MORE THAN ONE GIGAWATT OF EXPERIENCE

M O R E T H A N O N E G I G AWAT T O F E X P E R I E N C E
3
ARGOMENTO
Impianti solari termodinamici
AMBITO GEOGRAFICO
Globale
PAROLE CHIAVE
csp, impianti solari termodinamici, meccanismi di incentivazione,
sistemi di concentrazione solare, anest
CONTATTI
Mauro Moroni [email protected]
Alessio Secchiaroli [email protected]
MORONI&PARTNERS
Il solare termodinamico è una delle più interessanti e promettenti tecnologie per la produzione di energia
elettrica e termica in aree caratterizzate da elevata radiazione solare diretta.
Moroni & Partners, uno dei principali Technical Advisor italiani nel settore delle energie rinnovabili e
dell’efficienza energetica, ha deciso di produrre questo documento, con lo scopo di far conoscere al pubblico
potenzialità, applicazioni e limiti di questa tecnologia.
Di taglio prettamente scientifico ma con la volontà di essere anche divulgativo, questo documento esplora
i limiti di questa tecnologia e fa una panoramica sul potenziale di sviluppo del termodinamico nel territorio
italiano.
Ing. Mauro Moroni
MORONI & PARTNERS
RINGRAZIAMENTI
Nome
Affiliazione
Alessio Secchiaroli
Paolo Martini
Marco Martorana
Giuseppe Farchione
Paolo Lugiato
Antonio Toro
Moroni&Partners
Archimede Solarenergy
Unicredit Leasing
Innova
RTR Capital
Fera
4
IMPIANTI SOLARI TERMODINAMICI
Stato dell’Arte ed Incentivazione
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
INTRODUZIONE
LA RADIAZIONE SOLARE
SISTEMI DI CONCENTRAZIONE SOLARE
SISTEMI DI ACCUMULO TERMICO
SISTEMI DI GENERAZIONE ELETTRICA
UTILIZZI INDUSTRIALI DEGLI IMPIANTI CSP
ASPETTI AUTORIZZATIVI ED INCENTIVAZIONE DELL’ENERGIA PRODOTTA
BANCABILITÀ DEGLI IMPIANTI CSP
IMPATTO AMBIENTALE E SOCIO-ECONOMICO DEGLI IMPIANTI CSP
PROSPETTIVE DI SVILUPPO DEGLI IMPIANTI CSP
BIBLIOGRAFIA
5
17
26
37
46
58
67
76
83
87
90
5
IMPIANTI SOLARI TERMODINAMICI
Stato dell’Arte ed Incentivazione
1 Introduzione
1.1
Storia degli impianti CSP (Concentrating Solar Power)
La tecnologia degli impianti solari a concentrazione viene spesso ricondotta alla leggenda degli “specchi ustori” di
Archimede, tuttavia lo sviluppo a scopo di produzione di energia della tecnologia di concentrazione solare nasce
all’inizio del secolo scorso con prototipi già molto simili a quelli attuali, per forma e concetto. A tal proposito si può
portare come esempio l’impianto costruito da Frank Schumann (1862-1918) in Egitto, ultimato nel 1912 ed utilizzato
per la produzione di vapore per il pompaggio delle acque del Nilo con stoccaggio in acqua calda (Figura 1).
Figura 1: Impianto solare a concentrazione con parabole lineari (44-51 kW) costruito da Frank Schumann a Meadi in Egitto nel 1912. Fonte GSES.
Il vero sviluppo si ha tuttavia intorno agli anni ’60 e ’70 negli Stati Uniti in Francia in Russia, mediante esperimenti
riguardanti la resistenza dei materiali sottoposti ad alti flussi radianti e ad alte temperature indotte mediante
concentrazione solare.
In Italia la prima sperimentazione sugli impianti CSP è dovuta al Prof. G. Francia (1911-1980), che anticipò, a metà
degli anni ’60, concetti tornati oggi materia di sviluppo. Le sue iniziative furono orientate, infatti, a dimostrare le
potenzialità della concentrazione della radiazione solare mediante i primi impianti “proof of the concept” a Torre Solare
ed a concentratori lineari di Fresnel, entrambi oggi in sviluppo su scala industriale. Alcuni esempi della produzione
di Francia sono il sistema a specchi lineari orientabili con collettore fisso, realizzato nel 1964, che precorre l’attuale
tecnologia degli specchi di Fresnel e l’assorbitore protetto da celle a nido d’ape per diminuire le perdite per convezione
ed irraggiamento.
L’impianto che applica tali concetti, costruito a Marsiglia, era in grado di produrre vapore che si raccoglieva nella parte
alta del collettore ed era destinato ad alimentare una turbina per la produzione di energia elettrica (Figura 2).
6
A partire da queste realizzazioni pionieristiche verso la fine degli anni ’70 è stata realizzata grazie ad una collaborazione
europea la Plataforma Solar de Almeria (Figura 3), destinata alla ricerca sul solare a concentrazione e su altre
applicazioni ambientali dell’energia solare.
In seguito i primi veri impianti ad essere realizzati sono stati quelli a torre solare ed eliostati.
Dalla metà degli anni ’80 inizia anche la costruzione di impianti a parabole lineari (Stati Uniti) e la sperimentazione sulla
tecnologia Dish-Stirling (a disco parabolico).
Dalla metà degli anni ’90 infine la ricerca si sposta sui concentratori lineari di Fresnel, oggi in fase di sviluppo industriale.
Figura 2: Impianto solare a concentrazione con specchi lineari ed assorbitore con celle a nido d’ape per la produzione di vapore (a sinistra),
schema dell’assorbitore (a destra). Fonte GSES
7
Figura 3: Plataforma Solar de Almeria (PSA), immagine aerea. Fonte www.psa.es
1.2
Impianti CSP in Italia
La storia delle realizzazioni d’impianti CSP in Italia è costituita da una serie d’iniziative sporadiche a carattere
sperimentale, che partono alla fine degli anni ’70 con il progetto Eurelios di Adrano in Sicilia (impianto a torre).
L’impianto della potenza di 1 MW è stato oggetto di sperimentazione dal 1981 al 1987. Merita di essere ricordato
il Grande progetto Solare Termodinamico dell’ENEA, nato per volontà del professor Rubbia, che ha focalizzato la
sperimentazione sull’utilizzo delle parabole lineari e dei sali fusi come fluido di processo per rendere la produzione di
energia compatibile con le necessità della rete. Allo stesso modo, deve essere menzionato il progetto Eurodish che ha
permesso l’installazione e la sperimentazione dell’unico impianto in Italia con sistema Dish-Stirling, nel 2001.
L’impianto Archimede di Priolo Gargallo (ENEL, potenza 5 MW), inaugurato nel mese di Luglio 2010, rappresenta il
completamento del solare termodinamico di ENEA, il progetto è nato per produrre e fornire energia rinnovabile a 5000
famiglie tramite l’uso di 360 specchi parabolici. L’impianto sfrutta l’unione di un ciclo combinato e della tecnologia
solare dei concentratori parabolici lineari (54 concentratori da cento metri): il vapore ad alta pressione prodotto
dall’impianto solare è convogliato all’adiacente ciclo combinato a gas per incrementarne la produzione elettrica.
Il vero carattere innovativo della centrale, tuttavia, deriva dall’uso dei sali fusi, oltre che come mezzo di accumulo, anche
come fluido di processo in sostituzione dell’olio diatermico. Ciò permette di sfruttare temperature di processo superiori a
500 °C, accumulare maggiori quantità di calore con rendimenti più elevati e quindi superare il problema della mancanza
di sole durante la notte. L’impianto inoltre è in grado di produrre con linearità ed in modalità continuativa energia, senza
impatto sull’ambiente, allo scopo di far gestire al meglio il dispacciamento dell’energia prodotta.
Enel Green Power, assieme all’ENEA, sta partecipando a due bandi europei per costruire altre due centrali solari
termodinamiche: Archetype SW 550, che dovrebbe avere una potenza di 25-30 MW e funzionare come impianto di
dissalazione e Archetype 30, che, con 30 MW di potenza, dovrebbe fornire energia in Sicilia.
In stato maggiormente avanzato, Archetype SW 550 si trova a San Martino, in provincia di Catania, ed è nato per essere
il primo impianto stand alone ad alte temperature con tecnologia Parabolic Trough Concentrator (PTC).
8
L’impianto oltre ad essere integrato con un impianto a biomassa, dispone di un sistema di accumulo che garantisce una
produzione continua anche nelle ore notturne per produrre in modalità cogenerativa energia elettrica e acqua potabile.
Infine, come più recente esempio di impianto operativo all’interno del territorio italiano, vi è da segnalare il progetto
Archimede-Chiyoda Molten Salt Test Loop. Archimede Solar Energy (ASE) e Chiyoda Corporation hanno inaugurato
all’inizio del mese di Luglio 2013 la più avanzata centrale solare a tecnologia PTC. Archimede Solar Energy, società
del Gruppo Angelantoni è l’unico produttore al mondo di tubi ricevitori solari commercialmente disponibili per centrali
CSP, con tecnologia a concentratori parabolici lineari, che utilizzano nitrati di sodio e potassio (sali fusi) quale fluido
termovettore. La centrale rappresenta il primo impianto dimostrativo al mondo funzionante con sali Fusi a 550°, con
tecnologia a specchi parabolici, ed è situato nell’area industriale e produttiva di ASE a Massa Martana (Perugia). Anche
in questo caso il carattere innovativo dell’impianto è testimoniato dal fatto che gli impianti CSP a specchi parabolici
installati nel mondo, per oltre 2 GWe, utilizzano olio diatermico come fluido di scambio termico, consentendo una
massima temperatura di lavoro di circa 390°. L’olio è però inquinante ed altamente infiammabile, mentre questo non
accade per i sali fusi utilizzati da ASE.
Il percorso di sviluppo degli impianti CSP in Italia è stabilito dal PAN (Piano di Azione Nazionale per le Fonti Rinnovabili)
del Luglio 2010, che ha previsto, per il 2020, la produzione di 1700 GWh elettrici mediante fonte solare termoelettrica.
A ciò corrisponde una potenza installata di circa 600 MW.
Uno studio di RSE (Ricerca Sistema Elettrico), del 2012, ha stimato che l’area fisicamente necessaria alla produzione
di tale energia mediante CSP è di circa 25 km2. Tale area dovrebbe essere dislocata in quelle regioni aventi almeno
1600 kWh/m2/anno di radiazione solare diretta media (il valore consigliato per garantire un funzionamento efficace,
mantenendo il fattore d’integrazione con altra fonte, al di sotto del 15% è di circa 1800-2000 kWh/m2/anno).
Le regioni italiane che possiedono tale caratteristica sono Campania, Calabria, Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegna.
Lo stesso studio, ha stimato l’area disponibile per impianti CSP, nelle regioni menzionate, considerando le zone del
territorio regionale non urbanizzate e pianeggianti, ridotte mediante dei fattori che tengono conto della disponibilità
effettiva del suolo (per effetto di strade, ferrovie canali, coltivazioni ecc…) e della disponibilità locale di radiazione
diretta.
In questo modo è stato possibile stimare una superficie virtuale idonea all’installazione di impianti CSP pari a 2764 km2,
suddivisa secondo le indicazioni riportate in Tabella 1.
Come è evidente nella Tabella 1 ognuna delle regioni selezionate avrebbe una superficie virtuale idonea in grado di
ospitare interamente l’area di 25 km2 prevista per l’installazione di 600 MW.
9
REGIONE
SICILIA
CALABRIA
PUGLIA
BASILICATA
CAMPANIA
SARDEGNA
TOTALE
ZONA
Sup.
Idonea
grezza
Km2
Fattore di
disponibilità
suolo
Fattore di
disponibilità
solare
Sup.
Idonea
virtuale
Km2
Piana di Trapani-Marsala
50
0.2
0.9
9
Piana di Catania
430
0.7
1
301
Piana di Gela
250
0.6
1
150
Piana di Castelvetrano-Campobello di Mazara
227
0.4
1
91
Piana di Trapani-Marsala
50
0.2
0.9
TOTALE REGIONALE
1007
Piana di Gioia Tauro
243
Piana di S. Eufemia
188
0.05
0.07
6.6
Foce fiume Neto
50
0.05
0.07
1.8
Piana di Sibari
100
0.1
0.08
8
TOTALE REGIONALE
581
Ripartizione
Potenza
MW
344
122
15
5
757
267
39
14
78
28
9
560
0.05
Ripartizione
Energia
GWh/anno
0.07
8.5
24.9
Area di Taranto
0
Costa di Brindisi
0
Litorale di Porto Cesareo
0
Tavoliere Provincia Foggia
2930
TOTALE REGIONALE
2930
0.7
0.6
1230.6
1230.6
Piana di Metaponto
800
TOTALE REGIONALE
800
0.1
0.8
Piana del Volturno
742
0.1
0.5
0.3
0.6
64
64
Piana del Sele
500
TOTALE REGIONALE
1242
Piadura del Campidano
1850
0.5
Aree sparse Costa Sud
50
0.3
37.1
90
127.1
Piana di Arborea
0.3
0.8
740
0.8
12
0.7
0
0.7
5,3
Entroterra di Porto Torres
25
TOTALE REGIONALE
1925
757.3
466
164
TOTALE GENERALE
8485
2763.9
1700
600
Tabella 1: Ripartizione delle aree idonee ad ospitare impianti CSP in Italia. Fonte RSE, SOLARPACES 2012
1.3
Impianti CSP nel mondo
La potenza installata in impianti CSP è di appena 2.9 GW in tutto il mondo, anche se il primo impianto commerciale ha
iniziato a operare nel 1986, e nonostante l’ondata di costruzione iniziata in Spagna durante la metà degli anni 2000 e
proseguita negli Stati Uniti.
La Figura 4 permette di identificare meglio la fascia dei paesi che hanno investito e tuttora stanno investendo in nuovi
impianti.
Sono in fase avanzata di costruzione ulteriori 2,5 GW circa, di cui una quota pari quasi al 90% è rappresentata da
installazioni negli Stati Uniti ed in Spagna (Figura 5). Tuttavia, come è mostrato in Tabella 2, sono in fase di sviluppo
o comunque sono già stati approvati progetti per circa 10 GW in Nord Africa (Tunisia, Marocco e Algeria), Sud Africa,
India, Cile, Cina, Emirati Arabi e Australia. Nei prossimi anni si avrà molto probabilmente il sorpasso definitivo degli
USA nei confronti della Spagna (Figura 6), ma soprattutto l’emergere prepotente di nuovi mercati in paesi che godono
di condizioni di irraggiamento (in termini di radiazione normale diretta, DNI) estremamente elevate. La Tunisia, con un
progetto da 2 GW, presenta il tasso di crescita più elevato, che le permetterà nei prossimi anni di posizionarsi dietro a
Stati Uniti e Spagna come capacità installata (Figura 7).
10
POTENZA TOTALE [MW]
OPERATIVI
Algeria
25
ANNUNCIATI, PIANIFICATI
IN SVILUPPO
517
44
Argentina
Australia
IN COSTRUZIONE
16,3
20
103,5
Brasile
51
Canada
1
Cile
14
32
765
Cina
3,5
65,7
594
50
Cipro
Egitto
20
Francia
1
Germania
1,5
380
1,3
125
Grecia
India
12
58,86
254
548
17
Iran
Israele
6
431
Italia
5,35
30
Giordania
75
Kenia
0
Kuwait
110
Libano
52,8
12
Messico
Marocco
20
Oman
7
320
160
1,2
Papua Nuova Guinea
Portogallo
Qatar
Sud Africa
Spagna
2054,9
Tailandia
5
200
470
301
50
2150
Tunisia
Turchia
5
50
Emirati Arabi Uniti
100
USA
571,6
1322
2126,5
800
TOTALE
2915,01
2393,2
9856,8
Tabella 2: Stato degli impianti CSP installati, in via di sviluppo o previsti per area geografica. Fonte CSP Today Global Tracker
Molti paesi che si trovano ad una latitudine compresa tra 40° N e 40°S, hanno prospettive di crescita in questo settore
molto elevate, come riportato in Tabella 3. Ciò è principalmente dovuto alle caratteristiche peculiari degli impianti CSP
rispetto alle altre fonti rinnovabili, in particolare:
• Prevedibilità della produzione grazie alla possibilità di accumulo o ibridazione
• Elevata potenza specifica degli impianti
• Elevata quota locale negli investimenti
11
Figura 4: Distribuzione degli impianti CSP nel mondo al 2014, operativi in blu, in costruzione in giallo ed in sviluppo o pianificati in verde.
Tabella 3: Prospettive di crescita mondiale nel settore del solare termodinamico. Rielaborazione dati ANEST
12
Figura 5: Suddivisione delle quote di mercato in termini di capacità installata. Fonte CSP Today Global Tracker
Figura 6: Suddivisione delle quote di mercato in termini di impianti in costruzione. Fonte CSP Today Global Tracker.
13
Figura7: Suddivisione delle quote di mercato in termini di impianti in sviluppo. Fonte CSP Today Global Tracker
Nel lungo periodo, l’Agenzia internazionale dell’energia (IEA) stima che gli impianti CSP dovrebbero soddisfare l’8%
-10% della domanda globale di energia elettrica entro il 2050 al fine di contribuire a ridurre il livello di anidride
carbonica e limitare l’aumento medio della temperatura globale. Tuttavia, per soddisfare l’8% della domanda di
elettricità al 2050 sarebbe necessaria una significativa implementazione della tecnologia CSP al di fuori degli stati
membri del OECD (Organisation for Economic Co-operation and Development) e della Cina (Figura 8).
Figura 8: Scenario al 2050 della domanda di elettricità (GW) soddisfatta da impianti CSP. Fonte SBC Energy Institute
Per effetto della crisi economica alcuni piani per diversi progetti CSP sono stati cancellati o convertiti in solare
fotovoltaico, una tecnologia che beneficia di riduzioni del prezzo del modulo fotovoltaico. Tuttavia, la potenza installata
di CSP dovrebbe raggiungere quasi i 15 GW entro il 2017 grazie agli Stati Uniti, India, Cina, Medio Oriente e Nord Africa
(MENA).
La maggior parte dei progetti CSP si basa sulla tecnologia dei concentratori parabolici, nonostante la crescente quota di
torri solari.
Un elenco della potenza cumulata per impianti CSP nelle diverse aree geografiche, suddivisa per tipologia di sistema di
concentrazione, è riportata nella Tabella 4.
Come dimostrano i dati riportati, gli impianti con concentratori parabolici lineari rappresentano la maggior parte delle
capacità operativa grazie al loro vantaggio competitivo sui costi.
14
I sistemi a torre solare, nonostante la bassa capacità installata ad oggi, hanno un elevato potenziale e rappresentano la
prima vera alternativa agli impianti PTC.
Anche la tecnologia con concentratori lineari Fresnel sta vivendo un momento di lento e graduale sviluppo: il primo
impianto su larga scala è già in funzione in Spagna (Puerto Errado 2), ed altri due sono in costruzione (100 MW in India,
e 44 MW in Australia).
I sistemi con dischi parabolici (dish) sono in una fase iniziale di sviluppo e il loro decollo dipenderà dalle risorse che
saranno investite in Ricerca e Sviluppo. Tuttavia, questa tipologia ha maggior potenziale su taglie più piccole e si
adatterebbe efficacemente per rispondere alle esigenze della generazione distribuita.
Nel grafico che segue, Figura 9, sono riportate alcune conclusioni di uno studio condotto dall’Agenzia Internazionale
dell’Energia (IEA), nelle quali è possibile apprezzare il sorpasso che subisce la tecnologia dei sistemi PTC da parte della
tecnologia a torre solare in termini di quote di mercato per quanto concerne gli impianti pianificati (15,9% contro
17,6%).
REGIONE
Medio Oriente e Africa
STATO IMPIANTO
Operativi o in costruzione
Annunciati, pianificati o in sviluppo
LAT.AM.
Operativi o in costruzione
Annunciati, pianificati o in sviluppo
USA
Operativi o in costruzione
Annunciati, pianificati o in sviluppo
Asia e Australia
Operativi o in costruzione
Annunciati, pianificati o in sviluppo
Europa
Operativi o in costruzione
Annunciati, pianificati o in sviluppo
TECNOLOGIA POTENZA
PTC
432
Torre
61
LFC
Dish
PTC
1260
Torre
3028
LFC
165
Dish
40
PTC
26
Torre
LFC
Dish
PTC
430
Torre
400
LFC
5
Dish
PTC
1347
Torre
536
LFC
10
Dish
15
PTC
425
Torre
1700
LFC
Dish
PTC
392
Torre
56,5
LFC
190
Dish
1
PTC
2163
Torre
10
LFC
275
Dish
16
PTC
2278
Torre
54
LFC
32
Dish
PTC
38
Torre
100
LFC
12
Dish
125
Tabella 4: Stato degli impianti CSP installati, in via di sviluppo o previsti per tecnologia. Fonte CSP Today Global Tracker
15
I vantaggi peculiari degli impianti CSP nell’utilizzo dell’energia solare, si traducono in un costo di produzione
dell’energia, detto anche Levelised Cost Of Energy (LCOE), tendenzialmente basso per una tecnologia non ancora
totalmente matura. Esso rappresenta il prezzo cui dovrebbe essere venduta l’energia prodotta, per tutta la vita
dell’impianto, in modo da generare ricavi equivalenti al costo totale attualizzato sostenuto ed è fortemente decrescente
all’aumentare dell’irraggiamento diretto normale annuo. La variazione percentuale del LCOE in funzione del livello di
irraggiamento diretto normale (DNI) è riportata in Figura 10, nella quale la Spagna con DNI pari a 2100 è considerata il
caso di riferimento, a cui corrisponde il valore di LCOE del 100%. Questo genera prospettive di crescita maggiori in paesi
con valori di DNI (Direct Normal Irradiance) annui più elevati.
E’ evidente il vantaggio competitivo di alcuni paesi come Arabia Saudita, Marocco, Sud Africa, Cile ed alcune zone
dell’Australia e degli Stati Uniti (California, Nevada e Arizona) che potranno beneficiare di costi di produzione
dell’energia elettrica più bassi con la tecnologia CSP a causa dell’elevato valore di irraggiamento diretto normale
(Figura 11).
Figura 9: Stato di avanzamento dei progetti CSP in funzione della tecnologia. Fonte SBC Energy Institute
16
Figura 10: Variazione percentuale del LCOE [$/MWh] in funzione della DNI [kWh/m2/anno] rispetto al caso spagnolo con DNI 2100. Fonte DLR
Figura 11: Mappa mondiale di DNI. Fonte DLR
L’associazione ESTELA (European Solar Thermal Electricity Association) stima il raggiungimento della grid-parity (costo
competitivo con la generazione da fonte fossile) per impianti CSP intorno al 2025, con un LCOE inferiore a 100�/MWh.
Il raggiungimento della grid-parity passa per una prima fase di sviluppo con piccoli impianti da 50-100 MW, per circa
10-12 GW, quindi per fase una fase intermedia con 18-30 GW di impianti installati di medie dimensioni (100-250 MW
cadauno) ed infine per una fase di installazione di grandi impianti (con potenza maggiore di 250 MW) per una potenza
complessiva di circa 50 GW.
17
2 La radiazione solare
2.1
Radiazione Diretta e Globale
Gli impianti solari termodinamici (CSP) così come quelli fotovoltaici a concentrazione (CPV), non captano l’intera
radiazione solare che attraverso l’atmosfera giunge sulla superficie Terrestre, ma concentrando la radiazione su un unico
punto o una linea di fuoco, essi sono sensibili alla sola componente diretta, normale alla superficie captante.
La radiazione diretta è generalmente indicata come Direct Normal Irradiance (DNI) o Beam Irradiance (Gb) e può essere
espressa in [kWh/m²/anno] o [W/m²]. La conversione tra le due unità di misura può facilmente ottenersi considerando
che 1 [W/m²] corrisponde ad
8.760 [kWh/m²/anno], rappresentando, quest’ultimo valore, il numero di ore complessive nell’arco di un anno. Sono
dunque escluse la componente di radiazione diffusa dall’atmosfera e quella riflessa dall’ambiente che circonda gli
impianti.
La stima della radiazione diretta normale (DNI) non è così agevole come quella della radiazione globale; spesso è
necessario stimarla a partire dalla radiazione globale su piano orizzontale Global Horizzonthal Irradiance (GHI) e dalla
componente diffusa su piano orizzontale (DHI). Nella formula che segue è possibile individuare la relazione tra le tre
diverse componenti (nella quale θ rappresenta l’angolo di zenith solare):
z
GHI=DHI+DNI / cos θ
z
(1)
La determinazione indiretta della DNI richiede ovviamente la stima della GHI e della DHI. La GHI è di facile
determinazione poiché esistono numerosi database che la stimano con sufficiente accuratezza e la sua misurazione non
presenta particolari difficoltà.
Per la componente diffusa esistono correlazioni di stima che, a partire dalla radiazione globale su piano orizzontale
(GHI), la esprimono in funzione della quota, dello zenith solare e dei parametri di torbidità atmosferica. La più famosa di
queste correlazioni è nota come metodo di Liu-Jordan.
Rispetto alla componente globale, quella diretta è tuttavia influenzata in modo più consistente da alcuni fattori
meteorologici come il passaggio di nuvolosità di piccola scala e la torbidità atmosferica. Ciò determina un andamento
diurno con oscillazioni maggiori e più frequenti rispetto a quello della radiazione globale.
Tale caratteristica di elevata oscillazione della radiazione diretta rispetto alla globale, propria soprattutto dei siti con
clima temperato, può causare notevoli difficoltà agli impianti che registrano improvvise variazioni della sorgente di
alimentazione e quindi intermittenza di funzionamento. Gli impianti fotovoltaici a concentrazione sono spesso soggetti a
tali comportamenti alle medie latitudini e ciò ne riduce la producibilità.
Rispetto al CPV l’impianto CSP può compensare le brusche variazioni di DNI mediante l’accumulo termico o l’ibridazione.
Tuttavia per la convenienza economica degli impianti CSP si stima come necessario un valore medio annuo di radiazione
normale diretta (DNI) pari ad almeno 1800 [kWh/m2/anno].
Il valore di DNI e GHI sono spesso molto simili per i paesi del Mediterraneo se considerati come media annua, tuttavia il
ciclo annuale dell’irraggiamento normale diretto deve essere accuratamente valutato per un corretto dimensionamento
dell’impianto. In base al ciclo annuo della DNI, infatti, devono essere valutate le dimensioni dei sistemi di accumulo
o Thermal Energy Storage (TES) ed il valore del multiplo solare (vedi paragrafo 4.8) in modo da garantire un
funzionamento continuo del ciclo termodinamico durante tutto l’anno soprattutto nelle ore di mancato irraggiamento.
18
Se si misurano l’irraggiamento diretto e quello globale in giornate differenti, ad esempio una estiva ed un’altra invernale,
si noterà un rapporto estremamente differente tra componente globale (GHI) e diretta (DNI).
La prima, infatti, dipende dall’altezza solare (molto modesta in inverno), mentre la seconda è indipendente da essa.
Questo confronto è riportato a titolo di esempio per una località italiana, in Figura 12.
Figura 12: Misure della radiazione solare diretta (viola) e globale (blu) in una giornata invernale (sopra) ed estiva (sotto) nella stessa località.
Fonte www.solarthermalpower.it
Dai grafici mostrati in Figura 12, si evince che un impianto CSP potrebbe beneficiare anche in inverno di giornate con
sufficiente radiazione (componente diretta) e funzionare con continuità per un maggior numero di ore nel caso fosse
dotato di un sistema di accumulo adeguato.
19
2.2
Misurazione della radiazione solare
La misura della radiazione solare è chiaramente il metodo più sicuro per la stima delle potenzialità del sito oggetto
dell’installazione. Generalmente sono due le tipologie di strumenti utilizzati per tale misura:
Il piranometro (Figura 13), che possiede un campo di misura di 180°
Il pireliometro (Figura 14), che generalmente possiede un campo di misura molto ristretto, all’incirca pari a 5°.
Figura 13: Piranometro con sensore a termopila. Fonte Rumtor
Figura 14: Pireliometro con sensore a termopila. Fonte Deltaohm
20
Il primo serve alla misura dell’irraggiamento globale, mentre il secondo strumento misura l’irraggiamento diretto e,
a causa del ristretto angolo di accettazione, esso deve essere puntato accuratamente verso il disco solare. Entrambe
queste tipologie di strumenti possono essere dotati di sensori termici o fotoelettrici.
Nel primo caso l’irraggiamento assorbito da una superficie captante annerita è trasformato in calore e l’innalzamento
di temperatura della superficie è tramutato in segnale elettrico da una termopila (insieme di termocoppie collegate in
serie). Il sensore deve essere ovviamente difeso dalle dispersioni termiche (doppia cupola trasparente sul piranometro).
Nel secondo caso invece l’irraggiamento è tramutato direttamente in segnale elettrico attraverso un fotodiodo,
dispositivo a semiconduttore con giunzione P-N che funziona in base allo stesso principio dei pannelli fotovoltaici.
La misura della radiazione normale diretta può essere compiuta anche per differenza servendosi dell’equazione (1) e
misurando la radiazione globale e la diffusa. In tal caso si possono utilizzare due piranometri, dei quali uno misura la
radiazione globale mentre l’altro misura la radiazione diffusa, essendo privato della radiazione diretta attraverso l’uso di
bande o sfere (shading bands o shading balls) che oscurano il disco solare seguendo il percorso del sole (Figura 15).
Tale misura deve essere confrontata con quella del pireliometro e corretta per tenere conto della diversa catena di
misura.
Figura 15: Piranometri e pireliometro montati su un sistema di inseguimento, con shading balls per la misura della radiazione diffusa.
Fonte Kipp & Zonen
La stima della radiazione solare è possibile oggi anche utilizzando le immagini satellitari. Infatti, mediante l’uso dei
satelliti è possibile misurare la radiazione riflessa in diverse bande di lunghezza d’onda dal terreno e quindi l’albedo e
la copertura nuvolosa. Da questi dati, con complessi algoritmi che descrivono l’effetto dell’atmosfera sulla radiazione
solare, è possibile ricavare la radiazione diffusa, globale e normale diretta (DNI). Poiché derivano da elaborazioni
d’immagini satellitari, tali dati non sono confrontabili con quelli direttamente misurati a Terra, ma costituiscono un utile
riferimento per i valori medi annuali e mensili.
Alcuni prestigiosi istituti di ricerca aerospaziale forniscono database di rilevamenti satellitari della radiazione solare
(NASA, DLR, SoDa, ecc…).
21
In Italia l’ENEA attraverso l’Atlante Italiano della Radiazione Solare (www.solaritaly.enea.it) fornisce l’accesso a tutti i
dati di radiazione calcolati (medie mensili e giornaliere) ed ad alcuni dati misurati in stazioni a terra.
Due mappe di DNI per l’Italia e l’Arabia Saudita ricavate da dati satellitari sono riportate come esempi nella Figura 16 e
Figura 17 rispettivamente.
Figura 16: Mappa della radiazione normale diretta (DNI) per l’Italia. Fonte Solargis
22
Figura 17 : Mappa della radiazione normale diretta (DNI) per L’Arabia Saudita. Fonte Solargis
2.3
Rapporto di concentrazione
La componente principale di un impianto solare a concentrazione (CSP) è il sistema ottico di concentrazione le cui
prestazioni sono generalmente definite in termini di rapporto di concentrazione.
Esistono due rapporti di concentrazione definibili per un sistema solare a concentrazione:
Il rapporto di concentrazione ottico
Il rapporto di concentrazione geometrico
Il rapporto di concentrazione ottico è definito dalla formula (2), nella quale G è l’irradianza incidente [W/m²] (o DNI),
mentre Gr è quella sulla superficie del ricevitore, espressa nella stessa unità di misura.
(2)
Tale rapporto dovrebbe essere definito per ogni punto della superficie ricevente, ossia per tutti i valori della distribuzione
di potenza sul ricevitore, ma spesso è riferito solo al massimo di tale distribuzione. Generalmente il rapporto è espresso
in termini di “soli”.
A titolo esemplificativo, se si ottiene un rapporto di concentrazione di 500 soli, ciò significa che con un DNI pari a 1000
W/m2, si ottiene sul ricevitore una potenza di 500 kW/m2.
Il rapporto di concentrazione geometrico è espresso con la seguente formula che rappresenta il rapporto tra l’area
dell’apertura del concentratore e quella del ricevitore:
23
Considerazioni teoriche che coinvolgono la propagazione dell’energia per irraggiamento ed il secondo principio della
termodinamica portano a limitare il rapporto di concentrazione geometrica ai valori di seguito riportati:
per sistemi di concentrazione su un punto focale
per sistemi di concentrazione su una linea focale
L’angolo θ, denominato angolo di accettanza, rappresenta la massima escursione angolare rispetto alla superficie del
concentratore da cui può provenire la radiazione solare. Poiché il semi-angolo di apertura sotto il quale è visto il disco
solare da un punto sulla terra è 0,267°, i limiti teorici per il rapporto di concentrazione sono fissati in:
per sistemi di concentrazione su un punto focale
per sistemi di concentrazione su una linea focale
Le proprietà ottiche di concentrazione delle superfici captanti (lenti, specchi ecc…) vengono generalmente simulate con
opportuni software di calcolo numerico che utilizzano procedure di ray-tracing, risolvendo numericamente le equazioni
discrete di riflessione rifrazione e propagazione della luce. Un esempio di tali software può essere “SolTrace”, codice
multi-purpose sviluppato da NREL per la modellazione delle proprietà ottiche dei sistemi di concentrazione e per l’analisi
delle performance ottiche.
24
2.4
Selezione del sito
Non esiste ad oggi alcuna norma o procedura standardizzata che guidi alla selezione di un sito idoneo per l’installazione
di un impianto CSP. Una procedura con diversi step basata su dati di letteratura e sull’esperienza può essere così
descritta:
Analisi cartografica (GIS) e delle mappe di radiazione solare su scala regionale per l’individuazione del sito;
Utilizzo di dati di radiazione normale diretta (DNI) provenienti da fonti satellitari e, ove disponibili, misurati, per pervenire
ad un valore mediato su di un lungo periodo della radiazione normale diretta (DNI) media annua.
In funzione della qualità dei dati a disposizione è possibile utilizzare degli adeguati pesi per ottimizzare il valore medio
finale ottenuto. In aggiunta, è lecito in tale fase effettuare una stima dell’incertezza gaussiana;
Confermato l’interesse per il sito selezionato, è buona prassi installare una stazione di misura in situ per la misura a terra
della radiazione normale diretta (DNI), approfittando dei tempi richiesti per le fasi di progettazione e autorizzazione.
Inoltre, è buona prassi avere dati misurati per un intervallo temporale di almeno un anno;
La stima del valore di radiazione normale diretta (DNI) di lungo periodo specifica per il sito considerato deve essere
ottenuta confrontando i dati satellitari di lungo periodo con i dati misurati in sito, assicurandosi che si riferiscano tutti ad
un intervallo di tempo comune. Inoltre, dovrebbero essere considerati almeno 10 anni consecutivi e rilevamenti satellitari
con la migliore risoluzione possibile (1km x 1km ad esempio);
Ottenere una Due Diligence effettuata da esperti del settore che conduce a dati di DNI bancabili, mirati a determinare il
valore medio (P50) e quelli con probabilità di superamento del 75% (P75) e del 90% (P90).
Un sistema d’informazione geografica (GIS) può essere utilizzato per abbreviare il processo d’identificazione delle regioni
più idonee per impianti solari termodinamici oltre i 2.000 ettari di dimensione.
Come noto in letteratura, la localizzazione di siti idonei presenta una serie di aspetti critici legati alla tecnologia:
l’esigenza di un elevato spazio a disposizione (in particolare per gli impianti a torre solare), la necessaria vicinanza
alle vie di trasporto, la necessità di elevati livelli di irraggiamento, particolari requisiti di pendenza in funzione della
tecnologia di concentrazione utilizzata ed infine i vincoli ambientali (Figura 18).
25
Figura 18: Mappa delle migliori aree idonee all’installazione di impianti CSP nel mondo. Fonte Deutsch Bank
26
3 Sistemi di concentrazione solare
3.1
Classificazione
Molte classificazioni possono essere fatte per catalogare le diverse tipologie d’impianti solari termodinamici, tuttavia
quella che risulta più utile al fine di distinguere le tecnologie e descriverne i punti di forza e debolezza è quella che
riguarda il modo in cui i concentratori concentrano la radiazione solare. In questa classificazione si possono distinguere:
Sistemi line-focusing: parabole lineari e concentratori lineari Fresnel;
Sistemi point-focusing: torri solari ed impianti Dish-Stirling.
3.2
Sistemi line-focusing
I sistemi line-focusing, come suggerisce il nome, sono caratterizzati dal fatto che la concentrazione della radiazione
solare avviene su di una linea (linea solare). Essi possono essere dunque dotati di specchi a sezione parabolica che
concentrano la radiazione sulla linea focale, in tale caso sono detti sistemi a parabola lineare o PTC (Parabolic Trough
Concentrator). Alternativamente possono essere dotati di specchi lineari inclinati in grado di concentrare la radiazione
su di una linea parallela al loro piano di giacitura, al di sopra di essi. In questo caso sono detti sistemi a concentratore
lineare di Fresnel o LFC (Linear Fresnel Concentrator).
Tali impianti per dimensioni e caratteristiche costruttive sono caratterizzati dall’avere un solo asse di inseguimento del
sole (tipicamente est-ovest).
3.2.1
Parabolic Trough Concentrators/Parabole lineari
Gli impianti PTC sono dotati di superfici riflettenti a sezione parabolica con un ricevitore tubolare posto lungo l’asse
della parabola, rigidamente connesso alla struttura di sostegno di quest’ultima e rotante con essa. La lunghezza dei
concentratori può superare i 100 metri con una apertura della superficie curva di 5 o 6 metri (Figura 19).
Il ricevitore è costituito da un tubo metallico (vero e proprio assorbitore della radiazione solare) dotato esternamente di
un rivestimento selettivo in grado di garantire elevato assorbimento nello spettro della radiazione solare ed una bassa
emissività nell’infrarosso, al fine di diminuire le perdite per irraggiamento. Il tubo metallico è inserito all’interno di un
tubo di vetro evacuato che permette di diminuire le perdite per convezione termica e trattenere la radiazione infrarossa
emessa dal ricevitore metallico.
I ricevitori delle diverse linee di concentratori parabolici sono connessi attraverso giunzioni di materiale ad elevata
elasticità in grado di compensare le dilatazioni termiche e resistere alle elevate temperature.
All’interno del tubo metallico è trasportato il fluido di processo, Heat transfer Fluid (HTF).
Negli impianti solitamente il fluido che scorre nei ricevitori è un olio sintetico, stabile fino a temperature di circa 390°.
Se è presente un accumulo, tale fluido scambia calore con il fluido (o solido) che agisce come mezzo di accumulo,
generalmente un sale fuso, il quale può fornire il calore d’ingresso al ciclo termodinamico in assenza di radiazione solare.
27
Figura 19: Immagine di un concentratore parabolico lineare. Fonte ANEST
Nei moderni impianti a sali fusi (Figura 20) è direttamente tale sostanza a circolare nei ricevitori ed a fornire il calore
ad elevata temperatura per il ciclo termodinamico. In tale caso lo stesso fluido costituisce il mezzo di accumulo (nella
maggior parte dei casi mediante un sistema a due serbatoi a livello variabile).
Rispetto agli impianti che utilizzano olio sintetico come HTF si ottengono tre fondamentali vantaggi:
I sali fusi lavorano a temperature molto più elevate, fino a 550 °C, permettendo così di aumentare la differenza
di temperatura tra ingresso ed uscita dei collettori e la diminuzione del volume di accumulo. Normalmente si può
considerare che un impianto a sali fusi lavora tra 290°C e 550°C, mentre uno ad olio diatermico lavora tra 290°C e
390°C;
Il ciclo termodinamico a valle dei collettori lavora con una differenza media di temperatura molto più alta,
incrementando il proprio rendimento;
Non è necessario lo scambiatore intermedio tra l’olio ed il fluido termovettore di accumulo, si aumenta così l’efficienza
termodinamica globale del ciclo.
Figura 20 : Impianto con PTCs a sali fusi, potenza nominale 50 MW e capacità di accumulo di 7,5 ore. Fonte ANEST
Accanto a queste configurazioni di impianto si trovano, su scala ormai commerciale, impianti PTC a generazione diretta
di vapore nei quali il fluido di processo è acqua in pressione e le diverse sezioni del campo solare vengono utilizzate
come preriscaldatore, vaporizzatore e surriscaldatore (solarlite, convert italia). Il vapore prodotto arriva direttamente alla
turbina.
Tali impianti sono generalmente senza accumulo o dotati di alimentazione ibrida, più raramente prevedono l’accumulo in
sali fusi.
I concentratori a parabole lineari rappresentano la quasi totalità dei concentratori installati in impianti realmente
funzionanti. Essi sono generalmente installati con asse in direzione Sud-Nord ed inseguono il sole in direzione Est-Ovest.
28
3.2.2
Linear Fresnel Concentrators/Concentratori lineari di Fresnel
In questa tipologia di concentratore le parabole, ingombranti e costruttivamente complesse, sono sostituite da una serie
di specchi piani o leggermente curvi che si trovano sia da un lato che dall’altro del ricevitore. Ogni specchio è inclinato
diversamente da quelli vicini essendo montato su un proprio sistema d’inseguimento monoassiale (generalmente
Est-Ovest). In questo modo si ottiene la concentrazione sull’asse del ricevitore costituito da un tubo con rivestimento
selettivo posto alcuni metri al disopra del piano degli specchi (Figura 21 e Figura 22). Poiché la concentrazione dei raggi
solari su una linea non è così accurata come nel caso degli specchi parabolici, spesso è necessario adottare un ricevitore
con tubazioni multiple parallele o un’ottica di concentrazione secondaria, costituita da una calotta riflettente posta sopra
ed attorno al tubo ricevitore.
Figura 21 : Immagine di un concentratore lineare Fresnel. Fonte us.arevablog.com
Rispetto ai sistemi parabolici lineari tali concentratori presentano i seguenti vantaggi:
• Gli specchi utilizzati sono di più facile fabbricazione e risultano più economici e la loro pulizia è più agevole
• La struttura di sostegno è più leggera poiché meno soggetta ai carichi da vento e neve e di più facile assemblaggio
• Il ricevitore non ruota con gli specchi e questo rende più facile la progettazione e l’assemblaggio del sistema
• Le perdite ottiche sono minori così come le rotture degli specchi
• L’ombreggiamento mutuo tra i vari moduli è un problema meno importante rispetto a quanto accade per gli impianti
PTC, questo si traduce in una minore occupazione del suolo
• Sono più adatti, rispetto ai PTC, all’integrazione in ambienti costruiti (utilizzo industriale) o all’installazione in località
costiere.
29
L’efficienza di concentrazione del sistema, tuttavia, è minore rispetto al PTC a causa delle perdite dovute alla struttura
fissa soprattutto in condizioni di bassa altezza solare (prima mattina e tardo pomeriggio) e del ridotto rendimento ottico.
Tali concentratori sono generalmente accoppiati con impianti che prevedono la generazione diretta di vapore negli
assorbitori e l’accumulo del vapore stesso, tuttavia esistono impianti ad olio diatermico accoppiati a cicli a vapore, ad
ORC (Organic Rankine Cicle), per piccole e medie potenze, o ad entrambi i cicli in cascata.
Non esiste un numero sufficiente di installazioni di LFC per stabilire se essi saranno in grado di produrre una diminuzione
del costo di produzione dell’energia.
Figura 22: Immagine di un impianto CSP con concentratori lineari Fresnel. Fonte renesis
3.3
Sistemi point-focusing
I sistemi point-focusing hanno la caratteristica di concentrare la radiazione solare in un unico punto. Se il punto in cui la
radiazione solare si concentra (ricevitore o collettore) è unico per tutto l’impianto allora si parla di sistemi a torre solare
(Figura 23) e gli specchi concentranti sono detti eliostati.
Viceversa, se ogni concentratore dell’impianto possiede un suo ricevitore della radiazione solare allora si parla di
impianti a dischi o piatti parabolici (Figura 25), che tipicamente sono accoppiati a motori tipo Stirling per la generazione
di energia elettrica.
Gli impianti tipo point-focusing sono generalmente dotati di concentratori con inseguimento solare su due assi.
3.3.1
Sistemi a torre solare
I sistemi a torre solare utilizzano specchi montati su strutture dotate d’inseguimento biassiale ed ancorate a terra
(Figura 24) per concentrare la radiazione solare su di un ricevitore posto su di una torre. Nel ricevitore passa il fluido
che fornisce calore al ciclo termodinamico. In questo caso le temperature raggiunte nel ricevitore possono essere molto
più elevate a causa dell’elevato fattore di concentrazione, esse sono funzione della tipologia di impianto e di ricevitore,
tuttavia possono andare da 250 °C a 1000 °C (3500 °C è la massima temperatura raggiunta nella Fornace Solare di
Odeillo, Francia).
30
Normalmente gli impianti a torre solare lavorano con cicli aventi come fluido di processo acqua/vapore o olio diatermico
e sali fusi.
Nel primo caso, in cui il vapore viene direttamente generato al ricevitore (Direct Steam Generation), si pongono ancora
problemi per l’inserimento di un efficace sistema di accumulo, anche se potenzialmente vi è un aumento di efficienza
per l’eliminazione del fluido intermedio (HTF). Nel secondo caso la presenza dell’olio limita la temperatura di processo a
390°C come detto per gli impianti PTC. Il futuro è rappresentato da impianti che utilizzano solo sali fusi che permettono
temperature molto più elevate (550°C-660°C).
Al momento questa tipologia di concentratori consente la costruzione d’impianti con taglie da 10 MW a 50 MW, oltre
tale dimensione, aumenta l’area necessaria agli eliostati e la loro distanza dalla torre centrale, aumentando così le
perdite per assorbimento atmosferico della radiazione solare.
Figura 23: Immagine di impianti con torre solare vicino Siviglia. Fonte DLR
31
Figura 24: Eliostati. Fonte www.solarthermalpower.it
Le temperature più alte rispetto a tutte le altre tipologie di impianti assicurano agli impianti a torre solare alcuni
vantaggi:
• Possibilità di accumulo termico più agevole, meno voluminoso e quindi più economico
• Possibilità di far lavorare il ciclo termodinamico in cascata a più alta temperatura, aumentando il rendimento,
diminuendo quindi il consumo specifico di vapore e la necessità di acqua per il raffreddamento del condensatore.
• Esiste la possibilità di utilizzare questi concentratori per alimentare cicli supercritici. In tale caso l’aspetto decisivo
rimane il costo della turbina.
Alla luce degli impianti in esercizio, tale tecnologia sembra la più promettente nel lungo periodo, cioè quella in grado di
fornire il più basso costo del kWh prodotto, tuttavia le esperienze su scala commerciale sono ancora ridotte.
3.3.2
Dischi parabolici
Questa tipologia di concentratori è costituita da una serie di specchi conformati a piatto con sezione parabolica che
riflettono la radiazione solare sul punto focale del disco (Figura 25).
I concentratori sono dotati di sistema di inseguimento biassiale e consentono elevati rapporti di concentrazione e quindi
elevate temperature sul punto focale.
Il ricevitore è generalmente costituito da un motore di tipo Stirling (più raramente una micro-turbina), raffreddato ad
aria. Nella zona del ricevitore è generalmente contenuto anche il generatore elettrico, consentendo al disco di immettere
in rete direttamente l’energia prodotta. La taglia di ogni concentratore è generalmente compresa tra 1 kW e 50 kW e
questo lo rende particolarmente adatto alla generazione distribuita.
32
Figura 25: Concentratore a disco parabolico. Fonte www.renesis.com
Generalmente i motori Stirling che operano sui concentratori a disco sono del tipo “free-piston” (senza manovellismi)
con elio come fluido di processo o “kinematics” utilizzanti idrogeno.
I principali vantaggi della tecnologia Dish-Stirling sono sostanzialmente i seguenti:
• Diminuzione delle perdite, data la piccola distanza tra concentratore e ricevitore
• Elevata efficienza termodinamica, fino al 35 % circa (Sandia National Laboratory)
• Nessuna necessità di raffreddamento ad acqua, poiché il ciclo termodinamico è un ciclo chiuso a gas.
• Modestissima occupazione del suolo, possono essere installati su terreni in pendenza o accidentati ed è possibile
l’installazione su edifici.
La tecnologia Dish-Stirling sembra destinata ad un utilizzo di nicchia ed al momento presenta il più alto LCOE tra tutte le
tecnologie utilizzate in impianti CSP. Esistono realizzazioni su scala domestica d’impianti Dish-Stirling che prevedono la
possibilità di generare anche acqua calda sanitaria utilizzando un raffreddamento ad acqua del motore ed effettuando di
fatto, una cogenerazione (Figura 26).
33
Figura 26: Sistema cogenerativo domestico tipo Dish-Stirling. Fonte INNOVA
3.4
Comparazione delle Tecnologie
Le differenze tra le varie tipologie di concentratori non sono solo tecnologiche ma coinvolgono aspetti economici, di
realizzabilità e di manutenzione.
I sistemi PTC sono i più diffusi commercialmente, ma non possono essere definiti una tecnologia matura, poiché rimane
aperta la questione legata al loro utilizzo con fluidi che permettano l’accumulo e quindi rendano più efficiente il
dispacciamento dell’energia prodotta (passaggio ad impianti con sali fusi). Tali impianti, così come quelli a torre solare se
abbinati ad un opportuno storage possono rappresentare la possibilità più concreta di una fonte rinnovabile prevedibile.
L’utilizzo dei sali fusi ad elevata temperatura rappresenta lo sviluppo più immediato.
I sistemi a torre solare e concentratori lineari di Fresnel sono ad uno stadio iniziale, con grandi potenziali in termini di
riduzione dei costi d’investimento ed incremento delle prestazioni.
In particolare i sistemi a torre solare presentano il vantaggio delle temperature più elevate.
I sistemi Dish-Stirling, sono ancora all’inizio di una produzione consistente e possono costituire un’alternativa molto
efficiente per impianti di piccola scala e per applicazioni di generazione diffusa.
Un’ulteriore comparazione delle tecnologie può essere effettuata tenendo conto delle caratteristiche di occupazione del
suolo delle differenti tipologie di impianto CSP.
Ipotizzando di confrontare un impianto a torre solare di potenza 50 MW, con un impianto a concentratori parabolici ed
uno LFC, i valori di occupazione del suolo in ettari sono riassunti nella Tabella 5. Nel confronto è necessario tenere conto
del fatto che per i sistemi PTC ed a torre è stato considerato lo spazio occupato anche dall’accumulo, non previsto per il
sistema LFC.
Nella stessa Tabella 5 il confronto è esteso al fotovoltaico con pannelli fissi e con inseguitori biassiali. Dall’analisi dei dati
riportati è evidente che l’impianto CSP a torre solare presenta il massimo valore di occupazione del suolo specifica.
34
TIPOLOGIA DI IMPIANTO
(Pn=50 MW)
Concentratori Parabolici (PTCs)
(accumulo 8 ore)
Impianto a Torre Solare
(accumulo 8 ore)
Concentratori Lineari di Fresnel (LFCs)
Fotovoltaico fisso
Fotovoltaico con inseguitori
OCCUPAZIONE
SUOLO
(ha)
OCCUPAZIONE
SPECIFICA
(ha/MW)
180
3,6
320
6,4
140
100
300
2,8
2
6
Tabella 5: Confronto tra le diverse tecnologie CSP in termini di occupazione del suolo. Elaborazione da dati ANEST
Tale valore è paragonabile a quello di un impianto fotovoltaico con inseguitori (6,4 ha/MW contro 6 ha/MW) che non
possiede però alcuna capacità di accumulo e non è dunque in grado di funzionare a potenza costante per tutta la
giornata.
I sistemi con concentratori parabolici hanno occupazione del suolo leggermente superiori agli impianti con concentratori
Fresnel ed agli impianti fotovoltaici fissi. Tuttavia, anche in questo caso, nel confronto deve essere considerato che gli
impianti fotovoltaici non hanno possibilità di accumulo e che i sistemi LFC, funzionanti generalmente con produzione
diretta di vapore, non dispongono di accumuli significativi economicamente sostenibili.
L’occupazione di suolo di sistemi Dish-Stirling è molto modesta.
Il costo di produzione LCOE (attuale e stimato) dell’energia prodotta di alcuni sistemi CSP è riportato in Tabella 6.
Un confronto tra tutte le principali caratteristiche dei sistemi CSP è riportato in Tabella 7.
La simulazione di funzionamento o la previsione delle prestazioni di un impianto CSP, che permetterebbe un confronto
mirato tra le varie tecnologie, relativo ad un singolo sito d’installazione, è generalmente piuttosto complessa ed affidata
a codici di calcolo sviluppati ad hoc dalle aziende produttrici. Essi richiedono infatti la modellazione matematica in
regime transitorio di tutte le componenti dell’impianto: captazione dell’energia solare, scambio termico con il fluido di
processo, accumulo termico e generazione di potenza elettrica mediante ciclo termodinamico.
35
2011
Estensione temporale
Tecnologia CSP e fonte della stima
Stima
pessimistica
2020
Stima
ottimistica
Stima
Stima
pessimistica ottimistica
Note
IEA 2010
0,2
USD (2010)/kWh
Parabolic Trough
0,295
0,1
Fichtner 2010
0,22
0,24
Impianti proposti in Sud Africa, tasso interesse 8%
0,33
0,36
India, impianti condensati ad acqua (valori inferiori) e
condensati ad aria (valori superiori)
0,22
0,23
Marocco, impianti condensati ad acqua (valori inferiori) e
condensati ad aria (valori superiori)
Kutscher et al. 2010
0,22
Hinkley et al. 2010
0,21
0,1
0,14
0,11
0,13
Grandi Impianti, tasso interesse 10%
Stati Uniti (esclusi effetti dirisparmio sulle tasse)
Impianto da 100 MW in Queensland, tasso d'interesse 7%
Solar Tower
Fichtner 2010
0,185
0,202
Impianti proposti in Sud Africa, tasso interesse 8%
0,27
0,28
India, impianti condensati ad acqua (valori inferiori) e
condensati ad aria (valori superiori)
0,22
0,23
Marocco, impianti condensati ad acqua (valori inferiori) e
condensati ad aria (valori superiori)
Kolb et al. 2010
0,16
0,17
Hinkley et al. 2011
0,21
0,16
0,23
Parabolic Trough e Solar Tower
0,32
0,13
0,16
A. T. Kearney 2010
0,08
Tabella 6: LCOE in dollari (anno 2010) per sistemi PTC ed a torre solare. Fonte IRENA
0,09
Stati Uniti (esclusi effetti dirisparmio sulle tasse)
Impianto da 100 MW in Queensland, tasso d'interesse 7%
36
Parbolic Trough
Solar Tower
Linear Fresnel
Dish Stirling
Potenza Tipica [MW]
10-300
10-200
10-200
0.01-0.025
Maturità tecnologica
Scala commerciale
Progetti pilota su scala
commerciale
Progetti Pilota
Installazioni dimostrative
Rischio
Basso
Medio
Medio
Medio
Temperatura operativa
[°C]
350-550
250-565
390
550-750
Rendimento di picco [%]
14-20
23-35
18
30
Efficienza netta di
conversione [%]
11-16
7-20
13
12-25
Capcity Factor Annuale
25-28 (senza TES) 29-43 (con TES)
55 (TES 10 ore)
22-24
25-28
Fattore di concentrazione
70-80 soli
>1000 soli
>60 soli (in funzione dell'ottica
secondaria)
>1300 soli
Recettore/Assorbitore
radiazione solare
Assorbitore attaccato al collettore,
mobile con esso
Superficie esterna fissa o cavità
ricevente
Superficie esterna fissa non
necessita di tubi evacuati
Assorbitore attaccato al
collettore, mobile con esso
Sistema di accumulo
(TES)
Indiretto a due serbatoi
(380°C con DT 100 °C). Diretto con due
serbatoi (550 °C con DT 300 °C)
Diretto con due serbatoi
(550 °C con DT 300 °C)
Vapore in pressione (accumulo
di breve durata 10 minuti)
Nessuno storage, lo storage
termochimico è in via di
sviluppo
Ibridazione
Sì indiretta
Sì
Sì diretta (nel generatore di
vapore)
No
Grado di stabilità
dell'energia immessa
Medio - Alto (con TES o ibridazione)
Alto (elevato TES)
Medio (possibile ibridazione)
Basso
Ciclo termodinamico
Hirn (a vapore surriscaldato)
Hirn (a vapore surriscaldato)
Rankine (a vapore saturo)
Stirling
Temperatura/pressione
vapore [°C/bar]
da 380 a 550 / 100
540 / da 100 a 160
260 / 50
Pendenza massima del
campo solare [%]
< 1-2
< 2-4
<4
10 o più
Consumo d'acqua
[mc/MWh]
3 (wet cooling), 0.3 (dry cooling)
2-3 (wet cooling)
0.25 (dry cooling)
3 (wet cooling)
0.2 (dry cooling)
0.05 - 0-1 (pulizia specchi)
Tipo di applicazione
On-grid
On-grid
On-grid
On/Off grid
bassa/media
media
bassa
ottima
disponibile commercialmente
disponibile commercialmente
possibile non sperimentata
possibile non sperimentata
Applicabilità del
raffreddamento ad aria
Tabella
7: Confronto tra le caratteristiche dei diversi sistemi CSP. Fonte IRENA
Accumulo con Sali fusi
37
4 Sistemi di accumulo termico
4.1
Il problema dell’accumulo (Thermal Energy Storage)
In un impianto solare termodinamico l’integrazione di sistemi di accumulo di energia termica costituisce una
componente estremamente rilevante, poiché consente di poter disporre di energia termica convertibile in elettrica in
modo costante compensando il divario temporale tra produzione dell’impianto e domanda energetica.
In tal modo si favorisce la fattibilità economica dell’impianto e si migliora l’efficienza. In Figura 27 sono
schematicamente rappresentate le funzioni principali dell’accumulo.
Questo rappresentata sostanzialmente la principale differenziazione tra gli impianti CSP ed i convenzionali impianti a
fonte rinnovabile non programmabile (eolico, fotovoltaico).
Figura 27 : Differenti funzioni dell' accumulo termico in impianti solari termodinamici
Lo storage di energia termica costituisce innanzitutto una necessità di funzionamento per il ciclo termodinamico: infatti,
la concentrazione solare, essendo sensibile alla sola radiazione normale diretta (DNI), è estremamente discontinua
in termini di energia prodotta. Essa è infatti soggetta alle variazioni meteorologiche (nuvolosità) che si manifestano
durante la giornata in maniera frequente. L’elevata oscillazione di produzione energetica, in assenza di storage, si
trasferirebbe all’alimentazione del ciclo termodinamico, con effetti molto negativi sul funzionamento e sul rendimento.
Tale effetto sarebbe ancora più accentuato nel caso in cui il ciclo termodinamico fosse un ciclo a vapore, che presenta
una consistente inerzia allo spegnimento e riaccensione.
In realtà, la funzione svolta dall’accumulo di compensare le frequenti variazioni di produzione dovute al meteo non
aumenta la produzione netta dell’impianto, ma è strettamente necessaria al funzionamento corretto ed efficace del ciclo
termodinamico. Qualora l’accumulo non fosse previsto, questa funzione deve essere svolta dall’alimentazione con una
seconda fonte di “combustibile” fossile o rinnovabile: si parla in questo caso di impianto ibrido.
Un accumulo di grandi dimensioni invece potrebbe essere usato in maniera strategica per aumentare il livello di
operatività dell’impianto anche in assenza d’irraggiamento diretto, incrementando il multiplo solare, cioè il rapporto tra
la potenza di picco captata (per la quale è dimensionata la superficie di captazione) e quella nominale immessa in rete.
38
Questa strategia di accumulo potrebbe aumentare le ore equivalenti di funzionamento e permettere il dispacciamento
dell’energia prodotta con conseguenti vantaggi di competitività economica.
In quest’ottica il dimensionamento del volume di accumulo dipende dai costi (tecnologia utilizzata), dal valore
dell’energia immessa in rete, ed anche dalle condizioni di temperatura esterna negli istanti di fermo e riaccensione
dell’impianto.
Le caratteristiche più importanti di un sistema di accumulo sono rappresentate dal volume e dal tempo durante il quale
l’energia può essere conservata con perdite accettabili. Un accumulo efficiente dovrebbe quindi avere volume ridotto e
lunga durata. Attualmente sono tre i sistemi di accumulo utilizzati negli impianti installati o potenzialmente utilizzabili:
• Sistemi a calore sensibile
• Sistemi a calore latente
• Sistemi termochimici
La scelta tra essi dipende da diversi fattori tra cui il periodo di accumulo, le condizioni operative, i costi d’installazione,
esercizio e manutenzione.
4.2
Sistemi di accumulo a calore sensibile
I sistemi di accumulo a calore sensibile si basano sul riscaldamento e sul raffreddamento di una sostanza senza generare
cambiamento di fase. Le variazioni della quantità di calore immagazzinata dipendono dalla capacità termica del mezzo
utilizzato e dal salto termico cui esso è sottoposto nel processo. E’ possibile distinguere tali sistemi in base al materiale
scelto per l’accumulo di calore (liquido o solido) ed in base alla modalità di trasferimento di calore al materiale (diretta
o indiretta). Nella modalità diretta infatti, si utilizza un unico fluido scambiatore che assorbe la radiazione solare ed al
tempo stesso funge da mezzo accumulo. Nella modalità indiretta vi sono due distinte sostanze, una che funge da mezzo
di scambio termico, l’altra da accumulo termico. La modalità diretta consente un maggior rendimento termodinamico,
poiché elimina un processo di scambio termico, tuttavia richiede l’uso di un materiale con proprietà termo-fisiche idonee
per lavorare sia come fluido di processo (HTF, Heat Transfer Fluid) che come mezzo di accumulo.
4.3
Sistemi di accumulo con materiale liquido
Questa tipologia di sistemi, utilizza come mezzo di accumulo termico, un liquido, che è ricircolato tra due differenti
serbatoi a temperature diverse. Tale sistema è largamente utilizzato per applicazioni che lavorano a basse temperature
e che utilizzano come fluido vettore l’acqua. Il processo di accumulo e rilascio dell’energia potrebbe svolgersi anche
in un unico serbatoio (termoclino) in cui l’acqua calda si separa da quella fredda per stratificazione; tuttavia, negli
impianti solari termodinamici a concentrazione, la necessità di avere a disposizione grandi volumi di accumulo rende
indispensabile dotarsi di serbatoi separati. Se negli assorbitori si utilizza un fluido scambiatore non pressurizzato,
l’accumulo in modalità diretta di tale fluido rappresenta la soluzione più adeguata.
L’acqua è il fluido più diffuso per applicazioni con temperature inferiori a 100°C, perché ha un’elevata capacità termica,
è economicamente conveniente e non richiede l’implementazione di sistemi a pressione. Per temperature superiori a
100°C, poiché l’utilizzo dell’acqua richiederebbe l’uso di contenitori pressurizzati con notevole incremento dei costi, si
preferisce come fluido di accumulo l’olio diatermico. La scelta degli oli minerali o sintetici dipende dalle temperature
di processo e dal loro punto d’infiammabilità. In molti casi si preferisce scegliere i sali fusi come sostanza di accumulo
termico.
Il sistema a sali fusi (60% Nitrato di Sodio e 40% Nitrato di Potassio) è piuttosto conosciuto e molto diffuso, tanto
da essere il più utilizzato negli impianti solari termodinamici provvisti di sistema di accumulo, in particolare in quelli
di recente realizzazione ed attualmente operativi (Tabella 8). Le maggiori criticità applicative sono rappresentate
dall’intervallo di temperatura ammesso per tali sostanze (approssimativamente 290°C – 565°C). Infatti, il
39
raggiungimento, nei serbatoi, di valori prossimi al massimo del range operativo (570°C), può generare fenomeni di
decomposizione ed aumentare il grado di corrosività del sale. Al contrario valori di temperatura prossimi al minimo del
range (220°C), possono provocare la solidificazione del sale, con bassa conducibilità termica del composto, e maggiore
difficoltà per riportarlo allo stato fuso.
Tale sistema è in assoluto il più diffuso e viene anche definito sistema a due serbatoi a livello variabile. Il fluido primario
riscaldato nel ricevitore solare si accumula nel serbatoio caldo, quindi entra nel generatore di vapore dove cede la sua
energia e si scarica nel serbatoio freddo e dal serbatoio freddo ritorna nel ricevitore solare. Se la produzione di fluido
caldo nella zona di captazione supera la portata ricevibile dal generatore di vapore, il livello del fluido sale nel serbatoio
caldo e scende in quello freddo; viceversa se la portata di fluido dal campo solare è insufficiente, viene prelevato
del fluido dal serbatoio caldo, il livello in questo serbatoio scende mentre sale in quello freddo. La presenza di due
serbatoi complica la struttura dell’impianto con notevole aumento dei costi, tuttavia questo sistema garantisce che la
temperatura d’ingresso al generatore di vapore resti quasi costante fino all’esaurimento di tutto il calore accumulato.
Tale soluzione ampiamente sperimentata è quella usata negli impianti tipo Andasol ed in Archimede (Figura 28).
Figura 28: Sistema di accumulo a due serbatoi a livello variabile e foto del sistema impiegato nell’impianto ANDASOL1. Fonte DLR
Nel caso d’impianti tipo Andasol c’è uno scambiatore olio diatermico-sali fusi posizionato prima dell’accumulo, nel caso
di impianti tipo Archimede il sale fuso costituisce sia il medium di accumulo che il fluido di processo.
Qualora invece si volesse utilizzare come liquido di accumulo l’acqua a temperature sopra i 100°C, sono allora possibili
gli accumulatori di vapore che generano vapore saturo nella fase di uscita dal serbatoio. In questo caso, quando il flusso
di vapore prodotto dalla superficie captante è superiore a quello accettabile dalla turbina, la parte eccedente è inviata al
serbatoio in cui è presente acqua pressurizzata, che si surriscalda e forma un volume di vapore in equilibrio alla stessa
pressione e temperatura. Al ridursi dell’irraggiamento diretto e quindi della produzione di vapore, la pressione nella
tubazione di alimentazione diminuisce ed una portata di vapore passa dal serbatoio al circuito attraverso una valvola
automatica, venendo liberata dall’acqua (Figura 29).
40
Questa tipologia di accumulo è molto diffusa nei processi industriali che lavorano con temperature comprese tra i 100
°C e i 200°C, poiché risulta robusta ed economica. Tuttavia, per applicazioni come i grandi impianti solari termodinamici,
la soluzione con accumulo ad acqua risulta poco impiegata, a causa delle temperature molto elevate raggiunte e della
scarsa capacità specifica di accumulo, cioè della scarsa energia accumulata per unità di volume dall’acqua.
Tale accumulo è inoltre impossibile se la temperatura è superiore a quella del punto triplo dell’acqua.
Figura 29: Schema di un sistema di accumulo a vapore saturo. Fonte DLR
4.4
Sistemi di accumulo con materiale solido
In alternativa ai sistemi di accumulo con sostanze liquide, si possono utilizzare quelli con sostanze solide in cui l’energia
è sempre immagazzinata mediante variazione di temperatura del mezzo solido. Esso è solitamente in forma porosa
(roccia, mattoni, sabbia, terreno o anche grafite pura) per aumentare la superficie di contatto termico e il calore è
estratto mediante flussi di liquido o di gas. In questi casi il fluido caldo percorre il mezzo poroso (scambio diretto) o
le tubazioni interne al mezzo solido (scambio indiretto) cedendo energia alla massa solida, durante le ore di elevato
irraggiamento. Viceversa, nelle ore di basso carico, la massa solida calda è attraversata in verso opposto dal fluido freddo
a cui cede calore prima dell’ingresso in turbina.
Tali sistemi sono utilizzati in luogo di quelli liquidi principalmente per ragioni economiche, poiché il costo del materiale,
per unità di energia immagazzinata, è inferiore rispetto a questi ultimi (ad esempio sali fusi) e minori sono anche i costi
di manutenzione. Gli accumuli con materiali solidi trovano applicazione anche in impianti a torre centrale nei casi in cui il
fluido di processo sia a bassa capacità termica (aria).
Non vi sono problemi, inoltre, legati alla temperatura operativa, di solidificazione, evaporazione o problemi di perdite. Tra
i vantaggi legati all’utilizzo di materiale solido vi sono anche la non tossicità e la non infiammabilità. Lo svantaggio di
questa soluzione è legato alla bassa conducibilità termica del mezzo solido. Per superare questo limite è possibile ridurre
il percorso dello scambio termico tra la massa di accumulo e il mezzo e il mezzo di scambio.
A tale proposito possono essere distinte tre tipologie di sistemi di accumulo con mezzo solido:
• Sistema con scambiatore di calore integrato
• Sistema a letto impaccato
• Sistema con particelle solide
41
Il primo tipo è rappresentato da un sistema di tubazioni parallele nelle quali scorre un fluido pressurizzato (es. olio
diatermico) ad alta temperatura, posizionate all’interno del mezzo di accumulo solido a cui il fluido cede parte del calore
che viene così immagazzinato (Figura 30).
Figura 30: Schema di un sistema di accumulo a scambiatore integrato, in calcestruzzo ed immagine del prototipo installato in un sito di prova.
Fonte DLR
Poiché i maggiori costi riguardano gli scambiatori di calore incorporati nel volume di stoccaggio, per ridurli è necessario
che ci sia un contatto diretto tra il materiale solido di accumulo ed il fluido caldo: tale variante costituisce la tipologia a
letto impaccato, in cui le particelle di materiale solido costituenti lo stoccaggio sono racchiuse all’interno di un container,
mentre il fluido di scambio termico passa internamente ad esso, tra le particelle stesse, in contatto diretto con esse.
Entrambe le tipologie, sebbene piuttosto interessanti, non sono attualmente diffuse in applicazioni come gli impianti
solari termodinamici, in quanto sono ancora in fase di sperimentazione (piccole realtà pilota).
Il terzo sistema è più innovativo e prevede l’uso di piccolissime particelle solide (nano-particelle) di accumulo termico
posizionate direttamente sui ricevitori delle radiazioni solari. Allo stato dell’arte attuale tale soluzione non è stata ancora
implementata, in quanto devono essere valutate bene alcune caratteristiche tra le quali la stabilità a lungo termine
del materiale utilizzato. Inoltre, devono essere attentamente monitorati e valutati il coefficiente di scambio termico, il
comportamento termofluidodinamico del flusso turbolento di particelle solide disperse nell’assorbitore, e la spesa per la
fase di pompaggio.
42
Il più grande limite dell’accumulo in media solidi è legato al fatto che la distribuzione di temperatura nel mezzo
(termoclino) dipende dalle condizioni di carico dell’accumulo stesso (portata e temperatura del fluido caldo in ingresso)
ed è quindi molto variabile. Ciò comporta che le condizioni di temperatura del fluido uscente all’ingresso in turbina non
sono costanti come, invece, accade con l’accumulo a due serbatoi. Si riscontra tale problema anche nelle tipologie di
accumulo a mezzo fluido con unico serbatoio (flusso stratificato).
4.5
Sistemi di accumulo a calore latente
I sistemi di accumulo a calore latente si basano sulla possibilità di accumulare grandi quantità di calore, sfruttando il
cambiamento di stato della sostanza, normalmente da solido a liquido. Il maggior vantaggio di tale sistema che utilizza
il calore latente associato ad un cambio di stato è dato dalla possibilità di immagazzinare grandi quantità di energia
termica in un range ristretto di temperatura, ad un valore prossimo a quello della temperatura di fusione /solidificazione.
Il funzionamento ottimale del sistema di accumulo latente dipende dalla scelta corretta del materiale che deve operare il
cambiamento di fase: la temperatura deve, infatti, corrispondere a quella della specifica applicazione. Normalmente ciò
richiede che la temperatura di fusione del materiale di accumulo termico sia prossima a quella di saturazione del vapore
alla pressione operativa della turbina. Il cambiamento di stato deve essere fisicamente e chimicamente reversibile. Nelle
applicazioni come i sistemi solari termodinamici che utilizzano la formazione diretta del vapore nei collettori, la sostanza
scelta deve avere una temperatura di fusione compresa nel range tra 120°C e 340°C. Le sostanze che si possono
utilizzare sono sali nitrati (LiNO3; NaNO3), miscele eutettiche di nitrati (KNO3 – NaNO2 – NaNO3; KNO3 – NaNO3),
stagno o piombo (più raramente).
Un sistema di accumulo a calore latente mediante scambiatore a PCM (Phase Change Material) trova applicazione negli
impianti che utilizzano vapore come fluido di processo.
Tale soluzione è implementata in questi casi per la fase in cui il fluido vaporizza. Nelle fasi di pre-riscaldamento e
surriscaldamento si utilizzano invece per l’accumulo scambiatori a medium solido. Un possibile schema di accumulo in
questo caso è individuato in Figura 31.
Figura 31: Sistema di accumulo per produzione diretta di vapore surriscaldato con due stadi a medium solido (calcestruzzo) ed uno a PCM. Fonte DLR
43
4.6
Sistemi di accumulo termochimico
Il principio di funzionamento si basa sull’accumulo di calore da parte di reagenti coinvolti in una reazione chimica
endotermica reversibile. Gli aspetti più interessanti sono dati dalla possibilità di immagazzinare energia ad una densità
maggiore rispetto agli altri sistemi di accumulo termico e dalla possibilità di conservare i reagenti a temperatura ambiente rendendo minime le perdite termiche.
L’energia necessaria alla reazione è fornita esternamente mediante la fonte solare termodinamica: i prodotti che si formano dalla reazione endotermica (calore fornito da fonte solare) sono conservati separatamente; in seguito, in maniera
inversa i prodotti della reazione endotermica reagiscono insieme mediante un processo esotermico che li riporta allo
stadio iniziale di reagenti rilasciando il calore acquisito nella prima fase.
Questa tipologia di accumulo, suscita notevole interesse ma al momento è ancora in fase di studio e pertanto non trova
applicazione commerciale.
4.7
Scelta di un sistema di accumulo termico
Un sistema di accumulo termico deve adattarsi all’apparato di concentrazione di un impianto solare termodinamico
(puntuale o lineare), ma anche al ciclo termodinamico per permettere all’intero sistema di lavorare al più alto rendimento possibile, rendendo minime le perdite energetiche.
I sistemi di accumulo a disposizione per impianti CSP su scala commerciale sono principalmente quelli che si basano sul
calore sensibile, con impiego di olio diatermico o di sali fusi. I sistemi di accumulo a calore latente, invece, sono in una
fase di test in impianti pilota, ancora lontani dall’essere commercializzati.
Per superfici di captazione che utilizzano fluidi bifase (generazione diretta di vapore d’acqua) il sistema di accumulo a
calore latente sarebbe una soluzione migliore per effetto della capacità dei fluidi impiegati di immagazzinare l’energia
fornita dalla loro condensazione con una differenza di temperatura limitata (pressoché nulla).
Qualora, invece, si considerino sistemi operanti con fluidi a singola fase (es. olio diatermico, sali fusi, aria), sottoposti
a grandi variazioni di temperatura nel ricevitore, sarebbe preferibile l’utilizzo di sistemi di accumulo a calore sensibile.
In tal caso, però, è necessario identificare il corretto range di temperatura che si adatti meglio rispetto all’applicazione
specifica; dimensione della superficie captante e ciclo termodinamico scelto.
Non esiste quindi un sistema di accumulo applicabile in maniera assoluta ad ogni tipologia di impianto solare termodinamico. La scelta tra le varie tecnologie dipende fortemente da specifici requisiti riguardanti il fluido termovettore,
l’intervallo di temperatura operativa e la tipologia di motore scelto per la produzione elettrica.
In generale, dai dati raccolti sugli impianti già operativi, in costruzione ed in fase di sviluppo per sistemi con fluido
termovettore a singola fase, l’accumulo termico a sali fusi in due serbatoi separati rappresenta la soluzione maggiormente implementata, potendo essa garantire una capacità termica nell’ordine dei gigawatt termici. Le ricerche su questi
comprovati sistemi sono, al momento attuale, focalizzate sulla riduzione dei costi e sui materiali innovativi impiegabili,
per migliorare la durabilità e l’efficienza del sistema stesso.
Nella Tabella 8 sono elencati alcuni impianti solari termodinamici esistenti, con le caratteristiche tecniche e le tipologie di
accumulo utilizzate.
44
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Tabella 8: Sistemi di accumulo per impianti CSP sperimentali e su scala commerciale.
Fonte “Concentrating solar power technology, principles developments and application” Lovegrove, Stein
45
4.8
Accumulo, dimensionamento e capacity factor
L’accumulo termico è uno dei parametri decisivi nel dimensionamento di un impianto solare termodinamico e nella
determinazione delle sue potenzialità economiche. Infatti, all’aumento dei costi d’impianto corrisponde un aumento
dell’energia prodotta durante l’anno e dunque un incremento del suo Capacity Factor. Tale parametro è definito come
il rapporto tra l’energia annua prodotta e la massima idealmente producibile, calcolata come il prodotto della potenza
nominale per il numero massimo di ore di funzionamento in un anno (8760).
Allo stato attuale, gli studi condotti sugli impianti esistenti confermano che il costo equivalente di produzione dell’energia (LCOE) con o senza storage rimane pressoché costante. Ciò significa che globalmente gli impianti con storage sono
economicamente giustificabili, poiché la maggior produzione diminuisce il costo di O&M per kWh. Inoltre la presenza di
accumulo permette di progettare impianti di maggiore taglia e quindi con una minore incidenza dei costi fissi.
In un’analisi della fattibilità economica acquista notevole importanza il concetto più volte citato di multiplo solare, che
rappresenta il rapporto tra la potenza nominale della superficie captante (superfice dei concentratori) e la potenza elettrica nominale dell’impianto. Per garantire l’utilizzo continuo per una gran parte dell’anno dell’impianto termodinamico
il valore del multiplo solare dovrebbe essere maggiore di uno e pari ad almeno 1,3 – 1,4. Tuttavia, in presenza di un
sistema di accumulo, il multiplo solare potenzialmente raggiungibile può essere sensibilmente più elevato (oltre 2).
Una simulazione condotta dal laboratorio statunitense NREL che si occupa di ricerca, sviluppo, commercializzazione e
implementazione di sistemi a fonte rinnovabile ed efficienza energetica, fornisce alcune correlazioni tra la dimensione
dello storage (in termini di ore di funzionamento in assenza di radiazione diretta), il capacity factor ed il valore del multiplo solare.
Il grafico in Figura 32 mostra la relazione tra le tre variabili: per valori del multiplo solare compreso tra 1 e 2, il capacity
factor rimane pressoché costante al variare della capacità di accumulo (da 3 a 18 ore). All’aumentare del multiplo solare
oltre 2.5, si ha un evidente aumento del capacity factor passando da 6 a 12 ore di capacità di accumulo.
Figura 32: Correlazione tra le dimensioni dello storage ed il capacity factor in funzione del multiplo solare. Fonte IRENA
46
5 Sistemi di generazione elettrica
I cicli termodinamici che sono utilizzati a valle dei sistemi di captazione e di concentrazione della radiazione solare non
differiscono sostanzialmente da quelli in base ai quali lavorano le tradizionali centrali a combustibile fossile. Tuttavia il
loro utilizzo dipende fortemente dalla tecnologia di concentrazione adottata, dalle temperature raggiunte nel ricevitore e
dalla taglia dell’impianto.
5.1
Cicli a Vapore (Rankine-Hirn)
Il ciclo a vapore è il sistema maggiormente utilizzato per la generazione di potenza elettrica. Si tratta di utilizzare il
calore generato all’assorbitore per vaporizzare l’acqua e surriscaldare il vapore. Esso viene inviato ad una turbina, nella
quale si espande producendo lavoro meccanico e quindi energia elettrica. Il vapore scaricato dalla turbina è inviato a
bassa temperatura in un condensatore ad acqua (vedi paragrafo 5.6), in seguito in un degasatore per l’estrazione degli
incondensabili ed, infine, il liquido è pompato nella sezione di vaporizzazione.
In alcuni casi la vaporizzazione avviene direttamente nel ricevitore (DSG - Direct Steam Generation o vaporizzazione
diretta). Questo comporta il dimensionamento di tale componente per le elevate pressioni del processo. La vaporizzazione diretta pone inoltre il problema economico dell’inserimento di uno storage dell’energia termica. Per tale motivo gli
impianti DSG sono generalmente ibridi.
La soluzione più comune nel caso d’impianti solari termodinamici è quella di sfruttare la superficie ricevente (linea di tubi
o ricevitore puntiforme) per riscaldare un fluido vettore (Heat Transfer Fluid - HTF), normalmente oli sintetici o sali fusi,
utilizzato per il trasporto del calore ed in seguito per lo scambio termico che produce la vaporizzazione dell’acqua ed il
surriscaldamento del vapore. Esistono impianti che utilizzano il doppio fluido: l’olio diatermico come vettore di scambio
termico (HTF) ed i sali fusi come storage con un ulteriore scambiatore tra i due fluidi. La tendenza odierna comunque,
come già evidenziato, è quella di utilizzare una miscela di sali fusi come fluido di scambio termico e come fluido per
l’accumulo.
Il generatore di vapore alimentato dal fluido secondario si presta ad essere alimentato anche da altre fonti come i gas di
scarico prodotti da una turbina a gas (ciclo combinato) o dalla combustione di un combustibile (impianto ibrido).
La Figura 33 mostra i principali componenti di un impianto CSP con ciclo Rankine-Hirn.
Figura 33: Ciclo a vapore (Hirn) alimentato da sali fusi riscaldati con PTCs, schema dei componenti. Fonte ANEST
47
Tale ciclo si presta alle realizzazioni di grande taglia ed è il ciclo termodinamico tipicamente utilizzato negli impianti CSP
del tipo Solar Tower (ST) o Parabolic Trough Concentrator (PTC).
Uno schema dei componenti di un impianto con torre centrale è riportato in Figura 34. Le elevate temperature che si
raggiungono in questi impianti costituiscono un vantaggio termodinamico per il ciclo, aumentandone il rendimento;
esistono, tuttavia, dei limiti tecnologici di resistenza dei materiali ed economici, che limitano l’operatività di tali impianti
a temperature massime comprese tra 550°C e 600 °C.
Figura 34 : Componenti di un impianto a torre solare con ciclo a vapore. Fonte solarpaces
5.2
Organic Rankine Cicles (ORC)
La dicitura ORC (Organic Rankine Cicles) indica una categoria d’impianti che sfrutta cicli a vapore di tipo Rankine (vapore saturo in uscita dal produttore di vapore), nei quali il fluido di processo è un fluido organico e non l’acqua.
Tali cicli permettono di produrre energia elettrica utilizzando fonti di calore disponibili anche a bassa temperatura sfruttando le proprietà di fluidi ad elevato peso molecolare (bassobollenti), generalmente costituiti da idrocarburi alogenati
(della stessa famiglia dei fluidi frigoriferi). Queste miscele sono oggi molto studiate nel campo delle energie rinnovabili
perché consentono di alimentare il ciclo termodinamico con calore a bassa temperatura proveniente dalla fonte solare,
dalla combustione di biomasse o dallo spillamento di vapore proveniente da un ciclo a vapore (topping).
L’utilizzo degli ORC nel campo del solare termodinamico è generalmente limitato ad impianti di piccola-media taglia per
i quali è concepibile un accumulo a bassa temperatura e quindi una sorgente termica a bassa temperatura.
Un ulteriore vantaggio è connesso alla particolare forma della “campana dei vapori” di tali fluidi nel diagramma Temperatura – Entropia (T-s).
Infatti, scelte oculatamente le pressioni e temperature di condensazione ed evaporazione, le caratteristiche termofisiche
della sostanza organica permettono di mantenere la fine della espansione in turbina, a partire dal vapore saturo, nella
zona del vapore surriscaldato (fuori dalla campana del vapore) diminuendo la presenza di liquido in turbina. Tale vantaggio è visibile nei diagrammi termodinamici riportati in Figura 35.
48
Figura 35: Ciclo termodinamico Rankine per acqua (a) e per fluido organico (b)
5.3
Cicli Brayton
Il ciclo Brayton è un ciclo a gas (o ad aria) ed è il ciclo di riferimento delle centrali turbo-gas alimentate da combustibili
fossili nonché dei motori a reazione. Esso è costituito da una trasformazione di compressione adiabatica dell’aria in
ingresso, un riscaldamento (fornitura di calore esterna al ciclo) o una combustione della miscela gas aria (nel caso di
combustione interna) ed una espansione in turbina del fluido caldo ad elevata pressione, con scarico in atmosfera.
Il ciclo Brayton è un ciclo aperto, senza alcun consumo d’acqua di raffreddamento e la sua applicazione diretta agli
impianti CSP è limitata al caso d’impianti a torre solare con elevato rapporto di concentrazione ed elevate temperature
(Figura 36).
Figura 36: Ciclo Brayton ad aria (topping di un ciclo combinato) con riscaldamento mediante torre solare. Fonte DLR
In tali impianti può essere prevista la combustione con gas prima dell’ingresso in turbina, per elevare ulteriormente la
temperatura del fluido. Esistono, in fase di ricerca, impianti in cui il riscaldamento solare è sufficiente all’ingresso in turbina. In tal caso i ricevitori devono essere progettati ad hoc (Figura 37).
49
Figura 37: Ricevitore di un impianto a torre solare funzionante ad aria compressa. Fonte DLR
Molto più spesso il ciclo a gas è usato per produrre vapore mediante il gas caldo che esce dalla turbina (ciclo combinato). Tale vapore è prodotto in una caldaia a recupero HRSG (Heat Recover Steam Generator), ed utilizzato in un ciclo a
vapore sottostante (bottom). Il ciclo combinato può essere utilizzato in impianti CSP, inserendo il campo di concentratori sia sul lato di bassa pressione che su quello di alta pressione dell’impianto a vapore coadiuvando la produzione di
vapore (Figura 38).
Figura 38: Impianto CSP con ciclo combinato. Fonte solarpaces
50
5.4
Cicli Stirling
Nelle applicazioni CSP che prevedono l’utilizzo di dischi parabolici (dish) la produzione di energia elettrica avviene
mediante motore Stirling.
Tale motore produce energia utilizzando il ciclo chiuso a “fornitura di calore” esterna che porta lo stesso nome. Esso
è costituito da due trasformazioni (espansione e compressione) isoterme, nelle quali si produce il lavoro meccanico, e
due trasformazioni isocore nelle quali il fluido di lavoro in un primo momento si raffredda a volume costante cedendo
calore ad una matrice metallica porosa e in seguito si riscalda assorbendo dalla stessa matrice il calore ceduto
precedentemente. Il ciclo (Figura 39) composto da due isoterme e due isocore ha un rendimento molto elevato (vicino
a quello di Carnot a parità di temperatura massima e minima di ciclo) grazie alle rigenerazione della matrice metallica.
Come fluidi di lavoro sono utilizzati gas, generalmente aria, azoto, elio o idrogeno. Il motore è costituito dunque, nella
schematizzazione più semplice, da un cilindro con due pistoni divisi dal rigeneratore a matrice porosa, uno in contatto
con la sorgente calda, l’altro con quella fredda. Il raffreddamento nelle applicazioni dish-Stiling è ad aria ma esistono
applicazioni cogenerative con raffreddamento ad acqua ed uso conseguente di acqua calda (paragrafo 3.3.2).
Figura 39: Motore Stirling schema meccanico e delle trasformazioni termodinamiche. Fonte solarpaces
51
In realtà esistono numerosissime versioni del motore Stirling con posizionamento dei componenti molto diverso. Tuttavia,
nelle applicazioni odierne i motori Stirling utilizzati negli impianti solari termodinamici dish-Stirling sono generalmente
di due tipi: “kinematic” e “free-piston”. I primi sono dotati di cinematismi che convertono il moto alternativo dei due
pistoni in moto rotatorio, lavorano con idrogeno come fluido di processo e presentano i valori più elevati di efficienza. I
secondi hanno invece un unico pistone libero, mosso dal fluido (elio) ed un displacer che sposta il gas per effetto della
pressione differenziale dalla zona calda a quella fredda. Il pistone muove un albero collegato ad un alternatore lineare
(Figura 40). Questa configurazione è meno efficiente e meno regolare nel funzionamento ma più piccola, più leggera e
con minore necessità di manutenzione.
La fornitura di calore al ciclo nel ricevitore avviene generalmente mediante tecnologia “heat pipe” che sfrutta
l’evaporazione e condensazione di un metallo liquido (sodio). Più raramente il fluido di processo è direttamente
riscaldato da una matrice porosa che assorbe la radiazione solare.
Figura 40: Motore Stirling free-piston all'interno del ricevitore di un disco parabolico. Montaggio (sopra) e spaccato (sotto). Fonte Infinia
52
5.5
Cicli Ibridi
Definiamo ciclo ibrido quel ciclo termodinamico che possiede più di una fonte di alimentazione. Esso non costituisce a
rigore un impianto solare termodinamico poiché parte dell’energia in ingresso (calore ad alta temperatura) non proviene
dalla fonte solare. L’integrazione della fonte solare può avvenire attraverso il ricorso ad una fonte fossile o ad un’altra
fonte rinnovabile (programmabile). Il primo caso è, ad esempio, quello già menzionato dei cicli combinati, nei quali il
ciclo a gas (topping) è generalmente alimentato con un combustibile fossile.
L’esempio più ricorrente per il secondo caso è l’integrazione della fonte solare con la combustione di biomasse per
alimentare un ciclo ORC.
Per entrambe le tipologie, lo schema tipo dell’impianto è definito in Figura 41. Il campo solare, con concentratori
parabolici, è integrato con un boiler (produttore di vapore) alimentato da un altro combustibile (biomassa o gas in uscita
da un impianto a ciclo Brayton). L’integrazione può avvenire sia nello stadio di bassa pressione che in quello di alta
pressione della turbina.
Negli impianti ibridi il rapporto tra la potenza da fonte non solare e la totale si definisce fattore d’integrazione.
L’interesse per tali impianti è giustificato soprattutto in Italia, dove la normativa, per piccoli fattori d’integrazione
(<15%), permette l’accesso alla stessa tariffa incentivante dovuta agli impianti solari termodinamici.
L’ibridazione consente inoltre di ovviare parzialmente all’assenza dell’accumulo continuando a mantenere funzionante
il ciclo termodinamico anche in momenti di radiazione solare scarsa o assente. Questo è particolarmente importante per
cicli a vapore di grande taglia che non possono essere accesi o spenti con rapidità.
Figura 41: Ciclo a vapore ibrido, con combustibile in integrazione per la produzione di vapore. Fonte solarpaces
53
5.6
Il consumo d’acqua in impianti CSP
Gli impianti CSP sono spesso ubicati nelle zone aride del pianeta, che registrano i più alti valori della DNI. Perché un
impianto CSP possa essere collocato utilmente in tali zone è essenziale che il quantitativo d’acqua consumato per il suo
funzionamento sia il più basso possibile.
Se si eccettua il consumo connesso alle operazioni di pulizia delle superfici captanti, la gran parte dell’acqua consumata
è utilizzata per la produzione di vapore ed il raffreddamento del condensatore nel ciclo Rankine. Tale ciclo è infatti il
più utilizzato negli impianti CSP. Solamente alcune particolari applicazioni della concentrazione solare come gli impianti
dish-Stirling di piccola taglia e gli impianti ad altissima temperatura a ciclo Brayton, non hanno bisogno di acqua a tali
scopi.
La quantità d’acqua consumata da un impianto CSP è dunque una questione della massima importanza che incide
direttamente sulla possibilità di una proficua installazione, sulla tecnologia utilizzata per la condensazione del vapore e
su quella usata per il raffreddamento dell’organo di condensazione. Tale elemento risulta tuttavia critico nei cicli Rankine,
impattando direttamente sul rendimento termodinamico. Dalla temperatura di raffreddamento dipende, infatti, quella di
condensazione e quindi la pressione di condensazione che rappresenta la contropressione allo scarico della turbina. Più
basso è il valore di tale pressione e quindi della temperatura di condensazione, più alto è il rendimento termodinamico
del ciclo a parità di altri parametri.
La tecnologia di raffreddamento del condensatore deve permettere dunque al ciclo di lavorare con una bassa pressione
di condensazione (al massimo 0,17-0,19 bar) e quindi con un rendimento elevato. Inoltre essa deve consentire di
mantenere tale valore costante al variare delle condizioni ambientali esterne.
I condensatori utilizzati negli impianti a vapore sono sostanzialmente suddivisi in due grandi categorie: WCC (Water
Cooled Condenser - condensatori raffreddati ad acqua) ed ACC (Air Cooled Condenser - condensatori raffreddati ad aria
o dry cooled).
Pur essendo disponibili una enorme varietà di tecnologie di raffreddamento in questo campo, non sono molte le
alternative tecnologiche che presentano le caratteristiche di affidabilità ed economicità idonee per essere utilizzate negli
impianti CSP.
I più comuni sistemi di raffreddamento ad acqua utilizzati nel campo degli impianti a vapore sono quelli a torre
evaporativa, nei quali l’acqua di raffreddamento del condensatore viene raffreddata producendone la parziale
evaporazione in apposite torri e scaricando in questo modo il calore di scarto del ciclo in atmosfera (sotto forma di
vapore d’acqua), come illustrato in Figura 42. La minima temperatura raggiungibile dall’acqua così raffreddata è pari
alla temperatura di bulbo umido dell’aria.
54
Figura 42: Sistema di raffreddamento WCC a torre evaporativa. Fonte A. Poullikas et al. 2011
L’acqua di raffreddamento evaporata deve essere reintegrata e questo genera un notevole consumo.
Si stima che per un impianto PTC raffreddato con WCC il consumo totale d’acqua è di circa 3 m3/MWh dei quali 2,95
m3/MWh utilizzati per la produzione del vapore ed il raffreddamento del condensatore. Per impianti a torre solare tale
consumo si riduce a 1,9-2,8 m3/MWh.
Nel campo degli impianti a vapore tradizionali il consumo d’acqua di un ciclo alimentato a carbone o a combustibile
nucleare è di circa 1,9-2,8 m3/MWh mentre quello di un ciclo combinato alimentato a gas è di circa 0,76 m3/MWh.
Agli elevati consumi si aggiunge il problema della concentrazione dei sali nell’acqua che dalla torre viene inviata al
condensatore, a causa della parziale evaporazione. Ciò richiede il drenaggio di parte dell’acqua, ricca di sali e particolato
oltre che il suo smaltimento come rifiuto.
Per superare gli svantaggi dei sistemi WCC sono stati sviluppati sistemi di raffreddamento del condensatore ad aria
ACC (detti anche a secco) in grado di far condensare grandi volumi di vapore a bassa pressione e rimuovere gli
incondensabili.
Due tipologie di condensatori raffreddati ad aria vengono applicate nel campo degli impianti CSP: i sistemi raffreddati ad
aria direttamente (direct ACC) e quelli a raffreddamento indiretto (indirect ACC o sitemi Heller).
55
Figura 43: Sistema di raffreddamento ACC diretto. Fonte A. Poullikas et al. 2011
Nel primo caso, il vapore attraverso un concentratore di distribuzione viene trasferito a banchi di tubi alettati disposti
ad “A” (Figura 43) e raffreddati esternamente da una corrente di aria ambiente. La circolazione dell’aria ambiente è
garantita da ventilatori elettrici collocati nella parte bassa del dispositivo. Il raffreddamento produce la condensazione ed
il condensato si deposita nel collettore basso dello scambiatore dal quale è inviato al generatore di vapore.
Nel caso del sistema Heller invece, il condensatore è costituito da un tradizionale scambiatore ad acqua ma l’acqua
calda in uscita da esso viene inviata a batterie di tubi alettati raffreddate ad aria. Tali batterie sono posizionate inclinate
per assicurare la massima superficie di scambio all’interno di una torre di raffreddamento opportunamente profilata
(Figura 44).
Il raffreddamento dell’acqua da parte dell’aria ambiente è ottenuto per convezione naturale (effetto della temperatura
delle batterie) ed è incrementato dalla forma della torre che accelera il moto verticale dell’aria. In alcune condizioni il
moto è innescato da ventilatori posti alla base della torre.
I sistemi ACC indiretti presentano maggiore flessibilità nel posizionamento dell’organo di raffreddamento, spesso fonte
di impatto ambientale. Essi consentono, infatti, di allontanare la torre dall’impianto CSP senza modificare il tracciato
delle tubazioni del vapore.
I sistemi ACC che non consumano acqua per il raffreddamento del condensatore, hanno tuttavia performance dipendenti
dalla temperatura dell’aria ambiente. In particolare le prestazioni sono particolarmente ridotte per temperature dell’aria
ambiente al di sopra di 38 °C.
La temperatura dell’acqua di ritorno al condensatore e quindi la temperatura e la pressione di condensazione
dipendono dalla temperatura dell’aria ambiente che rappresenta la sorgente fredda del ciclo termodinamico. Questo
può indurre fluttuazioni del rendimento termodinamico dell’intero ciclo, che può provocare una diminuzione dell’energia
prodotta dall’impianto CSP stimata in circa il 5% annuo.
La dipendenza del funzionamento dalla temperatura dell’aria esterna può essere parzialmente ridotta utilizzando
batterie di scambio termico modulari ed una gestione elettronica del funzionamento dei ventilatori controllata dalle
condizioni termo-igrometriche esterne.
56
Figura 44: Sistema di raffreddamento ACC indiretto o sistema Heller. Fonte A. Poullikas et al. 2011
Per coniugare i vantaggi e gli svantaggi del raffreddamento ad acqua e di quello ad aria sono stati sviluppati sistemi
WCC/ACC ibridi. Essi fanno operare le unità WCC ed ACC in parallelo o prevedono il pre-raffreddamento dell’aria in
ingresso all’unità ACC mediante scambio evaporativo con l’acqua nell’unità WCC.
Nel raffreddamento ibrido (Figura 45) in configurazione di funzionamento parallelo è prevista la priorità di
funzionamento della componente ACC, solo nei giorni particolarmente caldi parte del vapore in uscita dalla turbina viene
deviato verso il WCC, su cui grava quindi solamente una parte del carico termico da dissipare. Il consumo d’acqua viene
così drasticamente diminuito rispetto ad un sistema WCC, ma il costo del sistema è piuttosto elevato.
I sistemi di pre-raffreddamento dell’aria in ingresso al sistema ACC prevedono invece la presenza di una torre
evaporativa nella quale acqua nebulizzata viene introdotta nella corrente d’aria. L’evaporazione dell’acqua produce
il raffreddamento della corrente di aria, la massima differenza di temperatura ottenibile è pari alla differenza tra la
temperatura dell’aria e quella di bulbo umido.
I consumi d’acqua per differenti tipologie di impianto e tecnologie di raffreddamento sono riassunti nella Tabella 9.
57
Figura 45: Sistema di raffreddamento ibrido WCC/ACC in parallelo. Fonte A. Poullikas et al. 2011
Tecnologia Impianto
Ciclo a carbone/comb. nucleare
Ciclo a gas
CSP Concentratori Parabolici Lineari
CSP Torre Solare
CSP Concentratori lineari Fresnel
Consumo acqua [m3/MWh]
WCC
1,5-2,8
0,76
3
1,9-2,8
3,8
ACC
0,19-0,25
0,3
0,3
Tabella 9: Consumo d’acqua totale in funzione della tipologia di impianto a vapore e del sistema di raffreddamento. Dati A. Poullikas et al. 2011
58
6 Utilizzi industriali degli impianti CSP
Come illustrato nei precedenti paragrafi il solare termodinamico presenta indubbi vantaggi rispetto alle altre energie
rinnovabili e potrebbe, in termini di costi, competere nel prossimo futuro anche con gli impianti tradizionali, in
condizione di DNI media sufficientemente elevata.
Esiste tuttavia anche la possibilità dell’utilizzo di impianti CSP (in particolare per quelli dotati di storage termico)
nell’industria o per applicazioni di condizionamento ambientale in assetto cogenerativo, sfruttando il calore prodotto ed
accumulato non al solo fine della produzione di energia elettrica.
Queste applicazioni rappresentano un mercato secondario per tali impianti, all’interno del quale essi possono trovare un
utilizzo economicamente conveniente e condurre ad un importante risparmio di combustibili fossili
6.1
Applicazioni per la produzione di acqua refrigerata (Solar Cooling)
Per quanto riguarda le applicazioni nel campo del condizionamento/riscaldamento, si è già accennato alla possibilità di
utilizzo della tecnologia Dish-Stirling per cogenerazione su scala domestica (paragrafo 3.3.2). Tali sistemi, nel contesto
italiano, potrebbero avvalersi delle agevolazioni connesse alla produzione di acqua calda sanitaria da fonte rinnovabile
(detrazioni fiscali o conto termico) oltre che delle tariffe incentivanti per la produzione di energia elettrica da fonte
solare termodinamica (Capitolo 7). Sempre nel campo delle piccole-medie taglie, l’utilizzo cogenerativo finalizzato
al condizionamento degli ambienti della tecnologia CSP può prevedere, come schema di progetto, l’abbinamento di
un campo solare PTC o LFC con un ORC. E’ così possibile ottenere energia elettrica per alimentare gruppi frigoriferi
a compressione meccanica o gruppi compatti roof-top e contemporanemante energia termica per alimentare gruppi
frigoriferi ad assorbimento.
Gli impianti micro o mini CSP rivestono una notevole importanza in Italia perché potrebbero funzionare da “starters”
per il mercato interno. Infatti, l’apertura a queste taglie del sistema di incentivazione che il Decreto per le rinnovabili
elettriche ha prodotto nel nostro Paese (Capitolo 7) potrebbe permettere una diffusione di tale tecnologia nel mercato
interno. Inoltre i produttori italiani di tecnologie CSP, raccolti nell’associazione industriale ANEST (Associazione Nazionale
Energia Solare Termodinamica), hanno già da tempo sviluppato soluzioni commerciali per questo tipo di impianti
(Figura 26) e dunque essi potrebbero usare il mercato interno come “piattaforma di lancio” per lo sviluppo di prodotti e
progetti destinati anche ad altre aree geografiche.
Di notevole interesse, per l’economia di scala che realizzano, sono le applicazioni di più grande taglia che producono
il calore (per riscaldamento o processo) utilizzando il fluido scaricato dalla turbina (a vapore) e producono acqua
refrigerata alimentando con lo stesso fluido un gruppo frigorifero ad assorbimento. Si realizza così una trigenerazione
mediante l’energia prodotta dall’impianto CSP.
Possiamo mostrare, come esempio, gli schemi concettuali di un impianto di trigenerazione ibrido gas-CSP, destinato a
produrre energia elettrica ed utilizzare il calore di scarto per dissalazione dell’acqua (processo) e produzione di acqua
refrigerata (condizionamento). Tale impianto al servizio di una utenza turistica in Giordania avrebbe permesso sostituire
un impianto di cogenerazione a gas della potenza di 85 MW con un impianto di potenza totale 70 MW, dei quali solo
56 MW provenienti dalla combustione di gas naturale (Figura 46).
La soluzione prevista effettua l’integrazione del cogeneratore a gas con un impianto LFC della potenza di 14 MW. La
scelta della tecnologia LFC consente la minimizzazione degli spazi occupati dai concentratori.
Per la produzione di acqua refrigerata la soluzione progettuale prevede l’utilizzo di un gruppo frigorifero a compressione
59
di vapore alimentato da energia elettrica e di un gruppo frigorifero ad assorbimento alimentato dal calore di scarto.
Il ricorso agli impianti CSP nel campo del condizionamento degli ambienti potrebbe essere molto promettente
soprattutto in quelle applicazioni caratterizzate da elevati consumi di energia per i trattamenti dell’aria come grandi
centri commerciali e strutture turistiche localizzate in paesi con elevato valore medio della DNI (paesi dell’area MENA,
Australia, Cile).
La tecnologia di concentrazione da utilizzare deve essere scelta in funzione delle sue caratteristiche peculiari (Capitolo 3)
e della potenza prevista, mentre la convenienza economica è sostanzialmente dipendente dalla località d’installazione,
dal prezzo dell’energia elettrica e da quello del gas.
Tanto più elevati sono questi ultimi ovvero tanto più è complessa l’alimentazione dell’utenza con le fonti tradizionali,
tanto più la convenienza del ricorso alla fonte solare è elevata. Questo rende l’utilizzo di impianti CSP per scopi
di condizionamento ambientale appetibile in paesi caratterizzati da grandi estensioni poco antropizzate e reti di
distribuzioni non capillari.
Figura 46: Schema concettuale di un impianto di trigenerazione a gas naturale (sopra) ed ibrido gas-CSP (sotto) per produzione di energia elettrica, calore di processo e acqua refrigerata. Fonte DLR
E’ opportuno sottolineare inoltre che il ricorso ad impianti CSP per applicazioni di solar cooling permette di sfruttare
la contemporaneità tra domanda di energia frigorifera ed elevato valore della radiazione solare che spesso si verifica
anche in paesi posti a medie latitudini. Inoltre l'utilizzo di fluido ad alta temperatura incrementa l'efficienza dei gruppi
frigoriferi ad assorbimento.
Per quanto riguarda gli utilizzi più specificatamente di processo, si tratta sostanzialmente di utilizzare il calore reso
disponibile dalla concentrazione solare generalmente sotto forma di vapore per un uso dipendente dal processo
produttivo specifico dell’utenza. In tutti i casi in cui il calore di processo è necessario ad una temperatura non troppo
elevata, gli impianti CSP possono essere usati per la generazione di vapore tecnologico o per il riscaldamento di olio
diatermico.
Tipici utilizzi potrebbero essere quelli nell’industria del legno o alimentare (per realizzare, ad esempio, operazioni di
essicazione del legno o di cottura, pastorizzazione, essiccazione, sterilizzazione di alimenti). Altri settori d’impiego
potrebbero trovarsi nell’industria estrattiva, di produzione dei metalli, di produzione del cemento o del vetro,
60
nell’industria chimica, farmaceutica, del tabacco, nell’industria tessile ecc…
Tutte queste attività, essendo energy intensive, beneficerebbero di grandi risparmi dall’utilizzo di energia solare. Inoltre,
la produzione di energia elettrica locale, nelle immediate vicinanze dello stabilimento, consentirebbe di risolvere il
problema dell’alimentazione termica ed elettrica di attività industriali poste in località remote (miniere).
Lo schema di integrazione dell’impianto CSP con l’utenza industriale può prevedere il prelievo del fluido caldo prima
o dopo l’ingresso in turbina, a seconda del livello di temperatura richiesto dall’utilizzo e deve essere studiato caso per
caso.
Trattandosi di utilizzo di processo risulta ovviamente necessario avere uno storage che copra tutto il periodo di
operatività o dotare l’impianto CSP di ibridazione con una fonte prevedibile (gas o biomasse).
La convenienza di tali applicazioni è strettamente dipendente dal valore della DNI caratteristica della località
d’installazione e dal prezzo del combustibile necessario per il processo in assenza della fonte solare. Dalla prima
grandezza dipende, infatti, la produzione di energia dell’impianto CSP, mentre dalla seconda dipende l’entità del
risparmio economico conseguente all’utilizzo della fonte solare al posto del gas.
Terminiamo infine questa breve discussione approfondendo, nei prossimi due paragrafi, due degli utilizzi industriali più
promettenti della tecnologia CSP, che, per struttura del processo e posizionamento geografico degli impianti, potrebbero
presentare una particolare convenienza nell’utilizzo dell’energia solare:
• La dissalazione dell’acqua marina
• Il recovery di giacimenti di petrolio maturi (Enhancced Oil Recovery – EOR)
6.2
Impianti CSP per la dissalazione dell’acqua marina
Figura 47: Quantitativo d’acqua rinnovabile per abitante. Fonte DLR
61
L’importanza di ottenere acqua potabile in modo continuo e rinnovabile, evitando pesanti impatti ambientali è oggi
sempre più elevata. Per alcuni paesi, come quelli dell’area MENA (Middle East and North Africa), la disponibilità di acqua
rinnovabile (cioè non proveniente da falde sotterranee esauribili) per abitante è in molti casi ben al di sotto della soglia
considerata limite di 1000 m3 /anno (Figura 47).
Per questo gli impianti di dissalazione che permettono di ottenere acqua potabile da quella marina sono sempre più
numerosi. Essi sfruttano diversi principi e tecnologie, tuttavia possono essere distinti in impianti di dissalazione per via
termica e per via meccanica.
Nel primo caso l’energia che alimenta il processo è il calore, mentre nel secondo caso è l’energia elettrica.
I principali processi di dissalazione, suddivisi in base alla classificazione appena delineata, sono riportati in Figura 48. Tra
quelli con alimentazione termica, il processo più diffuso è quello di distillazione multi effetto (Multi Effect Distillation MED) mentre, tra quelli con alimentazione elettrica, quello più utilizzato e l’osmosi inversa (Reverse Osmosis - RO), che
rappresenta in assoluto la tecnologia più utilizzata in questo campo. Le caratteristiche dei diversi processi di dissalazione
sono riportate in Figura 49.
Poiché i paesi che più soffrono della carenza di acqua potabile sono caratterizzati da un elevato valore della DNI è
naturale pensare alla alimentazione degli impianti di dissalazione mediante fonte solare, in modo da limitare il più
Figura 48: Principale classificazione delle tecniche di dissalazione. Fonte DLR
62
Figura 49: Caratteristiche dei processi di dissalazione. Fonte DLR
possibile il loro impatto ambientale.
In questo senso gli impianti CSP costituiscono la naturale scelta per la fornitura di energia necessaria a tali processi.
Differenti configurazioni possono essere adottate per interfacciare l’elemento di captazione solare all’impianto di
dissalazione in funzione della tipologia di quest’ultimo e della necessità di disporre di un ciclo di potenza (Figura 50).
Le configurazioni che sono più oggetto di studio sono tuttavia due: quella che utilizza la dissalazione RO, alimentata
da energia elettrica prodotta dall’impianto CSP (Figura 51) e quella che utilizza il vapore per ottenere la dissalazione
Figura 50: Tipologie di configurazione per impianti CSP con dissalazione. Fonte DLR
63
Figura 51: Schema di impianto CSP con dissalazione ad osmosi inversa. Fonte DLR
Figura 52: Schema di impianto CSP con dissalazione MED alimentato da vapore (funzionamento diurno). Fonte DLR
mediante tecnologia MED , riportata in Figura 52.
Tutte le tecnologie di concentrazione possono essere utilizzate per l’alimentazione di un impianto di dissalazione,
tuttavia quelle line focusing (PTC e LFC) hanno un vantaggio economico sugli impianti a ricevitore centrale, mentre i
sistemi a piatto sono esclusi per la piccola potenza specifica.
6.3
Impianti CSP per il recovery di pozzi petroliferi maturi
Il processo denominato Enhanced Oil Recovery (EOR) o Recovery Terziario è una attività che si intraprende in giacimenti
di petrolio giunti ad una fase di sfruttamento maturo e che consiste nella iniezione di specifici fluidi nel sottosuolo con
l’obiettivo di aumentare la temperatura e di diminuire la viscosità della riserva (a volte di alterare anche le proprietà
superficiali delle rocce) aumentando la produzione del pozzo. I metodi più comuni sono l’iniezione termica (con vapore)
o l’iniezione di gas miscibile (CO2).
L’EOR va assumendo sempre più importanza nel settore di estrazione del petrolio, nonostante gli elevati costi, a causa
della diminuzione di produzione da depositi noti, ampiamente sfruttati e dell’aumento dei consumi (Figura 53). Ci si
attende che dal 2030 l’Arabia Saudita produrrà più di un milione di barili di greggio al giorno mediante processi di EOR.
Normalmente la tecnica di EOR con iniezione termica viene eseguita vaporizzando l’acqua, ottenuta mediante
64
separazione dal petrolio estratto, attraverso l’utilizzo di boiler alimentati a gas. Il vapore viene poi iniettato nel pozzo
petrolifero e dal fluido estratto si separano il petrolio e l’acqua che torna in circolo per la vaporizzazione. Poiché spesso
nel giacimento sono contenuti oli pesanti e rocce ad elevata capacità termica, la quantità di vapore che deve essere
generata è molto elevata, con ovvie conseguenze sul consumo di gas e quindi con pesanti ricadute economiche ed
ambientali.
Le attrezzature utilizzate per la produzione di vapore non sono diverse rispetto a quelle utilizzate negli impianti di
produzione di energia, se si eccettua la necessità di evitare tubazioni in acciaio inossidabile. L’acqua utilizzata in circuito
chiuso per l’EOR infatti è generalmente ricca di cloro che corrode l’acciaio inossidabile in sostituzione del quale viene
utilizzato il comune acciaio al carbonio.
Figura 53: Prospettive di consumo e produzione del petrolio. Fonte GDP Capital
Gli impianti CSP con accumulo possono produrre la quantità di vapore necessaria al processo di EOR, alla temperatura
e pressione richieste (dipendenti dalla tipologia di pozzo), utilizzando esclusivamente la fonte solare (Figura 54) e
producendo una elevata riduzione del consumo di gas.
Le tecnologie di captazione utilizzate sono quelle dei concentratori parabolici e degli eliostati con torre solare
65
Figura 54: Schema concettuale di un impianto CSP per EOR. Fonte BrightSource energy
(quest’ultima soluzione è utilizzata per grandi potenze ed elevate temperature di produzione del vapore).
La tecnologia CSP inoltre può sfruttare il vantaggio intrinseco fornito dalla posizione geografica dei pozzi petroliferi.
Infatti la gran parte dei giacimenti maturi di oli pesanti si trovano in zone con elevato valore medio di DNI (California,
Venezuela, Medio Oriente ecc…). Ciò facilita il ritorno economico dell’investimento anche in caso di presenza di storage
di grandi dimensioni, abbassando il costo totale, come precedentemente illustrato.
Figura 55: Impianto di EOR Coalinga (California) alimentato da una torre solare, potenza 29 MW. Fonte Brightsource energy
66
Figura 56: Impianto EOR ad Amal Oman alimentato da concentratori parabolici, potenza 7 MW,
produzione di vapore 50 tonnellate/giorno (312 °C, 100 bar). Fonte GlassPoint
Alcune esperienze condotte in California (Figura 55) hanno confermato l’economicità di tali progetti, ed oggi esistono
impianti CSP per EOR anche nelle regioni del Medio Oriente (Figura 56).
L’installazione in deserti sabbiosi ha condotto allo sviluppo di impianti PTC protetti da serre vetrate. Questo
67
7
7.1
accorgimento diminuisce i costi di eliminazione della polvere rendendo il processo più facilmente automatizzabile, senza
comportare grandi perdite di captazione.
Nell’ambito dell’industria del petrolio, tra le attività intraprese per la diminuzione dei gas climalteranti, la tecnologia
di EOR mediante iniezione di vapore da CSP è sicuramente più matura rispetto a quella del sequestro della CO2 in
atmosfera ed immissione nel giacimento. Essa rappresenta dunque un mercato in rapido sviluppo per gli impianti CSP.
Aspetti autorizzativi ed incentivazione dell’energia prodotta
Quadro Normativo Italiano
I principali riferimenti normativi che riguardano gli impianti solari termodinamici sono:
D.Lgs. 29/12/2003 n. 387 “Attuazione della direttiva 2001/77/CE sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da
fonti energetiche rinnovabili”;
D.M. 11/04/2008 “Criteri e modalità per incentivare la produzione di energia elettrica da fonte solare mediante cicli
termodinamici”;
Delibera ARG/elt 95/2008 “Attuazione del decreto del Ministro dello Sviluppo Economico, di concerto con il Ministro
dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare 11 aprile 2008, ai fini dell’incentivazione della produzione di
energia elettrica da fonte solare mediante cicli termodinamici”;
D.M. 10/09/2010 “Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili”
D.Lgs. 03/03/2011 n. 28 (Decreto Romani) “Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia
da fonti rinnovabili”;
D.M. 06/07/2012 (Decreto FER elettriche) “Incentivazione della produzione di energia elettrica da impianti a fonti
rinnovabili diversi dai fotovoltaici - Attuazione articolo 24 del D.lgs. 28/2011”.
7.2
Nel quadro normativo italiano, il solare termodinamico ricade, come tutte le altre fonti di energia rinnovabile, nel campo
di applicazione del D.Lgs. 387/2003.
La Delibera ARG/elt 95/2008 dell’Autorità dell’Energia Elettrica e del Gas (AEEG) approva una serie di disposizioni
(contenute nell’Allegato A alla Delibera) in attuazione del D.M. 11/04/2008 del Ministro dello Sviluppo Economico, di
concerto con il Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, ai fini dell’incentivazione della produzione
di energia elettrica da fonte solare mediante cicli termodinamici.
In particolare, il meccanismo d’incentivazione in Conto Energia per gli impianti solari termodinamici, regolato dal D.M.
11/04/2008 e dalle successive modifiche apportate dal D.M. 06/07/2012, remunera, con apposite tariffe incentivanti,
l’energia elettrica prodotta per un periodo di 25 anni.
Le tariffe restano costanti per il periodo d’incentivazione. Nel caso d’impianti ibridi, cioè alimentati sia da fonte solare
che da altre fonti, solo l’energia elettrica derivante da fonte solare è incentivata con tali tariffe.
Il cosiddetto “Decreto Romani”, D.Lgs. 28/2011, ha apportato una serie di modifiche per quanto concerne le procedure
di autorizzazione e ha modificato le condizioni di cumulabilità degli incentivi come regolate all’articolo 26.
Aspetti autorizzativi nel contesto italiano
Per la costruzione e la successiva messa in esercizio, gli impianti solari termodinamici sono soggetti a procedimenti
68
autorizzativi che variano in funzione della potenza installata.
L’iter autorizzativo, come previsto all’articolo 12 del D.Lgs. 387/2003, è regolato dalle Linee Guida Nazionali (DM
10/09/2010).
Tali procedure si applicano, in particolare, a tutti gli impianti a fonte rinnovabile per la produzione di energia elettrica
per gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale e parziale e riattivazione di impianti. Ulteriori modifiche
in questo contesto sono state apportate dal Decreto Romani (D.Lgs. 28/2011), come, ad esempio, quella che riguarda la
riduzione dei tempi per l’Autorizzazione Unica (da 180 a 90 giorni).
Gli impianti CSP sono soggetti ad Autorizzazione Unica (AU), un provvedimento adottato con D.Lgs. 387/2003 il
cui strumento attuativo è costituito dalla Conferenza dei Servizi che si svolge in presenza di tutte le amministrazioni
interessate.
La documentazione da allegare, è regolata dalle Linee Guida Nazionali ma è soggetta a specifiche richieste che possono
essere differenti da regione a regione. Essa include:
• La Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) di cui al D.Lgs. 152/2006 (in alcuni casi non necessaria come meglio
spiegato di seguito);
• Il progetto definitivo, inclusa la connessione in rete e le opere relative a posa e dismissione dell’impianto;
• La relazione tecnica di intervento comprensiva dei dati del soggetto proponente, l’analisi della producibilità
dell’impianto, la descrizione dei lavori suddivisa per fasi/tempi/modalità di esecuzione e del piano di dismissione
dell’impianto;
• La stima dei costi di dismissione;
• La documentazione inerente il sito d’intervento;
• Il preventivo dei costi di connessione alla rete;
• Il certificato di destinazione urbanistica dell’area interessata;
• L’estratto dei dati catastali;
• La documentazione per l’autorizzazione paesaggistica, qualora necessaria;
• Ricevuta di pagamento degli oneri istruttori.
La Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) viene disciplinata a livello nazionale dal
Regione
Norma di riferimento per VIA
Soglia di applicazione
Basilicata
Calabria
Puglia
Sardegna
Sicilia
L.R. 14/12/1998 e s.m.i.
L.R. 04/08/2003 e s.m.i.
L.R. 12/04/2001 e s.m.i.
D.G.R. 07/08/2012 n.34/33
D.Lgs. 152/2006
35 MW
50 MW
50 MW
1 MW
50 MW
Tabella 10: Norme regionali in materia di VIA e soglie di applicazione
D.Lgs. 152/2006 “Norme in materia ambientale” e si applica ai soli progetti elencati nella norma. Riferendoci quindi a
tale normativa i soli impianti da sottoporre a VIA sono quelli di potenza maggiore di 50MW. Ogni regione ha però la
facoltà poter estendere l’applicazione della procedura di VIA ad un numero maggiore di progetti.
Per le regioni maggiormente interessate dal CSP, le norme regionali in materia di VIA e le soglie di applicazione sono
riportate nella Tabella 10
69
7.3
Per quanto concerne le tempistiche necessarie all’ottenimento dell’AU, l’Amministrazione Competente convoca la
Conferenza dei Servizi entro 30 giorni dalla presentazione della domanda. Il termine per la conclusione del Procedimento
unico non può essere superiore a 90 giorni dalla data di ricevimento della richiesta da parte dell’Amministrazione
competente. Tuttavia, il calcolo dei 90 giorni non comprende le eventuali sospensioni dovute alla richiesta di ulteriore
documentazione integrativa, alla richiesta di chiarimenti, all’acquisizione della VIA o all’esercizio dei poteri sostitutivi.
Da sottolineare che il Decreto Romani oltre che ridurre la tempistica da 180 giorni a 90 per l’esecuzione del
Procedimento unico prevede che la procedura di VIA vada espletata prima dell’avvio della Autorizzazione Unica.
Incentivazione del Solare Termodinamico in Italia
Le condizioni di incentivazione per soli impianti CSP sono state stabilite per la prima volta dal Decreto Ministeriale 11
Aprile 2008. Esso definisce il Fattore di Integrazione (Fint), come rapporto tra la potenza netta non imputabile alla
fonte solare e la potenza netta complessiva dell’impianto solare a concentrazione ed in base a tale parametro stabilisce
l’entità della tariffa incentivante, per la produzione imputabile alla sola fonte solare. Minore è il fattore d’integrazione
maggiore è la tariffa incentivante ed al di sotto del valore del fattore d’integrazione del 15% tutta la produzione è
imputabile alla fonte solare.
Ai sensi del D.M. 11/04/2008 sono incentivabili gli impianti solari termodinamici nei quali il fluido termovettore utilizzato
ed il mezzo di accumulo, se presente, non siano costituiti da sostanze e preparati classificati come molto tossici, tossici
e nocivi ai sensi delle direttive 67/548/CEE e 1999/45/CE e s.m.i., ad eccezione del caso in cui l’impianto si trovi in zona
industriale. Ciò rende possibile l’utilizzo dei principali oli diatermici esclusivamente in tali aree.
Alcuni tra gli oli diatermici più utilizzati, infatti, ricadono nell’ambito di applicazione del D.L. 344/99 ove sono classificati
come sostanza “pericolosa per l’ambiente”, con frase di rischio R51/R53 e quantità limite fissata tra 200 e 500
tonnellate.
Oggi l’incentivazione degli impianti termodinamici a concentrazione è regolata dal D.M. Sviluppo Economico 6 luglio
2012 (Decreto FER elettriche), “Attuazione dell’articolo 24 del D.lgs. 3 marzo 2011, n. 28, recante incentivazione
della produzione di energia elettrica da impianti a fonti rinnovabili diversi dai fotovoltaici”. L’articolo 28 del Decreto
“FER elettriche” (DM 06/07/2012) - “Disposizioni in materia di impianti solari termodinamici”- stabilisce che, per gli
impianti solari termodinamici che entrano in esercizio successivamente al 31 dicembre 2012, continuano ad applicarsi le
Tariffa incentivante (€/kWh elettrico prodotto)
Frazione di integrazione
Incentivo aggiuntivo al prezzo di vendita per
impianti con superficie captante fino a 2500 m 2
Incentivo aggiuntivo al prezzo di vendita per
impianti con superficie captante superiore a 2500 m 2
≤ 0,15
0,15 <Fint ≤ 0,50
≥ 0,50
0,36
0,32
0,30
0,32
0,30
0,27
Tabella 11: Valori della tariffa incentivante secondo il D.M. 06/07/2012
condizioni stabilite dal DM 11 aprile 2008, tuttavia sono introdotte delle impostanti e sostanziali modifiche (lettere a-g
del comma 1 dell’Art.28).
La più rilevante riguarda i valori dell’incentivo (Tabella 11) e l’introduzione di un valore discriminante di superficie
captante pari a 2500 m2 che nel precedente decreto non era presente. Esso determina una retribuzione maggiore per gli
impianti di minor dimensione al fine di compensare il mancato effetto di economia di scala.
70
In sintesi, le tariffe incentivanti per gli impianti solari termodinamici che entrano in esercizio dal 31/12/2012 e fino al
31/12/2015 variano in funzione di:
• Fattore d’integrazione (percentuale di energia elettrica prodotta annualmente da fonte non solare);
• Superficie captante (somma delle aree di tutti i captatori solari dell’impianto solare termodinamico, anche ibrido)
Per gli impianti che entreranno in esercizio nel periodo intercorrente tra il 1° gennaio 2016 e il 31 dicembre 2016 le
tariffe, relative all’anno 2015, sono decurtate del 5%, per gli impianti entrati in esercizio nel periodo intercorrente tra il
1° gennaio 2017 e il 31 dicembre 2017 le medesime tariffe del 2015 sono decurtate di un ulteriore 5%.
In assenza di nuovi decreti, per gli anni successivi al 2017 continueranno ad applicarsi le tariffe fissate dal D.M. 6 luglio
2012 per impianti che entrano in esercizio nell’anno 2017.
L’incentivo è erogato in acconto dal GSE, salvo conguaglio al termine di ciascun anno solare sulla base della frazione
solare effettivamente conseguita nel medesimo anno.
Le condizioni di cumulabilità con altri incentivi sono sancite dall’articolo 26 del D.lgs. n°28 del 2011 (Decreto Romani).
Tale articolo stabilisce che gli incentivi non sono cumulabili con altri incentivi pubblici, fatti salvi i seguenti casi:
• L’accesso a fondi di garanzia e fondi di rotazione;
• L’accesso ad altri incentivi pubblici non eccedenti una determinata percentuale del costo
d’investimento (40% per impianti di potenza fino a 200 kW, 30% per impianti di potenza
fino a 1 MW e 20% per impianti di potenza fino a 10 MW);
• Per gli impianti di potenza superiore a 10 MW con la fruizione della detassazione dal
reddito di impresa degli investimenti in macchinari e apparecchiature.
In sostanza, tale condizione aumenta la possibilità di cumulo degli incentivi con altri in conto capitale per i piccoli
impianti e la diminuisce per i grandi impianti.
Qualora l’impianto solare termodinamico sia ibrido, ossia integrato da un’altra fonte rinnovabile, l’incentivo è cumulabile
con l’incentivo spettante ad altre fonti rinnovabili ma solo sulla quota parte relativa alla fonte di integrazione stessa.
In base al DM 06/07/2012 l’obbligo dell’accumulo per accedere all’incentivo è definito in funzione della superficie
captante e quindi delle dimensioni come segue:
• 1,5 kWh/m² se la superficie captante è superiore a 50000 m²
• 0,4 kWh/m² se la superficie captante è compresa tre 10000 m² e 50000 m²
• Nessuno se la superficie captante è inferiore a 10000 m²
Le condizioni dettate dal DM 06/07/2012 aprono di fatto la strada dell’incentivazione anche di sistemi di taglia mediopiccola tipo Dish-Stirling (sostanzialmente penalizzati dal precedente meccanismo) che, al momento, rappresentano, per
costi e caratteristiche, una tecnologia adattabile alle condizioni di generazione distribuita.
È inoltre favorita, rispetto al precedente regime, la costruzione d’impianti di piccola media potenza di qualsiasi
tecnologia, per i quali il volume di accumulo richiesto è nullo o minore di un terzo di quello che sarebbe stato necessario
con la precedente normativa.
Un’altra importante precisazione normativa è rappresentata dal riconoscimento del valore di Fint nullo per impianti solari
termodinamici che hanno come unica fonte d’integrazione una fonte rinnovabile. Ciò consente agli impianti ibridi di
ottenere il massimo valore della tariffa indipendentemente dalla dimensione dell’impianto a patto che l’integrazione sia
eseguita con fonte rinnovabile, ad esempio con impianti a biomasse.
L’obiettivo nazionale di potenza cumulata da installare al 2020 per gli impianti solari termodinamici, ivi compresa la
parte solare degli impianti ibridi, è stabilito in 2.500.000 m² di superficie captante.
Compatibilmente con gli obiettivi al 2020 inoltre è definito il limite massimo di potenza incentivabile in termini di
superficie captante cumulata comprendente anche la parte solare degli impianti ibridi, pari a 2.500.000 m².
71
7.4
Infine, l’intervallo di tempo concesso in deroga per l’entrata in esercizio a tutti gli impianti oltre la data in cui viene
raggiunto il limite di superficie incentivabile, è fissato in 24 mesi.
Le condizioni di incentivazione sembrano particolarmente vantaggiose per gli impianti ibridi, con integrazione ad energia
rinnovabile (biomasse) di potenza inferiore al MW elettrico. Con riferimento alle tecnologie di concentrazione descritte
in dettaglio al Capitolo 3, quelle che potrebbero beneficiare maggiormente delle condizioni di incentivazione DM
06/07/2012 sono gli impianti PTC ad olio minerale (in zone industriale) di piccola taglia e quelli LFC con ORC o ciclo a
vapore di piccola taglia.
Modalità di accesso alle tariffe incentivanti
La modalità di accesso alle tariffe è gestita dal GSE (Gestore dei Servizi Energetici).
La domanda di accesso alle tariffe e di connessione alla rete prevede la presentazione della documentazione stabilita dal
Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico dell’11/04/2008.
In particolare i principali dati tecnici richiesti sono:
l’estensione della superficie captante
la stima del rendimento del ciclo termodinamico, del sistema di concentrazione e di produzione di energia elettrica
tutti gli elementi utili ai fini della definizione della produzione netta riconducibile a fonte solare/non solare
il tipo di fonti convenzionali e rinnovabili utilizzate negli impianti ibridi.
Al termine dei lavori di costruzione dell’impianto il soggetto responsabile deve inoltrare la comunicazione di fine lavori
al G.S.E il quale, entro 60 giorni dalla ricezione della richiesta, comunica la tariffa che verrà attribuita e stipula la
convenzione.
Entro 60 giorni dalla data di entrata in esercizio il soggetto responsabile deve inoltrare al G.S.E. la documentazione
finale di progetto firmata da un professionista abilitato comprensiva di elaborati grafici di dettaglio ed almeno 5
fotografie dell’impianto; la scheda tecnica finale d’impianto (ove sono indicati il sito di ubicazione, l’estensione della
superficie captante, la tipologia del sistema di captazione solare, il sistema di accumulo, il dato di produzione totale/
attesa/imputabile attesa ed infine la frazione di integrazione); il certificato di collaudo dell’impianto; la dichiarazione
sostitutiva dell’atto di notorietà in autentica; copia della denuncia di apertura di officina elettrica presentata all’UTF (per
potenza >20 kW), nonché i dati inclusi nella documentazione presentata per la domanda di accesso ai meccanismi di
incentivazione.
E’ prevista secondo il Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico dell’11/04/2008, la possibilità, su istanza del
soggetto interessato, di richiedere al gestore di rete un’analisi preventiva per verificare la conformità dell’impianto, in
seguito alla quale esso comunica l’ammissibilità o meno dello stesso al sistema incentivante. Al fine di richiedere la
verifica preventiva, il soggetto responsabile dell’impianto deve presentare:
72
7.5
• Il progetto preliminare
• I dati tecnici dell’impianto (fluido termovettore, fluido per l’accumulo termico, superficie captante, dati sul sistema
di accumulo termico, modalità di connessione alla rete elettrica e, per gli impianti ibridi, modalità di inserimento
dell’energia termica da fonte solare all’interno del ciclo termodinamico).
Il Costo degli Impianti CSP
Gli impianti CSP sono attualmente una tecnologia meno matura del fotovoltaico o dell’eolico, e ricevono la quota più
bassa di finanziamenti pubblici per le energie rinnovabili in seno all’OCSE. Come risultato, l’innovazione in tale settore è
stata limitata: i tassi di brevetto sono diminuiti dopo il 1977 e non sono più tornati a quel livello fino al 2000.
L’impianto CSP è una tecnologia ad alta intensità di capitale. L’investimento iniziale è dominato dalle apparecchiature
del campo solare e dalle opere in situ (Figura 57). In funzione della tecnologia, la struttura del costo capitale (CAPEX)
varia leggermente come mostrato in Figura 58 per impianti PTC ed a torre solare con TES (Thermal Energy Storage o
accumulo termico) di 9 ore.
Figura 57: Struttura del Costo capitale (CAPEX). Fonte SBC Energy Institute 2013, dati IRENA 2012
73
Figura 58: Struttura del Costo capitale (CAPEX) per impianti PTC (a sinistra) ed a Torre Solare (a destra).
Fonte CSP International Benchmarking Guide 2013.
Figura 59: Costo capitale (CAPEX) in USD/kW per impianti CSP in funzione della tecnologia e delle dimensioni dell’accumulo.
Fonte SBC Energy Institute 2013, dati IEA 2012
Il valore del CAPEX varia da circa 3000 a 10.200 dollari per kW, principalmente in funzione della tecnologia e delle
dimensioni di accumulo (Figura 59) ed esso rappresenta in media una percentuale dell’ 84% dei costi di generazione di
energia elettrica di CSP.
Nella stessa figura sono riportate le bande di livello del costo capitale di impianti fotovoltaici eolici ed a gas con ciclo
combinato.
Il restante 16% è costituito principalmente da costi di funzionamento e manutenzione (O&M) fissi. A questa categoria
appartengono i costi di sostituzione, riparazione e pulizia delle componenti ottiche, la messa in sicurezza dell’impianto
74
Figura 60: Costo O&M in USD/kWh per impianti CSP in funzione della tecnologia e della potenza. Fonte IRENA 2012.
Impianti PTC
Senza storage
Storage 6 ore
Impianti a Torre Solare
Storage 6-7,5 ore
Storage 12-15 ore
USD (2010)/kW
4600
7100 - 9800
USD (2010)/kW
6300 - 7500
9000 - 10500
2011
Capacity Factor %
20 - 25
40 - 53
Capacity Factor %
40 - 45
65 - 80
USD (2010)/kW
3900 - 4100
6300 - 8300
USD (2010)/kW
5700 - 6400
8100 - 9000
2015
Capacity Factor %
20 - 25
40 - 53
Capacity Factor %
40 - 53
65 - 80
Tabella 12: Costo Totale istallato per impianti PTC ed a Torre Solare in funzione delle dimensioni di storage. Fonte IRENA 2012.
e tutto quanto non dipende dall’energia prodotta. I costi fissi di O&M hanno valori medi intorno a 70 dollari per kW per
anno in impianti PTC ed intorno a 65 dollari per kW per anno in impianti a torre solare. Il costo totale di manutenzione
è limitato a circa 0,025-0,035 dollari per kWh (Figura 60). Un prospetto riepilogativo del costo totale d’impianto con
proiezione dei costi a breve termine (2015) è riportato in Tabella 12.
Il costo totale durante la vita dell’impianto si esprime attraverso il costo livellato di produzione dell’energia (LCOE), come
precedentemente illustrato. Tale costo permette di confrontare le differenti tecnologie di produzione dell’energia. Per gli
impianti CSP esistenti il valore del LCOE in dollari (2010) per kWh è fornito in Figura 61. Da tale figura è evidente che
escludendo gli impianti molto vecchi il costo si attesta tra 0,14 $/kWh e 0,2 $/kWh.
Il valore di LCOE è estremamente dipendente dalle condizioni al contorno, come si evidenzia in numerosi studi effettuati
in materia (Tabella 6). In particolare, dipende dalla qualità della risorsa solare. Infatti, l’individuazione di un sito con
75
un irraggiamento solare diretto di 2.700 kWh/m² diminuirebbe il costo di generazione del 25% rispetto a quello dello
stesso impianto posto in un sito con 2.100 kWh/m² di irraggiamento solare diretto (Figura 10).
Inoltre, dato che il costo iniziale di un impianto CSP ha un peso notevole, il costo equivalente di produzione dell’energia
è molto sensibile ai costi del finanziamento (tasso di interesse). L’effetto di tale variabile è mostrato in Tabella 13, nella
quale si evidenzia un aumento di LCOE più marcato per impianti PTC.
Una ulteriore variabile, infine, da tenere in considerazione è l’eventuale presenza di un sistema di accumulo e, in caso
affermativo, la sua dimensione. Nonostante richieda un investimento iniziale più elevato, l’accumulo termico tende a
ridurre il costo dell’energia elettrica (Figura 62), aumentando il fattore di capacità. Lo storage tipicamente aumenta il
numero di ore a pieno carico degli impianti CSP da circa 2.000 fino a 3,500-5,000 o 7000 ore all’anno per accumuli di
12-15 ore.
Figura 61: LCOE per impianti esistenti . Fonte IRENA 2012.
Impiant PTC
(storage 6 ore, costo 8000 USD/kW)
Capacity Factor
40%
tasso d'interesse 10%
tasso d'interesse 5.5%
tasso d'interesse 12.8%
tasso d'interesse 14.5%
0,31
0,22
0,37
0,4
53%
USD (2010)/kWh
0,23
0,16
0,28
0,3
Impiant a torre solare
(storage 12-15 ore, costo 10000 USD/kW)
65%
80%
0,23
0,16
0,28
0,31
0,19
0,13
0,23
0,25
Tabella 13: LCOE stimato per progetti con PTC o torre solare in funzione del costo del capitale. Fonte IRENA 2012.
76
Figura 62: Effetto delle dimensioni di storage sul LCOE per impianti PTC ed a torre solare. Fonte SBC Energy Institute 2013.
8
Le economie di scala, la riduzione del costo dei componenti a causa della produzione di massa e dei miglioramenti
nei materiali ed il processo di aumento dell’efficienza di conversione dovrebbero tradursi in una riduzione del costo di
energia elettrica prodotta da CSP fino al 55% entro i prossimi due decenni. Riflettendo la scarsità di capacità installata,
gli investimenti in CSP sono ancora molto limitati, con 18 miliardi di dollari investiti nel 2011 rispetto ai 125 miliardi di
dollari per il solare fotovoltaico e gli 84 miliardi di dollari per l’eolico nello stesso periodo.
Bancabilità degli impianti CSP
Nell’ottica di una sempre maggiore diffusione degli impianti CSP su scala commerciale è utile riportare alcune
considerazioni relativamente alla loro bancabilità ed al finanziamento.
Con il termine bancabilità si intende la capacità di una tecnologia o di un impianto produttivo di offrire condizioni
economiche tali da garantirne il finanziamento senza rischi da parte di istituti di credito o istituzioni finanziarie.
Nella realizzazione di grandi progetti, come gli impianti CSP, che richiedono enormi investimenti ed estesi tempi di
realizzazione è di notevole importanza definire le modalità di finanziamento. E’ inoltre fondamentale definire quali siano
gli aspetti interni ed esterni allo specifico progetto che il finanziatore considera rilevanti a supporto della valutazione di
bancabilità.
Due sono generalmente le logiche che vengono utilizzate per il finanziamento della tecnologia o del progetto: logica
corporate (o full recourse) e project finance (o limited/no recourse).
In una logica corporate o full recourse la valutazione per il finanziamento di un progetto, generalmente condotta da
un Advisor, per conto del soggetto che presta il capitale, si focalizza esclusivamente sulla solidità patrimoniale della
controparte (chi dovrebbe ottenere il finanziamento, la società di scopo che intende realizzare l’impianto) o degli
sponsor, sulle relazioni di clientela e sui flussi di cassa prospettici complessivi generati dalla gestione aziendale. Essa
si concentra dunque su aspetti esterni al progetto specifico ed è quella utilizzata quando si effettuano, ad esempio,
considerazioni in merito alla bancabilità di una tecnologia.
Nell’approccio project finance, invece, l’erogazione del finanziamento non dipende in via prioritaria dall’affidabilità della
controparte e dalla capacità di credito degli sponsor. In questo caso il ricorso alla controparte è limitato o nullo (limited/
77
no recourse) e l’attenzione del soggetto creditore è riposta nei flussi generati dal progetto, che devono coprire i costi
operativi (OPEX - OPerating EXpenditures) ed i servizi di debito (capitale ed interessi) ancor prima del pagamento dei
dividendi agli sponsor.
Parlando di bancabilità di impianti a fonte rinnovabile l’approccio generalmente seguito è quello del project finance.
Questa è ormai prassi comune per il fotovoltaico, divenuto negli anni una sorta di commodity, così come per l’eolico e
l’idroelettrico fino ad arrivare alle biomasse che presentano tuttavia ancora diversi aspetti critici, tali da limitare, in molti
casi, la finanziabilità in approccio no-recourse. Per progetti CSP è ancora difficile ragionare in approccio project finance.
L’approccio classico al finanziamento per progetti CSP è dunque quello corporate, vista la poca maturità del settore CSP
e la mancanza di soggetti bancabili (eccetto track records associabili limitatamente ai mercati storici USA e Spagna che
per primi hanno investito nella tecnologia) ed a causa della mancanza di adeguate economie di scala che producono
costi tecnologici ancora troppo elevati.
Di recente, i progetti a concentrazione solare (CSP) frutto di valutazione da parte di banche o istituti di credito sono
stati affrontati, con logiche sempre conservative che, in alternativa al più classico approccio corporate o full-recourse,
permettono di ragionare attraverso un ricorso parziale degli sponsor (limited recourse).
L’approccio, cosiddetto “limited recourse” non permette alla banca di rivalersi sul patrimonio dei soggetti che hanno
dato vita al progetto, ma la separazione tra sponsor e progetto non è totale. Ciò significa che parte del rischio è
coperto dalla banca, tuttavia esistono delle garanzie contrattuali che la banca esige e che lo sponsor normalmente deve
cedere alla cosiddetta società di progetto o di scopo (SPV - Society Purpose Vehicle). Solitamente si tratta di garanzie
secondarie, obbligazioni di tipo contrattuale a carico dello sponsor, che si aggiungono alla capacità del progetto di
generare profitti. Si parla, dunque, di approccio con rivalsa limitata sul cliente in virtù del fatto che parte del rischio di
progetto è assunto in prima persona dalla banca.
In ogni caso una logica parzialmente conservativa da parte degli istituti di credito, in virtù di un mercato ancora incerto,
è percorribile solo in presenza di particolari condizioni, che ancor oggi difficilmente si manifestano. Le variabili chiave che
il soggetto finanziatore più di altre tiene in considerazione riguardano più in dettaglio gli aspetti tecnologici, contrattuali
e finanziari.
Gli aspetti tecnologici si possono sintetizzare nei seguenti punti:
• Track record consolidato delle tecnologie proposte sulla principale componentistica (in alternativa applicazioni non
consolidate verranno finanziate tramite approccio full recourse);
• Gestione ottimizzata degli aspetti critici (verifica accurata delle sollecitazioni termiche, preferibile semplicità nel
funzionamento degli inseguitori, analisi di rottura degli inseguitori con quantificazione di adeguato magazzino per
ricambi, facilità di subentro per attività di O&M, ecc. …);
• Definizione accurata delle attività di manutenzione (pulizia specchi evitando shock termici, controllo della precisione di
puntamento dei sistemi ottici, ecc. …)
Per quanto concerne i contratti, la mitigazione del rischio deve tenere in considerazione di diversi fattori: la tecnologia, il
tasso d’interesse, il procedimento autorizzativo, il rischio operativo e quello di cantiere che coinvolge solo le operazioni
di finanziamento della fase di costruzione dell’impianto.
In riferimento alla “roadmap” per la valutazione della bancabilità dei progetti, l’attenzione del finanziatore riguarda
la mitigazione del rischio nei rapporti contrattuali con i soggetti coinvolti (cliente, EPC contractor, O&M contractor)
e le garanzie associate, la mitigazione del rischio nella fase operativa e le adeguate procedure di monitoraggio. Le
considerazioni sui rapporti contrattuali sono ovviamente riferite al periodo pre-costruzione, mentre quelle relative al
monitoraggio delle prestazioni riguardano più specificatamente il periodo successivo all’erogazione del credito.
In sintesi, gli aspetti che l’istituto di credito ritiene indispensabili sono:
78
• Fornitori di tecnologia e contractor solidi finanziariamente;
• Adeguate penali nei contratti EPC (Execution Procurement and Construction) e O&M
(Operation and Maintenance);
• Presenza di sistema di monitoraggio in remoto delle performance accessibile ed adeguata reportistica
La mitigazione dei rischi dell’operazione da parte del concedente è attuata attraverso una serie di garanzie variabili a
seconda del fatto che il finanziamento copra anche la fase di costruzione dell’impianto o solamente la successiva fase
di esercizio. Inoltre tali garanzie possono essere contrattualizzate col soggetto che costruisce l’impianto (EPC) o col
soggetto che si occuperà della sua manutenzione una volte che l’impianto sarà in esercizio.
I principali strumenti di garanzia si possono sintetizzare in:
• Performance bond, garanzia di buona esecuzione del contratto, di tipo preferibilmente
bancario, a prima richiesta e senza eccezioni. Generalmente, è emessa alla sottoscrizione del contratto e garantisce
l’integrità dell’impianto e le performance dichiarate in fase progettuale;
• Advance Payment Bond, garanzia di buona esecuzione del contratto, di tipo preferibilmente
bancario, a prima richiesta e senza eccezioni. L’emissione avviene al momento del pagamento anticipato, con
obbligazione di rimborso in caso di mancato rispetto delle obbligazioni assunte da parte dell’EPC contractor. È rilasciata
per un importo percentuale del valore del contratto, in genere in percentuale rispetto al SAL contro garantito. Infine, ha
durata minima fino al SAL successivo;
• Warranty Bond, garanzia bancaria che tutela il proprietario da eventuali difetti
dell’impianto, ha un valore percentuale rispetto al importo del contratto. Generalmente, si emette al PAC (Certificato
Ammissione Provvisoria) fino al collaudo definitivo FAC (Certificato Ammissione Finale) o altro termine previsto in
contratto (generalmente per due anni dal collaudo provvisorio). Inoltre, ha durata variabile, a garanzia di eventuali difetti
di fabbricazione.
Per quanto riguarda il contratto O&M, è necessario che esso abbia una durata minima per la bancabilità, e che sia
eseguita un’estensione di garanzia a carico della controparte per la sostituzione dei componenti principali dell’impianto
(sistema di accumulo, ricevitori solari, specchi). In aggiunta, a seconda dei casi, può essere definita una garanzia sulla
performance dell’impianto fino al termine della fase di collaudo provvisorio (PAC) con penali sulla mancata produzione
annua prevista. Infine, deve essere definita e regolata un’attività di monitoraggio delle prestazioni dell’impianto e della
effettiva produzione di flussi di cassa.
Per valutare la sostenibilità finanziaria di un progetto, è necessario calcolare una serie d’indicatori di sintesi. Oltre ai
classici indicatori di natura economica (VAN, TIR, ROI e ROE), l’istituto creditore, nelle fasi che precedono l’erogazione
del credito, procede generalmente al calcolo di un indicatore di sintesi, denominato Debt Service Coverage Ratio (DSCR).
Esso, a differenza degli altri indici, è calcolato annualmente e quindi permette di avere un controllo ed una visione più
ampia sulla sostenibilità dell’investimento per tutta la durata del finanziamento. In dettaglio, il DSCR è un indice che
consente di verificare se i flussi di cassa operativi generati dalla gestione dell’impianto al netto delle tasse siano in grado
di coprire il costo del debito che corrisponde alla rata del finanziamento (quota capitale e quota interessi).
Il DSCR rappresenta matematicamente il rapporto tra il cash-flow generato dall’investimento depurato dalle tasse e la
rata del debito contratto per l’investimento (leasing o mutuo per esempio), come mostrato nella formula seguente. Il suo
valore è funzione delle caratteristiche tecniche dell’impianto e delle ipotesi di tipo tecnico e finanziario considerate, come
T
ad esempio le ore equivalenti annue di funzionamento, il tasso d’interesse
e la durata dell’investimento. Avere un valore
di DSCR maggiore di uno significa generare un flusso finanziario maggiore di quello necessario ai pagamenti previsti
per la copertura del debito.
79
(4)
l’istituto finanziario, che presta il capitale, pone un valore minimo limite di DSCR sotto il quale l’investimento non sarà
finanziato, in questo modo ha la garanzia che il cliente non debba mai intervenire direttamente in prima persona.
Tale valore deve assicurare all’investitore un margine minimo di rendita almeno pari al 40% in funzione del tipo di
operazione e dei rischi connessi.
Altri indicatori finanziari possono concorrere al giudizio sulla bancabilità di un progetto CSP.
L’indicatore Debt Service Reserve Account (DSRA) ad esempio rappresenta un deposito che copre un determinato
numero di periodi o rate per il pagamento del debito. Lo scopo del DSRA è di fornire ulteriori garanzie nei periodi in cui
la cassa disponibile per il servizio del debito (CFADS) è inferiore ai pagamenti preventivati per la restituzione della quota
capitale e della quota interessi. Tale strumento fornisce un buffer di liquidità durante i periodi, per esempio, nei quali ci
sono problemi operativi da risolvere o, in casi più estremi, nei casi in cui si deve ricorrere alla ristrutturazione del debito
prima del default del debitore.
Per quanto riguarda progetti CSP, l’istituto finanziario si può riservare di attuare una politica flessibile in base alle
caratteristiche del progetto tecnico e dei soggetti coinvolti. Tuttavia, è facile prevedere come atteggiamento prudenziale
la richiesta di un accantonamento di un fondo (DSRA) almeno pari a nove rate mensili, se si ipotizza un finanziamento in
leasing.
Per quanto concerne la durata del contratto del finanziamento, il termine minimo è legato alla capacità del cliente di
restituzione del debito e quindi alla sua solidità, mentre la durata massima è collegata certamente alla ricerca della
banca di minimizzare i rischi del prestito, principalmente connessi alle garanzie in gioco e alla possibilità di default
finanziario dei soggetti coinvolti nel progetto (cliente, O&M ed EPC Contractors).
Un valore indicativo limite per la durata massima di un contratto di finanziamento per impianti CSP al momento attuale
non va oltre i 15 anni, tenuto conto che non può andare oltre certamente alla durata ad esempio degli incentivi che
fungono anch’essi da collaterale.
Per descrivere le analisi necessarie a stabilire le condizioni di bancabilità di un progetto CSP bisogna dunque distinguere
in primo luogo se si tratta di valutare la finanziabilità di una tecnologia o di uno specifico progetto. Nel primo caso
infatti l’approccio può essere esclusivamente full-recourse e di conseguenza l’analisi è concentrata sulla solidità
finanziaria del proponente e sulle sue capacità tecnico-produttive nei confronti della specifica tecnologia proposta, come
precedentemente illustrato.
L’analisi che si compie dunque per accertare la bancabilità di una specifica tecnologia CSP è di tipo sostanzialmente
documentale anche se può comprendere alcune verifiche ispettive che interessano gli stabilimenti produttivi o le
installazioni test della tecnologia.
Il protocollo di verifica della bancabilità di una specifica tecnologia CSP prevede dunque generalmente due fasi,
strutturate schematicamente come indicato nel seguito:
Analisi documentale
• Valutazione del curriculum e della solidità dell’azienda produttrice
• Valutazione dei fornitori e sub-fornitori per la tecnologia considerata
• Valutazione delle certificazioni di qualità, sicurezza e tutela dell’ambiente dell’azienda produttrice
• Valutazione tecnica delle caratteristiche dichiarate
• Valutazione tecnica del/dei progetti
• Valutazione delle condizioni contrattuali di EPC ed O&M
• Valutazione delle garanzie fornite al cliente
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• Valutazione del processo produttivo e dei test di laboratorio effettuati sulla tecnologia
• Verifica ispettiva
• Verifica ispettiva presso gli stabilimenti produttivi
• Verifica ispettiva presso laboratori di prova o installazioni test
Nella fase documentale viene innanzitutto valutata la solidità finanziaria dell’azienda produttiva in relazione al valore
della tecnologia proposta, analizzando i risultati economici ottenuti e la capacità finanziaria dell’azienda. Inoltre
vengono valutati in relazione alla tecnologia proposta, i track records e la solidità di fornitori e sub-fornitori. Per
completare il quadro relativamente al produttore della tecnologia, l’Advisor effettua una analisi delle certificazioni
di qualità ottenute per le attività connesse alla produzione della tecnologia CSP ed altre certificazioni che hanno un
potenziale impatto sulla qualità, sul valore di mercato e sulla sicurezza di tale tecnologia.
L’analisi documentale prosegue poi con una valutazione tecnica sulla tecnologia con particolare attenzione ad aspetti
critici di progetto, di installazione e di funzionamento, alle condizioni contrattuali ed alle garanzie fornite all’acquirente.
Infine vengono valutate le caratteristiche del processo produttivo e le caratteristiche tecniche oggetto di prove
sperimentali in modo da identificare gli aspetti che verranno indagati mediante verifiche ispettive.
Nella fase di verifica ispettiva vengono analizzate “in loco” le fasi critiche del processo produttivo, cioè quelle da
cui maggiormente dipendono le caratteristiche tecniche fondamentali della tecnologia CSP proposta (fattore di
concentrazione, efficienza di conversione, capacità di trasporto ed accumulo del calore).
Queste verifiche possono coinvolgere più stabilimenti ed anche più fornitori e vengono condotte allo scopo di
determinare la conformità alle procedure di qualità ed ai requisiti tecnici del prodotto
Infine possono venire ispezionati i laboratori di prova o le istallazioni test al fine di verificare che i requisiti di prodotto
siano correttamente testati ed ottenuti.
Diverse sono le procedure operative nelle analisi di bancabilità su di una installazione CSP.
In questo caso, infatti, le azioni di verifica, oltre ad accertare la solidità finanziaria del proponente e degli sponsor,
sono sostanzialmente orientate alla determinazione della capacità dell’impianto di generare energia in modo sicuro
e stabile negli anni e di conseguenza alla determinazione della capacità di generare un flusso di cassa tale da coprire
con sicurezza costi operativi e debito. Questo, infatti, pone le basi per il ricorso ad un approccio tipo limited-recourse o
project financing, considerando ovviamente l’adozione, in fase di pre-finanziamento, di tutte le misure per la mitigazione
del rischio da parte dell’istituto di credito, precedentemente descritte.
In questo caso dunque l’analisi di bancabilità è incentrata sulla stima da parte dell’istituto di credito o dell’Advisor del
DSCR.
Il calcolo di tale parametro necessita ovviamente della redazione di un business plan associato alla realizzazione
dell’impianto. Perché questo possa avvenire è necessario che l’Advisor sia in grado di ottenere le seguenti informazioni
per l’impianto CSP:
• Stima di producibilità energetica (Annual Energy Production – AEP) e dell’incertezza associata
• Probabilità di superamento del valore previsto di AEP (P50, P75, P90)
• Stima dell’investimento totale previsto per tutta l’opera dalla progettazione alla chiusura
del cantiere (CAPEX – CAPital EXpenditures)
• Stima degli oneri di O&M
• Stima dei parametri del debito (Equity, tasso d’interesse, ecc…) necessari alla
determinazione della rata.
81
Raccolte queste informazioni, si eseguono simulazioni dei flussi di cassa variando i principali parametri economici e
valutando la sensitività del DSCR alle variazioni di tali parametri.
Per effettuare queste valutazioni è necessario innanzitutto compiere una accurata analisi tecnica dell’impianto CSP in
tutte le sue componenti:
• Concentratori della radiazione solare ed efficienza di concentrazione
• Trasferimento del calore al ciclo termodinamico e fluido di scambio termico
• Tecnologia e fluido di accumulo
• Tecnologia di conversione energetica e sua efficienza
• Sistema di supervisione e monitoraggio delle prestazioni energetiche
• Certificazioni dei componenti e conformità alle norme di buona tecnica
• Sicurezza dell’impianto
• Impatto ambientale e consumo d’acqua dell’impianto
La verifica tecnica viene condotta su base documentale se l’impianto è in progetto, ovvero se devono essere verificate le
scelte progettuali in relazione all’ottenimento di un determinato valore di DSCR. Tale fase tuttavia può comportare anche
sopralluoghi e visite ispettive se l’analisi ha come scopo il giudizio di parte terza su di una installazione già funzionante.
Per una corretta verifica della bancabilità di un impianto CSP (come di altri impianti di produzione da fonte energetica
rinnovabile), tuttavia, è necessario che l’Advisor conduca anche analisi approfondite su numerosi aspetti che influiscono
direttamente sulle possibilità dell’impianto di essere autorizzato e costruito e dunque sulla sua possibilità di generare
cash-flow. Gli aspetti che vengono trattati in questa analisi sono sostanzialmente i seguenti:
Analisi documentale di tutti gli aspetti autorizzativi
• Regolarità urbanistica ed edilizia
• Proprietà e diritti sui terreni
• Autorizzazione alla costruzione ed all’esercizio dell’impianto
• Autorizzazione alla connessione alla rete di trasmissione
• Accesso alle tariffe incentivanti
Analisi documentale dei contratti stipulati per la costruzione dell’impianto
• Analisi del contratto EPC
• Analisi del contratto O&M
• Analisi della eventuale polizza fideiussoria di dismissione
• Analisi delle polizze assicurative
La valutazione degli aspetti autorizzativi, di regolarità dell’iter seguito, è generalmente precedente quella tecnicoeconomica, poiché le considerazioni condotte all’interno di essa prescindono da molti aspetti tecnici. Il parere che
l’Advisor esprime in tale analisi può avere pesanti ripercussioni sulla stima del rischio dell’iniziativa. Un processo
autorizzativo lineare e condotto in ottemperanza alle normative nazionali e regionali applicabili, diminuisce la probabilità
82
di ritardi nella autorizzazione e nella costruzione diminuendo così il rischio finanziario connesso a variazioni delle tariffe
o del regime di incentivazione.
Infine nel giudizio sulla bancabilità dell’iniziativa vengono condotte analisi sulle referenze in possesso dei fornitori della
tecnologia e dei soggetti che gestiscono e manutengono l’impianto.
L’esperienza del soggetto o dei soggetti che forniscono EPC ad O&M è determinante nel caso degli impianti CSP dal
momento che la tecnologia non è ancora completamente matura ed il mercato è ad oggi un mercato “per commesse”,
83
9
simile a quello dell’ingegneria dei grandi impianti (oil & gas) nel quale i contractors per la costruzione e la manutenzione
sono spesso rappresentati da un unico soggetto. Eventuali errori nelle operazioni di costruzione o di manutenzione
possono comportare grandi aggravi dei costi. In questo senso sono di estrema importanza le condizioni di garanzia
stabilite nei confronti del proponente all’interno dei contratti di EPC ed O&M, lo stesso può dirsi dei contenuti delle
polizze assicurative.
Impatto ambientale e socio-economico degli impianti csp
Come tutte le fonti rinnovabili, alla tecnologia CSP è associato un costo di produzione dell’energia (LCOE) che non tiene
conto di alcuni effetti prodotti sull’ambiente e sulla società. Questi effetti, quando non inclusi nel prezzo di mercato
dell’energia, sono chiamati esternalità ed hanno globalmente l’effetto di rendere inefficiente la formazione del prezzo di
mercato a scapito del benessere comune.
Molte sono le esternalità legate alla produzione di energia da fonte rinnovabile e di conseguenza anche all’utilizzo
di tecnologie CSP: la riduzione di emissioni di gas serra, la riduzione di inquinanti, la diversificazione delle fonti di
carburante, l’incremento dell’occupazione e della ricchezza in aree depresse e poco antropizzate.
Nonostante quindi molte di queste fonti non producano un prezzo dell’energia direttamente competitivo con quello
dell’energia prodotta da fonte fossile, il confronto potrebbe condurre a risultati differenti qualora il contributo di queste
esternalità venisse incluso nel prezzo del kWh prodotto.
La quantificazione di questi effetti rappresenta dunque una iniziativa importante per accelerare lo sviluppo della
tecnologia CSP nel prossimo futuro.
La generazione di energia per mezzo di impianti CSP possiede inoltre tutte le caratteristiche per produrre effetti benefici
sul sistema energetico nei prossimi anni (Caldès et al. 2008):
Garantisce di per sé un prezzo dell’energia futuro competitivo
Garantisce un sicuro approvvigionamento
Non contribuisce ai cambiamenti climatici
Deriva da una risorsa ampiamente disponibile in paesi in via di sviluppo
Non costituisce una risorsa oggetto di conflitti tra paesi
Aumenta la domanda di beni, servizi e manodopera locali
Rappresenta una possibilità per incrementare l’esportazione di tecnologia da parte dei paesi più tecnologicamente
avanzati
Limita l’intermittenza di funzionamento grazie all’ibridazione ed all’accumulo termico
La quantificazione in termini economici di questi aspetti positivi connessi alla generazione mediante impianti CSP passa
per due fasi: valutazione degli impatti ambientali e valutazione degli impatti socio-economici.
La valutazione dell’impatto ambientale paragona la riduzione di emissioni inquinanti e di gas serra, che si ottiene
incrementando la produzione da fonte CSP, a scapito di quella da fonte fossile, con gli effetti che la costruzione e
l’esercizio di questi impianti ha sull’ambiente in termini di:
Impatto visivo
Rumore
Utilizzo del suolo
84
Utilizzo di acqua
Gli impatti visivo acustico e relativo all’occupazione del suolo possono essere minimizzati ricorrendo ad un opportuno
siting dell’impianto.
A causa delle loro caratteristiche, ampiamente discusse nei paragrafi precedenti e della necessità di elevati valori di DNI,
spesso gli impianti CSP sono posizionati in aree scarsamente antropizzate e di basso valore paesaggistico.
Di conseguenza gli impatti descritti possono essere facilmente mitigati se non esclusi.
Alcune attenzione vanno poste nell’analisi degli impianti CSP ad utilizzo industriale o domestico che, tuttavia, sono
spesso di modeste dimensioni sono posti in aree private o industriali e sono caratterizzate da bassi valori di emissione
acustica.
Per quanto riguarda il consumo d’acqua, molte considerazioni sono state già esposte nel paragrafo 5.6 , tuttavia,
tenendo conto della scarsità d’acqua che spesso caratterizza le aree geografiche ad elevato valore di DNI, è chiaro che le
tecnologie a basso consumo di acqua presentano un importante vantaggio ambientale.
Quindi impianti CSP con condensatore raffreddato ad aria sono generalmente da preferire, pur avendo spesso un
rendimento di conversione più basso a causa delle fluttuazioni delle condizioni scarico al condensatore. Particolarmente
vantaggiosa da questo punto di vista è la tecnologia dish-Stirling, che non ha bisogno di acqua di raffreddamento.
Per la valutazione dell’impatto sull’ambiente degli impianti CSP due metodologie quantitative vengono normalmente
utilizzate: Life Cicle Assessment (LCA) ed Environmental Externalities Assessment.
La valutazione LCA prevede il computo di tutti gli impatti a partire dalla produzione dei singoli componenti dell’impianto
fino alla dismissione (approccio from cradle to grave), essi sono computati usando alcuni indicatori sintetici che
permettono il confronto con le altre tecnologie di generazione elettrica. Per gli impianti CSP tali indicatori possono
essere riassunti in:
g CO2 equivalenti/kWh per quantificare l’emissione di gas climalteranti
mg SO2 equivalenti/kWh per quantificare il potenziale di acidificazione del suolo e delle acque
mg PO4 equivalenti/kWh per quantificare il potenziale di eutrofizzazione del suolo e delle acque
Con il termine acidificazione si intende il processo che incrementa l’acidità del terreno e delle acque attraverso la
deposizione di ioni negativi che producono impatti eco-tossicologici, mentre con il termine eutrofizzazione si intende
l’arricchimento di nutrienti degli ambienti acquatici e terrestri che altera l’ecosistema.
Nel caso degli impianti CSP i più elevati valori del fattore di emissioni di gas serra, del potenziale di acidificazione e
del potenziale di eutrofizzazione sono quelli associati alla presenza del calcestruzzo negli impianti ed alla presenza
dell’azoto nei sali usati come fluido di accumulo o di processo. Valori medio-alti dei potenziali di acidificazione ed
eutrofizzazione sono dovuti anche all’utilizzo di acciai al cromo nelle strutture e del vetro.
La procedura di Environmental Externalities Assessment mira invece a stabilire un rapporto causale tra l’emissione di un
inquinante e l’impatto prodotto da esso su vari recettori, attraverso il trasporto e la conversione chimica dell’inquinante
in atmosfera. I principali recettori degli impatti sono costituiti dalla salute umana, dall’effetto serra, dall’effetto sui
materiali da costruzione, dall’effetto sulle coltivazioni e dall’effetto sull’ecosistema.
La perdita di benessere sociale associata a questi impatti viene poi determinata utilizzando metodi economici
quantitativi.
Con tale metodologia il costo esterno di una installazione CSP si attesta, in tutti gli scenari previsti relativamente
all’evoluzione tecnologica, intorno a 0,20 -0,42 c€/kWh. Le esternalità connesse all’utilizzo di fonti fossili sono sempre
superiori ad 1,4 c€/kWh e sono dovute principalmente alla produzione di gas serra, nel caso di utilizzo di carbone
e gas naturale come combustibile, mentre sono imputabili principalmente agli effetti sulla salute umana, nel caso di
combustione di oli pesanti e leggeri.
85
La proiezione futura dell’impatto ambientale per impianti CSP al 2050 prevede una decisa diminuzione in funzione della
crescita tecnologica e soprattutto del ricorso a tecnologie di accumulo a basso impatto, come l’utilizzo di materiali solidi
e di PCM (paragrafi 4.4 e 4.5).
Per una realistica quantificazione del valore del kWh prodotto mediante tecnologia CSP devono essere tenuti in conto e
quantificati anche gli effetti socio-economici della diffusione di tale tecnologia. La tecnologia della concentrazione solare
presenta, da questo punto di vista, il vantaggio di possedere grandi capacità di stimolo dell’economia e del lavoro al
livello locale.
Infatti i componenti ad elevato contenuto tecnologico che caratterizzano un impianto CSP sono relativamente pochi
e per la maggior parte le risorse necessarie alla costruzione come acciaio, calcestruzzo, specchi, vetro e manodopera
possono essere reperite localmente. Questo produce un incremento della domanda locale di beni e servizi oltre che della
domanda locale di lavoro.
Questo tipo di impatti viene generalmente suddiviso in tre categorie:
Effetti diretti, quelli connessi all’incremento della domanda per industrie che producono beni e servizi necessari alla
costruzione manutenzione e dismissione dell’impianto CSP.
Effetti Indiretti, quelli dovuti al flusso di acquisti che si origina negli altri settori per effetto del nuovo investimento.
effetti Indotti, quelli connessi con l’incremento della propensione all’acquisto di beni e servizi (come cibo, trasporti,
salute, ecc…) da parte degli occupati nell’impianto, legato in modo diretto o indiretto all’investimento.
Figura 63: Effetto sulla domanda di beni e servizi per due tipologie di impianti CSP. Fonte Caldès et al. 2008
86
Gli effetti in termini di €/MW di incremento della domanda e di numero di occupati per anno o per MW vengono
determinati mediante metodi quantitativi.
Uno studio a riguardo è stato effettuato per la Spagna considerando un impianto CSP a concentratori parabolici della
potenza di 50 MW ed un impianto a torre solare della potenza di 17 MW (Caldès et al. 2008)
Nelle Figura 63 e Figura 64 sono riportati i risultati di tale studio in termini di incremento della domanda dovuto alla
costruzione e funzionamento degli impianti CSP citati ed in termini di incremento dell’occupazione rispettivamente.
Dai risultati emerge un moltiplicatore della domanda pari a 18,6 M�/MW per l’impianto CSP da 50 MW e di 30,7 M�/MW
per quello a torre solare da 17 MW.
Inoltre l’effetto di moltiplicazione sull’occupazione è di 192 lavoratori/MW per l’impianto PTC e di oltre 320 per l’impianto
Figura 64: Effetto sull’occupazione per due tipologie di impianti CSP. Fonte Caldès et al. 2008.
87
10
a torre solare.
La proiezione futura di tali impatti è molto complessa poiché è strettamente connessa alla variazione futura del costo di
produzione di energia elettrica (LCOE) ed all’incremento delle installazioni.
La prevista diminuzione di LCOE per gli impianti CSP nel prossimo futuro potrebbe diminuire le positive ricadute socioeconomiche tuttavia l’aumento di installazioni globalmente previste tenderebbe ad aumentarle.
Prospettive di sviluppo degli impianti csp
Il solare termodinamico è una realtà attualmente in espansione caratterizzata da una tecnologia in continua evoluzione.
Nello specifico le attività di ricerca e sviluppo al momento in atto sono rivolte all’ottimizzazione del funzionamento ed
all’attenuazione di alcuni punti critici quali:
• La necessità di raggiungere temperature elevate prossime ai 600 °C, non ammissibili in impianti di piccole e medie
dimensioni con conseguente aumento delle spese per la produzione e la sicurezza;
• La convenienza economica nella realizzazione, limitata al momento agli impianti di grande taglia, con conseguente
necessità di aree molto vaste per la posa in opera e di tempi più dilatati per i processi autorizzativi;
• La considerevole richiesta idrica per il funzionamento (si stima che per un impianto da 50 MWe la richiesta si aggiri
attorno ai 1600 m³/giorno e 50000 m³/mese);
• Gli elevati costi di costruzione e manutenzione.
Per i motivi sopra esposti si stanno mettendo a punto delle tecnologie che possano adattarsi anche ad impianti di
minore dimensione e potenza, in grado di essere posizionati a tetto su edifici industriali e civili.
In tali casi la tecnologia più innovativa è quella dei sistemi Dish-Stirling che consente anche applicazioni cogenerative
senza l’utilizzo di oli diatermici, ma con semplice accumulo di acqua-calda.
Per quanto riguarda i sistemi di grande scala, che troveranno presumibilmente maggiore diffusione nel medio-lungo
periodo, si può citare come sviluppo futuro la messa a punto di turbomacchine funzionanti secondo un ciclo Brayton
ad anidride carbonica (CO2) che permetterebbe la sostituzione dei cicli Rankine a più basso rendimento e più elevato
volume occupato. Si calcola che una turbina ad anidride carbonica (CO2) da 20 MW occuperebbe uno spazio inferiore a
4 metri cubi.
Molti degli sviluppi riguarderanno inoltre le strategie di accumulo, come quella per via termochimica, quella che utilizza
matrici solide o materiali in cambiamento di fase.
Infine è opportuno sottolineare che una buona parte dell’incremento di prestazioni del sistema di captazione passa per
lo studio termo-fluidodinamico del flusso turbolento del fluido non-Newtoniano all’interno del ricevitore.
Le principali misure di miglioramento tecnologico e l’aumento di efficienza degli impianti CSP sono riportate nella Tabella
14 ; esse sono elencate in funzione della tipologia di concentratori e per ogni sezione di impianto. Il colore dell’elemento
della tabella rappresenta il potenziale di miglioramento (rosso: elevato potenziale, bianco: basso potenziale).
Nella Tabella 15 sono riportati inoltre i passi fondamentali per lo sviluppo tecnologico del solare termodinamico secondo
l’agenzia internazionale dell’energia (IEA - International Energy Agency).
88
La IEA prevede per il prossimo futuro (2015-2020) la possibilità che gli impianti PTC siano in grado di produrre vapore
in maniera diretta con relativi sistemi di accumulo, nonché lo sviluppo operativo di impianti a torre solare di grandi
dimensioni utilizzanti i sali fusi. La IEA prevede, inoltre, per il periodo 2015-2020 la produzione di massa di sistemi
Concentratori Solari
Gnerazione Trasmissione
del calore
Accumulo
Generazione Elettrica
Concentratori
Parabolici Lineari
Dimensione ed accuratezza degli
specchi
Progetto delle strutture di supporto
ottimizzato
Caratteristiche del ricevitore
Fluidi di lavoro alternativi
Temperature operative più elevate
Progettazione di meccanismi di
storage alternativi
Efficienza delle Turbine
Nuove composizioni dei
materiali di accumulo
Torre Solare
Ottimizzazione della configurazione
del parco e della dimensione e
posizione degli eliostati
Ottimizzazione del sistema di
puntamento
Fluidi di lavoro alternativi
Temperature operative più elevate
Miglioramento della tecnologia del
ciclo
Progettazione di meccanismi di
storage alternativi
Efficienza delle Turbine
Nuove composizioni dei
materiali di accumulo
Dish Stirling
Ottimizzazione degli specchi
Progetto delle strutture di supporto
ottimizzato
Collettori Lineari
Fresnel
Ottimizzazione specchi
Assemblaggio automatico specchi
Sviluppo di sistemi di accumulo Efficienza del Motore
Caratteristiche del ricevitore
Temperature operative più elevate
Sviluppo di sistemi di accumulo Efficienza delle Turbine
Alto potenziale di miglioramento
Medio potenziale di miglioramento
Basso potenziale di miglioramento
Tabella 14: Misure di miglioramento tecnologico in funzione della tipologia di sistema di concentrazione e suddivise per sezione dell’impianto.
Fonte A.T.Kearney Analysis 2010
Passi fondamentali per il miglioramento
tecnologico
1
2
3
4
5
6
Dimostrare l'efcacia della
generazione direta di vapore in
impianti PTC
Costruzione di impianti a torre
solare di grande scala con sali
fusi come fuido di processo e di
accumulo
Produzione di massa di impianti
dish-Stirling
Dimostrare l'efcacia dello
storage per impianti a
generazione direta di vapore
Dimostrare l'efcacia di impianti
a torre solare con cicli Rankine
supercritici
Dimostrare l'efcacia di impianti
a torre solare con aria come
fuido di lavoro e turbine a gas
Data
2015-2020
2010-2015
2010-2015
2015-2020
2020-2030
2020-2030
Tabella 15: Passi fondamentali per lo sviluppo tecnologico del solare termodinamico. Fonte IEA Technology roadmap, concentrating solar energy 2010
89
Dish-Stirling. Le caratteristiche di ciascuna tecnologia con le previsioni di miglioramento sono riportate in Tabella 16.
La ricerca e sviluppo sono focalizzate sulla ottimizzazione del ciclo di conversione di energia termica e di accumulo
termico. Le innovazioni sono previste in tutte e quattro le tecnologie ed in tutta la catena del valore del sistema.
Gli obiettivi principali sono: aumentare l’efficienza utilizzando componenti ottici avanzati e sistemi operanti a
temperature più elevate e migliorare la capacità di dispacciamento utilizzando sistemi di accumulo termico avanzato e
concetti di ibridazione.
Nuovi fluidi per lo scambio termico come fluidi gassosi e sali fusi sono destinati a svolgere un ruolo importante. Sforzi di
Tecnologia
Efcienza
Ottica
Efcienza di
conversione
Occupazione
del suolo
Consumo
d'acqua [l/MWh]
Possibilità di
accumulo
Possibilità
di
ibridazione
Previsione di
Miglioramento
Concentratori
Parabolici
Lineari
Buona
15%
Media
3000
(possibilie
rafreddamento
ad aria)
Possibile
(complesso in
caso di DSG)
Sì
Limitata
Possibile
(complesso in
caso di DSG)
Sì
Significativa
Concentratori
Lineari Fresnel
Discreta
8-10%
Media
3000
(possibilie
rafreddamento
ad aria)
Torre Solare
Buona
20-35%
Grande
2000
(possibilie
rafreddamento
ad aria)
Dipende dalle
configurazioni
dell'impianto
Sì
Molto
Significativa
Dish-Stirling
Ottima
25-30%
Piccola
nessuno
Dipende dalle
configurazioni
dell'impianto
Sì (in casi
limitati)
Verso la
produzione di
massa
Tabella 16: Previsioni di sviluppo per tipologia di impianto. Fonte IEA Technology roadmap, concentrating solar energy 2010
RD&D (Research Development and Demonstration) volti a ridurre l’impatto ambientale delle attività dell’impianto solare
sono in corso, in particolare attraverso l’introduzione di modelli di raffreddamento a secco per limitare il consumo di
acqua.
Questo può avere un significativo impatto ambientale in zone aride e semi-aride. Il raffreddamento a secco, una
tecnologia affermata nelle centrali elettriche convenzionali, è già in grado di ridurre il consumo di acqua di oltre il 90%,
con un conseguente aumento dei costi di energia elettrica generazione del 5-7%. Fino ad ora nel 2013, quattro grandi
impianti con tecnologia di raffreddamento a secco sono diventati operativi nella regione MENA: tre impianti a ciclo
combinato solare ad Hassi R’mel (Algeria), Kuramayat (Egitto), e Ain Beni Mathar (Marocco) e la centrale da 100 MW
Shams 1 negli Emirati Arabi.
Le tendenze attuali indicano che, nel breve-medio termine, l’elettricità prodotta da impianti CSP rischia di essere
consumata nella regione in cui è prodotta.
A più lungo termine, maggiore energia potrebbe essere dispacciata attraverso la creazione di sistemi di trasmissione di
energia elettrica a lungo raggio, collegando le centrali solari più produttive, istallate in zone aride e poco popolate, con i
grandi centri di consumo. Di conseguenza, è molto probabile che il CSP sarà utilizzato in combinazione con la tecnologia
di trasmissione High Voltage Direct Current (HVDC). Tale tecnologia è già commerciale e svolge un ruolo centrale,
accanto al CSP, nel programma Desertec. Tuttavia, la trasmissione a lunga distanza aumenta in modo significativo i
costi.
L’impianto CSP è una delle tecnologie energetiche che emette la minore quantità di gas serra, con emissioni mediate
durante il ciclo di vita comprese tra 20 e 30 grammi di CO2 equivalente per kWh di energia prodotta a seconda delle
90
11
condizioni del sito e della tecnologia.
Inoltre, se si considera l’accumulo termico, la produzione di energia mediante CSP è molto più costante nel tempo
di quella prodotta da turbine eoliche o da impianti solari fotovoltaici. La tecnologia CSP potrebbe, quindi, ridurre la
necessità di centrali elettriche “dispacciabili”, che spesso funzionano a gas naturale o con altri combustibili fossili, al fine
di equilibrare l’intermittenza delle fonti rinnovabili.
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• A. Poullikkas et. al., An Overview of the CSP cooling systems. Proceedings of the third International Conference of
Renewable Energy Sources and Energy Efficiency, Cyprus 2011.
• CSP today industrial application guide, Desalination and Enhanced Oil Recovery. 2013.
• CSP today, Tower and Parabolic Trough: driving down LCOE. 2013.
• EASAC, Concentrating Solar Power: its potential contribution to a sustainable energy future. EASAC policy report 16,
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• M. Caldés et al., Economic Impact of solar thermal electricity deployment in Spain. Energy Policy, 2008.
• ESTELA, Strategic Research Agenda 2020-2025. European Solar Thermal Electricity Association, 2012.
• F. Trieb, Assessment of solar energy resources and sites by satellite remote sensing technology. DLR Solar Energy • • •
Symposium, Cyprus 2001.
Tesi
• M. Cascetta, Modellazione di un impianto solare termodinamico operante con fluidi termovettori gassosi ad alta
temperatura. Tesi di dottorato di ricerca in Ingegneria Industriale, Università degli Studi di Cagliari, Facoltà di Ingegneria
2010.
• B. Karaj, Modellistica e controllo di un impianto con turbina a gas integrato con un ricevitore solare per la produzione
di energia elettrica. Tesi di laurea magistrale in Ingegneria Informatica. Politecnico di Milano 2012.
Siti internet
http://anest-italia.it
www.gses.it
www.solarpaces.org
www.archimedesolarenergy.it
www.ingeco-enr.it
www.turboden.it
www.csptoday.com
www.estelasolar.eu
www.irena.org
www.enelgreenpower.com
www.dlr.de
www.desertec.org
www.kacare.gov.sa
www.nrel.gov
www.solarserver.de
www.solarthermalpower.it
http://solargis.info/
www.glasspoint.com
www.brightsourceenergy.com
www.irena.org
www.enelgreenpower.com
www.dlr.de
www.areva.com
www.innova.co.it
www.albengoa.com
www.renesis.com
www.rumtor.com
www.deltaohm.com
www.reflexsolare.com
www.psa.es
www.iea.org
www.solaritaly.enea.it
http://us.arevablog.com
www.solarlite.de
www.convertitalia.it
www.csp-world.com
www.rse-web.it
www.sbc.slb.com