Impianti elettrici “smart”: innovazione in sicurezza

Impianti elettrici “smart”: innovazione
in sicurezza
dossier
A cura di Silvia Berri - Responsabile Comunicazione e Promozione CEI e Cristina Timò - Direttore Tecnico CEI
Reti intelligenti, mobilità elettrica, energie da
fonti rinnovabili, efficienza energetica, nuove
tecnologie utilizzate in domotica e impianti di
comunicazione sono temi all’ordine del giorno
nelle agende di tutti i Paesi del mondo. Le
nuove applicazioni innovative possono essere
progettate e realizzate solo avendo ben presente la regola dell’arte che le norme tecniche
definiscono. Il Comitato Elettrotecnico Italiano
lavora ogni giorno per tenere aggiornata e, anzi,
anticipare con la normativa l’evoluzione tecnologica del settore elettrotecnico, elettronico e
delle telecomunicazioni, sia in ambito nazionale sia attraverso la partecipazione in qualità di
rappresentante italiano all’interno degli organismi normatori a livello europeo (CENELEC e
norme EN) e internazionale (norme IEC). Gli
impianti elettrici in questi ultimi anni si sono
evoluti in modo imprevedibile dall’inizio del
nuovo millennio: sono passati, ad esempio da
impianto utilizzatore esclusivamente passivo
ad impianto attivo o “smart”.
Il primo articolo del presente dossier illustra
alcune tecnologie o applicazioni particolari di
impianti “smart” quali technology-assisted living
in ambito domestico per utenze con particolari esigenze, smart metering, ricarica per veicoli elettrici, sistemi di automazione domestica,
gestione energetica dell’edificio. Tutte queste
soluzioni hanno bisogno di un fondamentale
prerequisito: un'infrastruttura per l’impianto
elettrico sicura e flessibile. In questo contesto
la normativa tecnica svolge un ruolo fondamentale anticipando e indirizzando l’innovazione
nella direzione di una migliore sostenibilità
energetica e ambientale.
Il cablaggio per comunicazioni elettroniche
negli edifici residenziali costituisce un aspetto
di fondamentale importanza per garantire i
diritti inderogabili di libertà delle persone
nell’uso dei mezzi di comunicazione elettronica
(D.Lgs. 259/03) e una caratteristica che rende
ancora più “smart” l’impianto. Il principale riferimento normativo per questo argomento è
la Guida Tecnica CEI 306-2, che fornisce indicazioni per la realizzazione di infrastrutture
adeguate per garantire la massima connettività tra le reti di servizi di comunicazione esterne
e le singole unità immobiliari e, in particolare,
per la realizzazione di impianti per la distribuzione di segnali per: fonia (tipicamente telefono
e ADSL), audio/video (compreso i segnali RF
captati dalle antenne), trasmissione dati (nell’appartamento si configura come una LAN domestica) e tecnologie alternative al cablaggio
strutturato (connessioni wireless). Questo argomento è trattato nel secondo articolo del
dossier.
Ma un impianto “smart” vuol dire anche che è
connesso a energie rinnovabili quali il fotovoltaico e l’eolico. Tali tipi di generazione distribuita hanno come caratteristiche comuni la di-
stribuzione, sul territorio e sulla rete, e la non
programmabilità della produzione, vincolata
alla disponibilità naturale della risorsa energetica primaria. L’accumulo di energia elettrica
sta prospettandosi come una soluzione efficace per superare il limite più evidente della generazione di energia elettrica dalle fonti rinnovabili attualmente più diffuse in Europa. Di
questo argomento tratta il terzo articolo del
dossier, che illustra le attuali richieste obbligatorie delle delibere dell’AEEG tramite il richiamo
a norme CEI relative alle prescrizioni per le
connessioni a utenze BT e MT.
Eseguire in sicurezza qualsiasi lavoro anche
in vicinanza a impianti elettrici: è un “must”. Di
questo tratta l’articolo sulle nuove disposizioni
di sicurezza per i lavori sugli impianti elettrici
con riferimento alla nuova edizione della Norma
CEI 11-27. Questa norma è la base per l’aggiornamento dell’edizione esistente, a seguito
della pubblicazione della norma europea CEI
EN 50110-1. La Norma CEI 11-27 tiene infatti
conto delle disposizioni nazionali dettate dal
D.Lgs. 81/2008 (Testo unico sulla sicurezza sul
lavoro) e successive modifiche e integrazioni.
L’articolo approfondisce le nuove definizioni di
lavoro elettrico e non elettrico e di distanze
regolamentate, presenta esempi pratici delle
figure professionali responsabili definite e
adattate al contesto nazionale, come le Piccole Medie Imprese operanti nel settore.
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Impianti elettrici "smart"
dossier
L’evoluzione smart degli
impianti elettrici nell’edilizia
La trasformazione del sistema di approvvigionamento e distribuzione dell’energia imposto
dalla politica energetica ed ambientale europea,
nonché dalla sicurezza di approvvigionamento
energetico nazionale e regionale, presuppone
che la rete pubblica diventi più intelligente
(smart grid).
Ma una rete di distribuzione pubblica smart
richiede impianti utente altrettanto smart da
un lato per poter sfruttare le potenzialità della
nuova rete pubblica, dall’altro per permetterne
lo stesso sviluppo.
Da impianto esclusivamente utilizzatore passivo, l’impianto elettrico del settore residenziale sta diventando attivo sia con accezione di
generatore da fonte rinnovabile e distribuita
(da cui il neologismo prosumer) sia con accezione di utilizzatore intelligente in grado di
adattare la propria domanda alle esigenze
tanto interne quanto della rete di alimentazione.
Le tecnologie attualmente disponibili in grado
di cambiare il paradigma del tradizionale impianto elettrico negli edifici residenziali e non
residenziali in Europa sono principalmente:
• tecnology-assisted living at home;
• smart metering;
• trasporto elettrico su strada;
• pompe di calore;
• generazione distribuita;
• sistemi di automazione domestica;
• gestione energetica dell’edificio.
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Tutte queste soluzioni hanno bisogno di un fondamentale prerequisito: un'infrastruttura elettrica sicura e flessibile.
L’articolo dedica un paragrafo ad ogni tecnologia
o applicazione che sta trasformando il concetto
di impianto elettrico dell’utente nel contesto residenziale in Europa, soffermandosi in particolare sui benefici che ciascun scenario riserva, ma
anche sugli ostacoli che dovranno essere superati.
Tecnology-assisted living at home
In Europa nel 2000, la percentuale di ultra sessantacinquenni era circa pari al 25%, ma si ritiene che nel 2030 raggiungerà circa il 35%. Con il
forte aumento della speranza di vita negli ultimi
decenni, gli anni d’argento rappresentano un
periodo sempre più importante della vita sociale
ed anche economica.
Le tecnologie domotiche sono in grado di assistere anziani e disabili in modo efficace in un gran
numero di situazioni e attività domestiche, dando
loro la possibilità di essere più auto-sufficienti e
di rinviare o annullare completamente il bisogno
di vivere in strutture sanitarie pubbliche.
Il termine "tecnology-assisted living at home" ricomprende vari concetti spesso indicati comunemente con la dizione anglosassone non
avendo ancora individuato un equivalente italiano altrettanto comunicativo: EHealth (e in particolare la telemedicina), E-accessibilità, Design
for All, Smart House, EInclusion (Digital divide,
Ambient Assisted Living - AAL - per l'Ageing
Society), Invecchiamento intelligente. Un esempio tanto semplice quanto efficace è la movimentazione delle tapparelle (magari blindate). Facile
per un giovane, difficoltoso o impossibile per la
stessa persona quando invecchia.
I vantaggi collegati con lo sviluppo della vita
domestica tecnologicamente assistita in Europa
sono principalmente sociali ed economici. Numerosi studi hanno dimostrato che di solito persone che necessitano di assistenza per bisogni
primari e personali preferiscono essere assistite
dalla tecnologia piuttosto che da altre persone.
Diverso è il caso dei rapporti umani per i quali le
tecnologie informatiche possono svolgere anche
un ruolo positivo dando la possibilità agli assistiti di rimanere in contatto facilmente e più frequentemente con parenti e amici, anche se non fisicamente presenti. Persone che soggiornano a
casa propria, ovviamente più felici di persone che
vivono in strutture sanitarie pubbliche, rimangono sane più a lungo e il costo sociale dei cittadini felici a casa propria è inferiore al costo dei
pazienti costretti a vivere in strutture sanitarie
pubbliche.
Oltre alla citata riduzione dei costi sociali, lo
sviluppo della technology-assisted living at home
comporta anche consistenti vantaggi economici
principalmente legati: alla creazione di nuovi
posti di lavoro ad alto valore aggiunto nel campo
degli impianti elettrici e delle tecnologie elettriche
ed informatiche avanzate; alla creazione dei
presupposti per la per la promozione e lo sviluppo di un mercato dei servizi in materia di
technology-assisted living at home, riducendo le
barriere all’innovazione e creando nuovi promettenti mercati.
Lo sviluppo della living technology-assisted at
home richiede: la promozione, la ristrutturazione
e la riqualificazione degli impianti elettrici (come
pure dei prodotti, dei sistemi e dei servizi correlati); di disporre e mantenere un'infrastruttura
(comprensiva dell’impianto elettrico) in grado di
recepire e supportare lo sviluppo futuro; di cambiare il concetto di impianto elettrico residenziale, il cui scopo non è più limitato alla fornitura di
energia ma deve essere esteso ad altre funzioni
di comunicazione, controllo, attuazione, ecc.
L’impianto elettrico necessita di interoperabilità,
e quindi l'utilizzo intensivo delle tecnologie informatiche, e giocherà un ruolo sempre più centrale in tutte le attività umane.
E’ necessario cambiare il paradigma di progettazione dell'impianto elettrico residenziale dal
momento che l’ICT richiede un impianto elettrico
estremamente affidabile (alimentazione) ed
un’infrastruttura dedicata e che non è importante solo la sicurezza elettrica, ma anche la funzionalità. Dovranno essere considerati nuovi requisiti come, ad esempio, l’estensione del concetto
di sicurezza elettrica tipico degli ambienti medici
agli impianti elettrici delle abitazioni per l'assistenza domiciliare.
Smart metering
Un passo fondamentale nella transizione dalla
rete attuale alla smart grid o alle micro-grid è
legato all’evoluzione dello smart metering.
Con specifico riferimento all'efficienza energetica e alle fonti rinnovabili, lo smart metering è un
elemento essenziale per l'educazione e la responsabilizzazione degli utilizzatori ed il comportamento degli utilizzatori è la chiave di volta di una società carbon-neutral.
Le attività di demand side e le tecnologie dovrebbero essere in realtà la prima scelta in tutte le
decisioni di politica energetica volte a creare
sistemi energetici più affidabili e più sostenibili.
Anche se il termine smart metering non è esplicitamente menzionato nelle direttive o regolamenti europei, la sua introduzione è promossa
dall'Unione Europea attraverso recenti normative che dovrebbero portare a una vasta implementazione di contatori elettrici e del gas in Europa.
Gli smart meter possono essere sistemi composti da componenti tecnici diversi e possono differire in funzione delle specifiche condizioni del
mercato nei vari Stati membri e dei diversi tipi di
contatore in ogni edificio. La maggioranza comprende le seguenti funzioni:
• misurazione accurata di energia elettrica,
gas, acqua o calore;
• un’infrastruttura di trasmissione dati;
• un ambiente IT adeguato ai volumi di dati
necessari;
• un sistema di fatturazione consumeroriented;
• una visualizzazione locale dei dati di utilizzo dell'energia.
I principali vantaggi legati allo smart metering
sono conseguenti allo sviluppo di una maggiore
consapevolezza dei consumi energetici correlati alle attività quotidiane degli utenti finali e nei
conseguenti potenziali risparmi energetici ed
economici.
L'installazione dei contatori intelligenti, assieme
al feed-back diretto per l’utente reso possibile
dalla disponibilità all’interno dell’abitazione dei
dati di consumo (In-Home Display), ha dimostrato potenziali di risparmio energetico tra il 10% e
il 20%. Lo stesso meccanismo è stato sperimentato nel recente passato nel settore automobilistico: la possibilità di conoscere in tempo reale il
consumo spinge il guidatore a ridurlo.
Tra le principali barriere alla diffusione dello smart
metering è opportuno considerare che i contatori intelligenti devono interfacciarsi con i sistemi
operativi e informativi esistenti gestiti da DSO
(Distribution System Operators) e fornitori. Una
considerazione importante nella scelta del sistema di misurazione intelligente è quindi rappresentato dalla comunicazione esterna e dall'interoperabilità.
La gestione della domanda attiva (AD - Active
Demand) richiede l’impiego di contatori intelligenti con determinati requisiti tecnici, così come
una infrastruttura di comunicazione adeguata.
Con questi presupposti, la normazione e l’unificazione dei protocolli, dei contatori e dei servizi
si presenta come un elemento chiave per lo
sviluppo.
Trasporto elettrico su strada
I veicoli elettrici (EV), Plug-in Hybrid Electric
Vehicle (PHEV) e più in generale l'elettrificazione
stradale del trasporto sta diventando una priorità tecnologica cruciale sia a livello dell'Unione
Europea sia degli Stati membri per il conseguimento degli obiettivi politici europei (in termini
energetici), come la protezione del clima, la sicurezza dell'approvvigionamento energetico e la
competitività delle industrie europee.
L’elettrificazione dei trasporti è una priorità nei
programmi di ricerca comunitari anche in relazione al piano europeo di ripresa economica. Ad
esempio la Direzione Generale per l'Energia e i
Trasporti sostiene un ampio progetto dimostrativo sull’elettromobilità dedicato ai veicoli elettrici
e alle relative infrastrutture, con un bilancio
complessivo di circa 50 milioni di euro, come
parte dell'iniziativa Green Car.
La diffusione di questa opzione tecnologica deve
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Impianti elettrici "smart"
Lo smart metering fornisce un gateway di informazione e comunicazione delle infrastrutture
bidirezionale tra i contatori e le parti interessate
per:
• sensibilizzare e responsabilizzare il consumatore, attraverso la disponibilità dei dati di
consumo effettivo;
• incoraggiare la generazione distribuita e la
micro generazione, trasformando così il
consumatore a produttore di energia (prosumer);
• gestire meglio le reti energetiche spostando
o riducendo il consumo di energia, ad
esempio, attraverso Demand Side Management (DSM);
• migliorare la Customer Relationship Management (CRM), tra cui la fatturazione automatica/fatturazione sulla base di dati dettagliati di misura;
• sviluppare nuovi servizi energetici per migliorare l'efficienza energetica (aggregatori di produzione e domanda).
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Impianti elettrici "smart"
affrontare il tipico dilemma "dell’uovo e della
gallina", la cui unica via d'uscita sembra essere
quella di avviare la creazione di infrastrutture di
ricarica al fine di impostare i presupposti per
l'accettazione da parte dell’utente e della domanda del mercato. Nel valutare le opzioni di ricarica, gli scenari infrastrutturali in genere
comprendono:
• carica in garage residenziali privati;
• complessi residenziali di carica;
• carica da struttura pubblica, tra cui ad
esempio luoghi di lavoro, parcheggi pubblici, stazioni di ricarica dedicati.
La caratteristica principale dei veicoli elettrici
è che la coppia motrice viene fornita da un
motore elettrico che viene alimentato unicamente da una batteria o in combinazione con
un motore a combustione interna come avviene
per i veicoli elettrici ibridi (HEV), i veicoli elettrici a batteria (BEV), i veicoli elettrici ibridi plug-in
(PHEV), ma anche i veicoli elettrici fotovoltaici
(PVEVs) e i veicoli a celle a combustibile (FCV).
La carica della batteria richiede diversi componenti: l'interfaccia fisica di carica (la “spina” o
la piastra induttiva/conduttiva) e protocolli di
ricarica (la comunicazione tra il veicolo e l’alimentatore), oppure, in caso di plug-in, un opportuno collegamento alla rete elettrica.
La disponibilità di un'infrastruttura di carica per
i veicoli elettrici, e quindi una maggior diffusione degli stessi, consentirebbe:
• una riduzione delle emissioni;
• una diminuzione della dipendenza dal
petrolio;
• un aumento della competitività.
Tale infrastruttura avrebbe anche sinergie con
la rete elettrica (Vehicle-to-Grid, V2G) in termini di:
• gestione del carico (i veicoli elettrici potrebbero operare come accumulo di
energia per la rete contribuendo così alla
riduzione dei picchi di carico in rete);
• fornitura di energia elettrica di emergenza;
• contributo alla gestione dell'intermittenza
delle fonti energetiche rinnovabili (sia in
termini di backup che di storage).
Stime del potenziale di mercato dei veicoli
elettrici variano dal 3 al 10% dalla metà degli
anni 2020. Per i veicoli elettrici a batteria, gli
studi prevedono una quota di mercato in vendite di auto nuove dell’1-2% nel 2020 fino all’11-30%
nel 2030. Per i veicoli ibridi plug-in è prevista
una quota del 2% nel 2020 e dal 5 al 20% entro
il 2030.
Per quanto riguarda prerequisiti e barriere,
l’attuale limitato raggio operativo costituisce da
un lato uno dei principali ostacoli reali per lo
sviluppo su larga scala di veicoli elettrici, dall’altro può essere affrontato efficacemente con la
costruzione di una infrastruttura di carica.
La potenza richiesta dai diversi modi di carica
soprattutto per la "ricarica rapida" può essere
anche molto elevata rispetto alle tipiche potenze contrattuali in ambito residenziale e soprattutto in alcune regioni, come ad esempio l’Italia,
dove la stragrande maggioranza dei contratti
residenziali è sempre pari a 3 kW.
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Il V2G è limitato dalla portata dell’impianto
elettrico utente di collegamento del veicolo alla
rete attraverso l'edificio.
Se tutte le nuove costruzioni residenziali fossero predisposte con un circuito dal quadro
elettrico generale direttamente al garage pur
attestato ad una scatola vuota, la futura installazione di un sistema di carica per veicoli
elettrici potrebbe avvenire molto più facilmente.
Pompe di calore
Il piano europeo per le tecnologie Strategic
Energy (SET), proposto dalla Commissione Europea al fine di accelerare la diffusione di tecnologie energetiche a basse emissioni di carbonio,
riconosce un ruolo fondamentale alle fonti
energetiche rinnovabili per il riscaldamento e il
raffreddamento come parte della strategia dell'UE
per migliorare la sicurezza dell'approvvigionamento energetico e per favorire un vantaggio
competitivo in settori altamente innovativi.
Le pompe di calore, come noto, sono in grado di
trasferire calore da fonti naturali di calore disponibili in un intorno di qualsiasi sito di interesse,
come l'aria, il terreno o l’acqua, o da fonti di calore artificiali quali rifiuti industriali o domestici.
Le pompe di calore possono essere utilizzate
anche per il raffreddamento.
Il calore viene trasferito in direzione apparentemente contraria a quanto previsto dal secondo
principio della termodinamica, il corpo più freddo
viene raffreddato ulteriormente e quello più
caldo riscaldato ulteriormente, ovvero il calore
viene trasferito dal corpo freddo a quello caldo.
Il potenziale di riduzione delle emissioni di CO2
legato alla diffusione delle pompe di calore è
stimato in 1,2 miliardi di tonnellate ed è uno dei
più grandi che una singola tecnologia può offrire.
Dato che, con una maggiore efficienza energetica delle centrali elettriche, nonché della pompa
di calore stessa, potrebbe anche raddoppiare in
futuro.
La tecnologia delle pompe di calore può ridurre
l'esposizione ai rischi legati alla dipendenza
energetica europea ed italiana, riducendo significativamente i livelli di importazione di energia
e una maggiore flessibilità nella fonte primaria
grazie all’impiego dell'elettricità come vettore
energetico policombustibile.
Un’ampia diffusione delle tecnologie di pompag-
gio del calore può ridurre significativamente le
emissioni di anidride carbonica con un costo
modesto (spesso pari a zero o negativo).
In un certo senso le pompe di calore fanno del
«calore ambientale» una fonte rinnovabile utilizzabile per il riscaldamento e il raffreddamento:
• sempre più efficiente dal punto di vista
economico;
• un vantaggio per l'ambiente (fino al 100%
rinnovabile);
• localmente disponibile in tutta Europa, 24
ore al giorno (riducendo le esigenze di
trasporto del petrolio e una rete di distribuzione multa per il gas);
• il cui know-how e l'installazione di competenza è molto diffusa in Europa, collaudata
e affidabile.
La potenza elettrica richiesta dalle pompe di
calore è e può essere molto maggiore rispetto
alla tipica potenza nominale in contesto residenziale in alcuni stati europei come ad esempio 3
kW in Italia. In ogni caso, in un impianto residenziale esistente, l’aumento di potenza richiesto
può comportare alcuni problemi di sicurezza
legati principalmente alla portata dei cavi e dei
circuiti attualmente più comuni in edilizia residenziale.
Generazione distribuita
Attualmente, i paesi europei generano la maggior
parte di energia elettrica in grandi impianti centralizzati basati sulla combustione di risorse
fossili (carbone, gas), o centrali nucleari o idroelettriche.
Queste centrali hanno ottime economie di scala,
ma di solito trasmettono energia elettrica su
lunghe distanze con perdite corrispondenti
piuttosto elevate.
La generazione locale si basa sul concetto di
generazione di energia elettrica molto vicina
all’utilizzo, anche nello stesso edificio.
La generazione locale è di per sé distribuita in
contrapposizione a quella classica centralizzata
(da cui il nome centrali elettriche). La generazione locale o distribuita è basata su tecnologie di
generazione di energia su piccola scala (tipicamente nella gamma di 1 kW a 10 MW) a costituire un’alternativa o un miglioramento del tradizionale sistema di alimentazione elettrica.
L’Italia ha già vissuto, seppure in modo tumultuoso
grazie o a causa dei meccanismi di incentivazione,
Sistemi di automazione domestica
I sistemi di automazione dell’edificio (o domotici
con riferimento esclusivo all’ambito residenziale)
rappresentano un settore emergente anche in
relazione alla sempre maggiore automazione
degli elettrodomestici e delle funzionalità richieste nelle abitazioni.
In particolare la disponibilità di apparecchi elettronici sofisticati ma relativamente economici
permette realizzazioni fino ad un decennio orsono irrealizzabili o semplicemente troppo costose.
Le tecniche impiegate per la domotica includono
il controllo dell'illuminazione, di porte e finestre,
del riscaldamento, della ventilazione e dell’aria
condizionata (HVAC), sistemi di sicurezza e sorveglianza, nonché il controllo dei sistemi di home
entertainment, irrigazione delle piante d'appartamento, alimentazione degli animali domestici
e l'uso di robot domestici.
In generale i bisogni umani che possono essere
soddisfatti dal sistema domotico sono molto diversi e possono essere classificati come bisogni
di sicurezza, comfort, disponibilità di punti di
accesso per il futuro e servizi attuali, sistemi di
facile utilizzo e possibilità di integrare futuri miglioramenti.
Il vantaggio più importante relativo ai sistemi di
automazione domestici è rappresentato dalla
conseguente disponibilità di un contesto fertile
per lo sviluppo di altre applicazioni specifiche e
dei relativi servizi ad alto valore aggiunto come
smart ageing, gestione energetica dell’edificio,
ecc.
Fatta eccezione per questo, lo sviluppo del sistema domotico potrebbe essere una buona leva
nel processo di ristrutturazione di impianti residenziali esistenti in Europa, potenzialmente
ampliando anche il volume del settore elettrico
europeo.
La possibilità di adozione di nuove tecnologie e/o
l’adozione di funzioni nuove e differenti in un
impianto tradizionale è praticamente molto limitata, mentre in una casa automatizzata è abbastanza facile mantenere l'installazione aggiornata con le più nuove e reali esigenze dell'utente.
Quest’ultimo aspetto è particolarmente importante anche perché va nella direzione di un aggiornamento costante dell'impianto e relativi
servizi (comunicazioni, sanitari, gestione dell'energia, ecc.).
Le tecnologie domotiche sono disponibili da almeno 15-20 anni, ma il mercato non è mai decollato.
La maggior parte degli analisti ritiene ora che la
ragione principale di ciò sia legata alla necessità di
rinnovo dell’infrastruttura domestica a causa delle
vie cavi e delle predisposizioni installate. Ciò è
tanto più vero quando gli impianti sono sottotraccia
come è nel nostro paese. Oltre all'indisponibilità di
Gestione energetica dell’edificio
Le statistiche dimostrano che in Europa agli
edifici corrisponde il maggior consumo di energia
(il 40% di energia finale totale). Come riconosce
anche l’EPBD il comportamento dell'utente è una
chiave nel processo di controllo dei consumi.
Una gestione automatizzata dei sistemi energetici di un edificio può essere un modo efficace
per correggere e migliorare il comportamento
degli utenti.
La gestione energetica di un edificio è il processo di monitoraggio e controllo dei sistemi energetici all'interno di un edificio. Anche se i componenti specifici possono differire, questi sistemi
possono includere sistemi di riscaldamento e
condizionamento, ventilazione, illuminazione,
potenza e sicurezza. Un esempio semplice ma
efficace si riferisce al comando dell’illuminazione con un interruttore automatico in caso di
assenza di persone o in caso di un livello sufficiente di luce naturale. Un altro esempio è l'adozione di microinterruttori per disattivare il sistema
di riscaldamento in una stanza quando le finestre
sono aperte.
Considerando le attuali tendenze di sviluppo e le
statistiche sul consumo energetico, la gestione
energetica degli edifici sembra essere cruciale
per raggiungere gli obiettivi della politica energetica 20-20-20 (il potenziale di risparmio costoefficacia è stato stimato nel 28% entro il 2020).
Tenendo conto delle valutazioni effettuate sulla
base della EN 15232 il potenziale risparmio energetico legato all’adozione dei sistemi di gestione
dell'energia può essere stimato fino al 20% nel
settore residenziale e fino al 30% nel settore non
residenziale. Conoscere ciò che l'organizzazione
sta consumando in un dato momento è uno dei
modi più efficaci per il risparmio energetico. Il
Building Energy Management richiede un contesto in edilizia di automazione di base. Mentre i
benefici di questa tecnologia non sono ancora
del tutto noti all'utente finale, le autorità pubbliche
dovrebbero stabilire un livello minimo di automazione per la gestione energetica e dovrebbero
controllarne regolarmente l'applicazione negli
edifici nuovi e esistenti, esattamente come le
altre condizioni dell'edificio.
Angelo Baggini
Università degli Studi di Bergamo
Facoltà di Ingegneria Dalmine
Franco Bua
Membro CEI/CT 205 e CT 306
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volumi adeguati per accogliere le apparecchiature
e ed i collegamenti, probabilmente altri ostacoli
importanti nello sviluppo dei sistemi di automazione
domestica sono l'educazione dei professionisti e
degli utenti. Le statistiche mostrano che le case e
le infrastrutture di cablaggio corrispondenti (custodie e accessori per cavi) vengono rinnovati con un
tasso inferiore rispetto allo sviluppo delle tecnologie.
A volte le nuove tecnologie, elettriche e non, non
vengono adottate dagli utenti perché sarebbe
necessaria una ristrutturazione edile. Da un altro
punto di vista, la pianificazione delle infrastrutture elettriche (predisposizione) non può essere
efficace se basata solo sull'offerta attuale del
mercato (in termini di tecnologie elettriche ed
elettroniche).
Impianti elettrici "smart"
una prima fase di diffusione di massa degli impianti fotovoltaici di piccola, media e grande taglia.
I sistemi di generazione locale comprendono tipicamente i seguenti dispositivi/tecnologie: cogenerazione (CHP), celle a combustibile, micro
cogenerazione (MicroCHP), microturbine, sistemi fotovoltaici, motori alternativi, sistemi eolici di
piccola potenza e motori Stirling.
I principali vantaggi legati allo sviluppo della
generazione distribuita in Europa sono principalmente economici e relativi all’obiettivo di politica
energetica nel contesto 20-20-20.
In realtà le perdite della rete elettrica europea
assommano al 5-10%, il potenziale di sviluppo
della generazione distribuita può essere stimato
in 50-100 GW (BAU e miglior scenario).
Di conseguenza, una vasta diffusione della generazione locale potrebbe svolgere un ruolo
chiave nel contesto degli obiettivi 20-20-20 di
politica energetica.
Risparmi relativi alla massima penetrazione di
queste tecnologie in Europa potrebbero assommare a circa il 4%.
Poiché le risorse rinnovabili note sono molto disperse, spesso l'investimento corrispondente a
grandi centrali elettriche non risulta giustificato,
mentre la generazione locale, al contrario, permette lo sfruttamento anche di piccole risorse
rinnovabili giustificabili sia da un punto di vista
tecnico che finanziario. Poiché utenti privati
possono investire direttamente nelle proprie installazioni, la generazione distribuita di fatto si
traduce in una leva per aumentare le quote di
rinnovabili. In questa prospettiva la generazione
distribuita potrebbe anche contribuire con circa
il 10% nella sfida posta dall'obiettivo 20-20-20 di
energia prodotta da rinnovabili in Europa.
Le tecnologie basate sulla generazione distribuita sono abbastanza recenti e in un rapido sviluppo. Per lungo tempo la generazione distribuita
non è stata disponibile sul mercato sostanzialmente a causa del costo della relativa tecnologia.
Lo sviluppo di un'industria europea dinamica di
tecnologie per la generazione distribuita contribuirebbe positivamente l'equilibrio economico
della regione europea con evidenti positive ricadute sociali. Il fatturato di questo settore potrebbe essere molto importante negli anni a venire
offrendo anche un numero considerevole di
nuovi posti di lavoro.
A livello residenziale la generazione distribuita
non sarà mai in grado di decollare se gli impianti elettrici esistenti non vengono rinnovati per
garantire un livello minimo di sicurezza e di potenza nominale. I rischi di natura elettrica in un
impianto residenziale tradizionale vengono infatti moltiplicati per un fattore n se si aggiunge un
generatore interno. Con riferimento al rischio di
elettrocuzione è sufficiente pensare alla possibilità di alimentare l'installazione da più di un lato
(rete e generatore incorporato).
La generazione locale accresce anche il ruolo
dei controlli di conformità dell'impianto (fase
iniziale e periodica).
Impianti elettrici "smart"
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Cablaggio per comunicazioni
elettroniche nell’edilizia residenziale
Il principale riferimento normativo di questo articolo è la Guida Tecnica CEI 306-2 “Guida al cablaggio per comunicazioni elettroniche negli edifici
residenziali”, giunta quest’anno alla terza edizione.
La prima edizione della guida classificata CEI 3062, fu pubblicata nell’aprile 2000; mentre la seconda
edizione venne pubblicata nel mese di gennaio del
2003, introducendo maggiori informazioni e la
stampa a colori.
L’elaborazione di un documento normativo specifico per il “cablaggio per telecomunicazioni e distribuzione multimediale negli edifici residenziali”
è iniziata nel 1999 ad opera del Comitato Tecnico
306, spronato dai mutamenti tecnologici che
coinvolgevano pesantemente il settore.
Il termine “telecomunicazioni” è stato poi sostituito dal nuovo termine “comunicazioni elettroniche”
prevalentemente per due motivi:
1) l’uso massiccio dell’elettronica e la completa
digitalizzazione dei segnali ha reso indispensabile il ricorso a tecnologie elettroniche dotate di
processori in grado di elaborare velocemente
algoritmi complessi;
2) il superamento del concetto di “lontano” determinato dalla riduzione delle distanze grazie
anche a mezzi di trasporto sempre più veloci e
alla globalizzazione dei mercati, ha reso inutile
l’uso del prefisso “tele” (parola che deriva dal
greco “lontano”).
Con la definizione di “impianti per le comunicazioni
elettroniche”, si considerano gli impianti radiotelevisivi ed elettronici destinati alla gestione dei segnali audio, video, telefono e dati, negli edifici residenziali, cioè quegli impianti che ancora in qualche
caso vengono definiti di telecomunicazioni.
Per dirlo con la definizione del DM 37/08 sono
quegli impianti “[…] dotati di componenti impiantistiche necessarie alla trasmissione ed alla ricezione dei segnali e dei dati […]” (cfr. art. 2, comma
1, lettera f).
Tutti impianti che, ad eccezione dei telefonici, non
hanno mai goduto di adeguata attenzione al punto
che ancora oggi è difficile trovare edifici residenziali che presentino condizioni installative con
caratteristiche tali da assicurare i “diritti inderogabili di libertà delle persone nell’uso dei mezzi di
comunicazione elettronica” come invece dovrebbe essere se fosse rispettato il dettato del Decreto Legislativo 259/2003.
Gli impianti telefonici nel residenziale si possono
considerare eccezioni in quanto “legati” alla
condizione di servizio telefonico pubblico per cui
la società telefonica forniva la connessione al
servizio.
Inoltre, hanno goduto di qualche vantaggio, grazie
alla “sensibilità” della SIP prima e di Telecom poi.
Sensibilità concretizzata con la scelta di favorire
la realizzazione di adeguati spazi installativi per tali
impianti.
Venivano concessi a titolo gratuito ai costruttori
ed ai privati che ne facevano richiesta (tipicamente tramite lettera) i materiali per la costruzione
delle infrastrutture di telecomunicazioni (tubi,
32
U&C n°6 giugno 2014
chiusini, cassette a muro e colonnine).
Tali materiali venivano consegnati a piè d’opera
in cantiere e le infrastrutture una volta realizzate
erano ad esclusivo uso della società telefonica.
Veniva inoltre fornito gratuitamente il supporto
tecnico per le seguenti attività:
• redazione del progetto con l’indicazione
del tracciato e numero di tubi dell’infrastruttura sotterranea per il percorso dal
suolo pubblico alla base dell’edificio;
• computo metrico dei materiali da utilizzare
(tubi, pozzetti, chiusini, cassette, colonnine);
• sopralluoghi in cantiere a inizio e durante
i lavori per fornire indicazioni tecniche
sulle modalità di realizzazione;
• collaudo finale e presa in carico dell’infrastruttura.
All’interno degli edifici venivano così installate le
scatole per le derivazioni nei diversi piani ed i tubi
corrugati per creare i montanti verticali, garantendo in tal modo, nelle parti comuni, gli spazi installativi adeguati per offrire il collegamento telefonico ai diversi appartamenti senza dover ricorrere
a cavi esterni che sarebbero risultati poco apprezzati dagli utenti.
Questa attività, pur comportando un impegno di
budget da parte della società telefonica, ha determinato comunque dei vantaggi che vengono
“goduti” ancora oggi potendo sfruttare le infrastrutture anche per altri servizi digitali.
La completa liberalizzazione e la nascita di nuovi
operatori telefonici, hanno determinato un mutamento delle strategie anche per la decisione
dell’AGCOM che ha imposto la condivisione delle
infrastrutture vietando l’uso esclusivo anche nei
casi in cui i materiali venivano regalati da una
delle società telefoniche presenti sul mercato.
Diversa la situazione all’interno delle unità abitative. In prevalenza veniva realizzata la “predisposizione” per una presa telefonica, evolvendo,
negli anni, verso la realizzazione di più punti presa
per ogni unità abitativa ricorrendo ad una topologia distributiva definita “serie”, cioè collegando
tra loro i punti mediante un tubo (purtroppo il più
sottile possibile) che entrando e uscendo dalle
scatole consentiva di avere una infrastruttura per
il cablaggio adatta a collegare più prese telefoniche nello stesso appartamento.
Tale modalità determinava condizioni difficili in
quanto precludeva la possibilità di intervenire
sull’impianto per integrazioni e/o modifiche nei
casi in cui uno dei punti si fosse trovato inaccessibile a causa della presenza di un arredo ingombrante e difficilmente spostabile (figura 1).
Appare evidente come ogni intervento che comporti la necessità di aggiungere un cavo o spostare una presa, debba confrontarsi con le limitazioni derivanti dalle dimensioni dei tubi e dagli
ostacoli costituiti dagli arredi.
La topologia distributiva rappresentata in figura 1
risulta chiaramente poco efficace per l’impianto
telefonico (ma anche per qualsiasi impianto di
comunicazioni), considerando che le infrastrutture per tali impianti hanno una vita media di alcuni
decenni (tale è la periodicità con cui vengono
sottoposti a ristrutturazione generale gli appartamenti) mentre l’evoluzione tecnologica del settore
avanza a ritmi decisamente più rapidi.
Risultano evidenti le limitazioni ed i condizionamenti per le esigenze degli utenti di accesso
all’uso dei mezzi di comunicazioni elettroniche.
A fronte di una situazione in cui un discreto nume-
Dalla Cassetta di derivazione
esterna allÕ appartamento.
Tipicamente posizionata nel
pianerottolo
Figura 1: Esempio di distribuzione in serie con uno dei punti nascosto da un arredo.
centrostella
Dalla Cassetta derivazione esterna allÕ appartamento,
tipicamente posizionata nel pianerottolo
Figura 2:Topologia distributiva a stella.
ro di edifici veniva dotato, nelle parti comuni, di
spazi installativi per gli impianti telefonici, nella
quasi totalità degli edifici risultavano, e risultano
tuttora, carenti gli spazi per le altre tipologie di
impianti per le comunicazioni elettroniche come i
radiotelevisivi e le reti LAN.
Premesso che le reti LAN nel settore domestico
sono agli albori, certamente, il ruolo di cenerentola degli impianti di comunicazione è da riconoscere agli impianti d’antenna. Tra i più trascurati fin
dagli anni ’70, nonostante il crescendo delle TV
private e le raccomandazioni progettuali per la
predisposizione degli impianti d’antenna della
Norma CEI 12-15 pubblicata nel febbraio del 1977,
veniva (e ancora troppo frequentemente viene)
considerato “sufficiente” assicurare la ricezione
di segnali televisivi con una antenna “improvvisata” e fatta installare quando l’edificio era completato e pronto per la consegna delle chiavi.
Rarissimi i casi di adeguata predisposizione che
agevolasse dignitosamente l’installazione e/o gli
interventi successivi di manutenzione ed integrazione degli impianti. La distribuzione dei segnali
nell’edificio avveniva con poca o nessuna attenzione ad evitare condizioni di “servitù” come ad
esempio collegando le prese TV delle diverse
unità immobiliari con un unico cavo, passante di
appartamento in appartamento ovvero posizionando gli apparati attivi in mansarde, in molti casi
obbligando a passare dalle stesse per accedere
al castello di antenne. Col passare gli anni, le
sorti delle due famiglie di impianti (telefonico e
radiotelevisivo) proseguono separate.
Nel 1991, allo scopo di regolamentare le installazioni degli impianti telefonici, viene pubblicata la
Legge 109 (Legge 28 marzo 1991 n.109, G.U. 6
aprile 1991 n. 81) “Nuove disposizioni in materia di
allacciamenti e collaudi degli impianti telefonici
interni”.
Nel 1992 viene pubblicato il DM 23 maggio 1992, n.
314 dal titolo esaustivo: “Regolamento recante
disposizioni di attuazione della Legge 28 marzo
1991, n. 109, in materia di allacciamenti e collaudi
degli impianti telefonici interni”.
Il decreto applicativo DM 314/92, pur prolisso nel
descrivere dettagliatamente le caratteristiche
delle prese telefoniche, la strumentazione necessaria, il numero di dipendenti ecc., non dedicava
attenzione alle condizioni installative.
L’accelerazione dell’evoluzione tecnologica degli
anni ‘90 modifica radicalmente le caratteristiche
degli impianti di comunicazione tanto che gli impianti telefonici risultano “irriconoscibili” se valutati alla luce del DM 314/92.
Doveroso ricordare che la Legge 109/91 nel 2010
ed il DM 314/92 nel 2013, sono stati abrogati.
In particolare, l’abrogazione del DM 314/92, è
avvenuta con l’articolo 10 della Legge 98/2013 che
ha introdotto anche la “liberalizzazione dell’allacciamento dei terminali di comunicazione alle interfacce della rete pubblica”.
Tale liberalizzazione non deve essere interpretata come se fosse la “liberalizzazione alla realizzazione di impianti di comunicazioni” poiché tali
impianti (in quanto “[…] impianti posti al servizio
degli edifici, indipendentemente dalla destinazione d’uso, collocati all’interno degli stessi o delle
relative pertinenze. Se l’impianto è connesso a
reti di distribuzione si applica a partire dal punto
di consegna della fornitura.” - cfr. DM 37/08, art.
1, comma 1) devono essere realizzati da imprese
il cui responsabile tecnico sia in possesso di
specifici requisiti definiti dallo stesso DM 37/08.
Si arriva così alla pubblicazione della terza edizione della Guida Tecnica CEI 306-2, ed il fatto che
siano trascorsi undici anni dalla pubblicazione
della seconda edizione potrebbe far pensare che
il Comitato Tecnico 306 avesse trascurato la
guida.
In realtà la versione del 2003 era tanto “avveniristica” da rendere necessario un aggiornamento
solo ora. Nella figura 2 è rappresentato un esempio che evidenzia come la topologia distributiva
a “stella”, suggerita fin dalla prima edizione della
Guida Tecnica CEI 306-2, assicuri la massima
flessibilità nella disposizione degli arredi oltre a
non condizionare e/o limitare gli interventi di
manutenzione e/o integrazione dell’impianto.
Applicando la stessa soluzione anche per l’impianto d’antenna, oltre ai vantaggi pratici, si assicura una migliore funzionalità in quanto si riducono le attenuazioni che i segnali subirebbero nei
casi di collegamenti in serie delle prese TV. Tali
soluzioni devono abbinarsi alla soluzione distributiva, per le parti comuni degli edifici, rappresentata nella guida. E’ sconfortante pensare ai
numerosissimi casi di limitazione del diritto di
accesso all’uso dei mezzi di comunicazione
elettronica che si sono visti e si continuano a
vedere, solo perché non vengono applicati i
suggerimenti che da anni la guida CEI propone.
Auspicando in un utilizzo massiccio della nuova
guida, passiamo a descriverne sinteticamente il
contenuto iniziando con il dire che si rivolge a
progettisti di impianti di comunicazione, installatori di impianti di comunicazione e progettisti e
costruttori di edifici residenziali e che può risultare utile, inoltre, agli acquirenti di una unità immobiliare poiché vi possono trovare esempi illuminanti per aiutarli a decidere le migliori
soluzioni, comprese eventuali predisposizioni che
consentano di utilizzare nel miglior modo gli impianti di comunicazioni senza i condizionamenti
derivanti dalle possibili diverse disposizioni degli
arredi.
Il documento si propone di fornire indicazioni per
sviluppare nel miglior modo il progetto del sistema
di cablaggio sia in edifici nuovi, sia in edifici esistenti dove è necessario trovare un compromesso tecnico-economico tale da non penalizzare
l’utente finale. In pratica, la Guida Tecnica CEI
306-2 fornisce le indicazioni per realizzare, a regola d’arte, gli impianti di comunicazione che
trovano collocazione negli spazi installativi realizzati secondo le indicazioni della serie di Guide
Tecniche CEI 64/100 per la predisposizione delle
infrastrutture per gli impianti elettrici, elettronici
e per le comunicazioni nell’edilizia residenziale:
• Parte 1: Montanti degli edifici;
• Parte 2: Unità immobiliari (appartamenti);
• Parte 3: case unifamiliari, case a schiera
ed in complessi immobiliari (residence).
U&C n°6 giugno 2014
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Impianti elettrici "smart"
dossier
Cassetta
derivazione interna
allÕ unitˆ immobiliare
dossier
Impianti elettrici "smart"
Si determina in tal modo il rispetto del codice
delle comunicazioni elettroniche (D.Lgs. 259/03)
dove afferma che si devono:“Garantire i diritti
inderogabili di libertà delle persone nell’uso dei
mezzi di comunicazione elettronica” (cfr. D.Lgs.
259/03, art.3, comma 1).
Gli impianti di comunicazione descritti nella
guida, assicurano la connettività dell’unità immobiliare, cioè consentono di trasmettere e/o
ricevere, con l’ausilio di apparati o terminali di
utente, il flusso di dati necessari ad assicurare
l’esercizio di determinati servizi con livelli di
qualità ben determinati e valutabili con parametri specifici quali: bit rate nominale ed effettivo
(per il servizio dati), bit error rate (BER) per i
servizi TV. Affinché le singole unità immobiliari
possano godere della massima connettività, è
necessario che l’edificio sia dotato di una adeguata infrastruttura per consentire di raccordare le reti di servizi di comunicazione esterne con
i singoli appartamenti. Nella figura 3 viene rappresentato un esempio di impianti di comunicazione di edificio. Il cablaggio deve avere caratteristiche “super partes”, cioè non deve essere
esclusivo per una specifica applicazione, ma
deve - nei limiti del possibile- essere in grado di
veicolare applicazioni diverse. La Guida Tecnica
CEI 306-2 terza edizione fornisce indicazioni per
la realizzazione di impianti per la distribuzione di
segnali per:
- fonia (tipicamente telefono e ADSL);
- distribuzioneaudio/video (compreso i segnali
RF captati dalle antenne);
- trasmissione dati (nell’appartamento si configura come una LAN domestica);
- tecnologie alternative al cablaggio strutturato
(connessioni wireless).
Distribuzione audio/video
La distribuzione audio/video si avvale del cavo
coassiale, come mezzo trasmissivo, poiché le
frequenze in gioco sono molto alte, tipicamente
occupano frequenze da 5 MHz a 862 MHz ma
sono consigliate reti di distribuzione per frequenze da 5 MHz a 2150 MHz per assicurare la
massima flessibilità di utilizzo. I segnali captati
dalle antenne vengono opportunamente elaborati dal terminale di testa (tipicamente posto in
un luogo dell’edificio, protetto ed accessibile per
gli interventi di manutenzione e/o integrazione,
particolarmente necessari con l’avvento dei
nuovi servizi LTE). Attraverso un cavo, tali segnali arrivano all’interno dell’unità abitativa e vengono ulteriormente distribuiti nella piccola rete
interna per essere resi disponibili alle varie
prese TV. Sullo stesso mezzo trasmissivo posso-
no esser fatti veicolare anche i segnali video e/o
audio di apparati d’utente (ad es. decoder satellitari e/o immagini da telecamere di sorveglianza
audio compreso) opportunamente modulati e resi
disponibili per la visione sugli apparecchi televisivi di casa. Doveroso ricordare che alcune applicazioni come video-on-demand e/o pay-per-view,
cioè servizi che offrono programmi su richiesta
e/o a pagamento, richiedono una comunicazione
bidirezionale che avviene tipicamente attraverso
la linea telefonica. Per assicurare tali applicazioni è necessario che insieme o vicino alle prese
TV sia presente anche una presa telefonica. Non
può essere taciuto il principio fondamentale per
gli impianti di distribuzione televisiva, la necessità del massimo rispetto dell’ impedenza caratteristica del mezzo trasmissivo, pena la deturpazione dei segnali trasportati con la conseguente
All’interno delle unità abitative è indispensabile
la presenza di una stella unica per le diverse tipologie di impianti di comunicazioni e distribuzione multimediale. Una stella dotata di molti
“raggi” di cui:
- alcuni “raggi” terminanti in una scatola attrezzata con presa TV e/o presa SAT, e/o presa dati
e/o telefonica in funzione delle esigenze del
momento;
- altri “raggi” terminanti in una scatola vuota ma
in gado di accogliere ogni tipo di prese per
segnali di comunicazione elettronica, assecondando le inevitabili evoluzioni nella disposizione dell’arredamento.
fonia
Il cablaggio per la fonia si riferisce tipicamente
alla distribuzione del segnale vocale, proveniente dalla linea telefonica su rete commutata
pubblica (PSTN). Il mezzo trasmissivo (doppino
telefonico) deve assicurare il transito dei segnali sulla banda di frequenze tra 300 e 3400 Hz.
Lo stesso mezzo trasmissivo, con l’ausilio di
adeguati apparati elettronici, consente il transito di dati per applicazioni come ISDN, ADSL,
VDSL. L’impianto è costituito da una prima presa
telefonica (borchia) che costituisce la terminazione della rete di accesso. Contiene le protezioni e le terminazioni di telemisura necessarie al
gestore del servizio. Alla borchia viene collegato l’impianto d’utente.
34
U&C n°6 giugno 2014
Figura 3: Esempio di impianto di comunicazione di edificio.
Impianti elettrici "smart"
dossier
perdita della qualità. L’alterazione dell’impedenza caratteristica si determina quando il cavo
viene schiacciato o piegato eccessivamente,
oppure quando le connessioni sono precarie o
ancora quando i componenti utilizzati non rispettano le prescrizioni normative. Tutto questo si
traduce in una visione dei programmi disturbata
dalla comparsa occasionale di immagini a quadretti e, nei casi peggiori, con la occasionale o
persistente scomparsa del video e la comparsa
sullo schermo della televisione, della scritta che
indica l’assenza di segnale. Tra le raccomandazioni presenti nella guida tecnica CEI vi è la segnalazione che il cavetto d’antenna utilizzato per
connettere l’apparecchio, sia il televisore sia il
decoder, alla presa TV, deve necessariamente
essere di qualità e ben schermato per evitare le
interferenze dovute ai segnali elettromagnetici
compresi i segnali di telefonia mobile di quarta
generazione (LTE), sempre presenti anche all’interno delle abitazioni ancorché non nocivi per
l’uomo.
trasmissione dati
L’accesso a internet è divenuta un’esigenza per
molte famiglie e lo diventerà sempre più fino a
raggiungere la quasi totalità della popolazione.
Risulta pertanto indispensabile che nelle abitazioni siano create le condizioni per agevolare l’accesso a tale servizio attraverso la realizzazione di
adeguati spazi installativi che consentano, anche
in momenti successivi alla costruzione dell’edificio,
la realizzazione di impianti di comunicazione
elettronica. Non deve essere dimenticato quanto
prescritto nel D.Lgs. 259/03, il codice delle comunicazioni elettroniche, dove si afferma che devono essere garantiti i diritti inderogabili di libertà
delle persone nell’uso dei mezzi di comunicazione
elettronica. La realizzazione di una rete LAN domestica con tecnologia ethernet (con le prese
RJ45) oltre a consentire l’accesso a internet,
consente di realizzare una rete locale per la
connessione tra più apparati operanti su protocollo IP come ad esempio lanciare la stampa di
foto dal PC collegato alla presa RJ45 nella cameretta, verso la stampante collegata alla presa RJ45
che si trova nel locale di servizio in una posizione
defilata o nascosta all’interno di un mobile.
Collegando un moderno apparecchio tipo connected
TV, cioè dotato di connessione ethernet, è possibile accedere ai servizi IPTV disponibili sul web.
Sono veramente molte le applicazioni che possono realizzarsi grazie ad una rete LAN domestica.
Nella figura 4 è rappresentato un esempio di LAN
domestica che può coesistere nella infrastruttura
a stella dedicata ai segnali televisivi.
Figura 4: Esempio di centrostella per le comunicazioni domestiche.
tecnologie alternative al cablaggio
strutturato
Tra le molteplici soluzioni alternative al cablaggio
strutturato, le più diffuse sono:
- Power line;
- Wi-Fi.
Entrambe le soluzioni non eguagliano il cablaggio
strutturato per prestazioni e affidabilità ma possono risultare interessanti e vantaggiose in
edifici esistenti (brownfield), per superare le limitazioni derivanti dall’assenza o inadeguatezza
di spazi installativi, ovvero in edifici storici dove
sia impossibile installare un cablaggio strutturato. Negli edifici Nuovi (greenfield) o sottoposti a
ristrutturazione generale, è opportuno considerare le soluzioni in tecnologia Wi-Fi come complementari del cablaggio strutturato.
La presenza di più punti di accesso cablati nei
locali dell’abitazione consente di utilizzare la rete
in modo completo riservando alcuni dei punti
cablati per il collegamento di terminali multimediali tipicamente statici (TV, Decoder, NAS - Network Area Storage, stereo, ecc.). Per assicurare
tECnOlOGIA pOWER lInE
la connessione ai terminali mobili (tablet,
smartphone, ecc.) risulta utile il ricorso alla
tecnologia Wi-Fi, collegando alla presa ethernet
della rete domestica un Access Point per assicurare la massima mobilità. Non è consigliabile
pretendere di avere copertura su tutto l’appartamento in quanto numerosi fattori concorrono
a limitarne l’efficacia, come la presenza di altri
apparati wireless sulla stessa banda, gli arredi,
le persone, lo spessore ed i materiali delle pareti, ecc.). Si può concludere affermando che, così
come per gli impianti telefonici si è dimostrata
vantaggiosa, anzitutto per l’utente finale, la
strategia dell’operatore telefonico che ha investito per far realizzare spazi installativi; ancor più
vantaggiosa per l’utente finale sarà la realizzazione di impianti di comunicazione e distribuzione multimediale in linea con i suggerimenti della
Guida Tecnica CEI 306-2 terza edizione.
Claudio pavan
Segretario CEI/SC 100D
tECnOlOGIA WI-fI
punti di forza
punti di attenzione
punti di forza
punti di attenzione
•Nonnecessitacablaggio
pecifico
•Disponibilitàdiprese
elettriche in tutta la casa
•Prestazioniadeguate
su clientela ADSL
•Soluzioniplug&play,
DIY(do it yourself)
•Bassocosto
•Standardcommerciale
•Interferenzada/versoapparatielettronici,
specialmente alimentatori switching e lampade a basso consumo
•AspettiEMI/EMCnonancoracopertidalla
normativa
•Limitazioniprestazionalidovuteallacoesistenza di più impianti nello stesso edificio
•Potenzialiproblemidicoesistenzaconsistemi
VDSL2 (usano le stesse frequenze).
•Nonnecessitacablaggio
•Costomaggiorerispettoapowerline
•Tecnologiaampiamentediffusa •Interferenze,inparticolarenellabanda
•Soluzionea2,4GHz(3canali)
2,4 GHz
ottimale per servizi dati
•Prestazioninongarantiteintuttigliscenari
•ServizioIPTVsupportabile
•Progettodacoordinarsiconlealtreinstalsu canali in banda 5 GHz
lazioni (complementare)
U&C n°6 giugno 2014
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Varianti alle norme CEI 0-16 e
CEI 0-21: l’accumulo di energia
elettrica
Impianti elettrici "smart"
dossier
Introduzione
Le regole tecniche di connessione degli utenti alla rete di distribuzione dell’energia elettrica sono fissate dall’Autorità per l’energia
elettrica, il gas e le risorse idriche (AEEG), che
ha richiesto al CEI di elaborarle tramite le
norme CEI 0-16, per la media tensione, e CEI
0-21, per la bassa tensione. La nascita di tali
norme è recente, il 2008 per la CEI 0-16 ed il
2011 per la CEI 0-21, ed è caratterizzata da una
loro continua evoluzione. Si è oggi alla terza
edizione della CEI 0-16 ed alla seconda edizione della CEI 0-21 e nel dicembre del 2013 sono
state pub-blicate la variante V1 alla prima
norma e la variante V2 alla seconda. Questa
prolificità non è certo causata da un parossismo
pubblicistico ma da una serie di fattori oggettivi tra i quali si possono annoverare:
• la pubblicazione di parti della norma già
programmati nelle precedenti edizioni
dove comparivano come argomento allo
studio;
• l’acquisizione di suggerimenti a modifiche
derivanti dell’esperienza applicativa di
regole tecniche tutto sommato giovani e
solo ora utilizzate omogeneamente in
larga scala;
• l’evoluzione della norma derivante da
quella tecnologica e prestazionale di
componenti di impianto che consentono
di migliorare la sicurezza della rete;
• la necessità di corrispondere, con la
norma, alla continua crescita degli obiettivi della sicurezza di rete sia a livello
nazionale che europeo.
36
U&C n°6 giugno 2014
Le varianti entrate in vigore a dicembre del
2013 hanno come motivazione principale la
necessità di considerare, sia per gli utenti
connessi alla MT che per quelli connessi alla
BT, la possibilità di installare sistemi di accumulo di energia elettrica (Energy Storage System
o ESS), con particolare riguardo al numero,
tipologia e posizionamento dei si-stemi di misura dell’energia.
E’ ovvio che, con l’occasione, si siano apportate tutte le modifiche derivanti da quei fattori motivazionali sopra richiamati, ai quali
aggiungere, in questo caso, anche l’obiettivo
di ottenere una maggiore omogeneità, laddove
necessaria e possibile, tra la CEI 0-16 e la CEI
0-21.
Norme CEI 0-16 e 0-21 ed AEEG
Le norme CEI 0-16 e 0-21 sono tra quelle che
vanno oltre la legge 186 del 1968. Esse costituiscono non una regola dell’arte riconosciuta
come tale e a priori da una legge del-lo Stato,
ma una regola tecnica richiesta e riconosciuta dall’AEEG. Per esse vi è un obbligo applicativo violabile solo con un’approvazione preventiva da parte dell’Autorità, sentito il parere
del Comitato CEI che ha emanato le norme.
Queste norme sono oggetto di riconoscimento
in delibere dell’Autorità e sono liberamente e
gratuitamente scaricabili dal sito web del CEI
o da quello dell’AEEG.
In tal senso le ultime varianti sono correlate al
Documento per la Consultazione 613/2013/R/
EEL emesso dall’Autorità il 19 dicembre 2013
ed avente per oggetto “Prime disposizioni
relative ai sistemi di accumulo - orientamenti”.
Chi lo avesse voluto avrebbe potuto inoltrare
osservazioni e proposte modificative entro il
31 gennaio di quest’anno. Si prevede che dal
primo aprile possano entrare in vigore, in
modalità transitoria, le di-sposizioni che deriveranno dalla consultazione. Al massimo per
il 31 dicembre 2014 è prevista l’entrata in vigore a regime di tali disposizioni inerenti i sistemi
di accumulo.
Il documento di consultazione contiene anche
una ipotesi di schema di articolato che l’Autorità intende emettere, in fase di prima applicazione, come specifica delibera.
Già in fase di introduzione al documento citato l’Autorità prende atto dell’attività del CEI che
ha portato alla promulgazione delle varianti del
dicembre 2013.
Nella ipotesi di deliberazione si afferma che
l’installazione delle apparecchiature di misura dell’energia elettrica assorbita e rilasciata da un sistema di accumulo deve essere
effettuata secondo le modalità e gli schemi
elettrici previsti dalle norme CEI 0-16 e CEI 0-21.
Sulla base delle apparecchiature di misura
previste dalle norme, il GSE avrà il compito di
elaborare opportuni algoritmi che consentano
di determinare la quantità di energia elettrica
prodotta e immessa da parte dell’impianto al
netto dei sistemi di accumulo, ai fini dell’applicazione degli strumenti incentivanti e dei
prezzi minimi garantiti.
Non si può escludere che l’attività di consultazione e la fase transitoria di applicazione
della delibera sull’accumulo possa determina-
re ulteriori modifiche alle regole tecniche di
connessione alle reti pubbliche e, quindi,
delle norme CEI.
Necessità e benefici dell’accumulo
dell’energia elettrica
L’accumulo di energia elettrica sta prospettandosi come una soluzione efficace per superare il limite più evidente della generazione
di energia elettrica dalle fonti rinnovabili attualmente più diffuse in Europa. La generazione per conversione fotovoltaica e la ge-nerazione eolica, infatti, hanno come caratteristiche
comuni la distribuzione, sul territo-rio e sulla
rete, e la non programmabilità della produzione, vincolata alla disponibilità naturale della
risorsa energetica primaria.
Ciò comporta almeno due problemi. Da un lato
l’utente che attiva una produzione non programmabile interna al suo impianto utilizzatore ha difficoltà a far collimare il profilo dell’
energia prodotta con quella consumata; dall
altro la notevole potenza di produzione connessa alla rete non solo non partecipa alla
sicurezza della rete, ma anche la mette in
crisi con la sua scarsa capacità di regolazione.
Alla fine dell’anno scorso, in Italia, risultava
connessa alla rete una potenza di oltre 17 GW
di impianti fotovoltaici, pari a quasi un terzo
della punta degli assorbimenti verificatisi nel
corso del 2013.
Il primo problema si trasforma in onere economico o in minori incentivi per l’utente che
deve utilizzare la rete come “polmone” energetico, cedendo i surplus di produzione rispetto agli assorbimenti istantanei, ed acquisendo energia per compensare i deficit
pro-duttivi rispetto alla domanda interna.
Il secondo problema comporta la necessità di
definire strategie di gestione della rete che,
pur privilegiando la produzione, trasmissione
e distribuzione dell’energia rinnovabi-le, consenta di avere sempre disponibile la riserva di
potenza ed energia necessaria all’equilibrio
istantaneo nella rete della energia prodotta e
di quella utilizzata. Tutto ciò determina costi
di esercizio elevati, talvolta dovuti anche alla
necessità di bloccare la produzione dell’energia rinnovabile con indennizzo della mancata
produzione.
La problematica da anni è al centro dell’attenzione a livello europeo, dove documenti tec-
nici dell’ENTSO-E (European Network of
Transmission System Operators for Electricity) segnalano sempre più diffusi casi di variazioni di frequenza, determinati da squilibri
di potenza, con conseguenti distacchi di
porzioni, anche vaste, di rete. A questi si aggiungono i fenomeni di innalzamento di tensione provocati da un numero elevato di generatori posti nel sistema di distribuzione, una
volta parte terminale della rete, che non partecipano, o non lo fanno nella misura sufficiente, alla regolazione di tale parametro con lo
scambio di potenza reattiva o la limitazione di
potenza attiva immessa in rete. Tutto ciò fu
oggetto, nel nostro Paese, del DM 5 maggio
2011 che, all’art. 11 comma 3, richiedeva che
gli inverter utilizzati in impianti fotovoltaici
dovessero tener conto delle esigenze della
rete elettrica, prestando particolari servizi e
protezioni. Tali prestazioni sono state estese
dall’AEEG, sempre tramite le norme CEI 0-16
e 0-21, anche ad altre tipologie di generazione.
I sistemi di accumulo consentono ulteriori
capacità di regolazione e di partecipazione ai
servizi di rete aumentandone la sua sicurezza,
obiettivo ineludibile alla luce dell’incremento,
U&C n°6 giugno 2014
37
dossier
Impianti elettrici "smart"
prevedibile e previsto, della produzione distribuita e non programmabile di energia elettrica.
Per altro il tema dell’accumulo non è nuovo
nel sistema elettrico, anche se affrontato, in
passato, con l’installazione di centrali di potenza significativa connesse direttamente al
sistema di trasmissione. Le centrali di pompaggio, nel settore idroelettrico, costituiscono
un esempio classico di centrali di produzione
destinate a fornire servizi di rete accumulando una riserva energetica, sotto forma di
energia potenziale, in un invaso alto, energia
che viene restituita in momenti di necessità,
o convenienza, scaricando l’acqua, che passa
attraverso una turbina, in un invaso basso.
L’energia di pompaggio dell’acqua nell’invaso
alto viene prelevata dalla rete elettrica. Fornendo un prezioso servizio di rete, l’energia
per il pompaggio ed i servizi ausiliari gode di
particolari agevolazioni tariffarie. Inoltre l’energia fornita è pregiata in quanto necessaria
al corretto funzionamento del sistema elettrico o perché fornita in ore di bassa disponibilità produttiva o di alta domanda di energia
elettrica. La differenza di costo tra l’energia
assorbita e quella fornita alla rete, insieme al
reintegro naturale dell’invaso alto, compensa
l’investimento.
I sistemi di accumulo energetico possono
essere molteplici e non tutti di natura elettrica
(accumulo di energia termica, aria compressa,
idrogeno, ecc.). Non v’è dubbio, però, che oggi
è particolarmente d’attualità l’accumulo elettrochimico, una tecnologia che go-de contemporaneamente di due caratteristiche: da un
lato si tratta di una tecnologia consolidata, e
dall’altro di una tecnologia che ha visto negli
ultimi anni progressi straor-dinari, spinta anche
dalla diffusione della mobilità elettrica.
Inoltre in questo campo l’Italia ha un ruolo
leader, non solo storicamente (Galvani e Vol-ta
per intendersi) ma anche per le attuali capacità produttive e di ricerca industriale. Insomma, a differenza del fotovoltaico, lo sviluppo dell’accumulo potrebbe vedere una fi-liera
nazionale proiettata anche verso i mercati
europei ed extra europei.
I benefici dell’accumulo elettrico si manifestano sull’intero sistema elettrico anche quan-do
esso viene installato a livello di sistemi di
utilizzazione.
Uno studio commissionato recentemente
dall’ANIE stima che se il 20% degli utenti domestici con generazione fotovoltaica installasse sistemi di accumulo, ne deriverebbero
benefici annui di oltre 500 M€ ai costi di esercizio della rete, pur in assenza di sistemi
centralizzati di controllo.
L’area di interesse delle recenti varianti alle
norme CEI 0-16 e 0-21, nonché del documento di consultazione dell’AEEG, è quella
degli utenti che si connettono alla rete pubblica di distribuzione in MT e BT che installino
sistemi di accumulo elettrochimico.
L’utente che installasse un sistema di accumulo, oltre a determinare un beneficio complessivo alla rete, che potrebbe essergli riconosciuto come già avviene in altri paesi,
ot-tiene altri vantaggi che possono esser così
riassunti:
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Impianti elettrici "smart"
dossier
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gestione integrata e flessibile di carichi
elettrici e produzione da fonte rinnovabile;
eliminazione dei picchi di assorbimento;
dislocazione degli assorbimenti in ore di
minor costo;
riduzione delle perdite;
possibilità di funzionamento in isola;
compensazione, con opportuni regolatori, della potenza reattiva;
incremento della potenza massima senza
impatto contrattuale;
riduzione dei problemi di power quality,
soprattutto in riferimento ai buchi di
tensione;
maggiore possibilità del raggiungimento
dell’obiettivo di edifici a consumo quasi
zero, obbligatorio per quelli nuovi a partire dal 2020.
le principali novità normative
connesse all’accumulo
Ambedue le varianti hanno introdotto la definizione di sistema di accumulo indicato come
“insieme di dispositivi, apparecchiature e logiche di gestione e controllo, funzionale ad
assorbire e rilasciare energia elettrica, previsto per funzionare in maniera continuativa in
parallelo con la rete di distribuzione”. L’installazione classica di un sistema di accumulo è
quella integrata con la generazione all’interno
di una utenza attiva; in tal caso si ottengono i
maggiori benefici funzionali ed economici.
Ovviamente nulla toglie che l’installazione
possa avvenire all’interno di una utenza passiva, mantenendo una parte dei benefici funzionali ed economici di cui godono le utenze
Foto su gentile concessione di FIAMM
attive. Nella citata ricerca commissionata
dall’ANIE vengono confrontati i benefici derivanti dall’installazione di sistemi di accumulo
per utenze domestiche e commerciali in presenza o in assenza di generatori fotovoltaici.
Al limite, si potrebbe connettere alla rete un
sistema di accumulo puro, come se si trattasse di una centrale di pompaggio.
In caso di sistema di accumulo elettrochimico,
i principali componenti sono le batterie, i si-
Figura 1: Misura energia per impianti di accumulo installati in impianti passivi o
che non godono di tariffa incentivante
38
U&C n°6 giugno 2014
stemi di conversione mono o bidirezionale
dell’energia, gli organi di protezione, manovra,
interruzione e sezionamento in corrente continua e alternata, i sistemi di controllo delle
batterie (Battery Management System, BMS)
e dei convertitori. Tali componenti possono
essere dedicati unicamente al sistema di accumulo o svolgere altre funzioni all’interno
dell’impianto di Utente. A tal proposito si richiama la possibilità che i sistemi di accumu-
Figura 2: Misura energia per sistema di accumulo lato produzione installato nel
circuito elettrico in corrente continua
Figura 3: Misura energia per sistema di accumulo lato produzione installato nel
circuito elettrico in corrente alternata
sorbire energia elettrica solo dall’impianto di
produzione.
Il sistema di accumulo lato produzione è un
sistema di accumulo installato, o nel circuito
elettrico in corrente continua (eventualmente
anche integrato nell’inverter) o nel circuito
elettrico in corrente alternata, nella parte di
impianto compresa tra l’impianto di produzione e il misuratore dell’energia elettrica
prodotta. Il sistema di accumulo post produzione è un sistema di accumulo installato
nella parte di impianto compresa tra il misuratore dell’energia elettrica prodotta e il misuratore dell’energia elettrica prelevata e immessa.
Gli schemi prodotti dal CEI esaminano diversi
casi di inserzione del sistema di accumulo. Le
figure 2 e 3 mostrano l’installazione dei misuratori nel caso di inserzione lato produzione;
la prima con riferimento al collegamento nella
parte di impianto in corrente continua, la seconda nel caso di collegamento nella parte di
impianto in corrente alternata. La figura 4, infine, mostra l’installazione dei misuratori nel
caso di inserzione sul lato alternata post produzione.
I misuratori devono avere tutti la caratteristica
di bidirezionalità e, si presume, consentire la
tele lettura dei dati. Nella bozza di delibera
predisposta nel documento di consultazione
si esplicitano i casi in cui, con riferimento alle
tariffe incentivanti, la misura dell’energia
elettrica assorbita e rilasciata dai sistemi di
accumulo, sia necessario identificare “il traffico energetico” dell’accumulo. Come già
messo in evidenza, l’Autorità chiede, inoltre,
al GSE di mettere a punto opportuni algoritmi
che consentano di valutare l’energia immessa
Figura 4: Misura energia per sistema di accumulo post produzione
U&C n°6 giugno 2014
39
dossier
ra articolati, ma di un solo misuratore che
contabilizzi l’energia scambiata con la rete, e
sia quindi di tipo bidirezionale con memorizzazione oraria del transito (figura 1). Il sistema
dei misuratori può diventare più complesso in
relazione alla presenza di regimi incentivanti
o di particolari sistemi di scambio sul posto e/o
di cessione convenzionata dell’energia. Per
altro, nel corso degli anni sono stati promulgati cinque “conti energia” con diverse regolamentazioni della tariffa incentivante e della
contabilizzazione e valorizzazione della energia
scambiata con la rete.
L’AEEG nel documento di consultazione citato
ritiene incompatibile l’installazione di sistemi
di accumulo con gli impianti attivi che hanno
avuto accesso al primo conto energia. Ciò
costituisce un indubbio passo avanti rispetto
ad una precedente affermazione di incompatibilità totale dei sistemi di accumulo con le
tariffe incentivanti, qualunque esse fossero.
Gli schemi di installazione dei misuratori forniti dalle varianti CEI sono definiti solo con riferimento alla connessione, fermi restando i
vincoli ulteriori che l’AEEG vorrà fissare per
rendere compatibile l’accumulo con sistemi
tariffari particolari e modalità di scambio sul
posto. Influenza il numero e la posizione dei
misuratori anche il punto di inserzione dell’accumulo rispetto al sistema d’utenza. L’AEEG
definisce sistema di accumulo bidirezionale
un sistema di accumulo che può assorbire
energia elettrica sia dall’impianto di produzione sia dalla rete con obbligo di connessione di
terzi.
Il sistema di accumulo monodirezionale, invece, è un sistema di accumulo che può as-
Impianti elettrici "smart"
lo siano in grado di alimentare sezioni di carico significative da rendere insensibili ai
cosiddetti Power Quality Events (buchi di
tensione, inquinamento armonico, ecc.).
I sistemi di accumulo di energia elettrica come
tutti i sistemi fisici hanno un rendimento energetico, inferiore all’unità e pertanto sono sistemi passivi se ci si riferisce ad un periodo di
acquisizione e rilascio, che parta ed arrivi ad
un identico livello di accumulo. Ciò non toglie
che con riferimento alla fase di “rilascio dell’energia” essi si comportino come veri e propri
generatori quando tale energia possa essere
immessa in rete.
Le varianti pubblicate modificano la definizione di utente attivo in ambedue le norme. La
definizione è stata ampliata includendo come
utenti attivi anche quelli che installano sistemi di accumulo diversi dagli UPS come
definiti dalla norma CEI EN 62040. In pratica i
sistemi di accumulo che non possono rilasciare energia a monte della sezione di conversione AC/DC verso la rete, non determinano un
sistema attivo. Questa definizione comporta
delle conseguenze pratiche; infatti, un utente
passivo che installa un sistema di accumulo
diventa attivo e dovrà dotarsi di un Sistema di
Protezione di Interfaccia e dovrà tener conto,
ai fini delle protezioni e del sezionamento,
della presenza di un vero e proprio generatore.
La parte innovativa e più consistente delle
varianti è nella modifica/integrazione dei paragrafi riguardante i sistemi di misura dell’energia elettrica e la loro localizzazione. Gli
impianti passivi con accumulo o impianti attivi
con accumulo che non godono di tariffe incentivanti non hanno necessità di sistemi di misu-
dossier
Impianti elettrici "smart"
e prelevata dagli utenti al netto dei sistemi di
accumulo, ciò anche ai fini dell’applicazione
degli strumenti incentivanti e dei prezzi minimi
garantiti.
Ulteriori punti oggetto di variante
Con l’occasione della promulgazione delle
varianti, dovuta soprattutto alla necessità di
introdurre i sistemi di misura per l’accumulo,
si è intervenuti con ulteriori messe a punto
delle norme CEI 0-16 e 0-21. Nella variante alla
CEI 0-16 è stato riscritto l’allegato N, di carattere normativo, avente per oggetto le “prove
sui generatori statici, eolici FC e DFIG” e sono
state apportate minime modifiche agli allegati E, I, J ed M. Per la CEI 0-21 sono state apportate modifiche agli allegati A, B, C ed F. Gli
interventi concettualmente più importanti riguardano, sicuramente, lo scambio di potenza reattiva tra i generatori e la rete ai fini
della regolazione della tensione. In ambedue
le norme è stata apportata una modifica alla
definizione di “potenza nominale” ed è stata
introdotta quella di “potenza ai fini dei servizi
di rete”.
In realtà la ridefinizione di potenza nominale
non determina modifiche concettuali ma solo
una riscrittura in termini più chiari e generali.
Significativa, invece, è l’introduzione della
definizione di potenza ai fini dei servizi di rete
indicata come la potenza apparente massima
a cui un’unità di generazione (inverter nel caso
di impianti FV ed eolici FC) può funzionare con
continuità (per un tempo indefinito) a tensione
40
U&C n°6 giugno 2014
e frequenza nominali. Ai fini della prestazione
dei servizi di rete (potenza reattiva), il generatore (inverter nel caso di impianti FV ed eolici
FC) deve essere in grado di scambiare con la
rete una Q non inferiore a Sn·senφn. In queste
condizioni, la massima potenza attiva erogabile nel funzionamento a potenza nominale (Sn)
è pari a Sn·cosφn. Le eventuali richieste di
potenza reattiva hanno quindi priorità rispetto
all’erogazione della potenza attiva e saranno
attuate limitando, all’occorrenza, la potenza
attiva scambiata. Nel dimensionare l’inverter,
quindi, bisognerà tenere conto anche di questa caratteristica per non determinare limitazioni, almeno nelle condizioni nominali, della
potenza generata. Nella variante alla CEI 0-16,
con riferimento a questo punto, sono state
ripubblicate le due curve di capability con riferimento agli inverter di generatori fotovoltaici con potenza, rispettivamente, inferiore a
400 kW e da 400 kW in su. Ai fini della sicurezza della rete si richiede che la generazione
distribuita partecipi alla regolazione di tensione secondo due principi: lo scambio di potenza reattiva con la rete e/o la riduzione della
potenza attiva immessa in rete in caso di
elevazione al 110% del valore nominale della
tensione al punto di connessione. La CEI 0-16
richiede che l’utente attivo valuti le curve di
capability dell’impianto al punto di consegna,
partendo da quelle dei generatori, escludendo
il carico ma considerando gli altri componenti in grado di impegnare potenza reattiva (ad
es. rifasatori, cavi, ecc.). In alternativa a
questa non semplice valutazione, la CEI 0-16;V1
consente di calcolare la curva equivalente,
che va allegata al Regolamento di Esercizio,
come somma delle capability di tutti i generatori presenti. Infine si segnala che la variante
alla CEI 0-16 ha modificato la prima soglia
della prote-zione di massima corrente omopolare per guasto a terra in reti a neutro isolato
(I0>, im-piegata solo in assenza della 67N.S2):
valore 2 A; tempo di estinzione del guasto: 170
ms.Con ciò si può affermare che l’insieme dei
limiti di taratura dei Sistemi di Protezione
Generale per gli utenti connessi alla rete di
MT è oramai definitivamente assestata.
Si trascurano le altre modifiche apportate con
le due varianti, rimandando ad una loro completa lettura per gli eventuali approfondimenti. Non si può pensare che le norme CEI 0-16
e 0-21 abbiano cessato di modificarsi ed anzi
non è improbabile che esse diano origine
anche ad ulteriori norme, come quelle preannunciate dalle varianti con riferimento agli
allegati che potranno essere scorporati per
diventare norme di prodotto.
Questa continua evoluzione non deve preoccupare, anzi testimonia che si è in presenza
di una materia viva foriera di affermazione di
nuove professionalità e, quindi, di nuove possibilità di lavoro.
Giuseppe Cafaro
Politecnico di Bari
Impianti elettrici "smart"
La IV edizione della norma CEI 11-27, norma
residuale sui “Lavori su impianti elettrici”
applicabile solo in Italia, ha introdotto importanti aggiornamenti per l’organizzazione e
l’esecuzione in sicurezza dei lavori elettrici e
non elettrici.
Diversi sono i motivi che hanno richiesto
l’aggiornamento così come molteplici sono
le novità tecniche apportate alla precedente
edizione che resta valida sino al 1 febbraio
2015.
Tra le ragioni si individuano: il doveroso allineamento alla nuova edizione della norma
quadro europea CEI EN 50110-1:2014 (basic
standard) sulla quale la norma CEI 11-27 si
basa, il tener conto delle disposizioni obbligatorie dettate dal D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. e
delle diverse organizzazioni aziendali operanti nel settore e della volontà di adattarsi alla
buona prassi e di chiarire, anche con esempi applicativi, le procedure da applicare
nell’esecuzione sicura di un lavoro elettrico
o di un lavoro non elettrico.
Le novità tecniche, invece si collocano nelle
nuove definizioni di lavoro elettrico e in particolare delle figure professionali responsabili degli impianti elettrici e non elettrici, e
nelle nuove distanze regolamentate che in
parte modificano sostanzialmente le modalità di esecuzione dei lavori elettrici e non
elettrici e le conseguenti misure di protezione. In definitiva, la nuova norma è più facilmente applicabile alle situazioni reali e risulta anche di più facile lettura per la maggiore
praticità e semplicità nel trattare gli argomenti.La norma poi, riporta numerose note che
contribuiscono ulteriormente a rendere più
chiaro il testo e che di fatto costituiscono
vere e proprie integrazioni, anche di contenuto normativo.
dossier
Nuova CEI 11-27: disposizioni di
sicurezza per lavori elettrici e
non
La norma italiana è stata redatta facendo
corrispondere, per quanto possibile, la numerazione degli articoli e dei paragrafi alla
norma europea CEI EN 50110-1:2014. In tal
modo, è più facile verificare le differenze e
riscontrare le parti aggiunte tra la norma
italiana e quella europea.
Ampliamento del campo di applicazione
La principale novità introdotta dalla nuova
edizione della norma è che essa si applica a
tutti i lavori in cui sia presente il rischio elettrico, indipendentemente dalla natura del
lavoro stesso, sia che si tratti di lavoro su
componenti elettrici sia di lavoro di altra
Figura 1: Zone di Lavoro
U&C n°6 giugno 2014
41
dossier
Impianti elettrici "smart"
natura (ad esempio, edile, meccanico, ecc.).
Vengono cioè considerati tutti i lavori dove si
è esposti a pericoli di origine elettrica, indipendentemente dalla natura del lavoro, ma
solo in funzione delle distanze che si mantengono tra le persone, ivi compresi mezzi e attrezzi maneggiati, e le parti attive in tensione
degli impianti elettrici e delle linee elettriche
se non adeguatamente protette.
Di conseguenza, con l’attribuzione di PES o
PAV (Persona Esperta e Persona Avvertita) e
il riconoscimento di idoneità che derivano
dalla norma di buona tecnica, vengono date
“disposizioni organizzative e procedurali”
anche per i lavori “in vicinanza di linee elettriche o di impianti elettrici con parti attive
non protette” effettuati entro le distanze indicate nella tabella 1 dell’allegato IX del D.
Lgs. 81/2008, così come richiesto dall’art. 83
(figura 1).
In altri termini, a differenza della norma CEI
11-27, III edizione, che esaminava solo le zone
di lavoro sotto tensione e le zone di prossimità, limitate rispettivamente dalle distanze DL
e DV, la nuova edizione della norma si applica
anche alla zona cosiddetta di “vicinanza” ove
si svolgono i lavori “non elettrici” compresi
tra la distanza (DA9) della tabella 1 dell’allegato IX del D.Lgs. 81/2008 e la distanza pros-
42
U&C n°6 giugno 2014
sima (DV) della norma tecnica.
E’ utile precisare che rimangono esclusi, come
per le precedenti edizioni, i lavori sotto tensione a tensioni superiori a 1000 V in c.a. o
1500 V in c.c. regolamentati dal DM 4 febbraio 2011, dalla norma CEI EN 50110-1 “Esercizio
degli impianti elettrici. Parte 1: Prescrizioni
generali” e dalla norma CEI 11-15 “Esecuzione di lavori sotto tensione su impianti elettrici di Categoria II e III in corrente alternata”.
Restano esclusi dal campo di applicazione
anche quegli specifici equipaggiamenti elettrici, ad esempio, velivoli, imbarcazioni, sistemi di controllo e automazione, ecc. (art.1) per
i quali se non esistono altre regole e procedure si raccomanda di seguire i principi
contenuti nella norma CEI 11-27.
Nuove definizioni: URI e URL
Si deve soprattutto porre attenzione a due
nuove definizioni, introdotte nella IV edizione
della norma CEI 11-27, che individuano nuove
figure professionali e che possono comportare nuovi compiti e responsabilità nelle
strutture aziendali:
• Persona o Unità Responsabile dell’impianto elettrico (URI);
• Persona o Unità Responsabile della realizzazione del lavoro (URL).
In particolare, l’unità (o persona) responsabile di un impianto elettrico (URI) si identifica nel proprietario dell’impianto elettrico,
nel datore di lavoro oppure, per le società
di più grandi dimensioni, in una struttura
tecnica cui fanno capo le responsabilità
complessive dell’impianto elettrico durante
l’esercizio normale dell’impianto, cioè in
tutte le condizioni in cui sull’impianto non si
eseguano lavori elettrici di alcun genere.
Tale persona o unità, che può non avere le
conoscenze specifiche per mettere in sicurezza l’impianto elettrico, individua, per
l’esecuzione di un determinato lavoro, una
persona, il Responsabile Impianto (RI) che
può essere una persona appartenente alla
stessa struttura, o anche una persona esterna. Il Responsabile Impianto (RI) definito
anche come “persona designata alla conduzione dell’impianto elettrico”, a differenza di quanto indicato nella III edizione della
norma CEI 11-27, è “la persona responsabile, durante l’attività di lavoro, della sicurezza dell’impianto elettrico”, e può coincidere
con la stessa persona che ricopre il ruolo di
URI o anche del Preposto ai Lavori (PL), se
ne ha le competenze.
Se la URI coincide con il RI, deve essere
necessariamente un PES.
dossier
Impianti elettrici "smart"
Figura 2: Figure professionali vecchie e nuove
Negli impianti complessi e nel caso in cui il
RI sia esterno all’unità URI, la nomina del RI
e l’intervallo temporale di validità deve essere formalizzata per iscritto ed è indispensabile renderla nota a tutti i soggetti coinvolti nell’esecuzione di quel determinato
lavoro.
L’Unità responsabile della realizzazione del
lavoro (URL) ha invece il compito di progettare ed eseguire un lavoro. In particolare
deve:
verificare preliminarmente e condividere con il RI la scelta metodologica e
organizzativa del lavoro;
predisporre l’eventuale Piano di intervento;
individuare il PL e gli addetti al lavoro
compreso la propria formazione e idoneità;
organizzare gli operatori;
verificare la disponibilità delle attrezzature, dispositivi di protezione, mezzi di
supporto relativi alla corretta realizzazione del lavoro.
Per le società di piccole dimensioni, questa
unità può coincidere, in una singola persona,
con il Preposto ai Lavori (PL).
Il Preposto ai Lavori, così come definito
dalla norma CEI 11-27, ha tutte le attribuzioni della figura di preposto previste generalmente dal D.Lgs. 81/08, ma conserva quelle
particolari svolte nell’attività elettrica.
Pertanto, la figura del Preposto ai Lavori
della norma CEI 11-27 non necessariamente
coincide con quella del D.Lgs. 81/08.
Mentre la figura URI è presente anche nella
CEI EN 50110-1:2014-01, la figura URL è
presente soltanto nella norma CEI 11-27 IV
edizione. Si è voluto in tal modo prevedere
anche quei lavori che, per complessità e
tipologia, necessitano di una progettazione
e direzione dei lavori e pertanto eseguibili
da parte di società di grandi dimensioni.
In definitiva, sia URI sia URL sono state introdotte per tener conto che alcune attività
lavorative, ad esempio nelle aziende di
medie e grandi dimensioni, necessitano di
studio e di progettazione da parte di strutture aziendali dove vengono coinvolti anche
tecnici di diverse esperienze.
Mentre la figura URI è sempre presente in
quanto sempre individuabile, ad esempio
nelle piccole aziende o artigiani, nel datore
di lavoro, la figura URL può non essere
presente.
Come nella precedente edizione della norma,
le figure di RI e PL possono essere distinte
oppure coincidere in un’unica persona,
purché abbia le competenze necessarie.
Si può dunque concludere che l’individuazione delle figure cambia secondo la struttura aziendale. In altri termini, la norma
tecnica, nella individuazione delle mansioni
e responsabilità delle unità e delle persone
coinvolte (URI, URL, RI, PL), non può tenere
conto di tutte le realtà organizzative delle
aziende; queste ultime, quindi, assegneranno i ruoli e le responsabilità secondo le
proprie reali esigenze. Le figure professionali riferite alla III e alla IV edizione della
norma CEI 11-27 sono rappresentate nella
figura 2.
Figura 3: Distanze regolamentate
U&C n°6 giugno 2014
43
Impianti elettrici "smart"
dossier
Adeguamento delle distanze DL e DV alla
CEI EN 50110-1
Nella norma CEI 11-27, edizione IV, le distanze di lavoro sotto tensione (DL) e le distanze
di prossimità (DV) sono state allineate alla
norma CEI EN-50110-1 (figura 3). In particolare per la bassa tensione la distanza DL, che
delimita esternamente la zona di lavoro sotto
tensione, è stata portata a zero, invece dei 15
cm stabiliti dalla norma CEI 11-27 III edizione.
Ciò significa che il lavoro sotto tensione in
BT è ritenuto tale soltanto se si entra in contatto con la parte attiva in tensione; in caso
contrario, si sta eseguendo un lavoro elettrico in prossimità, che è stato però definito fino
a una distanza di 30 cm invece dei 65 cm
della precedente edizione. Le dimensioni ridotte della zona prossima, comparabili a
quelle degli arti umani, rendono perciò difficile l’adozione della distanza di sicurezza.
Le parti attive prossime devono quindi generalmente essere protette fisicamente mediante idoneo impedimento, come ad esempio teli
isolanti o barriere rigide a protezione minima
del dito di prova.
Il dito di prova articolato di diametro 12 mm
e di lunghezza 80 mm deve mantenere una
adeguata distanza dalle parti pericolose. In
MT e AT la protezione minima richiesta è
IPXXC o IP3X. La lettera addizionale C individua la protezione protetto contro l’accesso
con un attrezzo: Il calibro di accessibilità di
diametro 2,5 mm e di lunghezza 100 mm deve
mantenere una adeguata distanza dalle parti pericolose.
In genere non sono necessari impedimenti
solo se le parti attive sono raggiungibili solo
volontariamente (ad esempio, in alto sopra la
testa) o se la probabilità di contatto è bassa
(ad esempio, interventi di breve durata).
Lavoro elettrico e lavoro non elettrico
Nella III edizione della norma CEI 11-27, il
“lavoro elettrico” veniva sostanzialmente
individuato “nell’accesso alle parti attive
sotto tensione o fuori tensione”, come ad
esempio prove e misure, riparazioni, sostituzioni, modifiche, ampliamenti, montaggi
ed ispezioni.
La IV edizione invece, associando la definizione di lavoro elettrico a quello di rischio
elettrico, definisce “lavoro elettrico”, oltre
il lavoro fuori tensione, quel lavoro (qualunque) svolto a distanza minore o uguale alla
distanza di prossimità (D V) da parti attive
accessibili di linee e di impianti elettrici, non
sufficientemente protetti.
Così, ad esempio, entro la distanza di prossimità (DV), effettuano un “lavoro elettrico”,
sia la persona PEC che effettua un lavoro di
muratura, sia il PES o PAV che effettua un
lavoro su un impianto elettrico.
Di conseguenza, i lavori svolti all’interno
della distanza DV, e definiti “lavori elettrici”
indipendentemente dalla loro natura, essendo sottoposti allo stesso livello di rischio,
richiedono identiche garanzie di sicurezza,
indipendentemente dal tipo di lavoro svolto.
Il lavoro “non elettrico”, che nella III edizione della norma CEI 11-27 era individuato in
funzione della tipologia stessa del lavoro
(ad esempio, lavori di muratura, verniciatura, ecc.), nella IV edizione viene invece
individuato in funzione della distanza dalle
parti attive e più precisamente definito come
quel lavoro svolto a distanza minore di DA9
e maggiore di D V da parti attive (lavori in
vicinanza).
I lavori effettuati oltre la distanza DA9, non
rientrano nel campo di applicazione della
norma CEI 11-27 perché non presentano
nessun rischio elettrico, in quanto effettuati ad una distanza ritenuta di sicurezza.
La nuova edizione fornisce procedure di
lavoro anche per i “lavori non elettrici”,
quelli cioè eseguiti nella zona D V - DA9, e
che non erano stati completamente presi
in esame nella edizione precedente.
Se, in tale zona, ad effettuare il lavoro sono
PES o PAV, tenuto conto della loro formazione, non è necessario adottare particolari procedure di sicurezza se non quelle
necessarie per evitare di invadere la distanza DV. Nel caso di presenza di PEC, queste
devono essere sorvegliate da PES o PAV
oppure operare sotto la supervisione di un
PES. In questi casi, non si ritiene necessaria la compilazione di documenti quali
piani di lavoro, piani di intervento, ecc.
Se il lavoro viene invece effettuato da PEC,
il datore di lavoro deve predisporre un documento di valutazione delle distanze e
delle altre condizioni di sicurezza, rivolgendosi a persone competenti di sua fiducia
oppure a un PES o a un professionista
esperto.
È fortemente raccomandato che i lavori
siano eseguiti a una distanza il più possibile maggiore di D V, tenuto conto di tutti i
mezzi e degli operatori impiegati nei cantieri.
Qualora ci sia il pericolo di invadere la zona
prossima, occorre adottare provvedimenti
44
U&C n°6 giugno 2014
te come PES o PAV purché adeguatamente
addestrate e autorizzate dal RI.
Se le manovre vengono invece effettuate per
la messa fuori servizio per lavori sull’impianto, trattandosi di lavori elettrici, è necessaria
la qualifica di PES o PAV. Le manovre di
emergenza su impianti di distribuzione elettrica al pubblico devono essere eseguite solo
da PES o PAV.
affidabili, quali ostacoli, blocchi, difese, ecc.,
tali da impedire l’accesso a tale zona, oppure far mettere fuori tensione e in sicurezza la
linea elettrica mediante accordi con il gestore della linea.
Per quanto attiene la documentazione, la
norma fornisce una modulistica con esempi
negli allegati informative C, D ed E, rispettivamente:
- (C) Documento delle distanze di lavoro
confinato tra DA9 e DV;
- (D) Distanze normative dei conduttori nudi
di linee aeree esterne dal terreno e dalle
acque non navigabili;
- (E) Esempio di documento di valutazione
delle distanze.
La documentazione non si ritiene necessaria solo nel caso di rischi derivanti da linea
elettrica sovrastante, se l’altezza massima
del veicolo con la persona e gli accessori
anche non fissi, non superi, a favore della
sicurezza:
4 m, per linee in BT o MT fino a 35 kV;
3 m, per linee MT > 35 kV.
Tale condizione si riferisce alle sole attrezzature di lavoro con altezza fissa, con esclusione perciò di tutte quelle macchine operatrici
provviste di bracci o sistemi di elevazione (ad
esempio, gru).
Le ragioni della non necessità della documentazione è giustificata dagli obblighi di costruzione delle linee aeree, la cui altezza dei
conduttori dal terreno tiene conto della distanza elettrica di isolamento in aria (CEI
11-4) e di un adeguato margine di sicurezza.
Come già indicato nella precedente edizione,
non sono considerati lavori elettrici tutte
quelle attività elencate nel DM 4/02/2011.
Manovre di esercizio
Le manovre di apparecchiature elettriche
costruite e installate a regola d’arte non
erano e non sono tuttora considerate lavori
elettrici. Tuttavia si precisa, salvo prescrizioni aziendali più cautelative, che se le manovre
di esercizio vengono effettuate per la modifica di uno stato elettrico dell’impianto, non
trattandosi di lavoro elettrico, possono essere eseguite anche da persone non qualifica-
Committente
Anche i committenti datori di lavoro rientrano
nelle figure della nuova norma. Se devono
affidare i lavori elettrici in appalto, devono
obbligatoriamente richiedere che il personale sia in possesso dei requisiti richiesti per
l’esecuzione dei lavori secondo le attribuzioni
e idoneità che la norma CEI 11-27:2014 prevede e, se del caso, secondo le integrazioni di
cui alla norma CEI 0-15 “Manutenzione delle
cabine elettriche MT/BT dei clienti/utenti finali”. La norma CEI 0-15 è applicabile alle
cabine elettriche MT/BT semplificate con
potenza disponibile inferiore o uguale a 400
kW (ARG/elt 198/11). La verifica dei requisiti
del personale ottempera agli obblighi connessi ai contratti d’appalto o d’opera o di somministrazione di cui all’art. 26 del D.Lgs. 81/2008.
U&C n°6 giugno 2014
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Impianti elettrici "smart"
Nella nuova edizione della norma vengono
indicati alcuni esempi, a rappresentazione
dei casi più comuni, per la valutazione del
rischio elettrico e l’adozione degli accorgimenti necessari durante l’effettuazione delle
misure. Fatto salvo l’obbligo di valutare i rischi
per la presenza di parti attive prossime e
adottare le misure di protezione adeguate, di
utilizzare strumenti di misura adeguati e sicuri costruiti in conformità alle norme della
serie CEI EN 61557, e la necessità di controllare gli strumenti prima dell’uso e dopo l’uso,
alcuni casi possono configurarsi come segue.
Se, anche durante l’inserimento dei puntali
dello strumento:
a) il grado di protezione è IPXXB e non ci sono
rischi né di contatto accidentale né di
corto circuito, la misura si considera senza rischio elettrico e pertanto non sono
necessari né i DPI né la supervisione di un
PES o la sorveglianza di un PES o PAV
verso le persone comuni (PEC) in caso di
misure fuori tensione;
b) il grado di protezione è <IPXXB e pertanto
c’è il rischio di contatto accidentale ma
non quello di corto circuito, la misura si
considera con rischio elettrico per contatto accidentale e pertanto sono necessari
i guanti isolanti, ma non la visiera. La misura deve essere eseguita da PES, PAV
idonei ai lavori sotto tensione;
c) il grado di protezione è <IPXXB e pertanto
c’è il rischio di contatto accidentale oltre
a quello di corto circuito, la misura si considera con rischio elettrico sia per contatto accidentale che per corto circuito e
pertanto sono necessari i guanti isolanti,
la visiera e il vestiario contro arco elettrico.
Gli operatori devono essere qualificati PES,
PAV e idonei ai lavori sotto tensione.
dossier
Rischio elettrico nelle misure
dossier
Impianti elettrici "smart"
Applicazione della distanza di lavoro (Dw)
Nell’Allegato A della nuova norma, viene
definitivamente chiarito il significato
della distanza di lavoro definita nell’art.
3.5.7 della norma CEI EN 61936-1 (CEI 992), norma sulla progettazione e costruzione di impianti elettrici con tensione superiore a 1 kV in c.a. e frequenza fino a 60
Hz, che aveva suscitato numerosi dubbi
riguardo la sua applicazione.
Tale distanza di lavoro viene definita come
“minima distanza di sicurezza (D w) che
deve essere mantenuta tra qualsiasi parte attiva e ogni persona che lavori in una
cabina o da qualsiasi attrezzo conduttore
direttamente maneggiato”. La distanza Dw
si trova in una posizione intermedia tra la
distanza D L e la distanza D V con il seguente significato: “distanza di lavoro secondo
le norme o regolamenti nazionali” (figura 4).
Poiché tale distanza non è individuata da
nessun regolamento nazionale o norma
tecnica, e poiché la norma CEI EN 619361 non è una norma nel cui scopo e campo
di applicazione siano compresi i lavori
elettrici, i quali sono regolati esclusivamente dalle norme CEI EN 50110-1, CEI
11-27, CEI 11-15 e dal DM 4 febbraio 2011,
nessuno dei quali definisce tale distanza
Figura 4: Altezze e distanze di lavoro in aria minime all’interno di aree elettriche chiuse
di lavoro Dw, la nuova edizione della norma
CEI 11-27, nell’allegato A ribadisce che in
Italia, la distanza Dw, ai fini dell’esecuzio- In questo manuale pratico v
la prova di tenuta, il collaud
ne dei lavori elettrici, non trova applicazio- rispetto di quanto previsto
condizioni di prova pe
ne e pertanto deve essere ignorata nella Le
o eventuali perdite ammess
valutazione dei rischi per lavori elettrici. In questo contesto la prese
tra l’altro, trova riscontro an
sottopunti) di cui alla “Comp
per gli impianti alimentati a
Il manuale è stato struttu
normative, (o, nel caso del
tenuta, collaudo e verifica p
Il progetto di norma UNI 1
integralmente ad esclusione
preliminare con il contatore
Le normative e la legislazion
Capitolo 1. UNI EN 1775:200
Capitolo 2. Progetto di norm
Capitolo 3. UNI 7129-1:2008
Capitolo 4. UNI 7129-4:2008
Capitolo 5. UNI/TS 11147:20
Capitolo 6. UNI/TS 11340:20
Capitolo 7. UNI/TS 11343:20
Capitolo 8. Decreto Ministe
Conclusioni
La nuova norma CEI 11-27:2014-01, da applicare congiuntamente alla norma quadro
CEI EN 50110-1:2014-01 da cui ne trae i
principi, è più fruibile dagli utilizzatori per
la maggior immediatezza di comprensione
delle argomentazioni, già trattate nelle
edizioni precedenti. Tale fruibilità consente agli operatori interessati, siano essi
grandi, medie e piccole aziende, artigiani,
imprese, società di ingegneria e di consu- La funzione descrittiva ed i
lenza, artigiani e professionisti, di organiz- rispetto e dall’applicazione
zarsi per ben identificare i ruoli e i compiti di ognuno e stabilire corrette procedure
di lavoro elettrico e non elettrico in sicurezza. In figura 5 sono sintetizzate le diverse situazioni lavorative e le conseguenti
procedure di lavoro che devono essere
utilizzate nel rispetto delle norma CEI 1127:2014. La corretta interpretazione della
norma merita un doveroso approfondimento per poter essere applicata e adattata
alle proprie esigenze lavorative, ma nessun Euro 28,00, (IVA inclusa)
rischio può essere ridotto il più possibile a
zero se non c’è formazione, consapevolezza in ciò che si fa e cultura della sicurezza.
vincenzo Matera
Segretario CEI/CT 44
Salvatore Siracusa
Vice Presidente CEI/CT 44
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Figura 5: Diagramma di flusso per i lavori previsti nella Norma CEI 11-27:2014 (Allegato B)
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U&C n°6 giugno 2014
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