Tagli, il piano in due tempi

LUNEDÌ 7 APRILE 2014 ANNO 53 - N. 14
www.corriere.it
Milano, Via Solferino 28 - Tel. 02 62821
Roma, Piazza Venezia 5 - Tel. 06 688281
Roncalli e Wojtyla
Il cardinale Poupard:
«I miei due Papi santi»
Oggi
su
Risparmio
Rendimenti bassi:
come guadagnarci
Salone del Mobile
Idee e produzione
L’energia creativa
Armando Torno
a pagina 25
CorrierEconomia
Drusiani, Marvelli e
Sabella nel supplemento
Da domani in regalo
uno speciale di 80 pagine
SANITÀ E SPRECHI
L’EQUITÀ NEGATA
Giannelli
Riforme
Brunetta attacca:
l’ex sindaco
vuole distruggerci
di TOMMASO LABATE
A PAGINA 8
Riforme: Forza Italia è divisa sulla linea da tenere con la maggioranza. Il governo, nell’eventualità che
Berlusconi si sottragga all’accordo
sancito con Renzi, il «patto del Nazareno», lancia un avvertimento. Il
ministro Maria Elena Boschi: «Se
Forza Italia dovesse sfilarsi dall’accordo, i numeri per andare avanti ci
sarebbero comunque».
«patrioti» in cella, i «serenissimi»: episodi da decifrare. Ma il
popolo veneto non va criminalizzato.
A PAGINA 33 - A PAGINA 9 Marco Cremonesi
Il premier: sforbiciate su Motorizzazione e consorzi
di ANTONELLA
BACCARO
Coppa Davis, Italia in semifinale dopo 16 anni
Titoli di Stato
T
agli alla spesa pubblica:
il viceministro Enrico
Morando spiega che le operazioni quest’anno saranno
straordinarie, ma diventeranno strutturali entro il
2016. Il premier Matteo Renzi: sforbiciate su Motorizzazione e consorzi.
Quei risparmi
per 3 miliardi
sui tassi
ALLE PAGINE 2 E 3 Piccolillo
A PAGINA 3
di STEFANIA
TAMBURELLO
REUTERS / ALESSANDRO BIANCHI e CIRO DE LUCA
A PAGINA 5 Galluzzo, S. Rizzo
Impresa di Fognini I
Risorge il tennis
mpresa degli azzurri del tennis
in Coppa Davis: battuta (3-2) la
Gran Bretagna a Napoli. Fognini,
sostenuto dall’amica Flavia
Pennetta (nel tondo), ha travolto
Murray. Di Seppi il punto decisivo.
Italia in semifinale dopo 16 anni.
di ROBERTO PERRONE
A PAGINA 49
© RIPRODUZIONE RISERVATA
di SERENA DANNA
CONTINUA A PAGINA 33
I
Tagli, il piano in due tempi
Ma la Silicon Valley è conformista?
opo le dimissioni di Brendan Eich, il
ceo di Mozilla, organizzazione per il
software libero, costretto a lasciare per le
sue posizioni contro i matrimoni gay, sono
in tanti a chiedersi se il conformismo liberal non si sia impadronito della Silicon
Valley. Eich, stimato professionista della
programmazione e inventore del linguaggio Javascript, è stato licenziato per aver finanziato nel 2008 la Proposition 8, il referendum popolare che fino allo scorso anno ha reso illegale in California i matrimoni tra persone dello stesso sesso.
di MARZIO BREDA
Parla Morando (Economia): operazioni straordinarie nel 2014, strutturali entro il 2016
La più grande democrazia al mondo
Il voto lungo un mese
della nuova India
di DANILO TAINO
L’
India al voto per la
svolta. Le elezioni dureranno fino al 12 maggio.
Dopo dieci anni di coalizione, il partito del Congresso,
gestito dall’indipendenza
del 1947 dalla dinastia
Nehru-Gandhi, scivola
verso una sconfitta storica.
Il favorito, Modi, punta per
vincere su valori e crescita.
A PAGINA 12
Il manager costretto a lasciare Mozilla per le sue idee sui matrimoni gay
D
IL VENETO? UN ERRORE
COLPEVOLIZZARLO
DA PAGINA 6 A PAGINA 11
L’inchiesta
Il caso
«Bimbi adescati»
Arrestato
l’ambasciatore
in Turkmenistan
Dama bianca
Il mistero
della cattura
anticipata
di FIORENZA SARZANINI
di FULVIO BUFI
ALLE PAGINE 18 E 19 Caccia
dejavu.it
Poste Italiane Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 conv. L. 46/2004 art. 1, c1, DCB Milano
9 771120 498008
40 4 0 7>
frastrutture, ricerca, personale e accesso alle cure più
innovative». Non è un risultato scontato, visto che anche in questa materia lo Stato, a causa del Titolo V della
Costituzione, deve scendere
a patti col sistema delle autonomie, ma è il minimo
che si possa fare. Secondo il
rapporto del commissario
per la revisione della spesa,
Carlo Cottarelli, l’incidenza
della spesa sanitaria pubblica sul Prodotto interno lordo è salita dal 5,7% del 2000
al 7,1% del 2013. Dal 2009 le
uscite non crescono più, essendosi fermate intorno a
111 miliardi di euro l’anno,
ma il peso sul Pil, dice il
commissario, deve scendere
se l’Italia vuole riuscire a ridurre le tasse. Si può fare, a
partire dall’applicazione di
criteri uniformi negli acquisti (costi standard), dalla famigerata siringa agli appalti
più importanti. E invece,
proprio a causa della gestione inefficiente della Sanità,
metà delle Regioni sono
commissariate, col risultato
che i cittadini pagano pesanti addizionali Irpef per
coprire i buchi di bilancio. Il
tutto mentre il 50% degli assistiti e il 70% delle ricette
sono esenti dal pagamento
del ticket, con punte dell’86% nel Sud. Uno spreco
inaccettabile ai danni degli
onesti: prestazioni regalate
agli evasori mentre c’è chi
non ha i soldi per andare dal
dentista.
Il Def che Renzi varerà
domani sarà diverso dai precedenti solo se conterrà un
credibile percorso pluriennale di tagli strutturali della
spesa pubblica, come premessa di altrettanti tagli
permanenti delle tasse. Non
ci possono più essere zone
franche. È stato lo stesso
Renzi a dirlo, ponendo giustamente anche il tema delle
spese militari. Sanità e pensioni sono i principali capitoli di spesa del bilancio.
Tutti sappiamo che contengono ampie sacche di spreco. Adesso vanno rimosse.
Boschi: andiamo avanti anche senza di loro su Senato e legge elettorale
Forza Italia divisa sul patto con Renzi
Ultimatum del governo a Berlusconi
di ENRICO MARRO
I
Servizio Clienti - Tel 02 63797510
mail: [email protected]
Del lunedì
NON È SOLO UNA QUESTIONE DI NUMERI
n queste ore alla presidenza del Consiglio e al
ministero dell’Economia si stanno facendo
le ultime verifiche sul testo
del Def, il Documento di
economia e finanza che domani verrà approvato dal governo, il piano triennale che,
nelle intenzioni di Matteo
Renzi, dovrà conciliare il rilancio della crescita con il rispetto del percorso di risanamento dei conti pubblici
(«non perché ce lo chiede
l’Europa, ma per i nostri figli»).
Al centro della manovra
per il 2014 ci sarà il taglio, da
maggio, delle tasse di 80 euro al mese per i lavoratori dipendenti che guadagnano
fino a 1.500 euro netti, ha
promesso lo stesso presidente del Consiglio, per un
costo su base annua di 10
miliardi. Per il periodo maggio-dicembre il governo deve quindi trovare 6,6 miliardi per finanziare lo sgravio
Irpef. Le coperture ci sono
tutte e verranno dai tagli di
spesa, assicura Renzi. La
credibilità dell’operazione
bonus in busta paga si misurerà, in Italia e in Europa,
proprio su questo, cioè su
quanta parte delle risorse
necessarie a far salire gli stipendi medio-bassi verrà da
riduzioni permanenti della
spesa pubblica.
Il presidente e il titolare
dell’Economia Pier Carlo Padoan dovranno saper respingere i veti dei ministri.
Non ci possono essere capitoli di spesa esclusi a priori,
nemmeno la Sanità, dove gli
sprechi sono doppiamente
gravi, perché tolgono risorse
preziose che potrebbero essere impiegate per migliorare un servizio fondamentale
che, in tante parti d’Italia, è a
livelli ancora inaccettabili.
È vero, il ministro della
Sanità è impegnato in una
trattativa con le Regioni per
un nuovo Patto per la Salute
che faccia risparmiare «dieci miliardi di euro in tre,
quattro anni» da investire,
spiega Beatrice Lorenzin,
nello stesso settore «in in-
In Italia EURO 1,40
Elezioni politiche
L’ultradestra
non sfonda
in Ungheria
di PAOLO
VALENTINO
Design ed Expo
LE LUCI
DI MILANO,
LE SPERANZE
DEL PAESE
di BEPPE SEVERGNINI
D
iciotto milioni di euro
solo per aperitivi e
cene. Non è, per fortuna,
il supremo, vergognoso
eccesso di qualche
Consiglio regionale. È la
somma che verrà spesa a
Milano durante il Salone
del Mobile (9-14 aprile), e
va ad aggiungersi ad altri
dati strabilianti, in questo
momento economico: 730
eventi in programma, 300
mila visitatori attesi, oltre
160 milioni di euro in
arrivo per alberghi e alloggi
in affitto. Salone del Mobile
è un nome riduttivo. Poiché
non si può cambiare,
eliminiamo la preposizione:
Salone Mobile. In fondo, da
anni, scuote e mobilita la
città. E come la festa di
Hemingway, impreziosita
dallo stesso aggettivo,
segna uno scarto d’umore.
Se Milano, negli anni Dieci
del XXI secolo, trovasse
l’energia di Parigi negli
anni Venti del XX secolo,
l’Italia cambierebbe passo.
Le due cose — umore
e passo — vanno
insieme, infatti. Non
si può correre tristi.
CONTINUA A PAGINA 27
A PAGINA 13
con un articolo di
Annachiara Sacchi
PRENDI NOTA,
DAI IL TUO
5x1000 A FISM.
Non dimenticare questo numero quando
andrai a firmare per il 5x1000. È il numero
che ogni ann o ci aiuta a finanziare
la ricerca co ntro la sclerosi multipla.
Scegli anche tu di donare il 5x1000
alla Fondazione Italiana Sclerosi
Multipla, firmando sulla dichiarazione
dei redditi nel riquadro “finanziamento
della
ricerca scientifica e della
università” e inserendo il codice fiscale
95051730109.
Anch’io ho scelto di vivere in un mondo
libero dalla sclerosi multipla.
(Gaia Tortora)
www.aism.it
numero verde: 800.094.464
Codice Fiscale FISM: 95051730109
A PAGINA 21
2
Primo Piano
Lunedì 7 Aprile 2014 Corriere della Sera
Il governo I conti pubblici
Il Def
Taglio Irap
per sei mesi
E arriva
la stretta
sugli statali
ROMA - Stretta finale sul Def
(documento di economia e finanza)
che il governo intende presentare
domani e che conterrà stime della
crescita del Pil dello 0,8% e del
rapporto deficit/Pil del 2,5-2,6% (1,8%
nel 2015). Il governo ieri ha
confermato che intende procedere al
taglio del cuneo fiscale per 10
miliardi (a regime) a maggio e a
quello dell’Irap del 10% (a regime). Il
primo dovrebbe riguardare tutti i
redditi fra gli 8 mila e i 25 mila euro
con un beneficio massimo di 80 euro
sui più bassi. Esclusi gli
incapienti(quelli con un reddito fino
a 8 mila euro, che sono esentasse).
L’Irap costerà un miliardo, recuperato
dall’aumento della tassazione delle
rendite finanziarie.
Le coperture, è ormai certo, verranno
prevalentemente dalla spending
review che potrebbe attestarsi tra i 4 e
i 5 miliardi. Cinque i macrosettori
presi nel mirino dal commissario
Carlo Cottarelli: gli stipendi della
pubblica amministrazione, i costi
della politica, le spese per consumi e e
per trasferimenti, i tagli nei ministeri.
Il governo è tenuto a recuperare,
senza però misure strutturali, anche
un miliardo per la cassa integrazione
in deroga, 800 milioni per i mancati
tagli alle detrazioni e probabilmente
un altro miliardo per le spese
incomprimibili, come quelle per le
missioni dei militari. Il conto dunque
arriva a circa 8 miliardi.
I tagli alla pubblica amministrazione
dovrebbero aggirarsi sui 350-400
milioni e riguardare le retribuzioni
dei dipendenti superiori ai 70 mila
euro e quelle dei dirigenti
ministeriali, con un criterio di
gradualità. E’ possibile cioè che per
gli apicali (circa 400) si applichi il
tetto dello stipendio del primo
magistrato di Cassazione (311 mila
euro) o quello del presidente della
Repubblica (240 mila). Per quelli di
prima e poi di seconda fascia ci
sarebbe una riduzione del 20% e del
15%. Dalle spese per gli acquisti e per
i trasferimenti si recupererebbero
circa 1,5 miliardi. Quanto ai tagli ai
ministeri, i 500 milioni richiesti a
Difesa e Sanità sono quelli che per ora
creano maggiori polemiche. Per
ciascuno degli altri ministeri il
risparmio si aggira sui 100 milioni.
A. Bac.
Revisione della spesa
Le nuove stime
I tassi
2,2
EFFICIENTAMENTO DIRETTO
Acquisti e appalti on line*
+0,8%
previsione
di crescita 2014
per l’Italia
Stipendi dirigenti*
RIORGANIZZAZIONI
Spese enti pubblici*
1,0
0,5
0,8
0,3
0,2
0,1
0,3
0,2
0,4
2,0
RIDUZIONE TRASFERIMENTI
2,6%
stima rapporto
deficit-Pil
commissione Ue
per il 2014
Sanità*
1,0
0,5
0,5
0,1
0,3
1,8
Pensioni *
TOTALE
1,0
2,0
SPESE PER SETTORI
Difesa*
1,8
0,4
COSTI POLITICA
Rendimento
Spread con
i bund tedeschi titoli di Stato
a 10 anni
(punti base)
Nuova versione
su 2014
Tabella Cottarelli
su 2014
7,0
4,5
*Le voci in chiaro per ciascun comparto sono quelle che hanno subito una variazione
Belgio
59
Finlandia
28
Francia
47
Germania
-
Grecia
453
Irlanda
138
ITALIA
162
Olanda
15
Portogallo
231
Spagna
160
Svezia
58
Gran Bretagna
113
2,15%
1,83%
2,02%
1,55%
6,08%
2,93%
3,17%
1,71%
3,86%
3,15%
2,13%
2,68%
«Le coperture? Con meno spesa
e l’Iva sui pagamenti alle imprese»
Morando: impossibile oggi usare il margine sotto il 3% del deficit
ROMA – «Lo so che volete
sapere le coperture del taglio
del cuneo fiscale ma il grosso
del nostro lavoro in queste ultime ore riguarda il taglio della
spesa da 32 miliardi nel 2016.
Non saranno molto sexy per i
giornali, ma sono in assoluto i
più importanti perché se nel
2014 possiamo agire con operazioni straordinarie nel 2016 devono esserci tagli per 32 miliardi. Altrimenti viene giù tutto il
castello». Il viceministro dell’Economia, Enrico Morando,
vorrebbe parlare solo a cose fatte perché «il lavoro è ancora in
corso». Ma intanto, tra le righe,
lascia emergere la strategia in
due tempi del governo Renzi.
C’è un prima e c’è un dopo le
elezioni europee. Il «prima»
contempla il mantenimento
delle promesse fatte nel «mercoledì magico»: tagliare il cuneo fiscale a 10 milioni di italiani e l’Irap del 10% a regime. Ma
La parola
Def
‘‘
Vice ministro
Enrico Morando, 63
anni, vice ministro
dell’Economia
anche rispettare il dogmatismo
europeo fino all’ultima virgola:
niente sforamento del tetto del
3% del rapporto deficit/pil,
niente utilizzo del margine che
ci separa da quel 3%. «Almeno
nel contesto attuale, senza intesa preventiva e senza aver pre-
polt ro nafrau.com
© RIPRODUZIONE RISERVATA
La manovra
e i mercati
Salone Internazionale del Mobile 8 - 13 Aprile 2014
Milano Rho Fiera,
Pa diglione 20 Stand D 19 - E 20
Grantorino,
designed by Jean-Marie Massaud
Acronimo che sta per
Documento di
economia e finanza, il Def
viene presentato dal
governo al Parlamento
entro il 30 giugno di ogni
anno. È il principale
strumento di
programmazione
economico-finanziaria
dell’esecutivo. Gli obiettivi
di bilancio fissati nel Def
costituiscono anche il
punto di riferimento per le
successive decisioni del
governo. Dal 2011 il Def è
stato allineato, per
tempistica e contenuti,
agli standard della
governance europea.
sentato il Def (documento di
economia e finanza) col piano
di rientro, utilizzare questo
margine non è possibile» spiega Morando.
Così come non si potrà far
valere nell’immediato il calo
degli interessi sul debito: «Intanto parliamo di cifre non roboanti: qualcosa sarà possibile
ricavare perché le previsioni del
governo Letta sull’ammontare
degli interessi erano prudenziali ma la riduzione di queste
settimane dello spread è importante soprattutto nel medio-lungo periodo per la credibilità del Paese». E non per finanziare il taglio del cuneo fiscale? «Per ora la ricaduta è più
vicina allo zero. Il tempo di realizzazione non può che avere il
respiro di un anno e mezzo, due
anni...».
Quanto alla maggiore Iva che
deriverà dal pagamento dei debiti della Pubblica amministra-
zione, Morando è più ottimista:
«Questa sì che è una partita seria: se ci riesce, quest’anno pagheremo almeno 40 miliardi».
Si può dire che in termini di
maggiore Iva produrrà circa 4
miliardi? «Meno». Spendibili
nell’immediato? «Già calcolabili oggi, ma poi dipenderà da
Fiscal compact
Le regole Ue sui vincoli
di bilancio inizieranno
a essere applicate nel
2015 e nel 2016
quando si farà il decreto dei pagamenti».
Il messaggio è chiaro: la linea
Padoan per cui le coperture devono essere strutturali tiene. La
spending review sarà la principale fonte di risorse per le prime
misure del governo Renzi, quel-
Primo Piano
Corriere della Sera Lunedì 7 Aprile 2014
3
#
Lo spread Risultati definitivi a fine anno, i dubbi sull’utilizzo anticipato
Rendimenti % dei titoli Stato guida
CTZ
CCT
BTP decennale
7,5
7,5
7,0
7,0
6,5
6,5
6,0
6,0
5,5
5,5
5,0
5,0
4,5
4,5
4,0
4,0
3,5
3,5
3,17
3,0
3,0
2,5
2,5
2,0
2,0
1,5
1,5
1,0
1,0
0,5
2008
Fonte: Banca d’Italia-Bollettino Statistico
2009
2010
2011
2012
0,5
2014
2013
CORRIERE DELLA SERA
Il ministro Martina
le del «prima delle elezioni europee». Se poi parte di quei tagli
a fine anno non si realizzassero,
si ricorrerà a operazioni straordinarie e si sfrutterà l’eventuale
crescita del pil. Per ora il programma dei tagli 2014 apparirà
tanto più solido se sarà sostenuto da un’operazione titanica
nel 2015 e nel 2016, quando cominceranno a essere applicate le
regole del fiscal compact. Solo
se l’intero pacchetto apparirà
ben strutturato e credibile, il Def
(con il taglio del cuneo fiscale
incorporato) avrà il via libera
dell’attuale apparato che decide
per l’Unione europea. Che però
è prossimo a essere rinnovato.
E qui inizia il «dopo» elezioni. «A giugno ci saranno molte
questioni da porre - annuncia
Morando -: a partire dall’avanzo
commerciale della Germania
che crea problemi quanto il disavanzo di altri Paesi». Se davvero l’Ue cambierà registro, la
linea del rigore potrà essere allentata. Ma se questo non avvenisse, allora a Renzi toccherà
davvero attuare alla lettera il
durissimo piano dei tagli che sta
predisponendo in queste ore
per i prossimi due anni. Irriferibile in campagna elettorale.
Antonella Baccaro
Via elicotteri, aereo, affitti
Così l’Agricoltura
trova cento milioni
ROMA - Sarà profonda la
riorganizzazione del ministero
delle Politiche Agricole per la
spending review. Il piano ben
articolato del ministro Maurizio
Martina, che verrà annunciato nei
prossimi giorni, prevede tagli e
razionalizzazioni. Eccolo. A partire
dai primi risparmi aggiuntivi di
circa 100 milioni di euro che il
ministro sta mettendo a punto in
queste ore. Tre elicotteri A109 e
un aereo Piaggio da 9 posti, della
flotta del Corpo Forestale,
verranno dismessi. Si tratta di un
risparmio previsto di 1,5 milioni
di euro l’anno a regime solo per la
gestione. Ai quali bisognerà
aggiungere le spese di
manutenzione e gestione. Il Corpo
Forestale dovrà dismettere anche
dieci sedi attualmente in affitto ed
accorpare le strutture e gli
immobili nelle riserve naturali
dello Stato. Un milione di euro
l’anno di risparmio si prevede dai
tagli al sistema informatico della
forestale.
Ma la scure di Martina si
abbatterà anche sulle spese
gestionali degli enti controllati: i
membri dei consigli di
amministrazione dovrebbero
scendere da cinque a tre. Oppure,
dove la dimensione organizzativa
o finanziaria lo consenta,
diventare un organo monocratico.
Cancellate le indennità di
presenza e i gettoni, ridotti i
contratti a tempo determinato.
Altri risparmi potranno derivare
dalla riduzione della presenza sul
territorio, in particolare degli enti
di ricerca, che potrebbe diventare
interregionale. I principi di delega
relativi alle erogazioni dei
contributi in agricoltura
permettono di procedere a una
revisione dei criteri di gestione e
di sviluppo del sistema
informatico. E questo, mentre si
parla di chiusura dei consorzi di
bonifica e di difese delle colture
agricole, è solo l’inizio.
Virginia Piccolillo
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Il Tesoro fa i conti sui tassi
Finora 3 miliardi di risparmi
La replica della Lagarde sui suggerimenti alla Bce
ROMA — La riduzione dello
spread a 161 punti e dei rendimenti
dei titoli pubblici all’emissione e sui
mercati secondari, è andata oltre le
previsioni. Il calo dei tassi dei Btp decennali al 3,17%, venerdì scorso, ha
polverizzato il minimo storico dall’introduzione dell’euro registrato
nel 2005, superando le stime non solo del governo ma anche della Banca
d’Italia e degli altri istituti di ricerca.
Il primo effetto - fatto salvo quello del
rilancio dell’immagine del debito italiano presso gli investitori - è senza
dubbio un risparmio nei conti del Tesoro. Difficile azzardare la cifra,
quando gli esperti del ministero di
via XX Settembre stanno ancora facendo i conti, ma si può ipotizzare
con sufficiente approssimazione che
la minor spesa per interessi rispetto
alle previsioni superi abbondantemente i tre miliardi di euro. Resta da
vedere se il governo vorrà utilizzare
tale somma - che si attesterebbe attorno ai tre miliardi, una volta calcolati i possibili maggiori impegni per i
pagamenti della Pubblica Amministrazione e per il servizio del debito per finanziare le misure annunciate,
prima fra tutte il taglio del cuneo fiscale.
Il risparmio infatti, come spiega il
viceministro Enrico Morando, è a
spread costante, presuppone cioè
che il differenziale tra i rendimenti
del Btp decennali e i Bund tedeschi di
uguale durata non torni ad aumentare troppo. I calcoli andrebbero fatti a
fine anno e comunque si tratterebbe
di impiegare ex ante un risparmio futuro. Gli interrogativi, insomma, non
mancano: è certo comunque che gli
investitori sono tornati a guardare
con molto interesse all’Italia che nei
prossimi mesi dovrà collocare sui
mercati, solo per far fronte alle scadenze, 285 miliardi di titoli con aste
particolarmente impegnative nei
mesi di agosto e settembre. Alla fine
di marzo i titoli di Stato in circolazione erano pari a 1.768.986,78 euro con
una vita media di 6,32 anni.
La discesa dei tassi è stata rapida.
Un dato vale per tutti: il tasso medio
di interesse dei titoli di Stato, che nel
2013 aveva toccato il minimo storico
del 2,08% a fine febbraio, senza calcolare quindi il tutto esaurito delle
aste di marzo, è sceso all’1,57%. Un
trend che è proseguito in marzo e che
sembra destinato a continuare anche
nei prossimi mesi, pure se ci sono i
rischi connessi al ristagno dell’economia europea. Un’occasione per mi-
Leader Christine Lagarde, 58 anni, dirige il Fondo monetario internazionale

La polemica
Diciamo ciò che
abbiamo da dire
quando riteniamo sia
appropriato. Non siamo
guidati dall’agenda di
altre istituzioni
La parola
Spread
‘‘
Riferito ai titoli di Stato, lo
«spread» indica la
differenza tra i rendimenti delle
obbligazioni governative italiane,
in particolare i Btp, e il Bund
tedesco, sulla scadenza decennale.
Maggiore è lo spread, più alto è il
rischio percepito dagli investitori
verso i Btp italiani. Pertanto, se lo
spread aumenta significa che sale
anche il rischio «insolvenza» per
l’Italia. E quando lo spread tra
Btp e Bund sale, significa che i Btp
rendono di più rispetto ai Bund,
poiché sono percepiti come sempre
più rischiosi e pertanto il governo
italiano, per poter collocare i titoli
di Stato, dovrà offrire cedole più
elevate agli acquirenti, con
conseguente impatto negativo sul
deficit statale.
surare questo ritorno di fiducia sull’Italia e sui suoi titoli, segnalato recentemente anche dal governatore
della Banca d’Italia, Ignazio Visco, sarà l’appuntamento di Washington,
dove nei prossimi giorni si riuniranno il G7 e il G20 finanziario e si svolgeranno gli incontri primaverili del
Fondo monetario (Fmi) e della Banca
mondiale.
Si tornerà a discutere di come mettere in sicurezza la crescita economica e per l’Europa di come far arrivare
il credito all’economia superando i
rischi di deflazione e del ristagno. Al
centro dell’interesse saranno anche
le mosse della Bce (Banca centrale
europea), dopo l’annuncio del presidente Mario Draghi di una possibile
operazione di stimolo all’economia
con acquisto di titoli privati e pubblici per allargare la massa monetaria
(quantitative easing) sul modello
Usa. Ed è proprio a Draghi che ieri il
direttore generale del Fmi (Fondo
monetario internazionale), Christine
Lagarde si è rivolta per rintuzzare le
critiche, seppur ironiche, da lui ricevute. Draghi in pratica aveva invitato
Lagarde a non dare suggerimenti alla
Bce alla vigilia della riunioni del consiglio direttivo, a meno di non fare lo
stesso con la Banca centrale Usa.
«Diciamo quello che abbiamo da
dire quando riteniamo che sia appropriato dirlo. Non siamo guidati dall’agenda di altre istituzioni. Riteniamo da tempo che la Bce debba affrontare il tema dell’inflazione» ha
sostenuto Lagarde. A Washington,
forse, il chiarimento.
Stefania Tamburello
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Primo Piano
Corriere della Sera Lunedì 7 Aprile 2014
5
Il governo Le strategie
Dalla Motorizzazione alle municipalizzate
Le «sforbiciate» promesse da Renzi
Nel mirino anche Aci e consorzi di bonifica. La domenica a Palazzo Chigi per il Def
In lista con i «dem»
Idea Tardelli
Ma lui disse:
«Non sono
ferrato»
Ultime ore per definire le
liste alle Europee per il
Partito democratico e tra
le ipotesi di candidatura
spunta il nome dell’ex
calciatore Marco Tardelli.
La possibilità ai piani alti
del Nazareno viene
avanzata con cautela. «Si
tratta ancora di
un’ipotesi non definita».
Marco Tardelli, 59 anni,
centrocampista della
Nazionale campione del
mondo nel 1982 — il suo
urlo di esultanza al gol
nella finale contro la
Germania è diventato
un’icona del calcio —
vive da tempo a Londra.
Durante la recente visita
nella capitale britannica
del premier Matteo
Londra L’incontro tra Renzi
e Tardelli ripreso dalla Rai
Renzi i due si sono
incontrati a un
ricevimento. Le
telecamere della
trasmissione rai Gazebo
hanno colto uno
scambio di battute (nella
foto). Renzi,
rivolgendosi all’ex
calciatore dice: «È vero
che hai un po’ di idee
politiche? Ne sarei
entusiasta». Poi il
presidente del Consiglio
presenta il campione del
mondo azzurro al
sindaco di Londra Boris
Johnson: «Lui è il
numero uno, segnò la
rete del due a zero nella
finale dei Mondiali di
calcio del 1982 contro la
Germania». La domanda
di Renzi sulle idee in
politica di Marco Tardelli
resta in un primo
momento senza risposta,
ma viene ripresa al
termine del servizio
quando il giornalista del
Corriere fiorentino David
Allegranti chiede all’ex
calciatore un giudizio sul
premier italiano:
«Abbiamo iniziato bene»
risponde Tardelli che,
come consiglio a Renzi,
suggerisce di «lavorare
tanto». Di fronte alle
domande il — forse —
prossimo candidato del
Pd alle Europee si ritrae
dicendo: «Io in politica
non sono molto ferrato».
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ROMA — Quante volte ad
ogni italiano è toccato pensare che la Motorizzazione è un
ente inutile, poco efficiente,
stressante per le sue code,
svilente per la mancanza di
rapidità? Al presidente del
Consiglio forse è toccato più
che ad altri, visto che tutti gli
uffici della motorizzazione
civile sono appena entrati nel
suo mirino. Ha detto che il
Senato, le Province, il Cnel,
sono solo «un antipasto». Poi
arriveranno altri provvedimenti, altre sforbiciate, altre
soppressioni. E l’elenco è al
momento in formazione sulla sua scrivania.
«Sforbicia-Italia» è il nome
del progetto, annunciato in
un’intervista al Quotidiano
nazionale. Tradotto significa
cancellazione, riforma, riorganizzazione di tutto quello
che non funziona nel sistema
pubblico. Per maggio Renzi
ha promesso un intervento
mai visto prima sul funzionamento della pubblica amministrazione. Ha già puntato l’indice contro le Soprintendenze, nel discorso sulla
fiducia a Montecitorio, i Tar,
il sistema delle autorizzazioni e delle conferenze di servizio per gli appalti pubblici,
ora l’elenco si va allargando:
«Interverremo su tutte le sacche di micropotere e sottopotere, santuari che finora
nessuno ha mai pensato di
toccare, e non risparmieremo
nessuno», dice il premier.
Oltre agli uffici delle motorizzazioni, da Palazzo Chigi,
trapela che potrebbero essere
in qualche modo travolti dai
provvedimenti del governo
anche la rete dell’Aci, i consorzi di bonifica, il sistema
delle municipalizzate. Per i
dettagli occorrerà attendere,
così come per l’elenco completo, ma in sintesi si capisce
già oggi che alcuni organismi
faranno la fine del Cnel, l’or-
L’incontro
La visita di Casini: ha
una capacità di lavoro
impressionante,
corregge da solo i conti
gano costituzionale che Renzi punta a chiudere, altri verranno profondamente riformati. «Già da ora in tanti
possono cominciare a tremare», dicono nel governo.
Ieri Renzi ha trascorso
quasi interamente la domenica a Palazzo Chigi. È uscito
alle otto del mattino, per andare a messa, chiesa di Santa
Maria in Via, poi è rientrato
nel suo studio e ha lavorato
per il resto della giornata. Insieme a lui il sottosegretario
Luca Lotti e in serata anche
Graziano Delrio. Di pomeriggio è andato a trovarlo Pierferdinando Casini, un incontro di poco meno di un’ora,
un giro d’orizzonte sui provvedimenti in cantiere, non
solo al Senato e la conferma
di un rapporto amicale:
«Corregge da solo il Def, ha
una capacità di lavoro impressionante», dice l’ex presidente della Camera, che insieme al premier ha visto degli scampoli della partita della Fiorentina.
Oggi probabilmente Renzi
continuerà il suo lavoro sul
Def insieme al commissario
alla spending review, Carlo
Cottarelli, e al ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. Dopo il documento di
previsione finanziaria, che
sarà presentato domani, toccherà al decreto legge che introdurrà gli sgravi fiscali di
cui circa dieci milioni di italiani dovrebbero beneficiare
nella busta paga di maggio.
Ieri fonti del governo hanno
smentito qualsiasi retromarcia sul taglio dell’Irap: a fine
anno le imprese dovrebbero
pagare il 5% in meno, nel
2015 la sforbiciata all’imposta più odiata dagli imprenditori dovrebbe arrivare al
10% dell’ammontare attuale.
Mercoledì il capo del governo sarà a Verona, fra gli
stand di Vinitaly, poi nel pomeriggio alla riunione della
direzione del Pd. Sabato aprirà la campagna elettorale del
suo partito, a Torino, insieme
a Chiamparino e Fassino, in
vista del voto per il rinnovo
del Parlamento europeo, che
in Piemonte sarà abbinato alle elezioni regionali e comunali. Fra i candidati più in vista del Pd, per il parlamento
di Bruxelles, Giusi Nicolini,
nota alle cronache come sindaco di Lampedusa.
Marco Galluzzo
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L’agenda delle riforme
1 2
Il Def pronto
per domani
La nuova
Camera Alta
3 4
L’iter in Aula
dell’Italicum
Le misure
del Jobs Act
Il premier è al lavoro
sul Def (documento
di economia
e finanza) che
contiene il quadro
previsionale di
spesa e indica le
linee delle riforme:
il governo deve
presentarlo domani.
Al momento
sarebbero evitati
tagli lineari
e ci sarebbe una
salvaguardia del
capitolo Sanità
Essendo una
riforma
costituzionale,
la trasformazione
del Senato in
un’Assemblea delle
Autonomie prevede
tempi più lunghi
di quella della
legge elettorale:
la timeline dettata
da Palazzo Chigi
per l’approvazione
in prima lettura è
prima delle Europee
del 25 maggio
Lo scorso 12
marzo l’aula
di Montecitorio
ha varato l’Italicum
con 365 sì, 156 no
e un astenuto.
Il testo della
riforma della legge
elettorale, che vale
solo per la Camera,
è ora al vaglio del
Senato. Il governo
punta alla sua
approvazione
definitiva prima
delle Europee
Dal 27 marzo è alla
Camera il decreto
Lavoro che
semplifica contratti
a termine e
apprendistato. Il 31
marzo, poi, è partito
sempre alla Camera
l’iter per il ddl
delega sul lavoro
del ministro Poletti
(dalla riforma degli
ammortizzatori
sociali alla
semplificazione del
codice del lavoro)
Il caso De Guido era dipendente della fondazione ma lavorava per i democratici. Il giudice ordina il reintegro: ma nei partiti non si applica
Licenziato in tronco
nel limbo tra Pd e Ds:
l’articolo 18 non vale
di SERGIO RIZZO
V
ent’anni a lavorare per un partito, e questo è il ringraziamento:
licenziato senza preavviso. Magari ci sta pure, direte. Le casse
dei partiti si stanno prosciugando ed è
questo il risultato inevitabile. Se non
fosse che la storia di Carmine De Guido,
un «pollo di allevamento” (come lui
stesso si autodefinisce) del Pds, poi dei
Ds, e infine del Partito democratico, con
i tagli ai costi della politica c’entra fino a
un certo punto. Tutto comincia infatti
due anni fa, nel febbraio del 2012, quando ancora la scure doveva abbattersi sui
rimborsi elettorali. È allora che arriva a
Taranto, dove De Guido in quel momento presta servizio per il Pd, una telefonata del tesoriere dei Ds, Ugo Sposetti: il
quale annuncia al Nostro la chiusura di
un rubinetto rimasto aperto, dice, anche
troppo a lungo. Gli spiega che Ds e Pd
sono due soggetti diversi, e il primo non
può formalmente continuare a pagare
gli stipendi per il secondo. «Guadagnavo 1.300 euro al mese. Il mio stipendio si
è interrotto da un giorno all’altro senza
che mai sia arrivata la lettera di licenziamento», racconta De Guido.
La ragione è forse che quella lettera
nessuno la può, o la vuole firmare. E qui
si toccano con mano le conseguenze assurde del metodo usato per far nascere il
Partito democratico: non con una fusione fra i Ds e la Margherita che sarebbe
stata la strada più logica (e forse avrebbe
anche impedito certi abusi come quelli
emersi nel caso che ha coinvolto l’ex tesoriere margheritino Luigi Lusi), bensì
creando un soggetto nuovo e lasciando
in vita i due partiti fondatori. Di fatto
morti, ma giuridicamente ancora in vita.
In una frazione di secondo, nel febbraio del 2012, De Guido si ritrova figlio
di nessuno. Non è più riconosciuto come dipendente dei Ds, che non esistono
più, ma nemmeno risulta in forza al Pd,
per cui invece lavora. Dice: «Avevo formale contratto di lavoro con la federazione di Taranto dei Ds ma i soldi arrivavano da Roma. Il passaggio dai Ds al Pd
La causa
La sentenza è stata impugnata
da tutte e due le controparti. «Ho
scritto a tanti, da D’Alema fino a
Renzi, ma non è successo niente»
non è mai stato contrattualmente formalizzato, ma nei fatti lavoravo per il
Partito democratico. Tant’è che il mio
posto di lavoro era la sede della federazione provinciale del Pd. Lo sapevano
tutti, da Sergio Blasi (l’ex segretario regionale, ndr) al suo successore Michele
Emiliano».
Nel partito, De Guido non è proprio
un ragazzino di bottega. A giugno compie 49 anni e per quasi tredici, dal marzo
del 1993 al dicembre 2005, ha lavorato al
Bottegone. Era uno di quelli della sinistra giovanile di Stefano Fassina e Nicola
Zingaretti e si occupava della sicurezza
urbana. Poi nel 2006 viene trasferito a
Taranto. Ha in tasca un regolare contratto della federazione diessina, dove c’è
scritto: «funzionario politico». Il passaggio al Pd è impalpabile. Tanto per lui
quanto per suo fratello Vincenzo, che è
addirittura segretario della sezione
Gramsci-città vecchia, prima dei Ds e
poi dei democratici. L’attività politica
continua, insomma, come se nulla fosse
accaduto: nel 2009 De Guido ha l’incarico di seguire la campagna elettorale di
Elena Paciotti per le europee.
Fino a quel famoso giorno di febbraio. La cosa però non finisce lì. «Nell’agosto del 2012», continua De Guido, «c’è
un incontro a Bari nella stanza di Blasi,
con i tesorieri provinciali e regionali, e
anche il tesoriere nazionale Antonio Misiani. Il tuo problema sarà risolto, dicono. Idem mi dice Fassina. E poi Emiliano. Ma alle rassicurazioni non seguono i
fatti». Sfinito, fa una causa di lavoro
contro la federazione diessina di Taranto e il Pd provinciale e a luglio del 2013 il
giudice impone il reintegro di De Guido.
Motivo: il licenziamento verbale non è
Chi è
La carriera
Carmine De Guido,
48 anni, dal ‘93
al 2005 lavora
a Roma per Pds
e Ds. Nel 2006
va a Taranto con
un contratto da
funzionario politico
della federazione
dei Ds
Nel Pd
Nel 2012, quando
già lavorava per il
Pd (nato nel 2007)
viene licenziato dal
tesoriere Ugo
Sposetti: non risulta
dipendente dei Ds,
che non esistono
più, ma nemmeno
del Pd. Vince la
causa di lavoro e
nel 2013 il giudice
impone il reintegro,
mai avvenuto
ammesso. Però non succede niente, nonostante il partito venga inondato dalle
sue lettere: «Ho scritto a Massimo
D’Alema, Pier Bersani, Sposetti, Fassina.
All’attuale responsabile degli enti locali
Stefano Bonaccini. Ho scritto anche a
Renzi. Tutto inutile». Rinuncia persino
al reintegro, nella speranza di incassare
almeno gli arretrati e la liquidazione.
Anche perché se venisse reintegrato (e
poi da chi, dai Ds che non esistono più o
dal Pd?) potrebbe a quel punto scattare
un licenziamento con tutti i crismi, che
in base a un provvedimento del 1990
La telefonata di Sposetti
Nel febbraio 2012 la telefonata del
tesoriere ds: siamo due soggetti
diversi. E De Guido si ritrova fuori
senza neanche una lettera
esclude i partiti dall’applicazione dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori.
Con il risultato di subire, oltre al danno,
anche la beffa. Per tutta risposta la sentenza del giudice del lavoro viene impugnata dalle controparti. Mentre scattano
i pignoramenti alla sede tarantina del
Pd. Alla domanda se abbia ancora la tessera del partito in tasca, De Guido risponde che non è riuscito a rompere del
tutto, al punto che per sei mesi ha anche
dato una mano alla presidente regionale
Anna Rita Lemma. Quanto a quella tessera, sostiene di non averla più rinnovata. Dice di avere soltanto quella di un’associazione da lui fondata: «Le Belle città». Inguaribile ottimista.
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6
Primo Piano
Lunedì 7 Aprile 2014 Corriere della Sera
Il governo Le riforme
In tv
Boschi sicura sul Senato:
noi andiamo avanti
anche senza Forza Italia
Il ministro
democratico per
le Riforme e i
rapporti con il
Parlamento
Maria Elena
Boschi, 33 anni,
ieri durante
«L’Intervista» su
SkyTg24, dove si
è detta convinta
che le riforme si
faranno anche
senza l’apporto
di Forza Italia
(Photomasi)
Il ministro: ci sono i numeri, nessun piano B
ROMA — «Scommetto
sulla tenuta dell’accordo con
Forza Italia». «Se poi dovesse
sfilarsi, sono convinta che i
numeri ci siano. Il Pd è compatto, Forza Italia deve vincere alcuni dissidi interni». Ne
è convinta Maria Elena Boschi, ministro per le Riforme.
La trasformazione del Senato
in una Camera non elettiva
andrà avanti. Anche nell’eventualità che Silvio Berlusconi si sottragga all’accordo. «Non ci facciamo scoraggiare da chi mette i bastoni fra le ruote», assicura il
ministro a Maria Latella su
Sky Tg24. Riconfermando
che «non ci sono margini di
trattativa» sul Senato non
elettivo. Ma questo, assicura,
«non significa che non sarà
democratico».
Il clima è però sempre più
teso. Sabato scorso Silvio
Berlusconi, che il 10 riceverà
il verdetto sul suo futuro
giudiziario (domiciliari o
servizi sociali), aveva parlato
di «riforma del Senato inaccettabile». E anche se in serata aveva in parte corretto il ti-
ro riconfermando «l’impegno preso», quelle parole pesano. Anche alla luce di quel
fuorionda nel quale il suo
consigliere politico Giovanni
Toti (ex direttore di Tg4 e
Studio Aperto), a microfono
aperto, a Mariastella Gelmini
si faceva sfuggire: «Berlusconi non sa cosa fare con Renzi
perché ha capito che questo
abbraccio mortale ci sta distruggendo, ma non sa come
sganciarsi. È angosciato dal
10».
Forza Italia reagisce alle
parole del ministro Boschi.
«Pd compatto? Era all’estero
o non ha letto i giornali», ironizza Toti e Maurizio Gasparri rincara: «Pensi al disastro
del Pd super lacerato. Piuttosto che un Senato di nominati corte dei miracoli proporremo la sua totale abolizione». E Nichi Vendola (Sel) afferma che «il Pd è ricattatore
sulle riforme. Perché dice
“prendere o lasciare”». Ma il
governo va avanti. E con il
ministro Boschi si schiera
subito Angelino Alfano, ministro dell’Interno e leader
del Nuovo centrodestra:
«Siamo pronti anche a strappi e a rotture: chi vuole star-
All’asta su eBay
Vendute le prime 6 auto blu. Per 56.900 euro
Vendute su eBay le prime 6 auto blu usate
del governo, con incassi superiori al valore
che le vetture hanno sul mercato dell’usato.
La prima è stata un’Alfa 166 del 2007 con
126.718 chilometri percorsi, pagata 8.150
euro. Poi è stata assegnata una vettura
«gemella», sempre Alfa, con
chilometraggio appena inferiore (126.686)
a 7.100 euro. Quindi è stata la volta di due
berline Bmw 525d del 2009, vendute a
14.050 e 12.050 euro ed entrambe con più
di 150.000 chilometri. Infine sono state
piazzate due Lancia Thesis 2.4 Jtd del 2008 e
del 2009, con poco meno di 200 mila
chilometri, a 8.000 e 7.550 euro. In totale, lo
Stato ha incassato ieri sera 56.900 euro.
Le auto ancora in vendita sono 151.
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Il progetto
La proposta
dell’esecutivo
1
Nel piano del governo il
Senato delle autonomie
non darà la fiducia agli
esecutivi e sarà
composto da 143
senatori (più 5 a vita) non
eletti e senza indennità
La composizione
dell’Assemblea
2
L’ipotesi del governo
prevede un Senato così
composto: governatori,
sindaci dei capoluoghi, 2
consiglieri regionali e 2
sindaci per ogni Regione
I dubbi e i paletti
del centrodestra
3
Il centrodestra critica la
forte presenza di
amministratori locali nel
nuovo Senato. Sabato
l’affondo di Berlusconi:
«Sosteniamo il patto ma
il progetto è indigeribile»
ci, ci sta. Se non ci saranno i
due terzi andremo a referendum e la riforma sarà decisa
dal voto popolare». Mentre il
ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, di Scelta civica, aggiunge: «Sulle riforme
la maggioranza sembra compatta e coesa sui quattro paletti fondamentali di questa
riforma. C’è un accordo di
maggioranza e credo sia la
base da cui partire».
Il ministro Boschi va oltre.
E si dice pronta a una doppia
scommessa. Una sul proprio
partito: «Il Pd sarà compatto
al momento del voto, la linea
è già stata decisa sia dalla
nostra base che dagli organismi del partito». E l’altra sull’ex Cavaliere: «Scommetto
sulla tenuta dell’accordo con
Forza Italia, ne sono convinta
e anche le parole di Berlusconi di ieri sera (sabato, ndr)
vanno in questa direzione.
Probabilmente ci sono dei
contrasti interni a FI che sicuramente risolveranno».
Ma la scommessa vera sarà
quella di farcela anche senza
il partito di Berlusconi: «Le
preoccupazioni del presidente del Senato Pietro Grasso non sono fondate perché
calcoli alla mano Pd, Ncd, Sc,
Per l’Italia e autonomie sono
in grado di approvare la riforma», assicura il ministro.
Tornando alle polemiche
sull’appello lanciato da alcuni costituzionalisti contro i
contenuti della riforma, Boschi si difende: «Ci sono
molti illustri costituzionalisti con cui mi sono confrontata che sostengono questa
riforma e la accolgono. C’è
invece una minoranza di
professori, che tutte le volte
che si propone un cambiamento, si oppone. Io vengo
Fermezza
Anche Alfano tira dritto:
«Chi vuole starci ci sta
Siamo pronti ad andare
al referendum»
da una famiglia contadina e
ne vado orgogliosa, ma ci sono tanti cittadini italiani che
hanno studiato e si sono
stancati di promesse non
mantenute della classe politica». E comunque, dice
chiaro il ministro, nessun
voto ad ottobre: «Non pensiamo a un piano B in caso di
fallimento».
Virginia Piccolillo
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M5S Il leader 5 Stelle: chi ha visto le primarie pd per le Europee?
Grillo, sfida aperta a «Renzie»:
è come il leader nordcoreano
MILANO — «Renzie è nudo.
Ripeto. Renzie è nudo. Vinciamonoi!». Se la prende ancora
una volta con Matteo Renzi,
Beppe Grillo, concludendo
con questa frase un post sul
suo blog, pubblicato ieri con il
titolo «Primarie pd, chi le ha
viste?» e accompagnato da un
fotomontaggio del volto del
presidente del Consiglio sul
corpo del leader nordcoreano
Kim Jong-un.
«Hanno destato scandalo le
europarlamentarie del M5S —
scrive online il leader, che stasera sarà a Milano per il suo
tour «Te la do io l’Europa» —.
Oltre 33.000 persone che decidono liberamente e insieme
tutti i candidati delle liste per
le elezioni europee hanno fatto
storcere il naso a giornalisti
paladini del partito unico e a
un manipolo di schiaccia bottoni messi in Parlamento da
segretari di partito e lobbisti.
Nessuno parla invece delle primarie del Pd per le Europee».
L’attacco è all’inquilino di Palazzo Chigi nonché segretario
democratico: «Le regole sono
semplici. Il votante è uno solo:
il caro (nel senso che è costato
due euro a ogni elettore pd)
leader Renzie. I potenziali can-
didati devono essere foglie di
fico (si parla di Tardelli, l’ex
calciatore), ex ministri finiti
nel dimenticatoio (come la
Kyenge o De Castro), pasdaran
di partito (Bresso, Cofferati,
Emiliano, Cozzolino). L’ebetino sa che le primarie sarebbe-
Dalla Rete al palco
Il fotomontaggio
Il leader M5S Beppe Grillo
ieri sul blog ha pubblicato un
post contro Renzi illustrato
da un fotomontaggio (sopra)
con il volto del premier sul
corpo del leader
nordcoreano Kim Jong-un
Il tour
Dopo le prime tre tappe a
Catania, Napoli e Ancona,
stasera Beppe Grillo sarà al
Teatro Linear4Ciak di Milano
con «Te la do io l’Europa»
ro state un flop, nessuno
avrebbe partecipato alle ennesime buffonarie, nessuno
avrebbe pagato altri due euro
per sostenere ancora Berlusconi. Ha quindi optato per il
votante unico: lui stesso, ma si
è smascherato da solo. Gli
elettori del pd contano zero».
Sempre sul blog, poi, ieri è
stato postato un video che riprende i momenti di tensione
tra i manifestanti e le forze dell’ordine durante un presidio
NoTav: «Il senatore del Movimento 5 Stelle Marco Scibona
manganellato dai poliziotti al
presidio NoTav. Le immagini si
commentano da sole...». Si
legge ancora nel testo di commento alle immagini: «Il senatore Scibona è stato colpito
con alcune manganellate dalle
forze dell’ordine durante una
marcia popolare ad Arquata
Scrivia, durante la quale i cittadini hanno manifestato contro la costruzione della Tav. Finalmente la polizia ha cambiato bersaglio. Finalmente la polizia si è decisa a manganellare
i politici. Certo che iniziare
proprio da noi ci sembra un
pochino eccessivo».
R. P.
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Primo Piano
Lunedì 7 Aprile 2014 Corriere della Sera
#
Il centrodestra Le scelte
La linea dura di Berlusconi sulle riforme:
non farò regali da sventolare alle urne
Subito l’Italicum e nuova legge sul Senato. I timori per l’udienza del 10
A Brindisi
Addio
a Mennitti
Ex sindaco
e deputato
Giornalista, politico,
deputato e sindaco,
Domenico Mennitti (foto
sotto) è morto ieri
mattina a 75 anni nella
sua casa a Brindisi dopo
una lunga malattia che lo
costrinse nel 2011 a
lasciare la poltrona di
primo cittadino a metà
del secondo mandato.
In molti ieri l’hanno
ricordato, a destra come a
sinistra: da Berlusconi,
che lo ebbe a fianco come
coordinatore nazionale ai
tempi della nascita della
prima Forza Italia, e
sottolinea «la finezza
della sua cultura, ma
soprattutto la sua
inesauribile fede nella
libertà», a Nichi Vendola
che lo descrive come «un
intellettuale vero,
raffinato e curioso, un
politico coerente e di
grande rigore morale».
Sindaco dal 2004, ai tempi
d’oro del contrabbando,
era stato chiamato a
ripulire il volto della città
che un anno prima era
stata travolta da una
tangentopoli e dall’arresto
del suo predecessore
Giovanni Antonino. Già
da allora si dibatteva della
realizzazione di un
rigassificatore a Brindisi,
e Mennitti pur sapendo
dell’accordo esistente tra
il premier inglese Tony
Blair e l’allora premier
Berlusconi, non esitò a
scendere in piazza contro
l’impianto a fianco di
Vendola, agli
ambientalisti, e gran
parte dei cittadini: alla
fine vinse la battaglia.
Vicesegretario nazionale e
deputato del Msi
ininterrottamente dal
1979 al 1991, Mennitti è
stato anche l’ideatore, e
per quattordici anni, il
direttore del settimanale
la Gazzetta di Brindisi.
Nel 1994 ha fondato e
diretto la rivista di cultura
politica Ideazione. Nel
1991 aveva guidato il
quotidiano Roma di
Napoli.
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ROMA — Cercano di rassicurarlo: «Non sarà così dura, l’affidamento ai servizi sociali è
pressoché scontato, e la libertà
di movimento, di azione, di parola sarà ampia». Ci provano a
tenerlo tranquillo. Ma mentre il
conto alla rovescia verso il 10
aprile avanza inesorabile, Silvio
Berlusconi è di umore sempre
più nero. Per lui ieri una giornata ad Arcore, tra studio e parco, con pochi amici e il sempre
presente Giovanni Toti, e tanti
pensieri ad affollarsi nella sua
testa, uno più bellicoso dell’altro. Perché, dicono, nelle ultime
ore l’ex Cavaliere si sta convincendo che bisogna invertire la
rotta, costi quel che costi. E si
perda quel che si perda, che da
perdere in fondo non c’è più
tanto.
«Umiliato» come si sente per
dover scontare una pena che
«non merito, perché sono assolutamente innocente, e che mi
rifiuto di accettare come se fosse una cosa normale», il leader
azzurro fa sentire la sua voce
nelle kermesse di partito, torna
a denunciare i «quattro golpe
della sinistra giudiziaria» contro di lui, alza i toni sul governo,
chiama la sua gente all’unità dei
«moderati» per la battaglia delle Europee del 25 maggio e addirittura augura a tutti «buona
rivoluzione». Perché, come dice
Daniela Santanchè, il 10 aprile
«cambia la storia di questo Paese, non si potrà farlo passare
come un giorno qualunque».
Cosa possa davvero succedere dal momento in cui Berlu-
sconi comincerà a scontare la
sua pena — e le modalità con
cui lo farà non sono ovviamente indifferenti — è difficile da
dire. Già nel partito torna ad affiorare la divisione tra chi vorrebbe fare fuoco e fiamme contro la decisione del tribunale di
sorveglianza, e chi cercare di
andare avanti con meno danni
possibile. Ma lo spartiacque sarà l’atteggiamento sulle riforme. A ieri, il leader di Forza Italia era durissimo: «Non mi faccio prendere in giro da Renzi,
Lo sfogo
Il leader ai suoi: il premier
non ha fatto niente per
me, non ha nemmeno
detto una parola
sull’ingiustizia immensa
che sto per subire
Su Rai3 Il consigliere politico di FI Giovanni Toti ieri a «Che tempo che fa»
non faccio le riforme a tutti i costi e tantomeno gli regalo una
vittoria da sventolare alle Europee dopo che lui, nella sostanza,
non ha fatto nulla per me, non
ha nemmeno pronunciato una
parola sull’ingiustizia immensa
che sto per subire». E dunque,
«o la riforma cambia davvero e
appare chiaro che sono loro che
sono venuti dalla nostra parte e
non noi a rimorchio loro, o per
me non se ne fa niente».
Sono almeno due le richieste
dirette: una profonda modifica
del ddl di riforma del Senato, e
l’inversione dell’esame dei testi:
prima la legge elettorale, poi
quella costituzionale. E, sostanzialmente, il riconoscimento
che Forza Italia è tutt’altro che
«accodata» al Pd, ma è motore
trainante delle riforme. «Se
possiamo far capire ai nostri
elettori che queste sono soprattutto le nostre riforme, possiamo andare avanti. Altrimenti,
non daremo il sangue a Renzi»,
insiste Berlusconi. Tanto più
prima del voto per le Europee,
che vede Forza Italia con pochi
argomenti forti da spendere.
Uno è certamente l’esclusione
«intollerabile del nostro leader
dalle liste», come dice anche
Toti. L’altro è un’idea di Europa
che, pur senza poter sposare gli
slogan antieuro di Grillo, è decisamente diversa «da quella
degli euroburocrati».
Un po’ poco per contrastare
l’avanzata di Renzi «che — si lamenta Berlusconi — occupa
tutti i giorni le tv in maniera ossessiva» o dei partiti che posso-
no fare opposizione a tutto
campo. Ed è vero che l’idea di
puntare sul simbolo con il nome Berlusconi «è per noi un
brand forte, che ci serve per resistere», come dicono gli azzurri, ma la preoccupazione è
grandissima. Per questo la scelta sulla linea da tenere sulle riforme, dopo il 10 aprile, diventa
inevitabile. Mezze misure servirebbero a poco. Verdini, l’uomo della trattativa, sta tentando
di tenere assieme i fili, è stato
lui sabato sera a pretendere dall’ex premier la nota con cui si
precisava che «non si vogliono
far saltare le riforme», ma una
vasta area del partito chiede più
durezza: «Le modifiche che
vorrebbero concederci sono
poche. Per noi questo testo resta inaccettabile», insiste Paolo
Romani. Serve un vertice, una
linea chiara. E serve capire
«quanto Renzi è disposto a darci. Suicidarci non possiamo»,
dicono da Arcore. E ancora una
volta le riforme appaiono appese a un filo.
Paola Di Caro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
L’intervista «Legge elettorale entro Pasqua o salta tutto. Su Palazzo Madama testo scritto con i piedi, Zagrebelsky e Rodotà hanno ragione»
Brunetta contro Verdini: Renzi vuole distruggerci
«Denis sta provando a salvare il salvabile
Ma la maggioranza di noi, compreso Silvio,
pensa che dobbiamo difenderci dal premier»
ROMA — «Ma certo che sono d’accordo con Rodotà e Zagrebelsky, che tra l’altro sono due autorevoli colleghi. La riforma costituzionale di Renzi è scritta coi
piedi». Alle 17.56 in punto di ieri, Renato
Brunetta si ritrova persino ad applaudire
quel tandem di «professoroni» (il copyright è di Maria Elena Boschi) che da anni
sono un punto fermo del fronte antiberlusconiano e che oggi accusano il premier
di autoritarismo. Poi il capogruppo di
Forza Italia fa un passo in avanti. E detta le
condizioni al presidente del Consiglio:
«Vogliamo il rispetto dei patti. Per cui diciamo sì alla riforma del Senato a due
condizioni. La prima è che la legge elettorale venga approvata in via definitiva prima di Pasqua. La seconda è che si ritorni
alla bozza di cui Renzi aveva discusso con
Berlusconi al Nazareno. Altrimenti…».
Il ministro Boschi dice che andranno
avanti «anche senza Forza Italia». E giura che una maggioranza c’è.
«È falso. Renzi ha vinto il congresso e
s’è preso quel che restava del Pci-Pds-Ds.
Ma nei gruppi parlamentari del Pd è in
estrema minoranza. Tanto alla Camera
quanto al Senato».
La Boschi dice che non è vero.
«La Boschi sa benissimo che ho ragione io. Me l’ha anche detto, sa? Mentre approvavamo l’Italicum alla Camera, infatti,
la dolce ministra mi telefonava per ripetermi di tenere compatti i miei deputati
perché lei non era altrettanto sicura della
tenuta di quelli del Pd. Per cui, invito la
Boschi e anche Guerini a pensarci bene
E l’obiettivo finale è quello di fregarci il
consenso. Ma visto che non abbiamo
l’anello al naso, non glielo permetteremo.
Il sì alla riforma del Senato arriverà solo
alle due condizioni che le ho detto».
Una è l’approvazione immediata dell’Italicum…
«Ma lo sa che la legge elettorale non è
stata neanche incardinata in Senato? Strano, vero? Glielo dico io perché. Perché
Renzi, che sa benissimo di essere in difficoltà coi numeri di Palazzo Madama, vuole rinviare il tutto a dopo le elezioni europee. Così fa campagna elettorale facendo
finta che sia tutto bello che approvato, come gli ottanta euro in busta paga e la farsa
dell’Irap. E spera di metterci tutti davanti
al fatto compiuto una volta che avrà vinto
le elezioni. Ma non andrà così».
La seconda condizione è il ritorno al-
prima di parlare delle divisioni dentro
Forza Italia. Invece che alle nostre pagliuzze, pensino alla trave che hanno nei
loro occhi. Quanto a Renzi…».
Quanto a Renzi?
«Renzi non pensi di avere a che fare
con D’Alema o con qualche altro dei suoi
rottamati. Noi siamo più bravi di loro. E
non ci frega, anche perché abbiamo capito benissimo che cosa ha in testa».
Che cosa?
«Come Monti e Letta prima di lui, Renzi vuole metterci alle strette con un atteggiamento tra lo sbruffone e il ricattatorio.
Il voto per Forza Italia
37,3 %
35,2 %
30,6 %
29,4 %
25,2 %
21%
23,7 %
20,9 %
20,6 %
21,6 %
Politiche Europee Politiche Europee Politiche Europee Politiche Politiche Europee Politiche
1994* 1994 1996*
1999
2001
2004
*alla Camera **Pdl, nato dalla fusione tra FI e An
2006 2008** 2009** 2013**
CORRIERE DELLA SERA
Chi è
Capogruppo
Renato Brunetta, nato a
Venezia, economista, è
stato consigliere
economico per i governi
Craxi e Amato negli anni
Ottanta
Con Forza Italia
Dal 1999 si schiera con
Forza Italia di cui è
parlamentare europeo
per due legislature. Viene
nominato ministro per la
Pubblica amministrazione
nel 2008 durante il
quarto governo
Berlusconi. È stato
capogruppo alla Camera
per il Popolo della libertà
e attualmente ricopre la
stessa carica in Forza
Italia
la bozza del Nazareno. Che diceva?
«L’accordo prevedeva sì il superamento del bicameralismo perfetto e la trasformazione del Senato in Camera delle Autonomie. Ma non si parlava di senatori non
eletti, né di questa follia dei 21 membri
scelti dal Quirinale, né delle altre distorsioni previste dalla riforma licenziata da
Palazzo Chigi, che di fatto non esiste».
Al momento, quindi, Forza Italia dice
no. Ma lei non può negare che tra voi ci
siano dei distinguo…
«Non lo nego. E faccio anche i nomi.
Verdini, per esempio, ha una linea responsabile e correttamente, dal suo punto di vista, prova a salvare il salvabile. Ma
la stragrande maggioranza di noi, Berlusconi compreso, fa i conti con la realtà.
Pensa che Renzi voglia distruggerci e farà
di tutto per evitarlo».
Un po’ la tesi dell’«abbraccio mortale» di cui parlano Toti e Gelmini...
«Altolà. Non commento il fuorionda. È
una cosa rubata. C’è anche un reato previsto dal codice, si chiama ricettazione».
Temete il 10 aprile, giorno in cui si conoscerà la sorte di Berlusconi?
«Al contrario. Berlusconi ha sempre dimostrato che nelle difficoltà dà il meglio
di sé».
Lei continua a sostenere l’ipotesi di
tornare alle larghe intese dopo il voto
delle Europee?
«Le elezioni del 2013, vinte dal centrosinistra con un margine dello 0,37%, hanno dato quest’esito. Renzi, entrato in
campo con una congiura di palazzo, se ne
sta approfittando. Invece la strada dovrebbe essere — in tre punti — pacificazione, riforme istituzionali condivise, rilancio dell’economia».
Tommaso Labate
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Primo Piano
Corriere della Sera Lunedì 7 Aprile 2014
9
Piazza dei Signori La manifestazione
per l’indipendenza del Veneto organizzata ieri della Lega a Verona (Foto Newpress)
La manifestazione Salvini carica i militanti. E sul palco si rivede Bossi
Lega, pienone in piazza
per i secessionisti veneti
«Fuori o li liberiamo noi»
A Verona la protesta per i «patrioti»
DAL NOSTRO INVIATO
Il governatore lombardo
Maroni non si ricandida
«Ora largo ai giovani»
DAL NOSTRO INVIATO
Ex ministro
Roberto Maroni,
59 anni, ministro
del Lavoro
e dell’Interno nei
governi Berlusconi.
Ex segretario della
Lega, ora guida la
Regione Lombardia
VERONA — Maroni come Paganini: non fa il
bis. Il governatore lombardo ieri non era a
Verona per la manifestazione in solidarietà
degli indipendentisti arrestati. Era già sabato
sera nel capoluogo veneto, quando una
labirintite l’ha costretto a tornare a Varese. Ma
ha comunque annunciato la sua intenzione di
non ricandidarsi alla guida della Lombardia:
«L’ho sempre detto: largo ai giovani. E non era
un modo di dire». Il governatore lombardo
ritiene infatti che occorra «preparare una
transizione normale, fisiologica. E non
violenta come quella di Matteo Renzi con
Enrico Letta. Il ricambio non può avvenire in
maniera traumatica, per rottamazione, come
fosse una guerra tra generazioni». Soprattutto,
«nella vita si possono fare tante cose utili
anche a prescindere dalla politica». Roberto
Maroni dice che non c’è alcuna novità: «Io
avevo già detto di voler chiudere con la
politica. Il ruolo nella Regione Lombardia, che
è gravoso, ha solo allungato di cinque anni il
mio impegno con la cosa pubblica».
M. Cre.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
24
10,2
i separatisti arrestati
dal Ros dei carabinieri
in un blitz del 2 aprile
scorso, 15 le persone
fermate in Veneto.
Il gruppo è accusato
di terrorismo,
eversione del sistema
democratico e della
fabbricazione di armi
la percentuale dei voti
ottenuta dalla Lega alle
Europee del 2009.
In quella tornata
elettorale il Carroccio
ottenne in Veneto il
28,3% e fu il partito più
votato nelle province
di Belluno, Treviso,
Verona e Vicenza
VERONA — «La libertà non si mette in discussione, la libertà non si
processa». L’ira e la commozione leghiste invadono il cuore di Verona. La
manifestazione in solidarietà dei 24
venetisti arrestati dalla Procura di
Brescia con le accuse di terrorismo ed
eversione fornisce al Carroccio una
spinta vistosa. E al termine, l’umore è
euforico per l’unità ritrovata. Matteo
Salvini, il segretario leghista, lancia
la promessa che è anche, quasi, un
ultimatum: «Gli arrestati, che magari
in questo momento condividono un
pasto forse con uno spacciatore marocchino, torneranno a essere uomini e donne libere: questo è il nostro
impegno». Salvini aggiunge anche
una data: «Il 25 aprile è la festa della
Liberazione ma è anche la festa di San
Marco. E noi saremo nelle piazze di
ogni Comune e valle del Veneto». Ma
se per quella data gli indipendentisti
non saranno fuori dal carcere, andremo là noi: manifesteremo di fronte a
ogni galera in cui sono stati rinchiusi».
La manifestazione inizia con Salvini che chiama sul palco bambine e
bambini figli di militanti: «Questi sono i nostri pericolosi terroristi. Terroristi di terza elementare. Perché
questa manifestazione è per loro. Per
la loro libertà futura».
I timori della vigilia sono fugati: la
piazza dei Signori è piena. E Salvini
ha vinto la sua scommessa. La mossa
del segretario leghista, il convocare la
manifestazione in solidarietà dei 24
arrestati, poteva rivelarsi una buccia
di banana. Una scarsa partecipazione
e magari qualche polemica da parte
degli indipendentisti più intransigenti avrebbe potuto offuscare l’iniziativa. Perché il paradosso, ma fino a
un certo punto, è che i leghisti si sono mobilitati in solidarietà di forze
politiche e militanti che spesso accusano la Lega, come minimo, di essersi venduta il sogno indipendentista
in cambio delle confortevoli poltrone
di governo nello scorso decennio.
Ma, appunto, la ripresa dei consensi per la Lega di cui parlano i sondaggi si è trasformata anche in mobilitazione. E il Carroccio può certificare la riconquista delle piazze che nei
giorni belli furono loro. Un buon auspicio per le Europee e le ammini-
strative. La piazza è piena di striscioni anche estrosi («Chiavegato come
Mandela, Rocchetta come Martin Luther King»), i giovani padani continuano ad accendere fumogeni rossi e
gialli (come la bandiera veneta), arriva un gran cannone montato su una
carriola con delle baguette al posto
delle munizioni.
Sul palco, orlato da un gigantesco
striscione («Patrioti veneti liberi»)
salgono i parenti degli arrestati. E anche Umberto Bossi, con occhialini da
sole: «Donne e uomini delle colonie
padane, non hanno messo in carcere
qualche veneto ma il popolo veneto.
È incredibile. Ma devono stare attenti. Noi oggi siamo qui perché volevamo venire ad abbracciarvi: perché il
Veneto ha risvegliato la Padania».
Flavio Tosi (che probabilmente sarà
il capogruppo alle Europee) è fiam-
meggiante: «Queste persone sono
state arrestate per avere una opinione. È pazzesco: i veri delinquenti sono per le strade, e lo Stato ne vuole liberare a migliaia con l’indulto. Uno
Stato normale non arresta le persone
perché hanno idee diverse da quelle
del potere costituito. Questo è vergognoso». Poi, se la prende con gli
ispettori del lavoro che ieri hanno
passato al setaccio gli stand del Vinitaly: «Sono andati a rompere i coglioni a chi lavora per sbarcare il lunario». Luca Zaia, il governatore, indica
il Tricolore che sventola fuori dalla
Prefettura: «È un peccato che non ci
sia la bandiera del Veneto. È grave.
Non è una bandiera di terroristi ma
di 1100 anni di storia conosciuta in
tutto il mondo. Deve essere chiaro
che l’indipendenza non è un fatto di
partito ma di popolo».
Sul palco Il fondatore della Lega Umberto Bossi e l’attuale segretario Matteo Salvini (Errebi)
Il segnale
Il recupero nei sondaggi è
confermato dalla
partecipazione della base: un
buon segnale per le Europee
Il messaggio
L’annuncio del segretario:
«Noi siamo pacifici ma non
fessi. Pronti a manifestare
davanti alla galera»
Il gran finale è per Matteo Salvini:
«Forse questi arresti sono stati fatti
per farci saltare i nervi. Ma noi sorridiamo. Perché ci hanno fatto un regalo: ci hanno ricordato che siamo
una comunità, che non ci sono gli orticelli. Ma noi siamo pacifici, anche
se non fessi. E se verrà toccato qualcun altro sarà come se ci avessero
toccato tutti». Il nuovo corso leghista
è comunque lontanissimo dalle battute contro i «terun»: Salvini non dimentica un pensiero anche per «la
gente del Sud tenuta in ostaggio da
70 anni da chi vuole solo i loro voti».
Marco Cremonesi
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Primo Piano 11
Corriere della Sera Lunedì 7 Aprile 2014
Verso le elezioni I partiti
Lega Nord
Basta euro
Scelta europea
Fratelli d’Italia -An
Europee, la carica dei simboli
da Io non voto a Forza Juve
Partito delle aziende
Movimento 5 Stelle
Valentino presidente Nuovo centrodestra-Udc
Oggi alle 16 scade il termine per la registrazione
Accanto ai loghi dei partiti aumentano le provocazioni
Io non voto
Casapound Italia
Partito popolare italiano Sacro romano impero
L’Altra Europa
Democrazia cristiana
Lista del grillo parlante Chiam. per il Piemonte
Pensionati e invalidi
Lega padana
La catena
Italia dei valori
Recupero maltolto
Pensionati Consumatori
Partito internettiano
Lega per l’Italia
In coda La fila all’esterno del Viminale per depositare i simboli in vista delle Europee. In testa il senatore leghista Roberto Calderoli (Ansa)
MILANO — Lo scudo crociato si fa in
quattro: lo storico marchio democristiano
è richiamato dalla lista che vede uniti
Nuovo centrodestra e Udc e da altre tre
formazioni. Pure il simbolo dell’euro ricorre quattro volte: a volerlo sulla scheda,
però, è soprattutto chi la moneta unica
non la vorrebbe in Europa. Forza Italia inserisce il nome di Berlusconi, il Pd il richiamo al Pse. C’è tempo ancora fino alle
16 di oggi per presentare al Viminale i
simboli delle liste per le Europee del 25
maggio. Tutti i big l’hanno fatto ieri. E,
con loro, anche una miriade di nuove proposte e liste minori. Così, finito l’andirivieni al ministero dell’Interno e le prime
operazioni di accreditamento, erano una
quarantina ieri i simboli che campeggiavano sulla bacheca (in questa pagina li
pubblichiamo, dall’alto a sinistra, in ordine di presentazione). Tra cui anche la lista
«Io non voto». Che su una scheda elettorale potrebbe far pensare a un paradosso o
a una provocazione (o ai fan di Magritte e
della frase «questa non è una pipa» sotto
il disegno di una pipa). Invece, per dirla
con la parole del presidente e fondatore
Carlo Gustavo Giuliana, vorrebbe rappresentare quello che «virtualmente è il primo partito d’Italia»: l’astensione.
È stata la Lega la prima formazione a
presentare il simbolo: «Basta euro», si legge in basso. E nella bacheca, proprio accanto, ce n’è un altro con la stessa dicitura,
scritta gialla su sfondo azzurro: Basta euro
è la lista, non apparentata con il Carroccio.
Il simbolo della moneta unica è preso a
calci, in un disegno, sul logo di un’aspi-
rante lista che propone un mix di valori: è
Forza Juve-Bunga bunga-Usei, dove la sigla sta per Unione sudamericana emigrati
italiani. E contro l’euro è anche la Lista del
grillo parlante, dove la parola Grillo campeggia in evidenza e già in passato ha suscitato le ire del leader cinquestelle. Ma
loro rivendicano di rappresentare un altro
Beppe Grillo, omonimo e più «vero», visto che il fondatore del Movimento, sottolineano, si chiama Giuseppe Grillo.
A rischio ricorso è Chiamiamolo per il
Piemonte, il cui simbolo a prima vista può
sembrare quello della lista per le regionali
Le sigle
Una quarantina i simboli
finora presentati. Ci vorranno
due giorni per stabilire chi
sarà ammesso alle elezioni
di Chiamparino (una sagoma in rosso del
Monviso): raggruppa gruppi di sinistra
che si oppongono all’ex sindaco di Torino.
A Sud guarda invece il partito Terra nostra, che vuole chiedere al Parlamento Ue
una commissione d’inchiesta sulla terra
dei fuochi. Compare, e riporta indietro
negli anni, il simbolo dei Democratici di
sinistra, presentato per evitare che altri lo
imitino.
Vecchia conoscenza è il Partito internettiano, con la chiocciola (@). La lista
Recupero maltolto presenta un salvadanaio blu con la scritta «Stati € Uniti», c’è
una bilancia invece nel simbolo della lista
Sacro romano impero liberale e cattolico.
Tante le aspiranti formazioni dei pensionati (ora da soli, ora con i giovani, ora con
i consumatori).
Alcune sigle potrebbero piantare grane, o ricorsi, alle formazioni già presenti
in Parlamento. «Queste contestazioni non
sono una novità», commenta Dore Misuraca, parlamentare di Ncd che ieri ha depositato il simbolo: il nome di Alfano è tra
il logo di Ncd e, con le sigle Udc e Ppe, uno
scudo crociato. Il marchio democristiano
compare in altri loghi. In quello della Democrazia cristiana, partito guidato da Angelo Sandri, che ne rivendica la primogenitura citando addirittura la Cassazione.
Altri due scudi sul logo dei Cristiani democratici uniti (Cdu) e quello, senza «Libertas», del Partito popolare italiano.
Il simbolo del Movimento 5 Stelle è stato consegnato da un avvocato milanese,
Francesco Bellocchio. Tra gli altri partiti,
Scelta europea che unisce Scelta civica,
Centro democratico e Fare. Depositato anche L’Altra Europa con Tsipras, quello dei
Fratelli d’Italia e dell’Italia dei Valori. Destre unite raggruppa il partito di Storace,
Io Sud di Poli Bortone e Fli di Menia. Se
oggi scade il termine per i simboli, per le
liste, con le firme necessarie, c’è tempo fino al 16 aprile. Due giorni saranno dedicati a ricorsi e modifiche: mercoledì si saprà quali saranno ammessi a cominciare
la battaglia, a suon di firme, per un posto
sulla scheda.
Renato Benedetto
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Forza Juve Bunga Bunga
Pensionati
Destre unite
Cdu
Io cambio
Partito democratico
Terra nostra
Mse
Nuova Italia
Democratici di sinistra
Insorgenza civile
Forza Italia
Pensioni e lavoro
Movimento disabili
Green Italia Verdi
Italia moderata
12
Lunedì 7 Aprile 2014 Corriere della Sera
Esteri
Dinastia
A sinistra Rahul
Gandhi, 43 anni,
figlio di Sonia e
dell’ex primo
ministro Rajiv,
vicepresidente del
Partito del
Congresso. In un
comizio ieri a New
Delhi ha lanciato un
duro attacco contro
il leader della
destra Narendra
Modi (Ansa/ Maria
Grazia Coggiola)
Elezioni Il Partito del Congresso verso una sconfitta storica
Le vacche sacre e il Pil
Le divinità dell’India
che vota per la svolta
Mani tese Donne
indiane intorno alla
foto di Modi (Epa)
Il favorito, Modi, punta su valori e crescita
L’iniziativa
Un racconto
per immagini
Sguardi
Nella foto sotto,
la candidata dell’Aam
Aadmi Party, Medha
Patkar, durante un
comizio a Mumbai
(Nishant Shukla/
Fabrica)
DAL NOSTRO INVIATO
NEW DELHI — Non bisogna lasciarsi ingannare dalle vacche sacre. Ieri, vicino alla
Connaught Place di New Delhi, una aveva
infilato le corna in un cartellone con la faccia barbuta di Narendra Modi, l’uomo avviato a diventare il prossimo primo ministro indiano. Non riusciva a liberarsi. E non
sapeva, la poveretta, di essere diventata
parte della campagna elettorale. Che proprio Modi, candidato in grande vantaggio
nelle elezioni per le quali la più grande democrazia del pianeta inizia a votare oggi, è
il suo difensore irremovibile, che non la lascerà mai sola. L’ultimo tema che il leader
nazionalista indù ha sollevato per attaccare
il governo, per dire, è l’esportazione di carne bovina, in pieno boom nonostante il divieto (teorico) di macellare le vacche: una
pratica che Modi definisce anti-indù, chia-
Paese musulmano non turbato dalla questione. Il problema è che fare diventare il
commercio di carne un tema elettorale forte è sembrato a molti commentatori mettere al centro del dibattito questioni di identità culturale e religiosa — la sacralità delle
vacche che danno latte e sono care alle divinità indù — allo scopo di polarizzare lo
scontro, di stimolare il nazionalismo indù.
Ed è qui che occorre non farsi ingannare. La
polarizzazione ideologica è in effetti alta, la
più alta di sempre in queste elezioni (814
milioni di indiani chiamati alle urne), ma
non è tutto, anzi: di base, c’è un’India moderna, giovane, istruita che vuole parlare di
crescita, di opportunità, di lotta alla pover-
La maratona
elettorale
814,5 milioni
tà e alla violenza contro le donne e per la
quale la «rivoluzione rosa» arriva molto in
basso nella lista delle priorità. Una nuova
India che pensa, anch’essa, che queste elezioni siano uno spartiacque, le più importanti di sempre, ma per altri motivi. È che la
posta in gioco è tra le più alte per tutti. Dopo dieci anni di governo di coalizione, il
partito del Congresso — gestito sin dall’Indipendenza del 1947 dalla dinastia NehruGandhi — quasi certamente subirà una
sconfitta storica, che potrebbe spingerlo
verso il declino e chiudere l’era del dominio
della famiglia più potente dell’India moderna. L’ultimo sondaggio, ieri, dava il Bjp,
il partito di Modi, e la coalizione che si è co-
Srinagar
Chandigarh Shimla
gli elettori registrati, 100 milioni
in più rispetto al 2009
Jaipur
stituita attorno a esso possibili vincitori di
246 seggi nel prossimo parlamento: non
lontani dalla maggioranza assoluta di 272,
facilmente raggiungibile grazie all’alleanza
con qualche partito locale. Il Congresso rischia invece di dimezzare i seggi, a meno di
cento: una sconfitta che metterebbe fuori
gioco l’ultimo dei Gandhi, Rahul, figlio di
Sonia, dell’ex primo ministro Rajiv, nipote
di Indira Gandhi, pronipote di Jawaharlal
Nehru. Non solo: nell’alternativa tra Rahul
e Modi — tra il figlio della dinastia e l’ex
venditore di tè — l’India deve scegliere
quale strada prendere, in economia e nella
società: il paternalismo dello Stato del primo o l’apertura ai mercati del secondo.
Le più grandi elezioni del mondo iniziano
oggi e termineranno il 12 maggio. Nei 28 Stati
e nei 7 Territori dell’India gli elettori andranno
alle urne in nove giorni diversi
New Delhi
Lucknow
23 milioni
i giovani al voto per
la prima volta, pari al 2,9%.
Nel 2009 erano lo 0,8%
Il progetto di Fabrica
Si tratta di uno
degli scatti firmati
da 10 giovani
fotografi indiani che
racconteranno il loro
Paese nei 45 giorni
dell’elezione più
grande del mondo:
il progetto
«Lok Sabha»
di Fabrica, il centro
di ricerca sulla
comunicazione
di Benetton Group,
è curato da
Enrico Bossan
e Manik Katyal
Da oggi su Corriere.it
Un viaggio
nelle contraddizioni
e nei colori della
democrazia indiana
in collaborazione
con il «Corriere della
Sera»: il racconto
per immagini del voto
per il rinnovo
della Camera bassa
(«Lok Sabha»
in lingua hindi),
sarà da oggi online
sul sito web di Fabrica
e su corriere.it
ma «rivoluzione rosa» e contro la quale invoca un voto per fermare quella che ritiene
essere una continua spinta contro i valori
della Nazione operata da dieci anni di governo guidato dal partito del Congresso,
laico e statalista.
In senso stretto, Modi ha ragione. Il ministero dell’Alimentazione ha ammesso
che l’India è diventata il principale esportatore di carne al mondo, 1,89 milioni di tonnellate nell’ultimo anno, il 50% in più in un
quinquennio. Per lo più si tratta di pezzi di
bovino che escono con l’etichetta di bufalo
e tornano a essere pezzi di vacca quando arrivano nei macelli del vicino Bangladesh,
Patna
28.341
i votanti registrati come
«altro genere» sessuale, opzione
possibile per la prima volta
Gandhinagar
Calcutta
Bhopal
Bhubaneshwar
Mumbai
Hyderabad
Panaji
Bangalore
Chennai
Pondicherry
930.000
i seggi in tutto il Paese, il 12%
in più rispetto a quattro anni fa
Imphal
Aizawl
426 milioni
gli elettori uomini, contro
i 387 milioni di donne
Itanagar
Gangtok
Trivandrum
LE DATE
7 aprile
9 aprile
10 aprile
12 aprile
17 aprile
24 aprile
30 aprile
7 maggio
12 maggio
Port
Blair
La retorica e la gestualità della campagna
elettorale, dunque, prendono le forme e i
temi più delicati e li alzano a simboli. Da un
lato le vacche sacre, la difesa dei templi indù dalla presunta invadenza musulmana,
l’attacco a Sonia Gandhi, presidente del
Congresso, in quanto italiana e dunque
protettrice dei due marò trattenuti a Delhi.
Sul lato opposto, le accuse a Modi di dividere il Paese per linee religiose e tribali, di
non avere difeso i musulmani in un massacro del 2002 nello Stato del Gujarat di cui
era già chief minister, di portare l’India verso il conflitto nazionalista interno e forse
esterno con il vicino Pakistan. La realtà, però, è che questo parlare di vacche sacre è la
coda di un Paese che è già cambiato e cambierà ancora. I giovani indiani istruiti, urbani, classe media, hi-tech, accanto ai Ganesh e ai Shiva hanno elevato una nuova
divinità, il Pil, l’aumento del prodotto lordo. Di gran lunga il primo pensiero di questi elettori, almeno un terzo di quelli totali,
è l’economia, negli ultimi tempi caduta a
un tasso di crescita del 5%, troppo basso per
assorbire l’aumento della popolazione. Ed
è sull’economia, su dieci anni di riforme
non fatte, di corruzione lasciata correre, di
burocrazia oppressiva che il governo del
Congresso verrà giudicato e condannato. E
che Modi — visto da ricchi e da poveri come un uomo che fa e favorisce la crescita al
di là delle divisioni ideologiche che provoca — verrà con ogni probabilità eletto primo ministro. I risultati si sapranno a metà
maggio: si inizia a votare oggi, nello Stato
nord-orientale dell’Assam, e le elezioni
nelle 543 circoscrizioni andranno avanti, in
nove giornate, in 35 tra Stati e territori, per
oltre un mese. Mentre l’onda favorevole a
Modi si gonfia di giorno in giorno. Garantisce crescita, lavoro, istruzione, strade e forse tempi duri per i musulmani. Vedremo. In
più, per non rischiare, promette un santuario vicino a Porbandar, la città natale di
Mohandas Gandhi: ospiterà diecimila vacche, il Mahatma le venerava.
CDS
Danilo Taino
@danilotaino
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Argentina La presidente suggella il sacramento cattolico per una bambina figlia di una coppia omosessuale
Cristina Kirchner fa da madrina al battesimo gay
BUENOS AIRES — La presidente argentina Cristina Fernández de Kirchner è da ieri
madrina della bambina di una
coppia di donne omosessuali.
Il battesimo di Uma, nata per
inseminazione artificiale il 27
gennaio, ha avuto luogo nella
cattedrale di Cordoba, seconda città del Paese, ed è il primo caso benedetto in Argentina dalla Chiesa cattolica che
riguardi il figlio di una coppia
gay. Mentre il papa (argentino) Francesco ha più volte
condannato le nozze omoses-
Nella cattedrale Karina Villarroel (sin.) e Soledad Ortiz con la figlia Uma (Afp)
suali, legali nel Paese dal
2010, il vescovo di Cordoba ha
invece dato il suo assenso al
battesimo. Il caso di Uma è
anche il primo di «madrinaggio» della peronista Kirchner
«al di fuori del decreto che autorizza che il capo di Stato sia
la madrina di tutti i settimi figli, maschi o femmine», ha
precisato l’ufficio della leader
61enne che ieri non ha presenziato alla cerimonia, preferendo inviare una sua rappresentante. Da quando ha assunto la presidenza nel 2007,
la Kirchner è diventata la madrina di circa 400 bambini.
La richiesta di diventare
madrina di Uma era stata
mandata alla Kirchner via Facebook da Soledad Ortiz, la
madre biologica, e da Karina
Villarroel, unite in matrimonio un anno fa. «Nè mia moglie nè io siamo cattoliche
praticanti, ma abbiamo pensato che nostra figlia meritasse di essere battezzata», ha dichiarato Villarroel, ex poliziotta. «Abbiamo chiesto alla
presidente perché i nostri diritti li dobbiamo a lei. E lei ha
risposto con un grande gesto».
R.E.
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Esteri 13
Corriere della Sera Lunedì 7 Aprile 2014
#
Il voto a Budapest
Ex capo dell’Ira
Orbán padrone d’Ungheria
Ma l’ultradestra non sfonda
McGuinness
a cena
dalla Regina
Maggioranza «costituzionale» al premier
DAL NOSTRO INVIATO
BUDAPEST — L’Ungheria è ancora
Viktor Orbán e Viktor Orbán è ancora
l’Ungheria. Si è proposto come padre
della nazione e il popolo magiaro gli
ha dato nuovamente fiducia. Il premier nazionalista ha vinto le elezioni
politiche, infliggendo una grave
sconfitta all’opposizione di centrosinistra, che non è riuscita a contrastarlo. Ma un successo, pur non facendo l’exploit, può vantarlo anche
Jobbik, il partito neofascista e antisemita, che vorrebbe condizionare da
destra il capo del governo e che spesso gli ha fornito un alibi per le sue misure più controverse
Le dimensioni della vittoria di Orbán non erano però definitive ancora
nella tarda serata. Quando era stato
contato quasi il 90% delle schede, Fidesz, il partito del primo ministro,
aveva circa il 45% dei consensi, 7
punti in meno del 2010, flessione
quasi fisiologica dopo 4 anni al potere. L’Alleanza democratica di centristi, liberali e socialisti non superava il
25%, a conferma di una strutturale
incapacità di offrire una risposta non
sciovinista alle ansie e alle speranze
199
degli ungheresi. Salivano invece dal
16,7% al 21% per cento gli estremisti
di Jobbik, confermando il loro sinistro radicamento nella società magiara, ma fallendo l’obiettivo del secondo posto, cui avevano puntato
con una campagna in doppiopetto.
L’incertezza riguardava la distribuzione dei seggi in seno all’Orszaghaz,
il Parlamento di Budapest, ridotto da
386 a 199 deputati. Mancavano infatti
pochi seggi a Viktor Orbán per riconfermare nella Casa della Nazione la
maggioranza dei 2/3, che gli ha permesso di rimodellare il Paese in senso autoritario. Sarebbe un trionfo e
un segnale verde a proseguire sulla
strada, che lo reso popolare ma lace-
rante in patria e controverso in Europa. Se invece Orbán dovesse accontentarsi «solo» di una maggioranza
assoluta, l’opposizione avrebbe una
base migliore da cui ripartire, ma si
aprirebbero pericolosi spazi di manovra per la destra razzista e xenofoba.
Alle 11 di sera, il premier si è presentato raggiante davanti ai suoi sostenitori, riuniti lungo un argine del
Danubio. Con dietro lo sfondo spettacolare della collina di Buda illuminata, Orban è apparso commosso e ispirato: «Ogni dubbio è svanito, abbiamo vinto. Fidesz ha il record europeo
dei consensi. Possiamo essere fieri:
siamo il Paese più omogeneo d’Europa. Il popolo ungherese ha detto no
all’odio. Il nostro posto è nell’Unione
europea ma con un forte governo na-
10
Alle urne Donne ungheresi al seggio ieri pomeriggio in una cittadina fuori Budapest (Reuters/Laszlo Balogh)
I seggi del nuovo Parlamento.
Quello uscente ne contava 386.
Nel 2010 Fidesz aveva ottenuto
la maggioranza dei due terzi
milioni Gli abitanti dell’Ungheria. Viktor Orbán è stato primo
ministro dal 1998 al 2002 e
nuovamente a partire dal 2010
zionale. Lavorerò tutti giorni per far
diventare l’Ungheria un Paese magnifico”. E’ stata una campagna elettorale completamente polarizzata intorno
alla sua figura. Con buone ragioni, gli
avversari lo hanno accusato di aver
manipolato la democrazia, imponendo una nuova Costituzione che di fatto elimina ogni controllo e mette sotto il dominio del governo gli organi di
garanzia, la giustizia, la banca centrale, perfino le istituzioni culturali. Orbán ha anche messo il bavaglio ai media e limitato l’accesso alla pubblicità
elettorale per i suoi avversari. Di più,
la sistematica occupazione dello Stato da parte di Fidesz ha alimentato un
sistema clientelare e onnivoro, ribattezzato la «piovra magiara».
Ma sul piano economico, la sua
stravagante ricetta di populismo,
protezionismo e liberismo, ha funzionato. Almeno per la classe media,
che ha visto migliorare sensibilmente
le proprie condizioni, mentre più di 4
milioni di ungheresi rimangono sotto la soglia di povertà. L’ex eroe del
dissenso anti-sovietico ha ridotto le
tasse, le tariffe elettriche e quelle telefoniche, ma ha imposto balzelli da
Robin Hood su banche e multinazionali straniere. Ha incassato 5 mila miliardi dai fondi europei, ma ha inveito
contro la dittatura dell’Ue, additata
come il nemico. Soprattutto si è ammantato dei simboli nazionali, agitando la retorica del Paese negletto e
accusando chi dissente di tradire
l’Ungheria.
Alla fine Viktor Orbán ha avuto ragione. E qualunque sarà l’esito, sarà
ancora lui il volto dell’Ungheria in
Europa. Alla vigilia di un’elezione
continentale che si annuncia nel segno dei populismi anti-europei, il tribuno di Budapest che semina tempesta e raccoglie miliardi, rischia di rivelarsi un inquietante battistrada.
Paolo Valentino
© RIPRODUZIONE RISERVATA
LONDRA — Il vice primo
ministro nordirlandese
Martin McGuinness
parteciperà domani a una
cena di Stato con la regina
Elisabetta II al castello di
Windsor in occasione della
visita del presidente irlandese
Michael Higgins, la prima di
un capo di Stato della
Repubblica d’Irlanda in Gran
Bretagna. McGuinness era
dirigente dell’Ira quando nel
1979 l’organizzazione uccise
Lord Mountbatten, ultimo
viceré dell’India e zio del
principe Filippo. Poi era stato
negoziatore nel processo di
pace in Irlanda del Nord.
«Anche se la partecipazione di
McGuinness può non essere
ben accolta da chi si oppone al
cambiamento, si tratta di un
nuovo esempio dell’impegno
del Sinn Fein per un avvenire
fondato sulla tolleranza e
l’uguaglianza», ha dichiarato
Gerry Adams, presidente del
partito a cui appartiene
McGuinness. La regina ha già
incontrato McGuinness a
Belfast nel giugno 2012: i due
si erano stretti la mano
davanti alle telecamere (nella
foto), un gesto impensabile
solo pochi anni prima.
Esteri 15
Corriere della Sera Lunedì 7 Aprile 2014
Rapporto Una
delle maggiori Ong
internazionali ha
investigato su un
progetto sanitario che
la World Bank
propone al mondo
come esempio da
seguire. Il Corriere l’ha
letto in anteprima
Maseru
L E S O T H O
AFRICA
SUDAFRICA
Quando non c’è la salute
In Lesotho le aspettative di vita si
fermano a 50 anni (a sinistra, pazienti
con la tubercolosi). È il terzo Paese al
mondo per la diffusione dell’Aids. Ha
2 milioni di abitanti: 10 bambini su
100 non raggiungono i 5 anni
L’ospedale modello dell’Africa?
«Uno scandalo targato Onu»
Oxfam accusa la Banca Mondiale per il piano Lesotho
La vicenda
L’ospedale
L’ospedale di Maseru
(foto sotto), una
partnership tra
pubblico e privato
promossa dalla World
Bank, («la banca
dell’Onu» contro la
povertà), costa allo
Stato del Lesotho
(uno dei più poveri al
mondo) il 51% del
budget sanitario
La World Bank
Sostiene che il
modello dell’ospedale
di Maseru (che ha
fruttato alla banca
oltre 700 mila dollari
in consulenze) sia da
esportare in altri Paesi
e non solo in Africa
Oxfam
L’organizzazione
umanitaria denuncia
gli sprechi del piano
Lesotho in un
rapporto che sarà
pubblico da oggi. I
costi dell’ospedale
stanno togliendo fondi
ai necessari interventi
di sanità pubblica
nelle aree rurali
Neve, Aids e povertà: il montagnoso
Lesotho è uno dei pochi Paesi africani
dove nevica spesso. È tra i più poveri al
mondo: 10 bambini su 100 muoiono
prima di vedere cinque inverni, le
aspettative di vita si fermano a 50 anni
(nel 1990 era di più: 60), il 25% delle
donne è sieropositivo. La World Bank,
che è un po’ la Banca dell’Onu con il
motto «lavorare per un mondo senza
povertà», sostiene di aver fatto al piccolo Lesotho un bel regalo (da esportare
in tutta l’Africa): un «ospedale modello» da 425 posti letto basato su una
partnership tra pubblico e privato.
Oxfam, una delle più importanti ong
mondiali, ha scritto un rapporto per dimostrare che si tratta di un regalo avvelenato. Il Corriere, con un ristretto
gruppo di giornali come il Guardian e il
Financial Times,
ha letto in anteprima il rapporto Lesotho in cui Oxfam
denuncia la Banca
Mondiale (e l’Ifc, il
suo braccio per gli
investimenti nel
settore privato),
chiede un’inchiesta
i n d i p e n d e n te e
propone di fermare
la creazione di altri
ospedali come
quello che «sta portando alla bancarotta» il povero Lesotho. «Quell’ospedale è
uno scandalo — dice al Corriere Winnie
Byanyimaha, ingegnere aeronautico,
ugandese, direttrice di Oxfam International —. Un’inchiesta dovrebbe valutare se ci sia stata anche corruzione. Di
certo quell’affare ha reso più poveri i
poveri e più ricchi gli investitori di
Netcare e Tsepong». Il modello finanziario promosso dalla Banca Mondiale è
fatto in modo tale da garantire ai privati
(gruppo principalmente sudafricano)
un ritorno del 25% e un guadagno del
7,6% maggiore al capitale iniziale.
Nel 2026 il Regina Mamohato di Maseru, capitale del Lesotho, passerà al
governo. Ammesso che il sistema sanitario pubblico non sia nel frattempo andato a fondo. Per la gestione dell’ospedale aperto nel 2011, affidata interamente al partner privato Netcare (una
multinazionale), lo Stato spende 67 milioni di dollari all’anno, tre volte i costi
del vecchio Elisabetta II, ovvero il 51%

La Nigeria sorpassa il Sudafrica:
prima economia del continente
I
l sorpasso o il collasso: la disastrata caotica Nigeria,
l’immenso e fragile calderone africano che mescola petrolio e
corruzione, il terrorismo di Boko Haram e il cinema di Nollywood,
si fa i conti in tasca e scopre che la sua economia è più grande di
quella sudafricana: 510 miliardi di dollari di pil contro 370.
Aggiornando le voci di bilancio ferme al 1990, aggiungendo per
esempio il settore telecomunicazioni (nel 2000 c’erano 30 mila
cellulari, oggi 113 milioni) il Paese più popoloso del continente
(sono in 170 milioni) diventa da un giorno all’altro il più ricco. Un
salto una tantum del 100% rispetto al 2012. Che se non cambia il
reddito pro-capite (nella patria di Mandela è tre volte quello
nigeriano) fa bene all’ego nazionale. E attira gli investitori (m.fa)
dell’intero bilancio sanità. La lievitazione delle spese, sostiene la World Bank,
è dovuta al fatto che un numero maggiore di pazienti si sono rivolti all’ospedale. Oxfam contesta con ragione questa versione. Anche accettandola, quei
425 letti costerebbero comunque una
cifra enorme: 44% del budget, che non a
caso il governo nei prossimi anni sarà
costretto ad aumentare (ma soltanto
per ripagare gli investitori). Un contratto capestro, sostiene Byanyimaha, che
tra l’altro è costato al Lesotho 723 mila
dollari in più per la consulenza della
Banca Mondiale che dovrebbe combattere la povertà (possibilmente gratis).
Bel regalo al Lesotho. Per risparmiare
qualcosa, il governo di Maseru pensa di
costruirgli accanto un piccolo centro
per gestire i pazienti in eccedenza del
Regina Mamohato. Ma il problema più
grave, dice al Corriere Anna Marriott,
curatrice del rapporto Oxfam intitolato
«Una pericolosa deviazione», non si vede a Maseru, dove la sede del Parlamento è un regalo dei cinesi (meno avvelenato di quello della World Bank). Tre
quarti dei 2 milioni di abitanti del Lesotho vivono fuori, tra le gole e gli altopiani, la siccità e la neve: per il 25% di
loro il primo avamposto sanitario
(spesso derelitto) sta a tre ore di strada
(impervia). Il buco nero dell’«ospedale
modello» toglie fondi dove servono di
più: agli interventi di sanità primaria e
secondaria nelle aree rurali. Secondo la
Banca Mondiale il nuovo ospedale registra una riduzione del 41% del tasso di
mortalità (rispetto a quello vecchio). Ha
tagliato del 10% il numero delle donne
che muoiono per il parto in città. Anna
Marriott ricorda che per una donna incinta che muore in città, in campagna
ne muoiono quattro. Per loro la World
Bank potrebbe consigliare al governo
del povero innevato Lesotho di finanziare un servizio taxi in elicottero...
Michele Farina
@mfarina9
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Esteri 17
Corriere della Sera Lunedì 7 Aprile 2014
Il personaggio
L’ex compagna del presidente Hollande torna al governo in grande stile. La vicenda coinvolge Autostrade per l’Italia
Il premier
42enne:
ora lascio
Tutti pazzi per Ségolène
«Basta nuove imposte
no all’ecologia punitiva»
La neo ministra vuole azzerare l’eco-tassa
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
PARIGI — Denuncia l’«ecologia punitiva», Ségolène Royal, e in questo
modo sa di conquistare buona parte
dell’opinione pubblica: in tempo di crisi economica l’attenzione per l’ambiente a molti sembra un lusso, soprattutto se finanziato con altre tasse. Così,
appena tornata al governo, e in grande
stile, come numero tre incaricata dell’Ecologia, dello
Sviluppo sostenibile e dell’Energia,
la neo ministra Royal ha subito chies to d i a z z e r a r e
l’«eco-tassa», ovvero lo strumento
approvato in epoca
Sarkozy per fare
pagare ai grossi camion un pedaggio
anche sulle strade
statali, grazie al sistema satellitare
messo a punto da Autostrade per l’Italia.
L’idea era finanziare nuove infrastrutture e mezzi di trasporto relativamente puliti, come tram e treni, con i
soldi presi ai Tir che inquinano (succede da anni in Germania). Ma nel novembre scorso, quando tutto era pronto, la rivolta dei Berretti Rossi in Bretagna ha convinto il governo a sospende-
Contro
Il provvedimento
Ségolène Royal,
ministro dell’Ecologia,
dello Sviluppo
sostenibile e
dell’Energia, contesta
l’«eco-tassa»
La rivolta
La tassa fu pensata
per far pagare ai grossi
camion un pedaggio
anche sulle strade
statali. La rivolta
dei Berretti Rossi
in Bretagna (foto Afp)
ha fatto sospendere
il progetto
re il progetto, tra proteste, scontri con
la polizia e varchi dati alle fiamme dai
manifestanti. All’epoca, Royal era già
con loro, ma contava poco. Adesso che
è ministro, l’ex compagna del presidente François Hollande riporta la questione in primo piano: una responsabile dell’Ecologia che sfida gli ecologisti.
«Voglio ripartire da zero e vedere quali
altre possibilità ci sono per finanziare
le infrastrutture — ha detto il giorno
dopo l’insediamento —. I francesi hanno già pagato molte imposte, bisogna
tassare chi inquina, lo capisco, ma
l’ecologia non deve essere punitiva»
(anche se, nel 2006, Royal voleva introdurre lo stesso sistema nel Poitou-Charentes, la regione di cui è presidente).
La popolarità di Royal — già alta, al
60% — è destinata ad aumentare. Ma
c’è un aspetto che la ministra non ha
sfiorato, e che è destinato a occupare il
dibattito dei prossimi giorni. Che non
verte tanto sulle differenze teoriche tra
«ecologia punitiva» e «ecologia positiva», ma su «chi paga?».
Sullo sfondo, c’è la gara vinta nel
giugno 2012 dal consorzio Ecomouv’,
nel quale Autostrade per l’Italia ha il
70%. Fu un successo notevole, vista la
difficoltà del mercato pubblico francese per gli stranieri: forti della tecnologia Telepass, gli italiani si sono aggiudicati l’appalto per fornire i dispositivi
a tutti i mezzi superiori alle 3,5 tonnel-
Finlandia
Il ritorno Ségolène Royal,
60 anni. Sopra, la prima
pagina di «Le
Monde» di ieri: è lei la star
late, ed equipaggiare 15 mila chilometri di strade statali con varchi che rilevano i passaggi e fanno pagare di conseguenza.
Il contratto tra lo Stato francese ed
Ecomouv’ ha una durata di 13 anni, e la
rottura costerebbe a Parigi una penale
fino a un miliardo di euro. Già da adesso la Francia dovrebbe pagare 18 milioni di euro al mese per un sistema che
non usa. Entro 15 giorni sarà consegnato al governo un rapporto che dovrebbe orientare la scelta definitiva, ma
la presa di posizione di Royal non è
l’unico segnale poco favorevole. All’epoca delle manifestazioni, l’allora
sindaco di Digione François Rebsamen
invocò un’inchiesta, «mi domando cosa c’è sotto, perché questa società italiana...». Adesso Rebsamen, come Royal, è appena entrato nel nuovo governo Valls, in qualità di ministro del Lavoro.
Il partito contrario all’eco-tassa cresce, ma sarà complicato abolirla per poi
pagare, con i soldi dei contribuenti, un
miliardo di penale agli italiani: la tentazione è denunciare l’accordo con Autostrade invocando ritardi nella consegna del sistema. Più che uno scontro
ideologico, si prepara una battaglia legale.
Stefano Montefiori
Stef_Montefiori
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HELSINKI — Il primo
ministro finlandese Jyrki
Katainen ha annunciato
che si dimetterà da capo
del governo e leader del
«Partito di coalizione
nazionale» nel prossimo
mese di giugno. A 42 anni
Katainen — ministro delle
Finanze nel 2007-11,
premier dal 2011, alla
guida della formazione di
centro-destra nell’ultimo
decennio — ha dichiarato
di considerare esaurito il
suo percorso nella politica
nazionale.
Leader Jyrki Katainen, 42 anni
L’ex enfant prodige delle
finanze finlandesi punta
ora a un posto nella nuova
Commissione Europea o ad
altro incarico nelle
istituzioni Ue. L’inaspettato
annuncio ha sollevato
preoccupazione per la
tenuta dell’ampia e
litigiosa coalizione di
governo: non è esclusa la
prospettiva di elezioni
anticipate rispetto alla
naturale scadenza del 2015.
Ieri Katainen si è invece
detto fiducioso che
l’esecutivo reggerà.
18
Lunedì 7 Aprile 2014 Corriere della Sera
Cronache
Filippine Bosio è il nostro ambasciatore in Turkmenistan. L’ipotesi di precedenti segnalazioni
«Nel resort con i bimbi adescati»
Arrestato un diplomatico italiano
Le rotte del turismo sessuale
Dall’Europa
occidentale
Dal
Nordamerica
Europa
dell’Est
Asia
L’accusa: i piccoli hanno tra 6 e 11 anni. Il ministero: massima trasparenza
Caraibi
ROMA — La comunicazione trasmessa all’Italia assicura che l’arresto è avvenuto all’interno di un appartamento affittato per una
breve vacanza nel resort
«Splash Island» di Laguna,
una località di vacanza che si
trova non molto distante da
Manila. Le autorità locali
smentiscono alcune voci
che parlavano invece di una
cattura avvenuta in un parco
pubblico. L’unica cosa certa
è che Daniele Bosio, 46 anni,
dal 2 dicembre scorso primo
ambasciatore italiano in Turkmenistan, è stato fermato
mentre era in compagnia di
alcuni bambini che avrebbero tra i 6 e gli 11 anni. E
per questo è adesso accusato
di aver violato la legge sulla
tutela dei minori. Vuol dire
pedofilia, turismo sessuale.
Il provvedimento è già
stato convalidato dal giudice
che entro una settimana fornirà comunicazioni sui
prossimi passi dell’inchiesta. Ma la scelta della Farnesina imposta dal ministro
Federica Mogherini di diramare una nota ufficiale per
assicurare «massima tra-
America
Latina
sparenza e rigore» sembra
accreditare la possibilità che
quella delle autorità filippine non sia un’iniziativa infondata. E questo contribuisce a far aumentare l’imbarazzo per una storia che, se
confermata, avrebbe risvolti
agghiaccianti.
Accade tutto due giorni fa.
Il diplomatico è arrivato nella capitale da poco, va a
prendere alcuni bambini.
Nessuno sa bene dove li abbia prelevati, se vivano presso una casa famiglia o se abbiano i genitori. C’è anche la
possibilità che li abbia incontrati per strada, adescati
tra le centinaia di piccoli abbandonati e convinti a seguirlo con la promessa di un
regalo. In ogni caso trascorre con loro alcune ore prima
che la polizia decida di fermarlo. Ad allertare gli agenti
di Laguna è stata una donna
australiana impegnata in attività contro la tratta dei minori e questo alimenta il sospetto che l’uomo fosse in
qualche modo tenuto sotto
controllo, che nei suoi confronti ci siano stati precedenti «allertamenti».
Quando gli agenti lo catturano i bambini sono ancora con Bosio. Il diplomatico
viene portato presso gli uffici della polizia, intanto si decide di allertare immediatamente l’ambasciata italiana
a Manila. E da lì parte la comunicazione ufficiale per il
ministero degli Esteri. Comincia l’interrogatorio preliminare per chiarire alcune
circostanze, poi viene avvisato il giudice. I bimbi vengono intanto trasferiti presso la sede della Ong filippina
«Bahay Tuluyan», che lavora
in coordinamento con la
Onlus internazionale Ecpat
(End Child Prostitution,
Pornography and Trafficking).
Bosio nega categoricamente di aver adescato i piccoli. Spiega di averli incontrati per strada e poiché lui è
impegnato in attività di difesa dei minori ha deciso di
portarli con sé per poterli
assistere. «È un terribile
equivoco», ripete e lo dice
anche al funzionario italiano che assiste a tutte le fasi
della procedura. Giura di
poter produrre la documentazione che prova tutto questo.
La sua difesa non appare
comunque sufficiente a scagionarlo, il giudice convali-
Il parroco accusato di pedofilia
Don Desio sospeso dal vescovo
Don Giovanni Desio, il parroco arrestato sabato mattina con
l’accusa di pedofilia, è stato sospeso da tutti gli incarichi
ecclesiastici, e sarà anche «oggetto di un procedimento al
nostro interno». Ad annunciarlo è stato il vescovo di
Ravenna, monsignor Lorenzo Ghizzoni, poco prima di
celebrare ieri mattina la messa nella parrocchia di don Desio.
da l’arresto anche se stabilisce che non venga trasferito
in carcere. Il diplomatico deve comunque rimanere a disposizione delle autorità,
non può lasciare Manila fino
a nuove disposizione. Il suo
status probabilmente influisce sulla scelta della misura
di adottare, ma non sulla
contestazione. Anche perché non appare affatto chiarito in che modo Bosio sia
entrato in contatto con i
bambini. E non viene escluso che possa aver versato
soldi per tenerli con sé. Nei
casi più gravi la legge filippina prevede la reclusione
perpetua dell’imputato e in
ogni caso punisce con la
contestazione di pedofilia
«le lesioni fisiche e psicologiche, la crudeltà o la trascuratezza, l’abuso sessuale
o lo sfruttamento dei minori
di 18 anni». E specifica che
per «crudeltà» si intendono
tutti quegli atti che «sviliscono, degradano o avviliscono la dignità di un bambino come essere umano».
Fiorenza Sarzanini
[email protected]
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Il processo
Dal
Giappone
Africa
Sudest
asiatico
80.000
gli italiani coinvolti
nel turismo sessuale
La prostituzione minorile
Thailandia
O RD EM E P
ROGRES
SO
Brasile
Filippine
Nepal
Cina
India
Rep. Dominicana
Pakistan
Russia
Sri Lanka
Taiwan
Vietnam
Europa/Africa
Numero dei minorenni sfruttati
Costo
300.000
500.000
100.000
150.000
600.000
575.000
30.000
40.000
50.000
30.000
60.000
40.000
300.000
10/40$
5/30$
5/40$
10/40$
10/30$
20/30$
10/30$
10/40$
5/10$
10/50$
50/90$
5/20$
-
Fonte: ECPAT Italia www.ecpat.it
Mercoledì l’appello per il delitto di Garlasco
Il ritorno in aula di Stasi
Dal capello alla bicicletta
gli otto punti da chiarire
«Io sono pronta, sono sempre stata
pronta». Rita risponde come farebbe una
bambina davanti all’appello della maestra: «Ci sono». E promette che sarà presente in aula a ogni udienza.
Mercoledì la terza Corte d’Assise d’Appello di Milano rialzerà il sipario sull’omicidio di sua figlia, Chiara Poggi, uccisa a 26 anni la mattina del 13 agosto
2007 nella villetta di famiglia, a Garlasco.
Si ricomincia tutto daccapo perché dopo
le assoluzioni in primo e in secondo grado, la Cassazione ha deciso che è da rifare
in appello il processo contro Alberto Stasi, all’epoca fidanzato di Chiara e da sempre sott’accusa per il delitto.
«Risultato impossibile»
Dopo quasi sette anni, quindi, siamo a
un nuovo punto di partenza e a indicare la
strada da seguire ci sono le cento pagine
con le quali i giudici della Suprema Corte
hanno spiegato perché il lavoro dei colleghi di primo e secondo grado non poteva
bastare a chiudere per sempre il caso Garlasco. Seguendo la loro ricostruzione dei
fatti, dicono in sostanza gli Ermellini,
non era possibile «pervenire a un risultato di assoluzione o di condanna contrassegnato da coerenza, credibilità e ragionevolezza». Quelle cento pagine tracciano la stessa linea disegnata dall’avvocato
della famiglia Poggi, Gianluigi Tizzoni, e
rimettono in discussione praticamente
tutti i passaggi-chiave del processo. «Sono indicati ben otto punti che dovranno
essere letti in modo logico e unitario. Noi
ci concentreremo su quelli», anticipa Tizzoni. Mentre il professor Angelo Giarda,
che difende Alberto, ripete che «i punti
sui quali si dovrebbe rinnovare il dibattimento sono già stati oggetto di accertamenti nel processo di primo grado» e
sulla sentenza della Cassazione che ha rimesso in dubbio le assoluzioni di primo e
La coppia
Alberto Stasi
assieme all’ex
fidanzata Chiara Poggi. La ragazza è stata
uccisa il 13
agosto 2007
a Garlasco:
aveva 26 anni
secondo grado dice: «È stato rifatto il
processo invece di parlare delle sole questioni di legittimità».
L’appello bis dovrebbe completare
l’esame che riguarda la camminata di Alberto sulla scena del delitto: completarlo
significa comprendere anche i gradini
della scala sulla quale Chiara è stata trovata morta. Si dovrà approfondire anche
la mappatura delle tracce di sangue nella
villetta del delitto. E stavolta dovrebbe
entrare in scena anche la famosa bicicletta nera da donna, mai sequestrata, che la
famiglia Stasi possedeva e che però è
sempre rimasta nell’azienda del padre di
Alberto, anche dopo che una testimone
ha descritto una «bicicletta nera da don-
Cronache 19
Corriere della Sera Lunedì 7 Aprile 2014
L’intervista La difesa del dipendente della Farnesina al telefono
«Non sono un pedofilo
Volevo solo farli divertire
portandoli alle giostre»
ROMA — L’ambasciatore italiano
Daniele Bosio risponde dal suo cellulare quando nelle Filippine, dove si trova,
è quasi mezzanotte: «Non sono un pedofilo, quelle contro di me sono accuse
infondate», giura con la voce trafelata
di un uomo sconvolto.
Da molte ore ormai è ospite del locale commissariato di polizia di Laguna,
sospettato di aver violato la legge che
punisce gli abusi sui minori. Gli agenti
— anche dopo che il giudice ha convalidato il suo arresto — gli consentono
ancora di comunicare con l’Italia via telefono e per email. Bosio, nato a Taranto, 46 anni, ambasciatore italiano in
Turkmenistan dal dicembre scorso, fino a due giorni fa era un semplice italiano in vacanza a Laguna, pittoresco
centro termale tra le colline, a soli 100
chilometri da Manila.
Poi qualcuno è andato dalla polizia a
raccontare una storia: l’italiano si sarebbe portato nella sua camera d’albergo un gruppetto di ragazzini per abusarne sessualmente a pagamento.
Un’accusa tremenda, ma Bosio al telefono si difende e smentisce: «Non è vero, li ho solo portati alle giostre». La
Farnesina, in queste ore complicate,
naturalmente confida nella «buona fede» del suo diplomatico e si augura che
già stamane «la vicenda si chiarirà e il
Le tappe
Il delitto
Il 13 agosto del
2007 Alberto Stasi,
24 anni, trova la
sua fidanzata
uccisa sulle scale
che portano in
cantina, a casa di
lei, a Garlasco
(Pavia)
Le assoluzioni
Alberto, da sempre
il solo indagato del
delitto, è stato
assolto in primo
grado il 17
dicembre del 2009,
sentenza
confermata in
appello il 7
dicembre 2011.
Assoluzione anche
per il reato di
detenzione di
materiale
pedopornografico
L’annullamento
Il 18 aprile del
2013 la Cassazione
decide di annullare
l’assoluzione e
rinviare tutto di
nuovo in Corte
d’Appello, caso
rarissimo dopo un
doppio verdetto a
favore dell’imputato
Il nuovo appello
Fra due giorni Stasi
sarà di nuovo in
aula per l’appello
bis
Le frasi

Non è fango
Non ho nemici
per cui non
voglio parlare di
fango. Non so
cosa possa
essere successo,
chiarirò tutto

Due o tre giri
Non ho violato
quei bambini,
lo giuro. Ho solo
pagato per loro
due o tre giri
Volevo che
stessero bene
na» davanti a casa Poggi la mattina del
delitto. Quarta questione da rivedere:
l’esame di un capello trovato nella mani
di Chiara. E ancora: la Cassazione indica
«la necessità di una integrazione tecnica
delle verifiche svolte» sulle unghie della
vittima. A questi cinque accertamenti
suggeriti dalla Suprema Corte va aggiunta l’indicazione principale degli Ermellini, che era anche un “rimprovero” ai giudici di primo e secondo grado: non è stato usato «un approccio corretto agli indizi», sono stati «illogici», hanno
«parcellizzato» gli elementi che dovevano leggere in modo unitario. E proprio da
queste considerazioni nascono gli otto
punti di cui parla l’avvocato Tizzoni e sui
quali si sofferma la Suprema Corte.
Le scale e le scarpe
Il primo: si è preferito puntare su una
ipotesi alternativa che lo stesso giudice di
secondo grado ritiene «fantasiosa e
astrusa» piuttosto che seguire con correttezza e «congruenza logica» i dati di fatto
del delitto. Numero due: sono state considerate congetture dati che in precedenza erano stati ritenuti accertati e che riguardano i «rapporti personali della vittima con l’imputato» e «le criticità dei
rapporti sessuali tra gli stessi». Tre: l’assenza di alibi di Alberto fra le 9.12 e le
9.35 «era un indizio grave e preciso da
collegare logicamente con gli altri».
Quattro: le scarpe pulite nonostante il
sangue sulla scena del delitto. In questo
caso i giudici suggeriscono di valutare la
questione non soltanto assieme a tutti gli
altri indizi ma anche integrando la logica
con la statistica visto che sull’argomento
non sono arrivate certezze scientifiche.
Cinque: la Cassazione rileva le imprecisioni nel racconto di Alberto e dice che, di
nuovo, non sono state considerate in modo logico. Stessa cosa per il punto sei: ciò
che Alberto ha raccontato chiamando gli
operatori del 118 e i carabinieri. «Ricostruito illogicamente» pure il punto numero sette, cioè «la omessa menzione
della bicicletta nera da donna da parte di
Stasi», ritenuto «un potenziale indizio». E
ultimo: da rivedere il ragionamento sulla
«presenza delle impronte digitali di Stasi
e del Dna di Chiara sul dispenser del sapone liquido del bagno».
Vecchi argomenti. Tutti da rileggere.
Giusi Fasano
© RIPRODUZIONE RISERVATA
nostro ambasciatore verrà rilasciato».
Oltretutto, la sua storia umana e professionale indurrebbe a grande cautela:
Bosio, infatti, per anni all’estero ha collaborato con illustri Ong impegnate
nell’assistenza ai minori (come McDonaldHouse e BigBrothers quand’era
console a New York) e pure in Italia
(con la Caritas di Roma e l’associazione
Peter Pan) ha dato una mano spesso e
volentieri nella battaglia contro i tumori infantili. Insomma, parrebbe
molto strano quest’improvviso voltafaccia: da angelo a orco. Che gli abbiano
teso una trappola, un agguato? «Non
penso — dice lui stesso da Laguna —.
Io non ho nessun nemico, perciò non
voglio parlare di fango, di sicuro non
La carriera
Daniele Bosio,
46 anni, è nato
a Taranto. Ha
iniziato la carriera diplomatica alla Farnesina nel 1995. È
stato ad Algeri,
come console
a New York e
poi fino al 2013
a Tokyo
conoscevo la severità della legge filippina (la massima pena prevista per
questo tipo di abusi è l’ergastolo, ndr),
perciò non so cosa possa essere successo. Spero di chiarire tutto». Insomma, a
quanto pare, secondo lui si tratterebbe
di un gigantesco equivoco.
Bosio, che non è sposato, viene descritto da qualche ex collega come un
amico dei bambini, «spesso coinvolto
nell’organizzazione di feste alle quali
partecipava travestendosi da clown e
confezionando palloncini». Non solo:
sembra che proprio a Manila avesse
contribuito al finanziamento per la costruzione di una scuola.
Inoltre, chi conosce bene le Filippine
e ci ha vissuto a lungo anche con im-
portanti incarichi internazionali racconta di vere e proprie bande di ragazzini manipolati da adulti e specializzati
nel ricattare i turisti: li attirano con
qualche scusa, si fanno fotografare con
loro e poi minacciano di andare alla polizia a denunciarli se non ricevono in
cambio del denaro. E il più delle volte,
per non avere guai, i turisti pagano zitti
e subito i loro baby estorsori.
Marco Scarpati, presidente della
onlus Ecpat Italia, che si batte da anni
contro la prostituzione minorile e il turismo sessuale nel mondo, racconta
però che i bimbi trovati in compagnia
di Bosio sono stati poi accompagnati
nel centro protetto della Ong Bahay
Tuluyan di Laguna.
«Ma a me sembra comunque una
storia assurda», commenta Mario Vattani, ministro plenipotenziario e già
console a Osaka, nel 2011, ai tempi in
cui anche Bosio lavorava in Giappone:
«Io lo conosco bene — dice Vattani — é
una persona molto seria, efficiente,
brava, lui era il capo dell’ufficio commerciale di Tokyo, diede una grossa
mano alle imprese italiane interessate a
investire là. Non lo so, se può valere
un’impressione, ecco, direi che io proprio non ci credo che Daniele sia un accalappia-bambini».
Bosio, primo segretario ad Algeri fino al 2002, poi console a New York e
quindi primo consigliere commerciale
dell’ambasciata italiana a Tokyo dal
2010 al 2013, nel dicembre scorso ha ricevuto il gradimento del governo del
Turkmenistan e si è insediato nel suo
nuovo ufficio di Ashgabat, la capitale.
«Non ho violato quei bambini, giuro,
ho pagato loro due-tre giri su una giostra, volevo solo farli divertire», ha ripetuto ieri sera ai vertici della Farnesina. Ma l’ultima parola non è ancora
scritta.
Fabrizio Caccia
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Cronache 21
Corriere della Sera Lunedì 7 Aprile 2014
Roma Arrestata subito invece che alla consegna della droga
Giudizio immediato
per la dama bianca
Il giallo della cattura
prima reazione di fronte agli investigatori: «Sono stata tradita». Ma da chi? Non solo. Le disposizioni impartite dalla procura prevedevano di tenere riservata l’informazione che la
cattura fosse stata disposta dai
magistrati di Napoli. Quello
della Gagliardi doveva sembrare un fermo casuale. Così non è
stato e anche in questo caso c’è
il sospetto che la fuga di notizie
sia servita ad avvisare i suoi interlocutori, mettendoli in guardia sul fatto che i telefoni della
donna e quello dei suoi contatti
fossero sotto controllo. Ecco
perché la sua collaborazione
potrebbe diventare preziosa per
Gagliardi a processo, rischia 10 anni
ROMA — Almeno dieci anni
di carcere ed esclusione dai benefici per i detenuti. Appare ormai segnata la strada giudiziaria di Federica Gagliardi, 34 anni, la «dama bianca» arrestata il
13 marzo scorso all’aeroporto
di Fiumicino con 24 chili di cocaina nascosti in un trolley e in
uno zainetto. Perché entro la fine della settimana dovrebbero
arrivare i risultati della perizia
ordinata dai pubblici ministeri
di Civitavecchia sulla polvere
bianca. E subito dopo sarà disposto il giudizio immediato.
Vuol dire processo veloce, senza
ulteriori accertamenti, per l’accusa di traffico internazionale
di stupefacenti. Vuol dire soprattutto una lunga reclusione
che la donna potrebbe «alleggerire» se decidesse di collaborare. Ed è proprio questo l’obiettivo dei magistrati di Napoli che
da tempo indagavano sull’importazione di droga dal Venezuela per conto della camorra. Anche perché ci sono ancora
numerosi misteri da chiarire.
Finora la linea scelta dall’indagata è quella del silenzio. Ma
non si può escludere che una
condanna pesante la convinca
alla fine a parlare. I pubblici ministeri hanno individuato il
«broker» che l’ha assoldata per
La vicenda
L’arresto
Federica Gagliardi, 31 anni,
soprannominata la «dama
bianca», viene arrestata lo
scorso 13 marzo all’aeroporto
di Fiumicino dalla Guardia di
finanza (nella foto, un
momento del fermo della
donna). Nella valigia
trasportava panetti di
cocaina per 24 chilogrammi
I viaggi istituzionali
Federica Gagliardi diventa
famosa quando appare
accanto al presidente
Berlusconi, in Canada o
America Latina, in viaggi
istituzionali. Poi prova, senza
successo, a entrare in politica
effettuare almeno due «trasporti» da Caracas. Più complicato
appare scoprire la rete dei clienti. Anche perché sulle fasi della
cattura pesano troppi interrogativi. Il 13 marzo, dopo aver
avuto la conferma che Gagliardi
si era imbarcata sul volo diretto
a Roma, i pubblici ministeri di
Napoli firmarono un decreto di
«ritardato sequestro» del carico
di droga. Vuol dire che la donna
doveva essere pedinata fino all’avvenuta consegna dei due
bagagli pieni di cocaina. In questo modo sarebbe stato
così individuato, e
probabilmente catturato, anche il mediatore consentendo agli inquirenti di aggiungere
tasselli fondamentali
per l’inchiesta. E invece non è andata affatto
così.
La «dama bianca» è
stata prelevata subito
dopo l’atterraggio,
mentre era ancora sulla scaletta
dell’aereo. Perché si è deciso di
non attendere il passaggio al
varco del controllo documenti?
Perché i finanzieri in servizio
presso lo scalo di Fiumicino e
quelli provenienti da Napoli
hanno preferito agire subito
pregiudicando la possibilità di
L’uomo in Venezuela
Individuato il broker che
l’ha assoldata a Caracas,
ora i pm cercano di
scoprire la rete dei clienti
pedinarla e dunque di effettuare altri arresti? La giustificazione è che ci fosse il rischio di
perdere il carico. E questo alimenta un ulteriore sospetto:
Gagliardi doveva passare dal
varco autorità, quello che non
prevede alcun tipo di controllo.
La donna, che in passato aveva
viaggiato al seguito di Silvio
Berlusconi quando era presidente del Consiglio e poi per un
lungo periodo ha fatto parte
dello staff di alcuni politici,
avrebbe avuto la rassicurazione
di uscire dall’aeroporto senza
dover effettuare alcuna fermata.
Si spiegherebbe così la sua
In missione con Berlusconi
Federica Gagliardi
il 24 giugno 2010 al seguito
dell’allora presidente
del Consiglio Silvio Berlusconi
all’arrivo all’aeroporto
di Toronto per prendere
parte al G8 (foto Ansa)
chi indaga.
Finora il suo legale Nicola
Capozzoli ha escluso categoricamente questa possibilità. «La
mia cliente si difenderà», ha
sempre dichiarato. Nell’organizzazione camorristica Gagliardi è certamente un pesce
piccolo, ma le sue conoscenze
nel mondo della politica e dell’imprenditoria portano a personaggi famosi e potenti. Ecco
perché sono ancora in molti a
temere che possa cambiare
strategia processuale, rivelando
che cosa ci sia davvero dietro la
scelta di diventare «corriere»
per conto dei clan camorristici.
Anello di congiunzione tra la
criminalità e i palazzi romani.
Fulvio Bufi
Fiorenza Sarzanini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Cronache 23
Corriere della Sera Lunedì 7 Aprile 2014
#
Reportage
Marchi
storici
mangiati
dalla
camorra
De Magistris:
cittadini
delusi? Le
aspettative
erano alte
Degrado Un coltello
spunta dalla tasca
di un giovane. Foto
sotto: la Galleria
Umberto e il porto
La scheda
A Napoli
Secondo la
Confcommercio sono
890 i negozi
napoletani «morti»
tra il 2012 e il 2013,
con molti marchi
storici perduti
In Campania
In base ai dati
più», sostiene Antonio Bassolino che, risolte
le grane giudiziarie e avendo sul capo solo
(gravi) responsabilità storiche, sta diventando una specie di coscienza critica di se
stesso e dei suoi concittadini: «La città vive
una crisi di ruolo senza precedenti, ci si
scanna sul San Carlo, i cinesi scappano dal
porto dopo il sangue che avevamo buttato
per portarceli». La distanza tra città reale e
politica s’allarga. Sia il governatore Caldoro
che il sindaco de Magistris sono alle prese
con il tentativo di raddrizzare i conti: entrambi parlano con toni trionfalistici senza
cogliere questo distacco. «Il dieci per cento
dei ragazzi fugge all’estero a studiare, in termini di élite è un’emorragia esiziale», dice
Mauro Calise, politologo della Federico II.
Gigi de Magistris sta vivendo la sua secon-
Le novecento saracinesche abbassate
nella Napoli dei bilanci in rosso
I dati di due anni. L’azienda principale, il porto, è senza presidente
DAL NOSTRO INVIATO
NAPOLI — La mamme minacciarono le
mamme. Maria ed Anna Aieta, mogli di Edoardo Contini e Ciccio Mallardo, nobiltà camorrista, andarono dalla moglie di Salvatore
Vinciguerra: «Accumminciamm’ d’e piccirill’», cominciamo dai bambini, le dissero. Così
gli affari e la dignità dei Vinciguerra, commercianti di vestiti tra Poggioreale e il Vomero sin dagli anni Cinquanta, iniziarono a
morire: via un negozio, poi una casa, otto
anni in mano al clan, da padroni a servitori,
LE SFIDE
DEL SUD
sotto interessi usurai del 120 per cento. Fino
alla rovina, al coraggio di denunciare, alla
disperazione di scappare dalla città. «Questa
gente è il nostro tumore», ha messo a verbale Nicola Vinciguerra, il capostipite, davanti
ai magistrati che hanno scritto l’ordinanza
contro il clan Contini, 90 arresti a fine gennaio. Andrebbe studiata nelle scuole la storia
di famiglia del vecchio Nicola: perché descrive nei dettagli la sostituzione dell’economia legale con quella illegale, causa ed effetto del disastro napoletano.
Alla Confcommercio di piazza Carità purtroppo allargano le braccia, in piena amnesia: «Vinciguerra? Non mi pare che stesse a
Napoli città», ci dice Luigi Di Raffaele, pur
cortese e prodigo di dati preziosi: 890 sono i
negozi napoletani «morti» tra il 2012 e il
2013, con molti marchi storici perduti. L’associazione tende a spostare il male in provincia: Torre Annunziata, Castellammare e
simili paradisi. «Qui va meglio, non ci rovini
l’immagine», sospira il presidente, Pietro
Russo, che ce l’ha con la stampa: «Pure Caserta la fate diventare Napoli», dice, alludendo alla nera epopea di Nicola Cosentino.
Comprensibile. «Be’, abbiamo più slot di Las
Vegas ma ce puzzamm ‘e famm’, moriamo di
fame. Almeno i mafiosi la costruirono, Las
Vegas! I nostri camorristi manco hanno la
visione»: Russo alla fine è uomo di spirito.
La relazione del Comitato sull’ordine e la
sicurezza del 31 marzo coglie il nodo: «È il riciclaggio l’attività preponderante». La camorra si prende «bar, ristoranti, imprese
edili, pompe funebri, panifici... e impone i
propri prodotti agli altri commercianti: caffè, farina, calcestruzzo». Persino gli addobbi
di Natale. Lo chiamano «mercato parallelo»:
il clan «affida» partite di merce al negoziante
e poi piglia l’intero guadagno. La Dia sottolinea «una persistente anomalia nel sistema
d’impresa napoletano: cresce in modo smisurato il numero delle imprese non classificate, prive cioè del codice di classificazione
di attività economica, in quanto di fatto non
aprono, non producono, non creano posti di
lavoro. Scatole vuote, funzionali a celare atti-
vità illecite e produrre false fatturazioni».
Antonio, uno dei proprietari di «Ciro a
Santa Brigida», lo spiega in stile Bellavista:
«Io l’ho sempre detto ai finanzieri. Statevi accorti non ai clienti senza scontrino, ma agli
scontrini senza cliente!». La camorra imprenditrice coi suoi soldi a costo zero è rivale
imbattibile, specie in tempi di crisi del credito e affitti in risalita: una sola piazza di spaccio del clan Di Lauro fruttava un milione di
euro al mese (e le piazze erano una ventina).
Bankitalia ha un dato terribile sulla Campania: «Tra il 2008 e il 2012 sono uscite dal mer-
cato circa 8.400 imprese l’anno». Il male sta
qui, e può essere letale se poi si incrocia con
86 clan e quattromila affiliati, venti rapine al
giorno (girare con un iPhone è pericoloso),
strade sporche e dissestate, saracinesche abbassate anche nella storica Galleria (quattro
chiusure recenti). Il male sta qui, anche se a
volte è agevolato dal malato: Salvatore Vinciguerra, uno dei fratelli del vecchio Nicola,
aprì lui stesso la porta ai Contini, «così nessuno poteva chiederci il pizzo».
«Gli imprenditori non hanno politici con
cui parlare, a Napoli i politici non esistono
raccolti dalla Banca
d’Italia tra il 2008 e il
2012 sono uscite dal
mercato circa 8.400
imprese l’anno
I clan
Sono stati censiti 86
clan, che si stima
possano contare su
quattromila affiliati.
In media si
verificano venti
rapine al giorno
da chance per evitare il dissesto. Ha ammesso col Corriere del Mezzogiorno che quando
vagheggiava una raccolta differenziata al 70
per cento era esaltato e in campagna elettorale (motivazione che a Berlusconi varrebbe
la lapidazione). Prova a vendere le partecipate, buco nero dei conti comunali (ma il suo
vecchio assessore ripudiato, Riccardo Realfonzo, ridacchia: troppe perdite, chi se le
compra?). «Questa è una città viva», giura il
sindaco, gongolando per il successo della
coppa Davis: «I napoletani delusi da me? Le
aspettative erano altissime, se pigli Maradona non tolleri una giocata sbagliata». Più so-
Il rapporto
Il Comitato sull’ordine e la sicurezza:
il riciclaggio è l’attività preponderante,
lo chiamano «mercato parallelo»
brio Stefano Caldoro, che rivendica successi
di bilancio importanti sulla Sanità (ma a
prezzo di tagli e tasse), investimenti record
(ma purtroppo i livelli di disoccupazione restano altissimi). Caldoro non è un politico
«di popolo» però si andava conquistando
una preziosa etichetta di affidabilità. L’etichetta rischia di essere stracciata da un’inchiesta nata sul suo capo-staff e alter ego
Sandro Santangelo: truffa e riciclaggio.
«Nessun fastidio, chi fa politica deve stare
sotto scrutinio», dice lui, pacato. In realtà il
politico più potente oggi è, incarcerato Cosentino, il suo ex sodale Gigino Cesaro, assolto in giovinezza dall’accusa di essere vicino a Cutolo con una insufficienza di prove e
un «quadro probatorio non tranquillizzante». «Il nostro problema non sono i boss, sono le istituzioni che ne hanno emulato il metodo», tuona Lina Lucci, tostissima leader
della Cisl. Cesaro è sponsor di Riccardo Villari alla presidenza del porto. Villari è un medico, come Massidda a Cagliari. Quando il
Consiglio di Stato ha stabilito che forse la
medicina non è la massima competenza per
gestire un porto, Massidda è caduto, Villari è
stato bloccato. «È strumentale sostenere
che, mancando il presidente, il porto non
funzioni», smorza Caldoro, che quando si
tornerà a votare non potrà prescindere da
Cesaro. I partiti stanno affinando disegni di
legge per aggirare la sentenza. Ovvio: il porto sarebbe la più grande azienda campana,
vanta 26 milioni di crediti, ma non li incassa;
la riqualificazione vale un miliardo. Il candidato tecnico era Dario Scalella, manager puro, che ha già ripulito i conti di Napoli Servizi
per de Magistris. Veti incrociati lo hanno affondato; siamo a due anni di impasse. Il prefetto Musolino ha avuto una bella idea: manda carabinieri e poliziotti nelle scuole a raccontare storie di camorristi finiti male. Tema: «Fare il camorrista non conviene».
Quando si potrà passare al tema «Fare la persona perbene conviene», Napoli avrà iniziato a guarire dal tumore.
Goffredo Buccini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Cronache 25
Corriere della Sera Lunedì 7 Aprile 2014
Il ricordo del presidente emerito del Pontificio Consiglio della Cultura: Giovanni XXIII lo chiamò a Roma nel 1959, Giovanni Paolo II lo fece cardinale
Insieme
L’intervista
Con Roncalli
Il cardinale
Paul Poupard
con Giovanni
XXIII: Roncalli
lo chiamò
a Roma nel
1959 quando
era un giovane sacerdote
Con Wojtyla
Sua eminenza Poupard
al fianco
di Giovanni
Paolo II:
fu Wojtyla
a volerlo
cardinale
nel 1985
«Io che ho servito
i due Papi santi
vi racconto chi erano»
Poupard: Wojtyla pregò e la suora guarì
di ARMANDO TORNO
Incontriamo a Roma il cardinale
Paul Poupard, presidente emerito del
Pontificio Consiglio della Cultura e di
quello per il Dialogo Inter-Religioso.
Ha lavorato con Giovanni XXIII e con
Giovanni Paolo II, i due Papi che saranno santificati il prossimo 27 aprile.
Di entrambi ha un ricordo vivissimo.
Gli abbiamo rivolto qualche domanda.
Eminenza, quando entrò in contatto con papa Roncalli?
«Nel 1959 mi chiamarono a Roma,
alla Segreteria di Stato. Ero un giovane
sacerdote preparato per fare il cattedratico. Mi ero laureato all’Institut Catholique di Parigi e poi alla Sorbona.
Poteva essere un’esperienza di qualche
mese ma una sera il sostituto mi chiamò e pronunciò queste parole: “Il Papa
ti vuole”. Giovanni XXIII mi ricevette
in biblioteca e si fece raccontare la mia
storia. Poi si alzò, mi prese le mani e
disse: “Tu sei un giovane sacerdote e io
un vecchio Papa. E se vuoi servire la
Chiesa non puoi rifiutare il tuo aiuto”».
Lei quindi rimase...
«E come potevo disobbedire al Papa? Cominciai a lavorare alla Segreteria di Stato. Donai a Giovanni XXIII le
mie tesi di laurea e lui trovò il tempo
per leggerle. Mi disse: “Quando avevo
la tua età ero anch’io appassionato alla
storia della Chiesa”. Era molto alla mano. Né possiamo dimenticare che fu
un vero genio della comunicazione.
Durante la visita alla Santa Sede della
figlia di Krusciov e del marito, li conquistò dicendo che avrebbe pregato
per i loro bambini (se ne fece dare il
nome); anzi con la signora usò
un’espressione che partiva dalla Genesi, mettendola subito a suo agio: “Dio
fece la luce e io vedo luce nei suoi occhi”. Insomma, colpiva l’immediatezza, la semplicità. Paolo VI parlò di
“Santa ingenuità”. Un giorno si rivolse
a me chiamandomi “Caro monsignore”, e io subito replicai: “Santità non
sono monsignore”; e lui: “Abbia pazienza, qui tutti lo diventano”. I romani, allorché il Papa cominciò a uscire
dal Vaticano, lo chiamarono “Giovanni fuori le mura”».
Si attendeva da tempo la sua santificazione...
«Non vorrei contraddirla, ma tutti
lo considerarono subito santo. Era il 4
giugno del 1963, l’indomani della sua

Comunicativo
Giovanni XXIII
era molto
alla mano,
fu un vero
genio della
comunicazione

Santo subito
Tutti
considerarono
Roncalli subito
santo. Fu Paolo
VI a indicare
la via abituale
Presidente
Il cardinale Paul
Poupard è presidente emerito del
Pontificio Consiglio
della Cultura (Ansa)
come benedizione per i secoli futuri».
Il suo ricordo...
«... è ancora vivissimo. A Istanbul
c’è una via a lui dedicata e quando ci fu
la cerimonia, una decina d’anni fa, ero
presente. Il capo della comunità ebrai-
Giovanni Paolo
II era tagliente,
definì le
decisioni di
Yalta una
ingiustizia

Fumi d’incenso
Wojtyla non
sopportava
i cortigiani, era
indifferente
dinanzi ai fumi
dell’incenso
Ai fedeli di piazza San Pietro papa
Francesco ieri ha donato un
Vangelo tascabile. «Prendetelo,
portatelo con voi e leggetelo ogni
giorno», ha raccomandato.
La canonizzazione
L’albo dei santi
I beati Giovanni XXIII e
Giovanni Paolo II saranno
iscritti nell’albo dei santi
il prossimo 27 aprile,
seconda domenica di
Pasqua, intitolata proprio
da Wojtyla al culto della
Divina Misericordia. Lo ha
decretato papa Francesco
lo scorso 30 settembre,
nel corso del Concistoro
ordinario pubblico per la
canonizzazione dei due
beati
Il programma
Per accogliere i milioni di
fedeli da tutto il mondo le
chiese del centro di Roma
saranno aperte tutta la
notte del 26 aprile, per
una sorta di notte bianca
della preghiera. Una
piattaforma digitale darà
la possibilità ai pellegrini
di accedere alle news. La
celebrazione religiosa
potrà essere seguita
anche sui maxischermi
situati su via dei Fori
Imperiali e su quelli
allestiti probabilmente in
piazza Navona, piazza del
Popolo, Castel
Sant’Angelo e piazza di
Santa Maria Maggiore

Giudizi
Il dono del Pontefice
Da Francesco
un Vangelo
ai fedeli
morte. Fui chiamato per dare la mia
testimonianza alla tv francese e presi
un taxi, di corsa, per recarmi alla Rai
dove si sarebbe effettuato il collegamento. Il conducente mi disse, vedendomi uscire dalla Segreteria di Stato:
“Papa Giovanni, papa buono, papa
santo”. Era una delle infinite voci comuni. Anche i vescovi, durante la ripresa dei lavori del Concilio, desideravano proclamarlo santo per acclamazione. Fu Paolo VI a indicare la via abituale. Il cardinale Léon-Joseph
Suenens, arcivescovo di Bruxelles, ebbe l’incarico di ricordarne la figura dinanzi ai padri conciliari e utilizzò parole evangeliche. Disse: fu un uomo
mandato da Dio il cui nome era Giovanni, e come Giovanni il Battista la
sua missione fu breve, interrotta dalla
morte; la sua santa memoria resterà
ca disse: “Nel nostro calendario non
sono previsti santi, ma se ci fossero
metteremmo subito papa Roncalli”.
Né dobbiamo dimenticare che alla sua
morte in Vaticano giunsero migliaia di
lettere di musulmani, di agnostici e di
ebrei che offrivano le loro preghiere
per lui. Alcune le lessi nell’intervista
alla tv francese».
Giovanni Paolo II l’ha creata cardinale...
«...nel 1985. Lo conobbi molto tempo avanti, anzi lo incontrai la prima
volta, arcivescovo di Cracovia, a cena a
Roma. Mi disse: “Ma cosa fanno in
questa misteriosa Segreteria di Stato?”. Poi lo rividi all’Università Cattolica di Lublino, al tempo in cui ero rettore dell’Institut Catholique di Parigi.
Quella volta — eravamo a teatro — mi
confidò che anch’egli da giovane “faceva teatro”».
Dovette essere un pontefice di polso...
«Sì, lo era, ma aveva anche un dono
raro: non sopportava né i cortigiani
(c’era sempre qualcuno pronto a lodare le sue poesie), né le insinuazioni;
anzi quando ne udiva qualcuna aveva
uno scatto fisico di fastidio. Credeva
nella virtù di ascoltare con pazienza. E
poi, mi sia consentita una battuta:
Giovanni Paolo II provava una santa
indifferenza dinanzi ai fumi dell’incenso! Concludo ricordando che non
sistemava i discorsi a seconda della
persona che aveva davanti, ma esprimeva quel che sentiva, senza precauzioni. E poteva proferire giudizi taglienti: per esempio, mi disse che le
decisioni di Yalta furono una profonda
ingiustizia. Parlando di Gorbaciov affermò che avrebbe dovuto cambiare il
sistema senza cambiare di sistema».
Scusi eminenza, ma papa Wojtyla
ha dato vita al Pontificio Consiglio
della Cultura e ha scelto lei...
«Vorrei ricordare come sono andati
i fatti. Ricevetti Sua Santità a Parigi il
1° giugno 1980 e lo accompagnai l’indomani all’Unesco dove, tra l’altro, dichiarò che la Polonia, radiata dalla carta geografica d’Europa dai suoi potenti
vicini, poté sopravvivere nei secoli
soltanto grazie alla sua cultura. E la
cultura, sottolineò, è la realtà che unisce tutti gli uomini. Tre settimane dopo mi chiamò a Roma per sostituire il
cardinale König all’allora segretariato
per i non credenti. A pranzo mi chiese:
“Come vedi la cosa?”. Risposi richiamandomi a Paolo VI: per dialogare bisogna avere un terreno comune: il primo dialogo, con i cristiani non cattolici, ha il Vangelo; il secondo, con i credenti non cristiani, la religione; il
terzo, con i non credenti, la cultura. Da
lì si mosse qualcosa. Ci pensò e poi
nacque il Pontificio Consiglio per la
Cultura, accanto al segretariato per i
non credenti».
La sua santità invece è stata rapida...
«Per me Giovanni Paolo II resta un
pozzo di preghiera, un uomo di Dio.
Una volta, durante una colazione, gli
dissi che suor Beatrice, che mi aiutava,
avrebbe dovuto affrontare un’operazione grave. Il Papa smise subito di
mangiare e si raccolse in preghiera.
L’intervento riuscì pienamente».
La casa del cardinale è piena di libri.
Sul tavolo, uno, in francese, ha come
titolo Au coeur du Vatican (edizioni
Perrin/Mame). Anche in tal caso si va
da Giovanni XXIII a Giovanni Paolo II.
Aggiunge sua eminenza: «Non l’ho
scritto appositamente. È uscito nel
2003».
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Opening soon
Via Mercato 8,
MILANO
La registrazione
Google e il marchio «occhiali»
Per i suoi occhiali-computer Google sta cercando di registrare la
parola «occhiali» come marchio. Ma c’è qualche ostacolo.
Google, che ha coniato con un certo successo il termine «Google
Glass», un programma di ricerca e sviluppo di Google Inc. con
l’obiettivo di sviluppare occhiali dotati di realtà aumentata. Ma
il Patent and Trademark Office degli Stati Uniti ha sollevato
un’obiezione: che il marchio è troppo simile ad altri di software
per computer che contengono la parola «occhiali». E che inoltre
in inglese il termine glass ha altri significati: vetro, binocolo,
bicchiere. Insomma un termine generico che potrebbe creare
confusione ai consumatori. Gli avvocati hanno contestato che la
proposta del marchio di Google possa confondere. Così hanno
riproposto la domanda di registrazione del marchio.
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Cronache 27
Corriere della Sera Lunedì 7 Aprile 2014
Designweek
Il commento
Luci della città
e speranze
del Paese
SEGUE DALLA PRIMA
All’università Gli allestimenti per il Salone del Mobile alla Statale di Milano. La kermesse sul design si apre domani e si concluderà il 13 aprile (Piaggesi)
«Milano, il Salone
e il Rinascimento
della nostra creatività»
SINTESI VISIVA/PAOLO POCE
La città di Milano ha una forma a
ruota: il suo destino è muoversi.
Il Salone (del) Mobile, come il
recente BookCity, non è solo
un’occasione di esperimenti,
incontri, condivisione e aperitivi. È, a sua volta, l’aperitivo del
grande banchetto che verrà, ed è
sempre più vicino: Expo 2015,
dedicato all’alimentazione. I
ritardi — quanti giorni buttati,
da quel 31 marzo 2008, quando
Milano ottenne di poter organizzare l’evento! — devono convincerci a raddoppiare gli sforzi.
Possiamo rinunciare alle Vie
d’Acqua, all’Orto Planetario e a
qualche stazione della metropolitana: alla faccia, no. Nuovi
scandali come quelli che hanno
colpito Infrastrutture Lombarde
— era così difficile prevedere
che certe pessime abitudini
amministrative non fossero
scomparse? — sarebbero devastanti. Milano non li merita e
non li vuole. Milano è «una città
di slanci, temperati da un garbato scetticismo» (Alberto Savinio). Oggi, come altre volte nella
storia recente, le è venuta la
voglia di scuotersi. Il Salone
(del) Mobile è l’occasione perfetta. Perché non è il ritrovo
annuale di un’industria e alcuni
mestieri (design, architettura,
arredamento, illuminazione): è
la festa della città aperta. E Milano, quando si apre, respira e
fiorisce. Quando si chiude, sospira e appassisce. Il successo —
perfino eccessivo, secondo gli
albergatori — degli «affitti brevi», e lo scambio frenetico di
divani e letti attraverso siti dedicati, è più di un fenomeno di
moda. È una novità che sembra
fatta apposta per Milano, città
pratica, frettolosa e generosa.
Altre città d’Italia sono, indiscutibilmente, più spettacolari:
Roma, Venezia, Firenze. Ma,
affaticate dal turismo, vivono
l’afflusso di massa come un’invasione. Milano, invece, somiglia a Genova e Torino: avere il
mondo in casa è una novità, e
regala energia. Raramente questi
scatti sono segnati dalla politica;
più spesso, dall’economia. «Io
capovolgo Milano e voi affrettatevi a raccoglierne il contenuto
in una busta di pelle nuova nuova: ecco, sono gli affari», scriveva Giuseppe Marotta in uno dei
più affettuosi ritratti della città
(A Milano non fa freddo, 1949).
In sessantacinque anni è cambiato molto: questo no, e lo vedremo nei prossimi giorni. La
temperatura di Milano dipende
dal cuore, ma si misura intorno
al portafoglio. Non sottovalutatela: è una febbre allegra, e riscalderà l’Italia.
Pistoletto: amo la Triennale e la cotoletta
«Quello di cui abbiamo bisogno.
Come persone, come intellettuali,
come italiani». Per conoscere e farsi
conoscere. Per mettere in comunicazione lo spirito creativo individuale
e la responsabilità collettiva. In una
città, Milano, che diventa epicentro
dell’idea, del progetto, della società
futura. «Energia pura» tra installazioni, mostre, colloqui con i designer. Il Salone del Mobile secondo
l’artista Michelangelo Pistoletto:
perfetta miscela di intuito e produzione, di unicità e avanguardia. «Da
qui partono idee che fanno il giro del
mondo». In un viaggio tra i padiglioni della Fiera, gallerie e una buona cotoletta alla milanese.
Umore buono, forma smagliante:
dopo una sciata domenicale nel Monginevro, l’ottantenne
protagonista della
corrente dell’arte
povera si prepara alla settimana milanese del design, da
Arte povera
Michelangelo
Pistoletto è
nato a Biella
quasi 81 anni
fa. Pittore e
scultore, è uno
dei maggiori
interpreti della
cosiddetta
corrente dell’arte povera.
Ha iniziato a 14
anni come apprendista nella
bottega del
padre restauratore di quadri
domani fino a domenica a Rho. Oggi
pomeriggio parteciperà a un incontro su design e sostenibilità con
Alessandro Mendini, Chiara Bertola
e Giacinto di Pietrantonio alla Fabbrica del Vapore; mercoledì racconterà il suo progetto «Il terzo Paradiso» nel SuperOrtoPiù, orto urbano
pensile di 750 metri quadrati da lui
progettato. Ma ogni anno Pistoletto
— famoso in tutto il mondo per la
«Venere degli Stracci», i quadri specchianti (da «Donne nude che ballano» all’«Uomo con i pantaloni gialli») e le provocazioni (gli specchi infranti della Biennale di Venezia del
2009, «l’Italia riciclata» del 2012) —
dalla sua casa di Biella raggiunge
Milano durante il Salone del Mobile.
Per curiosare, raccogliere spunti,
«respirare un’aria diversa». Il motivo: «Qui c’è la storia, la cultura, il Rinascimento, il nostro Dna». C’è la
creazione «collegata alla creatività».
C’è l’arte applicata «che fa sue le problematiche globali: se manca la capacità di proporre e produrre visio-
Le installazioni in città
Dall’alto, una delle installazioni
del Fuori Salone all’Università Statale;
il SuperOrtoPiù di Michelangelo Pistoletto; i preparativi per la manifestazione in via Savona (Poce/ Fotogramma)
Il supplemento domani con il «Corriere»
Storie e piaceri
in 80 pagine
Beppe Severgnini
Un supplemento gratuito di 80
pagine in occasione dell’apertura del
Salone del Mobile: «Design» esce
con il Corriere della Sera di domani
(a Milano, mercoledì nel resto
d’Italia). Sezioni dedicate a tendenze,
storie e piaceri, con una ricca parte
finale sulla «design week milanese»
e su tutti i protagonisti del Fuori
Salone. La copertina è stata realizzata
dai fratelli brasiliani Fernando e
Humberto Campana.
ni, anche i movimenti collettivi perdono sostanza».
Un grande artista in mezzo ai mobili e ai loro ideatori. Connubio possibile? «Certamente. Abbiamo vissuto un’epoca in cui tutta l’attività
artistica e parte di quella museale
sono state orientate verso la moltiplicazione. Anche il designer è un
artista che si dedica alla produzione
di un oggetto. Ma basta con le esagerazioni seriali: dobbiamo ritrovare il
rapporto primordiale con l’unicità.
Il progettista deve disegnare l’unico».
Itinerario d’autore di un biellese
«globale» che nella sua intensa carriera ha esposto a New York, Pechino, Parigi, Berlino, Lisbona, Tel Aviv,
Tokyo. «Quando sono a Milano passo sempre dalla galleria Christian
Stein di corso Monforte». Ma le tappe del Salone sono precise. La vitalità della zona di Brera, da culla di pittori e scultori a «design district». I
padiglioni di Rho, imprescindibili.
Come la Triennale, che in questi
giorni ospita la mostra del Design
Museum: «Il design italiano oltre le
crisi. Autarchia, Austerità, Autoproduzione» (esposto anche il vestito
cucito da Pietra Pistoletto, figlia di
Michelangelo, con decine di slip
femminili). E naturalmente il Superstudiopiù di via Tortona, con l’orto
sul tetto che durerà fino a tutto il semestre dell’Expo 2015 e accoglierà il
tracciato del «Terzo Paradiso», segno creato da Pistoletto per promuovere l’incontro tra natura e attività umane. Qui si alterneranno dibattiti, incontri con paesaggisti, architetti, agronomi, concerti, serate
dedicate al food. A proposito di cibo,
Pistoletto rivela: «Spesso a Milano,
con mia moglie Maria, andiamo al
Bagutta». Piatto? «Cotoletta». Architetto più amato? «Ettore Sottsass,
impareggiabile». Luogo preferito
della città? «La Cascina Cuccagna:
molto interessante». Omaggio a Milano. «Solo qui certe cose possono
succedere. Da qui può partire il sogno di un design etico».
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Annachiara Sacchi
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Le nomine Martina inserisce Cotarella, Antinori e Frescobaldi nel comitato scientifico per la promozione dei prodotti delle cantine italiane
L’enologo di D’Alema e due marchesi per l’Expo dei vini
DAL NOSTRO INVIATO
VERONA — Riccardo Cotarella, 65 anni, è l’uomo del vino
per l’Expo 2015. E’ il presidente
degli enologi italiani. Tra le 60 e
più aziende di cui è il super consulente, c’è anche quella dell’ex
premier Massimo D’Alema, “La
Madeleine”, nome proustiano
per 15 ettari in Umbria tra Narni
e Orticoli, in cui sono stati prodotti i vini Sfide, Nerosé e NarnOt. L’incoronazione di Cotarella è avvenuta ieri pomeriggio al
Vinitaly di Verona. L’annuncio è
stato dato dal ministro per le
Politiche agricole Maurizio
Martina, al Vinitaly di Verona.
Cotarella guiderà il comitato dei
“saggi” che deciderà che fare
per divulgare e promuovere il
vino all’Esposizione universale
di Milano, all’interno del Padiglione Italia, in 2.000 metri quadrati. Sarà il Vinitaly a realizzare
e gestire il Padiglione del vino.
«Scelta di competenza, esperienza e professionalità», l’ha
definita il democratico Martina.
«Accordo importantissimo»,
per Diana Bracco, presidente di
Expo.
Con Cotarella, a fianco di
Bracco, ci saranno nel comitato
scientifico due marchesi toscani
a capo di storiche famiglie del
vino, Pietro Antinori, presidente dell’Istituto Grandi Marchi, e
Vittorio Frescobaldi, presidente
di Grandi Cru. Poi il presidente
di Federvini Lamberto Vallarino
Gancia, della famiglia piemontese che fondò l’azienda degli
spumanti e il presidente di
Unione italiana vini, il veneto
Domenico Zonin, figlio di Gianni, banchiere e produttore con
quartier generale a Gambellara.
Affiancati dal direttore generale
di VeronaFiere Giovanni Mantovani; da Ruenza Santandrea,
presidente del gruppo cooperativo Cevico e da Raffaele Boriello, vice capo di gabinetto del
ministero.
Umbro
Riccardo Cotarella è nato
a Monterubiaglio (Terni) 65 anni
fa. Ha conseguito il titolo
di enologo a
Conegliano
nel 1968
Cotarella, umbro, è stato uno
dei protagonisti del Rinascimento del vino dopo la scandalo del metanolo del 1986. Ha un
carnet, non solo italiano, che
più vario non si può: dalla cantina pugliese del giornalista
Bruno Vespa a quella della comunità di San Patrignano. Per
“Wine Advocate” è uno degli
uomini più influenti al mondo
nel settore. È anche produttore,
con il fratello Renzo: la sua Falesco, vigneti a Montefiascone e
Montecchio, produce 2,5 milioni di bottiglie di qualità l’anno
con ricavi per 10 milioni. Da ragazzo sognava di fare il geometra, ma il padre gli impose gli
studi in Enologia a Conegliano,
L’incarico
Saggi
L’enologo Riccardo Cotarella
guiderà il «comitato dei
saggi» che deciderà come
divulgare e promuovere il
vino all’Esposizione
universale di Milano,
all’interno del Padiglione
Italia, in 2.000 metri quadrati.
L’Expo
Avrà luogo a Milano tra il
primo maggio e il 31 ottobre
2015. Il tema è: «Nutrire il
pianeta, energia per la vita»
la prima scuola del genere d’Italia, istituita dal re Vittorio Emanuele II nel 1876. Quel diploma
gli ha aperto la strada a una carriera anche accademica: è docente di Viticoltura all’Università della Tuscia di Viterbo e accademico aggregato dei Georgofili.
Ora tocca a lui e agli altri
“saggi” preparare lo sbarco a
Milano di un settore che ha registrato l’anno scorso un giro
d’affari di 12 miliardi, di cui 5
grazie all’export. «Ce la metteremo tutta perché questa è una
occasione che non ci ricapiterà
più chissà per quanti anni —
dice Cotarella — ciò che faremo
sarà raccontare il mondo del vino italiano. Non servono maghi
della comunicazione, ma autenticità».
Luciano Ferraro
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Corriere della Sera Lunedì 7 Aprile 2014
Cultura
ilClassico
Poeta, romanziere, saggista, Gaston Criel fu assistente di Jean
Cocteau e vicino agli esistenzialisti. Fu tra i primi in Europa a
capire la rivoluzione del jazz. Nel 1948, a seguito di un lungo
periodo di reclusione per motivi politici, pubblicò un pamphlet
dal titolo Swing in cui celebrava il potere del ritmo. Ora lo
pubblica Elliot (traduzione di Raphaël Branchesi, pp. 54, e 7,50).
Opera Domani alla Scala il capolavoro del compositore francese. L’omaggio all’«Eneide» si intreccia con l’influenza di Piccinni e Spontini
Quando Berlioz fece cantare Virgilio
«I Troiani» figli di una commovente fedeltà al poeta. Senza dimenticare Shakespeare
di PAOLO ISOTTA
«Heu fuge, nate dea, teque his» ait «eripe flammis. /
Hostis habet muros, ruit alto a culmine Troia».
(Vergilii Aeneidos, II, 289-90)
«Ah fuggi, figlio della dea» dice, «e scampa alle
fiamme. Il nemico occupa le mura; Troia precipita
dall’alto della rocca». (Virgilio, Eneide, II, 289-90)
At regina gravi iamdudum saucia cura / volnus alit
venis et caeco carpitur igni. (Aeneidos, IV, 1-2)
Ma già la regina, tormentata
da un profondo affanno, nutre una ferita nelle vene, e
un cieco furore la divora. (Eneide, IV, 1-2)
F
ra queste due coppie di versi rientra la vicenda dei
Troyens di Berlioz. Or giacché nella musica poche cose esistono d’altrettanto sublime dell’Opera dedicata
alla caduta di Troia e alla vicenda dell’infelice Didone
(Enea a Cartagine) per trattarne incomincerò dalla conclusione.
Una retta prospettiva critica su quest’Opera e su Berlioz in
genere non è possibile, e infatti quasi sempre è mancata, se
non s’inquadra questa figura di compositore e poeta dal punto di vista del suo ductus stilistico.
Il primo errore prospettico nasce dal fatto di considerare
Hector Berlioz un compositore romantico, anzi il compositore romantico per eccellenza. Invece egli romantico non è: e lo
si vede sol che lo si confronti con quello ch’è l’autore classicoromantico più puro, Schubert; o se lo si accosti al più alto
esponente dell’epoca classico-romantica, Wagner. In realtà il
Berlioz giovane, quello della Sinfonia fantastica, è l’unico
esponente d’una sorta di mostruoso classicismo barocco;
che in parte può corrispondere alla retorica asiana nella storia della letteratura latina. Del Romanticismo egli ricomprende bensì gli aspetti: ma, appunto, non di quello musicale, di quello letterario e pittorico. Ha qualcosa di simile agli
eccessi di Victor Hugo; e lo si può accostare a Théodore Géricault: però non a quello, ultraclassico e venato di un tanto di
caravaggismo, della Zattera della Medusa, ma a quello degli
studî di teste dei ghigliottinati. Infatti quando io pubblicai
decennî fa la monografia berlioziana di Henry Barraud misi
tra le illustrazioni questi teschi: nella Sinfonia fantastica v’è
il cader d’una testa nel paniere e addirittura la sua ostensione
alla folla da parte del boia.
Ma Berlioz subisce una profonda trasformazione. Quello
della Sinfonia fantastica, il ductus del quale è quanto di più
anticlassico esista, non è il più grande né il più vero. Più egli
procede nell’età più migliora; onde i suoi capolavori supremi
sono il Te Deum, l’Oratorio L’enfance du Christ, l’Opera
Scelte stilistiche
I ritmi di spasmodica velocità sono
drammaticamente efficaci. Nella «Caccia
reale e temporale» compare un sassofono.
E i balletti sono tra i più belli di sempre
shakespeariana Béatrice et Bénédict (tratta da Tanto rumore
per nulla) e, appunto, Les Troyens. Qui egli è un artista profondamente classico. Lo è dunque a prescindere dal suo rapporto con Virgilio; ma grazie al suo rapporto con Virgilio il
suo esser classico s’invera.
Virgilio l’accompagnò tutta la vita sin da giovanissimo; ed
è con Shakespeare il suo nume tutelare. Nei Troiani egli riuscirà a farli stupendamente convivere. Berlioz era, lo sanno
tutti, un uomo di profonda cultura e un latinista; oltre che un
grandissimo scrittore: in prosa, non parlo del poeta drammatico al servizio del compositore. Sin da giovanissimo, vincitore (sia pur tardivo) del Prix de Rome, la campagna romana fu uno dei suoi luoghi dell’anima. Nei Mémoires parla
moltissimo di essa e di Virgilio; ancor più lo fa in quello ch’è
uno dei più straordinarî documenti della storia musicale dell’Ottocento, il suo epistolario, finalmente e faticosamente
pubblicato lungo i decennî. Faccio dunque una delle tante citazioni possibili. «Talvolta, quando, anziché il fucile, avevo
con me la chitarra, ponendomi al centro di un paesaggio in
armonia con i miei pensieri, mi riaffiorava alla memoria,
ov’era sepolto fin dall’infanzia, un canto dell’Eneide: improvvisavo allora uno strano recitativo su un’armonia ancor più
strana, e mi cantavo la morte di Pallante, la disperazione del
buon Evandro […]». Mi fermo qui perché tutto il passo riguarda gli ultimi libri del Poema, proprio quelli non compresi nei Troiani; ma cito la sua conclusione: «… Rimpiangevo
quei tempi poetici nei quali gli eroi, figli degli Dei, portavano
così belle armature e lanciavano eleganti giavellotti la cui
punta lampeggiante era adorna d’un cerchio d’oro».
Ricordo allora un po’ di date. Vagheggiati tutta la vita, I
Troiani vennero composti rapidamente fra il 1856 e il 1858;
fomite ne fu la terribile principessa Carolina di Sayn-Wittgenstein, la compagna di Liszt nonché sua mancata moglie
(la vicenda è degna di Scarpetta: alla fine Liszt si fece sacerdote per non sposarla), la teologa, la quale in questo caso,
aiutata anche dall’odio che portava a Wagner, fece qualcosa
Le prove di «Les Troyens» di Berlioz, con la regia di David McVicar, in scena alla Scala da domani pomeriggio sino al 30 aprile: l’opera venne scritta fra il 1856 e il 1858
di davvero meritevole e degno di tramandarne la memoria.
Berlioz riuscì a vedere del suo capolavoro solo un’esecuzione parziale, al Théâtre-Lyrique (non all’Opéra!) nel 1863:
con gli atti dal terzo al quinto, chiamati I Troiani a Cartagine.
Egli era già malatissimo di quella sorta di infiammazione al
colon cronicizzatasi che, senza essere un tumore, ne produceva gli effetti. L’ultima Opera venne circondata da un incredibile rispetto nazionale (Meyerbeer, dimostrandosi anche
qui uno degli uomini meravigliosi del suo secolo, andò a tutte le recite con la partitura in mano) e internazionale. Ma la
prima rappresentazione completa non si ebbe che nel 1890 a
Karlsruhe a opera del grande wagneriano Felix Mottl e all’Opéra nientemeno che nel 1921; e le esecuzioni storiche
vanno da quella del Covent Garden degli anni Cinquanta diretta da Colin Davis a quella diretta da Georges Prêtre alla Rai
di Roma nel 1969 a opera di Francesco Siciliani (Cassandra
era la non sempre intonata Marilyn Horne mentre Didone la
grandissima Shirley Verrett) a quella diretta al Metropolitan
da James Levine nel 1983, ove Cassandra è il più grande soprano drammatico dal 1945 a oggi (perché Anita Cerquetti si
ritirò presto), Jessye Norman, Enea uno straordinario Placido
Domingo giovane, e l’allestimento meraviglioso è dovuto al
regista Fabrizio Melano e alle scene e costumi di Peter Wexler. Esso è fedelissimo all’antichità e quasi archeologico nei
mille particolari dei costumi e dei totem che sfilano nelle
processioni sceniche: giusta il desiderio dell’Autore di esserlo: tale ne era lo scrupolo di Berlioz ch’egli andò da Flaubert,
del quale era da poco uscito il romanzo Salammbô dedicato
alla guerra dei mercenarî contro Cartagine nel periodo intercorrente tra la prima e la seconda Punica, per avere ragguagli
per l’allestimento della storia di Didone. Poi v’è la raffinatissima incisione realizzata nel 1994 coi complessi di Montréal da
Charles Dutoit. I tre direttori che nel dopoguerra meritano di
essere ricordati per i Troyens sono dunque Prêtre (che riprese l’Opera alla Scala nel 1982), Levine (straordinario anche
per l’essere il suo video realizzato dal vivo in teatro: e che precisione, oltre che fuoco!) e Dutoit. Gli altri seguono in ordine
sparso. Si comprende che qualsiasi allestimento sposti l’epoca della rappresentazione costituisce un doppio imperdonabile tradimento, a Virgilio e a Berlioz.
I luoghi dell’Eneide sui quali Berlioz scrive la poesia della
sua Opera provengono quasi tutti dal II e dal IV libro; altre
piccole aggiunte vengono dal I e dal III. Ma per avere il preciso ragguaglio dei rapporti dei Troyens con l’Eneide occorre
leggere il saggio del sommo Ettore Paratore pubblicato sul
programma della Scala nel 1982.
La fedeltà di Berlioz a Virgilio è commovente; ma egli coniuga il Mantovano a Shakespeare, come ho detto, per la creazione del suo più grande personaggio tragico, la Cassandra che
riempie di sé il I e il II atto. Virgilio accenna di sfuggita alla vicenda della profetessa inascoltata per maledizione d’Apollo e
il suo destino è da noi conosciuto per l’Agamennone di Eschilo; ma Berlioz la mostra preda delle sue preveggenti immagini
di distruzione e morte e poi creatrice di una morte eroica per
sé e le vergini troiane sfuggenti allo scempio dei soldati e di
Pirro (Neottolemo) con un suicidio rituale collettivo. Qui ella
dice, dopo essersi trafitta e porgendo il pugnale alle compagne: «Tiens, la douleur n’est rien!», che secondo me è una citazione dalle Epistole di Plinio il Giovane e dal XVI libro degli
Annales di Tacito, là ove Arria, la moglie di Cecina Peto, con-
dannato a morte da Nerone, si trafigge e nel porgergli il pugnale profferisce: «Paete non dolet», «Peto, non si soffre».
Figurette comiche desunte direttamente da Shakespeare
sono i soldati che scherzano nel V atto.
Or Cassandra è causa del non sapersi attribuire I Troiani al
giusto ethos storico-stilistico: giacché il drammatismo intensissimo della sua parte, le grandi campiture dei bassi orchestrali a sottolineare il suo gesto teatrale, il quasi espressionismo dei suoi Recitativi (ma allora non si riesce a collocare stilisticamente la sublime Aria Malheureux roi!) la fanno erroneamente ascrivere a un Romanticismo musicale del
quale ella non fa parte. Cassandra discende dalla grande rettorica classica: per comprenderlo occorre conoscere uno dei
sommi amori di Berlioz e di Wagner, Spontini: e segnata-
Lo spettacolo
Cinque atti in cinque ore
Dirige Antonio Pappano
]Hector Louis Berlioz (La
Côte-Saint-André 1803 –
Parigi 1869) è stato un
compositore e teorico della
musica francese (a sinistra
ritratto da Émile Signol ).
]La sua opera Les Troyens,
in cinque atti, andrà in scena
alla Scala da domani al 30 aprile. È una coproduzione
con Royal Opera House, San Francisco Opera e
Wiener Staatsoper. Durata: 5 ore e 31 minuti (inizio
alle 17.30). Dirige Antonio Pappano, regia di David
McVicar. Nel cast Gregory Kunde, Fabio Capitanucci,
Anna Caterina Antonacci e Daniela Barcellona.
mente quello dell’Olympie e dell’Agnes von Hohenstaufen.
Cassandra è figlia d’uno Spontini moltiplicato per due. Didone è figlia d’un elegantissimo, ma non per questo meno
espressivo, Classicismo gluckiano, mozartiano e (non lo si
capisce perché non se ne ha la cultura necessaria) piccinniano: la Didon di Niccolò Piccinni è tra i modelli di Berlioz: su
testo di Marmontel è del 1783.
Prima di parlare ancora della partitura dirò qualcosa del
suo linguaggio. Il giovane Berlioz è notevole sotto l’aspetto
ritmico e sovente melodico ma è assai carente sotto quello armonico che traveste grazie alla sua geniale invenzione timbrica. Ma nell’Enfance e nel Te Deum anche l’armonista è
sommo: nei Troyens è squisito e non voglio solo mettere in
rilievo la sua tecnica della modulazione ma l’uso del pedale
armonico, che nella Chanson d’Hylas con che si apre il V atto, nel Settimino (il quale, inno alla notte com’è, è una versione sintetica e francese del diatonismo – finalmente – di O
sink hernieder Nacht der Liebe del II atto del Tristan und Isolde) e altrove è straordinario. Il classicismo lo porta addirittura a citazioni dello stile bachiano: nelle appoggiature di Didone e nel coro del III atto Gloire á Didon. Lo si cita come
esempio di stile pomposo da grand-Opéra ed è invece una
solenne Passacaglia…
Allora, i ritmi di spasmodica velocità nei Troyens sono
uno dei mezzi più sicuri di drammatismo. Ma le invenzioni
timbriche sono supreme. L’apparizione dell’ombra di Ettore
nel II atto è preceduta da grandiosi annunci dei bassi orchestrali e accompagnata dal timbro sinistro dei corni con la sordina sopra spenti pizzicati (le battute d’introduzione orchestrale al II atto contengono uno dei più terribili usi della banda interna mai creati: la banda è quella delle fanfare greche
durante la distruzione della città: e il disegno che fa è lo stesso che nella Fantastica è esposto dal corno a introduzione
del Sabba: donde si vede esser esatta la mia idea che i compositori ricorrono a figure musicali costanti – il Figuralismo
– per trasporre musicalmente immagini simili): allora non si
può non pensare a come ciò anticipi l’inizio del II atto del
Crepuscolo degli Dei di Wagner con l’apparizione ad Hagen
dell’ombra di Alberich, la più potente raffigurazione del Male
dell’intera storia delle arti: dico arti, non musica. L’orchestrazione della Caccia reale e temporale del IV atto è uno dei prodigi della musica e qui Berlioz fa il più bell’uso del sassofono
(questo meraviglioso strumento non abbastanza sfruttato
dai compositori) mai avutosi nella storia. La Caccia reale e
temporale è anche un conciso ma completo Poema Sinfonico
trasponente in musica i versi 130-172 del IV libro che da solo
vale tutti quelli di Liszt, se si eccettuano le due Sinfonie: vi
partecipa anche il coro femminile, senza parole, a volgere in
musica il summoque ulularunt vertice nymphae («dalle più
alte vette ulularono le Ninfe») del verso 168. Vi sono inoltre
nei Troyens dei balletti così belli e raffinati che il solo termine di confronto mi paiono quelli di Mozart per l’Idomeneo.
Naturalmente essi, per quanto attiene alla danza dei Negri,
sono anche uno dei più delicati contributi all’esotismo musicale che vi siano stati.
Adesso debbo pormi la terribile domanda: riesce Berlioz a
essere alla stessa altezza di Virgilio? E la risposta può essere
una sola: ci arriva quasi ma non lo può del tutto. E questo perché l’altezza di Virgilio in tutta la storia delle arti è stata raggiunta solo da Giotto, Dante, Raffaello e Wagner. Su questo
punto debbo fare un’aggiunta importante: si crede solitamente, alla stregua delle dichiarazioni nelle opere teoriche,
che Wagner disprezzasse la civiltà romana al confronto con
quella greca e che pertanto non sia da Virgilio influenzato.
Nel mio libro La virtù dell’elefante che uscirà a settembre per
la Marsilio dimostro invece l’influenza enorme di Virgilio su
luoghi capitali dell’invenzione del Sommo.
Un rapporto tra Virgilio e Wagner va invece visto indirettamente in questo: il commento all’Eneide di Ettore Paratore,
apparso per la collana Lorenzo Valla della Mondadori (uno
dei vanti della cultura italiana) è qualcosa di tale vastità e ricchezza tematica che può essere qualificato solo siccome wagneriano.
Su Didone debbo fare un’importantissima postilla. Un altro vanto della cultura italiana è il volume del 1932 Il libro di
Didone di Corso Buscaroli: una traduzione del IV libro dell’Eneide seguita da un commento di una ampiezza e copiosità pure queste wagneriane. È affatto introvabile anche in antiquariato: non c’è nessun editore che abbia il coraggio di ripubblicarlo?
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Terza Pagina 31
Corriere della Sera Lunedì 7 Aprile 2014
Narrativa «La casa sulla roccia» (Mondadori) di Antonio Monda sullo sfondo della metropoli
Elzeviro
Piero Ottone e il bilancio dei suoi novant’anni
AMANTE DEL MARE
DIRETTORE TRA I FLUTTI
di LUCA GOLDONI
S
ono stato uno spettatore
della realtà italiana, ma
non ho mai aspirato a
cambiarla: così afferma
Piero Ottone nel prologo al libro
Novanta (i suoi anni). Che strepitosa civetteria. Buon Dio, egli
non diede l’assalto al Palazzo
d’Inverno, ma come neo direttore del «Corriere della Sera» fu il
primo della grande stampa a sostenere che i comunisti non avevano la coda. Quando giunse in
via Solferino, io e tanti redattori
come me, fummo lacerati da un
conflitto tra la fedeltà sentimentale a Spadolini, Montanelli —
cioè ai simboli della tradizione
borghese — e l’attrazione per il
nuovo che avanzava con Ottone:
la corazzata della maggioranza
silenziosa riconvertita in un’agile porterei da cui decollava Pasolini con le sue picchiate in poesia contro i rivoluzionari figli di
ricchi, che ferivano a pietrate i
poliziotti figli di poveri.
Piero Ottone al «Corriere»
Ritrovo questi spunti in Novanta (Longanesi, pagine 240, e
14,90), bilancio esistenziale di
un giovane novantenne, intrecciato con quasi un secolo di storia italiana. Dall’infatuazione
adolescente per Mussolini, agli
illuminanti esordi in carriera all’estero: nella Londra che «viveva
il suo declino con trasognata
eleganza». Nella Germania anno
zero. Nell’avventura in Russia:
una fiabesca traversata in slitta
della Siberia, mentre Kruscev inceneriva Stalin. Poi il ritorno nell’Italia del «miracolo», l’amicizia
con Agnelli e Pirelli, il meglio di
una fauna «più altezzosa che autorevole». Pollice verso per Enrico Mattei, boiardo strapotente:
durante un incontro i sovietici
gli chiesero: «Lei non è il capitalista padrone dell’Eni né un funzionario: come la chiamiamo?».
«Enrico», rispose. E qualcuno
postillò: solo il nome, come i re.
Personalmente, ricordo la
consegna del mio primo pezzo.
Lo lesse in piedi con larghi cenni
di assenso. Poi passò all’analisi:
«Ottimo l’attacco però lo sposterei in chiusura… impeccabile
questo concetto, ma lo posporrei a quello successivo… azzeccata questa sintesi però spezza il
ritmo… questo capoverso funziona ma contraddice quello
precedente, che ne dici di spostarlo verso la fine?». Io dissi:
«Permetti?». Presi il mio articolo, lo accartocciai e con un sorriso lo gettai nel cestino. Anche
lui sorrise e mi disse grazie. Tutto molto British. Mi rifeci quan-
New York, lezioni di vita e di dolore
Una donna, il passato: così la boxe segna le svolte dell’esistenza
di PIERLUIGI BATTISTA
do mi spedì nel golfo di Napoli
dove Enzo Majorca difendeva il
suo record di profondità in apnea. Vinse lui, ma riemerse in
stato di sincope, e ci misero
mezz’ora sulla barca a riportarlo
in vita. Cominciai il pezzo così:
«Un cadavere italiano campione
del mondo». Mi citò agli onori
della riunione di mezzodì. Ero
entrato trionfalmente nell’altra
metà del suo mondo: il mare.
Quando Montanelli lasciò il
«Corriere» in aspra polemica
con Ottone e Giulia Maria Crespi, e fondò «Il Giornale», tante
firme del «Corriere» lo seguirono. Un giorno fui contattato dal
mitico Egisto Corradi, parmigiano come me, che in nome di
Montanelli mi offrì ponti d’oro.
Riflettei a lungo e poi confessai
che ero lusingato e commosso,
ma per me «Corriere della Sera»
non era una testata. Era una musica che mi portavo nel cuore dal
tempo in cui, ragazzino, sognavo proprio la Lettera 22 di Indro.
Quando comunicai a Ottone
la mia decisone, lui — un po’ depresso per tante defezioni – mi
ringraziò e aggiunse: «Quindi?».
«Quindi niente — risposi — fine
della trasmissione ». Credo d’esser stato uno dei pochi rimasti
senza contropartite. Da allora
Ottone non mi lesinò la sua riconoscenza, sfatando la vulgata
del bravo direttore, ma con un
mini iceberg nel petto. Una volta, per presentare un mio libro,
guidò la sua Clio fino a Sanremo
(senza rifornirsi mai dal cane
sputafuoco di Mattei). Ricordo
un suo pensiero: Luca ci fotografa con un obbiettivo deformante, per questo ci ferisce ma ci fa
ridere. Mi sorprese parlando
venti minuti senza un foglietto
di appunti...
Io studente, alle prese con un
testo, lo sottolineavo furiosamente, convinto che un concetto ben evidenziato si trasferisse
automaticamente nella mia
mente. Ma finivo col sottolineare tutto rischiando di imprimermi solo le frasi non sottolineate,
tipo «non si può non osservare
che». Così ho fatto con Novanta:
mi è piaciuto tutto, dagli episodi
che ignoravo alle verità storiche
riaccese però dal taglio personalissimo di un testimone-protagonista. A volte doppia sottolineatura, per esempio sul narcisismo di Berlusconi che si paragona senza imbarazzo a Cesare e
Napoleone. Cade e risorge il narcisista, e stupisce che ne siano
rimasti ubriacati tanti, intelligenti e colti. Il fenomeno si spiega solo col disorientamento
contemporaneo, specie in un
Paese come il nostro, le mani in
Europa e i piedi in Africa.
Il libro si chiude con la dolcezza del congedo di Goethe dal
pellegrino che tanto ha camminato: scende la sera, tutto è pace,
aspetta un poco, presto riposerai anche tu.
Lunga vita a Piero Ottone. Anzi a Piero. Solo il nome, come i
re.
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Convegno domani a Milano
La sfida dei traduttori
dietro i grandi successi editoriali
Convegno a Milano sul mestiere del traduttore
letterario. Si tiene domani all’Università Cattolica (via
Nirone 15, ore 16.30) nell’ambito del ciclo di seminari
Editoria in progress e ha per titolo Traduttori e grandi
successi editoriali. Intervengono Ilide Carmignani
(vincitrice del Premio Nazionale per la Traduzione 2013,
nota per le versioni di Borges, Garcìa Márquez, Neruda e
Sepúlveda), Nicoletta Lamberti (Dan Brown, Follett e
Grisham) e Yasmina Melaouah (Alain-Fournier, Enard,
Genet, Pennac). Coordina l’incontro Alba Mantovani.
C’
è ancora la sua New York, in
questo La casa sulla roccia
di Antonio Monda che è
l’ideale prosecuzione, con
nuovi protagonisti ma immersi nella
stessa elettrizzante atmosfera
newyorkese, del precedente L’America non esiste. Ma c’è una sensibilità
per un mondo emotivo che si disancora da un preciso destino di spazio e di
tempo per cogliere significati profondi e «universali»: il destino, la separazione, la fedeltà a se stessi. L’inscindibilità di passione e violenza, persino,
raffigurata e impersonata da due memorabili incontri di boxe nello scenario chiassoso e febbrile del Madison
Square Garden. La boxe come metafora della vita e che Monda predilige con
un gusto del dettaglio che cattura il
lettore e lo fa entrare in quel microcosmo di sangue e dolore, forza e orgoglio, brutalità e intelligenza.
Leggete le pagine in cui nel romanzo, come se si parlasse di Ettore e
Achille, si racconta cosa accade dentro e attorno a quel ring prima nel match tra il cubano Benny Paret ed Emile
Griffith e poi nella sfida tra Joe Frazier
e Muhammad Ali, il nome nuovo preso da Cassius Clay dopo essersi rifiutato di andare in Vietnam e aver perso
legalmente il titolo di campione del
mondo. Si verrà catturati da un concentrato di destini che condensano le
svolte della vita. È tra questi due appassionanti incontri che si misura lo
scacco di una vita in cui si dimenticano i momenti «grandi» e irripetibili
della vita.
Nel primo match Liz si immerge nel
catino ribollente del Madison Square
Garden con Luis. È il momento magico in cui l’amore sembra spalancare
grandiose prospettive, dove tutto risuona con un timbro particolarissimo
e mai più riproducibile nella sua pienezza. È una febbre che fa sentire invincibile e sfrontato chi ne è travolto,
una stagione della vita unica in cui
l’arte e il sesso, la letteratura, la parola,
la boxe, i volti delle persone, tutto
sembra un regalo del destino.
Poi c’è il secondo incontro. Liz non
si chiama più così. Ora l’uomo che sarà l’uomo del suo matrimonio, il padre dei suoi figli, la persona che la
renderà sicura di sé, che la farà entrare nel mondo solido di chi a New York
sta bene, è pienamente inserito nei
circuiti dorati della finanza e del mer-
24 marzo 1962, Madison Square Garden: il combattimento tra Emile Griffith e il cubano Benny «Kid» Paret. Il match è citato nel romanzo
cato dell’arte, vive in splendidi appartamenti con vista su Central Park, insomma suo marito la chiama Beth.
Beth va a vedere la boxe con Warren.
Ed è tutto diverso dalla prima volta
con Luis. Il cambio del nome segnala
il cambio di un ordine esistenziale
nuovo. Così nuovo che non prevede la
L’autore
] Il romanzo «La casa sulla roccia»
di Antonio Monda è pubblicato da
Mondadori (pp. 144, e 17)
] Monda, giornalista e scrittore,
insegna alla New York University ed è
direttore artistico del festival
letterario Le Conversazioni di Capri.
Vive nella metropoli americana con la
moglie e i figli
] Ha pubblicato, tra l’altro: «La
magnifica illusione (Fazi, 2004); per
Mondadori «Assoluzione» (2008),
«Hanno preferito le tenebre» (2010),
«Lontano dai sogni (2010) e
L’America non esiste (2012); «Nella
città nuda» (Rizzoli, 2013)
presenza di Luis, l’uomo del momento magico di Liz. Nuovo. Non inferiore, più sbiadito, più incolore, più «coniugale» e dunque necessariamente
più scialbo, secondo i dettami dell’amore romantico e folle di cui si è
nutrita la letteratura moderna. Ma diverso: la vita di Beth, non più la vita di
Liz.
Luis no. Luis resta quello di prima,
ardente e forte. O meglio, noi lo possiamo immaginare così. Perché nel
romanzo di Monda la presenza fisica
di Luis si dissolve. Monda scrive a lungo dell’universo morale ed esistenziale di Beth. Ma deve lasciare quello di
Liz, perché prevede Luis, non ne può
prescindere. Sappiamo però che Luis
non dimentica mai Liz. E alla fine sappiamo che Beth ha come cancellato
Luis, ma non è vero, quel momento
magico è stato seppellito, coperto dalla quotidianità degli anni, cacciato in
un angolo invisibile. Ma c’è, esiste. E si
risveglierà dolorosamente anche se
strati di cenere sembrano aver sepolto
la brace ancora incandescente a distanza di decenni.
Nel romanzo di Monda questa
drammatica frattura avviene senza
frastuono: semplicemente sembra
svanire. Liz decide di lasciare Luis e di
abbandonare quella vita irripetibile.
Punto. Perché? Perché gli imperativi
del destino sembrano aver dettato
questa regola. È la fragilità dei legami
che colpisce e sferza un autore come
Monda. Il quale è corazzato da una solida cultura nella quale i legami devono essere seri, duraturi, impegnativi,
costanti, coraggiosi, persino auto-sacrificali. Mentre invece si rende conto
che il vento dell’esistenza scompiglia i
progetti, trascina le persone lungo
rotte non previste. Dove è improbo restare fedeli a se stessi, seguire la voce
delle sfide, vivere sempre a un’altezza
vertiginosa.
Questo è lo scenario morale di questo romanzo. In cui poi, certo, c’è New
York, c’è questa straordinaria civiltà
declinata al futuro e che rende tutto
instabile, effervescente, problematico, ma incredibilmente vitale. Dove la
serietà della vita, il suo ancoraggio a
qualcosa di roccioso, e il titolo dal richiamo evangelico allude proprio a
questo, è sempre così esposto ai rovesci dell’esistenza. E per questo provoca
dolore, quello raccontato da Antonio
Monda.
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Guerra fredda Caduto il segreto sulle carte negli Usa
La Cia pubblicò «Živago»:
dopo anni di sospetti
la prova in 130 documenti
di CRISTINA TAGLIETTI
L
a pubblicazione in russo del Dottor
Živago, capolavoro di Boris Pasternak uscito per la prima volta in assoluto nell’edizione italiana di Feltrinelli nel 1957, è un lungo romanzo, al quale
ogni tanto si aggiunge un nuovo capitolo. Un intrigo internazionale con tanto
di agenti segreti i cui contorni sono stati
ricostruiti nel corso degli anni benché
siano rimaste molte zone d’ombra. Il
contributo della Cia alla prima edizione
in russo del romanzo era stato messo in
luce da Paolo Mancosu in un documentato volume apparso negli Annali della
Fondazione Giangiacomo Feltrinelli lo
scorso anno, dal ricercatore russo Ivan
Tolstoj, in un saggio del 2008, ma già lo
slavista Carl Proffer lo aveva ipotizzato
nel 1987. Ora 130 documenti desecretati
della Cia danno consistenza alla tesi. Li
hanno richiesti due studiosi, Peter Finn
e Petra Couvée, autori di The Živago Affair: The Kremlin, the Cia and the Battle
over a Forbidden Book in uscita il 17 giugno, del quale ieri il «Washington Post»
ha offerto una sintesi.
Secondo i due storici non ci sono
prove che l’interesse della Cia nella pubblicazione in russo del libro consistesse
nell’aiutare Pasternak a vincere il Nobel,
come si è spesso detto. Invece una nota
rivolta a tutti i capi settore della Soviet
Russia Division dell’agenzia spiega:
«Possiamo fare in modo che i cittadini
sovietici si chiedano che cosa c’è che
non va nel loro governo se l’opera letteraria di un uomo riconosciuto come il
più grande scrittore russo vivente non è
disponibile nel loro Paese, nella loro
lingua». Durante la Guerra fredda, d’altronde, i servizi segreti americani usarono spesso i libri come arma di propaganda e circa dieci milioni di copie di
volumi e riviste banditi nell’Europa
orientale furono distribuiti segretamente oltrecortina.
Le operazioni di pubblicazione del libro (una versione pubblicata in Olanda
e una tascabile stampata direttamente
nel quartier generale dell’agenzia) furono condotte dalla Soviet Russia Division, controllate dal direttore Allen Dulles e autorizzate dalla Casa Bianca. Dopo
un primo tentativo di organizzare
re distribuito all’Expo internazionale attraverso il padiglione del Vaticano.
L’operazione suscitò le ire di Giangiacomo Feltrinelli che deteneva i diritti
dell’opera e i primi sospetti sul coinvolgimento della Cia. La quale, però, come
testimonia un telegramma del direttore
Dulles riportato dal «Washington Post»,
valutò che la pubblicazione, nonostante
tutto, era valsa la pena.
Dopo questa tiratura iniziale, l’agenzia cominciò a programmare una nuova
pubblicazione, questa volta clandestina,
del volume. «Dati i problemi di sicurezza, legali e tecnici, si raccomanda che
un’edizione tascabile venga stampata al
Obiettivo destabilizzazione
Il testo di Pasternak venne
stampato in russo per essere
distribuito in Urss. Un volume
in uscita rivelerà i dettagli
Boris Pasternak (1890-1960)
un’edizione pirata del romanzo attraverso un piccolo editore di New York (la
prima ufficiale in russo, di Feltrinelli,
sarà del 1961), la Cia contattò il servizio
segreto olandese con cui aveva stretti
rapporti e nel settembre 1958 il primo
Dottor Živago in russo uscì da Mouton
all’Aia. Si parla di pochissime copie, un
migliaio: 200 restarono a Washington,
200 furono mandate a Francoforte, 100 a
Berlino, 100 a Monaco, 25 a Londra e
dieci a Parigi. Il pacco più grande, con
365 libri, fu inviato a Bruxelles per esse-
quartier generale (della Cia, ndr) utilizzando il primo testo Feltrinelli e attribuendolo a un editore fittizio», rivela una
nota. Nel luglio 1959, novemila copie del
Dottor Živago vennero pubblicate in
due volumi, perché fosse più facile nasconderli, e attribuite alla fittizia Société
d’Edition et d’Impression Mondiale di
Parigi. Il libro di Finn e Couvée promette
di combinare tasselli sparsi, ma è difficile credere che il mistero di Živago sia
davvero risolto.
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Corriere della Sera Lunedì 7 Aprile 2014
Idee&opinioni
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PICCOLE PATRIE

È stato un voto contro i talebani.
Tra le tante interpretazioni
emerse e che verranno elaborate delle
elezioni presidenziali afghane di sabato
almeno una è assodata: chi è andato alle
urne lo ha fatto a suo rischio e pericolo,
sfidando apertamente le minacce talebane. Negli ultimi tempi avevano attaccato
la sede della commissione elettorale
centrale, sparato sui commissari delle
province, persino assaltato l’hotel Serena
nel cuore della capitale. Ma non è servito: oltre 7 milioni si sono messi in fila ai
seggi. Quasi tre milioni in più delle presidenziali nel 2009. È questa una semplice verità ripetuta da un piccolo rivenditore di testi scolastici incontrato ieri nel
mercato popolare di Kabul: «I talebani
volevano che disertassimo le urne. Invece ci siamo andati molto più numerosi
del previsto. Ovvio che hanno perso. La
loro assenza è stata la loro sconfitta».
Emerge così un dato sostanziale di
speranza per i sostenitori della democrazia in Afghanistan: i talebani costituiscono certamente una forza militare notevole, come tutti i gruppi violenti organizzati composti da militanti fanatici e ben finanziati, persino sostenuti dall’estero,
possono causare danni enormi e destabilizzare il Paese, tuttavia la grande mag-
gioranza della popolazione non sta con
loro. Tutt’altro, se aiutata dalle forze dell’ordine e posta nelle condizione di scegliere un’alternativa ragionevole, è pronta a rischiare la vita pur di non ricadere
sotto il loro giogo.
Ma attenti ai facili entusiasmi. Difficoltà anche più gravi cominciano ora,
con l’avvio di una fase estremamente delicata. Le prime indicazioni pongono Abdullah Abdullah candidato in testa con
ampio margine. Però, facilmente si andrà al ballottaggio. E proprio allora i talebani potrebbero tornare a colpire più duri che mai, questa volta affondando il
coltello in un sistema eroso dalle sue debolezze interne. C’è chi dice abbiano risparmiato le forze al primo turno per essere più aggressivi al secondo, che è
quello decisivo.
Gli afghani hanno votato, ma la fiducia verso il sistema politico e i suoi leader
è minata dalla corruzione galoppante in
tutti i settori. Sui social network locali
crescono dubbi sugli scrutini. Già fioccano le accuse di brogli e irregolarità. La
strada resta in salita. Lo abbiamo già visto in Iraq: non basta votare per fare una
democrazia.
Lorenzo Cremonesi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
PROGRAMMI BBC ALLA COREA DEL NORD
DUBBI SULLA «DIPLOMAZIA DEL PELUCHE»

L’umanità non ne sentiva la mancanza. I bambini che negli anni
Novanta vi si abbeveravano fino all’impazzimento dei genitori non ne hanno memoria. E gli stessi produttori li abbandonarono nel 2001. Eppure i Teletubbies, personaggi d’animazione colorati e squittenti
che la Bbc riversò nelle tv e nei dvd di mezzo mondo, si apprestano a una nuova vita,
la più improbabile, nel più
improbabile dei luoghi. La
Corea del Nord. Il britannico The Independent scrive
che la Bbc e le autorità di
Pyongyang hanno siglato
un accordo per la messa in
onda nella Repubblica democratica popolare non
solo dei Teletubbies, ma
anche di Top Gear e della
leggendaria serie di fantascienza Dr Who, inaugurata nel 1963, sospesa nell’89 e ripresa nel 2005. Prodotti
innocui. Se ne era parlato a gennaio e
l’operazione ha la piena copertura del Foreign Office di Londra: per il capo della diplomazia William Hague è «un buon metodo per migliorare la comprensione del
mondo in una società così chiusa».
La diplomazia dei peluche televisivi può
far sorridere ma si muove in un contesto di
segnali che gli osservatori occidentali non
hanno mancato di registrare. A fine 2010
era andato in onda «Sognando Beckham»,
film del 2002 con un’acerba Keira Knightley. E, con l’avvento al potere del giovane
Kim Jong-un si sono visti show para-disneyani, band che evocano il pop sudcoreano, persino una first lady dalle concessioni glamour. Senza contare il ricorso al potere seduttivo dello sport:
dalla star del basket Nba,
Dennis Rodman, ospite del
leader, alla maratona di domenica prossima aperta ad
atleti stranieri.
Se però si cercano i segni del cambiamento, occorre scrutare altrove: tra le
élite, negli appetiti e nelle
manovre di Cina e Russia,
negli abboccamenti sottotraccia. La dottrina del Songun («prima i
militari») resta infatti il pilastro dello Stato, le intemperanze balistiche e verbali non
cessano, i diritti umani restano un capitolo
orrendo. Non saranno i Teletubbies a redimere la Corea del Nord.
Marco Del Corona
@marcodelcorona
leviedellasia.corriere.it
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La lunga e complessa storia del Veneto
una regione che non va colpevolizzata
di MARZIO BREDA
«L
e idee non si arrestano»,
intima il cartello portato da
un paio di ex alpini con la
bandiera di San Marco legata al collo. I due vecchiotti
non lo sanno, ma è uno degli slogan usati
dopo il 7 aprile 1979 dalle migliaia di autonomi, con il passamontagna calato sul volto e le
spranghe in pugno, che assediarono Padova
chiedendo la libertà per Negri, Scalzone, Ferrari Bravo, Vesce e un gruppo di altri intellettuali del disciolto Potere Operaio, finiti in
cella con l’accusa di essere membri della direzione strategica delle Br e le menti del sequestro e del delitto di Aldo Moro.
Trentacinque anni più tardi, la scena si sposta
a Verona e ancora una volta la gente trova
sotto casa le forze dell’ordine schierate a far
fronte a una folla di manifestanti giunti in
città per protestare contro l’arresto di una
cupola di «cospiratori», cui si contesta di
stare preparando una nuova, imminente
stagione di terrore eversivo, in nome di una
Serenissima Repubblica defunta più di due
secoli fa. Ma stavolta non c’è bisogno che gli
agenti e i carabinieri in assetto da
combattimento indossino i caschi e alzino i
manganelli: coloro che riempiono piazza dei
Signori sembrano, e per lo più sono, famiglie
con i figli nel passeggino, e magari qualche
cane al seguito. Con l’aria di chi si concede
una gita di primavera. O, visto che qualcuno
si trascina dietro un grosso Tanko di plastica
pronto a sparare pagnotte, con la voglia di
sberleffo di chi partecipa a una sfilata di
carnevale.
Due fotografie di cronaca, due diversi teoremi
giudiziari — il primo fu smontato dai
processi, il secondo chissà quale fine farà —
e la stessa sgradevole sensazione diffusa, nel
Veneto. Dove, oggi più che mai, dà fastidio
l’idea di passare in blocco come vittime di un
eterno e ricorrente malessere, pronti in cuor
proprio a giustificare chi si rifugia in
«bislacche nostalgie e approssimazioni
mitologiche» (così disse Andrea Zanzotto a
proposito del commando che assaltò il
campanile nel 1997) e, in quanto tali, esposti
a ogni riprovazione nazionale. Insomma, un
popolo fino a un po’ di tempo fa tenuto ai
margini e quasi disprezzato perché povero,
culturalmente indigente e politicamente
gregario sotto le bandiere di Dc e Lega, e poi
detestato perché ricco, egoista e senza etica,
oggi teme d’essere criminalizzato perché si
mostra troppo tiepido, se non proprio
solidale, con chi avrebbe attivato un
«laboratorio» nel quale si lavorava a
materializzare un altro incubo italiano: la
DORIANO SOLINAS
AI SEGGI IN MASSA CONTRO I TALEBANI
MA LA VIOLENZA INCOMBE SULL’AFGHANISTAN
secessione del Nordest.
Sui «patrioti» chiusi in cella alcuni giorni fa
incombono accuse gravi, che potrebbero
costare loro fino a 15 anni: pene che in Italia
spesso non vengono inflitte neanche ad
assassini colti in flagrante. Ed è un fatto che
molti, tra quanti hanno studiato le carte della
Procura di Brescia, esprimano sbalordimento
e incredulità per le ipotesi di reato che vi sono
configurate. Ora, non sappiamo se il vero
torto degli arrestati è solo di aver scherzato
col fuoco. O di aver peccato d’ingenuità
inseguendo fantasmi e calpestando il
buonsenso, come quei manifestanti che ieri
hanno fatto salire sul palco veronese perfino
dei bambini. Di sicuro, come confidava
compiaciuto un fedelissimo di Tosi,
«l’inchiesta ha ottenuto l’effetto di resuscitare
un cadavere: il venetismo. E con esso di
riaccendere l’ansia di veder rinascere
dovunque qualsiasi altra patria perduta...».

I promotori di un
referendum separatista
dimenticano che la nostra
Costituzione esclude
una simile possibilità
Un esito perverso ma oggettivo. Che si riflette
nella pretesa leghista di chiedere al più presto
un referendum per l’indipendenza del
Veneto, sul modello di quelle consultazioni
popolari che si terranno a settembre in Scozia
o, a novembre, in Catalogna. Perché da noi
dovrebbe essere un tabù, ripetono — adesso
con più fiato — i vari Salvini e Borghezio,
dato che l’Europa riconosce il diritto
all’autodeterminazione dei popoli?
Semplicemente perché la nostra Magna
Charta esclude in linea di principio una
simile possibilità. A meno che la strada non
sia aperta da una legge costituzionale che il
Parlamento italiano non voterà mai.
Ecco quindi che la vicenda degli ultimi
«serenissimi» va riletta in un’altra chiave, se
si vuole evitare che offra nuove occasioni di
frustrazione e vittimismo. La ricorrente
domanda «chi secede da chi, se già si ha il
senso che quasi non esista più l’Italia?»
imporrebbe di inserire questo episodio tra i
dossier in cui si raccolgono i tanti segnali di
slogatura tra i cittadini e lo Stato, per cercare
di decifrarli e ricomporli. Del resto, come
raccomandava Indro Montanelli parlando di
Umberto Bossi, quando il leader della Lega
era ancora in versione barbarica e
rivoluzionaria, «visto che non possiamo
mettergli le manette, non ci resta che
invitarlo a cena e parlargli. Ci piaccia o non ci
piaccia».
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GUERRA E PACE
Bombe a Damasco, la normalità siriana
di DAVIDE FRATTINI
POCO TOLLERANTI CON CHI DICE NO A NOZZE GAY
CONFORMISMO LIBERAL A MOUNTAIN VIEW
SEGUE DALLA PRIMA
La rivelazione, arrivata pochi giorni
dopo la nomina ad amministratore delegato, ha scatenato una rivolta nella comunità di Mozilla, che ha presto superato i confini di Mountain View, al punto che il sito di dating online «Ok Cupid» ha invitato i suoi utenti a boicottare il sistema di navigazione Firefox
(di proprietà dell’associazione).
Se da un lato è opportuno ricordare
che Mozilla, a differenza di Google o Facebook, non è un’azienda, ma un’organizzazione non profit nata negli anni
Novanta per promuovere il libero accesso alla rete, dall’altro, l’episodio è specchio di un corto circuito del mondo della tecnologia, da sempre caratterizzato
da una strana miscela di cultura libertaria e capitalismo neoliberista. La stessa
che coniugava valori hippy e avidità
economica negli anni Settanta, e che —
in tempi più recenti — ha portato i cyberattivisti a unirsi alle aziende simbolo
dell’oligopolio digitale contro i tentativi
del Congresso americano di regolamentare Internet (vedi le proposte di
legge Sopa e Pipa) o a difendere personaggi come Kim Dotcom, il fondatore
del sito di downloading illegale Megaupload, proprietario di una villa da 18 milioni di dollari.
Tanta tolleranza non è riuscita ad abbracciare le posizioni anti matrimoni
gay di Eich, rimosso per un’opinione
personale non consona al clima della
Valle. Il giornalista Andrew Sullivan,
omosessuale e repubblicano, ha denunciato come illiberale l’atteggiamento di
Mozilla — «La decisione mi ha disgustato — ha scritto su The Dish —, e dovrebbe disgustare tutti quelli che credono in una società aperta e basata sulle
diversità», mentre il New York Times si
è interrogato sulla natura del progressismo targato Silicon Valley. Tuttavia Mozilla ha ribadito che crede «nella diversità e nella libertà di parola». Conservatori esclusi?
Serena Danna
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D
ue anni e mezzo fa Ehud Barak
prediceva: «I giorni di Bashar Assad sono contati». Sei mesi dopo
Barack Obama dava al leader siriano poche settimane. Da allora
il ministro della Difesa israeliano è andato in
pensione, passeggia ogni mattina sulla
spiaggia di Tel Aviv con il labrador Spinee,
mentre il presidente americano ha ridimensionato la già scarsa voglia di lasciarsi trascinare in un’altra guerra mediorientale.
Più realistiche — di un realismo disperato
— sembrano le previsioni di una donna sciita che è fuggita dall’assedio dei miliziani a
Sayida Zeinab, dove la periferia di Damasco
diventa campagna. Spera che il figlio possa
entrare nell’esercito governativo e combattere gli insorti sunniti quando compirà 15 anni. Nel 2027. Lo proclama ad Anne Barnard
del New York Times che scrive del suo recente viaggio nella capitale siriana e racconta di
come il rumore del traffico abbia soppiantato il rimbombo costante delle esplosioni. Sono diminuiti di intensità i colpi di artiglieria
che dalla cima del monte Qassiun bersagliano le posizioni dei ribelli asserragliati nei palazzoni grigi dei sobborghi.
La calma è apparente (a Damasco ieri un
proiettile di mortaio ha ammazzato due persone vicino al teatro dell’Opera) ed è stata
imposta con le operazioni militari delle
truppe lealiste appoggiate dagli Hezbollah
libanesi, il movimento sciita filo-iraniano.
Quartieri accerchiati dove neppure il pane
può entrare (e tantomeno i civili uscire), raid
incessanti con quelle che vengono chiamate
«botti bomba» sganciate dagli elicotteri a
pochi metri dai tetti, arresti di massa degli
oppositori.
È questa calma apparente che permette ad
Assad e al suo clan di proiettare un arrogante
senso di normalità. La decisione del parlamento sulla nuova legge elettorale presidenziale per garantire al capo il terzo mandato (i
siriani — chi di loro ci riuscirà — dovrebbero votare prima dell’estate). L’annuncio della
creazione di un’agenzia spaziale (con macabra ironia da parte del regime, i razzi per ora
sono quelli che cadono sulle città). Le foto
pubblicate dal leader su Instagram: in riu-

Anche gli americani
sembrano accettare l’esito
in cui cinesi e russi hanno
sempre sperato: Assad
può restare al potere
nione con i ministri del governo, a una manifestazione di esultanti sostenitori, in visita a
una scuola. Come se dalle proteste pacifiche
del marzo 2011 i morti non fossero cresciuti
fino a 150 mila (le Nazioni Unite hanno smesso di contarli per mancanza di fonti indipendenti), come se i siriani rimasti senza casa
non fossero 9 milioni: 2 milioni e mezzo
scappati nei Paesi confinanti, la maggior
parte rifugiati in patria, dispersi in quella
che era la loro nazione.
Gli europei e gli americani sembrano ormai accettare l’esito che i cinesi e i russi hanno sempre pensato/sperato: «Bashar può restare al potere». Anche se dovesse dominare
un territorio frammentato, vulnerabile agli
attacchi di una guerriglia quasi permanente.
Le milizie ribelli sono ancora in grado di colpire Damasco, nelle province a Nord spadroneggiano gli estremisti islamici e l’esercito
non riesce ad avanzare, a Sud — dove tutto è
cominciato con le manifestazioni nella città
di Deraa — gli insorti hanno conquistato poche settimane fa il carcere del distretto,
un’importante vittoria simbolica.
Bashar può restare al potere ma sembra
probabile che si avveri il calcolo della madre
scappata da Sayida Zeinab. Fra 13 anni suo figlio dovrà ancora combattere.
@dafrattini
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Corriere della Sera Lunedì 7 Aprile 2014
35
italia: 52495258535051
Lettere al Corriere
LE MOLTE PREVISIONI SBAGLIATE
SUI RISULTATI DELLE ELEZIONI TURCHE
Risponde
Sergio Romano
Sono rimasto stupito dalla
nota sul reprobo Erdogan. Il
suo giudizio abitualmente
corretto ed equilibrato mi è
parso lasciare il posto a
espressioni forti e trancianti,
quasi da persona schierata e
moralista
Osmano Roveda
osmanoroveda@
hotmail.it
Caro Roveda,
uppongo che lei si riferisca al passaggio di un articolo sulla Turchia (Corriere del 27 marzo) in cui ho
scritto, prima delle elezioni,
che «il nuovo Sultano» era
«ferito, forse azzoppato».
«Ferito» mi sembra ancora la
parola che può meglio spie-
S
TETTO ALLE RETRIBUZIONI
Manager pubblici
Caro Romano, trovo
demagogico e inopportuno il
provvedimento del governo
Renzi di abbassare i
compensi dei manager
pubblici fissandone il tetto in
base
allo stipendio del primo
presidente della Corte di
Cassazione. E tutto ciò alla
faccia della tanto sbandierata
meritocrazia! Ritengo infatti
che non possono paragonarsi
le responsabilità di un
manager che amministra
milioni di euro e gestisce
centinaia di dipendenti con
quelle di un presidente di
Cassazione che — pur con il
dovuto rispetto — è un
dipendente «tout court»
dello Stato e che non è né
amministrativamente né
economicamente responsabile
delle sue decisioni. I manager
pubblici, invece, sono
responsabili del successo
delle aziende da loro guidate e
delle eventuali ripercussioni
negative sui loro dipendenti.
Mi sembra giusto che i loro
compensi debbano essere
calcolati in base ai risultati
positivi conseguiti ed ai
benefici sociali apportati.
Domenico Agostini
[email protected]
Le lettere, firmate con nome, cognome e città, vanno inviate a:
«Lettere al Corriere» Corriere della Sera
via Solferino, 28 20121 Milano - Fax al numero: 02-62.82.75.79
gare le rabbiose reazioni alla
campagna contro la sua persona nelle settimane precedenti e l’ammonimento («saranno puniti») che ha lanciato al Paese dopo la vittoria.
«Azzoppato», invece, è chiaramente sbagliato. Nonostante il testa a testa fra i due candidati di Ankara e, forse,
qualche irregolarità nelle
procedure di voto, Erdogan
ha riportato una indiscutibile
vittoria. L’errore non è soltanto mio, ma è certamente un
errore, e occorre cercare di capire perché sia stato commesso. Credo che le ragioni siano
almeno due.
In primo luogo abbiamo
applicato alla crisi i criteri
astratti dell’ortodossia demoOccorre riconoscere che
non è facile, soprattutto per
uno Stato, decidere le retribuzione di uomini e donne sulla
base del merito. Il criterio apparentemente più obiettivo,
da usare come termine di giudizio, diventa così quello della
gerarchia e della anzianità.
Forse il vero errore in questa
vicenda è quello di applicare,
a imprese che devono operare
sul mercato, misure strettamente burocratiche. Naturalmente questo non sarebbe accaduto se molti dirigenti e
amministratori delegati non
avessero dato l’impressione,
come ha detto di Putin la cancelliera Merkel, di vivere in un
altro mondo.
DAL MESE DI MAGGIO
Quegli 80 euro in più
È sempre più forte il rischio
che gli 80 € che ci entreranno
nelle buste paga in maggio ci
usciranno poi come costi
La tua opinione su
sonar.corriere.it
Giovanni Toti (Forza
Italia): l’abbraccio
con Matteo Renzi
ci sta distruggendo.
Siete d’accordo?
cratica: se vi è corruzione, il
popolo non può che essere
indignato e severo. Abbiamo
dimenticato che l’elettore fa le
sue scelte sulla base di considerazioni non sempre razionali. Prova sentimenti di simpatia e antipatia, è attratto
dallo stile di un candidato e
respinto da quello di un altro,
perdona i peccati della persona che ispira la sua fiducia,
vota Tizio per impedire la vittoria di Sempronio. Non può
sorprendersi del trionfo di
Erdogan l’italiano che ha assi-
stito alla lunga parabola di
Silvio Berlusconi nel corso di
due decenni; non può sorprendersene il francese che
assiste al ritorno in scena di
Nicolas Sarkozy nonostante i
sospetti sulla provenienza del
denaro che ha finanziato le
sue campagne elettorali.
In secondo luogo abbiamo
sottovalutato l’importanza di
una Turchia profonda, soprattutto anatolica, che è
molto grata a Erdogan per la
sua politica sociale, per il sostegno fornito alla piccola e
media industria, per la lunga
crescita del Paese negli anni
del suo governo, per la riforma sanitaria e il considerevole miglioramento del livello
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si continuerà su questa
strada potrà venire il dubbio
che quello di Renzi sulla
evasione fiscale sia una
forma di «silenzio-assenso».
aggiuntivi sotto forma di tagli
ai servizi. Sarebbe l’ennesima
occasione persa perché a
pagare la crisi non siano i
soliti noti, ovvero i lavoratori
dipendenti e i pensionati,
quelli che non possono
scappare alla tagliola del
fisco perché l’Irpef è
trattenuta direttamente alla
fonte, ogni mese, busta paga
o pensione che sia. C’è poco di
sinistra e di nuovo in tutto
questo. E su evasione fiscale,
lavoro nero e concorrenza
sleale continua un
preoccupante silenzio del
governo Renzi: infatti su
questo terreno segnali di
«cambiare verso» non si
vedono, con il forte rischio di
un regalo fatto alle imprese
che lavorano (e sfruttano le
persone) fuori dalle regole. Se
Claudio Gandolfi, Bologna
PARADOSSI / 1
Cani e pesci
In Francia un giudice si è
messo in testa di far deporre
un Labrador che sarebbe stato
testimone di un omicidio.
Risultato: fiasco totale.
Siccome l’India continua a
prenderci in giro, quando
avranno esaurito le scuse e
tutti i rinvii possibili, non è
da escludere che la Corte
suprema indiana decida di
chiamare a testimoniare pesci
e cetacei che incrociavano in
quelle acque all’epoca dei
fatti. Prevedo che i pesci,
proverbialmente, faranno
scena muta...
SUL WEB Risposte alle 19 di ieri
Sì
di vita. Gli è grata, incidentalmente, anche perché Erdogan
è musulmano, vuole restaurare le antiche tradizioni, non
guarda il popolo dei fedeli
dall’alto in basso come l’intellighenzia laica di Istanbul e di
Smirne. Il fatto che sia autoritario, irritabile e intollerante
non è considerato un difetto,
ma, in alcune circostanze,
una qualità. Paradossalmente
Erdogan è ammirato e rispettato nel suo Paese con sentimenti molto simili a quelli di
cui beneficiò Kemal Atatürk
quando creò la Turchia moderna. Kemal era laico, Erdogan è musulmano. Ma il brusco stile dei loro governi è
molto simile.
29
No
71
Teodoro Lascella
[email protected]
La domanda
di oggi
Il ministro Maria Elena
Boschi: avanti con
le riforme anche
senza Forza Italia.
Ce la faranno?
PARADOSSI / 2
Salario minimo
È stato approvato il decreto
legge che prevede di non
penalizzare con il carcere chi
venga condannato a pene non
superiori ai quattro anni e chi
abbia la fedina penale pulita.
Leggo che si vorrebbe attuare
in tempi ristretti una legge
per l’introduzione del salario
minimo pena il carcere per chi
non rispetterà la legge. Della
serie: non sappia la mano
destra quello che fa la mano
sinistra!
Graziano Nadali
Tolmezzo (Ud)
FORZE DELL’ORDINE
Uso dei cellulari
La passione per cellulari e
smartphone ha contagiato
anche tanti componenti delle
pattuglie delle forze
dell’ordine. Costoro di
frequente, mentre sono in
servizio,armeggiano sui tasti.
Vigilanza e prevenzione sono
servizi incentrati sulla
osservazione a 360 gradi del
territorio, ma se gli occhi degli
addetti sono troppo puntati
sui display l’attività ne
risente e i risultati pure.
Alessandro Prandi
alessandro.prandi51@
gmail.com
Interventi & Repliche
Difendere i prodotti «made in Italy»
Bpt incamerati da Bankitalia
L’Aquila: le parole di Paolo Aielli
A proposito della lettera «Più birra meno
vino, nelle abitudini degli italiani»
(Corriere di ieri), chi scrive non sembra
preoccupato. Io, al contrario lo sono,
primo perché il nostro vino, apprezzato in
tutto il mondo, è una grande risorsa, poi
registra un calo colturale nel gusto della
buona cucina.Che si può fare?
Bisognerebbe far conoscere a tutti quanti
tipi di vino produciamo e che ognuno si
sposa con specifici piatti. La lettera
termina ricordando che la birra ha un
grado alcolico inferiore, io invece ricordo
che chi beve birra ne beve il doppio e i
conti si pareggiano.
In una intervista (Corriere, 23 marzo), il
presidente di Coldiretti ha affermato che
la legge del gennaio 2011 sulla
etichettatura dei prodotti alimentari
aveva generato molte aspettative,
perché poteva fermare inganni del finto
«made in Italy» sugli scaffali dei
supermercati: dal concentrato di
pomodoro cinese, all’olio tunisino, dai
prosciutti italiani ottenuti con suini
allevati all’estero, alla pasta «made in
Italy» prodotta con grano di oltre
confine. Purtroppo, quella legge, a
tutt’oggi, non ha avuto i decreti attuativi.
Ecco un settore su cui si dovrebbe
concentrare l’intervento del governo !
Nel 1988 ho consegnato alla Tesoreria
dello Stato di Milano 2 milioni di lire in
Bpt come cauzione per la licenza di un
agenzia d’affari e l’anno scorso ho
raccolto la documentazione necessaria
allo svincolo della stessa e ottenere la
restituzione della somma. Ieri ho ricevuto
una comunicazione dalla Ragioneria dello
Stato, la quale mi comunica che i miei
titoli nel frattempo sono scaduti,
prescritti e incamerati dalla Bankitalia.
Capisco che l’ignoranza non è ammessa,
ma mi chiedo: non sarebbe doveroso da
parte dell’ufficio competente avvisare
l’interessato prima di appropriarsi del suo
denaro affidato in custodia?
Mariella Mercalli,, Milano
Giuliana Valle, [email protected]
Nell’articolo «”Abbiamo commesso
errori e ritardi ma L’Aquila non è una
città morta”», pubblicato ieri a pagina
20, per un salto tipografico sono
scomparse le virgolette a una frase di
Paolo Aielli, direttore dell’Ufficio
Ricostruzione dell’Aquila. La frase
corretta è: «A 5 anni dal sisma solo un
migliaio di abitanti del centro storico
sono riusciti a tornare nelle loro case e
molti non hanno utenze e servizi»,
sostiene Aielli. I cittadini dicono invece
che nessuno è ancora rientrato. «Nella
ex zona rossa – aggiunge Aielli – in
effetti abitano in qualche decina. Ma
era una scelta».
Ci scusiamo.
© 2014 RCS MEDIAGROUP S.P.A. DIVISIONE QUOTIDIANI
DEL LUNEDÌ
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Fulvio Conti, Luca Garavoglia,
Attilio Guarneri, Piergaetano Marchetti,
Laura Mengoni
DIRETTORE GENERALE DIVISIONE QUOTIDIANI
Alessandro Bompieri
Particelle elementari
di Pierluigi Battista
Stato intransigente
ma non con tutti
M
a sì, che lo Stato mostri la faccia più feroce che
ha, con questi guerrieri alticci che delirano sull’indipendentismo veneto. Che si smantelli
senza pietà il loro Tanko di ferraglie e cartone.
Ben vengano le retate per questi bulli veneti
che si preparano al telefono per piani secessionisti, armati di
qualche eventuale pistola di provenienza albanese. Nessuna
indulgenza: tutti in galera, e il loro capo in cella d’isolamento. Massima intransigenza. Massima inflessibilità. Si aspetta
il sequestro dei fiaschi di vino con cui gli indomiti combattenti di San Marco innaffiano le loro fantasticherie eversive.
Lo Stato non fa sconti, con nessuno.
Anzi, con qualcuno sì. Certo, è poco credibile lo Stato che
si fa severamente arcigno con le cartelle Equitalia, ma non sa
onorare i suoi debiti con le imprese che hanno lavorato per le
amministrazioni pubbliche e che da anni non ricevono il dovuto. Però bisogna far rispettare la legge: giusto. Bisogna che
si sappia che è inammissibile costruire ridicoli e innocui carri armati in garage: giusto. Non bisogna guardare in faccia a
nessuno, nemmeno a quella rubizza di qualche veneto sfessato che insegue sogni di indipendenza, come i mattocchi
del villaggio. Bisogna dare una lezione esemplare. Almeno
con questi veneti rozzi e impresentabili. Perché se invece hai
l’espressione sexy degli okkupanti abusivi del Teatro Valle a
Roma, se viene coinvolto qualche attore figo e un sacco di sinistra, allora puoi permetterti
di appropriarti all’infinito di un
bene pubblico, farne quello che
vuoi senza renderne conto a
nessuno, non pagare le bollette
Severi con gli
che tanto a pagare ci pensa il
eversori veneti,
Comune, evadere tranquillamente i contributi Siae facendo
tolleranti
sleale a chi paga le
con gli okkupanti concorrenza
tasse e rispetta la legge, addiritdel Valle a Roma tura accompagnare alla porta i
funzionari della Digos che si
sono presentati e hanno dovuto
alzare i tacchi per non disturbare gli artisti creativi che si sono impossessati con la sopraffazione di un «nostro» teatro.
Non hanno capito, quei veneti avvinazzati che si parlano al
telefono come tante comparse della commedia dell’arte, che
l’intransigenza dello Stato è a velocità variabile: velocissima
con gli sfigati, lentissima con chi gode di amicizie, considerazione, appoggi politici nella giunta di Roma, solidarietà di
clan. A volte la legge va fatta rispettare fino alle estreme conseguenze, con la cella di massimo isolamento per il capo dei
guerrieri. A volte no: meglio non apparire come biechi oppressori che vogliono soffocare la libera creatività e la genialità artistica di artisti che parlano come un volantino stampato, con il linguaggio legnoso, arido e incolto appreso e digerito «ner movimento». Fanno la faccia feroce in Veneto, tra i
guerrieri alticci di San Marco, che è tanto facile. Occupano
un teatro storico e nessuno osa eccepire, controllare. La
prossima volta lascino perdere il Tanko. Si muniscano di un
attore alla moda. È più efficace.

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Bozzetto
Il consumo di vino e birra
Vittorio Mochi
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PREZZI: *Non acquistabili separati, il venerdì Corriere della Sera + Sette € 1,90 (Corriere €
1,40 + Sette € 0,50); il sabato Corriere della Sera + IoDonna € 1,90 (Corriere € 1,40 + IoDonna € 0,50). A Como e prov., non acquistabili separati: m/m/g/d Corsera + Cor. Como €
1,20 + € 0,20; ven. Corsera + Sette + Cor. Como € 1,20 + € 0,50 + € 0,20; sab. Corsera + IoDon-
na + Cor. Como € 1,20 + € 0,50 + € 0,20. In Campania, Puglia, Matera e prov., non acquistabili separati: lun. Corsera + CorrierEconomia del CorMez. € 0,93 + € 0,47; m/m/g/d
Corsera + CorMez. € 0,93 + € 0,47; ven. Corsera + Sette + CorMez. € 0,93 + € 0,50 + € 0,47;
sab. Corsera + IoDonna + CorMez. € 0,93 + € 0,50 + € 0,47. In Veneto, non acquistabili
separati: m/m/g/d Corsera + CorVen. € 0,93 + € 0,47; ven. Corsera + Sette + CorVen. € 0,93
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Alto Adige, non acquistabili separati: m/m/g/d Corsera + CorTrent. o CorAltoAd. € 0,93 +
€ 0,47; ven. Corsera + Sette + CorTrent. o CorAltoAd. € 0,93 + € 0,50 + € 0,47; sab. Corsera +
IoDonna + CorTrent. o CorAltoAd. € 0,93 + € 0,50 + € 0,47. A Bologna e prov. non acquistabili separati: m/m/g/d Corsera + CorBo € 0,62 + € 0,78; ven. Corsera + Sette + CorBo €
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prov. non acquistabili separati: l/m/m/g/d Corsera + CorFi € 0,62 + € 0,78; ven. Corsera +
Sette + CorFi € 0,62 + € 0,50 + € 0,78; sab. Corsera + Io Donna + CorFi € 0,62 + € 0,50 + €
0,78.
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Benedetta” € 9,39; con “La trasparenza a Tavola” € 2,40;con “La grande cucina italiana” € 11,30; con “Manara, maestro dell’Eros” € 12,39; con “Holly e Benji” € 11,39; con “Il giovane Montalbano” € 11,39; con “Luigi Pirandello. Romanzi, novelle e teatro” € 9,30; con “English da Zero” € 12,39; con “Biblioteca della Montagna” € 10,30
39
Corriere della Sera Lunedì 7 Aprile 2014
Spettacoli
Box office Usa
«Captain America», debutto da record: 96,2 milioni di dollari
Captain America: il soldato d’inverno, sequel
Disney del kolossal con Chris Evans nei panni
del supereroe, travolge il box office Usa: con 96
milioni di dollari è il film che realizza il
maggior incasso di sempre in aprile,
superando gli 86,2 milioni di Fast & Furious 5
(2011). Secondo Noah (17 milioni contro i 44
del debutto), seguito da Divergent (13 milioni).
Le stelle
Piccola patria
Il percorso di ricatti e vendette
di due giovani ragazze e di un
immigrato albanese nel Nordest
Yda evitare YYinteressante
YYYda non perdere YYYYcapolavoro
In arrivo
Il film scava nelle
tensioni sociali di chi
ha perso ogni speranza
Ottimo il cast,
illuminato dalle due
protagoniste, al loro
esordio nel cinema
di PAOLO MEREGHETTI
B
asterebbe la lettura dei giornali di questi giorni, con il
bulldozer trasformato in carro armato e nascosto nel capannone dietro casa, per
convincersi che il quadro raccontato
da Alessandro Rossetto non è per
niente esagerato né tanto meno irrealistico: la «piccola patria» del Nordest
cova risentimenti e rabbie, incuba
umori e sogni (o paure) che rischiano
di trasformarsi in detonatori. E i suoi
abitanti sembrano aver perso ogni
senso del limite, incapaci di capire dove e quando fermarsi prima
che la tragedia
diventi irrepaIl film
rabile. Per quedel
sto la forma cinematografica
Mereghetti
del noir sembra
per una volta davvero l’unica capace di
raccontare la tensione e il rischio che
si annidano nel quotidiano.
Per una volta liberato da ogni zavorra letteraria o dai giochini risaputi di
chi affida alla memoria cinematografica la voglia di raccontare situazioni a
rischio (magari con qualcuno convinto di potere imitare Bogart o Mitchum), il percorso di ricatti, rabbie e
vendette che Rossetto ha creato insieme a Caterina Serra e Maurizio Braucci funziona alla perfezione per restituire allo spettatore la tensione che una
situazione socialmente esplosiva rovescia addosso ai suoi abitanti. E senza bisogno del delitto, dell’indagine
poliziesca o della figura rassicurante
Amiche
Da sinistra, Roberta Da Soller (30
anni) e Maria Roveran (24) nel film
«Piccola patria»
Risentimenti, ricatti, sete di denaro
Il volto del Nordest oltre la morale
Rossetto racconta con forza un viaggio antropologico
dell’investigatore privato: il noir di
Piccola patria è il nero assoluto di chi
ha perso ogni speranza o remora morale, di chi rumina dentro di sé la propria insoddisfazione fino a farla
esplodere, di chi pensa che solo i soldi, i schèi, possano essere risolutivi.
E proprio dai soldi prende l’avvio il
film, soldi ottenuti facendo commercio del proprio corpo ma in modi contorti, ricattatori, in parte accondiscendendo in parte ribellandosi: è la tecnica che Renata (Roberta Da Soller) usa
con Rino (Diego Ribon), disposto a
pagare per soddisfare una sessualità
complessata e repressa. E disposto
Esce «Caustic Love»
Nutini: adesso canto il sistema moda
Dopo cinque anni torna Paolo Nutini (27 anni,
foto). Il 15 aprile il cantautore scozzese pubblicherà
«Caustic Love», album dal cuore soul. Nel disco c’è
anche «Fashion», duetto con Janelle Monáe: «È un
pezzo sul sistema della moda. Mi è venuto
pensando alla mia ex che ci lavorava e a Miley
Cyrus. Non sono contro la moda, ma bisogna stare
attenti a come influenza le ragazzine», ha detto ieri
a Milano. Nutini sarà in tour in Italia a luglio: il 16 a
Genova, il 17 a Piazzola sul Brenta, il 19 a Roma.
per questo anche a farsi coinvolgere
— sempre tramite Roberta — nei giochi amorosi di Luisa (Maria Roveran)
che usa l’inconsapevole Bilal (Vladimir Doda) come «esca» per il voyeurismo dell’uomo (lei fa l’amore con il ragazzo bendato e accetta la presenza silenziosa di Rino). Quello che il «terzo
incomodo» non sa è che le due amiche lo stanno fotografando per un ricatto che permetta loro di lasciare
quella soffocante «piccola patria» e
iniziare una nuova vita altrove, lontane dai condizionamenti che sembrano venir loro dalla famiglia, dal lavoro,
dall’ambiente ottuso e bigotto.
Tutto questo Rossetto lo racconta
con un occhio fortemente partecipe,
che sfrutta i propri precedenti documentaristici per restituire allo spettatore un tessuto dove notazioni sociali
e ritratti antropologici si fondono per
trovare uno nell’altro la propria spiegazione e giustificazione. L’ambiente
contraddittorio e deturpato dove alberghi ultramoderni sono circondati
da abitazioni rurali, capannoni di-
Autore
Documentarista
Alessandro Rossetto (51 anni, a
sinistra) è laureato in Antropologia
culturale. Documentarista,
produttore e sceneggiatore,
ha girato «Il fuoco di Napoli»
e «Bibione Bye Bye One».
«Piccola patria» è il suo primo film
smessi e cascine semiabbandonate; le
ovvietà e le banalità dei discorsi in libertà, tra amici o a folcloristici raduni
politici (ma le immagini della kermesse di Indipendenza Veneta sono assolutamente autentiche); il chiuso delle
case dove il quotidiano nasconde tensioni o ambiguità (Rino che ruba i soldi dal portafogli della sorella, convinto di poterla «ricattare» con un affetto
ai limiti dell’incesto); tutto questo aiuta a delineare l’atmosfera in cui le due
ragazze pensano di costruire il loro ricatto ma anche a capire come le persone coinvolte — Rino e poi il rabbioso padre di Luisa, Franco (Mirko Artuso) — possono diventare all’improvviso incontrollabili e pericolosi.
Anche se a un certo momento l’affetto per l’incolpevole Bilal spingerà
Luisa a ripensare al suo piano (scatenando la rabbia e la vendetta dell’amica che si sente tradita), il film non
vuole assolvere nessuno. L’immoralità degli uomini, convinti di poter usare i soldi per permettersi tutto fa il paio con l’amoralità delle ragazze, disposte a usare i loro corpi e la loro sessualità senza nessuna remora. E alla fine
il film non ha compassione nemmeno
per la madre di Luisa, una specie di
«madonna dolorosa», schiacciata tra
la rabbia del marito, l’indifferenza della figlia e il peso di un quotidiano
stentato e senza speranza, che Lucia
Mascino rende con misura e partecipazione commovente. Così come non
ha una sbavatura tutto il
cast, illuminato dalla prova delle due protagoniste
entrambe esordienti.
Certo, a volte il film
sembra cercare un po’
troppo l’effetto «arty»,
con i suoi commenti musicali in forma di cantata
sacrale (che parlano di
estati senza ombre, piazze
senza pace e prati senza
fiori) o con un montaggio che sembra
compiaciuto della propria ellitticità,
ma sono piccoli difetti che passano in
secondo piano di fronte alla forza
complessiva di questo viaggio antropologico dentro un mondo che sembra lontano ma che può prendere forma all’improvviso in ognuno di noi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Danza Il coreografo spagnolo Victor Ullate porta a Milano il suo spettacolo sulla musica di Ravel: «Un gioco sensuale tra due amanti»
Il «Bolero» entra in un cabaret degli anni Venti
«C
redo che ciascuno
venga al mondo
co n u n co m p i to
preciso. Il mio è formare ballerini che abbiano un segno particolare. Mi piace mettermi
dentro di loro ed estrarre il
meglio, aiutandoli a proiettare
in scena il talento. L’ho imparato da Maurice Béjart». Tra i
pigmalioni della danza, il coreografo spagnolo Victor Ullate, 66 anni, è ancora attivissimo nello sfornare giovani promesse destinate a diventare
stelle: la lista del passato è lunga, da Tamara Rojo ad Angel
Corella.
Gli ultimi «nati» sono i ventenni Marlen Fuerte, cubana, e
Josué Ullate, figlio dello stesso
Victor, «artista rivelazione sulla scena contemporanea» al-
Stelle Marlen Fuerte e Josué Ullate, entrambi 20enni, in «Bolero»
l’ultimo Premio Positano. Sulla sensualità giovane e graffiante di Josué e Marlen, Ullate
ha modellato il suo caliente
Bolero in arrivo per la prima
volta in Italia, in versione integrale, al Teatro Manzoni di Milano dal 9 al 13 aprile.
Ambientato in un cabaret
dei ruggenti anni Venti (epoca
cui risale la celebre partitura
in crescendo di Ravel), il balletto esalta l’esplosivo binomio maschile-femminile: «Il
mio Bolero ruota intorno a una
coppia di amanti: il desiderio
che li avvince è amplificato dai
clienti seduti nel cabaret —
spiega Ullate —. La sensualità
di cui è intrisa la musica di Ravel ti avvolge e ti prende come
una droga che chiede sempre
di più. Nel finale è inevitabile
che il pubblico si alzi in piedi».
Tra le giovani stelle della
compagnia madrilena di Ullate, oggi diretta dal fido Eduardo Lao, c’è pure un ventiduenne di Catania, Cristian Oliveri,
diplomato alla Scuola della
Scala. L’incandescente fusione
di classico, contemporaneo,
folclore (appreso dal grande
Antonio Ruiz Soler) è la matrice stessa dello stile Ullate e riflette il paradosso artistico di
La vedova
Courtney Love: ogni giorno penso a Cobain
A vent’anni dalla morte di Kurt Cobain (1967 – 1994), il leader
dei Nirvana suicidatosi con un colpo di fucile, la vedova Courtney
Love, sposata con lui dal 1992 al 1994, ha rivelato alla rivista
musicale Nme di «pensare ogni giorno al marito». «La morte di
Kurt — ha detto Hole — è stato il colpo più basso». Aggiungendo
poi che commemorerà in privato la data: «È una cosa solo mia.
Mi rende ancora triste che sia successo. Ogni singolo giorno».
questo spagnolo costretto,
nella propria terra, a cercare
radici diverse. «Da bambino
— racconta — volevo diventare un ballerino di flamenco,
ma nella mia città natale, Saragozza, c’era solo la scuola di
danza classica diretta da Maria
De Avila. Ero l’unico maschio
in una classe di femmine, all’inizio fu durissima». A 17 anni, poi, l’incontro del destino:
Maurice Béjart lo ingaggiò a
Bruxelles nel suo leggendario
Ballet du XX Siècle. «Non sapevo una parola di francese —
ricorda il coreografo —, ma la
compagnia era in auge e aveva
ballerini meravigliosi come
Jorge Donn, mio coetaneo. E
Béjart era un genio, fu un privilegio guardarlo creare».
Al compianto Béjart, con il
quale lavorò per 14 anni, Ullate
dedica l’intenso omaggio
Après Toi.
Valeria Crippa
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Spettacoli 41
Corriere della Sera Lunedì 7 Aprile 2014
Debutto
Applausi e un
paio di «buu» per
«La carriera di un
libertino» a Lipsia
In giugno
alla Fenice
Al centro,
il basso-baritono
finlandese
Tuomas Pursio
in «La carriera di
un libertino» di
Igor Stravinsky.
La première
dell’opera è
andata in scena
a Lipsia con la
regia di Damiano
Michieletto.
Il 27 giugno
arriverà alla
Fenice di Venezia
DAL NOSTRO INVIATO
LIPSIA — Pregustando lo
scandalo, lo staff della Fenice ha
aspettato con curiosità e timore
la reazione del pubblico tedesco
alla scena del bordello (prevista
da Stravinsky), così come l’ha apparecchiata Damiano Michieletto, ambientandola in una piscina
tra amplessi mimati, coristi e figuranti fanno l’amore in due, in
tre, un’orgia in piena regola, ma
si resta in mutande e giarrettiere
senza troppe nudità. «Mi hanno
chiesto di non esagerare», sorride ironico il regista. The Rake’s
Progress (La carriera di un libertino) ha sfiorato i dieci minuti di
applausi, più due buu a cui Michieletto ha risposto con un bacio. Il giovane regista d’opera italiano, dopo La Bohème del 2012 a
Salisburgo, ha messo la freccia
ed è richiesto più di un cantante
lirico, ha progetti fino al ‘19, Londra e Parigi, Amsterdam e Berlino, il Met e Madrid. La Scala è
l’unico teatro italiano, a parte Venezia dove il 27 giugno (con un
diverso cast) arriverà questo Stravinsky neoclassico in versione
hot, che non ha alcun rimando
alle incisioni di Hogarth da cui
tutto muove.
Quello di Lipsia è un teatro
strano, dapprima culla delle
regìe concettuali con Peter
Konwitschny, poi il rifiuto del
pubblico e il tuffo indietro (inconsueto in Germania) verso la
tradizione. Michieletto è il tentativo di tornare a uno sguardo moderno, benché la sua visione incline a un’idea di narrazione forte
Stravinsky in piscina
L’eros diventa libertà
La rilettura di Michieletto
«E non dovevo esagerare»
Regista Damiano Michieletto (39)
sbatta con le pretestuosità tedesche del regietheater: «Per me
è importante raccontare una storia, con un linguaggio teatrale
che ti coinvolga e ti stupisca».
Questo è il viaggio di Tom e di Nick, «nomi quasi da cartone animato». Tom è uno scapestrato
che ha ereditato un bel gruzzolo e
non vede l’ora di dissiparlo; Nick
è il diavolo che gli presenterà il
conto. Ironia e tragedia, è un
viaggio interiore verso l’ignoto,
dalla lussuria alla disperazione,
la perdita delle illusioni. Lo spet-
tacolo, diretto da Anthony Bramall, comincia in un sereno ambiente domestico campestre, un
barbecue accompagnato dalla
musica che è quasi una pastorale
e che presto assorbirà ogni forma
strumentale e citazioni d’opera.
Il libertino oggi è ascritto alla
sola sfera erotica: Michieletto
rende Tom (unica concessione al
gusto tedesco: il calzino corto)
una vittima della sua ansia di libertà e della sua inquietudine.
Tom viene visto in parallelo a Nick, che di cognome si chiama
Shadow, Mr Ombra. Il diavolo
non veste Prada ma cambia continuamente costume e anima,
postino, cardinale che celebra le
nozze tra Tom e Baba la turca,
chef che suona il violino (geniale
invenzione diabolica paganiniana). Le prostitute del bordello sono visualizzate nella piscina, ricoperta di monete d’oro (la mercificazione del denaro) e sovrastata da enormi scritte al neon
con i sette vizi capitali, a sottolineare l’eccesso: sono in latino per
dare un tono epico e per un
omaggio alla lingua che a tratti
usò Stravinsky; poi, rovesciate,
diventano una gabbia arrugginita. Allo stesso modo, nell’idea
dello spazio come metafora del
viaggio, le pareti della piscina si
alzano e diventano quelle lerce
del manicomio in cui Tom finirà i
suoi giorni. Michieletto, conquistata Lipsia, teme La Fenice? «No,
l’importante è essere coerenti
con un progetto e le proprie idee,
per certi versi la partecipazione
con la foga mi piace».
Nel disco «Piccolo universo»
Ylenia, la voce che unisce
i sogni alle radici del Sud
D
a una parte la collaborazione con Gino De Crescenzo
(in arte Pacifico), dall’altra quella con la pianista
Giulia Mazzoni, e in mezzo il suo mondo. Anzi, il suo
«Piccolo universo», come recita il titolo dell’album
d’esordio di Ylenia Lucisano, 24 anni e una voglia di far
sentire l’anima più che la gola. Non a caso di lei Pacifico
dice: «Ylenia “canta” i testi. Le parole non la disturbano, si
capiscono. Non ha fretta di liberare la voce, di raggiungere
l’acuto. Lei sente il testo, e il suo impegno più che
mostrare la voce è scandire e comunicare». E per
comunicare le sue emozioni, la cantautrice nata in
Calabria ha scelto di dividersi tra il pop e il folk, dieci
brani che raccontano sogni, speranze e tradizioni di
questa ragazza che vive a Milano e
che per pagare l’affitto e le bollette
di casa lavora come receptionist in
un centro benessere. Lei però è
sicura che arriverà il suo
momento, che potrà finalmente
lasciare la «spa» e dedicarsi
esclusivamente alle sue canzoni:
«L’unica cosa che voglio fare,
anche perché è uno dei pochi
modi che ho di dare forma ai miei
pensieri». Che, a dispetto della
sua giovane età, sono perlopiù
gonfi di malinconia: «La felicità
Pop e folk
mi crea disagio. Dalle difficoltà
Ylenia Lucisano
riesco a ricavare più linfa. Mi
(24), cantautrice
piace crollare per poi rialzarmi».
di origini calabresi
Era così anche da piccola, quando
con il papà Carlo alla chitarra si
esibiva nei pianobar o ai matrimoni. Il cd «Piccolo
universo» (che è anche il titolo del brano da cui è stato
tratto il video visibile da oggi su Corriere.it) è per Ylenia il
«punto di equilibrio, la sospensione dalla vita reale, la
dimensione in cui ritrovo me stessa per come voglio
essere, senza filtri. Con le ingenuità e gli entusiasmi tipici
della mia età». Lei, «una sognatrice proiettata verso il
futuro, ma legata alle tradizioni», nel disco (che esce il 15
aprile) dà il meglio di sé nei brani cantati in dialetto
calabrese («per ringraziare la mia terra»): «A mot e luna» e
«Jett ‘u sal». Nell’album c’è anche un pezzo,
«Riscoprirmi», che parla di autoerotismo: «Per me è un
atto di libertà e d’amore, che aiuta non solo ad ascoltare il
proprio corpo, ma soprattutto il cuore e la mente».
P. El.
Valerio Cappelli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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43
Corriere della Sera Lunedì 7 Aprile 2014
Sportlunedì
Impresa Italia
in Davis
semifinale
conquistata
Serie A
ATALANTA-SASSUOLO
CAGLIARI-ROMA
CATANIA-TORINO
CHIEVO-VERONA
FIORENTINA-UDINESE
Classifica
32a giornata
0-2
1-3
1-2
0-1
2-1
GENOA-MILAN
INTER-BOLOGNA
JUVENTUS-LIVORNO
LAZIO-SAMPDORIA
PARMA-NAPOLI
oggi
2-2
oggi
2-0
1-0
JUVENTUS*
ROMA
NAPOLI
FIORENTINA
INTER
Formula 1
Hamilton
e Rosberg
dominano
*una partita in meno
81
76
64
55
50
PARMA
LAZIO
ATALANTA
VERONA
TORINO
50
48
46
46
45
MILAN*
SAMPDORIA
GENOA*
UDINESE
CAGLIARI
42
41
39
38
32
CHIEVO
BOLOGNA
LIVORNO*
SASSUOLO
CATANIA
27
27
25
24
20
L’analisi Qualità e pensiero veloce
Roma, la confusione
organizzata
che fa la novità
di MARIO SCONCERTI
S
L’inseguimento I giallorossi regalano a Garcia la vittoria che chiedeva, stasera a Torino arriva il Livorno
Palla alla Juve
Duello
Un’immagine
della gara
d’andata tra
Juventus
e Roma, con
Llorente marcato
da Benatia:
ieri i giallorossi
si sono imposti
a Cagliari
portandosi
a -5 dalla vetta,
stasera tocca
ai bianconeri
replicare nella
gara casalinga
con il Livorno.
Sotto, Hamsik
e Benitez delusi
(Ansa, Pegaso)
Il Napoli va k.o.
Addio sogni di secondo posto per
il Napoli: la squadra di Benitez
è stata battuta a Parma da
un gol di Parolo
I bianconeri devono rispondere
alla Roma che si porta a -5
Un Destro potente batte il Cagliari
arà interessante vedere il rendimento della Roma in
Champions. È vero che nel calcio il futuro non esiste
perché lo determinano anche i rinforzi degli avversari,ma
l’idea è quella di avere davanti una squadra diversa, con
particolarità che possono prendere in contropiede un
calcio abbastanza statico come quello internazionale. La
Roma è una mescolanza di idee, la più profonda è quella
della confusione organizzata. Difesa chiusa, poi
ripartenze quasi tutte di prima con giocatori che non
hanno difficoltà a saltare l’uomo. In Europa non si usa
quasi più il dribbling. Per mancanza di qualità e dovere di
possesso palla. Ma se salti l’avversario, hai subito quello
che ottieni dopo dieci passaggi. La Roma si ritira sempre
ma solo per aprire spazi agli attaccanti. E quando decide
di usare pressione fisica sull’avversario, lo fa a ondate,
con passaggi brevi, immediati. Questo comporta qualità
tecnica superiore e sveltezza di pensiero. In Italia è
facilitata dal poco delle altre squadre. In Europa potrebbe
funzionare la sorpresa di un gioco italiano reso
internazionale dall’esattezza del complesso. La Roma ha
qualcosa meno della Juve, ma anche qualcosa di più. Ha in
meno l’abitudine a vincere, forse la somma di
individualità porta a un
totale inferiore. Ma sa
L’uomo in più
gestire allo stesso modo le
fasi della partita e ha un
Gervinho è uno
paio di giocatori che
dei pochi giocatori
disorientano. Il più
tanto improbabili
importante è Gervinho, la
base stessa della
quanto redditizi
confusione organizzata. Si
è visto poche volte un
giocatore tanto improbabile e così redditizio. Gervinho è
un virus nel cervello ormai quasi elettronico del calcio.
Non è previsto, combina danni con la sua sola presenza.
L’altro è Destro, un ragazzo sfuggito a tanti. Ha un po’
(sottolineo un po’) di Boninsegna e Riva, ha qualità chiare
di centravanti che normalizzano la scintilla caotica di
Gervinho. La Roma ha perso questo campionato, ci sono
pochi dubbi, ma sta diventando una di quei piccoli
ingressi che ogni tanto il calcio lascia alle grandi novità.
Penso che Destro andrà ai mondiali al posto di Gilardino o
Osvaldo. Parte appena più indietro Immobile, che è
attaccante più rotondo, da ultimi trenta metri, mentre
Destro è da pura area di rigore. Non penso andrà in Brasile
Toni anche se ha fatto tutto benissimo. È solo tardi. Nella
commedia tra l’Inter e l’Europa mi sembra sia sfuggito un
passaggio. Thohir ha messo un confine a Mazzarri, ma
Mazzarri gli ha fatto subito sapere di non gradire
l’ultimatum. Così Thohir è tornato indietro e gli ha
restituito fiducia. Mazzarri fa fatica a dare un significato
alla squadra, ma sa che ha tenuto insieme i cocci della
società e di avere un contratto che vale più di una decina di
milioni complessivi. Con tutta l’Inter data in garanzia alle
banche per i futuri investimenti, sono cose che pesano. È
per questo semmai il caso che Hernanes dia il suo meglio,
che Alvarez e Guarin finiscano di diventare giocatori veri,
che Jonathan e Nagatomo si definiscano per quello che
sono, buoni giocatori, né più né meno. Pochi nell’Inter
hanno una differenza. Fra questi probabilmente Icardi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
44 Sport
Lunedì 7 Aprile 2014 Corriere della Sera
Dati interessanti e prospettive inquietanti
L’Inter vale la metà del Milan: i conti non tornano ma... un po’ è vero
di DANILO TAINO
I
n Italia, ma anche in giro per
l’Europa, circola sempre più forte
l’idea che occorra, con urgenza, organizzare una cordata di Inter Patriots. Per salvare l’Inter. Non tanto da Mazzarri e dai rigori di Milito: dal crollo della società, qualcosa
che fa temere un declino lungo e insopportabile per milioni di tifosi. A
dare il senso dell’emergenza è stata,
la settimana scorsa, una semplice
valutazione, di quelle che si fanno
sul retro di una scatola di fiammife-
ri. Si è detto che il Milan cercherebbe un acquirente per il 30% della società e il prezzo che ha chiesto per la
quota sarebbe di 250 milioni. Riportato al cento per cento, fa 830
milioni, che sarebbe il valore della
squadra di Berlusconi (in realtà la
totalità delle azioni, cioè il controllo, vale di più, ma lasciamo perdere). Sul fronte Inter sappiamo invece che i Moratti hanno venduto a
Erick Thohir il 70% della società per
75 milioni più 250 (o 180) di debiti.
Anche nel caso più generoso, la valutazione del cento per cento porta
a 465 milioni (compreso il premio di
controllo). L’Inter vale la metà del
Milan? Scandaloso per qualsiasi tifoso. Ma, ahinoi, vicino al vero.
Secondo l’analisi «Football Money League» della società di consulenza Deloitte, nella stagione 20122013, l’Inter ha venduto biglietti allo stadio per 19 milioni di euro, la
Juve per 38, il Milan per 26, il Manchester United per 127, il Real Madrid per 119 e il Barcellona per 118. I
diritti televisivi sono stati di 82 milioni per i nerazzurri, 166 per i bianconeri, 141 per i rossoneri, 188 per la
squadra di Madrid e altrettanti per
quella catalana. Sponsorizzazioni e
merchandising, infine: Inter 68 milioni, come la Juve, Milan 96,
Bayern 237, Real Madrid 212, Psg
255. Numeri che raccontano una
sola storia: dal punto di vista imprenditoriale, l’Inter non è in grado
di competere, in Europa di certo,
sempre meno anche in Italia. L’idea
di Massimo Moratti che l’Inter sia
sempre stata una passione di famiglia, e mai un’azienda, sommata al
mistero Thohir, capitalista senza
capitali, hanno condotto a un punto
in cui la prospettiva del declino, di
lungo periodo se non definitivo, è
reale. E non ci sono segni che indichino una svolta. «È per questo che
è urgente mettere assieme al più
presto una cordata di Inter Patriots», dice (dalla Svizzera) Marco
Mazzucchelli, banchiere ma soprattutto interista. Per rilanciare la società su un progetto: stadio, merchandising, calciatori. L’idea deprimente di valere metà Milan può
mobilitare tifo e capitali?
@danilotaino
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il vertice Hernanes: «Milito è il rigorista e si sentiva di calciare»
Thohir: sì a Mazzarri
«Però usciamo
da questa situazione»
Tecnico confermato ma legato all’Europa
MILANO — L’Inter non è più
sola al quinto posto, raggiunta
dal Parma a quota 50, ma, almeno a parole, Erick Thohir continua a pensare positivo. «Il nostro rapporto professionale con
Mazzarri continuerà anche nella
prossima stagione», ha ribadito
ieri mattina al termine del summit, già programmato da tempo, tra presidente, tecnico, il d.g.
Fassone e il d.s. Ausilio. «E ne
avremo un altro a fine aprile e
uno a metà maggio per preparare la prossima stagione anche
perché con i Mondiali la finestra
di mercato sarà corta». L’Inter
del futuro è stato l’argomento
principale del summit, però è
stata fatta anche un’analisi approfondita della situazione attuale dopo l’ennesimo deludente pareggio a San Siro, quello di
sabato sera con il Bologna.
Il presidente è consapevole
che un girone dopo, rispetto al
suo insediamento (15 novembre 2013), molto è cambiato, ma
in peggio. Prima della trasferta
di Bologna (24 novembre), Palacio e soci erano nella scia del
Napoli (terzo) che nell’anticipo
del 23 aveva perso in casa con il
Parma (0-1). Ora la squadra di
Mazzarri rischia di perdere anche l’ultimo posto disponibile
Jesus, stagione finita
Per Juan Jesus lesione al
legamento del ginocchio
destro: tre mesi di stop.
Domenica c’è la Samp
per andare in Europa League (il
sesto), sia pure passando dai
preliminari. A lasciare perplesso
Thohir, e non solo lui, è la totale
mancanza di equilibrio dell’Inter che nel 2014 è passata da un
inizio disastroso (2 punti nelle
prime 5 partite) a una risalita incoraggiante (14 punti nelle 6
successive), prima di conquistarne solo 3 nelle ultime 4 gare
(Atalanta, Udinese e Bologna in
casa, Livorno fuori).
Thohir ha provato a fare e farsi coraggio pensando alle ultime
6 sfide. «Credo che saranno
emozionanti oltre che impegnative con Sampdoria, Parma, Napoli, Lazio, Milan e Chievo. Vedremo i risultati». Appunto.
Tutto dipende, inevitabilmente,
da quelli. La conferma di Mazzarri, come da contratto in scadenza nel giugno 2015, è scontata solo in caso di conquista di
un posto in Europa League. Ma
se l’Inter dovesse rimanere fuori
dalle coppe per la seconda stagione consecutiva, il presidente
potrebbe decidere di cambiare
allenatore, anche se in questa
eventualità si ritroverebbe con
tre tecnici a busta paga: oltre a
Mazzarri, pure Stramaccioni ha
ancora un anno di contratto.
Morale: «Dobbiamo capire
come uscire insieme da questa
situazione» ha detto il presidente, prima di dedicarsi al rigore
sbagliato da Milito. «L’ho già
detto in un’ altra situazione: ci
sono casi in cui non sai se ridere
o piangere, però sono convinto
Nerazzurri
Mazzarri si dispera.
A sinistra, sofferenza in tribuna. Da
sinistra, Chivu, Bedy Moratti, Thohir
e Angelomario
Moratti (Forte)
che se andremo avanti a lavorare, a concentrarci, a riesaminare
e limare certe situazioni, otterremo dei buoni risultati». Ne è
convinto pure Hernanes che ieri
è tornato sul fatale errore di Milito. «I due rigoristi sono lui e
Palacio, Diego se la sentiva di
calciarlo ed è andato sul dischetto, anche se avrei voluto
calciarlo io».
Brutte notizie, intanto, per
Juan Jesus: gli accertamenti radiografici hanno evidenziato
una lesione al legamento del ginocchio destro. E domenica c’è
la Samp di Sinisa Mihajlovic che
non ha per niente gradito la prestazione della sua squadra contro la Lazio ed ha annullato il
giorno di riposo che aveva concesso ai suoi giocatori.
Franco Fiocchini
Quando
sui punti
non si trata
di LUCA BOTTURA
ARGH CONDICIO V Finalmente
svelato il perché della candidatura di Tardelli col Pd alle Europee. Renzi vuol cambiare verso,
lui gli ha regalato quello che
lanciò nell’82 con la Germania.
EXIT POLLI V Tramonta invece
Balotelli candidato con Forza
Italia: nel suo caso, la croce sul
simbolo equivarrebbe alla firma
del candidato e invaliderebbe
tutti i voti.
BISOGNA SAPER PERDARE V
«Se perdavamo questa sera,
dai, questa sera insomma credo
non fosse il risultato giusto»
(Davide Ballardini, Serie A Live,
Premium).
LA RISPOSTA ERA «SÌ» V
«C’avevate un fogliettino scritto
che diceva che non dovevate
combattere negli ultimi giri?».
«Uff, questa domanda, Stella,
non è una domanda da fare veramente. Non si può! Non esiste,
basta, non si parla più! Scusami,
eh, però». «Figurati, è la tua risposta» (Stella Bruno e Nico
Rosberg, Pole Position, Raidue).
IL DADO È TRATO V «Andate a
vedere gli ultimi dieci anni che
ho fatto, fate le considerazioni
dei punti, quello che ho fatto, e
trate le conclusioni» (Edy Reja,
Benedetta Domenica, Sky).
TACCHETTI A SPILLO V «Io sono sicuro che Rolando ha i tacchetti 17 centimetri» (Billy Costacurta, Inter-Bologna, Sky).
POTENZIALISMI V «A volte
Icardi (foto) lo prende la frenesia: io credo che qui avesse potuto fare meglio» (Billy Costacurta, Skycalcioshow).
LIMPIDISMI V «I miei attaccanti
mi sono piaciuti molto in particolar modo i centrocampisti»
(Eusebio Di Francesco, Skycalcioshow).
PROFESSIONE DECODER V Da
umile fan del Bologna (e da
contributore da circa 70 euro al
mese) chiederei se possibile a
Sky di mettere un sottopancia
col risultato quando la mia
squadra, o una qualunque piccola, gioca con le grandi. L’altra
sera, nel dopo gara, ho dovuto
aspettare mezz’ora per capire
con chi aveva fatto 2-2 l’Inter.
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Milan Il tecnico ha il dubbio Balotelli e una certezza: la partita di Genova più importante del derby e della sfida con la Roma
Seedorf: «Col Genoa la gara più difficile delle 7 che mancano»
MILANO — Nella giornata in
cui Barbara Berlusconi (che sabato in occasione di uno spot girato
con Shevchenko su casa Milan ha
messo in contatto telefonico
l’ucraino con il papà) incontra ad
Abu Dhabi personalità politiche e
imprenditori locali, il Milan di
Seedorf, reduce da un pareggio e
due vittorie, cerca a Genova la
partita della maturità. «Delle sette gare che ci mancano, quella
con il Genoa è la più difficile e la
più importante».
A dire il vero in calendario prima della fine della stagione ci sarebbero anche la Roma all’Olimpico (25 aprile) e il derby (4 maggio). Ma tant’è. Ricomparso il sereno a Milanello dopo i risultati
positivi ottenuti e ricreatosi il feeling fra l’allenatore olandese e
Adriano Galliani (la scorsa setti-
mana hanno pranzato insieme
due volte a Milanello, tornando a
confrontarsi su temi tecnico-tattici), i toni sono più distesi. «In
realtà la pressione c’è sempre,
perché il Milan è abituato a lavorare per grandi obiettivi» si
schermisce l’olandese che non
smette di inseguire l’Europa League. «Purtroppo non c’è solo l’Inter davanti a noi in classifica, ma
abbiamo tante squadre: questa è
la vera complicazione». Contro il
Genoa degli ex Gilardino e Antonini, l’allenatore milanista, già
senza Muntari (distrazione miotendinea al polpaccio destro) e
Essien (lesione del semimembranoso della coscia destra) è
preoccupato per le condizioni di
Balotelli che da due giorni ha
qualche linea di febbre. Ieri Mario ha viaggiato verso Genova da
Genova, ore 21
GENOA
(3-4-3)
1 Perin
8 Burdisso
4 De Maio
15 Marchese
21 Motta
69 Sturaro
91 Bertolacci
13 Antonelli
10 Sculli
11 Gilardino
77 Konate
MILAN
(4-2-3-1)
32 Abbiati
25 Bonera
13 Rami
5 Mexès
21 Constant
18 Montolivo
34 De Jong
10 Honda
22 Kakà
23 Taarabt
45 Balotelli
Arbitro: Banti di Livorno
Tv: ore 21 Sky Sport 1, Sky Supercalcio, Premium Calcio
Internet: www.corriere.it
Tutto ok Clarence Seedorf,
38 anni, ha superato
il momento critico e ora guarda avanti con fiducia (Ansa)
solo in macchina con un fisioterapista e non con il pullman della
squadra. Seedorf è comunque fiducioso di recuperarlo per stasera, altrimenti è pronto Pazzini.
Al centro del progetto (e dei
trequartisti) resiste sempre Kakà,
lusingato dall’offerta dell’Orlando City. In settimana è partita la
campagna della mozione degli
affetti per convincere l’ex Pallone
d’Oro a restare a Milano. Il tecnico rossonero però non sbilancia
in previsioni: «C’era questa situazione anche prima che Ricky
andasse a Madrid. Lui sa che cosa
pensiamo io, la società e i tifosi.
Nessuno qui vuole nascondere i
propri sentimenti, ma rispettiamo la sua decisione di avere l’ultima parola su quello che sarà il
suo futuro. Ha detto di voler restare concentrato su queste sette
partite, ne riparleremo a fine stagione». Blandisce Honda che
preferirebbe giocare più centrale
(«anche Messi ha giocato decentrato a destra, non credo sia un
problema») e mostra pragmatismo nella spiegazione di certe
decisioni: «Abate, Poli e El Shaarawy, se poco impiegati, rischiano il Mondiale? Prima di tutto arrivano le esigenze del club e poi
quella della nazionale. Io devo
operare scelte per il Milan, non
per l’Italia. E poi credo che se
Prandelli ha in mente di convocarli, li porterà in Brasile a prescindere».
Il futuro è adesso: «La ricostruzione della squadra e i trofei
da conquistare vanno di pari passo. L’unico modo per rifondare è
vincere, gli obiettivi del Milan
non cambiano». Come sono lontani i tempi in cui erano centrali
nel discorso la filosofia e il progetto.
Monica Colombo
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Sport 45
Corriere della Sera Lunedì 7 Aprile 2014
#
Garcia’s way Risolta la pratica di Cagliari e oggi tutti in attesa del posticipo bianconero
Risalita I biancocelesti vicini all’Europa
1
3
Cagliari
Roma
Marcatori: Destro 32’ p.t.; Destro
11’ e 28’, Pinilla (rig.) 44’ s.t.
CAGLIARI (4-3-1-2): Avramov 5;
Pisano 5, Oikonomou 4, Astori 4,
Avelar 4,5; Dessena 5, Conti 5,
Ekdal 6 (Eriksson 5 5’ s.t.); Cossu 5
(Ibraimi 5 23’ s.t.); Pinilla 5, Nenè
6 (Ibarbo 6 12’ s.t.). All.: Lopez 4,5
ROMA (4-2-3-1): De Sanctis 6;
Maicon 7, Benatia 6,5, Castan 6,5,
Romagnoli 6 (Torosidis 6 1’ s.t.);
De Rossi 7, Nainggolan 7,5 (M.
Bastos s.v. 39’ s.t.); Florenzi 6,
Pjanic 6,5 (Taddei s.v. 29’ s.t.),
Gervinho 7,5; Destro 8. All.: Garcia
7,5
Talento Keita, 19 anni, supera la guardia di Palombo, 32 (Inside)
La Samp dura 20 minuti
poi l’Olimpico deserto
è tutto di Keita e Candreva
Arbitro: Massa 4,5
Ammoniti: Pjanic, Astori,
Romagnoli, Destro, Florenzi.
Recuperi: 1’ più 4’
Implacabile Mattia Destro,
23 anni, in gol. La giovane
punta ha firmato la sua prima
tripletta in giallorosso (Ansa)
Destro riscalda la Roma
Per un giorno a meno 5
Tripletta dell’attaccante, Cellino licenzia Lopez
JUVENTUS
ROMA
NAPOLI
81 p.
76 p.
64 p.
32ª
33ª
34ª
35ª
36ª
37ª
38ª
Livorno
UDINESE
Bologna
SASSUOLO
Atalanta
ROMA
Cagliari
Atalanta
FIORENTINA
Milan
CATANIA
Juventus
GENOA
Lazio
UDINESE
INTER
Cagliari
SAMPDORIA
Verona
La seconda classificata si qualifica ai gironi di Champions, la terza va ai playoff di Champions
DAL NOSTRO INVIATO
CAGLIARI — Garcia’s way.
Settantasei punti, 17 marcatori
diversi, 10 vittorie in trasferta,
12 punti sul Napoli e un posto in
Champions ormai sicuro, la
stessa naturalezza nel giocare
con il possesso palla o in contropiede. Ma, soprattutto, la creazione di un gruppo che non ha
più paura di nulla e la crescita di
quasi tutto il parco giocatori.
Può darsi, anzi è probabile, che i
numeri non portino alla Roma
nessun trofeo, in questa stagione. Il «valore aggiunto» apportato dal suo tecnico, però, è oltre
ogni previsione.
La Roma non vinceva a Cagliari dal 1995, ma questo è solo
uno dei tanti tabù violati in questa stagione. In mancanza di
Totti, in panchina per un problemino muscolare, si è preso la
Non dovrebbe esserci prova tv
Quel colpo malDestro
CAGLIARI – (l.v.) Colpo malDestro. L’arbitro Massa ha
visto un contatto tra l’attaccante e Astori (foto Sky),
ammonendo il difensore per la sua protesta e
fischiando una punizione per il Cagliari (valutando così
l’azione). La prova tv sarebbe da escludere. Destro si è
difeso a Sky Sport: «Il contatto c’è, ma è lui per primo ad
allargare le braccia, poi io cado per terra... Ho gli occhi
chiusi, non lo vedo neanche. E poi Astori è un amico».
In MAIUSCOLO le partite in trasferta
scena Mattia Destro, che ha segnato una tripletta (la prima in
serie A), battuto il suo record di
gol (13 in sole 18 presenze, al
Siena ne aveva segnati 12 due
stagioni fa) e lanciato un messaggio forte al c.t. Prandelli in
vista del Mondiale.
Destro, che segna un gol ogni
83 minuti, è un esempio lampante di Garcia’s way. Il tecnico
gli fa vedere video di Suarez, Higuain e Tevez per chiedergli i
miglioramenti (fase difensiva,
pressing, rifiuto quasi fisico della sconfitta) per diventare un
centravanti di primo livello. Un
lavoro per l’oggi e per il domani.
La Roma, abituata al possesso
palla, ieri ha colpito con le ripartenze: tre su tre, chirurgiche.
Nainggolan è stato decisivo sui
primi due gol. Gervinho è entrato da protagonista nell’1-0 e nel
3-0. Ieri pomeriggio i giallorossi
avevano la possibilità di mettere
pressione alla Juventus, facendola dormire una notte con un
vantaggio (+5) importante ma
non più oceanico. Era una responsabilità in più, portata a
termine con efficacia e personalità. Peccato solo per i tre diffidati ammoniti (Pjanic, Destro e
Florenzi, che salteranno RomaAtalanta) e soprattutto per l’infortunio muscolare, nel finale,
di Benatia. Oggi gli esami medici, si teme uno stop di 2/3 settimane.
Il Cagliari ha provato a resistere con l’aggressività: Daniele
Conti, svillaneggiato a lungo dagli ultrà romanisti, ha acceso la
miccia con un colpo maligno a
Pjanic, non visto (come altro)
dall’arbitro Massa. Lopez (esonerato in serata da Massimo
Cellino che ha richiamato Pulga:
«Avrei voluto evitarlo, ma Lopez
mi ha costretto») ha cercato di
bloccare De Rossi con una marcatura a uomo di Cossu e ha preferito i muscoli di Pinilla e Nené
alla velocità di Ibarbo, sbagliando. Ma il dislivello tra le squadre
della serie A, ormai, rende scontato il 75% delle partite del campionato. Fa ancora più male, però, vedere i rossoblù, una squadra storica che ha vinto anche
uno scudetto, giocare dentro un
cantiere. Dopo il 3-0 della Roma
la curva degli ultrà ha iniziato a
dileggiare il presidente Cellino,
in partenza per Leeds. Chi prenderà il suo posto deve, per prima
cosa, preoccuparsi dello stadio.
Cagliari e i tifosi del Cagliari meritano rispetto.
Luca Valdiserri
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ROMA — È il talento sbarazzino di Keita, la freschezza senza pensieri di questo ragazzo
19enne, cresciuto nella «cantera» del Barcellona, a scuotere la
Lazio, a spingerla di prepotenza verso la vittoria contro una
brutta Sampdoria (2-0) e a restituirle le speranze, tutte intere, di un posto in Europa League. L’idolo nuovo della tifoseria biancoceleste — sempre
impegnata nella «guerra fredda» contro il presidente Lotito
(all’Olimpico circa 10 mila
spettatori) — continua a marchiare il presente lasciando
presagire un futuro davvero
prezioso, per lui e per la Lazio.
Ha avuto pure vita facile ieri
Keita, persino più agevole del
previsto contro un avversario
Lazio
Sampdoria
2
0
Marcatori: Candreva 42’ p.t.; Lulic 28’
s.t.
LAZIO (4-3-3): Berisha 5,5; Konko 6,
Biava 6,5, Cana 7, Radu 6; Onazi 6,
Biglia 4, Lulic 6,5 (Minala s.v. 31’ s.t.);
Candreva 7,5, Postiga 5 (Mauri 6,5
15’ s.t.), Keita 7,5 (Perea s.v. 42’ s.t.).
All.: Reja 7
SAMPDORIA (4-2-3-1): Da Costa
5,5; De Silvestri 5, Mustafi 5, Regini 5,
Berardi 4,5; Palombo 6, Krsticic 5
(Renan s.v. 29’ s.t.); Gabbiadini 6
(Sansone 5,5 12’ s.t.), Eder 5,5,
Soriano 5; Maxi Lopez 5 (Okaka 5,5
15’ s.t.). All.: Sakic 5
Arbitro: Calvarese 5
Espulso: Biglia 11’ s.t.
Ammoniti: Regini, De Silvestri, Keita,
Lulic
Recuperi: 1’ più 4’
morbido e senza temperamento, incapace di una reazione significativa persino dopo
l’espulsione di Biglia all’inzio
del secondo tempo (11’), che
non ha impedito alla squadra
di Reja addirittura di raddoppiare con Lulic (28’). La palla di
Keita per Candreva, trasformata in rete poco prima del riposo
(42’) è stato solo la punta di un
iceberg ricco di invenzioni e di
giocate.
Col baby spagnolo e lo stesso
Candreva (al nono centro, capocannoniere della squadra),
vero trascinatore del gruppo, la
Lazio può dunque scalare di
nuovo la classifica, che adesso
la vede a soli due punti dal
quinto posto.
Certo la strada per l’Europa
rimane tortuosa, soprattutto
alla luce del calendario che attende i biancocelesti, a cominciare dalla trasferta di domenica prossima a Napoli. Ma un
gruppo capace di sopportare
assenze pesanti come quelle di
Klose (out all’ultimo momento
ieri, sostituto da uno spento
Postiga), Ledesma, Dias e Gonzalez, e di non farsi affliggere
dall’inferiorità numerica, può
— e deve — giocarsi fino in
fondo le non poche chance di
rimanere nel circuito internazionale.
Della Sampdoria c’è poco da
dire. Solo non vorremmo essere nei panni dei giocatori, alla
ripresa dei lavori. Mihajlovic,
in tribuna per squalifica, non
deve aver affatto gradito una
prestazione tanto inconsistente
e svogliata. La sua squadra, parecchio temuta alla vigilia dalla
Lazio, è stata in partita forse
per una ventina di minuti nel
primo tempo. Poi si è liquefatta. Sinisa dovrà capire perché.
Giuseppe Toti
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Sicurezza I bianconeri stasera con in mente una sola idea: battere il Livorno e tenere a distanza rassicurante i giallorossi
Conte pretende la sua solita Juve, spietata e vincente
Gli spietati tornano a casa. La
prima Juventus di Antonio
Conte chiuse il campionato
senza sconfitte, ma con ben 15
pareggi, perdendo 8 punti con
le ultime sei squadre del campionato. Questa Juve gioca anche contro i record e nonostante la sconfitta di Napoli è ancora in corsa per quota 100. È
chiaro che quel che interessa ad
Antonio Conte da ieri pomeriggio è solo quota 5, che separa la
sua squadra dalla Roma. È meglio così, nell’ottica contiana,
dato che le motivazioni non
possono essere vaghe nemmeno contro una «piccola» come
il Livorno che arriva allo Stadium, dove hanno già perso
quindici squadre su quindici.
È anche questo il segreto
dello strepitoso progresso ju-
ventino negli ultimi tre campionati: quest’anno con le ultime sei della classifica sono arrivate solo vittorie, con 24 punti su 24. Sembra facile ma non
lo è: la Roma se avesse i 4 punti
persi con Cagliari e Sassuolo all’Olimpico sarebbe adesso a
un’incollatura dai campioni
d’Italia. E che dire del Napoli
che ha perso ben 12 punti con
cinque delle sei squadre oggi
sul fondo della classifica?
«Dobbiamo affrontare sette
finali da qui all’ultima giornata.
Dobbiamo vincerle tutte per
stare veramente tranquilli» ha
rilanciato Antonio Conte, dopo
la notte europea di Lione. La
sua squadra c’era riuscita già
all’andata, arrivando a un filotto complessivo di dodici successi consecutivi. Poi è arrivato
Torino, ore 19
JUVENTUS
(3-5-2)
1 Buffon
4 Caceres
19 Bonucci
3 Chiellini
26 Lichtsteiner
6 Pogba
21 Pirlo
8 Marchisio
22 Asamoah
14 Llorente
10 Tevez
LIVORNO
(4-4-2)
1 Bardi
7 Castellini
85 Coda
33 Valentini
17 Ceccherini
11 Mesbah
41 Duncan
27 Biagianti
19 Greco
21 Belfodil
26 Siligardi
Arbitro: Gervasoni di Mantova
Tv: ore 19 Sky Supercalcio, Sky Calcio 2, Premium Calcio
Internet: www.corriere.it
Leader Carlitos Tevez,
30 anni, 18 gol in
campionato con la maglia
della Juventus (Afp)
il record di vittorie interne,
strappato al Torino tricolore
che si era fermato a 14. Certo,
per la legge dei grandi numeri,
Conte oltre a tenere sempre alta
la tensione della sua squadra
toccherà anche ferro, perché
ogni serie è fatta per essere interrotta. Ma non è questo il momento, con la Roma di nuovo
vicina e la qualificazione in semifinale di Europa League in
discesa, ma ancora aperta.
Vincere sempre è l’unico
modo per non crearsi ansie da
prestazione. Proprio per questo
e per il ruolo di arbitro imparziale della Juve nella lotta alla
salvezza (i bianconeri dovranno affrontare anche Bologna,
Sassuolo e Cagliari) andrà probabilmente in campo la migliore formazione possibile: la par-
tita più importante della settimana, per le condizioni che si
sono create, può anche essere
considerata questa con il Livorno di Mimmo Di Carlo. Il tecnico che all’andata non c’era ha
già battuto la Juve quando allenava Mantova e Chievo e dopo
la rimonta con l’Inter ricorda
che «niente è impossibile».
Nella Juve Marchisio giocherà al posto dello squalificato Vidal. In difesa Conte recupera
Ogbonna e Peluso per la panchina, ma dovrebbe giocare ancora con il terzetto dell’ultimo
mese, con Caceres vice Barzagli. In attacco c’è il dubbio principale: accanto a Llorente ci sarà Tevez o l’argentino riposerà
dopo essere, uscito per un piccolo problema all’adduttore a
Lione? Nessuna sorpresa se un
combattente come l’Apache
tornerà subito in campo: il capo
indiscusso degli spietati è lui.
Paolo Tomaselli
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46 Sport
Lunedì 7 Aprile 2014 Corriere della Sera
Caduta Vince il Parma dell’ex Donadoni
Il Napoli va in tilt
e De Laurentiis
si scontra col tifoso
Scintille tra Higuain e Benitez
DAL NOSTRO INVIATO
PARMA — Un girone dopo,
cambia solo il killer: il Parma stende ancora il Napoli con un gol di
Parolo, bello quanto quello di Cassano il 24 novembre al San Paolo.
Il risultato finale è 6 punti a zero
per Donadoni (che, da ex poco
amato, li vivrà come 12), il Parma
in quota Europa League (50 come
l’Inter) e il Napoli sempre più lontano dal secondo posto e dall’idea
di squadra che Benitez insegue da
mesi invano. Ma, in fondo, dov’è
la novità? È da mesi che i Rafa Boys
attaccano e staccano la spina senza un motivo plausibile. Non stupisce dunque che dopo il trionfo
sulla Juve sia arrivato questo k.o.,
peraltro contro una signora squadra che aveva fatto 17 partite utili
prima delle ultime tre sconfitte. E
non deve servire come alibi il rigore negato da Bergonzi a Zapata:
avrebbe forse dato il pari al Napoli,
ma non avrebbe risolto alcuni limiti strutturali che con le squadre
«non grandi» emergono puntuali.
Sarà stato perché il Parma ha
dovuto fare a meno di Amauri
(squalificato) e Cassano (infortunato) oppure perché il Napoli, su
intervento dell’arbitro, ha dovuto
rinunciare alla nuova maglia da
battaglia «Camo Xtreme» (un’evoluzione della classica mimetica,
con spruzzate di giallo troppo pop
pure per Andy Warhol) a causa
della possibile confusione cromatica con gli avversari, è stata a lungo una partita dal sapore di chiuso, la mancanza d’aria causata da
una grande applicazione tattica, e
dunque da mediana intasata. Il
Napoli teneva palla senza frutto:
Serie A / 32ª giornata
1
0
Parma
Napoli
Marcatore: Parolo 10’ s.t.
PARMA (4-5-1): Mirante 6;
Cassani 6,5, Paletta 6,5, Felipe 6,5,
Molinaro 6; Schelotto 6, Acquah 6,
Marchionni 6, Parolo 7 (Munari
s.v. 35’ s.t.), Biabiany 6 (Cerri s.v.
47’ s.t.); Palladino 6 (Gobbi s.v. 44’
s.t.). All.: Donadoni 6,5
NAPOLI (4-2-3-1): Reina 6;
Henrique 6, Fernandez 6,5, Albiol
6, Ghoulam 5; Jorginho 5,5, Inler 5;
Callejon 5,5 (Mertens 6 23’ s.t.),
Hamsik 5 (Pandev s.v. 36’ s.t.),
Insigne 5,5; Higuain 5 (Zapata 6,5
23’ s.t.). All.: Benitez 5,5
Arbitro: Bergonzi 5
Ammoniti: Cassani, Marchionni,
Acquah, Zapata, Parolo, Albiol,
Mirante
Recuperi: 1’ più 4’
In rete
Marco
Parolo,
centrocampista
di 29 anni,
festeggia
dopo il gol
che ha
permesso
al Parma
di battere
sul suo
campo il
Napoli (Ap)
Callejon tagliava invano, Insigne
vagava, Hamsik era sempre spalle
alla porte, Higuain era bloccato dal
duo Paletta-Felipe e le fasce occupate dal bel lavoro di Schelotto e
Biabiany abbassati sulla linea mediana e pronti a ripartire, mentre i
rientri di Palladino aprivano varchi per gli inserimenti centrali.
Solo una smagliatura nei blocchi difensivi avrebbe interrotto lo
stallo ed è ciò che è avvenuto nel
Napoli a inizio ripresa. Spaziature
dilatate, calo di concentrazione,
tristezza improvvisa al pensiero
della vittoria della Roma nel pomeriggio, chissà cos’è stato. Comunque sia — dopo che Reina ha
anticipato in volo Schelotto in area
piccola — al 10’ il Parma ha colpi-
to: il Napoli ha scoperto il lato sinistro (dove Ghoulam ha sempre
sofferto), Paletta ha servito Cassani che ha spedito in mezzo. Lì, a rimorchio, è arrivato Parolo che,
bruciato lo statuario Inler, ha punito dal limite con una volée perfetta. Benitez ha reagito inserendo
Mertens per Callejon e Zapata per
sua maestà Higuain, il quale,
uscendo, ha bofonchiato qualcosa
di brutto contro Rafa, che nel dopopartita, pur furibondo, ha glissato sull’episodio. Mossa giusta,
comunque, ancorché tardiva: Zapata al 31’ è caduto in area a contatto con Mirante in uscita, era più
rigore che no, ma si è preso addirittura un giallo, come se non fosse possibile cadere in area senza
per forza simulare. Qui il Napoli
finalmente si è acceso: ancora Zapata (due volte di testa) e Insigne
hanno sfiorato il pareggio, che
non sarebbe stato immorale. Ma
ormai era troppo tardi. E il nervosismo in campo contagiava anche
Aurelio De Laurentiis, venuto alle
mani all’uscita con un tifoso del
Napoli che chiedeva spiegazioni
per la sconfitta. La triste fine di
una sera da dimenticare.
Alessandro Pasini
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Punti totali In casa Fuori casa
Serie A Classifica
Punti d’oro Udinese k.o., i viola blindano il 4° posto
Uno spettacolo
al Cuadrado
La Fiorentina va
Il colombiano fa la differenza
DAL NOSTRO INVIATO
FIRENZE — È il migliore in
campo e l’uomo di cui, durante
l’estate, si parlerà di più. Juan
Guillermo Cuadrado, 26 anni il 26
maggio, ala imprendibile e fulminante, spacca Fiorentina-Udinese facendola pendere con decisione dalla parte viola. È lui a segnare, con la complicità di Danilo, il gol che a metà primo tempo
rompe l’equilibrio. Ed è sempre
lui, nel momento cruciale della
ripresa, a guadagnare il rigore che
Gonzalo Rodriguez trasforma nel
2-0. Come non bastasse, dopo la
rete di Bruno Fernandes che ha
procurato qualche patema d’animo a Montella nell’eterno recupero, colpisce la traversa del possibile 3-1 con un destro secco e
forte. A Genova, domenica scorsa, Cuadrado aveva fatto il terzino
e la Fiorentina si era fermata sullo
0-0 contro la Sampdoria. Stavolta
da attaccante, nel 4-3-1-2 scelto
dall’Aeroplanino per fronteggiare
la solita emergenza e la crisi di
Matri, trascina i compagni verso
una vittoria che serve a blindare il
4° posto e a invertire il trend negativo dell’ultimo periodo. Prima
di piegare l’Udinese, due mesi
dopo averlo fatto in Coppa Italia, i
viola al Franchi avevano perso 4
delle ultime 6 partite, compresa
quella dolorosa contro la Juventus in Europa League e ben 3 su 4
in campionato.
La Fiorentina non è solo Cuadrado, arrivato al 10° gol stagionale. Gonzalo Rodriguez dà sicurezza alla difesa e il ritorno di Pizarro migliora la circolazione della palla in mezzo al campo. Ma è il
CHIEVO
VERONA
0-1
Toni (Ve) 20’ s.t. Arbitro: Tagliavento di Terni
INTER
BOLOGNA
2-2
Icardi (In) 6’, Cristaldo (Bo) 35’, Icardi (In)
18’ s.t., Kone (Bo) 28’ s.t. Arbitro:
Mazzoleni di Bergamo
LAZIO
SAMPDORIA
Candreva (La) 42’, Lulic (La) 28’ s.t.
Arbitro: Calvarese di Teramo
2-0
ATALANTA
SASSUOLO
0-2
Sansone (Sa) 33’, Sansone (Sa) 26’ s.t.
Arbitro: Orsato di Schio (Vi)
CAGLIARI
ROMA
1-3
Destro (Ro) 32’, Destro (Ro) 11’ s.t.,
Destro (Ro) 28’ s.t., Pinilla (Ca) rig. 44’ s.t.
Arbitro: Massa di Imperia
CATANIA
TORINO
1-2
Bergessio (Ca) 2’, Farnerud (To) 34’ s.t.,
Immobile (To) 38’ s.t. Arbitro: Rocchi di
Firenze
FIORENTINA
UDINESE
2-1
Cuadrado (Fi) 25’, Rodriguez (Fi) rig. 27’ s.t.,
Fernandes (Ud) 37’ s.t. Arbitro: Celi di Bari
PARMA
NAPOLI
1-0
Parolo (Pa) 10’ s.t. Arbitro: Bergonzi di Genova
JUVENTUS
LIVORNO
Arbitro: Gervasoni di Mantova
oggi 19,00
GENOA
MILAN
Arbitro: Banti di Livorno
oggi 21,00
Spagna
ALMERIA
OSASUNA
1-2
ATLETICO MADRID
VILLARREAL
1-0
BARCELLONA
REAL BETIS
3-1
REAL SOCIEDAD
REAL MADRID
0-4
RAYO VALLECANO
CELTA VIGO
3-0
MALAGA
GRANADA
4-1
ELCHE
GETAFE
1-0
SIVIGLIA
ESPANYOL
4-1
REAL VALLADOLID
VALENCIA
LEVANTE
ATHLETIC BILBAO oggi 22.00
Classifica: 79 Atletico Madrid 78 Barcellona 76
Real Madrid 56 Athletic Bilbao 53 Siviglia 50
Real Sociedad 49 Villarreal 40 Valencia, Levante, Espanyol 38 Malaga 36 Celta Vigo, Rayo Vallecano 35 Elche 34 Granada 33 Osasuna 31 Getafe 30 Real Valladolid, Almeria 22 Real Betis
Gioia
Juan
Cuadrado,
26 anni,
festeggia
il suo gol
sotto la
curva:
ha anche
mimato
un incomprensibile
strangolamento
(Ansa)
G giocate V vinte N nulle P perse F reti fatte S reti subite
S
22
18
33
34
35
41
40
41
52
41
43
45
39
44
44
47
50
58
61
57
PALERMO
EMPOLI
CESENA (-1)
CROTONE
LATINA
TRAPANI
SIENA (-8)
AVELLINO
VIRTUS LANCIANO
MODENA
PESCARA
SPEZIA
BARI (-3)
BRESCIA
VARESE
CARPI
TERNANA
NOVARA
CITTADELLA
PADOVA
REGGINA
JUVE STABIA
Punti
66
53
52
51
51
49
48
48
48
45
45
45
43
43
43
43
41
36
32
31
27
16
MARCATORI: 18 RETI: Immobile (TOR), Tevez (JUV) 16 RETI: Toni (VER) 14 RETI:
Palacio (INT), Higuain (NAP), Rossi (FIO) 13 RETI: Destro (ROM), Balotelli (MIL),
Gilardino (GEN) 12 RETI: Callejon (NAP), Paulinho (LIV), Berardi (SAS), Cerci (TOR)
11 RETI: Llorente (JUV), Cassano (PAR), Denis (ATA), Vidal (JUV) 10 RETI: Paloschi
(CHI), Di Natale (UDI) 9 RETI: Gabbiadini (SAM), Eder (SAM), Candreva (LAZ)
33ª giornata
PALERMO-AVELLINO
CITTADELLA-SIENA
REGGINA-LATINA
VIRTUS LANCIANO-MODENA
2-0
1-0
0-1
1-3
PROSSIMO TURNO: Sabato 12/4, ore 18.00: Sassuolo-Cagliari, ore 20.45: RomaAtalanta. Domenica 13/4, ore 12.30: Bologna-Parma, ore 15.00: VeronaFiorentina, Livorno-Chievo, Napoli-Lazio, Sampdoria-Inter, Torino-Genoa, ore
20.45: Milan-Catania. Lunedì 14/4, ore 20.45: Udinese-Juventus.
PROSSIMO TURNO: Venerdì 11/4, ore 20.30: Cesena-Spezia. Sabato 12/4, ore
15.00: Avellino-Brescia, Crotone-Carpi, Empoli-Ternana, Latina-Novara, ModenaJuve Stabia, Pescara-Cittadella, Siena-Virtus Lanciano, Trapani-Palermo, VareseBari. Domenica 13/4, ore 12.30: Padova-Reggina.
Inghilterra
Lega Pro 1ª div./A
JUVENTUS
ROMA
NAPOLI
FIORENTINA
INTER
PARMA
LAZIO
ATALANTA
VERONA
TORINO
MILAN
SAMPDORIA
GENOA
UDINESE
CAGLIARI
CHIEVO
BOLOGNA
LIVORNO
SASSUOLO
CATANIA
Punti
81
76
64
55
50
50
48
46
46
45
42
41
39
38
32
27
27
25
24
20
G
31
32
32
32
32
32
32
32
32
32
31
32
31
32
32
32
32
31
32
32
V
26
23
19
16
12
13
13
14
14
12
11
11
10
11
7
7
5
6
6
4
N
3
7
7
7
14
11
9
4
4
9
9
8
9
5
11
6
12
7
6
8
MANCHESTER CITY
SOUTHAMPTON
4-1
ASTON VILLA
FULHAM
1-2
CARDIFF CITY
CRYSTAL PALACE
0-3
HULL CITY
SWANSEA
1-0
NEWCASTLE UNITED
MANCHESTER UNITED
0-4
NORWICH CITY
WEST BROMWICH ALBION 0-1
CHELSEA
STOKE CITY
3-0
EVERTON
ARSENAL
3-0
WEST HAM UNITED
LIVERPOOL
1-2
TOTTENHAM HOTSPUR SUNDERLAND
oggi 21,00
Classifica: 74 Liverpool 72 Chelsea 70 Manchester
City 64 Arsenal 63 Everton 57 Manchester United
56 Tottenham Hotspur 48 Southampton 46
Newcastle United 40 Stoke City 37 West Ham United 36 Hull City 34 Aston Villa, Crystal Palace 33
Swansea 32 West Bromwich Albion, Norwich City
27 Fulham 26 Cardiff City 25 Sunderland
P
2
2
6
9
6
8
10
14
14
11
11
13
12
16
14
19
15
18
20
20
V
15
13
10
9
7
7
9
10
9
7
7
6
7
8
7
5
3
4
4
4
N P V
0 0 11
3 0 10
4 2 9
3 4 7
8 2 5
7 2 6
4 3 4
2 4 4
2 5 5
5 4 5
4 4 4
5 5 5
4 4 3
2 5 3
4 6 0
2 9 2
7 6 2
5 7 2
1 11 2
6 6 0
N
3
4
3
4
6
4
5
2
2
4
5
3
5
3
7
4
5
2
5
2
P
2
2
4
5
4
6
7
10
9
7
7
8
8
11
8
10
9
11
9
14
F
67
65
59
51
51
52
42
37
47
47
47
40
34
35
30
26
26
34
31
24
Francia
OLYMPIQUE MARSIGLIA AJACCIO
3-1
PARIS SAINT GERMAIN STADE REIMS
3-0
BASTIA
SOCHAUX
2-2
BORDEAUX
RENNES
2-2
GUINGAMP
MONTPELLIER
1-2
LORIENT
EVIAN TG
1-1
TOLOSA
LILLE
1-2
SAINT ETIENNE
NIZZA
1-1
VALENCIENNES
LIONE
1-2
MONACO
NANTES
Classifica: 79 Paris Saint Germain 63 Monaco 60
Lille 55 Saint Etienne 51 Lione 48 Olympique Marsiglia 44 Bordeaux, Tolosa, Stade Reims 41 Bastia
39 Nizza 38 Rennes, Montpellier, Lorient 37 Nantes
35 Guingamp, Evian Tg 29 Valenciennes 27 Sochaux 19 Ajaccio
G
33
33
33
33
33
33
33
33
33
33
33
33
33
33
33
33
33
33
33
33
33
33
V
19
14
13
14
13
12
14
12
13
11
12
11
12
10
11
12
9
8
7
7
6
2
N
9
11
14
9
12
13
14
12
9
12
9
12
10
13
10
7
14
12
11
10
9
10
P
5
8
6
10
8
8
5
9
11
10
12
10
11
10
12
14
10
13
15
16
18
21
BRESCIA-PESCARA
JUVE STABIA-VARESE
SPEZIA-PADOVA
BARI-EMPOLI
CARRARESE
CREMONESE
1-0
FERALPI SALO'
SAN MARINO
3-1
LUMEZZANE
REGGIANA
0-1
PAVIA
ALBINOLEFFE
0-3
SUDTIROL
SAVONA
1-0
VENEZIA
COMO
2-2
VICENZA
PRO VERCELLI
1-1
VIRTUS ENTELLA
PRO PATRIA
0-0
Classifica: 54 Virtus Entella 48 Pro Vercelli
44 Cremonese 43 Vicenza (-4), Sudtirol 40
Savona 39 Como 38 Venezia, Albinoleffe (-1)
35 Feralpi Salo’ 31 Reggiana 30 Carrarese 28
Lumezzane 26 Pro Patria (-1) 20 San Marino
19 Pavia
V
11
7
7
7
8
6
10
9
7
9
5
5
9
5
7
5
7
7
4
5
4
1
N P
4 2
7 2
7 2
6 3
4 4
6 4
4 2
4 3
6 4
4 3
5 6
7 5
5 3
7 5
6 3
5 7
5 5
6 4
6 7
6 5
5 8
6 10
Udinese
2
1
Marcatori: Cuadrado 25’ p.t.; Gonzalo
Rodriguez (rigore) 27’, Fernandes 37’
s.t.
FIORENTINA (4-3-1-2): Neto 6;
Tomovic 6,5, Gonzalo Rodriguez 6,5,
Diakitè 6,5, Pasqual 5,5; Aquilani 6,5,
Pizarro 7 (Anderson s.v. 49’ s.t.),
Ambrosini 6,5; Ilicic 5 (Wolski 5 30’
s.t.); Cuadrado 7,5, Matos 6,5 (Matri
s.v. 33’ s.t.). All.: Montella 6,5
UDINESE (3-5-1-1): Scuffet 6;
Heurtaux 6, Danilo 5, Bubnjic 5
(Lazzari 5 12’ s.t.); Widmer 6, Badu 6
(Nico Lopez s.v. 40’ s.t.), Allan 5,5,
Pereyra 6,5, Gabriel Silva 5,5; Bruno
Fernandes 6,5 (Yebda s.v. 49’ s.t.);
Muriel 5. All.: Guidolin 6
Arbitro: Celi 5,5
Ammoniti: Badu, Ambrosini, Muriel,
Danilo, Pereyra, Heurtaux
Recuperi: 2’ più 4’
Punti totali In casa Fuori casa
Serie B Classifica
G giocate V vinte N nulle P perse F reti fatte S reti subite
Fiorentina
V N P F S
8 5 3 50 23
7 4 6 42 27
6 7 4 38 25
7 3 7 46 40
5 8 4 31 27
6 7 4 45 39
4 10 3 48 33
3 8 6 35 34
6 3 7 32 34
2 8 7 46 32
7 4 6 43 41
6 5 5 35 40
3 5 8 36 36
5 6 5 42 43
4 4 9 44 47
7 2 7 37 42
2 9 5 43 41
1 6 9 31 42
3 5 8 30 41
2 4 11 33 49
2 4 10 31 54
1 4 11 29 57
3-0 CARPI-TRAPANI
2-4 NOVARA-CROTONE
2-2 TERNANA-CESENA
3-0
3-2
1-1
0-2
Lega Pro 1ª div./B
BENEVENTO
CATANZARO
0-0
GROSSETO
LECCE
0-1
GUBBIO
L'AQUILA
0-4
NOCERINA
PAGANESE
0-3
PERUGIA
VIAREGGIO
2-1
PONTEDERA
BARLETTA
3-1
PRATO
ASCOLI
0-3
SALERNITANA
PISA
1-0
Classifica: 59 Frosinone, Perugia 58 Lecce
49 L’Aquila 48 Catanzaro 46 Pisa, Pontedera
45 Salernitana 44 Benevento 40 Grosseto
36 Prato, Gubbio 27 Viareggio 24 Ascoli (-4)
21 Barletta 16 Paganese 12 Nocerina (-2)
colombiano, soprannominato la
vespa per velocità e imprevedibilità nei movimenti, a fare la differenza con scatti improvvisi, dribbling perfetti, accelerazioni letali.
Un campione, anche con qualche
eccesso, come nel festeggiamento
dopo la rete. Il balletto, sotto la
curva Fiesole, si conclude mimando uno strangolamento e una
macabra impiccagione. Significati? Nessuno, la freccia viola improvvisa e a volte si lascia trascinare. Non lo fa, invece, con le parole perché sa come muoversi
quando il discorso scivola sul futuro. «Non ci penso, ora ho in testa solo la Fiorentina». Neppure
lui sa cosa succederà nei prossimi
mesi. Andrea Della Valle e la famiglia Pozzo affronteranno la que-
stione nel giro di un mesetto.
Cuadrado è in comproprietà libera tra i due club che filano d’amore e d’accordo. I friulani lo valutano 35 milioni, i viola un po’ meno
di 30 e nell’operazione sono pronti a sacrificare qualche giovane di
belle speranze. L’intesa non è impossibile, anzi. Ma non sarà facile
trattenere Cuadrado a Firenze nella prossima stagione. Su di lui, oltre alla Juventus, si stanno muovendo i grandi club stranieri: prima il Bayern Monaco, poi il Manchester United, adesso è la volta
del Real Madrid. In tribuna, contro l’Udinese, spuntano un paio di
osservatori del Barcellona. E qualche fila più in là si nota Vincenzo
Di Palma, preparatore dei portieri
della nazionale, spedito al Franchi
da Prandelli per valutare il giovane Scuffet, che potrebbe fare il terzo portiere al Mondiale. Il baby fenomeno conferma le sue qualità,
ma Cuadrado stavolta gli ruba la
scena. In attesa di Gomez e Rossi,
è lui il top player di Firenze. Montella non sa se ridere o piangere:
contro il Napoli, nella finale di
Coppa Italia, la vespa viola sarà
squalificata.
Alessandro Bocci
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Fischio finale
di Paolo Casarin
Napoli senza un rigore
segno che la tv serve
A
rbitraggi accettabili in
questo turno di
campionato, anche se
non sono mancati errori di
valutazione e perfino qualche
«vuoto» nel controllo delle fasi
di gioco. Nulla di nuovo, anzi la
conferma che durante le partite
di A gli arbitri sbagliano poco,
ma talvolta non riescono a
vedere delle azioni significative
che meriterebbero il loro
intervento. Viene a mancare
perciò il provvedimento
immediato tecnico e
disciplinare, che può, talvolta,
avvenire solo per l’intervento
disciplinare del martedì
firmato dal giudice sportivo. In
questi tempi si riparla, non
solo in Italia, di aiuto
tecnologico per il difficile
lavoro dell’arbitro e degli
assistenti, senza sottolineare
abbastanza che un eventuale
intervento di soccorso in tempo
reale non potrebbe che avvenire
a opera della medesima
direzione di gara ed essere
limitato a eventuali «vuoti» di
controllo. Si potrebbe obiettare
che con sei arbitri esperti si
dovrebbe raggiungere il totale
controllo della partita: i fatti
dicono che questa perfezione è
teorica. L’espulsione
«suggerita» di Zidane, per la
testata a Materazzi, riportò in
tempo reale la regolarità nella
finale della Mondiale del 2006.
Massa in Cagliari-Roma, dopo
un contrasto tra Astori e
Destro, ha punito con il giallo il
solo difensore sardo per una
reazione causata da un
intervento alto di Destro sul
viso di Astori, sfuggito
evidentemente a Massa. Il
quale, peraltro, non è sembrato
in buona giornata. Del tutto
apprezzabile la direzione di
Inter-Bologna da parte di
Mazzoleni: anche il rigore
concesso all’Inter è stato
corretto. Tagliavento ha diretto
con sicurezza il derby di Verona
che si è così giocato in modo
cavalleresco. Il buon Celi, in
Fiorentina-Udinese, ha
ecceduto nel lasciar correre falli
chiari: dall’intervento di Allan
sul viola Wolski, non fischiato,
è arrivato il gol friulano. Severo
invece nella concessione di un
rigore ai viola per un contatto
tra Danilo e Cuadrado in area.
Bergonzi in Parma-Napoli
dialoga con tutti, ammonisce
giustamente molti calciatori,
ma il giallo a Zapata per
simulazione è sbagliato. Dalla
tv l’entrata di Mirante sulle
gambe di Zapata era da rigore.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Sport 47
Corriere della Sera Lunedì 7 Aprile 2014
Europa & salvezza
Il Sassuolo
ferma l’Atalanta
Toro ok a Catania
esonerato Maran
BERGAMO — Per un sogno
europeo, quello dell’Atalanta,
che diventa più sfumato, ce n’è
un altro, quello di salvezza del
Sassuolo, che diventa più nitido. Miracoli del calcio e del 2-0
degli emiliani al Comunale. Un
risultato poco prevedibile alla
vigilia vista la forma dei nerazzurri (6 vittorie consecutive, un
record) e lo score dei neroverdi
(14 sconfitte nelle ultime 17
partite, ultimo successo fuori
casa contro la Samp 5 mesi fa).
Un risultato che permette al Sassuolo di accorciare momentaneamente sul Livorno terzultimo
(ora è a un punto) e sul Bologna
(è a 3 lunghezze).
Pronti via e d è solo Atalanta.
Nei primi 25’ crea tre occasioni
nitide sprecate da De Luca e
scongiurate dalla reattività in
area piccola dei difensori avversari. Gli uomini di Di Francesco
tengono botta e passano con
Sansone, bravo a sfruttare un
mancato rinvio della retroguardia nerazzurra e a freddare con
un diagonale Consigli. Nella ripresa arriva il raddoppio degli
emiliani, sempre con Sansone.
La sua punizione velenosa dalla
trequarti non viene toccata da
nessuno e beffa ancora Consigli.
Sempre più ultimo il Catania.
La sconfitta con il Torino è costata la panchina a Rolando Maran, sostituito da Maurizio Pellegrino, coordinatore fino all’altro ieri, del settore giovanile. I
siciliani sono a un passo dalla B,
i granata guardano all’Europa.
Matto Magri
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Atalanta
Sassuolo
0
2
Marcatore: Sansone 33’ p.t e 26’ s.t.
ATALANTA (4-4-2): Consigli 6;
Benalouane 5, Lucchini 5,5, Yepes 6,
Del Grosso 6; Estigarribia 5,5 (Livaja
s.v. 33’ s.t.), Cigarini 5, Carmona 6
(Baselli s.v. 26’ s.t.), Bonaventura 6;
De Luca 5,5 (Betancourt 5,5 19’
s.t.); Denis 5,5. All.: Colantuono 5,5
SASSUOLO (4-3-3): Pegolo 6,5;
Gazzola 5,5, Antei 6, Cannavaro 6,
Longhi 6; Biondini 6 (Chibsah s.v.
41’ s.t.), Magnanelli 6, Missiroli 6;
Berardi 6 (Rosi s.v. 31’ s.t.), Zaza 6,5
(Floccari s.v. 31’ s.t.), Sansone 7.
All.: Di Francesco 6,5
Arbitro: Orsato 6
Ammoniti: Zaza, Antei, Del Grosso,
Cannavaro, Yepes, Carmona,
Lucchini
Recuperi: 0’ più 5’
Catania
Torino
1
2
Marcatori: Bergessio 2’ p.t.;
Farnerud 34’, Immobile 38’ s.t.
CATANIA (4-3-3): Andujar 6;
Peruzzi 5 (Biraghi 5 42’ p.t.),
Gyomber 5, Bellusci 6, Rolin 6
(Spolli s.v. 23’ s.t.); Izco 5, Lodi
5, Plasil 6; Barrientos 5,5 (Castro
s.v. 32’ s.t.), Bergessio 6,
Monzon 5. All.: Maran 5
TORINO (3-5-2): Padelli 6; Bovo
6, Glik 6, Moretti 5,5; Maksimovic
5,5 (Meggiorini s.v. 20’ s.t.), Kurtic
6 (Farnerud 6,5 33’ p.t.), Tachtsidis
5,5, El Kaddouri 6, Darmian 6;
Cerci 6 (Basha s.v. 44’ s.t.),
Immobile 6,5. All.: Ventura 6,5
Arbitro: Rocchi 5,5
Ammoniti: Peruzzi, Darmian,
Rolin, Maksimovic, Glik, Immobile
Recuperi: 1’ più 3’
La ricorrenza
Milan
1974
1976
Juventus
1976
1986
Un’avventura cominciata nell’aprile 1974 alla guida del Milan, una collezione di vittorie e di record ineguagliati
Inter
1986
1991
Juventus
1991
1994
Bayern
1994
1995
Cagliari
1995
1996
Bayern
1996
1998
Fiorentina
1998
2000
Italia
2000
2004
40
Trapattoni,
un fischio
in panchina
con febbre a
MILANO — Tutto è cominciato all’aeroporto di Linate domenica 7 aprile 1974.
Quarant’anni fa. «Fulmine» Conti, allora
factotum del Milan, va ad accogliere Giovanni Trapattoni, in rientro dalla Germania,
dove è andato a visionare il Borussia Moenchengladbach, avversario dei rossoneri tre
giorni dopo, nella semifinale di andata di
Coppa delle coppe e gli dà l’annuncio: «Andiamo a casa del presidente», che è Buticchi.
In una situazione difficilissima (Rocco se n’è
andato), «Maldini si è dimesso stasera», dopo cinque sconfitte consecutive, l’ultima,
qualche ora prima, con il Verona (2-1). Il
presidente annuncia a Trapattoni che sarà
lui l’allenatore del Milan. Il Trap in panchina
è già stato, come vice di Rocco e al posto di
Rocco, squalificato. Però quella contro i tedeschi è l’investitura ufficiale, la prima volta
da «capo allenatore» e l’esordio coincide
con una partita di grande spessore: 2-0 al
Borussia, che al ritorno vincerà soltanto 1-0.
In finale, il Milan perde contro il Magdeburgo (2-0) e l’anno dopo, Trapattoni sarà di
nuovo il secondo, per tornare a guidare i
rossoneri in proprio nell’ottobre 1975: Buticchi ha lasciato, Rivera ha preso in mano la
società. Trapattoni chiude al terzo posto, ed
è un grande risultato, alle spalle del Torino e
della Juve. Ormai ha capito quale sarà il suo
mestiere. E quando gli viene prospettata
l’idea di fare il vice di Marchioro, decide che
è venuto il momento di correre da solo.
Ha la possibilità di firmare per il Pescara o
l’Atalanta, ma arriva la telefonata di Boniperti. Lo vuole alla Juve, al posto di Parola,
perché il sorpasso granata rende obbligatorio il cambio. I due si trovano a Novara; si
conoscono dai tempi della nazionale; parlano a lungo; si spiegano. Trapattoni firma. E
forse gli tornano in mente le parole di Rocco, il suo maestro: «Giovannino mi parla
sempre di diagonali e di bisettrici, ma il calcio è una cosa semplice». Ma la svolta improvvisa lo porterà a dire, nel giorno del suo
70° compleanno: «Della mia vita non posso
lamentarmi; ho lavorato molto; ho avuto anche tanta fortuna e ho capito che bisogna
volare basso, perché inseguiamo un pallone
che è pieno d’aria». Nell’estate ‘76, in zona
milanista gira una battuta velenosa: «Non si
vede perché Trapattoni abbia preferito fare il
vice di Boniperti piuttosto che il secondo a
Marchioro». Arrivano Boninsegna (per Anastasi) e Benetti (per Capello). Il «vice» di Bo-
Indigesti
L’arbitro Moreno,
il «biscotto»
di Svezia-Danimarca
e la mano di Henry
niperti ci sa fare, e lo dimostra a San Siro (7
novembre 1976), proprio contro il Milan: da
2-0 per i rossoneri a 3-2 per la Juve. Al primo
anno, maggio 1977, vince Coppa Uefa (a Bilbao) e scudetto (a Genova). È solo l’inizio di
un decennio con 6 scudetti e 7 coppe.
È una simbiosi perfetta: la Juve cresce con
il Trap e il Trap cresce con la Juve. Stravede
Ciclismo, donna investita da Vansummeren: è grave
Benfica
2004
2005
Stoccarda
2005
2006
Ben 23 trionfi
Chi è
Giovanni Trapattoni è nato
a Cusano Milanino (Mi)
il 17 marzo 1939. Calciatore
del Milan dal 1957 al 1971,
poi una stagione a Varese,
l’infortunio e il ritiro.
Dal 1974 ha iniziato la carriera
di allenatore. Ha debuttato
in panchina il 10 aprile 1974,
Milan-Borussia
Moenchengladbach 2-0
(Coppa delle Coppe)
Il palmares
Da allenatore ha conquistato:
7 scudetti 1977, 1978, 1981,
1982, 1984, 1986 (Juventus),
1989 (Inter)
2 Coppe Italia
1979, 1983 (Juventus)
1 Supercoppa italiana
1989 (Inter)
1 campionato tedesco
1996 (Bayern)
1 Coppa di Lega tedesca
1997 (Bayern)
1 Coppa di Germania
1998 (Bayern)
1 campionato portoghese
2005 (Benfica)
1 campionato austriaco
2007 (Salisburgo)
3 Coppe Uefa 1977, 1993
(Juventus), 1991 (Inter)
1 Coppa delle Coppe
1984 (Juventus)
1 Supercoppa europea
1984 (Juventus)
1 Coppa dei Campioni
1985 (Juventus)
1 Coppa Intercontinentale
1985 (Juventus)
1 Nations Cup 2011 (Irlanda)
I suoi record
È l’allenatore italiano più
vittorioso a livello di club. Con il
croato Tomislav Ivic, l’austriaco
Ernst Happel e il portoghese
José Mourinho ha vinto
almeno un campionato
nazionale di prima divisione
in quattro Paesi diversi
(nel suo caso Italia, Germania,
Portogallo e Austria). È il
quinto allenatore al mondo,
terzo in Europa, con il maggior
numero di trofei internazionali
per club vinti (7 trofei su 8
finali). Con il tedesco Udo
Lattek, è l’unico allenatore
ad avere vinto le tre principali
manifestazioni Uefa per club,
unico con la stessa squadra.
Ha il record (irraggiungibile)
di Coppe Uefa vinte: 3
Salisburgo
2006
2008
Irlanda
2008
2013
?
Aspettando
la prossima
squadra
per lui anche l’avvocato Agnelli, che gli riconosce serietà, competenza, correttezza nei
rapporti, voglia di lavorare, attenzione ai
particolari, capacità di motivare il gruppo.
Da Prandelli, che fa la riserva, a Platini, passando per Furino, Bettega, Tardelli (gli cambi subito ruolo, da terzino a centrocampista), Gentile, Scirea e Boniek, il Trap sa sempre come muoversi e come muovere i suoi
campioni, anche se non tutto è in discesa.
Deve lottare con chi lo accusa di essere un
difensivista e di predicare un calcio superato, mentre imperversa la «zona» di Liedholm nella Roma campione d’Italia (8
maggio 1983). È il mese della caduta di Atene (25 maggio) contro l’Amburgo. Ma non è
quello il momento di lasciare la Juve e non
solo perché il giorno dopo l’Avvocato gli dirà: «Ci hanno insegnato a leggere e a scrivere, ma è passata. Andiamo avanti».
Nell’aprile 1986, sceglie l’Inter, dopo l’ultimo scudetto con la Juve. È la sfida più difficile, in una squadra che non vince il campionato dal 1980 e nel momento in cui irrompe
in rossonero il tornado Berlusconi. Al terzo
anno, conquista lo scudetto con record di
punti (58), davanti al Napoli di Maradona e
al Milan degli olandesi e nel 1991 consegna
all’Inter una coppa internazionale (Uefa),
dopo 26 anni. Il ritorno a Torino non è felicissimo, però arriva un’altra Coppa Uefa e,
dopo il ribaltone in società, nel 1994, inizia
l’avventura del Trap all’estero. Lo ingaggia il
Bayern; un anno, prima di tornare n Italia, a
Cagliari e di riprendere la strada per Monaco, dove vince Bundesliga e Supercoppa
(1997), litiga con Strunz, porta a casa anche
la Coppa nazionale (1998). Lo chiama la Fiorentina e sfiora lo scudetto (1999), prima del
quadriennio in nazionale. La partita con la
Corea del Sud, al Mondiale 2002, quello dell’acquasanta, lascia il segno nel suo inguaribile ottimismo, perché si rende conto che il
calcio non è così bello come ha sempre voluto pensare e non può certo sorridere,
quando l’arbitro Moreno finisce in galera. O
quando l’Italia esce dall’Europeo 2004 per il
biscotto fra Svezia e Danimarca. Riparte dal
Benfica ed è subito scudetto; torna in Germania (Stoccarda), ma viene esonerato; riparte dal Salisburgo, ed è un’altra volta scudetto (2007). Dal maggio 2008, è il c.t. dell’Irlanda e lì, oltre ad una straordinaria popolarità, capisce che si può anche perdere
un playoff, per un colpo di mano (francese)
visto da tutto lo Stade de France, ma non da
un arbitro svedese (18 novembre 2009). Ha
lasciato l’Irlanda a ottobre 2013, dopo aver
portato la squadra alla fase finale dell’Europeo e aver mancato la qualificazione al Mondiale in Brasile. Ma molto presto tornerà in
panchina da c.t. di una nazionale africana
(Algeria, Marocco o Costa d’Avorio). A 75
anni (23 trofei in bacheca), non guarda alla
pensione, «perché la forza dell’uomo è nel
futuro. Conta avere entusiasmo, coraggio,
voglia di fare e di crescere». Il fischio del
Trap compie 40 anni. La storia continua.
Fabio Monti
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Basket, 15 successi di fila in campionato
Cancellara cambia pelle e vince il Fiandre Milano soffre ma batte anche Cantù
Per realizzare il suo ennesimo capolavoro Fabian Cancellara ha
dovuto cambiare pelle. Si è inventato sprinter e ha conquistato
il Giro delle Fiandre, da un secolo la corsa più amata dai belgi,
facendosi beffa dei tre giovani corazzieri fiamminghi con cui era
andato in fuga (Van Avermaet, Vanmarcke e Vandebergh) grazie
alla sua arma tattica più spuntata: la volata. Un capolavoro di
intelligenza, coraggio e fantasia che ha zittito il milione di belgi
radunati lungo il percorso. Cancellara ha distrutto la fitta rete di
alleanze costruite contro di lui, schiantato sull’ultimo «muro» i
rivali storici Boonen e Sagan, promosso da solo l’inseguimento
di un gruppetto di fuggitivi prima di piazzare l’unica volata di
gruppo vincente della sua vita e di gran lunga la più importante.
Il terzo Fiandre conquistato da Cancellara segna anche la crisi
ufficiale dello slovacco Sagan, da un anno all’inseguimento di
una grande classica ma sempre lontano dalla vittoria. La corsa
confina ancora l’Italia nel limbo dei Paesi di seconda fascia del
grande ciclismo: dei 25 azzurri in gara si sono visti davanti —
con affanno — solo Paolini e Pozzato e soltanto quattro 4
italiani sono arrivati nei primi 50. La folla lungo il tracciato ha
provocato un incidente drammatico nelle fasi iniziali della gara,
quando il belga Vansummeren ha investito una spettatrice,
trasportata in condizioni gravissime all’ospedale.
Marco Bonarrigo
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Pozzato è 17°
Ordine d’arrivo
1. Cancellara (Svi)
259 km in 6.15’25’’
(media: 41,407 km/h)
2. Van Avermaet (Bel)
s.t.
3. Vanmarcke (Bel)
s.t.
4. Vandenbergh (Bel)
s.t.
5. Kristoff (Nor)
a 8’’
6. Terpstra (Ola)
a 18’’
7. Boonen (Bel)
a 35’’
15. Degenkolb (Ger) a 1’25’’
16. Sagan (Cec)
s.t.
17. Pozzato (Ita)
s.t.
36. Paolini (Ita)
a 3’52’’
Le prossime gare del Nord
13/4: Parigi-Roubaix
20/4: Amstel Gold Race
23/4: Freccia Vallona
27/4: Liegi-Bastogne-Liegi
MILANO — In principio era l’Impero milanese contro il Papato
canturino, ma anche il 153° derby EA7-AcquaVitasnella è
ancora una grande battaglia. C’era una volta... E adesso c’è
ancora, un’altra notte speciale, vissuta dagli oltre 12 mila
ormai rituali nel Forum esaurito. Un derby bello e spietato,
velenoso, durante il quale il coraggio e l’orgoglio di Cantù ha
cercato di speronare Milano con una scialuppa. Soltanto due
punti (67-65) a 4’ dalla fine, a incendiare il mare di emozioni.
Quando la partita era diventata cosa di famiglia Gentile, tra
Stefano il canturino (14) e Alessandro il milanese (13), che
nell’ultimo spericolato volo si infortunava procurandosi un
trauma contusivo al flessore della coscia destra. L’ultima
ondata era così per David Moss (16 punti) che spezzava anche
la resistenza di uno splendido Joe Ragland (27). Con Melli
(11), e qualche ormai ordinaria follia di Jerrells (11), Milano
aveva tentato il primo affondamento (62-45 al 28’) che
avrebbe soffocato qualsiasi altra squadra che non fosse Cantù,
e la sua irriducibile trincea. Milano tiene il Forum inviolato,
alla 14ª vittoria casalinga, 15ª consecutiva in campionato. Fa
paura la sua capacità di reazione in ogni situazione. Ma è c’è
anche Siena che merita il massimo rispetto, la società morta
con i ragazzi che camminano, al secondo posto in solitudine.
Werther Pedrazzi
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Serie A
26ª giornata
Montegranaro-Brindisi
Siena-Sassari
Reggio Emilia-Roma
Varese-Caserta
Pesaro-Cremona
Avellino-Bologna
Venezia-Pistoia
Milano-Cantù
Classifica
Milano
Siena
Cantù
Brindisi
Sassari
Roma
Reggio E.
Caserta
42
36
34
34
32
30
26
24
83-80
82-81
89-76
72-67
86-91
72-80
70-74
76-71
Varese
22
Avellino
22
Pistoia
22
Venezia
22
Bologna
22
Cremona
20
Montegranaro 16
Pesaro
12
48 Sport
Lunedì 7 Aprile 2014 Corriere della Sera
Maldonado
fa volare Gutierrez
Paura in pista
La sequenza dell’incidente di Gutierrez
(Ipp). La sua Sauber è decollata, investita al
42° giro dalla Lotus di Pastor Maldonado,
per poi capottarsi in pista prima di tornare in
assetto normale e arrestarsi su un lato del
circuito. Gutierrez è uscito illeso
dall’abitacolo, Maldonado è stato penalizzato
di cinque posizioni sulla griglia di partenza
del Gp della Cina e di tre punti sulla licenza.
F1 In Bahrein trionfo Mercedes con duello show in famiglia vinto da Hamilton su Rosberg. Rossa indietro in tutte le aree
Lotta libera e senza paura
Lewis batte Nico «il nemico»
Com’è lenta la Ferrari: «Dimentichiamo questa gara»
Ordine d’arrivo
Gp del Bahrein
Circuito di Sakhir
57 giri di 5,412 km
per 308,238 km
1. Hamilton (Gbr)
Mercedes in 1.39’42’’743
(media: 185,476 km/h)
2. Rosberg (Ger) Mercedes
a 1’’085
3. Perez (Mes) Force India
a 24’’067
4. Ricciardo (Aus) Red Bull
a 24’’489
5. Hulkenberg (Ger)
Force India
a 28’’654
6. Vettel (Ger) Red Bull
a 29’’879
7. Massa (Bra) Williams
a 31’’265
8. Bottas (Fin) Williams
a 31’’876
9. Alonso (Spa) Ferrari
a 32’’595
10. Raikkonen (Fin) Ferrari
a 33’’462
11. Kvyat (Rus) Toro Rosso
a 41’’342
12. Grosjean (Fra) Lotus
a 43’’143
13. Chilton (Gbr) Marussia
a 59’’909
14. Maldonado (Ven)
Lotus
a 1’02’’803
15. Kobayashi (Gia)
Caterham
a 1’27’’900
16. Bianchi (Fra) Marussia
a 1 giro
Giro più veloce
Il 49° di Rosberg (Ger)
Mercedes, in 1’37’’020
(media: 200,816 km/h)
Ritirati
18° giro: Sutil (Ger)
Sauber, incidente
19° giro: Vergne (Fra)
Toro Rosso,
fondo piatto danneggiato
34° giro: Ericsson (Sve)
Caterham, perdita d’olio
40° giro: Gutierrez (Mes)
Sauber, incidente
41° giro: Magnussen
(Dan) McLaren,
rottura frizione
56° giro: Button (Gbr)
McLaren, rottura frizione
Mondiale piloti
1. Rosberg (Ger)
61
2. Hamilton (Gbr)
50
3. Hulkenberg (Ger) 28
4. Alonso (Spa)
26
5. Button (Gbr)
23
6. Vettel (Ger)
23
7. Magnussen (Dan) 20
8. Bottas (Fin)
18
9. Perez (Mes)
16
10. Ricciardo (Aus)
12
11. Massa (Bra)
12
12. Raikkonen (Fin)
7
13. Vergne (Fra)
4
14. Kvyat (Rus)
3
Mondiale costruttori
1. Mercedes
111
2. Force India-Mercedes
44
3. McLaren-Mercedes 43
4. Red Bull-Renault 35
5. Ferrari
33
6. Williams-Mercedes 30
7. Toro Rosso-Renault 7
Prossimo appuntamento
20/4: Gp Cina a Shanghai
DAL NOSTRO INVIATO
SAKHIR — L’hanno fatto apposta. Se lo possono permettere.
L’avevano anche anticipato il sabato: vi regaleremo spettacolo.
Sono stati di parola: appuntamento alla curva 1, sorpasso e
controsorpasso, duelli a filo di
ruota, staccate al limite e ruote
fumanti, tutto il repertorio della
F1 quando è bella. Lo rivendicano bagnati dallo champagne,
mentre sul podio festeggiano
(con l’ex d.t. della Ferrari Aldo
Costa, ed è l’ennesima pugnalata
per i rossi) la terza vittoria su tre
della Mercedes, la prima di Hamilton in Bahrein. Lewis: «Una
gara bellissima, Nico è stato leale, tenerlo dietro con le gomme
soft è stata una delle imprese più
difficili della mia vita. Ripensavo
ai tempi dei kart, una volta l’ho
superato all’ultimo giro, credevo
facesse lo stesso». Rosberg: «Uno
spettacolo da vedere in tv, una
bella giornata per lo sport, le critiche ora smetteranno. Mi di-
spiace molto arrivare secondo
dietro Lewis ma è stata la gara
più entusiasmante della mia carriera».
Duelli al via quando Hamilton
si libera di Rosberg, che partiva
dalla pole. E ancora più drammatici alla fine, dopo che la safety car li aveva ricompattati e il
tedesco montava gomme soft,
Alonso non si scoraggia
«Fino a quando
l’aritmetica non mi
condannerà, io mi sentirò
in lotta per il titolo»
più veloci. Ma Hamilton è imbattibile quando è in serata magica. Se c’era un modo per uccidere le polemiche sulla Formula
noia, la Mercedes l’ha trovato.
Lotta libera e senza paura tra i
suoi due galletti (Toto Wolff:
«Noi non diamo ordini di scuderia»). Se c’era un modo per umi-
liare il resto del mondo, questo è
il migliore. Senza la safety car per
lo spettacolare incidente di Gutierrez (che si è capovolto dopo
un contatto con Maldonado, punito di cinque posizioni sulla
griglia della Cina e tre punti sulla
patente) avrebbero doppiato
quasi tutti. Sergio Perez, che con
la Force India ovviamente motorizzata Mercedes, è arrivato 3°,
ha preso 24’’ negli ultimi 11 giri.
Le Ferrari di Alonso, nono, e
Raikkonen, decimo, ben 32’’. Il
dramma per le Rosse, guardate
da vicino dal presidente Luca di
Montezemolo che ai box alternava una smorfia dopo l’altra fino
ad andarsene prima del traguardo («Non c’è molto da vedere, è
un dolore vedere la Ferrari così
lenta»), è che ha funzionato tutto. Certo, Kimi ha avuto una partenza pessima, in cui si è toccato
di nuovo con Magnussen (come
in Malesia), dilapidando subito
il 5° posto sulla griglia. Ma non
sarebbe cambiato moltissimo,
perché ieri le Ferrari venivano
Deluso
La smorfia di delusione
di Fernando Alonso al
termine del Gran premio
del Bahrein (Colombo)
passate da tutte le parti. «Avevo
dietro la Force India e in un attimo, puff, spariva. Ci manca velocità», racconta Raikkonen. Alonso (che partiva 9°) non ha niente
da recriminare: «È andato tutto
bene, partenza, strategia; anche
la macchina, dopo il problema di
sabato, era ok». E questo è anco-
ra più allarmante: la Ferrari è irrimediabilmente lenta, 1’’5 al giro più della Mercedes. Non che
sia una sorpresa: il circuito con
tanti rettilinei e poche curve era
il peggiore possibile. «Qui sono
emerse le nostre lacune, ora dimentichiamo questa gara», invita Stefano Domenicali. La Ferrari
è indietro in tutte le aree. Motore, certo, che ieri era pure al massimo della potenza. Ma anche telaio e aerodinamica, che conta
ancora qualcosa dato che le due
Red Bull, pur partendo 13ª e 10ª
sono state davanti (Ricciardo ha
finito addirittura 4°, sverniciando il titolatissimo compagno).
Ma questa, volendo, non è solo
una brutta notizia, perché i rossi
sono convinti di avere molte aree
in cui guadagnare decimi preziosi. In Cina ci sarà qualche piccola novità, poi comincerà uno
sviluppo costante. E i due giorni
di test, domani e mercoledì qui
in Bahrein (guiderà Alonso) serviranno come il pane. «Non siamo stupidi, sappiamo cosa dobbiamo fare», assicura Kimi. «Se
mi sento in lotta per il Mondiale?
Me lo chiedete ogni giorno, sperando dia una risposta negativa.
Ma non ve la darò fino a quando
non lo dirà l’aritmetica. E spero
sia ad Abu Dhabi», ripete Alonso.
Sarebbe bello se quei due prima
o poi facessero parte dello show.
Arianna Ravelli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Barbera&champagne
E Ricciardo
diventò
il Giustiziere
P
ur di fare bella figura
con chi paga gli
stipendi; pur di far
contenti spettatori
abbioccati e manager
allarmati, si sono presi tutti
a cazzotti. Quelli della
Mercedes nel loro ring
irraggiungibile, con
Hamilton stile Muhammad
Ali contro George Foreman.
Una lezione di tattica e
potenza rifilata a Rosberg,
coperto di lividi alla fine,
eppure pronto a lanciare la
rivincita, contando sulla
presunta discontinuità del
Muhammad-Ginetto. Perez
ha messo giù Hulkenberg
sulla pista che più ama;
Massa ha messo dietro
Bottas e le due Ferrari, roba
da andare a nanna contento
per tre settimane. Poi,
soprattutto, Ricciardo. È lui
la vera sorpresa dell’anno,
ancora una volta davanti a
King Seb. La questione è
spessa perché, in tre gare,
questo ragazzone
australiano ha
ridimensionato
pesantemente il suo
predecessore, Webber, e
l’attuale, illustrissimo
partner. Un’impresa
salutata da parecchia gente
nel paddock, come un atto di
giustizia. E adesso chi, negli
ultimi 4 anni, non ha
digerito i 4 titoli di Vettel,
tratta Ricciardo come il
Giustiziere della Notte. Un
eroe inatteso e pronto per
nuove avventure.
Maldonado, il peso welter del
Venezuela aveva, pure lui,
una gran voglia di menare le
mani. Non è riuscito, in 39
giri, a incrociare il compagno
Grosjean e così ha mollato un
gancio secco a Gutierrez,
peso piuma messicano,
spedendolo a testa in giù.
Siccome cercasi emozioni
disperatamente, invece di
una squalifica riceverà un
encomio. Sul rumore delle
macchine ancora non ci
siamo ma almeno un bel
gesto che tanto ci conforta,
spaventandoci un po’.
Giorgio Terruzzi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Doppietta Lewis Hamilton e Nico Rosberg guidano le loro Mercedes verso la doppietta nel Gp del Bahrein. Le Frecce d’argento stanno dominando l’avvio di stagione (Afp)
Il caso Animato vertice dove Montezemolo e Ecclestone restano molto critici, mentre Todt difende la sua creatura attaccando
Divergenze: «Macchine da elettricisti», «Rispettare le regole»
DAL NOSTRO INVIATO
SAKHIR — I toni: un po’ attutiti, diciamo in linea con i suoni del motore.
Anche se qualche acuto i pesi massimi
della Formula 1 scesi in campo in
Bahrein per fare il punto su noia, rumore, regole, calo di spettatori lo regalano. Prima della gara, perché dopo, le macchine ridimensionano alcune critiche (non tutte però). Bernie
Ecclestone, Luca di Montezemolo,
Jean Todt. Costretti a parlarsi e a parlare, ciascuno con il suo stile. Bernie:
«Questa F1 è inaccettabile per il pubblico». Montezemolo: «Le macchine
sembrano un negozio di elettricisti».
Todt: «Non siamo la Repubblica delle
banane, ci sono le regole».
Partiamo dalla fine: dopo una giornata di incontri, tutti sono d’accordo
nel cercare di modificare il suono al
motore e una ditta esterna sarà incari-
cata di vedere se si può intervenire sugli scarichi. Per il resto si dovrà aspettare. Come Luca di Montezemolo (più
preoccupato per la condizione delle
Rosse per la verità, «non sono contento, mi aspetto un passo avanti») sapeva anche prima di entrare nel paddock
del Bahrein. Però, nel vertice con Bernie Ecclestone a Londra, è stato lui ad
agitare le acque. Perché? «Perché non
è mai successo che il pubblico fosse
così poco contento. E se uno ha
un’azienda che comincia a vendere
meno deve porsi il problema. È chiaro
che per quest’anno si può fare pochissimo, forse solo qualcosa per il rumore. Capisco la posizione della Mercedes che vince e non vuole toccare
niente. Ma noi come Ferrari dobbiamo pensare al futuro e avere una visione di questo sport. Per noi la F1 è
vitale, non possiamo rischiare di snaturarla. Noi l’avevamo detto anche
Discussione Ecclestone e Montezemolo
prima che i piloti tassisti, preoccupati
del consumo, non ci piacciono. Un anno fa avevamo chiesto dieci chili di
benzina in più e Mercedes e Renault
non hanno voluto». Però gli ingegneri
dicono che i consumi non sono poi la
preoccupazione principale: «È vero,
ma è anche una questione di perce-
zione — insiste Montezemolo — è
passato il messaggio che in pista non
si spinge: basterebbe accorciare di
qualche giro le gare. Poi queste macchine sono un misto tra un negozio di
elettricisti e una centrale elettrica e le
regole sono troppo complicate, la
gente non capisce cos’è il flussometro. Qualcuno potrebbe anche pensare che ci sono aree poco chiare». La
Ferrari però ha la possibilità di esercitare il diritto di veto: pentito di non
averlo usato? «No, perché noi eravamo contrari ai quattro cilindri e siamo
riusciti a imporre il sei. Usare il veto
contro i turbo avrebbe significato dire
no a un’innovazione tecnologica».
Sul tema dello show Ecclestone
(che ha anche annunciato l’ingresso
di due nuovi team l’anno prossimo)
gli dà ragione: «Qualche cambiamento andrebbe fatto, senza danneggiare
le prestazioni della Mercedes. Così co-
m’è la nuova F1 non è accettabile per il
pubblico». Non è d’accordo Todt a cui
piace persino il suono del motore
(«L’ho sentito ai box Mercedes e mi è
sembrato bello, il mio amico Bernie
ha l’apparecchio acustico a forza di
farsi rovinare l’udito dai motori»):
«Non siamo nella Repubblica delle
banane, i cambiamenti si possono fare solo nelle regole, non certo perché a
qualcuno non piacciono le novità. Chi
perde poi, si lamenta sempre». È la
frase più pesante, in un discorso che si
sforza di essere conciliante: «Per ogni
cambiamento serve l’unanimità dei
team. I piloti tassisti? Non credo che
Rosberg e Hamilton si sentano così. I
consumi? La F1 è sempre stata anche
una questione di efficienza. Il vertice
del motor sport non può essere lontano anni luce dalle macchine di serie».
a.rav.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Sport 49
Corriere della Sera Lunedì 7 Aprile 2014
Golf, Crespi vince in Spagna
Semifinali, Macerata e Piacenza ok Atletica, a Milano il re è Kiprop
Marco Crespi, monzese, 36 anni il prossimo novembre, ha vinto con
278 colpi (-10) l’NH Collection Open, torneo in calendario sia nell’European Tour che nel Challenge Tour, disputato sul percorso de La Reserva de
Sotogrande Club de Golf nei pressi di Cadice, in Spagna. Crespi ha staccato di 2 colpi lo spagnolo Jordi Garcia Pinto e lo scozzese Richie Ramsay.
Playoff semifinali scudetto, risultati di gara 1 nella serie al meglio
delle cinque partite: Lube Banca Marche Macerata-Casa Modena 3-0
(25-23, 26-24, 25-21); Copra Elior Piacenza-Sir Safety Perugia 3-1 (2522, 25-17, 12-25, 25-18). Mercoledì 9 aprile, alle 20.30, gara 2 a campi
invertiti.
Kenya, Kenya, Eritrea: è il podio della 14a maratona di Milano. Primo
Francis Kiprop (2.08’53’’), secondo Stephen Kipkemei Tum (2.10’41’’) e terzo Ghebre W. Kibrom (2.11’12’’). A Danilo Goffi, sesto, a 41 anni (2.17’20’’), il
titolo tricolore. Tra le donne successo della Jepkesho (2.28’40’’). A Parigi il re
è l’etiope Kennenisa Bekele, già veloce (2.05’03’’) al debutto sui km 42,195.
Coppa Davis Gran Bretagna k.o., ci aspetta la Svizzera di Federer
Fognini l’eroe innamorato
prende in spalla l’Italia
È semifinale dopo 16 anni
L’azzurro annienta Murray, di Seppi il 3-2
Tutti i risultati
Italia-Gran Bretagna
3-2
Così ieri
V Fognini (Ita) b. Murray (Gbr)
6-3, 6-3, 6-4
V Seppi (Ita) b. Ward (Gbr)
6-4, 6-3, 6-4
Così venerdì
V Fognini (Ita) b. Ward (Gbr)
6-4, 2-6, 6-4, 6-1
V Murray (Gbr) b. Seppi (Ita)
6-4, 7-5, 6-3
Così sabato
V Fleming-Murray (Gbr)
b. Bolelli-Fognini (Ita)
6-3, 6-2, 3-6, 7-5
Le altre sfide
V Giappone-Rep. Ceca
0-5
La Repubblica Ceca sbriciola
in trasferta il Giappone:
gli ultimi due singolari
sono andati a Rosol e Vesely
V Francia-Germania
3-2
La Francia rimonta da 0-2
e grazie a Tsonga e Monfils si
qualifica per la semifinale in casa
V Svizzera-Kazakistan
3-2
Gran colpo di reni della Svizzera,
che perdeva 2-0 a sorpresa, in
casa a Ginevra, con il Kazakistan:
Federer e Wawrinka hanno
conquistato il doppio e, ieri, vinto i
rispettivi singolari, assicurandosi
il posto in semifinale contro l’Italia
Così le semifinali
12-14 settembre
V Francia-Rep. Ceca
V Svizzera-Italia
Così in finale
La finale è in programma
dal 21 al 23 novembre
La storia
DAL NOSTRO INVIATO
NAPOLI — «Niente voglio e
niente spero ca tenerte sempe a
fianco a me!». Le strofe di «O
Surdato Nnammurato» scuotono lo stadio alla Rotonda Diaz.
Cantano tutti per Fabio «the
Fab» Fognini, ligure di Ponente,
calciatore per passione, tennista
nel pieno della sua maturità, che
gioca la partita perfetta, senza
sbavature («Con questa continuità non me l’aspettavo neanch’io»), da soldato innamorato,
con la sua musa, finalmente, in
tribuna a sostenere il cambiamento dell’ex distruttore di racchette. L’amica «speciale» Flavia
Pennetta è lì, bella e partecipe.
Fabio Fognini schianta Andy
Murray in tre set. Ci cospargiamo il capo di cenere ma non credevamo nell’incredibile, dopo il
crollo verticale nel doppio, dopo
il sabato in cui a Fabio non riesce nulla, neanche, come svela
su Twitter, il test antidoping: gli
occorrono 4 ore e 30’. L’Italia supera la Gran Bretagna 3-2. Dopo
l’Everest di Fabio (terzo top 10
battuto in carriera), Andreas
Seppi non può non salire sulla
sua mezza collina, annientando
James Ward, l’eroe di San Diego
che qui oppone solo una fiera,
ma inutile resistenza all’inevitabile.
È tornata la Coppa Davis all’italiana, tormento ed estasi. Il
bello dell’Insalatiera è che, per
definizione, è mista. Il grande
match di Fognini contro Murray
potrebbe rimanere una scatola
vuota (a parte l’accresciuta au-
tostima personale) se Andreas
Seppi non completasse il percorso. E questo accade. Il parziale domenicale è sei set a zero per
l’Italia che, 16 anni dopo, torna
tra le prime quattro del Gruppo
Mondiale. Ci attende la Svizzera
a casa sua, ma questa è un’altra
storia. «Per ora ci godiamo questa vittoria di carattere, di spessore morale, le grandi doti di
questi ragazzi» commenta capitan Barazza.
È un altro Fognini quello che
si presenta davanti alla statua
equestre del generale Armando
Diaz, quello del bollettino della
vittoria del 1918. E anche i numerosi tifosi britannici, che nei
giorni precedenti erano stati su-
Stremato
Fabio Fognini, 26 anni, ligure di Arma
di Taggia,
numero 13
del mondo,
festeggia il
trionfo sul
numero 8
Andy Murray.
La fasciatura
protegge il
costato dopo
il colpo che
Fabio stesso
si è inferto a
Miami tirando un dritto
(Ansa)
Andreas scatena la festa
Mucchio selvaggio di azzurri intorno ad Andreas
Seppi, 30 anni, che sul 2-2 non ha mancato il match point contro Ward. In squadra, pensando
al futuro, c.t. Barazzutti aveva chiamato anche i giovani Quinzi
e Donati (Ap)
periori in tifo e sostegno ora «risalgono in disordine le valli che
avevano discese con orgogliosa
sicurezza». Basta vedere il volto
corrucciato di Andy Murray che
non crede ai suoi occhi, che
scuote i riccioli come se fosse
Harry Potter a cui hanno rubato
la bacchetta magica. «La verità è
che io ho semplicemente giocato peggio. Lui ha risposto benissimo e ha tirato sempre sulle linee». Dopo 19 successi di fila in
Coppa, Murray, incassato il primo game strappando il servizio
a Fognini, tiene il suo e sul 2-0 si
illude di essere in discesa. Invece, comincia il Fognini show.
The Fab Fabio non sbaglia nulla,
fluttuando nella bolgia, domandola: le righe, gli angoli sono
posti conosciuti dove i colpi di
Fognini si depositano comodi.
Dopo quel primo servizio perso,
lascia solo due possibili break a
Murray. Tira palle corte stordenti, incrocia diritti da campione,
serve solido e regolare (anche se
è qui che prova ancora un po’ di
dolore). Andy si arrende, senza
alibi. «In Davis è sempre così, è
giusto che il pubblico di casa sostenga i suoi tennisti». L’unico
momento di paura è sul 4-3 del
terzo, quando Fabio ha dei conati di vomito. Tensione, affanno, mai paura. «Ci ho messo la
faccia e anche qualcosa di più.
Ho risposto presente. Ha pagato.
Ho lavorato tanto per un momento come questo. È uscito
fuori il mio miglior tennis. Dolore? Il primo giorno di più».
Fabio guascone tenero, soldato felice. Un altro sportivo che
si fortifica sul senso di accerchiamento, cerca i nemici, conta
chi ci credeva e chi no. Corrado,
il nostro ingobbito speciale, racconta: «Sicuramente sabato non
eravamo abbattuti, perché c’era
ancora da giocare». Così, sul
2-2, ecco Andreas Seppi. In fondo il piano originario è rispettato. Cambiati i fattori, resta il prodotto: 2-2 e ultimo match decisivo. Andreas, che quest’anno
ha fatto fatica a superare il primo turno, ammette che «quando ho visto Fabio battere Murray
ho pensato che non potevo
sprecare questa occasione». James Ward resiste un set, quando
i due contendenti perdono otto
servizi sui dieci giocati. Dopo la
storia del match si affievolisce.
Ward aggrappato solo al servizio e agli errori di Seppi. Andreas, nel terzo, si prende due break
di vantaggio così può sprecarne
uno. Poi accende la festa. Un
pensiero ci consola, canterebbe
il soldato innamorato pensando
alla sintesi di capitan Barazza:
«Se non stanno attenti, con noi
rischiano tutti».
Roberto Perrone
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Il ritorno ai piani alti dell’Insalatiera tra ricordi, aneddoti, mondanità e belle donne: l’ultima, Flavia Pennetta, è la musa che ha ispirato l’estro di Fognini
Lacrime e gossip nel salotto buono della Davis
Dal trionfo di Pietrangeli & Co. in Cile nel ‘76 alla nobiltà ritrovata di Napoli
DAL NOSTRO INVIATO
NAPOLI — Boris Becker lo diceva
di Wimbledon, noi della Coppa Davis: è il salotto del tennis italiano. Un
posto esclusivo, ma al tempo stesso
pubblico, dove intrecciare sport e
mondanità, agonismo e gossip,
emozioni e contraddizioni. In fondo
non molto distante da un salotto
della politica pronto ad accogliere i
rampanti e ad accantonare i decaduti. Un posto con una Grande Bellezza
dietro le spalle, ma negli ultimi anni
un po’ malinconico, meno intrigante, come se la Coppa Davis, la storica
competizione a squadre del tennis,
non fosse più un ospite brillante capace di catalizzare l’attenzione. Forse
ci voleva una città come questa dove
i circoli sono cose serie per rimettere
le nostre racchette al posto in cui
stavano. Il Tennis Club Napoli (anno
di fondazione 1905), tra quarti di
nobiltà, religiosità (la benedizione
dell’impianto del cardinale Sepe, gli
striscioni, prima del match di Fognini con le invocazioni a San Gennaro)
e pettegolezzo, è stato cornice ideale
per rimettere il tennis italiano al posto
in cui stava venti, trent’anni fa.
Nel 1976 vincevamo la nostra unica
Coppa Davis in Cile. E non ci volevamo neanche andare, per via della dit-
tatura di Pinochet. Molti decenni dopo, Nicola Pietrangeli rivelò che, mentre ufficialmente il Pci era per il boicottaggio, in via segreta, su invito dei
compagni cileni che non volevano il
loro Paese troppo isolato a livello in-
Tifosa speciale Flavia Pennetta incita Fognini con la sorella di Fabio, Fulvia (Ansa)
ternazionale, ufficiosamente aveva
fatto sapere che non avrebbe messo
ostacoli insuperabili alla spedizione
azzurra. Ecco, il ritorno della Coppa
Davis, è il ritorno di un tennis da romanzo, il tennis di Nicola Pietrangeli e
poi della generazione d’oro, Panatta,
Barazzutti, Bertolucci, Zugarelli. Nick
è, con Lea Pericoli, l’anello di congiunzione tra questo tennis e quello.
Nick e Lea sfidano il tempo, beati loro,
sempre uguali, ambasciatori alla ricerca di qualcosa da proporre.
Lo hanno trovato qui, sul lungomare di Napoli, tra sole e scrosci di pioggia. Adesso si potrà parlare di Fabio
Fognini e di Flavia Pennetta, «l’amica
speciale» arrivata al momento giusto
a chiamare l’impresa dell’ultimo talento del tennis italiano. Nicola, che
ogni volta ha una fidanzata sempre
più giovane, tira un sospiro di sollievo. Non si dovrà sottoporre a un supplizio come ad Harare, Zimbabwe,
2003, il punto più basso del nostro
tennis, retrocesso in serie C. C’era poco da dire allora e Nicola, per far entrare i pochi giornalisti nella vip loun-
Gli antenati
Pietrangeli Classe 1933,
due Roland Garros (Olympia)
Panatta Classe 1950,
Roma-Parigi-Davis nel ‘76
ge (l’unico luogo del cadente impianto
dove si poteva rimediare una ciotola
di riso), dovette raccontare se stesso al
ministro dello Sport, che lo aveva visto vincere uno dei suoi due Roland
Garros e voleva abbeverarsi ai suoi ricordi. Da allora, ogni volta che ci incontra Nicola rammenta: «Me so sacrificato pe’ voi».
Adesso, seduto accanto a Lea, come
sempre, ha assistito a una grande vittoria del tennis italiano, a una Davis
ritrovata, ma soprattutto non più litigiosa, come l’ultima che arrivò in semifinale, sedici anni fa. Vogliamo dirlo? Dal punto di vista dell’unità del
gruppo perfino meglio di quella di Panatta, Barazzutti, Bertolucci e Zugarelli. Certo, quella aveva un altro peso
tecnico, era un meraviglioso coacervo
di singoli. Quella era figlia dei travagliati Anni 70, dove tutto era politica,
anche lo sport. Questa è nata negli anni in cui l’affezione per la politica è vicina allo zero. Però, ora come allora,
un grande risultato sportivo è un
grande risultato sportivo. E fa bene a
quest’Italia che ha bisogno di speranza. Fognini non ne aveva con Murray.
E invece eccolo qui, che se ne va con
Flavia Pennetta. Il salotto Davis ha riaperto. Il salotto, le altre sono stanze
private.
r. per.
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50
Lunedì 7 Aprile 2014 Corriere della Sera
CorriereMotori
Tendenze La nicchia delle dreamcar
sopravvive alle difficoltà del mercato
Otto cilindri
La McLaren 650S
Spider: monta un
motore biturbo 8
cilindri 3.8 da 650
cavalli (da qui la sigla
del nome)
Sportive Vetture che viaggiano oltre
i 300 km/h e costano una fortuna
Pistaaa!
RONDA (Spagna) — La
sensazione fortissima, intensa, materiale della tenuta di
strada e delle prestazioni, per
fortuna, c’è ancora. Con buona pace di tutti coloro che
danno per scontata la trasformazione dell’auto in un elettrodomestico, un dispositivo
automatico che fa tutto da sé e
che si lascia «guidare» lo
stretto necessario o addirittura per niente. La conferma
viene dal lancio quasi contemporaneo di una serie di
sportive vere: auto da «guidare» eccome. Raffinatissime
nella tecnologia (con tutti i
vantaggi che questo comporta
sul piano del controllo e della
sicurezza) e nel design, ma capaci di far vivere al pilota (pilota, non conducente)
un’esperienza fisica e sensuali
sempre più rara. Vetture belle
e con un’anima, insomma, destinate a chi — tra coloro che
possono permettersi i relativi
prezzi da capogiro — vuole
ancora divertirsi al volante.
Dalla McLaren 650S alla Porsche 911 Carrera Targa, dalla
Jaguar F-Type Coupé alla
Bmw Serie 2 Coupé M. Una
nicchia, forse, ma di certo un
segmento dell’industria automobilistica che contribuisce a
far girare l’economia nel suo
complesso. Sarebbe ora che lo
capissero anche i legislatori
italiani, che negli ultimi anni
hanno azzoppato con troppi
balzelli un mercato che nel
nostro Paese potrebbe diventare il volano per un rilancio
dell’auto a tutti i livelli.
La McLaren, per esempio,
ha un potenziale commerciale
ben superiore alle pochissime
unità consegnate in Italia dal
2011, anno di apparizione
della 12C. Nata come coupé e
poi affiancata dalla spider, la
supersportiva inglese si è subito affermata come una delle
Gt più interessanti del mo-
Chi non può permetterseli,
comunque li sogna. Per chi non
può farne a meno, arriva una
raffica di bolidi. A cominciare
dalla «mostruosa» McLaren 650S
mento. Confortata dal successo dei primi passi, la McLaren
propone ora la 650S, di fatto la
versione evoluta e ancora più
sportiva della 12C, rispetto alla quale — tengono a segnalare — è stato cambiato il 25 per
cento delle componenti. Disponibile come coupé e Spider, questa novità parte, rispettivamente, da 235.250 e
259.500 euro.
Non è difficile riconoscere
la 650S, perché prosegue il
corso stilistico inaugurato con
l’ibrida e potentissima P1 a tiratura limitata di inizio 2013.
Il muso è certamente meno
aggraziato, più aggressivo. Le
grandi prese d’aria e il labbro
inferiore conferiscono più efficienza aerodinamica e, quindi, stabilità alle velocità eleva-
te. L’alettone posteriore è mobile: si solleva in frenata e sui
dossi, ma al contempo, se serve, si abbassa in rettilineo. Sospensioni ulteriormente irrigidite. Freni con dischi in carboceramica. Il motore biturbo
a otto cilindri di 3,8 litri eroga
650 cavalli (da qui la sigla del
nome), invece dei 625 precedenti. Ulteriori modifiche
hanno riguardato la gestione
del cambio a sette marce a
doppia frizione con comandi
in stile Formula 1 e il controllo
di stabilità, con interventi studiati per rendere ancora più
sportiva (e divertente) la risposta.
Per conoscere le possibilità
reali di un’auto di questo livello si deve per forza scendere in
pista, ed è quello che abbiamo
fatto sul bellissimo circuito
Ascari in Andalusia. I livelli
d’eccellenza della 12C sono
stati ulteriormente elevati
dalla nuova Gt, un po’ meno
confortevole, ma più efficace
del mezzo da cui deriva. La tenuta di strada è elevatissima,
con una grande precisione di
guida e un comportamento
che rassicurano. Tre le modalità d’uso: normale, sportiva e
da circuito. Quest’ultima minimizza il controllo di stabilità con la possibilità di far
sbandare il posteriore ed esercitarsi nell’arte del controsterzo.
Non serve comunque essere Alonso o Vettel per gustare
le qualità della 650S. Su strada
si viaggia sempre con ampi
margini di sicurezza. Il motore
spinge con decisione anche in
basso, ma si scatena letteralmente da 5.000 giri sino quasi
alla linea rossa degli 8.500. La
coupé raggiunge la velocità
massima di 333 orari, con la
partenza assistita che permette di accelerare da 0 a 100 in 3
secondi netti. Bastano 8,4 secondi per toccare i 200 e si arriva a 300 in 25,4 secondi. Non
è da sottovalutare neppure la
frenata, più modulabile di prima: a 100 all’ora, la 650S si ferma in soli 30,5 metri.
Roberto Gurian
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Anteprima Ancora una nuova versione della piccola luxury car Lancia di cui nel 2013 sono stati venduti oltre 70 mila esemplari
Tante Ypsilon Elefantino, come in una collezione di moda
MILANO — Dalla storia di
un grande archivio privato, la
Biblioteca della Moda, una location di Milano (unica nel
suo genere, dove si possono
leggere libri ed oltre 45.000
mila riviste, sull’evoluzione
della moda e del costume, dal
1860 ad oggi) esce la nuova
identità e personalità della
Lancia Ypsilon Elefantino
2014. Patrizia Martello, sociologa e specialista per trendwatching, Alba Cappellieri, presidente del corso di laurea in Design della Moda al Politecnico
di Milano e Mauro Galligari,
esperto di tendenze nel campo
della moda e del design, coordinati da Antonella Bruno, capo del brand Lancia EMEA,
hanno dato vita all’incontro
con questo modello che — an-
che in tempi di magra — lo
scorso anno ha venduto più di
70 mila unità e ha visto il proprio market share crescere del
18% in Italia e del 14% in Europa. Questa è la forza di una
vettura che si rinnova e reinventa, in modo costante, per
essere sempre attuale e moderna. La Ypsilon pare continuare un processo di crescita
sociale, che supera la sua funzione principale di mezzo di
trasporto. Oltre all’eleganza di
forme senza tempo, si arricchisce di contenuti selettivi,
nella ricerca di una personalizzazione per soddisfare le esigenze, sempre più dettagliate,
di una clientela che, anche attraverso una city car, vuole
trasmettere le caratteristiche
principali del proprio caratte-
La scheda
DIMENSIONI
Lunghezza: 384 cm;
larghezza: 167 cm;
altezza: 151 cm
MOTORE
A benzina, 4 cilindri
in linea, 1.242 cc,
69 cavalli. Cambio
manuale a 5 marce
PRESTAZIONI
Velocità massima: 163
km/h; 0-100 km/h:
14,5 secondi;
consumo medio: 5,2
litri/100 km; emissioni
CO2: 120 g/km
PREZZO
10.450 euro
La nuova lancia Ypsilon Elefantino che viene lanciata in 4 versioni
re. Una piccola, grande macchina, apprezzata dalle donne
sopra i 30 anni (nel 2013, in
Italia, per il secondo anno consecutivo, Ypsilon si è classificata come l’auto più femminile
del suo segmento, ma gli uomini l’hanno comunque scelta
per il 30%), determinate ed indipendenti, capaci di osare
senza ostentazione. La nuova
collezione, di questo si tratta,
alla stessa tregua di una sfilata
di moda, presenta colori freschi, allegri che evadono nel
gusto di un «lime», di un «watermelon» e di un «coconut»,
giallo, rosso, bianco , tonalità
che si rincorrono in tutta la
vettura, dai copriruota al logo
sul montante della porta, dalle
cuciture a contrasto al marchio Ypsilon sul sedile. Entro
giugno Lancia offrirà la possibilità di scegliere tra «pacchetti di colore» presenti anche sugli specchietti retrovisori e sui
copri cerchioni, senza trascurare decorazioni animalier, camouflage o pois, un mosaico
costituito da oltre 150 combinazioni possibili. Quattro le
versioni. Allestimento Elefantino 2014, Gold, Platinum e la
serie speciale Momodesign,
equipaggiate con motori: 1.2lt
Fire EVO II da 69 cavalli, 1.2 lt
Fire EVO II GPL da 69 cavalli,
0.9 lt TwinAir da 85 cavalli, abbinato al cambio manuale o
robotizzato, il turbodiesel 1.3
lt Multijet II da 95 cavalli e 0.9
lt Turbo TwinAir Metano da 80
cavalli, con prezzi che partono
da 10.450 euro per la Lancia
Ypsilon Elefantino 2014, a cinque porte, con clima, radio CD/
MP3.
Bianca Carretto
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Motori 51
Corriere della Sera Lunedì 7 Aprile 2014
Il museo della Ferrari
si ingrandisce ancora
e celebra la California
«California Dreaming»: la canzone dei
Mamas & The Papas non c’entra, ma è
musica anche questa per le orecchie dei
fan del Cavallino. Venerdì 11 aprile al
Museo Ferrari di Maranello apre la mostra
«California Dreaming», e nell’occasione
viene inaugurata la nuova area destinata ai
ragazzi e al pit stop. Il piazzale davanti al
Museo (nella foto, un’immagine del
Bmw
progetto) è stato ridisegnato, dando alla
struttura che accoglie 320 mila visitatori
l’anno un’impronta — recita il comunicato
Ferrari — «adeguata al marchio più forte al
mondo». La nuova ala del Museo propone
due vere Formula 1 trasformate in
simulatori, a disposizione di «piloti» in erba,
fra 90 e 140 centimetri di altezza. Queste
monoposto si affiancano ai due simulatori
Jaguar
che fanno già divertire (e sudare) gli adulti.
Un’altra monoposto è attrezzata per la
prova di cambio gomme, con tempo
cronometrato e foto ricordo. «California
Dreaming» presenta alcuni modelli
rarissimi, dalla monoposto di Ascari alla
500 Miglia di Indianapolis alla 712 CanAm,
accanto a pezzi mai esposti in pubblico.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Porsche
La parabolica delle Nascar Sotto la F-Type coupé
Cinquant’anni di 911 Targa
per testare la 2 Coupé M è nascosta la Granturismo nel segno della tecnologia
LAS VEGAS — A vederla dal sfruttabile già intorno ai 1.300 gibasso, la parabolica dello Speed- ri. Il cambio automatico a 8 rapway di Las Vegas fa impressione: porti con paddle al volante assel’angolo di banking è di 31 gradi, conda le esigenze sportive (l’alal limite delle vertigini, ma è in ternativa è un manuale 6 marce).
questo punto che «una vettura Il tutto accompagnato da un
Nascar passa a oltre 300 km/h», sound al doppio scarico da vettuspiegano i tecnici Bmw prima di ra tuning anni 80. La M235i passa
affidarci il volante della Serie 2 da 0 a 100 km/h in 4,8 secondi e la
Coupé M235i. Si può spingere, velocità massima, misurata sul
insomma. Anche se, avvertono, campo (curva parabolica a parte),
«la vettura è di serie, meglio non è di 250 km/h. La frenata è sicura
superare in curva i 200 orari». ed efficace anche se ci si poteva
Primi giri per prendere
aspettare una «presa»
confidenza, poi la samaggiore, in particolafety car lascia la pire nelle staccate alla
sta. Il feeling con la
fine dei veloci rettiLo scatto
M235i è subito
linei. Dettagli da
quello giusto. Le
pista. A colpire in
La Bmw M235i
dimensioni compositivo è il conmonta un motore
patte (meno di 4
fort: nonostante
6 cilindri in linea 3.0
metri e mezzo)
le sospensioni
turbo benzina
aiutano a indivipiù rigide e l’asda 326 cv: da 0 a 100
duare le traiettorie
setto ribassato (la
in 4,8 secondi
buone, al resto ci
Serie 2 Coupé è venpensano telaio e assetduta anche in versione
to, regolato su misura per
218d, 220i, 220d e 225d),
il guidatore. Lo sterzo è preciso e non ci sono compromessi in tersempre pronto a correggere mini di comodità e piacere di guieventuali errori d’impostazione. da, in particolare se equipaggiata
Sportiva e facile da guidare. Diffi- con il sistema di assetto adattivo
cile trovare di meglio nel seg- (costa 780 euro). I consumi dimento. Porsche Cayman compre- chiarati (poco attendibili quelli
sa. Il motore è il 3 litri 6 cilindri in misurati in circuito) sono di 13,1
linea turbo benzina da 326 cavalli km/litro. La Bmw Serie 2 Coupé
e 450 Nm: meno potente di con- M235i è in vendita a 48.050 euro.
correnti come Mercedes A45 Alessandro Marchetti Tricamo
AMG, ma con una coppia più
© RIPRODUZIONE RISERVATA
LLEIDA (SPAGNA) — «Nel 90%
Dietro l’aggressività estetica e le
dei casi — sostiene Wayne Darley, prestazioni ridondanti, infatti, ha
Global Brand Manager di Jaguar — contenuti e caratteristiche da strai clienti della F-Type Coupé arrive- dista: il comfort è ragionevolissiranno da altri marchi, principal- mo, gli allestimenti sono curati e la
mente BMW e Porsche». Ma il ruo- qualità di vita a bordo è elevata.
lo di procacciatrice di nuovi adepti
Il motore portante della gamma
non è la sola ragione per cui sul- è il V6 di 3 litri con compressore
l’auto è stata incentrata la più volumetrico da 340 o 380 CV, fruigrande campagna di lancio della bilissimo ai bassi regimi. Ma di postoria di Jaguar. «Con la F-Type vo- tenza ce n’è sempre più di quanta
gliamo cambiare la percezione del ne occorre per divertirsi, anche
nostro marchio — prosegue Darley perché, grazie alla struttura in allu— per prepararci all’arrivo
minio, il peso della Coupé è
della suv derivata dalla
contenuto.
concept CX17 e della
La clientela preferiXE». Nel 2016 la prirà
sicuramente la
Fino a 380 cv
ma e già nel 2015 la
«S» da 380 cv
seconda, che do(81.690 euro inveIl motore portante
vrà sfidare Audi
ce dei 69.890 della
della gamma Jaguar
A4, BMW Serie 3 e
«normale») per la
F-Type Coupé è il V6
Mercedes Classe C
presenza di so3.0 con compressore
e finire nelle mani
spensioni elettrovolumetrico da 340
anche di clienti non
niche, differenziale
o 380 cavalli
necessariamente alla
autobloccante, freni
ricerca di «inglesità».
maggiorati e sistema di
La F-Type Coupé, in efscarico attivo: accessori che
fetti, è più essenziale nelle forme, ne sottolineano la doppia anima e,
razionale nei contenuti ed emozio- all’occorrenza, la trasformano da
nale nel carattere rispetto alle ulti- compassata GT mondana ad anime Jaguar. Si avvantaggia sulla spi- male da pista, eccitante nel caratteder per il prezzo più basso di circa 7 re e «maleducato» nella sonorità.
mila euro a parità di contenuti e il
In cima alla gamma, poi, c’è la
bagagliaio degno di questo nome «R», con un 5 litri V8 sovralimen(315 litri, ma 407 se lo si riempie fi- tato da 550 cv, che è a portata di pono al lunotto), che le permette di chi per il prezzo di 107.550 euro.
essere impiegata come una granSaverio Villa
turismo, quale effettivamente è.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
BARI — Il ritorno alle origini è La trazione è esclusivamente a quatsottolineato dalla presenza dell’arco tro ruote motrici.
di sicurezza in metallo alle spalle dei
In prova con la 4S dotata del modue posti anteriori. La Targa è, da tore più potente si ritrova il compormezzo secolo esatto, una 911 dalle tamento caratteristico delle 911 più
caratteristiche particolari. August recenti. Se non ci sono problemi
Achleitner, responsabile del proget- nella guida più tranquilla, il comto, la descrive così: «Allo stesso tem- portamento è comunque rassicupo è una cabrio e una coupé. La sua rante anche forzando l’andatura.
formula non è invecchiata ma è Una leggera tendenza ad allargare la
piuttosto maturata per essere al pas- traiettoria in entrata di curva rende
so con i tempi». Della 911 Targa del facile capire le possibilità di un’auto
1964 sono dunque rimasti il citato che, ad ogni buon conto, può toccarollbar centrale e il grande
re i 294 orari e accelerare da 0
lunotto avvolgente. Doai 100 km/h in 4,6 seconpo 50 anni non è più
di con il cambio Pdk in
necessario scendere
opzione che è piaceAspirati
dall’auto per riporvole da usare in more il tettuccio e godalità automatica
La Porsche 911
dere della guida a
così come manuaTarga monta motori
ca p o s co p e r to .
le, con le solite tre
6 cilindri aspirati 3.4
L’operazione è ogmodalità di utilize 3.8 da 350 e 400
gi automatica, e si
zo: normale, Sport e
cavalli. Con cambi
esegue in 19 seconSport Plus. La frenata
a sette marce
di, pur se ci si deve
è eccellente, con spazi
sempre fermare perché
d’arresto ridotti e noteil lunotto si sposta di una
vole resistenza alla fatica. Il
spanna oltre il limite della carrozze- livello di comfort è elevato, anche se
ria. La meccanica e il telaio sono è meglio viaggiare a capo scoperto
quelli della 911 dell’ultima genera- solo a velocità da passeggio o appezione, con un aumento di peso di na superiori. La circolazione d’aria
110 kg nei confronti della coupé e di all’interno è infatti elevata. In con40 kg rispetto alla Cabriolet. I motori segna a maggio, la nuova Porsche è
sono gli stessi sei cilindri aspirati di in vendita a partire da 113.111 euro
3,4 e 3,8 litri da 350 e 400 cv di fami- nella versione S e da 128.240 euro in
glia, con la possibilità di scegliere quella 4S con il motore da 400 cv.
un cambio meccanico oppure a dopr.g.
pia frizione Pdk, entrambi a 7 marce.
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L’iniziativa Mercedes offre 500 euro per ogni cliente trovato da studenti di oltre 25 anni: «Le più intraprendenti sono le ragazze»
In seimila per vendere le Smart e pagarsi le spese dell’università
ROMA — La prima impressione è quella di essere arrivati al casting del Grande Fratello. Del resto la società incaricata di fare i colloqui è la stessa. È sabato mattina e di fronte
allo Smart Center di via Fontana a Roma un fiume di ragazzi
attende il proprio turno per
tentare la fortuna. I 500 più
bravi diventeranno degli
«Smart Angels», e cioè dei
procacciatori di vendita di automobili.
Trovare il nuovo Jordan Belfort, alias Leonardo DiCaprio
in «The wolf of Wall Street»,
non sarà facile, ma il marchio
tedesco ci crede e pensa che
puntare sui giovani sia l’unico
modo per battere la concorrenza. Per partecipare all’iniziativa il requisito obbligato-
rio è quello di essere studenti
universitari dell’ultimo anno
o laureati da non più di 12 mesi. E alla faccia di chi li ha definiti «choosy» o «bamboccioni» oltre 6 mila ragazzi hanno
già inviato la loro candidatura.
Gli «angeli» potranno vendere fino a cinque veicoli guadagnando una provvigione di
500 euro per ogni contratto
segnalato e concluso poi in
concessionaria da un dipendente Smart. La loro arma vincente sarà lo sconto di 3 mila
euro che potranno offrire a
tutti i potenziali clienti. Il contratto avrà termine a fine ottobre, in contemporanea con il
lancio dei due nuovi modelli
della casa: la «Fortwo» e la
«Forfour».
Gli aspiranti venditori arri-
Un momento dei colloqui per aspiranti «Smart
Angels». I prescelti potranno procacciare fino
a cinque clienti guadagnando 500 euro per
ogni affare che andrà in
porto. Possono partecipare alle selezioni studenti universitari dell’ultimo anno o laureati da
non più di dodici mesi
vano da tutte le facoltà, da medicina ad archeologia, con una
prevalenza di laureandi in
giurisprudenza, economia e
ingegneria. Qualcuno è alla
prima esperienza, mentre altri
hanno già fatto qualche picco-
lo lavoretto. Le più spigliate, a
detta dei selezionatori, sono le
donne.
L’età media dei candidati è
tra i 25 e i 27 anni e il loro punto debole, soprattutto all’inizio, è la timidezza. Ma dopo i
primi momenti rompono il
ghiaccio e si impegnano per
convincere la commissione di
essere dei buoni venditori. La
possibilità di guadagnare un
totale di 2.500 euro senza essere vincolati da un impiego
fisso, potendo anche studiare,
li alletta molto. Alcuni useranno questi soldi per fare un
viaggio all’estero, ma i più ci
pagheranno l’affitto mensile
della stanza in cui vivono.
Amici e parenti sono i primi
da cui andranno a proporre
l’affare e c’è chi ha già pensato
a una strategia: aprire una pagina facebook dedicata oppure ridurre il proprio guadagno
per aumentare lo sconto.
L’intuizione di dare lavoro
ai ragazzi è di Fabrizio Barra,
direttore di Smart in Italia:
«Abbiamo bisogno di persone
che ci portino nuovi clienti. E
visto che la disoccupazione tra
i giovani ha superato il 40% ho
pensato di dare una possibilità ai migliori». Un progetto in
cui il management italiano ha
piena fiducia. «È un’eccellenza
che vogliamo presentare alla
casa madre e poi esportare a
livello internazionale» afferma Paolo Lanzoni, direttore
della comunicazione di Mercedes-Benz Italia.
E non è detto che l’avventura degli «Smart angels» termini a novembre. «Con l’arrivo
dei nuovi modelli avremo bisogno di altre forze e di nuove
idee» conferma Barra. Anche
perché non si tratterà di un
lancio convenzionale: «Stavamo pensando di far pagare
2.500 euro per 18 mesi e poi di
lasciare la possibilità di ridare
indietro l’auto. Insomma, di
vendere solo gli accessori»
spiega il direttore.
La competizione per aggiudicarsi un posto più solido è
quindi aperta e solo il tempo
potrà dire chi vincerà.
Alice Dutto
© RIPRODUZIONE RISERVATA
53
Corriere della Sera Lunedì 7 Aprile 2014
Il Tempo
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IL SOLE
OGGI
Bari
Sorge alle
TTramonta alle
LE PREVISIONI
PREV
PRE
VISIONI
Palermo Bologna Firenze
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6:45
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Torino
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Napoli
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19:33
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Milano
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6:52
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19:41
Genova
DOMANI
Trento
Aosta
Venezia
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19:58
LA LUNA
6:39
19:46
MERCOLEDÌ
Nuova
Primo quarto
Piena
Ultimo quarto
31 mar.
7 apr.
14 apr.
22 apr.
VENERDÌ
GIOVEDÌ
Trieste
Venezia
Milano
Torino
Bologna
Genova
Firenze
Ancona
Perugia
La presenza dell'alta pressione sulla nostra Penisola non garantirà sempre bel tempo soleggiato sulle nostre regioni, infatti se lunedì qualche pioggia
interesserà ancora la Calabria, martedì e mercoledì passaggi temporaleschi interessano prima le regioni settentrionali, poi quelle adriatiche centrali e infine il
Sud. Bel tempo nella giornata di giovedì mentre da venerdì il tempo peggiora nuovamente con l'arrivo di nuove piogge e temporali.
L’Aquila
ROMA
Campobasso
IN EUROPA
Bari
Potenza
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Catanzaro
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LE TEMPERATURE
ERAT
ERA
ATURE DI OGGI
20 Aosta
22 Torino
22 Genova
23 Bologna
24 Roma
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Palermo
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Paler
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Alghero
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a cura di
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Crotone
Cuneo
Firenze
Genova
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N = Nuvoloso
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S
S
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Olbia
Palermo
T = Temporale
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9
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9
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C = Coperto
N
R
P
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N
N
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Parma
Perugia
Pescara
Pisa
Potenza
R. Calabria
Rimini
V = Neve
min
max
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21
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16
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R = Rovesci
S
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N
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P
P
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Roma
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Trento
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Udine
Venezia
Verona
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2
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3
2
5 Puzzles by Pappocom
3
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LA SOLUZIONE DI IERI
9
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7
Altri giochi su www.corriere.it
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5
4
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3
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6
2
8
1
3
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7
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1
8
6
7
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1
9
5
4
3
5
9
8
7
4
1
6
2
2
1
4
9
5
6
8
7
3
Agitato
25
5
Helsinki
Oslo
9
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Amsterdam
14
Londra
22
Kiev
18 Varsavia
15
Milano
Vienna
20 Belgrado
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24
Fronte
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Bucarest
Tirana
24
Fronte
Freddo
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Algeri
Ankara
17
18
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Barcellona
Madrid
11
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Bassa
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17
Dublino
L
Stoccolma
12
Copenaghen
Edimburgo
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NORD AMERICA
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a 10,99 euro
più il prezzo del quotidiano
Bogotà
13
Tokyo
Fronte
Occluso
Vancouver 9
Giacarta
San Francisco 23
Los Angeles
30
S
20 Sydney
È disponibile in edicola
con il Corriere della
Sera il primo dvd
dell’opera che
ripercorre a ritroso la
carriera tv di Mina in
Rai. Proposte canzoni e
show dal 1972 al 1978.
27
AFRICA
Casablanca
26
26
Chicago
Santiago
New York
9
27
28
20
24
Il Cairo
23
Lima
17
17
N
Caracas
19
Seul
Delhi Shanghai
Bangkok
SUD AMERICA
14
In edicola
con il Corriere
Le esibizioni
di Mina in Rai
Il primo dvd
Come si gioca
Bisogna riempire la
griglia in modo che ogni
riga, colonna e riquadro
contengano una sola
volta i numeri da 1 a 9
5
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2
1
7
Mosso
ASIA AUSTRALIA
B = Nebbia
Sudoku Difficile
7 5
Alta
Pressione
MARE
Debole
Nebbia
H
Una vasta area di alta
pressione con contributo
Nord africano interessa
buona parte dell'Europa
portando tempo
abbastanza stabile sulla
quasi totalità delle
nazioni. Il flusso
perturbato atlantico
interessa con piogge e
temporali il Regno Unito,
l'estrema Francia
settentrionale e la
Scandinavia. Una
vecchia depressione
mediterranea invece,
porta piogge sulle zone
Sud orientali del
continente.
32
29
Rio
de Janeiro
Buenos Aires
Nairobi
Lagos
22
Luanda
29
31 Città del Capo
Città del Messico
Oggi su www.corriere.it
I più letti
Europee
I simboli
La storia
In vista delle elezioni
del 25 maggio, le liste
tra big e bizzarrie.
Salvati dall’esercito
Serie A
e l’inchiesta di Report
1 Tosi
da non mandare in onda
e spesa pubblica
2 Tagli
centralizzati da maggio
e riforme: «Avanti
3 Boschi
anche senza Forza Italia»
scomparso, arriva
4 Aereo
un nuovo segnale
De Benedetti e il
5 Grillo:
dossier contro Casaleggio
Tutti i gol
Le sintesi e le reti
realizzate nella 32ª
giornata di campionato.
Coppa Davis
Amarcord Italia
Dalla vittoria del 1976
alla semifinale di
quest’anno: fotostoria.
Una famiglia americana
era bloccata nel Pacifico
con la barca in avaria
e una bimba malata.
Interviene
la Marina
militare
con i parà.
Le foto
e il video.
54
Lunedì 7 Aprile 2014 Corriere della Sera
Tv in chiaro
Teleraccomando
Rai1
di Maria Volpe
PER CAPIRE
PER DISCUTERE
Inchieste, torna Formigli mette
Milena Gabanelli Renzi sotto esame
Torna Milena Gabanelli
(foto) con una inchiesta molto
interessante e che ci riguarda
davvero tutti. La giornalista è
entrata nel mondo del caffè e
ha detto: «Da stasera i baristi
e i consumatori cambieranno
abitudini». L’espresso è stato
inventato in Italia, ma la
«tazzina» che beviamo nei
bar è di buona qualità? Che
miscele comprano i maggiori
torrefattori e cosa vendono ai
bar, solo caffè o anche altro? Il
secondo servizio è a Verona,
sull’amministrazione Tosi, il
quale un mese fa aveva
querelato l’autore
dell’inchiesta, accusandolo di
costruire un falso scoop ai
suoi danni.
Corrado Formigli (foto)
festeggia stasera la centesima
puntata del suo talk politico
molto seguito (circa il 6%di
share) Titolo della puntata è
«L’abbraccio mortale»,
ovvero un bilancio dei primi
50 giorni dell’esecutivo in
carica. Il giornalista si
domanda e chiede ai suoi
ospiti: il destino del governo è
nelle mani di Renzi o di
Berlusconi? In studio Debora
Serracchiani, Governatore
della Regione Friuli e vice
segretario Pd, Giorgia Meloni,
Fratelli d’Italia, il direttore del
Tg La7 Enrico Mentana, Paolo
Mieli, Presidente di RCS Libri
e la costituzionalista Lorenza
Carlassare.
Report
Rai3, ore 21.05
Piazza pulita
La7, ore 21.10
Rai2
Rai3
rai.it
rai.it
6.45 UNOMATTINA.
Attualità
10.00 UNOMATTINA STORIE
VERE. Attualità
10.30 UNOMATTINA VERDE.
Attualità
11.00 TG 1.
11.25 UNOMATTINA
MAGAZINE. Attualità
12.00 LA PROVA DEL
CUOCO. Varietà
13.30 TELEGIORNALE.
14.00 TG 1 ECONOMIA.
Attualità
14.10 VERDETTO FINALE.
Attualità
15.20 LA VITA IN DIRETTA.
Attualità. Conduce
Paola Perego,
Franco Di Mare. Nel
programma: Rai
Parlamento
Telegiornale; Tg 1
18.50 L’EREDITÀ. Quiz
20.00 TELEGIORNALE.
20.30 AFFARI TUOI. Varietà
21.10 CAROSELLO
RELOADED. Doc.
SERA
21.15 FILM UNA COPPIA
MODELLO.
(Commedia, Italia,
2014). Regia di
Fabrizio Costa. Con
Bianca Guaccero,
Sergio Assisi,
Daniele Pecci. Nel
programma: Tg1 60
secondi
8.05 PROTESTANTESIMO.
Attualità
8.35 DESPERATE
HOUSEWIVES - I
SEGRETI DI
WISTERIA LANE.
Telefilm
10.00 TG2 INSIEME.
Attualità
11.00 I FATTI VOSTRI.
Attualità
13.00 TG 2 GIORNO.
13.30 TG 2 COSTUME E
SOCIETÀ. Attualità
13.50 MEDICINA 33.
Rubrica
14.00 DETTO FATTO.
Attualità
16.15 COLD CASE - DELITTI
IRRISOLTI. Telefilm
17.45 TG 2 FLASH L.I.S.
METEO 2.
17.50 RAI TG SPORT.
18.15 TG 2.
18.45 SQUADRA SPECIALE
COBRA 11. Telefilm
20.30 TG 2 20.30.
21.00 LOL :-). Serie
21.10 REX 6. Telefilm.
Con Francesco
Arca, Augusto
Zucchi, Pilar Abella
22.55 INTELLIGENCE.
Telefilm. Con Josh
Holloway, Meghan
Ory, Marg
Helgenberger
23.50 TG 2.
23.20 PORTA A PORTA.
Attualità. Conduce
Bruno Vespa
0.55 TG1 NOTTE.
1.25 CHE TEMPO FA.
1.30 SOTTOVOCE. Attualità
0.05 FILM BANLIEUE 13.
(Azione, Francia,
2004). Regia di
Pierre Morel. Con
Cyril Raffaelli, David
Belle
Rete4
rai.it
Canale5
Italia1
La7
MTv
mediaset.it/rete4
mediaset.it/canale5
mediaset.it/italia1
la7.it
mtv.it
8.00 AGORÀ. Attualità
10.00 MI MANDA RAITRE.
Attualità
11.10 TG3 MINUTI.
11.15 ELISIR. Attualità
12.00 TG 3.
12.25 TG3 FUORI TG.
Attualità
12.45 PANE QUOTIDIANO.
Attualità
13.10 IL TEMPO E LA
STORIA. Attualità
14.00 TG REGIONE.
14.20 TG 3.
14.50 TGR LEONARDO. Att.
15.05 TGR PIAZZA AFFARI.
Attualità
15.10 TERRA NOSTRA.
Telefilm
16.00 ASPETTANDO GEO.
Documenti
16.40 GEO. Documenti
19.00 TG 3 / TG REGIONE.
20.00 BLOB. Attualità
20.10 SCONOSCIUTI.
Reality
20.35 UN POSTO AL SOLE.
Soap
8.15 HUNTER. Telefilm
9.40 CARABINIERI.
Telefilm
10.45 RICETTE
ALL’ITALIANA.
Attualità
11.30 TG 4 TELEGIORNALE
12.00 DETECTIVE IN
CORSIA. Telefilm
12.55 LA SIGNORA IN
GIALLO. Telefilm
14.00 LO SPORTELLO DI
FORUM. Attualità
15.30 HAMBURG
DISTRETTO 21.
Telefilm
16.35 MY LIFE - SEGRETI E
PASSIONI.
Telenovela
16.50 IL COMANDANTE
FLORENT. Telefilm
18.55 TG 4 TELEGIORNALE
19.35 IL SEGRETO.
Telenovela
20.30 TEMPESTA D’AMORE.
Soap Opera
8.45 MATTINO CINQUE.
Attualità
10.00 TG 5 ORE 10.
11.00 FORUM. Attualità
13.00 TG 5
13.40 BEAUTIFUL. Soap
Opera
14.05 GRANDE FRATELLO
13. Reality
14.10 CENTOVETRINE. Soap
Opera
14.45 UOMINI E DONNE.
Talk show
16.05 GRANDE FRATELLO
13. Reality
16.15 IL SEGRETO.
Telenovela
17.10 POMERIGGIO
CINQUE. Attualità
17.50 TG5 MINUTI.
18.50 AVANTI UN ALTRO!
Quiz
20.00 TG 5
20.40 STRISCIA LA NOTIZIA
- LA VOCE
DELL’IRRUENZA. Tg
Satirico. Conduce
Ficarra e Picone
8.45 UNA MAMMA PER
AMICA. Telefilm
10.30 DR. HOUSE MEDICAL DIVISION.
Telefilm
12.25 STUDIO APERTO. Nel
programma:
Meteo.it
13.00 SPORT MEDIASET.
13.40 GRANDE FRATELLO
13. Reality
14.10 I SIMPSON. Cartoni
14.35 DRAGON BALL GT.
Cartoni
15.25 VECCHI BASTARDI.
Varietà
16.20 URBAN WILD. Varietà
17.25 COME MI VORREI.
Varietà
18.05 I SIMPSON. Cartoni
STUDIO APERTO ANTICIPAZIONI.
18.30 STUDIO APERTO.
METEO.IT.
19.20 C.S.I. - SCENA DEL
CRIMINE. Telefilm.
Con William
Petersen
7.50 OMNIBUS METEO.
Attualità
7.55 OMNIBUS. Attualità
9.45 COFFEE BREAK.
Attualità. Conduce
Enrico Vaime
11.00 L’ARIA CHE TIRA.
Attualità. Conduce
Myrta Merlino
13.30 TG LA7.
14.00 TG LA7 - CRONACHE.
14.40 LE STRADE DI SAN
FRANCISCO.
Telefilm. Con Karl
Malden, Michael
Douglas
16.40 COMMISSARIO
CORDIER. Telefilm.
Con Pierre Mondy,
Bruno Madinier,
Antonella Lualdi
18.10 L’ISPETTORE
BARNABY. Telefilm.
Con John Nettles,
Jane Wymark
20.00 TG LA7.
20.30 OTTO E MEZZO.
Attualità
14.15 SCRUBS. Serie
15.10 MODERN FAMILY.
Telefilm
16.00 COMPAGNI DI BALLO.
Varietà
16.50 TEEN MOM 2. Varietà
17.50 TEEN CRIBS. Varietà
18.20 COMPAGNI DI BALLO.
Varietà
19.20 RAGAZZE:
ISTRUZIONI PER
L’USO. Varietà
20.15 NEW GIRL. Telefilm
21.10 LE RAGAZZE DEL
REDNECK HEAVEN.
Varietà
22.00 ARE YOU THE ONE?
UN ESPERIMENTO
D’AMORE. Varietà
23.00 GEORDIE SHORE.
Varietà
21.05 REPORT. Reportage.
Conduce Milena
Gabanelli
23.00 VISIONARI. Attualità.
Conduce Corrado
Augias
24.00 TG 3 LINEA NOTTE.
0.10 TG REGIONE.
Nel programma:
Meteo 3
21.15 QUINTA COLONNA.
Attualità.
Conduce Paolo
Del Debbio
23.55 TERRA.
Attualità
0.55 TG 4 NIGHT NEWS.
1.15 ROSA
SHOCKING 1984 .
Varietà
21.10 GRANDE FRATELLO
13. Reality.
Conduce
Alessia Marcuzzi
0.15 GRANDE FRATELLO LIVE. Reality
0.40 TG 5 NOTTE. Nel
programma:
Rassegna stampa;
Meteo.it
21.10 FILM 40 CARATI.
(Thriller, Usa, 2012).
Regia di Leth. Con
Sam Worthington,
Elizabeth Banks,
Jamie Bell. Nel
programma: Tgcom
23.25 TIKI TAKA - IL
CALCIO È IL NOSTRO
GIOCO. Sport
21.10 PIAZZAPULITA.
Attualità. Conduce
Corrado Formigli
24.00 TG LA7 - NIGHT
DESK. Attualità
1.10 MOVIE FLASH.
Attualità
1.15 OTTO E MEZZO.
Attualità. Conduce
Lilli Gruber
1.05 FUORI ORARIO. COSE
(MAI) VISTE.
Attualità. Conduce
Enrico Ghezzi. Nel
programma: Free
Zone
2.00 APPUNTAMENTO
CON GABRIELLA
FERRI. Musicale
2.45 MODAMANIA.
Attualità. Conduce
Jo Squillo
1.10 STRISCIA LA NOTIZIA
- LA VOCE
DELL’IRRUENZA. Tg
Satirico
1.45 UOMINI E DONNE.
Talk show
1.45 STUDIO APERTO - LA
GIORNATA.
2.00 SPORT MEDIASET.
2.35 HERCULES. Telefilm.
Con Kevin Sorbo,
Michael Hurst
1.55 COFFEE BREAK.
Attualità. Conduce
Tiziana Panella
3.05 L’ARIA CHE TIRA.
Attualità.
4.45 OMNIBUS . Attualità
Deejay TV
15.00 OCCUPY DEEJAY
16.00 VIA MASSENA 2.
Serie
16.30 FUORI FRIGO. Varietà
16.55 DEEJAY TG.
17.00 DEEJAY HITS.
Musicale
18.00 FELICITY. Telefilm
18.55 DEEJAY TG.
19.00 REVENGE 1. Telefilm
20.00 DIMMI QUANDO.
Varietà
22.00 DEEJAY CHIAMA
ITALIA . Varietà
23.30 ALIAS. Telefilm
0.30 LOREM IPSUM.
Musicale
DATI DI PROGRAMMAZIONE
FORNITI DA COMPUTIME
Film e programmi
Sam Worthington
fa il doppio gioco
Beckinsale, il risveglio
della guerriera
Rai4
L’ex poliziotto Nick Cassidy (Sam
Worthington, foto) minaccia di
uccidersi saltando dal tetto di
un hotel di Manhattan. Ma
l’aspirante suicida nasconde in
realtà un inaspettato segreto...
40 carati
Italia 1, ore 21.10
Dodici anni dopo l’eccidio degli
umani contro vampiri e lycan,
Selene (Kate Beckinsale, foto) si
ridesta dall’ibernazione di cui
era prigioniera, e scopre di avere
una figlia dai poteri eccezionali.
Underworld: il risveglio
Cielo, ore 21.10
Pecci e Assisi
mariti neoseparati
Il sergente Renner
sminatore in Iraq
Per due coppie di coniugi arriva
il giorno della separazione in
tribunale. Al termine della
udienza Enzo (Daniele Pecci) si
dispera, al contrario del libertino
Adriano (Sergio Assisi) che...
Una coppia modello
Rai1, ore 21.15
Un gruppo di artificieri e
sminatori in Iraq, capeggiati
dal sergente James (Jeremy
Renner), affrontano molti
pericoli insieme, uniti da un
legame fraterno.
The Hurt Locker
Rai Storia, ore 21.20
Rai5
rai.it
rai.it
8.40 STREGHE. Serie
9.25 ROBIN HOOD. Serie
10.10 PRIVATE PRACTICE.
Serie
10.55 BROTHERS AND
SISTERS. Serie
11.45 STREGHE. Serie
12.25 STREGHE. Serie
13.15 FLASHPOINT. Serie
13.55 PRIVATE PRACTICE.
Serie
14.45 BROTHERS AND
SISTERS. Serie
15.30 90210. Serie
16.15 VERONICA MARS.
Serie
17.00 ROBIN HOOD. Serie
17.50 RAI NEWS - GIORNO.
17.55 STREGHE. Serie
18.40 STREGHE. Serie
19.25 XENA. Serie
20.25 HEROES. Serie
21.10 FILM THE BERLIN
FILE. (Azione).
Regia di Seungwan Ryoo.
23.20 FILM CONFESSIONS.
(Drammatico).
Regia di Tetsuya
Nakashima.
19.00 PROKOFIEV. Musica
19.40 PROKOFIEV,
CAJKOVSKIJ. Musica
20.35 PASSEPARTOUT.
Attualità
21.15 5 BUONI MOTIVI.
Attualità
21.20 IL GABBIANO. Teatro
24.00 RITRATTO DI ANNA
PROCLEMER.
Documentario
Rai
Storia
Rai
Rai
Premiumrai.it Movie
18.10 TOPAZIO. Telenovela
18.55 PAGINE DI VITA.
Telenovela
19.40 INCANTESIMO. Soap
Opera
20.10 IL MARESCIALLO
ROCCA. Serie
21.10 UN CICLONE IN
CONVENTO. Telefilm
23.00 ESSERE ATTORE.
Attualità
rai.it
19.10 ITALIANI ALL’OPERA!
Documenti
20.30 IL TEMPO E LA
STORIA. Documenti
21.15 REWIND-BINARIO
CINEMA. Documenti
21.20 REWIND-BINARIO
CINEMA.
Documenti
23.25 CORTOREALE.
Documenti
14.40
16.55
17.00
19.15
rai.it
FILM THE TERMINAL.
RAI NEWS - GIORNO.
FILM AMEN.
FILM QUESTO E
QUELLO.
21.15 FILM UOMO BIANCO,
VA’ COL TUO DIO!
23.00 FILM BODY OF
EVIDENCE - IL CORPO
DEL REATO.
0.40 RAI NEWS - NOTTE.
Rai
Gulp
rai.it
Real
Time
realtimetv.it
Class
Tv
DMax
La7d
dmax.it
class.it
la7.it
17.55 WINX CLUB. Cartoni
18.20 GULP GIRL
2013/2014. Attualità
18.45 GRACHI. Telefilm
19.30 VIOLETTA. Telefilm
20.20 VICTORIOUS. Telefilm
20.45 VICTORIOUS. Telefilm
21.10 WINX CLUB. Cartoni
21.35 WINX CLUB. Cartoni
22.25 KUNG FU PANDA.
Cartoni
19.40 IL BOSS DELLE
TORTE. Attualità
20.10 BEST BAKERY.
Attualità
21.10 EXTREME
MAKEOVER: DIET
EDITION. Attualità
22.10 DIMMI COSA
MANGI... Attualità
22.40 DIMMI COSA
MANGI... Attualità
12.00 LAW&ORDER.
Telefilm
14.00 QUELLI DEL LUNEDÌ.
Rubrica sportiva
16.00 TG GIORNO.
Attualità
16.30 TG SPORT. Attualità
17.00 DISTRETTO DI
POLIZIA 1. Serie
20.40 FILM THE
BREAKFAST CLUB.
17.45 SWORDS: PESCA IN
ALTO MARE Pesca
18.35 RIVER MONSTERS
Pesca
19.30 AFFARI A TUTTI I
COSTI. Doc,
20.20 BANCO DEI PUGNI.
Documentario
21.10 TOP GEAR. Attualità
22.50 BANCO DEI PUGNI.
Documentario
18.00 THE DR. OZ SHOW.
Varietà
18.55 TG LA7.
19.00 FOOD MANIAC.
Attualità
19.10 CUOCHI E FIAMME.
Attualità
21.10 FILM I RAGAZZI
STANNO BENE.
23.00 PRIME SUSPECT.
Telefilm
Rai
YoYo
Iris
Cielo
La5
Tv
2000
rai.it
18.30 LA PIMPA. Cartoni
18.55 MOFY. Cartoni
19.10 LA CASA DELLE API
(THE HIVE). Cartoni
19.30 DOTTORESSA
PELUCHE. Cartoni
19.50 CARTONI DELLO
ZECCHINO. Cartoni
20.10 PEPPA PIG. Cartoni
21.20 IL PICCOLO REGNO DI
BEN E HOLLY. Cartoni
iris.mediaset.it
15.44 FILM TRENO DI
PANNA.
17.38 NOTE DI CINEMA.
17.45 FILM UN SOLO
GRANDE AMORE.
19.31 A-TEAM. Telefilm
20.13 RENEGADE. Telefilm
21.04 FILM THE KINGDOM.
23.10 FILM SPY GAME.
1.40 FILM FIGLI DELLA
RIVOLUZIONE.
cielotv.it
20.10 AFFARI DI FAMIGLIA.
Varietà
21.10 FILM UNDERWORLD:
IL RISVEGLIO.
(Azione, Usa, 2012).
Di Måns Mårlind,
Björn Stein. Con
Kate Beckinsale
22.55 LADYBOY: IL TERZO
SESSO.
Documentario
mediaset.it
17.05 NON DITELO ALLA
SPOSA. Doc.
18.15 PARENTHOOD.
Telefilm
19.15 GLEE. Telefilm
20.10 UNA MAMMA PER
AMICA. Telefilm
21.10 FILM GIOCO
D’AMORE.
23.35 UOMINI E DONNE.
Talk show
tv2000.it
20.00 ROSARIO DA
LOURDES - IN
DIFFERITA. Religione
20.30 NEL CUORE DEI
GIORNI INDACO.
Attualità
20.55 TG TG.
21.20 FILM L’AGNESE VA A
MORIRE.
23.30 KOJAK.
Telefilm
55
Corriere della Sera Lunedì 7 Aprile 2014
Pay Tv
Film
e programmi
Divieti che regolano
la vita sociale
Ogni episodio del programma
(foto) racconta le diverse regole
«bibliche» (dal cibo al sesso, dal
lavoro all’educazione dei figli)
svelandone l’origine. E non
mancheranno sorprese e curiosità
Come Bibbia comanda
History Channel, ore 22
Il colonnello Brando
impazzisce in Vietnam
Sky
Cinema
Sport
14.20 HOTEL TRANSYLVANIA In
occasione del 118° compleanno
della figlia, Dracula, proprietario
dell’Hotel Transylvania, invita gli
amici più stretti e nessun umano.
Sky Cinema Family
15.30 TOTAL RECALL - ATTO DI FORZA
Nonostante ami sua moglie, Douglas
si sottopone a un’esperimento in
grado di cancellare per sempre i
ricordi di un’esistenza frustante. Sky
Cinema Hits HD
16.30 NEW POLICE STORY
L’ispettore Wing torna a lavorare
dopo un periodo di depressione. Di
Benny Chan.
Sky Cinema Max HD
17.20 DON CAMILLO Campione d’incassi
nella stagione 1952-53, un classico
interpretato dalla coppia consolidata
G. Cervi e Fernandel. Sky Cinema
Classics
18.35 THE KARATE KID - LA LEGGENDA
CONTINUA Remake della saga
originaria con R. Macchio. Stavolta è
un ragazzo americano a trasferirsi a
Pechino, incontrando il bullo di turno.
Sky Cinema Max HD
19.05 AGENTE 007 - LICENZA DI
UCCIDERE James Bond (S. Connery)
deve fermare il dottor No. Storica
scena con U. Andress in bikini. Primo
film ispirato ai romanzi di Ian
Fleming. Sky Cinema Classics
21.00 IL CAVALIERE DELLA VALLE
SOLITARIA Oscar alla miglior
fotografia per la pellicola diretta da
G. Stevens. Sky Cinema Classics
WOMB Distrutta dalla morte
dell’uomo che ama, Rebecca decide
di rivolgersi al Dipartimento di
Replicazione Genetica... Sky
Cinema Cult
IL GRANDE E POTENTE OZ Oscar
Diggs, un illusionista ciarlatano,
viene trasportato nel fantastico
Regno di Oz. Prequel del celebre film
del 1939. Sky Cinema Family
TERREMOTO NEL BRONX Jackie
Chan, nei panni dell’ispettore Keung,
arriva a New York per un matrimonio
e si mette subito nei guai. Sky
Cinema Max HD
21.05 SCOOBY-DOO Scooby-Doo, con
Fred, Daphne (S. M. Gellar), Shaggy e
Velma hanno sciolto l’attività di
acchiappamostri, ma tornano in
azione. Boomerang
21.10 CI VEDIAMO DOMANI Alla ricerca
dell’occasione della vita, Marcello
apre un’agenzia funebre in un
paesino pugliese di ultranovantenni...
Sky Cinema 1 HD
88 MINUTI A. Pacino, nei panni di
uno psicologo che collabora con il
tribunale, ha a disposizione solo 88
minuti per continuare a vivere. Sky
Cinema Hits HD
22.35 THE MEDALLION Un detective di
Honk Kong (J. Chan) si ritrova
trasformato in un guerriero
immortale che possiede poteri
straordinari. Sky Cinema Max HD
22.55 GATTACA - LA PORTA
DELL’UNIVERSO Set galeotto tra i
protagonisti della pellicola, E. Hawke
e U. Thurman, ambientata nel futuro.
Nomination agli Oscar. Sky Cinema
Cult
23.00 RIUSCIRANNO I NOSTRI EROI A
RITROVARE L’AMICO
MISTERIOSAMENTE SCOMPARSO
IN AFRICA? A. Sordi e B. Blier
partono per l’Angola. Sono sulle
tracce del cognato N. Manfredi.
Commedia diretta da E. Scola nel
1968. Sky Cinema Classics
23.05 THE HOST Seoul: in seguito a un
esperimento riuscito male, un vorace
mostro emerge dal fiume Han
seminando il terrore e catturando
una bambina. Sky Cinema 1 HD
23.15 BRATZ Sasha, Jade, Yasmin e Cloe
sono le quattro adolescenti del
gruppo delle Bratz, appena giunte
alla high school. Sky Cinema
Family
0.10 DESPERADO Un pistolero, l’amico e
una ragazza contro un criminale. A.
Banderas, S. Hayek e Q. Tarantino
nel film diretto da R. Rodriguez. Sky
Cinema Max HD
15.15 SURF: NAUTICAL ADVENTURES
LANDLOCKED COUNTRY Yacht &
Sail
15.30 CICLISMO: 1A TAPPA Giro dei
Paesi Baschi. Diretta Eurosport
16.45 CALCIO: CAGLIARI - ROMA Serie A
Sky Sport 1 HD
17.10 CALCIO: CATANIA - TORINO Serie
A Sky Sport 1 HD
17.30 CALCIO: CHIEVO - VERONA Serie A
Sky Sport 1 HD
18.15 CALCIO: CAGLIARI - ROMA Serie A
Sky Sport 1 HD
18.25 CALCIO: INTER - BOLOGNA Serie A
Sky Sport 1 HD
18.30 SOLLEVAMENTO PESI: 69 KG
UOMINI Campionato Europeo.
Diretta Eurosport
19.00 WRESTLING: WWE EXPERIENCE
Sky Sport 2 HD
20.15 SOLLEVAMENTO PESI: 58 KG
DONNE Campionato Europeo.
Differita Eurosport
20.55 CALCIO: GENOA - MILAN Serie A.
Diretta Sky Sport 1 HD
21.30 BASKET: LA CLIPPERS - LA
LAKERS NBA Sky Sport 2 HD
22.45 KITE WORLD CUP 2012 Yacht &
Sail
23.00 RALLY: 3A TAPPA Abu Dhabi
Challenge. Differita Eurosport
23.20 SOLLEVAMENTO PESI: 69 KG
UOMINI Campionato Europeo
Eurosport
Serie Tv
Intrattenimento
Ragazzi
Documentari
Riedizione con 53 minuti in più del
capolavoro di Francis Ford Coppola.
In Vietnam, il capitano Willard deve
uccidere il colonnello Kurtz (Marlon
Brando, foto) che, impazzito, ha
ingaggiato una sua guerra privata.
Apocalypse Now Redux
Cinema Energy, ore 21.15
L’impresario Brignano
sbaglia business
14.00
15.20
15.55
16.50
Uno spiantato (Enrico Brignano,
foto) decide di aprire l’unica agenzia
di pompe funebri di un paesino
della Puglia, popolato solo da
ultranovantenni. Ma il tempo passa
e i vecchietti restano in salute...
Ci vediamo domani
Sky Cinema 1, ore 21.10
17.20
18.15
19.20
20.05
21.00
21.05
21.30
21.45
21.50
21.55
SUMMER DAYS Disney Channel
A.N.T. FARM Disney Channel
MEDIUM Fox Life
UNA MAMMA PER AMICA
Fox Life
LAW & ORDER: UNITÀ SPECIALE
Fox Crime HD
HOW I MET YOUR MOTHER
Fox HD
UN BLOG DA CANI
Disney Channel
CRIMINAL MINDS Fox Crime HD
N.C.I.S. Fox Crime HD
BUONA FORTUNA CHARLIE!
Disney Channel
A TUTTO RITMO Disney Channel
PIPPI CALZELUNGHE DeAkids
N.C.I.S. Fox Crime HD
LIFE BITES Disney Channel
James Franco
mago da strapazzo
Mediaset Premium
Oscar Diggs (James Franco)
mago da strapazzo, fugge a bordo
di una mongolfiera e arriva nel
favoloso mondo di Oz. Lì, viene
preso per il salvatore tanto atteso,
che ucciderà la strega cattiva.
Il grande e potente Oz
Sky Cinema Family, ore 21
13.46 HART OF DIXIE. Telefilm MYA
14.13 ZOOM. Show Premium Cinema
14.21 DR. HOUSE - MEDICAL DIVISION.
Telefilm JOI
14.22 NEMICO PUBBLICO N.1 - L’ORA
DELLA FUGA. Film Premium
Cinema
14.34 TEXTUALITY. Film MYA
15.05 PROJECT GREENLIGHT 2.
Documentario Studio Universal
14.15 BARBIE RAPERONZOLO DeAkids
15.00 PROJECT RUNWAY USA 8 Fox Life
17.00 MASTERCHEF AUSTRALIA Sky
Uno
17.15 CHI VESTE LA SPOSA-MAMMA
CONTRO SUOCERA LEI
19.10 JUNIOR MASTERCHEF ITALIA
Sky Uno
19.20 PROJECT RUNWAY ITALIA DAILY
Fox Life
19.55 IN CUCINA CON
GIALLOZAFFERANO Fox Life
21.00 L’ASSASSINA DAGLI OCCHI BLU
Sky Cinema Passion HD
21.10 ALESSANDRO IL CONQUISTATORE
Sky Uno
22.00 LA GUERRA DELLE TORTE LEI
22.05 ALESSANDRO BORGHESE MUSICA DA CHEF Sky Uno
15.09 DR. HOUSE - MEDICAL DIVISION.
Telefilm JOI
15.40 EVITA. Film Studio Universal
15.57 FAIRLY LEGAL. Telefilm JOI
16.16 UNA MAMMA PER AMICA. Telefilm
MYA
16.38 SHUTTER ISLAND. Film Premium
Cinema
16.48 FAIRLY LEGAL. Telefilm JOI
17.04 FAIRFIELD ROAD. Film Tv MYA
14.40 THE REGULAR SHOW Cartoon
Network
15.25 TEEN TITANS GO! Cartoon
Network
16.35 THE LOONEY TUNES SHOW
Boomerang
17.25 LBX K2
18.15 POKEMON NERO&BIANCO:
AVVENTURE A UNIMA E ALTROVE
K2
18.45 THE LOONEY TUNES SHOW
Boomerang
19.10 MALEDETTI SCARAFAGGI
Boomerang
20.10 I DALTON DeAkids
20.40 THE LOONEY TUNES SHOW
Boomerang
20.50 I FANTASMI DI CASA HATHAWAY
Nickelodeon
18.00 CLOSE UP. Documentario Studio
Universal
18.34 RITORNO AL FUTURO. Film Studio
Universal
18.42 HART OF DIXIE. Telefilm MYA
19.17 SANCTUM. Film Premium Cinema
19.25 PSYCH. Telefilm JOI
19.30 PARENTHOOD. Telefilm MYA
20.17 PSYCH. Telefilm JOI
20.20 PARENTHOOD. Telefilm MYA
14.15 COME È FATTO Discovery Science
15.05 ESPERIMENTI ESPLOSIVI
National Geographic
16.05 LE CITTÀ SEGRETE
History Channel
17.00 BIG HISTORY: MEGA-INGEGNERIA
History Channel
18.10 CASE IMPOSSIBILI: HAWAII
Discovery Channel HD
19.00 AFFARI DI FAMIGLIA
History Channel
20.00 AFFARI A QUATTRO RUOTE
Discovery Channel HD
21.00 CACCIATORI DI MITI
History Channel
21.25 COSA TI DICE IL CERVELLO?
National Geographic
22.00 MARCHIO DI FABBRICA:
EUROTUNNEL Discovery Channel
20.40 A NOI PIACE CORTO. Show Studio
Universal
21.00 SPECIALI JOI. Rubrica JOI
21.15 LES MISÉRABLES. Film Premium
Cinema
21.15 SHAMELESS. Telefilm JOI
21.15 PARENTHOOD. Telefilm MYA
21.15 COLPO GROSSO. Film Studio
Universal
22.06 MERCY. Telefilm MYA
A fil di rete
di Aldo Grasso
Quando la disabilità
incontra amore e sesso
R
appresentare la disabilità in tv non ha nulla di
scontato: per questo, ogni nuovo tentativo va
considerato con molta attenzione e cautela. Su
Real Time è iniziata una nuova serie, si chiama
«Undateables» ed è un docureality inglese che
racconta le storie di giovani affetti da diverse sindromi, come la Tourette, l’Asperger, il nanismo, che hanno serie conseguenze fisiche e psichiche e condizionano la loro possibilità di comunicare e stabilire
relazioni sentimentali e sesVincitori e vinti
suali (sabato ore 19.10 e, nuova
puntata, domenica, ore 23.05).
Michael
«Undateables» significa letSheen
teralmente (e provocatoriaIl fantasy
mente) «non frequentabili»,
di Italia 1
perché il programma racconta
batte la
l’aspirazione profonda dei proscienza di Rai3. Sabato
tagonisti a incontrare un comsera all’insegna della
pagno o una compagna di vita
fantasia su Italia 1,
da amare, aiutati da alcuni
con «The Adventurer.
professionisti di un’agenzia
Il mistero dello scrigno
d’incontri. Ma cosa succede
di Mida», con Michael
quando alle già complicate reSheen: per 1.495.000
gole dell’attrazione si aggiunspettatori, e una
gono gli impedimenti legati
share del 6%
all’handicap?
Di fronte a questi programDonato
mi, bisogna sempre chiedersi
Carrisi
se stiamo assistendo a una
La scienza
rappresentazione realistica e
di Rai3
delicata, o a un uso retorico dei
superata
buoni sentimenti, a un’esaspedalla fantasia di Italia
razione del pietismo che a vol1. Appuntamento del
te circonda l’handicap. «Undasabato di Rai3 con
teables» pare un tentativo riuDonato Carrisi e il
scito, perché la speranza e il
suo «Sesto Senso»,
desiderio dei protagonisti sodedicato al rapporto
no sempre mostrati insieme
fra cervello e pancia:
alla consapevolezza profonda
per 897.000 spettatori,
della difficoltà di conseguirli.
e una share del 3,8%
Intervistato sul programma, lo
psichiatra Gustavo Pietropolli
Charmet, uno dei massimi esperti sul tema, ha spiegato che
«è una novità collegare l’handicap alla sessualità, o all’innamoramento, all’incontro, al corteggiamento e alla seduzione. È culturalmente difficile nel nostro Paese, dove esistono
molte barriere. È difficile dire chi ha l’handicap: le persone
normali che creano barriere o chi aspira a un contatto, a un
affetto, in un corpo che ha delle difficoltà a esprimersi?».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Forum «Televisioni»: www.corriere.it/grasso
Videorubrica «Televisioni»: www.corriere.tv
22.16 UNITED STATES OF TARA. Telefilm
JOI
22.52 UNITED STATES OF TARA. Telefilm
JOI
22.59 NIP’N TUCK. Telefilm MYA
23.25 PHILADELPHIA. Film Studio
Universal
23.27 CHUCK. Telefilm JOI
23.54 ANNA KARENINA. Film Premium
Cinema
23.54
0.12
0.46
0.57
GOSSIP GIRL. Telefilm MYA
CHUCK. Telefilm JOI
DANCE ACADEMY. Telefilm MYA
DR. HOUSE - MEDICAL DIVISION.
Telefilm JOI
1.17 DANCE ACADEMY. Telefilm MYA
1.35 DISASTRO A HOLLYWOOD. Film
Studio Universal
1.44 DR. HOUSE - MEDICAL DIVISION.
Telefilm JOI