Tariffa Associazioni Senza Fini di Lucro: Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2 - DCB Roma - N. 4 - 2014 - Pubblicazione trimestrale - UNITALSI - Via XXV Aprile, 18 - 00034 Colleferro (Roma) Maria che ci dona Gesù, ci faccia il regalo di ritrovarci insieme nel nuovo anno ai piedi della Sua grotta. UNITALSI SEZIONE ROMANA-LAZIALE Via Andrea Millevoi, 65 - 00178 ROMA - Tel. 06.51955963 - Fax 06.51955964 c/c n° 84168004 IBAN: IT48E0312703307O00000036163 Presidente regionale: Preziosa Terrinoni Assistente ecclesiastico regionale: don Gianni Toni Sedi delle sottosezioni Albano L.go Piamartini n. 1 c/o Oratorio Beata Piamarta 00041 Cecchina di Albano Laziale (RM) Presidente: Pasquale Corsetti Assistente ecclesiastico: D. Salvatore Falbo Anagni-Alatri Presso Centro Pastorale Via dei Villini, 22 - 03014 Fiuggi Tel. 0775/507015 Presidente: Piergiorgio Ballini Assistente eccl.: Mariani don Maurizio Aziendali Roma c/o Policlinico - L.go A. Gemelli 00167 Roma Tel. 06/30155145 Presidente: Sergio Barbi Assistente eccl.: don Angelo Auletta Cassino Palagio Badiale - P.zza della Curia 03043 Cassino Tel. 0776/688014 Presidente: Mauro Bucci Assistente ecclesiastico: don Eric Di Camillo Civita Castellana Via XII Settembre, 6 Civita Castellana Tel. 0761/515275 Presidente: Giuseppe Bottacchiari Assistente ecclesiastico: Rongoni don Piero Civitavecchia Via Molise, 2 00053 Civitavecchia Tel. 0766/502446 Presidente: Giulio Spinelli Assistente ecclesiastico: Leto don Ivan Frascati Via Guglielmo D’Estouteville n. 2 00044 Frascati (RM) Tel. 06/9422603 Presidente: Rita Zaratti Assistente eccl.: Salvioni don Costantino Roma-città Via degli Embrici, 32 - 00185 Roma Tel. 06/98260496 Presidente: Alessandro Pinna Assistente eccl.: D. Romano De Angelis Frosinone Via Monti Lepini, 51 - C/o Curia Vescovile 03100 Frosinone Tel. 0775/201844 Presidente: Maria Carla Traversari Assistente ecclesiastico: D. Silvio Chiappini Sabina e Poggio Mirteto Via Matteotti, 222 - c/o Parr. S. Biagio 00018 Palombara Sabina Tel. 0774/66088 Presidente: Maurizio Tassi Assistente ecclesiastico: Barzan don Pedro Gaeta Piazza Card. De Vio, 1 04024 Gaeta Tel. 0771/4530262 Presidente: Guglielmo Teresa Assistente eccl.: D. Guerrino Piccione Latina Via Sezze, 16 - c/o Curia Vescovile 04100 Latina Tel. 0773/662923 Presidente: Beatrice Spagnolo Assistente ecclesiastico: Laba don Henryk Palestrina Viale della Vittoria n. 17/19 00036 Palestrina (RM) Tel. 06/9535014 Presidente: Daniele Ferracci Assistente ecclesiastico: Sigalini S.E. Mons. Domenico Porto S. Rufina Via dei Pastori, 14 - 00057 Maccarese Tel. 06/6679399 Commissario: Pino Cardinali Assistente eccl.: D. Giovanni Soccorsi Rieti Via del Porto, 27 - 02100 Rieti Tel. 0746/483491 Presidente: Maria Luisa Di Maio Assistente ecclesiastico: Angelucci don Franco Sora-Aquino-Pontecorvo Via Incoronata c/o Scuole Elementari S. Elia 03039 Sora (FR) Tel. 0776/824585 Presidente: Marina Folcarelli Assistente eccl.: Porretta don Pasquale Tivoli V.lo Lolli Da Lusignano, 7 - 00019 Tivoli Tel. 0774/331877 Presidente: Roberto Proietti Assistente ecclesiastico: Ilari don Marco Velletri-Segni c/o Parrocchia Santa Barbara Via Bruno Buozzi - 00034 Colleferro Tel. 329/3118306 E-mail: [email protected] Presidente: Vito Capozi Assistente ecclesiastico: Brusca don Rinaldo Viterbo Via Santa Rosa, 8 01100 Viterbo Tel. 0761/220045 Presidente: Roberto Grazzini Assistente eccl.: d. Giuseppe Scarito Preziosa Terrinoni e don Gianni Toni Presidente regionale, Assistente ecclesiastico regionale Luci e ombre di questo nostro anno... C arissime e carissimi unitalsiani della romana laziale. Questa nostra rivista vi giunge all’inizio del nuovo anno e vorremmo che ognuno di voi sentisse tutta la nostra fraternità e i nostri auguri più cari. Abbiamo pensato di scrivere queste poche righe insieme (Preziosa e don Gianni) per parlarvi a cuore aperto... La nostra è una grande famiglia dove tante e tanti lavorano in maniera stupenda e disinteressata a servizio dei poveri e dei malati.Se così non fosse stato, non saremmo arrivati a superare la soglia di ben oltre 110 anni! Per noi della romana laziale l’impegno è duplice: l’unitalsi è nata da “un romano de Roma”e da Roma si è diffusa in tutta Italia e questo lo diciamo e riaffermiamo con orgoglio, ma soprattutto con impegno a continuare a lavorare per meglio servire Cristo che si manifesta soprattutto nei sofferenti!. Ma non vogliamo parlare di “gloria”, vogliamo parlare dell’impegno! Si! Guardando i mesi trascorsi in questo 2014 desideriamo evidenziare alcune “ombre”che si sono “stagliate” davanti ai “raggi di sole” che sono stati l’impegno ed il lavoro di tanti unitalsiani! E parliamo quindi delle “ombre” per meglio “gustare” e poi vedere le “luci”. E’ inutile chiudere gli occhi, come i bambini all’asilo, per non essere visti dalla maestra e interrogati: abbiamo riscontrato una certa disaffezione e una critica negativa a molte attività da parte di alcuni soci, che non hanno aiutato il cammino associativo!In qualche sotto-sezione è sembrato, in qualche momento, di vedere più ombre che luci! E un riscontro tangibile lo si è avuto con un calo di partecipanti ai pellegrinaggi (e quindi di mancanza d’impegno nel pubblicizzare i pellegrinaggi e il cammino formativo nelle varie realtà diocesane!). 1 I partecipanti ai nostri pellegrinaggi quest’anno hanno visto una flessione di circa 350 persone in meno rispetto al 2013, per Lourdes!!! La Terra Santa ha avuto un tracollo! Ed è inutile addossare le colpe alla violenza o alla paura della guerra in Israele! Associazioni a noi parallele, ma anche sezioni dell’unitalsi, sono andate in Terra Santa anche a novembre e dicembre! Noi siamo rimasti fermi... dalla paura, spesso “ispirata” o “sconsigliati” da chi la Terra Santa non l’ha vista neanche... in cartolina! Una nota positiva è quella che proviene da Loreto: quasi 400 parteci- 2 panti in più rispetto allo scorso anno!E per finire anche Fatima ha chiuso in positivo con 60 partecipanti in più! Una nota positiva è stato anche il numero dei partecipanti al pellegrinaggio dei giovani in dicembre.Occorre quindi che ciascuno si renda “protagonista” di un rinnovato impegno per un risveglio di partecipazione in ogni sottosezione, guardando più le cose che ci uniscono e non quelle che ci dividono! E l’impegno lo abbiamo riscontrato quando si è trattato di partecipare alle canonizzazioni dei due santi Papi o alla giornata in Vaticano con la visita riservata ai Musei vaticani e il momento bello di preghiera con il Card. Comastri e poi nei giardini Vaticani alla grotta della Madonna di Lourdes: più di 2.000 partecipanti!Occorre ricordarci le parole di un grande pensatore: “Occorre essere pronti alla stanchezza, ma l’unico modo di andare avanti è... andare avanti!” Noi vogliamo pensare che quest’anno la stanchezza associativa, economica, ci hanno fatto segnare il passo, ma i punti luce per ripartire ci sono tutti! E tra questi vogliamo segnalare un’attenzione particolare verso l’associazione anche da un vescovo, Mons. Sigalini di Palestrina, che ha preso il “testimone” da don Romolo ed ha deciso di essere lui l’assistente ecclesiastico di sottosezione! Ciò sta a significare stima per l’associazione e fiducia nei soci, per un ulteriore cammino di crescita spirituale! don Gianni Toni Vescovo e... assistente È sempre bello avere in pellegrinaggio i nostri vescovi: ci danno la possibilità di sentirci pienamente Chiesa. In questa intervista con il vescovo mons. Sigalini abbiamo la gioia di annunciare che ha deciso di essere lui anche l’assistente della sottosezione. Abbiamo pensato tra, una chiacchierata e l’altra, di rivolgerli alcune domande per meglio conoscere il suo pensiero ed aiutare la realtà unitalsiana della nostra regione. 1) Per un Vescovo i movimenti e le associazioni ecclesiali sono fondamentali per la pastorale e la maturazione del laicato. Lo specifico dell’Unitalsi in Diocesi segna un contributo forte di unione con le altre realtà e uno stimolo al servizio? Associarsi è un diritto dei battezzati e la Chiesa ne è contenta, fa opera di discernimento, incoraggia e ta- lora è pure promotrice. Il laicato è pronto a fare squadra più di noi ecclesiastici perché, a contatto con la realtà quotidiana, ne vede la forza, la incisività, il sostegno reciproco. L’Unitalsi è avvantaggiata nel suo fare da catalizzatore e promuovere unità tra le varie associazioni, proprio per le persone che accoglie, promuove, assiste e inserisce nella comunità. Tra i suoi scopi c’è anche quello di non ghettizzare l’ammalato o chi soffre grandi handicap e di aiutarlo a inserirsi nella vita della comunità civile e cristiana. Vedo per esempio quanto sia stato bello nella mia diocesi il rapporto con l’Azione Cattolica per l’inserimento di tanti ragazzi in difficoltà motoria o comunicativa nella catechesi sacramentale. La sede è molto vicina anche a luoghi di tempo libero per i ragazzi e i giovani e questo permette uno scambio e un coinvolgimento ancora più naturale. 3 2) Quali sono le attese ma anche le problematiche che lei come Vescovo sente forte nella sua realtà diocesana? Sono soprattutto di due tipi: il rinnovamento della fede di chi pratica o vive all’ombra del campanile. Spesso è una fede troppo ferma, statica, di possesso e non di slancio, anche se la si deve sempre apprezzare. Però tende a chiudere la parrocchia su di sé, a non permettere innovazioni, uscite coraggiose, accoglienza di persone fragili o contrarie alla vita cristiana e la seconda è proprio la necessità di rispondere a tanta sete di Dio di coloro che abbiamo deciso essere lontani, ma spesso lo sono solo perché noi non ne ascoltiamo la voce o il sussurro. Ancora ci sono malati nascosti, che non vengono mai aiutati a uscire, a incontrare una fede attenta e una Chiesa disponibile e accogliente. 3) L’anno prossimo l’Unitalsi per la seconda volta si rinnoverà attraverso le elezioni dirette dei responsabili dell’associazione. Quali sono le “mete” alle quali tendere e le cose da evitare? Occorre favorire un confronto veramente democratico, senza ostracismi. Serve anche una voglia di cambiare, di mettersi in sintonia con papa Francesco che proprio all’Unitalsi ha dato un grande esempio di attenzione e amore agli ammalati, come del resto fa sempre. Essere presidenti o avere cariche significa essere chiamati al servizio anche eroico, non a un potere o a un controllo o a un posto di preminenza. Il 4 cambiamento periodico è segno di non attaccarsi al ruolo, ma di permettere una responsabilizzazione di tutti. Ho sempre apprezzato l’Azione Cattolica che ha dei tempi definiti per il servizio di responsabilità 4) L’assistente ecclesiastico è una figura cardine nell’Unitalsi per l’unità e il servizio di formazione. Dopo tanti anni di presenza pastorale di don Romolo Sabbi all’interno dell’associazione, come ritiene di affrontare la sua sostituzione per un cammino nuovo, per una crescita ecclesiale di piena comunione tra i soci? Intanto devo a don Romolo garande gratitudine, che si concretizzerà anche con un riconoscimento ufficiale, per il paziente e appassionato servizio ininterrotto per lunghi anni. E’ da un po’ di anni che cerco di affiancargli qualche prete giovane. Ora voglio guardarci dentro di più. Per questo anno (2014-2015) faccio io l’assistente diocesano, don Romolo mi affianca e così preparo il passaggio a un altro presbitero. Entrerò in punta di piedi, ma con tutta la responsabilità di assistente e di vescovo, ad aiutare a rispondere generosamente alla vocazione di chi ha sentito importante entrare nell’UNITALSI e con uno sguardo privilegiato ai malati che sono per tutti e soprattutto per noi la persona di Gesù Cristo. E’ anche un segnale da parte di un vescovo dell’ apprezzamento di tutti a questa vocazione e attività 5) Un suo “ricordo” personale dell’esperienza del pellegrinaggio ed in maniera particolare quello a Lourdes con l treno bianco ... E’ molto bello viaggiare in treno, anche 24 ore di seguito, stando con i malati a mangiare, a pregare, a farsi visita, a raccontarsi i propri dolori, le piccole gioie e le grandi sofferenze. Importantissimi e belli i momenti di preghiera a Lourdes, quelle ore passate in silenzio davanti alla grotta, le via Crucis, con i malati e quelle di notte con il personale, il rosario i momenti di svago. Meglio di tutto il sorriso di chi con fatica vuol affidarsi a Maria. Matteo Guerrini Barelliere della sottosezione di Roma Loreto: 40 anni di storie Q uarant’anni di Pellegrinaggio Bambini a Loreto… È difficile immaginare quante storie si siano intrecciate in quella piazza, quante emozioni siano state vissute, quanti sorrisi scambiati, quante lacrime versate e soprattutto quante vite cambiate. Ogni volta che guardo tutte le persone che partecipano a un pellegrinaggio penso in che modo la vita di ciascuno abbia compiuto giri unici, irripetibili, per poi far sì che ognuno di noi fosse proprio lì, proprio in quella piazza, nello stesso momento, a condividere un’esperienza così forte. Mai come quest’anno, poi, la sensazione è che davvero tutte quelle persone che hanno preso parte nel corso degli anni al pellegrinaggio fossero lì presenti, tutti i bambini ormai diventati grandi, tutte le mamme, tutti i papà, tutti i volontari. Ognuno di essi è stato a suo modo parte di questo lungo viaggio, una maglia insostituibile di una catena, un’impronta indelebile in un cammino che ha fatto nascere una vera e propria famiglia che ancora oggi, dopo così tanti anni, non ha affatto perso la voglia di incontrarsi, di condividere gioie e sofferenze e di volersi bene. Nel mio piccolo, anche io quest’anno ho festeggiato un traguardo: era il mio decimo Loreto Bambini. Riesco a stento a ricordarmi della prima volta che misi piede nella piazza, ero poco più che un bambino, non avevo ancora ben capito dove ero finito e soprattutto non avevo idea di quanto quel posto avrebbe cambiato profondamente la mia vita. Ora sono passati più di 10 anni, e da quel giorno l’Unitalsi non mi ha più lasciato. O meglio, io non l’ho più lasciata, perché se oggi sono quello che sono lo devo anche all’Unitalsi, a tutto quello che in questi anni mi hanno insegnato questi bambini e i loro genitori con una forza, un coraggio e una fede fuori dal comune, e dai quali non ho fatto altro che imparare il modo in cui la vita va vissuta e affrontata. Nella mia esperienza ho conosciuto mamme che hanno lottato con tutte le loro forze per far valere i diritti dei propri figli e alla fine ce l’hanno fatta, ho visto bambini cercare soluzioni per giocare a palla con i loro amici in carrozzina, ho ascoltato due fratellini malati pregare ognuno per la guarigione dell’altro, ho incontrato persone arrivare a Loreto disperate e ritornare dopo soli 5 giorni con una fede completamente diversa, ho visto volontari portare i propri figli e poi questi diventare a loro volta volontari una volta raggiunta la giusta età, ho sentito una mamma rac- 5 contare di come suo figlio abbia iniziato a camminare e parlare grazie all’opportunità di giocare con altri bambini. Da ognuna di queste persone ho imparato tantissimo e ho appreso valori che cerco di mettere in pratica nella mia vita di tutti i giorni. Perché io credo che il messaggio che il Pellegrinaggio della Gioia deve far passare è proprio questo: Loreto non è un’isola felice nella quale rifugiarsi una volta l’anno, Loreto deve essere un punto di partenza, la semina nel nostro cuore di quel germe che poi ognuno di noi ha il compito di far sviluppare tutto intorno a sé. Ed è qui che dobbiamo guardare ai nostri bambini, imparare da quella loro sincerità, da quella loro purezza e da quella loro semplicità. Soltanto loro possono farci capire in che modo è possibile cambiare le nostre vite e far sì che cambino anche quelle di chi vive intorno a noi. Certo, questo non è un compito semplice, e una volta tornati dal pellegrinaggio è molto facile farsi nuovamente sovrastare dalla routine quotidiana, ma l’Unitalsi è un realtà che va vissuta 365 giorni l’anno, e una storia meravigliosa come quella del pellegrinaggio bambini, che dura da 40 anni, deve insegnarci che tantissime persone prima di noi hanno creduto in questa missione, e che ora noi siamo stati chiamati a fare di tutto perché questa non si spenga, cercando di coinvolgere chi, in futuro, darà a questo pellegrinaggio altri 40 anni di vita. 6 Giuseppe Pallotta Giornalista Bambini... e non solo B ambini in cerchio che cantano e giocano insieme a Peter Pan, Cenerentola, Marry Poppins, Pinocchio, la Bella e la Bestia. Non sto descrivendo la scena di una favola, ma la piazza di Loreto, invasa pacificamente dal pellegrinaggio dei bambini promosso dalla Sezione Romana-Laziale dell’U.N.I.T.A.L.S.I. (Unione Nazionale Italiana Trasporto Ammalati a Lourdes e Santuari Internazionali) che ha festeggiato lo scorso Giugno il suo quarantesimo anniversario. All’evento, che si è tenuto dal 26 al 30 giugno 2014, hanno preso parte oltre 650 persone di cui 180 bambini provenienti da tutte le province del Lazio. In quest’atmosfera di festa ho vissuto la mia esperienza personale nella duplice veste di giornalista e di amico dell’Unitalsi. Quello che maggiormente mi ha colpito del mondo Unitalsi è stato lo spirito di “grande famiglia” che si respirava nell’aria. La piazza di Loreto si è trasformata nel giardino di fronte casa dove i genitori possono lasciare giocare il proprio bambino, liberi finalmente dalle preoccupazioni, dalle paure e dalle umiliazioni che spesso il vivere in città comporta per chi ha un figlio disabile. Troppe famiglie, infatti, si chiudono nelle mura domestiche, perché il parco pubblico vicino non prevede giochi per disabili, oppure semplicemente hanno paura di essere giudicati. A Loreto, invece, i volontari Unitalsi hanno abbattuto ogni tipo di barriera, realizzando un vero momento d’inclusione, fondato sulla gioia di stare insieme. In quella piazza, infatti, ognuno è stato protagonista senza nessuna diseguaglianza. 7 L’idea di Unitalsi è quella che educando i bambini sin da piccoli a convivere e a condividere il gioco insieme agli amici “a due ruote” si possa sconfiggere il muro del pregiudizio negli adulti di domani. Un progetto di vita che si realizza non solo grazie all’assistenza da parte di professionisti e medici specializzati, ma soprattutto, grazie al cuore dei volontari Unitalsi. A tutto questo si aggiunge l’esperienza spirituale, che è parte integrante del percorso formativo dei ragazzi. In particolare quello che mi ha colpito maggiormente è stato il vedere come gli assistenti spirituali Unitalsi mettano in pratica già da anni il monito di Papa Francesco di uscire dalle parrocchie e di tornare tra la gente. Dalla partenza fino all’ultimo giorno di pellegrinaggio, infatti, sono loro a restare a fianco dei ragazzi e le loro famiglie, instaurando con tutti un rapporto di vera e propria amicizia. Ringrazio Unitalsi per avermi dato la possibilità di relazionarmi da professionista, ma anche da viaggiatore, con delle persone uniche. Lo slogan del pellegrinaggio di quest’anno era “40 anni di amore convertono i cuori”, per colpire il mio sono bastati appena pochi giorni. La benedizione del Papa on era la prima volta, ma è sempre una grande emozione incontrarlo come se fosse sempre...la prima volta! Così è accaduto lo scorso 24 giugno, giorno del mio onomastico e compleanno. Dopo aver partecipato come concelebrante alla S. Messa nella Chiesa a casa S. Marta, dal suo segretario personale don Yoannis mi fu detto: “A te tocca salutare il Papa per ultimo...” N 8 Ed allora dentro di me preparai un “discorsetto” da dirgli senza voler dimenticare nessuno! Ed ho pensato a voi carissime e carissimi dell’Unitalsi laziale! Una volta giunto il mio turno mi avvicinai, mentre don Yoannis ricordava i precedenti incontri e soprattutto quello con i bambini del pellegrinaggio di aprile a Lourdes... e gli domandai di benedire tutta la grande famiglia dell’Unitalsi laziale... cosa che lui, mi rispose, avrebbe fatto con tutto il cuore! Dopo aggiunse: “Ora andiamo a fare colazione insieme”... Ma questa è un’altra storia! Ho pensato che alla grande famiglia certamente avrebbe fatto piacere sapere l’amore e il sostegno di Papa Francesco per ciascuno! A Lui promisi che avremmo contraccambiato con la preghiera... che possiamo fare ora all’inizio di questo nuovo anno! Giovanni Marrazzo Unitalsi Velletri-Segni A Montelanico: in Fraternità I ncontrarsi, stare insieme, condividere, pregare: questa in breve è la nostra Giornata di Fraternità, anche se altri mille significati, forse ancor più profondi, certamente ce ne sono, ognuno di noi in cuor suo, ne conosce il proprio. La Giornata di Montelanico fra quelle organizzate in Diocesi, è probabilmente la più bella, è una grande festa in famiglia con più di 150 invitati, un piccolo evento che coinvolge un intero Paese, che con affetto e con gioia, si stringe intorno a noi partecipanti e ti fa sentire veramente forte ed intenso il significato della parola Comunità. La Santa Messa, nel Santuario della Madonna del Soccorso, è un toccante momento di Preghiera, a tratti commovente a cui nessuno vuol mancare, per dire grazie al Padre e a Maria che sempre intercede per noi, come sottolineato dal nostro Assistente spirituale don Marco e dal Diacono Alessandro nella sua intensa e profonda Omelia. Attimi di gioia condivisa, come il battesimo della piccola Alice Giulia, a cui va il nostro sentito e sincero benvenuto nella sua nuova vita nello Spirito e la presenza nella Celebrazione del nostro fratello Gaetano, ordinato Diacono da appena una settimana, nella Cattedrale di Velletri, dal nostro Vescovo Vincenzo. Non dimentichiamo poi in ultimo ma non ultimi i ragazzi del Coro, che eccezionali come sempre, sono stati più di un degno contorno alla Cerimonia religiosa, Terminata la Funzione è il momento del pranzo conviviale all’aperto, sotto gli alberi, quasi un picnic di altri tempi, come evidenziato dal nostro Presidente Vito, nelle sue parole di ringraziamento. La cucina è da top class, le cuoche sono bravissime, anno dopo anno sembrano sfidare se stesse per riuscire nell’impresa di cucinare per tutti sempre cose nuove e per finire in bellezza, il piatto forte della casa: tanti buoni dolci a volontà. Passare tra i tavoli è come incontrare vecchi amici, gesti che fanno parte integrante del rito quotidiano e questo stare insieme, senza diversità e senza barriere ci fa comprendere ancor di più, quanto immenso sia l’amore di Dio, quanto sia autentica e tangibile la forza del Suo Santo Spirito e come altrettanto grandi e veri siano gli insegnamenti di Gesù Cristo, Suo Figlio e nostro Signore. Si finisce con la simpatia del Gruppo dei Parquaria, i quali riescono a coinvolgere giovani e meno giovani con la loro musica, fatta di canzoni, di folklore e strofe di paese, una allegria contagiosa che avvolge e coinvolge tutti e almeno per oggi, scaccia via pensieri tristi e malinconia. È il momento dei saluti, dei baci, degli abbracci e delle strette di mano, è l’occasione per qualcuno per un ultimo bicchiere ma per tutti è il momento di dirsi grazie a vicenda per aver sia dato che ricevuto l’opportunità di trascorrere una bella giornata insieme o meglio, come usiamo dire noi Unitalsiani, un giorno in “fraternità”, con i nostri Amici speciali che dimostrano di essere sempre persone autenticamente straordinarie! 9 Monica Casini Sottosezione Velletri-Segni Missione Hogar Betlemme I volontariato unitalsiano si estende già da qualche anno, grazie al progetto “Cuore di Latte” anche al volontariato missionario. Oltre alla raccolta fondi, assicura l’intervento nelle diverse realtà in cui i progetti si realizzano con la vicinanza e il sostegno. Dal 2009, siamo periodicamente presenti come volontari alla Hogar di Betlemme per il servizio con i bambini e l’aiuto alle suore. Per il periodo che copriva la partecipazione del mese di Maggio, siamo partiti in nove; volontari Unitalsi di sottosezioni differenti: il responsabile dell’Emiliano – Romagnola, due della Lombarda, due della Sicilia Orientale, due della Marchigiana e noi della Romano Laziale; prima esperienza missionaria per la sottosezione di Velletri - Segni, destinazione Betlemme presso la Hogar Nino Dios, casa di accoglienza per bam- 10 bini abbandonati, disabili o in grave necessità. Così, ci siamo trovati insieme a vivere questi giorni, un gruppo multiregionale, variegato e di età ed interessi diversi, rendendoci compagni di un viaggio che ha portato in valigia i battiti del cuore, insieme alle provvidenziali provviste che ci hanno sostentato. Ci siamo trovati catapultati in una realtà viva di impegno comunitario, accolti, adoperati essendo strumenti, utensili, attrezzi che rendono evidente ciò che è la leva dello Spirito, in un’atmosfera di pace vissuta nell’amore che tutto eguaglia. Un posto meraviglioso, uno di quelli che fra i pochi puoi chiamare casa, perché dal momento in cui arrivi a quando il tuo tempo di permanenza sarà terminato, sei chiamato e prescelto nella gioia del servizio, concetto minimale, opera muta e silenziosa tra le strade del mondo. Edificante prova della tua pazienza, della tua comprensione, della tua forza e del tuo coraggio, che alleviano la stanchezza, il sonno perduto e le piccole insoddisfazioni del nostro limitato quotidiano, via d’amore e condivisione; una mano si tende e l’altra si dona, un sussurro d’aiuto, prepotente ritratto di una consumata realtà che respira il viatico di un Santo riflesso. La famiglia che ci ha accolto testimonia che l’amore può tutto, le suore, i bambini e i volontari che operano sul posto, rendono palpabile quell’amore che è intenso sentimento sublimato dal nostro interesse che viene dal cuore, sintesi dell’abbraccio universale e gioioso dell’affetto che conta, che dimostra, che elargisce. I bimbi della Hogar sono angeli, circondati da un affetto sentito e da amorevoli cure, piccoli volti che hanno scritto la loro storia fra le pagine della nostra vita, affinché tornando, noi potessimo trascriverle in ogni cuore che incontriamo. L’impatto è forte nel distacco totale da ciò che sei altrove, in una realtà conformata e vissuta alle proiezioni dell’intimo, e con il primo incontro, ti misuri da subito con le tue inadeguatezze, rimanendo estasiato dal sublime lavoro che svolgono le suore, giovanissime, belle, gioiose, sempre sorridenti, un dono meraviglioso per questo posto e per questi bambini. Ed è tutto lì, in quei piccoli gesti santificati dal dolore, preghiera di vita che è la stessa esistenza. In quei silenzi che danno parole, nei limiti evidenti del loro esteriore e nell’inverosimile della loro forza interiore. Anime elette, creature di soave sofferenza e di dolce coraggio, cuori in ricerca di un poetico linguaggio, voci di silenzio su ruote di pazienza. Il servizio quì svolto è fatica buona, la giornata scorre ed il lavoro quotidiano rende i suoi frutti. Divisi in squadre ci siamo alternati nei diversi compiti a noi affidati tra l’accudimento della casa e quello dei bambini. Abbiamo avuto anche la possibilità di calcare questa terra sulle orme di Gesù fino al Calvario, calpestando luoghi santi, ripercorrendo la storia della salvezza, emozioni del cuore tradotte dall’anima. Ognuno di questi bambini è stato insegnamento di vita, mani che ti stringono, occhi che ti parlano, cuccioli di un tempo indeterminato, eterni bimbi con le chiavi del Paradiso, angeli di terra che ci regalano il cielo, cherubini in incognito, portatori di gioia: Sim Sim il più piccolo, affettuoso, simpatico, un orsacchiotto tenero con un cromosoma di troppo. Ramez, sordomuto e con gravi deviazioni alla colonna, operato da poco finalmente cammina, ma questo non basta per salvarlo, è in attesa di un ulteriore intervento per poter sopravvivere, lui comunica tramite un linguaggio gestuale con chiara fermezza, dimostrando la sua straordinaria intelligenza ed originalità. Karkut e Sabrin due straordinari fratellini uniti da un sottile filo di speranza ed un immenso amore. Heba, riccioli ribelli di perenne sorriso, immobilità nella gioia di esistere. Wasim, scricciolo di sofferenza, esile vita in un piccolo corpo, occhi immensi d’amore sul mondo, sguardo mai perso, ma vivo dell’ardore della sua anima. Hamoda, divoratore folle di radici, vivace e tenero, tiene sempre le mani in bocca e sorride con gli occhi, cammina con un girello sul quale compie evoluzioni da equilibrista. Amani, occhi profondi scuri e allegri. Suraya, bellissima principessa dallo sguardo ammaliatore, postura regale in uno sfavillio di tenerezza. Alà, bello, agitato e difficile, sguardo furbetto e occhi d’amore. Baha, coccole e musica. Yahia, autistico, innamorato del suo pallone giallo che lo segue ovunque. Ricky, si vuole far chiamare così, intelligentissimo, con una vera predisposizione per le lingue, ha imparato tutti i nostri nomi e qualche parola di italiano in più. Wissam, caso di grave schizzofrenia, impegnativo, difficile, ma circondato dall’amore di tutte quelle mamme che soffrono con lui. La casa ospita anche alcune ragazze più grandi, che sono state tra le prime ad essere accolte nella Hogar nascente, ed è bellissimo vedere l’interazione amorosa tra tutti loro per qualsiasi bisogno o semplicemente nelle manifestazioni d’affetto. Nei 9 giorni in cui abbiamo vissuto con loro, siamo stati parte integrante di questa bellissima famiglia allargata, assaporandone giorno per giorno l’appartenenza come un dono, e stanchi, ma appagati, andavamo a dormire con la pace nel cuore in cui fare spazio a tutti quei sorrisi sui volti accesi, alle loro carezze di misericordia, ai loro baci di vita eterna, ai loro abbracci di verità. Il nostro gruppo sgangherato, stanco, acciaccato già dai primi giorni, colpito da raffreddori e mal di gola, si è rivelato 11 comunque unito nel bisogno e nelle intenzioni. Tutto ciò che ne è venuto, comunque sia, è stato un tuffo rigeneratore: l’amicizia in Cristo genera rapporti saldi, duraturi, fondati sulla roccia di una verità che è sempre aggregante, pacificatrice, leva dell’umiltà di riconoscerci fragili, inadeguati, malati come e più di loro, bisognosi della gioia dell’unità che fonde ogni cuore che ci hanno accomunato all’evidenza dell’armonia, alla collaborazione vissuta nei presupposti del cuore, al pianto liberatorio che sana ogni ferita e lenisce ogni dolore. Questi giorni dedicati, vissuti in loro sintonia senza il peso della differenza, nelle difficoltà di un quotidiano elementare, essenziale, tendenzialmente volto all’esplicazione di gesti che per noi, sono abitudinari, noiosi, semplici e ripetitivi. Ogni piccolo momento da vivere, da ricordare, e da tutto ciò imparare, assumersi responsabilità diverse legate ai veri rapporti umani che esulano da scelte comode, egoistiche o personali, che portano il fardello della loro esistenza, affidandosi a te, senza riserve, aggrappandosi alla disponibilità che tu gli offri con gratitudine e consapevolezza. Ed è nell’ abbraccio universale dell’amore più potente di ogni cosa che ci rendiamo partecipi di un’armonia portentosa, che è la vera speranza di una ragione che stravolge ogni legge del mondo, ed è la grandezza in cui qui siamo chiamati a testimoniare, 12 portando le loro carrozzine sentendole leggere dell’amore che le spinge, vivere intensamente un’avventura che è conoscenza, apertura, reciprocità, valori e sentimenti di speranza, amore vicendevole, emanazione di ciò che è l’abbrivio alla certezza vestita di eterno, carità propagata, effusa, recepita. Il venerdì precedente alla nostra partenza abbiamo organizzato insieme alle suore una braciata in giardino; è stata una serata meravigliosa, piena di gioia e di fraternità, di canti e buon cibo gustato con reverente ringraziamento. Il Sabato invece, dopo una intensa giornata, come tutte quelle precedenti, ballando con i bimbi, siamo stati festeggiati e salutati dalla consegna di alcuni bigliettini ricordo per ognuno di noi, contenevano un pensiero scritto a mano dalle sorelle e le foto dei bambini, e ci sono stati consegnati direttamente da loro. Giorni che porteremo con noi per sempre, con la voglia di tornare, con un pensiero affettuoso per ognuno di quei bimbi e per le care suore. Perchè ogni volto che incontri, ogni bambino che ami, ogni parola di conforto e di amore che hai elargito o che ti è stata donata è la tua storia, realtà di un perenne dono che è la vita comunque sia, difesa con coraggio e determinazione, perché la verità che riflettiamo è luce dell’immenso, l’amore misericordioso dell’accoglienza e del perdono, il significato intrinseco dell’unità della Chiesa, popolo di Dio. don Daniele Diacono di Latina Alla fine sono stato “SERVITO”! S ono passate solo poche settimane dal ritorno del pellegrinaggio fatto a Lourdes e, per il timore di perdermi qualcosa, sto cercando di sporcare questo foglio con qualche memoria. L’esperienza è iniziata con una chiamata: una voce interiore mi ha stimolato a cercare il “treno bianco” ed andare a Lourdes, una voce che da qualche mese mi risuonava dentro. All’improvviso dal lavoro è arrivata anche la richiesta di ferie obbligatorie e mi sono fatto coraggio e ne ho parlato con mia moglie che mi ha spinto, e così nel giro di qualche giorno ho parlato con chi mi poteva dare qualche indicazione più chiara su questo possibile viaggio: don Gianni. Una sera, mentre gli raccontavo questa sensazione al servire sul treno bianco mi ha risposto molto telegraficamente: “vieni, qualcosa da fare c’è sempre”. Certo, ripensandoci oggi, un Diacono permanente che chiede di servire mi sembra quasi una assurdità, ma forse non è proprio così il servizio? Il servizio è molto diverso dal volontariato: è una cosa che senti dentro e viene dall’essere! In questo periodo per me essere in ferie è impossibile o quasi, ma la mamma Celeste che mi chiamava a qualcosa aveva spianato la strada, poi non contenta, la stessa voce mi diceva di chiedere anche alla mia mamma terrestre di venire anche lei e così è stato: Martedì 21 ottobre eccoci in viaggio io e mamma sul treno bianco (che poi non era proprio bianco almeno esternamente). Ero lì sulla banchina mentre il treno si cominciava a popolare con quella sensazione materiale di non sapere come servire: “Che cosa ci faccio qui “in viaggio senza la mia famiglia”? Poi nel cuore l’essere pellegrino cominciava a crescere, anche perché cominciavo a non pensare. Le prime persone anziane mi si avvicinavano e mi chiedevano una mano a far salire sul treno le valigie: era il momento di “essere servo senza incarico”. Ma vedo arrivare una ragazza su una sedia a rotelle accompagnata dalla mamma e da una persona: è Giuditta (uso un nome di fantasia). Mi chiedono una mano per farla salire sullo scompartimento e lei ha due enormi occhi che ti osservano e ti scrutano profondamente: resto colpito dentro. È ora... il treno parte: sono nello scompartimento con due persone della stessa mia città, una mamma e una figlia anche loro per il pellegrinaggio. Il viaggio è lungo, cosa fare? Mi tornano in mente le parole di don Gianni: “durante il viaggio, quando senti gli annunci, chiedi se serve una mano e con i malati e le persone anziane parlaci, ascolta, ma questo dipenderà da te!”... C’è la mia prima esperienza e ci provo, cominciando a fare conoscenza, ascolto le loro storie: storie di solitudine, storie di dolore, ma con un unico collante: “LA SPERANZA”. Più avanti c’è Giuditta con la mamma: “cosa fare, darò fastidio?”, quante domande... e così ci raccontiamo le nostre storie, i nostri sguardi si intrecciano: Giuditta mi sorride, la mamma mi dice: le stai simpatico allora contraccambio il sorriso. La mamma mi racconta che sono già parecchie volte che va a Lourdes e poi aggiunge: “Io non ho mai chiesto la grazia per Giuditta, ma la serenità, la grazia mi sembrava una cosa troppo grande!”; Giuditta nonostante tutto è serena la Madonna mi ha ascoltato!” ...in pellegrinaggio per servire ma alla fine sono stato SERVITO! Poi l’altoparlante annuncia che tra un po’ ci saranno passati dei foglietti su cui scrivere la preghiera che sarà portata nella grotta durante il Rosario a Lourdes. La mamma lo spiega a Giuditta e poi mi dice : “lo sai, Giuditta scrive con il computer”, allora io di riman- 13 do: “Giuditta vuoi scrivere sul telefonino?” e lei con gli occhi spalancandoli dice si! (Gli occhi spalancati sono il suo modo per dire si...) Le reggo la mano e piano piano scrive. Preghiamo per: il suo nome, il mio nome e il nome della mamma... Non aggiungo altro a questo primo DONO che ho ricevuto: il sorriso e la gratitudine di Giuditta! Mercoledì 22 Lourdes. È presto, nonostante la stanchezza sono già alla grotta. Arriva affianco a me un amico motorizzato, ha lo stemma della SS Lazio sulla carrozzella, gli faccio una battuta: “Anche tu sei della Lazio?”... Cominciamo a fare amicizia: Si chiama Giobbe (uso un nome di fantasia) mi chiede se sono al primo pellegrinaggio e rispondo “si”, allora si offre di farmi da Cicerone. Ti faccio visitare io il santuario e, senza aggiungere altro, parte con quella carrozzella “sprint”. Ad un certo punto gli ho detto: “Vai calmo, se no non ce la faccio...”. E lui: “Stammi dietro così non facciamo le file” e vai con la piscina, le tre chiese, i mosaici, il tutto passando rigorosamente davanti agli altri ma, come mi ricorda Giobbe: “Io posso! e anche tu se stai con me!”. Poi mi chiede di rivederci e così scopro che è anche un fotografo. Lo accompagno alla Via Crucis per i malati, molto spesso ci ritroviamo alla grotta, è sempre sorridente e ogni tanto gli faccio anche da segreteria per distribuire i biglietti da visita a chi fotografa. Una notte, nonostante il freddo, si è levato il cappello di lana che gli avevo messo “perché dice non me la sentivo di stare davanti alla Madonna con il cappello e poi aggiunge “spero che Mamma non mi abbia visto a casa” (la mamma ha 94 anni)!”... La sera dei flambeaux ero con Giuditta, contentissima di vedere tutte quelle luci, mentre Giobbe ci illuminava la strada con le luci della “carrozzella sprint”; Ci sono momenti veramente che ti entrano dentro, il freddo delle serate non lo senti e neanche la stanchezza! Il pellegrinaggio va preso di petto così tutto di un fiato! I momenti sono intensi e tanti: le celebrazioni Eucaristiche (soprattutto quelle nella grotta), la processione Eucaristica, le Via Crucis (quella dei malati e quella notturna), i flambeaux, il rosario alla grotta, le piscine, la stanza del SS Sacramento, i sorrisi e le storie di ognuno che si intrecciano, non ce n’è nessuno di questi momenti che può essere vissuto senza l’altro. Il mosaico finale lo vedi solo vivendo ogni istante con tutto il tuo essere e, nonostante i colori sembrano ancora sbiaditi, solo con il tempo li potrai ammirare 14 nella completezza del loro splendore. In questa esperienza piano piano ti svuoti di te stesso per riempirti dell’altro, cerchi di servire ma sei servito dai sorrisi e dalla gioia dei piccoli gesti che ormai hai dimenticato; riscopri che guardare dal basso all’alto in realtà ha una dignità tutta sua, che nonostante quello che abbiamo ci allontaniamo con il cuore dai nostri doni che abbiamo ricevuto, delle volte ci sembra di parlare al vento e non ci accorgiamo che Dio è sempre davanti a noi, dentro di noi... quante riscoperte! Una sera passando davanti alla grotta ho sentito il sacerdote che diceva “la condizione dei servi è quella dell’attesa” ed io ho aggiunto mentalmente “…in questa attesa serviamo Cristo nell’uomo, nella speranza di servire Cristo nell’eternità”… ... in pellegrinaggio per servire, ma alla fine sono stato SERVITO! Al ritorno mi sono portato dentro le loro storie, storie di solitudine, storie di speranza, storie di dolore, ma soprattutto storie di amore e di sorrisi e già non è da tutti scoprire la GRAZIA di un bel sorriso soprattutto quando ti è donato con un Amore sofferto. Certo, viene da chiedermi: ed ora? come proseguirà la mia strada? dopo essere stato servito così bene sarò in grado anche io di servire? Grazie a Giuditta, Grazie a Giobbe, Grazie a tutte quelle storie e quei sorrisi che ho incontrato, ora comprendo quanto non è “tanto amare, ma il lasciarsi amare” che ci fa crescere nel nostro cammino di Fede, non è tanto saper servire, ma lasciarsi SERVIRE ed è stata questa la mia Lourdes; Vi affido tutti alla protezione della Madonna: Maria Madre dell’ascolto, Donna fatta preghiera, Tabernacolo silenzioso donami lo stupore del silenzio, e della preghiera e fa che nella voce della brezza leggera possa umilmente ascoltare la Voce di Figlio tuo e riconoscerne la Sua volontà. Amen (Lourdes ottobre 2014) Pax et spes Diac. Daniele Nonne invisibili Sole, povere e spesso abbandonate. Solo le anziane accudite presso la Società antoniana di Betlemme. Le loro gioie e le loro sofferenze nel racconto di una volontaria D onne anziane sole, senza figli che possano prendersi cura di loro, o con i figli emigrati all’estero in cerca di un futuro migliore. Malate e senza accesso al sistema sanitario in un luogo dove manca ogni aiuto governativo. Sono le donne «invisibili» di Betlemme. La casa di accoglienza della Società Antoniana di Betlemme, con il supporto di ATS pro Terra Sancta e dell’Ufficio francescano per i servizi sociali, ospita attualmente 22 signore rimaste sole. Anziane segnate da un destino comune: l’indifferenza della società. Ma che grazie al sostegno di molti amici possono affrontare questa piccola ma importantissima sfida: vivere con dignità la propria vecchiaia a Betlemme. Oltre alla casa di accoglienza, da più di un anno è stato avviato un centro diurno, dove si ritrovano per tre giorni alla settimana circa 40-50 anziani di Betlemme. È previsto anche un servizio domiciliare di assistenza primaria per un gruppo di anziani residenti nelle proprie abitazioni, e agli anziani più poveri viene offerto anche un pranzo nutriente. Il modo più semplice per sostenere gli anziani di Betlemme è una donazione, che viene subito inviata alla Società Antoniana. E che si trasforma in un pasto caldo, in medicinali, in beni di prima necessità. Qualcuno lo fa anche dando volontariamente il proprio tempo e la propria competenza, mettendosi al servizio degli ospiti della casa. È il caso di Nicoletta, volontaria per ATS pro Terra Sancta. Ecco il racconto delle difficoltà ma anche le gioie vissute in tre settimane di servizro. «Quando arrivo alla Casa, oltrepassato il check-point, è già buio; mi colpiscono le luci di una grande stella cometa posta sopra la facciata della chiesa. Mai una luminaria a forma di stella cometa mi è apparsa così ben collocata di questa: Gesù è nato e rinasce a Betlemme, il 25 dicembre, per portare un messaggio di amore, pace, speranza e salvezza. A Betlemme, come ovunque nel mondo, Gesù ha il volto di chi soffre, di chi è solo, di chi è povero, di chi è abbandonato, proprio come tante donne ospitate nella Casa. Quando entro nel corridoio vedo, sedute su poltrone, delle donne, più meno anziane, che dormic- 15 chiano, che guardano la televisione, tante con la propria copertina di lana, chi sulle spalle chi sulle gambe. Al mio ingresso tutti gli occhi si posano su di me, io non posso far altro che sorridere e fare ciao con la mano ... penso che sia un disastro non conoscere l’arabo! Dal giorno seguente, faccio di tutto per cercare di rendermi utile, pur con la dovuta cautela perché ritengo che il personale non debba essere in alcun modo «spogliato» delle proprie mansioni all’arrivo dei volontari. Cerco di affiancarmi, di conoscere e di capire. Tra di loro pare non esserci un grande dialogo, non chiacchierano come tutte le donne, quasi che non ci fosse più niente da raccontare. Non mancano però gesti di solidarietà ed aiuto reciproco: chi è sulla sedia a rotelle viene trasportata da un locale all’altro da chi è più in forma, così come la donna cieca viene sempre presa per mano da qualche compagna. Lei questo lo sa perché, a tavola, una volta finito di mangiare, non sempre aspetta che qualcuna la «prelevi» per passare nel salone, ma si alza e c’è chi prontamente si avvicina per aiutarla. Giorno dopo giorno, ognuna delle donne della Casa si rivela fonte inesauribile di sorprese. Le più anziane mi colpiscono per la loro semplicità ed affettuosità: ricambiano una piccolissima cortesia, come l’essere sorrette al braccio per spostarsi dal refettorio alle poltrone del corridoio, con una gratitudine infinita. Qualcuna ha con me un atteggiamento un po’ materno, oserei dire protettivo, che colpisce direttamente al cuore. Per il poco che riesco ad offrire, ho una ricompensa fatta di dolci sorrisi, amorevoli sguardi, teneri abbracci». E ancora: «La morte non è vissuta come da noi, entra a far parte della quotidianità perché in Palestina non tutti possono accedere alle cure sanitarie e si deve avere un permesso anche per poter andare in un ospedale a Gerusalemme, oltre il muro, appunto. Non è passato giorno senza che sentissi parlare di muro dentro e fuori la Casa. Non è passato giorno senza che lo vedessi in fondo alla via che percorrevo ogni giorno per andare alla chiesa della Natività. Non avrei mai immaginato cosa significhi vivere in una Betlemme racchiusa non da belle mura, come quelle della Città Vecchia di Gerusalemme, ma da un muro di cemento armato alto 8 metri, con filo spinato, torrette di guardia, videocamere e quant’altro. A fronte di un’esperienza di volontariato così forte non posso che ringraziare ATS pro Terra Santa per l’opportunità che mi ha offerto e che offre a tutti i volontari in Terra Santa. Nel cuore avrò per sempre il ricordo delle donne della Casa, di chi si dedica ad esse anima e corpo e di tutti i palestinesi che ho conosciuto, la cui pazienza e mitezza mi sono di esempio». (m.m.) 40 anni... ed è domani! Un DVD di ricordi e testimonianze per i quarant’anni del pellegrinaggio della gioia dei bambini a Loreto dell’Unitalsi Romana Laziale, realizzato dalla sorella Elena Balestri e Carmela Lisabettini, è stato presentato a Loreto durante il Pellegrinaggio del 40°. Tutti possono già prenotarlo direttamente presso la sede della sezione Romana-Laziale, con un contributo di Euro 15 che servirà a finanziare la partecipazione dei bambini a Loreto per l’anno prossimo. 16 Giorgio Ferrarelli Diacono permanente di Roma ...E dopo di noi? C i presentiamo: siamo Giorgio, Emi e Mattia, una famiglia come molte, dove la malattia è entrata di prepotenza nella nostra vita. Giovani sposi con il desiderio di avere una famiglia numerosa che organizza la propria vita prendendo i propri progetti come punto di partenza e punto di arrivo per vivere serenamente. Alla nascita di Mattia, trenta anni fa, la nostra felicità arriva al settimo cielo. Il bambino che avevamo tanto atteso ora è tra le nostre braccia, come tutti i genitori le ansie, le indecisioni e addirittura le paure prendono pian piano più spazio nelle nostre giornate. A pochi mesi ci accorgiamo che Mattia ha delle difficoltà motorie, non riesce a raggiungere alcune delle prime tappe di maturazione e l’ansia comincia a prendere il sopravvento. Iniziamo a muoverci cercando aiuto dal pediatra che però non ci ascolta e banalizza le nostre ansie, fino al giorno in cui siamo stati perentori e abbiamo chiesto cosa dovevamo fare. Da lì è iniziato il nostro calvario, abbiamo consultato tanti medici in tante città d’Italia e di altre nazioni senza arrivare a nessuna diagnosi. Più il tempo passava più prendevamo coscienza della gravità e delle limitazioni di nostro figlio. Con il passare del tempo il dolore ci ha logorato, il Signore non aveva posto nella nostra vita, cercavamo nel mondo qualcosa che poteva colmare il vuoto, anzi la voragine che si era formata nel nostro cuore, ma nulla poteva sostituire quello che noi avevamo perso. Un giorno Emi mi dice: “Voglio andare a Lourdes”. Io rimango di ghiaccio e gli rispondo: “Come facciamo con Mattia?”. La sua risposta è decisa: “ Informati, voglio andare”. Non conoscevamo l’Unitalsi, ma alcuni amici ci parlano del treno bianco, non ci raccontano molto ma decidiamo di partire. Ricordo ancora la prima volta che sono andato in sottosezione, era sabato mattina, Alessandro mi accoglie con un sorriso rassicurante e mi fa accomodare, comincio a fare domande fino ad arrivare alla sistemazione in albergo. Alessandro mi propone subito il Salus per Emi e Mattia ed io rispondo, anche un po’ scocciato, che dove dormo io dormiranno anche loro. 17 Mi rassicura e mi dice che gliene sarò grato al ritorno. A quel punto mi fido, ci iscriviamo e finalmente si parte. Il treno a Ostiense è arrivato, non riusciamo a capire chi sono tutte queste persone che si danno da fare ad aiutare i pellegrini e i malati a prendere posto e a sistemare i bagagli. Ci sentiamo soli pur essendo insieme a tante persone. Finalmente si parte. La partenza è stata per noi come lasciare il nostro mondo ed entrare in un mondo totalmente diverso, un mondo fatto di Amore, solidarietà e condivisione, il nostro è stato come un rinascere scoprendo che non siamo soli nel nostro dolore che ci sono moltissimi amici capaci di portare con noi la croce cercando di alleviarne il peso. Non sono io che devo raccontare a voi Lourdes perché se state leggendo queste mie poche righe, avete sicuramente fatto questa esperienza. Voglio dirvi soltanto che Maria ci ha aiutato ad uscire dalla voragine che si era formata nel nostro cuore, che siamo stati accolti da lei come solo una madre sa fare con dolcezza e tenerezza, che si è istaurato con lei un rapporto che durerà per tutta la nostra vita. Da allora non ci siamo più allontanati dall’Unitalsi anzi nel viaggio di ritorno don Gianni ci ha parlato del treno della Gioia e l’anno successivo abbiamo partecipato portando con noi il vice parroco e alcuni giovani della parrocchia come volontari. Vivere la spiritualità della nostra associazione significa condividere le esperienze e soprattutto farla conoscere per condividerne i frutti. Ci siamo dati da fare fino a formare un gruppo di trenta volontari, tutti giovani alla prima esperienza di servizio. La nostra vita è cambiata finalmente la gioia è ritornata nei nostri cuori. Oggi, a distanza di venti anni da questa prima esperienza, una sola cosa ci fa sentire il peso di una grande responsabilità: cosa sarà di Mattia quando noi non ci saremo più? Allora ci siamo messi a pregare per chiedere al Signore di illuminarci, di farci capire cosa possiamo fare per lui e per le persone che si trova- 18 no nelle sue stesse condizioni. E’ vero, “Sul monte il Signore provvede” (Gn 22,14), però noi dobbiamo contribuire ad edificare il Suo regno su questa terra. Non possiamo pensare a un istituto così come oggi è concepito, non possiamo pensare a farlo stare con persone che non conoscono la compassione nell’accezione della condivisione e non nella pietà, quello che in aramaico si traduce con la parola rachamim che deriva dalla radice rechem che significa “utero” e rachamim è il rapporto che l’utero ha verso colui che ospita al suo interno. Ecco cosa mi ha spinto a scrivere queste righe: il desiderio di chiedere a chi è nella nostra stessa situazione “Aiutaci a capire cosa possiamo fare!” Mi sono messo a navigare su internet ed ho trovato tante iniziative, per lo più indirizzate a persone anziane e sole, che si sono unite in appartamenti ed hanno risolto anche il grande problema economico unendo le loro risorse e riuscendo a dare lavoro a persone qualificate che hanno alleviato i loro disagi e le loro difficoltà. Perché non prendere a modello queste piccole comunità e formare delle case che possano ospitare alcune persone formando una vera e propria famiglia, sostenuta da figure professionali e soprattutto da volontari che circondino gli amici in difficoltà di attenzioni e dell’Amore che viene solo da chi ha incontrato il Signore? Soltanto allora potremmo finalmente dire: “Ora lascia Signore che il tuo servo vada in pace” (Lc 22,29) come ha fatto Simeone al tempio. Sogni e... realtà Q uando la grande famiglia dell’Unitalsi laziale leggerà questa nostra rivista, molte notizie (date dei pellegrinaggi, ulteriori attività e quote di partecipazione) saranno ben definite e conosciute dai più. Qui oggi interessa parlare di un problema che ogni anno diventa sempre più preoccupante ed è quello della partecipazione dei giovani ai nostri pellegrinaggi. Le informazioni della disoccupazione giovanile sono da mesi e mesi sotto gli occhi di tutti e soprattutto oggi avere un giovane disoccupato o sotto-occupato...è una “presenza” in tante famiglie. A questo problema si aggiunge anche il giovane che non lavora ma che studia, ed è quindi un doppio peso per la famiglia. Ma sono tanti i giovani (e non solo loro per fortuna!) che desidererebbero poter partecipare ad un pellegrinaggio soprattutto a Lourdes, ma che non possono farcela a far fronte alla quota! Allora farà bene “conoscere” come alcune regioni unitalsi hanno “affrontato” e tentato di dare delle soluzioni. Una di queste è la sezione Unitalsi Lombarda che ha portato tanti giovani a Lourdes, dopo aver fatto una lotteria regionale...dimezzando la quota di partecipazione!!! Ovviamente immagino già le riserve e le difficoltà di qualcuno: “da noi non va... i parroci non ci fanno vendere i biglietti fuori della Parrocchia...” e così via. Loro invece sono riusciti a “piazzare”più di cinquantamila biglietti ed ogni blocchetto era di 50 biglietti (costo 1 euro) ed ogni unitalsiano si doveva impegnare a pagarli anticipatamente e...venderli nel proprio ambiente di lavoro, di attività sportiva ed altro...e qualcuno anche in parrocchia! La stessa cosa hanno fatto in Emilia Romagna e solo nel pellegrinaggio di agosto hanno portato a Lourdes 80 giovani! Come abitanti il Lazio non è più piccola della regione Lombardia o dell’Emilia Romagna! Se loro ci sono riusciti, perché noi no? Ma vi sono due altre cose che si potrebbero fare per aiutare la sezione anche per non vedere ogni anno l’aumento delle quote... tanto temute, ma sempre presenti! Ecco le due proposte: questa rivista viene inviata a 5.000 persone. Se ognuna di queste inviasse tramite conto corrente allegato o tramite bonifico bancario l’importo di 10 euro avremmo l’equivalente per facilitare metà quota a 150 giovani (35 giovani ad ogni nostro pellegrinaggio, 35 forze nuove sul treno e a Lourdes!). La seconda proposta non costa nulla ma ci ha visti PIGRI all’ennesima potenza: è quello di offrire il 5x mille all’Unitalsi nella dichiarazione dei redditi! Non solo il nostro, ma invitando amici e conoscenti e presentando il variegato campo di attività unitalsiane eppure... vi sono delle sotto sezioni della nostra regione nelle quali nessuno, NESSUNO ha dichiarato il 5x mille a favore dell’Unitalsi! Ed allora è inutile continuare a lamentarsi che i viaggi costano tanto o con l’altra frase che “non si fa nulla per le forze giovani”. Diceva Confucio. “Piuttosto che imprecare contro le tenebre: accendi un cerino”. E un altro proverbio può spronarci: “Se sogna un uomo soltanto è solo un sogno... se sognano in tanti: si crea una nuova realtà”. Per favore: sogniamo in 5.000 e recupereremo i 355 che quest’anno non hanno partecipato ai nostri pellegrinaggi! ANDIAMO IN TERRA SANTA dal 9 al 16 Marzo per meglio vivere la Pasqua! 19 Di Franco Mariani Della sotto-sezione di Sora A Loreto per un cammino di Fede D al 7 al 9 novembre scorsi, nell’annuale pellegrinaggio alla Santa Casa di Loreto, siamo stati veramente bene, insieme ai fratelli Unitalsiani della Sottosezione di Montecassino ed dei gruppi di S. Giorgio Ionico, Pulsano, Grottaglie e Crispiano della Sezione Pugliese. Eravamo oltre 270 persone tra ammalati, volontari ed accompagnatori. Il pellegrinaggio è iniziato il giorno 7 con l’incontro di apertura delle ore 21 nella sala San Giovanni XXIII, presieduto da Don Decio Cipollone, ed è terminato il giorno 9 con la S. Messa nella Sala Pomarancio. Il giorno 8 è stato il periodo forte, un intenso cammino di fede, un concentrato di spiritualità, di fraternità, 20 di amicizia e di crescita nell’amore vicendevole. Iniziato con la liturgia penitenziale delle ore 9 in Basilica superiore, con la S. Messa delle ore 11, che il Rettore del Santuario, Padre Franco, ha voluto presiedere, al fine di dare maggiore rilievo alla presenza degli ammalati; con il Santo Rosario meditato alle ore 15,00, ed il successivo passaggio in Santa Casa per gruppi; con la Processione Eucaristica e la Benedizione dei malati in piazza alle ore 17,15; e con la fiaccolata in Piazza con la Statua della Madonna, durante la quale è stata celebrata la Via della Luce. Tutto si è svolto nel migliore dei modi, anche il tempo è stato bello con giornate assolate e calde. Abbiamo vissuto momenti di forte intensità spirituale, un vero cammino di fede verso e con i nostri amici delle prime file, vero volto di Dio, vero tempio dello spirito santo, veri costruttori di quella civiltà dell’amore vicendevole che risponde pienamente al comando di Gesù: amatevi gli uni gli altri così come io ho amato voi. Da questo vi riconosceranno se siete miei discepoli. Tutto questo è potuto realizzarsi grazie a chi ci ha guidato. Un Grazie particolare va a Padre Gianlu- ca Quaresima del Santuario, sempre presente, attento, gentile, paziente e profondo nei suoi interventi. Un abbraccio ed un grazie sentito a don Decio, vicario generale, sempre accogliente, gioioso, efficace, vero trasmettitore di fede, e capace di dare senso all’essere unitalsiano di cui egli è stato uno dei maggiori protagonisti della storia recente. Come non ricordare e ringraziare i nostri assistenti, don Giancarlo della Sezione Pugliese, don Pasqualino e don Erich che, pur di stare con noi in questa meravigliosa esperienza, hanno dovuto farsi sostituire nelle loro incombenze parrocchiali! Grazie anche ai medici, la cui presenza, data la peculiare platea unitalsiana, è sempre preziosa ed indispensabile. Senza la loro presenza sarebbe impensabile immaginare un pellegrinaggio con tanti ammalati. Oltre 40 erano quelli su sedia a rotelle. Stare nella Santa Casa, è stare nella casa di Maria e di Gesù a Nazareth, in Terra Santa. Non vi sono più dubbi al riguardo. Tutte le ricerche effettuate, iconoclastiche, archeologiche, chimiche, geologiche e storiche depongono, con certezza, in favore della ipotesi secondo cui le tre pareti della Santa Casa di Loreto provengono da Nazareth e che esse sono ivi state trasportate con navi per proteggerle dal saccheggio dalla devastazione dei Mamelucchi che avevano messo in fuga i crociati e tutti cristiani. Un documento del settembre 1294, attesta che Nicifero Angeli, despota dell’Epiro, nel dare la propria figlia, Ithamar, in sposa a Filippo di Taranto, quartogenito di Carlo D’Angiò, re di Napoli, trasmise una serie di beni dotali, tra cui “Le Sante Pietre portate via dalla Casa della Nostra Signora la Vergine Madre di Dio”. 21 di Maurizio Patriciello Perché la sofferenza... U na coincidenza, forse. O, forse, il tocco delicato della carezza di Dio per ricordarci che non siamo soli, che ci sta accanto, che ci ama e soffre con noi e per noi. Chissà. Un giorno tutto ci sarà chiaro; oggi dobbiamo muoverci nella penombra della sera. Oggi ci viene chiesto di esercitare la fiducia. Fidarsi di Dio che ci comanda, contro ogni logica umana, di andare ad abbracciarlo camminando sulle acque. Che insiste nel chiederci di calare le reti in una notte buia e senza stelle, quando il mare è avaro e la pesca è desolante. Te lo chiede Lui, e tu, per niente convinto, obbedisci solo perché hai fiducia in Lui. Giovanni, mio fratello, è morto. La leucemia lo ha consumato in pochi mesi. Uno spasimo straziante. Una croce 22 pesantissima da trascinare. Il dolore forte non lasciava spazio per riflessioni filosofiche o teologiche. Eppure, nonostante il morso acuto che gli rubava il riposo, l’aria, la vita, Giovanni mi chiedeva: «Perché? Perché?». «Perché che cosa, Giovà?». «Perché la sofferenza, Miziò …». Già, perché la sofferenza. E chi lo sa? Nemmeno Gesù, a riguardo, volle sciogliere l’enigma. Una cosa è certa: mai il patire è vano. Come concime, misteriosamente, fa germogliare i deserti aridi delle nostre vite. Qualche mese fa, il cardinale Sepe volle assegnarmi il “Premio san Gennaro”. Corsi a regalare a Giovanni l’opera di bronzo raffigurante il busto del santo patrono di Napoli e della Campania. «Giovà, guarda che bella, la dono a te. San Gennaro, vedrai, ci aiuterà…». La mise sul comò in modo da poterla guardare dal suo letto. Ne andava fiero. La mostrava a tutti. La malattia negli ultimi giorni si era fatta crudele, senza scrupoli. Tiranna, disumana. Non gli era rimasto un solo lembo in quel corpo straziato che fosse risparmiato dal dolore lancinante. Sapevamo che sarebbe volato via in seguito a una emorragia o a un attacco respiratorio. Pregavamo incessantemente. In modo particolare chiedevo l’intercessione di Padre Pio da Pietrelcina, San Gennaro, san Gaspare del Bufalo, fondatore dei Missionari del Preziosissimo Sangue. «Signore, ti prego, l’emorragia, no. Quando vede il sangue, Giovanni, va in panico …». Aveva intuito, infatti, nonostante le mille bugie che gli venivano raccontate, che poteva essergli fatale. Venerdì, 19 settembre, è la festa di san Gennaro. È l’ora in cui, in cattedrale, il cardinale Sepe celebra la messa e porge alla venerazione dei fedeli le antiche ampolle contenenti il sangue del vescovo martire. È il giorno in cui, in genere, avviene il prodigio dello “scioglimento” del sangue. Chiedo a mio fratello se gli fa piacere che si accenda il televisore in camera da letto. Annuisce. Le prime immagini ci portano in casa il volto felice del cardinale Sepe mentre annuncia che il prodigio tanto atteso è avvenuto. Giovanni sta morendo per una malattia del sangue nelle stesse ore in cui a Napoli si rinnova il prodigio del sangue di un martire innamorato di Dio. Mentre, con la mia famiglia, assisto mio fratello, prego incessantemente il nostro santo patrono. Gli chiedo la carità di evitare a Giovanni, che è lucidissimo, l’emorragia che gli sarà fatale. Lo supplico di farmi questa carità. Con l’aiuto della morfina leniamo il suo dolore: Benedetta scienza quando viene in aiuto della persona umana e allevia i tormenti. Poco dopo, Giovanni si addormenta. Dorme qualche ora, poi, serenamente passa al riposo eterno. Il bruco, tenuto prigioniero dal morbo, si trasforma in una farfalla variopinta e inizia a volare per i cieli infiniti, i tempi eterni. Mistero immenso della vita e della morte. Mistero del “confine” che separa la vita dalla morte. Giovanni ha bevuto il calice amarissimo che gli è stato offerto. Nemmeno una sola goccia è rimasta sul fondo della coppa. L’emorragia tanto temuta, però, non c’è stata. In cuor mio, ringrazio San Gennaro. Il giorno dopo siamo riuniti in chiesa per la concelebrazione Eucaristica. Sono riconoscente al Signore per il dono della fede che ha voluto fare a me e alla mia famiglia. Certo, con Dio la vita rimane un mistero non sempre comprensibile; senza Dio, però, diventa un assurdo. Almeno per me. Mi rendo conto che è il 20 settembre, il giorno in cui ricorre il 96° anniversario delle stimmate di padre Pio da Pietrelcina. Fu proprio la mattina di quel lontano 20 settembre del 1918, infatti, che il giovane frate cappuccino, si ritrovò con le mani, i piedi e il costato insanguinati e si spaventò. Padre Pio porterà quei segni misteriosi e veri nel suo corpo per mezzo secolo. San Pio e San Gennaro: due uomini che con la coerenza della loro vita, e col sangue versato, ci ricordano l’altissimo prezzo pagato da Cristo per la nostra salvezza. Giovanni ha spiccato il volo nella festa di san Gennaro, il suo funerale si è svolto nell’anniversario delle stimmate di Padre Pio. Una coincidenza, forse. O, forse, il tocco delicato della carezza di Dio per ricordarci che non siamo soli, che Lui ci sta accanto. Che la sofferenza atroce, ai limiti dell’umana sopportazione, patita da mio fratello, unita a quella di Gesù e di tanti cristiani, possa trasformarsi in salvezza e profonda gioia per tutta l’umanità. 23 50 anni a Lourdes C’è chi festeggia le “Nozze d’oro” e chi 50 anni di presenza, di preghiera e di offerta della propria sofferenza alla S. Vergine. È ciò che ha fatto Renata Sagnotti con suo figlio Cristiano Zanfagna che, accompagnati dai nipoti Cristiano e Ilaria alla grotta, come Maria, hanno rinnovato il loro sì di fede. Grazie... Nella nostra famiglia il servizio che conta è quello di rispondere con tutto noi stessi, nel fare ciò che ci viene richiesto, certi di compiere la volontà di Dio, lavorando per Lui. Vogliamo dire il nostro grazie a dei sacerdoti che per anni hanno svolto il ministero di assistenti. Un grazie che vogliamo iniziare a rivolgere al sempre giovane don Romolo Sabbi, della sottosezione di Palestrina, che per ben 26 anni non è mai mancato nei pellegrinaggi a Loreto e a Lourdes. Poi, secondo classificato, ma solo per età è don Luigi Bardotti della sottosezione di Rieti. Parlare di Unitalsi a Rieti si identifica con la figura e l’azione pastorale di don Luigi. Il suo amore alla Madonna, ai malati e il suo impegno resteranno uno stimolo per tutti i fratelli e le sorelle della sottosezione. Un grazie lo dobbiamo anche a don Marco Fiore, della sottosezione di Velletri-Segni, che è oggi preso soprattutto dal suo impegno come vice-rettore presso il seminario leoniano di Anagni. Quindi ci sembra opportuno dare il più fraterno “benvenuto” ai nuovi assistenti: - S.E. rev.ma Domenico Sigalini, vescovo di Palestrina che svolgerà anche questo servizio per l’Unitalsi della sua diocesi. Per la grande famiglia dell’Unitalsi tutti è un segno di grande fiducia e stimolo a continuare a servire i malati vedendo in loro il volto di Cristo. - Benvenuto a don Giovanni Soccorsi per Porto e S. Rufina. - Benvenuto a don Franco Angelucci per Rieti. - Benvenuto a don Rinaldo Brusca per Velletri-Segni. - Benvenuto a don Giuseppe Scarito per Viterbo. Ricordiamoli nella preghiera Alcuni fratelli e sorelle hanno terminato il loro servizio terreno per ricevere la gloria eterna. Fra i tanti vogliamo ricordare Elena Balestri, il cui ultimo lavoro a favore del pellegrinaggio dei bambini di Loreto è stato il video del 40°. - Il barelliere ex presidente di Porto e S. Rufina: Vincenzo Bauco anche lui ha terminato il pellegrinaggio terreno. È stato commovente nel pellegrinaggio di Ottobre che alcuni giovani, con le lacrime agli occhi domandarono a don Gianni una candela della grotta per portarla a Vincenzo per recitare il rosario con lui con un “segno” di Lourdes. 24 VIAGGIANDO INSIEME Autorizzazione del Tribunale di Velletri n. 13 del 4-10-90 Direttore responsabile: Tommaso Ricci Redazione c/o: Don Gianni Toni - Viale G. De Chirico - Latina [email protected] Amministrazione: Unitalsi - Via Andrea Millevoi, 65 - ROMA Foto: Don Maurizio Medici / Nardini A. Grafica e Stampa: Nuova Grafica 87 srl - PONTINIA (LT) - Tel. 0773.86227 PELLEGRINAGGI 2015 LOURDES • 26 Aprile - 2 Maggio (treno) • 20-26 Agosto (treno) • 21-25 Agosto (aereo) • 27 Settembre - 3 Ottobre (treno) • 28 Settembre - 2 Ottobre (aereo) • 18-24 Ottobre (treno) • 19-23 Ottobre (aereo) • 22-28 Ottobre (treno) • 23-27 Ottobre (aereo) LORETO FATIMA • 7-10 MAGGIO (bus) • 25-29 Giugno Pellegrinaggio dei Bambini (bus) • 17-20 Luglio (bus) • 4-7 Settembre TERRA SANTA • 9-16 Marzo Viaggio speciale per meglio vivere la S. Pasqua. (Occorre essere muniti di passaporto con scadenza di almeno 6 mesi dalla data del pellegrinaggio). Se per il pellegrinaggio vi fossero problemi di sicurezza, sarà la stessa Unitalsi eventualmente ad annullarlo. Per informazioni ed iscrizioni ai pellegrinaggi: rivolgersi alla propria sottosezione Unitalsi. Si ricorda che il termine delle iscrizioni scade 30 giorni prima della partenza ed occorre versare subito il 50% della quota prescelta. www.unitalsiromanalaziale.it Dulcis in fundo: La sezione ha organizzato una lotteria. Se ogni socio dell’Unitalsi Laziale prende l’impegno di vendere almeno 50 biglietti nel proprio ambiente, riusciremmo a realizzare il sogno di ridurre le quote di partecipazione ai pellegrinaggi per i giovani, così come hanno fatto alcune regioni unitalsiane!
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