presentazione di Venezia - Liceo Scientifico e Classico "Marie Curie"

Liceo scientifico e classico Marie Curie – Meda(MB)
AS 2013 – 2014
Classe seconda A liceo scientifico
Classe seconda A liceo classico
Venezia è un pesce?
Guida pratica per la visita della città sull’acqua
Il perché di un viaggio
“Di solito al biennio non si fanno uscite di due giorni, tanto meno al classico”: queste sono le parole con
cui un allievo ha esordito il giorno in cui gli studenti, durante un’assemblea di classe, discutevano delle
uscite didattiche.
Subito tra me penso che mi trovo davanti a ben due cattivi costumi:
a. non devono essere gli studenti a scegliere le mete di un ipotetico viaggio di istruzione
b. non si dovrebbe istituzionalizzare una condizione (quella di non organizzare uscite di più giorni al
classico o al biennio) dovuta a condizioni temporanee di impossibilità.
Perché no? Perché non offrire agli allievi la possibilità di stare insieme, di vedere una città ricca di
storia, di rendersi anche conto dei problemi logistici che si vivono in altre realtà geografiche non molto
lontane, di cogliere lo stridente divario tra la città da vivere e quella turistica, mercificata, massificata?
Se ne parla tra docenti, ci si riconosce tra quegli insegnanti che vogliono costruire un progetto di
viaggio più radicato nel lavoro didattico ordinario e si concretizza il progetto di un viaggio di
istruzione a Venezia, la nostra Venezia perché a noi preme che ai ragazzi resti incollato nella mente un
ricordo di luce, un desiderio di ritornarci per scoprirne i segreti, un desiderio di studiare i risvolti
storici, architettonici, linguistici, letterari di una città, perla dell’Adriatico. Gioiello prezioso, manufatto
delicato che tutto il mondo vorrebbe possedere.
“Andare in giro per calli e campi, senza un itinerario prestabilito, è forse il più bel piacere che a Venezia
uno possa prendersi.
Beati i poveri di topografia,
beati quelli che non sanno quel che si fanno, ossia dove vanno, perché a loro è serbato il regno di tutte le
sorprese, di tutte le scoperte straordinarie.
Infilare una calletta, cacciarsi nella gola nera di un sottoportico, sbucare in una corte che pare un
culdísacco, trovarvi il pertugio di un'altra calletta, uscire da quel dedalo soffocato in un campo arioso,
luminoso, pieno di gente, oppure sulle soglie di un palazzone principesco, oppure su una fondamenta
aperta al sole e al vento, oppure su un rio largo, popolato di barche e barconi: questo è un girare
nell'inaspettato, nell'impreveduto, e quasi nell'inverosimile, che può ricordarci addirittura le nostre
stupende e stupite scorribande per il chimerico paese di Fanciullezza.
Appunto mi diceva una intelligente amica, non veneziana: «A passeggiar per Venezia provo la stessa
impressione che da bambina provavo sedendomi davanti a una grande stufa, spenta; aprivo lo sportello,
entravo in quella tenebra, e d'improvviso mi trovavo in una sala da ballo sfolgorante di luci, da cui
scorgevo, attraverso corridoi misteriosi, altre ed altre sale abbaglianti ...”.
da Valeri Diego, Guida sentimentale di Venezia, Passigli, 1994
Qui di seguito riportiamo in sintesi le fasi di lavoro che hanno coinvolto le due classi partecipanti e le
indicazioni di letture suggerite in preparazione all’uscita.
- Lettura “Venezia è un pesce” di Tiziano Scarpa nel mese di Novembre e Dicembre (2AS e 2AC)
- Il teatro goldoniano: visione della commedia “Arlecchino servitore di due padroni” presso il Piccolo
teatro Grassi di Milano a Dicembre (2AC)
- Storia di Venezia dalla fondazione allo splendore del dominio sul mare in epoca moderna (2AS)
- Individuazione da parte dei docenti dei monumenti da approfondire in lavori di gruppo nei mesi di
Gennaio e Febbraio (2AS e 2AC)
- Presentazione da parte dei singoli gruppi dei propri lavori di ricerca a classi congiunte in orario
scolastico e extrascolastico nel mese di Marzo (2AS e 2AC)
- Individuazione da parte dei docenti di percorsi di approfondimento da svolgersi in loco mediante
osservazioni libere, interviste ai locali, fotografie, disegni (2AS e 2AC) nel mese di Marzo
- Stesura di una relazione per ogni partecipante al rientro dal viaggio (2AS e 2AC) nel mese di Marzo
- Verifica scritta (2AS e 2AC) nel mese di Marzo
- Preparazione a classi congiunte del materiale per la costruzione di una guida sulla città di Venezia nel
mese di Aprile e Maggio.
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Ponte di Calatrava
Ponte degli Scalzi
Ponte di Rialto
Ponte dell’Accademia
Ghetto
Basilica dei Frari
Chiesa dei Miracoli
Monumento Colleoni
Chiesa San Giovanni e Paolo
Palazzo ducale
Piazza San Marco
Basilica di San Marco
Arsenale
I ponti
Venezia è tutta un ponte, ma ve ne sono alcuni che spiccano per storia, architettura, problematiche.
Sono i ponti che permettono l’attraversamento del Canal Grande.
Il ponte di Rialto
Il ponte di Rialto è il più antico e sicuramente il
più famoso, che attraversa il Canal Grande nel
suo punto più stretto e che unisce la riva destra
detta Riva del Vin, perché qui si trovavano i
depositi di tutto il vino e degli alcolici che la
città consumava, con la riva sinistra detta
invece Riva del Carbon. Per l’epoca in cui venne
costruito (1587) si trattò di una strabiliante
opera di ingegneria costata 250.000 ducati
d’oro, una cifra allora esorbitante e senz’altro
paragonabile alla somma astronomica spesa
per la realizzazione del nuovo ponte di
Calatrava. Assediato dai turisti che stazionano
presso i negozi di souvenir, il ponte viene
tendenzialmente evitato dai veneziani che, se proprio costretti, lo attraversano lungo il lato nord,
quello meno scenografico. Il lato sud guarda verso San Marco e, quando i turisti si diradano verso il
tramonto, offre un suggestivo scorcio del Canal Grande. La sua particolarità sta nel fatto che ai suoi lati
si allineano due file di arcate che ospitano dei negozi e tre percorsi pedonali. Il ponte è largo ventitré
metri ed è costituito da un'unica arcata lunga ventotto metri e alta sette metri e mezzo e coronata da
una doppia serie simmetrica di 12 arcate per parte. Sull’arcata che guarda verso il Ponte
dell'Accademia (archivolto sud) si trova scolpita da Agostino Rubini un’Annunciazione con l'Arcangelo
Gabriele, la Vergine Maria e la colomba al centro, che sta ad indicare la data di fondazione di Venezia, il
25 marzo 421. Sull’archivolto opposto, che guarda verso la Ca' d'Oro (lato nord), sono stati scolpiti da
Tiziano Aspetti "San Marco e San Teodoro", l’attuale e il precedente protettore della città. Questo
capolavoro di ingegneria fu realizzato utilizzando la Pietra d’Istria, una roccia calcarea sedimentaria di
colore bianco, perché nulla come questo materiale poteva resistere alla salinità dell’acqua di mare.
Il ponte degli Scalzi
Il ponte degli Scalzi è detto anche ponte della stazione o della ferrovia a causa della vicinanza della
stazione ferroviaria di Santa Lucia. La denominazione “Ponte degli Scalzi” è legata alla vicina Chiesa di
Santa Maria di Nazareth, altrimenti nota come “degli Scalzi” perchè appartenuta all'ordine dei
Carmelitani Scalzi. Il ponte collega i due
sestieri di Santa Croce e Cannaregio.
Un primo ponte fu realizzato nel 1858
dall'architetto austriaco Alfred Neville sotto
la dominazione asburgica, per migliorare
l'accesso alla stazione ferroviaria
recentemente costruita. Si trattava di un
ponte in ghisa a struttura rettilinea, molto
simile a quello eretto pochi anni prima dallo
stesso Neville all'Accademia. L'altezza
limitata (4 metri) impediva il passaggio di
imbarcazioni alberate e lo stile
dichiaratamente "industriale" mal si
conciliava esteticamente con le strutture
circostanti. La ghisa inoltre cominciò dopo
pochi anni a dare segni di cedimento strutturale in alcuni punti, per cui il Comune di Venezia fu
costretto nei primi anni trenta a prendere una rapida decisione riguardo alla sua sostituzione.
Il ponte in metallo venne pertanto sostituito da un nuovo ponte a singola arcata interamente in pietra
d'Istria, su progetto dell'ingegnere Eugenio Miozzi (1889-1979). I lavori di costruzione iniziarono il 4
maggio 1932 e il ponte fu inaugurato appena due anni dopo, il 28 ottobre 1934.
Il ponte dell’Accademia
Il ponte dell'Accademia è il più meridionale dei quattro ponti di Venezia che attraversano il Canal
Grande. Conta 53 gradini salendo da Campo San Vidal, mentre verso le Gallerie dell'Accademia sono 36
fino alla balaustra e poi 16 verso gli imbarcaderi e 16 verso il Bar Foscarini. Doveva essere un ponte
provvisorio e durare solo alcuni anni, invece, dopo 80 anni, continua a collegare due delle maggiori
istituzioni di Venezia: le Gallerie dell'Accademia e l'Istituto Veneto di Scienze.Un detto si riferisce
proprio alla "provvisorietà" di tale ponte per indicare una situazione che invece è diventata definitiva:
"provvisorio come il Ponte dell'Accademia". Prima dell’attuale ponte, nel 1852 l’ingegnere austriaco
Alfred Neville, che aveva già diretto la costruzione di 37 ponti sospesi in ferro in Europa, propose un
ponte di una sola travata orizzontale
di 50 m di luce. Il ponte, chiamato
Ponte della Carità, venne subito
realizzato e aperto al pubblico, a
pedaggio, il 20 novembre 1854. Il
nome derivava dal vicino complesso
della Carità che comprende
Convento, Chiesa di Santa Maria
della Carità e Scuola Grande della
Carità. Questi edifici, sconsacrati e in
disuso, sono diventati poi sede
dell’Accademia di belle arti di
Venezia e attualmente ospitano le Gallerie dell’Accademia. Il ponte iniziò dopo alcuni anni a presentare
problemi statici, per la debolezza di alcuni punti della struttura, e nel periodo fascista presentava
ormai preoccupanti segni di deperimento e corrosione. Nell’attesa della costruzione di un nuovo ponte
in pietra, per il quale era stato indetto un concorso, vinto dal progetto degli architetti Torres e Briazza,
venne costruito in soli 37 giorni un ponte provvisorio in legno progettato da Eugenio Miozzi (18891979), che venne aperto al pubblico il 15 febbraio 1933 e che, vista la sua solidità, non è stato più
sostituito.
Il legno del ponte ha avuto bisogno tuttavia di una manutenzione continua e costosa, e nel 1986 è stata
necessaria la totale sostituzione degli elementi in legno, con l’inserimento di archi metallici in grado di
reggere meglio la struttura. Nel 2009 il Comune di Venezia ha pubblicato un bando di gara, attraverso
il quale si intende arrivare ad un progetto di ricostruzione del ponte stesso, mantenendo però la
struttura metallica portante; la parte in legno invece verrà rifatta con altri materiali. Il ponte sarà
completamente privo di barriere architettoniche. La scelta di una ricostruzione è stata dettata dagli
eccessivi costi di manutenzione, ordinaria e straordinaria, che la struttura in legno richiede.
Il ponte della costituzione o
ponte di Calatrava
Nel 1997, l’artista Santiago Calatrava regalò a
Venezia il progetto di un quarto ponte sul Canal
Grande che unisce Piazzale Roma con la
stazione di S. Lucia. Due anni più tardi il
comune della città acconsentì alla costruzione e
affidò l’incarico allo stesso architetto. I lavori
incominciarono nel 2003 e sarebbero dovuti
durare circa un anno e mezzo, ma si protrassero
per quasi sei anni. Infatti, a causa di continui rinvii e dubbi, di fatto, i lavori incominciarono nel 2007, in
concomitanza dell’arrivo dei primi materiali. Il costo totale per il ponte si aggira attorno ai 13 milioni di euro
di gran lunga superiori rispetto ai 7 previsti dall’appalto. Il progetto mostra un ponte dalla forma arcuata con
una campata di 81 metri, larghezza di 6 metri alla base e 9 al centro per un’altezza di 10 metri al culmine; la
struttura è in acciaio, i pavimenti in vetro della Saint Gobain, pietra d'Istria e Trachite Grigia Classica di
Montemerlo. Anche i parapetti sono in vetro, con corrimano in ottone. All'interno dei corrimano sono
installate lampadine a led che dissipano il raggio di luce nei parapetti in vetro. Si sono poi evidenziati alcuni
problemi progettuali, per esempio un aspetto da non sottovalutare è il fatto che la pioggia rende scivolosa la
superficie del ponte in vetro impedendone un sicuro attraversamento.
Il ghetto
La storia
Il ghetto di Venezia era la zona dove gli Ebrei erano
obbligati a risiedere. Esso si trova nel Sestriere di
Cannaregio ed oggi è la sede della comunità ebraica di
Venezia.
La zona un tempo era delimitata da cancelli e gli abitanti
non potevano uscire dall’alba al tramonto.
E’ diviso in tre zone: Ghetto Vecchio, Nuovo e
Nuovissimo.
Attualmente la comunità ebraica del Ghetto di Venezia risulta decisamente ridotta (30 residenti), ma
sono ben 500 gli iscritti ad essa. Mentre un tempo nel Ghetto di Venezia erano fiorenti le attività
bancarie e tipografiche (specialmente nel XVI secolo), la principale risorsa al giorno d'oggi è il turismo.
La parola “ghetto” ha una etimologia incerta, la più accreditata la fa discendere dalla parola veneziana
“geto”, pronunziato “ghèto” dai locali ebrei di origine tedesca, inteso come getto, cioè la gettata di
metallo fuso; questo perché il ghetto di Venezia era il luogo dove sorgeva una fonderia di ferro.
Le origini del nucleo ebraico in laguna sono avvolte da zone d’ombra. Si sa che i primi rapporti
commerciali tra ebrei e veneziani avvennero intorno al X secolo, ma fu solo nel 1385 che il Senato
permise la formazione di una prima colonia di ebrei di origine tedesca, successivamente nel 1397
vennero concessi dei soggiorni limitati e gli ebrei furono obbligati a portare un segno distintivo: un
cerchio giallo sul mantello, poi trasformato in un berretto prima giallo infine, dal 1500, rosso.
La situazione cambiò dopo il 1509 quando masse di profughi affluirono in laguna, in fuga dai
Lanzichenecchi di Massimiliano d’Asburgo: essi si rifugiarono in laguna, sparsi da San Cassiano a
Sant’Agostino, da San Geremia a San Polo, in numero sempre maggiore, trovando subito una difficile
convivenza con la popolazione locale (anche aizzata dai Frati Minori). L’impossibile coesistenza fu una
delle cause che spinse alla decisione di rinchiudere gli ebrei in un quartiere ghetto, senza espellerli, ma
continuando ad esercitare un controllo sui loro capitali.
“Li Giudei debbano tutti abitar unidi in la Corte de Case, che sono in Ghetto apresso San Girolamo, ed
acciocchè non vadino tutta la notte attorno: Sia preso che dalla banda del Ghetto Vecchio dov’è un
Ponteselo piccolo, e
similmente all’altra banda
del Ponte siano fatte due
Porte, qual Porte se debbino
aprir la Mattina alla
Marangona (campana di San
Marco che scandiva il lavoro
all’Arsenale); e la Sera siano
serrate a ore 24 per quattro
Custodi Cristiani a ciò
deputati e pagati da loro
Giudei a quel prezzo che
parerà conveniente al
Collegio Nostro… “
Era il 29 marzo 1516: la
Serenissima decretava la
concentrazione in laguna di
circa settecento ebrei di origine tedesca e italiana, in un’area isolata della città, già sede di una
fonderia. Una zona malsana, prossima alle carceri e al convento di San Girolamo, i cui religiosi avevano
l’incarico di seppellire i giustiziati. Nacque così il primo ghetto della storia.
Gli ebrei furono così obbligati a gestire i banchi di pegno del ghetto e a pagare un gravoso tributo
annuo. La strazzarìa, il commercio dell’usato, era l’unico mestiere alternativo concesso, se si
eccettuano la professione della medicina e il lavoro di pochi fortunati nelle stamperie.
Nel 1541, si decretò la reclusione, nell’area attigua del
Ghetto Vecchio, di un gruppo di ebrei eterogeneo,
benestante, composto da mercanti dell’impero ottomano e
da altri scampati alla cacciata dalla penisola iberica (1492).
In quegli anni Venezia stava vivendo una difficile
congiuntura economica dopo la guerra contro i turchi
(1537-40): era diminuito il volume d’affari con il levante,
mentre emergeva la concorrenza del porto di Ancona.
Perciò gli ebrei apparivano ai Cinque Savi alla Mercanzia (la
magistratura preposta al settore mercantile) come una vera
e propria ancora di salvezza.
Si ampliò il ghetto, il GHETTO NOVO, che inglobò orti e
poche case, con modalità in parte diverse rispetto a quanto
era avvenuto precedentemente. C’era l’obbligo del segno,
ma i nuovi ebrei non si occupavano né di prestito né di
strazzarìa: i loro soggiorni in ghetto erano brevi
(inizialmente quattro mesi, poi fino a due anni), e per molto
tempo fu vietato loro di condurvi le famiglie.
I nuovi mercanti ebrei portavano con loro abitudini orientali, pregavano alla turchesca e indossavano
turbanti; le loro donne esibivano vesti fastose, berretti alti e rigidi con ornamenti in pietre, costosi
gioielli, in contrasto con le modeste abitudini degli ebrei tedeschi dei primi insediamenti.
Con l’arrivo nel 1589 della cosiddetta nazione ponentina (ebrei sefarditi marrani), il ghetto di Venezia
assunse la configurazione definitiva con i banchi di pegno e i negozi di strazzarìa nel grande campo, le
sinagoghe e le casetorri e i palazzetti più eleganti. Nel Ghetto Novo, lo spazio risultò presto
insufficiente (vi erano solo due metri quadri per abitante): le case furono perciò frazionate con
tramezzi di legno, si elevarono gli edifici fino a raggiungere i nove piani, creando i primi grattacieli del
Cinquecento.
Ogni nazione edificò la propria sinagoga, mimetizzata all’esterno ma impreziosita all’interno con una
vera e propria gara fra i diversi gruppi (che mantennero sempre riti separati). Malgrado i pesanti
condizionamenti fiscali ed economici, la comunità venne assumendo un ruolo sempre più importante
per la Serenissima: il ghetto era un centro commerciale utile non solo agli ebrei residenti o stranieri,
ma agli stessi cristiani, che tutte le mattine, all’apertura dei cancelli, si riversavano nelle sue calli.
Al massimo del suo splendore, prima della pestilenza del 1630, l’Università degli ebrei (così si
chiamava allora la comunità) contava quasi 5 mila persone. Una memoria dei Cinque Savi, del 15
marzo 1625, stimava in 100 mila ducati annui il contributo ebraico per il bene pubblico e l’utile privato
della città. Gli ebrei benestanti, anche se in ghetto, vivevano con sfarzo (come testimoniano i frequenti
tentativi di prevenire l’ostentazione del lusso e il diffondersi del gioco d’azzardo).
All’interno dei portoni, oltre ai luoghi di studio e di preghiera, si trovavano un teatro, un’accademia di
musica, cenacoli e salotti letterari. Sulla calle principale del Ghetto Vecchio si affacciavano ogni sorta di
botteghe: da quelle di più immediata utilità a una libreria nel campiello delle Scole; esistevano un
albergo con 24 stanze, presso la Scuola Levantina, una locanda e un ospedale in corte dei Barucchi,
insomma quasi una città nella città, che però fu travolta dall’arrivo della peste del 1630.
L'isolamento e le norme igieniche ritardarono, ma non impedirono il dilagare della peste nel Ghetto.
Nel cimitero del Lido, una lapide indica la sepoltura cumulativa di quel flagello: Hebrei 1631. Passata la
peste, la città uscì prostrata anche economicamente.
Il ghetto si riprese, però, relativamente in fretta: la popolazione aumentò nuovamente, grazie a un
flusso di ebrei dall’Europa orientale in fuga dai massacri dei cosacchi, che spinsero all’apertura nel
1633 di una nuova area, il cosiddetto GHETTO NOVISSIMO. La decisione dei Cinque Savi alla Mercanzia
di predisporre dignitose possibilità residenziali per attirare in laguna nuovi gruppi ebraici fu spinta
dalla necessità di ridare linfa all’economia veneziana.
Non bastarono, tuttavia, le ricchezze dei mercanti ebrei: le guerre contro i turchi dissanguarono
definitivamente le risorse di Venezia, mentre le scoperte geografiche, spostando i commerci dal
Mediterraneo all’Atlantico, trasformarono la Serenissima in un centro finanziario periferico.
Con l’arrivo di Napoleone e la caduta della Repubblica di Venezia nel 1797, i cancelli furono abbattuti e
agli ebrei furono riconosciuti tutti i diritti. La storia della comunità ebraica si allaccia a quella del
popolo veneziano, poi italiano.
Facendo un salto temporale e giungendo nel 1938, possiamo ricordare la promulgazione delle leggi
razziali fasciste, che diedero inizio alla deportazione ebraica nei campi di sterminio. La Soah vide la
morte ci circa 200 ebrei Veneziani.
Monumenti e curiosità
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Il ghetto di Venezia è caratterizzato da case torri, sviluppate in altezza e non in larghezza,
poiché dovevano ospitare il maggior numero possibile di abitanti.

Troviamo cinque sinagoghe che derivano dalle
antiche sinagoghe, dette SCOLE: Scola Grande
Tedesca, Scola Canton, Scola Italiana, Scola
Levantina, Scola Spagnola. Le loro facciate non
sono molto sfarzose, perché le leggi ebraiche
non lo consentono, ma al loro interno sono
molto ricche e sono fra le più belle in Europa.
Nel campo del Ghetto Novo, incastonato tra le
due più antiche sinagoghe veneziane, si trova il
MUSEO EBRAICO di Venezia; un piccolo, ma
ricchissimo museo fondato nel 1954 dalla
Comunità Ebraica veneziana. I pregiati oggetti
esposti al pubblico, importanti esempi di
manifattura orafa e tessile databili tra il XVI e il XIX secolo, sono testimonianza della viva
tradizione ebraica. Il museo propone inoltre un’ampia selezione di libri e manoscritti antichi e
oggetti in uso nei più importanti momenti del ciclo della vita ebraica. Qui è visibile il
MONUMENTO ALL'OLOCAUSTO (1980), che è opera dello scultore lituano Arbit Blatas.
Frequenti sono i ristoranti con cucina Kosher

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Santa Maria dei Miracoli
Storia
Questa chiesa si trova nel sestiere di Cannaregio. Il progetto
venne affidato all'architetto Pietro Lombardo che, con l'aiuto
dei figli Tullio e Antonio, progettò e costruì questo piccolo
tempio nel giro di 8 anni (1481-1489). È uno dei primissimi
edifici di stile rinascimentale a essere stati costruiti a Venezia:
nel corso del XVI secolo vennero effettuati degli interventi agli
interni.
La grande conquista del Rinascimento, rispetto al passato, è
stata quella di aver creato negli spazi interni quello che i greci
antichi avevano realizzato per l'esterno dei loro templi, dando
vita ad ambienti regolati da leggi immediatamente percepibili e
facilmente misurabili dall'osservatore.
Nel 1997 è stata oggetto di un accurato restauro, che ha
permesso ai turisti e ai veneziani di godere completamente
delle sue bellezze artistiche.
Tradizione
Nella seconda metà del XV secolo esisteva un dipinto, posto ad
un angolo dell'abitazione del mercante lombardo Angelo Amadi.
Ritenuto miracoloso dagli abitanti della zona, a questo dipinto si
affidavano gli abitanti, per chiedere numerose grazie. Da qui la
necessità di rendere omaggio al quadro della Vergine con una
costruzione degna dei suoi miracoli.
Esterno
La chiesa si presenta con una struttura rettangolare, il lato
sinistro affonda nell'acqua di un canale.
La facciata pentapartita è divisa in due ordini, invertiti rispetto
ai classici canoni vitruviani: l'ordine inferiore, con capitelli
corinzi, è architravato, mentre quello superiore, ionico, è
composto da 5 archi ciechi. Sovrasta la facciata un ampio
frontone semicircolare, decorato da un rosone, 3 oculi e 2 cerchi
marmorei. L'intera facciata è ricoperta di marmi policromi
(bianco, serpentino, giallo e rosso); sopra il portale vi è un
timpano curvilineo, decorato da un busto raffigurante la Madonna col Bambino.
Basilica San Giovanni e Paolo
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La Basilica dei Santi Giovanni e Paolo –
detta San Zanipolo in dialetto veneziano –
è la più grande costruzione sacra di Venezia.
Questo edificio in mattoni ha una
lunghezza di 102 metri ed un’altezza di 35
metri. Con il monumento equestre a
Colleoni nella piazza antistante e la Scuola
di San Marco, questo complesso forma
un´impressionante composizione di
costruzioni gotiche e rinascimentali. La
costruzione della chiesa durò quasi 200
anni e fu un progetto dei Domenicani a
Venezia. San Zanipolo viene spesso e
volentieri chiamato dai veneziani
pantheon, visto che la Basilica custodisce i
resti mortali di 27 dogi veneziani.
Gli interni L’esterno della basilica viene lasciato molto semplice. Nell’interno invece la
costruzione a tre navate è sorretta da enormi colonne e sembra molto grande grazie alla vista
libera che raggiunge addirittura l´abside, invasa dalla luce. 27 sepolcri rigorosamente realizzati
in stile gotico e rinascimentale sono distribuiti in tutta la chiesa. Già presso la parete
occidentale si trovano i colossali sepolcri dei dogi Pietro, Giovanni e Alvise Mocenigo. Segnano
molto bene il passaggio dal rinascimento al barocco: dal sepolcro rinascimentale con le statue
di Ercole fino alla colossale tomba sopra il portale centrale.
La navata laterale sinistra Nella navata laterale sinistra ci sono tre monumenti funebri: il
primo è il sepolcro del doge Nicolò Marcello, il secondo è quello di Tommaso Mocenigo,
bell’esempio per lo stile di transito dal tardo gotico al rinascimento, dove venne usato per la
prima volta il letto a baldacchino in stoffa; il terzo sepolcro, forse il più antico della Basilica, è
situato nella Cappella Cavalli, dove giace il doge Giovanni Dolfin.
Il presbiterio L´altare maggiore ha la forma di un arco di trionfo e qui si trovano le statue dei
due patroni Giovanni e Paolo. Inoltre ci sono quattro sepolcri ducali: all´inizio del presbiterio,
sul lato sinistro, si trova il sepolcro del doge Marco Corner, successivamente il sepolcro del

doge Andrea Vendramin, realizzato interamente in stile rinascimentale e sulla parete opposta
sono situati i sepolcri dei dogi Leonardo Loredan e Michele Morosini.
La navata laterale destra Nella navata laterale destra si trova un transetto decorato con
alcuni bei dipinti, tra cui la pala d´altare di Lorenzo Lotto, che presenta influenze di Tiziano.
Nell´adiacente Cappella di San Domenico, particolare è l´affresco sul soffitto di Giovanni
Battista Piazzetta, capolavoro del rococò veneziano nella Basilica dei Santi Giovanni e Paolo.
Uscendo dalla cappella, raggiungerete poco dopo il monumento funebre, in puro stile gotico,
del doge Silvestro Valier. Fu l´ultimo doge seppellito nella Basilica intorno al 1700.
Chi sono i dogi
I primi dogi (dose in lingua veneziana derivata dal nome latino dux-ducis) furono magistrati bizantini
nel IX e X secolo. In principio il dogato fu il vero centro del potere e le grandi e antiche famiglie patrizie
cercarono di rendere ereditaria la carica, che invece prima era assegnata dai rappresentanti di
un’assemblea popolare, da rinnovarsi ogni anno. Il doge incarna la maestà dello stato. Indossa vesti
sfarzose, manti in ermellino, oro e argento. Il corno ducale lo usa nelle numerose processioni, ma ne ha
uno più prezioso chiamato zogia (gioiello) messo solo nel giorno della sua incoronazione e nel giorno
di Pasqua. Alla sua morte viene esposto nella sala del Piovego di palazzo ducale, portato con enorme
seguito fino alla chiesa di San Giovanni e Paolo. Il suo corpo viene sollevato nove volte dai marinai al
grido di "Misericordia!" Ma quello non è il doge, è un “saco de pagia, e maschera de cera”. La vera
salma viene seppellita di notte nel riserbo più assoluto nella sua tomba di famiglia. C'è rispetto,
devozione e onore alla carica, ma non alla persona. Il doge è uno dei rarissimi magistrati veneziani con
mandato illimitato. Una volta eletto, il doge si presenta al popolo in piazza San Marco nel suo pozzetto
sorretto dagli arsenalotti con tanto di lancio delle monete alla folla festeggiante. Al doge venivano
vietate molte cose. Non poteva proporre misure che aumentassero i suoi poteri, non poteva abdicare
se non erano gli altri ad imporglielo. Non poteva ricevere nessuno in veste ufficiale senza la presenza
dei consiglieri, non poteva concedere udienze private. Se qualcuno in qualsiasi circostanza gli parlava a
tu per tu di affari di stato era obbligato a cambiare discorso. Non poteva esporre in pubblico il suo
stemma. Né lui né i suoi parenti non potevano dare o ricevere doni. Nessuno doveva inginocchiarsi
dinanzi al doge né baciargli la mano. Non poteva uscire da palazzo Ducale se non in forma ufficiale né
andare a teatro o al caffè. Il doge non poteva andare in villeggiatura se non per motivi di salute.
Curiosità
Era il 1687 quando, come bottino di guerra, il doge Francesco Morosini portò dal porto di Pireo vicino
ad Atene il più grande dei 4 leoni all'ingresso dell'Arsenale. La spedizione era quella famosa in cui i
veneziani distrussero a cannonate il Partenone, polveriera dei nemici turchi.
Il monumento equestre a
Bartolomeo Colleoni
Il Monumento equestre a Bartolomeo Colleoni è una statua bronzea
di Andrea del Verrocchio che avviò l'opera a Firenze nella
sua bottega, realizzata tra il 1480 e il 1488 per ordine della
Repubblica veneziana nel 1479 e situata a Venezia in Campo San
Zanipolo. Si tratta della seconda statua equestre del Rinascimento.
Nel 1481 il modello di cera venne mandato a Venezia, dove
nel 1486 si trasferì l'artista per completare l’opera.
Il più grande problema di questo tipo di rappresentazioni era la
statica: se infatti si voleva rappresentare il cavallo al passo, con una
zampa sollevata per dare un segno di maestoso incedere, ciò
comportava notevoli preoccupazioni per le opere, poiché il pesantissimo bronzo veniva a essere legato
a tre appoggi relativamente esili rappresentati dalle zampe del cavallo. Verrocchio fu il primo a
riuscire con successo nell'impresa di appoggiare il monumento su tre sole zampe con il busto rigido ed
energicamente ruotato, la testa saldamente puntata verso il nemico, le gambe rigidamente divaricate a
compasso, la gestualità grintosa e vitale. Le linee di forza ortogonali (orizzontale nel profilo superiore
del dorso e del collo del cavallo, verticale della figura del condottiero) amplificano l'effetto dinamico.
Il cimiero del Colleoni crea una zona d'ombra sul volto che lo incornicia rendendo più espressiva la
mimica facciale arrabbiata.
Dopo la morte dello scultore Verrocchio, il monumento fu terminato da Alessandro Leopardi che lasciò
la firma sulla cinghia al petto del cavallo e disegnò l'alto piedestallo marmoreo.
Bartolomeo Colleoni
Bartolomeo Colleoni (1400-1475) è probabilmente il più celebre
capitano di ventura del XV secolo, condottiero bergamasco per 21
anni al servizio della repubblica, protagonista di numerosi eventi
bellici ed immortalato dal Verrocchio nell’omonima statua equestre a
Venezia.
Il Colleoni deve però tanta fortuna non solo al suo valore in battaglia,
ma anche alla sua chiacchieratissima vita sessuale, oggetto di
pettegolezzi: nel 1569, ad esempio, Pietro Spino lo chiamava
volutamente “Bartolomeo Coglione” per esaltarne l’eccezionale
virilità, raffigurata addirittura nello stemma ufficiale di famiglia
(originariamente tre testicoli, poi sostituiti da altrettante teste di
leone).
In effetti il Colleoni ebbe ben otto figlie dalla moglie Tisbe. Ma dove
finisce la realtà e dove inizia la leggenda di questo incredibile soldato, capace di guadagnarsi la fiducia
della sospettosa Venezia per oltre vent’anni? E’ difficile dirlo con precisione; la stessa data di nascita
del Colleoni è ancora oggetto di dibattito tra gli storici. Persiste così la tradizione dell’anno 1400, nei
dintorni della cittadina bergamasca di Solza.
Dopo vent’ anni al servizio della repubblica veneziana, nel 1433 sposò la bella Tisbe e sembrò
dimenticare per sempre le proprie ambizioni guerriere. Tuttavia lo scoppio di una nuova guerra lo
vide ancora nei ranghi veneziani, facendosi onore ma guadagnando ben pochi denari. Riuscì
comunque a compiere un’impresa leggendaria, rifornendo la città con una flotta fluviale. Alla fine della
lunga guerra ottenne in concessione diverse terre nella Bergamasca. Tuttavia Venezia continuò a
maltrattarlo, riducendogli costantemente la paga per le truppe. Stanco di tanta ingratitudine,
Bartolomeo fuggì e si unì ai Milanesi. Colleoni partecipò alla generale riscossa contro gli stessi
veneziani e vinse. Venne poi tradito da un suo superiore che lo fece imprigionare insieme alla moglie
agli arresti domiciliari. Sembrava la fine di una brillante carriera.
Alla sua morte, nel 1474, il Colleoni, fra i lasciti testamentari, beneficò la città di Venezia degli stipendi
arretrati e dispose che centomila ducati d'oro fossero impiegati nella guerra contro i Turchi. Chiedeva
inoltre gli fosse eretta una statua equestre in bronzo di fronte alla basilica di San Marco ma
la Repubblica di Venezia, da sempre contraria al culto della persona, deliberò, il 30 luglio 1479, che si
erigesse la statua al Colleoni non in piazza San Marco, ma dinanzi alla Scuola di San Marco, in campo
San Giovanni e Paolo.
Basilica dei Frari
La basilica dei Frari è situata nel campo dei Frari. Campo
dei Frari è un campo di Venezia, situato nel sestiere di San
Polo, tra Campo San Rocco e Campo San Stin. Il campo
prende il proprio toponimo dall'antica presenza nel luogo
degli ordini minori, detti in veneziano Frari. Campo dei
Frari è uno dei campi più importanti e frequentati della
città lagunare, per la presenza appunto del complesso
della Basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari.
Storia
La storia di questo monumentale ed artistico complesso affonda le
radici nel secondo decennio del 1200 allorché i primi frati, seguaci di
Francesco d'Assisi, giunsero per la prima volta a Venezia.
In qualche anno fu prosciugato il vasto stagno, conosciuto come "lago
Badoer”, e questo divenne il locus su cui i frati eressero il primo
convento e la chiesa dedicata alla Madonna, e che i veneziani subito
chiamarono Santa Maria dei Frari o più semplicemente "Frari". Poco
dopo però ci si accorse che la chiesa risultava troppo piccola per
ospitare un gran numero di fedeli, perciò fu ampliata e si costruì una
seconda basilica contigua alla principale.
Anche questa chiesa, nel giro di ottant'anni, risultò troppo piccola e si
pensò di costruirne una terza più larga e lunga il doppio. Il progetto
della nuova costruzione prevedeva di capovolgerne l'orientamento.
Di lato fu creato il "campo dei Frari", con il pozzo per attingere l'acqua dolce, e sul lato destro gli edifici
della Scuola dei Fiorentini . Addossata alla chiesa era sorta la prima abitazione dei frati: un
piccolo convento ad un piano in legno e mattoni. Dopo un funesto incendio, il convento venne
ricostruito ed ampliato. Con la soppressione napoleonica, i frati furono cacciati ed il convento, per
qualche tempo, fu adibito a caserma. Poi fu trasformato in Archivio di Stato. Per l'enorme raccolta di
documenti è uno dei più famosi archivi del mondo.
Pittura
Pala dell’Assunta di Tiziano
L’opera fu commissionata a Tiziano dai frati francescani del convento dei
Frari come pala d' altare. L'innovazione, rispetto alla pittura sacra veneziana
dell'epoca, fu di una tale portata che i committenti rimasero sconcertati. I frati
stavano infatti per rifiutarla, se non fosse stato per l'ambasciatore austriaco,
che si offrì di acquistarla, riconoscendone e facendone riconoscere quindi il
valore. Creò scandalo tra i pittori della Laguna, che faticarono ad accogliere il
decisivo passo in avanti rispetto alla quieta e pacata tradizione precedente.
La Madonna di Ca’ Pesaro
La geniale innovazione di Tiziano in questa opera consiste nell'aver
spostato la figura principale della Immacolata dalla sua tradizionale
centralità ad una posizione laterale e pur sempre predominante, al vertice
della piramide geometrica formata dagli altri personaggi.
Trittico
L'opera è un trittico, composta cioè da tre scomparti: al
centro la Madonna in trono col Bambino e due angeli
musicanti, a sinistra i Santi Niccolò e Pietro e a destra
Marco e Benedetto.
Scultura
Il monumento rinascimentale funebre in onore di Tiziano
Per volontà dello stesso Tiziano che espresse il desiderio di essere sepolto
nella Basilica dei Frari, ai piedi dell’altare del Crocifisso per il quale realizzò la
Pietà, sua ultima opera, due discepoli del Canova eseguirono quest’imponente
monumento funebre nel quale l’artista venne collocato nella seconda metà del
Cinquecento.
San Girolamo di Alessandro Vittoria
viene definita dal Fogolari "...una delle opere piu' famose del cinquecento"
per l’espressione michelangiolesca, il realismo anatomico, la forza.
San Giovanni Battista di Sansovino
E’ di marmo e metallo ed è situata nella cappella Corner. Il San Giovanni Battista
è firmato dal maestro fiorentino ed è collocato sull’ampia vasca della fonte
battesimale.
Altare del crocifisso
L’altare è di marmo. Sull’altare ci sono diversi angeli due dei quali sono inginocchiati ai piedi del
Crocifisso.
Monumento al doge Pesaro. Il doge Giovanni Pesaro volle il suo monumento funerario nella chiesa dei
Frari. L’artista ideò un monumentale impianto architettonico, ponendo in alto, al centro, la statua del
doge circondata da numerose altre sculture, collocate ai lati e in basso. L’impianto architettonico e
decorativo produce contrasti di ombre e di luci che rendono animata e scenografica la parete.
Curiosità
Il Patronato dei Frari: punto di riferimento per la città
Il Patronato è per tutti un luogo di ritrovo un punto di
incontro per l’intera città con le sue iniziative culturali e
con il suo famoso cinema del teatro dei Frari.
Quando si visita la splendida basilica dei Frari a Venezia, ci si
trova davanti ad una piramide. Si tratta di un monumento
funebre, dedicato al grande scultore neoclassico Antonio
Canova.
Fu realizzato dai suoi allievi, seguendo un progetto del maestro
per un monumento a Tiziano mai realizzato, per custodire il
cuore dello scultore, mentre il resto delle sue spoglie si trovano
nella sua città natale.
La forma inconsueta di questo monumento è un chiaro
messaggio per gli ‘Iniziati’, dal momento che Antonio Canova
faceva parte della Massoneria e la piramide è il simbolo del
Grande Architetto dell’Universo .
San Giorgio dei Greci
Storia
La chiesa cattedrale greco-ortodossa di San Giorgio in Venezia, conosciuta con il nome di San Giorgio
dei Greci, è la più antica e storica chiesa dell'Ortodossia nella diaspora. Essa è stata per interi secoli
una delle più splendide chiese ortodosse nel mondo. Si trova nel sestiere del Castello.
Venezia ha conosciuto da sempre la presenza di greci, essendo un porto commerciale in continuo
contatto con l'impero bizantino. Al momento del crollo dell'impero e della presa di Costantinopoli da
parte dei turchi, un certo numero di greci ortodossi cercò riparo nella città lagunare. Ben presto
ebbero bisogno d'una chiesa che fu edificata con il permesso di papa Leone X in un momento in cui si
pensava che i greci fossero in comunione con la sede romana.
La sua costruzione si è resa possibile grazie ai contributi dei greci ortodossi di Venezia e dei marinai
greci di passaggio nella città.
La costruzione dell'edificio iniziò nel 1539 per concludersi nel 1573.
Campanile
La caratteristica più evidente di questa
chiesa è il campanile inclinato che sembra
sul punto di cadere nel Rio dei Greci: la
causa dell'inclinazione del campanile è lo
sprofondamento.
Fu costruito da Bernardo Ongarin durante il
periodo 1587-1603.
Iconostasi
L'iconostasi è una parete divisoria decorata
con icone che separa la navata delle chiese
di rito orientale dal Bema (santuario), dove
viene celebrata l'Eucaristia.
L'iconostasi è caratterizzata da decorazioni in marmo e da pitture di Michele Damasceno raffiguranti
vari santi e, sull'architrave, le Dodici feste. Completano la decorazione dell'iconostasi un Cristo
Pantocrator di anonimo bizantino, risalente alla fine del Trecento e collocato nella parte centrale e una
serie di pitture di scuola greca del XVIII secolo ai lati e lungo i pilastrini.
Navate
L'interno ha una struttura a navata unica ed è ricoperto di affreschi ad opera di Giovanni di Cipro.
La navata è lo spazio centrale della chiesa, dove i fedeli si riuniscono per il culto. Oggi, nella navata ci
sono panche o sedie, ma secondo la tradizione più antica nella navata i fedeli dovrebbero rimanere in
piedi.
L’arsenale
L’Arsenale è stato il cuore dell’industria navale di Venezia dal XII secolo in poi. Il
nome deriva dall’arabo daras-sina’ah (casa d’industria), che a seguito delle variazioni
subite nel tempo si è trasformato appunto in Arsenale. Da quella parola araba deriva
anche la Darsena, ossia gli specchi d’acqua artificiali interni all’Arsenale stesso.
Generalmente la parola “arsenale” indica l’insieme delle armi e delle macchine da
guerra, invece l’Arsenale riferito a Venezia indica proprio l’industria navale della
città, che può essere definita tale poiché anticipò di circa 600 anni il concetto di
catena di montaggio: gli Arsenalotti, ossia gli operai dell’industria, montavano in
successione dei pezzi su dei manufatti-base; essi costituivano il cuore dell’Arsenale,
ed erano circa 1500/2000, un numero elevatissimo per l’epoca, circa il 5% della
popolazione (100000 abitanti).
La storia dell’Arsenale è abbastanza complessa, nonostante
parta nel XII secolo; in cinquant’anni, dal 1150 al 1200, si
forma il primo nucleo, che costituisce l’Arsenale Vecchio. E’
situato tra San Pietro di Castello e la parrocchia di San
Giovanni in Bragora, nel cui interno vi è la Darsena Vecchia.
Questo luogo era perfetto per la difesa contro gli attacchi
nemici, ma era anche il punto di arrivo del legname proveniente
dal Cadore. La prima testimonianza di tutto ciò risale al 1220.
Dal 1304 al 1326 viene edificato l’Arsenale Nuovo, e al suo
interno la Darsena Nuova. Si costruiscono inoltre delle officine
per la fabbricazione di remi, dei depositi di peci, cavi, sartiame, legnami, chiodi, ancore, catene, delle
strutture murarie per la fabbrica, nuovi cantieri e infine delle Corderie della Tana, per la produzione di
cordami. Nel 1390 si termina la costruzione delle Fonderie e nel 1377 inizia la costruzione delle due torri
dell’ingresso ad acqua.
Nel 1453 – si sa – cade l’impero Romano d’Oriente che viene invaso dagli Ottomani. Essi costituivano una
minaccia per tutta l’Europa Occidentale, a causa della potenza del loro esercito. Venezia dunque rafforza
l’intero Arsenale dal punto di vista militare per fronteggiare la pericolosa flotta ottomana. Nel 1460 viene
terminata la costruzione della Porta di Terra, del nucleo della Sale d’Armi e dell’officina dell’Artiglieria.
In quasi un secolo, dal 1473 al 1570, vengono acquistati dei terreni paludosi a nord della Darsena Nuova, che
vengono bonificati per costituire il territorio su cui verrà costruito l’Arsenale Nuovissimo; questa volta non si
costruiscono più depositi per i materiali, ma edifici per i lavoratori, come residenze esterne per gli stessi,
magazzini per i cereali e forni pubblici: gli Arsenalotti erano infatti il cuore dell’industria, e assicurare loro
una buona qualità di vita garantiva un’ottima efficienza lavorativa. Sulla Darsena Nuovissima vengono
costruite delle tettoie e dei cantieri, le cui costruzioni terminano nel 1545. Al termine del XVI secolo,
l’Arsenale raggiungeva i 24 ettari di superficie.
Bisogna fare ora un salto temporale. Venezia viveva
in prosperità e abbondanza, il suo Arsenale era
efficiente tanto da produrre un galeone al giorno e
nessuno aveva mai osato contrastare la sua potenza
militare marittima in tutto il mare Adriatico. Fino alla
fine del XVIII secolo. Napoleone nel 1797 e nel 1798
invade Venezia, mette fuori uso tutte le navi, licenzia
i 2000 Arsenalotti, saccheggia la città e ruba i
cannoni; indebolisce dunque di molto l’Arsenale, in
quanto temeva la flotta veneziana. Dal ’98 fino al
1805 gli Austriaci entrano a Venezia e scacciano i
Francesi. L’Arsenale viene riassestato in parte e
riprende l’attività di cantiere. Dopo la caduta dell’Impero napoleonico nel 1814, Venezia rientra nell’Impero
d’Austria e diviene il più importante elemento della Marina Imperiale Austro – Veneziana.
Nel 1866 entra a far parte del Regno d’Italia a seguito della terza guerra d’indipendenza, e ci rimarrà fino ad
oggi. Dal 1876 al 1909, il direttore del Genio militare di Venezia, Giuseppe Morando, unisce la Darsena
Nuova alla Darsena Nuovissima, formando la Darsena Grande. Nel XX secolo l’Arsenale si avvia verso il
lento declino: i costi di produzione di navi moderne e sempre più complesse diventavano sempre più elevati,
e anche il numero crescente degli Arsenalotti costituiva un costo elevatissimo. Oggi l’Arsenale non è più
operativo, ma rimane comunque una meta turistica. Si possono ammirare le due torri dell’ingresso ad acqua e
la famosa Porta di Terra. L’Arsenale porta con sé gran parte della storia di Venezia, e dal punto di vista dello
spazio rimane importante, occupando circa 46 ettari di Venezia stessa. L'ingresso in Arsenale della Biennale
di Venezia, avvenuto nel 1980 con l'utilizzo degli spazi delle Corderie in occasione della prima Mostra di
Architettura, rappresenta la prima importante iniziativa di riconversione dell'antica fabbrica.
Nel '97 Thetis, azienda attiva nel campo delle tecnologie marine, si è insediata nell'area nord confermando la
vocazione dell'Arsenale ad assumere la nuova funzione di polo scientifico e culturale della città.
Da una decina d'anni l'Amministrazione comunale ha messo a punto un progetto di riconversione dell'intero
complesso.
Palazzo Ducale
Camminando per piazza San Marco, sommersa
da turisti, si erge tra la Piazzetta e il Molo, il
maestoso Palazzo Ducale, sede della
Grandissima Repubblica di Venezia; oggi uno
dei simboli della città.
Oltre a essere il luogo dove si prendevano
decisioni politiche-economiche e commerciali,
vi risiedeva anche il doge. La prima
edificazione del Palazzo risale verso il IX
secolo. Nel corso degli anni fu più volte
demolito anche a causa di incendi. Nella
ricostruzione, il palazzo fu ampliato e nel XVII
secolo, furono aggiunte le Prigioni Nuove
collegate al palazzo dal Ponte dei Sospiri, il cui nome si riferisce al sospiro del prigioniero, che uscendo
dal Palazzo dopo il giudizio, poteva per un’ultima volta intravedere la laguna e la libertà attraverso le
piccole finestre del ponte, prima di essere rinchiuso dietro le sbarre.
Durante il nostro viaggio d’istruzione, abbiamo potuto vedere solo la parte esterna del Palazzo, poiché
la visita degli interni era inclusa nel cosiddetto “piano B” cioè in caso di mal tempo. All’ esterno, si
posso contare 36 colonne, tozze e schiacciate a causa della mancanza dei basamenti. Le tre facciate
principali si sviluppano attorno ad un cortile, il cui quarto lato è formato dal corpo laterale della
basilica di San Marco. Il grande portone di ingresso ha il nome di Porta della Carta ed è stato chiamato
così poiché vi venivano affisse le nuove leggi e i decreti. Varcata questa porta si accede al cortile, dove
sono collocate due vere da pozzo in bronzo per l’approvvigionamento idrico del complesso e le due
scale che collegano il cortile con il palazzo. Tra queste due scale, la Scala d’Oro conduce direttamente
dalle logge ai due piani superiori.
Le stanze interne del palazzo si suddividono su due piani. Quelle più importanti, sono destinate
all’amministrazione economico-politica della Repubblica. Al primo piano, si trova la Quarantia Civil
Vecchia, dove amministravano la giustizia. Le armi come le munizioni, venivano deposte nella sala del
Guariento, importante per gli affreschi di Guariento. La sala più importante del primo piano è la Sala
del Maggior Consiglio. Qui si tenevano le assemblee della magistratura veneziana; ogni domenica ad
un’ora stabilita, quando la campana di piazza San Marco suonava, tutti i magistrati si riunivano sotto il
Doge. Nella Sala del Magistrato alle leggi, invece, si riunivano i tre patrizi che avevano il compito di far
eseguire le leggi e gli ordini del commercio del mercato di Rialto. Al secondo piano troviamo la Sala del
Collegio, nella quale si riunivano i Savi e la Signoria che si occupavano della politica estera e dei
territori fuori la laguna; essi dovevano inoltre predisporre e coordinare i compiti del Senato. Nella Sala
del Senato, si riuniva il Senato, che doveva sovrintendere agli aspetti economici finanziari come il
commercio e la politica estera. L’ultima sala tra le più importanti è la Sala del Consiglio dei Dieci, che si
occupava del controllo della religione, della politica estera e della difesa dello Stato.
Piazza San Marco
San Marco
Nell’828 le reliquie di San Marco, che si trovavano
ad Alessandria d'Egitto, secondo la tradizione,
vengono trafugate e trasferite a Venezia dal Doge
Giustiniano. In quei tempi le reliquie
rappresentavano una fonte di ricchezza attirando
pellegrini e mercanti: quella di San Marco in
particolare, in quanto avrebbe evangelizzato le
genti venete divenendone Patrono ed emblema
sotto forma di leone alato.
Piazza San Marco
Così come si presenta oggi, la piazza San Marco è il risultato di un lungo processo di adattamento,
attraverso il quale spazio ed edifici si modellano in rapporto all’evoluzione complessiva della città e
rispondendo alle esigenze funzionali rappresentando la comunità veneziana. La sua estesa dimensione
deriva dall’esigenza di raccordare le funzioni pubbliche ospitate negli edifici che vi prospettano. Essa
aveva la funzione di ospitare, prima, la chiesa edificata a San Teodoro e poi la successiva localizzazione
della residenza del Doge.
Caffè Florian
È il più antico caffè italiano e rappresenta
uno dei simboli della città lagunare.
Inaugurato il 29 dicembre 1720 da Floriano
Francesconi con il nome di Alla Venezia
Trionfante, fu ben presto ribattezzato dagli
avventori "Floriàn", dal nome del
proprietario nel dialetto veneziano. Da allora
ha proseguito ininterrottamente fino ai
giorni nostri la sua attività quotidiana di
caffè, divenendo meta privilegiata di
veneziani, italiani e stranieri
La libreria marciana
Contiene una delle più pregiate raccolte di manoscritti greci, latini ed orientali del mondo. L'architetto
incaricato della progettazione fu Jacopo Sansovino che impose un forte segno sulla facciata della
biblioteca, senza sminuire il valore e il significato della stessa. Acquistò maggior importanza nel 1603,
quando la Serenissima Repubblica impose ad ogni stampatore veneto di depositare una copia di ogni
libro stampato alla biblioteca marciana.
Procuratie nuove e vecchie
Sono imponenti edifici che prendono il nome dal loro uso di
abitazione dei procuratori di san Marco. Sono divise in 3 ali: quelle
vecchie a nord e le nuove a sud. A loro tempo sono stati centri
nevralgici del potere veneziano.
Ala napoleonica, o procuratie Nuovissime
Fu costruita da Napoleone, per farle posto demolirono un vecchia
chiesa che poco dopo fu ricostruita. L’ala fu usata sia da Napoleone
sia più tardi dalla dominazione austriaca come sede del potere
politico.
Negozio Olivetti
Inizialmente doveva essere il punto d'esposizione della suddetta azienda, ma
dopo la riapertura del 2011 ha perso questa sua funzione ristrutturato dal
FAI come esempio di architettura moderna dell’architetto veneziano Scarpa.
La torre dell’Orologio
L’orologio è dotato di un meccanismo a carillon, attivato nel giorno dell'epifania:
allo scoccare di ogni ora, il pannello delle ore si apre per lasciare passare un
carosello di statue in legno rappresentanti i personaggi della Natività e i Re Magi.
La Basilica di San
Marco
La basilica di San Marco vive nel corso della sua
storia due importantissimi ruoli: quello di
chiesa palatina, cappella del Palazzo Ducale e,
dal 1807, quello di cattedrale della città; è il
luogo intorno alla quale più di ogni altro ruotò
la vita religiosa e pubblica della città, dove
venivano celebrate le più importanti ricorrenze
e dove si assisteva alla nomina del doge. Consacrata nell’832, la sua complessa struttura, dove sono
presenti elementi bizantini, romani e gotici reinterpretati in maniera veneziana, ma soprattutto la
sovrapposizione dei successivi interventi, oggi lascia trasparire difficilmente l’originaria fattura.
Questa imponente basilica a croce greca con cinque enormi cupole è la terza chiesa ad essere stata
eretta in questo luogo. La prima, costruita nell’IX secolo per custodire il corpo di San Marco, andò
distrutta a causa di un incendio. La seconda fu abbattuta nell’XI secolo per far posto ad un edificio più
spettacolare, che rispecchiasse la potenza della repubblica.
Quadriga
Opera proveniente da Costantinopoli: è una composizione di cavalli
in bronzo razziati dai Veneziani dall’ippodromo della capitale
d’Oriente. I cavalli originali sono conservati nel museo di San Marco,
mentre sulle balconate sono presenti delle copie.
Cupola della Genesi
È un mosaico presente nell’atrio realizzato nel XIII secolo da artisti
veneziani. Vi è illustrato il racconto del primo libro della Bibbia, ovvero
dalla creazione del mondo fino alla cacciata di Adamo ed Eva dall'Eden.
Tale racconto è diviso in ventisei scene distribuite all'interno di tre fasce
circolari concentriche sopra le quali corre il testo biblico in latino.
Cupola della pentecoste
La cupola della Pentecoste celebra la discesa dello Spirito Santo e
della nascita della Chiesa. Sulle due volte ai lati della cupola si vedono
i martiri degli apostoli. La cupola della Pentecoste presenta
un'emanazione di dodici raggi di luce d'argento, divergenti dalla
colomba dello Spirito Santo sopra il Trono, che si trasformano in una
fiammella rossa al contatto con il capo dei dodici apostoli seduti. Nelle
sedici finestre sono raffigurati i popoli convertiti al cristianesimo ad
opera degli apostoli. Sui quattro pennacchi appaiono quattro angeli.
Cupola dell’Ascensione
La cupola dell’Ascensione, decorata nella seconda metà del XII
secolo, si trova al centro della basilica e raffigura l’Ascensione al
cielo di Cristo, al quale sottostanno la Vergine, situata tra due
angeli, e i 12 apostoli. Più esternamente vi sono sedici figure
femminili simboleggianti le Virtù e Beatitudini: Speranza, Fede,
Giustizia, Fortezza, Temperanza, Prudenza, Umiltà, Dolcezza,
Contrizione, Astinenza, Misericordia, Pazienza, Castità, Modestia,
Costanza, Carità. Infine, sui pennacchi, i quattro Evangelisti.
Iconostasi
Iconostasi gotica della navata dal presbiterio sostituisce una
precedente del Duecento. L’attuale opera, risalente alla fine
del XIV secolo, appartiene ai fratelli veneziani Pierpaolo e
Jacobello dalle Masegne ed è costituita da 14 statue in armo
bianco raffiguranti i 12 apostoli con la Vergine e San Marco.
Lavori in loco
Un viaggio nel radium pulchritudinis
Durante il viaggio in treno, dopo esserci giocate a bim bum
bam ciò che rimaneva, io e le mie compagne abbiamo vinto “il
mercato”. Il nostro foglietto prevedeva l’arrivo al mercato di
Rialto a mezzogiorno circa, purtroppo a causa del ritardo del
treno e delle nostre guide alle prime armi, siamo arrivati
quando il mercato stava per chiudere. Noi, però, non ci siamo
lasciate prendere dallo sconforto e abbiamo cominciato a
correre come pecorelle smarrite, fino a quando ho fatto una
domanda che le ha inchiodate: “Ragazze, sapete tornare
indietro?”. Ci siamo guardate e abbiamo capito perché è facile
perdersi a Venezia; poi prese dall’entusiasmo di esplorarla,
abbiamo trovato in tempo la famosa Pescaria, ci siamo divise i compiti in modo pratico per intervistare
l’ultimo pescivendolo rimasto. La prima cosa che ho notato
del mercato è che non si trova in un campo, come nelle nostre
città si trova negli spazi aperti, ma è composto da bancarelle
che corrono lungo più calli, i banchi che offrivano le stesse
categorie di prodotti si trovano tutte vicine. Lo stesso per il
pesce, che viene venduto in un unico posto, sotto un portico
che emana il tipico odore percepibile a kilometri: e forse per
questo abbiamo trovato la Pescaria!
La prima domanda che abbiamo posto è stata sul genere di
acquirenti: il pescivendolo ci ha detto che i suoi prodotti sono
acquistati sia da veneziani giovani e non, sia da ristoranti e
attività che li propongono a un gran numero di clienti.
Quando ho sentito per la prima volta parlare di
veneziani giovani, ho realizzato anche che qui non
vivono solo anziani, anche se sono maggioritari,
perché nel mio immaginario distorto a Venezia
c’erano solo turisti e veterani natii.
I pesci più venduti sono le seppie, i polpetti, i
canestrelli, le sardine, i salmoni, i calamari, le orate, i
rombi, i branzini, le piovre, le sogliole, i polpi e i
palombi. Tutti sono proposti con i nomi in Italiano
affiancati da quelli in dialetto veneziano, come le
sogliole chiamate soli, i polpi buscardine e i palombi
asia.
Trovare le bancherelle della frutta e verdura è stato
decisamente più semplice perché ce ne sono in gran quantità, oltre al fatto che catturano l’attenzione,
poiché vi sono, esposte in ordine, cassette con ogni genere di ortaggio, di ogni colore, che quasi
brillano.
Mentre Camilla e Federica immortalavano le frutarie ed erbarie che a Milano non si trovano così belle,
Michela e Rebecca domandavamo cosa fossero alcuni prodotti a noi sconosciuti e quali fossero i loro
impieghi nelle cucine veneziane. La mano di Ilaria ha annotato alcuni nomi che indicano i diversi tipi di
carciofi o alcune loro parti come i fondi e le castraure, che sono i primi carciofi nati. Ci è stato raccontato da
un rivenditore che i fondi vengono tagliati e conservati nell’acqua, dove galleggiano, e poi vengono cucinati
come i normali carciofi e mangiati cotti o crudi in insalata. Le castraure invece, sono cucinati bollendoli
oppure utilizzati nei pasticci, piatto che abbiamo sentito nominare più volte, quindi molto diffuso.
Un altro prodotto ortofrutticolo che abbiamo ritrovato spesso è il cren, un familiare del rapano che viene
grattugiato nel bollito e lascia un aroma piccante.
Ci siamo anche chieste se i prezzi del pesce e della frutta e verdura fossero uguali a quelli che ci sono qui in
Lombardia, così abbiamo confrontato i prezzi di alcuni prodotti.
PESCE:
PRODOTTI
PREZZO AL KG A VENEZIA
PREZZO AL KG A MILANO
Sogliole fresche
16,00 €
dai 12€ ai 18 €
Gamberi
13,00 €
dai 6,50 € ai 14 €
Piovre
8,60 €
Dai 7,80 € ai 10,10 €
Tonno fresco
20,00 €
19,90 €
Rombi freschi
12,00 €
Dai 10 € ai 15,30 €
Salmone fresco
14,00 €
14,98 €
Calamari
10,50 €
Dai 14 € ai 17,50 €
Orate fresche
9,00 €
Dai 7,50 € ai 15,50 €
(dati presi da “Ismea” - Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare – e confrontati con i prezzi dello
store “Esselunga” )
VERDURA:
PRODOTTI
PREZZO AL KG A VENEZIA
PREZZO AL KG A MILANO
Melanzane
3,50 €
1,68 €
Pomodori
3,00 €
2,98 €
Broccoli
3,00 €
1,58 €
Piselli (nel baccello)
4,00 €
3,98 €
Peperoni
4,50 €
2,18 €
Una volta confrontati i dati, abbiamo notato che i
prezzi del pesce sono molto simili a quelli che ci
sono qui, anche se io pensavo differissero molto di
più perché Venezia è una città più vicina al mare.
Questo deriva forse dal fatto che i pesci vengono
importati dall’estero anche dai veneziani, cioè il
pesce che viene venduto non è stato tutto pescato
a Venezia.
Invece i prezzi della verdura sono molto differenti
rispetto a quelli venduti a Milano e nei dintorni. I
prezzi molto probabilmente sono maggiori perché
Venezia è una città affacciata sul mare e non sui
campi coltivati. Per questo motivo sono costretti a
prendere frutta e verdura dalla terraferma, così i
prezzi del trasporto aumentano. Invece qui nella
nostra zona vi sono molti campi coltivati quindi la spesa di trasporto è minore.
Questo viaggio di istruzione è stato per noi l’esempio di come una gita scolastica, contrariamente
all’immaginario comune, possa diventare un’occasione di apprendimento intelligente, attraverso un
approccio originale che ci ha coinvolti in prima persona: le interviste agli abitanti della città, il poter
assaggiare nei locali tipici (bacari) qualche specialità della laguna, sedersi sulle fondamenta dei canali
ad ammirare la laguna e sentire il suo odore salmastro... tutto questo vale molto più che ascoltare la
solita e spesso noiosa guida turistica che ci illustra i tesori dei museo
Turismo
Nei giorni 18-19 Marzo le classi 2°A scientifico e 2°A classico si sono recate a Venezia per una gita
scolastica, le due giornate sono state utilizzate sia per visitare gli splendidi siti veneziani, sia per
portare a termine dei “lavori” che hanno reso questa trasferta una vera uscita didattica.
Visti i tempi ristretti a disposizione il viaggio d’andata sul treno è stato utilizzato per la suddivisione
degli argomenti da trattare tra i vari gruppi di lavoro definiti precedentemente in classe.
Il gruppo composto da Alessandro Turati, Matteo Romanò, Davide Rigo, Jacopo Isella, Riccardo Genova,
ha scelto di svolgere il lavoro relativo al turismo: il compito consisteva nel ricercare all’interno della
città le risposte a questi quesiti:
1. Prova a creare un rapporto numerico tra gli esercizi commerciali rivolti chiaramente ai turisti, quelli
ambivalenti e quelli rivolti alla popolazione locale. Proponi poi un’analisi di questo dato.
2. Quali segni evidenti dimostrano che la città è prevalentemente orientata allo sfruttamento della
risorsa turistica?
3. Hai osservato elementi che ti hanno permesso di capire che la città è oggetto di turismo di massa?
4. Tutte le zone della città sono ugualmente frequentate dai turisti?
5. Intervista venti persone, quante sono veneziane?
6. Fotografa o disegna almeno 10 particolari architettonici, parti monumentali, palazzi, statue, dipinti e
persone e mestieri che ti hanno particolarmente colpito. Motivate la scelta anche in forma di pensiero
libero, riflessione poetica…
7. Burano: qual è l’attività specifica qui praticata? Come si riflette sul tessuto urbano dell’isola?
Per ricavare gli elementi per rispondere al primo quesito, i componenti del gruppo hanno deciso di
verificare quale fosse la destinazione dei negozi incontrati lungo le calli e nelle piazze visitate e di
annotare ciò in modo da averne traccia.
Il risultato è stato scontato: la quasi totalità degli esercizi era rivolta ai turisti o ambivalenti: erano
negozi che vendevano principalmente souvenir e prodotti tipici oppure si trattava di ristoranti e bar.
Da ciò emerge come buona parte dell’attività commerciale di Venezia sia fondata sul turismo e quindi
quanto siano importanti per i riflessi sull’economia le bellezze architettoniche, la storia e la cultura
della città che attraggono i visitatori.
Oltre ai sopracitati esercizi commerciali, la ricettività e le vie di comunicazione poliedriche fanno di
Venezia un’ottima meta turistica. Le strutture alberghiere soddisfano sia le esigenze del turismo di
massa che di quello elitario. È stato molto semplice raggiungere la città; 2 ore di treno la separano
dalla stazione centrale di Milano e, dall’omologa Santa Lucia, partono vaporetti che raggiungono ogni
piazza. I più fortunati per arrivare a Venezia, utilizzano l’aeroporto Marco Polo o una delle
innumerevoli città galleggianti che, nonostante le invettive di buona parte dei veneziani, sfilano nel
Canal Grande e vomitano dalle loro viscere migliaia di turisti per volta.
Gli effetti di tutto ciò si incontrano per le calli dove i nostri hanno fatto fatica a divincolarsi tra gruppi
di altri studenti, turisti stranieri e semplici famiglie che quotidianamente affollano la città per visitare
le arcinote mete.
Esistono però angoli e viuzze poco famose che sono poco frequentate ma che ugualmente trasudano di
storia e di arte.
Appartengono a questa tipologia le zone del Cannaregio e del Castello che sono state visitate dalle
classi, che hanno potuto godere di questi luoghi con assoluta tranquillità.
Il quinto quesito era sicuramente il più divertente: sono state intervistate le prime cinque persone
incontrate vicino al mercato di Rialto: risultato 3 erano turisti e 2 veneziani.
A questo punto sembrava riduttivo fermare una persona solo per domandare se fosse veneziano o no
perciò il gruppo dal 5° intervistato in poi chiedeva al turista cosa pensasse dei veneziani e viceversa al
veneziano a cui si chiedeva anche un parere sul nuovo ponte di Calatrava.
Le risposte dei turisti erano tra loro simili: giudicavano i cittadini amichevoli, normali, senza mai
accennare all’idea comune del veneziano ladro e approfittatore.
Al contrario i veneziani davano risposte sui turisti poco coerenti tra loro:
 Sono troppi e non danno benefici alla città
 Sono ingombranti e rallentano il passaggio
 Ci sono 2 tipi di turisti: quelli come voi (riferito al gruppo) simpatici e amichevoli, e quelli che si
mettono in mezzo ad un calle ostruendo il passaggio perché devono fare delle foto
 Senza i turisti Venezia non avrebbe più entrate, molte persone veneziane vivono di turismo e senza
di esso non avrebbero più lavoro (non a caso l’uomo preso in considerazione era il proprietario di un
negozio di pesce fritto dal costo incredibilmente alto)
Più divertenti erano le risposte date alla domanda “cosa ne pensa del nuovo ponte di Calatrava?”
Probabilmente il ponte è davvero costruito male infatti di primo impatto 4 veneziani su 6 hanno
risposto “una m…”
Sentire dagli intervistati 4 volte questa espressione è stato strano ma assai divertente! Dopo questa
risposta venivano elencati i motivi per cui ritenevano che il ponte fosse stato costruito male, dicevano:
 Che era un pugno nell’occhio a Venezia
 Che era scivoloso e quindi pericoloso
 Che è stato progettato male e spingendo
sugli argini abbassa notevolmente una casa
dall’altra
 Che è inutile ed è costato troppo.
Non è stato riscontrato alcunché di positivo nei
confronti del povero ponte.
Nelle due giornate di visita alla città i
componenti del gruppo hanno incontrato
innumerevoli esponenti di arti e mestieri ma
sono stati affascinati da tre di questi:
Il gondoliere, quasi un emblema della città, un tassista
veramente particolare.
Il mastro vetraio, capace di trarre da un
ammasso di vetro fuso, con pochi, veloci e
sapienti colpi di tenaglia, figure stupefacenti
per la loro finezza ed eleganza.
La visita a Burano ha permesso di rilevare che gli
isolani sono principalmente persone anziane che
si dedicano alla lavorazione artigianale dei
merletti, un prodotto intricato e pieno di nodi che
somiglia al tessuto urbano della città, composto
da calli, ponti, canali che si intrecciano e si
sormontano come un pizzo.
Il pescatore che vendendo di primo mattino il risultato
di una notte di lavoro con la sua barchetta contrasta
con i giganti del mare supertecnologici e ridona alla
città la sua origine marinara.
La multietnicità
“La multietnicità rende bella Venezia.”
È così che un cittadino ormai veneziano ma greco d’origine, considera la sua città. Bella perché varia, sia
nell’architettura come chiese e monumenti, sia tra i suoi
abitanti. Il nostro compito infatti era proprio quello di
ricercare queste differenze nella città. Camminando per le calli,
abbiamo notato la presenza di diversi monumenti, piazze,
segnaletica, ristoranti, ambasciate, che rimandano alla
multietnicità. Per quanto riguarda ad esempio le piazze, nel
sestier de Cannaregio, si trova il Campo dei Mori, dove quattro
statue dei fratelli Mastelli sono poste nelle mura delle case
intorno al campo.
I fratelli erano dei mercanti di spezie provenienti dalla Morea,
una zona della Grecia. Essi venivano chiamati mori non per il
colore scuro della loro pelle, ma per la loro provenienza.
La zona ancora oggi più popolata di Venezia è quella del Ghetto
nel sestier de Cannaregio. Questa infatti era la zona dove la
Comunità ebraica era costretta a risiedere durante la
Repubblica di Venezia.
Oltre a ristoranti Kosher, con cibi caratteristici della cultura
ebraica, persistono negozietti di dolciumi tipici.
Alcuni elementi della toponomastica conservano grafie e nomi,
propri di culture straniere.
Inoltre per i più piccoli che abitano nel ghetto, ci sono
scuole comunali.
Intervistando veneziani e stranieri residenti a Venezia, abbiamo notano una certa diffidenza nei nostri
confronti, in quanto turisti, e, perciò, non abbiamo potuto ottenere informazioni esaustive riguardo gli
effetti che gli stranieri producono sullo sviluppo socio-culturale della città.
Ciò nonostante dalle interviste, è emerso che i lavori più praticati dagli stranieri sono legati al turismo,
come nei negozi di souvenir; molto spesso questi oggetti vengono venduti per strada da venditori che
non sempre sono realmente residenti sull’isola poiché troppo costosa.
Per quanto riguarda le religioni, sono molto varie, ad esempio abbiamo riscontrato che oltre a quella
ebraica, vengono praticate anche quella protestante e buddista. Tuttavia, gli intervistati appartenenti
alle ultime due religioni si sono lamentati della mancanza di luoghi per i rispettivi culti.
Pertanto Venezia, sebbene sia una città multietnica, che permette un buon inserimento degli immigrati
senza conseguenze negative, non favorisce l’integrazione religiosa degli stessi.
Il ruolo degli stranieri a Venezia, nel corso dei secoli, è rimasto invariato: intorno al Trecento, la
Repubblica, cercava ricchezze in altre popolazioni, favorendone l’inserimento nel proprio territorio.
Tuttora gli stranieri sono sempre fonte di ricchezza per la città, non solo dal punto di vista economico,
in quanto si occupano di attività legate al turismo, principale fonte di guadagno di Venezia; ma anche
dal punto di vista culturale, poiché hanno influenzato diverse chiese e monumenti sul territorio. In
questo modo, le popolazioni straniere che con il trascorrere del tempo sono giunte a Venezia, hanno
arricchito la città e l’hanno resa bella e unica agli occhi del Mondo.
I problemi
Nell’immaginario comune le problematiche
principali della città di Venezia sono l’acqua alta e i
mezzi di trasporto anche se, altre complicazioni,
seppure meno importanti, possono essere i turisti, le
condizioni degli edifici e il costo della vita.
Intervistando alcuni residenti nel comune di Venezia,
abbiamo notato che alcuni problemi da noi
considerati tali in parte non lo sono. Ne abbiamo
riscontrati principalmente quattro, di seguito
illustrati.
Acqua alta
Questo problema è considerato in maniera differente da ogni persona: gli intervistati residenti a
Venezia affermano che l’acqua alta non sia un effettivo disagio perché ormai si sono abituati, mentre i
residenti sulla terraferma ritengono l’acqua alta un vero problema perché non sanno come affrontarlo.
Il Comune, per agevolare chi si trova a Venezia durante queste occasioni, mette in atto diversi
provvedimenti come il posizionamento di passerelle, l’avviso con SMS e sirene. Tuttavia non è solo il
comune che si muove in queste situazioni, ma anche i cittadini sbarrano le porte con le paratie e si
attrezzano con stivali e impermeabili.
Mezzi di trasporto
Città ci si può spostarsi solo a piedi o attraverso i vaporetti. A causa della mancanza di altri mezzi di
trasporto, per i commercianti è difficile e molto costoso fare arrivare le merci ai propri negozi, mentre
per i cittadini spostarsi diventa talvolta un problema poiché il tragitto risulta più lungo del necessario.
Prezzi
Costo della vita risulta molto alto perché la città, nel corso degli anni, si è sviluppata sul turismo e, di
conseguenza, i prezzi sono lievitati. La maggior parte dei negozi sono per il turista e di questo ne risente
il cittadino che si deve spostare sulla terraferma per fare una semplice spesa. Anche il costo degli
immobili è molto alto, sebbene la loro qualità sia inferiore rispetto agli standard delle altre città.
Turismo
Poiché la città è molto ricca dal punto di vista artistico e culturale, nel corso degli anni ha attratto un
numero sempre maggiore di visitatori facendo diventare il turismo l’unica attività della città. Questa
grande affluenza di visitatori ha portato alcuni problemi di sovraffollamento durante l’alta stagione,
tuttavia la maggior parte degli intervistati non reputa che questo sia un problema dicendo che i turisti
portano ricchezza. In conclusione, possiamo affermare che Venezia non è una città come le altre. Le
problematiche la rendono una città un po’ scomoda ma nello stesso tempo unica, che affascina il turista
ma anche il cittadino che, dopo anni, vi fa l’abitudine e comprende che, per vivere in un luogo così
meraviglioso, è necessario a volte scendere a compromessi.
La funzione delle scuole
Dopo aver visitato la città ci siamo dedicati ad
un lavoro a gruppi, ed il nostro si è occupato
della Scuola.
Quando a Venezia si parla di “Scuola” o meglio
“Scola” si intendono associazioni a scopo
religioso che si interessavano ai bisogni della
popolazione durante i tempi difficili della vita
della città, - carestie, pestilenze, guerre, - e
poiché erano dedicate ai patroni di diverse arti e
mestieri conservavano i libri in cui erano
definite le regole di ciascuno. Le sedi delle
Scuole possedevano averi ed opere di immenso
valore sia artistico sia artigianale. Oggi per esempio si può ammirare il patrimonio museale della Scuola
Grande di San Rocco, che sorse nel 1478 per assistere i poveri ed i malati durante le epidemie di peste.
Quando l’edificio fu terminato fu bandito un concorso per scegliere il pittore che avrebbe dovuto
decorare le sale interne: vinse Jacopo Tintoretto, uno dei più grandi e famosi pittori di Venezia.
Per quanto riguarda la scuola come la intendiamo noi oggi, a Venezia troviamo alcune istituzioni fra le
più importanti del Veneto e di Italia, come il Conservatorio di Musica “Benedetto Marcello”, l’Accademia
delle Belle Arti o l’Università Ca’ Foscari, importante per i suoi corsi di lingue orientali.
Ci siamo anche cimentate in interviste ad alcuni studenti veneziani, ed in generale abbiamo saputo che
il funzionamento della scuola è buono, il problema è come arrivarci, non essendo Venezia percorribile
in auto o bus, ed un altro problema è legato ai periodi in cui l’acqua è alta.
Il dialetto: Chi gà sugà el Canal?
"Se vuoi guadagnarti i sapori di Venezia devi essere capace anche di morderne i bocconi di alfabeto,
arrotolare i suoni sulla lingua, masticare un po' del suo dialetto" in questo modo Tiziano Scarpa si
riferisce nel suo libro "Venezia è un pesce" alla famosa parlata utilizzata nella laguna veneta, una lingua
che ha subito nei secoli una propria evoluzione, differenziandosi anche dal veneto stesso. Nacque come
la maggior parte dei dialetti dal latino volgare, ma subì influenze greche e arabe, come si può notare
dalla parola "arsenale": l'arabo "daras-sina'ah" produce il termine "darzanà", poi evoluto in "darsena" e
"arsenàl".
Durante l'epoca coloniale nell'Adriatico e nel Mediterraneo orientale, il dialetto si arricchì di nuovi
termini provenienti da lingue di altri popoli. A differenza di molti dialetti, infatti, la sua diffusione non si
limitò solo ai ceti più poveri, ma si sviluppò anche un vero e proprio veneziano colto, che venne esteso
ad ambiti tecnici, giuridici, commerciali, letterari. Ad esempio, nel ‘700 il dialetto veneziano venne
utilizzato da grandi commediografi come Carlo Goldoni in alcune sue commedie come "I rusteghi" e
"Sior Todero brontolon".
Dopo la caduta della Repubblica Veneta e durante il breve periodo di dominazione francese, vennero
introdotti nuovi vocaboli tedeschi o francesi.
La particolarità del dialetto veneziano è quella di essere ancora, per i residenti a Venezia, una lingua
vera e propria, tanto che questi fanno fatica a parlare italiano.
Anche di persona siamo riuscite ad accorgerci di questa particolarità della lingua veneta. Infatti il
nostro compito era di trovare dei veneziani che sapessero il dialetto e intervistarli, facendo loro
tradurre delle espressioni dialettali e dei proverbi in veneziano.
Abbiamo fermato un vecchietto e gli abbiamo chiesto timidamente se avesse qualche minuto da
dedicarci per una ricerca scolastica. Inizialmente ha borbottato che non aveva tempo, che era molto
occupato e che doveva lavorare, ma fortunatamente ci ha concesso la traduzione del proverbio: “Co’
l’aqua cala se resta en seca”. Ci ha spiegato che l’acqua rappresentava il lavoro: quando cala, cioè si
rimane senza lavoro, si rimane a secco, ovvero non si guadagna e non resta nulla per vivere.
Successivamente siamo riuscite a intervistare due commessi veramente disponibili che hanno tradotto
quasi tutti i proverbi assegnati, tranne due che contenevano delle parole cadute in disuso, “bator” e
“lissia”, di cui tutt’ora non conosciamo il significato. È interessante che, mentre tentavamo con fatica di
leggere le espressioni dialettali, loro ridevano dicendo, quasi offesi: “Guardate che non è arabo!”, come
se fosse la lingua più naturale del mondo.
Per lo più i proverbi si ispiravano ad aspetti della vita quotidiana, al lavoro, spesso riferendosi alle
professioni del marinaio e del mercante, al denaro, alla famiglia o alla figura della donna, con una punta
di misoginia. Come in tutte le regioni italiane, anche a Venezia i modi di dire nascono dall’esperienza
della realtà di tutti i giorni.
Qui ne riportiamo alcuni che ci hanno colpito:
- “Barca neta no guadagna” (una barca pulita non guadagna, perché non è utilizzata);
- “Someghiarghe ai sui no xe mai mal” (assomigliare ai propri genitori non è mai male);
- “I bessi orba i oci” (il denaro acceca la vista).
Più tardi ci siamo fermate in una gelateria e abbiamo colto l’occasione per fare qualche domanda al
gelataio, che ci ha aiutato volentieri.
Ecco il risultato:
Parola italiana
Parola in dialetto veneziano
Confusione
Bacan
Arrabbiarsi
Imbrutirse/inve(l)enarse
Nebbia
Caìgo
Gabbiano
Cocal
Matrimonio
Matrişo
Cugino
Zerman
Piangere
Pianzer
Come si può vedere nella tabella sopra, la consonante “l” intervocalica spesso non è pronunciata, come
anche le vocali finali di molti verbi. Inoltre in alcune parole simili alla lingua italiana, la “c” spesso
diventa “s”, mentre la “g” si trasforma in “z”. Per di più in veneziano è presente la lettera ‘Ş’ che si
pronuncia “tz” come si può vedere dal termine “matrişo” ossia “matrimonio”. Questa lettera è caduta in
disuso sebbene fosse molto usata nel 1200.
Infine, dalla nostra esperienza abbiamo potuto osservare alcune caratteristiche del veneziano: il ritmo
cadenzato è dato dalle vocali chiuse, dai numerosi termini tronchi e dallo scarso uso delle doppie e
spesso alcune consonanti cadono all’interno di alcuni vocaboli, come per esempio in “siora” (signora) e
“fio” (figlio).
Anche una delle parole più conosciute ed usate della lingua italiana ha proprio origine da questo
dialetto: “ciao” infatti deriva da un antico saluto veneziano “ s’ciavo” cioè “schiavo” (sottinteso vostro).
Il nostro lavoro è finito qui, e come direbbe un vero veneziano per congedarsi “andemo vedere cossa fa
el marco”.
#CHESAPOREHAVENEZIA?
18 marzo 2014, scesi dal treno e usciti dalla stazione, siamo
subito immersi in un mondo magico, lontano dalla realtà: ed è
proprio qui che la nostra esplorazione in quel di Venezia inizia al
fine di produrre una guida nuova e originale sui sapori della
Serenissima.
Iniziata quindi la nostra visita per i sestieri veneziani,
incontriamo i monumenti che avevamo presentato inizialmente
in classe e che perciò conoscevamo già; difatti al nostro gruppo,
composto da Alessia, Benedetta, Francesca, Giorgio e Marco, era
stato affidato il compito di approfondire gli elementi artistici della piazza San. Zanipolo composta dalla
basilica di San Giovanni e Paolo e il monumento equestre a Bartolomeo Colleoni.
Per quanto riguarda il lavoro da svolgere in loco, raggiunto Rialto e divisi nei gruppi predefiniti,
abbiamo incominciato ad intervistare e parlare con diversi veneziani per rispondere alle domande, di
seguito riportate, riguardanti i sapori della cucina veneta:
Osserva i menù proposti nei ristoranti: quali piatti ricorrono? Sono tipicamente veneziani?
I nomi dei ristoranti e dei bar sono locali o comuni a quelli di altre città?

Osserva i bar: ce ne sono tanti? Da chi sono frequentati? Sono simili come dimensione, arredo,
frequentazione, o ci sono forti differenze fra loro?
 Cerca un “bacaro”, entra e fatti spiegare di che tipo di locale si tratta
 Elenca almeno 10 piatti veneziani
 El vin? Che vin bevemo? Osserva se ci sono rivendite di vino e quali sono i vini locali
 Fotografa o disegna almeno 10 particolari architettonici
 Burano: qual è l’attività specifica praticata? Come si riflette sul tessuto urbano dell’isola?
Per prima cosa abbiamo cercato, con grandissima difficoltà, una cartoleria dove acquistare una
lavagnetta e un pennarello per riuscire a sviluppare un’idea nata durante il viaggio in treno da un video
di una canzone, al fine di scriverci una frase che identificasse il nostro lavoro e che sarebbe andata poi a
costituire il titolo della nostra rubrica.
Siamo dunque entranti in bar, in negozi di souvenir, abbiamo fermato gondolieri e veneziani nel
tentativo di scoprire dove si trovasse una cartoleria a Venezia: ma le indicazioni che ci venivano date
erano sempre talmente contorte e dettagliate, che non appena ci inoltravamo tra le calli ci scordavamo
in quale vicolo girare e quindi ci trovavamo ogni volta punto a capo. Dopo diversi tentativi falliti siamo
riusciti ad acquistare tutto il necessario nella cartoleria Testolini, vicino a Piazza S.Marco; e da questo
nostro vagare alla disperata ricerca di una cartoleria,
abbiamo potuto notare che di negozi come le macellerie, i
fruttivendoli, piuttosto che i fioristi,i parrucchieri o le
cartolerie stesse, numerosissimi nelle nostre città lombarde,
a Venezia non ce n’è traccia, rendendo di conseguenza
difficile l’acquisto di beni primari da parte della popolazione.
ATTENZIONE: Turisti, state dunque ben attenti alla ricerca di
questi negozi, non vi sarà facile trovarli!
Di seguito vi riportiamo il prodotto finale del nostro lavoro
aiutandovi con consigli pratici per un soggiorno dai 1000
sapori.
DOVE MANGIARE?
Innanzi tutto bisogna suddividere i luoghi in cui mangiare in due categorie: quelli che tendono a
truffare il turista con piatti reperibili in qualunque zona dell’Italia e con prezzi molto elevati e invece
quelli che offrono piatti veneziani a prezzi onesti chiamati bacari o osterie.
 Cos’è un bacaro?
Il termine “bacaro” deriva dal dio del vino Bacco e, durante la Repubblica Serenissima, poiché
era vietato dare sia da bere che da mangiare, questi locali si suddividevano in malvasie, dove
bere, e furatole, dove mangiare. La caratteristica principale del bacaro è quella di essere un
locale con un aspetto semplice, la semplicità di una vecchia osteria per intenderci, con sedie e
tavoli di legno scuro, bancone anch'esso di legno scuro e l'immancabile vetrina dove sfoggiare i
vari cicheti, piccoli assaggini di piatti tipicamente veneziani. E' possibile quindi prendere
un cicheto al volo accompagnato da un'ombreta di vino servita da bottiglie o da botticelle; il
nome ombreta deriva dal nome del bicchiere in cui veniva e viene tuttora servito il vino, questo
si chiama infatti ombra proprio perché anticamente i venditori di vino in Piazza San Marco
rincorrevano la proiezione oscura del campanile per proteggere le merci dai raggi del sole.
Girare per i bacari veneziani è una di quelle cose che almeno una volta nella vita tutti
dovrebbero provare e non solo per le pietanze sfiziose che si possono assaggiare, ma anche per
la particolare atmosfera che caratterizza questi locali. Alcuni bacari sono frequentati da turisti,
ma ve ne sono altri, più nascosti nei piccoli vicoli, che sono frequentati da veneziani a cui piace
fare il "giro d'ombra", che vuol dire andare al bacaro, trovare degli amici e bere un "ombra".
Le foto riportate sono un esempio di bacaro veneziano in cui siamo
entrati per intervistare il proprietario al fine di raccogliere
informazioni relative a questa tipologia di locale. Questo bacaro,
situato nella Calle Cavalli, è denominato osteria Al Volto ed è anche
un’enoteca, esiste dal 1936 e deve il suo nome alla calle sulla quale
inizialmente si affacciava. Non è conosciuta dai turisti in quanto
lontana dalle vie più affollate; e proprio per questa ragione, i più
assidui frequentatori sono solo i veneziani oppure, come nel
nostro caso, turisti capitati in quel vicolo per puro caso che
diventano clienti per un giorno.
Il locale non è grandissimo ma tuttavia accogliente e appena
entrati sembra di tornare indietro nel tempo, quasi come
trasportati nell’antica repubblica della Serenissima. L’intero
soffitto, come testimoniano le foto, è tappezzato da etichette
di vini più o meno vecchi e il colore dominante, che colora le
pareti e ogni mobile d’arredo, è il nocciola. Il proprietario si è
dimostrato essere gentile e disponibile nei nostri confronti
tanto che, nel vederci stanchi, ci ha offerto caffè, acqua e
addirittura un’ombra.
Consigliamo quindi ai nostri lettori di far visita a questa enoteca così da poter tornare nel passato
rivivendo l’essenza della Serenissima
QUANTO SI SPENDE?
 Nei ristoranti che tendono a truffare i
turisti si può spendere per gli antipasti
dai 10.00 ai 28.00 euro, per i primi piatti
dai 17.00 ai 26.00 euro e per i secondi
dagli 11.00 ai 45.00 euro.
 Nelle osterie si può spendere massimo
5.00 per un antipasto, 6.00 euro per un
primo piatto ed infine 10.00 euro per un
secondo.
COSA MANGIARE?
 Seppie nere
 Sarde in saor: antipasto composto da sarde fritte intervallate dal saor, nato inizialmente come
metodo di conservazione e formato da cipolle cotte in olio e aceto
 Risi e bisi: primo piatto a base di riso e piselli che, per la sua consistenza non troppo densa né
troppo liquida, viene considerato a metà tra un risotto e una minestra
 Spaghetti al nero di seppia
 Spaghetti alle vongole
 Bigoli in salsa: piatto per i più temerari da gustare anche freddo, dal gusto particolare in quanto
i bigoli di grano saraceno sono uniti ad una salsa di acciughe e cipolle che smorzano a vicenda il
sapore forte di uno e quello dolce dell’altro creando un ottimo connubio
 Fegato alla veneziana: secondo piatto composto da fegato accompagnato da cipolle che ne
ingentiliscono l’aroma
 Baccalà mantecato
 ATTENZIONE: state molto accorti a scegliere il ristorante in cui mangiare poiché la maggior
parte, soprattutto quelli situati nelle zone più affollate e turistiche, vi attirano con menù a basso
costo e con piatti apparentemente tipici offrendovi in realtà cibo scadente e di bassa qualità.
 COSA BERE?
 Valpolicella ripasso: vino rosso fermo abbinabile a ciascuna portata, dal sapore asciutto e
vellutato con un odore che ricorda le
mandorle amare
 Amarone della Valpolicella: vino fermo da
abbinare preferibilmente a carni rosse, dal
sapore pieno e vellutato con un odore
piacevole di confettura di amarena e
lamponi e un colore rosso piuttosto carico
 Soave: vino bianco fermo dal sapore
leggermente amarognolo e consigliato da
abbinare a pasti leggeri
 Prosecco
 Pinot nero e grigio: vino bianco dall’odore intenso e caratteristico di frutta, ottimo
accompagnato da pietanze a base di pesce o carni, formaggi e affettati



Merlot: vino rosso dal profumo un po’ erbaceo e dal sapore asciutto e corposo, da accostare a
risotti e pastasciutte a base di carni
Cabernet: vino rosso dal sapore acido e tannico da accompagnare preferibilmente a carni
glassate o al forno
Raboso piave: vino rosso dal sapore sapido e corposo da accompagnare con selvaggina a pelo
Ad informarci della nomea di questi vini sono stati dei
gentili sommelier del “Bistrot de Venise”, enoteca e
ristorante nei pressi di San Marco.
DOVE PRENDERE UN CAFFE’ AL VOLO?
 Se si vuole prendere un caffè è sempre possibile
fermarsi nei classici bacari in cui abbiamo potuto
constatare dalla nostra esperienza che il personale
è molto cordiale e gentile con i turisti. Ad esempio,
durante la nostra visita a Venezia, entrati nel
bacaro “al Volto”, l’oste ci ha addirittura offerto
caffè, ombra e qualche stuzzichino.

Se invece ci si vuole fermare nelle zone più centrali si può usufruire dei bar affacciati sulle vie
più turistiche, che però non hanno nulla di caratteristicamente veneziano e che sono simili ai
bar delle nostre zone.
Per chi volesse assaporare l’antico sapore della repubblica
Serenissima consigliamo una tappa al caffè Florian situato in
piazza San Marco, il più antico caffè italiano che rappresenta uno
dei simboli della città lagunare.
BURANO: QUALI SONO LE SUE CARATTERISTICHE?
Una delle isole della laguna veneta è Burano, tipicamente
conosciuta per i lavori a merletto, per le case dai colori
sgargianti e per i tipici biscotti, i bussolai buranelli. Tuttavia
quest’isola è poco frequentata dai turisti in quanto troppo
distante dalla grande città (circa 40 min.).
Dal primo impatto si rimane subito affascinati dalle case così
vivacemente colorate per rallegrare gli animi dei pescatori che
tornavano alle proprie case e per facilitarne il riconoscimento
che spesso risultava essere difficile a causa della fitta nebbia, tipicamente lagunare.
Un’altra caratteristica dell’isola è quella dei merletti, nati dalle mogli dei pescatori che, nell’attesa del
ritorno del proprio marito, creavano questi capolavori.
ATTENZIONE: ponete riguardo nella scelta del negozio in cui acquistare i merletti in quanto, in molte
vetrine, si possono scorgere lavori a basso prezzo che in realtà non sono originari dell’isola ma ricreati da
lavoratori sottopagati al di fuori dell’Italia. Questi merletti vengono quindi venduti con prezzi che non
potrebbero essere attribuiti a lavori manuali tanto precisi e delicati.
Inoltre un altro prodotto tipico dell’isola sono i bussolai buranelli, biscotti di pasta frolla a forma di
cuore, esse o tondi. Un consiglio che vi diamo è quello di
comprare i tipici dolci nel forno situato sulla sinistra rispetto alla
via che conduce dall’attracco dei vaporetti al centro dell’isola. La
nostra esperienza in questo negozio è stata positiva in quanto il
proprietario del forno, un anziano signore di nome Giorgio, si è
dimostrato gentile e disponibile nei nostri confronti tanto che ha
speso parecchio del suo tempo a dialogare con noi, facilitato
anche dalla scarsa presenza di turisti dovuta allo sciopero dei
mezzi.
La nostra esperienza a Venezia si conclude qui, due giorni intensi
e meravigliosi che speriamo possiate vivere anche voi con l’aiuto
dei nostri consigli… buon viaggio!
Toponomastica
La toponomastica veneziana è impregnata di due fondamentali aspetti che la rendono unica rispetto ad
altre città del nostro Paese e del mondo: l’elemento primeggiante e fondamentale dei lavori tradizionali
della città e il dialetto come firma culturale di quest’ ultima; questo è emerso particolarmente durante il
viaggio di istruzione.
Passiamo quindi ad elencare gli elementi tipici della toponomastica a Venezia.
 Barbarìa. La Barbarìa era quella zona di Castello nella quale si trovavano numerosi depositi di
legname. In tali falegnamerie venivano quindi
tolte le barbe dalle cortecce degli alberi.
Attualmente esiste solo la strada chiamata
Barbaria de le Tole. Tale definizione risulta unica
nella toponomastica a Venezia.
 Borgoloco. Il borgoloco era un luogo presso il
quale sorgevano degli alberghi o locande.
Attualmente ne esistono due, uno dedicato a
Pompeo Molmenti, grande storico della città, che
è presso Campo Santa Maria Formosa, mentre il
secondo si trova a S. Lorenzo.
 Ca'. Abbreviazione che i veneziani usavano per
indicare casa, specialmente delle famiglie nobili.
Sono molto famose la Ca' D'Oro sede della Galleria Franchetti, e Ca' Foscari sede dell’Università.
 Calle. Calli è il nome comune che si dà in città per indicare le
strade piuttosto lunghe e strette. Tale termine viene largamente usato
nella toponomastica a Venezia. Il nome deriva dal latino callis che
significa "sentiero". Calle si usa normalmente anche in Spagna ed
assume lo stesso significato. Altre varianti sono "calletta", "callesella",
ma anche "calle lunga" e "calle larga". A Venezia esistono oltre 3000
"calli", esse ne rappresentano la vera struttura indispensabile per la
viabilità.
 Campo. Il campo ha assunto nella toponomastica a Venezia il
significato di “piazza”. Nei tempi antichi i campi si presentavano
ricoperti d'erba e spesso vi pascolavano pecore e cavalli. Essi alcune
volte erano il sagrato delle chiese e vi avvenivano le sepolture. Solo
più tardi i campi vennero selciati assumendo così l'aspetto che
vediamo al giorno d'oggi. Ai tempi della Serenissima in ogni campo c'era almeno una vera da
pozzo dalla quale si poteva attingere acqua potabile per uso domestico. Il Campiello è un campo
più piccolo, oltre ad essere il nome di un famoso premio letterario la cui premiazione avviene
ogni anno all'interno del Cortile di Palazzo Ducale nel mese di settembre.
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Canale. I canali sono delle vie d'acqua lungo le quali
possono transitare natanti a remi o a motore. Essi possono
essere costeggiati da rive o da palazzi. I più noti si
chiamano Canal Grande e Canale della Giudecca.
Carampane. Le Carampane si trovano in una zona
adiacente alla contrada di S. Cassiano. Il nome deriva da
Ca' Rampani che era la casa di proprietà della omonima
famiglia nobile lì residente. Già nel '500 praticavano alle
Carampane delle meretrici che avevano l'obbligo di restare
all'interno di quest'area, assieme a quella chiamata
"Castelletto" a S. Matteo. Risulta essere un termine tipico della toponomastica di Venezia.
Chiovere. Le Chiovere si trovano non lontane dalla Chiesa dei Frari verso la stazione. Le
chiovere erano anticamente gli ampi spazi nei quali venivano posti ad asciugare i panni dopo la
tintura, stesi tra lunghe corde sorrette da canne o bastoni. In quest'area vennero abbattuti i
vecchi edifici al principio del XX secolo e costruite nuove case a partire dal 1909. Altre chiovere
si trovano in una zona decentrata di Cannaregio, presso S. Girolamo.
 Corte. La corte viene così chiamata da "cortile"
termine tipico della toponomastica a Venezia. Essa
risulta essere una piccola piazza circondata da case ed
ha solo un'entrata (che è anche l'uscita). La corte può
avere uno sbocco anche su un canale e talvolta può
esserci la vera da pozzo. Esistono alcune "corti" più
piccole, denominate "cortesele".
 Essere una piccola piazza circondata da case ed ha
solo un'entrata (che è anche l'uscita). La corte può
avere uno sbocco anche su un canale e talvolta può
esserci la vera da pozzo. Esistono alcune "corti" più
piccole, denominate "cortesele".
Crosera. Si chiama crosera la strada principale che si interseca con delle "calli" secondarie.
Anche questa espressione si riscontra unicamente nella toponomastica a Venezia. Il nome
deriva dall'italiano crocevia
Fondamenta. Le fondamenta sono delle rive che
costeggiano i canali della città. Si chiamano così nella
toponomastica locale perchè fungono da fondamento alle
costruzioni. Esse hanno sempre disponibili degli approdi
per le imbarcazioni.
Fontego. Il fondaco era un grande edificio dove venivano
conservate le merci. I fondaci pubblici stoccavano farina
e miglio, mentre altri furono destinati ai Turchi ed ai
Tedeschi per facilitare i loro commerci. La toponomastica
a Venezia lo fa derivare dall'arabo funduq, ossia deposito per le merci.
Lista. La liste erano delle strade localizzate nelle vicinanze di un'ambasciata straniera, come la
Lista di Spagna, a poche decine di metri dalla stazione. Il liston, caratteristico della
toponomastica a Venezia, si trova in Piazza S. Marco, ed è il percorso tra le due parti selciate in
marmo bianco.
Merceria. La merceria aveva ai suoi lati file di botteghe di merci. Attualmente esistono solo le
Mercerie, delle lunghe strade che vanno da Rialto fino a S. Marco. Nella toponomastica essa
viene detta Marzaria.
Paludo. Il paludo era una zona bonificata dove anticamente si trovava un acquitrino, un posto
che si inondava frequentemente nel periodo delle alte maree. In dialetto viene pronunciato
palùo.
Piazza. A Venezia la toponomastica concesse solo una Piazza, quella di S. Marco, tra le aree
monumentali più belle al mondo, il "salotto " dei Veneziani. Piazzale Roma invece serve come
terminal automobilistico.
Piscina. La piscina, lo dice il termine stesso, era un luogo dove si poteva fare il bagno, simile ad
uno stagno, vi si pescava. Queste zone furono interrate per consentire la costruzione di edifici e
per facilitare il transito alle persone.
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Ramo. Il ramo è quella strada che diparte da un'altra principale. Esso può congiungere due
strade ma anche un campo, talvolta il ramo non ha via d'uscita.
 Rio. Si chiamano rii i canali che percorrono in lungo e in largo Venezia. Ce ne sono oltre 400 e
sono delle vie d'acqua, usate per i trasporti di cose e persone. Il termine proviene da "rivo" e
ricorre nella toponomastica locale.
 Rio Terà. Il rio terà è un canale interrato per poter migliorare la viabilità pedonale. Significa
appunto "rio interrato". Molti rii furono interrati specialmente nell' Ottocento. Al di sotto spesso
vi scorre ancora l'acqua dell'antico canale.
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Riva. Si definisce riva a Venezia
solitamente una "fondamenta" più ampia. Vi
attraccano le barche e vi transitano le persone.
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Ruga. Chiamasi ruga quella strada che
viene fiancheggiata da negozi e da case. La
toponomastica a Venezia fa derivare il termine
ruga dal francese "rue".
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Salizzada. La salizzada deve il proprio
nome al fatto d'essere stata tra le prime strade
selciate, cioè lastricate da pietre (i masegni).
Prima di venire selciate, anticamente tutte le vie
della città erano in terra battuta.
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Sestiere. Venezia fu divisa in sei parti fin
dai tempi antichi. Infatti esistono sei sestieri, tre
per ogni sponda del Canal Grande: Cannaregio,
S. Marco e Castello (detto anche "Olivolo"), Dorso Duro, S. Polo e Santa Croce. La toponomastica
ha espresso quindi una variante locale al termine usato normalmente in Italia, il quartiere.
 Sotoportego. Il sotoportego (sottoportico) è un pezzo di via che si trova al di sotto delle
abitazioni. Il termine si ritrova spesso nella toponomastica a Venezia.
La toponomastica a Venezia viene espressa nelle tipiche scritte nere su sfondo bianco chiamate in
dialetto nizioleti, ossia "piccole lenzuola".
Come detto, Venezia è culla dei mestieri e del lavoro, e sigla nelle calli questa sua caratteristica: ecco che
dunque si ritrovano i Botèri (bottai); i Fabbri; i Pestrin (venditori di latte); i Bareteri (cappellai); gli
Stagneri (stagnai); i Bombasèri (coloro che lavorano il cotone);i Lavadori; il Calderèr (calderaio); i
Fusèri (fabbricanti di fusi); i Facchini; le Beccarie (macellerie); lo Speziel (farmacista); il colleghiel
(calzolaio); lo Squereiol (macellaio); il Pistor (panetterie); il Fritolin (venditore di polenta e pesce fritto);
gli Squeri (cantieri dove venivano costruite e conservate le barche). Ad accogliere i nomi di mestieri non
sono solo le vie, ma la “febbre lavoratrice” pervade tutta la città ed ogni suo angolo: ne è un esempio un
‘rio terà’ (rio interrato) che porta il nome di Barba Frutarol, ossia del “fruttivendolo”.
Tra questi grovigli di lavoratori fossilizzati negli angusti spazi delle calli troneggiano invece i Santi del
paradiso, accomodati negli ampi ed ariosi campielli sopra le guglie delle chiese: esse sono dedicate a
santi come Sant’Aponàl (Apollinare); san Fantin (Fantino); san Pantalon (Pantaleone); san Marcilian
(Marziale); san Stae; san Cassàn (Cassiano); santi Ermagora e Fortunato; spesso invece alcuni nomi di
certe “celebrità celesti” vengono storpiati, come per non farli riconoscere: la chiesa dei Santi Giovanni e
Paolo diventa “San Zanipolo”, quella di Gervasio e Protasio “San Trovaso”; e l’incredulo e ben conosciuto
san Tommaso subisce addirittura una brusca ‘amputazione’, dalla quale ne esce come “San Tomà”.
Benché distaccata dal centro urbano vero e proprio, l’isola di Murano non si discosta affatto dallo
spirito di lavoro veneziano: essa anzi è nota in tutto il mondo per il plurisecolare artigianato della
lavorazione del vetro; questa tradizione è andata col tempo formando una sorta di simbiosi sotto un
profilo urbanistico con l’isola, occupando ogni superficie disponibile per adibirlo a tale attività.
Commenti personali degli studenti
Venezia è una città romantica, per la possibilità di fare lunghe passeggiate tra le calle; è un labirinto di
strade, ciascuna delle quali termina in “campi” deserti oppure in ponti che si affacciano su canali,
colorati dal riflesso delle case. E’ una città in cui hai l’unica possibilità di “camminare sull’acqua”, di
stupirti ad ogni passo del fatto che maestosi e decorati monumenti siano costruiti su delle semplici
piattaforme sorrette da pali e di ascoltare un dialetto familiare e accogliente. Anche sull’isole si possono
trascorrere ore indimenticabili, immersi tra natura, storia e tradizione come a Murano, isola famosa per
la sua tanto rinomata lavorazione del vetro; Burano, ricca di colori e paesaggi fascinosi. Venezia è una
città immobile, in cui il tempo sembra essersi fermato, dove anche il ritmo della vita è lento e non
frenetico come nelle metropoli moderne.
Giorgia
Venezia è una città unica: è interamente costruita sull’acqua, pertanto gli unici mezzi che si possono
utilizzare per attraversarla sono le imbarcazioni e i nostri piedi. Non esistono vere e proprie strade, ma
vicoli stretti e pittoreschi, campi ossia piazze, circondati da case basse e colorate, in stili e dimensioni
totalmente differenti fra loro. Il mio gruppo si è occupato della toponomastica ed è stato un argomento
molto interessante, che mi ha permesso di comprendere ancora di più l’originalità della città, che
nonostante l’affollamento di turisti conserva ancora molto bene il suo dialetto e le sue antiche
tradizioni. Ho apprezzato davvero tanto passeggiare per la città, per entrare in un altro mondo
caratterizzato da tradizioni, ritmi e da un paesaggio diversi dai miei.
Marianna
La gita a Venezia è stata uno dei momenti più divertenti di questo anno scolastico, oltre che
un’occasione per visitare questa splendida città con occhi diversi. Credo che, anche grazie alle attività
proposte come le interviste ai cittadini e le varie ricerche svolte in precedenza, nei due giorni di
permanenza siamo riusciti in poco tempo ad avere un assaggio di quello che Venezia può offrire. Anche
se, temo, non basterebbe una settimana per poter vedere tutti i monumenti, degustare tutte le
prelibatezze gastronomiche tipiche della laguna, visitare ogni angolo sperduto della città e, soprattutto,
capire quanta storia vi stia dietro. Il monumento che ho apprezzato di più è stata la chiesa di Santa
Maria Gloriosa dei Frari: adoro l’architettura gotica e la prospettiva degli archi a sesto acuto e dei
pilastri, i colori dei marmi diversi e i giochi di luce creavano un effetto molto suggestivo. Inoltre ho
potuto ammirare a sinistra il particolarissimo mausoleo di Canova, dalla forma piramidale, a destra
quello di Tiziano - la chiesa inoltre ospita la sua celeberrima Assunta – e al centro il coro ligneo. Oltre
all’aspetto culturale la gita ha unito ancora di più la mia classe – che adoro - e ci ha anche permesso di
stringere nuove amicizie con i ragazzi dell’altra classe coinvolta.
Se poi dovessi dare un consiglio a dei turisti, direi: spendete tre euro al caffè Florian e non ve ne
pentirete.
Sara
In generale è stata una bella esperienza, durante la quale ho potuto approfondire alcuni aspetti culturali
e artistici. Ho potuto ammirare e conoscere una bellissima città, molto particolare e unica.
Il paesaggio è suggestivo, mi sono innamorata del tramonto a cui abbiamo assistito, sul mare, quando
tutto si è colorato di tinte pastello e il sole rosso in mezzo al cielo piano piano è sprofondato
nell’acqua…meraviglioso.
Mi è piaciuta molto anche la visita alle isole, in particolare sono rimasta impressionata dall’isola di
Burano, perché è molto particolare! Infatti tutte le case sono di colori sgargianti, e sembra davvero di
essere finiti nel mondo delle favole!
Un altro aspetto che mi ha colpito è stata la mancanza delle macchine: è stato strano perché comunque
siamo abituati a muoverci sempre con macchine, moto, autobus, mentre a Venezia non si può… e anche
questo la caratterizza e la rende unica…
La mia sensazione nel visitarla è stata di essere in un mondo a parte, parallelo, distante dal caos delle
nostre città… quasi fossimo chiusi in una bolla.
Gaia
Questa gita mi è piaciuta molto, mi ha fatto apprezzare una città che ho scoperto possedere molto da
raccontare. Penso che dovremmo essere noi a voler ascoltare e osservare quello che ha da offrire.
E’ una città affollata, piena di turisti, ci sono ovunque bancarelle di souvenir con gondole di plastica e
cappelli da gondoliere. Mi hanno affascinato le centinaia di vetrine piene di maschere e di vetri di
Murano. A questo proposito, io e la mia classe abbiamo visitato l’isola di Murano e abbiamo assistito a
un interessante dimostrazione di come si lavora il vetro. Mi è piaciuto questo aspetto, perché è un modo
un po’ diverso e forse anche più profondo per capire e conoscere meglio questa città.
Penso, però, che l’aspetto che mi abbia colpito di più sia quello del paesaggio: un paesaggio incredibile,
molto suggestivo con il mare, le gondole, la bellissima piazza di San Marco che, al tramonto, sotto lo
sfondo di un cielo color arancio, sembra quasi essere un quadro impressionista.
Martina
Durante la ricerca di studenti da intervistare mi sono sorte alcune considerazioni su questa città; essa
mi è apparsa come una grande contrapposizione: da una parte, la stabilità della terraferma, comune a
tutte le altre città, dall’altra la fragilità dell’acqua che rende Venezia unica e costituisce la sua
distinzione più marcata; infatti tra tutte le città da me visitate penso che questa sia la più originale.
Un altro aspetto importante che ho percepito è stata l’atmosfera che si respirava: paesaggi sfumati dalla
nebbia color pastello, l’acqua che scorreva lenta in opposizione alla fretta del mondo umano, le
pittoresche gondole, tutti questi elementi fanno di Venezia una città ricca di fascino e piena di
meraviglie da scoprire.
Sofia
Il viaggio di istruzione mi è piaciuto molto perché in questo modo abbiamo avuto la possibilità di
scoprire le bellezze di una città importante come Venezia. Secondo me è una città speciale che si
discosta dalle altre, è unica: canali nascosti tra le mura delle case, un’ampia laguna, chiese imponenti,
ponti maestosi…sicuramente sarà una delle città che non scorderò mai e spero di tornarci in futuro per
scoprire possibili altre meraviglie che non ho colto ora.
Alessia
Venezia è stupenda, penso sia un grandissimo patrimonio per l’Italia e non solo.
Il fatto che non ci siano macchine la rende unica, benché sia molto vicina al traffico della tangenziale di
Mestre. Venezia è un po’ una città-museo, ovunque ti giri puoi scorgere qualcosa di artistico e
meraviglioso.
Il numero di turisti è impressionante, sono tantissimi! Sono rimasta particolarmente colpita da piazza
San Marco, perché è davvero molto grande… peccato che stessero ristrutturando la basilica proprio
quando siamo andati noi…
E’ stata una bellissima esperienza poter visitare una città così particolare e scoprire un po’ della sua
storia!
Francesca
Venezia è città che non conosce inattività: sempre in movimento e mutevole, senza sosta per sé e per
chi la percorre, soggetta ai capricci delle acque e del clima, labirinto di calli e ponti in cui smarrirsi
senza tregua. Essa è città viva, fremente, che ribollisce d’etnie ed attività. E’ per eccellenza la città che
commemora la quotidianità nella sua fatica più dura e concreta: la toponomastica palpita del fervore
lavorativo che ha fatto la storia della Serenissima e ne pervade l’essenza. Rimbombano fra le strette
calli i nomi delle corporazioni, nelle quali per secoli la realtà veneziana si è identificata: la realtà del
lavoro che nobilita l’uomo, che lo esalta a condizione massima di dignità perché essere razionale
capace, nel suo piccolo, di creazione, di bene, di meraviglia, capace di fatica, ma soprattutto capace di
comprendere la fatica, e perciò capace di capire se stesso e la propria natura.
Giacomo
La gita di Venezia è stata un’esperienza davvero entusiasmante, poiché abbiamo potuto ammirare
molte opere di stili diversi, divise tra chiese, piazze e monumenti in generale. Il luogo che ho ammirato
maggiormente è stato piazza San Marco per la sua grandezza e per la bellezza che trasmette al solo
vederla. La magnificenza della piazza fa comprendere quanto l’uomo possa elevare il suo spirito
creativo fino a costruire cose meravigliose, come lo è la città stessa. Spero di ripetere una simile
esperienza per gustare ancora meglio le bellezze che città fantastiche come Venezia possono offrire.
Giorgio
Venezia è sospesa. Essa si eleva da un metro dal mare grazie alla sua leggerezza, diventando unica e
singolare. Le altre città non la possono raggiungere, e perciò la si definisce staccata dal mondo; ma
come può una giraffa dialogare con un elefante, nonostante vivano nello stesso territorio?
Venezia galleggia. Sotto di essa scorre l’acqua, tenta di smuoverla ma lei rimane immobile. Sopra di essa
camminano le persone, gli animali, gli oggetti: si muovono in continuazione, tentano di spostarla ma lei
rimane attaccata alla sua laguna. In mezzo ad esso scorrono dei canali, tentano di spezzarla ma lei
rimane compatta.
Venezia inganna. Si arriva pensando di andare in una città: non si trovano le automobili. Si vede una
distesa enorme d’acqua, il mare: non c’è la spiaggia, è solo laguna. Ci si avvicina a delle isole, forse si è
nell’oceano: è già finito.
Matteo
Penso che questa gita sia stata molto istruttiva, sia dal punto di vista culturale sia dal punto di vista
della socializzazione, anche se per alcuni aspetti è stata molto stancante. Nonostante fossi già andata a
Venezia ho potuto scoprire degli aspetti molto diversi della città e visitare luoghi a me non noti, ma
soprattutto devo dire che mi sono divertita molto con i miei compagni e spero di rifare una gita come
questa.
Carolina
Venezia è una città viva.
Questa consapevolezza è cresciuta in me piano piano, a ogni monumento di cui ascoltavo la storia, a
ogni persona con cui ho parlato grazie al lavoro assegnato sul dialetto. Per me è stato come entrare in
una piccola bolla, divisa dal resto del mondo, dove sono presenti proprie abitudini, usanze e lingue.
È stata un'esperienza che sicuramente ricorderò per tutta la mia vita.
L'irritazione provata quando la gente doveva 'lavorare' e non aveva tempo di rispondere a una
domanda; la curiosità nei confronti del dialetto veneziano, che sembra quasi una lingua straniera; la
paura di perderci in quelle stradine tutte uguali... Non dimenticherò mai tutte queste emozioni. Venezia
mi ha segnata.
Cristina
Per me Venezia è stata qualcosa di assolutamente indescrivibile. Ho trascorso due giorni stupendi e
credo di non aver mai riso così tanto. Non c'è niente di più bello che passare del tempo con le persone a
cui tieni, senza pensare a nulla se non a divertirsi e a stare bene. Venezia era assolutamente come
l'avevo immaginata. Una piccola città, ricca di colori, di piccole vie e dove si riusciva a percepire appena
l'odore del mare. Si poteva sentire la gente parlare con il loro strano dialetto che sentivo così lontano da
me e dalla mia quotidianità. Il lavoro sulla lingua che ho svolto è stato davvero interessante, ho scoperto
un sacco di cose nuove e mi sono anche divertita moltissimo. Io e Cristina ci siamo anche messe un
cartello al collo con scritto: “CERCASI VENEZIANO PER INFORMAZIONI SUI DIALETTI”, ma come
tecnica non ha funzionato molto. Da questo viaggio di istruzione non potevo davvero chiedere di
meglio: è stato tutto meraviglioso e lo rifarei altre mille volte.
Greta
La gita a Venezia ci ha dato l'opportunità di visitare a 360° una città italiana davvero importante, di
apprendere qualcosa di più sulla cultura della città e di osservare i vari usi degli abitanti. La città e le
isole della laguna mi hanno fatto fin da subito un'ottima impressione, in particolare mi sono piaciute le
due isole di Burano e Murano e il giro per Venezia di notte; mi ha sorpreso il fatto che di notte la città
cambi aspetto: da spumeggiante e caotica di giorno a romantica e misteriosa di notte. Purtroppo sono
rimasta un po' delusa da San Marco: me l'aspettavo più grande e più maestosa; inoltre mi è dispiaciuto
non poter visitare Torcello perché io e i miei compagni avevamo svolto un bel lavoro su quest'isola e
non abbiamo avuto la possibilità di vedere con i nostri occhi ciò su cui avevamo svolto una ricerca. Nel
complesso mi è piaciuta davvero tanto e credo che ci ritornerò questa estate con i miei genitori.
Eleonora
“Piccola ma…”
Venezia, piccola città o meglio, piccolo insieme di isole, è famosissima nel mondo per la sua
straordinaria storia, ma soprattutto perché è una dei pochi insediamenti al mondo che sorge su una
laguna.
Sentendo parlare di questa “meraviglia”, mi sono fatto un’idea completamente sbagliata della città.
Immaginavo che Venezia fosse molto più grande, che le strade fossero più spaziose e le abitazioni più
ampie, mi immaginavo una Venezia molto più grande per essere ammirata meglio; in realtà è piccola e
stretta, con angoli bui, sconosciuti.
Pensavo che Venezia fosse una città molto più vasta, forse ingannato dalla sua fama o forse perché mi
aspettavo che fosse come una città a cui sono abituato. Ed è proprio questo il motivo per cui è
considerata da tutto il mondo piccola e preziosa, affascinate e raffinata, un vero e proprio piccolo
gioiello dal grandissimo valore.
Gianluca
Oltre alla gita e al viaggio verso Venezia, che sono stati sicuramente belli, ciò che mi ha particolarmente
colpito è stata la collaborazione tra le classi e tra noi studenti. Prima del viaggio le nostre classi hanno
svolto degli approfondimenti sugli aspetti artistici della città, che ci hanno aiutato a capire meglio come
orientarci, cosa fare e come comportarci. Quindi ci siamo tutti uniti, sia alunni che insegnanti, e questa
grande collaborazione è stata molto fruttuosa per tutto il lavoro di cui sono molto fiera. Questo nostro
progetto è ciò che è nato dal nostro impegno, dall’unione di due classi completamente differenti, una del
liceo classico e una dello scientifico, che pur essendo così diverse si sono però completate, creando un
lavoro che comprende foto, descrizioni e disegni dei luoghi visitati, interessanti e approfonditi.
Ahlam
Venezia, città che offre uno spettacolo artistico e monumentale di immensa
portata, insieme a uno spettacolo di gusto e di antichi sapori; città
dell’amore, città in cui ogni singolo scorcio irradia bellezza, una bellezza
subdola e inesorabile, città incrostata di immaginario, città unica nel suo
genere. Il nostro viaggio a Venezia è stato mirato e ben strutturato anche se
solo due giorni sono pochi per conoscere e apprezzare il capoluogo veneto
con tutto quello che ha da offrire; o per lo meno permettono una visita
superficiale della città che suscita un maggior interesse a tornare per
un’esplorazione più dettagliata per i vicoli della Serenissima. Inoltrandosi
per le calli più strette e desolate, lontane dalla massa di turisti, e facendosi
assecondare dal labirinto, si può apprezzare la vera essenza di Venezia, città
silenziosa e pulita che sembra essere la protagonista di un quadro di Monet:
dove la trovi un’altra così? Una città che si odia o si ama: e da questo breve viaggio, posso dire di aver
cominciato ad amarla.
Benedetta
Un mondo magico, una terra galleggiante sull'acqua, un insieme di canali, ponti, calli che si intersecano
fra loro formando il labirinto più straordinario che sia mai esistito: la città di Venezia. Perdersi, scoprire
spazi e luoghi che non avremmo mai avuto modo di conoscere altrimenti, osservare gondole che
passano sotto i nostri piedi e chiedersi come dei personaggi della storia siano riusciti a costruire un
museo all'aperto, il più grande e il più meraviglioso. Ricordo quando ci trovammo in una calle stretta
diretti verso S.Marco, di fronte ad un ponte e salimmo su un pontile situato poco prima di esso. Ad un
certo punto vedemmo sbucare da dietro il canale una gondola silenziosa che pian piano attraversava il
ponte e pian piano com'era arrivata svaniva. Ci siamo fermate a lungo ad osservare quella scena,
semplice ma a dir poco straordinaria, ci siamo fermate ad ascoltare Venezia. L'armonia dell'acqua che
sbatteva sulle sponde del canale e che infrangeva quel silenzio che prima di quel momento solo le
nostre parole potevano infrangere. La cosa che mi ha colpito di più è come Venezia sia cara ai suoi
abitanti e ai turisti: di giorno è viva, caotica, rumorosa, ride e scherza con loro facendosi osservare,
magari facendo in modo che qualche turista scopra dei luoghi inesplorati e che vuole che proprio
questo scopra. Mentre di notte va a dormire con loro, si spegne e dà la buona notte. Si risveglia solo
quando, la mattina presto iniziano ad aprire i primi negozi e ad arrivare i primi turisti per dargli il
buongiorno e per accoglierli solo come lei sa fare.
Federica
La gita a Venezia mi ha soddisfatto parzialmente: alcuni inconvenienti, quali lo sciopero, che ha
sicuramente condizionato la visita alle isole il secondo giorno, e l'invivibilità dell'albergo, erano
ovviamente imprevedibili; si sarebbero potuti evitare, invece, i momenti in cui ci siamo persi, finendo
per girare più volte attorno ad uno stesso edificio. La città nel suo complesso non mi ha entusiasmato
particolarmente, sia per il fatto che la presenza di così tanti turisti fa perdere il vero centro e le
originarie caratteristiche di Venezia, ma anche per il fatto che sia troppo concentrata, densa, sia di
persone che di case. L'acqua verde della laguna e la nebbia persistente sulle acque non sono state di
mio gradimento, sebbene esse contribuiscano a creare quell'atmosfera che tutti ricordano si questa
città. Ho apprezzato invece la bellezza di piazza san Marco e il paesaggio che si può ammirare in quella
zona, ma trovo che sia un centro città troppo “passivo”: ho avuto l'impressione di essere al centro di
una bomboniera, solo da guardare e non da vivere.
Questa gita si può definire senz'altro ricca e intensa, poiché esce dagli schemi classici dei viaggi di
istruzione, lasciando la possibilità ad ognuno di creare pareri personali e differenti sulla città visitata.
Christian
Venezia, sette lettere che compongono un sogno, una meta obbligatoria per i turisti di passaggio in
Italia. Una città che sa nascondere i propri problemi, agli occhi dei più. Ti invoglia ad aprire l'anima e a
dimenticare ogni problema. Priva delle convenzioni delle metropoli, niente metro, niente bus solo
canali e barche. Lasciati cullare sulle gondole, delizia la vista (e anche il palato) a Burano, studia i
movimenti dei mastri vetrai a Murano. Venezia è così: un insieme di emozioni, concentrate in poco più
di 400 chilometri quadrati, invariata da secoli, una città per vecchi? No, affatto! Affascina, è la città
dell'amore. Chiunque vorrebbe essere travolto dall'Eros su un ponticello in ferro, stretto, come del
resto tutto qui. L'arte non è secondaria al paesaggio è una parte intrinseca, onnipresente, scomoda per i
Veneziani. Ecco questa dovrebbe essere la perfezione, piena di difetti.
“Venezia è come mangiare tutta in una volta una scatola di cioccolatini al liquore” (Truman Capote).
Giorgio
Appena misi piede a Venezia, mi resi conto di quanto fosse diversa da Milano e anche, in un certo senso,
di quanto fosse strana. Tutte le cose che ero abituata a vedere, anche la mia vespa, non c’erano;
naturalmente lo sapevo e lo sapevano anche gli altri che a Venezia non si trovavano macchine,
biciclette, ma fino a quando non ho visto con i miei occhi non potevo benissimo immaginarmi la
situazione. Ero capitata in un mondo magico, mi sembrava di essere andata indietro nel tempo, all’inizio
del medioevo o in epoche passate, quando gli oggetti per noi abituali non c’erano. La Serenissima
ricorda infatti una città a sè, distaccata da tutte le altre, ma è per questo motivo che mi è sempre
piaciuta. Mi ricordo benissimo l’odore di laguna, nauseante, se ci penso lo sento ancora; quanta gente,
quanti turisti e quanti che si fermavano sempre in mezzo ai piedi per fotografare qualunque cosa gli
venisse sotto il naso; intanto che mi accorgevo di questi mitici turisti, pensavo ai veneziani che ogni
giorno dovevano sopportare queste persone che si mettevano sui propri passi e non li facevano
camminare. Io avrei dato di matto. Sento ancora nella testa tutte quelle voci che mi chiedevano di
spostarmi e di mettermi da parte per la fretta di passare, quei cari veneziani, che andavano tutti di
fretta cercando di nascondersi e di prendere i vicoli più remoti per evitare centinaia di turisti.
Quando siamo stati liberi di aggirarci per la città, mi sono sentita molto indipendente, perché attorno a
me avevo una città sconosciuta, mai vista prima e ci dovevo girare senza perdermi, è stata davvero
un’avventura. Anche se non sapevamo dove andare, ci infilavamo in vie strette e diverse da quelle che
prendevano tutti, così abbiamo iniziato ad intervistare dei Veneziani; è stato divertente capire cosa
stessero dicendo, perché avevano un accento diverso e la maggior parte delle volte parlavano in
dialetto. Intanto che eravamo in giro per rispondere alle nostre domande, mi sono soffermata a
guardare una finestra che sporgeva sopra la mia testa e ho cercato di capire in modo buffo come
potessero aprire le gelosie senza colpire in testa qualcuno, di certo di prima mattina qualcuno l’avevano
colpito e meno male che quella non ero io. Al termine del viaggio, stanca, non vedevo l’ora di ritornare a
casa, anche se una parte di me l’avevo lasciata lì, quella città si era presa qualcosa di mio che non gli
potevo più portare via. Prima di entrare in stazione mi sono girata verso di lei ed era come se mi stesse
guardando andare via, come se sapesse che un giorno ci sarei ritornata perché me ne ero innamorata;
alla fine le ho fatto un bel sorriso e ho preso la mia strada convita che presto l’avrei rivista.
Francesca Col.
La gita scolastica a Venezia, mi ha permesso di visitare una delle città più belle del Mondo. La sua
bellezza si scopre svoltando a ogni angolo, entrando in ogni calle e allontanandosi da piazza San Marco
si può osservare la vera vita veneziana, così frenetica e caotica. Venezia è piccola, puoi permetterti di
perderti e sai che finirai sempre davanti ad un canale, a faccia a faccia con la laguna, ma “smarrirsi è
l’unico posto dove vale la pena andare”. Dopo la prima visita in questa città, dove le strade sono canali e
le macchine non esistono, vorrei tornarci un’altra volta per riassaporare quell’atmosfera speciale.
Francesca Cor.
Venezia è sole, mare, festa, arte, religione, cultura, turismo e tradizione. Non si può dire che sia un posto
come altri, ma è una città: abitanti, lavoratori, strutture ‘stabili’, mezzi di trasporto, servizi, una storia.
Questo è stato il mio compito per due giorni, conoscere ed entrare nella vita di un cittadino della laguna.
Si è rivelato un’esperienza da non obliare, soprattutto per quanto riguarda l’impostazione del viaggio
stesso, che ho trovato efficace e soddisfacente. Il mio ideale di Venezia è stato in parte confermato, in
parte smentito, mi è rimasto il desiderio di tornarci e dunque ringrazio per l’opportunità.
Michela
Il viaggio è stato molto interessante, innanzitutto perché l’itinerario non era rigido. Avevamo molto
tempo per conoscere la città da soli, gironzolando e perdendoci tra le calli. Inoltre prima di recarci a
Venezia abbiamo studiato tutti i suoi monumenti in modo tale da sapere cosa avremmo visitato una
volta raggiunta la città e per rendere la scoperta di Venezia ancora più interessante. Pensavo a Venezia
come una metropoli qualunque con un’unica differenza: tutta la città si affacciava su canali al posto che
su strade trafficate e piene di smog. Invece mi sono accorta che Venezia è quasi un mondo a sé, con le
sue abitudini culinarie, il suo dialetto, i suoi abitanti a volte un po’ scontrosi. Camminando per le calli ho
potuto percepire tutti gli odori e tutti i rumori di Venezia, spesso si sentiva la fragranza delle bancarelle
di frutta e verdura, l’aroma aspro del pesce esposto o il forte odore di salsedine. Se si stava in silenzio si
poteva sentire il mormorio dell’acqua che scorreva nei canali, il rumore dei motori dei traghetti e
magari le urla di qualche veneziano che cercava di vendere il pescato. Venezia aveva molti aspetti
nascosti, ma grazie a qualche domanda posta al veneziano giusto siamo riusciti a darci molte risposte.
Ilaria
Venezia, all’apparenza un insieme disordinato di edifici, calli, canali e ponti, si è rivelata fin da subito
una città molto affascinante. Girando, per le calli la curiosità di scoprire cosa vi era dietro l’angolo mi
prendeva sempre di più, e il trovarmi ogni volta in un luogo diverso mi facevano sempre più rendere
conto della bellezza di questi luoghi. Visitandola insieme ai miei compagni ho potuto capire perché tutto
il mondo ci invidia Venezia, una città che definirei un opera d’arte.
Pietro
Dopo essere stati a Venezia si può finalmente comprendere a fondo la frase del libro di
Scarpa “il miglior modo per conoscere Venezia è perdersi”: infatti noi ci siamo persi
innumerevoli volte in quella fitta e intricata rete di calli e canali; ma se non fosse stato
così probabilmente non avremmo apprezzato il tramonto sulla laguna nei pressi della
Biennale, i pescatori che vendono il pesce direttamente dalle loro piccole imbarcazioni
in stetti canali e le calli deserte, oscure e un po’ inquietanti di sera mentre cercavamo
disperatamente dove attraccassero i vaporetti. Il viaggio in generale ha soddisfatto le
mie aspettative e mi ha lasciato un buon ricordo della città nella quale spero di poter
tornare presto per scoprire altre calli misteriose e luoghi nascosti.
Beatrice
“Si è sempre dato per scontato che Venezia è la città ideale per una luna di miele, ma è un grave errore.
Vivere a Venezia, o semplicemente visitarla, significa innamorarsene e nel cuore non resta più posto per
altro.” -Peggy Guggenheim
Venezia, infinite emozioni. Come non poter visitare questa suggestiva città almeno una volta nella vita?
Non a caso la Serenissima è la prima meta turistica italiana, superando anche la capitale. D'altronde con
un patrimonio artistico-naturalistico di questo livello non c’è da stupirsi, nonostante il turismo di
rapina che offre. Importante anche se piccola, senza i problemi, lo smog delle metropoli, invariata da
secoli. Giudicata da tanti come città dell’amore, romantica anche se sempre affollatissima: un problema
per i veneziani locali che comunque vivono di questo. Di gente come noi, ospiti in questa magnifica città,
ma non come turisti ordinari: senza seguire i famosi cartelli gialli ci siamo fatti trasportare da
quell’atmosfera che la laguna veneziana si porta dietro, vivendo un viaggio d’istruzione costruito da noi,
facendo nuove amicizie e stringendo sempre di più legami più forti. Venezia, infiniti sapori.
Vagabondando divisi in gruppi nelle intricate calli il pomeriggio, siamo stati a contatto con i veri
veneziani proprietari di bacari che ci hanno davvero fatto sentire a nostro agio nella loro città con
storie riguardo al passato, con un accento critico verso il presente. E devono proprio essere secondo
questo modello i viaggi d’istruzione, promovendo la crescita di responsabilità e la maturità di ognuno.
Marco
Quando in classe abbiamo concordato che il viaggio
d’istruzione di quest’anno avrebbe avuto come meta la città
di Venezia, subito ho iniziato a fremere per la curiosità: non
ero mai stata a Venezia e non vedevo l’ora di vederla! Il
giorno della partenza ero impaziente di arrivare e non
appena siamo usciti dalla stazione sono rimasta a bocca
aperta per lo scenario che mi si presentava, completamente
diverso da quello che sono abituata a vedere nel paese dove
abito.
Durante i due giorni di viaggio i miei pensieri riguardo alla
città hanno continuato a cambiare ad ogni svolta. In un primo momento sono rimasta ammirata, ma
quando abbiamo iniziato a muoverci per le calli ho subito capito quanto deve essere difficile per i
veneziani: in alcuni momenti i turisti erano talmente tanti che non riuscivamo a muoverci, mentre altre
volte le calli erano deserte. Le interviste al mercato di Rialto e gli scambi d’opinione sui lavori fatti dagli
altri compagni mi hanno fatto capire che Venezia è
una città normale, che però non viene trattata come
tale e per questo molti si fanno un’opinione sbagliata
su di essa. Certo è molto bella, ma non bisogna
pensare che sia soltanto un luogo da fotografare; è
anche un luogo unico dove si possono imparare
tante cose, proprio perché Venezia è diversa da tutte
le altre città. Le isole sono state la parte che ho
preferito: mi sembrava di essere nella località dove
mi reco in vacanza con la famiglia, ma allo stesso
tempo percepivo una sensazione diversa. Infatti, a
causa dello sciopero dei trasporti pubblici, i turisti
non erano molti quindi mi sembrava, soprattutto a
Burano, di essere in una Venezia un po’ più colorata
e “normale”, abitata da persone che svolgono le loro attività quotidiane, non in una città assaltata da
turisti.
Se il viaggio fosse stato organizzato in maniera diversa, sicuramente non avrei potuto capire tutte
queste cose riguardo a Venezia e alle isole. Secondo me quindi tutte le gite scolastiche andrebbero
organizzate così perché gli alunni imparano molte più cose sul luogo che vanno a visitare, rispetto a
quando invece continuano ad entrare nei musei o a sentire le parole di una guida. E in questo modo si
divertono anche di più perché hanno la possibilità di fare da soli dei lavori per i quali possono girare
liberi per la città scoprendo tantissime cose e notando un sacco di particolari.
Vorrei anche dire che durante questo viaggio mi sono divertita parecchio, in modo particolare durante
le due ore libere del pomeriggio, perché sono stata con le mie compagne e insieme abbiamo fatto una
mini gita per Venezia, che ci ha fatto venire voglia di ritornare lì un giorno, magari da sole per divertirci
ancora di più!
Rebecca
L’originalità di questo viaggio di istruzione si è resa evidente fin dalle fasi della preparazione: infatti è
stato subito chiaro che noi ragazzi ne saremmo stati protagonisti attivi e non semplici ascoltatori di
spiegazioni e informazioni provenienti da altri. Il fatto di poterci concentrare su tematiche specifiche e
di approfondirle con strumenti validi e inusuali che ci sono stati forniti dagli accompagnatori ci ha
permesso di gustare la visita prima ancora di essere sul posto e ha creato in noi moltissime aspettative
sui luoghi, le persone, le tradizioni che avremmo conosciuto a Venezia. Per questo motivo l’esperienza
vissuta è stata per me l’esempio di come una gita scolastica, contrariamente all’immaginario comune,
possa diventare un’occasione di apprendimento intelligente, attraverso un approccio originale che ci ha
coinvolti in prima persona: le interviste agli abitanti della città, il poter assaggiare nei locali tipici
“bacari” qualche specialità della laguna, sedersi sulle fondamenta dei canali ad ammirare la laguna e
sentire il suo odore salmastro... tutto questo vale molto più che ascoltare la solita e spesso noiosa guida
turistica che ci illustra i tesori dei musei.
Anche da un punto di vista umano questo viaggio è stato utile per incrementare la collaborazione tra
noi alunni: ognuno aveva il suo compito preciso senza il quale tutto il lavoro del gruppo sarebbe venuto
meno e ciò non ha fatto altro che responsabilizzarci e far crescere la nostra autonomia. A differenza
delle solite attività straconosciute che si svolgono insieme in classe, qui c’era il vantaggio di essere in un
luogo insolito, affascinante, la cui novità ha contribuito ad aumentare la nostra partecipazione.
Che bello vederci “sguinzagliati” per la città come se fossimo guide turistiche provette!
Ho perfino scoperto di avere un senso dell’orientamento che non pensavo di possedere e mi sono resa
conto che la lettura di una cartina topografica non è certo difficile come interpretare un geroglifico,
anzi... per la prima volta dopo una visita di istruzione mi sentirei davvero in grado di fare io da guida a
Venezia, perché l’essere stata protagonista di un apprendimento “sul campo” mi ha insegnato a
districarmi tra “salizade”, campielli e canali, a “fare mio” lo spirito dei veneziani, a conoscere le
ricchezze artistiche senza aver bisogno di un tutor. Ritengo che questa metodologia possa essere
applicata a qualsiasi vacanza, viaggio di piacere o di studio in modo che al ritorno mi rimangano
impressi i tratti qualificanti e principali della meta visitata.
Camilla
Venezia. Laguna, città , labirinto, pesce. Una città meravigliosa che, già dal primo istante ti fa innamorare.
I colori, i sapori, gli odori. Venezia è unica. Venezia è una città bellissima. Murano, un museo di vetro;
Burano, una tavolozza di colori. Vecchio, nuovo. Ponte degli scalzi, ponte di Calatrava. Una città da vivere
e da “godere” a pieno. Perche? Perchè Venezia è Venezia: piena di ponti, piena di canali (che creano un
vero e proprio labirinto), piena di profumi, piena di persone e bellezze a cielo aperto. Sicuramente piena
di particolari difficili da vedere anche se, una volta visti, difficili da dimenticare. Un viaggio che, ognuno
di noi farà fatica a dimenticare. Una gita pensata per noi, studiata per farci vivere la città non da semplici
turisti ma da veri “esperti”.
Giulia
La gita mi ha molto colpito sia per la località che per
il modo in cui è stata strutturata. Venezia è una città
molto diversa dalle altre per la caratteristica di
trovarsi sull'acqua e per questo è stato molto
interessante non solo visitare i suoi monumenti ma
anche analizzare il modo con cui gli abitanti del luogo
affrontano la difficoltà di spostarsi, fare acquisti, etc.
e come i servizi si siano sviluppati via mare e non via
terra. Molto particolare è stato anche il modo di
organizzare la gita lasciando noi studenti liberi per
due ore in modo da poter scoprire tutte le
caratteristiche della città e il pensiero dei suoi
abitanti.
Eugenio
Posso affermare con certezza che la gita a Venezia è stata un’esperienza memorabile, non tanto per il
luogo visitato, nulla togliendo alla sua ricchezza artistica culturale che fa di questa città un simbolo
dell’Italia nel mondo, ma grazie al metodo utilizzato per organizzare le due giornate. La possibilità di
scegliere le mete di una gita e prepararne prima lo studio ha reso il tutto più piacevole, utile e
comprensibile, poiché sapevamo già a cosa eravamo d’innanzi e non abbiamo avuto bisogno di una
guida che ci spiegasse passo per passo la storia di ogni singolo monumento: sarebbe risultato tedioso e
avrebbe ristretto la nostra libertà di escludere ciò che pareva superfluo. Per aggiungere la ciliegina sulla
torta, le due ore di autogestione, se così si possono definire, hanno reso l’itinerario vario, libero e
istruttivo, perché ci siamo messi alla prova e ci siamo arrangiati con quel che avevamo a disposizione.
Secondo la mia opinione ogni gita dovrebbe essere strutturata così, senza rigidi schemi da seguire.
Matteo
La Serenissima di giorno compare come un piccolo gioiellino, ammirato e celebrato da milioni di turisti
che ogni giorno percorrono le calli più strette fino a sfociare in campi e piazze nelle quali si rimane
estasiati da così tanta bellezza artistica e culturale. Il brusio di mille lingue differenti, sparpagliate in
modo eterogeneo su tutto il suo territorio, si disperde al calare del sole. Durante la notte infatti i campi
illuminati dalla debole luce della luna ti colpiscono, rendendo la città ai tuoi occhi misteriosa, cupa,
inquietante, come se tra quelle sue calli strette si potesse nascondere un segreto molto profondo,
oscuro a ogni singolo turista.
Sara
Venezia mi è piaciuta abbastanza, e molte delle aspettative sono state confermate. Ad esempio i canali e
la struttura di Venezia si sono rivelati effettivamente come un grandissimo labirinto, anche se in realtà
con poca pratica ci si può orientare con efficacia. La cosa che però mi ha colpito è il fatto che dopo
averla visitata, faccia abbastanza fatica a chiamarla città di Venezia. Ora la vedo più come un immenso
museo all’aperto: una città vera è popolata sempre, non sola dalle 8 di mattina fino alle 7 di sera, una
città vera ha tutti i servizi di cui un cittadino ha veramente bisogno, soprattutto questi servizi sono
accessibili a tutti. Venezia non rispetta questi criteri, quindi fatico molto a vederla come una vera Città.
Edoardo
Una delle più belle città dal mondo è Venezia una città surreale, unica, un vero e proprio gioiello.
L'assenza di macchine e biciclette a cui si è tanto abituati, le strette calli, i canali, le osterie, le gondole
dorate che viaggiano sull'acqua, i grandi monumenti un po' orientaleggianti danno l'impressione di
essere su un altro pianeta.
Il viaggio è stato organizzato e pianificato ottimamente e ciò ha dato la possibilità di assaporare la
Venezia che non si visita, ma si vive. Forse però due giorni sono pochi per apprezzarla davvero, per
osservare tutte le meraviglie che la Serenissima può offrire, infatti parte del viaggio è stato svolto con
fretta, senza vivere appieno tutte le esperienze. In due giorni però , anche se pochi, si impara ad
apprezzarne i pregi e sopportarne i difetti. E una città che o entra nel cuore e non ne esce più , oppure
passa quasi inosservata.
Io credo che questa città irreale abbia lasciato qualcosa nel mio cuore per cui sarei pronta a ritornarci.
Alessia
Venezia… una città costruita sull’acqua tutta da
scoprire, il solo modo per conoscerla… è viverla.
Differente da qualsiasi città, ha qualcosa che la
rende davvero unica, qualcosa che non è facile
descrivere; l’odore della laguna, l’assenza di
macchine, la presenza di infiniti ponti e di vicoli
stretti che portano chissà dove e da chissà quanto
assistono alle vicende di una città che vanta una
storia ultra millenaria…. Sì, sono tutte queste cose
a rendere Venezia una città così speciale
Alessandro
Ho trovato molto intensi i due giorni passati a Venezia. Prima di tutto per il tempo non proporzionato d
estinato ai lavori di gruppo rispetto alle consegne fornite dai professori e la lunghezza dell’itinerario.
Mi ha deluso l'albergo con camere piccole, puzza di fogna e sala da colazione troppo piccola rispetto alle
camere presenti. La città è molto carina e ha conservato il suo originario aspetto, nonostante l'avanzare
della tecnologia, ma mi ha colpito la scarsa pulizia delle strade. Ultima osservazione, ma non meno impo
rtante, è stata la mancanza del professor Meli, l'organizzatore del viaggio, con cui certamente sarebbe st
ato molto più interessante.
Giordano
Venezia… mi ricordo ancora la prima visita alla città sull’acqua con i miei genitori. Si andava in Iugoslavia, erano gli anni ’70 e quella mi
sembrava la porta di un estero sconosciuto, esotico e da sogno. Poi ci sono tornato da solo e mi ha incantato ancora per essere “altra”: altri
ritmi, altri lavori, altri cibi, altri modi di vita… Negli ultimi anni, si insinua la disillusione: la vedo sempre meno diversa, sempre più oggetto –e
soggetto consapevole, purtroppo- di turismo superficiale e distratto, usata più che vissuta… Ma penso che sia bello che i giovani credano
ancora nel sogno di una realtà “altra”: per questo un viaggio a Venezia, alla ricerca della Serenissima, di ciò che sparisce, nella speranza che
qualcosa si salvi grazie alle nuove generazioni, grazie alla voglia di immaginare e di sognare altre porte per altri mondi… e in questa guida, con
semplicità, la speranza rifiorisce!
Paolo Meli
VENEZIA nella scrittura di DIEGO VALERI (1887 – 1976)
Venezia
C'è una città di questo mondo,
ma così bella, ma così strana,
che pare un gioco di fata morgana
o una visione del cuore profondo.
Avviluppata in un roseo velo,
sta con sue chiese palazzi giardini
tutta sospesa tra due turchini,
quello del mare, quello del cielo.
Così mutevole! A vederla
nella mattina di sole bianco
splende d'un riso pallido e stanco,
d'un chiuso lume, come la perla;
ma nei tramonti rossi affocati
è un'arca d'oro, ardente, raggiante,
nave immensa veleggiante
a lontani lidi incantati.
Quando la luna alta inargenta
torri snelle e cupole piene,
e serpeggia per cento vene
d'acqua cupa e sonnolenta,
non si può dire quel ch'ella sia,
tanto è nuova mirabile cosa:
isola sacra misteriosa,
regno infinito di fantasia...
Cosa di sogno, vaga e leggera;
eppure porta mill'anni di storia,
e si corona della gloria
d'una grande vita guerriera.
da “Il campanellino”, 1951
Andare in giro per calli e campi, senza un itinerario prestabilito, è forse il più bel piacere che a Venezia
uno possa prendersi.
Beati i poveri di topografia, beati quelli che non sanno quel che si fanno, ossia dove vanno, perché a loro
è serbato il regno di tutte le sorprese, di tutte le scoperte straordinarie. Infilare una calletta, cacciarsi
nella gola nera di un sottoportico, sbucare in una corte che pare un culdísacco, trovarvi il pertugio di
un'altra calletta, uscire da quel dedalo soffocato in un campo arioso, luminoso, pieno di gente, oppure
sulle soglie di un palazzone principesco, oppure su una fondamenta aperta al sole e al vento, oppure su
un rio largo, popolato di barche e barconi: questo è un girare nell'inaspettato, nell'impreveduto, e quasi
nell'inverosimile, che può ricordarci addirittura le nostre stupende e stupite scorribande per il
chimerico paese di Fanciullezza. Appunto mi diceva una intelligente amica, non veneziana: «A
passeggiar per Venezia provo la stessa impressione che da bambina provato sedendomi davanti a una
grande stufa, spenta; aprivo lo sportello, entravo in quella tenebra, e d'improvviso mi trovavo in una
sala da ballo sfolgorante di luci, da cui scorgevo, attraverso corridoi misteriosi, altre ed altre sale
abbaglianti ...».
da Guida sentimentale di Venezia, Passigli, 1994
Giro del sole nelle nostre stanze,
da finestra a finestra, da mattino
a sera. Quanti giorni, quante
stagioni, e poi anni…
Le nostre figlie bambine, poi donne.
Tu sempre più stanca e lontana,
poi finita, una mattina all’alba.
Io qui ancora, a guardare stupito
Il tempo che gira
Col vecchio sole da finestra a finestra
da Poesie scelte, Mondadori, 1977
Quale sarà la ragione prima ed essenziale per cui Venezia appare diversa da tutte le altre città della
terra, ed è di fatto l’unica Venezia?
Per rispondere a questo interrogativo, per rintracciare questa ragione, forse non occorre scavare a
fondo, come tanti han fatto e van facendo, nel sottosuolo fisico e storico della contrada. Forse basta, e
serve di più, aprir bene gli occhi; guardare con attenzione amorosa quel che agli occhi è dato di vedere,
e desumerne immediatamente qualche conoscenza o ipotesi ragionevole.
da Tempo veneziano, Italsider, 1973
Sulla casa del poeta a Venezia, in Calle Cereri, n. 2448 B, vicino ai Carmini, è stata affissa una targa in
sua memoria, su cui si legge la prima lirica della raccolta Calle del vento:
Da Giambellino a Francesco Guardi, attraverso Giorgione e Tiziano, il Tintoretto e il Veronese, il
Tiepolo e il Canaletto (per ricordare soltanto i sommi), la pittura veneziana si svolge come un
fiume regale di forza, di armonia, di gioia, in cui la vita si specchia, beatamente obliosa, in una
luce, in un’aura di paradiso terrestre. Ma a Venezia, si sa, tutto finisce a essere pittura; anche le
architetture più rigorose, anche la musica più astratta; anche, d’altra parte, le più povere realtà
quotidiane. Perché pittorico è il genio del luogo, che spazia e vola inquieto tra le acque e il cielo:
genio di sempre mutevole luce lagunare.
da “Tempo veneziano”, Italsider, 1973
CLASSE SECONDA A SCIENTIFICO:
Aldegheri Gianluca
Amamour Ahlam
Ballabio Benedetta
Barzaghi Federica
Cerri Christian
Colombo Giorgio
Colzani Francesca
Corbetta Francesca
Criscuoli Michela
Frigerio Ilaria
Galimberti Pietro
Mannucci Beatrice
Marelli Rebecca
Molteni Marco
Peverelli Camilla
Proserpio Giulia
Ragazzo Eugenio
Romanò Matteo
Santisi Sara
Stoppa Edoardo
Trabattoni Alessia
Turati Alessandro
Ugioli Giordano
CLASSE SECONDA A CLASSICO:
Boselli Francesca
Cadamuro Giorgia
Carrozzino Cristina
Chinellato Sofia
Consonni Sara
Dettoni Giacomo
Frigerio Carolina
Galli Eleonora
Galliano Matteo
Genova Riccardo
Isella Jacopo
Longoni Gaia
Maggi Greta
Mastore Alessia
Mauri Giorgio
Rigo Davide
Stivala Marianna
Tagliabue Martina
ACCOMPAGNATORI:
Professoressa Colombo Nicoletta
Professoressa Confalonieri Roberta
Professore Valtorta Fausto
SUPERVISORI:
Professore Meli Paolo
Professoressa Colombo Nicoletta
IDEATORE:
Professore Meli Paolo
A CURA DI:
Cerri Christian
Galimberti Pietro
Molteni Marco
Turati Alessandro
La guida è stata prodotta accorpando i lavori prodotti da 8 gruppi formati dagli studenti delle due classi
Vietata la vendita. Le persone che hanno lavorato a questo lavoro non si assumono le responsabilità per
illeciti commessi con questo prodotto.