Trattamento chirurgico di lesioni radiotrasparenti

Trattamento chirurgico di lesioni radiotrasparenti mascellari bilaterali
Trattamento chirurgico di lesioni
radiotrasparenti mascellari bilaterali
Alessandro Di Marco*, Martina Sicilia**, Clotilde Austoni***,
Luca Balducci****, Tommaso Ghedini*****
Obiettivi: descrivere il caso di un paziente sottoposto a due interventi di chirurgia orale per l’enucleazione di
lesioni radiotrasparenti mascellari bilaterali coinvolgenti gli apici degli elementi dentari 16-17-27. Materiali
e metodi: è stato trattato un paziente affetto da lesioni radiotrasparenti mascellari bilaterali. Il trattamento
è consistito nell’avulsione degli elementi, contestuale enucleazione delle lesioni radiotrasparenti e chiusura
della comunicazione oro-antrale a livello del III sestante. Risultati e conclusioni: i controlli clinici eseguiti
a distanza di 7-14 giorni e dopo 2 mesi dall’intervento e il controllo radiografico a 4 anni rivelano un’ottima
guarigione e la completa risoluzione del quadro patologico.
Parole chiave: Cisti mascellare, Enucleazione cisti, Marsupializzazione, Lembo di Rehrmann, Chirurgia orale.
*Specialista in Chirurgia Orale, Responsabile Unità di Chirurgia
Orale I, Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Scienze
Biomediche, Chirurgiche e Odontoiatriche, IRCCS Istituto
Ortopedico Galeazzi, Clinica Odontoiatrica, Direttore: Prof.
Roberto L. Weinstein - Indirizzo mail: [email protected]
**
Laureanda CLOPD, frequentatrice Unità di Chirurgia Orale
– Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Scienze
Biomediche, Chirurgiche e Odontoiatriche, IRCCS Istituto
Ortopedico Galeazzi, Clinica Odontoiatrica, Direttore: Prof.
Roberto L. Weinstein - Indirizzo mail: [email protected]
***
Laureata in Odontoiatria e Protesi Dentaria - Università
degli Studi di Milano, Dipartimento di Scienze Biomediche,
Chirurgiche e Odontoiatriche, IRCCS Istituto Ortopedico
Galeazzi, Clinica Odontoiatrica, Direttore: Prof. Roberto L.
Weinstein - Indirizzo mail: [email protected]
****
Laureato in Odontoiatria e Protesi Dentaria, medico
frequentatore Unità di Chirurgia Orale - Università degli Studi
di Milano, Dipartimento di Scienze Biomediche, Chirurgiche
e Odontoiatriche, IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi, Clinica
Odontoiatrica, Direttore: Prof. Roberto L. Weinstein
- Indirizzo
mail: [email protected]
*****
Specializzando in Chirurgia Orale - Università degli Studi di
Milano, Dipartimento di Scienze Biomediche, Chirurgiche e
Odontoiatriche, IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi, Clinica
Odontoiatrica, Direttore: Prof. Roberto L. Weinstein - Indirizzo
mail: [email protected]
Indirizzo per la corrispondenza:
Martina Sicilia
Via Columella, 10
20128 Milano
E-mail: [email protected]
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Introduzione
Le cisti dei mascellari rappresentano una delle più frequenti patologie nell’ambito della chirurgia orale. Si tratta
di lesioni caratterizzate da una cavità patologica ripiena di
liquido delimitata da un rivestimento esterno di tipo connettivale e da una parete interna epiteliale. Si sviluppano
in seguito a un meccanismo degenerativo, non ancora del
tutto chiarito, che porterebbe all’attivazione dei residui
epiteliali intrappolati nelle ossa mascellari. Le due ipotesi
più accreditate per quanto riguarda i meccanismi di crescita sono la teoria idrostatica e la teoria prostaglandinica.
Sulla base della prima, la degenerazione delle cellule epiteliali provocherebbe l’accumulo di residui nella cavità cistica con aumento della pressione osmotica e richiamo di
liquidi tissutali all’interno della stessa. Tale aumento della
pressione idrostatica a livello delle pareti della lesione agisce come stimolo all’attivazione degli osteoclasti presenti
all’esterno della parete cistica portando al riassorbimento
osseo e all’espansione della lesione. La teoria prostaglandinica, invece, attribuisce l’attivazione degli osteoclasti anche alla presenza di prostaglandine PGE-2 e prostacicline
liberate dalle cellule epiteliali e dalla capsula connettivale
che circonda l’epitelio cistico1-3.
Nel 1992 Kramer, Pindborg e Shear propongono una
classificazione delle cisti dei mascellari, valida ancora oggi,
che prevede la suddivisione in 4 classi principali: cisti di
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origine disembriogenetica (odontogene, non odontogene), cisti di origine infiammatoria (odontogene), cisti neoplastiche e pseudocisti4.
La diagnosi si basa su anamnesi, esame obiettivo e indagini strumentali.
La visita deve essere condotta seguendo i princìpi della
semeiotica classica.
Nelle fasi iniziali, quando la neoformazione è di dimensioni modeste e non ha ancora portato ad alterazioni
morfologiche e delle corticali, i segni apprezzabili clinicamente sono minimi o addirittura assenti. La mancanza di
sintomatologia e l’aspetto normale della mucosa in colore
e consistenza impediscono al clinico una diagnosi precoce
della patologia. Spesso la scoperta della lesione avviene
in modo del tutto casuale durante l’esecuzione d’indagini
radiografiche nel corso di visite odontoiatriche routinarie.
Particolare importanza va riservata all’esame extraorale,
condotto sempre tramite ispezione e palpazione, che permette di apprezzare lo sviluppo della lesione, l’alterazione
dei contorni ossei e un’eventuale reazione linfonodale. La
palpazione può inoltre determinare dolenzia o dolore, in
particolare in caso di cisti sovrainfette.
In caso di sovrainfezione e di usura delle pareti ossee
si può riscontrare un senso di tensione locale e dolenzia
dovuto al coinvolgimento del periostio. Si può riscontrare
inoltre la presenza di fistole mucose con secrezione purulenta. Normalmente non sono presenti alterazioni sensoriali in seguito al coinvolgimento di tronchi nervosi, quali
ad esempio il nervo alveolare inferiore, che solitamente
vengono solo dislocati dalla spinta idrostatica della cisti.
La comparsa di alterazioni della sensibilità nei territori d’innervazione delle branche del trigemino deve sempre far
sospettare l’infiltrazione del tronco nervoso e quindi la natura neoplastica della lesione.
Radiograficamente si presentano sotto forma di aree
radiotrasparenti abbastanza uniformi, tondeggianti o ellissoidali, a margini netti con un orletto sclerotico più radiopaco dovuto ad una reazione ossea alla periferia della
lesione. Possono essere uni o multiloculari.
L’ortopantomografia è l’indagine radiografica standard:
definisce bene forma e dimensione della lesione. Fornisce
però un’immagine bidimensionale con possibile sovrapposizione di altre strutture e non permette di valutare il
grado di alterazione della struttura ossea, del riassorbimento delle corticali e dell’eventuale coinvolgimento dei
tessuti molli.
Le radiografie endorali possono essere utili per lesioni
di piccole dimensioni.
La tomografia computerizzata è l’indagine più affidabile per ottenere dettagli riguardo a forma, dimensioni,
densità del contenuto endocistico, erosione delle corticali,
rapporti con strutture anatomiche contigue.
La diagnosi clinica e radiografica è presuntiva, solo l’esame istologico è in grado di porre una diagnosi definitiva.
Poiché nella maggioranza dei casi le cisti presentano
un aspetto radiografico tale da orientare precisamente la
diagnosi; normalmente l’esame istologico viene fatto sul
pezzo operatorio dopo la sua totale rimozione, eseguen-
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do, quindi, una biopsia di tipo escissionale. In tutti i casi in
cui si sospetti una lesione di altra natura è sempre indicato
eseguire inizialmente un agoaspirato che consenta di verificare se il contenuto della stessa è liquido (tipico delle
cisti) o solido (tipico dei tumori) oppure una biopsia incisionale. La tecnica dell’agoaspirato è particolarmente indicata quando la lesione ha eroso le pareti ossee e appare
appena al di sotto dei tessuti molli.
Il trattamento di prima scelta delle cisti è rappresentato dalla enucleazione della lesione in toto (tecnica di
Partsch 2) mentre la seconda scelta è rappresentata dalla
marsupializzazione (tecnica di Partsch 1). Esiste inoltre la
possibilità di trattarle con un’iniziale intervento di marsupializzazione seguito a distanza di tempo dall’enucleazione (tecnica combinata), quando le condizioni anatomiche
e topografiche di riduzione della cisti lo permettano.
L’enucleazione consiste nella rimozione completa in
un’unica seduta operatoria. La cavità ossea residua va incontro a guarigione spontanea con rigenerazione ossea
grazie ad un meccanismo di organizzazione del coagulo
ematico.
Nel caso in cui l’enucleazione esponga a rischi intraoperatori (frattura mandibolare, lesioni neurovascolari, lesioni di denti vitali) oppure in caso di cisti che contengano
elementi dentari che devono essere recuperati, perché
funzionalmente importanti, è indicato procedere con la
marsupializzazione il cui scopo è quello di far comunicare
la cisti con il cavo orale con conseguente decompressione
della lesione. La caduta pressoria determinerà un blocco
dell’attività osteoclastica e una stimolazione alla riparazione con attivazione degli osteoblasti con una progressiva
riduzione delle dimensioni della lesione.
La tecnica combinata consiste nella iniziale marsupializzazione seguita, una volta ridottosi il volume della cisti,
dalla enucleazione, agevolata dall’ispessimento dell’epitelio cistico5-7.
Materiali e metodi
Descrizione del caso
Giunge alla nostra osservazione un paziente di sesso
maschile, 25 anni di razza caucasica, inviato dal proprio
medico curante a seguito del riscontro occasionale dopo
l’esecuzione di un’ortopantomografia di lesioni radiotrasparenti bilaterali a livello del mascellare superiore.
Dall’anamnesi non emergono patologie degne di nota.
All’esame obiettivo intraorale le mucose appaiono rosee
e alla palpazione non sono apprezzabili zone edematose
(Figg. 1, 2).
L’ortopantomografia rivela la presenza di due aree radiotrasparenti localizzate una a livello degli apici degli
elementi 16 e 17 e l’altra in corrispondenza dell’apice di
27, entrambe con apparente interessamento del seno mascellare. Per valutare i rapporti di contiguità con le strutture adiacenti e per programmare al meglio l’approccio
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chirurgico, viene prescritta una TC spirale con sezioni Dentalscan. La visione delle scansioni tridimensionali ha permesso di confermare la presenza di ampie lesioni a livello
del mascellare superiore coinvolgenti gli elementi 16, 17,
27 ed estese ai seni (Figg. 3-6).
L’anamnesi, l’esame clinico e le indagini radiografiche
orientano verso una diagnosi di cisti mascellari bilaterali.
Il piano di trattamento proposto prevede l’avulsione
degli elementi dentari valutati non mantenibili e la contestuale enucleazione delle lesioni con successiva chiusura
delle eventuali comunicazioni oro-antrali. Vengono programmate due sedute operatorie.
Trattamento
Il primo intervento, a carico del mascellare superiore
destro, si esegue in sedazione cosciente con assistenza
anestesiologica per il monitoraggio delle funzioni vitali
somministrando per via endovenosa Ipnovel® 3mg (Midazolam) e Ultiva® 1mg (Remifentanil cloridrato). A scopo
profilattico, trenta minuti prima della seduta operatoria, si
somministra Amplital® 2 mg (Ampicillina) diluito in 250 cc
di soluzione fisiologica.
Previa anestesia plessica del I sestante con articaina cloridrato 40 mg/ml, soluzione iniettabile con vasocostrittore 1:100000, si procede con un’incisione intrasulculare sul
Fig. 1 Visione pre-operatoria I sestante.
Fig. 2 Visione pre-operatoria III sestante.
Fig. 3 Fig. 4 Fig. 5 Fig. 3-6 OPT e sezioni TC.
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versante vestibolare da 17 a 15, scolpita mediante lama
15C, con rilasci verticali mesiale a 15 e distale a 17 (Fig. 7)
e all’elevazione di un lembo mucoperiosteo. Si prosegue
con la fase ostectomica a carico della corticale vestibolare,
eseguita utilizzando un manipolo piezoelettrico (Mectron
Piezosurgery®) con inserto OT1 e con l’ausilio di cucchiai di
Lucas (Figg. 8, 9). A questo punto la lesione, visibile al di
sotto del piano osseo, è aspirata (Fig. 10) in modo da ridurre
la pressione all’interno e, quindi, il volume per facilitare il
successivo clivaggio mediante scollatori. Contestualmente
all’avulsione degli elementi dentari 16 e 17, viene enucleata la lesione associata agli apici radicolari di 16 (Figg. 11,
12). Si procede con la revisione del sito chirurgico con cucchiai di Lucas (Fig. 13); viene posizionata vestibolarmente
una membrana in collagene riassorbibile Bio-Gide® 30 x
40 mm e si sutura con un monofilamento non riassorbibile (Monosoft 4/0) (Fig. 14). Al termine dell’intervento si
somministrano al paziente, per via endovenosa in un unico
Fig. 7 Incisione intrasulculare zona 17-15 con scarichi distale
e mesiale.
Fig. 8 Ostectomia vestibolare con manipolo piezoelettrico e
cucchiaio di Lucas.
Fig. 9 Ostectomia vestibolare con manipolo piezoelettrico e
cucchiaio di Lucas.
Fig. 10 Aspirazione del contenuto della lesione.
Fig. 11 Avulsione elementi dentari e contestuale enucleazione lesione.
Fig. 12 Dettaglio lesione.
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bolo, Soldesam® 8 mg (Desametasone), Zofran® 4 mg (Ondasetron cloridrato) e Toradol® 30 mg (Ketorolac).
Vengono infine impartite le istruzioni post-operatorie
e prescritti Fluimucil® antibiotico (Tiamfenicolo glicinato
acetilcisteinato) (2 aerosol per 10 giorni), Amoxicillina 1 g
(2 volte al giorno per 7 giorni), Naprossene sodico 550 mg
(2 volte al giorno per 5 giorni) e in ultimo Clorexidina collutorio 0,2% (2 sciacqui al giorno per 7 giorni). La lesione
rimossa è inviata al laboratorio di Anatomia ed Istologia
Patologica (Azienda Ospedaliera San Paolo – Polo Universitario) per esame istologico.
A distanza di 2 mesi si esegue l’intervento a carico del
mascellare superiore sinistro. Viene prescritta una dose
pre-operatoria di antibiotico (2 g di Amoxicillina per os
1 ora prima dell’intervento). Previa anestesia plessica del
III sestante con articaina cloridrato 40 mg/ml, soluzione
iniettabile con adrenalina 1:100.000, si procede con l’allestimento di un lembo trapezoidale esteso dall’elemento 27
al 24 (Fig. 15). Mediante ostectomia con manipolo piezoelettrico si accede al seno mascellare sinistro in zona 26-27;
estratto l’elemento 27 si rimuove la lesione e la mucosa sinusale (Fig. 16). Segue la revisione della cavità residua con
cucchiai di Lucas (Fig. 17) e il posizionamento di spugne di
collagene emostatico nell’alveolo di 27. Si procede quindi
alla chiusura facendo ricorso al lembo di Rehrmann. Per
mobilizzare il lembo allestito precedentemente si esegue
un’incisione periostale (Fig. 18); verificata l’assenza di tensione, si procede con il posizionamento di una membrana
riassorbibile in collagene Bio-Gide® 30 x 40 mm (Fig. 19) e
si sutura con monofilamento non riassorbibile (Monosoft
4/0) (Fig. 20). Anche in questo caso, la lesione asportata è
inviata al laboratorio di Anatomia ed Istologia Patologica
(Azienda Ospedaliera San Paolo – Polo Universitario) per
esame istologico.
Al termine dell’intervento vengono impartite le istruzioni post-operatorie al paziente e prescritti Amoxicillina
875 mg + Acido Clavulanico 125 mg cpr (1 cpr 2 volte al
giorno per 10 giorni), Fluimucil® antibiotico (Tiamfenicolo
glicinato acetilcisteinato) (2 aerosol per 10 giorni), Naprossene sodico 550 mg (2 volte al giorno per 5 giorni), Clorexidina collutorio 0,2% (2 sciacqui al giorno per 10 giorni).
Gli Autori dichiarano che, prima dell’arruolamento nello
studio, è stato ottenuto il consenso informato dal paziente.
Fig. 13 Revisione cavità residua.
Fig. 14 Sutura I sestante.
Fig. 15 Incisione intrasulculare zona 24-27 con scarichi distale e mesiale.
Fig. 16 Enucleazione lesione dopo exo 27.
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Risultati
Per entrambi gli interventi si adotta la stessa procedura
di follow-up.
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Il paziente si presenta 7 giorni dopo con una buona
guarigione dei tessuti molli. Al controllo riferisce assenza
di sintomatologia algica. Dopo 14 giorni vengono rimosse
le suture. Il referto istologico relativo alla lesione del mascellare superiore destro conferma la diagnosi preliminare
di cisti odontogena radicolare con associata intensa flogosi cronica.
Per quanto riguarda la lesione del mascellare sinistro, la
diagnosi istopatologica rivela un frammento di mucosa e
sottomucosa di tipo respiratorio con intensa flogosi acuta
e cronica, inglobante frammenti ossei; nelle sezioni esaminate non si reperta epitelio odontogeno.
Il piano di trattamento prevede un controllo clinico a
distanza di 2 mesi da ciascun intervento, controllo clinico
(Figg. 21, 22) e radiografico dopo 4 anni con nuova ortopantomografia (Fig. 23) e radiografie endorali a livello del I
(Fig. 24) e III (Fig. 25) sestante in cui si riscontra una buona
guarigione dei tessuti duri e assenza di eventuali recidive.
Fig. 17 Revisione cavità residua.
Fig. 18 Incisioni periostali.
Fig. 19 Posizionamento membrana riassorbibile.
Fig. 20 Sutura III sestante.
Fig. 21 Controllo a 4 anni I sestante.
Fig. 22 Controllo a 4 anni III sestante.
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Fig. 23 OPT a 4 anni.
Fig. 24 Radiografia endorale I sestante a 4 anni.
Fig. 25 Radiografia endorale III sestante a 4 anni.
Discussione
ascesso, di una fistola e la diffusione a livello osseo, come
al suo cronicizzarsi.
Le cisti radicolari vengono generalmente considerate
come la diretta conseguenza della presenza di un granuloma periapicale, ma non tutti i granulomi si sviluppano
fino a dare una patologia di tipo cistico. La Letteratura
conferma infatti che solo una percentuale inferiore al 20%
presenta questo tipo di evoluzione11: di queste circa il 61%
possono essere considerate come delle vere e proprie cisti
radicolari mentre il restante 39% costituisce quel gruppo
di lesioni definite cisti “pocket”.
Qualora sia possibile la prima scelta nella terapia delle cisti radicolari deve essere il trattamento endodontico
del dente responsabile. Quando questo non porti ad una
regressione della patologia è consigliabile procedere chirurgicamente all’enucleazione della stessa, all’apicectomia
e alla successiva otturazione retrograda del canale. Allorché il dente presenti delle controindicazioni alla chirurgia
endodontica (anatomiche, parodontali, supporto osseo
limitato, fratture longitudinali, rapporto costi-benefici) è
indicata l’escissione della lesione cistica unitamente all’estrazione dell’elemento dentario coinvolto, seguita dall’esame istopatologico.
Nel caso trattato, il quadro anamnestico, l’esame obiettivo locale e le indagini radiologiche di primo e secondo
livello, permettono di formulare come ipotesi diagnostica
La cisti radicolare rappresenta la più frequente lesione
radiotrasparente dei mascellari8,9. Si sviluppa all’apice di un
dente erotto non vitale. Lo stimolo irritativo cronico sostenuto da citochine e fattori di crescita provoca una risposta
iperplastica dei residui epiteliali del Malassez, contenuti
nel legamento parodontale, che possono proliferare e dare
inizio alla formazione della cisti radicolare.
Patogeneticamente si può riconoscere come l’invasione batterica della polpa dentaria e il passaggio di germi
e tossine nel periapice sia il principale responsabile dell’iniziale risposta infiammatoria acuta che provoca un’immediata reazione da parte delle difese dell’ospite. Da un
punto di vista istopatologico, si osservano inizialmente
piccole modificazioni a livello del legamento parodontale nel terzo apicale e della spongiosa circostante. Quando
l’infezione periapicale si manifesta, i neutrofili vengono reclutati per aggredire i microrganismi presenti mentre i monociti e i macrofagi rilasciano leucotrieni e prostaglandine:
pochi giorni sono sufficienti per dare origine ad importanti
fenomeni osteolitici, responsabili dell’immagine radiotrasparente tipica di queste lesioni10.
A seguito di questa comune fase iniziale acuta possiamo assistere alla guarigione spontanea della patologia periapicale, ad una sua riacutizzazione con formazione di un
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la presenza di due cisti radicolari, originate probabilmente
da processi flogistici cronici a carico degli elementi devitalizzati inclusi nelle lesioni ed estese fino ai seni mascellari. Dopo aver valutato gli elementi dentari coinvolti non
trattabili e quindi non mantenibili, si decide di procedere
con la terapia chirurgica, ovvero con l’enucleazione delle
lesioni, associata all’estrazione degli elementi. L’ostectomia di accesso, tradizionalmente eseguita con fresa a rosetta montata su manipolo dritto a bassa velocità, è stata
realizzata in questo caso con manipolo piezoelettrico,
strumento sempre più utilizzato per la selettività di taglio
che permette di salvaguardare le strutture nobili. La cavità
residua viene riempita da osso neoformato grazie all’organizzazione del coagulo primario. L’uso di membrane in
collagene riassorbibile aumenta la stabilità dello stesso, a
favore di una guarigione completa e rapida con l’ottenimento di una restitutio ad integrum12.
Conclusioni
Le scelte terapeutiche per la risoluzione del caso si sono
rivelate corrette per il ripristino dell’integrità del mascellare superiore. Il paziente, a seguito degli interventi, è andato incontro a completa risoluzione del quadro patologico.
Il follow-up a distanza di 4 anni ha permesso di constatare
clinicamente la mancanza di alterazioni o segni di flogosi a
livello dei tessuti molli e radiograficamente la presenza di
neoapposizione ossea e assenza di recidive.
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