Tiziana«Clausura, la mia scelta di vita»

18 LA CITTÀ
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SABATO 8 NOVEMBRE 2014 GIORNALE DI BRESCIA
Storia&Storie
Tiziana «Clausura, la mia scelta di vita»
Professione perpetua domani in Cattedrale per la suora di Gussago delle Clarisse Cappuccine
«La preghiera è un mezzo privilegiato per far coesistere le contraddizioni del mondo»
ll’inizio fu il desiderio
della nonna, donna
concreta di forti principi religiosi, con una
fede declinata nella vita quotidiana senza la necessità di approfondimenti teologici. Avrebbe tanto voluto che almeno una
delle cinque nipoti si consacrasse, forse proiettando nella discendenza una vocazione personale rimasta chiusa nell’animo.
«Dicevo a Silvia, mia sorella gemella, di farsi suora lei. A me, a
dire il vero, le suore erano sempre state antipatiche, sempre attente e presenti nella mia prima
giovinezza, quasi volessero determinare la mia vita». Era Tiziana Zanetti adolescente, con gli
atteggiamenti di ribellione opportuni a quell’età.
Ma i segnali non tardarono a
manifestarsi. Certo, confusi,
conflittuali, acerbi. Anche destabilizzanti, perché no, come
quando un sentimento profondo si impossessa della propria
vita e qualsiasi tentativo di resistenza ne esce sconfitto. «Ricordo che in prima superiore l’insegnante di religione - frequentato l’Istituto Golgi per diventare
operatore chimico-biologico ci fece svolgere un tema sulle
nostre aspirazioni. Nelle righe
di commento, scrisse: e se Dio ti
chiamasse a seguirlo? Questa
domanda mi mandò in crisi totale perché aveva toccato un
nervo scoperto. Giravo per casa
ripetendo: io non mi farò mai
suora. Durò una settimana, poi
tutto tornò alla normalità».
Tiziana terminò le superiori,
ma qualcosa la lasciava insoddisfatta e inquieta al punto che il
fidanzato di allora le disse: «Ma
sei sicura che io sia la persona
giusta per te? In realtà, io non
riesco a seguirti».
La ragazza di Gussago aveva già
iniziato la fuga. Ma non per fuggire, anzi.
L’immagine, forte, è quella che
lei ha descritto alla vigilia della
professione perpetua che si terrà domani in Cattedrale, riferendosi alla sua scelta di clausura:
«Non è un allontanarmi dalla vita, anzi. Essere fisicamente presente non significa essere solidale con le persone. Un esempio? Se vivo nel dettaglio della
città, percorrendo una via, non
posso avere la visione di tutta la
città, ma solo di quell’angolo.
Per avere una veduta d’insieme
devo guardarla da un’altra prospettiva, magari dal Castello:
questo significa essere distante, non separata. Significa accogliere sulla mia carne le fatiche
dell’umanità. Anche Paolo VI
sosteneva che la Chiesa deve essere esperta in umanità. Devo
dire che, dalla distanza della comunità, anche i rapporti con la
famiglia sono rinati, con modalità diverse, nemmeno paragonabili a quelle di prima. Da qui
sono solidale con le debolezze e
le fatiche degli esseri umani:
non sono sul campo, ma non
avrei potuto esserlo, nemmeno
se fossi rimasta a casa».
Dopo il diploma, Tiziana ha iniziato un percorso di discernimento perché, sottolinea, «la vita è una sola e io non posso metterci delle toppe». Si è iscritta comunque a Biotecnologie farmaceutiche alla Statale di Milano,
con l’obiettivo di diventare ri-
A
Le immagini
■ Suor Cristiana, Santa Chiara
e il monastero di clausura
cercatrice.
Ma i segnali erano sempre presenti,al puntoche le sue compagne di studi dissero alla sorella
gemella: «Secondo noi Tiziana
ha la vocazione: non ha un fidanzato, e nemmeno lo cerca,
ed è molto più serena di noi che
l’abbiamo». Si è laureata e si è
poi iscritta a Scienze religiose alla Cattolica. «Perché desideravo avere anche una formazione
più umanistica. Quando ho iniziato a studiare, avevo la sensazione che la mia testa si stesse
rompendo, perché gli interrogativi sull’uomo e l’universo erano parecchi per me che, in modo più facile nella loro complessità, mi ero nutrita di certezze
scientifiche».
La prima esperienza in un’istituzione religiosa non di clausura le fece capire chiaramente
che quella alla vita attiva, con
declinazione particolare al servizio di alcune persone, non era
la sua vocazione. «La mia vita
doveva accogliere tutti». Tornò
a casa, con un grosso buco nero
che si era aperto sulla sua esistenza. «Forse avevo capito male, forse non c’era alcuna chiamata» si ripeteva. Ed iniziò a frequentare delle persone con la
prospettiva di formare una famiglia. Una fase che lei ora definisce «un’esperienza nella libertà che Dio concede anche quando chiama».
«Ma solitudine e inquietudine
erano le compagne delle mie serata ed avevano sostituito la gioia che provavo quando pensavo di consacrarmi. A scuotermi
ci pensò mia sorella Silvia, che
un giorno, a bruciapelo, mi disse: "Cosa stai facendo della tua
vita?" Fu come una tegola sulla
testa: volevo essere felice ed avevo capito che la modalità poteva essere la clausura, malgrado
mio padre mi avesse detto che
non mi avrebbe mai dato la sua
benedizione se avessi scelto di
diventare missionaria o di entrare in un monastero di clausura».
A 25 anni, nel settembre 2006,
Tiziana Zanetti andò a vivere
nella Comunità monastica delle Clarisse Cappuccine in via
Arimanno, in città.
Dapprima, per un breve periodo.Poi, per sempre. Con la vestizione, due anni dopo, scelse il
nome di Maria Cristiana del
Dio Vivente.
Anni di formazione intensa, ma
anche di isolamento nei confronti dell’esterno - «il legame
più sanguinoso da recidere è
stato quello con mia sorella gemella» - hanno caratterizzato il
percorso della giovane. «I pensieri erano molti e mai come in
quel tempo avevo bisogno di risposte ai miei interrogativi. Al
confronto tra l’ideale e il reale,
tra il Vangelo e la morale. Ci vuo-
le tempo, prima di capire e di
riuscire a portare il peso della
fraternità. All’inizio, ero più insofferente, anche alla fatica fisica e agli orari della vita monastica. Ma la preghiera è il mezzo
privilegiato per far coesistere le
contraddizioni e le cose incomplete e imperfette».
Negli anni di noviziato suor Maria Cristiana ha incontrato l’angoscia, un sentimento mai provato prima. «Non era disperazione, ma la fatica di imparare a
viversi interiormente. Non è stato facile, ma la gioia e la serenità
di fondo mi hanno fatta rimanere. In monastero ho imparato
ad accogliere l’umanità».
Domani, giorno della cerimonia della professione solenne,
avrebbe compiuto gli anni suo
padre. Quel padre che se n’è andato due anni fa, poco dopo la
visita settimanale della figlia
suora al suo capezzale. «Sono
emozionata e commossa- confessa -. È un evento particolare,
soprattutto perché si svolge in
Cattedrale a dimostrazione che
questo monastero fa totalmente parte della Chiesa bresciana.
Vive nel cuore della città, non è
qualcosa di appiccicato. Domani, poi, è anche il giorno della
Dedicazione della Basilica Lateranense, la prima Chiesa cristiana che ha preceduto la nascita
di San Pietro».
Anna Della Moretta
La giornata La preghiera scandisce il tempo
Sveglia alle 5.30 del mattino e quattro volte la settimana anche a mezzanotte
uor Maria Cristiana, anche dopo la consacrazione con la professione
perpetua, continuerà a
vivere nel monastero delle Clarisse Capuccine di via Arimanno. Le Clarisse sono le religiose
dei numerosi istituti religiosi
femminili derivati dalle comunità fondate dai santi Francesco e Chiara ad Assisi nel 1212.
La comunità di Brescia è formata da dieci suore.
Ma qual è la scansione del tempo nel monastero di clausura
dove vive suor Maria Cristiana?
S
Sveglia alle 5,30 del mattino; alle 6 preghiera con le lodi; alle
6,30 meditazione personale; alle 7,10 la celebrazione eucaristica e alle 8 l’ora terza. Poi, la colazione e l’inizio dei vari lavori
all’interno del monastero fino
alle 11,30, quando la comunità
recita il rosario e si riunisce per
l’ora sesta. Intorno a mezzogiorno il pranzo e la ricreazione fino
alle 13,30. Da quell’ora inizia il
ritiro, in silenzio.
Alle 14,40 preghiera per l’ora nona. Dopo le 15 riprendono le attività lavorative, fino alle 17,45
quando si celebra il Vespro, la
meditazione alle 18,10 e la cena
alle 19,10. L’ultima preghiera
comunitaria è alle 20,15 (la compieta). Due giorni alla settimana nel pomeriggio si svolge la
lettura comunitaria e due giorni ci sono le prove di canto.
Ancora, quattro giorni alla settimana, a mezzanotte, le monache si alzano per la preghiera
dell’ufficio della lettura.
La domenica pomeriggio è libera da impegni.
«È stato molto faticoso, all’inizio, adattarmi ai ritmi del monastero - racconta suor Maria Cri-
stiana -. All’interno ho trovato
un’accoglienza ed un confronto di grande umanità con tutte
le consorelle, in particolare con
madre Elena. Dopo la professione solenne la mia vita di preghiera continuerà all’interno
del monastero, anche se avrò
voce in capitolo».
Domani, domenica, la cerimonia di consacrazione della professione perpetua di suor Maria
Cristiana, al secolo Tiziana Zanetti, si svolgerà in Cattedrale alle 15,30.
La celebrazione sarà presieduta dal Vescovo, monsignor Luciano Monari.