne, il magnesio
non lo vedrei male; fuso e progettato bene. E’ chiaro, non è che uno può andare così in una fonderia
di magnesio e ci prova. Il problema è che in Italia stiamo perdendo delle competenze di fonderia.
Considera che ce ne è una qui sul Panaro che prima ha avuto il terremoto e una parte è venuta giù,
un’altra volta c’è stata un’alluvione, un’altra volta non so cosa ha avuto, era già in difficoltà perché
non è che la fonderia abbia tanto mercato e anche Lamborghini ha cambiato fornitore, perché come
fai? Non gli puoi dire “adesso sistemo questa parte qua e arrivo”, perché loro hanno bisogno di
vendere, di fare basamenti, di andare avanti. In questo momento in Italia non ci sono grandi
competenze, perché le abbiamo perse, perché purtroppo abbiamo mollato l’attenzione quando era il
momento invece di mettersi sotto. Mentre in Germania, in Inghilterra, le competenze sono
aumentate, fonderie di alluminio ce ne sono di ottime, qualità perfetta, e anche di magnesio; anche
in Francia sono bravi col magnesio come anche con la microfusione. Quindi secondo me il
magnesio potrebbe essere un’alternativa nei prossimi 15-20 anni. Non penso per le parti del veicolo,
non me ne intendo molto, però penso che si possa fare un sotto basamento in magnesio, per le moto
da corsa ma anche per le moto stradali.
F: Che caratteristiche particolari ha il magnesio?
Manganelli: A livello di densità è certamente minore quella dell’alluminio; chiaramente si allunga
di più quindi questo non è a favore, però se irrigidito… cioè bisogna progettare la rigidezza, non a
carico; se uno progetta la rigidezza secondo me le cose le può far bene, può fare una struttura fatta
bene, chiusa… fatta in un certo modo. Il calcolo strutturale può contare molto però serve la qualità
del materiale, serve fondere bene, utilizzare anche tecnologie sottovuoto per evitare storie e
mancanza di consistenza… e poi la lavorazione meccanica perché il magnesio se lo lavori
normalmente si infiamma quindi ha bisogno di metodi particolari. Io penso che possa essere
un’alternativa. C’è qualche altra domanda, curiosità? Ma anche su quello che abbiamo visto prima,
non solo così in generale. Allora Riccardo guarda l’orologio, che ore sono?
Guidetti: Le 22 circa, se hai dei filmati da farci vedere…
Manganelli: Li ho fatti vedere tutti io.
Guidetti: No, quello della tua riunione dentro... me l’avevi fatto vedere.
Manganelli: Ah, il backstage aspetta. Si si, giusto.
Guidetti: Finiamo con quello e poi ci diamo la buonanotte.
(video)
Manganelli: Questo è un backstage che è stato fatto in Aprilia a febbraio, quando è arrivato il
nuovo Direttore Generale. Questo è il Direttore tecnico e sportivo; Dario Raimondi; di fianco a
Marco c’è il Direttore tecnico. Questo qui è l’ufficio tecnico. Questo ragazzo qui è Responsabile
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dell’elettronica del team in gara, quello che va in pista. L’area Motori, che è l’area di progettazione.
Questa è una testa motore nuova per un motore più evoluto. Il vecchio 3 cilindri che ha fatto la
MotoGP del 2002. Questo è Marco Bertolatti, Responsabile Progetto e Sviluppo del veicolo. Questo
è Gianfranco Castiglioni, Responsabile dell’area Calcoli, un servizio parallelo alle tre aree, cioè
lavora per tutti lui. Poi c’è l’area dinamica del veicolo, sotto l’area Calcoli e c’è una ragazza
laureata in Matematica, l’Elena, che fa le simulazioni del veicolo. Questo è l’ingresso del reparto
corse; controllo qualità… un basamento; una macchina per fare il controllo dimensionale. Questo è
il laboratorio elettronica dove vengono fatti i cablaggi e le centraline. Questa è l’area di Sviluppo
veicoli dove abbiamo le moto e facciamo delle prove. Questa qui è la vecchia 500 da museo. Dario,
quel ragazzo lì a sinistra, è il Team manager, Dario Raimondi... Quindi avete visto un po’ tutte le
aree, c’era anche un pezza della sala prova ma è stato tagliato. Ecco per esempio con il Master in
Ingegneria visitiamo tutto il Reparto Corse in un pomeriggio e così diamo un’idea agli studenti di
cosa facciamo; perché a volte sembra uno di quei posti segreti… In realtà c’è un gruppo di persone
che lavorano con un obiettivo unico; i segreti ci sono? Si, però è anche vero che quello che poi si
vede non è più un segreto; nel senso che quello che è stato fatto vedere non è più un segreto. I
segreti è giusto che siano nelle menti degli ingegneri, nei pezzi interni al motore che nessuno vedrà,
è così generalmente. Va bene, io vi ringrazio per la pazienza. Grazie ancora, spero che sia stata una
giornata diversa, voglio ringraziare in primis Riccardo perché ha veramente fatto una cosa molto
bella, dalla prima idea quando ci siamo sentiti e abbiamo detto “dai facciamo qualcosa”; non era
mai stata fatta una cosa del genere e io spero che si possa replicare. La squadra c’è e quando c’è la
squadra bisogna portare a casa il risultato. Quindi in bocca al lupo per tutto e speriamo di rivederci
presto. Comunque domani ci vediamo.
Guidetti: Bene. Domani mattina c’è un autobus che abbiamo prenotato e ci viene a prendere alle
9:00 di modo che alle 9:30 siamo al COMP; Mario sarà già là ad attenderci e abbiamo due ore di
visita al “parco giochi” nel senso che ci sono queste 100 Yamaha e domani dovrebbe esserci un
altro raduno, di ferraristi, che va visitare il museo quindi ci dovrebbe attendere anche un parcheggio
pieno di Ferrari; non ho fatto domande però il sig. Poggi mi ha detto che domani incontreremo
anche questa sorpresa. Quindi passeremo queste due orette a visitare il museo per poi tirare le fila di
queste giornate, sempre con Mario. Poi domani daremo gli attestati, faremo una piccola customer…
L’obiettivo è quello di finire lì verso le 12:30 per poi rientrare qui al Bononia. Ci vediamo qui
domani mattina. Buonanotte.
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