www.supsi.ch/fisco Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana Dipartimento scienze aziendali e sociali Centro competenze tributarie Novità fiscali L’attualità del diritto tributario svizzero e internazionale N° 7–8 Luglio–Agosto 2014 Politica fiscale Energia invece dell’IVA 3 Sostituire l’IVA con una tassa sull’energia: un’idea pericolosa per le famiglie e lo Stato 8 L’iniziativa “Imposta sull’energia invece dell’IVA”: un’idea buona soltanto in apparenza 11 Diritto tributario svizzero Per una sensata attuazione delle Raccomandazioni GAFI 2012 16 Tutto, e di più 23 Diritto tributario italiano Indeducibilità di costi e spese direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo 30 Diritto tributario internazionale e dell'UE Why incorporate in Delaware: race to the top, race to the bottom or race to the tax haven? 34 Offerta formativa Seminari e corsi di diritto tributario 39 Introduzione Novità fiscali 07–08/2014 Redazione SUPSI Centro di competenze tributarie Palazzo E 6928 Manno T +41 58 666 61 75 F +41 58 666 61 76 [email protected] www.supsi.ch/fisco ISSN 2235-4565 (Print) ISSN 2235-4573 (Online) Redattore responsabile Samuele Vorpe Comitato redazionale Flavio Amadò Elisa Antonini Paolo Arginelli Sacha Cattelan Rocco Filippini Roberto Franzè Marco Greggi Giordano Macchi Giovanni Molo Andrea Pedroli Sabina Rigozzi Curzio Toffoli Samuele Vorpe Impaginazione e layout Laboratorio cultura visiva In questo numero unico Luglio/Agosto 2014 di NF aprono i battenti Franco Marinotti e Marco Romano con due articoli di politica fiscale. Inizia il Presidente dei verdi liberali che illustra gli auspicati benefici dell’iniziativa popolare federale denominata “Imposta sull’energia invece dell’IVA” lanciata dal Partito stesso, seguito dal Consigliere nazionale che, seppur condividendo gli obiettivi perseguiti dall’iniziativa, mostra le diverse insidie che la stessa nasconde. Seguono Sandra Daguet e Martina Zahno dell’Amministrazione federale le quali, analogamente ai primi due autori, si chinano sull’iniziativa e ne illustrano vantaggi e svantaggi da un punto di vista più tecnico e meno politico. In un ulteriore contributo a quattro mani, Francesco Naef e Michele Clerici espongono le Raccomandazioni GAFI ed evidenziano le divergenze tra esecutivo e legislativo che rendono l'adeguamento del diritto interno svizzero un lavoro tutt'altro che semplice. Le continue pressioni internazionali sulla Svizzera in ambito fiscale, che la vorrebbero più conforme agli standards internazionali mantengono l’attualità della tematica ma danno certamente del filo da torcere agli addetti ai lavori. In questo contesto Curzio Toffoli espone le novità in ambito di assistenza amministrativa fiscale, tracciando dei probabili scenari e facendo il punto della situazione riguardo ad un tema tanto coinvolgente quanto delicato per la nostra piazza finanziaria. Novità fiscali anche dalla vicina Penisola, presentate da Berardo Lanci, che fa chiarezza sulla sottile, ma molto rilevante differenza tra il nuovo e l’antecedente regime di indeducibilità di costi e spese direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo. Infine, spazio ad un notevole contributo d’oltre Oceano, con Ariel Siman, che fornisce una panoramica ed evidenzia dal profilo fiscale (ma non solo), la particolare attrattività del piccolo Stato del Delaware. Buona lettura! Sacha Cattelan Politica fiscale Energia invece dell’IVA 3 Franco Marinotti Presidente dei verdi liberali del Ticino Un vantaggio per l’economia, l’ambiente e la società 1. In sintesi Poco più del 40% dell’energia elettrica prodotta oggi in Svizzera è composta da energia non rinnovabile, in gran parte uranio, e la quota di vettori fossili (petrolio, gas naturale e carbone) nel mix di consumo energetico globale è per contro pari a circa il 66%. Affinché uno spostamento dei consumi verso l’energia rinnovabile sia possibile, è indispensabile una modifica dei rapporti di prezzo che sia economicamente e socialmente compatibile tramite una riforma fiscale ecologica che riduca drasticamente il consumo di energia senza l’uso di provvedimenti coercitivi e senza diminuzione degli standards di vita. L’iniziativa popolare federale lanciata dai Verdi Liberali, denominata “Imposta sull’energia invece dell’IVA” [1] , si propone di sostituire l’imposta sul valore aggiunto (di seguito IVA) con una nuova imposta sull’importazione e produzione di energie non rinnovabili di fonte energetica fossile e di uranio. L’iniziativa s’inserisce nel contesto di un’innovativa proposta di riforma fiscale ecologica quale strumento efficace e liberale volto a contribuire alla riduzione del consumo di energia in Svizzera. Parimenti l’iniziativa ha lo scopo di incentivare la produzione e l’utilizzo di energia rinnovabile. Un progetto, questo, che vede quale vantaggio competitivo decisivo per il raggiungimento degli obiettivi di strategia energetica 2050 l’applicazione di meccanismi d’incentivazione, ovvero di economia di mercato per accompagnare il processo di svolta energetica in alternativa ad un sistema improntato sulla promozione quale i sussidi statali diretti, sovvenzioni, contributi o deduzioni fiscali. Una proposta decisamente innovativa e strutturale che individua nella politica fiscale uno strumento non solo di mero tributo generalizzato per la copertura dei costi sostenuti dallo Stato, bensì il mezzo per elaborare una riforma (fiscale) ecologica globale adatta a facilitare ed accelerare il passaggio dall’energia fossile e nucleare a quella rinnovabile. Al fine di raggiungere questi importanti obiettivi di politica ambientale, l’iniziativa si propone, con l’abolizione dell’IVA e la sua sostituzione con un’imposta ecologica, di più efficacemente indirizzare – a parità di gettito e dunque senza impatto sul bilancio dello Stato – il prelievo fiscale, andando così a tassare in modo mirato il solo consumo di energia non rinnovabile, diversamente da come oggi avviene nel caso dell’IVA che assoggetta non solo i beni e servizi, ma indirettamente anche i fattori principali della produzione, quali il lavoro ed il capitale per via dell’indeducibilità dei loro costi intrinsechi[2], in modo da abbassare il consumo di energia ed ottenere degli effetti positivi sull’occupazione, ma non solo. Si ridurrà, di conseguenza, anche la dipendenza dall’estero, considerato che circa l’80% dei consumi di energia vengono coperti dall’importazione, con evidenti effetti positivi sull’economia del nostro Paese. Vi sarà pure una riduzione dei relativi rischi di approvvigionamento in termini di prezzi e disponibilità, oltre ad un aumento dell’occupazione come effetto di un sicuro incremento delle opportunità d’investimento in ricerca e sviluppo di tecnologie, che ruotano attorno ai fattori di produzione dell’energia rinnovabile. In sintesi, l’iniziativa popolare federale intende promuovere un consumo energetico responsabile mediante una riforma fiscale innovativa e concorrenziale, neutrale rispetto all’IVA sia in termini di gettito fiscale che, in conseguenza, di impatto sul bilancio dello Stato. Si vogliono inoltre porre le fondamenta per un’economia duratura basata sull’innovazione dalla quale potranno nascere grandi possibilità e indubbi vantaggi competitivi per la Svizzera, sia in termini di sviluppo sia di crescita sostenibile duratura di lungo periodo. 4 Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2014 2. I presupposti fondamentali e gli effetti dell’abolizione dell’IVA L’introduzione di un’imposta ecologica ha come effetto che le fonti di energia non rinnovabile diventino più care affinché più energia rinnovabile sia richiesta e prodotta, facilitando così una riduzione dei consumi. L’imposta ecologica deve per contro avere come presupposto essenziale quello di non determinare aggravi aggiuntivi sia in termini di carichi fiscali che di spesa pubblica globale. Un volume di gettito di circa 20 miliardi di franchi può essere ridistribuito solo con l’abolizione di un’altra forma d’imposizione che a livello federale significa IVA, imposta federale diretta, contributi previdenziali dei datori di lavoro e dei lavoratori. Anche per quanto concerne gran parte dell’industria il passaggio dall’IVA all’imposta ecologica comporta vantaggi finanziari poiché i costi energetici rappresentano solo una minima parte dei costi generali. Di conseguenza, il relativo maggior aggravio comporterà ad ogni modo uno spostamento dei consumi di energia verso le fonti rinnovabili. Ulteriori vantaggi economici si verificheranno in particolare per le medie e piccole aziende in termini di sgravi amministrativi dovuti all’abolizione dell’IVA. Per contro, anche le entrate dello Stato non verranno ridotte a causa dell’abbandono dell’IVA, in quanto i ricavi totali generati dalla nuova imposta energetica saranno dello stesso tenore degli attuali ricavi dell’IVA perché garantiti, ai sensi di una disposizione transitoria, dalla fissazione di un quoziente percentuale costante indicizzato inizialmente alla media degli ultimi cinque anni dei ricavi dell’IVA sul Prodotto Interno Lordo (di seguito PIL) nominale (cfr. Tabella 1) e, in seguito, attraverso dei meccanismi particolari che saranno spiegati nel successivo capitolo 3. Accorgimento essenziale questo per compensare nel tempo sia il minor consumo di energia non rinnovabile sia la riduzione della base imponibile della proposta nuova imposta sull’energia, causa dell’aumento dei prezzi e della miglior efficienza energetica. L’imposta sull’energia non rinnovabile ha quale presupposto impositivo, al pari dell’IVA, il consumo. Per questa ragione il passaggio da una all’altra forma impositiva non comporta effetti ridistributivi sostanziali. L’abolizione dell’IVA è inoltre concettualmente più semplice ed efficace ai fini ridistributivi rispetto ad altre forme di leve ridistributive sui premi di cassa malati o i contributi di previdenza sociale. Un ulteriore aspetto su cui poggia l’iniziativa di riforma fiscale “energia invece dell’IVA” consiste nel fatto che l’abbandono dell’IVA non deve comportare un freno all’economia in termini di carichi aggiuntivi sia per i cittadini che per le imprese. Inoltre si presuppone che l’iniziativa possa imprimere un notevole stimolo all’economia liberando l’innovazione e la produzione di valore dall’imposizione, fungendo così da motore agli investimenti verso settori economici innovativi e promettenti, con conseguente sviluppo di know-how locali, creazione di posti di lavoro e mantenimento dell’attrattività e competitività della produzione svizzera. Anche sul fronte del potere d’acquisto l’abbandono dell’IVA non avrà effetti sostanziali. Infatti, per l’effetto della traslazione dei prezzi, i consumatori saranno effettivamente confrontati con un aumento dei prezzi sull’energia non rinnovabile, tuttavia numerosi beni e servizi di consumo, così come l’energia rinnovabile, saranno per contro più vantaggiosi, perché, contrariamente all’IVA, il carico fiscale potrà essere limitato attraverso il re-indirizzamento del consumo verso l’energia rinnovabile. 3. Il carico fiscale complessivo in Svizzera resta identico: la riforma non incide sulle entrate fiscali dello Stato 3.1. La definizione di un gettito fiscale costante nella fase di transizione Le disposizioni transitorie dell’iniziativa popolare federale prevedono che il gettito fiscale derivante dalla tassa sull’energia da raggiungere annualmente sia definito attraverso una quota fissa del PIL (quota fiscale costante). Le aliquote d’imposta della tassa sull’energia saranno periodicamente adattate in modo tale che venga raggiunta questa quota corretta di gettito. La quota di gettito sarà calcolata percentualmente rapportando le entrate derivanti dall’IVA al PIL degli ultimi 5 anni prima Tabella 1: Calcolo di un quoziente fiscale fisso nella fase di transizione verso l’introduzione della tassa sull’energia 2007 2008 2009 2010 2011 Media Reddito IVA (in mia. fr.) 19 20 20 21 22 20 PIL nominale (in mia. fr.) 521 545 536 551 565 543 Aliquota fiscale secondo l’imposizione transitoria nella Costituzione federale: 3.7%. Tabella 2: Calcolo del carico fiscale per chilowattora di energia primaria non rinnovabile consumata (tassa nel 2012) PIL 2012 569 mia. fr. Gettito fiscale desiderato=3.7% PIL 2012 21 mia. fr. Consumo energia primaria non rinnovabile Tassa per chilowattora di energia primaria consumata 900'000 terajoule 9 cts. Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2014 Tabella 3: Aumento di prezzo dell’energia non rinnovabile con l’entrata in vigore della riforma Nucleare (efficienza 1/3) 0.27 franchi per chilowattora Benzina (potere calorifico=9 chilowattora/litro) 0.81 franchi per litro Diesel (potere calorifico=10 chilowattora/litro) 0.90 franchi per litro Olio combustibile (potere calorifico=10 chilowattora/litro) 0.90 franchi per litro Gas naturale (potere calorifico=8 chilowattora/litro) 0.72 franchi per litro del passaggio alla tassa sull’energia. La Tabella 1 mostra il conteggio supponendo che la riforma fosse stata messa in atto per l’inizio del 2012. Se per esempio l’IVA fosse stata sostituita dalla tassa sull’energia nel 2012, la quota fiscale costante ammonterebbe al 3.7%. Questo corrisponde circa ad un ottavo del gettito fiscale della Svizzera. In altre parole la riforma comprende circa un ottavo delle entrate fiscali totali della Svizzera. 3.2. Il calcolo periodico della tassa sull’energia La tassa sull’energia sarà calcolata in percentuale sui chilowattora di energia primaria non rinnovabile consumati[3]. L’aliquota d’imposta sarà periodicamente definita sulla base del gettito fiscale che si vuole raggiungere (secondo la quota fiscale fissa) e del consumo nazionale di energia non rinnovabile previsto. Svizzera non viene prodotta alcuna energia primaria non rinnovabile, la riscossione della tassa avviene al momento dell’importazione. In questo modo vengono tassati: ◆ l’importazione di energia primaria e carburanti fossili; ◆ l’importazione di uranio; ◆ l’importazione di corrente elettrica prodotta attraverso carburanti fossili e uranio; ◆ l’energia incorporata in merci importate. La riscossione della tassa può avvenire soltanto alla frontiera. In questo modo le imprese saranno alleggerite dalla gestione dell’IVA, con evidente riduzione dei costi amministrativi. 4. Il rimborso della tassa sull’energia al momento dell’esportazione La Tabella 2 (cfr. pagina precedente) illustra il calcolo attraverso una semplice simulazione. Supponiamo di voler calcolare l’aliquota d’imposta nel 2012. Per prima cosa il gettito fiscale desiderato va calcolato sulla base del PIL nominale atteso e l’aliquota fissa. Con un PIL previsto di 569 miliardi di franchi nel 2012 e un quoziente fiscale fisso del 3.7%, l’obiettivo di rendimento risulterebbe di 21 miliardi di franchi. In una seconda fase, a partire da un gettito fiscale desiderato e tenendo conto del consumo stimato di energia primaria non rinnovabile, la tassa viene calcolata in percentuale ai chilowattora di energia primaria consumata. Per un obiettivo di rendimento di 21 miliardi di franchi e un consumo stimato di energia non rinnovabile primaria pari a 900’000 terajoule[4] , risulta un aggravio fiscale di 9 centesimi per chilowattora. In fase di esportazione la tassa sull’energia viene rimborsata. Il testo della riforma prevede esplicitamente la possibilità di tassare l’energia grigia. Infatti, si propone un nuovo capoverso 2 all’articolo 130 della Costituzione federale dal seguente tenore: “Al fine di evitare distorsioni considerevoli della concorrenza, la legge può prevedere un’imposta sull’energia grigia”. 3.3. Il carico fiscale per ciascun carburante Il prezzo della corrente generata attraverso energia nucleare sale a 27 centesimi per chilowattora. Infine il rincaro di ciascun carburante viene calcolato sulla base dell’efficienza (nel caso di energia nucleare) o del potere calorifico (per combustibili fossili e carburanti)[5]. 5. La tassa sull’energia: incentivi efficaci per il consumo di energia rinnovabile ed investimenti nell’efficienza energetica Il carico fiscale di ciascun carburante con una tassa di 9 centesimi di franchi per chilowattora di energia primaria è visibile nella Tabella 3 sopra indicata. 3.4. La riscossione al momento dell’importazione L’energia incorporata (cosiddetta “energia grigia” [6]) viene tassata al momento dell’importazione. Dal momento che in La specifica tassazione dell’energia grigia ha senso soltanto nel caso dell’importazione. Infatti, l’energia grigia delle merci prodotte in Svizzera viene già tassata dall’ordinaria tassa sull’energia. Il testo della riforma prevede, inoltre, che l’imposta sull’energia sarà rimborsata al momento dell’esportazione. Ciò include pertanto il rimborso della tassa sull’energia grigia. 5.1. I principi di base della tassa sull’energia Il prelievo della tassa in fase d’importazione sgrava i produttori, specialmente le piccole-medie imprese. L’obiettivo dell’imposta sull’energia è quello di ridurre l’utilizzo di energia non rinnovabile durante il consumo e la produzione di beni e servizi. I principi di base sono qui di seguito sintetizzati: ◆ viene tassata la quantità complessiva di energia non rinnovabile utilizzata dalle imprese durante la produzione, così come dagli abitanti durante il consumo; 5 6 Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2014 ◆ il carico fiscale si applica direttamente al proprio consumo e indirettamente al consumo di energia grigia incorporata in beni e servizi acquistati; ◆ l’imposta è riscossa per ogni chilowattora di energia primaria durante l’importazione e l’importo sarà rimborsato durante l’esportazione; ◆ durante l’importazione di beni può essere riscossa un’imposta sull’energia grigia incorporata nel prodotto. Durante l’esportazione di merci avviene in modo analogo un rimborso della tassa sull’energia grigia in esse contenuta. Come l’IVA, l’imposta sull’energia ha il vantaggio che i risparmi non sono tassati. Al contrario dell’IVA, tuttavia, la tassa grava su coloro che investono nell’energia non rinnovabile, compresa quella grigia. 5.2. I minori oneri per le imprese Come l’IVA, la tassa sull’energia causa nel complesso un aumento dei prezzi e quindi una diminuzione della domanda a livello macroeconomico. L’onere fiscale complessivo per l’economia resta – come già indicato – invariato. A differenza dell’IVA, però, soltanto una parte della tassa sull’energia pesa sulle imprese. Così, per esempio, la percentuale di consumo domestico all’interno di quello totale di energia (escluso il trasporto) ammonta a circa il 30%, di cui poco più della metà è consumo di energia non rinnovabile. Ciò significa che una parte sostanziale della nuova tassa sull’energia grava sul consumo diretto domestico. Ne consegue che, per effetto della riforma, il carico fiscale delle imprese in media diminuisce. Per effetto del minor carico fiscale, i prezzi dei beni di consumo, Tabella 4: Riscossione e onere della tassa sull’energia dei beni strumentali e dei servizi generalmente si abbassano e, di conseguenza, la loro richiesta aumenta. 5.3. Le variazioni di prezzo per i consumatori I prezzi più alti dell’energia non rinnovabile vengono compensati con l’abolizione dell’IVA. La riforma fiscale ecologica si traduce per i consumatori in un cambiamento dei prezzi (relativi). Sui consumatori, infatti, graverà maggiormente la tassa sull’energia non rinnovabile. Tuttavia, eliminando l’IVA, beni e servizi, così come l’energia rinnovabile, saranno più a buon mercato. Il comportamento sostenibile sarà in questo modo premiato. 5.4. Un incentivo ad investire nell’efficienza energetica Con l’imposta sull’energia le energie rinnovabili diventano maggiormente convenienti rispetto a quelle non rinnovabili. Produttori e consumatori possono quindi ridurre il loro carico fiscale attraverso un maggior consumo di energie rinnovabili. Inoltre, con la riforma finanziaria ecologica, gli investimenti e l’innovazione nell’efficienza energetica e nella sostituzione delle fonti energetiche non rinnovabili diventano finanziariamente interessanti per due motivi: ◆ eliminando l’IVA il valore aggiunto ottenuto attraverso gli investimenti non sarà più tassato; ◆ investendo nell’efficienza energetica ci saranno maggiori risparmi dovuti al minor consumo di energia; ◆ allo stesso tempo il carico fiscale potrà essere ridotto attraverso l’imposta sull’energia. Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2014 Tabella 5: Rincaro sul consumo di energia prodotto dalla nuova tassa sull’energia nell’anno 2010 (simulazione in mia. fr.) Combustibili derivanti dal petrolio Propellenti Gas Carbone Nucleare Energia non rinnovabile totale Economie domestiche 2.9 1.2 0.0 1.7 5.9 Industrie 0.8 0.9 0.1 1.8 3.6 Servizi 1.2 0.6 1.6 3.4 0.0 0.3 7.6 0.2 0.1 0.3 5.5 20.8 Trasporto 7.3 Agricoltura e differenza 0.0 Totale 4.9 7.3 Con la riforma fiscale ecologica il rapporto tra ricavi marginali e costi marginali degli investimenti aumenta, soprattutto nel caso degli investimenti nel campo dell’efficienza energetica e quelli che puntano maggiormente sull’uso delle energie rinnovabili. Si presume pertanto che il passaggio dall’IVA alla tassa sull’energia abbia effetti positivi sugli investimenti in Svizzera. 2.9 0.2 Elenco delle fonti fotografiche: http://www.improntaunika.it/wp-content/uploads/2012/04/rinnovabili_lampadina_prato-400x300.jpg [25.07.2014] 5.5. L’aumento della produzione di energia rinnovabile e la riduzione della dipendenza dall’estero Lo sgravio dell’energia rinnovabile fa sì che questa abbia un chiaro vantaggio competitivo e che la sua produzione sia stimolata. La domanda di energia rinnovabile crescerà e ci si può aspettare che l’energia rinnovabile prodotta in patria e all’estero, nonché quella consumata all’interno del Paese aumenti significativamente e velocemente. Insieme ad un’accresciuta efficienza energetica, la produzione di energia da fonti rinnovabili potrà diventare così elevata e non sarà più necessario sostituire le centrali nucleari svizzere in fase di spegnimento nei prossimi decenni con delle nuove. Il consumo ridotto di energia e la simultanea espansione della produzione di energia rinnovabile in patria e all’estero faranno sì che la Svizzera possa diventare sempre meno dipendente dall’importazione di petrolio e gas, rispettivamente che possa così evitare di esportare una quota significativa di ricchezza agli Stati che detengono il monopolio di petrolio e uranio. [1] Si veda l’iter, nonché il testo dell’iniziativa popolare federale al seguente link: http://www.admin. ch/ch/i/pore/vi/vis409.html [25.07.2014]. [2] Si osserva infatti che i costi del personale e gli interessi sugli investimenti non sono deducibili ai fini dell’IVA. [3] Viene definita energia primaria l’energia che è a disposizione attraverso fonti di energia naturali, per esempio in forma di carbone, gas, uranio o vento. Nel caso in cui queste forme di energia siano trasformate, si parla di energia secondaria o di carburante. Questo processo di trasformazione comporta generalmente una perdita di energia. [4] Il joule (simbolo: J), è un’unità di misura derivata del Sistema internazionale. Il joule è l’unità di misura dell’energia, del lavoro e del calore (per quest’ultimo è spesso usata anche la caloria). Il terajoule (TJ) equivale a 1’000’000’000’000 di joule. [5] Il potere calorifico è la massima quantità di calore utilizzabile durante la combustione di carburanti o combustibili. [6] Con energia grigia si definisce la quantità di energia necessaria per produzione, trasporto, stoccaggio, vendita e smaltimento di un prodotto. È energia grigia anche tutta quella che è già stata inserita in un apparecchio, senza che questo venga messo in funzione. 7 8 Politica fiscale Sostituire l’IVA con una tassa sull’energia: un’idea pericolosa per le famiglie e lo Stato Marco Romano Consigliere nazionale PPD TI Gli obiettivi perseguiti dall’iniziativa popolare federale “Imposta sull’energia invece dell’IVA” sono giustificabili. Tuttavia l’iniziativa non costituisce una soluzione politicamente ragionevole a causa delle numerose incognite legate alla sua implementazione, agli squilibri considerevoli nei conti dello Stato e alle incidenze finanziarie sulle economie domestiche 1. Introduzione Nel dicembre 2012 è stata depositata dal Partito dei Verdi Liberali l’iniziativa popolare federale denominata “Imposta sull’energia invece dell’IVA” che chiede l’introduzione di una nuova tassa su tutte le energie non rinnovabili[1]. I maggiori costi causati a cittadini e aziende da questo nuovo prelievo fiscale dovranno essere, come dice il titolo dell’iniziativa, compensati con la soppressione dell’imposta sul valore aggiunto (di seguito IVA). Nel messaggio licenziato il 20 novembre 2013, il Consiglio federale, pur dichiarando di condividere “l’impostazione dell’iniziativa per quanto riguarda la politica energetica e climatica”[2], invita le Camere federali a respingere globalmente la proposta. Se da un lato gli obiettivi perseguiti dagli iniziativisti vanno nella stessa direzione di quelli definiti nella strategia energetica 2050 del Governo, dall’altro non mancano le insidie e le perplessità legate soprattutto alla soppressione dell’IVA e ai maggiori costi per le aziende e i privati causati della nuova tassa sull’energia. Il Consiglio federale ha comunque nel frattempo incaricato l’Amministrazione federale di elaborare scenari per una progressiva sostituzione degli strumenti d’incentivazione per le energie rinnovabili e l’efficienza energetica con l’introduzione di una nuova tassa sull’energia. Si pensa in particolare di sostituire il Programma edifici e il fondo d’incentivo per la posa di pannelli solari. In attesa di conoscere i risultati di questo progetto, che saranno disponibili nel corso del 2014, si delineano già diversi elementi che mostrano come la soluzione proposta dai Verdi Liberali non sia percorribile né per lo Stato, né tantomeno per i cittadini. 2. L’iniziativa popolare federale “Imposta sull’energia invece dell’IVA” L’IVA è un’imposta generale che tocca il consumo. Approvata in votazione popolare il 28 novembre 1993, è entrata in vigore nel 1995 in sostituzione dell’imposta sulla cifra d’affari (ICA). A grandi linee, il sistema elvetico dell’IVA si allinea a quelli in vigore negli Stati dell’Unione europea, fatta eccezione per il tasso d’imposizione nettamente più basso nel confronto internazionale[3]. Il principio alla base dell’IVA si rivela oggi lungimirante per più ragioni. In primo luogo, per il suo carattere semplice: l’IVA è riscossa da ogni azienda e lungo tutto il processo produttivo. Secondariamente è neutrale: l’IVA a differenza delle imposte indirette tradizionali evita un’imposizione “a cascata” per le attività che si succedono in una filiera economica o commerciale. Inoltre, l’IVA tocca le economie domestiche e le famiglie in relazione al loro consumo; ovvero fa in modo che siano unicamente i consumatori, e non le aziende, a sopportarne i costi. I risultati di studi empirici lo confermano[4]. Nel periodo compreso tra il 2006 e il 2009, le economie domestiche elvetiche hanno consacrato fra il 4.84% (per i redditi più bassi) e il 3.30% (per quelli più elevati) del loro reddito all’IVA[5]. Il carico diminuisce proporzionalmente con l’aumentare del reddito. Si può quindi affermare che l’IVA ha degli effetti leggermente regressivi sul reddito delle economie domestiche. Infine, nel dibattito sulla proposta dei Verdi Liberali, è importante focalizzare l’attenzione sul ruolo significativo e primario dell’IVA per i conti della Confederazione. Nel 2011, l’IVA ha portato nelle casse federali entrate per 21.7 miliardi di franchi. Essa rappresenta in media ogni anno fra il 35 e il 38% degli introiti fiscali e serve principalmente alla copertura delle spese generali sostenute dalla Confederazione[6]. 3. Promuovere un consumo energetico responsabile Nel contesto attuale – dove le questioni ambientali sono al vertice dell’agenda politica e dove è urgente pianificare l’approvvigionamento energetico futuro – gli obiettivi perseguiti dall’iniziativa popolare federale sono più che giustificabili. Gli iniziativisti vogliono promuovere un consumo energetico responsabile e incrementare il ricorso alle energie rinnovabili, così da renderle redditizie. L’utilizzo di energie fossili deve parimenti divenire costoso e di conseguenza essere disincentivato; Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2014 lo spreco, a causa dell’alto costo, dovrebbe essere notevolmente ridimensionato. Proponendo di tassare anche l’energia grigia[7] , l’iniziativa si spinge inoltre in una realtà oggi troppo spesso negletta dalle decisioni politiche. Secondo le valutazioni dei promotori, quest’iniziativa porterà nuovi posti di lavoro nella ricerca e nello sviluppo delle fonti di energia rinnovabile e renderà più rapida l’introduzione di nuove tecnologie meno inquinanti, ad esempio nel settore degli edifici e nei processi industriali. Il suo prezzo elevato dovrebbe incitare i consumatori ad investire nell’efficienza energetica e nell’utilizzo di nuove energie pulite. Grazie alla nuova tassa sull’energia, la Svizzera compierebbe un passo importante nella riduzione globale di emissioni di CO2. Le intenzioni degli iniziativisti sono lodevoli, ma nel giudizio della proposta è necessario ponderare attentamente tutti i risvolti diretti ed indiretti. La soppressione dell’IVA è il principale elemento critico che ha risvolti sull’intero sistema economico e incide direttamente sul funzionamento dello Stato. Il meccanismo di compensazione delle entrate, previsto dagli introiti della tassa sull’energia, va valutato criticamente. 4. Le conseguenze e gli aspetti problematici di una tassa sull’energia in sostituzione dell’IVA Parlare di una tassa sull’energia in termini generali è uno stimolo al dibattito politico. Definirne il contorno e i contenuti tecnico-giuridici è ben più difficile, soprattutto nel complesso funzionamento odierno del finanziamento degli enti pubblici nel sistema federalista e democratico svizzero. L’iniziativa propone un’imposizione, con effetto dissuadente, per le fonti energetiche non rinnovabili, sostanzialmente il petrolio, il gas naturale, il carbone e l’uranio. La nuova tassa sull’energia porterebbe quindi all’aumento del prezzo di questi vettori fossili, come ad esempio la benzina. Dall’altra parte, l'iniziativa prevede di esonerare in maniera totale le fonti rinnovabili che di conseguenza sarebbero incentivate. La tassa – la cui compatibilità con gli accordi internazionali sottoscritti dalla Svizzera è tutta da dimostrare – verrebbe riscossa dalle autorità doganali al momento dell’importazione. In futuro potrebbe poi essere prelevata anche sulla produzione indigena. La difficile, se non impossibile, compatibilità della proposta con il diritto internazionale rischia evidentemente di rendere complicate le condizioni di accesso al mercato energetico estero per gli esportatori elvetici. Anche il prezzo della produzione di energia elettrica subirebbe un aumento: il prelievo della tassa al momento dell’importazione di gas naturale o di uranio avrebbe come conseguenza un incremento diretto del prezzo dell’energia elettrica prodotta dagli impianti di cogenerazione e dalle centrali nucleari locali. Teoricamente una tassa sull’energia dovrebbe stimolare l’economia, rendendo attrattivi gli investimenti nelle nuove tecnologie con l’obiettivo di risparmiare energia. Schematizzare e valutare concretamente tali impulsi economici resta tuttavia molto complicato. Ad oggi è impossibile quantificare i minori, rispettivamente maggiori, introiti fiscali. La proposta di sostituire l’IVA con la nuova tassa sull’energia genera quindi nell’immediato un significativo ammanco e, a corto termine, un’enorme incertezza per il bilancio finanziario della Confederazione. Un rapido cambiamento del contesto economico rischierebbe di provocare degli squilibri considerevoli nei conti dello Stato. A rischio vi è il funzionamento medesimo della macchina statale federale che, nel sistema federalista elvetico, comporta immediate ripercussioni anche su Cantoni e Comuni. 5. Un tasso costantemente al rialzo L’iniziativa popolare federale prevede di fissare un tasso in base al chilowattora di energia primaria consumata, affinché l’introito corrisponda ad una percentuale determinata del Prodotto Interno Lordo. A sua volta questa percentuale dovrà corrispondere al prodotto medio dell’IVA nei cinque anni precedenti la sua soppressione. Il montante della tassa sull’energia verrebbe quindi calcolato unicamente sul prodotto dell’IVA e assolutamente non in funzione degli obiettivi energetici e climatici della Svizzera. L’incertezza è ampia. I potenziali effetti di un ripensamento così radicale del sistema fiscale sono stati oggetto solo di stime approssimative[8]. I risultati indicano che in caso di accettazione dell’iniziativa – considerate le reazioni del mercato elettrico in relazione al livello della domanda – risulterebbe necessario aumentare fortemente l’aliquota della tassa per generare gli introiti necessari a garantire l’equilibrio finanziario dello Stato. Per coprire i bisogni reali di finanziamento – stimati a circa 23 miliardi di franchi nel 2020 – la tassa sull’energia dovrebbe avvicinarsi a 33 centesimi per chilowattora, equivalente a 3.30 franchi per ogni litro di olio da riscaldamento e a 3.00 franchi per litro di benzina. L’incidenza sulle economie domestiche con un reddito modesto, così come per le famiglie sarebbe notevole, sproporzionata e politicamente irresponsabile. Questo malgrado siano sgravate dai costi dell’IVA. Politicamente risulta oggi da un punto di vista sociale, molto difficile legittimare un progetto che porterebbe il costo di un litro di benzina a 4.90 franchi e di un chilowattora a 50 centesimi. A titolo di esempio, per un’economia domestica si tratterebbe di un aumento annuo della fattura per l’elettricità di 1’300 franchi e di 2’800 franchi per la benzina. L’IVA incide inoltre meno sui redditi modesti rispetto a quanto farebbe una tassa sull’energia. Siccome l’IVA poggia su un’ampia base imponibile il contributo di ognuno rimane limitato, in particolare quello delle economie domestiche a basso reddito. L’imponibile della tassa sull’energia sarebbe invece talmente ridotto che ne conseguirebbe un’incidenza più elevata. La nuova tassa proposta si presenta come un’imposta speciale sulla consumazione a carattere incitativo con lo scopo primario di influenzare il comportamento dei consumatori. A causa 9 10 Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2014 del suo obiettivo fiscale – finanziare le prestazioni dello Stato nella stessa misura dell’IVA – non possiamo però più parlare di una tassa d’incentivazione. La messa in pratica della tassa sull’energia risulta complessa e rischia di costare molto cara alla collettività e alle aziende. Elenco delle fonti fotografiche: http://cdn2.www.greenstyle.it/wp-content/uploads/2013/11/energie_ rinnovabili.jpg [25.07.2014] http://www.panorama.it/images/c/a/carbon-tax/9026221-1/carbontax_h_partb.jpg [25.07.2014] 6. La tassa sull’energia non è una buona soluzione Considerati gli elementi esposti, la notevole incertezza nella concretizzazione pratica della proposta, l’incertezza sugli effettivi risvolti di politica energetica, risulta evidente che la tassa sull’energia, in sostituzione dell’IVA, non rappresenta una soluzione politicamente ragionevole. Le finanze dello Stato non possono dipendere da una tassa che si vuole incitativa, ma che di fatto non lo è. Non è sostenibile né per la collettività, né per i singoli cittadini. Con l’introduzione di una tassa sull’energia risulterebbe necessario aumentare il prelievo fiscale globale per garantire il budget dello Stato. La crescita negli anni sarebbe incessante. Abolendo l’IVA si andrebbe a sopprimere la principale fonte d’entrate per la Confederazione. Un passo rischioso poiché l’IVA, in considerazione delle sue caratteristiche (quali l’efficacia, la semplicità e la trasparenza), si rivela nel suo complesso vantaggiosa quale complemento dell’imposta generale progressiva sul reddito. [1] Si veda l’iter, nonché il testo dell’iniziativa popolare federale al seguente link: http://www.admin. ch/ch/i/pore/vi/vis409.html [25.07.2014]. [2] Consiglio federale, Messaggio concernente l’iniziativa popolare “Imposta sull’energia invece dell’IVA”, n. 13.095, del 20 novembre 2013, in: Foglio federale 2013 7747, pagina 7748. [3] Il tasso d’imposizione iniziale del 6.5% è stato aumentato nel 1999 al 7.5% (come previsto già in origine) per finanziare l’assicurazione vecchiaia e superstiti (AVS). È poi passato al 7.6% nel 2001 per sostenere i grandi progetti ferroviari e nel 2011 all’8% per finanziare l’assicurazione invalidità. Un’aliquota inferiore, del 2.5% nel 2011, (del 2% nel 1995) è applicata ai beni di prima necessità. Un tasso speciale del 3.8% (3% nel 1996) concer- ne il settore alberghiero. I settori della sanità, del sociale, della formazione, della cultura, i prodotti finanziari, le transazioni di beni mobili, così come l’affitto d’immobili non sono soggetti all'IVA. [4] Mottu Eric, Progressivité de l’impôt fédéral direct et de la TVA en Suisse, in: Swiss Journal of Economics and Statistics (SJES), 01/1997, 133 (IV), pagine 709-740. [5] Consiglio federale, op. cit., pagina 7765, Tabella 4. [6] Amministrazione federale delle contribuzioni, Divisione Basi Fiscali, Il sistema fiscale svizzero, 11° edizione, Berna 2013, pagine 12 e 45, in: http:// w w w.estv.admin.ch/dokumentation/00079/ 00080/00746/index.html?lang=it [25.07.2014]. [7] L’energia grigia è la quantità di energia necessaria al ciclo di vita di una materia o di un prodotto: la produzione, l’estrazione, la trasformazione, la fabbricazione, il trasporto, la messa in funzione, l’utilizzo, la manutenzione e infine lo smaltimento. Questa conoscenza può informare o guidare il consumatore nelle sue scelte, con l’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale. [8] Ecoplan, Volkswirtschaftliche Auswirkungen einer ökologischen Steuerreform. Analyse mit einem berechenbaren Gleichgewichtsmodell für die Schweiz, Bericht zuhanden des Bundesamts für Energie (BFE), der Eidgenössischen Steuerverwaltung (ESTV) und der Eidgenössischen Finanzverwaltung (EFV), Berna 2012, in: http://www.efd.admin.ch/ dokumentation/zahlen/00578/02635/index. html?lang=de [25.07.2014]. Politica fiscale L’iniziativa “Imposta sull’energia invece dell’IVA”: un’idea buona soltanto in apparenza Sandra Daguet Dr. rer. pol., economista, Amministrazione federale delle finanze Nonostante l’obiettivo dell’iniziativa popolare federale depositata dai Verdi Liberali di voler tassare le energie non rinnovabili sia lodevole, i suoi svantaggi la rendono poco realistica e inapplicabile Attualmente un’iniziativa popolare federale e un progetto del Consiglio federale mirano a potenziare la produzione di energia da fonti rinnovabili e a ridurre le emissioni di gas serra e il consumo energetico. Per conseguire questi obiettivi, le energie non rinnovabili saranno rincarate con tasse d’incentivazione. Il presente articolo spiega i principi economici alla base di quest’idea, illustra i due progetti ed espone i problemi derivanti dall’iniziativa. 1. Gli effetti economici di un’imposta sulle energie non rinnovabili Le esternalità rappresentano un problema non solo per l’ambiente ma anche per gli economisti, poiché nel caso di un costo esterno (inquinamento) il mercato non raggiunge il livello ottimale. Per risolvere questa problematica, essi propongono l’introduzione di tasse d’incentivazione. Tassando le energie non rinnovabili, ad esempio, il prezzo viene aumentato per dissuadere le persone dal loro utilizzo. L’obiettivo della fiscalità ecologica è, infatti, quello di creare un incentivo a livello di prezzi per ridurre i costi esterni. In questo senso si differenzia dalla fiscalità tradizionale, il cui obiettivo è conseguire entrate. Inoltre, questi due tipi di fiscalità non producono i medesimi effetti economici. 1.1. Gli effetti microeconomici Lo Stato riscuote le imposte per finanziare le prestazioni pubbliche che fornisce. Tradizionalmente l’obiettivo dell’imposta è raccogliere risorse per finanziare il bilancio dello Stato, che dovrebbe essere il più possibile neutrale rispetto alle scelte degli agenti economici (individui e imprese). La riscossione di un’imposta comporta tre tipi di effetti microeconomici per gli operatori economici: (i) un effetto di reddito, (ii) un effetto di sostituzione e (iii) una perdita di benessere a seguito di un eccesso di pressione. Martina Zahno MScE, economista, Amministrazione federale delle finanze L’effetto di reddito implica che l’imposta riduca il reddito disponibile degli individui e delle imprese. Già secondo Adam Smith (1776) l’imposta limitava la capacità dei popoli e dei Paesi di accrescere la loro ricchezza. Tuttavia, occorre considerare che le entrate derivanti dalle imposte permettono allo Stato di fornire le sue prestazioni, compensando in tal modo l’effetto di reddito. Nonostante ciò, gli agenti economici cercano di pagare il meno possibile a titolo d’imposte. Dal canto loro, le imprese cercano di trasferire l’onere dell’imposta sui consumatori (cosiddetta “traslazione dell’imposta”). Gli individui si trovano quindi a dover scegliere tra lavoro e tempo libero o tra consumo e risparmio. L’effetto di sostituzione si manifesta se un’imposta è riscossa su un solo tipo di bene. È il caso di un’imposta specifica sul consumo, ad esempio sulla margarina. Questo tipo di imposta rincara il prezzo della margarina rispetto al burro e, almeno teoricamente e a parità delle altre condizioni, determina un minore consumo di margarina e un maggiore consumo di burro. In economia questo fenomeno è noto come distorsione, nel senso che l’imposta non è neutrale dal punto di vista dell’allocazione delle risorse. Essa modifica i prezzi relativi (in questo caso della margarina e del burro) e provoca una distorsione nelle scelte degli agenti economici. Infine, le imposte provocano un eccesso di pressione, ovvero un onere fiscale che va oltre il valore monetario del pagamento. L’onere fiscale eccedente corrisponde ad una perdita netta per la società, ovvero ad una perdita di benessere. Esso riduce il surplus sia del consumatore sia del produttore e non viene compensato in maniera equivalente dalle prestazioni pubbliche. La fiscalità ecologica e quella tradizionale perseguono obiettivi diversi. La prima non mira a conseguire entrate per finanziare i conti pubblici, bensì a modificare il comportamento degli agenti economici a favore di un approccio più ecologico. Il principio fondamentale è tassare i beni inquinanti per renderli più costosi e ridurne il consumo. Lo Stato riscuote un’imposta specifica sul consumo di un bene, ad esempio sulle energie non rinnovabili, allo scopo di ridurne il consumo e i costi esterni negativi (inquinamento) che ne derivano. In questo contesto i tre effetti economici delle imposte assumono caratteristiche differenti: 11 12 Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2014 ◆ l’effetto di reddito, ad esempio, può essere evitato. Almeno teoricamente, infatti, nulla obbliga gli agenti economici ad utilizzare energie non rinnovabili. Per evitare il pagamento dell’imposta e quindi una diminuzione del loro reddito, è sufficiente che essi utilizzino beni non tassati, in questo caso le energie rinnovabili; ◆ l’effetto di sostituzione costituisce l’obiettivo stesso della fiscalità ecologica ed è dunque assolutamente voluto. Un’imposta applicata unicamente alle energie non rinnovabili è un’imposta selettiva che grava il consumo di un unico tipo di bene. In questo caso il principio di neutralità auspicato nella fiscalità tradizionale viene violato intenzionalmente; ◆infine, l’eccesso di pressione non scompare definitivamente tassando un bene inquinante, ma viene comunque ridotto. Infatti, l’imposta su un bene inquinante riduce, da un lato, il consumo del bene stesso e, dall’altro, l’inquinamento che ne deriva. La diminuzione dell’inquinamento determina un maggiore benessere per la società e riduce la perdita di benessere generata dall’eccesso di pressione. 1.2. La teoria di Pigou e le imposte efficienti Secondo la teoria dell’economista inglese Pigou, l’imposta ecologica ha l’obiettivo di diminuire l’esternalità fino al raggiungimento del cosiddetto “ottimo sociale” e di ridurre, mediante incentivi di prezzo, i danni causati all’ambiente. Per essere efficiente, l’aliquota dell’imposta deve essere uguale al costo marginale esterno valutato al livello ottimale, ovvero alla differenza tra costo marginale privato e costo marginale sociale. Un’aliquota di questo tipo permette di raggiungere il livello ottimale e di “internalizzare” le esternalità. Tuttavia, è necessario conoscere i costi e i benefici dell’inquinamento, come pure il valore delle esternalità. A livello pratico è quindi difficile determinare tale aliquota. In ragione di questa difficoltà, gli economisti Baumol e Oates[1] hanno proposto un’imposta efficiente anziché ottimale. La loro soluzione alternativa consiste in una tassazione che non si basa sui criteri dell’ottimalità richiesta dalla teoria pigouviana, ma in una tassazione a livello di uno standard predefinito. Si tratta dell’“environmental pricing and standard procedure”. Spetta ai responsabili politici scegliere il livello politicamente accettabile d’inquinamento o un determinato obiettivo, e fissare l’aliquota dell’imposta in modo da raggiungere questo livello. Per tale motivo l’imposta viene definita “efficiente”. Secondo Baumol e Oates questo tipo d’imposta rappresenta un “male minore” che si avvicina a una soluzione ottimale. In Svizzera, la tassa sul CO2 applicata ai combustibili può essere considerata un’imposta efficiente, dal momento che la sua aliquota è fissata in modo da raggiungere gli obiettivi stabiliti in una legge. 1.3. I vantaggi e i limiti di una tassa d’incentivazione rispetto ai sussidi In presenza di costi esterni, gli economisti prediligono di gran lunga le tasse d’incentivazione ai sussidi. Questi ultimi, infatti, comportano diversi svantaggi. Da un lato, provocano effetti di trascinamento, nel senso che generano uscite per investimenti, come misure di risparmio energetico, le quali sarebbero avviate anche in assenza di sussidi. D’altro lato, producono un effetto rebound, ovvero un aumento del consumo di energia a seguito di una maggiore efficienza energetica. Ad esempio, il minore consumo di un’automobile più efficiente incoraggerebbe le persone a muoversi ulteriormente, così come i bassi consumi di un edificio con un migliore isolamento termico incoraggerebbero ad aumentare la temperatura interna nei mesi invernali. Infine, i sussidi comportano costi per lo Stato, che deve concedere mezzi per il loro finanziamento. Le tasse d’incentivazione non sono colpite da questi svantaggi. In primo luogo, costituiscono strumenti di mercato più efficaci dei sussidi. Dal momento che viene pagata una tassa sull’inquinamento residuo, si è costantemente incentivati a inquinare meno. Gli incentivi di prezzo permettono di cercare continuamente nuove possibilità di ridurre i costi esterni. Inoltre, la tassa d’incentivazione indica il prezzo effettivo di un bene, dato che comprende sia i costi privati che i costi esterni. Infine, non provoca effetti di trascinamento o un effetto rebound grazie ai prezzi mantenuti bassi artificialmente. A livello d’esecuzione, le tasse d’incentivazione sono inoltre meno onerose rispetto ai sussidi e ad altre misure. Le tasse d’incentivazione hanno però dei limiti. Innanzitutto, se l’elasticità della domanda rispetto al prezzo del bene tassato è bassa, gli effetti sul comportamento degli individui saranno altrettanto lievi. Ciò si verifica soprattutto a breve termine. Se la domanda di un bene è poco elastica sarà necessario un aumento considerevole del prezzo, ovvero una tassa elevata, per provocare una diminuzione dei consumi. Ciononostante, lo svantaggio principale delle tasse d’incentivazione è rappresentato dai problemi di competitività e di ripartizione dei redditi che ne riducono l’accettazione. La questione della competitività costituisce il maggiore ostacolo all’introduzione di tasse d’incentivazione. Se uno Stato concorrente non prevede le medesime tasse sui beni inquinanti, la produzione negli Stati che le applicano diverrà più costosa. L’introduzione di esenzioni o di aliquote speciali per le imprese interessate potrebbe aiutare a contrastare queste opposizioni, ma contribuiscono anche a ridurre l’efficacia della tassa. L’altro ostacolo riguarda l’effetto sulla ripartizione dei redditi. Le tasse d’incentivazione sull’energia possiedono un carattere regressivo, nel senso che colpiscono soprattutto le economie domestiche a Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2014 basso reddito. Tuttavia, questi effetti regressivi possono essere compensati, ad esempio ridistribuendo i proventi delle tasse in maniera forfettaria. Infine, occorre segnalare che anche i sussidi influiscono sulla ripartizione dei redditi, ma i loro effetti sono meno noti. 2. L’iniziativa popolare federale dei Verdi Liberali 2.1. Cosa propone l’iniziativa “Imposta sull’energia invece dell’IVA” L’iniziativa popolare federale “Imposta sull’energia invece dell’IVA” esige la riscossione di un’imposta sull’importazione e la produzione interna di energie non rinnovabili (come il petrolio, il gas naturale, il carbone e l’uranio). Se l’energia è esportata, l’imposta viene restituita. L’iniziativa prevede la possibilità di un’imposta sull’energia grigia[2] e delle eccezioni. L’aliquota dell’imposta sull’energia è determinata in modo che il gettito dell’imposta corrisponda a una percentuale fissa del Prodotto Interno Lordo (di seguito PIL), che è determinata in modo da sostituire l’imposta sul valore aggiunto (di seguito IVA). In effetti, l’iniziativa chiede la soppressione dell’IVA dopo un periodo transitorio. Infine sono previste differenti destinazioni del gettito dell’imposta sull’energia, che corrispondono grosso modo alle attuali destinazioni dell’IVA. I Verdi Liberali propongono dunque una riforma fiscale ecologica per concretizzare la transizione energetica. La nuova imposta sull’energia deve essere uno stimolante efficace e rendere le energie rinnovabili ed i risparmi energetici vantaggiosi dal punto di vista economico. In Svizzera la produzione di CO2 e di altri gas serra deve essere ridotta. In questo modo l’iniziativa contribuisce all’uscita dal nucleare in modo compatibile con i mutamenti climatici e permette addirittura di accelerarla. Per compensare il maggior onere fiscale sul consumo energetico, i promotori dell’iniziativa vogliono sopprimere l’IVA. L’imposta sull’energia deve essere strutturata in modo da generare entrate corrispondenti agli attuali introiti dell’IVA. In questo modo il gettito dello Stato viene dunque garantito (neutralità di bilancio) e, nell’insieme, i cittadini non pagheranno di più. Gli autori dell’iniziativa sottolineano che essa rappresenta una svolta importante e innovatrice per la piazza economica e scientifica svizzera: il passaggio dell’economia svizzera alle “cleantech” produrrà progressivamente vantaggi concorrenziali e favorirà la creazione di nuovi impieghi. Con la soppressione dell’IVA i promotori dell’iniziativa vogliono inoltre sgravare le imprese: l’onere amministrativo delle piccole-medie imprese per la riscossione dell’imposta verrà ridotto. Riassumendo, secondo i promotori, verrà soppressa un’imposizione giudicata insensata nei confronti dell’innovazione e della creazione di valore. Al fine di evitare che l’imposta sull’energia causi distorsioni considerevoli della concorrenza o penalizzi le imprese nazionali rispetto a quelle straniere, i promotori dell’iniziativa prevedono sgravi per le imprese con un elevato consumo energetico ed elevate emissioni di gas serra, come esenzioni, restituzioni in caso di esportazione di energia e misure di compensazione alle frontiere. 2.2. I problemi dell’iniziativa Questa iniziativa, che di primo acchito può sembrare una buona idea, causa importanti problemi. In particolare, la soppressione dell’IVA e la determinazione dell’imposta sull’energia sulla base degli introiti dell’IVA sono molto discutibili sotto il profilo della politica finanziaria. Innanzitutto l’IVA. Con una quota alle entrate fiscali del 35% e oltre, essa rappresenta la maggiore fonte di entrate della Confederazione. Una parte dell’IVA è destinata al finanziamento di uscite particolari della Confederazione. Questa imposta contribuisce soprattutto in modo sempre più importante al finanziamento delle assicurazioni sociali. Un punto percentuale dell’IVA è destinato all’assicurazione vecchiaia e superstiti (di seguito AVS), che, in questo modo, dal 1999 al 2012, ha ricevuto 33 miliardi di franchi. Gli introiti dell’IVA coprono in media il 7.4% delle uscite annue dell’AVS. Inoltre, sono facilmente prevedibili poiché a medio termine evolvono allo stesso modo dell’insieme dell’economia. L’IVA è inoltre reputata un’imposta efficiente. Grazie alla sua ampia base imponibile e perché grava il consumo in modo quasi proporzionale, genera, secondo diversi studi, minori distorsioni che le imposte dirette come quelle sul reddito o sugli utili. Per tutte queste ragioni, l’IVA riveste un ruolo importante nel sistema fiscale della Confederazione e la sua abrogazione causerebbe incertezze per quanto concerne il finanziamento dei conti pubblici. La sostituzione dell’IVA con un’imposta sull’energia provoca grandi difficoltà per quanto concerne la determinazione dell’aliquota. Di fatto l’iniziativa prevede che il gettito dell’imposta corrisponda ad una percentuale fissa del PIL che si calcolerebbe in funzione del gettito medio dell’IVA dei cinque anni precedenti la sua soppressione. Di conseguenza l’ammontare dell’imposta sull’energia si orienta in modo esclusivo sugli introiti dell’IVA e non su un’aliquota ottimale che permetterebbe d’internalizzare i costi esterni o su un’aliquota corrispondente agli obiettivi energetici e climatici svizzeri. Poiché la base imponibile dell’imposta sull’energia è più piccola rispetto a quella dell’IVA, le sue aliquote sui combustibili e carburanti, sui combustibili nucleari e altre importazioni di corrente non rinnovabile dovrebbero essere molto alte. Per soddisfare le necessità reali di finanziamento stimate ad almeno 23 miliardi di franchi nel 2020, l’imposta sull’energia dovrebbe ammontare a circa 33 centesimi per chilowattora o a circa 3.30 franchi per litro di olio da riscaldamento nonché a circa 3.00 franchi per litro di benzina (Ecoplan 2013). Le aliquote dovrebbero inoltre essere periodicamente rialzate in proporzioni difficili da valutare perché si genererà l’effetto d’incentivazione e che le economie domestiche e le imprese consumeranno meno energie non rinnovabili. Gli effetti dell’imposta sull’energia sono difficili da valutare. Stime (Ecoplan 2013) partono tuttavia dal principio che tutte le centrali nucleari sarebbero immediatamente disattivate poiché non sarebbero più competitive e si produrrebbe una forte riduzione di gas serra. Gli obiettivi climatici ed energetici sarebbero dunque raggiunti e addirittura sorpassati in un lasso di tempo molto breve. 13 14 Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2014 Per l’economia e le economie domestiche l’iniziativa rappresenterebbe costi molto elevati. L’onere fiscale della nuova imposta sull’energia grava sulle imprese e sulle economie domestiche che utilizzano in abbondanza energie fossili. Un’imposta sull’energia comporterebbe un onere supplementare per l’economia poiché, nella concorrenza internazionale, le imprese (sia in Svizzera che nell’esportazione) non potrebbero ripercuotere questo onere sui prezzi di vendita. Le misure di compensazione alle frontiere, l’imposizione dell’energia grigia al momento dell’importazione e la restituzione dell’imposta in caso di esportazione sono difficilmente realizzabili nel quadro degli obblighi internazionali della Svizzera (Organizzazione mondiale del commercio, eccetera). Queste misure determinerebbero inoltre elevati costi amministrativi. Di conseguenza le imprese nazionali sarebbero svantaggiate rispetto alle altre. Gli altri perdenti dell’iniziativa sono le economie domestiche a basso reddito. Rispetto all’IVA, l’imposta sull’energia ha un effetto regressivo: l’onere fiscale per le economie domestiche a basso reddito è relativamente maggiore rispetto a quelle con un reddito elevato. Se l’IVA venisse integralmente sostituita da un’imposta sull’energia, le economie domestiche a basso reddito sarebbero tassate in maniera sproporzionata. Rafforzando lo sviluppo delle tasse esistenti sull’energia e sul clima bisogna fare il possibile per evitare che una ripartizione dei redditi più squilibrata vada a scapito di queste economie domestiche. 2.3. Il parere del Consiglio federale e i dibattiti parlamentari In occasione della sua seduta del 20 novembre 2013, il Consiglio federale ha deciso di raccomandare che l’iniziativa popolare venga respinta. Naturalmente, l’Esecutivo condivide il desiderio degli autori dell’iniziativa di introdurre tasse sull’energia per conseguire gli obiettivi climatici ed energetici. Nonostante lo stesso orientamento, l’iniziativa non coincide con i piani del Consiglio federale per un passaggio graduale dall’attuale sistema di promozione ad un sistema d’incentivazione nel settore del clima e dell’energia (cfr. capitolo 3). Il Governo respinge in particolare la soppressione dell’IVA e ritiene inadeguato far dipendere l’ammontare dell’imposta sull’energia dagli introiti attuali dell’IVA. Sottolinea inoltre che per garantire il finanziamento dei conti pubblici sarebbe necessaria una tassa molto elevata, la cui portata andrebbe ben oltre gli obiettivi giustificabili in termini di politica climatica ed economica. Lo scorso mese di giugno, il Consiglio degli Stati ha respinto l’iniziativa a grande maggioranza senza opporvi un controprogetto. Il Consiglio nazionale tratterà l’oggetto in occasione della sessione autunnale del 2014. Anche la sua Commissione dell’ambiente, della pianificazione del territorio e dell’energia raccomanda di respingere l’iniziativa. 3. Il progetto del Consiglio federale per un sistema d’incentivazione Il Consiglio federale non ha atteso l’iniziativa dei Verdi Liberali per riflettere sulla possibilità di progetti di fiscalità ecologica. Anche se l’idea di una riforma fiscale ecologica in senso stretto (ridistribuzione dei proventi delle tasse sull’energia a fronte di una diminuzione delle altre imposte) non è più attuale, la Confederazione ha elaborato un progetto per un sistema d’incentivazione nel settore del clima e dell’energia che prevede un passaggio graduale dall’attuale sistema di promozione ad un sistema caratterizzato da tasse d’incentivazione. Il 21 maggio 2014 il Consiglio federale ha incaricato il Dipartimento federale delle finanze (DFF) e il Dipartimento federale dell’ambiente, dei trasporti, dell’energia e delle comunicazioni (DATEC) di presentare un avamprogetto volto a concretizzare tale passaggio. Il testo sarà sottoposto al Consiglio federale all’inizio del 2015 e posto successivamente in consultazione. Questo progetto costituisce la seconda fase della “Strategia energetica 2050” e dovrebbe entrare in vigore dal 2021. La sua base consiste in un articolo costituzionale che sancisce il principio delle tasse d’incentivazione nella Costituzione federale. L’attuazione del sistema d’incentivazione, sempre che l’articolo costituzionale venga approvato in occasione della votazione popolare, prevederà diversi elementi. I programmi di promozione saranno progressivamente soppressi. Il Programma Edifici, attualmente finanziato da una parte dei proventi della tassa sul CO2 applicata ai combustibili, sarà gradualmente ridotto dal 2020. La rimunerazione a copertura dei costi per l’immissione in rete di energia elettrica (di seguito RIC), il cui scopo è promuovere lo sviluppo delle energie rinnovabili, in un primo tempo sarà ottimizzata affinché ci si avvicini alle esigenze del mercato e si raggiungano gli obiettivi nazionali di sviluppo delle energie rinnovabili. Il 2030 rappresenterà il termine ultimo per l’accettazione delle richieste RIC. L’attuale tassa sul CO2 applicata ai combustibili viene mantenuta e sarà progressivamente aumentata. Una tassa sul CO2 applicata ai carburanti sarà introdotta se riuscirà ad ottenere un ampio consenso politico. La sua aliquota terrà conto delle tasse esistenti sulla benzina e sulla mobilità e degli effetti delle tasse sul turismo del pieno. Per ridurre il consumo di elettricità, l’attuale supplemento sui costi di trasporto delle reti ad alta tensione, destinato al finanziamento della RIC, sarà trasformato in una tassa d’incentivazione sull’elettricità. Le tasse moderate che verranno proposte nel quadro del progetto del Consiglio federale non consentiranno di perseguire tutti gli obiettivi nel settore del clima e dell’energia, soprattutto lo sviluppo delle energie rinnovabili. Per questo motivo sarà necessaria la combinazione di tasse e misure come le prescrizioni sulle emissioni o la promozione limitata nel tempo delle energie rinnovabili. Si Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2014 Tabella 1: Confronto tra l’iniziativa dei Verdi Liberali e il progetto del Consiglio federale Iniziativa dei Verdi Liberali: "Imposta sull’energia invece dell’IVA" Progetto del Consiglio federale: "Sistema d’incentivazione nel settore del clima e dell’energia" Obiettivi – Ridurre le emissioni di CO2 e il consumo di energie non rinnovabili – Promuovere l’impiego di energie rinnovabili e l’efficienza energetica – Ridurre le emissioni di CO2 – Ridurre il consumo di energia – Promuovere l’impiego di energie rinnovabili e l’efficienza energetica Base imponibile Energie non rinnovabili (petrolio, gas naturale, carbone, uranio) –CO2 (combustibili ed ev. carburanti) – Consumo di energia elettrica (tassazione uniforme o differenziata) Determinazione dell’aliquota In modo da sostituire le entrate dell’IVA (le stime prevedono un’aliquota molto elevata) In modo da conseguire gli obiettivi climatici ed energetici (aliquote incentivanti ma moderate) Ridistribuzione dei proventi A favore dei conti pubblici (sostituzione dell’IVA) Ridistribuzione alla popolazione (forfettaria) e all’economia (in funzione della massa salariale, con un limite massimo) Attuazione Cinque anni dall’approvazione dell’iniziativa Progressivamente dal 2021 tratta dunque di un’interazione fra strumenti prevalentemente dell’economia di mercato e misure integrative, in particolare nella fase di transizione. Per quanto riguarda le tasse d’incentivazione, saranno previste deroghe per le imprese con un elevato consumo energetico ed elevate emissioni di CO2. I proventi di tutte queste tasse saranno interamente ridistribuiti alla popolazione e all’economia dopo un periodo transitorio in cui una parte delle entrate finanzierà gli ultimi strumenti di promozione a favore degli edifici e della RIC. Infine, i compiti finanziati da imposte a destinazione vincolata come l’imposta sugli oli minerali o la tassa sul traffico pesante saranno compensati. La Tabella 1 sopra indicata riassume le principali differenze tra l’iniziativa dei Verdi Liberali e il progetto del Consiglio federale. Per maggiori informazioni: Baur Martin/Himmel Margit, Ökologische Steuerreform: Pläne des Bundesrates für eine zweite Phase der Energiestrategie 2050, Die Volkswirtschaft, 112012, in: http://www.efv.admin.ch/d/downloads/finanzpolitik_grundlagen/els/06_Baur_d.pdf [25.07.2014] Daguet Sandra, Payer pour polluer? La fiscalité écologique en Suisse, Editions PPUR, Collection Le savoir suisse, Losanna 2014 Dipartimento federale delle finanze, Rapporto “Passaggio dal sistema di promozione (basato soprattutto su sussidi) a un sistema di incentivazione (basato sulla fiscalità)”: varianti per un sistema di incentivazione nel settore dell’energia, disponibile in italiano, tedesco e francese, Berna 2013, in: http:// www.efv.admin.ch/i/downloads/finanzpolitik_grundlagen/els/Grundlagenbericht%20ELS_2013__i.pdf [25.07.2014] Ecoplan, Volkswirtschaftliche Auswirkungen einer ökologischen Steuerreform. Analyse mit einem berechenbaren Gleichgewichtsmodell für die Schweiz, Bericht zuhanden des Bundesamts für Energie (BFE), der Eidgenössischen Steuerverwaltung (ESTV) und der Eidgenössischen Finanzverwaltung (EFV), Berna 2012, in: http://www.efd.admin.ch/dokumentation/ zahlen/00578/02635/index.html?lang=de [25.07.2014] Ecoplan, Volksinitiative "Energie- statt Mehrwertsteuer". Höhe der Energiesteuer und die Reaktion auf der Stromproduktions- und Energienachfrageseite. Kurzbericht zuhanden der Eidgenössischen Finanzverwaltung, Berna 2013, in: http://www.news.admin.ch/NSBSubscriber/message/ attachments/33609.pdf [25.07.2014] Elenco delle fonti fotografiche: ht tp://w w w.p erdotempo.it/resources/uploade d/r innov abili . gif [25.07.2014] http://www.evertrust.ch/wp-content/uploads/2013/07/img-project2.jpg [25.07.2014] [1] Baumol William J./Oates Wallace E., The Theory of Environmental Policy, 2nd Edition, Cambridge University Press, Cambridge 1988, Capitolo 11. [2] L’energia grigia corrisponde alla somma di tutta l’energia utilizzata nell’intero ciclo di vita di un prodotto, dalla fase della sua concezione al suo smaltimento o distruzione. 15 16 Diritto tributario svizzero Per una sensata attuazione delle Raccomandazioni GAFI 2012 Francesco Naef Avvocato e notaio Partner CSNLAW® studio legale e notarile, Lugano La proposta alternativa del Consiglio nazionale è GAFIcompatibile 1. Le Raccomandazioni del GAFI e la Svizzera 1.1. Il GAFI Il Gruppo d’Azione Finanziaria Internazionale (di seguito GAFI) è un organismo intergovernativo di esperti fondato nel 1989 su iniziativa dei Paesi del G7 col mandato di sviluppare strategie di lotta contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo[1]. Conta 36 membri, tra i quali i principali centri finanziari inclusa la Svizzera, e la sua Assemblea plenaria prende le decisioni per consenso[2]: il consenso si ritiene raggiunto se nessuno solleva formale obiezione contro la decisione[3]. L’Assemblea plenaria del GAFI ha adottato 40 Raccomandazioni quali standards minimi per la lotta al riciclaggio di denaro. Queste Raccomandazioni, come tutte le raccomandazioni internazionali, non costituiscono diritto internazionale vincolante (si tratta del cosiddetto “Soft Law”)[4]. Si è talvolta sostenuto che una raccomandazione internazionale possa acquisire indirettamente un carattere giuridicamente vincolante in virtù del principio della buona fede, per quello Stato che ha votato a favore della raccomandazione stessa[5]. L’esistenza di tale effetto del principio di buona fede è però generalmente contestata[6]: da tale principio può tutt’al più sgorgare l’obbligo per uno Stato di prendere in considerazione norme di Soft Law e di dichiarare esplicitamente e giustificare perché non può dare seguito ad una raccomandazione, pur avendola precedentemente votata[7]. Per promuovere l’attuazione delle sue Raccomandazioni, il GAFI valuta periodicamente la loro attuazione da parte degli Stati membri e non membri; il corrispondente rapporto sul Paese esaminato, una volta adottato dall’Assemblea plenaria del GAFI, viene pubblicato. Questo processo di valutazione può indirettamente costituire un mezzo di pressione tramite la tecnica denominata “Name and Shame”: Paesi e territori non cooperativi possono essere inseriti in una “lista nera”, con il risultato che, conformemente alla Raccomandazione n. 19, gli Michele Clerici Esperto fiscale dipl. fed. Direttore Guardian SA Società fiduciaria, Lugano intermediari finanziari saranno tenuti ad obblighi di diligenza accresciuti nelle transazioni con i Paesi elencati[8]. L’importanza di questo mezzo di pressione non deve però essere sopravvalutata. In realtà, l’inserimento in una tale lista avviene solo dopo uno speciale ed ulteriore processo di valutazione (cioè, non nell’ambito del normale processo di valutazione periodica dei Paesi) e solo per quegli Stati con una serie di gravi carenze in materia di lotta antiriciclaggio (Paesi con cosiddette “défaillances stratégiques”)[9]. Tant’è che al momento vi figurano unicamente Iran, Corea del Nord, Algeria, Ecuador, Indonesia e Myanmar [10]. Come tutti gli altri Paesi membri del GAFI, la Svizzera ha approvato nell’ambito dell’Assemblea plenaria le Raccomandazioni rivedute nel 2012[11]. 1.2. Le pertinenti Raccomandazioni 2012 In base alla Raccomandazione GAFI n. 3, per estendere il più possibile il campo di applicazione delle norme sul riciclaggio, tutti i reati gravi devono essere considerati possibili reati preliminari al riciclaggio di denaro[12]. Per la definizione dei reati preliminari i Paesi hanno diverse possibilità. Essi possono (i) considerare l’insieme dei reati come reati preliminari al riciclaggio di denaro (il cosiddetto approccio “all crime”), oppure (ii) definire la nozione di reato preliminare rispetto ad una soglia legata sia a una categoria di reati gravi, sia alla pena detentiva di cui è passibile il reato preliminare (il cosiddetto “metodo della Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2014 soglia”), oppure (iii) adottare un elenco di reati preliminari (il cosiddetto approccio dell’“elenco”). Una combinazione di questi approcci è anche possibile[13]. Qualunque sia l’approccio prescelto, ogni Paese deve però inserire almeno una gamma di reati in ciascuna delle categorie di reati definite nel Glossario generale. Il requisito corrispondente è il seguente: “Quelle que soit l’approche adoptée, chaque pays devrait au minimum inclure une gamme d’infractions au sein de chacune des catégories désignées d’infractions” [14]. Il Glossario si trova in allegato alle 40 Raccomandazioni e ne è parte integrante. L’elenco minimo delle categorie di reati è stato esteso ai gravi reati fiscali (connessi alle imposte dirette e indirette) nell’ambito della revisione parziale del 2012. Il testo pertinente del Glossario è il seguente: “Les infractions fiscales pénales (liées aux impôts directs et indirects)” [15]. Come per gli altri reati, il GAFI non definisce cosa si debba intendere per reati fiscali. Precisa soltanto che la categoria deve includere sia le imposte dirette sia quelle indirette. È quindi lasciato alla discrezionalità dei singoli Stati di stabilire, in conformità con il proprio diritto nazionale, come definire questi reati fiscali e quei particolari elementi costitutivi che li rendono reati gravi. L’ultimo paragrafo del Glossario è chiarissimo su questo punto: “Lorsqu’il détermine la gamme des infractions constituant des infractions sous-jacentes dans chacune des catégories énumérées ci-dessus, chaque pays peut décider, conformément à son droit interne, comment il définira ces infractions et la nature de tout élément particulier de ces infractions qui en fait des infractions graves” [16]. Infine, in base alle Raccomandazioni del GAFI, anche l’atto principale commesso all’estero deve valere quale reato preliminare per la Svizzera purché (i) costituisca reato anche nel luogo in cui è stato commesso, e (ii) costituirebbe reato preliminare secondo il diritto svizzero, qualora fosse stato commesso in Svizzera. Il requisito corrispondente è il seguente: “Les infractions sous-jacentes au blanchiment de capitaux devraient s’étendre aux actes commis dans un autre pays, qui constituent une infraction dans ce pays, et qui auraient constitué une infraction sousjacente s’ils avaient été commis sur le territoire national” [17]. 1.3. La necessità di adeguamento del diritto svizzero Praticamente tutti i reati fiscali in Svizzera prevedono una pena privativa della libertà massima fino a tre anni e sono quindi da considerarsi dei delitti e non dei crimini ai sensi dell’articolo 10 capoverso 2 del Codice penale (di seguito CP): essi non possono quindi valere come reato preliminare al riciclaggio secondo la definizione dell’articolo 305bis CP. Solo il contrabbando organizzato (articolo 14 capoverso 4 della Legge federale sul diritto penale amministrativo [di seguito DPA]) è punibile con una pena privativa della libertà fino a cinque anni, e può quindi valere quale reato preliminare al riciclaggio. Tuttavia, poiché il contrabbando organizzato riguarda unicamente il settore della fiscalità indiretta, tale norma (da sola) non appare sufficiente ad adempiere i requisiti del Glossario GAFI (“imposte dirette ed indirette”). Pertanto si rende necessario un adattamento del diritto svizzero. 2. I reati fiscali gravi secondo il vigente diritto svizzero Quali sono i gravi reati fiscali secondo il diritto vigente? Naturalmente, la frode fiscale nelle imposte dirette. Secondo l’articolo 186 della Legge federale sull’imposta federale diretta (di seguito LIFD) ed il corrispondente articolo 59 della Legge federale sull’armonizzazione delle imposte dirette dei Cantoni e dei Comuni (di seguito LAID), è punito con la detenzione o con la multa chiunque, per commettere una sottrazione d’imposta, fa uso, a scopo d’inganno, di documenti falsi. L’agire dell’autore deve perciò vertere su una delle tre diverse forme di sottrazione d’imposta previste dagli articoli 175 LIFD e 56 LAID[18]. Queste sono dunque le tre varianti del reato: 1) il contribuente che fa in modo che una tassazione sia indebitamente omessa o che una tassazione cresciuta in giudicato sia incompleta, oppure 2) colui che, obbligato a trattenere un’imposta alla fonte, intenzionalmente o per negligenza non la trattiene o la trattiene in misura insufficiente, oppure 3) colui che, intenzionalmente o per negligenza, ottiene una restituzione illecita d’imposta o un condono ingiustificato. Con la prima e la seconda variante della frode fiscale, l’autore ottiene unicamente un risparmio fiscale; al contrario, con la terza variante l’autore ottiene un concreto (ed indebito) flusso di denaro da parte delle autorità fiscali (rimborso d’imposta). Per quanto riguarda le imposte indirette, l’articolo 14 DPA punisce per truffa in materia di prestazioni e di tasse non solo colui: 1) che con il suo subdolo comportamento, fa sì che l’ente pubblico si trovi defraudato, in somma rilevante, di una tassa, un contributo o un’altra prestazione o venga a essere altrimenti pregiudicato nei suoi interessi patrimoniali (conseguendo dunque un risparmio fiscale; articolo 14 capoverso 2 DPA), ma anche 2) colui che inganna con astuzia l’amministrazione, un’altra autorità o un terzo affermando cose false o dissimulando cose vere oppure ne conferma subdolamente l’errore e in tal modo consegue indebitamente dall’ente pubblico, per sé o per un terzo, una restituzione di tasse o altre prestazioni (articolo 14 capoverso 1 DPA). Anche in tale ambito la prima variante di reato concerne un risparmio fiscale, mentre la seconda verte su di un effettivo (indebito) flusso di denaro da parte dell’amministrazione fiscale[19]. 3. Il disegno di legge del Consiglio federale ed i suoi difetti Sulla questione della qualificazione dei gravi reati fiscali come reati a monte del riciclaggio, il Consiglio federale propone due diverse soluzioni: una per le imposte dirette ed una per il settore delle imposte indirette. Per quanto riguarda le imposte dirette, viene proposto di modificare l’articolo 305bis CP in modo che, oltre ai crimini, anche la frode fiscale – in tutte le sue forme sopradescritte, sia essa tesa a conseguire un risparmio fiscale oppure un’illecita restituzione d’imposta – possa costituire reato preliminare al 17 18 Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2014 riciclaggio di denaro, se le imposte così sottratte ammontano almeno a 200’000 franchi (oppure 300’000 franchi nella versione del Consiglio degli Stati[20]) per periodo fiscale[21]. Per quanto riguarda l’imposizione indiretta, invece, si propone di estendere il campo d’applicazione dell’attuale disposizione sanzionante il contrabbando doganale (articolo 14 capoverso 4 DPA), in modo che sia applicabile anche ai reati commessi in ambito delle altre tasse e tributi indiretti federali (imposta sul valore aggiunto [di seguito IVA], dazi doganali, imposta speciale di consumo, imposte di bollo, imposta preventiva)[22]. La soluzione proposta dal Consiglio federale ingenererà però soltanto una gran confusione ed incertezza giuridica tra gli attori della piazza finanziaria. In dottrina è stato su più aspetti criticato e definito talvolta incompatibile con la concezione svizzera di Stato di diritto. Il difetto strutturale del disegno di legge del Consiglio federale è che la nuova frode o truffa fiscale si applica anche se l’autore ha conseguito unicamente un risparmio fiscale. g) h) Gli svantaggi del modello proposto possono essere così riassunti: a) la proposta nuova forma di frode o truffa fiscale qualificata non si presta ad essere reato a monte del riciclaggio: non vi è infatti alcun flusso di denaro che possa essere oggetto di atti di riciclaggio[23]; b) il progetto del Consiglio federale è viziato da un’incongruenza temporale di fondo: nel momento in cui l’intermediario finanziario si accorge di una transazione finanziaria sospetta il “reato a monte” non è stato ancora tecnicamente commesso né tantomeno ne è stata iniziata (in maniera punibile) la commissione. Unicamente dopo l’avvenuta tassazione insufficiente (ottenuta con l’uso di documenti falsi) gli averi leciti depositati sul conto del contribuente si trasformerebbero (come per magia nera!) in averi provento di reato[24]; c) l’estensione del crimine di riciclaggio al provento astratto (risparmio d’imposta) conseguito con la frode o truffa fiscale qualificata comporta necessariamente la contaminazione totale del patrimonio del contribuente: come si può localizzare tale risparmio d’imposta o di tasse in questo conto bancario del contribuente piuttosto che in quell’altro?[25]; d) il nuovo reato di truffa fiscale qualificata in materia di imposte indirette è incompatibile col principio della determinatezza del diritto penale: cosa significa “procaccia a sé o ad altri un indebito profitto di entità particolarmente considerevole”?[26]; e) sia la frode fiscale qualificata nelle imposte dirette che la truffa fiscale qualificata nelle imposte indirette possono corrispondere a comportamenti fiscalmente rilevanti particolarmente complessi e quindi difficilmente riconoscibili per il profano non esperto fiscale, soprattutto se commessi all’estero[27]; f) l’esistenza di soglie di risparmio fiscale (qualificanti il reato) differenti (300’000 franchi per le imposte dirette, rispettivamente 15’000 franchi per quelle indirette) e di differenti modelli di commissione della truffa (uso di documenti falsi per le imposte dirette, rispettivamente semplice astuzia per quelle indirette) tra le imposte dirette ed indirette rende tali soglie totalmente inutili (ai fini della riconoscibilità i) j) k) del comportamento punibile o di limitare i casi bagatella), visto che in molti casi la stessa fattispecie costituirà anche truffa fiscale qualificata alle imposte indirette (ad esempio in materia di IVA o di imposta preventiva). Ad esempio nel caso di prestazioni qualificabili come distribuzioni occulte di dividendo l’intermediario finanziario non potrà dormire sonni tranquilli, solo perché la soglia di 300’000 franchi non è raggiunta o non vi è apparentemente stato uso di documenti falsi: la medesima fattispecie potrebbe infatti costituire truffa fiscale qualificata nelle imposte indirette, che è data anche in presenza di importi molto inferiori e senza necessariamente l’uso di documenti falsi[28]; il disegno di legge del Consiglio federale comporta un’inammissibile disparità di trattamento: la stessa identica fattispecie sarà costitutiva in un Cantone (o Comune) del reato di riciclaggio, e in un altro no, a seconda delle aliquote d’imposta (cantonali e comunali) concretamente applicabili[29]; tale incertezza giuridica provocherà una valanga di comunicazioni di sospetto all’Ufficio di comunicazione in materia di riciclaggio di denaro (di seguito MROS) (come nel Regno Unito): l’intermediario finanziario sarà spinto a segnalare al MROS ogni transazione sospetta, anche senza che abbia il minimo indizio della commissione di un reato fiscale a monte, per non fare da capro espiatorio[30]; in tal modo si paralizza non solo l’attività giornaliera di banche ed intermediari finanziari, ma anche quella del Ministero pubblico che verrà sommerso dalle segnalazioni girategli dal MROS; tale valanga di comunicazioni equivarrà all’abolizione del segreto bancario per tutti, residenti in Svizzera e non, rendendo di fatto priva di oggetto l’iniziativa popolare per la tutela della sfera privata lanciata da diversi partiti politici: se gli intermediari finanziari avranno il diritto o dovere di denunciare i propri clienti anche in presenza di sospetti vaghissimi o persino privi di senso, la sfera privata sarà svuotata di ogni contenuto[31]; gli accresciuti (recte: impossibili da rispettare) doveri di diligenza degli intermediari finanziari e le relative sanzioni legate alla proposta di legge rimarranno immutati anche nell’eventuale futuro sistema di scambio automatico d’informazioni fiscali e quindi quest’ultimo non risolverà in alcun modo la grave incertezza giuridica degli intermediari finanziari[32]. 4. La proposta alternativa del Consiglio nazionale Fortunatamente, il Consiglio nazionale ha adottato il 18 giugno 2014 una proposta di alternativa su iniziativa di una minoranza della Commissione affari giuridici guidata dal Consigliere nazionale, on. Giovanni Merlini. È generalmente ammesso che il problema di fondo del fare del delitto fiscale un crimine a monte del riciclaggio (un risparmio fiscale non è localizzabile e non può essere provento di alcunché) non esiste nel caso di illecita restituzione d’imposta[33]. Ecco dunque la soluzione semplice e compatibile con i principi svizzeri dello Stato di diritto. Basta qualificare unicamente tale forma di sottrazione fiscale (l’illecita restituzione d’imposta, sia per le imposte dirette che per le imposte indirette) in modo che costituisca reato preliminare per il riciclaggio di denaro. Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2014 Secondo quanto deciso dal Consiglio nazionale il testo dell’articolo 305bis n. 1 e 1bis CP sarebbe quindi il seguente: “1 Chiunque compie un atto suscettibile di vanificare l’accertamento dell’origine, il ritrovamento o la confisca di valori patrimoniali sapendo o dovendo presumere che provengono da un crimine o da un delitto fiscale qualificato, è punito con una pena detentiva sino a tre anni o con una pena pecuniaria. 1bis Sono considerati delitto fiscale qualificato i reati di cui all’articolo 186 della Legge federale del 14 dicembre 1990 sull’imposta federale diretta e all’articolo 59 capoverso 1 primo comma della Legge federale del 14 dicembre 1990 sull’armonizzazione delle imposte dirette dei Cantoni e dei Comuni, se tali reati danno luogo a una o più restituzioni dell’imposta di ammontare superiore a 200’000 franchi per periodo fiscale.” Il Consiglio nazionale ha invece lasciato immutato l’attuale articolo 14 capoverso 4 DPA, adottando però un nuovo articolo 14 capoverso 5 DPA, dal tenore seguente: “5 Chiunque inganna l’amministrazione facendo uso di documenti falsi, alterati o contenutisticamente inesatti quali libri di commercio, bilanci, conti economici, certificati di salario o altri attestati di terzi, e in tal modo consegue per sé o per un terzo la restituzione di tasse il cui importo supera 200’000 franchi all’anno, è punito con una pena detentiva fino a cinque anni o con una pena pecuniaria.” 5. La proposta alternativa del Consiglio nazionale è GAFI-compatibile Come già menzionato ogni Paese è libero di scegliere, in base alla propria legislazione nazionale, come debbano essere definiti i reati fiscali e i singoli elementi che li qualificano come reati gravi. Nel diritto nazionale, da una frode fiscale od una truffa in materia di prestazioni e di tasse può risultare per il contribuente un semplice risparmio fiscale oppure un vero e proprio (indebito) flusso di denaro. Non si potrà quindi obiettare nulla alla Svizzera, se sceglie di qualificare come reato preliminare al riciclaggio di denaro soltanto una di tali varianti di reato fiscale conosciute dalla sua legislazione interna (quella della restituzione illecita d’imposta). Lo stesso deve valere anche in merito alla scelta dei singoli elementi che qualificano il reato grave (uso di documenti falsi e soglia di 200’000 franchi per periodo fiscale). Del resto, come richiesto dalle Raccomandazioni GAFI, il futuro delitto fiscale qualificato si applicherà sia alle imposte dirette che a quelle indirette. La soluzione proposta è dunque compatibile con le Raccomandazioni GAFI. Infatti in questo modo il diritto svizzero (i) conoscerà alcuni reati fiscali (articolo 305bis cifra 1bis CP e articolo 14 capoverso 5 DPA), (ii) che saranno applicabili sia alle imposte dirette che a quelle indirette e (iii) che costituiranno un reato preliminare al riciclaggio di denaro. Nel dibattito al Consiglio nazionale la Consigliera federale Widmer Schlumpf ha messo in dubbio che tale versione sia conforme alle Raccomandazioni GAFI, poiché non sarebbe di fatto applicabile ai reati a monte commessi all’estero; in pratica sarebbe difficile immaginare che il fisco di un Paese estero possa effettuare un rimborso d’imposta su di un conto off-shore. Tale obiezione è però fuori luogo. L’articolo 305bis capoverso 3 CP in vigore, che non viene toccato dalla revisione di legge in questione, precisa molto chiaramente che anche un reato commesso all’estero può costituire reato a monte del riciclaggio in Svizzera. Come sottolineato dallo stesso Consiglio federale nel Messaggio sull’attuazione delle Raccomandazioni GAFI, tale principio si applica anche ai delitti fiscali qualificati ai sensi del capoverso 1bis[34]. Ai sensi del diritto svizzero, vi sarà perciò riciclaggio di denaro anche nel caso in cui il reato a monte sia stato commesso in danno di un fisco estero, purché tale reato adempia gli elementi costitutivi dell’articolo 186 LIFD o dell’articolo 59 capoverso 1, prima frase LAID, abbia causato un’illecita restituzione d’imposta superiore a 200’000 franchi (o l’equivalente nella valuta estera) per periodo fiscale, ed esso costituisca reato anche nel luogo in cui è stato commesso. L’obiezione della Consigliera federale è del resto incomprensibile. Il nuovo articolo 305bis CP non presuppone di certo che sia stato effettuato un rimborso illecito d’imposta da parte del fisco di un Paese estero su un conto svizzero. Il rimborso sarà avvenuto quasi certamente sul conto del contribuente nel suo Paese; tuttavia, nel momento in cui il provento diretto della restituzione (illecita) d’imposta verrà, in un secondo tempo, trasferito su un conto in Svizzera da parte dell’autore del reato (per esempio proprio allo scopo di vanificarne il ritrovamento o la confisca) si applicherà il nuovo articolo 305bis CP. In altre parole l’agire del contribuente straniero che, tramite documenti falsi, in uno Stato estero ottiene un’illecita restituzione d’imposte di un controvalore superiore a 200’000 franchi, sarà considerato in Svizzera come reato a monte di riciclaggio ai sensi del nuovo articolo 305bis CP, purché tale atto sia considerato reato anche in detto Stato estero. Di conseguenza, se in seguito un intermediario finanziario svizzero dovesse entrare in contatto col provento diretto di un simile reato, egli sarà tenuto ad adempiere al suo obbligo di segnalazione secondo la Legge federale sul riciclaggio di denaro. Quanto sopra corrisponde al principio della doppia punibilità astratta[35] , che è conforme alle Raccomandazioni GAFI. 19 20 Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2014 6. I vantaggi della proposta alternativa del Consiglio nazionale Questo nuovo concetto di soluzione presenta numerosi vantaggi: a) non anticipa in alcun modo la revisione del diritto penale fiscale nelle imposte dirette, esattamente come il progetto del Consiglio federale; b) con l’indicazione “se tali reati danno luogo a una o più restituzioni d’imposta” si chiarisce che unicamente l’illecita restituzione d’imposta ottenuta con l’uso di documenti falsi costituisce reato a monte del riciclaggio; c) nel caso di una restituzione d’imposta vi è un concreto flusso di denaro che è il provento diretto del reato e può perciò essere oggetto di confisca ex articolo 70 CP, essendo individualizzabile. Tutto ciò sì che è compatibile col concetto svizzero di riciclaggio, che appunto intende colpire gli atti che vanificano la confisca del provento di reato; d) essendo il provento di reato individualizzabile facilmente, è così esclusa la contaminazione totale del patrimonio del contribuente; e) il reato a monte del riciclaggio sarà facilmente riconoscibile da parte dell’intermediario finanziario, anche se commesso all’estero. Basterà che l’intermediario finanziario si preoccupi di verificare, nel caso vi siano indizi di riciclaggio ai sensi dell’Ordinanza dell’Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (FINMA), i soli flussi di denaro provenienti dall’autorità fiscale; f) tale facile riconoscibilità semplificherà anche le verifiche sulla provenienza dei fondi (anche dall’estero) da parte dell’intermediario finanziario al momento dell’apertura della relazione; g) la soglia di 200’000 franchi è già stata ritenuta congrua dal Consiglio federale; h) un’analoga disposizione per le imposte indirette (articolo 14 capoverso 5 DPA proposto dal Consiglio nazionale) è indispensabile per la coerenza del sistema, per garantire che i valori soglia non siano inutili e per garantire dunque la facile riconoscibilità del reato a monte da parte dell’intermediario finanziario (ovvero medesime soglie e medesimo modello di commissione del reato, sia per le imposte dirette che per quelle indirette); i) in tal modo, la medesima fattispecie (ottenimento con documenti falsi di illecite restituzioni d’imposta per oltre 200’000 franchi) sarà costitutiva del reato a monte in qualsiasi Cantone o Comune svizzero, come impone il principio della parità di trattamento. Tale formulazione precisa delle pertinenti disposizioni penali e la corrispondente facile riconoscibilità di un’azione di rilevanza penale per gli intermediari finanziari è già stata favorevolmente accolta dagli ambienti economici[36]. È auspicabile quindi che nella prossima sessione autunnale anche il Consiglio degli Stati si allinei alla proposta del Consiglio nazionale. 7. Conclusioni: pressione estera od interna? La proposta del Consiglio federale è incoerente, inapplicabile ed inconciliabile con la concezione svizzera dello Stato di diritto. Le norme proposte dall’esecutivo non sono compatibili con l’imperativo di determinatezza della norma penale (articolo 1 CP), secondo il quale questa deve essere formulata con precisione tale per cui il cittadino sia in grado di adeguare il proprio comportamento in base a tale norma e riconoscere le conseguenze di un determinato comportamento. Nell’ambito delle relazioni contrattuali in essere, la difficoltà di riconoscimento dell’atto di rilevanza penale comporterà quindi una valanga di segnalazioni da parte degli intermediari finanziari al MROS, mentre per le nuove relazioni contrattuali l’intermediario finanziario, in caso di minimo dubbio, si vedrà sempre costretto a rinunciare all’apertura della nuova relazione. Questi aspetti negativi vengono meno nel caso della proposta alternativa approvata dal Consiglio nazionale, poiché vengono qualificati come reati preliminari al riciclaggio di denaro soltanto quei reati fiscali (rimborso illecito d’imposta) dai quali deriva un concreto flusso di denaro (e non solo un risparmio fiscale) a favore del contribuente. Nella proposta alternativa il reato preliminare, il suo provento diretto e, di conseguenza, anche l’oggetto del riciclaggio di denaro sono di facile individuazione. La proposta alternativa del Consiglio nazionale inoltre è compatibile con le Raccomandazioni GAFI. Infatti, secondo il testo esplicito del Glossario delle Raccomandazioni GAFI, i singoli Stati sono liberi di definire i reati fiscali che costituiscono reato a monte di riciclaggio. Per questo motivo la Svizzera è libera di qualificare soltanto una delle forme vigenti di reati fiscali (la restituzione illecita d’imposta) come reato a monte del riciclaggio di denaro. Se, a seguito della prossima valutazione del GAFI nel 2015 dovesse emergere che la soluzione del Consiglio nazionale non è compatibile con le Raccomandazioni 2012, ciò significherebbe che non si può fare affidamento sul chiarissimo testo di queste Raccomandazioni. Comunque, iI rischio che la Svizzera venga inserita in una lista nera a causa di questa singola non-conformità non è serio; ciò avviene infatti soltanto per quei Paesi che presentano una serie di gravi lacune nella lotta contro il riciclaggio di denaro. Ciò non è certamente il caso della Svizzera la cui legislazione, secondo il Consiglio federale, già oggi (ossia senza la revisione di legge attualmente in discussione) soddisfa in grande misura i nuovi standards[37]. Nel caso poi in cui la Svizzera venisse inserita in una lista nera e l’Assemblea federale si vedesse così costretta ad emanare una legge che viola la concezione svizzera dello Stato di diritto, Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2014 tutto ciò non sarebbe altro che una conseguenza della presa di posizione del Consiglio federale nell’ambito di un consesso internazionale. Infatti, è stato lo stesso Consiglio federale ad approvare le nuove Raccomandazioni GAFI sull’estensione del riciclaggio di denaro ai reati fiscali preliminari[38] , e così facendo ha di fatto limitato la libertà del Parlamento svizzero[39]. Più che di una pressione esercitata dall’estero in questo caso si dovrebbe quindi parlare di una pressione interna: quella esercitata dal Consiglio federale sull’Assemblea federale[40]. Alla fin fine verrebbe pertanto alla luce un problema di conflitto tra i Poteri dello Stato. Almeno per il futuro sarebbe perciò auspicabile trovare una soluzione istituzionale a questo problema, per esempio migliorando la cooperazione (articoli 166 capoverso 1 e 184 capoverso 1 della Costituzione federale) tra l’Assemblea federale e il Consiglio federale per quanto riguarda la presa di posizione della Svizzera nell’ambito dei consessi internazionali[41]. Elenco delle fonti fotografiche: http://www.parlament.ch/d/service-presse/fotogalerie/nr-saal/PublishingImages/nationalratssaal-22-g.jpg [25.07.2014] http://www.watson.ch/imgdb/0c59/Qx,D,0,0,1000,667,416,277,166,111/ 475553787770198 [25.07.2014] h t t p ://c d n . s a l z b u r g . c o m /n a c h r i c h t e n /u p l o a d s /p i c s /2 0 1 4 - 03/ bankgeheimnis-faellt-ab-2017---fuer-auslaender-41-51637598.jpg [25.07.2014] 21 22 Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2014 [1] GAFI, 20 Years of FATF Recommendations, 2010, pagina 4, in: http://issuu.com/fatf/docs/20_years_ of_recommendations/1?e=0 [25.07.2014]. [2] GAFI, FATF Mandate 2012-2020, cifra 19, in: http://www.fatf-gafi.org/media/fatf/documents/ FINAL%20FATF%20MANDATE%202012-2020.pdf [25.07.2014]; Brummer Chris, Soft Law and the Global Financial System, Cambridge 2012, pagina 96. [3] Dailler Patrick/Forteau Mathias /Pellet Alain, Droit international public, Parigi 2009, cifra 404, pagina 694; Brummer Chris, op. cit., pagina 96; Sentenza TF n. 2A.785/2006 del 23 gennaio 2008, consid. 5.3. [4] Consiglio federale, Messaggio n. 13.106 concernente l’attuazione delle Raccomandazioni del Gruppo d’azione finanziaria (GAFI) rivedute nel 2012, del 13 dicembre 2013, in: Foglio federale 2014 563, pagina 609; Dailler Patrick/Forteau Mathias/Pellet Alain, op. cit., cifra 247, pagina 416; Waldburger Robert/Fuchs Stefan, Steuerdelikte als Vortaten zur Geldwäscherei, in: IFF Forum für Steuerrecht 2014, pagina 116. [5] Besson Samantha, Droit international public – Abrégé de cours et résumés de jurisprudence, Berna 2013, pagina 247; Kokott Juliane, Soft Law Standards under Public International Law, in: International Standards and the Law, Berna 2005, pagina 35; Probabilmente in questo senso il Messaggio del Consiglio federale n. 13.106, in: Foglio federale 2014 563, pagina 609. [6] Dailler Patrick/Forteau Mathias/Pellet Alain, op. cit., cifra 247, pagina 417; Perrin Georges J., Droit international public, Zurigo 1999, pagina 478; Kolb Robert, La bonne foi en droit international public, Parigi 2000, pagine 518–519. [7] Kälin Walter/Epiney Astrid/Caroni Martina/Künzli Jörg, Völkerrecht – Eine Einführung, Berna 2010, pagina 264; Kolb Robert, op. cit., pagine 521–530; contra: Perrin Georges J., op. cit., pagina 485: “L’Etat n’étant pas lié par les recommandations, il peut n’en tenir aucun compte sans donner d’explication”. [8] Brummer Chris, op. cit., pagina 150–151. [9] Si veda il link seguente: http://www.fatf-gafi.org/ fr/themes/juridictionsahautrisqueetnoncooperatives/plus/ensavoirplussurlegroupedexamendelacooperationinternationale.html [25.07.2014]. [10] Si veda il seguente link: http://www.fatf-gafi. org/documents/documents/public-statement-june-2014.html [25.07.2014]. [11] Messaggio del Consiglio federale n. 13.106, in: Foglio federale 2014 563, pagina 609. [12] GAFI, Les Recommandations du GAFI – Normes internationales sur la lutte contre le blanchiment de capitaux et le financement du terrorisme et de la prolifération, Parigi 2012, Raccomandazione n. 3, pagina 12. [13] Ibidem, nota interpretativa della Raccomandazione n. 3, n. 2, pagina 36. [14] Ibidem, nota interpretativa della Raccomandazione n. 3, n. 4, pagina 36. [15] Ibidem, Glossario generale, pagina 121. [16] Ibidem. [17] Ibidem, nota interpretativa della Raccomandazione n. 3, n. 5, pagina 36. [18] Richner Felix/Frei Walter/Kaufmann Stefan, Handkommentar zum DBG, Zurigo 2003, N 15 ad Art. 186 LIFD. [19] Eicker Andreas/Frank Friedrich/Achermann Jonas, Verwaltungsstrafrecht und Verwaltungsstrafverfahrensrecht, Berna 2012, pagina 105. [20] Bollettino ufficiale del Consiglio degli Stati, 2014, pagina 171. [21] Messaggio del Consiglio federale n. 13.106, in: Foglio federale 2014 563, pagina 582. [22] Messaggio del Consiglio federale n. 13.106, in: Foglio federale 2014 563, pagine 582-583. [23] Waldburger Robert/Fuchs Stefan, op. cit., pagine 124–125; Naef Francesco/Clerici Michele, Steuerstraftaten als Vortaten der Geldwäscherei: Der Weg in la Terreur, in: Jusletter del 7 aprile 2014, cifre 11– 16; Baumann Florian, Geldwäscherei in Fiskalsachen – Versuch am untauglichen Objekt?, in: Geldwäscherei – Asset Recovery, 6. Schweizerische Tagung zum Wirtschaftsstrafrecht, Zurigo 2012, pagine 111– 113; Cassani Ursula, L’infraction fiscale comme crime sous-jacent au blanchiment d’argent: considérations de lege ferenda, in: SZW 2013, pagine 22–23; Oberson Xavier/Meller Emily, Infractions fiscales et blanchiment d’argent – La mise en œuvre par la Suisse de la recommandation 2012 du GAFI, in: IFF Forum für Steuerrecht 2013, pagina 175; Holenstein Daniel, Umsetzung der revidierten Empfehlungen der FATF/ GAFI: Qualifizierter Steuerbetrug soll Geldwäschereivortat werden, in: StR 2013, pagina 255; Ackermann Jürg-Beat, in: Ackermann Jürg-Beat/Heine Günter (a cura di), Wirtschaftsstrafrecht der Schweiz, Berna 2013, § 15 Geldwäschereistrafrecht, N 33. [24] Waldburger Robert/Fuchs Stefan, op. cit., pagina 131; Naef Francesco/Clerici Michele, op. cit., cifre 43–49; Livschitz Mark, Neue Geldwäschereivortaten – Untaten des Gesetzgebers?, in: Geldwäscherei – Asset Recovery, 6. Schweizerische Tagung zum Wirtschaftsstrafrecht, Zurigo 2012, pagine 89–90; Taube Tamara, Entstehung, Bedeutung und Umfang der Sorgfaltspflichten der Schweizer Banken bei der Geldwäschereiprävention im Bankenalltag, Zurigo 2013, pagina 73. [25] Waldburger Robert/Fuchs Stefan, op. cit., pagina 131; Naef Francesco/Clerici Michele, op. cit., cifre 17–22; Livschitz Mark , op. cit., pagine 88–89; Cassani Ursula, op. cit., pagina 22; Oberson Xavier/Meller Emily, op. cit., pagina 176; Baumann Florian, op. cit., pagina 132. [26] Naef Francesco/Clerici Michele, op. cit., cifre 23–25. [27] Naef Francesco/Clerici Michele, op. cit., cifre 26– 37; Livschitz Mark, op. cit., pagina 90; Taube Tamara, op. cit., pagina 73; Suter Christoph/Remund Cedric, Neue Vortaten zur Geldwäscherei im Steuerstrafrecht: welche Konsequenzen für Finanzintermediäre?, in: ASA 2013–2014, pagine 620–621; si veda anche la proposta di soluzione alternativa formulata da Waldburger Robert/Fuchs Stefan, op. cit., pagine 142–156, la quale comporta lo stesso svantaggio, perché per l’intermediario finanziario è difficilmente riconoscibile se e quando sia ipotizzabile un ricupero d’imposta in relazione ad una frode fiscale. [28] Naef Francesco/Clerici Michele, op. cit., cifre 38–42; Suter Christoph/Remund Cedric, op. cit., pagina 614. [29] Naef Francesco/Clerici Michele, op. cit., cifre 50–52. [30] Naef Francesco/Clerici Michele, op. cit., cifre 75–83; Livschitz Mark, op. cit., pagina 103; Suter Christoph/Remund Cedric, op. cit., pagina 624. [31] Naef Francesco/Clerici Michele, op. cit., cifre 84–86. [32] Suter Christoph/Remund Cedric, op. cit., pagina 627. [33] Cassani Ursula, op. cit., pagina 22; Suter Christoph/Remund Cedric, op. cit., pagina 608; Waldburger Robert/Fuchs Stefan, op. cit., pagina 120. [34] Messaggio del Consiglio federale n. 13.106, in: Foglio federale 2014 563, pagina 627. [35] DTF 136 IV 179. [36] Si veda ECONOMIESUISSE, Sessionsbericht. Dritte Woche Sommersession, 20 giugno 2014, in: http://www.economiesuisse.ch/de/PDF%20 Download%20Files/Sessionsbericht_3Sommers ession_2014.pdf [25.07.2014]. [37] Messaggio del Consiglio federale n. 13.106, in: Foglio federale 2014 563, pagina 569. [38] Secondo la “regola del consenso”, se il rappresentante della Svizzera al GAFI avesse sollevato in tale sede un’obiezione formale, le Raccomandazioni del GAFI rivedute non sarebbero state adottate. [39] Qualcosa di simile si è già verificato in passato, con l’approvazione da parte del Consiglio federale della nuova definizione dell’articolo 26 del Modello di Convezione OCSE nell’ambito dell’assistenza fiscale internazionale concernente le domande raggruppate, nonché con l’approvazione nel 2010 da parte della Svizzera degli standards OCSE nello scambio d’informazioni fiscali, in riferimento ai lavori del Global Forum sulla trasparenza e sullo scambio d’informazioni ai fini fiscali (si veda: Global Forum, Termes de référence, OCDE-Forum Mondial sur la transparence et l’échange de renseignements à des fins fiscales, Parigi 2010, in: http://www.oecd.org/fr/ sites/forummondialsurlatransparenceetlechangederenseignementsadesfinsfiscales [25.07.2014]), ciò che ha portato ad una modifica della Legge federale sull’assistenza amministrativa fiscale (LAAF), il cui contenuto è incostituzionale (si veda Naef Francesco, Verfassungswidrige Amtshilfe in Steuersachen, in: Jusletter del 2 dicembre 2013; Standard OCSE nello scambio di informazioni, LAAF e posizione della Svizzera: considerazioni critiche, in: NF 2/2014, pagina 3 e seguenti). [40] Il fatto che molti governi scelgano consapevolmente la scorciatoia delle “raccomandazioni internazionali” per aggirare i poteri di controllo e di co-decisione dei parlamenti nazionali non significa che tale modo di agire sia costituzionale: Ehrenzeller Bernhard, Legislative Gewalt und Aussenpolitik, Basilea 1993, pagina 535, nota 668. [41] Il Consiglio federale non può infatti, in riferimento alle “raccomandazioni internazionali”, limitare o vincolare i poteri che la Costituzione federale conferisce al Parlamento. Se tali raccomandazioni comportano significative limitazioni alla sovranità nazionale ed ai poteri conferiti al legislatore nazionale, il Consiglio federale deve, prima che il suo rappresentante nei consessi internazionali si esprima, coinvolgere l’Assemblea federale nel processo decisionale e di approvazione di tali raccomandazioni. Su questo punto si veda il chiarissimo pensiero, già 20 anni fa, di Ehrenzeller Bernhard, op. cit., pagina 535. Sul tema si veda anche Seiler Hansjörg, Gewaltenteilung, Berna 1994, pagine 546, 667–668. Diritto tributario svizzero Tutto, e di più Curzio Toffoli [email protected] Avvocato, Master of Advanced Studies SUPSI in Tax Law Studio legale e notarile Toffoli & Sala, Chiasso Nuovi, dirompenti scenari in ambito di assistenza amministrativa fiscale transnazionale “Prima pagina venti notizie ventuno ingiustizie e lo Stato che fa? Si costerna, s’indigna, s’impegna poi getta la spugna con gran dignità…” Fabrizio de André – Don Raffae’ 1. Ricette globali, conseguenze locali 1.1. Il menù completo dell’assistenza amministrativa transnazionale in materia fiscale è ancora lungi dal poter essere messo sulla tavola degli avventori elvetici. Gli Chef de cuisine del Global Forum[1] – ossia coloro che consigliano, propongono e redigono i menù globali – aggiungono di continuo nuove pietanze e ampliano le ricette. I (timidi) tentativi dei “capopartita” svizzeri di introdurre una cucina più leggera, più digeribile, sono stati tutti irrimediabilmente bocciati. Gli ispettori delle peer reviews sono (e saranno sempre più) severi ed inflessibili: si deve innalzare la qualità e la quantità dell’offerta (informativa), altrimenti si è fuori dalle guide che qualificano (rispettivamente dentro quelle che squalificano). Le conseguenze potranno allora essere rovinose. 23 Rubo il titolo dall’affascinante saggio di David Foster Wallance (Tutto, e di più. Storia compatta dell’infinito, Codice edizioni, 2005). il 1. febbraio 2013. Già pochi mesi dopo (16 ottobre 2013) il Consiglio federale licenziava un messaggio finalizzato ad introdurre alcune modifiche (ampliamenti)[3]. Nel loro impianto sostanziale, le proposte del Governo sono state approvate dal Consiglio nazionale il 12 dicembre 2013, quindi ratificate dal Consiglio degli Stati il 6 marzo 2014. Il testo normativo – definitivamente adottato nella votazione finale del 21 marzo 2014 – è stato pubblicato il successivo 1. aprile. Ancor prima che scadesse infruttuosamente il termine di referendum (10 luglio 2014) il Consiglio federale aveva già annunciato l’entrata in vigore della riveduta legge per il 1. agosto 2014[4]. 2.2. La novità saliente (leggi: più incisiva) è certamente l’introduzione della “Procedura di informazione a posteriori delle persone legittimate a ricorrere” (articolo 21a LAAF)[5]. In concreto si tratta del regime di eccezione all’ordinario iter procedurale, per cui l’Amministrazione federale delle contribuzioni (di seguito AFC) trasmette all’autorità richiedente le informazioni giudicate degne di scambio solo in presenza di una decisione passata in giudicato (articolo 21 LAAF). 2. L’entrata in vigore delle modifiche alla LAAF del 21 marzo 2014: certo 2.2.1. La nuova previsione normativa renderà possibile informare di una domanda di assistenza amministrativa le persone legittimate a ricorrere (ossia i soggetti toccati) solo ex post, ossia a trasmissione di informazioni avvenuta[6]. Ne segue che in questi casi un (comunque sempre possibile) ricorso potrà accertare unicamente l’eventuale illiceità della decisione presa dall’AFC (articolo 21a capoverso 2 LAAF). La revoca della decisione di trasmissione sarà – in ogni caso – evidentemente esclusa. Nel caso di accoglimento del ricorso, assolte determinate condizioni, la parte vincente avrà (unicamente) diritto a presentare un’azione di responsabilità nei confronti dello Stato svizzero[7]. Per il resto, al soggetto toccato resterà solo (ma pur sempre) la possibilità di far valere i propri diritti nell’ambito della procedura che sarà (se del caso) aperta nello Stato richiedente. 2.1. La Legge federale sull’assistenza amministrativa internazionale in materia fiscale (di seguito LAAF)[2] è entrata in vigore 2.2.2. Affinché l’AFC possa applicare il regime di eccezione, l’autorità richiedente dovrà, per ogni singola richiesta, rendere verosimile 1.2. In questo contesto decisamente fluido ed evolutivo, appare utile fare oggi il “punto-nave”. Intento di questo contributo è unicamente quello di tracciare gli scenari, caratterizzati in funzione del loro grado di probabilità, con i quali il nostro Paese deve – rispettivamente con ogni verosimiglianza dovrà – confrontarsi entro un orizzonte di breve, medio periodo, con particolare attenzione alle conseguenze sul nostro diritto interno. 24 Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2014 (id est mere dichiarazioni sommarie non sono sufficienti)[8] che un’informazione preliminare vanificherebbe lo scopo dell’assistenza amministrativa (e.g. perché potrebbe causare la distruzione di prove) e il buon esito della sua inchiesta (e.g. nei casi dove incombe una minaccia di prescrizione, o perché l’inchiesta è “segreta”). L’utilizzo (introdotto in sede parlamentare[9]) della congiunzione aggiuntiva “e” parrebbe indicare come le due condizioni debbano ricorrere cumulativamente. A tali condizioni (esplicite) se ne affianca poi una terza (implicita). L’AFC potrà (meglio, dovrà) negare l’applicazione della procedura di eccezione – limitandosi quindi ad avviare quella ordinaria – qualora l’ordinamento giuridico dello Stato richiedente non garantisca al soggetto toccato la possibilità di far adeguatamente valere i propri diritti (Rechtsstaatsgarantie) [10]. sizioni introdotte con la modifica in parola manifesteranno i loro effetti ex tunc, ossia retroattivamente al 1. febbraio 2013. Le modifiche di legge potranno quindi essere applicate a tutte le procedure pendenti al momento della loro entrata in vigore, anche se presentate in precedenza. Tale scelta – chiaramente dettata dalle urgenze di peer reviews del Global forum[14] – sarebbe coerente con la giurisprudenza del Tribunale federale, giacché le norme sull’assistenza amministrativa (e i relativi obblighi imposti ai privati) configurano mere disposizioni di natura procedurale, immediatamente applicabili dalla data di entrata in vigore[15]. 2.3. L’altra novità significativa è rappresentata dall’inserimento di una definizione autentica di “domanda raggruppata” (articolo 3 lettera c LAAF) e della conseguente delega al Consiglio federale di determinarne il contenuto necessario, attenendosi all’evoluzione dello standard internazionale (articolo 6 capoverso 2bis). 2.3.1. Una domanda di assistenza amministrativa “raggruppata” – per altro già ammessa de iure dalla LAAF nella sua versione precedente – è quella per cui lo Stato richiedente esige informazioni su più persone che hanno agito secondo un medesimo modello di comportamento e che sono identificabili in base ad indicazioni precise[11]. 2.3.2. Lo standard internazionale (politicamente vincolante per la Svizzera) del quale il Consiglio federale dovrà tener conto è esplicitato nel commento all’articolo 26 del Modello di Convenzione OCSE (versione del 18 luglio 2012). Esso mira a chiarire il discrimine tra le domande raggruppate (ammesse) e le cosiddette “pesche a strascico” (“fishing expeditions”, non ammesse), ed è applicabile a domande raggruppate presentate sia in virtù di una CDI che di un Tax information exchange agreement (di seguito TIEA) [12]. Nel caso di domande raggruppate è segnatamente necessario che lo Stato richiedente fornisca una “detailed description of the group and the specific facts and circumstances that have led to the request, an explanation of the applicable law and why there is reason to believe that the taxpayers in the group for whom information is requested have been non-compliant with that law supported by a clear factual basis. It further requires a showing that the requested information would assist in determining compliance by the taxpayers in the group. [...] in the case of a group request a third party will usually, although not necessarily, have actively contributed to the non-compliance of the taxpayers in the group, in which case such circumstance should also be described in the request” [13]. 2.4. Degna di menzione appare, in ultimis, la disposizione transitoria (articolo 24a LAAF). Nonostante una formulazione davvero cervellotica, la previsione rende un risultato chiaro: le dispo- 3. L’estensione unilaterale dello standard OCSE in materia di scambio di informazioni fiscali su richiesta all’intera rete di CDI sottoscritte dalla Svizzera: molto probabile 3.1. Il 19 febbraio 2014, il Consiglio federale ha comunicato di aver incaricato il DFF di elaborare un progetto per dare applicazione unilaterale allo standard OCSE in materia di scambio di informazioni fiscali su richiesta, estendendolo così a tutte le CDI sottoscritte dalla Svizzera, i.e. anche a quelle che ancora non soddisfano lo standard (come quella in vigore con l’Italia). In questo modo l’intero network di CDI sarebbe unilateralmente adeguato allo standard internazionale, senza necessità di rinegoziare il singolo trattato. Lo scambio di informazioni (su richiesta) che scaturisce da questa decisione unilaterale sarà comunque accordato agli Stati partner unicamente sotto riserva di reciprocità, garanzia di confidenzialità dei dati e rispetto del principio di specialità. 3.1.1. La decisione del Consiglio federale riprende una mozione presentata il 13 dicembre 2013 dal consigliere nazionale Rudi Noser [16]. Si tratta di un vero e proprio “shift paradigmatico” che dimostra la decisa, irrevocabile volontà del Governo di aderire, non ad una, bensì a tutte le tre condizioni (alternative) poste alla Svizzera dal Global Forum per poter accedere alla seconda fase delle peer reviews[17]. In questo contesto attuativo il Consiglio federale ha pure deciso (9 ottobre 2013) di sottoscrivere la Convenzione multilaterale dell’OCSE e del Consiglio d’Europa sulla reciproca assistenza amministrativa in materia fiscale[18] , oltre ad aver licenziato un progetto di mandato per negoziare la revisione dell’Accordo sulla fiscalità del risparmio (di seguito AfisR) concluso con l’Unione europea[19]. Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2014 3.1.2. La scelta di adeguare unilateralmente la rete di CDI agli standards internazionali in tema di scambio di informazioni fiscali è già stata adottata da altri Stati OCSE, segnatamente da Belgio, Singapore e San Marino. Il Global Forum riconosce la legittimità di questa opzione, a condizione che la lista degli Stati partner posti al beneficio della misura unilaterale possa essere definita in modo chiaro e oggettivo. Criteri soggettivi di esclusione (quali l’ottenimento di controprestazioni oggetto di negoziazioni separate) sarebbero – quasi certamente – giudicati come una discriminazione arbitraria, e quindi non tollerati. 3.2. Il tema dell’attuazione pratica (i.e. dell’implementazione nel sistema giuridico svizzero) di tale decisione è di grande interesse, già solo in ragione degli elementi di novità che necessariamente introduce. Immediatamente dopo l’annuncio del Consiglio federale la stampa ha evocato due possibili vie: una nuova revisione della LAAF oppure l’emanazione di un atto normativo ad hoc (un decreto federale), assodato che l’affare dovrà in ogni caso essere trattato dal Parlamento. L’attuazione non è comunque prevista prima del 2015[20]. Entrambe le soluzioni hanno carattere esclusivamente “domestico”, e sollevano già prima facie diverse domande. 3.2.1. Secondo l’OCSE, le basi legali che permettono uno scambio di informazioni possono originarsi sia in trattati bilaterali (o multilaterali) tra Stati come pure nella legislazione interna di uno Stato[21]. Per quanto riguarda la Svizzera, le basi legali (materiali) che autorizzano lo scambio di informazioni sono usualmente ancorate nei trattati internazionali (tipicamente CDI e TIEA), conclusi con gli Stati partner. Tali fondamenti materiali sono vincolanti per la Svizzera e non possono essere modificati unilateralmente con strumenti del diritto interno. Sull’altro fronte, l’esecuzione (formale) dell’assistenza amministrativa deve essere assicurata (e disciplinata) per mezzo del diritto procedurale domestico; compito che è nel caso specifico assolto dalla LAAF. Tutto ciò ha una doppia conseguenza. Da una parte la Svizzera non può limitare, per il solo tramite del suo diritto interno, l’ampiezza dell’assistenza amministrativa garantita dalle singole CDI[22]. Dall’altra parte vale però (pure) il contrario: se la clausola di assistenza amministrativa di una CDI rende possibile unicamente lo scambio di informazioni ai fini della corretta applicazione della CDI, la norma interna di esecuzione non può istituire alcun obbligo ad uno scambio di informazioni che travalichi quanto sancito dal trattato[23]. 3.2.2. La LAAF codifica (oggi) espressamente questa duplice costrizione agli articoli 1 capoverso 2, 7 lettera b, 8 capoverso 2. La semplice abolizione di queste – per altro meramente tuzioristiche – norme non permetterebbe comunque di ottenere l’effetto desiderato. Il precetto della preminenza del diritto internazionale sul diritto interno – già consacrato all’articolo 27 della Convenzione di Vienna (di seguito CV) – ha in Svizzera rango costituzionale (articolo 5 capoverso 4 della Costituzione federale). Detto altrimenti: un soggetto (diciamo) italiano potrebbe sempre validamente opporsi ad uno scambio di informazioni che vada oltre quanto previsto dall’articolo 27 dell’attuale CDI tra Svizzera ed Italia[24] , a prescindere che la LAAF codifichi o meno le riserve indicate più sopra. 3.2.3. Per poter estendere unilateralmente a tutte le CDI degli standards internazionali in tema di scambio di informazioni fiscali, la LAAF dovrebbe essere modificata in termini (pro)positivi e non meramente ablativi. Questo perché il principio della preminenza del diritto internazionale su quello domestico conosce due eccezioni: (i) la presenza di un diritto costituzionale (divergente) posteriore e direttamente applicabile (ipotesi che non fa al caso nostro), oppure (ii) l’esistenza di Leggi federali per le quali l’Assemblea federale abbia volontariamente derogato al diritto internazionale[25]. In altri termini, la volontà di estensione unilaterale (la deroga) dovrebbe essere codificata nella LAAF per mezzo di norme positivamente espresse, che enuncino la sciente volontà di non voler considerare le limitazioni contenute nelle CDI. Va da sé che una simile legge (o anche solo una simile modifica) potrebbe essere sottoposta a referendum facoltativo. 3.3. Già queste non banali problematiche fanno ritenere poco verosimile l’ipotesi che la messa in opera sarà risolta unicamente con interventi sulla legislazione interna, senza far capo ad alcuno degli strumenti messi a diposizione dal diritto pubblico internazionale. Posto che un’ordinaria negoziazione tra le parti delle CDI non può entrare in linea di conto, sembra comunque possibile procedere con – ad esempio – una “dichiarazione unilaterale” e (o) degli “scambi di lettere” (eventualmente accompagnati da “dichiarazione di reciprocità”). Si tratta di strumenti che permettono di codificare in tempi brevi le concessioni volute e, nel contempo, tener conto delle condizioni (reciprocità, garanzia di confidenzialità dei dati e rispetto del principio di specialità) richieste dal Consiglio federale. 3.3.1. La dichiarazione unilaterale è una dichiarazione di volontà – non un trattato internazionale ma può essere, o meno, a questo legata – con la quale il suo autore si impegna, unilateralmente, ad assumere degli obblighi che vanno al di là di quanto un trattato gli impone. Le dichiarazioni unilaterali obbligano il soggetto di diritto internazionale che le formula nella misura in cui questo ha voluto impegnarsi giuridicamente e (o) i soggetti toccati hanno avuto conoscenza di tale impegno. Non sono richieste né contropartite né dichiarazioni di accettazione. Lo strumento pare quindi particolarmente idoneo a realizzare validamente gli obiettivi posti dal Consiglio federale, ritenuto – inoltre – la assodata facoltà per il nostro organo esecutivo di vincolarsi in tal modo[26]. 25 26 Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2014 3.3.2. Lo scambio di lettere (o note) diplomatiche rappresenta la modalità più semplice per concludere un trattato. Solitamente limitato a risolvere questioni di minor importanza, tale strumento può essere impiegato da solo o congiuntamente ad un altro. La formazione del consenso (articolo 13 CV) avviene tramite due comunicazioni: la proposta (che contiene diritti, obblighi sui quali le parti si sono preventivamente intese, le modalità di entrata in vigore e denuncia dell’accordo) e la risposta (che solitamente riprende in extenso, riproducendolo “tra virgolette” il testo della proposta). Di principio non è necessaria alcuna ratifica e l’accordo entra (generalmente) in vigore dalla data di ricezione della risposta[27]. Uno scambio di lettere può essere compendiato da una “dichiarazione di reciprocità” con la quale una parte fa dipendere la concessione di determinati diritti o vantaggi dal riconoscimento degli stessi da parte dell’altro contraente[28]. a norma internazionale. Il fenomeno inflativo ha immediatamente trascinato anche la Svizzera. Già il 14 giugno 2013 il Consiglio federale dichiarò di essere disposto a collaborare attivamente allo sviluppo, in ambito OCSE, di uno standard unico e globale per lo scambio automatico di informazioni, posto che lo stesso si fosse dimostrato rispettoso del principio di specialità e reciprocità, garantisse la protezione dei dati e permettesse l’individuazione degli aventi economicamente diritto di trust e di altre strutture finanziarie[31]. 3.4. Sarà infine interessante sapere in che misura il Consiglio federale intende allineare questa decisione con quella presa il 29 giugno 2011 volta ad estendere l’assistenza giudiziaria internazionale in materia penale anche al reato di sottrazione di imposta[29]. 3.4.1. In effetti, il (già fortemente criticato) avamprogetto di legge (di seguito AP) inteso a modificare la Legge federale sull’assistenza internazionale in materia penale (di seguito AIMP) – per ora rinviato in attesa di coordinarlo con la revisione del diritto penale fiscale e con l’attuazione delle Raccomandazioni rivedute sul riciclaggio di denaro del Gruppo d’Azione Finanziaria Internazionale (GAFI) – prevede di garantire (articolo 64 capoverso 1 lettera a AP-AIMP) la cooperazione per atti che costituiscono sottrazione d’imposta commessi all’estero solo se con lo Stato richiedente è stata stipulata una CDI nuova o riveduta che recepisca lo standard OCSE in materia di scambio di informazioni fiscali[30]. 3.4.2. Formalmente, la decisione di introdurre tale concessione è stata motivata dalla necessità di evitare lacune e contraddizioni tra i vari strumenti legali. È ragionevole credere che si intendesse (quantomeno parallelamente) favorire la conclusione di nuove CDI con gli Stati ancora refrattari. Oggi, con la decisione di adeguare unilateralmente tutte le CDI allo standard internazionale senza necessità di rinegoziare il singolo trattato, la clausola limitativa contenuta nell’AP-AIMP parrebbe essere superata. Resta da vedere se l’apertura in materia di assistenza giudiziaria sarà allora (conseguentemente) generalizzata. 4.1.1. Il 6 maggio scorso, riuniti a Parigi, i ministri degli Stati membri dell’OCSE e di alcuni altri Paesi hanno rilasciato una dichiarazione comune in favore di questo nuovo standard[32]. Il Consiglio federale ha immediatamente sostenuto tale dichiarazione, confermando che i documenti adottati soddisfacevano le esigenze definite il 14 giugno 2013. Il successivo 21 maggio il Consiglio federale aveva già definito le bozze del mandato volte all’introduzione del nuovo standard globale (bozze che dovrebbero essere licenziate il prossimo autunno, dopo essere state discusse con le competenti commissioni parlamentari e i Cantoni). Il Governo ha inoltre stabilito che pure le questioni che toccano il problema della regolarizzazione del passato (averi non dichiarati) e dell’accesso ai mercati dovranno essere messe a tema nei negoziati sullo scambio automatico di informazioni[33]. 4. L’adozione dello standard OCSE sullo scambio automatico di informazioni finanziarie: probabile 4.1.2. Gli annunci (proclami) ufficiali dell’OCSE vorrebbero un’entrata in vigore dello standard già con la fine del 2015. A fronte di una serie di motivi, non da ultimo tecnico-giuridici, tale orizzonte temporale appare poco plausibile. Da parte svizzera, il Consiglio federale ha (correttamente) segnalato che tali annunci non sono giuridicamente vincolanti. Una presa di posizione sui tempi di recepimento non può essere resa prima che siano state adottate le relative decisioni a livello di politica interna. Il Consiglio federale ha pure ribadito che l’introduzione dello standard avverrà mediante la conclusione di accordi bilaterali separati con gli Stati partner [34]. 4.1. L’universo dello scambio transnazionale di informazioni fiscali è entrato in una fase di un’espansione accelerata dal mese di aprile 2013 quando gli Stati membri del G20 hanno ribadito come lo scambio automatico di informazioni debba assurgere 4.2. Ad oggi, lo standard si compone fondamentalmente di due documenti: (i) il Modello di convenzione (di seguito CAA [35]) e (ii) lo standard comune di rendiconto (di seguito CRS[36]). Il tutto è completato da un commentario dettagliato[37]. Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2014 4.3. Non è (ovviamente) questa la sede per poter approfondire i (vasti e per molti versi ancora poco chiari) contenuti del CAA e del CRS. Mi limiterò ad alcune considerazioni puntuali ma, credo, significative. 4.3.1. È di primo acchito evidente che la decisione di adottare questo standard – ossia di passare dalla “dottrina” dello scambio di informazioni su richiesta a quella dello scambio automatico – rappresenta, per la Svizzera, un vero e proprio “salto quantico” nella politica di assistenza amministrativa in materia fiscale. 4.3.2. D’altra parte sarebbe omissivo non rilevare che la definizione – comunemente utilizzata – di “scambio automatico di informazioni” non è del tutto corretta. Lo scambio automatico contemplato dallo standard è in realtà limitato alle “Financial Account Information” (CAA, Section 2) ossia alle informazioni finanziarie, sostanzialmente quindi le informazioni bancarie. Per quanto vasto (e importante) possa essere, questa classe di dati resta pur sempre un sottoinsieme della classe di “informazioni” individuata dall’articolo 26 del Modello OCSE (e dal Modello TIEA), classe quest’ultima che contempla tutti i fatti, situazioni, relazioni giuridiche e ogni altra indicazione che possa apparire “verosimilmente pertinente” per l’applicazione o l’amministrazione della legislazione tributaria (interna) dello Stato richiedente[38]. 4.3.3. Pur vero è che le diverse modalità di scambio (automatica secondo lo standard e su richiesta in base ad una CDI) non si escludono, ma convivono e si completano a vicenda. In altri termini, è possibile (probabile) che un’informazione finanziaria acquisita dallo Stato ricevente a seguito della trasmissione automatica possa poi dare lo spunto per formulare una (più compiuta ed approfondita) richiesta di informazioni sulla base dell'applicabile CDI. 4.3.4. L’implementazione dello standard sullo scambio automatico di informazioni causerà certamente costi ingenti (oggi non ancora quantificabili) sia all’amministrazione che al settore finanziario[39]. Pertanto, solo se lo standard diverrà realmente globale (e quindi tutte le piazze finanziarie dovranno assumere i corrispondenti costi) quest’onere non causerà uno svantaggio competitivo alla piazza finanziaria svizzera. 4.3.5. Per necessaria simmetria, oltre che trasmettere i dati all’estero, la Svizzera riceverà dati dall’estero. Questa evidenza pone, per il soggetto fiscale svizzero, la domanda a sapere come questi dati potranno essere impiegati. Lo standard – occupandosi unicamente dello scambio transnazionale dei dati finanziari tra le autorità dei singoli Stati – non si esprime sulla trasparenza che i dati scambiati potranno avere all’interno dello Stato ricevente, rispettivamente sull’impiego che questi potrà farne ai fini interni. Si tratta di temi che restano di esclusiva competenza della legislazione interna del singolo Stato (e che sono oggi, in Svizzera, oggetto di dibattito politico). 4.4. Decisamente complessa (e allo stato attuale della conoscenza priva di soluzione) è la questione dell’attuazione, a livello procedurale interno, dello standard. Un fatto è certo: lo standard non può essere implementato con le basi legali vigenti. Il Consiglio federale si è quindi riservato di proporre le necessarie modalità di attuazione nel nostro sistema giuridico una volta che lo standard sarà definitivamente approvato, ritenuto che – come abbiamo visto – i necessari mandati sono già stati attribuiti[40]. 4.4.1. In generale, si osserva come il CRS sia uno strumento molto dettagliato e articolato, quindi già di suo molto “procedurale”. D’altro canto lo stesso CRS dispone la necessità della sua traslazione nella legislazione domestica dei singoli Stati. In particolare, la Section IX del CRS (Effective implementation) dà indicazioni vincolanti sul novero delle norme e delle procedure amministrative che uno Stato deve mettere in pratica per assicurare l’effettiva implementazione delle (e la compliance con) le procedure di reporting e due diligence richieste, e meglio: ◆“rules to prevent any Financial Institutions, persons or intermediaries from adopting practices intended to circumvent the reporting and due diligence procedures; ◆ rules requiring Reporting Financial Institutions to keep records of the steps undertaken and any evidence relied upon for the performance of the above procedures and adequate measures to obtain those records; ◆ administrative procedures to verify Reporting Financial Institutions’ compliance with the reporting and due diligence procedures; administrative procedures to follow up with a Reporting Financial Institution when undocumented accounts are reported; ◆ administrative procedures to ensure that the Entities and accounts defined in domestic law as Non-Reporting Financial Institutions and Excluded Accounts continue to have a low risk of being used to evade tax; and ◆ effective enforcement provisions to address non-compliance”. 4.4.2. Per tener conto di tutte le esigenze poste dallo standard, si dovrà pertanto modificare leggi vigenti o emanarne di nuove. In prima approssimazione sembra poco sensato – quantomeno da un punto di vista logico-sistematico – intervenire nuovamente sulla LAAF. Questa è infatti una legge in larga misura – 27 28 Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2014 ancorché non solo – concepita per dare attuazione al sistema di scambio previsto nelle CDI, scambio che avviene unicamente su richiesta. È quindi ragionevole attendersi l’emanazione di un nuovo strumento legislativo, appositamente concepito ed esclusivamente dedicato per dar esecuzione alle particolarità previste dallo standard. 5. Sbocchi nelle trattative con l’Italia: stabilmente incerto 5.1. Lo scenario che più interessa (e preoccupa) il Canton Ticino fatica invece (e molto) ad evolversi. I negoziati con l’Italia, che in base al mandato licenziato dal Consiglio federale il 29 agosto 2012 devono coprire un ampio e importante spettro di temi[41] , più volte annunciati in “dirittura di arrivo”, sono ancora privi di sbocchi “visibili”. La consigliera federale WidmerSchlumpf, in occasione di una visita in Ticino durante lo scorso mese di maggio, ha per altro assicurato che il recente (ennesimo) cambio di Governo ha causato un ritardo di (solo) un paio di mesi sulla tabella di marcia. Elenco delle fonti fotografiche: http://www.informaticawebsystems.com/wp-content/themes/vasystems/img/presentazione/vasystems_partner_della_tua_azienda.png [25.07.2014] http://service.ticinonews.ch/files/www/ticinonews.ch/images/4bby/ m_6pw3.jpg [25.07.2014] http://www.liberatv.ch/sites/default/files/styles/grande_628/public/topimage/TiPress_217073_0.jpg?itok=jCyV5tir [25.07.2014] http://www.gdp.ch/sites/default/files/imagecache/DetailedL/articlemedia/2014/05/06/segreto_bancario.jpg [25.07.2014] 5.2. Staremo a vedere. Fatto sta che nonostante la rassicurante risposta fornita (sempre) dalla consigliera federale WidmerSchlumpf ad una domanda posta durante la scorsa sessione primaverile delle Camere federali dal deputato ticinese Marco Romano (“Nuove concessioni all’Italia senza contropartite?”[42]), razionalmente, non può essere esclusa l’ipotesi che l’Italia, proprio in conseguenza dei dirompenti scenari evolutivi – e per lei fruttiferi – delineati in questo contributo che il nostro Paese si appresta ad implementare, abbia oggi, per così dire, perso interesse ad una ricerca di soluzioni bilaterali con la Svizzera; come dice il proverbio siciliano: “cu scanza ura scanza priculu”[43]. [1] Forum globale sulla trasparenza e sullo scambio di informazioni fiscali. Si veda in particolare: http:// www.oecd.org/tax/transparency [25.07.2014]. [2] La LAAF disciplina l’esecuzione dell’assistenza amministrativa secondo le convenzioni contro le doppie imposizioni (di seguito CDI) e altri accordi internazionali sullo scambio di informazioni in materia fiscale, con riguardo a domande presentate dagli Stati parte ai trattati considerati. [3] Consiglio federale, Messaggio concernente la modifica della legge sull’assistenza amministrativa fiscale, n. 13.083, del 16 ottobre 2013, in: Foglio federale 2013 7203. [4] Foglio federale 2014 2623. Il Comunicato del Dipartimento federale delle finanze (di seguito DFF), Il Consiglio federale pone in vigore la riveduta legge sull’assistenza amministrativa fiscale, del 23 giugno 2013, è disponibile al seguente link: http:// www.efd.admin.ch/dokumentation/medieninformationen/00467/index.html?lang=it&msgid=53464 [25.07.2014]. [5] Per un esame più approfondito di alcuni aspetti giuridicamente delicati insiti in questa novella legislativa, cfr. Naef Francesco, Standard OCSE nello scambio di informazioni, LAAF e posizione della Svizzera: considerazioni critiche, in: NF 2/2014, pagina 3 e seguenti. [6] La disposizione riprende le prescrizioni del Glo- bal Forum riguardanti l’eccezione di notifica alla persona legittimata a ricorrere (cfr. OCSE, Terms of Reference to monitor and review progress towards Transparency and Exchange of Information for Tax Purposes, 2010, ad B.2.1 [n. 4]; OCSE, Agreement on Exchange of Information on Tax Matter, Commento, ad art. 1 n. 6). [7] Verosimilmente l’azione dovrà essere esercitata ai sensi della Legge federale su la responsabilità della Confederazione, dei membri delle autorità federali e dei funzionari federali, per la quale (articolo 3) “La Confederazione risponde del danno cagionato illecitamente a terzi da un funzionario nell’esercizio delle sue funzioni, senza riguardo alla colpa del funzionario”. Il danneggiato dovrà presentare domanda di risarcimento entro il termine (relativo) di un anno dal giorno in cui ha avuto conoscenza del danno (articolo 20). [8] Per inquadrare dogmanticamente la nozione di "verosimiglianza" – che è una categoria di intensità probatoria – appare sensato rifarsi – mutuandolo dal diritto processuale civile, applicabile in materia di procedimenti cautelari, retti dal rito sommario – al concetto di "verosimiglianza semplice" (Glaubhaftmachung). Un fatto allegato è ritenuto verosimile quando determinati elementi militano in favore della sua esistenza, ancorché si possa ritenere la possibilità che esso potrebbe non essersi realizza- to (DTF 130 III 321, 325 consid. 3.3). Al lato pratico risulta però abbastanza difficile immaginare che l’AFC possa negare l’applicazione di questa procedura per difetto di verosimiglianza nei presupposti. Si deve infatti ritenere che, come accade in ambito di assistenza giudiziaria, l’autorità richiesta debba attenersi alla rappresentazione dei fatti così come descritti nella domanda dell’autorità richiedente, salvo che questa manifesti errori, lacune o contraddizioni evidenti (cfr. DTF 125 II 250, consid. 5b; 118 Ib 111, consid. 5b; 117 Ib 64 consid. 5c; sentenza TF n. 2A.608/2005, consid. 2). [9] Il testo del Consiglio federale proponeva infatti la congiunzione disgiuntiva "o", che suggerisce una ricorrenza alternativa delle condizioni di ammissione. [10] In questo caso si potrebbe evocare la violazione del principio della buona fede (articolo 7 lettera c LAAF); cfr. Consiglio federale, op. cit., pagina 7213. [11] Anche qui la congiunzione "e" è stata introdotta in sede di discussione parlamentare. È comunque difficile pensare che tale aggiunta possa determinare una qualche conseguenza concreta, ritenuto che la competenza specifica di determinare il contenuto di una domanda raggruppata è stata delegata al solo Consiglio federale, il quale dovrà a sua volta tener conto dello standard internazionale in materia. Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2014 [12] Le CDI e i TIEA sono in principio considerati strumenti equivalenti per convenire una clausola di assistenza amministrativa conforme allo standard internazionale. A differenza delle CDI (prioritariamente intese ad evitare la doppia imposizione e che contengono dunque altre disposizioni al riguardo), i TIEA si limitano a disciplinare lo scambio di informazioni su richiesta. La Svizzera ha sinora firmato sei TIEA (San Marino, Andorra, Groenlandia, Jersey, Guernsey e l’Isola di Man) e prosegue i negoziati con altre giurisdizioni interessate a concludere tali accordi. [13] La Svizzera ha reso nota la sua interpretazione del testo in occasione della seduta del 21 marzo 2012 del gruppo di lavoro del Comitato degli affari fiscali dell’OCSE: il comportamento colpevole del detentore delle informazioni o di un terzo non è indispensabile nella misura in cui sia possibile garantire (tramite altri criteri) che ci si trova in presenza di una domanda lecita ad ogni effetto (i.e. non di una fishing expedition). Di converso, qualora non sia possibile escludere una fishing expedition, si dovrà obbligatoriamente esigere un comportamento colpevole del detentore delle informazioni o di un terzo (cfr. Consiglio federale, op. cit., pagina 7210). [14] Val la pena ricordare che il 20 dicembre 2013 il DFF ha formalmente chiesto al Global Forum un rapporto complementare per determinare se le condizioni di passaggio alla "Fase 2" delle peer reviews sono adempiute per la Svizzera (cfr. DFF, Questioni finanziarie e fiscali internazionali, Rapporto 2014, pagina 33, in: http://www.efd.admin. ch/dokumentation/00737/00782/02690/index. html?lang=it [25.07.2014]). [15] Sentenze del Tribunale federale n. 2A.233/2003 del 22 dicembre 2003, consid. 1; n. 2A.250/2001 del 6 febbraio 2002, consid. 3 (in: Pra 2002 N. 52 pagina 283 = StR 57/2002 pagina 410); n. 2A.551/2001 del 12 aprile 2002, consid. 2. Cfr. anche Foglio federale 2010 2589, pagina 2622 e seguente. [16] A parere del Consiglio federale, la mozione dell’on. Noser presentava un vizio giuridico, in quanto prevedeva un’eccezione soggettiva all’estensione unilaterale per quei Paesi con cui la Svizzera chiede delle controprestazioni, e.g. l’Italia. [17] In effetti, le "condizioni di promozione" poste dal Global Forum sono tre: (i) l’introduzione nella procedura di assistenza amministrativa di una norma che autorizza, in casi eccezionali, la trasmissione delle informazioni senza previa informazione del soggetto interessato (cfr. supra n. 2.2); (ii) la creazione di una situazione trasparente che permetta di determinare l’identità dei titolari di azioni al portatore di una società di capitali (cfr. Foglio federale 2014 563 con cui il Consiglio federale licenzia il Messaggio concernente l’attuazione delle Raccomandazioni del Gruppo d’azione finanziaria [GAFI]); (iii) offrire un numero sufficiente di CDI con una disposizione sull’assistenza amministrativa conforme allo standard OCSE. Secondo il Consiglio federale, questa over-compliance permetterà alla Svizzera di meglio far valere le proprie istanze, sottraendola al rischio di divenire oggetto di (ulteriori) pressioni internazionali. [18] Si veda il documento del DFF, Convenzione multilaterale dell’OCSE e del Consiglio d’Europa sulla reciproca assistenza amministrativa in materia fiscale, del 9 ottobre 2013, in: http://www. news.admin.ch/NSBSubscriber/message/attachments/32299.pdf [25.07.2014]. [19] La decisione del Consiglio federale asseconda unicamente il mandato del 14 maggio 2013 dell’ECOFIN che autorizza la Commissione europea a negoziare adeguamenti degli AfisR conclusi con la Svizzera ed altri Stati terzi, con l’obiettivo di allineare il contenuto di questi accordi alla revisione della Direttiva europea sulla fiscalità del risparmio n. 2003/48/CE (cfr. anche http://ec.europa.eu/ taxation_customs/taxation/personal_tax/savings_tax/index_fr.htm [25.07.2014]). [20] Cfr. Mehr Tempo in der Steueramtshilfe, in: Neue Zürcher Zeitung, 20 febbraio 2014. [21] OCSE, Terms of Reference, n. 14. [22] Se il trattato applicabile nel singolo caso reca disposizioni in deroga alla LAAF, queste prevalgono, in quanto accordi internazionali, sul diritto nazionale (articolo 1 capoverso 2 LAAF). [23] Lo stesso vale per le convenzioni più vecchie, secondo le quali l’assistenza amministrativa allo scopo di applicare il diritto interno è ammessa soltanto se lo Stato richiedente rende verosimile una frode fiscale o un reato dello stesso tipo. [24] Convenzione tra la Confederazione Svizzera e la Repubblica Italiana per evitare le doppie imposizioni e per regolare talune altre questioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio del 9 marzo 1976. L’articolo 27 dispone quanto segue: “1. Le autorità competenti degli Stati contraenti potranno scambiarsi le informazioni (che le legislazioni fiscali dei due Stati permettono di ottenere nel quadro della prassi amministrativa normale) necessarie per una regolare applicazione della presente Convenzione. Le informazioni così scambiate devono essere tenute segrete e potranno essere rilevate soltanto alle persone che si occupano dell’accertamento, della riscossione, della giurisdizione o delle azioni penali quanto alle imposte alle quali si riferisce la presente Convenzione. Non potranno essere scambiate informazioni suscettibili di rivelare segreti commerciali, bancari, industriali o professionali o metodi commerciali. 2. Le disposizioni del presente articolo non potranno in nessun caso essere interpretate nel senso di imporre ad uno degli Stati contraenti di adottare misure amministrative in deroga alla sua regolamentazione o alla sua prassi amministrativa ovvero contrarie alla sua sovranità, alla sua sicurezza, ai suoi interessi generali o all’ordine pubblico oppure fornire informazioni che non possano essere ottenute in base alla sua propria legislazione o a quella dello Stato che le chiede”. [25] Cfr. Schenker Claude, Guide de la pratique en matière de traités internationaux, pubblicazione edita dal Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE), 2010, n. 177. [26] Schenker Claude, op. cit., n. 23; JAAC 1996 IV (30, 133). [27] Schenker Claude, op. cit., n. 11 e seguenti. [28] Ibidem, op. cit., n. 16. [29] Dipartimento federale di giustizia e polizia (DFGP), Estensione in tempi brevi dell’assistenza giudiziaria ai reati fiscali, Comunicato stampa del 29 giugno 2011, in: http://www.ejpd.admin.ch/content/ejpd/it/home/dokumentation/ mi/2011/2011-06-291.html [25.07.2014]. [30] Oppure si tratta di uno Stato che ha aderito ai Protocolli addizionali del Consiglio d'Europa alla Convenzione europea di estradizione e alla Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale senza riserva fiscale (Foglio federale 1983 IV 121, pagina 164). [31] Si veda il Comunicato stampa del Consiglio federale, Ulteriore sviluppo della strategia in materia di mercati finanziari, del 14 giugno 2013, in: https://www.news.admin.ch/message/index. html?lang=it&msg-id=49287 [25.07.2014]. [32] Declaration on Automatic Exchange of Information in Tax Matters, in: http://www.oecd. o r g /m c m/M CM-2014-D e c l a r a t i o n-Ta x . p d f [25.07.2014]. [33] Si veda il Comunicato stampa del Consiglio federale, Il Consiglio federale definisce le bozze del mandato per l’introduzione dello scambio automatico di informazioni in materia fiscale con gli Stati partner, del 21 maggio 2014. [34] Si tratta di una circostanza fondamentale e tranquillizzante. Da più parti si era infatti evocato il pericolo che il Consiglio federale, messo sotto pressione di tempo, avrebbe anche potuto “congelare i meccanismi costituzionali democratici” (di recente Molo Giovanni, Scambio automatico di informazioni: aperta la consultazione riservata, in: NF 6/2014, pagina 5 e seguente). [35] Model Competent Authority Agreement. [36] Common Reporting and Due Diligence Standard, che definisce le condizioni dello scambio di informazioni come pure le regole da osservare nell’identificazione dei soggetti interessati. [37] Il Consiglio dell’OCSE ha approvato il nuovo standard il 21 luglio 2014, mentre la conferma da parte degli Stati del G20 è già attesa per settembre. I diversi documenti sono scaricabili dal sito web dell’OCSE (www.oecd.org/ctp/exchange-of-taxinformation/automatic-exchange-of-financialaccount-information.htm [25.07.2014]). [38] Per brevità rinvio i dettagli a Toffoli Curzio, L’Ordinanza del Consiglio federale sull’assistenza amministrativa in esecuzione delle nuove o rivedute convenzioni per evitare le doppie imposizioni, in: Vorpe Samuele (a cura di), Il segreto bancario nello scambio di informazioni fiscali, Manno 2011, n. 4.1.3 ad art. 5. Si veda inoltre OCSE, Automatic Exchange of Information, What it is, How it works, Benefits, What remains to be done, 23 luglio 2012, in: http://www.oecd.org/ctp/exchange-of-taxinformation/automaticexchangeofinformationreport.htm [25.07.2014]. [39] Basti dire che per lo Stato che invia le informazioni, lo standard individua quattro fasi operative, ossia: (i) la raccolta di informazioni da parte del pagatore o dell’agente pagatore del reddito; (ii) la trasmissione delle informazioni dal pagatore o dall’agente pagatore all’autorità̀ finanziaria (AFC); (iii) la suddivisione delle informazioni da parte dell’AFC in base agli Stati di residenza dei contribuenti; (iv) la codificazione delle informazioni e invio delle stesse allo Stato di residenza. [40] Vedi supra n. 4.1.1. Cfr. inoltre Segreteria di Stato per le questioni finanziarie internazionali (di seguito SFI), Domande e risposte sullo scambio automatico di informazioni, 25 aprile 2014. [41] Segnatamente: regolarizzazione dei valori patrimoniali detenuti presso banche situate in Svizzera da persone residenti in Italia e introduzione di una soluzione per l’imposizione dei futuri redditi; accesso al mercato italiano per i fornitori svizzeri di servizi finanziari; revisione della CDI con adozione di una disposizione sullo scambio di informazioni conforme allo standard internazionale; revisione dell’imposizione dei frontalieri; stralcio della Svizzera dalle liste nere italiane sui paradisi fiscali (cfr. DFF, Questioni finanziarie e fiscali internazionali, Rapporto 2014, pagina 39, n. 4.4.4.3). [42] Consiglio nazionale, Sessione primaverile 2014, 10 marzo, Ora delle domande, n. 14.5021, in: http://www.parlament.ch/i/suche/Pagine/geschaefte.aspx?gesch_id=20145021 [25.07.2014]. [43] Alla lettera: “chi scansa l’ora scansa il pericolo”. 29 30 Diritto tributario italiano Indeducibilità di costi e spese direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo Berardo Lanci Avvocato Studio CMS - Adonnino Ascoli & Cavasola Scamoni, Roma e Milano La disciplina del trattamento ai fini fiscali dei costi da reato non rappresenta una novità per l’ordinamento italiano. Infatti, il comma 4-bis dell’articolo 14 L. n. 537/1993, inserito dall’articolo 2 L. n. 289/2002, conteneva già i criteri sulla base dei quali i costi da reato dovevano, a determinate condizioni, ritenersi indeducibili. Si osserva peraltro come il menzionato comma 4-bis fosse stato inserito proprio dopo la disposizione – il comma 4 appunto – relativa al trattamento dei “proventi derivanti da fatti, atti o attività qualificabili come illecito civile, penale o amministrativo”, i quali devono essere ricompresi, se in esse classificabili, in una delle categorie di reddito previste dall’articolo 6, comma 1, TUIR[1]. Pertanto, il comma 4 ed il comma 4-bis dell’articolo 14 L. n. 537/1993 contengono la disciplina relativa al trattamento fiscale dei componenti – positivi e negativi – di reddito connessi con la sussistenza di un reato. Oggetto del presente intervento è l’illustrazione delle novità in merito alla disciplina dei costi da reato introdotte dall’articolo 8, commi 1, 2 e 3, D.L. n. 16/2012, che ha, tra l’altro, modificato il comma 4-bis[2][3] sopra richiamato e previsto una specifica disposizione in merito al trattamento delle componenti di reddito connesse con le operazioni oggettivamente inesistenti 1. Considerazioni generali Sulla base della disposizione vigente, come modificata dal richiamato articolo 8, comma 1, del D.L. n. 16/2012, non sono deducibili, ai fini delle imposte sui redditi, i costi e le spese dei beni o delle prestazioni di servizio direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitti non colposi, a differenza di quanto genericamente previsto dalla disposizione previgente, in base alla quale era indeducibile ogni componente negativo di reddito riconducibile a condotta penalmente rilevante. È peraltro previsto che la non deducibilità dei costi e delle spese dei beni o prestazioni di servizi direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo sia condizionata all’esercizio dell’azione penale ovvero al fatto che il giudice abbia comunque emesso il decreto che dispone il giudizio o la sentenza di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione del reato. L’elemento innovativo da ultimo evidenziato, ovvero la necessità, ai fini del mancato riconoscimento della sussistenza dei presupposti per la deducibilità dei costi, che sia stata esercitata l’azione penale o comunque sia stato emesso il decreto che dispone il giudizio o la sentenza di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione del reato, denota la rilevante differenza del nuovo regime rispetto a quello previgente, nel quale non era prevista la sussistenza di una analoga condizione ma, esclusivamente, come detto, che i costi e le spese fossero riconducibili a fatti, atti o attività qualificabili come reato. Peraltro, in conseguenza del fatto che il regime di indeducibilità colpisca esclusivamente i costi per acquisto di beni e servizi direttamente utilizzati per il compimento del delitto non colposo – non assumendo alcuna rilevanza a tal fine i costi per acquisti genericamente relativi a fattispecie penalmente rilevanti – non dovrebbero fra questi rientrare i costi esposti nelle fatture oggettivamente inesistenti, in quanto non sostenuti al fine di acquisire beni e servizi direttamente utilizzati per il compimento di attività costituenti delitti non colposi: la loro indeducibilità discenderebbe piuttosto dall’applicazione delle regole ordinarie per la determinazione del reddito. Al riguardo si osserva inoltre che sembrerebbe invece rientrare nel campo di indeducibilità previsto dal comma 4-bis in commento il costo sostenuto dall’utilizzatore per il pagamento della commissione all’emittente della fattura per operazione inesistente[4]. È cosa nota poi il fatto che la disciplina dei costi da reato avesse sollevato, fin dalla sua introduzione, dubbi in ordine alla corretta interpretazione dei presupposti soggettivi e oggettivi richiesti per la sua applicazione, soprattutto in considerazione della circostanza per cui la previgente disposizione facesse generico riferimento ai costi ed alle spese riconducibili a fatti, atti o attività qualificabili come reato. È evidente quindi in questo ambito l’importanza della modifica normativa mediante la quale il legislatore ha riformulato il comma 4-bis sostituendolo con una nuova disposizione che, oltre ad individuare in maniera puntuale la tipologia di reato al ricorrere del quale viene meno la condizione per la deduzione ai fini fiscali della relativa componente negativa di reddito, ne precisa il momento in cui la disposizione produce i propri effetti nonché le conseguenze Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2014 del venir meno dei presupposti sulla base dei quali il contribuente aveva visto disconoscersi il diritto a dedurre determinate componenti negative di reddito. La puntualità degli elementi costitutivi della nuova disposizione denota l’intento del legislatore di volere, come peraltro confermato nella stessa relazione governativa al D.L. n. 16/2012, inserire una disposizione contenente una “regola generale nell’ambito della determinazione del reddito imponibile”, così respingendo le diverse critiche sollevate in precedenza a commento del comma 4-bis che veniva visto come una previsione di applicazione di una “sanzione impropria”. Al riguardo si osserva come in effetti le previsioni di cui al rinnovato comma 4-bis contengano elementi per i quali il disconoscimento della deduzione dei costi da reato rappresenti non altro che una disposizione tesa a limitare, in linea con i principi dell’ordinamento tributario, l’effetto della mancanza di inerenza ai fini fiscali degli elementi negativi di reddito connessi con la sussistenza di una fattispecie delittuosa. Nell’antecedente formulazione del comma 4-bis, anche alla luce delle considerazioni di cui alla Circolare n. 42/E del 26 settembre 2005, l’indeducibilità aveva il chiaro obiettivo di provocare una sanzione indiretta anche dove i costi da reato fossero oggettivamente inerenti. Oggi invece, a seguito dell’intervento del legislatore volto a circoscrivere l’indeducibilità in modo più rigoroso, si è giunti ad un concetto di non inerenza oggettiva[5]. Ultima breve riflessione in merito alla portata generale della disposizione in commento attiene all’effetto che la stessa produce in termini più ampi. Si osserva infatti che l’applicazione del comma 4 dell’articolo 14 L. n. 537/1993 – che, come in precedenza ricordato, dispone l’assoggettamento a tassazione dei proventi derivanti da fatti, atti o attività qualificabili come illecito penale – in combinazione con il comma 4-bis, seppur rinnovato, determina, con riferimento a fattispecie costituenti delitti non colposi, la sussistenza di un regime impositivo in cui, a fronte della tassazione di ricavi derivanti da attività costituente delitto non colposo non viene ammessa in deduzione la relativa componente di costo. La formulazione di detta norma ha determinato quindi un vero e proprio regime di asimmetria impositiva[6]. 2. Il regime di indeducibilità dei costi da reato 2.1. I requisiti di applicazione della norma Il rinnovato comma 4-bis introduce una previsione per cui i costi da reato indeducibili sono individuati, per lo meno a livello teorico[7], in maniera più puntuale rispetto a quanto avvenisse nella precedente formulazione della norma che genericamente faceva riferimento a quei costi riconducibili a fatti, atti o attività qualificabili come reato. Ma veniamo all’analisi dei singoli elementi costitutivi il nuovo comma 4-bis. Innanzitutto si osserva come la versione vigente della disposizione faccia riferimento a “i costi e le spese dei beni o delle prestazioni di servizio direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo”. Viene quindi delimitato l’ambito di indeducibilità rispetto a quanto facesse in precedenza l’articolo 14 comma 4-bis. È evidente quindi la differente portata della disposizione che, a seguito delle novità in commento, determina l’indeduci- bilità delle componenti negative di reddito relative ai soli elementi direttamente utilizzati per il compimento delle attività illecite e non alle stesse genericamente riferibili. Si osserva innanzitutto che la rinnovata disposizione faccia riferimento alle sole ipotesi di delitti non colposi, a differenza di quanto avvenisse in precedenza, in cui la deducibilità era limitata con riferimento ai reati in genere. Circoscrivendo l’area di indeducibilità ai soli componenti negativi di reddito relativi a beni o prestazioni di servizio direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo, si è voluto quindi evitare di colpire chi non ha posto in essere comportamenti con intenzionalità. Peraltro, evidenti sono gli effetti in termini di individuazione dei costi indeducibili che, sulla base della vigente disposizione sono solo quelli direttamente utilizzati per il compimento del reato, mentre nella versione previgente erano tutti quelli riconducibili al reato commesso. Al riguardo, è importante ricordare che nella Circolare n. 32/E dell’Agenzia delle Entrate è stato chiarito che la norma si applica ai costi relativi ai beni e servizi direttamente utilizzati, anche se non esclusivamente[8] , per il compimento del delitto non colposo. 2.2. I presupposti procedurali per la contestazione dell’indeducibilità dei costi da reato Oltre a quanto esposto nel precedente paragrafo con riferimento ai requisiti per l’applicazione della norma, la novella legislativa prevede, ai fini della contestazione dell’indeducibilità dei costi da reato, che il Pubblico Ministero abbia esercitato l’azione penale in relazione al delitto non colposo di cui trattasi o comunque che il giudice abbia emesso il decreto che dispone il giudizio ovvero sentenza di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione del reato. In passato, la genericità del testo normativo e l’assoluta assenza di una previsione legislativa analoga, aveva indotto molti uffici finanziari a contestare la deducibilità di detti costi sulla base della mera trasmissione alla Procura della Repubblica della notizia di reato a carico del contribuente. In questo modo, non erano isolati i casi in cui all’Amministrazione finanziaria spettava il ruolo di valutazione in via preliminare, rispetto all’intervento dell’autorità giudiziaria, della rilevanza penale o meno di una condotta del contribuente. Con la novella legislativa, che ha ritenuto necessaria una pronuncia preliminare, seppur non definitiva, dell’autorità giudiziaria è stato riconosciuto il giusto valore alla valutazione dell’organo competente in merito. Il legislatore ha quindi 31 32 Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2014 subordinato al pronunciamento – eventualmente preventivo – degli organi giudiziari il potere dell’Amministrazione finanziaria di contestare la deducibilità dei costi relativi a beni e servizi direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitti non colposi[9]. La stessa Agenzia delle Entrate nella Circolare n. 32/E ha sottolineato come l’esercizio dell’azione penale da parte del Pubblico Ministero sia di per sé un “atto idoneo ad integrare il presupposto di accesso al regime”. Peraltro, una riflessione merita l’ipotesi in cui la deduzione dei costi di cui si discute venga disconosciuta a seguito di sentenza di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione del reato. Tale fattispecie viene equiparata, ai fini della norma in commento, alle ipotesi di condanna del reo in quanto la sentenza dalla quale risulti la mera prescrizione del reato ascritto non dichiara, nel merito, l’assoluzione dell’imputato e non fa quindi venir meno, ai fini impositivi, l’interesse del legislatore al disconoscimento ai fini fiscali del relativo costo. Al riguardo è tuttavia importante considerare che il soggetto destinatario di una sentenza di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione del reato non deve necessariamente vedersi disconosciuto il suo diritto alla deduzione di quel costo. Infatti nulla pregiudica la facoltà dello stesso di rinunciare alla prescrizione ai sensi dell’articolo 157 del Codice penale al fine di ottenere una sentenza di assoluzione nel merito e, per l’effetto, vedersi riconosciuto il proprio diritto a dedurre i costi sostenuti. 3. La fatturazione per operazioni inesistenti 3.1. Le operazioni oggettivamente inesistenti Il comma 2 dell’articolo 8 D.L. n. 16/2002 è dedicato all’analisi della fattispecie connessa con beni e servizi non effettivamente scambiati o prestati. In particolare, la disposizione citata prevede che, ai fini dell’accertamento delle imposte sui redditi, non concorrono alla formazione del reddito oggetto di rettifica i componenti positivi direttamente afferenti a spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati, entro i limiti dell’ammontare non ammesso in deduzione delle predette spese o altri componenti negativi. L’obiettivo che il legislatore si è posto con l’introduzione della predetta norma è rappresentato dalla volontà di riconoscere, nel rispetto del principio di capacità contributiva, l’inesistenza di elementi positivi di reddito afferenti ai componenti negativi di reddito correlati con beni e servizi non effettivamente scambiati o prestati. Coerentemente con questa impostazione ed in linea con le ordinarie regole di determinazione del reddito imponibile, non sono deducibili i costi relativi ai predetti beni e servizi, non effettivamente scambiati o prestati. 2.3. Il rimborso per mancanza dei presupposti per il disconoscimento della deduzione Il comma 1, ultimo periodo, dell’articolo 8 D.L. n. 16/2012 contiene una disposizione tesa a regolamentare l’ipotesi in cui venga meno il presupposto procedurale in ragione del quale i costi sono stati considerati fiscalmente indeducibili in quanto direttamente utilizzati per il compimento di attività delittuose. Nello specifico, la disposizione prevede che, se a seguito della ripresa a tassazione dei costi da reato, secondo quanto indicato nei paragrafi precedenti, intervenisse una sentenza definitiva di assoluzione ex articolo 530 del Codice di procedura penale (di seguito c.p.p.), oppure una sentenza definitiva di non luogo a procedere ex articolo 425 c.p.p. fondata sulla sussistenza di motivi diversi dalla prescrizione del reato, o, infine, una sentenza definitiva di non doversi procedere ai sensi ex articolo 529 c.p.p. – cioè nell’ipotesi in cui la sentenza sia fondata sul fatto che l’azione penale non doveva essere iniziata o proseguita oppure quando la prova della sussistenza dei requisiti per la procedibilità è insufficiente o contraddittoria – al contribuente spetterebbe il rimborso delle maggiori imposte e dei relativi interessi versati in relazione alla contestata indeducibilità dei costi. Dall’emanazione delle predette sentenze definitive, decorre per il contribuente il dies a quo per il computo dei termini entro cui richiedere la restituzione di quanto indebitamente versato a seguito del disconoscimento della deduzione dei costi. L’Agenzia delle Entrate, con la menzionata Circolare n. 32/E, ha peraltro chiarito che, oltre ad imposte ed interessi, il contribuente è tenuto anche al rimborso delle relative sanzioni. E questo, anche nelle ipotesi in cui le sanzioni siano state pagate in sede di ricorso ad uno degli istituti definitori di cui al D.Lgs. n. 218/1997, di cui al D.Lgs. n. 546/1992 o di cui al D.Lgs. n. 472/1997. Per l’ipotesi di cui al predetto comma 2 dell’articolo 8, il legislatore ha peraltro previsto l’applicazione di una sanzione amministrativa dal 25 al 50%[10] dell’ammontare delle spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati indicati nella dichiarazione dei redditi. Si è in questo modo inteso fornire comunque una risposta all’antigiuridicità della fattispecie in esame, che sarebbe rimasta, in ipotesi contraria, non sanzionata, in considerazione del fatto che le sanzioni amministrative ordinarie dal 100 al 200% ovvero dal 120 al 240% di cui all’articolo 1 D.Lgs. n. 471/1997 non avrebbero trovato applicazione in considerazione del fatto che, apportando al risultato d’esercizio le due variazioni di medesimo ammontare ma di segno opposto non sarebbe emersa alcuna maggiore imposta su cui calcolare le menzionate sanzioni ordinarie. Tuttavia, considerato che gli elementi positivi di reddito sopra indicati sono irrilevanti, ai fini della determinazione del reddito, nel limite dei relativi componenti negativi di reddito, non si può escludere che permanga comunque un imponibile assoggettabile a tassazione, qualora gli elementi positivi di reddito siano di ammontare superiore rispetto a quelli negativi. Questo maggiore imponibile tassabile non sembra possa Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2014 essere considerato rientrante nella disposizione di cui al comma 2 dell’articolo 8 in commento, con conseguente applicazione allo stesso delle sanzioni amministrative ordinarie di cui all’articolo 1 D.Lgs. n. 471/1997 e non della sanzione amministrativa specifica dal 25 al 50%, applicabile peraltro ai costi e non alla misura dei recavi eccedenti. 3.2. Le operazioni soggettivamente inesistenti Le novità introdotte con il D.L. n. 16/2012, seppur non contengano alcuna disposizione espressamente volta al trattamento della fatturazione per operazioni soggettivamente inesistenti, inducono comunque a fare delle riflessioni. In particolare, si osserva che la modifica dell’articolo 4-bis, che fa espresso riferimento ai costi per acquisto di beni e servizi direttamente utilizzati per il compimento di attività costituenti delitti non colposi, non possa ricomprendere in sé anche il costo connesso al pagamento di una fattura emessa da un soggetto diverso da quello che ha ceduto il bene ovvero prestato il servizio. Tale importante statuizione – che trova peraltro conferma sia nella relazione illustrativa al D.L. n. 16/2012 sia nell’interpretazione della norma fornita dall’Agenzia delle Entrate con la Circolare n. 32/E/2012 – non fa tuttavia venir meno la necessità di vagliare la sussistenza delle condizioni ordinariamente poste alla base della deduzione di un costo. La menzionata Circolare infatti, dopo aver riconosciuto l’effetto della disposizione novellata in merito alla deduzione dei costi per fatture relative ad operazioni soggettivamente inesistenti, ben si cura di ricordare che la deducibilità di detti costi “è comunque subordinata all’esistenza dei requisiti di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità previsti dal testo unico delle imposte sui redditi”. Ovviamente, anche in [1] L’ambito di applicazione della norma è stato peraltro ampliato dall’articolo 36, comma 34-bis, della Legge (di seguito L.) n. 223/2006, secondo cui la disposizione di cui al comma 4 in commento si interpreta nel senso che i proventi illeciti ivi indicati, qualora non siano classificabili nelle categorie di reddito di cui all’articolo 6, comma 1, del Testo unico delle imposte sui redditi (di seguito TUIR), sono comunque considerati come redditi diversi. [2] Si riporta di seguito la versione del comma 4-bis previgente nonché quella vigente, così come modificata dall’articolo 8, comma 1, del Decreto Legge (di seguito D.L.) n. 16/2012: (i) versione previgente: “Nella determinazione dei redditi di cui all’articolo 6, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, non sono ammessi in deduzione i costi o le spese riconducibili a fatti, atti o attività qualificabili come reato, fatto salvo l’esercizio di diritti costituzionalmente riconosciuti”; (ii) versione vigente: “Nella determinazione dei redditi di cui all’articolo 6, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, non sono ammessi in deduzione i costi e le spese dei beni o delle prestazioni di servizio direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo per il quale il pubblico ministero abbia esercitato l’azione penale o, comunque, qualora il giudice abbia emesso il decreto che dispone il giudizio ai sensi dell’articolo 424 del codice di procedura penale ovvero sentenza di non luogo a procedere ai sensi dell’articolo 425 dello stesso codice fondata sulla sussistenza della causa di estinzione del reato prevista dall’articolo 157 questa ipotesi, come già visto per le operazioni oggettivamente inesistenti, rimane in ogni caso indeducibile il costo sostenuto per commettere il reato, ravvisabile nel compenso corrisposto dall’utilizzatore della fattura a chi l’ha emessa. 4. Gli effetti della disposizione ai fini IRAP L’ultimo periodo del comma 3 dell’articolo 8 D.L. n. 16/2012 prevede infine l’applicazione delle disposizioni commentate nei paragrafi precedenti anche all’Imposta regionale sulle attività produttive (di seguito IRAP). Pertanto, la ripresa a tassazione dei costi per l’acquisto di beni e servizi direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitti non colposi avrà ad oggetto anche la determinazione della base imponibile IRAP. Tanto vale anche nelle ipotesi di rimborso a seguito di sentenza di assoluzione. L’Agenzia delle Entrate, con la Circolare n. 32/E, ha peraltro precisato che anche le disposizioni relative alle fatturazioni per operazioni oggettivamente inesistenti hanno valenza ai fini IRAP. Nello specifico, nella menzionata Circolare è chiarito che la sanzione unica, nella misura dal 25 al 50%, ha valenza ai fini sia delle imposte sui redditi che dell’IRAP. Elenco delle fonti fotografiche: http://www.formiche.net/wp-content/uploads/2013/09/Tasse.jpg [25.07.2014] http://www.rivistafiscaleweb.it/wp-content/uploads/2013/03/avvocato_martello_4102.jpeg [25.07.2014] del codice penale. Qualora intervenga una sentenza definitiva di assoluzione ai sensi dell’articolo 530 del codice di procedura penale ovvero una sentenza definitiva di non luogo a procedere ai sensi dell’articolo 425 dello stesso codice fondata sulla sussistenza di motivi diversi dalla causa di estinzione indicata nel periodo precedente, ovvero una sentenza definitiva di non doversi procedere ai sensi dell’articolo 529 del codice di procedura penale, compete il rimborso delle maggiori imposte versate in relazione alla non ammissibilità in deduzione prevista dal periodo precedente e dei relativi interessi”. [3] L’articolo 8, comma 3, D.L. n. 16/2012, ha introdotto una disciplina transitoria secondo la quale le novità legislative si applicano, ove più favorevoli e sempre che i relativi provvedimenti dell’Agenzia delle Entrate non siano divenuti definitivi, anche a fatti o atti avvenuti prima della entrata in vigore delle modifiche normative in commento. [4] In linea con le osservazioni riportate si è espressa anche l’Agenzia delle Entrate con la Circolare n. 32/E del 3 agosto 2012. Si rinvia al successivo paragrafo 3 per l’analisi delle implicazioni connesse con le operazioni oggettivamente e soggettivamente inesistenti. [5] Per una più dettagliata analisi di tale aspetto, si rinvia alle considerazioni contenute nella Circolare Assonime n. 14 del 28 maggio 2012. [6] Una riflessione in tale ambito attiene alla differenza tra le ipotesi di spese e costi relativi ad attività illecite nel loro complesso e le ipotesi di spese e costi relativi a singoli atti illeciti compiuti in un’attività imprenditoriale o professionale in sé lecita. In merito al primo caso, dubbi e perplessità rispetto alla precedente disciplina permangono. Infatti, se un’attività è totalmente illecita, anche nel nuovo assetto normativo, viene tassata sulla base dei ricavi lordi e cioè con un prelievo senza dubbio più oneroso rispetto a quello fissato per un’attività imprenditoriale non costituente fattispecie delittuosa e ciò in quanto liceità o illiceità non costituiscono elemento di differenziazione tale da influire sulla capacità contributiva dei soggetti. [7] Non si esclude infatti che comunque a livello pratico, soprattutto in ipotesi di imprese di rilevanti dimensioni, permanga la difficoltà di individuare i costi in argomento. [8] Sarebbe al riguardo legittimo domandarsi se in tale ipotesi non fosse più corretto limitare l’indeducibilità del costo alla misura di utilizzo di quel bene o servizio per il compimento del delitto non colposo. [9] La disposizione pone nella pratica peraltro un problema di coordinamento tra autorità giudiziaria ed amministrazione finanziaria, necessario anche in considerazione del fatto che il disconoscimento della deduzione dei costi deve in ogni caso essere effettuato entro gli ordinari termini di accertamento, eventualmente raddoppiati nell’ipotesi di reato di cui al Decreto Legislativo (di seguito D.Lgs.) n. 74/2000. Di tale esigenza è peraltro consapevole l’Agenzia delle Entrate, come si evince dalla menzionata Circolare n. 32/E del 2012. [10] La medesima disposizione prevede inoltre che in nessun caso si applicano le disposizioni di cui all’articolo 12 D.Lgs. n. 472/1997, e che la sanzione è riducibile esclusivamente ai sensi dell’articolo 16, comma 3, D.Lgs. n. 472/1997. 33 34 Diritto tributario internazionale e dell’UE Why incorporate in Delaware: race to the top, race to the bottom or race to the tax haven? Ariel Siman SJD candidate, University of Michigan Why do so many U.S. corporations incorporate in Delaware? This paper will provide a short review of the literature concerning both the tax and non-tax considerations that play a role in corporations’ choice of place of incorporation. Hopefully, this review will contribute to the current policy debate in Europe concerning both corporate competition and tax competition among European Union Member States Delaware is the unchallenged corporate law capital of America[1]. This small State – which has a population of less than one-third of one percent of the nation – is the State of incorporation for more than fifty percent of U.S. public companies and more than sixty percent of the Fortune 500[2]. Moreover, on an ongoing basis seventy five percent of all initial public offerings in the United States are incorporated in Delaware[3]. Why do so many U.S. corporations incorporate in Delaware? There is not one answer to this question, but many. This question has been for a long time the topic of a substantial body of research in the legal finance literature and recently begun attracting the attention of tax scholars[4]. This paper will provide a short review of the literature concerning both the tax and non-tax considerations that play a role in corporations’ choice of place of incorporation. Hopefully, this review will contribute to the current policy debate in Europe concerning both corporate competition (since European corporations have become free to choose their country of incorporation among the European Union)[5] and tax competition (since tax competition among European countries has increased following the gradual removal of barriers to the mobility of capital in the European community)[6]. 1. Non-tax considerations in incorporating A central feature of the US corporate environment is the presence of regulatory competition in corporate law. This competition is the result of the internal affairs doctrine, under which the “internal affairs” of corporations are governed by and are subject to the corporate law of the State in which they have chosen to incorporate[7]. Whether this competition works well has been one of the most hotly debated questions among corporate law scholars in the last quarter of a century[8]. While there is no doubt that Delaware is the winner of this “race”, the question is still whether Delaware’s dominance has been the result of a “race to the bottom” or a “race to the top” competition. 1.1. The “race to the top” approach The “race to the top” approach suggests that States compete to offer corporate law rules that maximize shareholders value. On this view, “States will compete by seeking to make their corporate law attractive to shareholders. States successful in attracting incorporations would be those that offer rules that maximize shareholder wealth” [9]. According to this view, Delaware’s dominance flows from its success in providing the best, most efficient set of governance laws available. More specifically, the claim is that there is a mix of tangible and non-tangible factors that make Delaware so appealing to shareholders (and other stakeholders) of corporations (and other business forms). The Delaware General Corporation Law is claimed to constitute a significant strength that attracts corporations to incorporate in Delaware. The law is allegedly “the most advanced and flexible business formation statute in the nation”[10]. For example, the law allows limiting the liability of directors in the corporate charter and by that helps mitigating the problems related to the high cost of liability insurance for directors and officers that threatened to deprive businesses of able leader[11]. In addition, it is claimed that Delaware’s law is more agile and adaptable than the laws of sister States or of the federal government, since it enjoys comparative political ease in which its corporate law can be modified to meet developments in business[12]. Delaware’s stable court system is claimed to be another significant strength that attracts corporations to incorporate in the State. The claim is that the Delaware court system provides for efficient results by requiring all corporate law issues to be brought before a specialized non-partisan Court of Chancery, where there are no juries[13]. Over time, the Court of Chancery developed expertise in corporation law matters. Its reputation for expertise led to more cases being brought to the Court and, over time, more expertise. Its reputation and importance have also permitted the Court to attract even better lawyers (or even the best in the nation) to serve in the Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2014 court [14]. The absent of juries (and punitive damages) also minimizes emotional and uncertain outcomes[15]. It is also claimed that further efficiency is obtained by Delaware’s appeal process. Appeals of corporate law issues are heard directly by the Delaware Supreme Court and this structure provides certainty by enabling rapid resolution of corporate law issues[16]. Moreover, Delaware’s stable court system enables the legislator to state the statutory standards in general terms, leaving courts to fill in the interstices and by that avoiding odd and unintended result which are created by “bright line rules”, which are more common in other jurisdictions[17]. In sum, under the “race to the top” approach, due to a mix of strengths (and the synergies between them) Delaware has the best and most efficient set of corporate governance laws, resulting in a corporate law framework that efficiently serves the interests of the shareholder [20]. notion is that management of a corporation that is the target of a hostile takeovers has an interest in having a legal regime that allows it to use defensive tactics to defeat tender offers (e.g., if the hostile takeover takes place, the managers will probably not retain their jobs). Indeed, the supporters of the “race to the bottom” approach claim that the competition process caused (all) States to allow many forms of defensive tactics to defeat tender offers, including poison pills[22]. This view of State competition in takeover law suggests that State competition provides strong incentives for States – including Delaware – to restrict takeovers excessively. It is important to note that this approach does not necessarily claim that Delaware has the worst set of governance laws – from the shareholder perspective – but rather that the competitive pressures have moved the States as a whole, including Delaware, in a negative direction in some areas of the law where there is a divergence of interest between managers and shareholders. In sum, the “race to the bottom” approach provides the presence of regulatory competition in corporate law creates an incentive for States to provide rules that are too favorable to corporate managers and controllers with respect to areas of the law where there is a divergence of interest between managers and shareholders (e.g., issues that have an effect on the private benefits of managers and controllers). 1.2. The “race to the bottom” approach The “race to the bottom” approach is more skeptical with respect to whether and to what extent the regulatory competition works well. Under this approach, competition encourages States to provide rules that are too favorable to corporate managers and controllers with respect to issues that have an effect on the private benefits of managers and controllers. The claim is that States have an interest in maximizing the number of companies that are incorporated within their jurisdiction and that managers (more than shareholders) have significant control over reincorporation decisions. Hence, so goes the argument, States desire to satisfy managerial interests. Where there is a divergence of interest between managers and shareholders, this desire to satisfy managerial interests is of great concern. The concern is that the regulatory competition process allows managers to benefit at the expense of the shareholders, at least in areas that have an effect on the private benefits of managers and controllers[21]. One of the prominent areas of corporate law that has an effect on the private benefits of managers and controllers is “hostile takeovers”. The 2. Tax considerations in incorporating: “Domestic Tax Heaven” approach The tax considerations that play a role in a United States (hereafter U.S.) corporation’s choice of place of incorporation attract the attention of tax scholars in the last few years[23]. Several articles in the popular press and some tax scholars even named Delaware as a “Domestic Tax Haven”[24]. Why Delaware is so attractive to U.S. corporations from the tax perspective? One main reason is a special income tax exemption that Delaware grants for corporations whose activities are limited to owning and collecting income from intangible assets (Delaware Holding Companies)[25]. This exemption was repeatedly exploited in many tax avoidance schemes. In the most common scenario, a corporation which has subsidiaries in high tax jurisdictions transfers its intangible assets (e.g., logos and trademarks) to a subsidiary corporation it has created in Delaware[26], which is often referred to a “passive investment company” (hereafter PIC). The subsidiaries located in a high-tax State then pays royalties to the PIC for the right to use the intangibles (e.g., to display the PIC’s logo and trademarks). These royalties are tax-deductible for the subsidiaries located in the high-tax jurisdictions[27] and hence can be used to mitigate the corporate income tax liability in the States in which the corporation is actually operating and earning its profits. On the same time, the royalty payments are exempted by Delaware[28]. This notorious tax shelter was used most famously by Toy's “R” Us, where a Delaware PIC generated $55 million of royalty income in 1990 with corresponding royalty deductions taken by Toy's “R” Us in other high-tax jurisdictions[29]. The sums involved in this strategy were in some cases enormous as an illustrated by a case where a retail conglomerate shifted more than $949 million from high-tax jurisdictions (Ohio and North Carolina) to a Delaware company in royalties[30]. Another tax strategy became famous in a series of articles in the Wall Street Journal[31], Other strengths of the Delaware system include the “businessfriendly” Delaware’s State Government that puts a high priority on corporation law matters; Delaware’s Division of Corporation, which is “a model state-of-the-art efficiency” [18] and a staff that “provides prompt, friendly and professional service to clients, attorneys, registered agents and others” [19]. 35 36 Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2014 which exposed how Walmart saved millions of dollars in State income taxes by transferring real estate to a special entity and then renting exactly the same real estate from that entity[32]. While some high-tax jurisdictions have tried to close Delaware’s tax loopholes (e.g., passing specific legislation to deal with The Toy’s “R” Us loophole), Delaware has responded and made “efforts to keep a firm hold on its reputation as the nation’s foremost corporate tax haven”[33] by creating new loopholes (e.g., approving and promoting a new corporation category: “Headquarters Management Corporation”, which was already described in a popular press article as a “new kind of tax shelter”)[34]. It should be emphasized that rather than being an “International Tax Haven”, Delaware is mainly a “Domestic Tax Haven” that helps U.S. corporations to avoid paying taxes to other U.S. States. As such, a U.S. Corporation will pay the same taxes both to the U.S. federal government and to other countries, whether it is located in Delaware, New-York or Michigan[35]. It was also claimed that Delaware attracts corporation due to the ability to form corporations almost anonymously[36] and that Delaware is one of the few States which “took an early lead in offshore secret incorporations, and remain leaders today” [37]. The formation of companies with hidden owners can be and is being used, among other, to facilitate underreporting of income, fictitious deductions, non-filing of tax returns and participating in listed transactions[38]. In July 2006, a report of the Financial Action Task Force (hereafter FATF), an international body that sets standards for the fight against money laundering, terrorist financing and other threats to the international financial system, criticized the U.S. for failing to comply with a FATF standard on the need to collect beneficial ownership information[39]. The report mentioned that under Delaware’s laws “there is no obligation to file the name of any shareholder or beneficial owner when establishing either a corporation or an LLC […]” [40] and that “In the case of the states visited [i.e. Delaware and Nevada], the company formation procedures and reporting requirements are such that the information on beneficial ownership may not be adequate and accurate, and competent authorities would not be able to access this information in a timely fashion” [41]. Following the FATF report, Senator Carl Levin introduced in 2008 the “Incorporation Transparency and Law Enforcement Assistance Act”, which mandates the collection of beneficial owner information[42]. The bill, that was introduced again before the 113th Congress (2013-2014) mentions that very few States obtain meaningful information about the beneficial owners of the corporations and that “A person forming a corporation or limited liability company within the United States typically provides less information to the State of incorporation than is needed to obtain a bank account or driver’s license and typically does not name a single beneficial owner”. As for the situation in Europe, the bill notes that: “In contrast to practices in the U.S., all 28 countries in the European Union are required to have formation agents identify the beneficial owners of the corporations formed under the laws of the country”. In a statement before the 113th Congress (2013-2014) on August 1st 2013 Senator Levin referred to the “race to the bottom” between U.S. States concerning corporate secrecy and noted: “I wish the States could solve this law enforcement problem on their own, but ongoing competitive pressures make it unlikely that the States will do the right thing. It’s been nearly seven years since our 2006 hearing on this issue... with no progress to speak of, despite repeated pleas from law enforcement” [43]. Senator Levin also referred to the lack of consistency in the U.S. approach and said “if we want to stop inappropriate corporate secrecy offshore, we need to stop it here at home as well” [44]. However, so far this bill has languished in Congress and is currently sitting in the Committee on the Judiciary, because of opposition by the States and other parties. Among the concerns expressed by the opponents is privacy issues, the corporate “tradition” of States like Delaware, differences over the definition of the term “beneficial owner”, the perception that the bill is an unfunded mandate and the fear that new corporations will be formed outside the U.S.[45]. In sum, the “tax heaven” approach provides that Delaware attractiveness as a place of incorporation partly derives from tax consideration and particularly from Delaware’s special tax rules for investment income and the ability to form corporations almost anonymously. Under this approach, tax competition (or “race to the bottom”) creates an incentive for small States to offer tax rules which are (too) favorable to corporations who operate in other high-tax jurisdictions. 3. Conclusion There is no one explanation as to why Delaware became home of so many corporations, including a majority of U.S. public corporations. As noted above, Delaware dominance as a place of incorporation can be the result of either a “race to the top” or a “race to the bottom” with respect to regulatory competition in corporate law. Tax competition may also play a role in its attractiveness of Delaware for corporations. While there is no consensus among scholars as to which explanation is correct, this controversy concerning corporate and tax competition is highly relevant for current policy debate in Europe, as European corporations have become free to choose their country of incorporation among the European Union and as tax competition among European countries had forced them to forgo tax revenue. Hopefully, this paper will contribute to this needed debate. Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2014 Elenco delle fonti fotografiche: http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/9/91/Delaware_in_United_States_(zoom)_(US48).svg/1181px-Delaware_in_United_ States_(zoom)_(US48).svg.png [25.07.2014] ht tp://i 473. p h o to b u cke t . co m/a lb um s/r r 9 4/ch ar r i s G O P/t a x . jp g [25.07.2014] [1] Wilson David M., Climate Change: The Real Threat to Delaware Corporate Law, Why Delaware Must Keep a Watchful Eye on the Content of Political Change in the Air, Entrepreneurial Bus. LJ 5: 481, 481 (2010). [2] Bebchuk Lucian Arye/Assaf Hamdani, Vigorous race or leisurely walk: reconsidering the competition over corporate charters, Yale Law Journal, 553-615, 553 (2002); Greenfield Kent, Democracy and the dominance of Delaware in corporate law, Law & Contemp. Probs. 67, 135 (2004). [3] See Wilson David M., supra note 1, at 489. [4] See Dyreng Scott D./Lindsey Bradley P./Thornock Jacob R., Exploring the role Delaware plays as a domestic tax haven, Journal of Financial Economics 108, n. 3 (2013): 751-772; Charron Nancy, Delaware Enhances Haven Status With Headquarters Management Corporation, State Tax Today (November 26th 2004); Mazerov Michael, Closing three common corporate income tax loopholes could raise additional revenue for many states, Montana 9, n. 7.7 (2003): 7-1; Chirinko Robert S./ Wilson Daniel J., Tax competition among US states: racing to the bottom or riding on a seesaw?, n. 3535. CESifo working paper: Public Finance (2011). [5] Bebchuk Lucian/Alma Cohen, Firms decisions where to incorporate, n. w9107, National Bureau of Economic Research (2002). [6] Appel Hilary, International imperatives and tax reform: Lessons from postcommunist Europe, Comparative Politics-New York-39, n. 1 (2006): 43. [7] See Greenfield Kent, supra note 2, at 135-138 (“Delaware’s ability to define the rules of corporate governance depends on the so called «internal affairs» doctrine, which provides that the rules governing the internal affairs of a corporation [that is, the rules of corporate governance] originate from the state in which the corporation is chartered. This is in contrast with conflictof-laws principles that apply in all other areas of law”). [8] See Bar-Gill Oren/Barzuza Michal/Bebchuk Lucian, The market for corporate law, n. w9156, National Bureau of Economic Research (2002) and Bebchuk Lucian/Alma Cohen, supra note 5, at 383384. [9] Bebchuk Lucian/Ferrell Allen, A new approach to takeover law and regulatory competition, n. w8148, National Bureau of Economic Research, 22 (2001). [10] State of Delaware – Division of Corporations (https://corp.delaware.gov/faqs.shtml [25.07.2014]). [11] Lewis Black S., Why corporations choose Delaware, United States Corporation Company (1999). [12] Bissell Rolin P., The race to the top in state corporate law: The Delaware Model, Washington Legal Foundation, Working Paper Series n. 126 (2004). [13] See Wilson David M., supra note 1, at 486. [14] See Lewis Black S., supra note 11, at 5-7. [15] See Wilson David M., supra note 1, at 486. [16] Id. [17] Including jurisdictions that adopted the Model Business Corporations Act and see: Dooley Michael P./Goldman Michael D., Some Comparisons Between the Model Business Corporation Act and the Delaware General Corporation Law, Bus Law 56: 737, 765 (2000). [18] See supra note 10. [19] Id. [20] A similar explanation is that Delaware had in the past the best and most efficient set of governance laws, but Delaware’s domination in the market for incorporations continues in the recent years because its laws are more familiar nationally. Under this approach, law schools traditionally focus on Delaware corporate law and lawyers rationally learn the corporate law of only Delaware and their home State. Hence, Regardless of the quality of the current laws of other States, Delaware incorporation is likely to be favored by law firms and lawyers will not recommend incorporating outside of Delaware because they are unfamiliar with those laws (See Carney William J./Shepherd George B./Shepherd Bailey Joanna, Lawyers, Ignorance, and the Dominance of Delaware Corporate Law, Harv. Bus. L. Rev. 2 [2012]: 123). [21] See Bebchuk Lucian, Federalism and the Corporation: The Desirable Limits on State Competition in Corporate Law, 105 Harv. L. Rev. 1435 (1992); Bebchuk Lucian/Ferrell Allen, supra note 9; Bebchuk Lucian/Alma Cohen, supra note 5, at 383384; Bar-Gill Oren/Barzuza Michal/Bebchuk Lucian, supra note 8. [22] See Bebchuk Lucian/Ferrell Allen, supra note 9. [23] See supra note 4. [24] See Dyreng Scott D./Lindsey Bradley P./Thornock Jacob R., supra note 4 and: http://www.nytimes.com/2009/05/30/business/30delaware. html [25.07.2014]; http://www.economist.com/ node/13382279 [25.07.2014]. [25] Del. Code section 1902(b)(8) (“The following corporations shall be exempt from taxation under this chapter: […] Corporations whose activities within this State are confined to the maintenance and management of their intangible investments or of the intangible investments of corporations or statutory trusts or business trusts registered as investment companies under the Investment Company Act of 1940, as amended [15 U.S.C. 80a-1 et seq.] and the collection and distribution of the income from such investments or from tangible property physically located outside this State”). [26] Or to Nevada, which that does not have a corporate income tax at all. [27] Most States in the U.S. permit the deduction of “ordinary and necessary expenses” in conducting the business or producing income from the amount of gross income (State Tax Guide, all States [CCH], 2513 [2010]). While the payment of royalties is generally considered as an “ordinary and necessary expenses” (just like any other cost of business), some courts have denied the deduction for royalty expense where the royalty expense “resulted not as an ordinary, necessary incident in the conduct of the taxpayer’s business, but instead was created solely for the purpose of effectuating a camouflaged assignment of income” (Stms Corp. vs. Commisioner of Revenue, No. SJC-08513, Mass. Sup. Jud. Ct. [2002]). In addition, some States enacted statutory deduction disallowance provisions, which deny deductions for royalty and interest payments made to a holding company based in a tax haven State. For example, “Under the North Carolina provision, if a North Carolina corporate taxpayer pays royalties to an out-of-state affiliate for the use of a trademark, either the company receiving the royalty must file a North Carolina return and report the royalties as income (in which case the payer may deduct the related royalty expense), or the company cannot deduct the royalty expense related to the use of the intangibles in North Carolina” (see Bauman Christine C./Schadewald Michael S., More States Challenge Trademark Holding Companies, CPA J. [Apr. 2004]). [28] See Dyreng Scott D./Lindsey Bradley P./Thornock Jacob R., supra note 4, at 754-755. [29] See Geoffrey, Inc. v. South Carolina, 437 S.E.2d 13 (1993), where the Supreme Court of South Carolina upheld the imposition of South Carolina income tax on the these royalties of a nonresident Delaware holding company with no physical presence in Carolina. [30] See: In the Matter of Secretary of Revenue v. A&F Trademark, Inc. et al, North Carolina Tax Review Board, May 7, 2002. [31] Drucker J., Retailer has no stores, as spat lays bare, The Wall Street Journal, November 14, 2007, C1; Drucker J., Wal-Mart cuts taxes by paying rent to itself, The Wall Street Journal, February 1, 2007. See also: Exploring the Role Delaware Plays as a Domestic Tax Haven. [32] Under this Strategy, Walmart transferred real estate, which was used for Walmart’s stores in high-tax jurisdictions, to a Real Estate Investment Trust (REIT) owned by Walmart. Then, the REIT Collected rent from the stores based on a percentage of the sales of the stores. The REIT distributed its earning as dividends to a Delaware parent. The tax results were as follows: the rent was deductible by the subsidiaries in the high-tax jurisdiction (as a cost of doing business); the REIT distributed its income to a Delaware parent company as a dividend and as a result received a dividends paid deduction (REIT is permitted to deduct dividends paid to shareholders from its taxable income); and the Delaware parent was exempted from paying tax on the dividend income from the REIT, since Delaware statute does not impose a corporate tax on investment income. [33] See Charron Nancy, supra note 4. [34] Nitkin David, Plan for tax breaks decried, The Baltimore Sun (10.05.2004). Can be find at: http://articles.baltimoresun.com/2004-10-05/ news/0410050217_1_ehrlich-schaefer-maryland [25.07.2014]. 37 38 Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2014 [35] Pollack Sheldon D., Delaware: Tax Haven or Scapegoat?, 66 State Tax Notes 53 (2013). [36] Gnaedinger Charles, Thanks to Delaware, U.S. Leads in Financial Secrecy, (nov. 2009) State Tax Today (2004). [37] See the Financial Secrecy Index of Tax Justice Network (http://www.financialsecrecyindex. com/PDF/USA.pdf [25.07.2014]). [38] See “Dirty Dozen” list of tax scams published by the IRS: http://www.irs.gov/uac/Newsroom/IRSReleases-the-Dirty-Dozen-Tax-Scams-for-2013 [25.07.2014]. Disguised Corporate Ownership were among the “Dirty Dozen” tax scams during the years 2007, 2008, 2009, 2010, 2011, 2012 and 2013. [39] See Third Mutual Evaluation Report on AntiMoney Laundering and Combating the Financing of Terrorism, United States (2006) (http://www. fatf-gafi.org/media/fatf/documents/repor ts/ mer/MER%20US%20full.pdf [25.07.2014]). [40] Id. 231. [41] Id. 236-237. [42] U.S. Senate Bill S.2956 and see similar bills: U.S. Senate Bill S.1483, U.S. Senate Bill 1465 and House Bill H3416. [43] Senate Floor Statement on Introduction of the Incorporation Transparency and Law Enforcement Assistance Act, at: http://www.levin.senate. gov/newsroom/speeches/speech/senate-floorstatement-on-introduction-of-the-incorporation-transparency-and-law-enforcement-assistance-act#sthash.3kfYod3S.dpuf [25.07.2014]. [44] Id. A recent article at the New York Times also referred to secrecy laws of Delaware and to this lack of consistency: “Our State and Treasury Departments routinely identify countries that are havens for financial crimes. But, whether because of shortsightedness or hypocrisy, we overlook the financial crimes that are abetted in our own country by lax state laws. While the problem is concentrated in Delaware, there has been a «race to the bottom» by other states that have enacted corporate secrecy laws to try to attract incorporation fees” (Cassara John A., Delaware, Den of Thieves?, New York Times, November 1, 2013). [45] Morrissey John, Financial Action Task Force Adopts Revisions to 40 Recommendations; U.S. Noncompliance and Audits Could Prompt Legislative Action, National Corporate Research, Ltd, April 16, 2012. Offerta formativa Seminari e corsi di diritto tributario Sì, sono interessata/o e desidero ricevere maggiori informazioni sui seguenti corsi: Master of Advanced Studies □ Diritto Economico e Business Crime Certificate of Advanced Studies Dati personali Nome Cognome Telefono E-mail □ Imposta sul valore aggiunto □ Approfondimenti di diritto tributario Altri corsi formativi □ Fiscalità e diritto finanziario Seminari □ La Riforma III dell'imposizione delle imprese Indicare l’indirizzo per l’invio delle comunicazioni 25 settembre 2014, Manno Azienda/Ente □ Aggiornamento imposta preventiva 29 ottobre 2014, Cadempino Via e N. □ Calcio e business: profili legali ed economici 6-7 novembre 2014, Paradiso NAP Località Approfondimenti di diritto tributario □ I principi dell'imposizione delle Data società di capitali e delle società di persone Firma □ Il trattamento fiscale degli immobili e dei loro redditi □ Il trattamento fiscale dei prodotti finanziari e dei loro redditi Inviare il formulario Per posta SUPSI Centro competenze tributarie Palazzo E Via Cantonale 16e CH-6928 Manno Via e-mail [email protected] Via fax +41 (0)58 666 61 76
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