Settembre 2014 - Affari di Gola

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Supplemento al n. 33 de “La Rassegna” del 18 settembre 2014 - Giuseppe Ruggieri direttore responsabile Editrice: La Rassegna S.r.l. - via Borgo Palazzo 137, Bergamo
Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Bergamo - ? 2,60
settembre 2014
Meglio ampliare
la conoscenza
che aguzzare
la vista. Così
il cestino sarà ricco
di gustose alternative
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SETTEMBRE 2014
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tutt ondo rcino
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cop
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PENNA ALL’ARRABBIATA
Il meteo? Un carico da undici
sul groppone di tante insegne
6
16
IL PRODOTTO
Funghi, spontanee bontà
12 L'INTERVISTA
Agnelli (Ais):"Bergamo deve avere un luogo
dove promuovere tutti i vini del territorio"
16 L'ITINERARIO
20
Quelli che sul Bitto ci mettono la "faccia"
20 GASTRONOBIRRA
Direzione e Redazione: La Rassegna S.r.l. via Giuseppe Mazzini, 24- 24128 Bergamo - tel. 035 213030
- fax 035 224572 - [email protected] - Direttore responsabile: Giuseppe Ruggieri - In redazione:
Anna Facci - Opinionista: Pier Carlo Capozzi - Editrice: La Rassegna S.r.l., via Borgo Palazzo, 137 24125
Bergamo - Presidente: Ivan Rodeschini - Pubblicità:
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larassegna.it - Abbonamenti: www.larassegna.it tel. 035 4120304 Registrazione Tribunale di Bergamo N° 48 del 22 novembre 2001 - Collaboratori: Lara Abrati, Leo Bartoli, Marco Bergamaschi, Laura Bernardi
Locatelli, Leonardo Bloch, Laura Ceresoli, Fulvio Facci, Riccardo Lagorio, Roberta Martinelli, Lelia Parisi,
Rossana Pecchi, Fabrizio Pirola, Pierluigi Saurgnani,
Rosanna Scardi, Giordana Talamona, Donatella Tiraboschi - Impaginazione: Videocomp, Bg - Stampa: Litostampa Istituto Grafico, Bg
Birra nei bar e ristoranti,
la Quattroerre fa il punto
24 TENDENZE
Surgelati, passione quotidiana
28 GUSTI
Il ritorno dei formaggi spalmabili
32 LOCALE
Calusco,una “Conchiglia” piena
di sapori napoletani
e la storia continua...
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Il meteo? Un carico da undici
sul groppone di tante insegne
di Pier Carlo Capozzi
M
M
ia zia
zia mi
ia
mi dice
dice sempre
sempreche
cheililmeteo
meteol’hanno
l’hannoin-inventato per
per farci
ventato
farci chiacchierare
chiacchierare tra
tra noi.
noi.Forse
Forse
non
tutti i torti e, comunque
comunquelalasisipensi,
pensi,nei
nei
non ha tutti
mesi
mesi passati
passati abbiamo
abbiamo parlato
parlatocosì
cosìtanto,
tanto,alalriguardo,
riguardo,da
scorticarci la lingua.
da scorticarci la lingua.
E come se non bastasse un’estate che nessuno ha ancora
E come se pare
non bastasse
un’estate
nessuno ha
anincontrato,
che le previsioni
perche
le settimane
a venire
cora incontrato,
parecatastrofiche.
che le previsioni per le settimane
siano
assolutamente
Com’era
volta, quando
ci lamentavamo che non
a venire bello,
siano una
assolutamente
catastrofiche.
c’erano
le mezze
stagioni.
Com’erapiù
bello,
una volta,
quando ci lamentavamo che
Adesso non ci sono più nemmeno quelle intere.
non c’erano più le mezze stagioni.
E se le bizzarrie di Giove Pluvio hanno fatto contenti i venAdesso
non ci sono
più nemmeno
ditori
di ombrelli
e mantelle,
di certoquelle
non siintere.
può dire che il
E se le bizzarrie
di
comparto
dell’accoglienza
turistica e dei pubblici esercizi in
genere
ne siahanno
uscito
Giove Pluvio
trionfante.
fatto contenti i venQuante volte, in queditori di ombrelli e
sta sedicente estate,
mantelle,
di certo
ci
siamo sentiti
ripenon dal
si può
dire chedi
tere
ristoratore
turno:
“Eh, èdell’acun vero
il comparto
peccato,
una
coglienza avere
turistica
terrazza così bella,
e dei pubblici esercon un panorama
cizi in genere
ne sia
davvero
accattivante,
euscito
averlatrionfante.
potuta apparecchiare
Q u a n t e vquasi
o l t e , mai,
in
con
q u equesto
s t a s etempo!”
dicenCome se non bastaste estate, ci siamo
sero, all’esercente di
sentiti le
ripetere
turno,
tasse dal
che
ristoratore nome
di tur-e
cambiano
pure
numero
euro
no: “Eh,
è undivero
da
scucire,
il costo
peccato,
avere
una
del lavoro e delle materie prime, una clientela che ha le
terrazza così bella,
tasche più verdi dell’Irlanda.
con un panorama
averla potuEvidentemente
tuttodavvero
ciò nonaccattivante,
bastava e, pere sovrammercata apparecchiare
quasi
con questo
tempo!”
to,
s’è dato latitante
puremai,
l’anticiclone
delle
Azzorre. Con
le
conseguenze
del caso: all’esercente
la vendemmiadista
procedendo
Come
se non bastassero,
turno,
le tasasetentoni
e già si nome
parla di
percentuali
uve
che cambiano
e pure
numerospaventose
di euro da di
scuandate perse e, quindi, di vino da proporre. Era già noto il
cire, il costo del lavoro e delle materie prime, una clienrincaro delle nocciole, per la disperazione degli amanti di
tela che
hadilegelato
taschee,più
verdi dell’Irlanda.
quel
gusto
in generale,
dell’esercito mondiale
Evidentemente
tuttoLaciògrandine
non bastava
per sovramdi
Nutelladipendenti.
ha fattoe,strame
di frutta
ed
ortaggi,s’è
fichi
e pomodori
marciscono
rigonfidelle
di acqua.
mercato,
dato
latitante pure
l’anticiclone
AzInsomma,
zorre. Conunledisastro.
conseguenze del caso: la vendemmia
Ragionavo, con lo sguardo cupo a detta di chi m’incontrasta procedendo a tentoni e già si parla di percentuali
va, su questa variabilità impazzita, davanti alla gelateria
spaventose
di uve Che,
andate
perse e, quindi,
vino da
di
amici carissimi.
ovviamente,
appenadiusciva
uno
proporre.di Era
noto il rincaro
delle
nocciole, Ma,
per la
sprazzo
solegià
andavano
via di coni
e coppette.
con
la
stessa ovvietà,
si rannuvolava
disperazione
deglicome
amanti
di quel gustorestavano
di gelato con
e, in le
mani
in mano
a guardaremondiale
il desertodi
davanti
alla loro vetrina
generale,
dell’esercito
Nutelladipendenti.
multisapore.
La grandine ha fatto strame di frutta ed ortaggi, fichi
pomodori
marciscono
di questo
acqua. Insomma,
un
E epensavo
a quanto
fosserigonfi
ingiusto
recente camdisastro.climatico da aggiungere agli impegni ed alle
biamento
grane
degli altri
comuni.
Recente
sì,diperché
un
Ragionavo,
congiorni
lo sguardo
cupo
a detta
chi m’intempaccio
infamevariabilità
non si ricordava
da davanti
decenni.alla
O,
contrava,così
su questa
impazzita,
meglio, non s’era visto mai. Ricordiamo le nostre stagioni
gelateria di amici carissimi. Che, ovviamente, appena
quando si era giovanotti, roba recente, non precisamenuno
sprazzo
di puniche:
sole andavano
viad’estate
di coni faceva
e copteusciva
ai tempi
delle
guerre
ebbene,
pette.
Ma, con la
stessa
ovvietà,
come si rannuvolava
caldo
e d’inverno
faceva
freddo.
Punto.
E restavano
così uno sicon
attrezzava:
preparava
in giardinoil o
in terle mani in
mano a guardare
deserto
razza
oppure
camino, ma sempre con una
davanti
alla accendeva
loro vetrina ilmultisapore.
certa
sicurezza.
E pensavo
a quanto fosse ingiusto questo recente
Ora non più: con gli uomini-meteo ormai in ginocchio
cambiamento
climaticonessuno
da aggiungere
agli
causa reiterate figuracce,
s’azzarda
piùimpegni
a prened Perché,
alle grane
dere prenotazioni anche per la terrazza.
se depoi
arriva
scrollo
gli altrilogiorni
comalefico,
dove sì,li
muni. Recente
metti
i
commensali
perché un temche hai pieno pure
paccio così infaall’interno?
menon
non si
ricordaPer
parlare
di
alberghi
e ristoranva da decenni.
O,
ti meglio,
delle nostre
valli
non s’era
oppure
su
in
monvisto mai. Ricortagna: un pianto
diamoEppure
le nostre
unico.
uno
cistagioni
mette quando
l’anima,
spesso
tutta la fasi eraè giovanotmiglia
cherecente,
si sbatti, roba
te,non
e precisamens’ingegna, e
prepara, e s’indute aie tempi
delle
stria,
s’aggiorna.
guerre
puniche:
Poi
cambia
il tempo
e ebbene,
ti disdicono
metà
d’estadelle
prenotazioni.
te faceva
caldo e
Certo, non è che il meteo avverso penalizzi
solo gli
oped’inverno
faceva
ratori turistici e dell’ospitalità enogastronomica: anche un
freddo.
attrezzava:
preparava
in
autista
di Punto.
pullmanE ècosì
più uno
a suosi agio
sulle strade
asciutte,
giardino
terrazza oppure
accendeva
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così
come ounincarpentiere,
un vigile
urbano ilche
gli si ma
bagna
il blocchetto
delle
multe,
gli antennisti costretti a perisempre
con una
certa
sicurezza.
colosi
equilibrismi
scivolosi, il pony-pizza
che non
Ora non
più: consuglitetti
uomini-meteo
ormai in ginocchio
deve
annacquare
la
Quattro
Stagioni
(quattro?),
il
causa reiterate figuracce, nessuno s’azzardaportiere
più a
di calcio che vede trasformarsi il pallone in saponetta.
prendere
prenotazioni
anche
per
la
terrazza.
Però mi piacerebbe che chi di dovere ci pensasse su
se poi arriva
lo scrollo
malefico,
li metti
unPerché,
po’, a questo
ulteriore
carico da
undici dove
che arriva
suli
groppone
di tante
insegne:
ovvio,all’interno?
è una variabile alla
commensali
che hai
pieno pure
quale
nessuno
può
far nullae(“Almeno
- sempre
sePer non
parlare
di alberghi
ristoranti lì”
delle
nostre valcondo
mia
zia
“non
possiamo
mettere
mano”),
però
li oppure su in montagna: un pianto unico.
sarebbe bello se si ricordassero di gente che, oltre a
Eppure sacrificio,
uno ci mette
l’anima,
è tutta
la famiglia
qualche
oggi
come spesso
oggi deve
avere
anche
che si
sbatte,
e s’ingegna,
e prepara, e s’industria, e
paura
delle
previsioni
del tempo.
E,s’aggiorna.
senza scomodare l’abusato “Piove, governo ladro”,
avessero
per loro
quel briciolo
in più dimetà
attenzione
comPoi cambia
il tempo
e ti disdicono
delle eprenoprensione
che,
per
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PENNA ALL’ARRABBIATA
settembre 2014
5
IL PRODOTTO
di Anna Facci
Spontanee bontà
La stagione dei funghi ci ha portato
a Valtorta per un’escursione guidata
in compagnia dei micologi di Fungolandia.
Il segreto per un bottino ricco?
Ampliare la conoscenza delle specie:
si aprirà un nuovo mondo al di là del porcino
U
6
na stagione scattata in anticipo e con
la promessa di buoni raccolti (per la
serie “i lati positivi della non-estate
2014”) ha acceso gli animi dei cercatori di funghi, esperti o estemporanei,
mossi, prima ancora che dai piaceri
del palato, dal gusto più sottile ed intrigante della scoperta. Confessano
infatti quasi tutti che la soddisfazione
più grande - talvolta addirittura l’emozione – è nel momento in cui si individua il prezioso esemplare, intuito con
un fortunato colpo d’occhio tra radici
e foglie oppure lì, bello in vista in una
sorta di mistica folgorazione, come
destinato ad esser colto proprio e solo da quella mano.
Di questo dietro le quinte che dà più
sapore a ciò che arriva in tavola siamo andati alla ricerca partecipando
ad una delle escursioni in compagnia
dei micologi proposte da Fungolandia,
manifestazione organizzata per il nono anno dall’associazione Altobrembo, che riunisce 11 comuni dell’Alta
Valle Brembana.
Attorno ai giubbetti rossi del Gruppo
Ercole Cantù di Agrate Brianza, parte
di quella grande famiglia che è l’Associazione Micologica Bresadola che riunisce 132 gruppi dall’Alto Adige alla
Sicilia, si stringe una variegata comitiva, decisa a scandagliare con attenzione il bosco di Valtorta, cercando sì
il porcino che darebbe un tocco in più
alla cena ma ben felice anche di saperne di più sui funghi dall’aspetto
curioso, umili o meno invitanti. Se ne
scopriranno tante di caratteristiche
e curiosità, informazioni e dritte, con
un’unica e ben precisa certezza di
fondo: solo lo studio e la conoscenza
possono dire se un fungo è commestibile o meno, se è innocuo o velenoso.
D’un colpo si fa quindi piazza pulita
di tutte le altre convinzioni, da quelle più palesemente popolane, come il
fatto che l’annerimento di un cucchiaio d’argento o dell’aglio in cottura sia
sinonimo di tossicità al pari del fatto
che la “carne” cambi colore quando
esposta all’aria, a quelle ammantate
da un’aura di scientificità come quella
che vorrebbe i funghi bianchi primaverili sempre sicuri (mentre c’è una pericolosa amanita pronta a dimostrare
il contrario).
«Non è vero neanche che i funghi cresciuti vicino al ferro o alle tane delle
vipere diventino tossici – spiega Giuseppe Costanzo, determinatore e docente del Gruppo Ercole Cantù -. Vero è però che i funghi assorbono facilmente le sostanze dall’ambiente
e quindi non conviene mangiare un
esemplare cresciuto sul ciglio di una
strada trafficata o in una zona inquinata, per quanto classificato come
specie commestibile». L’Asl prescrive inoltre di cuocere sempre – a lungo - i funghi, modalità che consente
di eliminare le tossine termolabili, e
ne sconsiglia il consumo da parte di
bambini e anziani per la difficoltà di digestione. «Il nutrimento apportato dai
funghi – rileva Costanzo – è pochissimo, essendo composti per il 90% da
acqua. In pratica sono solo aroma,
settembre 2014
dal punto di vista nutrizionale è un
po’ come bere un bicchiere d’acqua
profumata. La scarsa digeribilità è dovuta invece alla composizione della
loro membrana cellulare, fatta di una
sostanza simile alla cheratina, quella
che nel corpo umano è presente nei
capelli e nelle unghie». Un’ulteriore
precauzione è perciò di consumare
funghi sempre in quantità moderate,
capita infatti che i malesseri dopo un
pasto non siano dovuti alla tossicità
del raccolto, ma a problemi digestivi.
Nonostante i numerosi “contro”, restano ambitissimi, veri e propri tesori,
tanto che nessun cercatore è disposto a rivelare il luogo dei ritrovamenti.
«Andare per funghi – prosegue il micologo – significa soprattutto imparare a
conoscere il bosco, che è anche la cosa più affascinante. Per alcune specie
l’habitat è fondamentale, alcune ad
esempio crescono solo sotto determinati alberi e saperlo può dare preziose
indicazioni per trovarli e riconoscerli. Il
porcino invece è ubiquitario, si può trovare in pecceta, pineta, lungo le ferrovie, diciamo che ha sviluppato più possibilità di sopravvivenza». La grande
varietà e una sorta di “imprevedibilità
congenita” rendono difficile inquadrare la vita dei funghi spontanei in regole
troppo strette, come dimostrano i non
rari ritrovamenti di specie fuori stagione. «Di certo si può dire che umidità e
caldo favoriscono la crescita, mentre
il vento è un nemico perché li fa disidratare – ricorda l’esperto -. Assodato
è anche il fatto che il clima incide sulla loro qualità gastronomica. Più saporiti e rinomati sono infatti i prodotti
dell’Appennino, mentre nel Nord Europa hanno poco sapore, tanto è vero
che se ne trovano tantissimi dappertutto e nessuno li raccoglie».
Ma più che inerpicarsi su pendii impervi e sentieri poco battuti, il segreto
per tornare a casa con un buon bottino è allargare la platea delle specie
conosciute. Si aprirà così un nuovo
mondo al di là di porcini, ovoli, finferli
e mazze di tamburo.
I cercatori che amano anche la buona
tavola vanno matti per le “trombette
dei morti” (Craterellus cornucopioides, parente del finferlo) così chiamati per il periodo in cui crescono (ma
ne sono stati trovati anche ad inizio
settembre nel corso di Fungolandia) e
probabilmente anche per il colore scuro che conferisce loro un che di “funereo”. «L’aspetto e il nome li penalizzano, ma hanno un profumo e un sapore
molto intensi – confermano i micologi
All’Asl il controllo gratuito.
Un terzo del raccolto
viene “bocciato”
Che si tratti – fino ad ora – di una stagione generosa di funghi lo confermano
anche gli accessi all’Ispettorato micologico dell’Asl di Bergamo, in crescita
rispetto agli anni scorsi. L’Asl è l’unico ente preposto a certificare la commestibilità degli esemplari raccolti e nel periodo clou della crescita, da agosto a
fine ottobre, mette a disposizione un servizio gratuito di controllo in città ed
in alcune sedi in provincia (in giorni e orari stabiliti o previo appuntamento telefonico). Qui oltre ad identificare il fungo si valuta anche il buono stato dello
stesso. Si restituiscono solo i funghi idonei al consumo. Vengono infatti trattenuti non solo gli esemplari tossici o non commestibili, ma anche quelli in
avanzato stato di maturazione o intaccati da parassiti. Il numero di accessi
viene registrato, così come le quantità sottoposte al controllo e quelle restituite all’utente. In media la percentuale di funghi “bocciati” negli anni scorsi è stata del 30-35%. Il servizio fornisce inoltre indicazioni sulle modalità di
consumo (ad esempio se il gambo va scartato o meno o la cuticola rimossa)
e di conservazione. Oltre che per avere la certezza di ciò che si mette in pentola (la prescrizione è di cuocerli sempre e a lungo) il servizio rappresenta
quindi un’opportunità per migliorare la conoscenza delle diverse varietà. Per
l’utilizzo dei funghi nella ristorazione la certificazione dell’Asl è obbligatoria.
Giuseppe Costanzo
-, sono ottimi sulle tagliatelle o essiccati». Uno dei funghi più bastonati è invece la Russula mustelina.
«Da chiusa assomiglia ad un porcino –
nota Costanzo -, ma quando ci si rende conto che non lo è viene buttata ed
è un peccato perché è forse anche più
buona del porcino stesso». Sorte simile hanno i boleti che cambiano colore
quando si ossidano: pagano lo scotto
della presunta tossicità e invece sarebbero buoni da mangiare, cotti o essiccati. Il Tylopilus felleus invece somiglia moltissimo al porcino e capita che
se ne facciano anche belle incette,
salvo scoprire poi che è amarissimo
e magari rovinare l’intera spadellata.
Un buon sapore hanno i lattari, così chiamati perché quando vengono
spezzati emettono un latticello. II Lactarius deliciosus, o sanguinello, che
cresce sotto i pini, in particolare, è il
migliore per qualità gastronomica ed
è apprezzato soprattutto in Spagna. E
pure nel giardino di casa può capitare
di trovare qualcosa da mettere in pentola, come il Coprinus comatus, detto
anche “fungo dell’inchiostro” perché
quando appassisce la carne si liquefa
ed è possibile notare un liquido nero
che sgocciola dal cappello.
«I funghi commestibili sono moltissimi, al pari di quelli non commestibili, cioè quelli che non sono tossici
ma che non ha alcun senso mangiare, perché sono membranosi, amari o
pizzicano – afferma Giuseppe Costanzo -. Quelli buoni in cucina invece non
sono moltissimi, ma è una questione
di gusti. Una volta sicuri della specie,
l’unica via è provarli per decidere se
varrà la pena continuare a raccoglierli». Conoscere i funghi significa affinare i propri sensi in tutte le direzioni. La
capacità di osservare, il tatto, l’attenzione al suono, l’olfatto. «I funghi van-
7
IL PRODOTTO
no annusati fino in fondo», sottolinea
il micologo. Con un po’ di esercizio si
imparano a riconoscere sfumature al
di sotto del generico “odore di fungo”
che tutti percepiscono.
Ci sono specie che odorano di pera,
di anice, ma anche di patata marcia,
di carogna (espediente per attirare
le mosche e disperdere le spore), di
pollaio (la pericolosa Clitocybe phaeophtalma) ed individuare i sentori è
uno strumento in più per inquadrarli.
Un po’ più arduo, per la verità, è individuare il “cuoio di Russia” o il “balsamo del Perù”, paragoni ben poco chiarificatori con i quali libri definiscono
certi odori specifici (!).
Un altro suggerimento per riconoscere i funghi è raccoglierli interamente,
con delicatezza, perché alcune caratteristiche peculiari si trovano nella
parte sotto terra. Una volta che si è
optato per portarli a casa, vanno puliti sul posto e trasportati in cestini
aperti in modo che le spore possano rimanere nell’ambiente. Bisogna
inoltre avere l’accortezza di non farli
sbattere l’uno contro l’altro. Vanno
conservati al fresco e consumati il prima possibile o essiccati, se la specie
si presta. I micologi assicurano che
il massimo è il “misto funghi” raccolto in giornata, cucinato nelle maniere
più semplici, senza condimenti che li
sovrastino e appesantiscano.
D’obbligo anche qualche raccomandazione sull’attrezzatura per muoversi con sicurezza nel bosco: mai stivali, ma scarponcini, niente gambe
scoperte, un bastone per sostenersi
sulle pendenze più pronunciate e un
fischietto per richiamare l’attenzione.
Le raccomandazioni dei micologi non
sono rivolte solo agli escursionistiraccoglitori. «Anche la ristorazione
può avere un ruolo importante nella
riscoperta dei funghi selvatici – afferma il presidente nazionale dell’Associazione micologica Bresadola Luigi
Villa –, ma occorre migliorare la conoscenza. Un caso che ha fatto scalpore è stato quando lo scorso 22 maggio alla trasmissione tv “La Prova
del Cuoco” è stata presentata come
morchella una pericolosa Gyromitra
esculenta.
È il chiaro segnale che oltre a sapere
come cucinare un prodotto gli chef sono chiamati a sapere cosa cucinano».
8
“Trombette dei morti” e Russula mustelina, due
funghi poco conosciuti, o fraintesi, capaci
di stupire il palato
Andrea Paleni
I consigli del cuoco-raccoglitore
«Eccezionali
le “trombette
dei morti”»
Caccia, pesca e da qualche anno,
complice la manifestazione Fungolandia e i suoi appuntamenti divulgativi, pure la raccolta di funghi.
Nella gastronomia Pasticci e Capricci aperta quattro anni fa con la
moglie Michela a Piazza Brembana
(in via Roma 36), Andrea Midali,
trent’anni, riversa la sua voglia di
vivere il contatto con la natura, convinto che il territorio dia un importante valore aggiunto ai piatti. «L’incontro con i micologi mi ha aperto
un mondo – rivela -, ho scoperto sapori che non immaginavo nemmeno, un po’ come succede con il vino
che a chi non è esperto sembra più
o meno tutto uguale, ma conoscendolo svela tutte le sue sfumature».
«Non ho regole precise per decidere come cucinare e abbinare le diverse varietà di funghi – racconta
-, il mio “metodo” consiste nell’annusare, valutare la carnosità, la fibra, la consistenza. Poi li assaggio
cucinati nella maniera più semplice, solo con un filo di olio, e questo
mi suggerisce l’idea per l’abbinamento ed i tempi e metodi di cottura». È così che finiscono in tavola
funghi sconosciuti ai più come le
“trombette dei morti”, poco invitanti nell’aspetto e nel nome, sul
cui conto però Midali è pronto ad
affermare che, «chi non le ha mai
provate non può dire di aver mangiato funghi». Per via del loro sapore intenso, ha scelto di unirle, sal-
settembre 2014
LA MANIFESTAZIONE
Gastronomia fattore di attrazione,
ma con la formula della “sagra diffusa”
La gastronomia come uno
dei fattori di attrazione
per il territorio. Una chiave che l’associazione Altobrembo, composta da
11 comuni dell’Alta Val
Brembana (Averara, Cassiglio, Cusio, Mezzoldo,
Olmo al Brembo, Ornica,
Piazza Brembana, Piazzatorre, Piazzolo, Santa Brigida e Valtorta) e
un’ottantina tra aziende
e associazioni, sta sviluppando. Fungolandia è
la manifestazione che ha
fatto da apripista in questa direzione, nata nove
anni fa, prima ancora che
si costituisse formalmente l’associazione. Sono
seguite Erbe del Casaro,
che valorizza il connubio
tra erbe spontanee e formaggi tipici, e la debuttante Sagra della Trota,
che oltre al pesce vuole
fare riscoprire l’ambiente fluviale. «I funghi come
risorsa? Con Fungolandia – spiega il presidente di Altobrembo Andrea
tate, al delicato impasto degli gnocchi alla romana e di
condire il tutto con una fonduta di Taleggio.
«Ma si prestano anche per crostini, nei ripieni e nei ravioli – rimarca – e secche sono eccezionali, ideali nei
risotti o in polvere sulle carni». Rubiamo i suoi consigli anche per un fungo più conosciuto come la “mazza
di tamburo”. «La morte sua è impanare il cappello –
afferma -, magari con una panatura aromatizzata con
qualche erba, e friggerlo: regala il piacere della coto-
Paleni – non vogliamo incrementare l’afflusso di
chi raccoglie, anche per
salvaguardare l’equilibrio
dei boschi. Cerchiamo invece di promuovere la conoscenza e l’educazione
per muoversi in sicurezza
nell’ambiente montano.
Ciò su cui puntiamo è l’enogastronomia, che si sta
dimostrando un attrattore turistico interessante.
Non proponiamo però un
grande evento, la classica fiera dai grandi nume-
ri. Le nostre sono “sagre
diffuse”, che si sviluppano nei locali che aderiscono al circuito, con menù e
pacchetti per il soggiorno,
e con le iniziative messe
in campo nei singoli Comuni». Insomma, manifestazioni che quasi non
si vedono. «Non saranno
mai fenomeni di massa
– rileva - ma forse proprio
per questo offrono l’occasione di entrare meglio in
contatto con il territorio,
le persone ed i sapori».
letta mangiata da bambini. L’accortezza è quella di
togliere il “bottone” dove si innesta il gambo, perché
è piuttosto duro. Il gambo poi può essere seccato e
grattugiato per dare più gusto ai piatti, mentre l’anello è ottimo crudo». La sua indicazione per il porcino,
che resta in ogni caso la star del cestino, è invece di
apprezzarlo crudo, «affettato su un’insalata di bresaola e scaglie di Grana o, più opportuno ancora, Formai
de Mut stagionato». «Secco è però ancor meglio che
fresco, a mio parere – prosegue -. Se si decide invece
di conservarlo surgelato, anziché metterlo così com’è
nel freezer, suggerisco di pulirlo e saltarlo per una
quindicina di minuti, conserverà meglio il suo valore e
potrà essere utilizzato per la preparazione preferita».
Tra le regole generali, la sua scelta è di non lavare mai
(tranne in rari casi) i funghi - «sono delle spugne e si inzupperebbero» -, ma di togliere la terra in eccesso con
un pennellino o un panno umido. Midali ha lavorato
in Trentino, Sardegna, Sicilia, a Roma ma poi ha scelto di restare in montagna. «Oggi mi sa che è più facile
che vivere in città – rileva -, se non altro è una vita più
semplice, con meno obblighi. E poi, se si ha voglia di
darsi da fare, le potenzialità sono tante, l’allevamento, le coltivazioni, le erbe, i cosmetici, servirebbe forse
fare un po’ più rete». A lui si deve l’idea della prima Festa del Brembo e Sagra della Trota nel comprensorio
Altobrembo, che andrà in scena il 4 e 5 ottobre: «Trovare nel piatto prodotti pescati o, come funghi ed erbe
spontanee, raccolti sul posto regala tutto un altro senso, un’altra emozione», assicura.
9
NEWS
Dal 16 al 18 ottobre il concorso enologico riservato a Merlot e Cabernet
e ai loro tagli. Le giurie riunite al Filandone di Martinengo
L'
10
"Emozioni dal Mondo"
conto alla rovescia
per la decima edizione
edizione 2014 del Concorso Enologico Internazionale
“Emozioni dal Mondo Merlot e Cabernet Insieme” (16-18
ottobre prossimi) celebra un traguardo rilevante. Nato in
terra bergamasca da un’idea dell’enologo Sergio Cantoni
e realizzato dal 2004 grazie alla cooperazione tra Vignaioli
Bergamaschi, Consorzio Tutela Valcalepio, Centro Studi
Assaggiatori Brescia e Università Cattolica del Sacro Cuore
di Piacenza, il concorso compie infatti 10 anni. E quello del
decennale sarà uno dei temi cardine di quest’edizione. Nel
corso della cena di gala, in programma per il venerdì 17, infatti, saranno insigniti con un premio speciale tutti coloro che
hanno preso parte sin dalla prima edizione al concorso, che
richiama ogni anno produttori, tecnici e giornalisti dai quattro
angoli del globo.
Ma vediamo più da vicino qualche anticipazione sul decimo
concorso. Innanzitutto gli sponsor che rendono possibile
questa kermesse in terra bergamasca sono la Camera di
Commercio di Bergamo, la Banca Popolare di Bergamo, SIAD
e Marengo Sugheri. Grazie al loro supporto il Consorzio Tutela Valcalepio e Vignaioli Bergamaschi possono ogni anno
dare vita ad un importante appuntamento che permette di
presentare al mondo in chiave sempre nuova Bergamo e i
suoi vini (Valcalepio Doc e Terre del Colleoni Doc), la storia e
la tradizione del territorio orobico.
Il tema scelto per il decennale coinvolge un’importante attività tradizionale del territorio: il tessile, la sua storia e il suo
sviluppo e i suoi influssi culturali. Ma Emozioni dal Mondo è
prima di tutto un concorso enologico, e venerdì 17 le commissioni di degustazione, composte per il 50% da tecnici
del settore enologico e per il 50% da degustatori stranieri, si
riuniranno per selezionare i vini che otterranno le medaglie
OIV. Il concorso dedicato ai vini Merlot, Cabernet e ai loro
tagli, infatti, è l’unico a livello internazionale riconosciuto
dall’Organization International de la Vigne et du Vin, l’ente
internazionale che soprintende ai Concorsi Enologici su
scala mondiale. E l’internazionalità è certamente un pregio
di questo Concorso che ha vantato negli anni il più alto rapporto tra giudici e campioni degustati e che punta, nel 2014,
a vedere rappresentate 25 nazioni per quel che riguarda la
provenienza dei campioni in gara e 30 nazioni per quanto
concerne l’origine dei giurati.
Come già anticipato, per il 2014 gli organizzatori hanno
scelto di concentrare l’attenzione degli ospiti italiani e internazionali su due filoni principali: la tradizione tessile e la
cucina del recupero. Due temi che ben si sposano al luogo
scelto per ospitare le degustazioni delle giurie internazionali,
il Filandone di Martinengo che ha ospitato le riprese del
celeberrimo film “L’albero degli Zoccoli” di Ermanno Olmi.
Come oramai tradizione, infatti, “Emozioni dal Mondo Merlot e Cabernet Insieme” parla al mondo di vino ma anche,
e soprattutto, di territorio. “Vogliamo mostrare al mondo
la grande ricchezza del territorio bergamasco - sottolinea
Sergio Cantoni -. Ogni anno scegliamo un tema legato alla
storia e alla tradizione bergamasca e conduciamo i nostri
ospiti attraverso un percorso emozionante che unisce storia,
territorio ed enologia”. Dopo il successo del 2013, inoltre,
insieme alla Giuria Tecnica (che assegna le medaglie OIV)
e alla Giuria Stampa (che conferisce i Premi della Stampa)
alla degustazione prenderà parte la Giuria dei Consumatori.
Sono stati infatti selezionati 21 giurati tra i consumatori che
prenderanno parte alle degustazioni e che, con i propri voti,
contribuiranno a premiare La Scelta del Consumatore.
L'EVENTO
settembre 2014
Val Seriana,
nove ristoranti
rilanciano
i prodotti tipici
L'
Al via la seconda Rassegna Gastronomica promossa dall'Associazione
Astra di Clusone. Fino al 28 novembre, i locali aderenti all'iniziativa
proporranno, a turno, menù al prezzo fisso di 30 euro
Associazione Seriana Turismo e Ristorazione Alberghiera di Clusone (Astra)
apre le porte ai prodotti tipici. Lo fa
con la seconda "Rassegna Gastronomica". Ogni venerdì - dal 19 settembre
al 28 novembre prossimi - in 9 locali
saranno proposti menù a prezzo fisso (30 euro), tutti a base di prodotti
locali e di stagione, con la possibilità
di pernottamento nelle strutture aderenti all’iniziativa, a Clusone, Rovetta,
Fino del Monte, Bossico, Onore, Parre
e Gromo.
I principali obiettivi prefissati, oltre
alla promozione del territorio, sono
la diffusione, la conoscenza e la valorizzazione dei prodotti tipici offerti
da questa area territoriale, così vicina
ai grandi centri urbani e nello stesso
tempo così spesso poco conosciuta.
"I menù proposti dai ristoranti coinvolti in questa manifestazione - sostiene
l'Associazione - vogliono dare risalto
ai sapori locali offrendo una cucina
semplice ma ricca di fantasia, accompagnata ovviamente da un'ottima selezione di vini. Quindi, gusto, semplicità, tradizione, cortesia e professionalità vi attendono sulle nostre tavole".
L’appuntamento sarà "spalmato" su
9 venerdì, 9 come i ristoranti coinvolti
che inviteranno i loro ospiti (a partire
dalle 20) ad assaporare i migliori piatti della cucina bergamasca, facendo
conoscere anche ai palati più raffinati
i menù tradizionali dell’Alta Valle Seriana a prezzi speciali appositamente
concordati tra i gestori in occasione
della manifestazione.
Si comincia il 19 settembre all'Hotel
Gromo e si prosegue il 26 all'Hotel
Vecchio Mulino di Rovetta. A ottobre
sarà il turno dell'Hotel Commercio di
Clusone (il 3), dell'Hotel Miralago di
Bossico (il 10), dell'Hotel Belvedere
di Parre (il 17) e dell'Hotel La Bussola di Clusone (il 24). A novembre toccherà all'Hotel Betulla di Onore (il 14),
all'Hotel Ambra di Clusone (il 21) e
all'Hotel Libia di Fino del Monte (il 28).
I 9 ristoranti partecipanti alla seconda edizione rappresentano ad ampio
spettro la cucina dell’Alta Valle Seriana in tutti i suoi stili, dai ristoranti
storici ai ristoranti di alta fascia. In
ognuno di essi sarà possibile trovare
menù studiati per l’occasione, classici o tematici, quasi un compendio della cucina bergamasca con colori e sapori locali.
Si potrà spaziare tra specialità note e
meno conosciute, piatti della cucina
tradizionale locale, con grande attenzione ai primi piatti, secondi di carne,
formaggi, salumi e selvaggina.
La Rassegna Gastronomica si intreccia e segue la manifestazione appena terminata "Clusone verso l'Expo"
durante la quale Astra ha contribuito
con i propri banchi itineranti a proporre piatti tipici offrendoli a visitatori. Un
modo per ribadire che l'Expo 2015 sarà un'occasione da non perdere per
far conoscere a un pubblico sempre
maggiore la valle.
Info: www.astraseriana.com
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L'INTERVISTA
Giordana Talamona
«Bergamo deve avere
un luogo dove promuovere
tutti i vini del territorio»
Parla la nuova delegata dell'Ais provinciale, Roberta Agnelli:
"Uno spazio fisico sarebbe utile per far conoscere i nostri prodotti
anche ai turisti e aprire i mercati esteri”. "Serve però una vera coesione
tra le realtà produttive, le associazioni e le istituzioni. Sarebbe la svolta
per una più efficace promozione"
"S
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ota coi bicér" è il suo motto, una frase che dal luglio scorso ripete come un mantra al suo nuovo gruppo
di lavoro.
Roberta Agnelli, nuovo volto della delegazione bergamasca dell’Associazione Italiana Sommelier, ha accolto
la notizia della sua nomina con entusiasmo e voglia di mettersi in gioco.
Nella vita fa la docente, più che un
lavoro una vera vocazione per l’insegnamento, che le dà la consapevolezza di quanto nella vita gli esami
non finiscano mai.
“Non è un punto d’arrivo, l’essere
diventata delegata Ais, semmai un
punto di partenza - dichiara -. Ci ho
messo l’anima per imparare, tempo
e fatica. In fondo la mia nomina è un
buon esempio per tutti, perché significa che con lo studio e la passione,
si possono varcare nuovi confini.
Raccolgo il testimone da Nives Cesari, storica delegata di Bergamo, ringraziandola per tutto ciò che in questi anni mi ha insegnato, rivolgendo
un pensiero anche a Italo Castelletti,
che ho avuto la fortuna di conoscere
e che mi ha trasmesso la passione
per questo settore”.
È cresciuta in una famiglia dove il vino era di casa?
“No, tutt’altro, i miei erano quasi
astemi, quindi il vino l’ho scoperto
tardi. Mia madre è tuttora un po’ perplessa su questa passione. Sono
convinta che sia orgogliosa, anche
se non lo dice apertamente. Mentre
il nonno, da quanto mi hanno raccontato, era una specie di sovversivo,
uno che ne capiva anche di vino, oltre
che di altro. Si vede che l’attrazione
per il mondo del vino ha saltato una
generazione, passando direttamente a me!”.
Quindi quando nasce questa passione?
“In età adulta, durante gli studi universitari. Per un periodo ho vissuto in
Francia, nella regione della Loira, e
proprio lì ho cominciato a girare per
vigne e produttori. Poi, circa una decina d’anni fa, ho frequentato il primo
corso Ais e dopo qualche anno sono
diventata sommelier”.
A chi dice “grazie”?
“A Lucio Marinelli, dirigente scolastico di Calusco D’Adda. Ricordo che
ero diventata da poco docente di
ruolo e, parlando di questa passione
con delle colleghe, era sembrato loro
quantomeno “strano” che una donna, per di più insegnante, si interessasse di vino. Mentre Marinelli, fuori
da qualunque pregiudizio, fu il primo
a dirmi di andare avanti a coltivare
questa passione. Anzi, grazie a lui
quella che soli dieci anni fa poteva
sembrare una “stranezza” - una donna che beve vino - è stata capita per
quello che è: passione e cultura”.
Ne parla coi suoi studenti?
“Le mie tre passioni
sono l’insegnamento,
i libri e il vino.
Per certi versi sono
interessi simili, perché
possono crescere
e svilupparsi attraverso
il tempo e la dedizione"
Roberta Agnelli, nuova delegata dell'Ais di
Bergamo (foto Lorenzo Iorino)
settembre 2014
“Certamente, anzi, da quando sono
diventata sommelier, parte del mio
metodo d’insegnamento è cambiato.
Quando spiego ai miei bambini qualcosa sul nostro Paese, dalla storia
alla geografia, parlo anche della terra e delle nostre tradizioni vinicole.
Non entro ovviamente nello specifico dei vitigni, ma cerco di trasmettere loro l’amore per questa cultura
secolare”.
E sulla Lombardia vinicola, cosa dice?
“Innanzitutto che la viticoltura è presente. I testi di geografia della primaria e della secondaria, infatti, descrivono la Lombardia come una regione
a vocazione quasi esclusivamente
industriale. Così i nostri bambini crescono con l’idea che nella nostra regione non ci siano più i contadini,
quando al contrario i lombardi non
hanno mai abbandonato questa antica vocazione. Nelle ultime riedizioni
dei testi scolastici ho fortunatamente notato qualche piccolo cenno in
più, ma credo che siano tematiche
legate alla nostra tradizione, che meriterebbero maggiore attenzione”.
Vitigni preferiti?
“Non posso dirlo, non sarebbe giusto”.
Piccola mania da sommelier?
“Annusare gli odori della cantina, in
particolare quelli provenienti dai legni delle botti. L’odore che sento mi
dà l’idea di come lavori il produttore.
È come un vestito. Nulla di scientifico, chiaramente, ma spesso gli odori che sento in cantina rispecchiano,
nel bene o nel male, il vino di quel
viticoltore”.
Chiunque può cominciare ad apprezzare un vino, anche chi non ha un
“buon naso”?
“Ma certo, soprattutto perché un
buon vino non ha bisogno di nulla
per esprimersi. Lo versi, lo fai respirare e dopo un po’ senza che tu faccia niente, comincia a parlare. La cosa difficile, semmai, è saper ascoltare, ma questo vale per tutte le cose
davvero importanti della vita”.
Venendo ad altro, lei fa parte delle
“Signore della Valcalepio”, cosa ritiene che serva al nostro territorio
per promuovere meglio i suoi prodotti?
“Serve vera coesione tra tutte le realtà produttive, le associazioni e le
Istituzioni. E’ chiaro che è un po’ come “inventare l’acqua calda”, ma se
riuscissimo a farlo davvero, sarebbe
la svolta per promuovere il vino, il
territorio e, più in generale, la cultura bergamasca. Servirebbe, inoltre,
un luogo fisico in cui i turisti possano
conoscere, provare e acquistare tutti
i vini del territorio. Sarebbe un buon
modo per veicolare i nostri prodotti e
farli conoscere anche agli stranieri”.
Come ha accolto la notizia della sua nomina a delegata di Bergamo?
“Con grandissimo entusiasmo. La
mia candidatura è stata proposta
dai colleghi sommelier con cui ho
sempre fatto servizio. Il nostro è un
gruppo di lavoro molto affiatato e sono certa che continueremo a fare
belle cose assieme”.
A chi dedica questo traguardo?
“A nonna Angelina, che per motivi di
salute doveva consumare dei succedanei, come l’orzo al posto del caffè,
ma che appena poteva mi diceva:
“Un goccio di vino e caffè, ma
di quello buono!”. Ecco, lei
che era una buongustaia sarebbe stata fiera di me”.
Un’insegnante prestata alla
sommellerie, crede che la sua professione inciderà in qualche modo
sulla delegazione?
“Le mie tre passioni sono l’insegnamento, i libri e il vino. Per certi versi
sono interessi simili, perché possono crescere e svilupparsi attraverso
il tempo e la dedizione. Per questo
vorrei che il mio periodo da delegata
si ricordasse per aver diffuso la cultura del vino attraverso i corsi e le
serate di degustazione”.
Qualche anticipazione sulla prossima stagione?
“A ottobre riparte il secondo livello
e molto presto pubblicheremo il calendario delle serate. Vorrei organizzare un buon numero di incontri a
prezzo contenuto, con percorsi sensoriali legati ai territori e ai vitigni, e
qualche serata speciale con vini più
ricercati”.
Per finire, perché il suo motto è “sota coi bicér”?
“Perché bisogna bere per conoscere
il vino. Quello che consiglio è di provare, provare e provare ancora, senza eccedere ovviamente, ma con la
curiosità di chi vuole sperimentare.
Non sentitevi mai arrivati, siate curiosi e lasciate parlare il vino: sôta
coi bicér!”.
13
TRADIZIONI
di Leonardo Bloch
Il brodo nero dei contadini
S
14
entenziano ieraticamente le guide gastronomiche che l’unico depositario
delle chiavi d’accesso all’Elisio del
“cacio e pepe” sia l’inossidabile Antonello Colonna, o che il casato monferrino degli Alciati abbia esclusivo titolo a fregiare il proprio blasone di un
agnolotto del plin. In realtà la quasi lapalissiana raccomandazione di avvalersi, per assaporare al meglio le specialità regionali, di un autorevole interprete del territorio è vecchia almeno di venticinque secoli. Narrano infatti Cicerone e Plutarco che il tiranno
siracusano Dionigi, ammaliato dalla
fama del leggendario brodo nero dei
Lacedemoni, avesse convocato un
cuoco addirittura da Sparta affinché
la misteriosa minestra gli fosse quanto più acconciamente imbandita.
Preceduta forse da troppo elevate
aspettative, la torbida zuppa a base di
vino scuro e sangue di porco suscitò
tuttavia il risentito ribrezzo dell’autocrate, che non esitò a manifestare le
proprie rimostranze al cuciniere tanto laboriosamente reperito. Tutt’altro
che intimorito, questi lamentò a propria discolpa l’indisponibilità di due
condimenti reperibili esclusivamente
nella riottosa città-stato da cui proveniva. Più in dettaglio, lo scaltro credenziere precisò che le salse cui allu-
L’uso di allungare le minestre con una generosa
aggiunta di vino rosso è ancor oggi tutt’altro
che estinto. Una tradizione che ha radici molto
lontane e che era in diffusa anche
nella Bergamasca
deva erano l’esercizio fisico dei giochi
atletici e le ritempranti abluzioni nelle
gelide acque dell’Eurota, a sottendere che, dinnanzi ad un sincero e robusto appetito, anche un così poco invitante intruglio finisse per risultare
grato al palato.
Quella dell’iracondo despota siculo
non fu certo l’unica curiosità illustre
ad essere suscitata dalla storica vivanda spartana. Dopo lunghi e laboriosi studi, all’alba del diciottesimo
secolo l’insigne grecista francese Anna Dacier riuscì a recuperare la ricetta dell’arcaica sbobba, celebrandone
la riscoperta con un banchetto che vide la partecipazione dei più eminenti
cultori di lettere classiche dell’epoca.
Pur ignorando se la portata d’onore
avesse raccolto il gradimento degli
eruditi commensali, dalla diabolica
penna del camaleontico Olindo Guerrini siamo comunque ragguagliati che
“le conseguenze del dotto convivio furono velocemente purgative”.
A dispetto dell’incontrastata celebrità letteraria, per lungo tempo l’epico brodetto Lacedemone stentò ad
affermarsi come fonte d’ispirazione
culinaria. Dagli antichi romani le minestre che non fossero a base di ce-
Teofilo Folengo
settembre 2014
reali erano infatti accolte con aperta diffidenza, mentre
nel corso del Medio evo la cucina nobiliare, attenta ai
colori prima ancora che ai sapori, aborriva le pietanze
dalle tonalità cromatiche più cupe. All’origine di questa
avversione v’erano i dettami della dottrina medica galenica, imperante in Europa dalla tarda età classica sino
alla rivoluzione cinquecentesca di Paracelso. Secondo
gli epigoni di Galeno, l’assunzione di alimenti dalle tinte scure finiva appunto per stimolare la secrezione di
quello che era ritenuto il più depresdepres
sivo e corrompente tra gli umoumo
ri corporei, ovverosia la bile
ricolnera - cui peraltro si ricol
lega l’ancor attuale locuzione dell’ “essere di umore nero”. Per un’originale
rivisitazione della ricetta
spartana bisogna dunque
neoclasattendere gli afflati neoclas
sicisti del rinascimento, che
gastronoanche nel dominio della gastrono
momia promossero il riavvicinamento ai mo
delli dell’antichità greca e latina, e l’avvento nel sedicesimo secolo del più colto tra i cucinieri d’ogni epoca, il
ferrarese Cristoforo di Messisbugo.
Questi nel suo Libro novo offrì diverse ricette di brodi neri - generalmente in abbinamento alla selvaggina
- elaborati a partire da una base di vino speziato. Ma
la sempre vigile fronda maccheronica non poteva certo esimersi dal fare il verso agli aulici manicaretti dello
scalco estense: dagli strampalati esametri del coevo
Teofilo Folengo esce infatti l’irriverente minestra di pappardelle in brodo che nella Zanitonella la villica Tommasina tingeva d’ebano mescendo direttamente dal fiasco
alla scodella. E v’è ben da credere all’ineffabile Merlin
Cocai - inesauribile miniera di informazioni sull’alimentazione tardomedievale e protomoderna - quando annota che la zotica, dopo averne sorbite la bellezza di cinque ciotole, “parlando stabat alegra”. L’uso campagnolo, riferito dal poeta mantovano, di allungare le minestre
con una generosa aggiunta di vino rosso è ancor oggi
tutt’altro che estinto, a partire proprio da quel bevr’in
vin - noto anche come sorbir d’agnoli - che rappresenta
forse la più inconfondibile icona gastronomica delle terre folenghiane. Ancor più arditamente, nella Langa astigiana gli agnolotti vengono talvolta serviti direttamente
nella mordace e sanguigna barbera d’alta quota che si
vinifica da quelle parti. Anche nel contado bergamasco,
sino a qualche generazione fa, il minestrone d’ordinanza del desinare serale era di regola beneficiario di una
tanto corroborante correzione. Ai nostri antenati non facevano certo difetto gli essenziali condimenti di cui lo
stizzoso Dionigi era sprovvisto: le fatiche del lavoro nei
campi, ancora più aspre di quelle dei giochi atletici, e
le algide acque di rogge e sorgive, non meno gelide di
quelle dell’Eurota. E c’è da giurare che - come accadeva
alla Tommasina di cinque secoli fa - dopo qualche fondina del loro rustico brodo nero, pure ai nostri bisnonni
riuscisse assai facile conversare amabilmente.
Premio Internazionale Meronis
Giordana Talamona ritira il premio "Meronis"
Riconoscimento
alla nostra
collaboratrice
Giordana Talamona
Lo scorso 29 luglio, al Circolo Antico Tiro a Volo di
Roma, s'è tenuta la seconda edizione del Premio
Internazionale Meronis, promosso e organizzato da
Cantina Moronia per premiare illustri personaggi che,
nella propria professione, si siano distinti nella valorizzazione del patrimonio enogastronomico italiano.
Numerosi i premiati. Per la categoria Cucina e vino
lo chef del noto ristorante Sushisen di Roma, Eiji
Yamamoto. Per la sezione Televisione e vino, Eleonora Daniele, per anni volto storico di LineaVerde, e
Francesca Barberini, volto storico di Gambero Rosso
Channel. Per la sezione Cultura e Vino, la sommelier
Adua Villa e Riccardo Cotarella, da sempre tra i più
prestigiosi enologi al mondo e presidente di Assoenologi. Per la sezione Turismo e vino Carlo Esposito,
restaurant manager dell’Hotel 5 stelle Tragara di
Capri. Ancora per Turismo e vino, Elena Martusciello,
presidentessa dell’associazione nazionale Donne del
Vino. Per la sezione Giornalismo e vino, Francesca
Romana Maroni, ad della Guida Maroni, la guida dei
migliori vini italiani. Ancora per Giornalismo e vino,
Giordana Talamona, giornalista apprezzata per il suo
impegno nel far conoscere il vino attraverso il mondo
dei media. Esperta di enogastronomia, Talamona
collabora con diverse testate del settore, tra le quali
ViniPlus, periodico dell'Ais Lombardia e Affari di Gola.
Ancora nella sezione Giornalismo e vino, Gian Marco
Chiocci, direttore de Il Tempo. Per la categoria Internazionalizzazione e vino, Simona Frignani, segretaria
generale della Camera di Commercio Italia-Inghilterra,
e Michele De Gasperis, presidente della CdC italomongola. Per la categoria Storia e vino, Gaetano
Pascale, presidente di Slowfood. Per Imprenditoria e
vino, Giacomo Campora, direttore generale Allianz, e
infine il presidente del Circolo Antico Tiro a Volo Michele Anastasio Pugliese.
15
L’ITINERARIO
di Lara Abrati
Quelli che sul Bitto
ci mettono la "faccia"
Tra scenari mozzafiato e soste golose, al Passo San Marco
si può conoscere da vicino la vita dell’alpeggio e incontrare giovani
che non temono la fatica e i ritmi della natura. Qui nasce il Bitto Storico,
che su ogni forma porta inciso il nome del produttore
L
16
a buona volontà non deve mancare per raggiungere il Passo
San Marco da città e dintorni. Dopo aver percorso tutta la valle
Brembana sino a Mezzoldo, si deve affrontare l’ultimo tratto di
salita e, dopo alcuni tornanti, ci si trova attorniati da pascoli e
da una vista mozzafiato. Il viaggio vale assolutamente la pena
perché non è solo la vista che se ne giova, ma anche l’olfatto
e le papille gustative! Molte le tipologie di formaggio prodotte
negli alpeggi dell’Alta Valle Brembana, ma nella zona del Passo
San Marco è il Bitto Storico a fare da padrone. A fargli compagnia ecco la famosa “mascherpa”, una particolare ricotta prodotta a partire dal siero ricavato dalla lavorazione ed estrazione del formaggio dalla caldaia.
L’alpeggio è in genere molto vasto; è formato dai prati dove
vengono lasciati a pascolare gli animali e dalla casera, in cui
viene lavorato il latte. L’atto di andare in alpeggio è detto “caricare l’alpeggio” e, nella zona del Passo San Marco, questo
avviene verso la seconda metà del mese di giugno in relazione
alla presenza di neve e alle condizioni del pascolo. Man mano
che la stagione prosegue, gli alpeggiatori salgono di quota con
gli animali e, qualora le condizioni di trasporto del latte siano
difficoltose, anche la lavorazione del latte avviene a quote più
elevate, in altre baite oppure nei calecc, piccole costruzioni formate da muretti a secco, senza il tetto, adibite alla trasformazione del latte in formaggio Bitto; la copertura è formata da un
telo che, man mano, viene spostato con la caldaia da un calecc all’altro, in base alla posizione della mandria. «Un tempo
– spiega Rocco Fognini, impegnato con il nipote Lino sull’alpe
Parissolo – gli alpeggi si misuravano in paghe. Una paga equivaleva a una mucca oppure a due manze o a tre vitelli. Gli allevatori che d’estate salivano in alpeggio si dividevano così lo
spazio, potendo quindi portare un numero massimo di capi in
relazione alle paghe che erano state attribuite loro».
Tempi dilatati, fatica, routine, sole che illumina le piccole casere e fredda pioggia battente nelle brutte giornate: queste alcune parole d’ordine della quotidianità degli alpeggiatori. La vita
in alpeggio è caratterizzata dalla sana fatica che si legge negli
sguardi di questi giovani, senza telefono e senza orologi, ma
dotati di beni ben più grandi, la capacità di sorridere e la semplicità degli umili.
Il Bitto Storico è una vera chicca casearia, caratterizzata dalla
presenza di un’associazione che ne segna le linee guida per
la produzione. L’associazione raggruppa circa 15 soci che ca-
ricano gli alpeggi tra la Val Gerola e il passo San Marco, in Alta
Valle Brembana. È un formaggio a pasta semi-cotta prodotto
a partire da latte vaccino crudo e intero, un formaggio grasso
che viene stagionato minimo 70 giorni prima di essere messo
in vendita. Uno degli obblighi consiste nell’aggiungere al latte
vaccino almeno un 10% di latte di capra. Il Bitto Storico può
raggiungere stagionature molto lunghe nel tempo; è cura e
compito della sensibilità e dell’esperienza di ogni alpeggiatore
selezionare le forme migliori da destinare alle lunghe stagionature. Questo formaggio viene prodotto da latte proveniente da
bovini alimentati con sole erbe spontanee di alpeggio, infatti
viene prodotto esclusivamente nel periodo estivo. La crosta
deve essere costantemente pulita e curata, così come i rivoltamenti. La forma è cilindrica con uno scalzo leggermente concavo. La pasta è leggermente gialla, più carica di colore se la stagionatura viene prolungata. I carotenoidi presenti nelle erbe
spontanee di montagna incidono molto sul colore del formaggio. Il latte viene lavorato appena dopo la mungitura, due volte
al giorno. Dal siero viene prodotta la mascherpa, una particolare ricotta grassa che può essere consumata fresca oppure
salata e stagionata, da grattuggia o da mangiare a scaglie. La
sua produzione prevede un ulteriore riscaldamento del siero e
l’acidificazione mediante l’utilizzo dell’agra, il siero acidificato
delle lavorazioni precedenti.
Si tratta di una ribellione da parte di questi produttori, che da
secoli realizzano questo formaggio nelle valli del Bitto, alla “industrializzazione” e standardizzazione del processo che ha investito la Dop. Il formaggio prodotto in alpeggio, in condizioni
quasi estreme, avrebbe diritto a una maggiore tutela, pena la
settembre 2014
sparizione di questa attività. Il Bitto Storico
è anche presidio Slow Food e la sua promozione è curata da Paolo Ciapparelli, fondatore del “tempio del Bitto” a Gerola Alta, dove
è possibile acquistare il formaggio oppure
semplicemente assaggiarlo, accompagnato dagli ottimi vini valtellinesi. Le forme disposte a stagionare possiedono inciso il
nome dell’alpeggio in cui sono state prodotte, un vero e proprio marchio che testimonia la disponibilità di questi produttori a
“metterci la faccia”, a garanzia della qualità
della loro produzione. La maggior parte dei
produttori di Bitto Storico proviene comunque dalla Valtellina, in particolare da Morbegno e dintorni, dove vivono e lavorano il
resto dell’anno. Rispetto a quello che si
potrebbe pensare, sono molti i giovani che,
seguendo le orme dei genitori e non, hanno
deciso di continuare con l’attività dell’alpeggio. Perché non andare a trovarli non rinunciando a una bella passeggiata e a una sosta golosa nei rifugi del passo San Marco?
Gli alpeggiatori si possono trovare a ridosso
del passo, ma anche sui piani dell’Avaro e
sul sentiero delle casere, con partenza da
Mezzoldo. Di seguito tre possibilità, per i più
allenati, ma anche per chi non vuole rinunciare alla comodità dell’auto o della moto.
Azienda Agricola F.lli Duca
In quota c’è l’intera famiglia
Carlo Duca
L’alpeggio Ancogno Soliva, dove opera
Carlo Duca con tutta la sua famiglia,
è facilmente raggiungibile dalla strada per il passo San Marco. Ci si arriva
in auto e i suoi formaggi si possono
acquistare anche in una piccola baita
prima di arrivare alla casa Cantoniera. Non è necessario quindi munirsi
di scarponi per conoscere Carlo Duca,
classe 1981, alpeggiatore dalla nascita. «Quest’alpe – spiega Carlo – è
caricata dalla mia famiglia da molti anni. Ci lavoriamo praticamente tutti, da
mio papà Aldo a mia mamma. Ci sono
anche mio fratello Luigi e mia sorella
Rita». Oltre alla famiglia Duca, lavora
in alpeggio anche la compagna di Carlo, Erica Mazzola, con la piccola Anita.
Curiosa la storia di Erica, originaria di
Mozzo, con una laurea in lingue, casualmente si trova a lavorare nel periodo estivo in un bar della zona di Cusio. «Un po’ per scherzo - spiega Erica
- ho iniziato a passare qualche giorno
in alpeggio, con gli alpeggiatori locali
e non me ne sono più andata». Dopo
aver conosciuto Carlo, lei e le sue capre sono diventate parte integrante
della famiglia Duca e dell’azienda di
famiglia. L’azienda conta 40 bovini e
21 capre e ha sede a Talamona (So) in
Valtellina. Stanno in alpeggio da metà
giugno a metà settembre per la produzione del Bitto Storico; Carlo Duca è
membro infatti dell’associazione che
tutela il formaggio Bitto prodotto in alpeggio. Le lavorazioni del latte attuate nel corso della giornata sono due,
a seguito di ogni mungitura. Dopo la
produzione del formaggio, la mattina
il siero viene riscaldato e acidificato
per la tradizionale produzione della
mascherpa; la sera invece, il siero viene centrifugato per la produzione del
burro. L’azienda è ben visibile dalla
strada grazie a un’insegna rustica in
legno che segnala la vendita di formaggi e ricotta.
17
L’ITINERARIO
Azienda Agricola Sonia Marioli
Il perito meccanico conquistato
dai pascoli: «Non è un lavoro,
è uno stile di vita»
Per gli amanti delle escursioni in montagna, potrebbe essere un’ottima occasione per unire una scarpinata e una
sosta golosa. Da Mezzoldo, in particolare dal rifugio Madonna delle Nevi, parte il sentiero delle casere, con segnavia CAI n. 111 che poi si dirama nel n. 101. Seguendo questo sentiero si percorre idealmente il tragitto di Alfio Sassella e dalla sua mandria. Prima di iniziare il cammino, ci
si può fermare al vicino ristorante Genzianella dove si può
trovare Sonia, moglie di Alfio e titolare dell’azienda stessa, che oltre a vendere formaggio e mascherpe di propria
produzione, può fornire importanti indicazione sulla precisa posizione di Alfio. Anche lui è un alpeggiatore “nomade” che nel periodo estivo arriva a superare i 2.000 metri
in cinque tappe. Nel mese di agosto raggiunge quelle più
alte per poi ripercorrerle nello scendere verso Mezzoldo.
Perito meccanico, Alfio non proviene da una famiglia di alpeggiatori. All’età di 20 anni ha caricato il suo primo alpeggio con Guido, il papà di Sonia. «Lui faceva il casaro,
sia in latteria a Talamona che
in alpeggio. Aveva passato
anche dei periodi a lavorare
nella vicina Svizzera, sempre
come casaro. Per circa 20 anni ha caricato l’alpe Pevena
ad Albaredo», ricorda Alfio, che ora ha 44 anni ed è quindi
il suo 24esimo alpeggio. Accompagnato dalla moglie Sonia e dagli aiutanti Mosè e Fortunato, prepara Bitto Storico e mascherpa con il latte prodotto dalle 35 vacche in
lattazione e dalle 60 capre orobiche. Una parte del latte di
capra viene aggiunta anche al siero per la produzione della mascherpa. Nel periodo invernale conduce una stalla a
Talamona (So), lavorando in proprio il suo latte. «Per me
il venire in alpeggio non è un lavoro, ma un vero e proprio
stile di vita. L’alpeggio e gli alpeggiatori sono stati dimenticati per due o tre decenni, ora l’attenzione e la visibilità
di questo tipo di attività sta crescendo» conclude, prima
del saluto finale.
Azienda Agricola Fognini Roberto, Rocco e Lino
«La produzione estiva è tutto per noi»
Per chi vuole fare una passeggiata in
montagna, con scarponcini, ma senza faticare troppo, è consigliata una
visita a Lino Fognini, che insieme allo zio Rocco e a Primo, fidato aiutante, carica l’alpe Parissolo. Questo alpeggio è un poco diverso da Ancogno
Soliva, infatti è praticato un alpeggio
“nomade”, che prevede non solo lo
spostamento degli animali, ma anche degli alpeggiatori stessi, di baita
in baita. Lino e la sua mandria arrivano fino a quasi 2.000 metri di altitudine e, nel corso della stagione, compiono più spostamenti.
Le baite “alte” sono poco più che dei
calecc, in cui si mangia, si dorme e si
lavora anche il latte e dove è il fumo
a fare da padrone. Non era infatti prevista la presenza dei camini perché
sarebbero stati facilmente distrutti
dalla neve invernale. «Tutti qui hanno
cominciato a venire in alpeggio all’e-
18
tà giusta», spiega Rocco Fognini. Già,
ma quale è l’età giusta per iniziare
l’alpeggio? «Sette anni!» replica molto spontaneamente.
«Venire in alpeggio – dice Lino – per
me significa dare un valore aggiunto
alla produzione. Puntiamo molto alla produzione estiva del formaggio,
tanto che nel periodo invernale il latte lo conferiamo alla latteria e non lo
trasformiamo direttamente. Il ritorno
di reddito del periodo estivo è molto
importante per garantirci il sostentamento e anche spronarci al ritorno
in alpeggio. Diversamente gli alpeggi verrebbero abbandonati e la montagna con loro. Importantissima per
produrre un formaggio di alta qualità
è l’attenzione al benessere animale e alla pulizia, tutte cose da sistemare di anno in anno per migliorare
sempre più». C’è lungimiranza quindi
nelle parole di Lino Fognini, che vorrebbe caricare l’alpeggio ancora per
molti anni, vista anche la sua giovane età, classe 1985, sposato con
tre piccoli bimbi. Produce essenzialmente Bitto Storico e la mascherpa.
Nel periodo invernale i suoi animali
sono sistemati nella stalla a Morbegno (So), dove è possibile continuare
ad acquistare il formaggio prodotto
d’estate.
settembre 2014
Dove mangiare/ Rifugio Passo S. Marco 2000
Imperdibili i piatti
con le erbe spontanee
Non può mancare una sosta
golosa vista la ricchezza gastronomica che questa zona,
a cavallo della Valle Brembana e della Valtellina, offre.
Prima dell’arrivo al valico del
passo San Marco, si incontra il rifugio Passo San Marco
2000, nato nel 1995 dalla volontà e dall’impegno di Claudio Balicco. Attualmente è
gestito con entusiasmo dalla
moglie Antonella Salvini e dalle figlie Serena, classe 1989,
e Silvia, classe 1982. Il rifugio dispone della zona bar, del
ristorante e anche di alcune
camere. «In cucina lavoriamo
io e mia sorella Silvia - spiega
Serena –, siamo entrambe diplomate all’Ipsar di San Pellegrino Terme con indirizzo cucina». Serena si dedica di più ai
dolci, mentre Silvia al resto.
Grande attenzione è riservata
alla scelta di fornitori e materie prime, «quello che possiamo reperire in loco - racconta
ancora Serena – preferiamo
acquistarlo dai produttori locali. Ad esempio salumi e carni li acquistiamo da un artigiano macellaio di Talamona
(So), mentre erbe spontanee
e frutti di bosco li raccogliamo
noi». Tutte le paste sono fatte
in casa così come le confetture di mirtilli e lamponi. Assolutamente da assaggiare i
piatti a base di erbe spontanee come i cornagì o il parùc.
Da non sottovalutare la lista
dei dolci, con 15 possibilità di
scelta tutti i giorni, tra semifreddi, crostate, strudel e torte. Un’attenzione particolare
anche agli intolleranti al glutine. Il posto merita davvero
una sosta, meglio in settimana, quando l’affluenza è minore. Il rifugio rimane aperto
tutto l’anno. Nel periodo estivo tutti i giorni (dall’apertura
alla chiusura del passo San
Marco); in inverno tutti i fine
settimana.
L’EVENTO
E a Morbegno
i “rivali” lo celebrano
con la mostra
centenaria
Antico non è solo il formaggio (pare sia nato
tra le popolazioni celtiche e il nome deriverebbe da “bitu”, ossia “perenne”), ma anche
la manifestazione che lo celebra. Raggiunge
infatti la 107esima edizione la Mostra del Bitto di Morbegno, rassegna che partendo dal
re dei formaggi valtellinesi accende i riflettori
anche su tutti gli altri prodotti tipici della filiera agroalimentare locale, l’artigianato artistico, le tradizioni e il folclore. L’appuntamento
è sabato 18 e domenica 19 ottobre nel centro storico della bella cittadina, per un percorso goloso che si snoderà a partire dalla storica piazza Sant’Antonio, dove verrà posizionato il “calecc”, la struttura mobile in cui anticamente i casari in alpeggio si dedicavano alla
lavorazione del Bitto. Nel calecc si svolgeranno con continuità le lavorazioni tradizionali
del formaggio, la degustazione della cagliata
e la lavorazione della ricotta.
Nata all’inizio del secolo scorso per premiare
le forme migliori prodotte in estate sugli alpeggi, la Mostra del Bitto prendeva il via proprio in piazza Sant’Antonio, dove i casari e gli
abitanti delle valli si incontravano in autunno
per vendere e acquistare le pregiate forme,
che venivano consumate durante l’inverno o
fatte stagionare per anni.
Come da tradizione anche in questa edizione
saranno selezionati, da una giuria di esperti
assaggiatori, il miglior Bitto Dop e il miglior
Valtellina Casera Dop prodotti durante l’anno.
Si potrà poi andare a spasso alla scoperta di
tutte le altre eccellenze enogastronomiche
valtellinesi, visitando gli angoli più suggestivi,
le viuzze più antiche e i nobili palazzi in quella che è stata definita una vetrina interattiva
e degustativa, un’immensa aula didattica a
cielo aperto per scoprire le “mille forme del
Bitto”, tra produzione in diretta del formaggio nelle grandi “caldere”, show cooking degli
chef, street food, pranzi e cene “a Km 0” nelle
tradizionali cantine del centro di Morbegno,
la fattoria didattica e l’area “green”.
Info: www.mostradelbitto.com
19
Il 6 e il 7 ottobre la settima edizione della rassegna Birrogastronomica promossa
dalla società di Torre de’ Roveri. Giampietro Rota: «Un prezioso
momento di formazione per gli operatori professionali»
Birra nei bar e ristoranti,
la Quattroerre fa il punto
A
20
l via la settima edizione della Rassegna Birrogastronomica firmata dall’azienda Quattroerre di Torre de’ Roveri. “La
birra nel fuori casa” sarà il tema centrale dell’appuntamento - in programma il 6 e il 7 ottobre prossimi - volutamente
pensato per mettere in rilievo le differenti occasioni di consumo in cui la birra è presente, dal pub al bar per passare
alla pizzeria fino ad arrivare alla ristorazione tradizionale e
moderna.
Importante novità di questa edizione sarà la sala di degustazione che si fa in tre per sottolineare la valenza commerciale del prodotto.
Area birra: saranno presenti otto birrerie europee con un
proprio corner e un banco di degustazione Quattroerre dedicato alle specialità nazionali e internazionali.
Area bar: dedicata al bere miscelato con cocktail a base di
birra proposti dal barman Sebastiano Garbellini e con l’opportunità di stare dietro il banco con lui per realizzare la propria ricetta e proporla al pubblico. La distilleria Roner pre-
senterà i propri prodotti e sarà da trait d’union tra il mondo
della birra e quello degli spirits.
Area ristorazione: concepita come un vero e proprio ristorante, con tanto di tavoli, vi si potrà degustare il piatto tipico italiano per eccellenza, da sempre parte di un matrimonio birrogastronomico molto felice: la pizza. Il forno a vista
farà da sicuro richiamo per coloro che vorranno provare
abbinamenti collaudati, ma pure inediti con le pizze di tendenza firmate dallo chef-pizzaiolo Tiziano Casillo, docente
dell’Accademia del Gusto - Ascom Formazione, ente partner dell’evento.
“Abbiamo nuovamente deciso di investire ingenti risorse umane ed economiche nel progetto legato a una formazione globale per titolari di ristoranti e
bar - afferma Giampietro Rota, presidente della 4R -.
Come sempre, noi non vogliamo solo vendere un prodotto,
ma siamo convinti che sia fondamentale essere competenti e capaci di gestire al meglio l’attività di somministrazio-
cialità alla spina presso la propria postazione, mentre le birre in bottiglia potranno essere degustate nell’area comune
predisposta e gestita direttamente dalla Quattroerre.
Nel Centro di Formazione dell’azienda, adiacente allo spazio dedicato alla rassegna, si svolgeranno invece i classici
incontri tra professionisti dove le tematiche affrontate serviranno per approfondire i temi cruciali della rassegna stessa. In entrambe le giornate, alle 11, Tiziano Casillo terrà un
incontro informativo/formativo per raccontare le pizze di
tendenza e presentare al meglio le opportunità di interessanti abbinamenti con le birre. Alle 15,30, invece, Sebastiano Garbellini terrà un approfondimento dedicato al servizio delle birre all’interno dei locali.
ne. La nostra rassegna rappresenta dal 2005 un momento
fondamentale di confronto tra professionisti del settore, ottenendo da diversi anni il patrocinio della Camera di Commercio di Bergamo, della Provincia e dell’Ascom”.
Nelle giornate di lunedì 6 e martedì 7 ottobre, dalle 10.30
alle 18.30, gli ospiti potranno svolgere degustazioni libere
ed assistite.
Le otto birrerie selezionate andranno ad offrire le loro spe-
Partner dell’evento 2014 - Partner della settima Rassegna
Birrogastronomica è l’Accademia del Gusto, un centro di
formazione dedicato all’enogastronomia.
La scuola rappresenta il coronamento degli sforzi e della professionalità acquisita nel settore della formazione
dall’Ascom - Confcommercio di Bergamo, che da tempo è
attiva nella promozione della cultura gastronomica.
I docenti sono selezionati per garantire la massima efficacia di apprendimento.
Per informazioni, o per visitare i laboratori, contattare la sede dell’Accademia al numero 035.41.85.706.
PROGRAMMA
lunedì 6 ottobre 2014
martedì 7 ottobre 2014
SALA DEGUSTAZIONE
dalle 10,30 alle 18,30
• Degustazioni libere di birra di otto birrerie europee, sia alla
spina che in bottiglia
• Degustazioni libere delle varie interpretazioni di pizza in pala
• Degustazioni guidate di drink aventi quale ingrediente la birra a cura di:
- Sebastiano Garbellini - distillerie atesine Roner
SALA FORUM
alle ore 11,00
• Presentazione da parte di Tiziano Casillo (Accademia del
Gusto - Ascom Formazione) delle “pizze in pala alla romana”,
una tendenza di prodotto molto apprezzata dal pubblico e particolarmente interessante, in termini di redditività, per chi la
produce.
alle ore 15,30
• Approfondimento da parte di Sebastiano Garbellini sulle
ragioni che fanno dell’apparente semplice gesto della mescita della birra la costante assoluta per il raggiungimento della
qualità sotto tutti i punti di vista del servizio.
Info: 035.580.701 oppure www.quattroerre.com
Assessorato Urbanistica, Agricoltura,
Ambiente e Tutela risorse naturali
21
APPUNTAMENTI
FINO AL 16 DICEMBRE
TREVIOLO
E OSIO SOPRA,
CENE TEATRALI
IN SETTE LOCALI
Un cartellone teatrale dentro ai
ristoranti. Lo propone Qui & Ora
Residenza Teatrale, con l’obiettivo di portare la cultura in luoghi
insoliti e mettere in dialogo l’arte
ed il mondo del commercio ribaltando la visione che vuole la prima sempre bisognosa di sostegno per mostrare invece come
possa diventare un’opportunità
per le attività economiche. Dal
18 settembre al 16 dicembre sono in programma sette appuntamenti, due nell’ambito progetto
Storie in Comune e cinque nella
rassegna “Masticare Cultura”,
realizzata all’interno della stessa
cornice generale, ma in collaborazione anche con il Comune di Treviolo e la biblioteca coinvolgendo
i locali del paese con l’obiettivo
di creare azioni culturali con forte radicamento nel territorio. Si
comincia al Ristorante Parsifal
di Curnasco (18 settembre) con
“Zia Severina è in piedi” della
compagnia Babygang. Seguono
le “Lezioni di giardinaggio planetario” di Casa degli Alfieri - Teatro
e Natura, alla Trattoria Da Norberto di Albegno (8 ottobre); “Meglio tarde che mai” con Le Tarde
alla Locanda del Buongustaio
della Roncola (6 novembre); “A
corpo libero” di Silvia Gribaudi
al ristorante Dalla Padella alla
Brace (4 dicembre) e “Kitchen
songs” della compagnia Odemà
all’Osteria Oca Bianca di Curnasco (16 dicembre). Il costo della
cena teatrale è di 25 euro per tutte le serate. Stessa formula ma
al di fuori del circuito di Treviolo si
ritrova ad Osio Sopra, al bar pizzeria Joe Koala il 26 settembre
(“Fuorigioco, l’anima del quartiere” di Comteatro, costo 15 euro)
e il 22 ottobre al Ristorante Simagò (“Metafisica dell’amore” con
Le Brugole, 30 euro).
22
5 OTTOBRE
PASSEGGIAR GUSTANDO IMBANDISCE
IL CENTRO DI TREVIGLIO
Dopo otto edizioni sul Sentierone di
Bergamo, si trasferisce a Treviglio
“Passeggiar Gustando”, la festa del
commercio e della famiglia promossa
dall’Ascom e dall’Aspan. L’appuntamento è domenica 5 ottobre lungo via
Matteotti, dove oltre 50 tra dettaglianti
alimentati e panificatori saranno al lavoro per preparare assaggi e degustazioni di prodotti e piatti della tradizione
bergamasca. La giornata punta a valorizzare le attività del commercio tradizionale, il loro ruolo di servizio all’interno dei centri urbani, la professionalità e
l’esperienza dei negozianti, questa volta partendo dal capoluogo della Bassa
per coinvolgere anche i paesi vicini.
Basterà passare in rassegna gli stand
tra le 10 e le 18 per comporre il proprio
menù, tra i salumi, formaggi, primi e secondi piatti caldi dei gastronomi e salumieri, la carne alla griglia dei macellai,
la frutta e la verdura dei fruttivendoli,
il pane ed i prodotti da forno dei panificatori, la Turta de Treì, l’acqua e i vini del territorio (in collaborazione con
il Consorzio Tutela Valcalepio e con la
gestione della Pia Unione San Lucio).
Per accedere alle degustazioni occorre
acquistare appositi gettoni (il contributo minimo è di 5 euro per tre degustazioni con acqua e pane offerti) con cui
“pagare” le diverse portate. Il ricavato
andrà, come ogni anno, in beneficenza. Destinatario di questa edizione è il
Comitato “Due Ambulanze per la Croce
rossa”, promotore di una raccolta fondi per rimpiazzare due mezzi arrivati a
fine carriera del Comitato di Treviglio e
Geradadda. La festa sarà completata da animazione e giochi per tutta la
famiglia.
27 E 28 SETTEMBRE / VILLA D'OGNA
WEEK END CON I SAPORI
E LE TRADIZIONI LIGURI
Un giro gastronomico tra le regioni d’Italia organizzato sotto casa. È il
progetto dell’Associazione Csi C'Entro Parrocchiale Ogna di Villa d’Ogna che ogni anno, nell’ultimo fine settimana di settembre, organizza un tuffo nei sapori e nell’artigianato tipico di un diverso territorio.
Dopo Friuli, Marche e Valle d’Aosta, sarà la Liguria la protagonista
della “Festa della Natura”, in programma sabato 27 e domenica 28.
Il clou è nel pranzo della domenica nella piazza di Ogna, con un menù dall’antipasto al dolce tutto a base di specialità liguri. Si spazierà
dalle acciughe delle Cinque Terre al tortino di piovra alla genovese
con olive taggiasche, da salumi come la Prosciutta castelnovese e il
salame di Sant’Olcese alla focaccia. Per proseguire con trofie al pesto, pansotti con salsa di noci, cima ripiena e sformato ai porcini e
concludere con una mousse di amaretti di Sassello con pasticceria
ligure. A questa proposta, che comprende anche l’acqua proveniente
dalle fonti Bauda di Calizzano, si può abbinare una selezione di vini
del territorio. La manifestazione porta anche in piazza l’artigianato
ligure, stand di prodotti tipici (olio, olive, paté, dolci, salumi e formaggi). L’ulteriore chicca di quest’anno, vista la regione ospite, è la “focacciata”, in programma alle 17 della domenica.
Info: [email protected]
settembre 2014
DAL 21 AL 28 SETTEMBRE
VAL BREMBANA
LA PATATA
DI MARTINENGO
SI CELEBRA
IN PIAZZA
E NEI RISTORANTI
AL DEBUTTO LA FESTA DEL BREMBO
E DELLA TROTA
È arrivata alla 12esima edizione la Sagra della patata di Martinengo, la manifestazione con la quale il Comune della Bassa promuove la riscoperta delle
pregiate qualità gastronomiche del tubero, riconosciute anche da Veronelli e
protette dalla De.Co. Da domenica 21
a domenica 28 settembre sarà possibile pranzare e cenare nei cinque locali
del paese che partecipano alla rassegna con menù a prezzo fisso (dai 20 ai
35 euro a seconda dell’insegna), che
vedono protagonista la patata locale (a
pasta bianca) interpretata in molteplici varianti, dai più classici gnocchi, rosti, purè agli sformati fino ai muffin, in
versione salata (con salsiccia e fonduta di Branzi) e persino da dessert (con
crema di mascarpone). Le giornate di
apertura e chiusura saranno animate
da eventi speciali, come la biciclettata
“Natura e Gusto” (domenica 21) o, domenica 28, l’esposizione e la vendita
della patate in piazza, i Laboratori del
Gusto con Slow Food, la sfilata storica,
le visite al borgo e la degustazione dello “Gnocco fritto di patata di Martinengo con cuore di taleggio bergamsco” a
cura dello chef Chicco Coria. È prevista
anche una tappa a Bergamo, martedì 23 al ristorante Ol Giopì e la Margì
con la serata “La patata di Martinengo
De.Co. incontra la cucina della tradizione” che vedrà la presenza anche delle
istituzioni. A Martinengo i ristoranti del
circuito sono Martinenghì, Agriturismo
Il Campo Rosso, Caffè Centrale, 3 Lanterne e Trattoria al Tiro.
www.comune.martinengo.bg.it
Una nuova rassegna gastronomica entra nel paniere di Altobrembo, l’associazione che riunisce
11 comuni dell’Alta Valle Brembana e un’ottantina di aziende ed
associazioni, già attiva con Fungolandia e Erbe del Casaro. È la
“Festa del Brembo e Sagra della
Trota”, in programma sabato 4 e
domenica 5 ottobre. Come nelle
altre manifestazioni, coinvolge i
ristoratori nella creazione di menù a tema, questa volta con l’obiettivo di riaccendere i riflettori
sull’attività della pesca, da sempre praticata in Valle. Sabato sera
a Piazza Brembana è in programma una grande cena a base di trota, mentre la domenica si terranno il raduno di pesca Il Trotone, dimostrazioni di cucina e assaggi.
L’iniziativa punta anche a far conoscere le risorse idriche e l’ambiente fluviale con giochi e attività
per i bambini, la visita alla centrale elettrica di Olmo al Brembo e il
giro in elicottero fino alle sorgenti
del Brembo. Mercatini di prodotti
tipici e artigianato locale, mostre
e concorsi fotografici e di cucina
completano il menù.
www.altobrembo.it
E ALLA SAGRA DELLE MELE
SI ASSAGGIA IL NUOVO RACCOLTO
Mangiare una Mela della Valle Brembana fa stare bene per una settimana!”. L’Associazione Frutticoltori e Agricoltori della Valle Brembana
(Afavb) ha modificato così il noto detto sulla salubrità della mela ed
è con questo che invita a raggiungere Piazza
Brembana il 18
e 19 ottobre per la quinta “Sagra della mela
e dei prodotti brembani”. A tenere banco sarà la vendita delle mele degli oltre 250 associati, che con il loro lavoro hanno consentito il recupero di aree montane altrimenti destinate al degrado. Un’attività
che, grazie all’impegno negli anni, ha
raggiunto livelli di qualità notevoli.
Le mele raccolte in Val Brembana
vantano infatti una quantità zuccherina fra i 15 e i 16 gradi Brix,
un valore importante per frutti
di montagna (superiore a quello
di altre rinomate zone di produzione) che
conferma presenze significative di minerali, vitamine ed altri microelementi. Alla sagra sarà possibile assaggiare le diverse varietà coltivate - Golden delicius, Gala, Red
delicius, Renetta, Topaz – e scegliere quella che piace di più. La manifestazione fa spazio anche agli altri prodotti tipici (con stand di miele,
confetture, formaggi, salumi, birre, biscotti) e propone menù a tema e
concorsi gastronomici.
ww.sagramela.it
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TENDENZE
di Laura Bernardi Locatelli
Grazie a packaging innovativi,
ricette gourmet, cotture leggere,
prodotti a prova di intolleranza
e pratiche monoporzioni, le specialità
sottozero sono entrate a far parte
dei consumi abituali delle famiglie.
Dopo 25 anni di crescita, lo scorso anno
la prima battuta d'arresto a causa della crisi
Surgelati, passione quotidiana
L
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a gelata dei consumi arresta la crescita dei surgelati dopo venticinque
anni di boom ininterrotto, ma la passione per la provvista bella e pronta in freezer non è andata sottozero.
Grazie a packaging innovativi, ricette
gourmet, cotture leggere, prodotti a
prova di intolleranza e monoporzioni
da scaldare in men che non si dica in
microonde, i surgelati stupiscono anche gli integralisti della cucina tradizionale. Se il carrello della spesa dei
bergamaschi si alleggerisce dietro la
spinta della recessione, le speciali-
e giù per l’Italia e attorno al mondo.
La scelta “frozen” intercetta anche i
consumatori attenti alla qualità del
cibo, dall’assenza di conservanti, al
confezionamento con prodotti a chilometro zero.
Uno sguardo sui consumi - Il mercato del surgelato, nonostante tutto, ha
sostanzialmente retto, anche se la
crisi ha portato ad un calo dell’1,5% a
volume e del 3,5% a valore nel 2013.
“Questo calo sopraggiunge dopo oltre 25 anni di crescita ininterrotta del
cucinare, sia finiti che semilavorati,
e rispondono a due basilari requisiti
moderni: qualità e sicurezza”. A dimostrazione dell’importanza della surgelazione la presenza in ogni frigorifero del freezer e la diffusione del forno a microonde che se dal 4% della
popolazione ha raggiunto negli ultimi
anni punte di penetrazione del 35%.
(Dati Ismea - Istat). Diversamente da
tutti gli altri metodi di conservazione,
la surgelazione non necessita di aggiunte di conservanti o altro: il prodotto è intatto così come viene “raccol-
tà congelate - in vendita anche sfuse - entrano ormai nella quotidianità
di famiglie, coppie e single, a partire
dalla pausa pranzo in ufficio. Le specialità regionali e della tradizione non
tramontano, così come le ricette internazionali grazie alla proposta sempre
più “glocal” delle aziende più attente:
basta aprire lo sportello del freezer
per lasciarsi trasportare col gusto su
settore - commenta Vittorio Gagliardi, presidente dell’Istituto Italiano Alimenti Surgelati - e dimostra che al di
là delle avverse contingenze del mercato, i surgelati non rappresentano
più una scelta emergenziale, ma si
caratterizzano a tutti gli effetti quali interpreti quotidiani della giornata
alimentare: offrono il grande vantaggio del servizio, essendo pronti da
to”, una caratteristica fondamentale
per i consumatori più attenti. I surgelati offrono inoltre un “mondo” di prodotti, destagionalizzati e delocalizzati
che consentono di gustare in casa un
piatto internazionale. Da non sottovalutare, infine, l’ "effetto dispensa"
che rende il freezer anche nell’appartamento più piccolo, l’equivalente
moderno della cantina della nonna.
settembre 2014
I dati dell'Istituto Italiano Alimenti Surgelati
L’andamento nel 2013
Cresce il "door to door"
VEGETALI
Anche nel corso del 2013 il segmento dei vegetali è il primo in valore
assoluto: rappresenta circa il 43% delle vendite a volume nel retail, pari
a 224.600 tonnellate consumate da 22 milioni di famiglie. Frutta e verdure surgelate sono un vero e proprio scudo anti - crisi, apprezzate per
i loro valori di servizio, qualità e naturalità, ma anche per la stabilità dei
prezzi. A fronte di una sostanziale tenuta dei vegetali semplici e di una
incoraggiante affermazione di quelli preparati (+ 4,4%) si è registrato
anche quest’anno un deciso calo delle zuppe.
PATATE
Il segmento delle patate rappresenta un mercato importante (circa il
15% a volume sul totale surgelati, con una penetrazione della categoria
nelle famiglie italiane di circa il 50%i) in grado di evidenziare un potenziale altamente innovativo, come la tendenza verso referenze “light”,
che uniscono gusto e croccantezza alla praticità e leggerezza della cottura in forno.
PRODOTTI ITTICI
Anche se i parametri qualitativi dell’ittico surgelato sono apprezzati
sempre più, l’intero segmento ha subito una significativa frenata, dovuta in primis alla crisi economica. Il risultato meno penalizzante è stato
realizzato dal comparto del pesce panato e pastellato (- 1,1%), in particolare per le ricette da preparare sia fritte che in forno, con un trionfo
dei classici bastoncini.
PIZZE E SNACKS
L’offerta di svariate tipologie di gusti, oltre alla classica margherita, che
resta ancora la preferita, ha fatto registrare un lieve incremento (+8%
nel periodo tra il 2009 e il 2013). Il peso del comparto sul totale raggiunge quasi il 14%, con una penetrazione assoluta intorno al 63%. Merito anche dell’artigianalità della lavorazione della pasta e dell’introduzione della cottura a legna per alcune referenze.
PIATTI RICETTATI
I piatti pronti hanno continuato a subire un ridimensionamento, data la
maggiore attenzione al prezzo del consumatore. Il settore continua ad
avere un elevato valore aggiunto e ampi margini di crescita in un Paese
che conta 7 milioni di single (dato Censis). Dopo alcuni anni di flessione il consumatore sta tornando con maggiore frequenza verso referenze
classiche della tradizione culinaria italiana.
“DOOR TO DOOR”
Il porta a porta ha raggiunto negli ultimi 15-20 anni un buon successo.
Rapporto diretto con il cliente, spesa ‘on line’ e ricette della tradizione
gastronomica nazionale presentate con il giusto equilibrio nutrizionale
e calorico sono tutti plus in grado di garantire al comparto ampi margini
di crescita. L’identikit del cliente porta a porta è di età superiore ai 45
anni, con un profilo socio - economico alto e si concentra soprattutto nel
Nord - Centro Italia; i prodotti preferiti sono le verdure, il pesce, le pizze.
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TENDENZE
Picard
Tra le 750 referenze anche
le monoporzioni per la pausa in ufficio
Ha inaugurato da qualche mese, ad aprile, in Porta Nuova
il negozio Picard, storico marchio francese,
nato ai primi del Novecento in Francia
come società produttrice e distributrice di ghiaccio per diventare poi leader del mercato sottozero.
La comodità dei negozi di
prossimità abbinata alla
qualità dei surgelati, con
750 referenze dalla colazione ai dessert, sancisce il successo della
formula distributiva che
Picard ha inaugurato negli
anni Settanta con l’apertura del primo negozio nel cuore di Parigi. Il punto vendita cittadino, aperto sette giorni su sette con orario continuato, è una meta
per gli acquisti di famiglie e single, giovani
e non, oltre che di chi lavora in centro e sceglie piatti da
infilare nel microonde in pausa pranzo. “E’ difficile tracciare un identikit del cliente-tipo, perché la proposta abbraccia ogni esigenza, dalle monoporzioni a quelle per famiglie” spiegano in negozio.
Quanto ai prodotti, la tradizione ha la meglio: “A riscuotere un grande successo le specialità regionali italiane, dai
pizzoccheri valtellinesi alla focaccia di Recco, oltre ai prodotti simbolo della gastronomia francese come la Quiche
lorraine. In costante crescita i contorni pronti, in particolar modo quello mediterraneo con verdure miste, da spadellare in pochi minuti”.
La “formula express” con oltre venti ricette in confezioni
monoporzione da scaldare in quattro minuti in microonde
conquista sempre più per la pausa pranzo in ufficio: “Si
spazia dalle trofie al pesto al risotto allo zafferano, dall’amatriciana al riso alla parmigiana. Nei secondi ci si può
sbizzarrire dalle fajitas di pollo al pavè di pollack d’Alaska
gratinato alla bordolese, ai trancetti di salmone con purè
di verdure”. Tra le novità a stelle e strisce, pronti da gustare in 3 minuti, il bagel americano con formaggio e rucola,
Sapore di mare
I punti vendita
Vendita a peso e forte
attenzione alle ricette
della tradizione
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I negozi a marchio “Sapore di mare” che fanno capo all’omonima catena di franchising con casa madre
a Macerata propongono un vasto
assortimento di prodotti ittici selezionati con cura da acquistare a
peso, anche in quantitativi minimi.
Una formula innovativa che ha subito conquistato Paolo Cressi - tra
i titolari dei punti vendita “Sapore
di mare” di Albano Sant’Alessandro e Dalmine, inaugurati rispettivamente nel 2008 e nel 2010 - che
ha abbandonato il lavoro in ufficio
commerciale estero per diventare
imprenditore e inseguire la passione per l’alimentare e la cucina ereditati dalla famiglia di ristoratori. I
surgelati sfusi e la proposta di ricet-
te gourmet conquistano consensi,
ma fanno i conti con la crisi: “C’è
una maggiore fiducia nei surgelati,
ma purtroppo la crisi porta inevitabili tagli alle spese, anche alimentari- sostiene -. La sensazione è che il
mercato dei surgelati sia in crescita
e sia ormai pronto a conquistare un
maggior numero di persone, anche
se il carrello della spesa si alleggerisce. Lo scontrino medio è infatti
passato dai 30-35 euro degli scorsi
anni ai 20 euro”. I prodotti più venduti sono quelli pronti: dalla paella alla valenciana al misto scoglio,
dall’insalata di mare al polpo all’isolana con olive e patate. Ma la tradizione continua ad avere la meglio
e cresce il successo delle speciali-
Paolo Cressi
settembre 2014
tà regionali, soprattutto tra i primi piatti, oltre ai classici gnocchi al salmone,
mare e monti e con crostacei e verdure:
“Si spazia dalla Puglia con le orecchiette alle cime di rapa alla Sardegna con
la classica fregola con arselle, passando per la Romagna con i garganelli con
zucchine e gamberi alla Liguria con le
trofie al pesto di mare - continua Paolo
Cressi -. Da non perdere anche i cicatelli alla molisana e la classica calamarata napoletana; per chi ama la semplicità ci sono poi le lenticchie in umido con
pesce da abbinare a pane croccante”.
Non tramontano le conchiglie: dalle cicale di mare ai canestrelli, dalle lumachine alle vongole e alle cozze, fino ad
ostriche e cappesante: “Nonostante la
differenza di prezzo, penso alle vongole
del pacifico a 3.78 euro contro quelle
del Mediterraneo che vendiamo a 12
euro, il prodotto del mare nostrum ha
la meglio. La tracciabilità è sempre più
importante per il consumatore, attento
oltre che alla qualità alla provenienza.
Tra i secondi, la scelta tra filetti varia di
gole (dal cheesecake alla fondant al cioccolato) al mini
strudel, dalle creme brulée a crumble e brownie, dalla selezione di macarons alle tentazioni al cioccolato”.
Quanto mai varia la proposta di sorbetti e gelati, con prodotti selezionati, dai fichi secchi di Calabria alla vaniglia
del Madagascar.
E’ ancora più facile ricevere ospiti a casa grazie a un accurato studio di packaging e contenitori pronti per esser
portati in tavola: “I bicchierini da aperitivo stupiscono gli
ospiti, con tre composizioni gourmand , come il crumble
di pan speziato, ananas e foie gras .
Le nuove confezione boiling bag garantiscono una cottura
ottimale sottovuoto che esalta il gusto ed elimina gli odori di pesci pregiati come tonno alalunga e pinne gialle. La
cottura “bubble vapor” cuoce in modo uniforme al microonde in una bolla di vapore piatti di pesce senza eliminare
la pellicola della confezione”.
continuo, dal pesce spada al palombo
al tonno, che provengono per il 90 %
dal Nord, a differenza dei gamberi con
Argentina, Thailandia ed Ecuador a farla da padrone, anche se non mancano, ad un prezzo decisamente più elevato, quelli del Mediterraneo”. Quanto
all’identikit di chi acquista specialità
sottozero a peso, la clientela di riferimento va dal single alla famiglia: “La
famiglia fa la scorta, ma single e coppie acquistano volentieri pesce sfuso,
riempiendo il sacchetto con lo stretto
I punti vendita
i muffins salati, i cheeseburger, i nuggets, ma non mancano pizzette e torte brisée per chi vuol “restare” in Europa.
Due banchi dedicati alle specialità etniche assicurano un
viaggio d’evasione gastronomica attorno al mondo senza muoversi da casa, con oltre 40 ricette internazionali:
“I piatti etnici incuriosiscono sempre più, in particolare
la clientela più giovane. La scelta spazia dallle specialità greche come la spanakopitas alla zuppa thailandese
con pollo e latte di cocco tom-kha-ga, dal chili con carne
messicano alla samosa di verdure indiana. Sono sempre
apprezzati gli involtini primavera cinese, come l’insalata
edamame giapponese”.
I secondi di carne e pesce soddisfano i palati più esigenti,
dal branzino all’arancia alla coscia d’anatra con padellata di verdure, dalla pescatrice con asparagi e patate alla
faraona in salsa di Sauternes con purè di sedano. “Riscuotono sempre successo i piatti tradizionali, dal merluzzo alla livornese al filetto di orata alla triestina, alle
zuppe di pesce, unitamente alle ricette più elaborate di
selvaggina e cacciagione”.
Non mancano scelte a prova di intolleranza alimentare e diete vegetariane, dai gelati senza lattosio agli
hamburger vegetali. La scelta della monoporzioni
nei dolci rimuove i sensi di colpa e salva la prova della bilancia.
Ce n’è per ogni voglia: “dalle fette di torta sin-
necessario. I prodotti già pronti offrono
la possibilità anche a chi non ha alcuna
intenzione di mettersi ai fornelli di servire il pesce. Proponiamo sempre ricette
e consigli per portare ancora più gusto
a tavola”. Non tramontano le specialità panate da sempre scelte dalle mamme per far apprezzare il pesce ai più
piccoli: “I risultati sono ottimi anche al
forno senza ricorrere alla frittura. Crescono anche i consumi di polpettine di
pesce, un modo divertente per proporle
ai bambini”.
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GUSTI
Tra vaccini e caprini,
fino al Bufadelfia, anche a Bergamo
i produttori stanno assecondando
i gusti dei consumatori.
Ecco una carrellata delle "chicche"
in commercio
Il ritorno dei formaggi
spalmabili
di Leo Bartoli
C'
era una volta il mondo di Dover, il formaggio nel bicchiere e prima ancora
l’epopea dei formaggini, dalla Kraft alla
Locatelli, che negli anni Sessanta regalavano gadget sontuosi, dalle mucche
Caroline gonfiabili ai modellini di auto
da costruire, fino all’approdo del Philadelphia e dei suoi “nipotini”, quei caprini cilindrici in vaschetta che hanno
invaso gli scaffali della grande distribuzione, senza parlare della grande diffusione che ha avuto il mascarpone. Vittime da sempre degli sferzanti giudizi
dei puristi del cacio, i formaggi spalmabili hanno conosciuto una lunga pausa
di riflessione, fino all’odierno ritorno di
fiamma. Nei consumatori torna la voglia dei formaggi da utilizzare velocemente al cucchiaio, con tante variabili,
spesso venduti anche in monodose per
assecondare le esigenze dei single, comodi da consumare anche solo su una
fetta di pane o un cracker, soprattutto
pratici, per una sosta golosa magari davanti alla tv, senza dover preparar tavola, spesso divorati in maniera famelica,
un po’ come fanno gli americani con il
burro di arachidi, oppure legati a una ricca merenda per i bambini. Un “ritorno al
futuro” che ha contagiato anche diverse aziende bergamasche, come Casa
Arrigoni: l’azienda di Peghera, celebre
Marco e Tina Arrigoni di casa Arrigoni
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per i suoi Strachitunt e Taleggio Dop, ha
presentato da qualche mese il suo Gorgonzola Dop al cucchiaio, che, secondo
il patron Alvaro Ravasio, “è in grado di
unire tradizione e innovazione. Ci siamo
accorti che il pubblico dei consumatori
è tornato alla ricerca di un prodotto del
genere e abbiamo cercato di farlo molto omogeneo e morbido, grazie a una
particolare tecnica produttiva, che rende lo zola particolarmente piacevole e
dolce”.
Da qui il nome di “Dolce Crema”: i risultati sono davvero lusinghieri, fin da
subito è piaciuto, anche perché non
avendo crosta, è molto comodo da utilizzare in ogni momento della giornata,
per condire un primo piatto, ma anche
per stuzzichini e bruschette da aperitivo, senza contare le merende dei bambini. E a proposito dei break di metà
giornata, tra l’altro consigliati dai nutrizionisti che intendono così contrastare
le troppe calorie concentrate nei pasti
principali, concorda Valentina Canò titolare della Via Lattea di Brignano, che
da sempre produce caprini freschi spalmabili: “È un modo nuovo, ma in fondo
antico, di riproporre il formaggio per una
sosta golosa, ma sicuramente più sana
di alcune merendine industriali che troviamo in commercio. Ci fa piacere che
attorno a questa moda rivisitata torni a
crescere l’interesse verso il formaggio,
soprattutto da parte delle nuove generazioni”. Su più larga scala, a Treviglio,
vengono prodotti dalla Mauri gli spal-
settembre 2014
mabili “Caprì”, anch’essi adatti per
preparare snack e antipasti, a base di
latte vaccino pastorizzato, parzialmente scremato. Chi ha deciso proprio da
quest’autunno di incrementare la produzione di questo filone è la Arrigoni
di Pagazzano, che peraltro vanta una
lunga tradizione in fatto di spalmabili.
“Capriccio, il nostro caprino vaccino spiega il presidente Marco Arrigoni - è
da sempre nel nostro assortimento,
ma lo abbiamo finora considerato un
completamento di gamma. Da qualche mese invece abbiamo deciso di
puntare molto su questo formaggio,
anche in considerazione del crescente
interesse dei consumatori: il suo utilizzo ideale è legato alla preparazione
di snack e antipasti, anche abbinato a
sco Maroni - particolarmente cremoso
che si presta ad accompagnare piatti
salati, ma anche dolci. Proprio questa
sua propensione ad accompagnare il
dolce piace a clienti e ristoratori, che
spesso guarniscono il nostro formaggio con mirtilli o lo gustano semplicemente con una spruzzata di cacao
o di cannella”. Ma non ci sono solo
vaccini e caprini: il mondo degli spalmabili ha contagiato anche i prodotti a latte di bufala come il Bufadelfia,
che richiama nel nome il celebre prodotto della Kraft per sottolinearne la
cremosità: lo producono i fratelli Aldo
e Luigi Casarotti dell’omonima azienda di Casirate con sempre crescente
successo negli ultimi anni. Creato con
poco grasso, fatto senza caglio usan-
verdure, grazie alla sua estrema versatilità in cucina e la sua caratteristica cremosità”. Altro discorso invece
per la crema di gorgonzola “che per
noi -aggiunge Arrigoni - rappresenta
una novità assoluta. Il progetto è stato sviluppato inizialmente partendo
da una specifica richiesta di un nostro importante cliente estero e da
qualche settimana è partita la prima
spedizione per l’Australia dove ora è
in vendita. Credo potrà darci soddisfazioni soprattutto sul mercato estero:
è gustoso da spalmare sul pane, per
preparare snack e aperitivi ma è utilizzabile al meglio anche come condimento per primi piatti”. Anche in quel
di Branzi sono sensibili al tema: da
tempo la Ftb ha creato “Botticello”. “È
un vaccino spalmabile a fermentazione naturale - spiega il titolare France-
do solo fermenti, l’azienda ne produce
una decina di chili la settimana: viene
venduto in vaschette da 120 o 180
grammi al naturale o con l’aggiunta
di erba cipollina o aglio e peperoncino
e in passato ha già vinto due volte un
concorso nazionale nato ad hoc per i
prodotti di Bufala il “CacioBù”, organizzato dall’Onaf nell’ambito della fiera Agrosud a Napoli. “È un formaggio
che piace - spiega Luigi Casarotti - e
che nel tempo abbiamo incrementato, proprio perché è diventato un qualcosa che qui nella Bassa consumano
tutti e a tutte le ore: dai ragazzi per la
merenda, alle mamme per un buon
condimento. I premi che abbiamo vinto confermano che gli spalmabili, un
po’ snobbati in passato, stanno tornando prepotentemente all’attenzione dei consumatori”.
Dal 22 al 28 settembre
Milano diventa
"capitale"
della birra
Le grandi birre, italiane e internazionali,
per una settimana saranno protagoniste a Milano nei migliori locali dove berle. Parliamo della Milano Beer Week, in
programma dal 22 al 28 settembre prossimi, un festival “diffuso” che non avrà
un’unica sede - come i festival tradizionali - ma sarà sparso in 18 locali" spiega Maurizio Maestrelli, ideatore e promotore l’iniziativa. "L’idea è nata sulla scia
delle varie Beer Week che si tengono da
anni in alcune città degli Stati Uniti come
Filadelfia, New York e San Francisco. La
Milano Beer Week è un modo per valorizzare e far conoscere i luoghi dove si può
assaggiare il meglio della produzione
italiana e internazionale. La settimana
sarà una full immersion nel luppolo, nei
malti e nelle spezie, grazie alla quale si
potrà approfondire la conoscenza di questo mondo attraverso eventi mirati e la
presenza di professionisti esperti e birrai che saranno presenti a Milano. E gli
altri grandi protagonisti saranno proprio
i gestori dei locali selezionati, ben 18
che promuoveranno grandi birre italiane
e straniere offrendo così una vetrina alle
centinaia di piccoli e medi produttori che
creano birre straordinarie. Birre che sono prodotte con materie prime di qualità,
con grande perizia tecnica e, soprattutto, con una bella dose di creatività. Ecco
i 18 locali: lo storico birrificio milanese
Lambrate, sia nella location di via Adelchi sia in quella di via Golgi, e ancora il
Lambiczoon, Baladin Milano, Pazzeria, la
Belle Alliance, la Brasserie Bruxelles, il
Mulligan’s Pub, la Ratera, lo Scott Duff, lo
Scott Joplin, il BQ de Nòtt e il BQ Losanna, l’HOP, l’Isola della Birra e i nuovissimi Sloan Square e Impronta Birraia. Dunque pub e ristoranti con cucina alla birra
ma anche un hotel, l’Hilton Milano, che
ha recentemente inaugurato delle serate con menù abbinati a birre artigianali
italiane. Durante la settimana nei locali
saranno organizzate serate di degustazione guidate da esperti italiani, incontri con birrai artigiani, menù con abbinamento birrario e tante altre occasioni per
scoprire il variegato e affascinante mon-
29
FACECOOK
alla scoperta dei social chef
di Laura Ceresoli
Anche Schwarzenegger, Beyoncé
e Alicia Keys tra i clienti
di Paolo Zambelli, che da Almenno
San Salvatore ha presto imboccato
via dell’estero. Dopo Parigi
e le Bermuda, la sua nuova sfida
è in Algeria
N
Il cuoco
giramondo
che piace ai vip
ei caldi pomeriggi d’estate, lontano dagli impegni scolastici, Paolo Zambelli
amava trascorrere il suo tempo libero
davanti ai fornelli. È stata sua nonna a
tramandargli la passione per la cucina.
Erano gli anni Ottanta e questa signora di mezza età era solita coinvolgere il
nipote, così attento e curioso nei con-
fronti dei segreti della gastronomia nostrana, nella preparazione di deliziosi
manicaretti. «Cuoceva le conserve con
i prodotti dell’orto per la stagione invernale e io rimanevo impressionato da
tutti quegli aromi – ricorda Paolo con un
pizzico di nostalgia –. Di qui, la scelta
di frequentare l’Istituto alberghiero e di
buttarmi nel mondo della ristorazione».
È un esordio semplice e genuino, il suo,
che si è poi trasformato in un lavoro di
alto livello in alcune delle più rinomate
cucine internazionali.
Originario di Almenno San Salvatore,
oggi Zambelli è infatti lo chef del ristorante “Favola” ad Oran, seconda città
L'INTERVISTA
«L'Algeria? Avevo voglia di conoscere la cultura
Quali sono le tappe che, da Bergamo, l’hanno condotta
fino in Algeria?
«Ho sempre desiderato girare il mondo, fin da ragazzo.
Dopo aver conseguito il diploma alberghiero, grazie a
qualche conoscenza, sono partito per l’Inghilterra per
imparare la lingua e mi sono reso conto che potevo viaggiare con il mio lavoro. Poi ho avuto un’opportunità a Parigi e, per chiunque faccia il mio mestiere, la Francia è
sinonimo di gastronomia e alta cucina. Ho trascorso cinque anni nella capitale francese lavorando in ristoranti
e alberghi di lusso al fianco di grandi chef come Michel
Troisgros. Dopo una breve permanenza in Italia, a Milano e Portofino, ho deciso di partire per i Caraibi. Alle
Bermuda ero il sous chef di uno dei più celebri ristoranti dell’arcipelago e, grazie a uno staff multietnico, sono
entrato in contatto con ingredienti a me sconosciuti e ho
allargato le mie visioni culinarie. E ora sono lo chef del
Méridien di Oran».
Tra l’altro lei ha cucinato per parecchi vip…
«Quando lavoravo a Parigi avevamo come cliente abituale lo stilista Cerruti e vari giocatori di calcio. Al Méridien
30
è venuto Arnold Schwarzenegger. Poi cucino abitualmente per parecchi personaggi celebri del mondo arabo perché qui organizziamo il Festival del cinema arabo. Ho
preparato anche un catering privato per Beyoncé e Alicia Keys».
Quali segreti utilizza per prendere i musulmani per la
gola?
«La mia cucina rispecchia molto i miei gusti personali,
nel senso che utilizzo ingredienti e spezie che mi piacciono. Sono molto aperto e se da un lato amo la tradizione, dall’altro mi piace sperimentare. Oltre ai sapori,
penso che anche l’aspetto visivo abbia la sua importanza. La scelta di affrontare una nuova sfida in Algeria si
è rivelata vincente, avevo voglia di conoscere la cultura
musulmana vera».
Riesce a far apprezzare la cucina bergamasca agli stranieri?
«Adoro la cucina bergamasca e quando torno a casa mi
strafogo di piatti orobici. Purtroppo, però, non è sempre
apprezzata all’estero. Forse dipende anche dai posti dove si va a lavorare. In località calde difficilmente la gente
settembre 2014
dell’Algeria, affacciata sulla costa; un
locale elegante e raffinato che fa parte della catena di alberghi francese Le
Méridien. Paolo ha 35 anni ma nella sua intensa carriera all’estero ha già avuto
modo di sfornare prelibatezze per svariati vip, come Arnold Schwarzenegger,
Beyoncé, Alicia Keys e lo stilista Cerruti.
Alla Favola si possono gustare una trentina di piatti ispirati alla vera cucina italiana: dai fagottini con prosciutto e funghi gratinati con mozzarella affumicata
alle melanzane alla parmigiana; dalle
tagliatelle alla ligure con pesto di prezzemolo cremoso, gamberi e patate alle
lasagne alla bolognese; dal risotto ai
peperoni arrosto con calamari e salsicce grigliate alle linguine ai frutti di mare, zucchine fritte e pomodorino fresco.
Una perla nel cuore dell’Algeria dove il
tocco orobico dello chef rende speciale
ogni pietanza. E se un cliente gli chiede
di assaggiare qualcosa di particolare,
Zambelli non ha dubbi: prende acqua e
farina e inizia subito a rimestare una fumante polenta. Per i più golosi, il pasto
si conclude con una ricca carrellata di
dolci: cannoncini di pasta sfoglia farciti con crema al cioccolato fondente, semifreddo alle mandorle e pistacchi con
pesche caramellate, tortino al caffè e
babà al limone sono soltanto alcuni dei
peccati di gola che si possono ordinare
alla Favola. Sebbene il sito di recensioni
online Tripadvisor non sia ancora molto
gettonato dai clienti del locale (il ristorante ha ottenuto solo 19 commenti,
piazzandosi al 17esimo posto in clas-
sifica su 34 ristoranti recensiti a Oran)
spiccano parecchie opinioni positive:
«Troppo buono per essere vero, ma esiste un ristorante italiano con magnifica
cucina, incredibile! Buon pesce e buona
carne. W la “magnata” italiana!», scrive
Alex79riv. Antonio di Roma, un italiano
verace, commenta: «Una bella sorpresa
questo ristorante: camerieri gentili ma
anche una cucina deliziosa. C’è la pizza
(molto buona)». Ma anche i clienti del
posto sembrano soddisfatti: «Che ci andiate in famiglia, da soli o in coppia, questo ristorante è eccellente – scrive Aouicha B di Oran –. Ho trovato molto buoni
i piatti italiani, tutta la squadra e lo chef
sono cordiali e ogni volta ci fanno venire la voglia di tornare». L’intero menù e
tutte le curiosità sul ristorante si possono consultare sul sito www.lemeridienoran.com nonché sulla pagina Facebook
del Méridien di Oran.
musulmana»
mangia polenta o brasato. I casoncelli forse si vendono
di più. Comunque, quando un cliente mi chiede qualcosa di particolare, propongo la polenta, soprattutto in inverno».
A quali chef si ispira?
«Ho vissuto per quasi cinque anni alle Bermuda e ho subito la forte influenza dei programmi americani. Ho conosciuto chef statunitensi di grande livello. Ho visto cuochi
provenienti da ogni parte del mondo rivisitare piatti tradizionali in chiave moderna, magari utilizzando ingredienti
presenti sul mercato americano a noi sconosciuti. Tra gli
chef internazionali che più stimo ci sono Marimoto, Mario Batali, Thomas Keller, mentre tra i cuochi nostrani apprezzo Marchesi e Mei».
È vero che gli stranieri hanno una visione stereotipata
della cucina italiana?
«Ci sono molti algerini qui a Oran che non sono mai stati
in Italia e pensano che la nostra tradizione gastronomica
sia solo pasta e pizza. La mia missione è fargli scoprire
che abbiamo una cucina molto ricca e di ottimo livello.
Forse dovremmo sponsorizzare meglio i nostri prodotti in
questi Paesi in via di sviluppo con mercati che crescono».
Cosa ne pensa delle recensioni di Tripadvisor?
«Tripadvisor potrebbe essere un buon mezzo per la clientela per conoscere meglio un ristorante. Purtroppo ci
sono persone che lo trasformano in uno strumento per
disinformare. A me è capitato, per esempio, di ricevere
commenti non veritieri: si citavano paste che nemmeno
servivamo a tavola. A volte penso che ci sia gente pagata per diffamare o fare concorrenza. Se il cliente venisse invitato a postare la sua recensione in tempo reale,
subito dopo aver pranzato nel locale, certi disguidi non
accadrebbero».
Che giudizio ha, invece, dei programmi di cucina in tv,
oggi così di moda?
«A me sinceramente non piacciono. Forse da cuoco e uomo del mestiere preferirei vedere più cucina e più ingredienti, invece in certe trasmissioni emergono più i sentimenti personali che il lato culinario. Mi fanno ridere
anche gli chef che partecipano a questi programmi tutti
uguali o ai vari reality che spopolano nelle nostre televisioni: anziché fare cultura, secondo me, disinformano».
31
IL PREZZO FISSO
C’è tanto mare nella proposta
del locale di Calusco,
sulla Rivierasca, guidato dal 2013
da un team partenopeo Doc.
«Per noi quando entra un cliente
è come se entrasse il sole»
la titolare Anastasia Mottola e il suo staff
di Fulvio Facci
V
32
Una “Conchiglia” piena
di sapori napoletani
isto dove è collocato, a Calusco d’Adda al numero 451 della
via Rivierasca (l’importante e trafficata arteria che collega Capriate, e quindi il casello autostradale, a Calusco), per i precedenti proprietari dello storico locale sarà stato pressoché automatico chiamarlo ristorante Rivierasca. Ma la storia si ripete, perché anche la nuova proprietà ha scelto un nome altrettanto dichiarativo, sottolineando le proprie origini e la propria
esperienza. Ora il ristorante pizzeria si chiama La Conchiglia
a far capire che dentro c’è tanto mare, ma soprattutto tanta
napoletanità. I ruoli chiave sono infatti ricoperti da persone di
origini napoletane con lunga attività nel settore.
«Sono stata a Bergamo per circa vent’anni e i miei figli sono
nati qui. Poi ho avuto ancora una parentesi al sud e nel febbraio del 2013 abbiamo aperto La Conchiglia dopo aver ristrutturato il locale». Così racconta Anastasia Mottola, la titolare,
che si occupa della direzione, affiancata da esperti collaboratori per quanto riguarda la cucina, la sala e la pizzeria. «Più
che su una cucina mediterranea noi puntiamo su una cucina
napoletana – tiene a precisare la patronne -. Io vorrei che il locale arrivasse al top per qualità e cortesia, mantenendo dei
prezzi decisamente accessibili per tutti». La garanzia in cucina è rappresentata da Attilio Gravina (59 anni) e soprattutto
dalla sua lunga carriera nei migliori ristoranti di via Caracciolo
a Napoli. «Abbiamo tutti i classici della cucina napoletana ma
vediamo di metterci anche del nostro – racconta -. Tra i primi
piatti proponiamo ad esempio degli spaghetti con polpa di riccio e ostriche che incontrano un grande gradimento (eccezionali ci hanno segnalato amici fidati che li hanno assaggiati,
ndr.). Gettonatissima anche la parmigiana con le alici e poi
i classici come gli spaghetti alle vongole veraci o le linguine
con la granseola. Tra i secondi abbiamo una grigliata di pesce
LA PROVA
Una pausa a tutto pesce
Pur incerto, come è stato per buona
parte di questa estate, il clima della
giornata ci consente di pranzare all’aperto sotto delle tende da sole. Si sta
bene, è moderatamente ventilato, e il
menù per il pranzo di mezzogiorno è
stimolante: con più di un sapore insolito e originale per questo tipo di appuntamento gastronomico. Si parte dagli
spaghetti alla carbonara per passare
ai fusilli alla siciliana (con melanzane e mozzarella) per concludere con
le linguine alle canocchie per quanto
riguarda i primi piatti. Tra i secondi si
può scegliere tra il baccalà alla siciliana, la frittura italiana e la cotoletta di
maiale alla milanese. Da lunedì a sabato dieci euro tutto compreso, ossia
primo, secondo, contorno, mezzo litro
di vino, acqua e caffè. Stiamo sul pesce visto che è uno dei punti di forza
del locale, quindi puntiamo sulle linguine con le canocchie ed il baccalà alla
siciliana. Puntuale e preciso il servizio,
ottimi i piatti per un più che soddisfacente rapporto qualità/prezzo.
settembre 2014
che prepariamo per due persone seguendo la disponibilità del mercato e poi gamberoni, calamari, gamberi. Presto avremo un grande acquario in
sala dal quale il cliente potrà scegliere». Cucina
di “terra” poca? «Certo non è la nostra vocazione – precisa Ciro Zuccarini, 44 anni, anche lui napoletano, che da tre mesi è il maître del locale e
dirige le operazioni di sala con molta attenzione
e professionalità – ma abbiamo una discreta selezione anche per quanto riguarda questo settore. Non ci mancano certo una buona pasta con la
provola o una carbonara. E poi salsicce, braciole,
polpette, bistecche, costate, fiorentine, funghi,
oltre ad un’ottima pizza come ci viene riconosciuto. Cerchiamo però soprattutto di avere un buon
rapporto con il cliente. Per noi quando entra è come se entrasse il sole – dice un’immagine molto
“partenopea” -. Cerchiamo di avere un buon dialogo, di trasmettere fiducia ed è una cosa che ci
sta riuscendo. Abbiamo dei clienti che addirittu-
In città il concorso internazionale
Food Film Fest,
due i successi
bergamaschi
“Banane Rosse 1” di Laura Lecchi ha vinto nella sezione fotografica
ra al sabato vengono dalla Svizzera. Per il resto
la frequentazione è abbastanza varia, c’è molta
gente del posto ma anche dei meridionali che
vengono a trovarci apposta per riassaporare i gusti e gli aromi delle loro terre». I prezzi vogliono
essere accessibili. «Programmiamo anche feste
a tema – spiegano –, con menù guidati, in genere
comunque per un buon pranzo a base di pesce si
possono spendere 30, 35 o 40 euro con antipasto, primo e secondo e sempre l’attenzione alla
qualità sia della cucina sia del servizio alle quali
teniamo molto». Per quanto riguarda l’ambiente,
il locale è stato ristrutturato recentemente e risulta accogliente e semplice, funzionale per un
centinaio di coperti.
RISTO PIZZA LA CONCHIGLIA
via Rivierasca, 451 - Calusco d'Adda
tel. 035 5293199 - 320 0331259
www.ristopizzapubconchiglia.it
Chiuso il lunedì sera
Ci sono anche due bergamaschi tra i vincitori dei concorsi indetti nell’ambito di Food Film Fest, primo Festival di
cinema e cibo di Bergamo, promosso dall’Associazione
Montagna Italia con la Camera di Commercio dall’11 al
14 settembre scorsi, tra piazza della Libertà, l’auditorium
e l’ex Borsa Merci.
La sezione fotografica è stata vinta da Laura Lecchi con
lo scatto “Banane Rosse 1”. Unico il tema: il food. Dieci
le fotografie finaliste, selezionate tra opere giunte da tutta
Italia e proposte ogni sera al pubblico ad aprire le proiezioni dei film in concorso. Nella sezione cinematografica, Diego Percassi ha ricevuto la menzione speciale della Camera di Commercio per “Gente di Mais”. In venti minuti il filmato racconta la storia di Clemente, impresario edile, che
ora sui campi non costruisce più case ma coltiva granoturco. Insieme a lui la figlia che a scuola ha imparato cos’è
il Mais Spinato di Gandino e l’incrocio con le vite di tanti
altri personaggi. Vincitore della categoria “Short” il cortometraggio “Ca’ Lumaco” di Francesco Piras, sul mestiere
di norcino e la vita nelle montagne della provincia di Modena; mentre per i “Doc” il premio è andato a “Le strade
del cibo”, dossier del Tg2 di Lucia Buffo, Bruno Gambacorta, Andrea Martino e Laura Pintus sullo street food all’italiana. Una seconda menzione speciale è stata assegnata
all’animazione. In “Weeding cake” di Viola Baier (Germania, 8’), due figure di marzapane prendono vita in cima ad
una torta nuziale. Il concorso internazionale ha raccolto
produzioni da 14 paesi, tra le quali la giuria a selezionato
27 finalisti, proiettati in quattro sessioni all’auditorium.
Nei quattro giorni del Festival piazza della Libertà si è trasformata nella Piazza dei Sapori con il meglio della produzione alimentare del territorio in collaborazione con Coldiretti, mentre nella vicina ex Borsa Merci andavano in scena convegni, incontri e i Laboratori del Gusto delle tre condotte bergamasche Slow Food.
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Cuvèe Millesimata, birra artigianale Italiana.
Q U AT T R O E R R E
20 e 21 settembre
settembre 2014
Torna il Festival
Franciacorta
in Cantina
I
l Festival Franciacorta in Cantina
torna, per il quinto anno, sabato 20
e domenica 21 prossimi.
I visitatori avranno la possibilità di
percorrere la Strada del Franciacorta attraverso i numerosi eventi
organizzati in un ricco programma
di appuntamenti di cantina in cantina. Il Consorzio e la Strada del
Franciacorta promettono un fine
settimana alla portata di tutti, sia
enoappassionati che turisti. Sono
previsti pacchetti week end, tour
in bus alla scoperta della Franciacorta e dei suoi vini, passeggiate
guidate a piedi e in bicicletta fra le
vigne accompagnati dagli agronomi, e percorsi guidati tra i borghi
antichi caratteristici del territorio.
I tour e i percorsi prevedono tappe nelle cantine per degustare le
diverse tipologie di Franciacorta,
scoprirne i segreti della lavorazione, conoscerne i protagonisti. Gli
appassionati di vino potranno partecipare a verticali e degustazioni
a tema, i foodies potranno assaggiare piatti e prodotti tipici, streetfood e creazioni di chef locali, i più
piccoli e i loro genitori potranno divertirsi con iniziative ludiche e picnic nella natura. In ogni cantina,
un evento: questa la formula della
manifestazione, il cui programma
dettagliato è consultabile sul sito
www.festivalfranciacorta.it.
La lettera
Assurdo non sostenere
l'Italia enogastronomica
G
entile Pier Carlo Capozzi,
davvero gustosa la sua "Penna all'Arrabbiata" servita in tavola su
Affari di Gola in un mese di luglio afflitto ancora da dati così poco confortanti per il turismo di casa nostra. "Quell'Italia enogastronomica che
merita sicuramente di più" recita il titolo del suo pezzo che Lei conclude
dicendo: "Pur non essendo una lobby granitica e potente come i tassisti, gli imprenditori dell'ospitalità cercheranno di farsi valere. Meriterebbero sicuramente di più". Certo è che è assurdo, in tutto questo, che gli
addetti ai lavori, ovvero gli imprenditori dell'ospitalità, come li ha definiti Lei, siano costretti a lottare per cercare di far capire a coloro che dovrebbero, di quanto ciechi e sordi siano nel non metterli nelle condizioni
ideali per poter esprimere tutto il loro potenziale. Che è enorme, almeno
stando a quello che dicono di noi oltreconfine...
Un caro saluto
Giuseppe Zilli
Porta Osio,
serata con
gli champagne
di Serge Mathieu
Dopo la chiusura estiva, il ristorante
enoteca Porta Osio, in via Moroni a
Bergamo, riapre i battenti e propone,
il 25 settembre, dalle 20, una "frizzante" serata con lo champagne di
Serge Mathieu.
I Mathieu hanno costruito, nel 1760,
un vigneto che oggi conta circa una
dozzina di ettari. Sette le generazioni
di viticoltori che si sono succedute a
capo della tenuta.
Nel 1958, Serge Mathieu, con suo
padre France, inizia a produrre le sue
prime bottiglie e, dalle 5mila dei primi
anni, passa rapidamente a una produzione che tocca le 100mila unità.
Elevata la quota dell'export: l’85%
delle bottiglie sono infatti destinate
all’esportazione in ben 32 Paesi.
Proprio Serge Mathieu ha ricevuto di
recente la certificazione ambientale
di 3° livello per i propri prodotti "naturali" dal Ministero dell'Agricoltura
francese.
I suoi vini sono stati premiati con la
medaglia d'oro per la Cuvée Tradition
e d'argento per la Cuvée Prestige al
concorso di Epernay.
Nel corso della serata, saranno proposti la burrata di bufala campana
con gamberi rossi e pancetta croccante abbinata alla Cuvèe Brut Tradition;
il risotto carnaroli selezione “Salera”
invecchiato 48 mesi all'essenza di lime e tonno all'olio extra vergine d'oliva affiancato dal Brut Prestige; il branzino selvaggio al forno in crosta di pane aromatizzato alle erbe con tagliatelle di zucchine e crema di pomodoro concentrato, il tutto annaffiato dal
Brut Millesimè; panna cotta alla vaniglia di Tahiti con macedonia di mango
e papaya con biscotto alle mandorle.
Prezzo a persona, 70 euro.
Informazioni allo 035.219297.
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TEATRO
DONIZETTI
settembre 2014
Il biologico cresce, +5 %
gli operatori certificati
D
alla prima analisi dei dati al 31 dicembre 2013, forniti
al Ministero dagli Organismi di Controllo (OdC) operanti
in Italia nel settore dell’agricoltura biologica, risulta che
gli operatori certificati sono 52.383 di cui: 41.513 produttori esclusivi; 6.154 preparatori esclusivi (comprese
le aziende che effettuano attività di vendita al dettaglio);
4.456 che effettuano sia attività di produzione che di
preparazione; 260 operatori che effettuano attività di
importazione. Rispetto ai dati riferiti al 2012 si rileva un
aumento complessivo del numero di operatori del 5,4%.
La distribuzione degli operatori sul territorio nazionale
vede, come per gli anni passati, la Sicilia seguita dalla
Calabria tra le regioni con maggiore presenza di aziende
agricole biologiche; mentre per il numero di aziende
di trasformazione impegnate nel settore la leadership
spetta alla Toscana seguita da Emilia Romagna e
Puglia. La superficie coltivata secondo il metodo biologico risulta pari a 1.317.177 ettari, con un aumento
complessivo, rispetto all’anno precedente, del 12,8%. I
principali orientamenti produttivi sono i pascoli, il foraggio
e i cereali. Segue, in ordine di estensione, la superficie
investita ad olivicoltura.
"M1lle storie e sapori",
vini biodinamici
a confronto
Strenui sostenitori del biodinamico, Denis Montanar, dell’omonima
azienda agricola friulana di Villa Vicentina, e Aurelio del Bono, della
franciacortina Casa Caterina, si sono "affrontati" e confrontati col pubblico nel corso di una degustazione
organizzata al ristorante "M1lle Storie e Sapori" di Bergamo. Concepita
come una vera e propria tavola rotonda, i partecipanti hanno potuto
confrontarsi in modo diretto e informale coi due produttori, conoscere
più da vicino il metodo biodinamico,
che “utilizza le forze naturali per aumentare la fertilità dei terreni” e gustare i vini. “Abbiamo voluto che fossero i due produttori a raccontare la
loro storia e filosofia, presentando
personalmente i vini in degustazione - ha spiegato Paolo Stefanetti,
chef, sommelier e patron del ristorante -. Da parte nostra c'è stato
il massimo sforzo per abbinare al
meglio i piatti ai vini serviti”. Denis
Montanar, quarta generazione di
agricoltori, è entrato nel settore vinicolo nel 1989 quando ha preso in
affitto i vigneti del nonno. Lo scorso anno ha deciso di utilizzare il suo nome come marchio dell’azienda
(che produce circa 25/30mila bottiglie all'anno) a cui ha affiancato i
tre toponimi delle terre che coltiva:
Borc Dodon, Borc Sandrigo e Scodovacca.
Aurelio Del Bono di Casa Caterina,
col fratello Emilio, gestisce sette
ettari di vigna nel comune di Monticelli Brusati e ha rinunciato volontariamente alla Docg. Una scelta coraggiosa che permette loro di sperimentare vie alternative, creando vini
del tutto atipici (produce circa 25mila biottiglie all'anno). Durante la serata sono stati degustati il Friulano
Da sinistra Aurelio del Bono,
Paolo Stefanetti e Denis Montanar
2013, l’Uis Blancis 2009 e l’Uis Neris 2003 di Denis Montanar e il Brut
Cuvèe 60 2009, il Brut Sec Demy
Out Style 2001 (100% Pinot Noir)
e il Brut Antique 2002 (100% Pinot
Meunier) di Casa Caterina. Vini decisamente anticonvenzionali, non
c’è che dire, non solo per il metodo
scelto, ma perché nascono, seppure da storie diverse, dalla medesima
volontà di fare prodotti fuori dagli
schemi e fortemente legati al territorio ed espressione vera del terreno.
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L’ANGOLO
DEL SINGLE di Marco Bergamaschi
Filetto di trota
salmonata agli agrumi
INGREDIENTI PER 1 PERSONA
PREPARAZIONE
1 filetto di trota salmonata
1-2 fette di arancia provenienti da
coltura biologica
2 fettine di limone provenienti da
coltura biologica
1 cucchiaino di succo di limone
1 pizzico di rosmarino tritato
1 pizzico di timo
2 foglioline di salvia
Tagliate 2 fette di arancia e 2 di limone, senza togliere la buccia.
Sciacquate il filetto di trota e adagiatelo su un foglio di alluminio;
unite quindi le fette di arancia e limone.
Cospargete il tutto con le erbe e chiudete la carta di alluminio.
Mettete il cartoccio in forno a 200° per circa venti minuti.
Una volta pronto, aprite il cartoccio, riponete il filetto su un piatto e cospargetelo con il succo di cottura e, se volete, con un cucchiaino di limone. Servite con un contorno di insalata di rucola e pomodori di varietà
“pachino”.
CURIOSITÀ
La proposta di questo mese è un piatto povero di calorie e
di grassi, ma molto gustoso e soprattutto semplice e veloce
nella preparazione. I filetti di trota salmonata si trovano facilmente nei supermercati e nelle pescherie, già puliti e privi di spine e ad un prezzo abbordabile; oltre ad essere più
digeribili del salmone, sono ricchi di omega 3 e hanno un
basso contenuto di colesterolo. L’arancia rossa è un agrume
ricco di sostanze nutritive e rappresenta un ottimo alleato
per un’alimentazione sana ed equilibrata.
Così anche il limone, ricco di acido citrico, sostanza essenziale per il ricambio energetico delle cellule. Per questa ricetta consigliamo agrumi provenienti da coltura biologica
perché non trattati con conservanti e agenti di rivestimento; sono più sani e sicuramente molto più gustosi e ricchi di
succo. Infine l’arancia non è solo e salutare, ma anche utile per le faccende di casa: le bucce rappresentano un prodotto naturale per profumare le stanze senza l’uso sostanze chimiche. È sufficiente staccare la buccia “a spirale” in
modo da ottenere un unico pezzo a fisarmonica e stenderla
su un qualsiasi ripiano fino
al suo essiccamento.
Una volta seccata, va
messa in forno per
5 minuti e fatte
tostare; tagliata
quindi a pezzettini e riposta in un
piccolo recipiente, invaderà con il
suo aroma i locali
della vostra abitazione, regalando un’atmosfera romantica (e agreste) che
non guasta mai.
E se come me pensate che nel forno siano rimasti gli odori
di quello che avete cucinato, potete cuocere le bucce d’arancia a 180° per un quarto d’ora; e qualsiasi odore residuo sparirà.
Betti e C. srl ha il piacere di invitarla alla 4a edizione di
Il Tradizionale Evento dedicato al Mondo Beverage Riservato agli Operatori del Settore
In degustazione oltre 220 prodotti tra Vini, Birra e Distillati.
Palazzo Colleoni a Cortenuova (Bg), Via Molino n.2
Lunedi 13 Ottobre 2014 dalle ore 11.00 alle ore 20.00
Il presente invito dà diritto all’ingresso gratuito per due persone. L’ingresso è riservato
agli Operatori del Settore. È gradita la conferma ai numeri aziendali o via mail: [email protected]
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Qualità
e convenienza
per mense e ristoranti
Consegne rapide e personalizzate.
Prodotti freschi, surgelati e biologici,
dall’antipasto al dessert
SEDE DI CURNO (BERGAMO)
Via Bergamo 46 - 24035 Curno (BG)
Tel. 035/462861 Fax 035/461151 - 035/618627
[email protected]
FILIALE DI CILIVERGHE DI MAZZANO (BRESCIA)
Via Padana Superiore 86-88 - 25080 Ciliverghe di Mazzano (BS)
Tel. 030/2620217 - 030/2620820 - Fax 030/2120215
[email protected]
www.alimentarimoretti.it