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Anno XXVIII (XLVI) - N°12 - DICEMBRE 2014 - Via S. Lucia Filippini n° 25 - Tel. 0761.826050 - Montefiascone (VT) - “Poste Italiane SpA - Sped. in A.P. - Art. 1 Comma 2 D.L. 353 del 24/12/2003 - DCB Centro Viterbo”
«La Voce» - Mensile di Montefiascone - Direttore Agostino Ballarotto e-mail: [email protected] - Responsabile Angelo Gargiuli
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Mercoledì 12 novembre
Il Papa parlando dei Vescovi,
Sacerdoti, Diaconi, individua
le loro caratteristiche
Cari fratelli e sorelle, buongiorno.
Abbiamo evidenziato nella catechesi precedente come il Signore continui a pascere il
suo gregge attraverso il ministero dei vescovi, coadiuvati dai presbiteri e dai diaconi. È in
loro che Gesù si rende presente, nella potenza del suo Spirito, e continua a servire la
Chiesa, alimentando in essa la fede, la speranza e la testimonianza della carità. Questi
ministeri costituiscono, quindi, un dono grande del Signore per ogni comunità cristiana e
per la Chiesa intera, in quanto sono un segno vivo della sua presenza e del suo amore.
Oggi vogliamo domandarci: che cosa viene
richiesto a questi ministri della Chiesa, perché
possano vivere in modo autentico e fecondo il
proprio servizio?
Nelle “Lettere pastorali” inviate ai suoi discepoli Timoteo e Tito, l’apostolo Paolo si sofferma
con cura sulla figura dei vescovi, dei presbiteri e
dei diaconi, - anche sulla figura dei fedeli, degli
anziani, dei giovani. Si sofferma in una descrizione di ogni cristiano nella Chiesa, delineando per i
vescovi, i presbiteri e i diaconi, ciò a cui essi sono
chiamati e le prerogative che devono essere riconosciute in coloro che vengono scelti e investiti di
questi ministeri. Ora, è emblematico come, insieme alle doti inerenti la fede e la vita spirituale che non possono essere trascurate, perché sono
la vita stessa, - vengano elencate alcune qualità
squisitamente umane: l’accoglienza, la sobrietà,
la pazienza, la mitezza, l’affidabilità, la bontà di
cuore. È questo l’alfabeto, la grammatica di base
di ogni ministero! Deve essere la grammatica di
base di ogni vescovo, di ogni prete, di ogni diacono. Sì, perché senza questa predisposizione bella
e genuina a incontrare, a conoscere, a dialogare,
ad apprezzare e a relazionarsi con i fratelli in
modo rispettoso e sincero, non è possibile offrire
un servizio e una testimonianza davvero gioiosi e
credibili.
C’è poi un atteggiamento di fondo che Paolo
raccomanda ai suoi discepoli e, di conseguenza a
tutti coloro che vengono investiti del ministero
pastorale, siano essi vescovi, sacerdoti, presbiteri
o diaconi. L’apostolo esorta a ravvivare continuamente il dono che è stato ricevuto (cfr. I Tm 4, 14;
2 Tm 1, 6). Questo significa che deve essere
sempre viva la consapevolezza che non si è
vescovi, sacerdoti o diaconi perché si è più
intelligenti, più bravi e migliori degli altri, ma
solo in forza di un dono, un dono d’amore
elargito da Dio, nella potenza del suo Spirito,
per il bene del suo popolo. Questa consapevo-
lezza è davvero importante e costituisce una grazia da chiedere ogni giorno! Infatti, un Pastore
che è cosciente che il proprio ministero scaturisce
unicamente dalla misericordia e dal cuore di Dio
non potrà mai assumere un atteggiamento autoritario, come se tutti fossero ai suoi piedi e la comunità fosse la sua proprietà, il suo regno personale.
La consapevolezza che tutto è dono, tutto è
grazia, aiuta un Pastore anche a non cadere
nella tentazione di porsi al centro dell’attenzione e di confidare soltanto in se stesso. Sono
le tentazioni della vanità, dell’orgoglio, della
sufficienza, della superbia. Guai se un vescovo, un sacerdote o un diacono pensassero di
sapere tutto, di avere sempre la risposta giusta per ogni cosa e di non avere bisogno di
nessuno. Al contrario, la coscienza di essere lui
per primo oggetto della misericordia e della compassione di Dio deve portare un ministro della
Chiesa ad essere sempre umile e comprensivo
nei confronti degli altri. Pur nella consapevolezza
di essere chiamato a custodire con coraggio il
deposito della fede (cfr. I Tm 6, 20), egli si metterà in ascolto della gente. È cosciente, infatti, di
avere sempre qualcosa da imparare, anche da
coloro che possono essere ancora lontani
dalla fede e dalla Chiesa. Con i propri confratelli,
poi, tutto questo deve portare ad assumere un
atteggiamento nuovo, improntato alla condivisione, alla corresponsabilità e alla comunione.
Cari amici, dobbiamo essere sempre grati al
Signore, perché nella persona e nel ministero dei
vescovi, dei sacerdoti e dei diaconi continua a
guidare e a formare la sua Chiesa, facendola crescere lungo la via della santità.
Allo stesso tempo, dobbiamo continuare a pregare, perché i Pastori delle nostre comunità possano essere immagine viva della comunione e
dell’amore di Dio.
Siamo a Natale
Il tempo scorre veloce, i giorni passano e presto sarà Natale, la festività che piccoli e grandi amano di
più, perché commemora la nascita
di Gesù, sceso tra noi per starci vicino, per farci capire, per insegnarci le
verità più profonde.
È una ricorrenza gioiosa che ci rincuora, ci rasserena l’animo, ci fa
sperare.
Sapere che Gesù, nostro Salvatore,
è vissuto come noi, ha sopportato
pene dolorose, menzogne e cattiverie, ci fa sentire amati e compresi.
Il Natale quest’anno più di sempre ci
dovrà far riflettere su ciò che conta
davvero e su ciò che è passeggero
ed ha scarsa importanza.
Cerchiamo di non dare tanto peso ai
regali, ai cenoni, ai pranzi ed ai brindisi. Pensiamo a chi non si potrà
permettere di trascorrere questa
cara, Santa Festa con la solita tranquillità ed allegria. Purtroppo il
momento che stiamo attraversando
penalizzerà tanta gente e soprattutto tanti bambini che non avranno ciò
che si aspettano.
Non ci sono più soldi da sprecare e
per tante, troppe famiglie è diventato
veramente difficile, se non impossibile, far quadrare i conti.
Cerchiamo allora di vivere il S.
Natale per quello che realmente è.
Preghiamo, rivolgiamoci a Gesù,
aiutiamo chi ci sta vicino, aiutiamo
chi ha bisogno, chi soffre, chi si
sente solo.
Non sprechiamo danari in cose inutili e superflue, non pensiamo solo a
noi stessi, non siamo egoisti, almeno per qualche giorno.
Festeggiamo il S. Natale come si
conviene, come festa religiosa, ringraziando Dio per quello che ci dà
ed anche per quello che non ci dà.
La vita è un passaggio, un momento, lo sappiamo bene. Non ci
confondiamo con il consumismo,
con la spese superflue e con i regali
spesso esagerati ed inutili, di Babbo
Natale.
Pensiamo a chi sta peggio di noi,
meditiamo e ringraziamo Gesù per
essere venuto a salvarci.
A.L.
pag. 2
LA VOCE - n° 12 - Dicembre 2014
Papa Francesco il giorno 20
novembre nella sede della
Fao in Roma, ha pronunciato il seguente discorso:
La Terra non perdona mai
va custodita o risponde con distruzione
Signor presidente, signore e signori, con sentimento di rispetto e apprezzamento mi presento oggi qui,
alla Seconda Conferenza Internazionale sulla nutrizione. La ringrazio, signor presidente, per la calorosa
accoglienza e per le parole di benvenuto. Saluto cordialmente il direttore generale della Fao, il professor
José Graziano da Silva, e il direttore generale
dell’Oms, la dottoressa Margaret Chan, e mi rallegro
per la vostra decisione di riunire in questa Conferenza
rappresentanti di Stati, istituzioni internazionali, organizzazioni della società civile, del mondo dell’agricoltura e del settore privato, al fine di studiare insieme le
forme d’intervento per assicurare la nutrizione, così
come i cambiamenti necessari che si devono apportare
alle strategie attuali. La totale unità di propositi e di
azioni, ma soprattutto lo spirito di fratellanza, possono
essere decisivi per soluzioni adeguate. La Chiesa,
come voi sapete, cerca sempre di essere attenta e sollecita nei confronti di tutto ciò che si riferisce al benessere spirituale e materiale delle persone, anzitutto di
quanti vivono emarginati e sono esclusi, affinché siano
garantite la loro sicurezza e la loro dignità.
I destini di ogni nazione sono più che mai collegati
tra loro, come i membri di una stessa famiglia, che
dipendono gli uni dagli altri. Ma viviamo in un’epoca in
cui i rapporti tra le nazioni sono troppo spesso rovinati
dal sospetto reciproco, che a volte si tramuta in forme
di aggressione bellica ed economica, mina l’amicizia
tra fratelli e rifiuta o scarta chi già è escluso. Lo sa
bene chi manca del pane quotidiano e di un lavoro
dignitoso. Questo è il quadro del mondo, in cui si devono riconoscere i limiti di impostazioni basate sulla
sovranità di ognuno degli Stati, intesa come assoluta, e
sugli interessi nazionali, condizionati spesso da ridotti
gruppi di potere. Lo spiega bene la lettura della vostra
agenda di lavoro volta a elaborare nuove forme, forme
e maggiori impegni per nutrire il mondo. In questa prospettiva spero che, nella formulazione di tali impegni,
gli Stati s’ispirino alla convinzione che il diritto all’alimentazione sarà garantito solo se ci preoccupiamo del
suo soggetto reale, vale a dire la persona che patisce gli effetti della fame e della denutrizione. Il soggetto reale!
Oggi si parla molto di diritti, dimenticando spesso i
doveri: forse ci siamo preoccupati troppo poco di
quanti soffrono la fame. È inoltre doloroso constatare
che la lotta contro la fame e la denutrizione viene ostacolata dalla “priorità del mercato”, e dalla “preminenza
del guadagno”, che hanno ridotto gli alimenti a una
merce qualsiasi, soggetta a speculazione, anche finanziaria. E mentre si parla di nuovi diritti, l’affamato è lì,
all’angolo della strada, e chiede diritto di cittadinanza,
chiede di essere considerato nella sua condizione, di
ricevere una sana alimentazione di base. Ci chiede
dignità, non elemosina.
Questi criteri non possono restare nel limbo della
teoria. Le persone e i popoli esigono che si metta in
pratica la giustizia: non solo la giustizia legale, ma
anche quella contributiva e quella distributiva.
Pertanto, i piano di sviluppo e il lavoro delle organizzazioni internazionali dovrebbero tener conto del desiderio, tanto frequente tra la gente comune, di vedere in
ORARIO
7,30
FESTIVO
Divino Amore
8,00
S. Maria delle Grazie
Corpus Domini - Le Coste
S. Pietro - Benedettine
Villa S. Margherita
9,00
S. Francesco
S. Maria del Riposo (Fiordini)
Villa S. Margherita
9,30
Corpus Domini - Le Coste
S. Maria del Giglio - Zepponami
ogni circostanza rispettati i diritti fondamentali della
persona umana e, nel nostro caso, della persona
che ha fame. Quando questo accadrà, anche gli interventi umanitari, le operazioni urgenti di aiuto e di sviluppo - quello vero, integrale - avranno maggiore
impulso e daranno i frutti desiderati. L’interesse per la
produzione, la disponibilità di alimenti e l’accesso ad
essi, il cambiamento climatico, il commercio agricolo
devono indubbiamente ispirare le regole e le misure
tecniche, ma la prima preoccupazione deve essere
la persona stessa, quanti mancano del nutrimento
quotidiano e hanno smesso di pensare alla vita, ai
rapporti familiari e sociali, e lottano solo per la
sopravvivenza. Il Santo Papa Giovanni Paolo II, nell’inaugurazione, in questa sala, della Prima Conferenza
sulla Nutrizione, nel 1992, mise in guardia la comunità
internazionale contro il rischio del “paradosso dell’abbondanza”: c’è cibo per tutti, ma non tutti possono
mangiare, mentre lo spreco, lo scarto, il consumo
eccessivo e l’uso di alimenti per altri fini sono davanti
ai nostri occhi. Questo è il paradosso! Purtroppo questo “paradosso” continua a essere attuale. Ci sono
pochi temi sui quali si sfoderano tanti sofismi come su
quello della fame; e pochi argomenti tanto suscettibili
di essere manipolati dai dati, dalle statistiche, dalle esigenze di sicurezza nazionale, dalla corruzione o da un
richiamo doloroso alla crisi economica. Questa è la
prima sfida che bisogna superare.
La seconda sfida che si deve affrontare è la
mancanza di solidarietà. Una parola che abbiamo
inconsciamente il sospetto di dover togliere dal dizionario. Le nostre società sono caratterizzate da un crescente individualismo e dalla divisione; ciò finisce col
privare i più deboli di una vita degna e con il provocare
rivolte contro le istituzioni. Quando manca la solidarietà
in un Paese, ne risentono tutti. Di fatto la solidarietà è
l’atteggiamento che rende le persone capaci di andare
incontro all’altro e di fondare i propri rapporti reciproci
su quel sentimento di fratellanza che va al di là delle
differenze e dei limiti, e spinge a cercare insieme il
bene comune.
Gli esseri umani, nella misura in cui prendono
coscienza di essere parte responsabile del disegno
della creazione, diventano capaci di rispettarsi reciprocamente, invece di combattere tra loro, danneggiando
e impoverendo il pianeta. Anche agli Stati, concepiti
come comunità di persone e di popoli, viene chiesto di
SANTE
agire di comune accordo, di essere disposti ad aiutarsi
gli uni gli altri mediante i principi e le norme che il diritto
internazionale mette a loro disposizione. Una fonte inesauribile d’ispirazione è la legge naturale, iscritta nel
cuore umano, che parla un linguaggio che tutti possono capire: amore, giustizia, pace, elementi inseparabili tra loro. Come le persone, anche gli Stati e le istituzioni internazionali sono chiamati ad accogliere e a
coltivare questi valori, in uno spirito di dialogo e di
ascolto reciproco. In tal modo, l’obiettivo di nutrire la
famiglia umana diventa realizzabile. Ogni donna,
uomo, bambino, anziano deve poter contare su queste
garanzie dovunque. Ed è dovere di ogni Stato, attento
al benessere dei suoi cittadini, sottoscriverle senza
riserve, e preoccuparsi della loro applicazione. Ciò
richiede perseveranza e sostegno.
La Chiesa cattolica cerca di offrire anche in questo
campo il proprio contributo, mediante un’attenzione
costante alla vita dei poveri, dei bisognosi in ogni parte
del pianeta; su questa stessa linea si muove il coinvolgimento attivo della Santa Sede nelle organizzazioni
internazionali e con i suoi molteplici documenti e
dichiarazioni. S’intende in tal modo contribuire a identificare e adottare i criteri che lo sviluppo di un sistema
internazionale equo devono soddisfare. Sono criteri
che, sul piano etico, si basano su pilastri come la
verità, la giustizia e la solidarietà; allo stesso tempo, in
campo giuridico, questi stessi criteri includono la relazione tra il diritto all’alimentazione e il diritto alla vita e
a un’esistenza degna, il diritto a essere tutelati dalla
legge, non sempre vicina alla realtà di chi soffre la
fame, e l’obbligo morale di condividere la ricchezza
economica del mondo. Se si crede al principio dell’unità della famiglia umana, fondato sulla paternità di Dio
Creatore, e alla fratellanza degli esseri umani, nessuna
forma di pressione politica o economica che si serva
della disponibilità di alimenti può essere accettabile.
Pressione politica ed economica. E qui penso alla
nostra sorella e madre terra, al Pianeta. Se siamo
liberi da pressioni politiche ed economiche per custodirlo, per evitare che si autodistrugga. Abbiamo davanti
Perù e Francia, due conferenze che ci lanciano una
sfida. Custodire il pianeta. Ricordo una frase che ho
sentito da un anziano, molti anni fa: Dio perdona sempre, le offese, gli abusi; Dio sempre perdona. Gli
uomini perdonano a volte. La terra non perdona
mai! Custodire la sorella terra, la madre terra, affinché non risponda con la distruzione. Ma, soprattutto, nessun sistema di discriminazione, di fatto o di diritto, vincolato alla capacità di accesso al mercato degli
alimenti, deve essere preso come modello delle azioni
internazionali che si propongono di eliminare la fame.
Nel condividere queste riflessioni con voi, chiedo all’Onnipotente, al Dio ricco di misericordia, di
benedire tutti coloro che, con responsabilità diverse, si mettono al servizio di quanti soffrono la fame
e sanno assisterli con gesti concreti di vicinanza.
Prego anche affinché la comunità internazionale
sappia ascoltare l’appello di questa Conferenza e
lo consideri un’espressione della comune coscienza dell’umanità: dare da mangiare agli affamati per
salvare la vita nel pianeta. Grazie.
I
IN
NV
VE
ER
RN
NA
AL
LE
E
MESSE
MONTEFIASCONE
11,30
Corpus Domini - Le Coste
S. Giuseppe - Le Mosse
S. Maria del Giglio - Zepponami
12,00
S. Flaviano (ultima del mese e
ultimo sabato del mese: Battesimi
17,00
S. Flaviano
18,00
S. Francesco
ORARIO FERIALE
ore 9,00: Santa Margherita
ore 9,00: San Flaviano
ore 17,00: Chiesa del Divino Amore
S. Flaviano
10,00 S. Giuseppe - Le Mosse
S. Maria della Vittoria (P. Cappuccini)
Villa S. Margherita
MESSA VESPERTINA FESTIVA DEL SABATO
11,00 S. Margherita (ogni 1ª domenica
Santuario S. Lucia - Battesimi)
18,00 S. Margherita (ogni 1° sabato
Santuario S. Lucia - Battesimi)
16,30 S. Maria del Giglio - Zepponami
LA VOCE - n° 12 - Dicembre 2014
pag. 3
VECCHIE
FOTO
Si tratta di una gita-pellegrinaggio
della parrocchia di S. Margherita Montefiascone. In quale anno?! Dove?!
Sicuramente, dato l’abbigliamento, è
alla fine della stagione autunnale. Molti
dei presenti nella foto sono ora nella
pace di Dio. Li riconoscete?!
Ci sono famiglie giovani con i figli
ancora piccoli, ora invece abbastanza
cresciuti.
Sarebbe una bella cosa se qualcuno
dei presenti si ricordasse e intervenisse.
Metteremmo il risultato su “La Voce”.
Castrum Montis Flasconis
di GIANCARLO BRECCOLA
Come accaduto per alcuni dei documenti già considerati, anche l’autenticità di
questo diploma è stata messa in discussione a causa della irreperibilità della
copia originale. Tuttavia, in base a un attento studio di Marlene Polock,1
la sua autenticità sembra ormai accertata. Così la studiosa sintetizza il risultato
del suo lavoro: “Nell’agosto dell’anno 1185 l’imperatore Federico Barbarossa
emanò un diploma a favore di Montefiascone, il cui originale poi andò perduto ed
oggi, studi più recenti, lo considerano come un falso dell’epoca moderna. Nel
volume 198 del Fondo Garampi nell’Archivio Segreto Vaticano, tuttavia si è ritrovata una copia scritta dal Cardinal Garampi stesso, sulla base di un’altra copia
del 13 secolo, legalmente autenticata, anch’essa andata perduta, stando alla
quale il diploma è senza dubbio autentico. Inoltre sempre nell’Archivio si trova
ancora la copia di un diploma dell’imperatore Ottone IV, del settembre 1210 (ed
anche qui si è perduto l’originale), che ripete complessivamente il testo del diploma del Barbarossa secondo l’originale, ed allo stesso tempo tramanda una parte
di un documento altrimenti del tutto sconosciuto, che Enrico VI emanò per
Montefiascone”.2
Enrico VI
Nell’estate del 1186, dopo il trattato di pace con Cremona,
Federico Barbarossa, per potersi dedicare ai pressanti problemi
tedeschi, affidò al figlio Enrico
l’amministrazione del Regno
d’Italia.
Successivamente, in seguito a
uno “sgarbo” diplomatico avvenuto da parte del nuovo pontefice Urbano III, Federico ordinò al
figlio di occupare militarmente le
terre della Chiesa. Tra queste
c’era anche Viterbo. I provvedimenti di Enrico VI indussero la
Curia a riprendere nuovamente
le trattative con la corte imperiale.3 Proprio in questo clima politico si inserisce quindi il drammatico episodio dell’incendio del
borgo di San Flaviano avvenuto
nel 1187.
La notizia ci è pervenuta grazie
L’imperatore Enrico VI dalla rocca di
a due essenziali relazioni di croMontefiascone emanò, tra il 18 e il
nisti viterbesi. Le riporto entram28 ottobre 1196, numerosi diplomi imperiali
be per offrire la possibilità ai lettori di prendere atto delle incongruenze che si possono rilevare nelle trascrizioni di questo genere di documenti.
“Poi i Viterbesi, per favoreggiare duoi Cardinali, ruppero al conte
Aldovranni, et cacciollo a Montefiascone, et arsero el Borgo de S. Fraviano,
et detto Conte per paura de Viterbesi, si rendè libero lui, et la robba sua, et
detto Montefiascone, et la Rocca, et detti Cardinali, et Viterbesi tornaro ad
Viterbo...”4
“Poi Viterbesi, per favoreggiare dui cardinali, ruppero il conte Altobrandino,
e lo cacciorno sino a Montefiascone e arsero il borgo di S. Fiviano; e il
detto conte per paura di Viterbesi si rese libero lui e la roba sua, e dettela a
Montefiascone, e la rocca a detti cardinali: e i Viterbesi tornorno a
Viterbo...”5
In assenza di altre indicazioni, possiamo quindi suppore che il conte Ildebrandino
Aldobrandeschi,6 presente a Viterbo in qualità di legato imperiale, venisse fortemente contestato dalle fazioni guelfe che agivano in difesa degli interessi di alcu-
ni autorevoli personaggi ecclesiastici e che lo stesso conte, considerando le possibilità di difesa offerte dalla rocca di Montefiascone - certamente ancora sotto il
controllo delle forze filoimperiali - avesse pensato di rifugiarvisi. Il Conte, alla
fine, se la scampò arrendendosi o, più probabilmente, dandosi alla fuga, mentre
chi certamente ne fece le spese furono gli abitanti del borgo di San Flaviano i
quali, almeno per quanto risulta dai testi menzionati, si ritrovarono con le abitazioni e le annesse strutture distrutte. L’episodio, al di là della semplice notizia,
costituisce un’indiretta conferma dell’assenza, nel suddetto borgo, di un castrum
o di una qualsiasi altra rilevante struttura fortificata.
È significativo che, a partire da quell’anno, lo storico Burgum S. Flaviani non
sarà più citato in alcun documento.
Tre anni dopo, 1190, morto il Barbarossa, il figlio Enrico salì al potere tenendo
nei confronti della una politica sostanzialmente rispettosa. Così, nel 1191, Enrico
fu incoronato Re d’Italia e successivamente Imperatore del Sacro Romano
Impero.
La nascita del figlio Federico (1194) spinse però l’imperatore a nuove iniziative
per consolidare le sorti del suo vasto dominio, tra cui il progetto di trasformare
l’impero in una monarchia ereditaria. Il piano, che voleva assimilare la successione imperiale a quella sul trono di Sicilia, fallì a causa dell’opposizione dei principi
tedeschi e di papa Celestino III. Nell’estate del 1196, troviamo Enrico in Italia
impegnato nel tentativo di convincere il papa ad assecondare il suo progetto.
Nell’autunno di quello stesso anno, l’imperatore si fermò per molti giorni nel
castello di Montefiascone, come testimoniano i numerosi documenti emanati tra
il 18 e il 28 ottobre 1196 Apud Monte Flasconem.7 Una permanenza così prolungata da parte di Enrico VI nella nostra rocca poteva dipendere soltanto dalla rilevanza che il castrum Montis Flasconis possedeva quale baluardo imperiale tra i
più importanti del territorio. In dicembre i principi tedeschi elessero Federico, che
si trovava a Foligno, re di Germania. Enrico VI a questo punto, dopo aver regolato il problema della successione, avrebbe dovuto intraprendere la crociata promessa al papa, ma nel settembre 1197 morì a Messina. Il sistema della successione che era riuscito a costruire non riuscì però a scongiurare lo scoppio delle
tensioni prodotte dalla sua politica con conseguenti gravi episodi, uno dei quali
coinvolse anche Montefiascone.8
(11-segue)
POLOCK, MARLENE, Unbekannte Kaiserdiplome für Montefiascone, in QFIAB 65,
1985, pp. 105-32.
2
Questo è lo stralcio del documento di Enrico VI che concede agli orvietani la possibilità di trasferirsi a Montefiascone: “Romanorum imperatorem ex suo privilegio
fecisse perpendimus ad augmentum et honorem omnium hominum de Monte
Flasconis concedimus et presenti scripto confirmamus, ut omnes homines de
Urbevetana civitate et de toto eius districtu qui ad locum illum cum uxoribus, filiis,
sive cum quacumque suppellectile venire et domum edificare vel perpetuarvi mansionem facere voluerint, et fidelitatem nobis iuraverint, nullo ipsis in hac re impedimentum prestante, ea liberiate et pace qua ceteri homines illius loci plenarie perfruantur”.
3
Kölzer, Theo, Enrico VI di Svevia, imperatore, re dei Romani e di Sicilia, in
“Dizionario Biografico degli Italiani” vol. 42, 1993.
4
CRISTOFORI, FRANCESCO, Cronica di Anzillotto Viterbese, Roma, 1890, p. 20.
5
CIAMPI, IGNAZIO, Cronache e Statuti della città di Viterbo, Firenze 1872, p. 9.
6
Ildebrandino Aldobrandeschi, figlio di Ildebrando Novello di Sovana, primo conte
palatino, il 27 aprile 1195 ebbe la conferma da Enrico VI dei diritti e possessi già
garantiti a suo padre da Federico I, con il riconoscimento delle qualifiche di conte
palatino e di fedele.
7
Regesta Imperii, HEINRICH VI: 1196 Oktober 18, 1196 Oktober 20, 1196 Oktober
21, 1196 Oktober 21, 1196 Oktober 22, 1196 Oktober 23, 1196 Oktober 23, 1196
Oktober 28, 1196 Oktober 28.
8
KAMP, NORBERT, Federico II di Svevia, imperatore, re di Sicilia e di Gerusalemme,
re dei Romani, in “DBI”, vol. 45.
1
pag. 4
Il Messaggio del Consiglio episcopale permanente sulla famiglia
LA VOCE - n° 12 - Dicembre 2014
Famiglia, il grazie della Chiesa italiana
Nell’imminenza dell’appuntamento sinodale - che fin dalla vigilia, la sera del 4
ottobre, ci vedrà in preghiera con il Santo Padre - intendiamo dar voce a una
realtà che ha attraversato puntualmente i lavori del Consiglio episcopale permanente. È la famiglia, comunione di vita che un uomo e una donna fondano sul vincolo pubblico del matrimonio, aperta all’accoglienza della vita. Per noi cristiani
assume la dignità di Sacramento; per essa non ci stanchiamo di investire persone
ed energie. Nel prendere la parola vogliamo farlo con l’indispensabile chiarezza e
serenità, pur nella preoccupazione che circonda questo fronte decisivo dell’esperienza umana. Parliamo perché ci sta a cuore l’uomo e la società, convinti come
siamo che la famiglia è un bene di ciascuno e di tutti, del Paese nel suo insieme.
Parliamo, innanzitutto, per esprimere gratitudine a quanti quotidianamente - e
spesso in mezzo a sfide e difficoltà indicibili - testimoniano la libertà e la dignità
che scaturiscono da quell’intima comunità di vita e d’amore che è il matrimonio.
Grazie, dunque, a ogni uomo e a ogni donna che, anche in questo tempo
complesso, abbracciano con fiducia un progetto di vita coniugale e costruiscono
una famiglia aperta alla generazione e, quindi, al domani. Grazie per l’investimento educativo con cui mamme e papà sfidano, con la fionda di Davide, una cultura
che produce a buon mercato banalità e omologazione, appartenenza debole e
disaffezione al bene comune. Grazie per la dignità e la pazienza ostinata con cui
affrontano la grave e perdurante crisi: quanti genitori resistono in prima fila, provati
dalla mancanza di lavoro, dal problema della casa, dai costi legati alle proprie
scelte educative. La famiglia si conferma il presidio della tenuta non solo affettiva
ed emotiva delle persone, ma anche di quella sociale ed economica. La stima e la
riconoscenza per la famiglia ci impongono di fare anche un passo successivo. Ci
portano a riaffermare con papa Francesco che “questo primo e principale costruttore della società e di un’economia a misura d’uomo merita di essere fattivamente
sostenuto”. Non lo fa chi , al di là delle promesse, si rivela sordo sia nel promuovere interventi fiscali di sostegno alla famiglia sia nel realizzare una politica globale
di armonizzazione tra le esigenze del lavoro e quelle della vita familiare, a partire
dal rispetto per la domenica. E non lo fa neppure chi non esita a dare via preferenziale a richieste come il riconoscimento delle cosiddette unioni di fatto o, addirittura, l’accesso al matrimonio per coppie formate da persone dello stesso sesso. Del
resto, che aspettarsi per la famiglia se la preoccupazione principale rimane quella
di abbreviare il più possibile i tempi del divorzio, enfatizzando così una concezione
privatistica del matrimonio? Quanti sono in buona fede sanno che la nostra posizione parte dalla conoscenza della complessità di questo tempo e non se ne scandalizza. Soprattutto, non chiude la porta ad alcuno: lo stile e la prassi di cordiale e
totale accoglienza espressa dalle nostre parrocchie, ne è la prova più immediata.
Questa disponibilità di fondo ci spinge ad alzare la voce a tutela e promozione
della famiglia e a rilanciare la disponibilità a spenderci con tutte le nostre forze a
servizio del nostro popolo. Sappiamo di non essere soli in questo cammino, ma di
incrociare l’intelligenza e la generosa volontà di quanti - pur partendo a volte da
presupposti culturali diversi - avvertono il peso della posta in gioco. Insieme condividiamo la convinzione che alla stabilità della famiglia è legata la stessa qualità
della condizione umana: per questo non ci stanchiamo di impegnarci contro ogni
attentato alla vita, alla libertà educativa, al diritto all’istruzione e al lavoro, autentiche condizioni di giustizia e di pace.
Il Consiglio episcopale permanente
ISTAT
Gli italiani si sposano sempre
meno, perse 53mila nozze in 5 anni
In Italia si sposano sempre meno: nel 2013, informa l’Istat, per la prima volta il numero di nozze
celebrate è stato inferiore alle 200mila: 194.057 matrimoni, 13.081 in meno rispetto al 2012.
Dal 2008, l’anno di inizio della grande crisi, si sono “persi” circa 53mila matrimoni, un calo del 27% in
5 anni. Le difficoltà economiche sono solo una delle ragioni della flessione, sulle quali pesa anche il
calo strutturale delle nascite e la diminuzione della popolazione. In ogni caso anche l’indice di nuzialità scende, -17% dal 2008, con una flessione più marcata tra le persone con basso livello di istruzione, meno tra quelle con istruzione medio-alta. Le cifre confermano molte tendenze note: calano
soprattutto le prime nozze, 145.571 nel 2013; sale l’età del primo sì, a 31 anni per le donne e 34 per
gli uomini; crescono le unioni di fatto, oltre quota 1 milione, con un bambino su quattro che nasce da
genitori non sposati (molti di questi in realtà si sposeranno dopo la nascita del figlio); aumentano,
anche se la crescita sta rallentando, i matrimoni con rito civile: oggi sono il 43% del totale (il 55% al
Nord, il 51% al Centro, il 31% nelle Isole, il 24% al Sud). Tra chi si sposa, dato emblematico e rivelatore di un aumento della sfiducia reciproca, è boom del regime della separazione dei beni: riguarda
ormai il 69,5% delle coppie che convolano a nozze. “La crisi economica incide, ma soprattutto è
grave che la tassazione non premi le famiglie che sono una risorsa importante della società - ha
commentato don Paolo Gentili, direttore dell’Ufficio Cei per la Pastorale della Famiglia -. Premiare il
legame stabile contribuirebbe alla stabilità dell’intera società”. Monsignor Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, ha rilevato nella crescita delle famiglie formate da una sola
persona “una scelta fondamentalmente egolatrica, per non dire egoistica, ovvero una scelta che si fa
mettendo al centro di tutto l’io, pensando soltanto a se stessi”.
Massimo Calvi
In ritardo... ma a posto!
Violetta Barbara Andrejewska e Gianfilippo Tornatore
hanno contratto matrimonio religioso il giorno 8 novembre
2014 alle ore 10,30 nella Chiesa di San Pietro delle
Benedettine.
Ha celebrato il matrimonio il vice parroco Don Marco.
Gestiscono un negozio di vestiti originali e giovanili in
prossimità della fine del Corso Cavour. Auguroni per la loro
unione matrimoniale e anche per la loro attività commerciale.
L’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la famiglia
ha organizzato l’incontro di 40mila anziani con il papa Francesco
Come è nata l’idea di questa Giornata?
Fin dal primo incontro, il Santo Padre mi ha parlato
degli anziani. Poi, come sappiamo sul tema è tornato
più volte. In questo clima di “cultura dello scarto”
anche gli anziani in certo modo sono come inseriti in
una sorta di raccolta differenziata dei rifiuti (si pensi
solo all’eutanasia e agli abbandoni). Ma lo scarto
degli anziani è un danno per tutti, per loro, per la
famiglia e per la stessa società. Ecco perché è importante dare un segno contrario.
È questa la ragione per cui gli anziani stanno così
a cuore a papa Francesco?
Senza dubbio. In verità sono varie le ragioni per dare
attenzione agli anziani. Una che vorrei sottolineare è
la fragilità che caratterizza gli anziani e che ci ricorda che tutti siamo fragili. È una sorta di “cattedra” che
non cessa di insegnare. La cultura dominante vuole
eliminare questa cattedra. Ma così ci condanniamo a
non capire e soprattutto a vivere male. Non dobbiamo
poi dimenticare il senso del legame tra le generazioni
che vedono gli anziani come uno degli anelli fondamentali. Quanti nonni, oggi, accudiscono i nipoti. E
poi c’è anche la trasmissione della cultura, delle tradizioni e anche della fede a chi segue. Tutto ciò
dovrebbe farci sentire particolarmente avvelenata la
contraddizione di una società che allunga la vita, ma
poi la riempie di vuoti, di abbandono, di dimenticanza.
C’è bisogno di dare senso a questi anni che ci vengono donati in più.
In che modo queste dimensioni verranno evidenziate domani?
In vari modi. Vorrei però sottolineare uno in particolare: la consegna a ciascun anziano del Vangelo di
Marco scritto a lettere grandi. È l’invito a leggere
quel Vangelo e a trasmetterlo, soprattutto ai giovani,
perché quella Parola risuoni ancora con più forza.
Francesco, in sostanza, sembra dare agli anziani
come una nuova missione. Un po’ sull’esempio della
profetessa Anna che a 84 anni, dopo aver visto Gesù
Bambino, ha cominciato a parlare di lui a chiunque
incontrava. La terza età non manda in pensione da
un punto di vista religioso e spirituale. Penso a
quanto sia importante, ad esempio, la preghiera
degli anziani. Io li immagino come un polmone orante per tutta la Chiesa. Altro che scarto. Altro che rifiuto. Potrebbero essere i Mosè del nostro tempo, che
aiutano Giosuè a combattere la sua battaglia. E la
loro preghiera aiuterà il mondo ad essere migliore.
Sull’esempio di Benedetto XVI, che non a caso
sarà presente?
Esattamente. La sua presenza è un valore aggiunto
per questa giornata di preghiera e di festa. Potremmo
dire che è il primo dei “nonni”. Dunque l’invito di papa
Francesco è quanto mai opportuno. Oltre tutto, credo
che Benedetto XVI oggi sia davvero un esempio
di come vivere la terza età. E mi fa sempre tenerezza quello che papa Francesco dice di Benedetto: “È
come avere un nonno a casa”. Imitiamo anche noi
papa Francesco, perché i nostri anziani siano trattati
come Francesco ama Benedetto XVI.
Quale contributo verrà da questa giornata al
Sinodo sulla famiglia?
Vorrei dire che gli anziani - che più di altri hanno vissuto la famiglia nella sua bellezza come anche nelle
fatiche e nei problemi - con questa giornata anche di
preghiera accompagnano sull’uscio del Sinodo i
vescovi e coloro che vi prenderanno parte. Gli
anziani, che spesso sono come messi nella “periferia”
della famiglia, in realtà possono dire più degli altri
quanto essa sia importante per tutti.
Dica la verità, è stato lei a suggerire al calciatore
Florenzi di andare ad abbracciare la nonna dopo il
gol?
No, ma se avessimo dovuto pensare uno spot per la
giornata di domani, non avremmo potuto farlo meglio.
Quel gesto dimostra la bellezza di vedere un giovane
che ha un amore per i propri nonni. Purtroppo spesso
la cultura vuole appannare questa dimensione affettiva. Ma il futuro non è solo giovani, né solo anziani,
ma dei giovani e degli anziani, insieme.
MIMMO MUOLO
LA VOCE - n° 12 - Dicembre 2014
NOTA DI AGRICOLTURA
pag. 5
a cura di GIMBERTO
Le previsioni del tempo
Ormai le previsioni del tempo alla televisione
sono diventate un rito; non sempre però, se ne
comprende bene il linguaggio. L’esperto meteorologo di turno ci mostra delle immagini geografiche dell’Europa e dell’Italia, alle quali sono
sovrapposte delle linee tracciate in cerchi concentrici, più o meno regolari, con al centro una A
o una B. Ci viene spiegato che quelle sono le
aree di alta o bassa pressione. Ci viene anche
illustrato che i numeri scritti sopra i cerchi concentrici sono le diverse pressioni atmosferiche in
millibar. In teoria la cosa dovrebbe essere abbastanza semplice, ma in pratica, con quelle lettere
maiuscole dell’alfabeto scritte qua e là e tutte
quelle linee concentriche con sopra scritto 970,
990, 1010, eccetera; le idee si confondono un
po’.
In questa nota di agricoltura tenteremo di rendere le cose più comprensibili. Innanzitutto dobbiamo dire che è necessario sfatare una nostra
illusione. Quando ci troviamo all’aperto, in
piena campagna, abbiamo l’impressione di
essere in libertà assoluta ed a diretto contatto
con la natura e circondati da nuvole, cielo,
sole, luna e stelle. Questa è l’impressione e l’illusione, in verità siamo avvolti da una sconfinata
massa di aria di cui non abbiamo nessuna sensazione addosso, poiché l’aria è inodore e incolore,
trasparente ed impalpabile e non ci procura nessun fastidio o disturbo apparente. Ma l’aria si
trova in qualsiasi luogo sulla terra, anche nei
posti più impensati, permettendoci di respirare
per vivere in ogni situazione.
A sostegno di quanto detto, proponiamo una
considerazione che può sembrare oziosa e fatta
da una persona che ha voglia di perdere tempo.
Un bicchiere vuoto che non contiene nulla, a noi
sembra che sia veramente vuoto, ma è soltanto
una banale illusione, infatti il bicchiere non è
vuoto perché in realtà è pieno di aria! Siete sorpresi o addirittura scettici? Allora fate una prova:
prendete un bicchiere che secondo voi è vuoto,
capovolgetelo e immergetelo in un recipiente che
contiene acqua. La prima cosa che noterete sarà
una certa resistenza del bicchiere ad immergersi
nell’acqua, e poi una volta immerso rimarrà vuoto
perché l’aria contenuta nel bicchiere, impedisce
all’acqua di entrare nel suo interno. Come mai?
È evidente che l’aria contenuta nel bicchiere, che
secondo voi era vuoto, impedisce all’acqua di
entrare nel suo interno.
Possiamo fare anche un altro esperimento,
cioè constatare che l’aria ha un suo peso,
come qualsiasi altra cosa. Non ci credete?
Allora vediamo come possiamo fare per pesare
l’aria. Prendete due palloncini di gomma come
quelli che sono in vendita alla festa di S.
Flaviano, sgonfiateli e pesateli su una bilancia a
piatti contrapposti, cercando di equilibrare il loro
peso; poi prendetene uno e rigonfiatelo con l’aria
atmosferica, rimettetelo sulla bilancia e confrontate i due pesi. Vi accorgerete con grande meraviglia, che il palloncino pieno d’aria pesa di più di
quello sgonfio e, se aggiungerete un peso necessario per equilibrarlo, potrete anche calcolare
quanto pesa l’aria che avete immesso nel palloncino. Ma quanto pesa questa benedetta aria?
Pochissimo! Un litro di aria, a pressione atmosferica, pesa poco più di un grammo.
Sembra un peso insignificante, ma se pensate alla quantità enorme di aria in cui siamo
immersi c’è da spaventarsi. Si tratta di miliardi di
miliardi di litri di aria che circondano tutta la terra
per uno spessore di circa 500 chilometri. Questa
gran massa di aria si chiama atmosfera e questo
enorme peso che ci grava addosso si chiama
pressione atmosferica. Tale pressione, tradotta
in chili, equivale a circa un chilogrammo per ogni
centimetro quadrato al livello del mare. Se calcolate la superficie totale della pelle di una persona
sicuramente vi spaventerete e vi chiederete
come fa una persona a sopportare tale pressione. Evidentemente tale pressione è equilibrata su
se stessa dalla sua stessa spinta esercitata in
tutte le direzioni contemporaneamente.
Per capire la forza di tale equilibrio, tappate
con un dito il foro di uscita dell’aria di una pompa
da bicicletta e provate a tirare indietro lo stantuffo; vi renderete conto che il vuoto creatosi nell’interno della pompa, genera uno squilibrio subito contrastato dalla pressione atmosferica che
agisce sullo stantuffo stesso, e che vi impedisce
di tirarlo oltre un certo limite pur mettendoci tutta
la vostra forza. Verso il 1650 i fenomeni della
pressione atmosferica suscitarono la curiosità e
l’attenzione dello scienziato italiano Evangelista
Torricelli, il quale, a seguito di laboriosi esperimenti, inventò il barometro, primo strumento
inventato dall’uomo per misurare la pressione
atmosferica. Misurare la pressione atmosferica
non è difficile e si può effettuare con un semplice
esperimento domestico. Prendiamo un tubo di
plastica trasparente lungo undici metri e applichiamo un rubinetto a ciascuna delle due estremità. Riempiamo una conca di acqua e la posizioniamo al piano terra della nostra casa, saliamo
sul terrazzo che ci permette di stendere per tutta
la lunghezza il tubo di plastica finché l’estremità
inferiore si immerge nella conca d’acqua.
Tenendo il tubo di plastica in posizione verticale
riempiamolo di acqua poi chiudiamo il rubinetto
superiore e facciamo aprire da un amico il rubinetto inferiore; l’acqua scenderà nel tubo fino a
10,33 metri 0 1033 centimetri. Tale misura si può
prendere a livello del mare e con la temperatura
dell’aria a zero gradi.
Tenendo conto che la pressione atmosferica
è misurata in millibar e che ogni millibar equivale
a circa un centimetro, possiamo dire che la pressione atmosferica che abbiamo misurato è circa
1033 millibar. Se l’indicazione scende al disotto
di questo valore, il tempo peggiora in rapporto a
quanti millibar scende.
L’ambulatorio Infermieristico AEFFE informa...
... Che cos’è il diabete?
Il termine diabete deriva dal greco “diabetes” e significa “passare attraverso”. Infatti, uno dei segni caratteristici della malattia è la presenza di zucchero nelle urine che vi giunge “attraverso” il rene quando la sua concentrazione nel sangue supera un certo valore.
Il diabete è una malattia che determina un assorbimento anomalo del glucosio (zucchero), causando alti livelli di glicemia nel sangue. È dovuto ad
un difetto dell’azione o della produzione di insulina, un ormone che controlla il livello di glucosio nel sangue: il glucosio presente non viene correttamente utilizzato, si accumula e viene eliminato con le urine. Elevati valori di glicemia, protratti nel tempo, danneggiano organi, tessuti e vasi sanguigni, aprendo le porte alle complicanze della malattia.
Il diabete è una malattia cronica; non si “guarisce” dal diabete ma, attraverso la prevenzione, le cure, l’attività fisica si possono ritardare le complicanze. È piuttosto diffuso!!! L’OMS (Organizzazione Mondiale della
Sanità) calcola che in Italia circa 3 milioni di persone hanno diagnosi certa
di diabete di tipo2 e sono in cura; 1 milione di persone ha il diabete di
tipo2 ma non è ancora diagnosticato; 2,6 milioni di persone hanno difficoltà a mantenere la glicemia nella norma.
Ma,... chi sono le persone a “rischio diabete”?
La presenza di uno o più delle seguenti condizioni aumenta il rischio di
sviluppare il diabete negli anni successivi. Parlane e consultati con il tuo
medico. Quanto più precoce è la diagnosi, tanto più efficace è la terapia
mirata alla prevenzione delle complicanze croniche.
• Età al di sopra dei 45 anni
• Stato di sovrappeso o obesità
• Eccessiva perdita di peso
• Presenza di parenti in famiglia con diabete
• Ipertensione arteriosa
• Presenza di altre malattie del metabolismo (colesterolo e trigliceridi elevati)
• Vita sedentaria
• Coloro che sono in presenza di... eccessivo bisogno di bere o urinare,
aumento dell’appetito, debolezza fisica, esame urine positivo per glucosio,
disturbi visivi.
E ricordate... la prevenzione al primo posto!
Al prossimo appuntamento!
Nelle prossime edizioni continueranno le informazioni sul diabete. Nel frattempo vi aspettiamo il giorno 13 dicembre 2014 dalle ore 8,30 - 12,30
sotto la Farmacia Zepponami presso gli Studi Medici e l’Ambulatorio
Infermieristico per la “Giornata dedicata all’informazione e prevenzione sul
diabete” con screening gratuito della glicemia, la presenza del medico di
famiglia, del farmacista, della dietista, della personal trainer.
Per informazioni: Ambulatorio Infermieristico 3334711760.
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LA VOCE - n° 12 - Dicembre 2014
Taccuino economico e tributario
Lo Psicologo risponde...
a cura della Dott.ssa Paola Ciripicchio
e del Dott. Luca Radicati
Sofferenza d’insonnia
Modello ISEE: con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale
avvenuta lo scorso 18 novembre, entra in vigore a partire dal
2015 il nuovo modello ISEE: “Indicatore della Situazione
Economica Equivalente”.
Ricordiamo che il modello viene utilizzato dai cittadini che in
base al proprio reddito possono usufruire di determinati benefici
come ad esempio pagare in maniera ridotta le rette dell’asilo e
quelle delle mense scolastiche, oppure le quote per le case di
cura per anziani e le iscrizioni all’Università.
La rivoluzione parte proprio dal modello che sarà predisposto in
sei tipi: Dichiarazione sostitutiva unica Mini per fornire le principali informazioni sullo stato del nucleo familiare; dati anagrafici,
reddituali e patrimoniali; Isee Università; Isee socio-sanitario;
Isee socio sanitario-residente; Isee minorenni con genitori non
coniugati tra loro e non conviventi; Isee corrente, ossia una
dichiarazione che riporta la situazione degli ultimi 12 mesi nel
caso in cui si sia verificato un mutamento sostanziale dei redditi.
Se da un lato è più semplice la compilazione del modello dall’altro diventano più stringenti le regole per la compilazione a partire da gennaio 2015; vengono inoltre rafforzati i controlli incrociati tra Inps e Agenzia delle Entrate per evitare false attestazioni da parte di chi vuole fare il furbo.
Al fine di valutare correttamente la situazione economica del
contribuente che vuole usufruire di determinati benefici, occorre
dichiarare redditi, il patrimonio immobiliare e quello mobiliare.
Vediamo cosa cambia dal nuovo anno:
• Redditi: a partire dal 2015 verranno inclusi nel conteggio non
solo i classici redditi Irpef, ma anche tutte quelle entrate esenti
da tassazione che erano escluse dal conteggio finale come le
borse di studio, pensioni di invalidità, assegni di accompagnamento, assegni al nucleo familiare, ma anche cedolare secca,
trattamenti assistenziali, previdenziali, indennità, carte acquisti e
tutte le forme di sostegno a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche.
• Beni immobili: la prima novità riguarda le case di proprietà il
cui valore finora teneva conto dei vecchi dati riguardanti la base
di conteggio per l’Ici. Dal 2015 il riferimento sarà quello dell’Imu,
che come noto, risulta rivalutato del 60%. Inoltre vengono
aggiunti nel conteggio finale anche altri beni immobili quali barche e moto di grossa cilindrata.
• Ricchezza mobiliare: altra novità riguarda i conti correnti, gli
investimenti azionari o obbligazionari, i titoli di stato e qualsiasi
altra forma di investimento di carattere finanziario che se fino ad
oggi si potevano dichiarare tramite un’autocertificazione per il
futuro invece, l’incaricato a predisporre il modello, potrà richiedere queste informazioni direttamente all’anagrafe tributaria
dell’Agenzia delle Entrate, e in questa maniera non si potranno
nascondere più in nessun modo eventuali ricchezze che vanno
ad incidere notevolmente sui conteggi finali dei vari Indicatori.
A fronte della serie di inasprimenti procedurali sopra descritti,
verranno anche introdotte alcune agevolazioni. In particolare si
terrà conto delle famiglie nelle quali sono presenti soggetti disabili. Inoltre i nuclei numerosi, cioè con più figli, potranno allo
stesso modo usufruire di abbattimenti automatici del valore
dell’Isee. Un modo questo per non svantaggiare ulteriormente
quelle realtà famigliari già fortemente provate dalla crisi attuale.
• Richiesta del modello: dal nuovo anno cambierà la modalità di
richiesta dell’Isee. Il singolo cittadino dovrà infatti innanzitutto
recarsi presso il Caf o chi per esso e compilare la cosiddetta
Dsu, ossia la Dichiarazione sostitutiva unica. In questa sede
verranno dichiarati i redditi, le proprietà mobiliari e immobiliari e
la composizione del nucleo familiare. Entro quattro giorni lavorativi la dichiarazione sarà trasmessa in via telematica al sistema informativo dell’Isee, gestito dall’Inps che ha quattro giorni di
tempo per calcolare l’Isee avvalendosi delle informazioni che
potranno essere reperite anche direttamente negli archivi della
pubblica amministrazione, ossia dell’Inps stessa e dall’Agenzia
delle Entrate. In questo modo, entro il decimo giorno lavorativo
successivo alla presentazione della Dsu, il cittadino riceverà
dall’Inps il proprio Isee definitivo. Per il ritiro materiale infine
sarà possibile indicare un indirizzo Pec (posta elettronica certificata), si potrà scaricare il tutto direttamente dal sito Inps oppure
dare mandato di ritiro al proprio Caf, attraverso una delega specifica.
Cara dott.ssa Cosimi,
Salve, io sono Loredana e fin da piccola soffrivo “dicevano” di insonnia… ma da
alcuni anni (premetto che adesso ho 30 anni) questa insonnia è cambiata in una
forma diversa che mi fa realmente stare male… per farle capire… la scorsa settimana in piena notte (dormendo con mio marito) mi svegliavo di scatto e non ricordavo dov’ero e con chi! Per una settimana di seguito… e svegliandomi mi vengono attacchi di panico… questo è solo un esempio delle mie notti… lei cosa ne
pensa?
La ringrazio del suo tempo. Buona giornata.
Cara Lettrice,
L’insonnia può essere definita come una reiterata difficoltà ad iniziare e/o mantenere il sonno, tale che esso risulta di durata e/o qualità insoddisfacente.
In particolare, chi soffre di insonnia, riferisce uno o più dei seguenti disturbi relativi
al sonno: difficoltà all’addormentamento, difficoltà a mantenere il sonno, risvegli
precoci al mattino ed un sonno cronicamente non ristoratore o di scarsa qualità.
In aggiunta ai sintomi notturni, nella maggior parte dei casi, sono presenti anche
sintomi diurni, quali ad esempio fatica, irritabilità, sonnolenza, disturbi dell’umore e difficoltà di apprendimento/memoria.
A differenza di quanto comunemente si crede, non tutte le persone hanno bisogno
di dormire 8 ore a notte: la quantità di sonno necessaria a ciascuno di noi per sentirsi riposati è assolutamente soggettiva, e varia da persona a persona. Infatti, esistono soggetti detti “brevi dormitori” che hanno bisogno di poche ore di sonno per
sentirsi riposati (5 ore o meno) e “lungo dormitori” che hanno bisogno di un sonno
di lunga durata (almeno 10 ore) per sentirsi riposati ed efficienti lungo la giornata.
Il riconoscimento dell’ipnotico (breve, normale o lungo dormitore) è fondamentale
nella valutazione di un paziente che lamenta disturbi di vigilanza e consente di
evitare false diagnosi e relative terapie inopportune.
In ogni caso, possiamo dire di avere un problema d’insonnia solo quando un riposo non soddisfacente limita le nostre capacità fisiche e mentali durante la giornata,
per un periodo abbastanza lungo.
È tradizione, sia in medicina che in psicologia, pensare all’insonnia come a un sintomo e non come a un disturbo in sé. Per questo motivo l’obiettivo del trattamento
è stato individuato quasi sempre in quei fattori che potevano sottendere l’insonnia
e che ne producevano la sintomatologia. Trattando efficacemente quei fattori
(ansia, stress, preoccupazioni), i cosiddetti disturbi primari, si sarebbe verificato di
conseguenza anche il miglioramento dell’insonnia.
Questa prospettiva è stata messa in discussione nell’ambito della ricerca sul
sonno per le seguenti acquisizioni scientifiche:
1. l’insonnia rappresenta un fattore di rischio per lo sviluppo di disturbi psichici di
nuovo esordio;
2. l’insonnia spesso non si risolve nonostante siano state superate con successo
condizioni psicopatologiche primarie;
3. l’insonnia è un fattore di rischio per le recidive ricorrenti di disturbi psicologici;
4. la terapia cognitivo-comportamentale per l’insonnia (CBT-I) si è rivelata efficace contro l’insonnia che si presenta in comorbilità con altre psicopatologie così
come contro l’insonnia primaria;
5. trattamenti specifici con CBT – I hanno dimostrato di produrre miglioramenti in
quelli che precedentemente erano considerati disturbi primari (Depressione e
dolore cronico).
Il trattamento dell’insonnia ha come obiettivo primario quello di migliorare la qualità/quantità del sonno e i sintomi diurni correlati al disturbo (scarsa attenzione e
memoria, difficoltà di concentrazione, ecc.). Al fine di poter perseguire questi
obiettivi le linee guida internazionali raccomandano di:
• Identificare i comportamenti disadattivi e i pensieri che fungono da fattore perpetuante l’insonnia.
• Portare all’evidenza del paziente, le sue distorsioni cognitive rispetto al proprio
sonno, ed operare su di esse una ristrutturazione cognitiva che porti ad un atteggiamento più funzionale rispetto al dormire.
• Utilizzando specifici metodi comportamentali, estinguere l’associazione tra “sforzo” per dormire e aumentato arousal, riducendo al minimo la quantità di tempo trascorso a letto sveglio, e contemporaneamente promuovere l’associazione tra il
letto e rilassamento/sonno.
• Ristabilire un ritmo sonno/veglia regolare ed un ambiente favorevole al sonno.
• Impiegare tecniche psicologiche e comportamentali, per diminuire l’arousal psicofisiologico e l’ansia rispetto al proprio sonno.
Occorre comunque fare un’analisi specifica di ogni caso. Spero però di averle
chiarito alcuni punti.
Dott.ssa Monia Cosimi
(Psicologo, Consulente Familiare, Psicoterapeuta cognitivo comportamentale)
Potete scrivere a:
Dott.ssa Monia Cosimi, Via Zepponami n. 6/F - 01027 Montefiascone (VT)
Email: [email protected] - 3394151301 - 0761831212
LA VOCE - n° 12 - Dicembre 2014
VIRGO FIDELIS
Celebrata la Virgo Fidelis, la Patrona dell’Arma dei Carabinieri. Venerdì 21
novembre nella stupenda basilica di San Flaviano si è tenuta la cerimonia molto
attesa da parte dei Carabinieri di Montefiascone. A celebrare la messa, il parroco
Don Luciano accompagnato dai canti della corale di S. Flaviano.
Presenti alla solennità una
folta rappresentanza della locale
stazione e compagnia dei
Carabinieri con in primis il comandante, Marco Angeli. Intervenuti
per l’Amministrazione comunale il
sindaco Luciano Cimarello ed il
vice
sindaco
Fernando
Fumagalli. A presenziare la cerimonia l’Associazione Carabinieri
della Sezione di Montefiascone e
i comandanti delle varie stazioni
locali dei paesi limitrofi.
NOTIZIE DAL COMUNE
DI MONTEFIASCONE
Pagamento 2ª rata a saldo della TARI
L’Amministrazione informa la cittadinanza che è stato prorogato al 31
gennaio 2015, il pagamento della seconda rata a saldo della Tari senza
ulteriori interessi o spese aggiuntive per i contribuenti. Questa tassa prevedeva, per i pagamenti, la scadenza della seconda rata al 30 novembre
2014. Così facendo l’amministrazione del sindaco Luciano Cimarello ha
voluto dare questa ulteriore possibilità ai cittadini in questo particolare
periodo di crisi economica e al tempo stesso di scadenze di bollette e tributi. La giunta comunale con una specifica delibera, come stabilito dal
regolamento, ha prorogato il termine di pagamento appunto senza ulteriori
spese o interessi per i cittadini. Questi ultimi potranno saldare la seconda
rata della Tari utilizzando l’F24 come pervenuto.
Canone Concordato con tassazione al 10%
“I cittadini di Montefiascone possono usufruire del Canone Concordato
con una tassazione al 10%”. Lo comunica alla popolazione il sindaco di
Montefiascone, Luciano Cimarello per poter essere agevolati sugli affitti.
“Grazie al nuovo decreto del governo Renzi i cittadini di Montefiascone
possono usufruire di questa importante agevolazione in cui la tassazione
in merito agli affitti passa dal 22% al 10%”. “Questo è stato possibile aggiunge il sindaco - grazie ad un precedente accordo territoriale tra il
Comune e le organizzazioni dei piccoli proprietari e inquilini. Con questo
atto Montefiascone è uno dei pochi paesi della provincia di Viterbo considerato ad “alta densità abitativa” e che quindi può usufruire di questa agevolazione. Poi in questo periodo è arrivato il decreto del governo Renzi in
cui si stabilisce che i comuni che hanno aderito a questo accordo possono
usufruire del canone concordato con una tassazione che passa dal 22% al
10% che viene tassato a cedolare secca (e quindi non entra nel reddito)”.
Notizia positiva. Per ulteriori informazioni è possibile visionare il sito
internet www.comune.montefiascone.vt.it. e cliccare sulla sezione “atti
generali” e poi “accordo territoriale”.
Affidamento di un bene confiscato alla mafia
L’amministrazione comunale, con delibera di giunta numero 175 del
17 ottobre, ha approvato l’avviso pubblico per l’affidamento in concessione
d’uso a titolo di un bene confiscato alla mafia situato nel Comune di
Montefiascone. Lo stabile sarà utilizzato a scopi sociali. Gli uffici stanno
elaborando, in questi giorni, il bando di gara per poter aprire i termini di
presentazione delle domande per gli organismi previsti dall’art. 48 del Dlgs
n. 159 del 6 settembre 2011 “Codice delle leggi antimafia e delle misure di
prevenzione”. Ogni concorrente potrà partecipare alla selezione con distinte diciture.
La prima con la scritta “documentazione” dovrà contenere la domanda
di partecipazione, l’atto costitutivo e/o lo statuto del concorrente, l’iscrizione negli appositi registri, il curriculum dell’organismo partecipante, la relazione sulle attività pregresse, il business plan, la dichiarazione sostitutiva
e la fotocopia del documento del legale rappresentante. La seconda busta
da presentare con la dicitura “proposta progettuale” dovrà contenere il progetto di gestione che il soggetto richiedente propone di svolgere. Sarà poi
una specifica commissione che valuterà i progetti presentati in base all’elaborato, al numero e titoli delle risorse umane da impiegare, agli obiettivi,
all’articolazione delle attività, al numero dei destinatari, alla valutazione del
business plan, alla tipologia di utenza, alle risorse tecniche e strumentali,
all’attività di comunicazione sociale ed alle eventuali altre attività svolte in
beni immobili confiscati alla criminalità organizzata.
Per ulteriori informazioni i concorrenti potranno rivolgersi agli uffici
comunali al numero 0761.823041/28 dal lunedì al sabato dalle ore 9,30
alle ore 12,30.
pag. 7
Nel corso dell’omelia il parroco Don
Luciano ha sottolineato l’importanza dell’operato dei Carabinieri
e della loro fedeltà alla
missione a salvaguardia della popolazione.
Da ricordare che la
data del 21 novembre
rappresenta
un
momento importante
per l’Arma; si celebrano infatti tre ricorrenze
particolarmente significative, tramandate nella storia e nei contenuti spirituali dell’Istituzione: la battaglia di Culqalber che, nel 1941, vide l’eroismo del 1° Gruppo Carabinieri
Mobilitato in Africa Orientale, immolatosi quasi completamente nella lotta contro
l’esercito britannico; la Virgo Fidelis, fu proclamata nel 1949 Patrona dell’Arma
dal Papa Pio XII; la Giornata dell’Orfano, venne istituita nel 1996.
È bene farlo sapere
Tivoli, 8/11/2014
Gentile direttore,
Mi congratulo del suo notiziario che seguo con particolare interesse dagli anni settanta ai tempi di Giorgio Zerbini, caro indimenticabile amico. Desidero segnalare un avvenimento non proprio esaltante, accadutomi presso il Centro Anziani di Montefiascone.
Essendo montefiasconese da generazioni che si perdono nel tempo, ho però il torto di
risiedere in un’altra città, ma vengo spesso e volentieri a Montefiascone, dove ho vari
parenti, diversi amici e casa di proprietà a disposizione. Ebbene il 13 luglio u.s., dopo un
gioioso pranzo con i miei cugini, sono stato da alcuni di loro invitato al Centro Anziani.
Entrato con mia moglie, ho salutato alcuni amici seduti ai tavoli e qualche coppia che
stava ballando. Subito mi si è avvicinato un signore che nel farmi presente di non essere
iscritto, dovevo subito uscire senza minimamente ascoltare le mie spiegazioni.
Sono dovuto uscire lasciando tutti in imbarazzo, in special modo quelli che mi conoscono.
Ho fatto presente l’accaduto in altri centri anziani: sono rimasti increduli! Mai accaduto un
fatto simile presso le loro sedi. Mi rivolgo ai responsabili del Centro, ai quali vorrei suggerire di valutare tale comportamento non proprio ospitale, specialmente nei confronti dei
nativi non residenti, a cui il tesseramento non è consentito. Non per il sottoscritto (evento
casuale non ripetibile) ma per chiunque dovesse essere invitato a passare saltuariamente
una mezz’ora con i vecchi amici, magari pagando un ticket come ospite.
Grazie per la sua ospitalità.
Con stima L.D.
Dio ci salvi da certi “... liberatori”
È una notizia sulla quale molti quotidiani, sedicenti democratici ed indipendenti,
hanno sorvolato, fatta la debita eccezione per qualcuno. E fra i pochi si è distinto
l’Osservatore Romano. Qual’è la notizia dai più taciuta o magari relegata all’ultimo posto
della classifica delle notizie da diffondere? Quella che ha visto otto donne indiane morire
per aver contratto la setticemia dopo un intervento chirurgico finalizzato al legamento
delle tube, ovvero dopo un intervento di sterilizzazione secondo un programma avviato e
ben controllato dallo stesso governo di Delhi, in barba ed in spregio dei più elementari
diritti umani. Si avvicinano le donne, le più povere e magari appartenenti alla casta dei
paria e dietro la promessa di compensi, si invogliano a sottoporsi ad interventi di sterilizzazione, anche in barba ai più elementari principi di sanità e di igiene. E così otto povere
donne ci hanno lasciato la pelle. Ovviamente nessuno di noi se l’è sentita di scendere in
strada e di gridare la sua rabbia e la sua indignazione per otto vite umane uccise ed
oltraggiate fin nel più profondo, sacro e sacrosanto diritto, quello di essere potenziale
datrice e cooperatrice di future, possibili vite umane. No. In fondo quelle disgraziate non
rappresentavano niente e nessuno. Magari erano pure sporche e cenciose, come quelle
donne che spesso Madre Teresa soleva abbracciare nei bassifondi di Calcutta, restituendo loro per un istante quella dignità di cui erano state spogliate nell’indifferenza generale
e dalla ipocrisia di chi, come noi, le sue lotte preferisce gridarle secondo i canoni e la
popolarità del “politicamente corretto”. Scommetto pure che quei programmi di sterilizzazione sono stati sottoposti al Governo indiano dietro lauti finanziamenti da parte di organizzazioni umanitarie che si nascondono dietro la paura (del tutto infondata) del sovrappopolamento, una delle più spudorate bugie del XX e del XXI secolo, che stanno facendo
il giro del pianeta per la gioia di associazioni e club (come il club di Roma di Aurelio
Peccei, molto stimato, peraltro, dal Movimento 5Stelle di Beppe Grillo), che hanno come
finalità principale dei loro programmi l’incentivazione, per l’appunto, di sterilizzazioni di
massa, più o meno forzate (come in Cina, anche se la Cina sembra stia ora facendo
retromarcia) campagne pro aborto e leggi eutanasiche, il tutto naturalmente condito con
grano e olio, vale a dire con volto e finalità umanitarie, sempre umanitarie. La Comunità
europea non ha avuto nulla da fare. Ma poi, esiste questa Comunità europea? O è soltanto un’unità di banchieri rapaci e menefreghisti? Non parliamo poi dell’ONU, Nazioni unite
non si sa bene da cosa e da chi. Forse da ONG come “Agenda 21”, dietro la cui attività
diretta alla salvaguardia dell’ambiente e del pianeta e con i programmi sopraccennati
(ONG, peraltro, molto accreditata presso l’ONU) si celano (poi non tanto) i finanziamenti
di banchieri come Rockfeller. E allora cosa resta da fare per noi poveri disgraziati?
Pregare ed amare. Amare e pregare. Come ci insegna Papa Francesco. Non lasciamo
morire quelle otto donne nei nostri cuori. Affidiamole a Colui che tutto vede e tutto può,
perché cambi il cuore degli uomini, sorregga e guidi l’opera dei Governi sulle strade della
verità e della giustizia e soprattutto ci protegga e ci salvi da certi... “liberatori” (sic!).
Giuseppe Bracchi
pag. 8
LA VOCE - n° 12 - Dicembre 2014
La catechesi del Papa Francesco sulla “Chiesa”
Giovedì 28 agosto 2014
Giovedì 18 settembre 2014
Gesù invita la Chiesa
a essere una e santa
“Cattolica e apostolica”
per salvare l’umanità
Cari fratelli e sorelle, buongiorno.
Ogni volta che rinnoviamo la nostra professione di fede recitando il “Credo”,
noi affermiamo che la Chiesa è “una” e “santa”. È una, perché ha la sua origine
in Dio Trinità, mistero di unità e di comunione piena. La Chiesa poi è santa, in
quanto è fondata su Gesù Cristo, animata dal suo Santo Spirito, ricolmata del
suo amore e della sua salvezza. Allo stesso tempo, però, è santa e composta di
peccatori, tutti noi, peccatori, che facciamo esperienza ogni giorno delle nostre fragilità e delle nostre miserie. Allora, questa fede che professiamo ci spinge alla conversione, ad avere il coraggio di vivere quotidianamente l’unità e la santità, e se
non non siamo uniti, se non siamo santi, è perchè non siamo fedeli a Gesù. Ma
Lui, Gesù, non ci lascia soli, non abbandona la sua Chiesa! Lui cammina con
noi, Lui ci capisce. Capisce le nostre debolezze, i nostri peccati, ci perdona,
sempre che noi ci lasciamo perdonare. Lui è sempre con noi, aiutandoci a
diventare meno peccatori, più santi, più uniti.
Il primo conforto ci viene dal fatto che Gesù ha pregato tanto per l’unità
dei discepoli. È la preghiera dell’Ultima Cena, Gesù ha chiesto tanto: “Padre, che
siano una cosa sola”. Ha pregato per l’unità, e lo ha fatto proprio nell’imminenza
della Passione, quando stava per offrire tutta la sua vita per noi. È quello che
siamo invitati continuamente a rileggere e meditare, in una delle pagine più intense
e commoventi del Vangelo di Giovanni, il capitolo diciassette (cfr vv. 11.21-23).
Come è bello sapere che il Signore, appena prima di morire, non si è preoccupato
di sé stesso, ma ha pensato a noi! E nel suo dialogo accorato al Padre, ha pregato
proprio perché possiamo essere una cosa sola con Lui e tra di noi. Ecco: con queste parole, Gesù si è fatto nostro intercessore presso il Padre, perché possiamo
entrare anche noi nella piena comunione d’amore con Lui; allo stesso tempo, le
affida a noi come suo testamento spirituale, perché l’unità possa diventare sempre di più la nota distintiva delle nostre comunità cristiane e la risposta più bella a
chiunque ci domandi ragione della speranza che è in noi (cfr 1 Pt 3,15).
“Tutti siamo una sola cosa: come tu, Padre, sei in me e io in te, siamo anch’essi in noi, perchè il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17,21). La Chiesa ha
cercato fin dall’inizio di realizzare questo proposito che sta tanto a cuore a Gesù.
Gli Atti degli Apostoli ci ricordano che i primi cristiani si distinguevano per il fatto di
avere “un cuore solo e un’anima sola” (At 4,32); l’apostolo Paolo, poi, esortava le
sue comunità a non dimenticare che sono “un solo corpo” ( 1 Cor 12,13).
L’esperienza, però, ci dice che sono tanti i peccati contro l’unità. E non pensiamo
solo agli scismi, pensiamo a mancanze molto comuni nelle nostre comunità, a peccati “parrocchiali”, a quei peccati nelle parrocchie. A volte, infatti, le nostre parrocchie, chiamate ad essere luoghi di condivisione e di comunione, sono tristemente
segnate da invidie, gelosie, antipatie... E le chiacchiere sono alla portata di tutti.
Quanto si chiacchiera nelle parrocchie! Questo non è buono. Ad esempio quando
uno viene eletto presidente di quella associazione, si chiacchiera contro di lui. E se
quell’altra viene eletta presidente della catechesi, le altre chiacchierano contro di
lei. Ma, questa non è la Chiesa. Questo non si deve fare, non dobbiamo farlo!
Bisogna chiedere al Signore la grazia di non farlo. Questo è umano, sì, ma non è
cristiano! Questo succede quando puntiamo ai primi posti; quando mettiamo al
centro noi stessi, con le nostre ambizioni personali e i nostri modi di vedere le
cose, e giudichiamo gli altri; quando guardiamo ai difetti dei fratelli, invece che alle
loro doti; quando diamo più peso a quello che ci divide, invece che a quello che ci
accomuna...
Una volta nell’altra diocesi che avevo prima, ho sentito un commento interessante e bello. Si parlava di un’anziana che per tutta la vita aveva lavorato in parrocchia, e una persona che la conosceva bene, ha detto: “Questa donna non ha
mai sparlato, mai ha chiacchierato, sempre era un sorriso”. Una donna così può
essere canonizzata domani! Questo è un bell’esempio. E se guardiamo alla storia
della Chiesa, quante divisioni fra noi cristiani. Anche adesso siamo divisi. Anche
nella storia noi cristiani abbiamo fatto la guerra fra di noi per divisioni teologiche.
Pensiamo a quella dei 30 anni. Ma, questo non è cristiano. Dobbiamo lavorare
anche per l’unità di tutti i cristiani, andare sulla strada dell’unità che è quella che
Gesù vuole e per cui ha pregato. Di fronte a tutto questo, dobbiamo fare seriamente un esame di coscienza. In una comunità cristiana, la divisione è uno dei peccati più gravi, perchè la rende segno non dell’opera di Dio, ma dell’opera del diavolo, il quale è per definizione colui che separa, che rovina i rapporti, che insinua
pregiudizi... La divisione in una comunità cristiana, sia essa una scuola, una parrocchia, o un’associazione, è un peccato gravissimo, perchè è opera del Diavolo.
Dio, invece, vuole che cresciamo nella capacità di accoglierci, di perdonarci e di
volerci bene, per assomigliare sempre di più a Lui che è comunione e amore. In
questo sta la santità della Chiesa: nel riconoscersi ad immagine di Dio, ricolmata
della sua misericordia e della sua grazia.
Cari amici, facciamo risuonare nel nostro cuore queste parole di Gesù: “Beati
gli operatori di pace, perchè saranno chiamati figli di Dio” (Mt 5,9). Chiediamo sinceramente perdono per tutte le volte in cui siamo stati occasione di divisione o di
incomprensione all’interno delle nostre comunità, ben sapendo che non si giunge
alla comunione se non attraverso una continua conversione. Che cos’è la conversione? È chiedere al Signore la grazia di non sparlare, di non criticare, di non
chiacchierare, di volere bene a tutti. È una grazia che il Signore ci dà. Questo
è convertire il cuore. E chiediamo che il tessuto quotidiano delle nostre relazioni possa diventare un riflesso sempre più bello e gioioso del rapporto tra
Gesù e il Padre.
Cari fratelli e sorelle, buongiorno.
In questa settimana continuiamo a parlare sulla Chiesa. Quando professiamo la nostra fede, noi affermiamo che la Chiesa è “cattolica” e “apostolica”. Ma qual’è effettivamente il significato di queste due parole, di queste
due note caratteristiche della Chiesa? E che valore hanno per le comunità
cristiane e per ciascuno di noi?
Cattolica significa universale. Una definizione completa e chiara ci è
offerta da uno dei Padri della Chiesa dei primi secoli, san Cirillo di
Gerusalemme, quando afferma: “La Chiesa senza dubbio è detta cattolica,
cioè universale, per il fatto che è diffusa ovunque dall’uno all’altro dei confini
della terra; e perché universalmente e senza defezione insegna tutte le verità
che devono giungere a conoscenza degli uomini, sia riguardo alle cose celesti, che alle terrestri” (Catechesi XVIII, 23).
Segno evidente della cattolicità della Chiesa è che essa parla tutte le lingue. E questo non è altro che l’effetto della Pentecoste (cfr At 2,1-13): è lo
Spirito Santo, infatti, che ha messo in grado gli Apostoli e la Chiesa intera di
far risuonare a tutti, fino ai confini della terra, la Bella Notizia della salvezza e
dell’amore di Dio. Così la Chiesa è nata cattolica, cioè “sinfonica” fin dalle
origini, e non può che essere cattolica, proiettata all’evangelizzazione e all’incontro con tutti. La Parola di Dio oggi si legge in tutte le lingue, tutti hanno il
Vangelo nella propria lingua, per leggerlo. E torno sullo stesso concetto: è
sempre buono prendere con noi un Vangelo piccolo, per portarlo in tasca,
nella borsa e durante la giornata leggerne un passo. Questo ci fa bene. Il
Vangelo è diffuso in tutte le lingue perchè la Chiesa, l’annuncio di Gesù
Cristo Redentore, è in tutto il mondo. E per questo si dice la Chiesa è cattolica, perchè è universale.
Se la Chiesa è nata cattolica, vuol dire che è nata “in uscita”, che è
nata missionaria. Se gli Apostoli fossero rimasti lì nel cenacolo, senza uscire a portare il Vangelo, la Chiesa sarebbe soltanto la Chiesa di quel popolo,
di quella città, di quel cenacolo. Ma tutti sono usciti per il mondo, dal momento della nascita della Chiesa, dal momento che è disceso su di loro lo Spirito
Santo. E per questo la Chiesa è nata “in uscita”, cioè missionaria. È quello
che esprimiamo qualificandola apostolica, perchè l’apostolo è quello che
porta la buona notizia della Risurrezione di Gesù. Questo termine ci ricorda
che la Chiesa, sul fondamento degli Apostoli e in continuità con essi - sono
gli Apostoli che sono andati e hanno fondato nuove chiese, hanno costituito
nuovi vescovi e così in tutto il mondo, in continuità. Oggi tutti noi siamo in
continuità con quel gruppo di Apostoli che ha ricevuto lo Spirito Santo e poi è
andato in “uscita”, a predicare - è inviata a portare a tutti gli uomini questo
annuncio del Vangelo, accompagnandolo con i segni della tenerezza e della
potenza di Dio. Anche questo deriva dall’evento della Pentecoste: è lo Spirito
Santo, infatti, a superare ogni resistenza, a vincere la tentazione di chiudersi
in sé stessi, tra pochi eletti, e di considerarsi gli unici destinatari della benedizione di Dio. Se ad esempio alcuni cristiani fanno questo e dicono: “Noi
siamo gli eletti, solo noi”, alla fine muoiono. Muoiono prima nell’anima, poi
moriranno nel corpo, perché non hanno vita, non sono capaci di generare
vita, altra gente, altri popoli: non sono apostolici. Ed è proprio lo Spirito a
condurci incontro ai fratelli, anche a quelli più distanti in ogni senso, perchè
possano condividere con noi l’amore, la pace, la gioia che il Signore Risorto
ci ha lasciato in dono.
Che cosa comporta, per le nostre comunità e per ciascuno di noi, far
parte di una Chiesa che è cattolica e apostolica? Anzitutto, significa prendersi a cuore la salvezza di tutta l’umanità, non sentirsi indifferenti o
estranei di fronte alla sorte di tanti nostri fratelli, ma aperti e solidali verso di
loro. Significa inoltre avere il senso della pienezza, della completezza, dell’armonia della vita cristiana, respingendo sempre le posizioni parziali, unilaterali, che ci chiudono in noi stessi.
Far parte della Chiesa apostolica vuol dire essere consapevoli che la
nostra fede è ancora all’annuncio e alla testimonianza degli stessi Apostoli di
Gesù - è ancora là, è una lunga catena che viene di là - e perciò sentirsi
sempre inviati, sentirsi mandati, in comunione con i successori degli Apostoli,
ad annunciare, con il cuore pieno di gioia, Cristo e il suo amore a tutta l’umanità. E qui vorrei ricordare la vita eroica di tanti, tanti missionari e missionarie
che hanno lasciato la loro patria per andare ad annunciare il Vangelo in altri
Paesi, in altri Continenti. Mi diceva un cardinale brasiliano che lavora abbastanza in Amazzonia, che quando lui va in un posto, in un paese o in una
città dell’Ammazzonia, va sempre al cimitero e lì vede le tombe di questi missionari, sacerdoti, fratelli, suore che sono andati a predicare il Vangelo: apostoli. E lui pensa: tutti questi possono essere canonizzati adesso, hanno
lasciato tutto per annunciare Gesù Cristo. Rendiamo grazie al Signore perchè la nostra Chiesa, ha tanti missionari, ha avuto tanti missionari e ne
ha bisogno di più ancora! Ringraziamo il Signore di questo. Forse fra
tanti giovani, ragazzi e ragazze che sono qui, qualcuno ha voglia di
diventare missionario: vada avanti! È bello questo, portare il Vangelo di
Gesù. Che sia coraggioso e coraggiosa!
Chiediamo allora al Signore di rinnovare in noi il dono del suo
Spirito, perchè ogni comunità cristiana e ogni battezzato sia espressione della santa madre Chiesa cattolica e apostolica.
LA VOCE - n° 12 - Dicembre 2014
23/10/2014
pag. 9
30/10/2014
La Chiesa, corpo di Cristo
capolavoro dello Spirito
“Testimoni dell’amore,
non motivo di scandalo”
Cari fratelli e sorelle, buongiorno. Quando si vuole
evidenziare come gli elementi che compongono una
realtà siano strettamente uniti l’uno all’altro e formino
insieme una cosa sola, si usa spesso l’immagine del
corpo. A partire dall’apostolo Paolo, questa espressione
è stata applicata alla Chiesa ed è stata riconosciuta come
il suo tratto distintivo più profondo e più bello. Oggi, allora, vogliamo chiederci: in che senso la Chiesa forma
un corpo? E perché viene definita “corpo di Cristo”?
Nel Libro di Ezechiele viene descritta una visione un po’
particolare, impressionante, ma capace di infondere fiducia e speranza nei nostri cuori. Dio mostra al profeta una
distesa di ossa, distaccate l’una dall’altra e inaridite. Uno
scenario desolante... Immaginatevi tutta una pianura
piena di ossa. Dio gli chiede, allora, di invocare su di loro lo Spirito. A quel punto, le
ossa si muovono, cominciano ad avvicinarsi e ad unirsi, su di loro crescono prima i
nervi e poi la carne e si forma così un corpo, completo e pieno di vita (cfr Ez 37, 114). Ecco, questa è la Chiesa! Mi raccomando oggi a casa prendere la Bibbia, al
capitolo 37 del profeta Ezechiele, non dimenticate, e leggere questo, è bellissimo. Questa è la Chiesa, è un capolavoro, il capolavoro dello Spirito, il quale infonde
in ciascuno la vita nuova del Risorto e ci pone l’uno accanto all’altro, l’uno a servizio
e a sostegno dell’altro, facendo così di tutti noi un corpo solo, edificato nella comunione e nell’amore.
La Chiesa, però non è solamente un corpo edificato nello Spirito: la Chiesa è il
corpo di Cristo! E non si tratta semplicemente di un modo di dire: ma lo siamo davvero! È il grande dono che riceviamo il giorno del nostro Battesimo! Nel sacramento
del Battesimo, infatti, Cristo ci fa suoi, accogliendoci nel cuore del mistero della
croce, il mistero supremo del suo amore per noi, per farci poi risorgere con lui, come
nuove creature. Ecco: così nasce la Chiesa, e così la Chiesa si riconosce corpo di
Cristo! Il Battesimo costituisce una vera rinascita, che ci rigenera in Cristo, ci rende
parte di lui, e ci unisce intimamente tra di noi, come membra dello stesso corpo, di
cui lui è il capo (cfr Rm 12,5; 1 Cor 12,12-13).
Quella che ne scaturisce, allora, è una profonda comunione d’amore. In questo
senso, è illuminante come Paolo, esortando i martiri ad “amare le mogli come il proprio corpo”, affermi: “Come anche Cristo fa con la Chiesa, poiché siamo membra del
suo corpo” (Ef 5,28-30). Che bello se ci ricordassimo più spesso di quello che
siamo, di che cosa ha fatto di noi il Signore Gesù: siamo il suo corpo, quel corpo che
niente e nessuno può più strappare da lui e che egli ricopre di tutta la sua passione
e di tutto il suo amore, proprio come uno sposo con la sua sposa. Questo pensiero,
però, deve fare sorgere in noi il desiderio di corrispondere al Signore Gesù e di condividere il suo amore tra di noi, come membra vive del suo stesso corpo. Al tempo di
Paolo, la comunità di Corinto trovava molte difficoltà in tal senso, vivendo, come
spesso anche noi, l’esperienza delle divisioni, delle invidie, delle incomprensioni e
dell’emarginazione.
Tutte queste cose non vanno bene, perché, invece che edificare e far crescere
la Chiesa come corpo di Cristo, la frantumano in tante parti, la smembrano. E questo succede anche ai nostri giorni. Pensiamo nelle comunità cristiane, pensiamo nei
nostri quartieri quante divisioni, quante invidie, come si sparla, quanta incomprensione ed emarginazione. E questo cosa comporta? Ci smembra fra di noi. È l’inizio
della guerra. La guerra non incomincia nel campo di battaglia: la guerra, le guerre
incominciano nel cuore, con incomprensioni, divisioni, invidie, con questa lotta con
gli altri. La comunità di Corinto era così, erano campioni in questo! L’apostolo Paolo
ha dato ai Corinzi alcuni consigli concreti che valgono anche per noi: non essere
gelosi, ma apprezzare nelle nostre comunità i doni e le qualità dei nostri fratelli. Le
gelosie: “Quello ha comprato una macchina”, e io sento qui una gelosia; “Questo ha
vinto al lotto”, e un’altra gelosia; “E quest’altro sta andando bene bene in questo”, e
un’altra gelosia. Tutto ciò smembra, fa male, non si deve fare! Perché così le gelosie
crescono e riempiono il cuore. E un cuore geloso è un cuore acido, un cuore che
invece del sangue sembra avere l’aceto; è un cuore che non è mai felice, è un cuore
che smembra la comunità. Ma cosa devo fare allora? Apprezzare nelle nostre comunità i doni e le qualità degli altri, dei nostri fratelli. E quando mi viene la gelosia - perché viene a tutti, tutti siamo peccatori - devo dire al Signore: “Grazie, Signore, perché hai dato questo a quella persona”. Apprezzare le qualità, farsi vicini e partecipare alla sofferenza degli ultimi e dei più bisognosi; esprimere la propria gratitudine a
tutti. Il cuore che sa dire grazie è un cuore buono, è un cuore nobile, è un cuore che
è contento. Vi domando: tutti noi sappiamo dire grazie, sempre? Non sempre perchè
l’invidia, la gelosia ci frena un po’. E, in ultimo, il consiglio che l’apostolo Paolo dà ai
Corinzi e anche noi dobbiamo darci l’un l’altro: non reputare nessuno superiore agli
altri. Quanta gente si sente superiore agli altri! Anche noi, tante volte diciamo come
quel fariseo della parabola: “Ti ringrazio Signore perché non sono come quello, sono
superiore”. Ma questo è brutto, non bisogna mai farlo! E quando stai per farlo, ricordati dei tuoi peccati, di quelli che nessuno conosce, vergognati davanti a Dio e dì:
“Ma tu Signore, tu sai chi è superiore, io chiudo la bocca”. E questo fa bene. E sempre nella carità considerarsi membra gli uni degli altri che vivono e si donano a
beneficio di tutti (cfr 1 Cor 12-14).
Cari fratelli e sorelle, come il profeta Ezechiele e come l’apostolo Paolo,
invochiamo anche noi lo Spirito Santo, perché la sua grazia e l’abbondanza
dei suoi doni ci aiutino a vivere davvero come corpo di Cristo, uniti, come
famiglia, ma una famiglia che è il corpo di Cristo, e come segno visibile e bello
dell’amore di Cristo.
Cari fratelli e sorelle, buongiorno, nelle catechesi
precedenti abbiamo avuto modo di evidenziare
come la Chiesa abbia una natura spirituale: è il
corpo di Cristo, edificato nello Spirito Santo.
Quando ci riferiamo alla Chiesa, però, immediatamente
il pensiero va alle nostre comunità, alle nostre parrocchie, alle nostre diocesi, alle strutture nelle quali siamo
soliti riunirci e, ovviamente, anche alla componente e
alle figure più istituzionali che la reggono, che la governano. È questa la realtà visibile della Chiesa.
Dobbiamo chiederci, allora: si tratta di due cose diverse
o dell’unica Chiesa? E, se è sempre l’unica Chiesa,
come possiamo intendere il rapporto tra la sua realtà
visibile e quella spirituale?
“Innanzitutto quando parliamo della realtà visibile della Chiesa, non dobbiamo
pensare solamente al Papa, ai vescovi, ai preti, alle suore e a tutte le persone
consacrate. La realtà visibile della Chiesa è costituita dai tanti fratelli e sorelle battezzati che nel mondo credono, sperano e amano. Ma tante volte sentiamo dire: “Ma, la Chiesa non fa questo, la Chiesa non fa qualcos’altro…” - “Ma,
dimmi, chi è la Chiesa?” - “Sono i preti, i vescovi, il Papa …”. La Chiesa siamo
tutti, tutti! Tutti noi! Tutti i battezzati siamo la Chiesa, la Chiesa di Gesù. Da
tutti coloro che seguono il Signore Gesù e che, nel suo nome, si fanno vicini agli
ultimi e ai sofferenti, cercando di offrire un po’ di sollievo, di conforto e di pace.
Tutti, tutti che fanno quello che il Signore ci ha mandato, tutti che fanno quello,
sono la Chiesa. Comprendiamo, allora, che anche la realtà visibile della Chiesa
non è misurabile, non è conoscibile in tutta la sua pienezza: come si fa a conoscere tutto il bene che viene fatto? Tante opere di amore, tante fedeltà nelle famiglie, tanto lavoro per educare i figli … per trasmettere la fede, tanta sofferenza nei
malati che offrono le loro sofferenze al Signore… Ma questo non si può misurare
ed è tanto grande, eh! E’ tanto grande! Come si fa a conoscere tutte le meraviglie
che, attraverso di noi, Cristo riesce ad operare nel cuore e nella vita di ogni persona? Vedete: anche la realtà visibile della Chiesa va oltre il nostro controllo, va
oltre le nostre forze, ed è una realtà misteriosa, perché viene da Dio”.
“Per comprendere il rapporto, nella Chiesa, il rapporto tra la sua realtà visibile
e quella spirituale - ha detto il Papa - non c’è altra via che guardare a Cristo, del
quale la Chiesa costituisce il corpo e dal quale essa viene generata, in un atto di
infinito amore. Anche in Cristo infatti, in forza del mistero dell’Incarnazione, riconosciamo una natura umana e una natura divina, unite nella stessa persona in
modo mirabile e indissolubile. Ciò vale in modo analogo anche per la Chiesa. E
come in Cristo la natura umana asseconda pienamente quella divina e si pone al
suo servizio, in funzione del compimento della salvezza, così avviene, nella
Chiesa, per la sua realtà visibile, nei confronti di quella spirituale. Anche la
Chiesa, quindi, è un mistero, nel quale ciò che non si vede è più importante di ciò
che si vede, e può essere riconosciuto solo con gli occhi della fede (cfr Cost.
dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 8)”.
“Nel caso della Chiesa, però, dobbiamo chiederci: come la realtà visibile può
porsi a servizio di quella spirituale? Ancora una volta, possiamo comprenderlo
guardando a Cristo. Ma Cristo è il modello, il modello della Chiesa, perché la
Chiesa è il suo corpo. E’ il modello di tutti i cristiani, di tutti noi … Quando si guarda Cristo non si sbaglia. Nel Vangelo di Luca si racconta come Gesù, tornato a
Nazaret, dove era cresciuto, entrò nella sinagoga e lesse, riferendolo a se stesso,
il passo del profeta Isaia dove sta scritto: «Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il
lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a
rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore» (4,1819). Ecco: come Cristo si è servito della sua umanità - perché era uomo anche per annunciare e realizzare il disegno divino di redenzione e di salvezza - perché
era Dio -, così deve essere anche per la Chiesa. Attraverso la sua realtà visibile,
di tutto quello che si vede, i sacramenti e la sua testimonianza di tutti noi cristiani,
la Chiesa è chiamata ogni giorno a farsi vicina ad ogni uomo, a cominciare da chi
è povero, da chi soffre e da chi è emarginato, in modo da continuare a far sentire
su tutti lo sguardo compassionevole e misericordioso di Gesù”.
“Cari fratelli e sorelle, spesso come Chiesa facciamo esperienza della nostra
fragilità e dei nostri limiti… Tutti ne abbiamo. Tutti siamo peccatori, tutti, eh?
Nessuno di tutti noi può dire: “Io non sono peccatore”. Ma se qualcuno di noi si
sente che non è peccatore, alzi la mano, vediamo quanti?… Tutti lo siamo, eh? E
questa fragilità, questi limiti, questi nostri peccati, è giusto che procurino in noi un
profondo dispiacere, soprattutto quando diamo cattivo esempio e ci accorgiamo di
diventare motivo di scandalo. Ma quante volte abbiamo sentito, nel quartiere: “Ma,
quella persona di là, sta sempre in Chiesa ma sparla di tutti…”. Ma che cattivo
esempio, sparlare dell’altro. Questo non è cristiano, è un cattivo esempio: è un
peccato. E così noi diamo un cattivo esempio: “E, insomma, se questo o questa è
cristiano, io mi faccio ateo”. Eh, perché la nostra testimonianza è quella che fa
capire cosa è essere cristiano. Chiediamo di non essere motivo di scandalo.
Chiediamo allora il dono della fede, perché possiamo comprendere come,
nonostante la nostra pochezza e la nostra povertà, il Signore ci ha reso davvero strumento di grazia e segno visibile del suo amore per tutta l’umanità.
Possiamo diventare motivo di scandalo, sì. Ma possiamo anche diventare
motivo di testimonianza, dicendo con la nostra vita quello che Gesù vuole
da noi.
pag. 10
LA VOCE - n° 12 - Dicembre 2014
Messaggio all’assemblea generale della Conferenza episcopale italiana
Il prete non s’improvvisa
Sacerdoti clericali o funzionari allontanano la gente dal Signore
Cari Fratelli nell’episcopato,
con queste righe desidero esprimere la mia vicinanza
a ciascuno di voi e alle Chiese in mezzo alle quali lo
Spirito di Dio vi ha posto come Pastori.. Questo stesso
Spirito possa animare con la sua sapienza creativa
l’Assemblea generale che state iniziando, dedicata specialmente alla vita e alla formazione permanente dei presbiteri.
A tale proposito, il vostro convenire ad Assisi fa
subito pensare al grande amore e alla venerazione
che san Francesco nutriva per la Santa Madre Chiesa
Gerarchica, e in particolare proprio per i sacerdoti,
compresi quelli da lui riconosciuti come “pauperculos huius saeculi” (dal Testamento).
Tra le principali responsabilità che il ministero episcopale vi affida c’è quella di confermare, sostenere e consolidare questi vostri primi collaboratori, attraverso i quali
la maternità della Chiesa raggiunge l’intero popolo di Dio.
Quanti ne abbiamo conosciuti! Quanti con la loro testimonianza hanno contribuito ad attrarci a una vita di consacrazione! Da quanti di loro abbiamo imparato e siamo
stati plasmati! Nella memoria riconoscente ciascuno di
noi ne conserva i nomi e i volti. Li abbiamo visti spendere
la vita tra la gente delle nostre parrocchie, educare i
ragazzi, accompagnare le famiglie, visitare i malati a
casa e all’ospedale, farsi carico dei poveri, nella consapevolezza che
“separarsi per non sporcarsi con gli altri è la sporcizia più grande” (L.
Tosltoj). Liberi dalle cose e da sé stessi, rammentano a tutti che
abbassarsi senza nulla trattenere è la via per quell’altezza che il
Vangelo chiama carità; e che la gioia più vera si gusta nella fraternità
vissuta.
I sacerdoti santi sono peccatori perdonati e strumenti di perdono.
La loro esistenza parla la lingua della pazienza e della perseveranza;
non sono rimasti turisti dello spirito, eternamente indecisi e insoddisfatti, perché sanno di essere nelle mani di Uno che non viene meno
alle promesse e la cui Provvidenza fa sì che nulla possa mai separarli
da tale appartenenza.
Questa consapevolezza cresce con la carità pastorale con cui circondano di attenzione e di tenerezza le persone loro affidate, fino a
conoscerle ad una ad una.
Sì, è ancora tempo di presbiteri di questo spessore, “ponti”
per l’incontro tra Dio e il modo, sentinelle capaci di lasciar intuire
una ricchezza altrimenti perduta. Preti così non si improvvisano:
li forgia il prezioso lavoro formativo del Seminario e
l’Ordinazione li consacra per sempre uomini di Dio e servitori del
suo popolo. Ma può accadere che il tempo intiepidisca la generosa
dedizione degli inizi, e allora è vano cucire toppe nuove su un vestito
vecchio: l’identità del presbitero, proprio perché viene dall’alto, esige
da lui un cammino quotidiano di riappropriazione, a partire da ciò che
ne ha fatto un ministro di Gesù Cristo.
La formazione di cui parliamo è un’esperienza di discepolato permanente, che avvicina a Cristo e permette di conformarsi sempre più
a Lui. Perciò essa non ha un termine, perché i sacerdoti non smettono
mai di essere discepoli di Gesù, di seguirlo. Quindi, la formazione in
quanto discepolato accompagna tutta la vita del ministro ordinato e
riguarda integralmente la sua persona e il suo ministero. La formazione iniziale e quella permanente sono due momenti di una sola realtà:
il cammino del discepolo presbitero, innamorato del suo Signore e
costantemente alla sua sequela (cfr. Discorso alla Plenaria della
Congregazione per il Clero, 3 ottobre 2014).
Del resto, fratelli, voi sapete che non servono preti clericali il
cui comportamento rischia di allontanare la gente dal Signore, né
preti funzionari che, mentre svolgono un ruolo, cercano lontano
da Lui la propria consolazione. Solo chi tiene fisso lo sguardo su ciò
che è davvero essenziale può rinnovare il proprio sì al dono ricevuto
e, nelle diverse stagioni della vita, non smettere di fare dono di sé;
solo chi si lascia conformare al Buon Pastore trova unità, pace e forza
nell’obbedienza del servizio; solo chi respira nell’orizzonte della fraternità presbiterale esce dalla contraffazione di una coscienza che si pretende epicentro di tutto, unica misura del proprio sentire e delle proprie azioni.
Vi auguro giornate di ascolto e di confronto, che portino a tracciare
itinerari di formazione permanente, capaci di coniugare la dimensione
spirituale con quella culturale, la dimensione comunitaria con quella
pastorale: sono questi i pilastri di vite formate secondo il Vangelo,
custodite nella disciplina quotidiana, nell’orazione, nella custodia dei
sensi, nella cura di sé, nella testimonianza umile e profetica; vite che
restituiscono alla Chiesa la fiducia che essa per prima ha posto in
loro.
Vi accompagno con la mia preghiera e la mia Benedizione, che
estendo, per intercessione della Vergine Madre, a tutti i sacerdoti
della Chiesa in Italia e a quanti lavorano al servizio della loro formazione; e vi ringrazio per le vostre preghiere per me e per il mio ministero.
Dal Vaticano, 8 novembre 2014
LA VOCE - n° 12 - Dicembre 2014
pag. 11
I vescovi ai preti: insieme per servire
“La riforma della Chiesa passa attraverso il nostro rinnovamento”
È il messaggio inviato dei vescovi a tutti i
sacerdoti d’Italia, a chiusura dell’Assemblea
generale della Cei. Proprio il tema della vita e
della formazione permanente del clero, è stato
al centro dei lavori dell’episcopato riunitosi ad
Assisi da lunedì 10 al 13 novembre.
Carissimi presbiteri della Chiesa d’Italia, vogliamo
chiudere la nostra Assemblea generale con un messaggio di saluto per voi tutti. È per dirvi grazie e per
condividere parole di augurio e propositi di impegno. Ci rivolgiamo a tutti: preti diocesani e religiosi,
preti di ogni età, preti italiani e originari di altri paesi
presenti nelle nostre Chiese. Un saluto particolarmente affettuoso e un segno di speciale attenzione vogliamo che giunga ai preti che sono malati e anziani e ai
preti che attraversano momenti di particolare tribolazione. L’Assemblea generale dei vescovi italiani ha
affrontato come tema principale quello della vita e
della formazione permanente del clero. Ci siamo
confrontati sui diversi aspetti del tema con tale interesse e coinvolgimento che il tempo non è bastato per
ascoltare tutti coloro che desideravano intervenire. È un segno di quanto ci
stiano a cuore la vita e il ministero dei presbiteri e di quanto siamo determinati a porre mano all’impresa di ripensare la formazione permanente fino a
farne un capitolo di quella riforma della Chiesa che papa Francesco richiama
con insistenza e che non si può fare senza un nostro rinnovamento.
In questo tempo la missione della Chiesa e la vita delle comunità cristiane devono affrontare delle sfide che per molti aspetti ricadono sui preti, ne
rendono particolarmente gravoso il ministero: quanta ammirazione e gratitudine vi dobbiamo per quello che fate! Ma insieme dobbiamo prenderci cura
del ministero del prete perché le fatiche e le prove non spengano la gioia,
non stanchino lo slancio missionario, non offuschino la lucidità del discernimento, non impediscano l’intensità della preghiera e la disponibilità a quell’incontro con le persone che arricchisce tutti, consola, rende sapienti, se è
vissuto secondo lo Spirito di Dio. Insieme! La formazione dei ministri ordinati
e la riforma della loro vita sono il compito di tutta la comunità cristiana, sono
responsabilità del vescovo e di tutto il presbiterio. Insieme! Il cammino che
ci aspetta non può che essere compiuto insieme, in un presbiterio che diventa luogo di paternità e fraternità, di discernimento e di accompagnamento.
Siamo infatti persuasi che il fattore determinante del rinnovamento della vita
del clero è l’assunzione dell’appartenenza al presbiterio come determinazione essenziale della nostra identità sacerdotale. Insieme, in quella comunione che il sacramento costituisce tra noi, vogliamo intravedere e percorrere i
sentieri che lo Spirito di Dio ci suggerisce per essere pastori secondo il
cuore di Cristo.
L’amore di Cristo per noi e di noi per il Signore e la sua Chiesa, è il principio della nostra vocazione e ci riempie di trepidazione nel nostro ministero:
noi, vescovi e preti, portiamo volentieri il peso del nostro servizio, ma sentiamo anche il timore di diventare un peso per le nostre comunità a motivo
delle nostre inadeguatezze e dei nostri peccati.
L’amore, cioè il desiderio di servire sempre meglio il Signore che ci ha
chiamati e le persone che amiamo, ci convince ad essere umili, attenti e
disponibili per la conversione. Nessuna proposta formativa e nessuna forma
di accompagnamento possono produrre un qualche frutto se non cresce in
noi la persuasione di aver bisogno di essere aiutati, corretti, istruiti, formati. Invochiamo per tutti la benedizione del Signore, perché in ogni giorno
della nostra vita, tutta vissuta in questo ministero che continua a suscitare in
noi stupore e trepidazione per la nostra inadeguatezza, risplenda la gloria di
Dio: nella gioia invincibile della qualità cristiana della vita, nella intensità di
una fraternità praticata e riconoscibile, nella condivisione del vissuto della
nostra gente che ci vuole bene, ci aiuta, molto ci dona e molto si aspetta da noi. E possano la nostra gioia e il nostro cammino di santificazione
convincere molti che vale la pena di servire il Signore facendo il prete oggi
nelle nostre Chiese.
Con l’augurio più affettuoso, la perseverante preghiera reciproca, il saluto più cordiale.
I vescovi italiani
Montefiascone. Ospedale addio!
Almeno secondo alcune fonti molto attendibili
L’ospedale di Montefiascone è ormai avviato verso la definitiva chiusura. Nessuno parla, tutti tacciono, intanto negli
ultimi tempi sono stati ridotti ulteriormente i posti letto e, cosa molto negativa e significativa in tal senso, è l’inserimento
degli addetti al primo soccorso, attuale ultimo barlume nel nosocomio falisco, nella turnazione di quelli di Belcolle. Non più
tardi di una ventina di giorni fa il presidente dell’Ail di Viterbo, Patrizia Badini, con enfasi, quasi ringraziando, non si sa chi
ma si intuisce, affermava: “Il completamento della ristrutturazione di ematologia all’ospedale di Montefiascone, è stata
una splendida notizia. Ora ci auguriamo, che il reparto sia in funzione entro la metà di ottobre. La difficile situazione in cui
verso il settore di ematologia presso il presidio di Belcolle, causa gravi disguidi pazienti, costretti in molti casi ad andare
fuori provincia o fuori regione”.
La metà di ottobre è ormai abbondantemente passata e l’apertura di questo reparto è ancora di la da venire.
Anche il sindaco, Luciano Cimarello, ad una interrogazione fatta dalla minoranza proprio sull’apertura di questo
reparto nell’ ospedale falisco, durante uno dei consigli comunali di settembre, rispose che lui era fermo al rispetto dei
patti con il direttore generale della ASL e, per la metà di ottobre, il reparto sarebbe stato aperto.
Questo, fa presupporre che il sindaco non era pienamente informato sullo status quo dell’intera situazione...
Non va dimenticato, poi, che i lavori per ricevere, di nuovo, nell’ospedale di Montefiascone, il reparto di ematologia,
sono stati effettuati anche con i denari di molti cittadini che, in questi due ultimi anni, hanno versato, alcuni qualche centinaio, altri qualche migliaio di euro. Non possiamo dimenticare le foto del sindaco Luciano Cimarello, mentre riceveva gli
assegni, apparsi anche sugli organi di stampa. Ora quei denari che fine hanno fatto? Quando si potranno vedere i frutti di
quell’investimento?! Tutta la manovra e la stessa raccolta dei soldi su quali postulati era fondata?! E’ stata un’avventura
senza fine?! Certo è che, moralmente, per le maestranze interessate, l’aver ricevuto i soldi dai cittadini, senza che poi
possano raggiungere il loro scopo, è stata una mossa molto azzardata e ora potrebbe diventare anche un problema giuridico nel senso che, per i cittadini contribuenti, potrebbe verificarsi il reato di truffa. I soldi sono stati raccolti ed accettati
ma, fino ad ora, non hanno raggiunto il fine per cui sono stati dati, di contro, le date di apertura programmate sono già
saltate. Tutti, comunque, prima di azioni eclatanti, ci si augura che il reparto venga aperto e reso operativo il prima possibile, anche se i fatti concreti lasciano molti dubbi.
Pietro Brigliozzi
Avviso
importante
L’unico numero telefonico di Don Agostino è il
seguente: 339.7933012
NON risponde MAI
quando arrivano telefonate ANONIME.
L’orario della sua vita è
scandito dall’orario delle
Benedettine del SS.mo
Sacramento
di
Montefiascone.
Quindi, salvo rare eccezioni, può essere disponibile:
dalle 8,15 alle 12
dalle 12,30 alle 13
dalle 14,15 alle 16,30 e
dalle 17,30 alle 19,30
dalle 21 alle 23,30.
Grazie!
LA VOCE - n° 12 - Dicembre 2014
pag. 12
“LA VOCE” E’ GRATA AI SUOI
Padre Enzo Corba PIME
CAVALIERI: Banca Sviluppo Tuscia, Mauri Silvia
(grazie sig.na Mauri), Chiodo Antonio, Saraca
Nolide, Perandria Romeo, Napoli Giuseppe.
Deceduto il 29 novembre 2012 in Bangladesh, dopo breve malattia. L’ultima volta che è
ritornato in Italia per rivedere i suoi cari e stare qualche giorno con gli amici d’infanzia e di seminario, più d’una volta ha ripetuto che non sarebbe più ritornato, perché ormai la sua patria era il
Bangladesh. Così è stato!
Tramite Sr. Irene, nativa di Grotte di Castro, missionaria del PIME, vivente a Milano Monza, con la quale sono stato sempre in contatto, ho ricevuto l’immagine della tomba di P.
Enzo.
Eccola... niene di eccezionale,
anche se è tale per l’ambiente in cui si
trova. Si vede come sfondo la casa,
fatta costruire da P. Enzo per ricevere
tante persone soprattutto laiche che
settimana dopo settimana andavano
BENEMERITI: Ambrosi Giuseppe, Scoponi
Giovanna, Regal di Violetta Barbara, Spolverini
Federica, Ricci Giuseppe, Femminella Rolanda,
Marchetti Alberto, ragazzi del ‘54, Rosetto Mauro,
Solinas Stefano, Presciuttini Lorenzo, Radicati
Luigi.
AMICI: Arcidiacono Bianca, Sportolloni Maria,
Chiatti Roberto, Marinelli Emilio, Fidati Lucia - Ferri
Bruno, Crescenzi Massimo, Ambrosi Tommaso,
Dominici Marisa, Fumagalli Graziella, Pezzato
Bruno, Mosso Caterina, Tacchi Antonio, Carloni
Antonio, Moisè Giovannino, Pigliavento Luigina.
Anagrafe cittadina
NATI: Barcarolo Beatrice di Federico e Clementini
Michela (28/10), Bucur David Aron di Doinel e
Cercel Ana Maria (13/11), Cesari Francesco di
Alessandro e Santini Elisa (11/11), Di Oto Elettra di
Enrico e Dall’occa Patrizia (3/11), Marigliano Maria
Grazia di Salvatore e Fusco Giustina (10/11),
Mecorio Francesca di Mauro e Stefanoni
Alessandra (6/11), Nevi Irene di Pietro e Chicchirichì
Isabella (12/11), Paolocci Francesco e Riccardo di
Marco e Dottarelli Annalisa (14/11), Zeppa Eleonora
di Francesco e Cirenei Elisa (13/11).
ad ascoltare la Parola di Dio, durante un
corso di esercizi spirituali.
Domina una grande e semplice croce,
con in basso i dati di P. Enzo Corba, con la
data di nascita e di morte. In fondo alla
tomba una semplice candela.
Forse lui
avrebbe preferito una tomba
più semplice...
ma i suoi amici
hanno voluto
onorarlo così!
MATRIMONI: Olivieri Alessio e Ranucci Adelaide
(25/10).
MORTI: Adami Giulio (n.14/4/29 m.28/10),
Bartoleschi Eleonora (n.12/9/23 m.29/10), Brachini
Natalina (n.25/12/23 m.7/11), Burla Pasqua
(n.26/2/23 m.29/10), Cacalloro Anna (n.1/4/50
m.4/11), Cascella Lidia (n.16/11/18 m.29/10),
Ceregioni Maria (n.7/7/23 m.7/11), Ciampicotto Pietro
(n.29/6/29 m.3/11), Cimarello Eraldo (n.3/2/31
m.29/10), Marziantonio Eva (n.28/1/31 m.24/10),
Mecucci Pierina (n.2/2/23 m.21/11), Moisè Francesca
(n.29/5/27 m.9/11), Porroni Giovanni (n.8/6/25
m.19/11), Ranaldi Renzo (n.19/4/46 m.8/11), Tontoni
Eugenio (n.2/2/30 m.31/10).
Insieme alle
Maestre Pie con
a fianco la cugina
Sr. Elena
Ora si trovano
uniti in Paradiso
C’era una volta
Quella preghiera fonte d’unione,
che famiglie riuniva in giorni di feste,
nel dì di Natale il vegliardo ricordo,
mite sapiente donava parola d’unione e pace.
Oggigiorno s’implora per fine di guerra,
ove vive bramosia di possesso e piacere,
uomo gioisce con mani intrise di sangue,
per sua fede, l’altro a morte condanna.
Tutt’è pretese e sangue non cambia.
Puaparo di Presepe ha cambiato la paglia,
la mangiatoia ha trasformato in culla,
sulla stalla di visione una regia.
Per te Madre quel giorno del parto,
fù gioia, gloria d’impegno eterno,
lo volle quel Cristo carne nel grembo,
rendendoti missionaria in terrestre mondo.
Or malati, peccatori consegni a tuo Figlio,
cammini gettando le reti in tempestosa terra,
discerni nel pescato servi fedeli,
al Figlio riferisci di vista tuo udito.
Da battezzato chiedo natalizio sì dono,
porta voce d’amor in tua terra natia,
su quelle strade riconduci tuo Figlio,
in libera voce contro odio Cristiano.
P. Enzo in Bangladesh con un bambino
in braccio, forse battezzato da lui
Presepe sii adorno di pastori e magi,
lasciando fuori soldato in arme,
nessun Erode rialzi spada su nato,
fuoco si debelli da Samaritani villaggi.
Auguri per un Natale di pace
Lorenzo Presciuttini
Qui insieme al Vescovo Lorenzo e all’amico D. Antonio
con il quale si è ritrovato in Paradiso
Caro fraterno amico P. Enzo non
serve la tomba per ricordarti. Rimaniamo
grandi amici nel nome del Signore, finché continueremo a vivere insieme per
tutta l’eternità, quando il Signore vorrà!
LA VOCE - n° 12 - Dicembre 2014
pag. 13
64ª Giornata Nazionale Vittime di Incidenti sul Lavoro
Viterbo, 12 ottobre 2014
La S.S. Messa è stata celebrata da S.E. Mons.
Lino FUMAGALLI, Vescovo della Città di Viterbo,
nella Chiesa di Sant’Angelo in Spatha.
Presso la sala “Lilla” dell’Hotel & Restaurant
Acqua Rossa di Viterbo ha avuto luogo la cerimonia
civile. Oratore ufficiale, il Presidente Territoriale
ANMIL Rolanda FEMMINELLA, che dopo la lettura
del messaggio di augurio del Presidente della
Repubblica, Giorgio NAPOLITANO, ha illustrato nel
suo intervento i dati sugli infortuni nell’anno 2014
per quanto concerne la Provincia di Viterbo e la
Regione Lazio.
Sono intervenuti al dibattito: l’Assessore ai
Servizi Sociali del Comune di Viterbo, Fabrizio
FERSINI, l’Assessore alle Politiche Sociali e del
Lavoro dell’Amministrazione Prov.le di Viterbo,
Andrea DANTI, l’On.le Alessandra TERROSI,
l’On.le Alessandro MAZZOLI, il Sindaco della città
di Montefiascone, Luciano CIMARELLO, il
Consigliere Naz.le e membro del Comitato Esecutivo dell’ANMIL Martina MUZI, il responsabile Processo Reinserimento Sociale e Lavorativo dell’INAIL
di Viterbo, Maria CICIRIELLO, il direttore della locale sede INAIL, Carla BELLI, per la Guardia di Finanza, il Capitano Benito ADDOLORATO, il
Comandante Scuola Marescialli Aeronautica Militare e dell’Aeroporto di Viterbo, il Col. Paolo BRIANCESCO e per il Comando dell’Aviazione
dell’Esercito, il Ten. Donato PAVESE.
Le autorità presenti hanno sottolineato l’importante ruolo svolto dall’Associazione nei confronti della categoria e hanno posto l’accento sul tema delicato della dignità del lavoratore, tra i punti più sentiti, riparare all’ingiusto inserimento della rendita INAIL nell’ISEE. La rendita si fonda sul principio del
risarcimento di un danno e non può essere computata come una forma previdenziale (salario differito) o assistenziale (costo della disabilità); il risarcimento di un danno compensa la perdita di ricchezza e non può essere considerato esso stesso indice di aumento del benessere economico.
Erano presenti inoltre i Consiglieri Territoriali della Sezione di Viterbo, Sigg.ri COLONNA Vincenzo, MARIANI Libero, AREZZINI Luciano e MAURIZI Francesco.
Al termine della cerimonia sono stati consegnati i brevetti e distintivi d’onore rilasciati dall’INAIL.
2° Congresso Provinciale Ipasvi
“Infermiere e Volontario: due realtà
nell’esperienza viterbese”
Il 25 ottobre 2014 all’interno della Sala Innocenzo III, presso la Rocca
dei Papi, in Montefiascone, si è tenuto con grande successo il 2°
Congresso Provinciale Ipasvi “Infermiere e Volontario: due realtà nell’esperienza viterbese”.
L’intero congresso nasce sulle basi della tesi di laurea della Dott.ssa
Maria Chiara Perandria, che insieme al Presidente IPASVI Dott. Mario
Curzi e alle colleghe, Dott.ssa Natascia De Carolis e Dott.ssa Anna
Fulgheri sono stati i responsabili scientifici dell’evento.
Durante il Congresso sono stati trattati tutti gli argomenti di tesi, affrontando il tema della partecipazione degli infermieri al volontariato nella
realtà viterbese ed hanno partecipato le Associazioni di volontariato che
operano in sanità nel nostro territorio, quali l’Associazione Onlus
“Solidarietà Falisca” di Montefiascone, rappresentata dal Presidente
Algerina Monachini, l’Associazione Onlus “Semi di Pace International” di
Tarquinia rappresentata dal Presidente Luca Bondi, e l’Associazione
“Tempi Nuovi Fraternità Onlus” di Viterbo, rappresentata dal presidente
Maria Paola Angelini.
Sono intervenuti all’evento in rappresentanza del Comune di
Montefiascone: il Vice Sindaco Fernando Fumagalli, il Consigliere alla
Cultura e Ambiente Dott. Renato Trapè, l’Assessore Cacalloro Giorgio e
il Consigliere Umberto Contestabile.
È intervenuto il Responsabile dei Processi Assistenziali del Complesso
Ospedaliero di Belcolle, il Dott. Marco Cuboni, ed era presente il
Responsabile infermieristico del Presidio Ospedaliero di Tarquinia, il Dott.
Montigiani Raffaele.
Durante l’evento si è esibita con grande ovazione della sala la famosa
corale di Dublino “The Balinteer Male Voice Choir”, diretta dal M° Ray
Ryan, e accompagnata al pianoforte/organo dal M° Graham Walsh. Tale
iniziativa, è stata patrocinata dal Comune di Montefiascone. L’evento formativo in regime di ECM, ha registrato un numero considerevole di iscritti
tra infermieri e medici, arrivando al tetto massimo di partecipanti, i quali
hanno manifestato interesse per gli argomenti trattati e compiacimento nei
confronti dell’organizzazione dell’evento che si è dimostrato un grande
successo.
70 ANNI
INSIEME!
Che gioia... celebrare il
70° di matrimonio ancora
vivi ed insieme ai due figli
sposati e presenti alla cerimonia avvenuta in casa e
decisi a continuare... fino a
quando il Signore vorrà!
Date memorabili: 30
ottobre 1944 e 30 ottobre
2014.
Ernesto Cosaro e
Giuliana Augustini , si
sono
sposati
ad
Acquapendente. Da allora quanti lavori effettuati in diversi posti, ultimamente hanno
gestito anche il ristorante “La Cavalla”. Ora vivono da bravi pensionati.
L’unione da forza! Complimenti!
pag. 14
LA VOCE - n° 12 - Dicembre 2014
E’ giunto il momento di sciogliere le vele
(2 Tm. 4,6)
DON GIAMPAOLO MANCA
NELLA CASA DEL
PADRE
A officiare le esequie il Vescovo Mons. Lino Fumagalli
In maniera inattesa è giunta la notizia della morte di
Don Giampaolo Manca.
Sacerdote di origine sarda, della Diocesi di Ales
Terralba, da circa dieci anni esercitava il suo ministero
pastorale nella Diocesi di Viterbo. Aveva lasciato lo scorso
anno la parrocchia di Sipicciano, di cui era stato parroco
per alcuni anni, a causa di sopraggiunti motivi di salute.
Si era trasferito a Viterbo dove continuava ad insegnare
presso l’Istituto Teologico San Pietro. L’intera Diocesi - il
Vescovo Mons. Lino Fumagalli e il presbiterio tutto, insieme a quanti lo hanno conosciuto e apprezzato - si fa vicino
ai suoi familiari e alla sua Diocesi di origine, con il suo
Vescovo Mons. Giovanni Dettori, e lo affida all’amore
misericordioso del Padre che solo conosce il mistero del
cuore di ogni uomo e potrà colmarlo della luce e della pace
cui anela l’animo di ogni creatura. “Il Signore ci vuole bene
- ha detto il Vescovo nell’omelia del funerale - e ce lo dimostra, donandoci costantemente la sua vita. Il
sangue versato e reso attuale nella celebrazione eucaristica è fonte di vita e di consolazione eterna. In
questo momento, però, due domande sorgono nel nostro cuore. Una è quella che riguarda il perché di
una morte così difficile da capire. Solo Dio, però, conosce le profondità del cuore dell’uomo e solo lui
sa quanto sia devastante la malattia e come sia capace di indebolire la coscienza dell’uomo. Lasciamo
a lui il giudizio, che sarà sicuramente misericordioso, e a noi la preghiera, per l’anima di Giampaolo.
Si ringrazia di cuore quanti gli sono stati vicini in questo periodo di sofferenza, che lo aveva particolarmente provato, e si chiede a tutti il dono del silenzio e della preghiera.
Caro Professore Don Giampaolo Manca, il
cammino che lei ha fatto con gli studenti dell’Istituto
Teologico S. Pietro di Viterbo non finisce qui.
Prosegue, in quel meta-racconto che il filosofo Paul
Ricoeur ci ha insegnato ad assaporare fra le righe
di ogni esperienza di scrittura, dunque, di vita.
Tra quelle righe assaporate, che ci sono entrate dentro con la forza del suo amore per la filosofia
e la teologia e la sua grande conoscenza di esse,
lei ci ha fatto sempre leggere il suo grande amore
per la Chiesa e per il Signore. Lei è stato e resta un
modello di dedizione allo studio, alla ricerca, ma
anche modello di ricerca della Verità.
...
L’affidiamo al Signore. Grazie Professore.
Marilina Ciricillo
Francesca Moisè
(vedova Canulli)
29.5.1927 - 9.11.14
Certe vite non scalfiscono il mondo ma in
qualche accurata e perfetta maniera lo sostengono e migliorano. Lei lo ha fatto con la sua umiltà e
cortesia, l’eterna fedeltà e il senso della famiglia,
con la laboriosità, la capacità di rialzarsi quando
la vita sembrava gettarla nel vuoto; lo ha fatto con
la premurosa e mai invadente presenza in ogni
momento più o meno importante delle nostre vite,
con la comprensione e la modernità che la portava ad accettare con facilità anche le nostre scelte
meno convenzionali. Riconoscenti della fortuna di
Felice Saraca
8.4.1932 - 16.10.14
Era un grande amico, della mia stessa età.
Da tempo viveva ammalato. Ho avuto la soddisfazione di amministrargli tutti i sacramenti alcuni
giorni prima che il Signore lo chiamassa a sé.
Si dice: ha finito di soffrire!
Dopo aver superato la barriera della morte
vive “felice” in Dio Padre, Figlio e Spirito Santo.
averla vissuta
ma non meno
pervasi dal
dolore della
sua mancanza,
dopo
averla accompagnata amorevolmente
fino all’ultimo
respiro, le
auguriamo di
godere finalmente
del
meritato
ricongiungimento al marito Pietro, con cui siamo
certi, passeggerà sorridente, sui prati dell’Eterno.
La famiglia
Lo ricordano
con
affetto i figli
Nolide
e
Carlo, il genero Angelo, la
n u o r a
Annarita, i
n i p o t i
Emanuele,
M a t t e o ,
Michele
e
Federica.
La morte non è
l’ultima parola
Cari fratelli e sorelle, buongiorno! Ieri abbiamo celebrato la Solennità di tutti i santi, e oggi la liturgia ci invita a
commemorare i fedeli defunti. Queste due ricorrenze
sono intimamente legate fra di loro, così come la gioia e le
lacrime trvano in Gesù Cristo una sintesi che è fondamento della nostra fede e della nostra speranza. Da una parte,
infatti, la Chiesa, pellegrina nella storia, si rallegra per l’intercessione dei santi e dei beati che la sostengono nella
missione di annunciare il Vangelo; dall’altra, essa, come
Gesù, condivide il pianto di chi soffre il distacco dalle
persone care, e come Lui e grazie a Lui fa risuonare il
ringraziamento al Padre che ci ha liberato dal dominio del
peccato e della morte. Tra ieri e oggi tanti fanno una
visita al cimitero, che, come dice questa stessa parola, è il “luogo del riposo”, in attesa del risveglio finale.
È bello pensare che sarà Gesù stesso a risvegliarci.
Gesù stesso ha rivelato che la morte del corpo è come un
sonno dal quale Lui ci risveglia. Con questa fede sostiamo
- anche spiritualmente - presso le tombe dei nostri cari, di
quanti ci hanno voluto bene e ci hanno fatto del bene.
Ma oggi siamo chiamati a ricordare tutti, anche quelli
che nessuno ricorda. Ricordiamo le vittime delle guerre
e delle violenze; tanti “piccoli” del mondo schiacciati dalla
fame e dalla miseria; ricordiamo gli anonimi che riposano nell’ossario comune. Ricordiamo i fratelli e le sorelle
uccisi perché cristiani; e quanti hanno sacrificato la vita
per servire gli altri. Affidiamo al Signore specialmente
quanti ci hanno lasciato nel corso di quest’ultimo anno.
La tradizione della Chiesa ha sempre esortato a
pregare per i defunti, in particolare offrendo per essi
la celebrazione eucaristica: essa è il miglior aiuto spirituale che noi possiamo dare alle loro anime, particolarmente a quelle più abbandonate. Il fondamento della preghiera di suffragio si trova nella comunione del Corpo
Mistico. Come ribadisce il Concilio Vaticano II, “la Chiesa
pellegrinante sulla terra, ben consapevole di questa comunione di tutto il Corpo Mistico di Gesù Cristo, fino dai primi
tempi della religione cristiana ha coltivato con grande
pietà la memoria dei defunti” (Lumen gentium, 50).
Il ricordo dei defunti, la cura dei sepolcri e i suffragi
sono testimonianza di fiduciosa speranza, radicata nella
certezza che la morte non è l’ultima parola sulla sorte
umana, poiché l’uomo è destinato ad una vita senza limiti,
che ha la sua radice e il suo compimento in Dio.
A Dio rivolgiamo questa preghiera: “Dio di infinita
misericordia, affidiamo alla tua immensa bontà quanti
hanno lasciato questo mondo per l’eternità, dove tu attendi l’intera umanità, redenta dal sangue prezioso di Cristo,
tuo Figlio, morto in riscatto per i nostri peccati. Non guardare, Signore, alle tante povertà, miserie e debolezze
umane, quando ci presenteremo davanti al tuo tribunale,
per essere giudicati per la felicità o la condanna. Volgi su
di noi il tuo sguardo pietoso, che nasce dalla tenerezza
del tuo cuore, e aiutaci a camminare sulla strada di una
completa purificazione. Nessuno dei tuoi figli vada perduto
nel fuoco eterno dell’inferno, dove non ci può essere più
pentimento. Ti affidiamo Signore le anime dei nostri cari,
delle persone che sono morte senza il conforto sacramentale, o non hanno avuto modo di pentirsi nemmeno al termine della loro vita. Nessun abbia da temere di incontrare
Te, dopo il pellegrinaggio terreno, nella speranza di essere accolto nelle braccia della tua infinita misericordia.
Sorella morte corporale ci trovi vigilanti nella preghiera e
carichi di ogni bene fatto nel corso della nostra breve o
lunga esistenza. Signore, niente ci allontani da Te su questa terra, ma tutto e tutti ci sostengano nell’ardente desiderio di riposare serenamente ed eternamente in Te.
Amen”. (Padre Antonio Rungi, passionista, Preghiera dei
defunti).
Con questa fede nel destino supremo dell’uomo, ci
rivolgiamo ora alla Madonna, che ha patito sotto la
Croce il dramma della morte di Cristo ed ha partecipato
poi alla gioia della sua risurrezione. Ci aiuti Lei, Porta del
cielo, a comprendere sempre più il valore della preghiera
di suffragio per i defunti. Loro ci sono vicini! Ci sostenga
nel quotidiano pellegrinaggio sulla terra e ci aiuti a non
perdere mai di vista la meta ultima della vita che è il
Paradiso. E noi con questa speranza che non delude mai,
andiamo avanti!
Francesco
LA VOCE - n° 12 - Dicembre 2014
pag. 15
IL PANORAMA RUBATO
di Normando Onofri
In un articolo apparso sulla stampa locale nella primavera scorsa è stato
evidenziato come l’uso indiscriminato del nome del leggendario vino di
Montefiascone, Est! Est!! Est!!!, sia sfruttato lontano dal nostro Comune
per fini pubblicitari e di richiamo. La notorietà e l’utilizzo tanto improprio
quanto generalizzato del nome del nostro vino, in totale carenza di regole
o norme, avviene indifferentemente in Italia, in Europa e perfino in
America, quale richiamo promozionale nelle attività di ristorazione o assimilate.
La finalità dell’articolo era quella di evidenziare a pubbliche istituzioni e a
privati la carenza di una tutela legislativa del nome del vino che, grazie
alla bellissima e accattivante leggenda, è divenuto patrimonio della
comunità di Montefiascone. Il discorso, ovviamente, è complesso. Se da
un lato l’utilizzazione diffusa e senza limiti del “marchio di fabbrica” del
vino può essere veicolo di pubblicità indiretta e diffusa, dall’altro c’è chi
ritiene legittimo e opportuno non solo tutelare ma addirittura registrare il
triplice “trade mark” per consentirne un utilizzo protetto da mettere a profitto.
Questo argomento, sommariamente ricordato ma che meriterebbe altra e
ben diversa trattazione, l’ho utilizzato per introdurre l’abuso di un’altra
meravigliosa eccellenza cittadina: il nostro panorama.
Affermare che il panorama godibile dalla Rocca di Montefiascone è il più
bello dell’alto Lazio trova unanimi consensi e certamente non nasce da
campanilismo fuori luogo. L’area di ponente poi, con la vallata sottostante, il bellissimo lago con le sue isole e sullo sfondo la Toscana con il
monte Amiata, è una meraviglia che suscita sempre una grande ammirazione.
È un incanto della natura che, per dirla tutta, non sappiamo ben sfruttare
(e qui il discorso porterebbe lontano …) ma che in tanti c’invidiano. E l’altrui invidia per tanta bellezza è tanta e tale che indirettamente, “attesta e
certifica” lo spettacolo che si gode dal nostro belvedere. Infatti, il panorama montefiasconese è stato ed è tranquillamente copiato senza ritegno
dagli altri comuni intorno al lago per poi commercializzarlo e rivenderlo
abusivamente come se fosse il proprio.
Nel corso degli anni, i paesaggi falsamente accreditati sono stati molti. A
conferma e corredo, presento una carrellata di cartoline vendute da vari
comuni viciniori per dare testimonianza visiva delle malefatte paesaggistiche compiute a discapito del panorama di Montefiascone.
[email protected]
Bolsena
Bolsena - Scorcio del Lago
Bolsena - Lago di Bolsena con le isole Martana e Bisentina
Capodimonte (VT) - Isola Martana e Bisentina. Tramonto sul Lago
Grotte di Castro - Il Lago di Bolsena
S. Lorenzo Nuovo - Lago di Bolsena
pag. 16
LA VOCE - n° 12 - Dicembre 2014
Ancora giovane...
La
nipotina
Sofia, guarda fissa
la nonna Maria
Vignoli sposa del
vigile
falisco
Luciano, per fargli
un bel complimento:
il 30 ottobre ha
festeggiato per la
prima volta da
nonna speciale, il
suo.... compleanno!
Tanti
auguri,
nonna, anche a
nome di tutti i famigliari in modo particolare dalle tue figlie
Federica e Erica e
dalla tua nipotina
Sofia.
Una ventata d’aria nuova!
Sì è proprio lei, Alessia
Rossetti che, il sedici settembre,
è venuta ad allietare le due famiglie Rossetti-Brigliozzi. Se i
nonni Roberta e Giancarlo
Brigliozzi con gli altri Miriam e
Vincenzo Rossetti non stanno più
nella pelle; non vi racconto la
gioia della bisnonna Margherita
Pepponi e della zia Rossella
Brigliozzi.
Sono Alessia. Sono bella
vero?! Grazie papà e mamma che
mi avete dato la vita e mi date
tanto amore anche quando piango; grazie a tutti voi nonni che mi
coccolate con tenera dolcezza;
grazie a tutti voi parenti che mi
avete accolto con gioia e affetto.
L’avis
comunale
di
Montefiascone in questo mese di
dicembre sarà molto impegnata; per
le giornate dedicate alle donazioni,
per le proprie attività promozionali e
per altre attività in cui è stata richiesta la nostra collaborazione e, se
sono in linea con il nostro “spirito”, e
se ce ne saranno le possibilità certamente vi parteciperemo con piacere. L’avis locale da un po’ di tempo viene
denominata Comunale, non più sezione. Le giornate dedicate alle donazioni
sono: lunedì 1, lunedì 15, sabato 20 e domenica 28; il luogo dove donare è
sempre lo stesso, ovvero il Centro Fisso di Prelievo AVIS a Villa S. Margherita.
Giovedì 18, venerdì 19 e sabato 20 saremo, in occasione del Natale, come da
un po’ di anni a questa parte, presso la Coop per omaggiare con un presente
le Donatrici e i Donatori di sangue, per incontrare la popolazione, per estrarre
il 20 dicembre in serata una piccola sottoscrizione a premi e per essere a
disposizione per info, chiarimenti e delucidazioni sulla DONAZIONE DI SANGUE. La nostra attività promozionale, ovvero la promozione della donazione
del sangue, continuerà anche a gennaio 2015, la prima prevista sarà la “PASSEGGIATA AVIS” per le vie del Centro Storico della nostra città per domenica
4 gennaio nel pomeriggio con “cioccolata calda” al termine, comunque daremo
più ampia e più specifica divulgazione dell’evento con largo anticipo con l’affissione di locandine, con articoli sui quotidiani locali e con info sul web.
L’attività principale dell’avis è il reperimento del sangue e dei suoi derivati
affinché non ne manchi mai per le svariate necessità; in quest’ottica vogliamo
rilanciare l’invito ad avvicinarsi alla PLAMAFERESI, ovvero la DONAZIONE
DEL PLASMA. L’invito è rivolto a tutti, in particolar modo a quelle persone con
il gruppo “AB positivo” che sono DONATORI DI PLASMA UNIVERSALI, nel
senso che il loro plasma è utilizzabile per tutti. La locale avis comunale augura
a tutti Buon Natale e felice Anno Nuovo, Anno Nuovo che sia foriero di tante
cose buone e durature.
Per l’avis comunale Montefiascone
Carlo GIANVINCENZI
Inform
Pellegrini... si diventa
Era questo il titolo del manifesto redatto dai ragazzi della Prima
Media dell’Istituto “Santa Lucia Filippini” lo scorso anno; il manifesto è stato premiato nel concorso sulla valorizzazione dela “VIA
FRANCIGENA” indetto dall’Associazione Nazionale Presidi.
L’intestazione “PELLEGRINI... SI DIVENTA” è stata profetica,
perché quest’anno i ragazzi, ormai in seconda media, hanno chiesto di fare la seconda parte del percorso: dalla Strada provinciale
La Commenda fino a Viterbo, sempre sulla Via Francigena, anche
senza partecipare ad alcun concorso, solo perché sentivano di
essere DIVENTATI... PELLEGRINI.
L’idea ha avuto una naturale lievitazione nell’Istituto e, ai PELLEGRINI DIVENTATI, si sono aggiunti nuovi pellegrini, ovvero i
ragazzi della Terza Media accompagnati dalla prof.ssa Luana
Breccola.
Un grande gruppo si è snodato pertanto sulla via Francigena;
una breve sosta alle pozze del “Bagnaccio” per una colazione
ristoratrice; il nostro ringraziamento agli “Amici del Bagnaccio” per
la cordiale ospitalità riservata ai nostri ragazzi. Via di nuovo alla
volta di Viterbo, lontani dal traffico della via Cassia, immersi nei
coloro autunnali delle nostre campagne.
Giunti a Viterbo ci siamo guardati l’un l’altro, quasi per voler
misurare la stanchezza personale con quella del vicino; tutti soddisfatti per avercela fatta: 10 km a piedi in una mattinata (9,30-12)
con solo una breve sosta! Per chi è allenato è forse cosa da poco,
ma per PELLEGRINI così GIOVANI è un gran successo.
Bravi ragazzi! Il prossimo anno termineremo il percorso della
Via Francigena fino a Roma, ma... andremo in pulman percorrendo
la via Cassia; vi resterà la curiosità di vedere, da PELLEGRINI,
come è e soprattutto cosa si prova a percorrere la restante parte di
via Francigena che vi separa da Roma; nel vostro futuro mettete in
conto di saziare tale curiosità.
Un ringraziamento va al nostro prof. Menichelli che ci accompagna sempre, anche nel suo giorno libero; grazie anche al sig.
Roberto Bucaccio che si prende un giorno di ferie per stare con noi
e chiude sempre il nostro gruppo, garantendo che nessuno rimanga indietro, preda della stanchezza e scoraggiamento. Grazie infine alle mamme che ci hanno “recuperati” a Viterbo e, comodamente, riportati a casa.
Maria Vincenza Pelliccioni
(Associazione Volontari Montefiascone)
TESSERAMENTO
Nel prossimo mese di gennaio avrà inizio la nuova campagna
di tesseramento per i soci dell’As.Vo.M. (Associazione Volontari
Montefiascone) di Protezione Civile. L’adesione è aperta naturalmente a tutti gli ambo sessi, maggiorenni e fortemente motivati. I
nuovi membri saranno poi inseriti nelle squadre operative. Si tratta
di unità di pronto intervento, operanti nel Comune di
Montefiascone e nella Regione, che vengono allertati dalle Autorità
competenti in caso di emergenza (calamità naturali, ecc..) o semplici manifestazioni (eventi sportivi, culturali, dimostrazioni, esercitazioni, fiere, feste, ecc...).
Il nuovo volontario seguirà attività formative e lavorerà in team
mettendo a disposizione il suo tempo secondo le proprie disponibilità. I Volontari sono persone comuni con tanta buona volontà: giovani e meno giovani, uomini e donne, studenti, pensionati e lavoratori, che dedicano una parte del loro tempo, offrendo la propria
preziosa disponibilità in caso di chiamata di intervento. Ma non
solo, entrando a far parte dell’As.Vo.M. farai parte di una equipe e
potrai partecipare alle nostre iniziative di aggregazione. Per avere
ulteriori informazioni è possibile contattare il seguente recapito
telefonico: 0761.8268994.
Con l’occasione il consiglio di amministrazione porge i più cordiali auguri di Buon Natale e Felice Anno Nuovo ai soci e alle loro
famiglie. Gli auguri vanno anche alle altre associazioni di volontariato e tutte le istituzioni (Carabinieri, Vigili Urbani, Corpo Forestale
dello Stato e Vigili del Fuoco) con cui l’associazione collabora attivamente, ai concittadini di Montefiascone e all’Amministrazione
comunale. Ricordiamo infine i recapiti telefonici da contattare in
caso di emergenza: 0761826994 (sala operativa h24) o
3283878161.
Signora italiana seria e affidabile offresi per compagnia o assistenza
notturna a persone anziane per i fine settimana (venerdì e sabato)
Rivolgersi al numero di cellulare: 3394338074
LA VOCE - n° 12 - Dicembre 2014
pag. 17
Rondine d’Argento: 41ª edizione
Si è svolta la 41ª edizione della “Rondine d’Argento”, classica gara
di tiro con l’arco, a Montefiascone sabato 8 e domenica 9 novembre. Ad
organizzare la manifestazione, con il patrocinio del comune di
Montefiascone, la Compagnia Arcieri Falisci. “La gara si è svolta in
due giorni” - spiegano dalla Compagnia.
Una Rondine prendeva il volo verso Grosseto, vinta dal bravo
Maurizio Rossi, degli Arcieri Maremmani con 567 punti arco olimpico;
nel compound la Rondine veniva assegnata a Giancarlo Testa, aricere
romano del Sagittario con 580 punti, rimaneva in casa la terza Rondine
vinta dal nostro campione ad arco nudo Bruno Bassetta con 541 punti.
Sempre nell’arco nudo si classificava secondo Riccardo Gasponi con
513 punti che insieme a Nello Foraci, che di punti nel ha fatti 480, sono
la prima squadra nella specialità.
Con l’arco olimpico si impongono con la squadra montefiasconese
Marco Crescenzi, Mauro Baccello, Daniele Perlorca con 1587 punti.
Montefiascone vince anche con la squadra seniores femminile con
Cristina Ricci, Claudia Persi e Chiara Ciripicchio con 1431 punti.
Trionfano - continuano dall’Associazione - nei juniores Francesco
Alibrandi con 552 punti, Gabriele Gasponi nell’arco nudo junior con
466 punti, Giacomo Tarantino allievo arco nudo con 444 punti. Si piazzano secondi nell’arco olimpico allievi femminile Camilla Chiricotto con
470 punti e Silvia Ciripicchio con 526 punti, suo record personale.
Le premiazioni sono state effettuate dall’Assessore allo Sport
Fernando Fumagalli. Gli Arcieri Falisci concludono: “Mentre a
Montefiascone si svolgeva la 41ª edizione della Rondine d’Argento il
nostro portacolori Carlo Chiodo ci riempiva di gioia e orgoglio conquistando il quinto posto assoluto nel Campionato del Mondo di tiro con
l’arco indoor a Marrakesh (Marocco)”. “Ringrazio la Compagnia Arcieri
Falisci - spiega l’Assessore Fernando Fumagalli - per l’ottima organizzazione della manifestazione che ha riscosso un totale consenso da
tutti i partecipanti, in particolare Renato Roncella per l’impegno che
giornalmente dedica alla disciplina.
Un particolare ringraziamento va da parte mia e
dell’Amministrazione comunale a Carlo Chiodo per portare sempre più
in alto nel mondo il nome della nostra cittadina”.
Regionale Cassia da curare Strada abbandonata
Il mal tempo imperversa ancora sull’Alto Lazio e la rete stradale ne
risente condizionando molto la sicurezza della circolazione.
in frazione Giranesi
L’Alto Lazio è attraversato dall’unica arteria regionale Cassia e su
questa si concentra la nostra attenzione. Un’arteria vitale con un traffico,
di grande intensità come i nostri rilievi ci hanno confermato. In questi giorni il maltempo ha di nuovo attratto le nostre riflessioni, provenienti dalla
realtà in cui l’arteria versa.
I rilievi su questo fronte non è che siano confortanti, anzi, non solo,
lasciano molto a desiderare con conseguenze altamente negative sulla
sicurezza del traffico stradale nel suo insieme ma vengono meno anche
ai requisiti previsti dal codice della strada. Gli accertamenti fatti sono
sotto gli occhi di tutti. Per diversi chilometri tra Viterbo e Montefiascone,
ma anche oltre, mancano completamente, sui due lati della sede stradale, i birilli porta rinfrangenti, molto utili per vedere i limiti della carreggiata
specialmente nei periodi di nebbie mattutine e serali, nonché durante le
forti piogge e, soprattutto nella parte buia delle ventiquattro ore.
In più parti mancano i segnalatori chilometrici sia totali che parziali,
molto utili per individuare il luogo preciso della strada qualora dovessero
avvenire incidenti o per segnalare guasti di qualunque genere che vengono a crearsi; qualcuno, sparso, che è rimasto, versa in uno stato di inservibilità tra le erbacce. Le cunette e le piccole tubazioni sotto i passaggi,
raccordi con strade secondarie, come già sottolineato, in diversi tratti, non
sono adeguatamente pulite. Guard rail mancanti in più punti, anche estremamente pericolosi, ove al di là della carreggiata sono state realizzate
cunette in cemento armato, molto pericolose in caso di fuori uscita di strada. Cartelli segnaletici, non sempre completamente visibili o parzialmente
coperti dalla vegetazione circostante; in qualche tratto, alberi lungo le
banchine non potati in modo adeguato, sia in alto che a terra, per cui,
autoarticolati e bus, nella parte alta, strusciano contro le fronde, e, spesso, creando qualche problema alla sicurezza dei sensi di marcia, si spostano più al centro della sede stradale per evitarli mentre a terra sono le
stesse automobili che, al loro passaggio, strusciando se pur lievemente,
potano i fasci dei famosi caccioni.
Segnaletica orizzontale, specialmente su alcune curve ridotta al minimo, quasi invisibile. Prevenire è meglio che curare, intervenire quanto
prima è ormai doveroso.
Pietro Brigliozzi
NATALE 2014
Il Santo Natale
è una festa solenne
perché nella storia
rimane perenne.
In una grotta
nasce un bambino
di nome Gesù
l’immenso e divino
sopra la paglia
è stato adagiato
dal bue e dall’asino
è riscaldato.
La gente si china
devota a pregare
e sta genuflessa
verso l’altare
gli angeli cantano
inni di gloria
pastori e re magi
fanno la storia
del Redentore
che accende una luce
per un mondo migliore
e stare più in pace.
Vincenzo Severini
Il problema del degrado di alcune strade nel Comune di
Montefiascone, non fa più notizia vista la pessima situazione in cui,
molte si trovano. Da una parte, diverse vie principali fuori le mura del
centro storico come Via Contadini, Via Cardinal Salotti, Via Cassia
per circa cinquecento metri dall’incrocio con Via Verentana; dall’altra
alcune vie delle frazioni minori come la frazione Giranesi.
Questa frazione, situata verso est della più popolosa Zepponami,
ha un’unica strada, di circa un chilometro, che la collega alla frazione
madre. Da anni, allorché fu asfaltata la prima volta, su questa strada
non è stato più fatto intervento alcuno, per cui essa, specialmente
nel tratto che attraversa il centro abitato, longitudinalmente da nord a
sud, versa in condizioni veramente pietose. Non si possono chiudere gli occhi in alcuni tratti, ove, l’erba salta fuori tra le vistose crepe
dell’asfalto se ancora così si può chiamare. Essendo, essa, una vecchia via tra le abitazioni è molto stretta con un fondo completamente
sconnesso al limite della transitabilità senza più alcuna garanzia di
stabilità delle auto. Senza dimenticare poi, che la deformazione del
fondo provoca continui sobbalzi delle auto mettendo a dura prova,
facilitandone il logorio, tutto il sistema delle sospensioni.
Questo fenomeno è talmente accentuato che si ripercuote anche
sui trattori agricoli gommati che, numerosi, transitano su di essa. La
frazione è abitata per lo più da contadini, i quali, per raggiungere i
campi si muovono con i trattori gommati; per raggiungere il centro,
usano la macchina.
Gli stessi abitanti, deducono che l’attuale stato di abbandono
della strada, a questo punto, è voluto, anche perché, alle proteste,
civilmente già fatte, non è seguito alcun positivo risultato. Mettendo
in risalto anche la presenza di una centralina Enel che costituisce un
pericolo, essendo in parte divelta dal terreno.
Questo, proseguono i medesimi, non lo capiamo e non intendiamo più permetterlo; non è detto, comunque, che non si possa passare ad eclatanti forme di protesta; siamo cittadini come tutti gli altri.
Per farci pagare le tasse comunali ci trovano, per darci i servizi non
se ne cura alcuno.
La strada, infatti, oltrepassato il centro abitato, prosegue e conduce nei campi densamente coltivati dove esiste anche qualche fattoria, per cui, il passaggio dei mezzi agricoli costituisce la maggior
parte del traffico. Da considerare, ancora, che tutto il tratto che attraversa i campi fuori la frazione, a differenza di quasi tutte le altre strade di questo tipo del comprensorio, meglio identificate come rurali, le
quali, comunque, negli anni settanta sono state asfaltate, è ancora in
terra battuta.
Asfaltare almeno il tratto del centro abitato, circa cinquecento
metri, è ormai non una necessità ma un’urgenza.
P.B.
pag. 18
LA VOCE - n° 12 - Dicembre 2014
CHE BEGLI ESEMPI!!
65° di matrimonio
I due sposetti ancora giovani!
Il 27 agosto u.s. hanno rinnovato le promesse di matrimonio nel giorno
del loro 50° anniversario ROSETTO Mauro e NAPOLI Giuseppina, in una
Messa celebrata dal loro ex parroco Sua Ecc.za Mons. Fabio Fabene.
Genitori esemplari, custodi di valori cristiani e convinti del carattere sacro
del matrimonio, hanno considerato la famiglia come un misterioso gioiello
intrecciato d’amore e noi con amore dedichiamo loro questo pensiero del
poeta Orazio:
“Beati tre volte e più coloro che sono stretti da un legame
inalterabile, e che l’amore, scevro di irosi contrasti,
unirà fino all’ultimo giorno della vita”
I figli Roberto, Angelo e Riccardo, i nipoti Cristina,
Caterina e Sofia, il genero Fabrizio e la nuora Ida
Il 15 ottobre 1949 si giuravano amore eterno, Chiodo Antonio
e Angeloni Agostina, e quest’anno hanno voluto ripeterlo nella
stessa chiesa di S. Giuseppe, non più da soli, ma circondati da figli,
nipoti e pronipoti, tanto da avere un cuore gonfio di gratitudine verso
Dio Padre e i numerosi parenti ed amici che hanno partecipato alla
loro gioia! Auguroni, cari sposi!
29 maggio 1934 - 29 maggio 2014
Signore ti ringrazio che sono
arrivata a 80 anni con gli
acciacchi e un po’ di affanni
W i ragazzi del ‘54
Provo una tristezza in fondo al petto,
sono rimasta sola troppo presto;
ma si conforta il mio cuore
perché ho avuto sempre vicino
nipoti, figli e nuore.
Dopo dieci anni (correva l’anno 2004) noi ragazzi del ‘54, il 19 ottobre
scorso, ci siamo ancora riuniti per festeggiare il nostro 60° compleanno.
Non sembrava che fossero passati 10 anni dall’ultimo incontro. Tutti baldanzosi e gioiosi di rivederci.
Nella basilica di Santa Margherita, don Marco ha officiato la S. Messa e
nell’omelia ha detto parole di conforto e di incoraggiamento per la vita futura.
Siamo quasi tutti nonni, ma tenaci e ben tenuti nell’aspetto, i nostri occhi
sono sempre gli stessi, quegli occhi che esprimono amicizia e soddisfazione
nell’incontrarsi per passare una giornata insieme, per esserci raccontati la
nostra vita.
Abbiamo gustato un ottimo pranzo presso il ristorante “Acqua Rossa” in
una splendida giornata di sole.
Non aggiungo altro, dico soltanto “... la storia continua...”.
Delia Porroni
P.S. Ringrazio gli amici Giancarlo Cacalloro, Giuseppina Cicoria, Alberto
Marchetti, Giancarlo Tofanicchio che insieme a me hanno lavorato per organizzare questa giornata di festa.
Una cosa mi piglia,
sono la maggiore in famiglia:
un sentimento profondo e grande
l’affetto che ci unisce tutti quanti.
Con sorelle, cognati e fratelli
sempre a me accanto, ho trascorso
momenti belli e d’incanto.
Anche con i consuoceri
oggi come ieri
passa il tempo molto volentieri.
In questa Domenica prego la Madonna
che mi aiuti a festeggiare gli 85 anni
ancora tutti quanti, senza pensare
alle candeline che indicano gli anni.
Adesso tra pasta, pesce e panna montata
continuiamo a goderci questa splendida giornata.
Un bacio e un grazie a tutti.
Edda e Famiglia Fidati
LA VOCE - n° 12 - Dicembre 2014
pag. 19
Una carrellata sulle suore di tre Istituti e Monasteri religiosi
AUGURI!
L’augurio per i 60 anni
di oblazione religiosa avvenuta il 4 novembre 1954
per due Maestre Pie che
cercano insieme di tagliare
la torta e che rispondono al
nome di Sr. Luigina
Delmirani, che ha svolto la
sua missione soprattutto
qui a Montefiascone,
Zepponami, poi a Fastello,
a Marta e Ischia di Castro
ed ora vive presso la casa
madre in via S. Lucia
Filippini e Sr. Felicita
Piergiovanni, che è stata
Maestra Pia a Piansano,
Valentano,
Albania,
Altavilla Irpina ed ora è qui
a Montefiascone da alcuni
anni.
Meritano oltre che gli
auguri, riconoscenza e
stima delle comunità dove
hanno esercitato la loro
professione religiosa e
soprattutto del clero con il quale hanno sempre collaborato. Il premio più bello
lo riceveranno dal Signore e della madre sua Maria SS.ma.
Suore dell’Adorazione
SS.mo Sacramento
P. Terenzio ha
avuto
l’occhio
lungo per l’avvenire di Villa S.
Margherita. Ha
pensato a suo
tempo a rivolgersi
a delle suore di origine indiana, come
infermiere professionali per occuparle nei due gruppi di Villa S.
Margherita.
È ormai da otto
anni che lavorano
lì e sono chiamate
anche altrove:
sono ben quattro
suore, ospitate in
un loro ambiente e
sono Sr. Teresa,
superiora,
Sr.
Rani, Sr. Anjoe e
Sr. Leena.
Benedettine di clausura
Ne abbiamo parlato più d’una volta anche perché il direttore de “La
Voce” è ospite fisso del monastero, e penso che sia la soluzione migliore
per la sua vita.
Ringrazio sinceramente l’attuale Vescovo di Viterbo, Mons. Lino per
avermi nominato Cappellano delle Benedettine.
Sono stato impegnato per la parrocchia di S. Margherita dal 1964
fino all’ottobre del 2012. Ora sto camminando sugli 83 anni!
È la conclusione degli “esercizi spirituali” portati avanti
dal monaco benedettino P. Giuseppe Pegoraro.
Sta dietro la benedettina più giovane, che raggiunge appena
i 99 anni... Alla sua destra c’è la madre Priora, Sr. Maria.
Sono 13 di cui 4 ancora debbono professare solennemente.
Sono assenti due.
Suore del Divino Amore
Sr. Clara Errera, la nuova superiora (nella foto è ripresa a metà),
Sr. Martina, che è forse la più giovane, Sr. Elena, Sr. Andreina e
Sr. Eulalia, organista novantenne, al centro la più giovane Sr. Gemma
La comunità del Divino Amore ora è più ricca....
Perchè è
cresciuta per la
venuta di Sr.
G e m m a
Gasbarri , una
suora piccola di
statura,
ma
grande come
suora e come
età, perchè è
nata a Castel
San Pietro il 2
ottobre 1913,
quindi ha 101
anni ed è entrata nel 102.
Morta
la
madre con la famosa spagnola, il padre ha preferito collocarla nel Monastero
delle Suore del Divino Amore a circa 5 anni. Cresciuta ha regolarmente frequentato un corso magistrale diplomandosi, ha avuto passione per la musica
fino a suonare ancora l’organo della chiesa del Divino Amore, oggi ristrutturato e rimesso a posto.
A Montefiascone ha professato ed ha fatto il suo noviziato, diventando
poi assistente delle ragazze orfane. Nel 1980 è andata come Superiora in
Perù, dove s’è trovata molto bene fino al 1988. In Perù s’è incontrata con il
papa S. Giovanni Paolo II in visita in quella nazione. Ritornata in Italia, ha
lavorato 18 anni a Rieti, poi diversi anni a Roma e ora dal 4 ottobre 2014 è
ritornata a Montefiascone. Qui vive serena, sempre vivace e intelligente,
amata da altre cinque suore: Sr. Clara Errera, che lei ha accolto bambin
quando stava in Perù, ora è superiora - tutto fare - della casa; Sr. Martina,
giovane e braccio destro della superiora; Sr. Elena, Sr. Andreina e Sr.
Eulalia, novantenne e organista. L’abbiamo riprese mentre stavano in chiesa, la superiora è stata ripresa a metà, ma è intera insieme a Sr. Gemma.
LA VOCE - n° 12 - Dicembre 2014
pag. 20
Sono 60... ancora giovani!
E... cinquanta!
Il 18 ottobre 2014, Vera Crocoli e Ezio Carli, hanno festeggiato i loro 60 anni
di matrimonio, celebrando festosamente questo grande traguardo, a
Montefiascone dove si erano sposati nel 1954, insieme ai figli, nipoti, pronipoti,
parenti e amici che uniti le augurano ancora tanta felicità...
Il giorno 27 settembre 2014, Pino e Vittoria Saccà, sposatisi nel Santuario
di Santa Maria della Quercia a Viterbo, il giorno 29 agosto 1964, hanno rinnovato nel 50° anniversario la loro promessa di matrimonio, nel Convento dei Padri
Cappuccini a Montefiascone, davanti al parroco Don Luciano Trapè e Padre
Silvio, insieme ai figli Antonino e Alessio, alle nuore Maria e Silvia e ai familiari.
Complimenti, congratulazioni, auguri! Fedeltà nell’amore e nella famiglia
procura gioia arricchita dalla benedizione del Signore.
Ancora... cinquanta!
Cicoria Franco (1940) e Marianello M. Luisa (1946), hanno festeggiato i 50
anni di matrimonio presso la Basilica di S. Flaviano, che nel lontano 17 ottobre
1964 ha celebrato il matrimonio D. Biagio Governatori, mentre il 19 ottobre 2014,
ha celebrato la Santa Messa D. Luciano Trapè.
Sono un esempio di felicità famigliare, circondati dalla gioia dei figli Stefania
e Antonella e dei generi Massimo Stefanoni e Marco Terzoli e i loro quattro bei
nipoti: Marco, Daniele, Alessio e Emanuele. La festa è continuata presso il ristorante “Isola Blu” con parenti ed amici.
Un ringraziamento di cuore a tutti coloro che hanno partecipato. Auguroni!
ANNO... PRIMO!
Il 13 settembre
2014, alle ore
17,00, presso la
Chiesa
di
S.
Andrea, si sono
uniti in matrimonio
Erica Spolverini e
Danilo Agostini.
“Il vero amore è
accettazione di tutto
ciò che è stato, sarà
e non sarà”.
Un ringraziamento speciale a
tutti gli amici, colleghi e parenti che
hanno partecipato
calorosamente...
Di nuovo tanti
auguri per il vostro
cammino insieme.
Federica, Stefano
e Sofia
Il 10 ottobre 1964 si univano in matrimonio Pagliaccia Maria (detta Rosina)
e Pezzato Bruno. In un mondo dove tutto cambia rapidamente, questa unione
ci regala speranza. Il percorso, non sempre facile, che hanno vissuto, ha consentito loro di crescere. Hanno imparato che la felicità non è lontana da noi, ma
vive nell’interiorità degli affetti e dei sentimenti e hanno saputo invecchiare uniti
e concordi. Circondati dall’affetto di amici e parenti, hanno rinnovato la loro promessa, con la benedizione di D. Luciano e con un allegro pranzo all’Agriturismo
“Poggio della capanna”. Belli, freschi, spumeggianti, nonostante i loro 50 anni
insieme. Più sposati di così, non si può! Quale è la ricetta e, di chi il merito?
Auguri per altri 50 anni!
STUDIO LEGALE TRIBUTARIO
CAPORICCIO
AL
SERVIZIO DEI CITTADINI
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CORSO CAVOUR, 37 - MONTEFIASCONE (VT)
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Filippini preoccupandovi di mettere il vostro nome per essere inseriti nella rubrica “La Voce è grata ai suoi”.