Maria che ci dona Gesù, ci faccia il regalo di ritrovarci

Tariffa Associazioni Senza Fini di Lucro: Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2 - DCB Roma - N. 4 - 2014 - Pubblicazione trimestrale - UNITALSI - Via XXV Aprile, 18 - 00034 Colleferro (Roma)
Maria che ci dona Gesù,
ci faccia il regalo
di ritrovarci insieme nel nuovo anno
ai piedi della Sua grotta.
UNITALSI SEZIONE ROMANA-LAZIALE
Via Andrea Millevoi, 65 - 00178 ROMA - Tel. 06.51955963 - Fax 06.51955964
c/c n° 84168004
IBAN: IT48E0312703307O00000036163
Presidente regionale:
Preziosa Terrinoni
Assistente ecclesiastico regionale:
don Gianni Toni
Sedi delle sottosezioni
Albano
L.go Piamartini n. 1
c/o Oratorio Beata Piamarta
00041 Cecchina di Albano Laziale (RM)
Presidente: Pasquale Corsetti
Assistente ecclesiastico: D. Salvatore Falbo
Anagni-Alatri
Presso Centro Pastorale
Via dei Villini, 22 - 03014 Fiuggi
Tel. 0775/507015
Presidente: Piergiorgio Ballini
Assistente eccl.: Mariani don Maurizio
Aziendali Roma
c/o Policlinico - L.go A. Gemelli
00167 Roma
Tel. 06/30155145
Presidente: Sergio Barbi
Assistente eccl.: don Angelo Auletta
Cassino
Palagio Badiale - P.zza della Curia
03043 Cassino
Tel. 0776/688014
Presidente: Mauro Bucci
Assistente ecclesiastico: don Eric Di Camillo
Civita Castellana
Via XII Settembre, 6
Civita Castellana
Tel. 0761/515275
Presidente: Giuseppe Bottacchiari
Assistente ecclesiastico: Rongoni don Piero
Civitavecchia
Via Molise, 2
00053 Civitavecchia
Tel. 0766/502446
Presidente: Giulio Spinelli
Assistente ecclesiastico: Leto don Ivan
Frascati
Via Guglielmo D’Estouteville n. 2
00044 Frascati (RM)
Tel. 06/9422603
Presidente: Rita Zaratti
Assistente eccl.: Salvioni don Costantino
Roma-città
Via degli Embrici, 32 - 00185 Roma
Tel. 06/98260496
Presidente: Alessandro Pinna
Assistente eccl.: D. Romano De Angelis
Frosinone
Via Monti Lepini, 51 - C/o Curia Vescovile
03100 Frosinone
Tel. 0775/201844
Presidente: Maria Carla Traversari
Assistente ecclesiastico: D. Silvio Chiappini
Sabina e Poggio Mirteto
Via Matteotti, 222 - c/o Parr. S. Biagio
00018 Palombara Sabina
Tel. 0774/66088
Presidente: Maurizio Tassi
Assistente ecclesiastico: Barzan don Pedro
Gaeta
Piazza Card. De Vio, 1
04024 Gaeta
Tel. 0771/4530262
Presidente: Guglielmo Teresa
Assistente eccl.: D. Guerrino Piccione
Latina
Via Sezze, 16 - c/o Curia Vescovile
04100 Latina
Tel. 0773/662923
Presidente: Beatrice Spagnolo
Assistente ecclesiastico: Laba don Henryk
Palestrina
Viale della Vittoria n. 17/19
00036 Palestrina (RM)
Tel. 06/9535014
Presidente: Daniele Ferracci
Assistente ecclesiastico:
Sigalini S.E. Mons. Domenico
Porto S. Rufina
Via dei Pastori, 14 - 00057 Maccarese
Tel. 06/6679399
Commissario: Pino Cardinali
Assistente eccl.: D. Giovanni Soccorsi
Rieti
Via del Porto, 27 - 02100 Rieti
Tel. 0746/483491
Presidente: Maria Luisa Di Maio
Assistente ecclesiastico:
Angelucci don Franco
Sora-Aquino-Pontecorvo
Via Incoronata c/o Scuole Elementari S. Elia
03039 Sora (FR)
Tel. 0776/824585
Presidente: Marina Folcarelli
Assistente eccl.: Porretta don Pasquale
Tivoli
V.lo Lolli Da Lusignano, 7 - 00019 Tivoli
Tel. 0774/331877
Presidente: Roberto Proietti
Assistente ecclesiastico: Ilari don Marco
Velletri-Segni
c/o Parrocchia Santa Barbara
Via Bruno Buozzi - 00034 Colleferro
Tel. 329/3118306
E-mail: [email protected]
Presidente: Vito Capozi
Assistente ecclesiastico: Brusca don Rinaldo
Viterbo
Via Santa Rosa, 8
01100 Viterbo
Tel. 0761/220045
Presidente: Roberto Grazzini
Assistente eccl.: d. Giuseppe Scarito
Preziosa Terrinoni e don Gianni Toni
Presidente regionale, Assistente ecclesiastico regionale
Luci e ombre di questo
nostro anno...
C
arissime e carissimi unitalsiani della romana
laziale.
Questa nostra rivista vi giunge all’inizio del
nuovo anno e vorremmo che ognuno di voi
sentisse tutta la nostra fraternità e i nostri auguri più
cari.
Abbiamo pensato di scrivere queste poche righe
insieme (Preziosa e don Gianni) per
parlarvi a cuore aperto... La nostra
è una grande famiglia dove tante e
tanti lavorano in maniera stupenda
e disinteressata a servizio dei poveri
e dei malati.Se così non fosse stato,
non saremmo arrivati a superare la
soglia di ben oltre 110 anni! Per noi
della romana laziale l’impegno è duplice: l’unitalsi è nata da “un romano
de Roma”e da Roma si è diffusa in
tutta Italia e questo lo diciamo e riaffermiamo con orgoglio, ma soprattutto con impegno a continuare a lavorare per meglio servire Cristo che si
manifesta soprattutto nei sofferenti!.
Ma non vogliamo parlare di “gloria”,
vogliamo parlare dell’impegno! Si!
Guardando i mesi trascorsi in questo
2014 desideriamo evidenziare alcune
“ombre”che si sono “stagliate” davanti ai “raggi di sole” che sono stati
l’impegno ed il lavoro di tanti unitalsiani! E parliamo quindi delle “ombre”
per meglio “gustare” e poi vedere le
“luci”. E’ inutile chiudere gli occhi,
come i bambini all’asilo, per non essere visti dalla maestra e interrogati:
abbiamo riscontrato una certa disaffezione e una critica negativa a molte
attività da parte di alcuni soci, che non hanno aiutato
il cammino associativo!In qualche sotto-sezione è
sembrato, in qualche momento, di vedere più ombre
che luci! E un riscontro tangibile lo si è avuto con un
calo di partecipanti ai pellegrinaggi (e quindi di mancanza d’impegno nel pubblicizzare i pellegrinaggi e
il cammino formativo nelle varie realtà diocesane!).
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I partecipanti ai nostri pellegrinaggi quest’anno hanno visto una flessione di circa 350 persone in meno
rispetto al 2013, per Lourdes!!! La Terra Santa ha
avuto un tracollo! Ed è inutile addossare le colpe alla
violenza o alla paura della guerra in Israele! Associazioni a noi parallele, ma anche sezioni dell’unitalsi,
sono andate in Terra Santa anche a novembre e dicembre! Noi siamo rimasti fermi... dalla paura, spesso “ispirata” o “sconsigliati” da chi la Terra Santa non
l’ha vista neanche... in cartolina! Una nota positiva
è quella che proviene da Loreto: quasi 400 parteci-
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panti in più rispetto allo
scorso anno!E per finire
anche Fatima ha chiuso in positivo con 60
partecipanti in più! Una
nota positiva è stato
anche il numero dei
partecipanti al pellegrinaggio dei giovani in dicembre.Occorre quindi
che ciascuno si renda
“protagonista” di un
rinnovato impegno per
un risveglio di partecipazione in ogni sottosezione, guardando più
le cose che ci uniscono e non quelle che ci
dividono! E l’impegno
lo abbiamo riscontrato
quando si è trattato di partecipare alle canonizzazioni dei due santi Papi o alla giornata in Vaticano con
la visita riservata ai Musei vaticani e il momento bello
di preghiera con il Card. Comastri e poi nei giardini
Vaticani alla grotta della Madonna di Lourdes: più di
2.000 partecipanti!Occorre ricordarci le parole di un
grande pensatore: “Occorre essere pronti alla stanchezza, ma l’unico modo di andare avanti è... andare avanti!” Noi vogliamo pensare che quest’anno la
stanchezza associativa, economica, ci hanno fatto
segnare il passo, ma i
punti luce per ripartire
ci sono tutti!
E tra questi vogliamo
segnalare un’attenzione particolare verso
l’associazione anche
da un vescovo, Mons.
Sigalini di Palestrina,
che ha preso il “testimone” da don Romolo ed ha deciso di
essere lui l’assistente
ecclesiastico di sottosezione! Ciò sta a
significare stima per
l’associazione e fiducia nei soci, per un
ulteriore cammino di
crescita spirituale!
don Gianni Toni
Vescovo e... assistente
È sempre bello avere in pellegrinaggio i nostri vescovi:
ci danno la possibilità di sentirci pienamente Chiesa.
In questa intervista con il vescovo mons. Sigalini abbiamo la gioia di annunciare che ha deciso di essere
lui anche l’assistente della sottosezione.
Abbiamo pensato tra, una chiacchierata e l’altra, di
rivolgerli alcune domande per meglio conoscere il
suo pensiero ed aiutare la realtà unitalsiana della nostra regione.
1) Per un Vescovo i movimenti e le associazioni ecclesiali sono fondamentali per la pastorale e la maturazione del laicato.
Lo specifico dell’Unitalsi in Diocesi segna un contributo forte di unione con le altre realtà e uno stimolo
al servizio?
Associarsi è un diritto dei battezzati e la Chiesa ne è
contenta, fa opera di discernimento, incoraggia e ta-
lora è pure promotrice. Il laicato è pronto a fare squadra più di noi ecclesiastici perché, a contatto con la
realtà quotidiana, ne vede la forza, la incisività, il sostegno reciproco.
L’Unitalsi è avvantaggiata nel suo fare da catalizzatore e promuovere unità tra le varie associazioni, proprio per le persone che accoglie, promuove, assiste
e inserisce nella comunità. Tra i suoi scopi c’è anche
quello di non ghettizzare l’ammalato o chi soffre grandi handicap e di aiutarlo a inserirsi nella vita della comunità civile e cristiana. Vedo per esempio quanto sia
stato bello nella mia diocesi il rapporto con l’Azione
Cattolica per l’inserimento di tanti ragazzi in difficoltà
motoria o comunicativa nella catechesi sacramentale.
La sede è molto vicina anche a luoghi di tempo libero
per i ragazzi e i giovani e questo permette uno scambio e un coinvolgimento ancora più naturale.
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2) Quali sono le attese ma anche le problematiche
che lei come Vescovo sente forte nella sua realtà diocesana?
Sono soprattutto di due tipi: il rinnovamento della
fede di chi pratica o vive all’ombra del campanile.
Spesso è una fede troppo ferma, statica, di possesso e non di slancio, anche se la si deve sempre apprezzare. Però tende a chiudere la parrocchia su di
sé, a non permettere innovazioni, uscite coraggiose,
accoglienza di persone fragili o contrarie alla vita cristiana e la seconda è proprio la necessità di rispondere a tanta sete di Dio di coloro che abbiamo deciso
essere lontani, ma spesso lo sono solo perché noi
non ne ascoltiamo la voce o il sussurro. Ancora ci
sono malati nascosti, che non vengono mai aiutati
a uscire, a incontrare una fede attenta e una Chiesa
disponibile e accogliente.
3) L’anno prossimo l’Unitalsi per la seconda volta si
rinnoverà attraverso le elezioni dirette dei responsabili
dell’associazione. Quali sono le “mete” alle quali tendere e le cose da evitare?
Occorre favorire un confronto veramente democratico, senza ostracismi. Serve anche una voglia di
cambiare, di mettersi in sintonia con papa Francesco
che proprio all’Unitalsi ha dato un grande esempio di
attenzione e amore agli ammalati, come del resto fa
sempre. Essere presidenti o avere cariche significa
essere chiamati al servizio anche eroico, non a un
potere o a un controllo o a un posto di preminenza. Il
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cambiamento periodico
è segno di non attaccarsi al ruolo, ma di permettere una responsabilizzazione di tutti. Ho
sempre apprezzato l’Azione Cattolica che ha
dei tempi definiti per il
servizio di responsabilità
4) L’assistente ecclesiastico è una figura
cardine nell’Unitalsi per
l’unità e il servizio di
formazione. Dopo tanti
anni di presenza pastorale di don Romolo
Sabbi all’interno dell’associazione, come ritiene
di affrontare la sua sostituzione per un cammino
nuovo, per una crescita
ecclesiale di piena comunione tra i soci?
Intanto devo a don Romolo garande gratitudine, che
si concretizzerà anche con un riconoscimento ufficiale, per il paziente e appassionato servizio ininterrotto
per lunghi anni. E’ da un po’ di anni che cerco di affiancargli qualche prete giovane. Ora voglio guardarci
dentro di più. Per questo anno (2014-2015) faccio
io l’assistente diocesano, don Romolo mi affianca e
così preparo il passaggio a un altro presbitero. Entrerò in punta di piedi, ma con tutta la responsabilità
di assistente e di vescovo, ad aiutare a rispondere
generosamente alla vocazione di chi ha sentito importante entrare nell’UNITALSI e con uno sguardo
privilegiato ai malati che sono per tutti e soprattutto
per noi la persona di Gesù Cristo. E’ anche un segnale da parte di un vescovo dell’ apprezzamento di tutti
a questa vocazione e attività
5) Un suo “ricordo” personale dell’esperienza del pellegrinaggio ed in maniera particolare quello a Lourdes
con l treno bianco ...
E’ molto bello viaggiare in treno, anche 24 ore di seguito, stando con i malati a mangiare, a pregare, a
farsi visita, a raccontarsi i propri dolori, le piccole gioie e le grandi sofferenze. Importantissimi e belli i momenti di preghiera a Lourdes, quelle ore passate in
silenzio davanti alla grotta, le via Crucis, con i malati e
quelle di notte con il personale, il rosario i momenti di
svago. Meglio di tutto il sorriso di chi con fatica vuol
affidarsi a Maria.
Matteo Guerrini
Barelliere della sottosezione di Roma
Loreto:
40 anni di storie
Q
uarant’anni di Pellegrinaggio Bambini
a Loreto… È difficile
immaginare
quante storie si siano intrecciate in
quella piazza, quante emozioni
siano state vissute, quanti sorrisi
scambiati, quante lacrime versate e soprattutto quante vite cambiate. Ogni volta che guardo tutte
le persone che partecipano a un
pellegrinaggio penso in che modo
la vita di ciascuno abbia compiuto
giri unici, irripetibili, per poi far sì
che ognuno di noi fosse proprio
lì, proprio in quella piazza, nello
stesso momento, a condividere un’esperienza così forte. Mai
come quest’anno, poi, la sensazione è che davvero tutte quelle
persone che hanno preso parte nel corso degli anni al
pellegrinaggio fossero lì presenti, tutti i bambini ormai
diventati grandi, tutte le mamme, tutti i papà, tutti i
volontari. Ognuno di essi è stato a suo modo parte di
questo lungo viaggio, una maglia insostituibile di una
catena, un’impronta indelebile in un cammino che ha
fatto nascere una vera e propria famiglia che ancora
oggi, dopo così tanti anni, non ha affatto perso la voglia di incontrarsi, di condividere gioie e sofferenze e
di volersi bene.
Nel mio piccolo, anche io quest’anno ho festeggiato
un traguardo: era il mio decimo Loreto Bambini. Riesco a stento a ricordarmi della prima volta che misi
piede nella piazza, ero poco più che un bambino, non
avevo ancora ben capito dove ero finito e soprattutto
non avevo idea di quanto quel posto avrebbe cambiato profondamente la mia vita. Ora sono passati più
di 10 anni, e da quel giorno l’Unitalsi non mi ha più
lasciato. O meglio, io non l’ho più lasciata, perché se
oggi sono quello che sono lo devo anche all’Unitalsi,
a tutto quello che in questi anni mi hanno insegnato
questi bambini e i loro genitori con una forza, un coraggio e una fede fuori dal comune, e dai quali non ho
fatto altro che imparare il modo in cui la vita va vissuta
e affrontata.
Nella mia esperienza ho conosciuto mamme che
hanno lottato con tutte le loro forze per far valere i
diritti dei propri figli e alla fine ce l’hanno fatta, ho visto bambini cercare soluzioni per giocare a palla con
i loro amici in carrozzina, ho ascoltato due fratellini
malati pregare ognuno per la guarigione dell’altro,
ho incontrato persone arrivare a Loreto disperate e
ritornare dopo soli 5 giorni con una fede completamente diversa, ho visto volontari portare i propri figli
e poi questi diventare a loro volta volontari una volta
raggiunta la giusta età, ho sentito una mamma rac-
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contare di come suo figlio abbia iniziato a camminare e parlare grazie all’opportunità di giocare con altri
bambini. Da ognuna di queste persone ho imparato
tantissimo e ho appreso valori che cerco di mettere in
pratica nella mia vita di tutti i giorni.
Perché io credo che il messaggio che il Pellegrinaggio
della Gioia deve far passare è proprio questo: Loreto non è un’isola felice nella quale rifugiarsi una volta
l’anno, Loreto deve essere un punto di partenza, la
semina nel nostro cuore di quel germe che poi ognuno di noi ha il compito di far sviluppare tutto intorno a sé. Ed è qui che dobbiamo guardare ai nostri
bambini, imparare da quella loro sincerità, da quella
loro purezza e da quella loro semplicità. Soltanto loro
possono farci capire in che modo è possibile cambiare le nostre vite e far sì che cambino anche quelle di
chi vive intorno a noi. Certo, questo non è un compito semplice, e una volta tornati dal pellegrinaggio è
molto facile farsi nuovamente sovrastare dalla routine
quotidiana, ma l’Unitalsi è un realtà che va vissuta 365
giorni l’anno, e una storia meravigliosa come quella
del pellegrinaggio bambini, che dura da 40 anni, deve
insegnarci che tantissime persone prima di noi hanno
creduto in questa missione, e che ora noi siamo stati
chiamati a fare di tutto perché questa non si spenga,
cercando di coinvolgere chi, in futuro, darà a questo
pellegrinaggio altri 40 anni di vita.
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Giuseppe Pallotta
Giornalista
Bambini... e non solo
B
ambini in cerchio che cantano e giocano
insieme a Peter Pan, Cenerentola, Marry
Poppins, Pinocchio, la Bella e la Bestia.
Non sto descrivendo la scena di una favola, ma la piazza di Loreto, invasa pacificamente dal
pellegrinaggio dei bambini promosso dalla Sezione
Romana-Laziale dell’U.N.I.T.A.L.S.I. (Unione Nazionale Italiana Trasporto Ammalati a Lourdes e Santuari
Internazionali) che ha festeggiato lo scorso Giugno il
suo quarantesimo anniversario. All’evento, che si è
tenuto dal 26 al 30 giugno 2014, hanno preso parte
oltre 650 persone di cui 180 bambini provenienti da
tutte le province del Lazio. In quest’atmosfera di festa
ho vissuto la mia esperienza personale nella duplice
veste di giornalista e di amico dell’Unitalsi. Quello che
maggiormente mi ha colpito del mondo Unitalsi è stato lo spirito di “grande famiglia” che si respirava nell’aria. La piazza di Loreto si è trasformata nel giardino di
fronte casa dove i genitori possono lasciare giocare
il proprio bambino, liberi finalmente dalle preoccupazioni, dalle paure e dalle umiliazioni che spesso il
vivere in città comporta per chi ha un figlio disabile.
Troppe famiglie, infatti, si chiudono nelle mura domestiche, perché il parco pubblico vicino non prevede
giochi per disabili, oppure semplicemente hanno
paura di essere giudicati. A Loreto, invece, i volontari
Unitalsi hanno abbattuto ogni tipo di barriera, realizzando un vero momento d’inclusione, fondato sulla
gioia di stare insieme. In quella piazza, infatti, ognuno
è stato protagonista senza nessuna diseguaglianza.
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L’idea di Unitalsi è quella che educando i bambini sin
da piccoli a convivere e a condividere il gioco insieme
agli amici “a due ruote” si possa sconfiggere il muro
del pregiudizio negli adulti di domani. Un progetto
di vita che si realizza non solo grazie all’assistenza
da parte di professionisti e medici specializzati, ma
soprattutto, grazie al cuore dei volontari Unitalsi. A
tutto questo si aggiunge l’esperienza spirituale, che
è parte integrante del percorso formativo dei ragazzi.
In particolare quello che mi ha colpito maggiormente
è stato il vedere come gli assistenti spirituali Unitalsi
mettano in pratica già da anni il monito di Papa Francesco di uscire dalle parrocchie e di tornare tra la
gente. Dalla partenza fino all’ultimo giorno di pellegrinaggio, infatti, sono loro a restare a fianco dei ragazzi
e le loro famiglie, instaurando con tutti un rapporto di
vera e propria amicizia. Ringrazio Unitalsi per avermi
dato la possibilità di relazionarmi da professionista,
ma anche da viaggiatore, con delle persone uniche.
Lo slogan del pellegrinaggio di quest’anno era “40
anni di amore convertono i cuori”, per colpire il mio
sono bastati appena pochi giorni.
La benedizione del Papa
on era la prima volta, ma è sempre una
grande emozione incontrarlo come se
fosse sempre...la prima volta!
Così è accaduto lo scorso 24 giugno,
giorno del mio onomastico e compleanno.
Dopo aver partecipato come concelebrante alla S.
Messa nella Chiesa a casa S. Marta, dal suo segretario personale don Yoannis mi fu detto: “A te tocca
salutare il Papa per ultimo...”
N
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Ed allora dentro di me preparai un “discorsetto” da
dirgli senza voler dimenticare nessuno!
Ed ho pensato a voi carissime e carissimi dell’Unitalsi
laziale!
Una volta giunto il mio turno mi avvicinai, mentre don
Yoannis ricordava i precedenti incontri e soprattutto quello con i bambini del pellegrinaggio di aprile a
Lourdes... e gli domandai di benedire tutta la grande
famiglia dell’Unitalsi laziale... cosa che lui, mi rispose,
avrebbe fatto con tutto
il cuore!
Dopo aggiunse: “Ora
andiamo a fare colazione insieme”...
Ma questa è un’altra
storia!
Ho pensato che alla
grande famiglia certamente avrebbe fatto
piacere sapere l’amore
e il sostegno di Papa
Francesco per ciascuno!
A Lui promisi che
avremmo contraccambiato con la preghiera...
che possiamo fare ora
all’inizio di questo nuovo anno!
Giovanni Marrazzo
Unitalsi Velletri-Segni
A Montelanico: in Fraternità
I
ncontrarsi, stare insieme, condividere, pregare: questa in
breve è la nostra Giornata di
Fraternità, anche se altri mille
significati, forse ancor più profondi,
certamente ce ne sono, ognuno di noi
in cuor suo, ne conosce il proprio.
La Giornata di Montelanico fra quelle organizzate in Diocesi, è probabilmente la più bella, è una grande festa
in famiglia con più di 150 invitati, un
piccolo evento che coinvolge un intero
Paese, che con affetto e con gioia, si
stringe intorno a noi partecipanti e ti
fa sentire veramente forte ed intenso
il significato della parola Comunità.
La Santa Messa, nel Santuario della
Madonna del Soccorso, è un toccante momento di
Preghiera, a tratti commovente a cui nessuno vuol
mancare, per dire grazie al Padre e a Maria che sempre intercede per noi, come sottolineato dal nostro
Assistente spirituale don Marco e dal Diacono Alessandro nella sua intensa e profonda Omelia.
Attimi di gioia condivisa, come il battesimo della piccola Alice Giulia, a cui va il nostro sentito e sincero
benvenuto nella sua nuova vita nello Spirito e la presenza nella Celebrazione del nostro fratello Gaetano,
ordinato Diacono da appena una settimana, nella
Cattedrale di Velletri, dal nostro Vescovo Vincenzo.
Non dimentichiamo poi in ultimo ma non ultimi i ragazzi del Coro, che eccezionali come sempre, sono stati
più di un degno contorno alla Cerimonia religiosa,
Terminata la Funzione è il momento del pranzo
conviviale all’aperto, sotto gli alberi, quasi un picnic di altri tempi, come evidenziato dal nostro Presidente Vito, nelle sue parole di ringraziamento.
La cucina è da top class, le cuoche sono bravissime,
anno dopo anno sembrano sfidare se stesse per riuscire nell’impresa di cucinare per tutti sempre cose
nuove e per finire in bellezza, il piatto forte della casa:
tanti buoni dolci a volontà.
Passare tra i tavoli è come incontrare vecchi amici, gesti che fanno parte integrante del rito quotidiano e questo stare insieme, senza diversità e
senza barriere ci fa comprendere ancor di più,
quanto immenso sia l’amore di Dio, quanto sia autentica e tangibile la forza del Suo Santo Spirito e
come altrettanto grandi e veri siano gli insegnamenti di Gesù Cristo, Suo Figlio e nostro Signore.
Si finisce con la simpatia del Gruppo dei Parquaria, i quali riescono a coinvolgere giovani e
meno giovani con la loro musica, fatta di canzoni, di folklore e strofe di paese, una allegria contagiosa che avvolge e coinvolge tutti e almeno
per oggi, scaccia via pensieri tristi e malinconia.
È il momento dei saluti, dei baci, degli abbracci e
delle strette di mano, è l’occasione per qualcuno per
un ultimo bicchiere ma per tutti è il momento di dirsi
grazie a vicenda per aver sia dato che ricevuto l’opportunità di trascorrere una bella giornata insieme o
meglio, come usiamo dire noi Unitalsiani, un giorno
in “fraternità”, con i nostri Amici speciali che dimostrano di essere sempre persone autenticamente
straordinarie!
9
Monica Casini
Sottosezione Velletri-Segni
Missione
Hogar Betlemme
I
volontariato unitalsiano si estende già da
qualche anno, grazie al progetto “Cuore di
Latte” anche al volontariato missionario. Oltre
alla raccolta fondi, assicura l’intervento nelle
diverse realtà in cui i progetti si realizzano con la vicinanza e il sostegno.
Dal 2009, siamo periodicamente presenti come volontari alla Hogar di Betlemme per il servizio con i
bambini e l’aiuto alle suore.
Per il periodo che copriva la partecipazione del mese
di Maggio, siamo partiti in nove; volontari Unitalsi di
sottosezioni differenti: il responsabile dell’Emiliano –
Romagnola, due della Lombarda, due della Sicilia
Orientale, due della Marchigiana e noi della Romano
Laziale; prima esperienza missionaria per la sottosezione di Velletri - Segni, destinazione Betlemme presso la Hogar Nino Dios, casa di accoglienza per bam-
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bini abbandonati, disabili o in grave necessità. Così, ci
siamo trovati insieme a vivere questi giorni, un gruppo
multiregionale, variegato e di età ed interessi diversi,
rendendoci compagni di un viaggio che ha portato
in valigia i battiti del cuore, insieme alle provvidenziali
provviste che ci hanno sostentato. Ci siamo trovati
catapultati in una realtà viva di impegno comunitario,
accolti, adoperati essendo strumenti, utensili, attrezzi
che rendono evidente ciò che è la leva dello Spirito,
in un’atmosfera di pace vissuta nell’amore che tutto
eguaglia.
Un posto meraviglioso, uno di quelli che fra i pochi
puoi chiamare casa, perché dal momento in cui arrivi
a quando il tuo tempo di permanenza sarà terminato, sei chiamato e prescelto
nella gioia del servizio, concetto minimale, opera muta
e silenziosa tra le strade del
mondo. Edificante prova
della tua pazienza, della tua
comprensione, della tua forza e del tuo coraggio, che alleviano la stanchezza, il sonno perduto e le piccole insoddisfazioni del nostro limitato quotidiano, via d’amore
e condivisione; una mano si
tende e l’altra si dona, un
sussurro d’aiuto, prepotente ritratto di una consumata
realtà che respira il viatico di
un Santo riflesso.
La famiglia che ci ha accolto
testimonia che l’amore può
tutto, le suore, i bambini e
i volontari che operano sul
posto, rendono palpabile quell’amore che è intenso
sentimento sublimato dal nostro interesse che viene
dal cuore, sintesi dell’abbraccio universale e gioioso
dell’affetto che conta, che dimostra, che elargisce. I
bimbi della Hogar sono angeli, circondati da un affetto sentito e da amorevoli cure, piccoli volti che hanno scritto la loro storia fra le pagine della nostra vita,
affinché tornando, noi potessimo trascriverle in ogni
cuore che incontriamo. L’impatto è forte nel distacco
totale da ciò che sei altrove, in una realtà conformata
e vissuta alle proiezioni dell’intimo, e con il primo incontro, ti misuri da subito con le tue inadeguatezze,
rimanendo estasiato dal sublime lavoro che svolgono
le suore, giovanissime,
belle, gioiose, sempre
sorridenti, un dono meraviglioso per questo
posto e per questi bambini. Ed è tutto lì, in quei
piccoli gesti santificati
dal dolore, preghiera di
vita che è la stessa esistenza. In quei silenzi
che danno parole, nei
limiti evidenti del loro
esteriore e nell’inverosimile della loro forza
interiore. Anime elette,
creature di soave sofferenza e di dolce coraggio, cuori in ricerca di
un poetico linguaggio,
voci di silenzio su ruote
di pazienza.
Il servizio quì svolto è
fatica buona, la giornata
scorre ed il lavoro quotidiano rende i suoi frutti.
Divisi in squadre ci siamo alternati nei diversi
compiti a noi affidati tra l’accudimento della casa e
quello dei bambini. Abbiamo avuto anche la possibilità di calcare questa terra sulle orme di Gesù
fino al Calvario, calpestando luoghi santi, ripercorrendo la storia della salvezza, emozioni del cuore tradotte dall’anima.
Ognuno di questi bambini è stato insegnamento di
vita, mani che ti stringono, occhi che ti parlano, cuccioli di un tempo indeterminato, eterni bimbi con le
chiavi del Paradiso, angeli di terra che ci regalano il
cielo, cherubini in incognito, portatori di gioia: Sim
Sim il più piccolo, affettuoso, simpatico, un orsacchiotto tenero con un cromosoma di troppo. Ramez,
sordomuto e con gravi deviazioni alla colonna, operato da poco finalmente cammina, ma questo non
basta per salvarlo, è in attesa di un ulteriore intervento
per poter sopravvivere, lui comunica tramite un linguaggio gestuale con chiara fermezza, dimostrando
la sua straordinaria intelligenza ed originalità. Karkut
e Sabrin due straordinari fratellini uniti da un sottile
filo di speranza ed un immenso amore. Heba, riccioli
ribelli di perenne sorriso, immobilità nella gioia di esistere. Wasim, scricciolo di sofferenza, esile vita in un
piccolo corpo, occhi immensi d’amore sul mondo,
sguardo mai perso, ma vivo dell’ardore della sua anima. Hamoda, divoratore folle di radici, vivace e tenero, tiene sempre le mani
in bocca e sorride con
gli occhi, cammina
con un girello sul quale compie evoluzioni da
equilibrista. Amani, occhi profondi scuri e allegri. Suraya, bellissima
principessa dallo sguardo ammaliatore, postura regale in uno sfavillio
di tenerezza. Alà, bello,
agitato e difficile, sguardo furbetto e occhi d’amore. Baha, coccole e
musica. Yahia, autistico, innamorato del suo
pallone giallo che lo segue ovunque. Ricky, si
vuole far chiamare così,
intelligentissimo,
con
una vera predisposizione per le lingue, ha imparato tutti i nostri nomi
e qualche parola di italiano in più. Wissam,
caso di grave schizzofrenia, impegnativo, difficile, ma circondato dall’amore di tutte quelle mamme che soffrono con lui.
La casa ospita anche alcune ragazze più grandi, che
sono state tra le prime ad essere accolte nella Hogar
nascente, ed è bellissimo vedere l’interazione amorosa tra tutti loro per qualsiasi bisogno o semplicemente nelle manifestazioni d’affetto. Nei 9 giorni in cui abbiamo vissuto con loro, siamo stati parte integrante di
questa bellissima famiglia allargata, assaporandone
giorno per giorno l’appartenenza come un dono, e
stanchi, ma appagati, andavamo a dormire con la
pace nel cuore in cui fare spazio a tutti quei sorrisi sui
volti accesi, alle loro carezze di misericordia, ai loro
baci di vita eterna, ai loro abbracci di verità. Il nostro
gruppo sgangherato, stanco, acciaccato già dai primi
giorni, colpito da raffreddori e mal di gola, si è rivelato
11
comunque unito nel bisogno e nelle intenzioni. Tutto
ciò che ne è venuto, comunque sia, è stato un tuffo
rigeneratore: l’amicizia in Cristo genera rapporti saldi,
duraturi, fondati sulla roccia di una verità che è sempre aggregante, pacificatrice, leva dell’umiltà di riconoscerci fragili, inadeguati, malati come e più di loro,
bisognosi della gioia dell’unità che fonde ogni cuore
che ci hanno accomunato all’evidenza dell’armonia,
alla collaborazione vissuta nei presupposti del cuore,
al pianto liberatorio che sana ogni ferita e lenisce ogni
dolore.
Questi giorni dedicati, vissuti in loro sintonia senza il
peso della differenza, nelle difficoltà di un quotidiano elementare, essenziale, tendenzialmente volto
all’esplicazione di gesti che per noi, sono abitudinari, noiosi, semplici e ripetitivi. Ogni piccolo momento
da vivere, da ricordare, e da tutto ciò imparare, assumersi responsabilità diverse legate ai veri rapporti
umani che esulano da scelte comode, egoistiche o
personali, che portano il fardello della loro esistenza,
affidandosi a te, senza riserve, aggrappandosi alla
disponibilità che tu gli offri con gratitudine e consapevolezza. Ed è nell’ abbraccio universale dell’amore
più potente di ogni cosa che ci rendiamo partecipi di
un’armonia portentosa, che è la vera speranza di una
ragione che stravolge ogni legge del mondo, ed è la
grandezza in cui qui siamo chiamati a testimoniare,
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portando le loro carrozzine sentendole leggere dell’amore che le spinge, vivere intensamente un’avventura che è conoscenza, apertura, reciprocità, valori
e sentimenti di speranza, amore vicendevole, emanazione di ciò che è l’abbrivio alla certezza vestita di
eterno, carità propagata, effusa, recepita. Il venerdì
precedente alla nostra partenza abbiamo organizzato
insieme alle suore una braciata in giardino; è stata
una serata meravigliosa, piena di gioia e di fraternità,
di canti e buon cibo gustato con reverente ringraziamento. Il Sabato invece, dopo una intensa giornata,
come tutte quelle precedenti, ballando con i bimbi,
siamo stati festeggiati e salutati dalla consegna di alcuni bigliettini ricordo per ognuno di noi, contenevano
un pensiero scritto a mano dalle sorelle e le foto dei
bambini, e ci sono stati consegnati direttamente da
loro. Giorni che porteremo con noi per sempre, con
la voglia di tornare, con un pensiero affettuoso per
ognuno di quei bimbi e per le care suore. Perchè ogni
volto che incontri, ogni bambino che ami, ogni parola
di conforto e di amore che hai elargito o che ti è stata
donata è la tua storia, realtà di un perenne dono che è
la vita comunque sia, difesa con coraggio e determinazione, perché la verità che riflettiamo è luce dell’immenso, l’amore misericordioso dell’accoglienza e del
perdono, il significato intrinseco dell’unità della Chiesa, popolo di Dio.
don Daniele
Diacono di Latina
Alla fine sono stato
“SERVITO”!
S
ono passate solo poche settimane dal ritorno
del pellegrinaggio fatto a Lourdes e, per il timore di perdermi qualcosa, sto cercando di
sporcare questo foglio con qualche memoria.
L’esperienza è iniziata con una chiamata: una voce
interiore mi ha stimolato a cercare il “treno bianco” ed
andare a Lourdes, una voce che da qualche mese mi
risuonava dentro. All’improvviso dal lavoro è arrivata
anche la richiesta di ferie obbligatorie e mi sono fatto
coraggio e ne ho parlato con mia moglie che mi ha
spinto, e così nel giro di qualche giorno ho parlato
con chi mi poteva dare qualche indicazione più chiara su questo possibile viaggio: don Gianni.
Una sera, mentre gli raccontavo questa sensazione
al servire sul treno bianco mi ha risposto molto telegraficamente: “vieni, qualcosa da fare c’è sempre”.
Certo, ripensandoci oggi, un Diacono permanente
che chiede di servire mi sembra quasi una assurdità,
ma forse non è proprio così il servizio?
Il servizio è molto diverso dal volontariato: è una cosa
che senti dentro e viene dall’essere!
In questo periodo per me essere in ferie è impossibile
o quasi, ma la mamma Celeste che mi chiamava a
qualcosa aveva spianato la strada, poi non contenta,
la stessa voce mi diceva di chiedere anche alla mia
mamma terrestre di venire anche lei e così è stato:
Martedì 21 ottobre eccoci in viaggio io e mamma sul
treno bianco (che poi non era proprio bianco almeno
esternamente).
Ero lì sulla banchina mentre il treno si cominciava a
popolare con quella sensazione materiale di non sapere come servire: “Che cosa ci faccio qui “in viaggio
senza la mia famiglia”? Poi nel cuore l’essere pellegrino cominciava a crescere, anche perché cominciavo a non pensare. Le prime persone anziane mi si
avvicinavano e mi chiedevano una mano a far salire
sul treno le valigie: era il momento di “essere servo
senza incarico”. Ma vedo arrivare una ragazza su
una sedia a rotelle accompagnata dalla mamma e da
una persona: è Giuditta (uso un nome di fantasia). Mi
chiedono una mano per farla salire sullo scompartimento e lei ha due enormi occhi che ti osservano e ti
scrutano profondamente: resto colpito dentro.
È ora... il treno parte: sono nello scompartimento con
due persone della stessa mia città, una mamma e
una figlia anche loro per il pellegrinaggio. Il viaggio è
lungo, cosa fare?
Mi tornano in mente le parole di don Gianni: “durante
il viaggio, quando senti gli annunci, chiedi se serve
una mano e con i malati e le persone anziane parlaci,
ascolta, ma questo dipenderà da te!”...
C’è la mia prima esperienza e ci provo, cominciando a fare conoscenza, ascolto le loro storie: storie di
solitudine, storie di dolore, ma con un unico collante:
“LA SPERANZA”. Più avanti c’è Giuditta con la mamma: “cosa fare, darò fastidio?”, quante domande...
e così ci raccontiamo le nostre storie, i nostri sguardi si intrecciano: Giuditta mi sorride, la mamma mi
dice: le stai simpatico allora contraccambio il sorriso.
La mamma mi racconta che sono già parecchie volte che va a Lourdes e poi aggiunge: “Io non ho mai
chiesto la grazia per Giuditta, ma la serenità, la grazia
mi sembrava una cosa troppo grande!”;
Giuditta nonostante tutto è serena la Madonna mi ha
ascoltato!”
...in pellegrinaggio per servire ma alla fine sono stato
SERVITO!
Poi l’altoparlante annuncia che tra un po’ ci saranno
passati dei foglietti su cui scrivere la preghiera che
sarà portata nella grotta durante il Rosario a Lourdes.
La mamma lo spiega a Giuditta e poi mi dice : “lo sai,
Giuditta scrive con il computer”, allora io di riman-
13
do: “Giuditta vuoi scrivere sul telefonino?” e lei con
gli occhi spalancandoli dice si! (Gli occhi spalancati
sono il suo modo per dire si...) Le reggo la mano e
piano piano scrive. Preghiamo per: il suo nome, il
mio nome e il nome della mamma... Non aggiungo
altro a questo primo DONO che ho ricevuto: il sorriso
e la gratitudine di Giuditta!
Mercoledì 22 Lourdes. È presto, nonostante la
stanchezza sono già alla grotta. Arriva affianco a me
un amico motorizzato, ha lo stemma della SS Lazio sulla carrozzella, gli faccio una battuta: “Anche
tu sei della Lazio?”... Cominciamo a fare amicizia: Si
chiama Giobbe (uso un nome di fantasia) mi chiede se sono al primo pellegrinaggio e rispondo “si”,
allora si offre di farmi da Cicerone. Ti faccio visitare
io il santuario e, senza aggiungere altro, parte con
quella carrozzella “sprint”. Ad un certo punto gli ho
detto: “Vai calmo, se no non ce la faccio...”. E lui:
“Stammi dietro così non facciamo le file” e vai con
la piscina, le tre chiese, i mosaici, il tutto passando
rigorosamente davanti agli altri ma, come mi ricorda
Giobbe: “Io posso! e anche tu se stai con me!”. Poi
mi chiede di rivederci e così scopro che è anche un
fotografo. Lo accompagno alla Via Crucis per i malati, molto spesso ci ritroviamo alla grotta, è sempre
sorridente e ogni tanto gli faccio anche da segreteria
per distribuire i biglietti da visita a chi fotografa. Una
notte, nonostante il freddo, si è levato il cappello di
lana che gli avevo messo “perché dice non me la
sentivo di stare davanti alla Madonna con il cappello e poi aggiunge “spero che Mamma non mi abbia
visto a casa” (la mamma ha 94 anni)!”... La sera dei
flambeaux ero con Giuditta, contentissima di vedere
tutte quelle luci, mentre Giobbe ci illuminava la strada
con le luci della “carrozzella sprint”;
Ci sono momenti veramente che ti entrano dentro,
il freddo delle serate non lo senti e neanche la stanchezza! Il pellegrinaggio va preso di petto così tutto
di un fiato!
I momenti sono intensi e tanti: le celebrazioni Eucaristiche (soprattutto quelle nella grotta), la processione
Eucaristica, le Via Crucis (quella dei malati e quella
notturna), i flambeaux, il rosario alla grotta, le piscine, la stanza del SS Sacramento, i sorrisi e le storie
di ognuno che si intrecciano, non ce n’è nessuno di
questi momenti che può essere vissuto senza l’altro.
Il mosaico finale lo vedi solo vivendo ogni istante con
tutto il tuo essere e, nonostante i colori sembrano
ancora sbiaditi, solo con il tempo li potrai ammirare
14
nella completezza del loro splendore.
In questa esperienza piano piano ti svuoti di te stesso
per riempirti dell’altro, cerchi di servire ma sei servito
dai sorrisi e dalla gioia dei piccoli gesti che ormai hai
dimenticato; riscopri che guardare dal basso all’alto in realtà ha una dignità tutta sua, che nonostante quello che abbiamo ci allontaniamo con il cuore
dai nostri doni che abbiamo ricevuto, delle volte ci
sembra di parlare al vento e non ci accorgiamo che
Dio è sempre davanti a noi, dentro di noi... quante
riscoperte!
Una sera passando davanti alla grotta ho sentito il
sacerdote che diceva “la condizione dei servi è quella dell’attesa” ed io ho aggiunto mentalmente “…in
questa attesa serviamo Cristo nell’uomo, nella speranza di servire Cristo nell’eternità”…
... in pellegrinaggio per servire, ma alla fine sono stato SERVITO!
Al ritorno mi sono portato dentro le loro storie,
storie di solitudine, storie di speranza, storie di
dolore, ma soprattutto storie di amore e di sorrisi e già non è da tutti scoprire la GRAZIA di un
bel sorriso soprattutto quando ti è donato con un
Amore sofferto.
Certo, viene da chiedermi: ed ora? come proseguirà la mia strada? dopo essere stato servito
così bene sarò in grado anche io di servire?
Grazie a Giuditta, Grazie a Giobbe, Grazie a tutte quelle storie e quei sorrisi che ho incontrato,
ora comprendo quanto non è “tanto amare, ma
il lasciarsi amare” che ci fa crescere nel nostro
cammino di Fede, non è tanto saper servire, ma
lasciarsi SERVIRE ed è stata questa la mia Lourdes; Vi affido tutti alla protezione della Madonna:
Maria Madre dell’ascolto,
Donna fatta preghiera,
Tabernacolo silenzioso
donami lo stupore del silenzio, e della preghiera
e fa che nella voce della brezza leggera
possa umilmente ascoltare la Voce di Figlio tuo
e riconoscerne la Sua volontà.
Amen
(Lourdes ottobre 2014)
Pax et spes
Diac. Daniele
Nonne invisibili
Sole, povere e spesso abbandonate.
Solo le anziane accudite presso la Società antoniana di Betlemme.
Le loro gioie e le loro sofferenze nel racconto di una volontaria
D
onne anziane sole, senza figli che possano
prendersi cura di loro, o con i figli emigrati
all’estero in cerca di un futuro migliore. Malate e senza accesso al sistema sanitario in
un luogo dove manca ogni aiuto governativo. Sono
le donne «invisibili» di Betlemme. La casa di accoglienza della Società Antoniana di Betlemme, con il
supporto di ATS pro Terra Sancta e dell’Ufficio francescano per i servizi sociali, ospita attualmente 22
signore rimaste sole. Anziane segnate da un destino
comune: l’indifferenza della società. Ma che grazie
al sostegno di molti amici possono affrontare questa
piccola ma importantissima sfida: vivere con dignità
la propria vecchiaia a Betlemme.
Oltre alla casa di accoglienza, da più di un anno è
stato avviato un centro diurno, dove si ritrovano per
tre giorni alla settimana circa 40-50 anziani di Betlemme. È previsto anche un servizio domiciliare di assistenza primaria per un gruppo di anziani residenti
nelle proprie abitazioni, e agli anziani più poveri viene
offerto anche un pranzo nutriente.
Il modo più semplice per sostenere gli anziani di Betlemme è una donazione, che viene subito inviata alla
Società Antoniana. E che si trasforma in un pasto caldo, in medicinali, in beni di prima necessità.
Qualcuno lo fa anche dando volontariamente il proprio tempo e la propria competenza, mettendosi al
servizio degli ospiti della casa. È il caso di Nicoletta,
volontaria per ATS pro Terra Sancta. Ecco il racconto
delle difficoltà ma anche le gioie vissute in tre settimane di servizro.
«Quando arrivo alla Casa, oltrepassato il check-point, è già
buio; mi colpiscono le luci di
una grande stella cometa posta sopra la facciata della chiesa. Mai una luminaria a forma di
stella cometa mi è apparsa così
ben collocata di questa: Gesù è
nato e rinasce a Betlemme, il 25
dicembre, per portare un messaggio di amore, pace, speranza
e salvezza. A Betlemme, come
ovunque nel mondo, Gesù ha il
volto di chi soffre, di chi è solo, di
chi è povero, di chi è abbandonato, proprio come tante donne
ospitate nella Casa.
Quando entro nel corridoio vedo,
sedute su poltrone, delle donne,
più meno anziane, che dormic-
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chiano, che guardano la televisione, tante con la propria copertina di lana, chi sulle spalle chi sulle gambe.
Al mio ingresso tutti gli occhi si posano su di me, io
non posso far altro che sorridere e fare ciao con la
mano ... penso che sia un disastro non conoscere
l’arabo! Dal giorno seguente, faccio di tutto per cercare di rendermi utile, pur con la dovuta cautela perché ritengo che il personale non debba essere in alcun modo «spogliato» delle proprie mansioni all’arrivo
dei volontari. Cerco di affiancarmi, di conoscere e di
capire. Tra di loro pare non esserci un grande dialogo,
non chiacchierano come tutte le donne, quasi che
non ci fosse più niente da raccontare. Non mancano
però gesti di solidarietà ed aiuto reciproco: chi è sulla
sedia a rotelle viene trasportata da un locale all’altro
da chi è più in forma, così come la donna cieca viene
sempre presa per mano da qualche compagna. Lei
questo lo sa perché, a tavola, una volta finito di mangiare, non sempre aspetta che qualcuna la «prelevi»
per passare nel salone, ma si alza e c’è chi prontamente si avvicina per aiutarla. Giorno dopo giorno,
ognuna delle donne della Casa si rivela fonte inesauribile di sorprese. Le più anziane mi colpiscono per la
loro semplicità ed affettuosità: ricambiano una piccolissima cortesia, come l’essere sorrette al braccio per
spostarsi dal refettorio alle poltrone del corridoio, con
una gratitudine infinita.
Qualcuna ha con me un atteggiamento un po’ materno, oserei dire protettivo, che colpisce direttamente al cuore. Per il poco che riesco ad offrire,
ho una ricompensa fatta di dolci sorrisi, amorevoli
sguardi, teneri abbracci».
E ancora: «La morte non è vissuta come da noi, entra a far parte della quotidianità perché in Palestina
non tutti possono accedere alle cure sanitarie e si
deve avere un permesso anche per poter andare in
un ospedale a Gerusalemme, oltre il muro, appunto.
Non è passato giorno senza che sentissi parlare di
muro dentro e fuori la Casa. Non è passato giorno
senza che lo vedessi in fondo alla via che percorrevo ogni giorno per andare alla chiesa della Natività.
Non avrei mai immaginato cosa significhi vivere in
una Betlemme racchiusa non da belle mura, come
quelle della Città Vecchia di Gerusalemme, ma da
un muro di cemento armato alto 8 metri, con filo spinato, torrette di guardia, videocamere e quant’altro.
A fronte di un’esperienza di volontariato così forte
non posso che ringraziare ATS pro Terra Santa per
l’opportunità che mi ha offerto e che offre a tutti i
volontari in Terra Santa. Nel cuore avrò per sempre
il ricordo delle donne della Casa, di chi si dedica
ad esse anima e corpo e di tutti i palestinesi che
ho conosciuto, la cui pazienza e mitezza mi sono di
esempio». (m.m.)
40 anni... ed è domani!
Un DVD di ricordi e testimonianze per i
quarant’anni del pellegrinaggio della gioia
dei bambini a Loreto dell’Unitalsi Romana
Laziale, realizzato dalla sorella Elena Balestri e Carmela Lisabettini, è stato presentato a Loreto durante il Pellegrinaggio
del 40°.
Tutti possono già prenotarlo direttamente
presso la sede della sezione Romana-Laziale, con un contributo di Euro 15 che
servirà a finanziare la partecipazione dei
bambini a Loreto per l’anno prossimo.
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Giorgio Ferrarelli
Diacono permanente di Roma
...E dopo di noi?
C
i presentiamo: siamo Giorgio, Emi e Mattia,
una famiglia come molte, dove la malattia è
entrata di prepotenza nella nostra vita.
Giovani sposi con il desiderio di avere una
famiglia numerosa che organizza la propria vita prendendo i propri progetti come punto di partenza e
punto di arrivo per vivere serenamente. Alla nascita di
Mattia, trenta anni fa, la nostra felicità arriva al settimo
cielo. Il bambino che avevamo tanto atteso ora è tra
le nostre braccia, come tutti i genitori le ansie, le indecisioni e addirittura le paure prendono pian piano più
spazio nelle nostre giornate. A pochi mesi ci accorgiamo che Mattia ha delle difficoltà motorie, non riesce a
raggiungere alcune delle prime tappe di maturazione
e l’ansia comincia a prendere il sopravvento.
Iniziamo a muoverci cercando aiuto dal pediatra che
però non ci ascolta e banalizza le nostre ansie, fino al
giorno in cui siamo stati perentori e abbiamo chiesto
cosa dovevamo fare. Da lì è iniziato il nostro calvario,
abbiamo consultato tanti medici in tante città d’Italia
e di altre nazioni senza arrivare a nessuna diagnosi.
Più il tempo passava più prendevamo coscienza della
gravità e delle limitazioni di nostro figlio.
Con il passare del tempo il dolore ci ha logorato, il
Signore non aveva posto nella nostra vita, cercavamo
nel mondo qualcosa che poteva colmare il vuoto, anzi
la voragine che si era formata nel nostro cuore, ma
nulla poteva sostituire quello che noi avevamo perso.
Un giorno Emi mi dice: “Voglio andare a Lourdes”. Io
rimango di ghiaccio e gli rispondo: “Come facciamo
con Mattia?”. La sua risposta è decisa: “ Informati,
voglio andare”.
Non conoscevamo l’Unitalsi, ma alcuni amici ci parlano del treno
bianco, non ci raccontano molto ma decidiamo di partire. Ricordo
ancora la prima volta
che sono andato in
sottosezione, era sabato mattina, Alessandro mi accoglie con un
sorriso rassicurante e
mi fa accomodare, comincio a fare domande
fino ad arrivare alla sistemazione in albergo.
Alessandro mi propone
subito il Salus per Emi
e Mattia ed io rispondo,
anche un po’ scocciato, che dove dormo io
dormiranno anche loro.
17
Mi rassicura e mi dice che
gliene sarò grato al ritorno.
A quel punto mi fido, ci
iscriviamo e finalmente si
parte.
Il treno a Ostiense è arrivato,
non riusciamo a capire chi
sono tutte queste persone
che si danno da fare ad
aiutare i pellegrini e i malati
a prendere posto e a sistemare i bagagli. Ci sentiamo
soli pur essendo insieme a
tante persone.
Finalmente si parte. La partenza è stata per noi come
lasciare il nostro mondo ed
entrare in un mondo totalmente diverso, un mondo fatto di Amore, solidarietà
e condivisione, il nostro è stato come un rinascere
scoprendo che non siamo soli nel nostro dolore che
ci sono moltissimi amici capaci di portare con noi la
croce cercando di alleviarne il peso.
Non sono io che devo raccontare a voi Lourdes perché se state leggendo queste mie poche righe, avete
sicuramente fatto questa esperienza. Voglio dirvi soltanto che Maria ci ha aiutato ad uscire dalla voragine
che si era formata nel nostro cuore, che siamo stati
accolti da lei come solo una madre sa fare con dolcezza e tenerezza, che si è istaurato con lei un rapporto che durerà per tutta la nostra vita.
Da allora non ci siamo più allontanati dall’Unitalsi anzi
nel viaggio di ritorno don Gianni ci ha parlato del treno
della Gioia e l’anno successivo abbiamo partecipato
portando con noi il vice parroco e alcuni giovani della
parrocchia come volontari.
Vivere la spiritualità della nostra associazione significa
condividere le esperienze e soprattutto farla conoscere per condividerne i frutti. Ci siamo dati da fare fino a
formare un gruppo di trenta volontari, tutti giovani alla
prima esperienza di servizio.
La nostra vita è cambiata finalmente la gioia è ritornata nei nostri cuori.
Oggi, a distanza di venti anni da questa prima esperienza, una sola cosa ci fa sentire il peso di una grande responsabilità: cosa sarà di Mattia quando noi non
ci saremo più? Allora ci siamo messi a pregare per
chiedere al Signore di illuminarci, di farci capire cosa
possiamo fare per lui e per le persone che si trova-
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no nelle sue stesse condizioni. E’ vero, “Sul monte
il Signore provvede” (Gn 22,14), però noi dobbiamo
contribuire ad edificare il Suo regno su questa terra.
Non possiamo pensare a un istituto così come oggi
è concepito, non possiamo pensare a farlo stare con
persone che non conoscono la compassione nell’accezione della condivisione e non nella pietà, quello
che in aramaico si traduce con la parola rachamim
che deriva dalla radice rechem che significa “utero” e
rachamim è il rapporto che l’utero ha verso colui che
ospita al suo interno.
Ecco cosa mi ha spinto a scrivere queste righe: il desiderio di chiedere a chi è nella nostra stessa situazione “Aiutaci a capire cosa possiamo fare!”
Mi sono messo a navigare su internet ed ho trovato
tante iniziative, per lo più indirizzate a persone anziane
e sole, che si sono unite in appartamenti ed hanno
risolto anche il grande problema economico unendo
le loro risorse e riuscendo a dare lavoro a persone
qualificate che hanno alleviato i loro disagi e le loro
difficoltà.
Perché non prendere a modello queste piccole comunità e formare delle case che possano ospitare alcune persone formando una vera e propria famiglia,
sostenuta da figure professionali e soprattutto da volontari che circondino gli amici in difficoltà di attenzioni e dell’Amore che viene solo da chi ha incontrato il
Signore?
Soltanto allora potremmo finalmente dire: “Ora lascia Signore che il tuo servo vada in pace” (Lc 22,29)
come ha fatto Simeone al tempio.
Sogni e... realtà
Q
uando la grande famiglia dell’Unitalsi laziale leggerà questa nostra rivista, molte
notizie (date dei pellegrinaggi, ulteriori
attività e quote di partecipazione) saranno ben definite e conosciute dai più.
Qui oggi interessa parlare di un problema che ogni
anno diventa sempre più preoccupante ed è quello
della partecipazione dei giovani ai nostri pellegrinaggi.
Le informazioni della disoccupazione giovanile sono
da mesi e mesi sotto gli occhi di tutti e soprattutto
oggi avere un giovane disoccupato o sotto-occupato...è una “presenza” in tante famiglie.
A questo problema si aggiunge anche il giovane che
non lavora ma che studia, ed è quindi un doppio peso
per la famiglia.
Ma sono tanti i giovani (e non solo loro per fortuna!)
che desidererebbero poter partecipare ad un pellegrinaggio soprattutto a Lourdes, ma che non possono
farcela a far fronte alla quota!
Allora farà bene “conoscere” come alcune regioni unitalsi hanno “affrontato” e tentato di dare delle soluzioni.
Una di queste è la sezione Unitalsi Lombarda che ha
portato tanti giovani a Lourdes, dopo aver fatto una
lotteria regionale...dimezzando la quota di partecipazione!!!
Ovviamente immagino già le riserve e le difficoltà di
qualcuno: “da noi non va... i parroci non ci fanno vendere i biglietti fuori della Parrocchia...” e così via.
Loro invece sono riusciti a “piazzare”più di cinquantamila biglietti ed ogni blocchetto era di 50 biglietti (costo
1 euro) ed ogni unitalsiano si doveva impegnare a pagarli anticipatamente e...venderli nel proprio ambiente
di lavoro, di attività sportiva ed altro...e qualcuno anche in parrocchia!
La stessa cosa hanno fatto in Emilia Romagna e solo
nel pellegrinaggio di agosto hanno portato a Lourdes
80 giovani!
Come abitanti il Lazio non è più piccola della regione
Lombardia o dell’Emilia Romagna!
Se loro ci sono riusciti, perché noi no?
Ma vi sono due altre cose che si potrebbero fare per
aiutare la sezione anche per non vedere ogni anno
l’aumento delle quote... tanto temute, ma sempre presenti!
Ecco le due proposte: questa rivista viene inviata a
5.000 persone.
Se ognuna di queste inviasse tramite conto corrente allegato o tramite bonifico bancario l’importo di 10
euro avremmo l’equivalente per facilitare metà quota a
150 giovani (35 giovani ad ogni nostro pellegrinaggio,
35 forze nuove sul treno e a Lourdes!).
La seconda proposta non costa nulla ma ci ha visti
PIGRI all’ennesima potenza: è quello di offrire il 5x mille all’Unitalsi nella dichiarazione dei redditi! Non solo il
nostro, ma invitando amici e conoscenti e presentando il variegato campo di attività unitalsiane eppure... vi
sono delle sotto sezioni della nostra regione nelle quali
nessuno, NESSUNO ha dichiarato il 5x mille a favore
dell’Unitalsi!
Ed allora è inutile continuare a lamentarsi che i viaggi
costano tanto o con l’altra frase che “non si fa nulla per
le forze giovani”.
Diceva Confucio. “Piuttosto che imprecare contro le
tenebre: accendi un cerino”.
E un altro proverbio può spronarci: “Se sogna un
uomo soltanto è solo un sogno... se sognano in tanti:
si crea una nuova realtà”.
Per favore: sogniamo in 5.000 e recupereremo i 355
che quest’anno non hanno partecipato ai nostri pellegrinaggi!
ANDIAMO IN TERRA SANTA
dal 9 al 16 Marzo
per meglio vivere la Pasqua!
19
Di Franco Mariani
Della sotto-sezione di Sora
A Loreto per un
cammino di Fede
D
al 7 al 9 novembre scorsi, nell’annuale pellegrinaggio alla Santa Casa di Loreto, siamo
stati veramente bene, insieme ai fratelli Unitalsiani della Sottosezione di Montecassino
ed dei gruppi di S. Giorgio Ionico, Pulsano, Grottaglie
e Crispiano della Sezione Pugliese.
Eravamo oltre 270 persone tra ammalati, volontari ed
accompagnatori. Il pellegrinaggio è iniziato il giorno 7
con l’incontro di apertura delle ore 21 nella sala San
Giovanni XXIII, presieduto da Don Decio Cipollone, ed
è terminato il giorno 9 con la S. Messa nella Sala
Pomarancio.
Il giorno 8 è stato il periodo forte, un intenso cammino di fede, un concentrato di spiritualità, di fraternità,
20
di amicizia e di crescita nell’amore vicendevole.
Iniziato con la liturgia penitenziale delle ore 9 in Basilica superiore, con la S. Messa delle ore 11, che il
Rettore del Santuario, Padre Franco, ha voluto presiedere, al fine di dare maggiore rilievo alla presenza
degli ammalati; con il Santo Rosario meditato alle ore
15,00, ed il successivo passaggio in Santa Casa per
gruppi; con la Processione Eucaristica e la Benedizione dei malati in piazza alle ore 17,15; e con la
fiaccolata in Piazza con la Statua della Madonna, durante la quale è stata celebrata la Via della Luce.
Tutto si è svolto nel migliore dei modi, anche il tempo è stato bello con giornate assolate e calde. Abbiamo vissuto momenti di forte intensità spirituale,
un vero cammino
di fede verso e con
i nostri amici delle
prime file, vero volto
di Dio, vero tempio
dello spirito santo,
veri costruttori di
quella civiltà dell’amore vicendevole
che risponde pienamente al comando
di Gesù: amatevi gli
uni gli altri così come
io ho amato voi. Da
questo vi riconosceranno se siete miei
discepoli.
Tutto questo è potuto realizzarsi grazie a
chi ci ha guidato. Un
Grazie
particolare
va a Padre Gianlu-
ca Quaresima del Santuario, sempre presente,
attento, gentile, paziente
e profondo nei suoi interventi. Un abbraccio ed un
grazie sentito a don Decio,
vicario generale, sempre
accogliente, gioioso, efficace, vero trasmettitore
di fede, e capace di dare
senso all’essere unitalsiano di cui egli è stato uno
dei maggiori protagonisti
della storia recente.
Come non ricordare e ringraziare i nostri assistenti,
don Giancarlo della Sezione Pugliese, don Pasqualino e don Erich che, pur
di stare con noi in questa
meravigliosa esperienza,
hanno dovuto farsi sostituire nelle loro incombenze
parrocchiali! Grazie anche ai medici, la cui presenza,
data la peculiare platea unitalsiana, è sempre preziosa ed indispensabile. Senza la loro presenza sarebbe
impensabile immaginare un pellegrinaggio con tanti
ammalati. Oltre 40 erano quelli su sedia a rotelle.
Stare nella Santa Casa, è stare nella casa di Maria
e di Gesù a Nazareth, in Terra Santa. Non vi sono
più dubbi al riguardo. Tutte le ricerche effettuate, iconoclastiche, archeologiche, chimiche, geologiche e
storiche depongono, con certezza, in favore della
ipotesi secondo cui le tre pareti della Santa Casa
di Loreto provengono
da Nazareth e che esse
sono ivi state trasportate
con navi per proteggerle
dal saccheggio dalla devastazione dei Mamelucchi che avevano messo in
fuga i crociati e tutti cristiani.
Un documento del settembre 1294, attesta che
Nicifero Angeli, despota dell’Epiro, nel dare la
propria figlia, Ithamar, in
sposa a Filippo di Taranto, quartogenito di Carlo D’Angiò, re di Napoli,
trasmise una serie di beni
dotali, tra cui “Le Sante
Pietre portate via dalla
Casa della Nostra Signora
la Vergine Madre di Dio”.
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di Maurizio Patriciello
Perché
la sofferenza...
U
na coincidenza, forse. O, forse, il tocco
delicato della carezza di Dio per ricordarci che non siamo soli, che ci sta accanto, che ci ama e soffre con noi e per noi. Chissà. Un giorno tutto ci sarà chiaro; oggi dobbiamo
muoverci nella penombra della sera. Oggi ci viene
chiesto di esercitare la fiducia. Fidarsi di Dio che ci
comanda, contro ogni logica umana, di andare ad
abbracciarlo camminando sulle acque. Che insiste
nel chiederci di calare le reti in una notte buia e senza stelle, quando il mare è avaro e la pesca è desolante. Te lo chiede Lui, e tu, per niente convinto,
obbedisci solo perché hai fiducia in Lui. Giovanni,
mio fratello, è morto. La leucemia lo ha consumato
in pochi mesi. Uno spasimo straziante. Una croce
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pesantissima da trascinare. Il dolore forte non lasciava spazio per riflessioni filosofiche o teologiche.
Eppure, nonostante il morso acuto che gli rubava
il riposo, l’aria, la vita, Giovanni mi chiedeva: «Perché? Perché?». «Perché che cosa, Giovà?». «Perché la sofferenza, Miziò …». Già, perché la sofferenza. E chi lo sa? Nemmeno Gesù, a riguardo, volle
sciogliere l’enigma. Una cosa è certa: mai il patire è
vano. Come concime, misteriosamente, fa germogliare i deserti aridi delle nostre vite.
Qualche mese fa, il cardinale Sepe volle assegnarmi
il “Premio san Gennaro”. Corsi a regalare a Giovanni
l’opera di bronzo raffigurante il busto del santo patrono di Napoli e della Campania. «Giovà, guarda
che bella, la dono a te. San Gennaro, vedrai, ci aiuterà…». La mise sul
comò in modo da
poterla guardare dal
suo letto. Ne andava
fiero. La mostrava a
tutti. La malattia negli ultimi giorni si era
fatta crudele, senza
scrupoli.
Tiranna,
disumana. Non gli
era rimasto un solo
lembo in quel corpo
straziato che fosse
risparmiato dal dolore lancinante. Sapevamo che sarebbe
volato via in seguito
a una emorragia o
a un attacco respiratorio. Pregavamo
incessantemente.
In modo particolare
chiedevo l’intercessione di Padre Pio
da Pietrelcina, San
Gennaro, san Gaspare del Bufalo, fondatore dei Missionari
del
Preziosissimo
Sangue. «Signore, ti
prego, l’emorragia,
no. Quando vede il
sangue, Giovanni, va
in panico …».
Aveva intuito, infatti,
nonostante le mille
bugie che gli venivano raccontate, che
poteva essergli fatale. Venerdì, 19 settembre, è la festa di
san Gennaro. È l’ora
in cui, in cattedrale,
il cardinale Sepe celebra la messa e porge alla venerazione dei fedeli le antiche ampolle contenenti
il sangue del vescovo martire. È il giorno in cui, in
genere, avviene il prodigio dello “scioglimento” del
sangue. Chiedo a mio fratello se gli fa piacere che si
accenda il televisore in camera da letto. Annuisce.
Le prime immagini ci portano in casa il volto felice
del cardinale Sepe mentre annuncia che il prodigio tanto atteso è avvenuto. Giovanni sta morendo per una malattia del sangue nelle stesse ore in
cui a Napoli si rinnova il prodigio del sangue di un
martire innamorato di Dio. Mentre, con la mia famiglia, assisto mio fratello, prego incessantemente il
nostro santo patrono. Gli chiedo la carità di evitare a
Giovanni, che è lucidissimo, l’emorragia che gli sarà
fatale. Lo supplico di farmi questa carità. Con l’aiuto della morfina leniamo il suo dolore: Benedetta
scienza quando viene in aiuto della persona umana
e allevia i tormenti. Poco dopo, Giovanni si addormenta. Dorme qualche ora, poi, serenamente passa al riposo eterno. Il bruco, tenuto prigioniero dal
morbo, si trasforma in una farfalla variopinta e inizia
a volare per i cieli infiniti, i tempi eterni. Mistero immenso della vita e della morte. Mistero del “confine”
che separa la vita dalla morte. Giovanni ha bevuto il
calice amarissimo che gli è stato offerto. Nemmeno
una sola goccia è rimasta sul fondo della coppa.
L’emorragia tanto temuta, però, non c’è stata. In
cuor mio, ringrazio San Gennaro. Il giorno dopo
siamo riuniti in chiesa per la concelebrazione Eucaristica. Sono riconoscente al Signore per il dono
della fede che ha voluto fare a me e alla mia famiglia.
Certo, con Dio la vita rimane un mistero non sempre
comprensibile; senza Dio, però, diventa un assurdo.
Almeno per me. Mi rendo conto che è il 20 settembre, il giorno in cui ricorre il 96° anniversario delle
stimmate di padre Pio da Pietrelcina. Fu proprio la
mattina di quel lontano 20 settembre del 1918, infatti, che il giovane frate cappuccino, si ritrovò con le
mani, i piedi e il costato insanguinati e si spaventò.
Padre Pio porterà quei segni misteriosi e veri nel suo
corpo per mezzo secolo. San Pio e San Gennaro:
due uomini che con la coerenza della loro vita, e
col sangue versato, ci ricordano l’altissimo prezzo
pagato da Cristo per la nostra salvezza. Giovanni ha
spiccato il volo nella festa di san Gennaro, il suo funerale si è svolto nell’anniversario delle stimmate di
Padre Pio. Una coincidenza, forse. O, forse, il tocco
delicato della carezza di Dio per ricordarci che non
siamo soli, che Lui ci sta accanto. Che la sofferenza
atroce, ai limiti dell’umana sopportazione, patita da
mio fratello, unita a quella di Gesù e di tanti cristiani,
possa trasformarsi in salvezza e profonda gioia per
tutta l’umanità.
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50 anni a Lourdes
C’è chi festeggia le “Nozze d’oro” e chi 50 anni
di presenza, di preghiera e di offerta della propria
sofferenza alla S. Vergine. È ciò che ha fatto Renata Sagnotti con suo figlio Cristiano Zanfagna
che, accompagnati dai nipoti Cristiano e Ilaria
alla grotta, come Maria, hanno rinnovato il loro
sì di fede.
Grazie...
Nella nostra famiglia il servizio che conta è quello di rispondere con tutto noi stessi, nel fare ciò che ci viene
richiesto, certi di compiere la volontà di Dio, lavorando per Lui.
Vogliamo dire il nostro grazie a dei sacerdoti che per anni hanno svolto il ministero di assistenti.
Un grazie che vogliamo iniziare a rivolgere al sempre giovane don Romolo Sabbi, della sottosezione di
Palestrina, che per ben 26 anni non è mai mancato nei pellegrinaggi a Loreto e a Lourdes.
Poi, secondo classificato, ma solo per età è don Luigi Bardotti della sottosezione di Rieti. Parlare di Unitalsi
a Rieti si identifica con la figura e l’azione pastorale di don Luigi. Il suo amore alla Madonna, ai malati e il suo
impegno resteranno uno stimolo per tutti i fratelli e le sorelle della sottosezione.
Un grazie lo dobbiamo anche a don Marco Fiore, della sottosezione di Velletri-Segni, che è oggi preso soprattutto dal suo impegno come vice-rettore presso il seminario leoniano di Anagni.
Quindi ci sembra opportuno dare il più fraterno “benvenuto” ai nuovi assistenti:
- S.E. rev.ma Domenico Sigalini, vescovo di Palestrina che svolgerà anche questo servizio per l’Unitalsi della
sua diocesi. Per la grande famiglia dell’Unitalsi tutti è un segno di grande fiducia e stimolo a continuare a
servire i malati vedendo in loro il volto di Cristo.
- Benvenuto a don Giovanni Soccorsi per Porto e S. Rufina.
- Benvenuto a don Franco Angelucci per Rieti.
- Benvenuto a don Rinaldo Brusca per Velletri-Segni.
- Benvenuto a don Giuseppe Scarito per Viterbo.
Ricordiamoli nella preghiera
Alcuni fratelli e sorelle hanno terminato il loro servizio
terreno per ricevere la gloria eterna.
Fra i tanti vogliamo ricordare Elena Balestri, il cui ultimo lavoro a favore del pellegrinaggio dei bambini di
Loreto è stato il video del 40°.
- Il barelliere ex presidente di Porto e S. Rufina:
Vincenzo Bauco anche lui ha terminato il pellegrinaggio terreno.
È stato commovente nel pellegrinaggio di Ottobre che
alcuni giovani, con le lacrime agli occhi domandarono
a don Gianni una candela della grotta per portarla a
Vincenzo per recitare il rosario con lui con un “segno”
di Lourdes.
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VIAGGIANDO INSIEME
Autorizzazione del Tribunale di Velletri
n. 13 del 4-10-90
Direttore responsabile: Tommaso Ricci
Redazione c/o:
Don Gianni Toni - Viale G. De Chirico - Latina
[email protected]
Amministrazione: Unitalsi - Via Andrea Millevoi, 65 - ROMA
Foto: Don Maurizio Medici / Nardini A.
Grafica e Stampa:
Nuova Grafica 87 srl - PONTINIA (LT) - Tel. 0773.86227
PELLEGRINAGGI 2015
LOURDES
• 26 Aprile - 2 Maggio (treno)
• 20-26 Agosto (treno)
• 21-25 Agosto (aereo)
• 27 Settembre - 3 Ottobre (treno)
• 28 Settembre - 2 Ottobre (aereo)
• 18-24 Ottobre (treno)
• 19-23 Ottobre (aereo)
• 22-28 Ottobre (treno)
• 23-27 Ottobre (aereo)
LORETO
FATIMA
• 7-10 MAGGIO (bus)
• 25-29 Giugno
Pellegrinaggio dei Bambini (bus)
• 17-20 Luglio (bus)
• 4-7 Settembre
TERRA SANTA
• 9-16 Marzo
Viaggio speciale per meglio vivere la S. Pasqua.
(Occorre essere muniti di passaporto con scadenza di almeno 6 mesi
dalla data del pellegrinaggio).
Se per il pellegrinaggio vi fossero problemi di sicurezza, sarà la stessa Unitalsi eventualmente ad annullarlo.
Per informazioni ed iscrizioni ai pellegrinaggi: rivolgersi alla propria sottosezione Unitalsi.
Si ricorda che il termine delle iscrizioni scade 30 giorni prima della partenza
ed occorre versare subito il 50% della quota prescelta.
www.unitalsiromanalaziale.it
Dulcis in fundo: La sezione ha organizzato una lotteria.
Se ogni socio dell’Unitalsi Laziale
prende l’impegno di vendere almeno 50 biglietti nel proprio ambiente,
riusciremmo a realizzare il sogno di ridurre le quote di partecipazione
ai pellegrinaggi per i giovani,
così come hanno fatto alcune regioni unitalsiane!