materiale corso 2013_2014 - Università degli Studi di Teramo

LA PANCREATITE NEL GATTO
Giovanni Aste, Andrea Boari
Introduzione
La pancreatite rappresenta ad oggi l’affezione del pancreas esocrino più comune nel gatto1,2.
Sebbene in passato l’infiammazione del pancreas esocrino era considerata un’evenienza patologica
pressoché rara, negli ultimi anni l’impiego della ultrasonografia addominale connesso alla sviluppo
della tecnologia e alla competenza degli operatori e l’utilizzo di nuovi test caratterizzati da maggior
sensibilità diagnostica hanno permesso un significativo aumento dell’accuratezza diagnostica
clinica della malattia aumentando i dati relativi all’incidenza1. Una recente indagine necroscopica a
carattere retrospettivo3 condotta su gatti clinicamente sani, gatti affetti da patologie gastrointestinali e gatti affetti da patologie extra-intestinali ha dimostrato l’elevata prevalenza di lesioni
isto-patologiche del parenchima pancreatico riconducibili a pancreatite. In base ai risultati forniti
dallo studio complessivamente circa il 67% dei pancreas esaminati ha presentato lesioni
istopatologiche compatibili con l’infiammazione del parenchima pancreatico, il 45% degli organi
provenivano da gatti clinicamente sani mentre il 69% del totale delle lesioni isto-patologiche
valutate erano indicative di pancreatite cronica. A fronte dell’elevata prevalenza delle lesioni
istopatologie compatibili con la presenza di pancreatite ancora oggi nel gatto la diagnosi antemortem presenta ancora non poche difficoltà a causa della complessità eziopatogenetica propria
della patologia, della presenza di una sintomatologia spesso assente o vaga e della relativa
accuratezza (specificità) clinica dei mezzi diagnostici. La pancreatite felina viene classificata
convenzionalmente secondo criteri strettamente isto-patologici in diverse categorie: a) Pancreatite
acuta necrotizzante; b) Pancreatite acuta suppurativa; c) Pancreatite Cronica non-suppurativa; d)
Iperplasia pancreatica nodulare; e) Neoplasia pancreatica; f) Pseudocisti pancreatiche (; g)
Ascesso pancreatico; h) Atrofia Pancreatica (tabella 1). La classificazione istopatologica nelle
categorie sopracitate può però dimostrarsi di scarsa utilità clinica in quanto appare difficilmente
correlata agli aspetti sintomatologici e clinico-patologici associati alla patologia. Una
classificazione più conforme alle caratteristiche cliniche può, similmente a quanto descritto nel
cane, essere rappresentata dalla distinzione della pancreatite in acuta e cronica in base alle
caratteristiche isto-patologiche ed in lieve, moderata e grave a seconda dello sviluppo dei segni
clinici, delle complicazione locali (necrosi del parenchima, versamento peri-pancreatico, presenza
di pseudo-cisti, ascessi pancreatici, steatonecrosi peripancreatica) o sistemiche (SIRS, Systemic
Inflammatory Response Syndrome; DIC, Disseminated Intravascular Coagulation). Così la
pancreatite acuta felina viene riferita ad una condizione infiammatoria potenzialmente reversibile e
di breve durata spesso associata ad una quadro sintomatologico da lieve-moderato a grave, mentre
per pancreatite cronica felina s’intende una flogosi di lunga durata caratterizzata da alterazioni
istopatologiche irreversibili del tessuto pancreatico (fibrosi, atrofia) e da un quadro clinico spesso
lieve, vago o assente. In ogni caso la differenziazione ante-mortem delle due forme sulla base delle
caratteristiche cliniche, clinico-patologiche e di diagnostica per immagini nel gatto come e più che
nel cane appare difficilmente realizzabile se non mediante biopsia del parenchima pancreatico e
conseguente valutazione istopatologia. Inoltre di notevole importanza appare la rilevazione delle
significative differenze riguardanti le caratteristiche cliniche e fisiopatologiche della pancreatite
nelle due specie. Nella specie felina la pancreatite cronica rappresenta la forma più comunemente
riscontrata all’esame istopatologico, la sintomatologia è spesso assente e scarsi sono i rilievi clinicopatologici, nel cane è la pancreatite acuta la forma più segnalata, associata ad una sintomatologia
direttamente connessa alla gravità e all’estensione del processo infiammatorio. Fattori predisponenti
quali iperlipemia e l’assunzione di diete ad elevato contenuto di grasso ritenuti importanti nel cane,
nel gatto sono ritenuti meno significativi, mentre è di comune riscontro la presenza di malattie
concomitanti quali le infiammazioni croniche del piccolo intestino, la lipidosi epatica felina e la
colangite-colangioepatite. Nella pancreatite felina il quadro clinico risulta quanto mai complesso
spesso a causa della presenza dei molteplici processi patologici concomitanti a cui non è possibile
attribuire un’importanza clinica prevalente ma verso cui è necessario indirizzare le varie procedure
terapeutiche al fine di instaurare un adeguato ed efficace trattamento.
Eziopatogenesi
L’eziologia della pancreatite felina rimane ad oggi non completamente chiarita. Da vari studi
condotti sulla base di valutazioni istopatologiche necroscopiche tre sono le forme di pancreatite
felina più comunemente riscontrate, la pancreatite cronica non-suppurativa, la pancreatite acuta
necrotizzante e la pancreatite acuta suppurativa. La pancreatite cronica rappresenta il rilievo
istopatologico più comune in questa specie, di solito associato ad un sintomatologia meno evidente
e vaga di quella riscontrata nelle forme acute. Secondo uno studio clinico retrospettivo condotto su
63 gatti la distinzione tra pancreatite acuta e cronica è apparsa impossibile sulla base alle
caratteristiche
cliniche
e
clinico-patologiche
(informazioni
clinico-anamnestiche,
rilievi
laboratoristici e di diagnostica collaterale) 5. L’assenza di dati clinici e sintomatologici caratteristici
e la necessità nella diagnosi della valutazione isto-patologica rappresentano le maggiori difficoltà
nello sviluppo delle indagini epidemiologiche sulla pancreatite nel gatto. Similmente a quanto
documentato nel il cane, nella specie felina l’evento iniziale alla base dello sviluppo della
pancreatite è rappresentato dalla prematura attivazione degli zimogeni digestivi all’interno della
cellula acinosa e le conseguenti necrosi ed autodigestione del parenchima pancreatico. Nei gatti
affetti da pancreatite acuta necrotizzante la sintesi delle proteine ed il trasporto intracellulare al
complesso Golgi appaiono normali, mentre è particolare la co-localizzazione degli zimogeni
digestivi e delle idrossilasi lisosomiali all’interno di larghi vacuoli citoplasmatici. Il processo
conosciuto come crinofagia è caratteristico di molti tessuti a funzione secretoria ed è finalizzato alla
degradazione dei prodotti della secrezione accumulati all’interno della cellula in conseguenza
dell’assenza prolungata di stimoli all’attività secretoria. Nella gran parte dei tessuti ghiandolari la
crinofagia avviene senza conseguenze patologiche, ma la particolarità dei prodotti della secrezione
pancreatica (enzimi digestivi in forma di zimogeni) conferisce al processo un ruolo significativo
nella patogenesi dell’infiammazione tissutale a carico di quest’organo. Infatti all’interno della
cellula acinosa pancreatica la co-localizzazione delle idrossilasi lisosomiali quali la catepsina B e la
N-acetil-glucosaminidasi e degli enzimi digestivi zimogeni all’interno del vacuolo citoplasmatico
può condurre all’attivazione del tripsinogeno a tripsina con aumento della fragilità e rottura della
membrana vacuolare con conseguente rilascio di enzimi attivati all’interno del citoplasma. La
presenza della tripsina autocatalizza l’attivazione intracitoplasmatica di altri granuli di zimogeno in
un meccanismo a cascata che porta ad autodigestione intra ed extracellulare, a necrosi tissutale ed
alla massiva liberazione di citochine, chemochine e radicali liberi con estensione del processo
infiammatorio. Nella maggior parte dei gatti affetti da pancreatite le cause rimangono sconosciute.
Molte sono le condizioni associate allo sviluppo della patologia (tabella 2) tra queste vengono
ricordate le concomitanti malattie epato-biliari e le malattie gastro-intestinali, l’ischemia, le
ostruzioni del dotto pancreatico, le malattie infettive, i traumi, l’avvelenamento da esteri fosforici,
la lipodistrofia.
Malattie concomitanti del tratto biliare
Le colangioepatiti rappresentano le patologie biliari maggiormente associate a pancreatite nel gatto
oltre ad altre patologie biliari quali neoplasie, malattie stenosanti ed ostruttive e colelitiasi. Alcuni
studi epidemiologici
6,7
hanno documentato l’elevata incidenza (50% - 60%) della pancreatite in
gatti affetti da colangite suppurativa e sebbene non appaia ancora chiarito l’esatto meccanismo
sotteso alla condizione, un ruolo fondamentale appare correlato alla particolarità anatomica e
funzionale che lega il dotto pancreatico al dotto biliare in questa specie (fig 1). Nel gatto il dotto
pancreatico-biliare rappresenta un canale comune che sbocca a livello della papilla duodenale
mediante un comune sfintere. Condizioni ostruttive funzionali o meccaniche a livello del dotto
comune possono comportare il reflusso di bile a livello del sistema duttale pancreatico. La
perfusione di sali biliari a livello del dotto pancratico induce un significativo aumento di
permeabilità del dotto, ipertensione duttale e sviluppo di infezioni batteriche secondarie, a cui
seguono edema del tessuto parenchimale, compressione del dotto pancreatico e necrosi del tissutale.
Malattie concomitanti del tratto gastro-enterico
Le IBD (Inflammation Bowel disease) infiammazioni croniche idiopatiche del tratto gastro-enterico
rappresentano insieme alle malattie biliari le patologie concomitanti maggiormente riscontrate in
corso di pancreatite nel gatto. Vari sono i fattori che concorrono all’associazione tra IBD e
pancreatite: a) l’elevata incidenza delle IBD nella specie felina; b) la presenza di vomito cronico, tra
i segni clinici predominanti in corso di IBD felina, a cui si associa l’aumento della pressione intraduodenale e l’effettivo rischio di reflusso duodeno-pancreatico; c) le particolarità anatomicofunzionali del dotto pancreatico e biliare comune; d) la caratteristica microflora batterica aerobica
ed anaerobica intestinale del piccolo intestino (tenue) di questa specie più elevata rispetto al cane
dovuta alla particolare competenza del sistema immunocompetente e alla specifica caratteristica
della motilità gastrointestinale. Il ruolo della microflora batterica intestinale nella patogenesi della
pancreatite felina è stato suggerito da molti studi a difetto della scarsa percentuale di positività
riscontrata all’esame batteriologico-culturale effettuato anche su soggetti non sottoposti a
trattamento. Degno di interesse quanto riportato da un recente studio effettuato su gatti affetti da
colangite mediante metodologia cultura-indipendente8 (FISH, fluorescence in situ hybridation) circa
l’elevata concentrazione batterica evidenziata nei soggetti esaminati. Frequente il rilievo di un
contemporaneo stato infiammatorio a carico di pancreas esocrino, intestino e fegato in una
condizione comunemente descritta con il termine “triadite” dove secondo le impressioni di molti
autori il coinvolgimento epatico sembra essere meno comune rispetto a quello concomitante degli
altri due organi 6.
Ischemia
L’ischemia conseguente a condizioni ipotensive-ipovolemiche prolungate (es. malattie cardiache,
shock, procedure chirurgiche) rappresenta una causa comune di pancreatite di tipo ostruttivo.
L’infiammazione e l’edema del tessuto pancreatico determina una riduzione dell’elasticità e della
capacità di distensione del dotto pancreatico durante lo stimolo secretorio con conseguente aumento
della pressione interna e compressione dello stesso, cui segue la riduzione del flusso sanguigno
d’organo con alterazione del microcircolo e del pH tissutale.
Malattie ostruttive del dotto pancreatico
Le principali patologie ostruttive del dotto pancreatico sono rappresentate dalle neoplasie
pancreatiche e biliari, le colelitiasi, la presenza di corpi estranei e le infestazioni da parassiti
(Eurytrema procyonis, Amphimerus psedufelineus). L’ostruzione del dotto pancreatico è un evento
patologico associato a rilevanti conseguenze sulla funzionalità acinosa cellulare. Il considerevole
aumento della pressione duttale infatti tende a sovrastare la pressione di esocitosi causando il
contatto tra le idrolasi lisosomiali pancreatiche e gli enzimi digestivi in forma di zimogeni
all’interno della cellula acinosa e l’instaurarsi del processo infiammatorio.
Malattie infettive
Vari sono gli agenti infettivi associati a pancreatite nel gatto (Toxoplasma gondii, herpesvirus felino
I, coronavirus, parvovirus, calicivirus, Peritonite Infettiva Felina) ma poche le documentazioni che
ne riconoscano un ruolo rilevante nella patogenesi del processo infiammatorio. Inoltre all’interno di
processi infettivi virali quali herpesvirosi, calicivirosi, panleucopenia etc…lo sviluppo di
pancreatite non sembra rappresentare la componente primaria di un quadro sintomatico e clinicopatologico spesso caratterizzato dal progressivo coinvolgimento sistemico6.
Trauma
Evenienze traumatiche quali l’investimento da automobile e la caduta dall’alto appaiono
strettamente correlate allo sviluppo di pancreatite nel gatto, sia per danno traumatico diretto e delle
sue conseguenze immediate che per lo sviluppo di condizioni ipotensive, ipovolemiche ed
ischemiche legate allo shock secondario. Mancano al riguardo studi a carattere retrospettivo
sistematico che possano al di là della descrizione di casi isolati documentare il ruolo degli eventi
traumatici nella patogenesi della pancreatite felina.
Ipercalcemia/Organofosforici
Nel gatto l’ipercalcemia acuta e l’avvelenamento da organofosforici (fention) appaiono condizioni
associate ad una iperstimolazione della secrezione pancreatica. Nel gatto le condizioni cliniche che
comportano ipercalcemia acuta sono rare, mentre l’ipercalcemia cronica sebbene rappresenti una
condizione maggiormente rilevabile non sembra correlata ad alcuna alterazione istopatologica
significativa a carico del parenchima pancreatico.
Lipodistrofia
Condizione riportata come occasionale causa di pancreatite acuta necrotizzante e mai documentata
in studi sistematici di maggior casistica clinica.
Nutrizione
Contrariamente a quanto descritto nel cane condizioni legate allo stato di obesità, alla presenza di
iperlipemia ed all’assunzione di diete caratterizzate da un elevato contributo in grassi non sono
direttamente correlabili allo sviluppo di pancreatite nel gatto. Di contro alcuni studi riportano
l’associazione tra lo sviluppo di pancreatite acuta necrotizzante e le scadenti condizioni corporee5
(BCS < 3).
Reazioni idiosincrasiche ai farmaci
Diversamente a quanto riportato nel cane, nel gatto nessuna associazione tra farmaci e pancreatite è
stata ragionevolmente documentata. Rare ed individuali devono ritenersi le reazione idiosincrasiche
conseguenti alla somministrazione di farmaci che possano essere associate allo sviluppo di
pancreatite nel gatto.
Anamnesi e sintomi clinici
Nei gatti affetti da pancreatite non è mai stata accertata nessuna predisposizione riguardo all’età,
alla razza e al sesso né è stata mai riscontrata una significativa correlazione tra sviluppo della
malattia e stato di nutrizione dei soggetti affetti. I sintomi clinico-anamnestici correlati alla
patologia (tabella III) risultano aspecifici per entrambe le forme, acuta e cronica e sono
rappresentati principalmente dall’anoressia (87%) e dalla letargia (81%). Nel gatto il vomito (46%)
presenta una scarsa rilevanza clinica soprattutto se paragonato a quanto viene osservato nel cane
(90%). L’esame clinico-fisico condotto su gatti affetti da pancreatite acuta (tabella IV) permette di
rilevare la presenza di disidratazione da moderata a grave (54%), ipotermia (46%), febbre (25%) ed
ittero (37%). Nella specie felina il rilevamento della dolorabilità addominale (19%) presenta
un’incidenza decisamente inferiore a quanto riscontrato nel cane (58%). Infatti i segni e gli
atteggiamenti antalgici in questa specie risultano spesso criptici e possono non essere rilevati
durante la visita clinica e la palpazione addominale. Parimenti a quanto descritto nel cane, è
possibile anche per la specie felina ricorrere all’uso di indici clinici per la determinazione del
dolore e la quantificazione della sua gravità basati sulla valutazione dell’atteggiamento e del
comportamento del paziente, il differente grado di reattività alle manualità e l’applicazione di una
semplice scala descrittiva da 0 a 4 (tabella VI). La palpazione del settore craniale dell’addome, nel
gatto più che nel cane, permette inoltre di apprezzare la sensazione di una “massa” addominale
(11%) effetto dell’azione dell’infiammazione pancreatica e peri-pancreatica sui tessuti vicini e
conseguente contrazione del peritoneo. Non è infrequente che l’ “effetto massa” causato
dall’infiammazione pancreatica possa essere confuso con la presenza di formazioni neoplastiche o
con delle alterazioni a carico di altre strutture addominali (anse intestinali, linfonodi). Sono ancora
riscontrabili nei gatti affetti da pancreatite, perdita di peso (47%), diarrea (12 %) ed in alcuni casi
sintomi quali dispnea, tachipnea, tachicardia e pallore delle mucose riferibili alla presenza di
complesse sindromi ipovolemiche-ipotensive compatibili con stati di shock, SIRS (Systemic
Inflammation Response Syndrome), coagulazione intravasale disseminata (CID) ed insufficienza
multi-organica. La perdita di peso (47%) nei pazienti affetti da pancreatite segue di solito un
andamento progressivo, associato a perdita di appetito, disoressia-anoressia e dimagrimento ed
appare fondamentalmente associato alla forma cronica di malattia e verosimilmente alla presenza di
malattie concomitanti quali IBD e colangio-epatite.
Diagnosi
Segni Clinico-patologici
Le principali alterazioni emato-biochimiche nei gatti affetti da pancreatite risultano spesso
aspecifiche o comprese nei limiti di normalità espressi dai range di riferimento e non sembrano
poter fornire un valido contributo alla formulazione dell’ipotesi diagnostica. Il riscontro di anomalie
emato-biochimiche appaiono comunque di rilevante utilità nella diagnosi o nell’esclusione delle
malattie concomitanti e dell’estensione del processo infiammatorio a livello multi-organicosistemico. Il quadro ematologico di maggior riscontro nei gatti affetti da pancreatite acuta
necrotizzante è rappresentato da anemia normocitica, normocromica, rigenerativa o nonrigenerativa, leucocitosi, leucopenia (tabella V). La leucocitosi parimenti a quanto osservato nel
cane rappresenta l’anomalia più frequente (46% gatto, 62% cane) associata alla stato
d’infiammazione mentre la leucopenia, quando presente, può essere considerata un efficace marker
di gravità correlato ad un significato prognostico negativo. L’aumento dell’attività degli enzimi
epatici (ALT, AST, ALP, γGT) e della bilirubinemia può riflettere la presenza di patologie
concomitanti quali lipidosi epatica felina e colangioepatite. In un recente studio infatti l’aumento
degli enzimi di competenza epatica e della bilirubina totale è stato osservato con maggior incidenza
nei gatti affetti da pancreatite cronica in relazione alla maggior prevalenza in questa forma delle
concomitanti malattie epatobiliari7. Piuttosto sorprendente l’evidenza della condizione di
ipercolesterolemia (72%) nei soggetti con pancreatite. In relazione al ristretto significato clinico
che riveste quest’anomalia nel gatto (lipidosi, colestasi), infatti, la presenza di ipercolesterolemia
connessa ad un quadro sintomatologico assente o vago potrebbe rappresentare un interessante
elemento clinico-patologico nella valutazione della malattia pancreatica in questa specie. Frequente
ancora la presenza di ipocalcemia (45-65% rispetto al 3-5% nel cane) intesa come la riduzione sia
della concentrazione del calcio totale che del calcio ionico riscontrabile in entrambe le forme di
pancreatite e riconducibile a vari meccanismi patogenetici ( squilibrio acido-base, saponificazione
del grasso peripancreatico, resistenza all’azione del paratormone). Il rilevamento di una condizione
di ipocalcemia nel gatto affetto da pancreatite è associato ad un valore clinico-prognostico negativo
e parimenti a quanto detto per la presenza di leucopenia può essere considerato un marker di gravità
del processo infiammatorio. Altre alterazioni biochimiche osservabili in corso di pancreatite acuta
felina sono l’aumento della BUN e della creatinina frequente conseguenza di
condizioni
ipovolemiche-ipotensive (iperazotemia pre-renale) e più raramente a condizioni renali intrinseche
(iperazotemia renale), iperglicemia-ipoglicemia secondarie rispettivamente a condizioni di insulinoresistenza e all’aumento delle richieste energetiche conseguenti alla gravità e all’estensione del
processo infiammatorio, ipoalbuminemia ed ipokalemia. La presenza di un aumento della
concentrazione delle lipasi e delle amilasi sieriche nel gatto affetto da pancreatite rappresenta
un’alterazione di scarso valore clinico-diagnostico in quanto nella maggior parte dei soggetti affetti
la concentrazione sierica di entrambi gli enzimi si mantiene ampiamente nel range di normalità.
Inoltre l’aumento delle amilasi e lipasi deve essere messo in relazione alla presenza di malattie
croniche intestinali caratterizzate da malassorbimento ed alle condizioni che comportano una
significativa riduzione della filtrazione glomerulare.
Test specifici della funzione pancreatica
Recente è lo sviluppo nella specie felina delle indagini immuno-analitiche volte alla determinazione
dell’attività tripsino-simile (TLI) e della lipasi pancreatica specifica (fPLI- Spec fPL)13,17-19. Il TLI
(trypsin-like immunoreactivity) è un analisi immuno-analitica volta alla determinazione del
tripsinogeno e della tripsina nel siero ed rappresenta ad oggi il test di maggior accuratezza clinica
nella diagnosi di insufficienza pancreatica esocrina (IPE) nella specie felina.
Sebbene tripsina e
tripsinogeno hanno un esclusiva origine pancreatica, la specificità del TLI felino nella diagnosi di
pancreatite è stata messa in seria discussione in quanto elevate concentrazioni di fTLI sono state
riscontrate in assenza di lesioni pancreatiche evidenziabili in soggetti affetti da malattie gastrointestinali (IBD, linfoma) ed in corso di insufficienza renale cronica. La specificità del test può
essere incrementata ai fini di un’adeguata corrispondenza diagnostica mediante l’aumento del
valore cut-off di riferimento (es. 100µg/L) con la diretta conseguenza di ridurre drasticamente la
sensibilità dello stesso (< 33%). Il fPLI (feline Pancreatic Lipase Immunoreactivity) e il Spec-fPL
(Specific feline Pancreatic Lipase, metodica immuno-enzimatica) di recente introduzione
rappresentano attualmente i test diagnostici di maggior utilità nella diagnosi di pancreatite nel gatto.
Il maggior vantaggio offerto da questi test rispetto la determinazione tradizionale delle lipasi
sieriche, è quello di poter determinare in maniera specifica le lipasi di origine pancreatica
aumentando la sensibilità e la specificità del test e l’accuratezza diagnostica rispetto ad altri test
quali fTLI, l’indagine ultrasonografica addominale ed appunto le lipasi sieriche. L’aumento delle
fPL nel siero è proporzionale al rilascio dal tessuto pancreatico esocrino. Le fPL sono proteine di
origine pancreatica, di grandezza pari all’albumina, che non subiscono la filtrazione glomerulare e
per cui non risentono delle condizioni ipovolemico-ipotensive di varia natura e dell’aumento
dell’azotemia. Seconda quanto pubblicato in un recente studio17 il test delle fPL presenta una
sensibilità complessiva del 67% (superiore al 90% nei casi gravi-moderati, inferiore al 60% nelle
forme lievi) a fronte di una specificità elevata (> 80 %) inoltre le fPL mostrano elevate
concentrazioni plasmatiche nella pancreatite lieve associata ad assente o scarsa sintomatologia ed in
altre condizioni compatibili con malattia pancreatica quali iperplasia nodulare benigna e cisti
pancreatiche6. Il TAP (trypsinogen activated peptide) si forma dalla molecola di tripsinogeno
durante l’attivazione dello stesso in tripsina. Normalmente l’attivazione del tripsinogeno avviene a
livello del duodeno ed la rilevazione sierica del TAP non appare misurabile. In corso di pancreatite
si ha la prematura attivazione in tripsina del tripsinogeno all’interno delle cellule acinose e dei dotti
pancreatici con aumento della concentrazione del TAP nel circolo. La determinazione del TAP nel
siero o nelle urine in gatti affetti da pancreatite ha rappresentato un promettente modello
diagnostico sperimentale non suffragato però da evidenze cliniche20. Inoltre ulteriori studi sembrano
indispensabili per identificare l’accuratezza clinico-diagnostica (sensibilità- specificità) del test.
Diagnostica per Immagini
L’utilità maggiore nell’impiego della radiografia addominale in gatti affetti da pancreatite risiede
nella capacità di poter identificare le possibili cause extra-pancreatiche differenziali sottese ad una
sintomatologia sovrapponibile. Nella maggior parte dei gatti affetti da pancreatite l’indagine
radiografica dell’addome risulta normale, quando presenti, gli aspetti radiografici anomali risultano
aspecifici e possono coinvolgere vari organi o apparati (perdita o una diminuzione dei contrasti
della porzione craniale destra dell’addome, dilatazione dell’ileo tra l’antro pilorico e il duodeno
discendente, spostamento laterale dello stomaco a sinistra e del duodeno discendente a destra,
epatomegalia, presenza di una massa a livello addominale craniale, presenza di versamento
addominale). Nella pancreatite felina la diagnosi di conferma o di esclusione non può dunque essere
affidata alla radiografia addominale se non in associazione ad altre procedure diagnostiche di
maggior accuratezza clinica (es. fPL). L’impiego della ultrasonografia addominale appare di contro
possedere una maggior utilità diagnostica anche se non poche sono le difficoltà riscontrabili nella
diagnosi ecografica di pancreatite in questa specie. Infatti secondo quanto riportato in vari studi2,5,6,
21
l’esame ecografico dell’addome possiede una sensibilità diagnostica estremamente variabile e
compresa tra 11% ed il 67%. Come già descritto nella pancreatite canina, in maggiore misura nella
specie felina la valutazione ecografica è fortemente influenzata dalle caratteristiche tecnologiche
della strumentazione utilizzata, dall’abilità dell’operatore, dalla gravità, durata e diffusione del
processo infiammatorio pancreatico e peripancreatico. Nel gatto la forma pancreatite più diffusa è
difatti quella cronica, spesso non associata a sintomi clinici o ad aspetti ecografici
significativamente apprezzabili quali l’alterazione dell’ecogenicità del tessuto pancreatico e del
tessuto peripancreatico, l’aumento del volume dell’organo, la presenza di fluido libero in addome,
la presenza di gas nel duodeno ed l’aspetto corrugato della parete dello stesso, la dilatazione del
dotto pancreatico e della papilla duodenale, tipiche della pancreatite a carattere acuto, necrotizzante
(fig 6-7). Nella forma cronica è possibile anche se non frequente apprezzare l’aumento diffuso
dell’ecogenicità del parenchima pancreatico con aspetti anche nettamente disomogenei per la
presenza di aree iperecogene in alternanza ad aree normoecogene, aspetti riconducibili a fibrosi
pancreatica di vario grado (fig 8 e 9). Altri aspetti ecografici evidenziabili in corso di pancreatite nel
gatto sono la presenza di formazioni ad aspetto cistico e di ascessi pancreatici. Molte delle
alterazioni del parenchima pancreatico rilevabili mediante la procedura ultrasonografica (aumento
del volume e le alterazioni di ecogenicità) possono essere ricondotte ad eventi patologici diversi
dalla pancreatite quali neoplasia pancreatica, iperplasia nodulare, edema pancreatico da ipertensione
portale o ipoalbuminemia. L’utilizzo della ultrasonografia addominale in questo senso fornisce
ulteriori elementi ai fini diagnostici nella differenziazione degli aspetti anomali riscontrati
attraverso la valutazione complessiva degli organi addominali e la raccolta dei campioni di tessuto
mediante le metodiche di ago-fissione o ago aspirazione utili alla valutazione citologica delle
lesioni riscontrate. L’impiego della tomografia assiale computerizzata (TAC) e della
sonoendoscopia (Endoscopic Ultrasound, EUS) nella diagnosi della pancreatite felina non sembra
apportare vantaggi significativi rispetto alla procedura ultrasonografica sopradescritta. I costi
elevati, la necessità di procedure anestesiologiche e la mancanza di una efficace valutazione
sull’accuratezza diagnostica (TAC) rappresentano al momento i maggiori limiti rappresentati dalle
metodiche.
Istologia-citologia
La biopsia del tessuto pancreatico raramente è indicata come la prima procedura diagnostica da
perseguire in pazienti affetti da pancreatite acuta, viste le condizioni cliniche difficilmente
compatibili con le procedure anestesiologiche necessarie, può e dovrebbe invece essere considerata
invece nelle forme ad andamento cronico. La biopsia del tessuto pancreatico viene eseguita
preferibilmente mediante via laparotomica o laparoscopica, tecniche che permettendo l’esame
macroscopico dell’organo, dello sbocco del dotto comune, del dotto biliare, del fegato, della
cistifellea ed il prelievo di materiale dalla stessa per la determinazione di possibili eventi infettivi
flogistici, del duodeno e dell’intestino e quindi di raccogliere informazioni clinico-patologiche
riguardo il coinvolgimento di questi organi e la relazione con la malattia pancreatica. E’ importante
tenere bene in mente come la valutazione di una singola biopsia non sia in grado di escludere la
presenza di pancreatite in quanto l’infiammazione del tessuto pancreatico ha nella maggior parte dei
casi una distribuzione disomogenea, a focolai, di qui la necessità di biopsie multiple ed in diversi
punti del parenchima. Il significato clinico di un esame istologico caratterizzato da infiammazione
di basso grado rimane ancora da chiarire, in particolare l’evidenza di un infiltrato linfocitario in
soggetti senza un evidente sintomatologia clinica che può corrispondere alla presenza della malattia
in forma sub-clinica, cronica o alla concomitante prevalenza di patologie extraepatiche (colangioepatite, IBD). L’esame citologico ad ago sottile (ago-aspirato o ago-infissione) può essere eseguito
per via percutanea eco-guidata o durante laparotomia esplorativa ed è considerato una procedura
minimamente invasiva e sicura. Sebbene non ci siano al momento studi clinici che valutino in
maniera esaustiva l’accuratezza clinica dell’ indagine citologica nella diagnosi della pancreatite
felina, la presenza di un infiltrato infiammatorio rappresenta un valido e specifico elemento
nell’identificazione della patologia. Come per l’esame istologico, l’assenza di positività citologica
non può escludere in maniera certa la presenza di pancreatite, considerata la variabilità nella
distribuzione tissutale dei possibili focolai infiammatori (campionamenti multipli nelle sedi
ecograficamente compatibili con la presenza di lesioni). La citologia mediante ago-sottile è
comunque di comprovata utilità nella differenziazione tra neoplasia pancreatica e pancreatite.
Terapia della pancreatite acuta
Nel gatto come nel cane la terapia della pancreatite acuta è sostanzialmente una terapia di supporto
legata all’estensione della infiammazione e alla gravità delle manifestazioni clinico-patologiche
correlate. Il trattamento di un gatto affetto da pancreatite acuta dovrebbe essere immediato (prima
della conferma diagnostica), intensivo e mirato al supporto funzionale degli apparati coinvolti
attraverso la somministrazione di una corretta terapia fluida. Infatti secondo quanto dimostrato da
vari studi sperimentali, la grave alterazione del microcircolo pancreatico conseguente al disturbo
della perfusione periferica, rappresenta il fattore patogenetico principale alla base dell’estensione
della gravità del processo infiammatorio. Nella maggior parte dei casi (90%) le cause ed i fattori
eziopatogenetici responsabili dell’insorgenza della pancreatite acuta nella specie feline non sono
conosciuti, ciononostante ogni possibile elemento clinico-anamnestico e patogenetico (tabella II)
deve essere considerato e nel caso propriamente trattato. La terapia fluida nel gatto come nel cane
ha come obiettivo primario quello di mantenere l’integrità del microcircolo pancreatico e il
ripristino della corretta idratazione del paziente. I fluidi utilizzati sono gli stessi descritti nella
trattazione della pancreatite canina, cristalloidi (Ringer Lattato, acetato, Ringer Etil-piruvato, NaCl
3%), colloidi (voluven, volulite) e valgono le considerazioni li apportate. Nel gatto però una
maggiore attenzione dovrebbe essere rivolta all’utilizzo delle diverse soluzioni in associazione (
colloidi ipersaturi – colloidi - cristalloidi isotonici) nella terapia fluida di rimpiazzo in relazione alla
caratteristica facilità di questa specie di incorrere nella condizione di iper-idratazione. Inoltre appare
necessario il monitoraggio stretto delle condizioni cliniche, elettrolitiche- acido-base (ipocalcemia,
ipokalemia-iperkalemia) e dei parametri indicativi dello stato di idratazione (PCV, Proteine totali,
albumina sierica, l’out-put urinario, pressione sistemica) (Tabella VII). Lo stato di ipocalcemia
inoltre può rappresentare una complicazione non infrequente associata ad indice prognostico
negativo e viene corretto con la somministrazione di calcio gluconato (50- 150mg/Kg EV ogni 1224 ore) fino al ristabilirsi della corretta calcemia (monitoraggio del calcio ionico o totale).
L’analgesia rappresenta in questa specie come per il cane, un importante aspetto nel trattamento
della pancreatite acuta. Il dolore viscerale di forte intensità può avere gravi effetti sulla perfusione
periferica tissutale e peggiorando le condizioni di ipotensione-ipovolemia fino allo shock ed
all’insorgenza di aritmia cardiaca. Inoltre in questa specie gli atteggiamenti antalgici ed i segni
compatibili con la presenza di dolore intenso non sono sempre clinicamente evidenti se non
attraverso la valutazione degli atteggiamenti legati al comportamento. La gestione farmacologica
del dolore viscerale nel gatto affetto da pancreatite acuta necrotizzante è prevalentemente affidata
all’impiego di oppioidi quali fentanil – ramifentanil, butorfanolo e bupremorfina, dosi e modalità di
somministrazione dei quali sono riportate in tabella VIII. Il vomito anche se non è un sintomo
particolarmente frequente nel gatto affetto da pancreatite rappresenta un importante elemento
clinico da considerare nell’approccio terapeutico in relazione alla possibilità di un’ efficace gestione
nutrizionale, fondamentale al bilanciamento delle richieste metaboliche correlate alla gravità dello
stato infiammatorio. Nel gatto affetto da pancreatite il controllo del vomito e della nausea è affidato
all’uso di antiemetici centrali quali il maropitant (1mg/Kg SC ogni 24 ore), ondasetron (0,1-1mg/Kg
EV – PO ogni 12-24 ore) e dolasetron (0,5 – 1mg EV – PO ogni 12-24 ore) e di antiacidi quali
omeprazolo (1 mg/Kg PO ogni 24 ore), famotidina (0,5-1 mg/Kg SC, EV, PO ogni 12- 8 ore) e
ranitidina (1 – 2 mg /Kg SC, EV ogni 12 – 8 ore ) (tabelle IX e X). Il maropitant è un antiemetico
che agisce sia a livello centrale che periferico mediante il blocco dei recettori NK-1 (neurochinina1) ed risulta efficace nel controllo del vomito acuto e nella significativa riduzione della sostanza P,
neuromediatore implicato nella patogenesi del dolore con effetti sulla permeabilità capillare e
sull’integrità del microcircolo. Ondasetron, dolasetron sono farmaci antiemetici antagonisti della
serotonina ed agiscono a livello della CRTZ (Chemo-Receptor Trigger Zone) utili nel controllo del
vomito incoercibile, refrattario al trattamento con maropitant. L’impiego di antiemetici antagonisti
della dopamina nella specie felina, quale la metoclopramide, trova utilità come modificatore della
motilità del tratto gastro-intestinale prossimale (0,2-0,3 mg/Kg Sc ogni 8-12, 1,1-2,2 mg/Kg /24 ore
in CRI) mentre mostra un efficacia antiemetica discutibile considerata la scarsa densità dei recettori
dopaminergici presente nella CRTZ in questa specie. Per contro l’infusione di dopamina in gatti
affetti da necrosi pancreatica acuta sembra rivestire un ruolo significativo nella modulazione
dell’infiammazione pancreatica attraverso la diretta riduzione della permeabilità del sistema duttale
e del microcircolo pancreatico. L’utilizzo di farmaci regolatori dell’acidità gastrica nel trattamento
della pancreatite acuta trova utilità nella prevenzione dello sviluppo di lesioni di tipo erosivo a
carico della mucosa gastrica ed esofagea conseguenti alle condizioni di ipovolemia e ipoperfusione
e nella riduzione dell’attività pancreatica esocrina correlata alla diminuzione delle secrezioni acide
dello stomaco. Similmente a quanto descritto per il cane, i farmaci antiacidi maggiormente utilizzati
nel controllo del pH gastrico sono gli inibitori della pompa protonica (omeprazolo e pantoprazolo)
ed i farmaci antisecretori antistaminici (famotidina, ranitidina).
La grave infiammazione acuta del tessuto pancreatico implica una fondamentale alterazione del
metabolismo e l’instaurarsi di uno stato catabolico connesso alla perdita di azoto proteico e ad un
bilancio energetico negativo. La presenza di dolore, lo stato di disidratazione di nausea e vomito
compatibili con una diminuita peristalsi gastro-intestinale sono i fattori che maggiormente
contribuiscono nel gatto affetto da pancreatite acuta all’impossibilità di un’alimentazione
spontanea. L’anoressia prolungata (1-8 giorni) associata alle gravi condizioni di stress causate dalla
presenza d’infiammazione, soprattutto in gatti sovrappeso (BCS, body condition score, >5/9),
comporta un’intensa lipolisi periferica dovuta all’aumento dell’attività delle lipasi-ormone-sensibili
(HSL) e il rilascio di acidi grassi dal tessuto adiposo, ampiamente distribuito, in grado di saturare le
capacità epatiche nell’utilizzo e dispersione dei trigliceridi con il possibile sviluppo della lipidosi
epatica. Analogamente a quanto descritto per il cane, lo stato di inappetenza ed anoressia è
significativamente associato ad atrofia della mucosa intestinale, incremento del tasso di cellule
intestinali in apoptosi, alterazione della composizione della mucina prodotta dalle globet cells site
nella porzione più profonda delle cripte intestinali ed alla drastica riduzione del trasporto di
aminoacidi quali glutammina, arginina e taurina. L’insieme complessivo di queste alterazioni
conduce alla perdita di integrità ed all’aumento della permeabilità della barriera intestinale,
condizioni che sono alla base dello sviluppo della traslocazione batterica ed in maniera particolare
contribuiscono all’estensione dello stato infiammatorio ed allo sviluppo di SIRS in soggetti affetti
da pancreatite acuta grave. NPO (Nihil per os), “niente per bocca” rappresenta un concetto storico
nel trattamento della pancreatite acuta nell’uomo, nel cane e nel gatto attualmente messa in
discussione a favore del ruolo che la nutrizione enterale precoce sembra rivestire nei confronti del
mantenimento dell’integrità della parete intestinale attraverso il ripristino di un adeguato flusso
sanguigno, dello stimolo alla rigenerazione della mucosa intestinale e della attività diretta alla
riduzione della produzione e liberazione di citochine e chemochine di origine splancnica modulando
la risposta infiammatoria acuta e riducendo la perdita di proteine mediante l’attenuazione del
catabolismo. Come già descritto nel cane, vari sono i modelli sperimentali che hanno dimostrato i
vantaggi connessi all’utilizzo dell’alimentazione enterale (EN), intraluminale, rispetto l’impiego
della nutrizione parenterale (PN) endovenosa, riguardo alla modulazione dell’infiammazione
pancreatica e alla diminuzione del rischio di traslocazione batterica. Similmente a quanto descritto
nel cane, nel gatto per nutrizione parziale parenterale (PPN) si intende la somministrazione di
principi nutritivi elementari quali glucosio, aminoacidi e lipidi pari al 70% della RER [Resting
Energy Requirement = 70 x (peso corporeo Kg)0,75 ]. La PPN è fortemente limitata nel gatto dalle
complicazioni connesse alla gestione del catetere, allo sviluppo di alterazioni legate al metabolismo,
all’osmolarità plasmatica e agli squilibri elettrolitici e viene utilizzata soprattutto in quei soggetti
che sviluppano una completa intolleranza riguardo alla nutrizione enterale in tutte le sue forme e
laddove persista uno stato di prolungata anoressia (> 2-3 gg). La PPN dovrebbe avvenire sempre in
maniera graduale e progressiva per evitare complicazioni legate allo sviluppo di nausea e di vomito
e delle alterazioni glicemiche (iperglicemia) ed elettrolitiche compatibili (Na, P, K) Il volume di
nutrizione parenterale viene calcolato in base al 30% della RER al primo giorno di
somministrazione, al 50% della RER al secondo giorno fino alla somministrazione del 70% della
RER al terzo giorno previo monitoraggio del grado di tolleranza del paziente alla PPN. La velocità
di somministrazione è di circa 2-3 ml/Kg/ ora. L’impiego della EN nella pancreatite acuta del gatto
avviene mediante il posizionamento nelle prime 12 ore dal ricovero di una sonda enterale
preferenzialmente per via esofagostomica in quanto veloce, semplice e meno problematica rispetto
alla tecnica gastrostomica (PEG) e alla sua gestione. Le sonde che possono essere utilizzate hanno
un diametro compreso tra i 14 ed i 18 french (5- 6 mm) sufficiente alla somministrazione delle
quantità di alimento necessarie per il soddisfacimento delle richieste energetiche (circa 40 – 60
Kcal/Kg/giorno). L’alimentazione enterale per via esofagostomica necessita comunque di
trattamento anestetico e quindi della valutazione pre-anestetica del paziente. In alternativa è
possibile utilizzare una sonda naso- gastrica che può ritenersi una scelta accettabile, ben tollerata e
sufficiente alla somministrazione di alimento in quantità utile al ripristino della funzionalità
gastroenterica e al mantenimento della stessa, all’apporto in chilocalorie efficace ai fini di una
significativa riduzione delle richieste energetiche, al risolvimento delle stato di disidratazione e
delle alterazione elettrolitiche. Compatibilmente con quanto descritto nel cane, le diete destinate al
supporto nutrizionale nei gatti affetti da pancreatite acuta presentano caratteristiche specifiche
correlate all’elevato grado di digeribilità e di assorbimento, all’elevata efficienza nell’utilizzo
metabolico e nella riduzione del residuo alimentare, alla facilità di somministrazione. Tra le diete
commerciali, le diete polimeriche (contenenti macronutrienti proteici) vengono utilizzate in maniera
prevalente per la maggiore disponibilità di reperimento e per l’equivalente impiego rispetto alle
diete a formulazione definita (contenenti peptidi e principi nutritivi elementari e polimerici in forma
pre-digerita) destinate a condizioni di ridotta funzionalità intestinale (tabella XI). Nel gatto
particolare importanza riveste la supplementazione di amminoacidi essenziali quali taurina (250mg
/giorno), arginina ( 250 mg/giorno) e glutammina (> 500 mg/giorno) . Le quantità in Kcal da fornire
con la EN nel gatto affetto da pancreatite acuta sono all’incirca pari a 40 – 60 Kcal/Kg/giorno
comparabili al calcolo ottenuto dalla MER (Metabolic Energy Requirements = RER x 1,3). Le
quantità in Kcal ottenute dal calcolo della MER sono convertite in mL/Kg/giorno a seconda della
densità calorica espressa dalla formulazione dietetica (es. Clini Care = 1 Kcal /1,0 ml, se 180 Kcal
sono le Kcal espresse dalla MER per un gatto di 3 Kg 180 ml è il volume da somministrare al gatto
al giorno) e somministrate in maniera graduale e progressiva (tabella XII). La somministrazione
enterale può avvenire attraverso l’uso di pompe specifiche per EN (es. Medfusion 2012, Kangaroo),
ideali per ottenere un’infusione costante, o per semplice caduta utilizzando una sacca (bottiglia)
vuota di fluidi collegata alla sonda alimentare attraverso un deflussore. La dieta non deve essere
somministrata fredda ma ad una temperatura compresa tra i 25 ed i 35°C per evitare contrazioni o
crampi intestinali ed occorre effettuare costante pulizia del lume della sonda alimentare mediante
l’infusione di 3- 5 ml di soluzione fisiologica tiepida prima e dopo l’utilizzo. Il pasto enterale deve
essere controllato e sostituito al massimo ogni 8 ore per evitare alterazioni organolettiche e
igieniche dello stesso. Il monitoraggio clinico (dolorabilità addominale, scialorrea, nausea, vomito,
diarrea), e laboratoristico (iperglicemia, alterazioni elettrolitiche, Na, K, P) è sempre indicato
durante e dopo la
somministrazione delle nutrizione enterale, in particolare in relazione alla
somministrazione di diete al elevata densità calorica e in quantità significative.
Terapia pancreatite cronica
Nella pancreatite cronica la sintomatologia è spesso vaga o assente, il gatto può presentare episodi
intermittenti di inappetenza ed un atteggiamento meno reattivo in concomitanza alle possibili
recidive di infiammazione o alla progressione e all’estensione della stessa. Nella pancreatite cronica
inoltre un ruolo significativo anche se ancora oggi non del tutto chiarito spetta alla presenza di
malattie infiammatorie concomitanti quali colangite-colangioepatite e la IBD ed alla gestione
terapeutica delle stesse. Da un punto di vista generale, la terapia delle pancreatite cronica nel gatto
si basa sulla gestione dei principali sintomi clinici e clinico-patologici, sulla correzione dei deficit di
fluido-elettrolitici e del dolore addominale. La presenza di inappetenza – anoressia, associata spesso
a perdita di peso e dimagrimento rappresenta in aggiunta un altro aspetto importante nella gestione
del paziente affetto da pancreatite cronica. In questo senso può essere considerata, oltre la
correzione degli eventuali squilibri idro-elettrolitici, la somministrazione di farmaci antiacidi quali
ranitidina (1-2 mg/kg PO, SC ogni 12), famotidina (0,5 – 1 mg/ kg PO, sc ogni 12 ore) , omeprazolo
(1 mg/kg PO ogni 24 ore ) e di farmaci procinetici che agiscono sul tratto gastro-enterico prossimale
quale la metoclopramide (0,2 -0,3 mg/Kg SC- PO singolarmente ed in associazione. La perdita di
peso e il dimagrimento spesso associati ad inappetenza devono essere considerati come possibili
complicazioni associate alla presenza di malattie gastro-enteriche croniche, la diagnosi e
trattamento delle quali risulta indispensabile per la risoluzione della sintomatologia. Alcuni autori
considerano l’impiego di farmaci oressizzanti quali la mirtazapina (1,88 mg/gatto ogni 72 ore),
farmaco già utilizzato in gatti con malattia renale cronica24 che esplica anche effetti antiemetici e di
controllo sulla nausea, e la ciproeptadina (1 - 2mg/gatto PO ogni 12-24 ore)6. La deficienza di
cobalamina è spesso osservata nei gatti affetti da pancreatite cronica in relazione alla presenza
concomitante di malattia gastro-enterica cronica. L’ipocobalaminemia può essere associata ad una
significativa alterazione dell’assorbimento intestinale e in forma grave, allo sviluppo di segni
neuromuscolari. La supplementazione di cobalamina avviene preferenzialmente per via parenterale
(250 µg/iniezione SC ogni 7 giorni per 6 giorni, poi una iniezione SC dopo 30 giorni e la
valutazione della concentrazione plasmatica di cobalamina a distanza di 30 giorni) ed appare inoltre
associata ad effetti oressizzanti. La riluttanza tradizionale all’impiego dei corticosteroide in questa
specie è legata dal ruolo che è stato attribuito a queste sostanze quali fattori eziopatogenetici di
rilievo nell’induzione della pancreatite. I corticosteroidi esplicano un azione anti-infiammatoria ad
ampio spettro e possono rivestire un significato particolare nella modulazione della risposta
infiammatoria a carico del parenchima pancreatico in relazione alla capacità di aumentare il grado
di apoptosi e di conseguenza la concentrazione delle Proteine-Associate a Pancreatite (PAP) che
esplicano un effetto protettivo sul tessuto pancreatico nei confronti dell’infiammazione 25. L’uso di
corticosteroidi è recentemente oggetto di valutazione in medicina umana nel trattamento della
pancreatite acuta e della pancreatite cronica in relazione alle forme di pancreatite immuno-mediata.
Inoltre sono state recentemente pubblicate in medicina umana le linee guida per l’uso razionale dei
corticosteroidi in corso di insufficienza surrenalica secondaria al grave stato infiammatorio (CIRCI
Critical Illness-Related Corticosteroid-Insufficiency) che si verifica in quelle condizioni di assoluta
resistenza tissutale agli effetti dei corticosteroidi secondaria ad un grave e prolungato stato
infiammatorio26. L’impiego di farmaci antiossidanti può essere considerato interessante in relazione
al ruolo fondamentale che lo stress ossidativo può avere nella patogenesi della pancreatite cronica
nel mantenimento dello stato infiammatorio e della sua progressione27. Il maggior farmaco
antiossidante utilizzato nel gatto è il SAMe (S-adenosyl-metionina) un importante metabolita
epatocellulare e donatore di glutatione con effetti antiossidanti epatici e sistemici. Il dosaggio
maggiormente utilizzato è di 35 – 60 mg/Kg PO a stomaco vuoto ogni 24 ore. Il SAMe può,
similmente a quanto avviene in medicina umana, venir associato ad altri antiossidanti quali vitamina
C, Vitamina E e selenio.
Punti chiave
 La pancreatite rappresenta ad oggi l’affezione del pancreas esocrino più comune nel gatto, a
fronte dell’elevata prevalenza (67%) delle lesioni istopatologie compatibili con la presenza
di pancreatite ancora oggi nel gatto la diagnosi ante-mortem appare difficoltosa.
 La classificazione della pancreatite del gatto è su base isto-patologica (pancreatite acuta
necrotizzanta, suppurativa, pancreatite cronica non-suppurativa) e clinica legata alla gravità
dell’infiammazione.
 La pancreatite cronica è nel gatto la forma più diffusa che decorre con sintomatologia
assente, vaga e aspecifica ed è frequentemente associata a malattie concomitanti a carattere
cronico (IBD, colangio-epatite).
 Le alterazioni emato-biochimiche sono aspecifiche e per lo più legate alla presernza di
patologie concomitanti o alla gravità dell’infiammazione acuta.
 Gli aspetti più significativi di diagnostica per immagine sono rappresentati dai rilievi
ecografici che però hanno una sensibilità molto variabile dal 11% al 68% in base alla
decorso e alla gravità della malattia. Inoltre appare condizionata da limiti tecnici e dalla
capacità dell’operatore.
 L’indagine ecografica e radiografica appaiono importanti nella diagnosi o nell’esclusione
delle malattie concomitanti.
 L’aumento delle lipasi pancreatiche specifiche fPL rappresenta il test più sensibile per la
diagnosi di pancreatite felina.
 Terapia della pancreatite acuta
Fluido terapia di rimpiazzo e reidratante per il ripristino della perfusione periferica e
della funzionalità del microcircolo (combinazione tra colloidi e cristalloidi per limitare
l’iperidratazione)
Controllo del dolore
Controllo del vomito e della nausea
Gestione Alimentare: ruolo centrale dell’alimentazione enterale in caso di pazienti
anoressici. Ricorso alla nutrizione Parenterale in caso di intolleranza alla prima ed in
corso di anoressia prolungata (1-3 giorni).

Terapia della pancreatite cronica
Diagnosi e gestione delle eventuali malattie concomitanti
Controllo della inappetenza
Controllo della nausea (antiacidi e modificatori della motilità)
Uso di oressizzanti (mirtazapina)
Correzione eventuale stati carenziali di cobalamina
Uso di corticosteroidi a dosi antiinfiammatorie (?)
Impiego di antiossidanti (SAMe)
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Fig. 1
Fig 2 Gatto: pancreatite cronica (per gentile concessione Della Salda L, Università di Teramo)
Fig 3. GAtto con pancreatite acuta: steatonecrosi
Fig. 4: gatto con pancreatite acuta e formazione pseudocistica
Fig. 5 Gatto con pancreatiite cronica
Fig. 6. Gatto con pancreatite cronica: aspetti disomogenei dell’ecogenicità del parenchima.
Fig. 7 Gatto con colangite e pancreatite cronica: dilatazione del dotto biliare, duodenite e
pancreatite
Fig.8 Gatto con pancreatite acuta. Lobo sinistro del pancreas: grave infiammazione del parenchima,
steatonecrosi.
Fig.9 Gatto con pancreatite acuta. Lobo destro pancreatico: alterazione dell’ecogenicità del
parenchima pancreatico, reattività del tessuto peripancreatico e duodeno.