Giugno 2014 - Affari di Gola

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Supplemento al n. 24 de “La Rassegna” del 19 giugno 2014 - Giuseppe Ruggieri direttore responsabile Editrice: La Rassegna S.r.l. - via Borgo Palazzo 137, Bergamo
Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Bergamo - ? 2,60
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Ecco i sapori
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I mille
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PENNA ALL’ARRABBIATA
È tempo di vacanze, cerchiamo
di evitare gli assalti al buffet
6
L'EVENTO
Ve lo diamo noi il Brasile. A tavola
14
12 FACECOOK
Il gusto orobico primeggia anche a Dubai
14 TRADIZIONI
I mille volti della polenta
24
18 L'ESPERTO
Calabrese:“Sui formaggi
è bene ristabilire qualche verità”
Direzione e Redazione: La Rassegna S.r.l. via Giuseppe Mazzini, 24- 24128 Bergamo - tel. 035 213030
- fax 035 224572 - [email protected] - Direttore responsabile: Giuseppe Ruggieri - In redazione:
Anna Facci - Opinionista: Pier Carlo Capozzi - Editrice: La Rassegna S.r.l., via Borgo Palazzo, 137 24125
Bergamo - Presidente: Ivan Rodeschini - Pubblicità:
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larassegna.it - Abbonamenti: www.larassegna.it tel. 035 4120304 Registrazione Tribunale di Bergamo N° 48 del 22 novembre 2001 - Collaboratori: Lara Abrati, Leo Bartoli, Marco Bergamaschi, Laura Bernardi
Locatelli, Michela Brivio, Laura Ceresoli, Fulvio Facci, Riccardo Lagorio, Roberta Martinelli, Lelia Parisi,
Rossana Pecchi, Fabrizio Pirola, Pierluigi Saurgnani,
Rosanna Scardi, Giordana Talamona, Donatella Tiraboschi - Impaginazione: Videocomp, Bg - Stampa: Litostampa Istituto Grafico, Bg
20 TENDENZE
Insalatone, c’è solo l’imbarazzo della scelta
24 FOCUS
Suini, si lavora al marchio “Bassabergamasca”
32 IL PREZZO FISSO
Il trio che rilancia la “Cuccagna”
e la storia continua...
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È tempo di vacanze, cerchiamo
di evitare gli assalti al buffet
di Pier Carlo Capozzi
S
abato 14 giugno è stata la giornata del Banco Alimentare, e c’è davvero da sperare che in molti abbiano
risposto con generosità, lasciando nei punti di distribuzione indicati un sacchetto di spesa in più per chi ne ha
grande bisogno. I numeri di questo problema, anno dopo
anno, diventano sempre più angoscianti e, almeno dal punto
di vista comportamentale, riguardano tutti noi.
Crisi permettendo, infatti, chi più chi meno sta partendo
per le vacanze e si troverà a stretto contatto con il cibo e le
porzioni da consumare: in albergo, nei villaggi, in crociera ci
sarà da frequentare spesso il buffet,
un evento che spiega, meglio di qualsiasi ottimo psicologo, i modi di fare del
prossimo.
Appena mio figlio ebbe l’età, lo portammo al mare in un villaggio. Eravamo ad
Ostuni e il buffet offriva il meglio della
gastronomia pugliese. Spiegammo al
bambino che il piatto da riportare a tavola non doveva per nulla assomigliare
ad una torre di Babele, con impilati antipasti, primi, pesce, polpettine e dolci
a sormontare la cupola. E, soprattutto,
quello che si metteva nel piatto, una
volta seduti, si doveva consumare fino
in fondo. Lui capì al volo (noi ci illudemmo di essere educatori fantastici, ma
probabilmente ci sarebbe arrivato da
solo) anche se attraversava momenti
di perplessità vedendo le manovre di
qualche altro coetaneo. Ricordo infatti
con angoscia una famiglia di chiattoni
laziali, capitanati da un padre che, al primo giro di buffet, pretendeva che il figlio (più largo che alto) riempisse a dismisura
il suo piatto. Vedendo, tra i dolci, che c’erano delle paste a
forma di cigno, apostrofava l’erede: “Hai preso le paperozze?
Eddài, prendine almeno un paio che dopo non le trovi più…”.
Ecco, in un colpo solo, la fusione tra la mala educazione e la
sindrome da buffet sguarnito.
L’economo del villaggio, diventato nostro amico, ci schiacciava l’occhio mentre rassicurava il popolo affamato che ci
sarebbe stato rimpiazzo sufficiente per tutte le portate. Pure
per le pastarelle.
Il problema è serio e basta fare un giro a fine pasto. Nei
villaggi, in albergo, sulle navi, si spreca una quantità di cibo
impressionante. Sono stato recentemente in un ristorante
che cucina pesce a Torre Pallavicina e mi ha colpito l’offer-
ta, ripetuta più volte, di incartarci gli avanzi per portarli a
casa. Bravi.
Trovo che sia un discorso di autentica educazione comportamentale che, alla vigilia delle tanto sospirate vacanze, si
ripropone tale e quale la questione dell’abbandono dei cani
sulle autostrade. Probabilmente è proprio l’estate che funge
da lente d’ingrandimento di quanto sta per accaderci. D’inverno stiamo tutti belli schisci e coperti, salvo stravaccare
sotto le feste per via del panettone con le due salse, e poi,
appena s’alza la temperatura, ci cacciamo in una serie di
gineprai da paura: dalla scelta tra mare
e montagna alla prova costume, dalla
ricerca dell’albergo low cost all’assalto
all’arma bianca del buffet.
Perché poi, diciamolo fino in fondo,
siamo così autolesionisti da riuscire
a trasformare le nostre ferie (che dovrebbero essere il giusto riposo, fisico e
mentale, dopo un anno di duro lavoro)
in un girone dantesco popolato da
stress: dalla partenza intelligente alle
quattro di mattina, insieme a tutti gli
altri, al traghetto a rischio di sciopero,
dalla casa vacanze scelta su internet e
rivelatasi una fregatura pazzesca all’amicizia ventennale rovinata dalla tragica esperienza comune in un camping
coi compagni di scuola di una vita. Quel
mattacchione di Charles Bukowski
amava ripetere che “Viaggiare non è altro che una seccatura: di problemi ce
ne sono sempre più che a sufficienza
dove sei”. Ma noi, ovviamente, non gli daremo retta.
Crediamo infatti nell’importanza di posti nuovi da conoscere
e di gente nuova da incontrare. E che le vacanze più belle
(noi ce le ricordiamo così) siano quelle in cui esaltare, non
importa a quale età, la nostra voglia di dimostrarci migliori,
insegnando ed imparando i comportamenti che abbiamo
ricevuto da genitori attenti e che abbiamo trasmesso, o
stiamo ancora felicente traghettando, ai nostri figli. L’educazione alimentare, in tutto ciò, riveste un’importanza decisiva.
Per questo ci sembra bello e doveroso scriverne qui.
Nulla di impegnativo, per carità.
Solo un piccolo promemoria da mettere in valigia. Statemi
tutti bene. Paperozze comprese.
[email protected]
PENNA ALL’ARRABBIATA
giugno 2014
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L’EVENTO
di Anna Facci
Ve lo diamo
noi il Brasile.
A tavola
La Coppa del mondo di calcio ha acceso i riflettori
sul Paese dei “verdeoro”. Senza spostarsi troppo,
ecco qualche indirizzo bergamasco dove trovare
un po’ dei sapori e dell’atmosfera sudamericana
COCO’S
Tre giovani rilanciano il churrasco
L’apertura non poteva essere più tempestiva. A fine maggio,
infatti, un terzetto di giovani brasiliani ha riaperto il Coco’s di
via Monte Cenisio a Bergamo, riportando la churrascaria in
città proprio alla vigilia dei Mondiali. Sono Jeferson Pavorè,
28 anni, originario dello stato di Goiás, che ha all’attivo un’esperienza di dieci anni in un locale a Roma, il coetaneo bahiano Leonardo Sturaro, detto Xexeu, e il cuoco Vagner Ribeiro de Oliveria, 36 anni, gaúcho, come tutti nel locale tengono a sottolineare, ossia originario di Rio Grande do Sul,
la patria del migliore churrasco, precisazione che, evidentemente, fa la differenza.
Al locale hanno dato un’impostazione mista: cucina italiana, con il cuoco Giuseppe, per il pranzo di mezzogiorno,
6
che ha come punto di forza un ricco buffet. E il tipico spiedo brasiliano la sera, senza dimenticare gli apertivi e il dopocena, con tanto di animazione. In programma c’è anche
lo sviluppo delle colazioni, sempre a buffet, dove faranno la
comparsa pure dolci brasiliani e frullati. Insomma, un locale
che accompagna ogni momento della giornata, vista anche
la collocazione su una strada di passaggio, all’imbocco del
viadotto di Boccaleone,
Durante i Mondiali, il Coco’s trasmetterà le partite su maxi
schermo nella sala al piano inferiore dove si può ordinare da
bere e magari, per assaporare il clima do Brasil, anche qualche snack come paõ de queijo (palline di fecola di manioca
e formaggio cotte al forno), polpettine di picanha (il taglio di
manzo principe della grigliata) e coxinhas (crocchette ripiene di pollo a forma di coscetta). Il drink preferito dai brasiliani durante le partite è la birra e qui ci sono anche due delle etichette più diffuse nel Paese, si può poi spaziare tra la
classica caipirinha, la variante caipiroska con maracuja, la
menina safada, ovvero “ragazza birichina”, a base di frutta
e cachaça, il guaranà (il soft drink più amato) oltre a tutti gli
altri cocktail.
Chi opta per la cena, ha a disposizione il menù completo del
churrasco, proposto a 20 euro in settimana e a 25 il venerdì, sabato e domenica, bevande escluse. Comprende alcuni stuzzichini al tavolo e a buffet tutti i contorni più classici,
feijoada (fagioli con maiale), riso bianco, farofa (farina di tapioca condita con pancetta, prezzemolo, peperone), verdure
e insalate. Il clou è rappresentato naturalmente dalla carne
cotta sullo spiedo. «Sono 12 tipi – racconta lo chef Vagner –,
giugno 2014
GAROTA DE IPANEMA
Il tifo verdeoro si dà
appuntamento qui
dal manzo al pollo, al tacchino, alle salsicce,
alla picanha, affettata al tavolo». «Alcune carni provengono dal Brasile, ma oltre che nella qualità della materia prima, il vero segreto di un buon churrasco sta nel taglio e nella
lavorazione», svela l’esperto. Anche i dolci
sono tipici: budino brasiliano, torta di cocco,
mousse di maracuja o mango.
«L’idea di aprire il locale nasce dall’incontro
di noi tre e dalla voglia di metterci in gioco – ricorda Jeferson, che è l’amministratore della
società –. Ci conforta il fatto che a Bergamo
non ci sono locali di questo tipo e i Mondiali possono essere un motivo di richiamo in
più». Sull’atmosfera non ha dubbi: «Quando
ci sono le partite l’ambiente si scalda di certo e ci sarà anche il concorso Miss Mundial a
vivacizzare le serate. Al di là della Coppa del
mondo, l’animazione e la musica fanno comunque parte del nostro programma perché
bisogna sempre creare interesse e attenzione. Per esempio quest’anno le selezioni di
Miss Italia si svolgono qui da noi, ma proponiamo anche serate con un’artista brasiliana
che canta in acustico».
COCO’S
via Monte Cenisio, 17
Bergamo
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Con i suoi 18 anni di attività, festeggiati il 16 maggio, il Garota de Ipanema di Curno è uno dei locali brasiliani storici della
Bergamasca nonché il ritrovo “ufficiale” dei tifosi verdeoro durante la Coppa del mondo.
È un locale serale con musica e balli latini, che per i Mondiali
fa spazio al calcio trasmettendo le partite del Brasile. «Sono
occasioni speciali – spiega il titolare Piero Callea – per le quali proponiamo anche la possibilità di mangiare il più classico
dei piatti, picanha e feijoada, con riso, farofa e insalate. Solitamente non offriamo la cucina, se non in serate a tema, anche con spettacolo
di samba e costumi del carnevale, o
su prenotazione».
Da bere invece non
può mancare la
caipirinha, che qui
assicurano essere
fatta a regola d’arte, oltre alla caipiroska al maracuja
e ai frullati di maracuja o cocco.
Il locale nasce dalla passione di Callea per il Brasile e
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l’autenticità della
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lata, nel caso serCurno
vissero conferme,
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dalla moglie Selma,
brasiliana. «Non
facciamo però solo musica brasiliana – sottolinea – perché
sarebbe un’offerta troppo di nicchia, soprattutto oggi che con
la crisi molti brasiliani sono tornati in patria e sono diminuiti
anche gli spostamenti per il divertimento. Anni fa arrivava molto più spesso clientela dal Milanese (compreso Ronaldinho
ai tempi del Milan ndr.), mentre ora l’ambito si è ristretto, forse anche per via delle sanzioni sull’alcol. Proponiamo perciò
tutta la gamma della musica e dei balli latini con animazione
e bar».
Durante le partite la torcida è garantita. «I brasiliani amano
seguire il calcio in gruppo – racconta – e credo che anche
quest’anno, come è successo nelle passate edizioni del Mondiale, non mancheranno facce colorate, parrucche, gadget vari e la voglia di divertirsi e stare assieme». E poi via con il ballo.
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L’EVENTO
In zona stadio scatta
la “Febbre da Mondiale”
Non è un locale brasiliano, ma in occasione del Campionato del mondo di calcio, Lucy Santos, titolare del Daragi in viale Giulio Cesare a Bergamo, non poteva che fare
omaggio alle sue origini.
Arrivata da Bahia, è in Italia da vent’anni, «anche se per
me l’Italia è Bergamo – confessa -, non mi immagino in
nessun altro posto». Ha lavorato in vari locali e da due anni gestisce quello che, conservando l’impronta della fondatrice Daria, resta un indirizzo socializzante e informale
della città. Nel periodo del Mundial, al Daragi si possono seguire tutte le partite in chiaro fino alla finale del 13
luglio e usufruire della speciale promozione “Febbre da
Mondiale”, una tessera gratuita che offre il 10% di sconto sui drink e il 20% sul cibo. Il buffet dell’aperitivo, tutto
a preparato in proprio in cucina, si arricchisce di un piatto
brasiliano, il salpicão de frango, un’insalata di pollo contraddistinta dalla nota dolce dell’uva passa. «Quella brasiliana è una cucina povera – spiega Lucy -. Riso, fagioli e
farina di manioca non mancano mai, ma è anche una cucina fresca perché abbiamo tanta verdura e frutta con cui
si possono creare con semplicità insalate da accompagnare alla carne o al pesce, piatti perciò ideali per l’estate,
anche con un tocco insolito dato dall’utilizzo della frutta».
Il beverage a tema sono caipirinha o una birra “bem gelada” e le azioni dei giocatori sullo schermo faranno il resto nel ricreare un po’ dell’atmosfera brasiliana. «Con le
partite il clima sarà di certo vivace – rileva -, anche se la
mentalità e il modo di stare insieme sono molto diversi.
In Brasile se durante un churrasco in famiglia metti della
musica non arriverà mai il vicino a dirti di abbassare il volume o di smettere, ma si unirà alla festa e in poco tempo
sarete in cinquanta a ballare nel cortile e a dare il ritmo
con padelle e cucchiai».
DARAGI
Il Daragi è aperto tutta la settimana dalle 18 alle 2 di notte. «Il significato del nome è punto di incontro – ricorda
Lucy – e, come in origine, continua ad essere un ambiente
piuttosto rilassato, dove conoscersi e chiacchierare. Alla
fine ci si sente un po’ come in famiglia. È noto più come
locale per bere qualcosa, meno per la cucina, che però
stiamo cercando di valorizzare. Abbiamo un cuoco e tutto
ciò che proponiamo è fatto qui. I piatti etnici, come falafel,
fajitas o cous cous, sono sempre stati una caratteristica,
ma si possono chiedere anche piatti semplici della cucina
italiana, fino a tarda ora». Di recente introduzione nel menù sono le sezioni dell’hamburgeria e della sandwicheria,
che puntano sulla qualità degli ingredienti e delle preparazioni. Gli hamurger sono di carne selezionata (compresa
la polpa di chianina) e pure il pane, realizzato dal fornaio
vicino, è stato scelto con cura per esaltarne al meglio il
sapore. Anche per i club sandwich le ricette sono particolari, con verdure grigliate, ad esempio, o “trita di manzo
delle nostre valli”.
LA RICETTA / SALPICÃO DI POLLO
Bernardino Parisi, cuoco del Daragi, ha preparato per noi questa insalata di pollo attingendo alla tradizione brasiliana. Può essere facilmente replicata a casa,
anche in anticipo, e gustata davanti alla tv durante le partite. Per quattro persone servono un petto di pollo lessato (con sale, alloro, sedano, cipolla), raffreddato e sfilacciato, da unire a un piccolo peperone rosso e uno giallo tagliati a
striscioline, piselli, mais, carote, sedano, maionese allungata con un po’ di latte
per rendere il condimento più fluido. Il tratto caratteristico è dato dall’aggiunta
di uvetta sultanina ammollata, a creare il tipico contrasto tra salato e dolce della cucina brasiliana. Lo chef ha impiattato su un letto di insalata e guarnito con
pomodoro concassé, che aggiunge freschezza, e con delle patatine fritte, tocco
croccante che si ritrova spesso nei piatti brasiliani.
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giugno 2014
E INTANTO A SAN PAOLO
La chef Manila porta il gelato
e un caffè “bergamasco”
Non i Mondiali di calcio ma una nuova
avventura professionale ha portato in
Brasile Manila Degiovanni, ai fornelli in
diversi ristoranti bergamaschi e poi affermata chef a domicilio.
A San Paolo ha momentaneamente
messo da parte la cucina – anche se
gli ingredienti e i piatti locali le stanno
già suggerendo interessanti spunti fusion – per aprire una gelateria, naturalmente artigianale italiana, ma non solo.
«L’idea nasce in famiglia – racconta -. Io
e il mio compagno abbiamo deciso di
formare una società di import-export
con suo fratello che vive a San Paolo
da diversi anni, con il quale spesso si
parlava dell’esigenza prodotti con la
qualità e il gusto italiano, di cui qui vanno matti».
È lei ad occuparsi della selezione. «Al
momento stiamo importando caffè in
capsule di un piccolo torrefattore in
provincia di Bergamo – sottolinea -. So
che sembra assurdo importare caffè in
Brasile, ma le nostre miscele piacciono molto. Trattiamo inoltre olio extra
vergine d’oliva ligure, pomodori secchi,
acciughe sott’olio, pesto tradizionale,
olive e altri prodotti tipici di qualita. Da
poco abbiamo iniziato a collaborare
con un’azienda di caramelle artigianali
toscana e stiamo valutando alcune realtà per la pasta ed i pelati». «Per i prodotti importati, il Brasile ha delle procedure molto rigide ed a volte costose,
cosa che spesso scoraggia le piccole
realtà italiane: il mio lavoro sarà perciò
anche trovare e supportare aziende di
qualità che hanno interesse ad entrare
in questo mercato».
La gelateria nasce da una passione
e dalla grande richiesta del prodotto
italiano di una capitale commerciale
attenta ed esigente come San Paolo.
«La nostra gelateria si chiama Duetto –
spiega -, nome che sintezza i due tipi di
proposta, gelati classici e stecchi artigianali, ma anche le due culture che si
incontrano. È un locale da asporto, ma
con ampio spazio per tavolini e sedie
perché i brasiliani preferiscono gustarsi il gelato in relax piuttosto che passeggiando».
In primo piano i gusti classici. «Fiordilatte, stracciatella, nocciola, pistacchio
sono già molto conosciuti ed apprezzati – dice Manila – e noi li prepariamo
con pistacchio di Bronte, nocciola piemontese, limone siciliano. Inoltre non
possono mancare più gusti al cioccolato, quindi non solo il classico fondente,
quello bianco e il variegato ma anche
qualche cru perché qui il cioccolato è
una vera passione, anche quando fa
molto caldo. Daremo spazio anche a
gusti sudamericani come il doce de leite (la nostra mou), il caju, l’acaj, frutti
locali molto graditi e ci sarà spazio anche per i sorbetti, ma in modo minore,
in quanto, per assurdo considerando la
bontà dei loro prodotti, la frutta è intesa come un alimento quotidiano e il gelato più consumato è alle creme». «Per
dare un tocco di personalità – aggiunge - sto preparando una serie di ricette
più ricercate, come un sorbetto al mango e peperoncino o il gusto cioccolato
bianco e scorzette d’arancio. Completeremo la nostra offerta con gli stecchi
artigianali alle creme, ricoperti ed alla
frutta 100% naturale, insieme a tante
altre idee». «Al di fuori del latte e di alcuni tipi di frutta – tiene a precisare - i
prodotti che utilizziamo sono tutti italiani, così come tutte le attrezzature,
altrettanto importanti per la produzione del gelato».
Il trasferimento oltreoceano non è un
cambio di vita, la prospettiva di Manila Degiovanni è di tornare in Italia, magari dopo aver sperimentato in Brasile
anche la strada della cucina. Intanto
si immerge nello specialissimo clima
mundial. «Qui è tutto un fermento – afferma - e i colori verde e giallo prevalgono su tutto, per non parlare di trombe
e trombette ad ogni angolo di strada.
Tifo Italia ma devo dire che sono molto curiosa di vedere come sarebbe festeggiata la vittoria del Brasile... Anche
se adesso la cosa più importante è far
gustare il buon gelato italiano, che per
me è come vincere un Mondiale!»
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10
giugno 2014
DAL 24 AL 29 GIUGNO
CASTRO, SI MANGIA IN PIAZZA
MA LA CUCINA È PER GOURMET
Dal 24 al 29 giugno prossimi, a Castro ritorna “Festambiente Laghi Alto Sebino. I piatti gourmet in piazza”, la rassegna gastronomica promossa da Legambiente Alto Sebino, quest’anno alla sua terza edizione. Una festa unica che promette di soddisfare con
le sue proposte culinarie anche i palati più raffinati.
Diversamente da quanto accade in molte sagre, nel
menù ci saranno infatti piatti ricercati, preparati con
materie prime di qualità e procedimenti attenti alla
salute dei consumatori; ricette da gran gourmet frutto di mesi di ricerca che sapranno sorprendere per
gusto e profumi, come gli Schlutzkrapfen della Val
Pusteria, il Gulasch ungherese e i nostrani Calzú di
Monno, Gelato k2 e Pagnottina di Castro. Un viaggio
di sei giorni raffinato ed eco-compatibile tra specialità tradizionali e straniere con proposte vegetariane,
fusion, grill e casearie. Dalle tavole saranno banditi
piatti, bicchieri di plastica, tovagliette di carta. Tutte
le pietanze saranno presentate in piatti di ceramica,
stoviglie d’acciaio e su tovaglie di stoffa e in cucina
saranno usati solo detersivi naturali. Ricco il calendario delle iniziative collaterali: incontri, laboratori,
visite guidate, musica e poesia. La rassegna si svolgerà nell’Area Feste sul Lungolago. I fondi raccolti
verranno investiti per la valorizzazione del “Parco Gola del Tinazzo”.
Partecipando si sosterrà inoltre l’Associazione Angelman. Per ogni commensale verrà infatti devoluto
1 euro alla onlus bergamasca impegnata a reperire
fondi per la ricerca scientifica sulla Sindrome di Angelman, una malattia genetica rara molto grave e invalidante, che colpisce un bimbo ogni 12-15mila.
Info: www.legambientealtosebino.org
www.associazioneangelman.it
Alberghiero “Riva”, 300 allievi
fanno pratica al Cocca Hotel
Il sogno di lavorare in un grande ristorante si è avverato anzitempo per gli studenti dell’Alberghiero “Serafino
Riva” di Sarnico, grazie al progetto “MostraCene i risultati”, nato lo scorso marzo da un’idea di Battista Marini del ristorante Cocca Hotel di Sarnico. “Volevo offrire
un’occasione di sperimentare e mettere a frutto le conoscenze acquisite durante l’anno scolastico. L’amica
ed ex vicesindaco di Sarnico, Romy Gusmini, ha creduto nel mio progetto. Insieme abbiamo contattato l’Alberghiero ed nata questa iniziativa”, spiega Marini. Per
sette domeniche gli studenti di sette classi della scuola (quattro Prime e tre Seconde), coordinati dagli insegnanti, si sono sostituiti agli chef e al personale di sala
del ristorante e hanno cucinato e servito ai loro speciali
commensali - i propri genitori e nonni - altrettanti menù.
In totale 40 ore di simulazione pratica che hanno dato
l’opportunità ai ragazzi di cimentarsi nella loro professione. “È stata una bellissima esperienza - dice Marini
-, i ragazzi erano emozionati e anche i genitori”. I pranzi
hanno coinvolto circa 300 studenti e 900 commensali, oltre agli insegnanti dell’Alberghiero e a diversi ospiti
speciali, tra cui il pm Carmen Pugliese, il generale dei
Carabinieri Gregorio Paissan, Giorgio Bertazzoli neosindaco di Sarnico, Pierino Danesi del Provveditorato agli
Studi e Giuliano Muratori delle Cantine Muratori che
hanno offerto il vino per tutta la manifestazione. L’8 giugno si è tenuta la giornata conclusiva, ma chissà che
l’anno prossimo questa esperienza possa essere replicata con altri studenti.
Roberta Martinelli
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FACECOOK
Alla scoperta dei social chef
Il gusto orobico
primeggia
anche a Dubai
Lo chef bergamasco Stefano Ligori guida
il ristorante “Sicilia” con recensioni
positive su Tripadvisor. “In cucina
prodotti della mia regione e piatti elaborati
sia in chiave tradizionale che rivisitati”
di Laura Ceresoli
A
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Dubai, nel cuore degli Emirati Arabi,
c’è un angolo di Italia dove i sapori autentici e genuini regnano incontrastati. Questo grazioso locale, inserito nella catena Mövenpick Hotel, si chiama
Sicilia. Eppure lo chef di punta è un
bergamasco doc. Profondo studioso e
ammiratore di tutta la cucina italiana,
Stefano Ligori, 43 anni, nato in città
e cresciuto nel quartiere di Loreto, in
questi anni è riuscito a stupire i suoi
commensali portando in tavola un ricercato mix di modernità e tradizione.
La strada che dalle Orobie lo ha condotto fino a qui è lunga e avventurosa.
Tutto iniziò una decina di anni fa quando decise di accettare un’offerta alle
Bermuda per una grossa compagnia
italiana presente sull’isola da più di
35 anni. E così partì insieme alla moglie alla volta di questa inedita esperienza. “Dovevamo restare lì per un
paio di anni - racconta Ligori - alla fine
ci rimanemmo per sei. Questo mi ha
arricchito sia sotto l’aspetto professionale che umano perché sono venuto a contatto con culture differenti.
Al compimento dei 3 anni di Giulio, il
mio primogenito, abbiamo deciso di
spostarci per dargli maggiori opportunità scolastiche. Così la scelta ricadde su Dubai, città che offre sicurezza
per i figli e la famiglia, perché la delinquenza è quasi assente, e poi sotto
l’aspetto professionale era eccitante
potermi confrontare con più di 6.000
ristoranti di tutti i livelli”.
Oggi Ligori ama preparare piatti che
affondano le proprie radici in una tradizione mediterranea fatta non soltanto di pizza e calzoni farciti. Nel suo
ricercato menù fanno capolino trilogie
di antipasti di pesce, linguine allo scoglio, spaghetti al nero di seppia, tonno
in salsa di porcini, ma anche casoncelli, brasato, polenta e gorgonzola,
il tutto servito con grande eleganza,
presentazione impeccabile e pane
appena sfornato. Per non parlare dei
dolci fatti in casa in cui, neanche a
dirlo, è il tiramisù, il dolce italiano per
antonomasia, a farla da padrone. E i
clienti apprezzano. Basta consultare
le recensioni degli internauti su Tripadvisor per farsene un’idea. Piazzato al 104esimo posto in classifica su
5.534 ristoranti presenti a Dubai, Sicilia ha ricevuto dal sito un certificato
di eccellenza nel 2014, forte dei 39
commenti raccolti, quasi tutti tra “eccellente” e “molto buono”.
“Il cuoco Stefano è una persona deliziosa e si spende nel descrivere i suoi
piatti e nel suggerire le migliori combinazioni, assieme alle migliori accoppiate con i cibi - scrive Vescina da
Milano -. Un pezzo di Italia sincera, e
amichevole, in una terra così diversa.
Carne e pesce freschissimo: ottimi gli
spaghetti al nero di seppia, l’antipasto di salmone, le tagliatelle con l’anitra”. Manuel T da Dubai commenta:
“Quando si incontra Stefano in Sicilia
la musica cambia. Polpo arrosto e calamaretti ripieni sono di un altro pianeta. Si può sentire la passione e la
creatività dello chef che nonostante
lavori in una cucina che sembra una
scatola ha una varietà di piatti superbi. Poi assaggiare il risotto con sugo
di vitello e il guanciale di vitello con
gocce di caffè è stato come una bella
donna. Per non parlare dei Tonnarelli
agli scampi con tonno e bottarga. Cibo superbo”. E ancora Vonnie da Roma: “Vero ristorante italiano con chef
italiano, i primi erano molto buoni e
ben presentati. Cucina a vista, massima cura del piatto e pizza deliziosa, leggera, sottile ma croccante, ottimi ingredienti. Super consigliato!”.
Al momento non esiste ancora una
pagina Facebook interamente dedica-
ta al ristorante Sicilia. Gli eventi e le
prelibatezze preparate da Ligori vengono tuttavia segnalati sulla pagina
del Mövenpick Hotel di Dubai oltre
che sul profilo personale del cuoco
orobico.
giugno 2014
L’intervista
ASCOM / LA CONVENZIONE
“Chi fa questo mestiere
deve imparare
ad accettare le critiche”
Riesce a far conoscere la cucina
bergamasca nel mondo?
Con quali piatti?
“Premettendo che sono un profondo studioso e ammiratore di tutta la
cucina italiana, sia moderna che tradizionale, non dimentico le mie origini bergamasche. Quindi propongo
sempre nei miei menù prodotti della
mia regione, sia in chiave tradizionale che rivisitata, come per esempio il
mio “dim sum” di polenta e gorgonzola servito con un guanciale di manzo brasato oppure i casoncelli serviti
con barbe di frate e sugo d’arrosto,
malfatti di zucca con ragù di coniglio
e porcini e tanti altri ancora”.
A quali chef si ispira?
“A tutti quelli che lavorano con passione e hanno voglia di mettersi in
gioco”.
È vero che gli stranieri hanno una
visione stereotipata della cucina
italiana?
“In parte è vero. Molti stranieri conoscono solo la cucina delle nostre
trattorie e snobbano invece tutto il
filone della cucina moderna italiana
che dal maestro Marchesi è arrivata
ai giorni nostri. Per esempio in passato i francesi in questo sono stati
più bravi ad esportare e vendere il
loro prodotto. Infatti all’estero tutti
sanno che il ristorante francese può
essere una brasserie o un ristorante
moderno. Invece noi, anni addietro,
abbiamo solo esportato il prodotto da trattoria che personalmente
amo, ma che non rappresenta totalmente la cucina italiana odierna. È
facile sentirsi dire “ma non è un menù italiano, non ci sono le polpette e
la lasagna”. Questo qualche volta è
frustrante. Con il tempo, questa percentuale di clientela sta diminuendo
e quindi è più facile per me e i miei
colleghi avere più libertà creativa”.
Quanto è importante internet per
promuovere la sua attività? Ha
una pagina Facebook per sponsorizzare i suoi prodotti?
“Al giorno d’oggi in una società multimediale utilizzare Internet per pubblicizzarsi è quasi d’obbligo. Purtroppo sono un po’ lento su questo
lato ma presto avrò una pagina tutta mia”.
Qual è il suo rapporto con le
recensioni di Tripadvisor?
“Premettendo che secondo me chi
fa questo mestiere deve saper accettare ogni forma di critica costruttiva, penso che Tripadvisor possa
essere un'arma molto pericolosa se
in mano a gente intellettualmente
poco onesta e culinariamente poco
preparata. Detto questo, in definitiva
il mio giudizio è positivo anche se si
dovrebbe avere un controllo maggiore sulla veridicità delle recensioni”.
Come sono cambiati la ristorazione e il rapporto
con i clienti grazie ai nuovi media?
“È cambiata in meglio perché ha
aumentato la conoscenza delle tecniche e dei prodotti utilizzati in cucina da parte dei non addetti ai lavori,
quindi è diventato più facile farsi capire quando si dialoga con i propri
commensali”.
Ristoranti,
la promozione
a portata
di smartphone
Nasce RistoranteInCasa e si accorciano le distanze tra ristoratori e
clienti. RistoranteInCasa è un raccoglitore di informazioni, foto e offerte
cui l’utente finale può accedere con
smartphone, tablet o computer. Ideato da ristoratori, ingegneri informatici e sviluppatori di smartphone, il
progetto rappresenta un’opportunità per i ristoranti di allargare la propria clientela e di entrare a far parte
di una rete di esercizi cui il potenziale cliente può accedere ovunque.
La gestione è semplice e consente
di aprire a tutti gli utenti la propria
cucina, tenendoli costantemente
informati su novità, sconti e ricette.
Non solo, permette ai ristoratori di
gestire anche una newsletter, mostrare i menù, aggiornare i piatti tramite smartphone, praticare sconti e
coupon senza intermediari, evitando così qualsiasi tipo di commissione sul venduto. Tra i servizi proposti,
la prenotazione di piatti d’asporto o
di un tavolo in sala, la consultazione
del menù del giorno, dei piatti consigliati e alcune informazioni sul ristorante e sulla filosofia di cucina.
Fino al 31 ottobre i ristoratori potranno valutare gratuitamente il servizio. Per agevolarne l’utilizzo da
parte dei suoi associati, l’Ascom ha
siglato una convenzione con la società “www.ristoranteincasa.it” che
prevede una riduzione del canone
annuale del 20% ed è fissata a 300
euro annui.
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TRADIZIONI
di Leonardo Bloch
L’epopea del piatto eletto
ad emblema della nostra
cucina è addirittura
plurimillenaria.
Tante le varianti, a partire
dalla polentina d’orzo
del secondo secolo avanti Cristo
I
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I mille volti della polenta
lettori impavidi del tedio di questa
rubrica sono con certezza edotti del
marchio arcaicizzante che le vivande
caratterizzate dal gastrotoponimo “alla bergamasca” il più delle volte recano impresso. Se ad esempio le foiade
ricorrono ripetutamente nel cinquecentenario Baldus di Teofilo
Folengo, nel quattrocentesco Libro de arte coquinaria
di Martino da Como fanno
comparsa i nosécc. E finanche anteriore è la menzione
dei casoncelli nelle cronache medievali del ghibellino
Castelli. Messo di fronte alla
veneranda storia di codeste
pietanze, il tanto celebrato
risotto alla milanese, con poco più di duecento primavere alle spalle, finirebbe per
passare per un giovinetto
imberbe.
Non deve dunque sorprendere che l’epopea del piatto eletto ad emblema
della nostra cucina sia addirittura plurimillenaria. Al secondo secolo avanti
Cristo risalgono infatti le indicazioni
di Nicandro di Colofone per la preparazione della polentina d’orzo che gli
antichi Greci chiamavano chòndros,
cui il poeta-gourmet originario della
Ionia raccomanda di abbinare le carni
dell’agnello, del capretto e del pollo.
E persino più antiche sono le attestazioni d’esistenza di quella che oggi
definiremmo polenta rapida, tornata
in auge dopo duemilacinquecento anni di oblio: si tratta della maza, che i
fanti della leggendaria falange macedone di Alessandro Magno preparavano stemperando in acqua fresca del
cruschello d’orzo abbrustolito.
L’ingegnosa ricetta della farinata el-
lenica conobbe presto straordinaria
fortuna presso i romani, tant’è che
questi si videro affibbiare il beffardo
epiteto di “polentoni” dagli stessi greci che della vivanda erano stati gli ideatori. In realtà Plinio il Vecchio reclama radici italiche almeno per la puls
di farro, mentre non può disconoscere le origini allogene delle preparazioni a base
d’orzo denominate appunto polentæ. Al di là di lazzi
e rivendicazioni, è appurato
che queste antiche misture
di acqua e sfarinati tendessero ad una consistenza
piuttosto lenta se non addirittura liquida, svolgendo un
ventaglio di funzioni che andavano da succedaneo del
pane a bibita dissetante. Ad
una sorta di orzata dei nostri giorni corrisponderebbe
ad esempio la singolare polenta con
cui Cerere, sfiancata dal vagabondare alla ricerca della figlia Proserpina,
viene ristorata da una vecchietta in
un passo delle Metamorfosi di Ovidio.
Se ai greci spetta dunque il credito
per l’invenzione, ai romani va nondi-
giugno 2014
meno attribuito il merito di aver elaborato innumerevoli variazioni sul tema,
le più efficaci delle quali sono state
tramandate sino ai nostri tempi. Catone il Censore nel De agri cultura - opera assai più affine ad un ricettario di
cucina che ad un breviario di agronomia - insegna ad esempio come preparare un’arcaica “polenta concia”
arricchendo l’impasto con formaggio
fresco, miele e tuorlo d’uovo. Da un
epigramma di un altro illustre poetabuongustaio, Marco Valerio Marziale,
filtra invece la vivida immagine di un
candido nido di farinata di farro impreziosito da una succulenta corona di
luganiga. Ancora da Plinio apprendiamo infine che, se i latini propendevano
per un tritello a grana fine, così come
correntemente in voga nelle Langhe, i
greci prediligevano invece una macinatura delle cariossidi piuttosto grossolana, alla moda bergamasca. Parrebbe proprio che neppure nei dettagli
la tradizione gastronomica del nostro
circondario osi derogare al dettame
della lectio antiquior potior.
Con il declino della coltivazione di
orzo e farro susseguente alla caduta dell’impero romano, per la preparazione della polenta si affer-
marono cereali di minor pregio ma a
ciclo vegetativo assai più rapido, e
pertanto meno esposti alle bizze del
clima. In età medievale ebbero quindi
ampia diffusione soprattutto miglio e
panìco, già comunque familiari a Greci e Latini. Da quest’ultimo in particolare si otteneva quella paniccia nella
quale cinque secoli fa Folengo individuava, assieme alle castagne, il nutrimento principe delle popolazioni della
montagna bergamasca. Grazie a tale
regime alimentare i facchini di Clusone erano ritratti dal Merlin Cocai come
ben pasciuti e dal posteriore generoso, mentre lo scienziato padovano
Michele Savonarola - autorevole voce
della medicina quattrocentesca - annotava che “i puti (bambini) da Milano
stano grassi con tanto lacte, e de membri sodi con la panizza”.
Quel che è certo è che durante i secoli dell’era di mezzo la polenta si
rassoda dalla consistenza fluida che
l’aveva caratterizzata in età romana,
tant’è vero che un altro cerusico di
poco successivo al Savonarola - il senese Pietro Andrea Mattioli - riporta
che nelle terre della Serenissima “la
tagliano con un filo in larghe fette e
sottili, e acconcianle in un piattello con
cascio e butirro et assai ingordamente
se la mangiano”. Quasi superfluo soggiungere che nel nostro circondario
tale modalità di tranciare la vivanda è
tutt’altro che estinta.
E il mais? È risaputo che fu l’ammiraglio Cristoforo Colombo in persona
a recarlo in Europa dalle Americhe.
Già a metà del cinquecento il geniale
cuoco Bartolomeo Scappi ne prevede
l’utilizzo, indicandolo come formentone, in un paio di ricette della sua monumentale Opera, con la precisazione
che “in Lombardia se ne trova in quantità del qual si fa far torte, e fiadoni”.
La diffusione a livello popolare del
nuovo cereale è però conseguimento
del secolo seguente, a testimonianza
di quanto sia arduo scalfire la renitenza dei contadini alle innovazioni. Se
del resto la diffidenza dei villici verso
ogni novità è notoria, altrettanto proverbiale è la loro avversione alle mezze misure. Ecco dunque che, una volta preso piede, la polenta di granoturco divenne per secoli la componente
pressoché esclusiva della dieta nelle
campagne, conducendo a gravi squilibri nutrizionali ed al rovinoso dilagare
della pellagra. Il nostro distretto ne fu
uno dei più duramente colpiti, assommando nel 1881 oltre un decimo dei
pellagrosi su base nazionale.
Quella della polenta, non lo si deve
scordare, è dunque una storia di fame
e di indigenza non meno che di cibo e
di alimentazione. Giunti al suo epilogo, dopo tanto divagare sovviene forse che l’arcaico manicaretto di Nicandro di Colofone da cui si è partiti non
sfigurerebbe oggidì quale piatto forte
del pranzo domenicale bergamasco. E
a cosa meglio che alla polenta potrebbe d’altronde attagliarsi l’aureo adagio del “plus ça change, plus c’est la
même chose”?
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La scuoLa di cucina per ecceLLenza
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www.ascomformazione.it
IL LOCALE
giugno 2014
Specialità tedesche
e altoatesine nel ristorante
di Umberto Possenti.
Non solo wurstel e crauti,
ma un ricco percorso alla scoperta
della tradizione culinaria teutonica
U
di Lelia Parisi
“Berühmt, un angolo
di Baviera a Casirate
na little Germany insediata nella Bassa quella che da circa un anno staziona tra le mura (e nel dehors) del
ristorante Berühmt di Casirate d’Adda. Specialità dalla Baviera e Südtirol,
due regioni legate a doppio filo dalle
comuni radici culturali e linguistiche,
con annesso carico di importazioni a
cadenza settimanale.
«Nessuna resa alle leggi della globalizzazione - confessa il titolare e chef
Umberto Possenti, che conduce il locale con la moglie Carolina Mandelli,
figlia del noto pittore Ferdinando Mandelli - ma l’intento di offrire uno spaccato di cucina tedesca, troppo spesso
liquidata come monocorde e priva di
creatività, in realtà molto ricca e con
una fisionomia che varia da regione
e regione». Insomma, non solo a wurstel, patate e crauti funziona la locomotiva d’Europa, con la sua economia
d’aspetto tutt’altro che emaciato.
È un innamoramento tardivo quello di
Umberto per la cucina bavarese, che
arriva nella sua maturità professionale dopo oltre 20 anni di fedeltà al
verbo della cucina orobica (in molti lo
ricorderanno alla Trattoria dei Possenti, sempre a Casirate). Ed è proprio la
lunga frequentazione dell’enogastronomia bergamasca a convincerlo, una
dozzina di anni fa, a promuovere le eccellenze orobiche all’estero, a Madrid,
Praga e soprattutto a Ludwigsburg, in
Baviera, dove seducono a tal punto il
pubblico locale da fare di Umberto un
personaggio famoso, berühmt, appunto (parola che, per un vezzo del destino, è anche l’anagramma del suo nome in tedesco). Insomma, seduttore
sedotto dalle bavaresi Köstlichkeiten
(prelibatezze), Umberto avvia un inter-
scambio di prodotti gastronomici, finché, presa confidenza con le tecniche
di cucina tedesca, finisce per portarsele nel locale di Casirate, sottoposto
a doveroso maquillage per fare gli onori alla nuova “padrona di casa”.
Al Berühmt c’è tutto quel che serve
per immergersi in un’esperienza di
cucina teutonica e familiarizzare con i
suoi sapori brumosi e affumicati, grazie a un percorso che si snoda tra tradizione bavarese e altoatesina, con
alcune roccaforti di entrambe. Tra
queste, la Maultaschensuppe, caratteristici ravioli bavaresi in brodo vegetale con ripieno di carne affumicata;
il Leberkase, polpettone di wurstel
servito con cipolle stufate; lo stinco
di maiale cotto nella birra, che arriva
dalla Germania già affumicato e salmistrato; il gulasch con cumino e polenta; la padella di filettino di maiale
con noci e fichi abbinato agli spätzle,
gli gnocchetti tirolesi di farina e spinaci (piatto unico a 15€euro); la costata
di scottona bavarese con crauti allo
speck e Kartoffelsalat (piatto unico a
19 euro); l’agrodolce costata di maia-
le con lamponi e mele; il tris di canederli: al formaggio, speck e spinaci; i
wurstel ai quattro sapori: al chili, Sud
Tirolo, Norimberga e Monaco. Tra gli
antipasti, spiccano la degustazione di
salumi tirolesi (speck, prosciutto cotto
affumicato, pancetta e Tiroler, un salame chiaro), a 8€euro, e la carne salata
trentina, a base di manzo salmistrato
lavorato a carpaccio. Dolci allineati,
come la Foresta Nera, una leccornia di
cioccolato, amarene e panna montata, il brezel, bombolone al forno farcito
di panna, il Kaiserschmarren, specie
di crêpe con uvetta macerata nel rum
servita con salsa di mirtilli calda, e
l’immancabile strudel. Tutti fatti in casa, come le paste, canederli e spätzle.
Coperto assente, il conto non supera
i 30€euro per un pasto completo, bevande escluse. Meditata selezione di
birre bavaresi e vini dell’Alto Adige e
cucina aperta a pranzo fino alle 15, a
cena fino alle 24.
Ristorante Berühmt
via Statale, 472
Casirate d’Adda
tel. 0363 879888
sempre aperto
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L’ESPERTO
di Leo Bartoli
Il docente di Dietetica e Nutrizione umana parla del “paradosso francese”
e difende il mondo del cacio dagli attacchi dei salutisti.
“Sono molte le proprietà benefiche, l’importante è il giusto consumo
e la giusta frequenza”. “Dei prodotti bergamaschi apprezzo il taleggio”.
“L’Expo? Spero non si tratti solo di una kermesse gastronomica”
L
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Calabrese:
“Sui formaggi
è bene ristabilire
qualche verità”
a tesi è suggestiva, specie per un mondo, quello caseario, abituato ad essere maltrattato dai movimenti salutisti.
Invece da qualche anno sta prendendo
piede una teoria, appena rilanciata da
un saggio pubblicato da Medical Hypotheses, in cui ci si domanda se non sia
proprio il formaggio a rappresentare
la parte mancante del rompicapo del
“paradosso francese”, quel fenomeno per il quale nel Paese transalpino
la mortalità per malattie cardiovascolari è fra le più basse al mondo, nonostante l’elevato consumo di acidi grassi saturi. E in particolar modo, tutti lo
sanno, di formaggi, essendo i francesi
tra i massimi consumatori al mondo.
L’argomento, anche se da angolazioni differenti, è stato spesso cavalcato
anche in Bergamasca: l’anno scorso
in Valle Brembana erano state presentate le conclusioni di una ricerca
condotta dalle Università di Milano e
Pavia in cui si evincevano le qualità di
alcuni formaggi orobici d’alpeggio, tra
cui Formai de Mut, Agrì, Strachitunt e
Branzi, come le importanti proprietà
antiossidanti, anticolesterolo e soprattutto un’elevata qualità di grassi buoni
(Omega 3).
Per sgombrare il campo da ogni equivoco, ci affidiamo a uno dei massimi
luminari sul fronte della ricerca in Italia, il professor Giorgio Calabrese, asti-
giano, docente di Dietetica e Nutrizione umana in molti atenei italiani, membro del Comitato Nazionale Sicurezza
Alimentare (Cnsa), nonché habituè in
tantissimi talk show televisivi. Calabrese ha appena presentato al Salone
del Libro di Torino la sua ultima fatica,
scritta insieme alla moglie Caterina
(giornalista e laureata in Tecnologia
Alimentare della Ristorazione), dal titolo: “Dimagrire con la Dieta mediterranea” (Cairo Editore).
Un paradosso, quello francese, che va
contro un po’ alle teorie secondo cui,
chi consuma molti acidi grassi saturi vive di meno: professor Calabrese,
lei come si pone di fronte a questa
teoria?
“Non è una vera verità ma una mezza
verità! Chi consuma molti acidi grassi
saturi, se fa molto sport aerobico, ne
usufruisce in positivo, perché migliora
le riserve energetiche fornite soprattutto dai molti trigliceridi presenti nei
cibi di origine animale; ma se invece è
statico nella vita per lavoro intellettuale o per cause di involontaria immobilità, questi acidi grassi saturi aiutano a
“sporcare” le arterie, provocando danni cardiocircolatori. In Francia questo
paradosso è stato legato all’uso del
buon bicchiere di vino rosso ad ogni
pasto che con i suoi elementi antiossidativi previene le malattie cardiocirco-
Giorgio Calabrese
latorie e, forse, anche i tumori”.
In sostanza, vino e formaggi verrebbero in parte rivalutati da questa teoria…
“Direi che più che rivalutati, sono giustamente valutati, finalmente. I formaggi sono sostitutivi, in parte, della
carne, perché condividono tutti i nutrienti, ma hanno poco ferro; il vino, se
bevuto moderatamente e ai pasti, lo
puoi assumere per tutta la vita e ti fa
diventare anche longevo”.
C’è, secondo lei, un’eccessiva demonizzazione da parte di alcuni scienziati e di una certa stampa verso il mondo caseario, che è uno dei più grandi
patrimoni del food italiano?
“Debbo dire che spesso non capisco
giugno 2014
quei colleghi che attaccano i formaggi. Sono ricchi di buone
proteine di elevato valore biologico, di vitamina B12, di calcio
e vitamina D, hanno tanti agenti antiossidanti e se mangiati
al posto di carne e pesce, nella variazione di una dieta onnivora, sono di grande valore nutritivo e salutista”.
Consumare formaggio, anche quelli più a pasta grassa,
quindi si può, anche se a determinate condizioni….
“È la stessa cosa che mangiare pesce o carne: bisogna trovare la giusta dose e la giusta frequenza. Niente di più…”
Lei è anche presidente nazionale dell’Onav, l’Organizzazione
nazionale assaggiatori di vino: qualcuno avanza dubbi circa
una contraddizione tra il nutrizionista di fama e questo suo
ruolo. Eppure lei ha dimostrato che il vino, soprattutto quello rosso, può anzi essere un toccasana, se consumato con
moderazione…
“Direi che in facoltà di Medicina si studia di tutto tranne che
la dietologia, per cui spesso i colleghi sono disorientati in
questo campo. Io studio il vino come qualunque altro alimento e ne raffronto gli effetti positivi e negativi sulla salute. Poi
li comunico con onestà intellettuale e siccome io bevo moderatamente il vino, perché so che può farmi bene alla salute
come preventivo e non come curativo, lo difendo”.
Che tipo di consumatore è, sul fronte caseario, Giorgio Calabrese? Conosce i formaggi bergamaschi?
“Non sono un gran mangiatore di formaggi ma come tipologia bergamasca conosco e apprezzo molto il Taleggio: l’ho
inserito nella dieta mia e della mia famiglia con la giusta frequenza”.
Quando va ospite da Bruno Vespa a Porta a Porta, viene
sempre contrapposto a personaggi che suggeriscono diete
anche bizzarre: non le pare che sull’argomento ci sia ancora troppa approssimazione tra chi si contrappone allo studio
rigoroso di voi scienziati dell’alimentazione?
“Sì, ha ragione, ma Vespa lo fa apposta perché lui pensa che
qualcuno debba provocare e qualche altro, come me, debba
riportare la verità scientifica perché il telespettatore possa
avere il metro con cui misurare la verità scientifica delle cose
dette, anche in tv”.
Italia ed Expo: la vede una grande occasione per esaltare la
nostra cultura dell’agroalimentare o la kermesse nasconde
anche qualche rischio?
“Spero che non si tratti solo di una kermesse gastronomica,
ma che aiuti a far crescere la coscienza nutritiva del cibo come pasto di tradizione e di territorio, anche quando diventa
cucina internazionale, altrimenti la gente penserà di essere
come in tv, in cui si parla solo di palato e poco di salute da
cibo”.
Per concludere, lei è stato componente dell'Authority Europea per la Sicurezza Alimentare. Mai come oggi c’è il rischio
di sofisticazioni e di depistaggi sul fronte agroalimentare,
come superarli?
“Sono stato tra i padri fondatori dell’Authority, mentre oggi
sono componente del Consiglio Nazionale della Sicurezza
Alimentare (Cnsa) del ministero della Salute. Non nascondo
che i rischi di contraffazione e di sofisticazione sono alti, ma
in Italia esiste un controllo severo da parte del ministero della Salute e i pochi casi che vengono scoperti sono il segno
che lo Stato funziona e controlla. Non sono preoccupato per
il futuro, ma resto sempre attento e vigile”.
L’EVENTO
L’Ais premia i migliori
sommelier lombardi
Da sinistra: Fiorenzo Detti, presidente Ais Lombardia,
il giornalista Alberto Schieppati, Filippo Gastaldi
e Antonello Maietta, presidente Ais
Alla quarta giornata nazionale della Cultura del Vino e dell’Olio, promossa
dall’Associazione Italiana
Sommelier a Sesto San
Giovanni, all’interno della
storica sede di Campari,
si sono svolte le prove finali dei concorsi “Miglior
Sommelier Professionista di Lombardia” e “Targa Ais Lombardia - Miglior
Aspirante Sommelier” per
i giovani studenti degli istituti alberghieri lombardi.
Si è aggiudicato il titolo di
miglior sommelier professionista Filippo Gastaldi,
bresciano, classe 1983,
una laurea in Economia
conseguita all’Università degli Studi di Brescia
e una laurea in enologia
conseguita all’Università
degli Studi di Milano, sommelier presso l’Enoteca
“Un Mondo DiVino” di Or-
zinuovi. Seconda classificata, Sara Lazzeri, dalla
provincia di Sondrio, classe 1991, diplomata all’Ipssar di Bormio e sommelier all’Hotel Miravalle di
Valdidentro. Al terzo posto, Telemaco Calandrino,
italo/americano, residente a Milano, classe 1976,
doppio diploma di maturità in educazione generale,
uno conseguito a Santo
Domingo Repubblica Dominicana, l’altro presso
il Community College di
Miami Florida, sommelier
e Maître al Ristorante Ex
Mauri di Milano.
Vince invece il “Concorso Targa Ais. Lombardia
2014”, Silvia Premoli, nata a Segrate nel 1995,
studentessa della quinta
classe presso Ipseoa Collegio Arcivescovile Castelli (Saronno).
19
TENDENZE
di Laura Bernardi Locatelli
Ottima soluzione per portare
in tavola leggerezza e gusto,
si prestano a mille ricette.
Largo quindi alla fantasia.
Busca: “Valeriana, lattuga, scarola
e indivie le qualità più gettonate”.
Sangalli: “Quarta gamma sempre
più gradita dai consumatori”
Insalatone,
c’è solo l’imbarazzo
della scelta
S
20
ale la colonnina di mercurio e precipita
in caduta libera la voglia di mettersi ai
fornelli, calendario e bilancia alimentano i patemi della prova costume mentre la febbre da Mondiali invita a spuntini notturni incollati allo schermo. Le
insalatone rappresentano un’ottima
soluzione per portare in tavola leggerezza e gusto, a patto che non si ceda
a scatolame, surgelati, affettati di bassa qualità e condimenti infimi, anche
solo per demolire con un’esplosione
di gusto il pregiudizio di chi vede nelle
ciotole vitaminiche la portata ideale di
integralisti alimentari, crudisti, salutisti
e ortoressici.
Largo quindi alla fantasia e alla ricerca
di un equilibrio perfetto di gusto e consistenze, con l’aggiunta di frutta secca,
crostini croccanti aromatizzati, semi,
fiori edibili per le insalate più preziose,
formaggi, salumi, molluschi, crostacei,
affettati di pesce, legumi, alternative
vegan dal tofu al seitan e note esotiche, dal mango all’avocado. C’è l’imbarazzo della scelta anche per i condimenti, dalle classiche vinaigrette e citronette che danno sempre una marcia
in più rispetto al condimento frettoloso
con olio, sale e aceto, ai dressing a base di yogurt, come lo tzatziki, alle tapenade dal gusto deciso e dominante, alle emulsioni, alle salse con i frutti rossi perfette con gli affumicati di pesce,
all’irresistibile eleganza del matrimonio
tra aceto balsamico e miele.
Si fa presto anche a dire olio: che sia rigorosamente extra vergine, italiano, più
delicato per condire insalate a base di
pesce e più deciso per reggere formaggi e salumi. Anche l’aceto meriterebbe
un capitolo a parte: balsamico, di mele,
di miele, aromatizzato al dragoncello, ai
lamponi e via dicendo.
La scelta della base dell’insalatona è
una vera e propria arte: dalle indivie al-
Roberto Busca
le lattughe, dai radicchi, rossi e variegati, alla rucola, fino alle misticanze, quel
mix irresistibile di erbette di campo
saporite e profumate. Le varietà sono
moltissime e includono anche la nostra
incredibile scarola dei colli - che si trova da settembre a marzo - e d’inverno
i nostri radicchi. In generale si giocano
la partita, valeriana, riccia, lattuga romana, iceberg e trocadero, indivia belga, pan di zucchero, scarola, radicchio
di Treviso, di Chioggia e Verona, per citare le più diffuse e amate. In aiuto a
chi ha i minuti contati ci sono le buste e
le insalate preparate con cura dai fruttivendoli di fiducia: “I locali che servo e
la maggior parte della clientela punta
dritto alle insalate già pronte in busta,
dalla valeriana alla novella, alla lattuga - spiega Roberto Busca, consigliere
del Gruppo Ortofrutta dell’Ascom e titolare del negozio De Lorenzi, dal 1948,
in via Statuto -. Più vasta la scelta tra i
cespi da lavare, dalla scarola, compresa quella dei colli, all’indivia, a cui una
clientela più attenta non rinuncia mai”.
Ogni mattina Ezio Sangalli, consigliere
del Gruppo Ortofrutta dell’Ascom, che
da anni nel suo punto vendita a Cara-
giugno 2014
La Dispensa
Nella ciotola salumi di qualità
e gli affettati di pesce
di Moreno Cedroni
vaggio ha puntato sulla quarta gamma, prepara almeno due varietà di insalate da vendere a
peso in negozio: “In genere preparo lattuga e
cicoria Milano, da sempre le più richieste.
Vanno sempre più le insalate già confezionate in busta”.
Una volta scelta la base non resta che
selezionare dal fruttivendolo di fiducia
altre verdure per creare contrasti di sapore e consistenza ma anche per appagare
la vista giocando con i colori: carote, pomodori, cetrioli, sedano, finocchio, ravanelli, peperoni, cipollotti, porri, zucchine, barbabietole,
in stagione fave, ma anche carciofi e asparagi
affettati sottili, ovoli e porcini e sedano rapa
e daikon per sapori ricercati. Erbe e fiori danno profumo ed eleganza alle insalate, dai fiori
di borragine a quelli della famiglia dell’allium
(porri, erba cipollina, aglio) alla calendula, dalla
borragine alla malva, dalla primula al nasturzio,
ai fiori di salvia e rosmarino. Menta, basilico,
origano fresco, aneto, erba cipollina, aglio orsino, timo e finocchietto selvatico rendono profumata ogni insalata purchè impiegati con criterio e di certo non tutti in una volta sola. Tantissimi gli abbinamenti con formaggi, dai nostri
taleggi e stracchini, formai de mut e Branzi, a
mozzarella, parmigiano, grana, pecorino, fontina, scamorza, feta, emmental e roquefort. Le
carni bianche cotte alla griglia o a bassa temperatura - basti pensare alla Caesar salad, tra
le più celebri insalate al mondo - sono la scelta
sfilacperfetta per un’insalatona e assieme a sfilac
ci di cavallo, carpacci e bresaole rappresentano anche - con un occhio ai
condimenti - un
pasto completo
e light. Chi è in
pace con linea
e colesterolo si
può concedere
del bacon croccante, prosciutto
crudo passato al
forno e striscioline di speck.
Da due anni La Dispensa è un punto di riferimento nel cuore della città per panini
con salumi e affettati di pesce selezionati in tutta Italia da Mauro Fornoni, che ha deciso di inseguire
la sua passione dopo aver svolto
per anni la professione di agente di commercio. A fianco di tramezzini, focacce e panini, pronti
per essere farciti con culatelli,
prosciutti crudi di Parma stagionati almeno 18 mesi, speck di maso altoatesino, salame d’asino biologico ed
altre specialità in dispensa affettate con
la Berkel, non manca una proposta di insalatone
gourmand. L’insalatina novella si sposa a valeriana, pomodori di
Pachino, mozzarella di bufala e prosciutto cotto di Culatello. Rucola e valeriana sono la base ideale per adagiare fette di bresaola punta d’anca con scaglie di parmigiano reggiano e granella di
noci. Il binomio di ferro, insalatina e pomodori cuore di bue, stupisce affiancato a crudo di Parma Dop 18 mesi reso croccante da
un passaggio al forno e crostini aromatici preparati con pane in
cassetta artigianale. Le sorprese non mancano per chi cerca sapori di mare: gli affettati di pesce della prima Salumeria Ittica al
mondo, Anikò, creata dal grande chef Moreno Cedroni nella sua
Senigallia, si sposano a verdure e primizie di stagione. In carta,
la bresaola di tonno, la bresaola di spada e il San Daniele di tonno, pronti ad affiancare asparagi, nodini di mozzarella pugliese,
verdure e primizie di stagione. A La Dispensa il tonno industriale
è bandito: qui anche la più classica e meno pensata delle insalatone ha una marcia in più a tutto gusto con il tonno di Carloforte,
lavorato a mano nell’omonima isoletta sarda. Da provare anche
la porketta di tonno, specialità del ristorante Il Gusto Etrusco di
San Vincenzo preparata con filetto di tonno ed un mix di spezie
gurigorosamente top secret. Il locale, minimal e arredato con gu
sto, raddoppia con il dehors estivo: ai venti posti all’interno si
anaggiungono i 15 esterni. La Dispensa organizza an
che servizi catering e consegne a domicilio per la
pausa pranzo da lunedì a sabato dalle 12 alle 15.
Il locale fa anche le ore piccole: in settimana è
aperto dalle 11 alle 23, ma nei fine settimana
la chiusura è alle 2 di notte.
via G. d’Alzano, 10
Bergamo
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TENDENZE
La Pasqualina
Salse a bassa temperatura e formaggi
del casaro per conquistare i palati
La Pasqualina, tempio del
gelato, del tè con una selezione proveniente da ogni
angolo del mondo da abbinare ad una pasticceria
di livello, è l’indirizzo dove
gustare insalate studiate
nei dettagli, in centro, in via
Borfuro, o nella storica sede di Almenno San Bartolomeo o, per i più fortunati, a
Porto Cervo, nella Promenade du Port. In carta, secondo la disponibilità e la stagione, le insalatone hanno un
posto di prim’ordine. Nell’insalata fantasia alla misticanza si aggiunge pollo affettato cotto a lungo a bassa
temperatura sottovuoto, uno stracchino d’eccellenza
come il Bergamì de Peghera, pomodoro concassè e delle noci croccanti. L’insalata alla Pasqualina celebra il
territorio con crostini di polenta a cubetti, un mix ben bilanciato di insalate, mozzarella fior di latte e verdure di
stagione condite con una crema di sedano cotta a bassa temperatura. Per gli amanti dei formaggi di qualità
c’è l’insalata del casaro: su una base di insalatina novella viene adagiato il caprino fresco a kilometro zero,
a due passi dalla Pasqualina di Almenno, della Cascina
Ronchi, con fettine di pera, noci caramellate e per finire
riccioli di ricotta di pecora, asparagi ed un velo di miele
di castagno di Thun. La classica caprese viene amplificata nel gusto da una crema di basilico preparata con
l’acqua della mozzarella di bufala Igp protagonista del
piatto e dalla polvere croccante di pomodoro realizzata
con le bucce scartate dagli ortaggi per renderli più digeribili e gradevoli. Gli amanti del pesce possono contare
su un’insalata di spada e salmone biologico marinato
con agrumi tagliati al vivo, condita con una vinaigrette
che esalta i sapori. In primavera non mancano insalate
con fiori edibili, dalla primula alla borragine, che appagano la vista oltre al palato. La proposta varia spesso e
segue la stagionalità degli ortaggi ma in carta la scelta
è sempre tra cinque o sei insalate, oltre a piatti freddi
e insalate di cereali come quella di farro con dadolata di
zucchine e carote, pomodorini e formaggella della Val Cavallina.
via Borfuro, 1
Bergamo
Steak Restaurant
Qui le insalatone sono
racchiuse anche nella pasta di pizza
A fianco della sede della Bongiorno
Antinfortunistica di Curno il ristorante
di proprietà dell’azienda, “Steak restaurant”, inaugurato nell’ottobre del
2005, è una meta oltre che per fiorentine, filetti, controfiletti e la celebre tagliata alla francese accompagnata da
frites, per insalatone originali racchiuse in pasta di pizza, da gustare tempo
permettendo anche nell’area esterna.
Il percorso light delle insalatone è un
viaggio tra sapori e ispirazioni di diverse città che danno il nome ai piatti. Per
una capatina in Spagna ci sono la Madrid (insalata fresca, patate, fagiolini,
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piselli, provolone, uovo sodo, acciughe,
cetriolini, maionese) e la Palma di Maiorca (insalata fresca, gamberetti, pomodori, cuori di palma). Non manca
l’insalata alla greca: l’Atene abbina insalata fresca a peperoni, cetriolo, cipolla, olive nere, formaggio feta, pomodori
e origano. In carta la nizzarda, rivisitata
e alleggerita: la Nizza unisce infatti alla
base di insalata fresca, pomodorini, olive nere, tonno, uova sode. Nella Praga
il prosciutto affumicato la fa da padrone abbinato ad insalata fresca, fontina
e olive verdi. Si torna in Italia con la Siena, con carne di cavallo salata, chicchi
di mais e scaglie di grana adagiati su
insalatina novella, per fare un tuffo in
Sardegna, a Porto Cervo: un’abbinata
di terra e di mare con spada affumicato e gamberetti, funghi, pomodorini e
insalata. Marrakech condensa suggestioni e ispirazioni culinarie dall’italianissimo taleggio alle mele Fuji, dalla
rucola agli immancabili ingredienti maghrebini: peperoni, cipolle e mandorle,
rinfrescati dal finocchio che amplifica
la croccantezza del piatto.
via Fermi, 10
Curno
giugno 2014
C
“Cubeba”,
si mangia e si balla
nell’area di Villa Castelbarco
on l’arrivo dell’estate sale la voglia di trascorrere le
serate sotto le stelle, all’aria aperta, in un contesto
piacevole.
Il CUBEBA di Vaprio d’Adda è una “location” per eventi
speciali, incastonato nell’incantevole area di Villa
Castelbarco. Situato a lato della costruzione risalente
al XII secolo, è circondato dalla cornice naturale di
800mila metri quadri di verde.
Qui il divertimento si abbina alla ristorazione. Il locale
gestito da Enzo Militello offre infatti la possibilità di
cenare all’aperto, ma anche all’interno in caso di
maltempo, sette giorni su sette, senza soluzione di
continuità.
“Abbiamo pensato di offrire un'oasi nel verde, dove il
cliente possa godersi un momento di relax, di gusto e
divertimento - dice Militello -. Siamo vicini al casello di
Trezzo d’Adda, perciò facilmente raggiungibili da tutta
la regione. Inoltre le leggerezza dalle struttura in vetro
sorta dal restyling delle antiche serre permette una
vista del parco meravigliosa”.
Al CUBEBA è possibile pranzare e cenare. Il ristorante
propone pizze, cotte con forno a legna, steak house e
cucina tradizionale rivisitata. Di tutto rispetto la carta
dei vini, con il contributo del sommelier Luca Castelletti. La pasta, il pane e i dolci sono fatti in casa. Alla
domenica viene proposto un ricchissimo brunch.
Tutte le sere della settimana sono scandite da un
ritmo diverso; si parte il martedì con il tango, il mercoledì si balla country live music, giovedì scatta il “ritmo
caliente” con la musica latino americana della scuola
di Ester Bazar, venerdì Papillon con Ladies Night, sabato sera è “Tutti Frutti” mentre la domenica, alle 19,
è tempo di apericena, accompagnata dai grandi successi storici della musica italiana per poi aumentare
la parte “dance” con spettacoli dal vivo e il Dj set di
Albertino King.
Rifugio Olmo
Raviolata in quota
per sole donne
È un omaggio alla compagnia femminile la “raviolata
in rosa” proposta dal Rifugio Olmo, a 1.891 metri nel
territorio di Castione della Presolana. Nel programma
degli eventi estivi propone infatti, nelle date dell'11
luglio e 22 agosto, un’escursione di circa 2 ore e mezza
per tutte le donne con partenza alle ore 17 da Rusio,
piccola località in Castione della Presolana, una golosa
cena in quota a base di casoncelli, con rientro in notturna (obbligatoria la pila frontale). Un’opportunità per una
sana sgambata con le amiche del cuore, tra paesaggi
suggestivi e buona tavola (il costo è di 15 euro).
Sabato 9 e domenica 10 agosto, invece, si può partecipare a “Scoprendo i sentieri della Presolana”, camminata con pernottamento al rifugio in collaborazione con
una guida alpina. Si parte il sabato alle 15 da Valzurio e
si rientra nel pomeriggio di domenica. Il costo è di 55 eu-
ro. Il rifugio, dedicato alla memoria di Rino Olmo, è nato
nel 1991 con la ristrutturazione della Baita di Olone da
parte dei soci della Sezione Cai di Clusone. Dolcemente
adagiato in una conca poco sotto il Passo Olone, gode
dell’invidiabile vista sul dolomitico versante sud della
Regina delle Orobie: la Presolana.
23
FOCUS
di Lara Abrati
Il Distretto agricolo lancia
il progetto di filiera per valorizzare
i capi allevati e macellati sul territorio.
Lanzeni: “Così si possono offrire
opportunità di mercato ai prodotti derivati”.
Oltre 337mila i maiali allevati nella Bassa
Suini, si lavora al marchio
“Bassabergamasca”
L
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a sua presenza è sempre stata decisiva in molte zone d’Italia. Tant’è che
a livello locale sono molte le razze autoctone che si vanno via via riscoprendosi, adatte a vivere per lo più allo stato brado nei boschi che, prima più che
ora, si sviluppavano lungo la penisola
italiana, ma anche sulla stessa pianura padana, ove ora vigono immense
distese orientate soprattutto alla cerealicoltura in funzione anche dei grandi e medi allevamenti di bovini e suini
presenti.
In epoche passate i suini erano liberi
di razzolare per le strade, nutriti dalle
comunità. Erano i cosiddetti “porci di
Sant’Antonio”, di proprietà dei monaci
antoniani, su cui avevano ogni diritto
compreso quello di poterli macellare e
ricavarne lardo e carne da destinare alla vendita a prezzo regolamentato, per
consentirne l’acquisto anche ai più po-
veri. Negli statuti del 1.334 del comune di Martinengo, viene confermato
questo uso. Man mano poi i Comuni
ne hanno vietato la libera circolazione
perché, con il loro razzolare, creavano
seri danni, molto simili a quelli causati
oggi dai cinghiali.
L’allevamento dei suini era diffuso
sia nelle zone montuose e collinari,
ma anche nelle classiche cascine di
pianura. Alcuni allevatori si sono poi
orientati e specializzati unicamente
nel loro allevamento, come è avvenuto
anche per le altre tipologie di animali.
Attualmente, da un lato sopravvive,
soprattutto nelle zone collinari e di
montagna, l’allevamento di poche unità per la produzione di salumi o carne
fresca per lo più ad utilizzo familiare
- aziendale o per piccoli commerci locali. Come dimostrano i dati forniti
dall’assessorato all’Agricoltura della
provincia di Bergamo riferiti al 2013,
nelle zone di montagna e collina sono
in totale 225 le aziende che allevano
suini, solo 2 di queste sono di dimensioni medie, possedendo un numero
maggiore di 1.000 capi ognuna. Per
fare un quadro generale, i capi allevati
in questa zona sono in totale 9.746 di
cui 6.505 nelle due grandi aziende, il
resto nelle altre 223.
Nelle zone pianeggianti invece la situazione è diversa, infatti il numero totale
di aziende presenti sale a 303, di cui
75 possiedono un numero di capi superiore a 1.000. Quest’ultime aziende
pesano profondamente nel calcolo del
totale di capi allevati, infatti detengono
320.663 animali sui 337.538 totali allevati in pianura.
Ricapitolando, sul territorio della provincia di Bergamo esistono 528 aziende che allevano un totale di 347.284
giugno 2014
capi, concentrati soprattutto nella bassa bergamasca.In generale la produzione di queste aziende è orientata
all’allevamento del suino pesante italiano, destinato alle produzioni salumiere di pregio, in particolare al Prosciutto di Parma Dop, con l’obbligo di
adempiere a strettissime regole di al-
Bergamasca - sostiene il coordinatore Saulo Lanzeni, agronomo - sta lavorando al progetto di filiera “Suini di
Bergamo” dall’autunno scorso, per
fare in modo che i capi allevati in Bergamasca possano essere macellati e
venduti sul territorio di provenienza. Il
progetto mira a valorizzare le produzio-
carne locale, al fine di facilitarne il riconoscimento da parte dei consumatori.
Le aziende che svolgono anche solo
una parte di questa filiera e che sarebbero disposte ad entrarvi, possono
segnalare al Distretto il loro interesse. Molti gli allevatori che stanno cercando di alimentare questo progetto.
levamento. Escluse quindi le cosce, il
resto è destinato al commercio fresco
o alla produzione di altri salumi.
Le piccole e medie aziende stanno soffrendo molto l’arrivo di carne dall’estero, proveniente da suini allevati senza
i vincoli imposti in Italia e, quindi, venduta a prezzi notevolmente concorrenziali. “Il Distretto agricolo della Bassa
ni locali e aiutare gli allevamenti a tener testa alla concorrenza estera, vuole perciò creare una rete per la commercializzazione dei prodotti e dare
garanzia al consumatore che acquista
e consuma un prodotto di qualità”. “Il
progetto - aggiunge Lanzeni - contempla anche la realizzazione del marchio
“Bassabergamasca” che identifichi la
Molti anche quelli che hanno scelto altre strade, per tutelare e valorizzare le
proprie produzioni.È bene quindi informarsi e informare correttamente sulla provenienza delle carni, orientando
la scelta dopo un’attenta valutazione,
non solo utilizzando come metro il fattore prezzo, che spesso potrebbe trarre in inganno.
F.lli Ferrari (Casirate d’Adda)
“Gran parte della produzione
va al circuito del Parma Dop”
L’azienda ha sede a Casirate d’Adda in via Cascina Cortese 11. È un allevamento a conduzione famigliare. L’attività
di allevamento era già del papà, Fiorenzo. Ora la proprietà
e la conduzione spetta ai tre figli, Angelo, di 35 anni, Luca
di 34 e Diego di 28. “L’allevamento prima era a Barbata spiega Angelo - poi nel 2007 abbiamo rilevato questo allevamento a Casirate”. I loro animali in gran parte vengono
venduti al circuito del Prosciutto di Parma Dop, il cui disciplinare di produzione prevede regole molto restrittive anche
per quel che riguarda l’allevamento. In totale sono presen-
ti circa 5.500 animali, comprese le scrofe. Le carni vengono anche vendute ad alcuni piccoli macelli delle province
di Bergamo, Milano e Lecco. “Le nostre carni però - spiega
ancora Angelo - spesso non vengono apprezzate molto dal
consumatore finale perché tendenzialmente un poco più
grasse. Questo è un fattore causato dalla genetica dei nostri animali, adatti alla produzione salumiera di pregio, ma
anche dall’alimentazione, che influisce anche sulla destinazione d’uso”. Una giovane realtà, relativamente piccola,
che resiste!
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FOCUS
Suini Continental (Torre Pallavicina)
Bonavoglia: “Indispensabile
rafforzare la tracciabilità di filiera”
Roberto Bonavoglia è il titolare dell’azienda di Torre Pallavicina, nello specifico nella frazione di Santa Maria, aperta nel 2011, in un periodo in cui già
l’allevamento suino era in difficoltà, subendo la
concorrenza delle carni estere. Nel 2012 ha aperto anche un altro allevamento nel bresciano, a Comezzano. “Diversamente dagli altri allevatori - dice
Bonavoglia, 35 anni - io non provengo da una famiglia di allevatori. La mia è stata semplicemente una forte passione nata all’incirca all’età di 20
anni. In quegli anni avevo una fidanzata che possedeva un allevamento di suini e la mia passione è
cresciuta”.
Una storia particolare quella di Roberto, che attualmente mantiene comunque la sua professione primaria, il lavoro in banca come consulente esterno
sempre in campo agricolo. La passione l’ha però
portato a sviluppare una certa consapevolezza e a
stimolare un cambiamento per il settore suinicolo
bergamasco. È un forte sostenitore del “progetto
suini” del distretto agricolo credendo con convinzione al rafforzamento della tracciabilità di filiera,
con l’obbiettivo di informare al meglio il consumatore, permettendo anche lo sviluppo di un mercato
locale legato alla carne di suino.
Nell’allevamento di Rober to “circolano” circa
10.000 suini all’anno e lavora sia per il circuito del
Prosciutto Crudo di Parma Dop, che per il circuito
della carne fresca.
Cascina Montizzolo (Caravaggio)
L’azienda diventa bottega
e ora anche Agri-ristoro
La storia di questa azienda è alimentata dall’entrata in campo nel 2008
di forze giovani e dinamiche che
stanno riuscendo davvero a fare la
differenza.
È una società tutta famigliare, costituita dalla “vecchia” e dalla “nuova” generazione, che unendo le forze e cercando giusti ed equilibrati
compromessi generazionali, sta costruendo la propria strada, con obbiettivi ambiziosi, molta umiltà e
grande lungimiranza. La società agricola “Il Montizzolo” è stata costituita
da Donatello e Gianmarco Merigo, rispettivamente di 59 e 46 anni, Paolo
Belloli di 33 anni e Gabriele Borella
di 28. “Siamo alla terza generazione
di allevatori - dice Paolo, uno dei soci - infatti mio nonno ha iniziato l’attività trasferendosi a cascina Mon-
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tizzolo nei primi Anni 50. Poi è stata
portata avanti da mio zio Donatello,
che negli Anni 80 si è specializzato
nell’allevamento suinicolo e nella
produzione agricola finalizzata all’alimentazione degli animali”.
Una scelta lungimirante quella di Donatello di mettersi in gioco e creare
questa società. “Mio zio - spiega ancora Paolo - aveva il sogno di produrre il suo salame, commercializzarlo
e creare un locale in cui si facesse agri-ristorazione, che è diverso
dall’agriturismo, infatti noi non abbiamo camere e alloggi per ora”.
Nel 2013 l’azienda ha aperto la bottega agricola a Caravaggio, di fianco
alla cascina, sulla Rivoltana, in cui
vengono venduti i salumi di produzione propria e altri prodotti agricoli. Il
fine maggio scorso, un’altra novità:
l’apertura dell’Agri-ristoro, che si dedica alla preparazione di pranzi dal
martedì alla domenica e di cene dal
giovedì alla domenica.
Attualmente la trasformazione in
proprio della carni e il successivo
utilizzo avviene per il 10-15 % della
produzione suinicola aziendale. Il restante entra nel circuito del Prosciutto Crudo di Parma Dop. Gli animali
destinati alla produzione di salami
propri vengono macellati ad un’età
non inferiore ai 12 mesi di vita, per
garantire una buona maturità di carne e grasso, a favore della qualità
del salume stesso.
Ma non solo, il salame di Podere
Montizzolo è tracciabile in tutti i suoi
aspetti, possiede una vera e propria
“Carta d’identità”, provare per credere!
giugno 2014
L’intervista
Martinelli (Assosuini):
“Decisivo il progetto
per rilanciare il comparto”
Un progetto per rilanciare la suinicoltura italiana. Un’iniziativa che parte da Assosuini, l’Associazione suinicoltori italiani, ma di cui Assosuini, come dice il suo
presidente Elio Martinelli, “non vuole avere la paternità esclusiva”.
E il motivo è presto detto. “Oggi non possiamo più parlare solamente di crisi del settore - puntualizza ancora
Martinelli - bensì di vero e proprio declino, determinato
certamente da una serie di difficoltà che hanno radici
lontane, ma soprattutto da una incapacità di tutta la
filiera di fare sistema, di dare concretezza a una massa critica indispensabile per superare i problemi e imporsi con forza in un mercato internazionale dove le
nostre produzioni dovrebbero svettare per il loro reale
valore e non essere invece brutalmente contraffatte
come avviene di frequente, alimentando il fenomeno
dell’Italian sounding che rappresenta ormai una autentica piaga commerciale capace solo di danneggiare il vero made in Italy”.
Tutta la suinicoltura italiana deve quindi sentirsi protagonista di un progetto di rilancio che le permetterà di
sopravvivere e di imporsi a livello internazionale con le
sue produzioni di qualità.
Che fare quindi?
“Proporre una revisione completa del settore - insiste
il presidente di Assosuini - e quindi coinvolgere tutti,
ma proprio tutti gli attori della filiera come mai era avvenuto prima. E siccome chi lavora in suinicoltura non
può non avere a cuore il destino di questo comparto
produttivo, non avrebbe senso accreditare solo all’Associazione che presiedo il merito di aver pensato a
questo progetto di revisione e di rilancio. Io voglio che
la firma in calce a questa iniziativa riporti il nome della
suinicoltura italiana, perché solo sentendosi protagonisti di un nuovo percorso si può pensare di raggiungere tutti insieme lo stesso obiettivo. Gli allevatori non
potrebbero esistere senza i macellatori e viceversa, e
lo stesso vale per i trasformatori”.
Sono già stati avviati i primi contatti con le Istituzioni
politiche locali e nazionali. La politica dovrà coordinare il progetto di rilancio del settore?
“Il progetto, ancora in una fase embrionale ma sul
quale si sta lavorando per arrivare a presentarlo nella
sua interezza alla prossima edizione di Italpig, a ottobre a Cremona, in occasione degli Stati Generali della
Suinicoltura, vuole darsi un’anima strategica completamente nuova anche attraverso il coinvolgimento delle Istituzioni politiche locali e nazionali. Sono infatti già
stati avviati i primi contatti con l’assessorato regionale all’Agricoltura della Lombardia e con il ministero per
le Politiche agricole.Se non vogliamo che un patrimonio così importante dell’agroalimentare italiano vada
perduto - è il pensiero finale di Martinelli - la politica dovrà fare la sua parte. Non possiamo più pensare che
solo autopromuovendo la nostra capacità, la nostra
professionalità riusciremo a uscire dal guado. Noi elaboreremo un progetto, la politica dovrà fornire indicazioni e strumenti per coordinarlo al meglio”.
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CIRCUITI
“Ristoranti dei Mille...
sapori”, tempo
di rinnovo
per il marchio
È
tempo di rinnovi per il marchio con
cui la Camera di commercio di Bergamo promuove i “Ristoranti dei Mille... sapori”. Ristoranti selezionati
dall’Ente - in base a un regolamento che fissa requisiti di qualità e di
servizio - che propongono un’offerta gastronomica basata sulla cucina bergamasca a prezzo stabilito,
comprensivo di coperto e servizio.
Si tratta, in particolare, del “Menù
della tradizione” (composto da antipasto, primo, secondo, dolce di produzione propria, pane Garibalda, vi-
no Valcalepio Doc o Bergamasca Igt
e acqua di produzione bergamasca)
e del “Piatto della tradizione” che
prevede un piatto unico accompagnato da pane Garibalda, vino Valcalepio Doc o Bergamasca Igt e acqua di produzione bergamasca. Per
il riconoscimento, le domande di prima certificazione o di rinnovo vanno
presentate entro il 31 luglio 2014.
Sul sito camerale www.bg.camcom.
gov.it sono presenti il bando e il modello di domanda. Il costo di partecipazione è di 100 euro (più Iva).
Le domande di prima
certificazione
o di rinnovo
vanno presentate
alla Camera
di Commercio
entro il prossimo
31 luglio
I locali che hanno introdotto nel menù piatti senza ingredienti di origine
animale sono riconoscibili dal marchio “Veg+”
Cucina vegana, Bergamo schiera 15 ristoratori
Sono 15 i ristoranti bergamaschi che hanno aderito al progetto “Veg+”, promosso da Ascom e LAV e che dal 1° giugno
scorso propongono piatti vegani, realizzati esclusivamente
con ingredienti di origine vegetale e approvati da LAV Bergamo e della scuola vegana di Sauro Ricci, chef del Ristorante
Joia di Milano, tempio stellato della cucina naturale e vegana guidato da Pietro Leeman. Una vetrofania con la scritta
verde “Veg+. Qui mangi anche vegano 2014” rendere riconoscibili gli esercizi che hanno sposato il nuovo progetto di
Ascom. Veg+ è nato nei primi mesi del 2014 per rispondere alle sempre più numerose richieste di cucina vegana che
giungono anche nei ristoranti bergamaschi. È un progetto
pilota promosso nell’ambito della campagna Cambia Menù di LAV che ha scelto Bergamo come punto di partenza
grazie alla collaborazione - la prima a livello nazionale – tra
un’associazione commercianti ed un’associazione animalista. Ascom e LAV hanno collaborato per la creazione di un
corso di alta formazione dedicato ad uno stile alimentare
28
innovativo sorretto da forti contenuti etici.
Per i ristoratori – in particolare per i 15 ambasciatori bergamaschi della cucina vegana - questa è una grande opportunità per cogliere le nuove esigenze emergenti; ed uno stimolo per rimettersi in gioco nel creare piatti originali, buoni
e che fanno bene alla salute utilizzando anche nuovi ingredienti.
Articolata la proposta fatta ai ristoratori: un corso di formazione di 4 giornate svoltosi all’Accademia del Gusto, la
realizzazione di un menù stagionale vegano con almeno 4
piatti – dall’antipasto al dolce - e la sua approvazione da
parte di LAV. Ogni menù e ogni piatto è riconoscibile dal logo
Veg+. I dati del Rapporto Eurispes Italia 2014 rivelano un
sensibile aumento di chi si orienta verso scelte alimentari
di minor impatto verso gli animali e il pianeta. Nell’insieme
la popolazione che opta per una tavola vegetariana e vegana è passata in un anno dal 6 al 7,1%. Quasi un terzo di loro sceglie questo genere di alimentazione per rispetto nei
giugno 2014
Una volta superata la selezione è obbligatoria la
partecipazione a due incontri di formazione che
si svolgeranno nel mese di novembre. L’edizione
2015 del marchio sarà di particolare importanza
perché sarà promossa con le iniziative che il Sistema Bergamo metterà in campo in occasione
del grande evento Expo Milano 2015. Le offerte
saranno pubblicizzate tramite gli uffici di informazione turistica e il sito web di “Bergamo per Expo”
http://expo.bergamo.it
■ ristorazione
■ alloggio
in camere da letto
■ vendita di prodotti
aziendali (formaggi
di capra, salumi,
miele e marmellate
fatte in casa)
■ frutteto/meleto
■ agrimerenda
■ passeggiate
con pony per i bimbi
■ fattoria con capre
da latte, asini, maiali,
animali di bassa corte
siamo aperti tutto l'anno
(su prenotazione)
confronti degli
animali (31%), un
quarto perché fa bene alla salute
(24,9%), il 9% si muove in questa direzione per tutelare l’ambiente.
L’Ascom con questo progetto evidenzia la preferenza a portare il cliente vegano all’interno di una rete
diffusa di ristoranti che offrono anche menù tradizionali, in quanto per il ristoratore l’estensione dell’offerta è motivo di crescita professionale.
Ecco i ristoranti che aderiscono.
Bergamo: Gennaro e Pia, Roof Garden Sa Marco, Relais Hostaria San Lorenzo e Sweet Irene.
Provincia: Trattoria Visconti di Ambivere; Milano di
Castione della Presonala; Trattoria Nano di Foresto
Sparso; De Firem Rostec di Misano; La Caprese di
Mozzo; Villa Pighet di Ponteranica; Posta e Villa delle
Ortensie di S.Omobono Terme; Della Torre e La Conca Verde di Trescore Balneario; Cadei di Villongo.
Agriturismo Alle Baite
via Rivioni, Branzi (BG)
cell. 338.2113930
www.agriturismoallebaite.com
29
APPUNTAMENTI
LAGO D’ISEO
Sardine, tinche & co., è tempo di sagre
Con l’estate si apre anche la stagione
delle sagre del pesce di lago. Da venerdì 4 a domenica 6 luglio a Riva di Solto è di scena la 19esima edizione della
collaudata “Sagra del Pesce”, dedicata
ai piatti della tradizione bergamasca e
rivierasca a base di coregoni, alborelle,
persici, salmerini, sardine e arricchita
dalla vista sul lago, da musica, ballo liscio e animazione per bambini.
Nelle stesse date, sulla sponda bresciana, a Marone, tocca alla 24esima
edizione della Sardinata, che tra gli ulivi secolari fronte lago del centro civico
Benedetti propone la sardina preparata secondo le vecchie ricette della Riviera e abbinata alla classica polenta,
accanto ad altre specialità lacustri e
locali e all’intrattenimento musicale.
La sardina, così chiamata per la forma
affusolata e le squame argentate che
ricordano la sarda di mare, anche se il
suo vero nome è agone, è protagonista
pure della sagra di Tavernola, dall’11
al 20 luglio, nelle serate di venerdì,
sabato e domenica (il 20 luglio anche
a pranzo su prenotazione, al numero
348 2933932). Allestita nella pano-
ramica area verde sul lago dell’antica
frazione di Gallinarga, la manifestazione vede al lavoro i volontari dalla Pro
Loco “Tavernola 2003” che propongono la sardina sott’olio, leggermente abbrustolita sul fuoco e servita con fette
di polenta fredda leggermente tostata.
Qualche buongustaio l’accompagna
con un trito di prezzemolo e un filo di
aceto di vino rosso, ma si può spaziare
anche tra altri piatti casalinghi con pesce di lago.
Clusane invece è la riconosciuta patria
della tinca al forno, celebrata per una
settimana intera (dal 14 al 20 luglio)
nei dieci ristoranti che partecipano alla
manifestazione con un menù a 22 euro (tinca al forno con polenta, dessert,
caffè, acqua e vino). Nel corso della
manifestazione sono proposti eventi
ogni sera fino alla chiusura con i fuochi
d’artificio. Il prologo (venerdì 13) è invece una cena all’aperto sul lungolago
allietata da lucciole lacustri e lancio di
mongolfiere. Quest’anno debutta anche il concorso gastronomico “Tinca
d’oro” per gli appassionati di cucina
(info: www.clusane.com)
IL CONCORSO
GRIGLIE ROVENTI,
ANCHE IL BARBECUE
HA IL SUO MONDIALE
Non solo Mondiali di calcio. Da nove anni a questa parte
si disputano anche i mondiali di barbecue “Griglie Roventi”, il campionato riservato ai grigliatori non professionisti. La manifestazione prevede una tappa di avvicinamento il 28 giugno a Rosolina Mare (Ro) e la finale, che per
la prima volta si terrà sulla spiaggia di Jesolo, sabato 19
30
luglio. Sulla sabbia saranno allestite 100 griglie dove si
sfideranno altrettante coppie di concorrenti. Dall’organizzazione riceveranno il kit di gara, uguale per tutti: carne,
griglia, divisa e cappello da chef, vino e birra. Quello che
dovranno portare sono la propria arte culinaria, creatività
e una buona dose di simpatia per conquistare la giuria,
formata da chef professionisti e giornalisti enogastronomici. L’edizione 2014 non può che essere in tema Mondiali: ecco allora che le griglie diventano #GrigliaoRoventao, con una serie di prove dedicate ai concorrenti e al
pubblico sul tema calcistico e un’inedita coppia di presentatori, formata da Cristiano Militello e Bruno Pizzul. Griglie
Roventi è aperto a tutti, purché maggiorenni e cuochi non
professionisti.
Per informazioni e iscrizioni www.griglieroventi.com
giugno 2014
FINO AL 28 AGOSTO
VALLE IMAGNA,
SPETTACOLI
NELLE CONTRADE
E CENE TIPICHE
19 LUGLIO
CASCATE DEL SERIO,
APERTURA IN NOTTURNA
CON CAMMINATA
GASTRONOMICA
La “Cascata tra notte e gusto” è lo speciale evento che accompagna con una passeggiata enogastronomica l’apertura in notturna delle cascate del Serio. L’appuntamento,
che riscuote sempre grande successo, è per sabato 19
luglio. Due gli itinerari: uno con ritrovo alle 15 a Valbondione per un massimo di mille partecipati, il secondo a Lizzola alle 14, per 200 persone. In entrambi i casi sono previste tappe per gustare prodotti e piatti tipici dall’aperitivo al
caffè, tra cui l’antipasto con i Sapori Seriani e la cena con
casoncelli alla bergamasca nel borgo di Maslana. Dalle 22
alle 22.30 è in programma il concerto in quota, cui seguirà
l’apertura delle cascate, che con il loro salto di 315 metri
sono le seconde più alte d’Italia. Il percorso si sviluppa in
parte su sentieri di montagna, si raccomanda perciò di indossare l’abbigliamento adeguato. Sono inoltre obbligatorie una pila o una torcia frontale per la
discesa in notturna. La quota di iscrizione è di 23 euro (18 euro per i bambini fino a 12 anni). Il regolamento ed
il modulo di iscrizione sono scaricabili dal sito www.turismovalbondione.it.
Le cascate saranno aperte, in diurna,
anche le domeniche 22 giugno, 17
agosto, 21 settembre e 5 ottobre.
Lungo tutta l’estate (il calendario si conclude
il 5 settembre) in Valle Imagna il festival itinerante “Per antiche contrade” propone spettacoli di narrazione e musica, con l’obiettivo di
far scoprire e valorizzare il patrimonio architettonico e ambientale del territorio.
Alcuni eventi sono accompagnati dalla
possibilità di sedersi a tavola e degustare i “Menù delle contrade”, con le ricette
tramandate di generazione in generazione a prezzi promozionali (tra i 15 e i 20
euro). Venerdì 11 luglio, nella frazione
Mazzoleni di Sant’Omobono Terme, in occasione della “Serenata dell’800” si può
cenare al ristorante Taverna 800; giovedì
17 luglio a Corna Imaga in contrada Roncaglia è di scena “Folk bergamasco, folk
lombardo” e il menù è quello dell’Antica
Locanda Roncaglia; sabato 9 agosto a
Valsecca, in contrada Cascutelli, è in cartellone “Irish & Quebecois Folk”e il locale abbinato è La piccola trattoria da Tite; giovedì 28 agosto si torna in contrada
Roncaglia con “Cromatica allegrezza” e i piatti
dell’Antica Locanda. Tra i numerosi appuntamenti del festival, quest’anno c’è anche un percorso dedicato ai canti dell’Inferno di Dante.
Info: www.perantichecontrade.it
IN BARCA SUL MINCIO GUSTANDO IL TRAMONTO
E I SAPORI MANTOVANI
“Il piacere dei sensi navigando sul far
della sera” è il titolo dell’iniziativa dei
Barcaioli del Mincio che nella luce del
tramonto conduce i partecipanti tra i
canneti, le ninfee e i canali della Riser-
va naturale delle Valli del Mincio e tra i
sapori mantovani. La manifestazione,
organizzata in collaborazione con la
Strada dei Vini e dei Sapori Mantovani,
ha preso il via il 7 giugno e fino al 27
settembre propone per tredici sabato
sera itinerari fluviali con partenza dal
porticciolo di Grazie di Curtatone e navigazione sino a Mantova della durata
di circa due ore. Durante il percorso
saranno presentati ogni sera tre vini
Doc mantovani, individuati fra le tipologie Spumante, Sauvignon, Pinot Grigio, Chardonnay, Chiaretto, Cabernet,
Merlot e Lambrusco abbinati a stuzzicherie preparate dai ristoranti locali. I
prodotti saranno illustrati da esperti
degustatori. L’orario di partenza varia a seconda del periodo, per godere
al meglio del tramonto. La prenotazione è obbligatoria al numero 0376
349292 oppure via e-mail all’indirizzo
[email protected].
31
IL PREZZO FISSO
A Terno, l’Osteria chiusa da più
di due anni ha ripreso l’attività
sotto la guida di tre giovanissimi,
tutti under 30.
Ora si chiama “Osteria Cattaneo”
Patrik Cattaneo, Luana Ferraris e Sergio Cattaneo
Il trio che rilancia la “Cuccagna”
di Fulvio Facci
L’
32
Osteria Cattaneo, a Terno d’Isola in
via Milano 15, nasce a più di due anni
dalla chiusura dell’Osteria della Cuccagna, da un intreccio di parentele e
relazioni tra giovani che si sono messi
in gioco per avere qualcosa di proprio
da far crescere. I titolari sono infatti Sergio Cattaneo, 25 anni, e Luana
Ferraris, 29, fidanzata con lo chef Patrik Cattaneo, 28 anni, a sua volta cugino di Sergio. I ruoli sono ben definiti.
Ovviamente Patrik sta in cucina, dove
Luana, che è anche pasticciera, gli dà
una mano nella preparazione per poi
spostarsi in sala, mentre Sergio, che
sta seguendo un corso per sommelier,
si occupa degli affari generali e va in
sala pure lui, che ha maturato all’estero altri tipi di esperienze.
«Dopo aver frequentato l’Istituto Alberghiero e fatto un po’ di gavetta – racconta Luana Ferraris –, abbiamo avvertito il desiderio di avere qualcosa
di nostro e ci siamo messi all’opera
su questo locale chiuso da due anni e
mezzo. Abbiamo rifatto il look, creando
anche una zona con camino e poltrone
adibita a degustazione di distillati o di
attesa e scegliendo colori e complementi che diano il senso della cordialità e dell’accoglienza. All’interno abbiamo dai 50 ai 60 posti e ce ne sono
altrettanti all’esterno, molto gradevole
ma ovviamente legato alle condizioni
del tempo».
Questa la storia del locale. La storia
d’amore tra Luana e Patrik è nata invece attorno ai fornelli di Lio Pellegrini dove entrambi stavano facendo esperienza. «Anch’io dopo l’Alberghiero – dice
Patrik – ho girato un po’ per i ristoranti
di Bergamo. Oltre che da Pellegrini sono stato infatti all’Osteria della Brughiera e alle Iris. Lo scorso anno insie-
me a Luana abbiamo lavorato in un resort in Provenza, una tappa molto interessante per il nostro percorso».
La loro cucina rispecchia la volontà di
far emergere una propria visione partendo dalle solide basi della cucina italiana. «Un menù che racconti la nostra
proposta? Potrebbe essere composto,
ad esempio, dalla “Pizza non pizza”
come antipasto, una nostra creazione
con di gamberi crudi, pomodoro battuto e burrata. Si potrebbe proseguire
TORNA A VIVERE UN PEZZO STORICO
DELLA RISTORAZIONE LOCALE
Con la recentissima apertura – l’inaugurazione è stata a fine maggio - dell’Osteria Cattaneo a Terno d’Isola torna a vivere un “pezzo” storico della ristorazione
locale. Prima della chiusura, avvenuta un paio d’anni fa, si trattava ancora di
un’osteria ma dell’Osteria della Cuccagna che nei suoi circa dieci anni di attività aveva ottenuto un certo successo segnalandosi per i piatti della tradizione e
del territorio. Poi la titolare, Roberta Assolari, ha deciso di trasferirsi a in Sicilia,
a Noto in particolare, dove ha aperto un altro ristorante.
Ma la storia del locale è ben più lunga ed incomincia all’inizio degli anni Settanta quando si chiamava semplicemente “Gino”. Gino era Gino Personelli che
con la famiglia lo ha gestito per una trentina d’anni. Si trattava di una classica
trattoria di paese con annessi i giochi per le bocce ed era molto frequentata.
Ora l’Osteria Cattaneo sembra avere tutti i requisiti per continuare una storia
di successo.
giugno 2014
LA PROVA
La scelta è tra tre primi e tre secondi per il
menù a prezzo fisso del mezzogiorno, dal
costo di 10 euro. Sono compresi i due piatti, acqua, un bicchiere di vino e il caffè. Nel
giorno della nostra visita troviamo: risotto
primavera, penne alla sorrentina e fusilli alla crema di broccoli e salmone tra i primi.
Hamburger con patate; roast beef con carotine alla maggiorana e arrosto di tacchino con cornetti al burro per i secondi piatti.
Puntiamo sulle penne alla sorrentina e su
un ottimo roast beef per un eccellente rapporto prezzo/qualità.
con un raviolo verde alle erbe fini con scorfano e pomodoro, mentre come secondo potrebbe starci un salmone al
giusto rosa (media cottura, ndr.) e patate fondant». Con
Luana pasticciera i dolci sono ovviamente tutti fatti in casa
mentre c’è una ristretta ma attenta carta dei vini. Vengono
proposti anche menù degustazione a 30 euro per i piatti di
terra e 35 per quelli di pesce.
Non ci siamo ovviamente dimenticati del terzo protagonista
di questa avventura e cioè di Sergio Cattaneo, contitolare,
che, come si suol dire, sta imparando in fretta, anche se la
sua esperienza ben poco aveva a che fare con la ristorazione. «Ho vissuto in Messico e negli Stati Uniti. Ho studiato
economia e commercio e mi occupavo di eventi musicali
con grandi sponsor – spiega -. Quindi all’Osteria il mio ruolo
è prevalentemente amministrativo. Per un’azienda che parte anche i conti hanno un’importanza fondamentale. Certo
se c’è da dare una mano in sala o in cucina non mi tiro indietro: anche questa è una bella sfida!».
...dove gustare
i nuovi sapori
del passato
VA
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T
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PRO
“il Giovedì”
per tutti i lettori di Affari di Gola
Sconto del 50%
riservata ai mesi di giugno, luglio e agosto
(richiedere la promozione estiva
al momento della prenotazione)
Vi aspettiamo nel nostro piccolo e accogliente
locale, dove rivivere i sapori della tradizione.
Pane e pasta, sott’oli e sott’aceti, marmellate
e mostarde, le buone torte del nonno,
tutto di nostra produzione a km 0.
Scoprite anche i nostri menù di degustazione,
da quello della tradizione a quelli a tema
Menù completi sul nostro sito:
www.trattoriacomeunavolta.com
OSTERIA CATTANEO
via Milano, 15
Terno d’Isola
tel. 035 904806
www.osteriacattaneo.com
giorno di chiusura da definire
Trattoria Come una Volta
Via
Via Roma,
Roma, 76
76 Albino
Albino
tel.
tel. 035.751929
035.751929 -- 327.0495550
327.0495550
33
NEWS
Funziona il “matrimonio”
tra le birre belghe e la cucina
tradizionale italiana. Quattro
i locali in Bergamasca
che hanno accettato la sfida
Zytho-gastronomia,
Porta Osio fa il pieno
L
34
o scorso 29 maggio, alla presenza di numerosi appassionati di birre belghe, si è tenuta a Porta Osio, il ristorante-enoteca di via Moroni a Bergamo, la prima serata
di Zytho-gastronomia guidata da Cesare Assolari, Belgian
Beer Ambassador & Zytholoog.
La serata s’è inserita a pieno titolo tra quelle organizzate per appagare chi vuole scoprire la felice unione tra la
cucina tradizionale italiana e le mitiche birre belghe, in
particolare quelle prodotte ancora oggi nei conventi dei
monaci Cistercensi di stretta osservanza trappista, originari dall’Abbazia La Trappe di Soligny in Francia. Birre
prodotte con il sistema dell’alta fermentazione, rifermentate in bottiglia con ricette ancestrali, ma con sistemi
all’avanguardia, sotto il controllo vigile dei monaci della
stessa abbazia.
Attualmente i ristoranti che hanno aderito all’iniziativa
“Belgian Beer Gourmet & Zytholoog” sono quattro e tutti
nella Bergamasca: oltre a Porta Osio, nell’elenco figurano l’Opera Restaurant di Sorisole, la Locanda della Corte
di Alzano Lombardo e l’Hosteria del Vapore di Carobbio
degli Angeli. Da settembre, vista la grande richiesta, l’iniziativa sarà diffusa anche in altre provincie lombarde.
La serata a Porta Osio, sotto l’occhio attento del patron
Pierre Aresi e la mano sicura dello chef Michele Sana, ha
celebrato la tipica birra trappista Orval, classificata “unica” perché prodotta in quantità limitata, con acqua di
sorgente e con un sistema di luppolatura a freddo chiamato “Dry Hopping system”, dove il luppolo in fiore viene
immerso nel mosto a una temperatura di 4°C per settimane. Un sistema per far sì che le proprietà organolettiche del luppolo vengano estrapolate lentamente dando
un gusto raro ed unico alla bevanda.
Dopo la schiacciata di pane con pomodorini, è stato servito il risotto invecchiato e tostato con birra Gueuze, prodotta ancora oggi con i lieviti selvaggi nella zona a sud di
Bruxelles denominata Payottenland. A seguire, il filetto
di maialino al timo con riduzione di birra Orval e cipolle
Da sinistra: Cesare Assolari,
Michele Sana e Pierre Aresi
fondenti, abbinato a una birra Ommegang. Infine, la Bavarese di ricotta e composta di ciliege, vaniglia tahiti e
mandorle “sposata” con birra Gueuze Kriek alla ciliegia.
Al termine della serata è stato definito il programma del
prossimo Convivio con piatti di pesce crudo in onore delle birre Brut Champenoise.
“L’amore verso la cucina italiana, la professionalità e il
desiderio di ricerca nei confronti della birra Belga - commenta Assolari - sono i punti fondamentali per diventare un vero B.B.G.&Z. Al riguardo è disponibile anche un
corso di base inerente alla birra e un master in Belgio
per scoprire la via della birra tradizionale e le loro materie prime”.
giugno 2014
Il locale di Villongo, in Spagna
con Tarcisia Gambirasio,
ha preparato “I ravioli del mago”
Il ristorante
Cadei al concorso
della “Fideuà”
di Gandia
T
arcisia Gambirasio, moglie dell’indimenticato Roberto, cuoca e titolare del Ristorante “Cadei” di
Villongo insieme alle figlie Cristina e Claudia, ha
partecipato alla 40esima edizione del “Concurso
Internacional Fideuà de Gandia”, appuntamento
gastronomico che richiama nella graziosa località
della costa valenciana cuochi da tutta la Spagna e
qualche presenza straniera.
Tarcisia era l’unica rappresentante italiana e si è
ben difesa - considerando che era alla sua prima
esperienza in competizioni così importanti ai fornelli - e la sua posizione finale, a metà classifica,
è un risultato assai gratificante. Ha vinto Amadeo
Faus, del ristorante Chef Amadeo di Gandìa, sfatando così il detto di non poter essere profeta in
patria. Miglior straniero il ristorante giapponese
Ginza Spero.
Tarcisia Gambirasio ha preparato (obbligatoriamente) una Fideuà, parente stretta della Paella
con pasta corta (fideos) al posto del riso e, come
piatto libero, ha proposto il “Raviolo del Mago”,
con ripieno di patè, taleggio, tartufo nero di Bracca
e tuorlo d’uovo, un tocco di cucina bergamasca in
Spagna. Apprezzamenti e congratulazioni, anche
nell’ambito del pranzo ufficiale con la bellezza di
580 commensali.
Tarcisia ha così proseguito a Gandìa la tradizione
di una presenza da Bergamo, iniziata tanti anni or
sono con Pino Capozzi e proseguita recentemente
col marito Roberto Gambirasio, anch’egli invitato
da Cesare Garcia, diventato in seguito grande amico di tutti.
“Sono felice di aver partecipato - ha spiegato commossa - perché Roberto ci teneva tanto a portarmi
con lui e non è riuscito a farcela. Allora mi sono
fatta coraggio e sono andata io. Glielo dovevo”.
Diverse le tv e radio locali presenti, fra queste “On-
Tarcisia Gambirasio
da Naranja” dell’amico spagnolo Cesare Garcia che in
altri momenti ha dato spazio alla conoscenza della cucina italiana. Molti anche i giornalisti che dopo un aperitivo e un assaggio di prodotti spagnoli, si sono immersi
nell’assaggio della miglior “Fideuà. Al termine, con la
presenza del sindaco di Gandia, Arturo Torrò, di autorità
e del presidente dell’Asociaciòn Fideua de Gandia, con
la salita sul palco dei partecipanti per il ritiro del diploma, si è dato inizio, fra gli applausi dei numerosi invitati,
al pranzo ufficiale e alle premiazioni. Grande festa per i
vincitori della migliore “Fideuà”, ma anche grande festa
alla maniera spagnola per la chiusura di una giornata
all’insegna di una grande amicizia.
35
Il ristorante Casanostra nasce da un'antica
tradizione di famiglia di cuochi e dalla
passione per l'arte culinaria che è stata
trasmessa di padre in figlio.
Il ristorante è sito in Canonica d'Adda
(BG), è facilmente raggiungibile da tutti i
paesi limitrofi e non, dispone di un ampio
parcheggio pubblico di fronte.
Il nostro ristorante offre diversi menù
per tutti i gusti, sia cucina etnica, potete
trovare piatti tipici Cinesi e Giapponesi, che
cucina Italiana, per accontentare tutti.
Potete venirci a trovare tutti i mezzogiorno
dove potrete scegliere tra un menù fisso
oppure tra i tanti piatti presenti nel nostro
listino. Il ristorante Casanostra inoltre è il
luogo ideale anche per meeting, cene di
lavoro, compleanni ma anche per pranzi di
comunione o battesimi.
Il nostro ristorante è aperto dalle 11:30
alle 14:30 e dalle 18:30 alle 23:00.
Lunedì chiuso tutto il giorno. Dal martedì
al venerdì, menù fisso a pranzo €10
ristorante casanostra
via Matteotti, 38 - Canonica D’Adda (Bg)
tel. 02.90989611 - cell. 335.6647535
www.ristorantecasanostra.it - [email protected]
giugno 2014
Il locale di Zanica ha fatto
della creatività un segno distintivo.
Ora è anche tavola calda
“Il Gioppino”, 30 anni
all’insegna del buon gelato
L
o scorso 31 maggio, la gelateria “Il Gioppino” di
Zanica ha festeggiato trent’anni vissuti golosamente, passati a colmare coni e coppette con gusti
buoni e genuini, proprio come sarebbero piaciuti
alla maschera più celebre della tradizione bergamasca. Una storia lunga che ha inserito di diritto la
gelateria tra le perle del panorama gastronomicodolciario bergamasco, con autentiche perle come
il “Fior di miele spinato”, ispirato al celebre mais
di Gandino. La creatività è del resto il marchio di
fabbrica del “Gioppino”. Dal 31 maggio del 1984,
la famiglia Giassi-Teocchi tenta il palato dei bergamaschi non solo con i gusti classici ma anche
con continue novità, sempre ispirate dalle materie
prime selezionate offerte dalla stagione, senza aggiunta di coloranti né conservanti. Dal “Gioppino”
trovano appagamento non solo i “tradizionalisti”,
fedeli al gelato fatto con pistacchi siciliani o con
nocciole Igp piemontesi, ma anche i più aperti alla
sperimentazione: difficile infatti non assaggiare
“Quell’altra Margì”, gusto con base di cioccolato
che si arricchisce con i sapori stagionali, o l’ “Intensa passione”, irresistibile mix di frutta tropicale.
Una fantasia che non si ferma certamente ai nomi,
ma che si rispecchia negli ingredienti amalgamati
dalle mani esperte di Emilio Teocchi, che insieme
alla moglie Maria Angela Giassi e ai due cognati
aprì la bottega trent’anni fa, negli spazi dell’ex mobilificio di papà Luigi Giassi. In quel periodo l’arte
della gelateria era ancora in una fase ”primordiale”, ma Emilio e Maria Angela si sono subito rivelati
veri pionieri del gusto, conquistando in fretta una
clientela che è ormai affezionatissima.
In questi tre decenni “Il Gioppino” è diventato però
molto di più di una gelateria. La tavola calda propone da martedì a venerdì un “light lunch” a base
di piatti saporiti, ispirati alle ricette casalinghe ma
con un ridotto contenuto calorico. L’Angolo del buon gusto, inoltre, propone prodotti tipici e selezionati: biscotti, cioccolati scelti e marmellate, ma anche vini e birre
artigianali. E il servizio di “self catering” porta la bontà
del “Gioppino” anche in eventi speciali e cerimonie.
Un “scrigno” di sapori, dove si mangia e ci si diverte,
tra serate musicali e cene con delitto. La lounge estiva
permette di godere delle specialità della casa in un’atmosfera allegra, confortevole e rilassata. Proprio come
piacerebbe al Gioppino.
IL GIOPPINO GELATERIA
via Padergnone, 21
Zanica
tel. 035 672304
www.ilgioppinogelateria.it
37
L’ANGOLO
DEL SINGLE di Marco Bergamaschi
Carpaccio di spada affumicato
con mele verdi e rucola
INGREDIENTI PER 1 PERSONA
70 g di carpaccio di pesce spada
affumicato
50 g di rucola
mezza mela verde
mezzo limone di piccole dimensioni
2 cucchiai di yogurt greco
mezzo cucchiaino di senape
1 ciuffo piccolo di erba cipollina
mezzo spicchio di aglio
olio extravergine
sale
PREPARAZIONE
Sbucciate e tagliate le mele a fettine
molto sottili e irroratele con una parte
del succo di limone che avete appena
spremuto, così da evitare l’ossidazione prodotta dall’esposizione all’aria.
Fate a pezzi la rucola e tritate l’aglio.
Preparate una salsa golosa mettendo in una ciotola l’aglio sminuzzato,
la senape all’antica, il succo di limone rimanente e lo yogurt: mescolate
bene e regolate con un pizzico di sale
e un cucchiaio di olio. Alla fine unite
alla salsa anche l’erba cipollina fine-
CURIOSITÀ
Con l’arrivo del caldo solitamente non si ha molta voglia di sostare troppo tempo davanti ai fornelli, ma si è sempre alla ricerca di pietanze fresche e soprattutto veloci nella preparazione. Il
piatto che presento l’ho assaggiato per la prima volta la scorsa
estate durante una cena per festeggiare il ferragosto e sebbene fosse servito come antipasto dal bravissimo cuoco, l’ho poi
trasformato in un piatto unico da proporre nelle sere più calde
o quando si ha voglia di qualcosa di sfizioso. In realtà, la ricetta
è anche l’ideale per una cena tra amici, che non potranno che
rimanere stupiti dall’accostamento profumato delle mele verdi
con il sapore pungente della rucola, il tutto smorzato dalla salsa allo yogurt e reso più avvolgente dall’affumicatura del pesce
spada. Sarà che io sono un fan di questo piatto, ma, secondo il
mio parere, il dolce della mela e l’acido della salsa bilanciano
perfettamente il gusto forte e salato del pesce spada affumicato ed è quasi impossibile che non piaccia. Il carpaccio di spada
affumicato, disponibile in tutti i supermercati, è di solito venduto in confezioni da 100 g già tagliato; anche se per la maggior
parte delle volte non ce ne sarebbe bisogno, state attenti alla
data di confezionamento e a quella di scadenza: ve lo dico, perché ogni tanto mi è capitato di trovare confezioni in scadenza e
ho preferito non comprarle per non compromettere la riuscita
38
mente tritata. In un piatto fondo capiente adagiate le mele e la rucola
e conditele con un paio di cucchiai
di salsa. Unite le fette di carpaccio,
tagliate a piccoli sfilacci e mescolate
bene. Cospargete il tutto con la salsa rimasta, mescolate dolcemente e
assaggiate questo
piatto che vi
lascerà a
bocca
aperta.
del piatto. Per quanto concerne la rucola, quando la acquistate, deve presentarsi con foglie
fresche, di un bel colore verde e i
bordi ben definiti; scegliete la rucola con
foglie più piccole, perché quelle troppo grandi potrebbero risultare amare. I più pigri possono anche acquistare
i sacchetti di rucola già lavata e venduta in “pratiche” confezioni, che però io non utilizzo per almeno due motivi: il primo che
la verdura non è mai lavata come la laverebbe il sottoscritto e il
secondo è che la rucola è un tipo di verdura dalle esigenze particolari: deve essere lavata poco prima del suo consumo e bisogna evitare di lasciarla a bagno troppo a lungo per scongiurare
che perda il suo aroma caratteristico. Ma la rucola non ha solo
un aroma particolare, fa anche bene: contiene vitamina C, apporta una buona quantità di sali minerali e da sempre stimola
l’appetito e aiuta la digestione. E poi sembra anche che abbia
proprietà afrodisiache: i Romani la utilizzavano per la preparazione di filtri amorosi e si narra che nel periodo del Rinascimento un gruppo di monaci, dopo aver bevuto un liquore a base di
rucola, abbandonassero il voto di castità. Non mi resta che augurarvi buon appetito.
TEATRO
DONIZETTI
Cuvèe Riserva, birra artigianale Italiana.
Riserva invernale.
Birra artigianale, integra, non filtrata e senza aggiunta di conservanti, rifermentata in bottiglia.
Chiara opalescente, dal profumo agrumato e speziato, dal sapore deciso, dal gusto importante con gradazione non eccessiva.
Q U AT T R O E R R E