HI -TE CH Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LO/Milano www.hitechambiente.com AMBIENTE MENSILE - TECNOLOGIE AMBIENTALI PER L’INDUSTRIA E LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - ANNO XXV 1° SETTEMBRE 2014 TRATTAMENTO E SFRUTTAMENTO L’uso di acqua piovana TERRENI E FALDE ACQUIFERE Bonifica vs idrocarburi a pagina 14 a pagina 52 E’ DISPONIBILE E FUNZIONA LA TORREFAZIONE OGGI a pagina 29 SPECIALE a pag. 43 POMPAGGIO DEL PERCOLATO DA DISCARICA N6 SOMMARIO BIOMASSE & BIOGAS 5 PANORAMA La torrefazione oggi APPROFONDIMENTI Lo smaltimento in discarica 8 L’esempio delle nuove linee guida della Regione Lombardia che integrano e perfezionano la legislazione nazionale in materia Il software DinaMetan 11 Assorbimento in situ di idrocarburi pesanti nei siti contaminati mediante la combinazione di più tecniche di biorisanamento L’uso di acqua piovana 32 Valuta qualità della biomassa e quantità da usare per migliorare l’efficienza DEPURAZIONE Il progetto Sorbent 29 Richiesta in crescita di applicazioni su piccola scala di prodotti torrefatti, ma i progressi non sono veloci quanto ci si aspettava ENERGIA L’ibrido solare-biomassa 14 Tecnologia, costi, esempi pratici, finalità e curiosità dei sistemi ad oggi disponibili 33 Avviato il primo impianto che integra due fonti energetiche e due tecnologie rinnovabili MACCHINE & STRUMENTAZIONE Il revamping dei depuratori 18 Con la “microbioflottazione ad aerazione forzata” si riducono i costi ed aumentano le prestazioni di impianti a tecnologia classica Il progetto Life+ Bio.Lea.R L’analisi degli idrocarburi totali RIFIUTI Il gesso di riciclo 24 I rischi di esplosione SPECIALE “POMPAGGIO DEL PERCOLATO DA DISCARICA” 47 Un aiuto per le aziende ad attuare quanto richiesto dalle norme, mettendo in pratica le misure di prevenzione e protezione 26 Nei prossimi anni si stima che il settore del Waste-to-Energy subirà un calo di volume Differenziamoci 38 SICUREZZA Allo studio un sistema per il recupero degli intonaci edilizi da utilizzare come additivo nella produzione di cemento Il mercato WtE rallenta 35 Strumenti ad hoc per il monitoraggio dei parametri analitici nella produzione di biogas e syngas TECNOLOGIE Bonifiche vs idrocarburi 52 Nell’ambito del biorisanamento spinto in situ interessante è l’impiego del diffusore di ossigeno progettato e brevettato dall’Università canadese di Waterloo 28 43 SMART & GREEN 57 SELEZIONE FORNITORI 60 ENTERPRISE EUROPE NETWORK 63 ECOTECH 64 GLI INDIRIZZI DELLE AZIENDE CITATE SONO A PAG. 66 Hi-Tech Ambiente 3 HI -TE CH AMBIENTE HI -TE CH AMBIENTE ORGANO UFFICIALE ASSITA SPECIALE ASSOCIATO A: A.N.E.S. ASSOCIAZIONE ITALIANA TECNOLOGIE AMBIENTALI “Rimozione arsenico dalle acque” CONFINDUSTRIA ASSOCIAZIONE NAZIONALE EDITORIA PERIODICA SPECIALIZZATA Gestione Redazionale BINEDI s.r.l. La rivista HI-TECH AMBIENTE ha in programma per il settimo numero dell’anno uno SPECIALE dedicato agli Impianti di rimozione di arsenico dalle acque; saranno presentate le proposte produttive delle aziende. Via Luigi Resnati, 8 - 20137 Milano - Tel. (02) 5454670 - Fax (02) 5460656 [email protected] Via Chiassatello, 100 - 56121 Pisa - Tel. (050) 49490 - Fax (050) 49451 [email protected] Direttore Responsabile: Patrizia Bindi [email protected] In redazione: Leonardo Bindi, Fabio Carlini, Vittorio Chioetto, Cesare Del Francia, Mariagrazia Niccolai, Gabriele Perrone, Luigi Putignano, Cati Tonon, Diana Tribi Videoimpaginazione Grafica: Fabrizio Filippini [email protected] Per informazioni e prenotazioni pubblicitarie contattare: Patrizia Bindi E-mail: [email protected] Tel 050.49490 - Fax 050.49451 Registrazione Tribunale di Milano N° 117 del 15/2/89 - Iscrizione R.O.C. n° 1246 del 29/08/2001 P Pubblicità: UBBLINDUSTRIA srl www.pubblindustria.com Direzione: Via L. Resnati, 8 - 20137 Milano - [email protected] Amm.ne: Via Chiassatello, 100 - 56121 Pisa - [email protected] COUPON DI ABBONAMENTO Diffusione e Abbonamenti E-Mail: [email protected] Via Chiassatello, 100 - 56121 Pisa - Tel. (050) 49490 - 48194 Desidero abbonarmi ad Hi-Tech Ambiente per un anno (8 numeri), al prezzo di 65 euro per l’Italia e 120 euro per l’estero, compreso l’associazione all’ASSITA e l’abbonamento via e-mail alla newsletter EEP Stampa: Litografica - Cuggiono www.hitechambiente.com La riproduzione totale o parziale dei testi è consentita soltanto con l’autorizzazione scritta della Casa Editrice. Manoscritto e fotografie anche se non pubblicati, non si restituiscono. Una copia 0,025 euro Ragione Sociale ASSOCIATO A: Cognome e Nome Via n° Città Tel. CAP Prov. Fax E-Mail Abbiamo provveduto al pagamento con: ❐ Allego assegno non trasferibile intestato a Pubblindustria Srl ❐ Allego fotocopia del versamento sul c/c postale n° 12989562 intestato a Pubblindustria Srl - Via Chiassatello, 100 - 56121 PISA La quota abbonamento comprende anche l'iscrizione all'ASSITA (Associazione Italiana Tecnologie Ambientali). In caso di rifiuto barrare la casella sottostante ❐ Non intendo iscrivermi all'ASSITA Ritagliare e spedire a PUBBLINDUSTRIA Srl - Servizio Abbonamenti - Via Chiassatello, 100 - 56121 Pisa Tel. 050.49490 - Fax 050.49451 - E-Mail: [email protected] o inviare per fax insieme alla ricevuta di versamento (se pagamento tramite c/c postale). Assita, Associazione Italiana Tecnologie Ambientali senza fini di lucro, ha lo scopo di promuovere l’innovazione delle tecnologie ambientali onde contribuire ad uno sviluppo sostenibile. HI-TECH AMBIENTE è l’organo di stampa dell’Associazione destinato alla diffusione delle informazioni di tecnologia ambientale sia ai soci Assita, sia agli ambienti produttivi e della Pubblica Amministrazione. INFORMATIVA EX D.LGS. 196/03 - (legge sulla privacy): Pubblindustria – Binedi S.r.l., titolare del trattamento, tratta i Vostri dati personali per le seguenti finalità: l’invio del presente periodico; l’invio di eventuali proposte di abbonamento; l’elaborazione ai fini statistici; la trasmissione di iniziative editoriali e/o commerciali del Gruppo. I dati in nostro possesso potranno essere trattati, con le finalità sopra esposte, da incaricati preposti agli abbonamenti, al marketing, all’amministrazione e potranno essere comunicati alle società del Gruppo per le medesime finalità della raccolta e a società esterne per la spedizione delle riviste e per l’invio di materiale promozionale. Per i diritti di cui all’articolo 7 del D. Lgs. 196/03 e per l’elenco di tutti i responsabili del trattamento, rivolgersi, tramite una richiesta scritta, a Pubblindustria - Binedi - Titolare del Trattamento Dati, Via Chiassatello, 100 - 56121 Pisa. ✄ Hi-Tech Ambiente 4 PANORAMA Nell’ambito dell’edizione 2014 del concorso “Comuni Ricicloni” un premio è andato ai soggetti che si sono maggiormente distinti nella raccolta differenziata di qualità dei rifiuti di imballaggio. Il premio “Start up” è stato vinto quest’anno dal Comune di Cosenza che ha modificato con successo il sistema di gestione dei rifiuti, passando dal 28% al 52% di raccolta differenziata. Un’efficace campagna di comunicazione prima dell’avvio dei nuovi servizi, la formazione mirata degli operatori addetti alla raccolta e alle consegne dei kit da distribuire alle famiglie, insieme all’implementazione di un sistema di tracciabilità dei rifiuti urbani prodotti, hanno fatto il resto. Sono stati inoltre sostituiti i vecchi contenitori su strada con secchielli e carrellati nuovi e la comunicazione capillare ai cittadini è stata affidata ad operatori opportunamente formati. È di prossima attuazione, per di più, la definizione di un sistema di tariffazione puntuale nel centro storico della città. Obiettivo: raggiungere il 65% di raccolta differenziata, una volta attivata la copertura totale del territorio con il STORIE DI SUCCESSO Fare la differenza sistema di raccolta porta a porta. La menzione speciale “Da oltre 140 facciamo la differenza” è stata invece assegnata al team composto da Associazione Nazionale Alpini, GEA e SNUA, che hanno sviluppato un’attività di raccolta straordinaria dei rifiuti prodotti in occasione dell’87ª Adunata Nazionale degli Alpini. In occasione dell’evento, svoltosi a Pordenone lo scorso maggio (ed al quale hanno preso parte oltre 500mila perone), GEA, la società che ge- IL RICICLO DELLE BATTERIE AL LITIO Dal momento che negli ultimi dodici anni l’impiego delle batterie al litio è quasi decuplicato, soprattutto per l’alimentazione dei cellulari e delle vetture elettriche, è di estrema importanza individuare una tecnologia efficace, efficiente ed ecosostenibile per il recupero completo dei materiali che compongono questa tipologia di pile. Con questo fine è stato siglato un accordo, di durata triennale, tra il PLASTICA E VETRO: MAGGIORI ECOCONTRIBUTI I forti incrementi dei costi dovuti alla stipula del nuovo accordo quadro Anci-Conai, che prevede un aumento dei corrispettivi unitari rispetto al 2013 rispettivamente del 21,5% per il Consorzio Coreve e del 10,6% per il Consorzio Corepla, unitamente allo sviluppo della raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio in plastica e vetro, ed al peggioramento del mix qualitativo stanno negativamente influendo sui risultati economici dei due Consorzi, destinati a registrare di- savanzi significativi. Il CdA del Conai, quindi, ha deciso di aumentare a decorrere dal 1° gennaio 2015 il contributo ambientale per gli imballaggi sia in vetro, dagli attuali 17,82 a 20,80 euro/ton, sia in plastica, dagli attuali 140 a 188 euro/ton. L’aumento avrà effetto anche su alcune procedure forfettarie di applicazione del contributo. Al fine di agevolare l’applicazione della nuova disciplina in materia di Contributo Ambientale, è a disposizione per ogni ulteriore informazione e chiarimento il numero verde Conai 800-337799. Hi-Tech Ambiente 5 stisce la raccolta dei rifiuti, ha dato vita ad una serie di attività volte a trasformare la manifestazione in un evento sostenibile a basso impatto ambientale: raccolta straordinaria dei rifiuti, campagna informativa per una corretta separazione dei rifiuti in appositi contenitori predisposti per l’occasione ed utilizzo di un “contatore ambientale” per valutare gli impatti in termini di produzione rifiuti, smaltimento finale evitato, emissioni CO 2, energia, acqua, materie prime seconde prodotte ed euro risparmiati. Lo straordinario sforzo messo in atto dalle tre realtà ha prodotto ottimi risultati: si è raggiunto il 64,4% di raccolta differenziata, è stata evitata la produzione di 220 tonnellate di rifiuti, è stata evitata l’emissione in atmosfera di 268,6 tonnellate di CO2 (pari a due giorni di fermo in traffico in una cittadina media), sono state risparmiate 149,8 tonnellate di materie prime vergini e saranno prodotte 166,9 tonnellate di materie prime seconde. Da ultimo, grazie al mancato avvio a smaltimento dei rifiuti prodotti, sono stati risparmiati 36.000 euro. CNR ed il Cobat, proprio per il riciclo del litio, un elemento altamente infiammabile e che, in particolari condizioni, a contatto con l’acqua funziona da catalizzatore, creando una miscela esplosiva di idrogeno e ossigeno. <<Non esiste oggi una tecnologia affidabile e sicura, e l’accordo con il Cobat - dichiara il presidente del CNR, Luigi Nicolais - punta a realizzare un progetto di grande rilevanza tecnoscientifica che avrà ricadute positive per l’ambiente e per l’economia del settore>>. PANORAMA CON LA RICETTA ECOPNEUS DECRETO ENERGIA PFU: cala l’ecocontributo Input all’efficienza Dal 1 luglio sono ancora più bassi i contributi ambientali associati all’acquisto di pneumatici nuovi immessi nel mercato dai soci di Ecopneus. Il consorzio è infatti riuscito a rendere ancora più efficienti le modalità operative di gestione dei PFU e ha dunque potuto abbassare ancora il contributo ambientale richiesto ai consumatori, che da oggi scende da 2,30 a 2 euro per il segmento auto ed in proporzione per tutte le altre tipologie di pneumatico. Dal 2011 è la quarta volta che Ecopneus riduce l’ecocontributo, grazie ad un costante impegno per l’ottimizzazione dei processi operativi e ad una gestione attenta ed efficiente. <<Anche nello scorso anno siamo riusciti a superare il nostro target di legge sulla raccolta - dichiara Giovanni Corbetta, Direttore Generale di Ecopneus - andando a prelevare 247 mila tonnellate di PFU da 33.000 “gommisti” grazie ad oltre 72.000 missioni di automezzi. Riuscire ad ottenere questi risultati, garantendo un ottimo servizio al sistema e un risparmio al consumatore deve essere motivo di orgoglio per tutti gli attori della nostra filiera che a tale risultato hanno fortemente contribuito>>. Il contributo ambientale è un importo collegato all’acquisto di ogni pneumatico nuovo che deve servire esclusivamente a finanziare le operazioni di raccolta, trasporto e trattamento del pneumatico una volta arrivato a fine vita. Un costo in passato compreso nel prezzo del pneumatico nuovo e che dal 2011 deve essere invece evidenziato nel documento di vendita, a tutela del consumatore che non è più esposto a ricarichi o pratiche commerciali scorrette. Da esso non può derivare nessun utile: la legge prevede che eventuali avanzi di gestione di fine anno non possano essere distribuiti come dividendi ai soci e che debbano essere destinati per almeno il 30% in operazioni di prelievo da stock storico, al fine di ridurre gli accumuli di PFU presenti in Italia. Ecopneus, grazie all’avanzo di gestione ottenuto, in questi anni ha portato a termine 8 operazioni di prelievo straordinario da stock storico rimuovendo e avviando a recupero complessivamente circa 50.000 tonnellate di PFU. Un’ulteriore operazione analoga è tuttora in corso nel più grande accumulo di PFU d’Europa, a Castelletto di Branduzzo (PV), dove ne erano accumulate oltre 60.000. Ad oggi oltre 22.000 tonnellate di PFU sono state già rimosse e il sito sarà completamente svuotato entro il 2016. I PFU IN ITALIA Emissioni per 347 milioni di tonnellate di CO2 eq. evitate grazie all’utilizzo di gomma riciclata al posto di gomma vergine, 3,2 miliardi kWh di energia risparmiata; 1,3 milioni di mc d’acqua non consumata nel ciclo produttivo della la produzione di gomma vergine, dell’acciaio e degli altri componenti del pneumatico. Queste le principali evidenze ambientali del Report Sostenibilità 2013 che ha di recente presentato Ecopneus. Il sistema Ecopneus si basa su una rete di imprese (56 aziende di logistica per la raccolta e il trasporto dei PFU, 27 imprese di trattamento e 11 impianti di recupero energetico) che con 689 addetti direttamente impiegati hanno consentito nel 2013 il recupero di 247 mila tonnellate di PFU prelevati presso oltre 33mila gommisti su tutto il territorio nazionale. Ecopneus ha reimpiegato in modo efficiente un valore economico complessivo di 73,9 milioni di euro raccolto attraverso i contributi ambientali, peraltro ridotti in media del 23% in tre anni, consentendo anche un risparmio sull’importazione di materie prime stimato in 110 milioni di euro. Approvato a fine giugno il D.Lgs per il recepimento della direttiva europea 2012/27/UE sull’efficienza energetica, che modifica le direttive 2009/125/CE e 2010/30/UE e abroga le direttive 2004/8/CE e 2006/32/CE. Obiettivo del decreto è la riduzione della dipendenza dalle importazioni di energia, mettendo in atto azioni volte a dare stimolo all’economia ed a contrastare i cambiamenti climatici in atto. Queste le principali novità contenute nel provvedimento: interventi annuali di riqualificazione energetica sugli immobili della PA, a partire dal 2014; obbligo per le grandi imprese e per le imprese ‘energivore’ di eseguire una diagnosi di efficienza energetica nei siti, da ripetersi ogni 4 anni; obbligo di fornitura di contatori intelligenti agi utenti; elaborazione di un rapporto che miri ad individuare le soluzioni più efficienti per soddisfare le esigenze di riscaldamento e raffreddamen- to; superamento della struttura della tariffa elettrica progressiva rispetto ai consumi ed adeguamento delle componenti ai costi dell’effettivo servizio; programma triennale di formazione ed informazione per promuovere l’uso efficiente dell’energia; promozione dei contratti di prestazione energetica ed introduzione di misure di semplificazione per promuovere l’efficienza energetica; istituzione di un Fondo nazionale per l’efficienza energetica per la concessione di garanzie o l’erogazione di finanziamenti. REGIONE LAZIO Diventare ecoimpresa La Regione Lazio ha firmato una convenzione con il Gse (Gestore dei servizi energetici) per aiutare le imprese che vogliono puntare sul rispetto dell’ambiente. L'accordo prevede innanzitutto la creazione di un call center dedicato all’energia pulita, così da fornire tutte le informazioni su incentivi, fonti rinnovabili ed efficienza energetica. E per favorire la diffusione delle e- Hi-Tech Ambiente 6 coenergie, tra le altre cose saranno coinvolte, ad esempio, anche le strutture sanitarie e gli enti che gestiscono l'edilizia residenziale pubblica. E’ prevista, inoltre, assistenza alle aziende su progettazioni, bandi europei, analisi dei mercati e possibili partnership. <<La Regione ha bisogno di accelerare alcuni processi di connessione – dice Fabio Refrigeri, assessore regionale all’ambiente – e siccome non abbiamo l'ambizione di fare tutto noi, facciamo fare bene a chi sa fare. Su questo il Gse è un grandissimo partner, può aiutare non solo nell'immediatezza con consulenze e pratiche, ma anche in prospettiva sulla costruzione di bandi europei, quindi anche in un processo di internazionalizzazione delle nostre imprese>>. PANORAMA QUALITA’ DELL’ARIA PROGETTO BIOLCA In giro con Monica Occhio al carburante Tra le iniziative finalizzate a studiare modi innovativi per ottenere risparmi di carburante, di sicura utilità vi è quella portata a termine dal progetto Biolca finanziato dal programma Life+ del’UE. E’ stato infatti sviluppato un software capace di valutare gli impatti ambientali, sociali ed economici associati a diverse fonti energetiche: benzina, gasolio, bioetanolo, biodiesel, elettricità, gas naturale, GPL e cherosene. Ma la cosa più importante è che l'impatto ambientale di ciascuna di queste fonti energetiche è calcolato tenendo conto del suo intero ciclo vitale, a partire da estrazione, produzione o coltivazione “Oggi esco con Monica”, questo è quello che ci potrebbe succedere grazie a un nuova piattaforma sviluppata presso i laboratori Enea di Portici (NA) per conoscere in tempo reale la nostra esposizione qualitativa agli inquinanti atmosferici mentre ci muoviamo per la città. Monica consente di identificare le aree maggiormente inquinate e di condividere, mediante le piattaforme “social”, i percorsi alternativi per minimizzare l’esposizione. Il progetto Monica, il cui acronimo è “Monitoraggio Cooperativo della Qualità dell’aria”, è davvero alla portata di tutti, perché si tratta di un sistema multisensoriale portatile a basso costo, leggero, makersfriendly, basato su paradigmi Open Source, che può essere facilmente montato su uno zaino o collegato al manubrio della bicicletta, e che attraverso un’applicazione per smartphone permette il monitoraggio della qualità dell’aria. E’ un vero “naso elettronico” in grado di affiancare le informazioni provenienti dalle centraline di monitoraggio installate in città. Attualmente, è in grado di fornire indicazioni sintetiche sulla qualità dell’aria e sugli inquinanti atmosferici presenti nei luoghi in cui si trova il suo utilizzatore. Prossimamente il sensore verrà sottoposto ad un processo di calibrazione e validazione per aumentarne la precisione nelle misure per una valutazione di tipo anche quantitativo. Hi-Tech Ambiente 7 fino all'uso. Questo è importante, poiché i livelli di emissioni possono dipendere dal tipo e dall'origine delle materie prime usate e dal metodo di produzione adottato. Questo nuovo strumento, che potrebbe aiutare sia i produttori che le aziende a compiere dei significativi risparmi di carburante, si trova attualmente nella fase di prova. Lo strumento è in fase di convalida e dimostrazione presso due utenti finali reali che possiedono importanti flotte di veicoli per il trasporto su strada: la ditta per la gestione dei rifiuti Cespa, con una flotta di 18 camion per la raccolta dei rifiuti, e il Comune di Bilbao, con una flotta di 152 autobus urbani. Il software Biolca aiuterà promette di dare un importante contributo alla valutazione della sostenibilità dei carburanti durante tutto il loro ciclo vitale, allo scopo di stabilire quali sono quelli più sostenibili. APPROFONDIMENTI PROGETTAZIONE ED ESERCIZIO Lo smaltimento in discarica L’esempio delle nuove linee guida della Regione Lombardia che integrano e perfezionano la legislazione nazionale in materia È noto che la situazione italiana nel settore dello smaltimento dei rifiuti è decisamente arretrata rispetto a quella degli altri Paesi europei. In Italia vengono prodotti ogni anno 170 milioni di tonnellate di rifiuti, così suddivisi percentualmente: rifiuti da costruzione e demolizione 37,4%; rifiuti industriali non pericolosi 25,4%; rifiuti urbani 19,1%; rifiuti derivanti da impianti di trattamento 15,2%; rifiuti pericolosi 5,7%. Quasi metà (il 49,2%) dei rifiuti prodotti finisce in discarica; è stato calcolato che negli ultimi 10 anni la messa in discarica dei rifiuti che avrebbero potuto essere valorizzati in base al loro contenuto energetico ha comportato uno spreco valutabile in 11 miliardi di euro. Considerando in particolare i rifiuti urbani, la situazione appare leggermente migliore: in discarica va “soltanto” il 42,1%, che è comunque una percentuale inaccettabile, se si considera che in Germania, Svezia e Paesi Bassi ci va meno dell’1% dei rifiuti, e in un Paese vicino a noi come l’Austria il 3,4%. Esistono però Regioni italiane “quasi virtuose”, come il Friuli-Venezia Giulia, che invia in discarica solo il 7,2% dei suoi rifiuti urbani, e la Lombardia, con il 7,9%. Proprio la Regione Lombardia ha recentemente emanato le nuove Linee Guida per la progettazione e l’esercizio delle discariche, che integrano e perfezionano la legislazione nazionale in materia. PRINCIPI ISPIRATORI Il decreto della Regione Lombardia stabilisce alcuni punti importanti, e precisamente: - le discariche devono essere progettate in modo da raggiungere l’equilibrio con l’ambiente entro noti processi di selezione per il recupero di frazioni valorizzabili, il trattamento meccanico-biologico, trattamenti di lavaggio, sterilizzazione, ecc.; quelli in situ comprendono l’aerobizzazione della discarica (mediante immissione naturale o forzata di aria), il dilavamento naturale o forzato, il ricircolo del percolato, e sistemi di gestione anaerobici-aerobici - la discarica può anche costituire, in aree riservate, un deposito temporaneo di “frazioni merceologicamente omogenee”, con l’obiettivo di un successivo recupero mediante “landfill mining”. AMMISSIBILITA’ DEI RIFIUTI IN DISCARICA Accumulo di percolato un massimo di 30 anni dalla chiusura; il progetto deve contenere la descrizione dettagliata delle metodologie e tecnologie adottate per raggiungere questo obiettivo - la discarica “non deve costituire di per sé destinazione d’uso”, ma deve essere progettata fin dall’inizio tenendo conto della destinazione finale dell’area e delle opere di ripristino ambientale neces- sarie - tutti i rifiuti devono essere trattati, in modo da ridurre la mobilità degli elementi e delle sostanze in essi contenute; ma lo stesso obiettivo può essere raggiunto “con interventi in situ o combinazione di trattamenti ex situ e in situ”. In un successivo paragrafo vengono esemplificati i diversi trattamenti; quelli ex situ sono i Hi-Tech Ambiente 8 I criteri di ammissibilità restano quelli definiti dal D.M. 27/9/2020; tuttavia, il decreto della regione Lombardia contiene una tabella con un elenco preciso dei rifiuti non ammissibili, identificati con i relativi codici CER. Viene inoltre chiarito che il divieto di smaltimento nelle discariche per inerti dei rifiuti contenenti amianto si applica se il contenuto di amianto supera lo 0,1%. Nel piano di gestione operativa deve essere compresa la verifica dell’assenza di radioattività, anche su base documentale. Si ribadisce che i rifiuti urbani non trattati non possono essere immessi in discarica, e così pure tutti i rifiuti con potere calorifico inferiore di oltre 13.000 KJ/kg; quest’ultima disposizione, già contenuta nel D.Lgs 36/03 e successivamente rinviata anno dopo anno, verrà applicata “con decorrenza dal termine stabilito dalla norma”. DOCUMENTAZIONE E AUTORIZZAZIONI La documentazione di progetto è APPROFONDIMENTI sostanzialmente quella prevista da D.Lgs. 36/2003. Nella relazione tecnica devono essere riportate: - le prescrizioni particolari applicabili nel caso in cui la discarica ricada in Ambito Territoriale Estrattivo - gli esiti delle indagini svolte per individuare precedenti discariche - la descrizione del sistema di raccolta, stoccaggio, ricircolo ed eventuale trattamento del percolato incluso, se presente, il liquido infrateli. I contenuti richiesti per la relazione idrogeologica/geomorfologica sono elencati minuziosamente, e così pure quelli della relazione sul recupero e la sistemazione ambientale e paesaggistica. - discarica di rifiuti non pericolosi, per la quale, oltre alla barriera geologica naturale dello spessore di 1 m (o ad un equivalente sistema di confinamento artificiale), è necessaria una barriera di confinamento supplementare, una geomembrana in HDPE con spessore 2,5 mm protetta da geotessile non tessuto ed uno strato drenante di spessore di almeno 0,5 m - discarica di rifiuti pericolosi, per la quale gli strati previsti sono gli stessi di quelli sopra descritti per la discarica di rifiuti non pericolosi, ma la barriera geologica naturale deve avere uno spessore di almeno 5 m. Strati barriera GESTIONE DEL PERCOLATO Le prescrizioni (piuttosto generiche) contenute nel D.Lgs 36/03 sono ora ampliate e dettagliate, indicando le dimensioni minime dei collettori principali e secondari, il dimensionamento del sistema di sollevamento e le dimensioni dei serbatoi di stoccaggio. Nel progetto devono essere indi- SISTEMA BARRIERA DI BASE Un intero capitolo è dedicato alla descrizione delle caratteristiche costruttive e tecniche della barriera di base, distinguendo diversi casi: - discarica di rifiuti inerti, per la quale è sufficiente una barriera geologica naturale, con spessore di almeno 1 m Discarica di Grottaglie (TA) per rifiuti speciali non pericolosi Hi-Tech Ambiente 9 Continua a pag. 10 APPROFONDIMENTI Continua da pag. 9 biogas. Il monitoraggio della qualità dell’aria deve essere effettuato in almeno 3 punti esterni e 2 interni (piano di posa dei rifiuti e piazzale). Deve essere misurata la concentrazione di almeno 3 parametri (metano, composti organici solforati, idrocarburi non metanici) con frequenza almeno mensile durante la fase di gestione operativa, ed annualmente durante la gestione post-operativa. Lo smaltimento in discarica cate le modalità previste per il trattamento del percolato, adottando le migliori tecniche disponibili, e definendo la gestione dei residui del trattamento stesso (fanghi condensati, carbone esausto, ecc.). Il ricircolo del percolato (spesso utile per accelerare i processi di biodegradazione) può essere avviato solo dopo l’avvio del sistema di captazione del biogas, e deve avvenire con sistemi di diffusione/dispersione posti al di sotto della copertura, in modo da evitare emissioni in atmosfera. QUALITA’ FINALE DELLA DISCARICA Produzione di energia con biogas da discarica SISTEMI DI COPERTURA Il materiale da impiegare per la copertura giornaliera, che non deve produrre né odori né polveri, deve avere una permeabilità superiore a 10-3 m/s (costante nel tempo), ed essere disposto in strati non superiori a 0,2 m. Prima della chiusura della discarica, possono essere realizzate coperture provvisorie che, pur mantenendo i rifiuti separati dall’ambiente esterno, consentano ai processi in corso di svolgimento nella discarica di continuare fino al raggiungimento delle condizioni di stabilità meccanica e biologica definite nel progetto. Per le discariche di rifiuti inerti non è necessario un particolare sistema di copertura finale. Le caratteristiche della copertura finale delle discariche dei rifiuti non pericolosi prevedono, dal basso verso l’alto: uno strato di drenaggio del gas e rottura capillare, con spessore non inferiore a 0,5 m; uno strato di materiale minerale compattato, con spessore superiore a 0,5 m e conducibilità idraulica inferiore a 10-8 m/s; un altro strato drenante, analogo a quello di base; uno strato di terreno vegetale con spessore di almeno 1 m. Nel caso dei rifiuti pericolosi, sopra allo strato di materiale minerale compattato dovrà essere posta una geomembrana in HDPE, di spessore di almeno 1,5 mm. rere all’ossidazione biologica in situ, mediante copertura con compost o altri materiali bioossidativi. Il decreto della Regione Lombardia indica in dettaglio la struttura e le caratteristiche costruttive del sistema di captazione (raggi di captazione interneo ed esterno, distanza tra i pozzi, diametro dei pozzi stessi). Di norma il biogas dovrà essere destinato a recupero energetico; se questo non risultasse possibile, si dovrà ricorrere ad ossidazione ex situ (termica o biologica). Devono comunque essere predisposte torce di emergenza, che assicurino la combustione a temperatura oltre 1.000 °C, con tempo di ritenzione fiamma oltre 0,3 sec e ossigeno residuo nei fumi oltre 6%. CONTROLLO DI ACQUE ED ATMOSFERA Nel D.Lgs 36/03 è previsto che il controllo delle acque di falda sia eseguito, a cura del gestore della discarica, prima dell’avviamento dell’impianto, e che l’Autorità Competente effettui una valutazione della qualità delle acque sotterranee, eseguendo prelievi in almeno 3 punti: uno nella zona a monte della discarica e due a valle. Il gestore della discarica deve continuare l’attività di monitoraggio durante tutta la durata dell’iter autorizzativo, eseguendo prelievi e analisi con frequenza mensile e riassumendo i risultati in un rapporto trimestrale da inviare all’Autorità Competente ed a tutti i soggetti interessati. Il decreto della Regione Lombardia descrive in dettaglio la rete di controllo della falda, la struttura ed il posizionamento dei piezometri; la rete di controllo della falda acquifera può essere utilizzata, installando rivelatori della presenza di metano, anche per scoprire eventuali diffusioni del GESTIONE DEL BIOGAS La captazione del biogas è obbligatoria per produzioni superiori a 0,005 Nmc/mq/h; al di sotto di questo valore è consentito ricor- Discarica con accumulo di percolato Hi-Tech Ambiente 10 La chiusura della discarica (e lo svincolo entro 2 anni della garanzia finanziaria relativa alla gestione operativa) è subordinata alla verifica del raggiungimento della qualità finale della discarica (QFD), entro la tempistica di progetto e comunque in un tempo non superiore a 30 anni. La QFD si può considerare raggiunta se: - gli assestamenti della copertura (misurati mediante piastre assestimetriche, con un numero di elementi non inferiore a 4 per ettaro) risultano non superiori al 3%, e non si osservano dissesti, rotture o avvallamenti nella copertura stessa - sono stati ultimati i lavori di recupero dell’area, secondo il progetto a suo tempo approvato - non risulta contaminazione delle acque di falda (i parametri ed i valori limite sono dettagliati in un apposito allegato) - la presenza di percolato risulta compatibile con la portata del sistema di estrazione - gli impianti di estrazione, stoccaggio e trattamento del percolato e biogas sono operativi ed efficienti - le emissioni di biogas in superficie (a impianto di captazione spento) sono inferiori a 0,5 litri di metano per mq/ora - sono presenti ed in piena efficienza i presidi ambientali (piezometri, recinzioni, cancello, mascherature) ed i sistemi di sicurezza (irrigazione, antincendio, viabilità). In ogni caso, la sorveglianza, i controlli e la manutenzione della discarica devono essere assicurati durante tutta la gestione post-operativa, fino a che l’Ente territoriale competente non abbia verificato che la discarica non comporta rischi per la salute e per l’ambiente. DEPURAZIONE A C Q U E - A R I A - S U O L O A COSTI RAGIONEVOLI Il progetto Sorbent Assorbimento in situ di idrocarburi pesanti nei siti contaminati mediante la combinazione di più tecniche di biorisanamento Si stima che nell’Unione Europea esistano oltre 3,5 milioni di siti contaminati e che in circa metà di questi sia presente una contaminazione da idrocarburi pesanti. Le tecnologie di decontaminazione sono soprattutto del tipo “ex situ”: escavazione del terreno contaminato e trasporto di questo al centro di trattamento, dove viene lavato con sostanze detergenti. Il metodo è costoso (al punto che ogni anno in Europa si spende circa 1 milione di euro per il trattamento dei siti contaminati da idrocarburi) e molto invasivo dal punto di vista ambientale; sarebbero preferibili trattamenti “in situ” di biodegradazione assistita, che però finora sono risultati scarsamente efficaci a causa della difficile biodegradabilità degli idrocarburi pesanti, della scarsa sopravvivenza dei microorganismi (specialmente alle basse temperature) e della difficoltà di ottenere un’efficace contatto tra i microorganismi e gli idrocarburi nei terreni a bassa permeabilità. getto è stata la messa a punto di un nuovo materiale per assorbire gli idrocarburi dal terreno e favorirne la successiva biodegradazione. Il materiale assorbente utilizzato è stato ricavato dagli scarti di lavorazione dell’industria cartaria, ed è costituito da fibre cellulosiche troppo corte per essere utilizzate nella produzione di fogli o rotoli di carta. Essendo di provenienza vegetale, questo materiale è assolutamente non inquinante e facilmente biodegradabile nel terreno. TRE FASI DI TRATTAMENTO IL PROGETTO SORBENT Per superare questa situazione è stato lanciato nel 2009 il progetto europeo Sorbent, cui partecipano 7 partners: quattro dell’Europa dell’Est (Lituania, Estonia, Polonia), due spagnoli e uno inglese. L’idea base del progetto è la combinazione di diverse tecniche di biorisanamento, in modo da ottenere a costi ragionevoli un risultato applicabile a tutti i tipi di contaminazioni da idrocarburi (compresi petrolio grezzo ed olio combustibile denso) anche in aree di difficile accesso. La parte più innovativa del pro- Phleum pratense Hi-Tech Ambiente 11 Per iniziare il trattamento è necessario che la concentrazione di idrocarburi nel terreno non superi 350 g/kg. Nella prima fase del trattamento si utilizza una miscela costituita da 88% materiale assorbente cellulosico, 8% di acqua, 3% di biosurfattanti, e dosi minori di sostanze contenenti aContinua a pag. 12 DEPURAZIONE Continua da pag. 11 20 g/kg. L’azione delle erbe utilizzate in questa fase (Phleum pratense e Lolium perenne) riduce la concentrazione di idrocarburi a 5-1 g/kg, in un periodo da 3 a 6 mesi. Il progetto Sorbent zoto e fosforo, necessarie come nutrimento per la popolazione batterica. La miscela viene addizionata con ceppi di Arthrobacter; questo batterio ha un ruolo importantissimo, in quanto è il produttore delle sostanze biosurfattanti. Queste miscela è in grado di assorbire fino a 3 grammi di idrocarburi per ogni grammo del suo peso, riducendo così la concentrazione di idrocarburi nel terreno a livelli inferiori a 200 g/kg nel giro di 7-10 gg. Nella seconda fase del trattamento, i batteri presenti nella miscela utilizzano gli idrocarburi (assorbiti nella prima fase) come nutrimento, ottenendo una velocità di degradazione che va da 0,10-0,4 g/giorno all’inizio del trattamento, fino a 220 g/giorno quando il trattamento è ben avviato. In questo modo la concentrazione di idrocarburi nel terreno viene ridotta a 50-20 g/kg in un periodo da 6 a 9 mesi; durante questo periodo le fibre assorbenti aggiunte all’inizio vengono completamente biodegradate e assorbite nel terreno. La terza fase è costituita da un trattamento di fitobonifica, che può iniziare quando la concentrazione di idrocarburi è intorno a CONCLUSIONI Gli esperimenti compiuti nel corso del progetto Sorbent hanno consentito di trattare oltre 22.000 ton di terreno, verificando l’efficacia della bonifica sia in terreni permeabili (sabbiosi o eterogenei) che in terreni a bassa permeabilità (argillosi). Dal punto di vista economico, i risultati sono molto incoraggianti: il risparmio rispetto ai metodi attualmente usati è intorno al 25%, per cui si stima che una diffusione su scala europea della tecnologia Sorbent potrebbe consentire un risparmio di 80 milioni di euro l’anno. La prima fase del progetto è conclusa, ma è già prevista una seconda fase (denominata SorbentDemo), nella quale verranno condotte sperimentazioni in piena scala su diversi tipi di siti contaminati da idrocarburi, coinvolgendo gli organi ufficiali di controllo per le opportune verifiche. Nel frattempo, il progetto Sorbent ha ottenuto il premio “Eureka Innovation Award 2011”. WASTEMASTER CT DI SPECO La filtrococlea leggera Wastemaster CT è una filtrococlea semi verticale adatta alla gestione di refluo in applicazioni da pozzetto. Grazie al suo design compatto, la macchina può essere posizionata in pozzetti di ridotte dimensioni oppure in applicazioni nelle quali devono essere gestite basse portate di refluo come hotel, resort, autolavaggi, basi militari e svariate applicazioni industriali. Particolare interesse riveste l’applicazione nell’ambito del pretrattamento meccanico dei reflui all’interno di container per la depurazione delle acque, dove la macchina viene alimentata direttamente da una pompa sommergibile oppure flangiata direttamente al tubo fognario. Wastemaster CT è composta da un filtro cilindrico al cui interno si trova un’elica antiabrasione in tecnopolimero Sint, che si distingue per l’alta efficienza di estrazione. La nuova filtrococlea prodotta dalla divisione Speco di WamGroup è facile da installare e assicura bassi costi di investimento e manutenzione. Lolium perenne Hi-Tech Ambiente 12 DEPURAZIONE TRATTAMENTO E SFRUTTAMENTO L’uso di acqua piovana Tecnologia, costi, esempi pratici, finalità e curiosità dei sistemi ad oggi disponibili La disponibilità di acque adatte per il consumo umano (cioè per usi sia potabili che domestici) sta diventando un problema sempre più grave, non solo nei Paesi a clima notoriamente arido, ma anche in Europa. Uno studio recentemente pubblicato dal Joint Research Center della Commissione Europea prevede che nei Paesi del Sud Europa gli effetti del cambiamento climatico in atto provocheranno una riduzione fino al 40% della portata dei fiumi; nel contempo, la crescente domanda di acqua da parte dei settori produttivi e della popolazione urbana potrebbe portare ad aumenti dei canoni di fornitura e/o a misure di razionamento. In questo preoccupate scenario, una soluzione potrebbe arrivare dallo sfruttamento delle acque piovane, prendendo esempio da alcuni Paesi asiatici dove queste acque sono da tempo raccolte ed utilizzate su larga scala. Da precisare, però, che le acque piovane utilizzabili sono solo quelle che cadono sui tetti o su appositi bacini, escludendo quindi quelle che cadono su strade, piazzali, aree pavimentate e simili. GLI ESEMPI NEL MONDO tutti gli edifici pubblici di nuova costruzione; per i palazzi privati, invece, l’installazione non è obbligatoria ma è un requisito indispensabile per ottenere la “green building certification”, che costituisce un notevole valore aggiunto per il mercato immobiliare. Nella provincia cinese di Gansu sono stati installati oltre 3 milioni di “Shuijiao” (cantine d’acqua), per assicurare la fornitura di acqua potabile ad altrettante famiglie rurali. Da tutti questi esempi (e da altri che si potrebbero citare, come negli Stati indiani di Bangalore e Chennai), si possono trarre diverse conclusioni. Innanzitutto, non esistono ostacoli tecnologici: anche se l’acqua piovana non è potabile “tal quale” (soprattutto per la presenza di contaminazioni microbiologiche provenienti di tetti e dai sistemi di raccolta e trasporto), i sistemi di trattamento sono ben conosciuti, sia nelle versioni tradizionali (basati su filtrazione su sabbia e disinfezione con ipoclorito o raggi UV), che nelle versioni più moderne, basate su moduli di ultrafiltrazione e carbone attivo. Inoltre, sebbene i costi iniziali Le isole Hawaii utilizzano da tempo l’acqua piovana per le necessità domestiche, tanto che 1/3 delle abitazioni private, anche in aree urbane, sono equipaggiante con sistemi di raccolta e distribuzione. Esistono, inoltre, 4 reti pubbliche basate sull’acqua piovana e gestite direttamente dal Dipartimento Statale per la Salute; queste reti assicurano gli approvvigionamenti idrici a 2 parchi nazionali, una base militare ed un’area ricreativa per ragazzi. A Taiwan, una recente legislazione obbliga ad installare sistemi di raccolta delle acque piovane su siano abbastanza elevati, diventano modesti considerando il lungo periodo di vita utile di questi sistemi. Il fattore che maggiormente disincentiva l’utenza non industriale è il prezzo “politico” che viene applicato in molti Paesi per le forniture di acqua potabile; e questo prezzo, tenuto artificiosamente basso per venire incontro a bisogni fondamentali di popolazioni molto povere, scoraggia qualsiasi investimento privato sull’acqua. Infine, la presenza diffusa di sistemi di raccolta dell’acqua piovana nelle aree urbane ha un positivo effetto “ammortizzatore” in caso di precipitazioni molto intense ma di breve durata (le cosiddette “bombe d’acqua”, che stanno purtroppo diventando sempre più frequenti anche in Italia). TECNOLOGIA E COSTI Come già accennato, l’acqua piovana può essere contaminata a causa di diversi fattori: dilavamento di inquinanti atmosferici (basti pensare alle cosiddette “piogge acide”), polvere, fogliame, escrementi di uccelli e altri contaminanti microbiologici presenti sui tetti, alghe e biofilm formato nelle tubazioni e nei serbatoi di raccolta. È necessario in ogni caso, quindi, un sistema di trattamento la cui complessità (e costo) dipende soprattutto dall’uso che si intende fare dell’acqua. Su un consumo medio giornaliero di 250 litri di acqua per abitante, solo il 2% viene utilizzato per usi che richiedono acqua realmente potabile (cioè per bere, lavare le verdure e cucinare). Esistono poi altri consumi, di tipo “igienico”, in cui l’acqua non viene ingerita ma è comunContinua a pag. 16 Hi-Tech Ambiente 14 PUBBLIREDAZIONALE ECOSPRAY TECHNOLOGIES I filtri anti-particolato Controllo multi-inquinamento con i filtri catalitici ECO-JET CDF (Catalytic Dry Filter) Ecospray Technologies progetta e realizza soluzioni innovative e sistemi dedicati alla depurazione di numerose sostanze inquinanti con il trattamento e raffreddamento delle emissioni di aria e gas nelle più svariate applicazioni industriali. Da anni Ecospray studia le tecnologie più adatte per ridurre gli impatti dei processi di combustione, all'origine di molti problemi ambientali: gli ossidi d’azoto (NOx), di zolfo (SOx) e l’ammoniaca (NH 3) sono responsabili delle piogge acide, i composti organici volatili (COV), gli incombusti aromatici (IPA) e il monossido di carbonio (CO) hanno un effetto negativo sulla salute umana e il particolato (PM), oltre a produrre l’annerimento degli edifici, riduzione della visibilità e irritazioni, è cancerogeno. Applicando metodologie differenti per la rimozione dei vari tipi di inquinanti, Ecospray si basa sull’uso di catalizzatori in grado di completare la combustione di alcuni composti quali CO, HC, IPA, oppure su catalizzatori più reagenti come nel caso degli NOx, così come solo su reagenti alcalini per l’abbattimento di SOx, HCl, ecc. Negli ultimi anni sono stati sviluppati dei filtri anti-particolato molto avanzati ed estremamente compatti, in grado di rimuovere il particolato contenuto nei gas esausti provenienti sia da motori diesel pesanti che da altri tipi di combustione o gassificazione. LA FAMIGLIA ECO-JET CDF (CATALYTIC DRY FILTER) Questi filtri anti-particolato sono stati sviluppati grazie all’esperienza maturata nella depurazione dei fumi per motori marini funzionanti ad olio pesante. I gas di zata, il substrato è impregnato con catalizzatori ossidanti di composizione brevettata e in grado di lavorare anche in presenza di elevati livelli di SO2. Il catalizzatore, oltre che migliorare la rigenerazione, rimuove gli inquinanti ossidabili quali HC, CO e una parte dei VOC per una depurazione multicomponente. Il particolato entra all’interno dei pori delle pareti attraverso un’iniziale deFiltro catalizzato (portata 120.000 m3/h) posizione per diffusione e si forma quindi uno strato per eliminazione di particolato, di particolato (composto idrocarburi incombusti e NOx da fuliggine e/o inerti). Al scarico di questi motori sono par- fine di controllare le perdite di ticolarmente complessi da trattare carico, il filtro anti-particolato in quanto sono ricchi di SO2, han- viene rigenerato con varie tecnino elevati carichi di inerti (cene- che in funzione degli inquinanti ri), fuliggine e idrocarburi incom- presenti e della composizione dei gas di scarico da trattare. busti. I filtri sono stati sviluppati e ottimizzati per raggiungere: elevata LA RIGENERAZIONE efficienza e affidabilità, operati- TERMICA vità con elevate quantità di zolfo presenti nel combustibile, genera- Nei casi in cui nel particolato sia zione di basse perdite di carico, presente un’elevata percentuale autorigenerazione e ridotte di- di fuliggine e nel gas da trattare mensioni. sia presente ossigeno in eccesso Sulla base di questa esperienza e (come i gas di scarico dei motori con le medesime caratteristiche, è diesel), la tecnica di rigenerazionata una famiglia di filtri con ne principale si basa su un’autoflusso a parete catalizzati deno- combustione totale e parziale. minati ECO-Jet CDF, realizzati Viene, infatti, dispersa nel subsu una base di carburo di silicio strato filtrante una speciale forad altissima resistenza meccanica mulazione di catalizzatori ossiin grado di resistere a temperatu- danti in grado di promuovere la re molto elevate, fino a circa combustione della fuliggine già a 1.200 °C. Nella versione cataliz- una temperatura di 350 °C, inve- Via Circonvallazione 14 - 15050 Alzano Scrivia (AL) Tel 0131.854611 - Fax 0131.854617 - E-mail [email protected] Hi-Tech Ambiente 15 ce dei 600-650 oC di norma necessari senza catalizzatore. La temperatura di autocombustione catalizzata dipende anche dalla composizione della fuliggine stessa. Se il filtro funziona a temperature inferiori ai 300 oC è possibile attivare la rigenerazione innalzando la temperatura di una parte del filtro, attraverso un riscaldatore elettrico oppure un bruciatore di combustibile ausiliario. Grazie alla presenza dei catalizzatori anche la rigenerazione termica ausiliaria ha un ridotto consumo di energia, poiché il gas non deve essere portato a temperature molto elevate per promuovere l’autocombustione. Rispetto ad un filtro non catalizzato, il risparmio energetico per la rigenerazione termica risulta del 6070%. LA RIGENERAZIONE MECCANICA Il filtro ECO-Jet CDF può anche essere dotato di rigenerazione meccanica ad aria compressa. Questo sistema si rende necessario quando nel particolato sono presenti elevate quantità di ceneri e inerti. Il sistema consiste di un lavaggio ad aria compressa in contro flusso (on-line/off-line) in grado di rimuovere il particolato raccolto sulla superficie filtrante. Il particolato rimosso viene catturato da uno speciale sistema, Vacuum Particle Removal, in grado di inviarlo e raccoglierlo in un serbatoio esterno. I sistemi di rigenerazione termica e meccanica possono essere presenti anche contemporaneamente nei casi più complessi e garantiscono una completa rigenerazione, nonché un efficacie controllo delle perdite di carico del filtro nel tempo. DEPURAZIONE Potabilizzare con il cemento? Continua da pag. 14 L’uso di acqua piovana que a contatto con il nostro corpo (bagno, doccia, igiene personale, lavaggio pentole e stoviglie), che complessivamente incidono per il 49%; per questi usi è necessario un trattamento che garantisca la completa eliminazione dei solidi sospesi e della contaminazione microbiologica. Infine, le applicazioni con requisiti più modesti come il bucato, lo scarico del wc, l’annaffiatura di orti e giardini e, dove consentito, il lavaggio delle auto, rappresenta il restante 49%. Per queste applicazioni è sufficiente un semplice trattamento di decantazione dei solidi grossolani e successiva filtrazione. Il sistema è quindi costituito da un serbatoio interrato, che raccoglie le acque provenienti dalle gronde; al di disotto del livello di superficie del liquido è posizionato, mediante galleggianti, il tubo di aspirazione. La pressione necessaria per inviare l’acqua alle diverse utenze è fornita da una pompa; a monte di questa è montato un filtro per l’eliminazione dei solidi sospesi. Il sistema è completato da un troppo pieno, con recapito in fognatura, e da una connessione alla rete pubblica dell’acqua potabile, da impiegare per le pulizie periodiche o in caso di prolungata siccità. Il costo di sistemi di questo tipo è tra 800 e 1.000 euro, se- condo la capacità richiesta per il serbatoio interrato. Per utilizzare l’acqua piovana per gli usi igienici (bagno, doccia, lavaggio pentole e stoviglie) è necessario includere nel sistema anche uno stadio di debatterizzazione, che assicuri la distruzione dei contaminanti microbiologici. I metodi classici, come la clorazione, la sterilizzazione con ozono, richiedono un serbatoio di accumulo a valle; i metodi più moderni, come le lampade UV e la microfiltrazione, possono essere installati direttamente sulla mandata della pompa, ma richiedono una filtrazione più spinta e hanno di solito maggiori esigenze di manutenzione. Va anche tenuto presente che l’acqua piovana ha È stato recentemente presentato alla manifestazione milanese Fuorisalone, in un apposito stand denominato Rainhouse, un sistema di potabilizzazione dalle caratteristiche decisamente innovative. Proposto dalla ditta ungherese Ivanka, si basa su uno speciale materiale, denominato “biocemento”, in grado di filtrare l’acqua piovana, neutralizzandone contemporaneamente l’acidità e fornendo le sostanze minerali necessarie, in dosi ottimali per il consumo umano. Il sistema è già stato sperimentato con successo in un impianto pilota, installato da oltre 6 mesi nel Parco Nazionale dell’altopiano del Balaton. spesso un’eccessiva acidità (pH tra 5,5, e 6 ), e questo comporta il rischio di corrosione agli impianti idrosanitari. È pertanto opportuna l’installazione di un filtro antiacidità. Il costo di un sistema tipico, con portata di 2.000-3.000 litri/ora, è intorno a 4.000 euro. Il passo successivo, cioè la potabilizzazione, richiede, oltre ad assolute garanzie di debatterizzazione, anche il passaggio su carbone attivo (per rimuovere odori REPERTORIO dell’Ambiente il “chi fa cosa” delle ecotecnologie www.hitechambiente.com Hi-Tech Ambiente 16 e sapori indesiderati), e l’aggiunta delle sostanze minerali che sono normalmente presenti nell’acqua potabile, ma assenti nell’acqua piovana. Inoltre, occorre essere sicuri che l’acqua, anche se batteriologicamente pura in uscita dall’impianto, non raccolga poi contaminanti durante il percorso fino al rubinetto di casa; per cui, tutto l’impianto idrico deve essere periodicamente sottoposto a trattamenti di clorazione. DEPURAZIONE TRATTAMENTO ACQUE RESIDUE Il revamping dei depuratori Con la “microbioflottazione ad aerazione forzata” si riducono i costi ed aumentano le prestazioni di impianti a tecnologia classica La Ciem Impianti, azienda con oltre trent’anni di esperienza nel settore di trattamento delle acque residue industriali, utilizzando la propria tecnologia brevettata di “microbioflottazione ad aerazione forzata” mette a disposizione soluzioni tecniche per impianti exnovo e revamping di impianti esistenti, sia sottodimensionati che con carenze tecniche, offrendo interessanti vantaggi soprattutto nel caso di reflui biorefrattari con trattamenti biologici convenzionali. A titolo di referenza si riportano gli esempi di due impianti di depurazione per acque residue da processo industriale, di una tintoria di un importante gruppo tessile italiano e di un’azienda spagnola specializzata nel recupero e smaltimento dei vari scarti industriali. Le diverse difficoltà nella gestione quotidiana degli impianti, ed in particolare i costi elevati e l’incostante rendimento depurativo, hanno condotto le proprietà a prendere la decisione di effettuare un revamping dei depuratori. Gruppo di ossigenazione IL REVAMPING PER TINTORIA L’attività di revamping è avvenuta durante l’estate 2007, approfittando del fermo estivo, al fine di migliorare tutte le fasi del processo depurativo per una più efficiente ed ottimale funzionalità generale. In dettaglio sono stati eseguiti i seguenti interventi: - il vecchio sistema di aerazione installato nella vasca di ossidazione è stato sostituito dal sistema ad aerazione forzata di “microbioflottazione”; - la vasca di stabilizzazione fanghi aerobica è stata eliminata dal processo utilizzandola invece come Ingresso acqua residua nuovo locale pompe, così da evitare l’occupazione di una nuova area aziendale dedicata; - il sistema di dosaggio chemicals alla fase di sedimentazione finale è stato modificato e migliorato; - il quadro elettrico di nuova generazione è dotato di un software per un totale funzionamento automatico ed “intelligente”, con controllo completo dei motori e del processo depurativo, con autoregolazione in funzione dei cicli produttivi in fabbrica. A seguire vengono riassunte le differenze nelle principali voci che intervengono nel calcolo del costo gestione impianto, prima e dopo l’intervento di revamping su un impianto esistente, dotato di aeratori meccanici. Il nuovo impianto con il sistema di “microbioflottazione ad areazione forzata” del refluo, ha permesso di abbattere sia gli inquinanti presenti, che i costi per consumo chemicals, riducendo inoltre la potenza installata/assorbita e le necessità per la manutenzione ordinaria/ straordinaria. In ogni caso, il miglior risultato in Sistema MBR Hi-Tech Ambiente 18 DEPURAZIONE termini operativi è stato il conseguimento di una completa indipendenza del processo produttivo in fabbrica dalle problematica gestionali del vecchio impianto di depurazione. I MOLTEPLICI VANTAGGI L’alta efficienza nel trasferimento dell’ossigeno del sistema di “microbioflottazione”, consente una netta diminuzione dei motori installati (10 contro 3) che portano la potenza installata da 284 kW a 164 kW, con una diminuzione del consumo di energia del 52 % (da 4.300 kWh/giorno a 2.076 kWh/gg) diminuendo i consumi fino a 2.000 kWh/gg. Questo si tramuta in una minor manutenzione sui motori installati e, nel caso di una manutenzione straordinaria, i giorni di fermo impianto scendono da 15 a 6 giorni, influendo positivamente sui costi totali della manodopera (con abbattimenti di oltre il 55 %). Anche il minor consumo di chemicals necessari per la chiariflocculazione ha inciso positivamente sui costi dell’azienda. Nel vecchio impianto i dosaggi complessivi di coagulante e flocculante raggiungsero di media i 265 ppm, con un consumo di quasi 400 kg/gg. La tecnologia di “microbioflottazione” ad alte prestazioni agevola la formazione di fango, che garantisce un minor consumo di chemicals pari a 192 ppm con un consumo giornaliero di 288 kg/gg, risparmiando circa il 30% sui costi derivati dall’acquisto di prodotti chimici. Grazie all’alta efficienza nel trasferimento dell’ossigeno che garantisce una stabilizzazione aerobica dei fanghi, il sistema di “microbioflottazione” permette anche la diminuzione del fango di circa il 54%, passando dai 640 kg SS/gg a 292 kg SS/gg con conseguenti diminuzioni dei costi di trasporto e di smaltimento dei fanghi disidratati prodotti. Le analisi chimiche effettuate sull’acqua in uscita dal nuovo impianto di depurazione, mostrano l’efficienza del sistema di “microbioflottazione”. Le concentrazioni di COD in uscita dal nuovo impianto, difatti, risultano avere concentrazioni medie sui 40 mg/l (contro i 160 mg/l del vecchio impianto), raggiungendo abbattimenti di COD pari al 95% rispetto al refluo in entrata (1.400 mc/g con 850 mg/l di COD) ed abbattimenti sugli SS pari all’80% (da 50 mg/l a 10 mg/l), restando a concentrazioni di molto inferiori rispetto ai valori limiti di scarico in acque superficiali imposte per legge. IL REVAMPING PER TRATTAMENTO RIFIUTI INDUSTRIALI Il secondo caso di revamping interessa un’azienda spagnola per il trattamento di un acqua carica di inquinanti provenienti dal recupero di vari processi industriali (plastiche, vernici, oli minerali, scarti industriali, ecc.). Continua a pag. 20 Vasca biologica con EOX Hi-Tech Ambiente 19 DEPURAZIONE Continua da pag. 19 ciata ad un sistema di “microbioflottazione” con EOX (reattore esterno) ha dato ottimi risultati in termini di rimozione dei macroinquinanti, solidi sospesi e sostanze nutritive. In particolare, la rimozione dei solidi sospesi totali si può considerare completa. Il vecchio impianto prevedeva un sistema primario con una filtrazione, un pretrattamento con processo Fenton ed un sistema biologico per l’ossidazione biologica con una sedimentazione finale. Viste le numerose variazioni sistematiche in base alla stagionalità dei mercati, il flusso di refluo da trattare è sempre stato incostante e quindi il sistema biologico in uso aveva prestazioni scarse. L’installazione di un sistema di ossigenazione esterna EOX (reattore di ossigenazione) associato ad un sistema di membrane MBR ha permesso di mantenere sufficiente la quantità di biomassa all’interno della vasca biologica ed assicurare un’alta efficienza di trattamento anche con flussi incostanti. Il revamping dei depuratori La necessità di elevati standard di qualità e la possibilità di riutilizzo delle acque reflue trattate, determina l’esigenza di adottare processi avanzati di trattamento delle acque reflue. Tra le migliori tecnologie disponibili nel settore biotecnologico, quella MBR è l'opzione migliore per il raggiungimento di tali risultati. L'applicazione di MBR asso- I RISULTATI CONSEGUITI Il revamping del sistema biologico con un sistema EOX + MBR ha portato ad un abbattimento del COD di circa l'84–94%, mentre per l’azoto, grazie ad un processo nitro-denitro, si sono avute rese nel range dal 85% al 98%, mediante la capacità di mantenere all’interno dell’impianto biomassa nitrificante e denitrificante esercitata dalle membrane di ultrafiltrazione. La rimozione della sostanza organica è molto efficace nei sistemi MBR, generalmente maggiore del 90%; inoltre, grazie alla capacità di separazione delle membrane, la tecnologia si è mostrata particolarmente adatta per la rimozione di alcune classi di composti, come tensioattivi non ionici (BiAS) ed alcuni inquinanti clorurati (esaclorobenzene e PCB), composti aromatici (PAH) e diossina, arrivando quasi al 100% di rimozione. A seguito dell’installazione dell’impianto di “microbioflottazione” con reattore esterno EOX, grazie alla specificità nel trattamento delle acque tossiche e biorefrattarie, il vecchio pretrattamento con processo Fenton è stato spento (o utilizzato solo in rari casi) con un risparmio importante (> 35%) dei costi complessivi di gestione e manutenzione. Hi-Tech Ambiente 20 DEPURAZIONE I RECENTI SVILUPPI TECNOLOGICI La gestione acque in birreria Riduzione dei consumi di acqua in fase produttiva, recupero del retentato e assenza di masse filtranti esauste da inviare in discarica Fino a qualche decennio fa era considerato normale utilizzare 6 o 7 litri di acqua per ogni litro di birra prodotta; e circa il 70% dell’acqua utilizzata finiva poi nelle acque di scarico, con conseguenti costi elevati di depurazione. Oggi le più grandi compagnie produttrici di birra, come Carlsberg e Heineken, hanno ridotto il consumo di acqua ad una media di 4 litri per ogni litro di birra; Carlsberg vanta attualmente il primato, con 3,2 litri negli stabilimenti più avanzati dal punto di vista tecnologico, mentre Heineken punta a aggiungere 3,9 litri nel 2015. Questi risultati sono stati raggiunti soprattutto grazie a perfezionamenti nelle tecnologie tradizionali; ma ormai è diventato evidente che per ottenere ulteriori miglioramenti è necessario utilizzare tecnologie più avanzate, come l’ultrafiltrazione o l’osmosi inversa, e riutilizzare il più possibile le acque di processo. Con i più recenti sviluppi tecnologici, dovrebbe essere possibile ridurre ulteriormente i consumi di acqua, arrivando a valori da 2,5 a 2,2 litri per ogni litro di birra prodotta. birra, ma la durata della massa filtrante è limitata, e quando questa si intasa non può essere rigenerata e deve essere smaltita in discarica. Queste limitazioni hanno spinto a ricercare metodi di filtrazione alternativi, facendo ricorso alle tecnologie di filtrazione e ultrafiltrazione su membrane; il leader attuale nell’applicazione di queste tecnologie al settore della birra è la società americana Pentair, che si avvale di una tecnologia olandese relativa alla produzione di membrane a fibra cava in polietersolfone, con diametro della fibra di 1,5 Continua a pag. 22 ADDIO ALLA FARINA FOSSILE Per secoli il metodo utilizzato per filtrare le cellule di lievito dalla birra è stato il passaggio su filtri di farina fossile (detta anche terra di diatomee o kieselguhr). Si tratta di una roccia sedimentaria, costituita dal residuo fossile dell’esoscheletro di alghe microscopiche della famiglia delle diatomee; è una sostanza di origine naturale ed è assolutamente sicura, in quanto non cede alcun composto estraneo alla Hi-Tech Ambiente 21 DEPURAZIONE Continua da pag. 21 caldaia con acqua trattata con i consueti metodi occorre effettuare spurghi periodici per prevenire la formazione di depositi e incrostazioni sul fondo della caldaia sessa; alimentando con acqua ottenuta dal processo di osmosi inversa è stato possibile ridurre a 1/3 la frequenza degli spurghi. Un altro impiego dei processi a membrana, particolarmente utile nei Paesi in cui la disponibilità di acqua è limitata, è la possibilità di riutilizzare buona parte delle acque in uscita dal trattamento biologico per usi di pulizia generale e nei primi stadi di lavaggio delle bottiglie. Questo è stato reso possibile da un trattamento a membrana, sviluppato dalla già citata ditta Pentair. La gestione acque in birreria mm e diametro dei pori pari a 0,5 micron. Queste membrane, particolarmente robuste, sono assemblate in moduli di 2.800 unità ciascuno e inserite in un dispositivo che applica, oltre al flusso tangenziale alle membrane, anche un flusso perpendicolare che ne assicura la pulizia; in questo modo è possibile ottenere una durata di servizio corrispondente a 400 cicli. L’IMPORTANZA DELLE MEMBRANE I processi di filtrazione su membrana sono oggi utilizzati da tutti i grandi gruppi internazionali, e si calcola che ogni anno vengano così filtrati 60 milioni di ettolitri di birra. Oltre ad evitare l’invio a discarica delle masse filtranti esauste, l’adozione della filtrazione su membrana consente il recupero del flusso di scarto (retentato), che può essere utilizzato per operazioni di lavaggio delle bottiglie o, successivamente, trattato con altri processi LA TECNOLOGIA BIOELETTRICA a membrana per ottenere acqua di alta qualità per l’alimentazione delle caldaie. Ad esempio, la ditta inglese Weston Cyder ha installato un sistema di recupero delle acque di processo mediante osmosi inversa, che ha consentito di utilizzare l’acqua così trattata per alimentare una caldaia da 2.000 kg/ora che produce vapore per le varie esigenze del processo, comprese la pastorizzazione del prodotto finito e diverse operazioni di pulizia; in questo modo è stato possibile ottenere un risparmio di 60.000 euro/anno nei costi relativi al combustibile e al trattamento delle acque. Infatti, alimentando la Una novità assoluta, della quale ancora non sono disponibili i dettagli tecnici, è la tecnologia bioelettrica Ecovolt, sviluppata dalla ditta americana Cambrian Innovation (uno “spin off” del prestigioso M.I.T.). Il processo usa microorganismi scoperti recentemente e denominati “elettrogenici”, in quanto hanno la capacità di pro- DEPURAZIONE durre energia elettrica dalle acque di scarico; il sistema comprende anche microorganismi di un’altra specie, che utilizzano energia elettrica e CO2 per produrre metano, che viene impiegato sul posto per produrre calore e/o energia elettrica. Il sistema Ecovolt ha la capacità di convertire in metano 8090% del BOD delle acque in ingresso, e consente di dimezzare i consumi di energia elettrica di una tipica birreria, producendo al contempo una quantità di acqua depurata sufficiente a coprire il 10% del fabbisogno; è stato calcolato che il tempo di ritorno dell’investimento risulterà inferiore a 4 anni. Il sistema Ecovolt è già stato installato presso due birrerie californiane: la Bear Republic Brewing e la Lagunitas Brewing; in quest’ultima è stato possibile eliminare completamente il trasporto via autobotte dei reflui all’impianto pubblico di depurazione, che richiedeva 3.000 carichi ogni anno. IL RIUTILIZZO DELLA CO2 La fermentazione del malto d’orzo, che è alla base della produzione della birra, produce grandi quantità di CO2, che attualmente vengono disperse in atmosfera. Oltre all’impiego con il processo Ecovolt, è possibile concentrare questa CO2 e utilizzarla per produrre bevande gassate; ma le tecnologie finora disponibili risultavano scarsamente convenienti, a causa dei consumi molto alti di energia elettrica e di acqua. Per superare questo problema l’Unione Europea ha promosso un apposito progetto di ricerca, coordinato dalla società danese Union Engineering, e denominato ECO2 Brew; la prima installazione industriale del processo è stata compiuta con successo presso lo stabilimento Carlsberg situato nella città danese di Fredericia. Il processo ECO 2 Brew prevede diversi stadi, tra i quali la pressurizzazione e la disidratazione della CO2. Grazie a questo nuovo processo, si ottiene CO2 ad alta purezza con minori consumi di acqua ed energia elettrica, ed a costi inferiori del 15% rispetto a quello dei processi convenzionali; la Carlsberg ha calcolato un risparmio nei consumi idrici corrispondente a 12,9 milioni di litri/anno ed una riduzione del 20% nei consumi di energia elettrica. RIFIUTI T R A T T A M E N T O E S M A L T I M E N T O PROGETTO GY.ECO Il gesso di riciclo Allo studio un sistema per il recupero degli intonaci edilizi da utilizzare come additivo nella produzione di cemento In totale, si stima che in tutto il mondo vengano prodotte ogni anno circa 80 milioni di tonnellate di gesso e prodotti derivati come il cartongesso (di questi, circa 700.000 ton/anno vengono prodotti in Italia). La maggior parte del cartongesso prodotto finisce in discarica: l’industria europea del cartongesso produce circa 15 milioni di ton/anno di rifiuti (di cui 400.000 ton in Italia). La legislazione europea intende promuovere il riciclaggio dei rifiuti a base di gesso; ma attualmente solo una minimima quantità di questi rifiuti viene riciclata, mentre altri rifiuti derivanti da attività di costruzione e demolizione vengono riutilizzati per la realizzazione di materiali per costruzioni stradali. L’ostacolo è principalmente l’elevata solubilità del gesso, che rende questo materiale inadatto per applicazioni all’aria aperta; ma i rifiuti in cartongesso costituiscono una risorsa da cui è possibile ottenere nuove materie prime che possono essere utilizzate nell’industria cementizia, al posto del gesso grezzo di origine mineraria. Per questo motivo, il gruppo fran- Cava di gesso cese Gyproc Saint-Gobain (specializzato nella produzione di sistemi a secco e intonaci per l’edilizia) ha lanciato il progetto Gy.Eco, che intende sviluppare un sistema per la gestione e la lavorazione dei rifiuti a base di intonaco e cartongesso derivanti dalle attività edilizie, allo scopo di recuperare il gesso come additivo nella produzione di cemento. Gli obiettivi specifici del progetto sono: - produrre nuova materia prima a partire da scarti e rifiuti a base di gesso, al fine di salvaguardare l’ambiente e le risorse naturali, riducendo la quantità dei rifiuti di gesso smaltiti in discarica - ridurre lo smaltimento illegale dei rifiuti derivanti dall’edilizia, creando una rete nazionale per il riciclaggio di questi rifiuti - definire criteri per lo sviluppo di nuovi mercati per i prodotti riciclati e promuovere il loro riutilizzo nel settore edile - ridurre l’estrazione del gesso naturale - produrre un materiale grezzo secondario a basso impatto ambientale secondo procedure certificate. In questo modo, il progetto Gy.Eco si propone di sviluppare in Italia un sistema di recupero e gestione dei rifiuti in grado di trattare 15.000 ton/anno di rifiuti in Hi-Tech Ambiente 24 cartongesso in tre impianti pilota, e di recuperare circa 14.500 ton/anno di gesso, coinvolgendo anche i produttori di materiali in cartongesso; una particolare attenzione è riservata alla “filiera corta”, in quanto il progetto si propone di raccogliere e trattare il 70% dei rifiuti prodotti nel raggio di 300 km dagli impianti. Ciò significa garantire il recupero del 95% del materiale di scarto: dall’inizio del progetto Gy.Eco (gennaio 2012) sono già stati recuperati oltre 2.000 ton di scarti a base di gesso (che sono stati trasformati in altrettanta materia prima per uso industriale), con un risparmio complessivo di risorse naturali pari a quasi 1.000 mc di gesso “vergine”. Nel settembre dello scorso anno è stato inaugurato il secondo impianto italiano della Gyproc SaintGobain presso Sassofeltro (PU) che ospita la nuova tecnologia produttiva e il sistema di recupero; l’azienda si propone così di estendere il progetto all’intera area dell’Italia centrale, affiancandosi al sito Gy.Eco già attivo a Guglionesi (CB) e al terzo, già previsto per l’area settentrionale, a Monti- RIFIUTI Scarti di cartongesso glio Monferrato (AT). Una volta entrato a regime, l’impianto di Sassofeltro sarà in grado di trattare 10.000 ton di rifiuti/anno, garantendo la produzione di oltre 9.000 ton/anno di “nuovo” gesso, che sostituirà in parte quello naturale tuttora estratto dalla cava limitrofa (anch’essa gestita da Gyproc). Presso l’impianto marchigiano, gli scarti vengono lavorati per mezzo di un sistema meccanico di frantumazione e vagliatura, che separa la frazione gessosa dal supporto in cartone; inoltre, con un magnete vengono separati profili metallici e altra ferramenta eventualmente ancora presenti. Si ottiene così una frazione gessosa con un grado di purezza del 9598%, che può essere reimmessa nel ciclo produttivo del cartongesso miscelandola con il gesso da cava; allo stesso modo il gesso recuperato può essere utilizzato anche nei cementifici. Uno dei principali elementi innovativi del progetto Gy.Eco consiste nell’utilizzo di un sistema “mobile” di trattamento dei rifiuti, che può essere spostato rapidamente da un sito di recupero all’altro. Ciò assicura la possibilità di regolare la produzione oraria di materiale recuperato a seconda delle specifiche esigenze di ciascun centro di recupero, oltre a ridurre i periodi di inattività rispetto a un impianto fisso e assicurare un minore ingombro grazie alla compattezza del sistema; inoltre, l’impianto non necessita di fondazioni, e ogni sito di recupero può usufruire in altro modo dell’area dove è posizionata la struttura mobile nei periodi in cui essa opera altrove. Scarti di cartongesso presso il sito di Sassofeltrio (PU) Hi-Tech Ambiente 25 RIFIUTI SOPRATTUTTO IN EUROPA Il mercato WtE rallenta Nei prossimi anni si stima che il settore del Waste-to-Energy subirà un calo di volume In tutto il mondo, ci sono quasi 2.200 impianti di incenerimento dei rifiuti, con una capacità di smaltimento di circa 255 milioni di tonnellate di rifiuti all'anno. Entro il 2017, saranno costruiti circa 70 nuovi impianti per una capacità di circa 75 milioni di tonnellate annue. Nonostante questi dati, le previsioni dicono che il mercato del Waste-to-Energy (WtE) rallenterà, soprattutto in Europa. Secondo un nuovo studio di Ecoprog, il mercato mondiale del WtE continuerà a crescere fino al 2015, quando circa 45 impianti di incenerimento, con una capacità approssimativa di 15 milioni di tonnellate annue, andranno a regime. In seguito, tuttavia, la crescita rallenterà, in particolare in Europa, dove la messa in funzione di nuove capacità passerà da circa 3,5 milioni di tonnellate annue nel 2015 a meno di 2 milioni di tonnellate annue nel 2017. Ad oggi il mercato britannico è in crescita, a dispetto di quello tedesco e olandese, paesi in cui l’industria del WtE si è fermata; tuttavia, anche in Gran Bretagna si assisterà ad una battuta d’arresto, nel momento in cui il mercato locale raggiungerà la saturazione, e ciò lo porterà a decrescere. Dopo il 2015/2016 al più tardi, infatti, la domanda di impianti per il WtE da parte del Regno Unito ci si aspetta che rallenterà gradualmente. In Europa orientale, al contrario, il numero di commesse di termovalorizzatori aumenterà nel medio termine, sebbene non tanto da compensare il calo d’oltremanica. In altri mercati in crescita potenziale (Spagna o Francia, per esempio), la pressione da parte dell'Unione Europea per attuare la direttiva comunitaria sulle discariche non è ancora abbastanza forte. Inoltre, in questi paesi i finanziamenti sono limitati a causa della crisi dell'euro. Nel complesso, gli investimenti nella costruzione di nuovi impianti di incenerimento in Europa di- Hi-Tech Ambiente 26 minuirà di circa il 40% pari a circa un miliardo di euro entro il 2017. Nello stesso anno, il mercato per la manutenzione e il rinnovo di impianti esistenti incrementerà di pari misura. I costruttori di impianti già oggi si sono accorti di questo trend. Sebbene, nel complesso, la loro situazione economica attuale sia ancora positiva, evidenziano che il proprio portafoglio ordini è troppo basso. Al di fuori dell'Europa, la Cina rimane il mercato più importante anche per negli anni a venire. Nei prossimi cinque anni, circa 125 nuovi impianti con una capacità di 40 milioni di tonnellate saranno realizzati in Cina. Il mercato del WtE cinese è a un elevato livello, anche se i dati locali diffusi sulla capacità di incenerimento devono essere ridimensionati a causa del basso potere calorifico dei rifiuti cinese. Con un giro d’affari di circa 15,4 miliardi di euro l’anno il mercato cinese nei prossimi cinque anni risulterà comunque inferiore a quello europeo (17,8 miliardi di euro), e ciò è anche dovuto ai diversi standard tecnici dei mercati. Complessivamente, la domanda proveniente da Europa e Asia orientale continuerà a dominare il mercato mondiale. Al di fuori di queste aree, vi è solo una domanda sporadica di impianti per il trattamento termico dei rifiuti e questa richiesta è spesso limitata a singoli progetti. Ciò vale soprattutto per il mercato nord americano, dove l'industria non si aspetta alti investimenti in ammodernamenti, figuriamoci in nuove costruzioni. Nonostante le tante aspettative, non vi è quasi alcuno sviluppo del WtE nei mercati emergenti come Brasile, India e Sud Africa. Sebbene questi paesi accusino grossi problemi di smaltimento, ad oggi le forme di tassazione sui rifiuti sono ancora mancanti o comunque limitate. La messa in funzione dell'impianto di incenerimento a New Delhi, in India, potrebbe però servire da modello per il paese, considerando che la richiesta di nuovi impianti è di recente aumentata. I costruttori cinesi di inceneritori si orientano sempre più verso i mercati emergenti. Nei mesi scorsi, sono riusciti ad acquisire le prime commesse al di fuori della Cina. La concorrenza nell’industria del WtE aumenta. RIFIUTI RIFIUTI DEL CAFFE’ TECNOECOLOGY Come smaltire le cialde La pelacavi Master 140 Mentre non ci sono particolari problemi per lo smaltimento dei normali fondi di caffé (possono essere conferiti agli impianti di compostaggio oppure, se in grandi quantitativi, utilizzati per la produzione di pellets per riscaldamento), le capsule e cialde delle macchine espresso casalinghe ponevano il consumatore di fronte ad una difficile scelta. Teoricamente l’utente avrebbe dovuto tagliare la capsula, scaricare la polvere di caffè esausta nei rifiuti organici, sciacquare la capsula in plastica e metterla tra i rifiuti da imballaggio. Facile immaginare che nella maggior parte dei casi la capsula usata finiva direttamente tra i rifiuti indifferenziati; si stima che in Italia vadano gettate circa 1 miliardo di capsula ogni anno! Il problema è stato risolto dalla Novamont, che ha messo a punto tipi particolari di Mater-Bi di 4a generazione, adatti per la produzione di cialde, capsule, carte filtro e film di chiusura. Sarà così possibile confe- rire nel contenitore dei rifiuti organici i contenitori esausti, insieme al loro contenuto in caffè, senza complicate operazioni di separazione. Un’altra soluzione è stata recentemente presentata dall’azienda triestina Illy, che in collaborazione con la ditta Eurven (divisione ambientale di Euromeccanica) propone una “macchina mangiacapsule”, da installare presso supermercati e altri esercizi pubblici. Gli utenti potranno conferire le capsule usate, e riceveranno in cambio un buono sconto per l’acquisto di capsule nuove; la macchina provvederà a macinare le capsule, separare e compattare automaticamente i diversi materiali. Tecnoecology è da anni attiva nel riciclo dei metalli, con macchinari che si differenziano per semplicità ed efficienza. In collaborazione con l’azienda Grimo, progetta e realizza macchine e sistemi per il recupero del rame e dell’alluminio contenuto nei cavi elettrici di varie dimensioni. Il prodotto di punta dell’azienda è la pelacavi Maxi 100, evolutasi nel corso del tempo ma che rimane un elemento insostituibile nel mondo del riciclaggio. Di recente è stata affiancata dalla pelacavi Master 140, progettata per lavorare i cavi elettrici separando il rame o l'alluminio da involucri difficilmente rimovibili o di dimensioni eleva- Hi-Tech Ambiente 27 te. La macchina ha un consumo elettrico di 380 Volt/6 kW, un peso di 660 kg, dimensioni d'ingombro pari a 1,2 m di altezza per 1,8x1 m di larghezza, una velocità di lavorazione di 12 m/min, ed è in grado di lavorare cavi elettrici con diametro compreso tra 30 e 140 mm. DIFFERENZIAMOCI CARTA E CARTONE ECOLAMP E VERITAS Progetto “Buone Idee” Nuova luce al recupero Le idee che non lasciano un segno sull’ambiente, che non producono impronte, sono “buone idee”. Sono quelle che si rinnovano all’infinito senza mai inquinare, come la carta e il cartone. Ce lo insegna Bestack, consorzio non profit di ricerca che riunisce a livello nazionale i produttori di im- ballaggi in cartone ondulato per ortofrutta, che porta la sostenibilità sui banchi di scuola con il Progetto delle Buone Idee, un’iniziativa ludico-didattica rivolta agli alunni delle scuole elementari di tutta Italia (classi quarta e quinta) per sensibilizzare i ragazzi e i loro insegnanti sull’impatto ambientale del packaging, su una corretta alimen- tazione a base di frutta e verdura e sull’importanza delle risorse rinnovabili, come il cartone ondulato, materiale prezioso e amico della natura, 100% green. Il progetto prevede nello specifico un percorso ludico didattico nelle scuole, che comprende anche una guida online per insegnanti e genitori e delle video lezioni, e un concorso di creatività per piccoli fumettisti in erba. Il Progetto delle Buone Idee è, in pratica, un viaggio multimediale alla ricerca di comportamenti sostenibili nel mondo della carta e del cartone ondulato, per stimolare nei più piccoli un approccio critico sul materiale di imballaggio, sulla sua provenienza, il suo utilizzo e il suo corretto riciclo. Le classi che partecipano sono chiamate a realizzare quattro elaborati grafici in formato A4 sotto forma di fumetto, illustrazione o vignetta sul tema dell’ambiente e del packaging che non inquina. Le iscrizioni sono aperte dal 15 settembre fino al 31 ottobre: per partecipare alla selezione occorre inviare la richiesta a [email protected]. E’ arrivata a Venezia l’iniziativa “Nuova luce al recupero” promossa da Ecolamp in collaborazione con Veritas, la multiutility locale. La partnership vuole fornire un servizio concreto di supporto all’attività dei grossisti di materiale elettrico, impegnati nella raccolta delle lampadine esauste provenienti dall’uno contro uno, e facilitare la conoscenza e l’utilizzo di tale canale a disposizione dei cittadini. I rivenditori hanno ricevuto dal Consorzio i contenitori più adeguati alla raccolta delle lampadine non più funzionanti, i materiali informativi sia per il personale sia per i clienti sul tema del riciclo delle sorgenti luminose e, soprattutto, sono interessati da un servizio che con cadenza mensile garantisce il ritiro dei contenitori pieni e il rifornimento di nuovi. Le lampadine raccolte dai grossisti verranno quindi trasportate da un apposito mezzo dedicato a “Nuova luce al recupero” alle isole ecologiche comunali per il successivo trasporto agli impianti di trattamento autorizzati, consentendo il riciclo Hi-Tech Ambiente 28 di oltre il 95% dei materiali. <<Sono lieto che Ecolamp sia riuscita ad avviare questo servizio anche a Venezia, grazie alla collaborazione di Veritas – dichiara Fabrizio D’Amico, direttore generale di Ecolamp – e sono certo che l'iniziativa otterrà il consenso che merita grazie alla partecipazione degli esercizi coinvolti ma soprattutto dei cittadini>>. Al momento, infatti, l’iniziativa è attiva anche a Milano e Torino, ma a breve lo sarà anche altrove. BIOMASSE & BIOgAS B I O M A S S A - B I O g A S - B I O M E TA N O - C O g E N E R A z I O N E E’ DISPONIBILE E FUNZIONA La torrefazione oggi Richiesta in crescita di applicazioni su piccola scala di prodotti torrefatti, ma i progressi non sono veloci quanto ci si aspettava La torrefazione, ossia la tostatura lenta del materiale da biomassa per migliorarne il contenuto energetico, è stata promossa come parte della soluzione per implementare la bioenergia su larga scala. L'industria afferma che la tecnologia della torrefazione funziona ed è disponibile, ma la sua diffusione non è stata rapida quanto auspicato. Ad oggi, la torrefazione è ancora l'ultima arrivata nel campo della bioenergia, dopo essere emersa intorno al 2007 come il "carburante solido rinnovabile del futuro". È considerata un'alternativa alla combustione del carbone polverizzato ed ha anche una buona posizione negli apparecchi di riscaldamento su media scala. Il processo di torrefazione comporta il riscaldamento di materiali come il legno, i materiali di scarto e le colture, ad una temperatura di 200-300 °C senza ossigeno. Il ri- scaldamento lento tosta la biomassa, rilasciando i composti volatili e scomponendo le emicellulose. Il risultato è un prodotto secco e torrefatto che è stabile, friabile, più facile da macinare rispetto alla biomassa originale e meno suscettibile alla decomposizione biologica nei magazzini. Il processo, comunque, comporta delle difficoltà. Benché la tostatura e il processo di seccatura migliorino il contenuto di energia/carbonio, l'alta densità del materiale torrefatto ne rende il trasporto e la conservazione difficile dal punto di vista economico. Una soluzione è stata "addensare" il materiale trasformandolo in pellet. La densificazione, però, implica altre difficoltà. <<Molte aziende hanno sottovalutato i problemi che comporta la densificazione – afferma Michael Continua a pag. 31 Hi-Tech Ambiente 29 BIOMASSE & BIOGAS CONSORZIO CIB Il biogas come risorsa Il settore della digestione anaerobica e gassificazione da agricoltura può fare da volano per la bioeconomia italiana <<La tecnologia applicata alla produzione di biogas può fare da volano alla bioeconomia italiana, affrontando contemporaneamente i problemi strutturali della crisi dell’agricoltura e del manifatturiero italiani>>. E’ quanto afferma Piero Gattoni, presidente del CIB, il Consorzio italiano biogas, che rappresenta il comporto della digestione anaerobica e gassificazione da agricoltura, una filiera quasi tutta italiana. <<Che cosa manca per esprimere il potenziale italiano? Una cultura agricola e industriale condivisa dalle classi dirigenti – spiega Gattoni - un grande sforzo di ricerca industriale e alcuni provvedimenti legislativi che favoriscono la pianificazione di medio periodo nel settore della cogenerazione e della produzione di biometano. Gli impianti a biogas non riguardano solo la produzione di energia elettrica rinnovabile, ma possono essere visti come piattaforma tecnologica in grado di migliorare l’efficienza nella produzione di alimenti e foraggi e stimolare la produzione sostenibile di fertilizzanti naturali, semilavorati per l’industria chimica, energia elettrica, termica e biometano. Nell’industria del gas non siamo secondi a nessuno. Terzi produttori di biogas al mondo, sesto mercato mondiale per il metano in autotrazione, forte avanzamento nella componentistica, nella meccanica agricola e nella chimica verde. La nostra ricerca presenta punte di eccellenza nel settore agronomico, chimico e industriale, in grado di continuare a sviluppare tecnologie che produr- ranno lavoro nel nostro Paese>>. L’agricoltura mediterranea pugliese, e in generale quella, si presterebbe maggiormente all’utilizzo di biogas, una fonte rinnovabile che, partendo dall’utilizzo di sottoprodotti agroindustriali e colture di integrazione, può incidere favorevolmente sul reddito delle imprese e migliorare l’impatto ambientale dell’attività agricola. <<Il biogas – afferma Gattoni – se integrato in un’azienda agricola rappresenta una grande opportunità per differenziare e rafforzare l’attività tradizionale, che subisce pesantemente gli effetti della crisi. La digestione anaerobica permette di migliorare la sostenibilità e le competitività delle aziende perché consente di produrre energia da una fonte rinnovabi- Hi-Tech Ambiente 30 le e consente, allo stesso tempo, di ridurre i costi di fertilizzazione, diversifica gli sbocchi di mercato e rafforza le capacità di credito delle aziende agricole. Eppure ci sono territori italiani in cui il numero di impianti a biogas installati rimane ancora basso, come ad esempio in Puglia, dove è solo l’1% sul totale nazionale, nonostante le due elevate potenzialità. <<Partendo dall’esperienza già sviluppata in altri territori italiani – afferma Gattoni – possiamo lavorare con il mondo della ricerca, l’industria tecnologica e della meccanizzazione agraria, le imprese agricole e le istituzioni per promuovere in Puglia un modello del “biogas fatto bene” da esportare in tutta l’area Mediterranea>>. BIOMASSE & BIOGAS Allo stato attuale, la Francia ha circa 230 impianti a biogas attivi, con una potenza installata di circa 110 MW elettrici, e quasi il 50% di questi impianti sono stati commissionati negli ultimi due anni. Questo boom è iniziato nel 2011, quando la tariffa feed-in per il biogas è stata aumentata. Finora, sono stati soprattutto gli impianti a biogas da biomassa agricola a beneficiare di questi incentivi; ma oggi viene sempre più supportata anche la produzione di biogas a partire dai forsu e dagli scarti agoindustriali. Con questi presupposti la forte espansione del mercato francese degli impianto a biogas subirà addirittura un’accelerata negli anni a venire. Circa 500 nuovi impianti a biogas, per una potenza installata di circa 200 MWe, saranno commissionati entro il 2020, il che significa che sia il numero di impianti sia la Continua da pag. 29 La torrefazione oggi Wild, presidente del Consiglio internazionale della torrefazione di biomassa (IBTC). Non è difficile produrre pellet, ma rendere questo processo efficiente con un consumo di energia e un'usura degli strumenti accettabili si è rivelato molto più complicato>>. È necessario migliorare anche la conservazione all'aperto dei prodotti torrefatti; e questo è un aspetto di grande importanza per l’industria. <<Per quanto riguarda i prodotti torrefatti – dice Berry Meuleman, della Vattenfall, azienda svedese produttrice di energia elettrica vogliamo usare la stessa logistica impiegata nei nostri impianti elettrici a carbone, il che significa che dobbiamo poterli conservare all'aperto accanto al carbone. Questo 500 NUOVI IMPIANTI Biogas: boom in Francia capacità produttiva triplicheranno, raggiungendo rispettivamente quota 730 per 310 MWe. Il volume totale degli investimenti del settore aumenterà di circa 120 milioni di euro all'anno entro il 2020. Complessivamente, più di 800 mln di euro saranno investiti nel settore del biogas tra il 2014 e il 2020. Secondo il nuovo studio della so- significa che devono essere idrorepellenti e che non ci devono essere problemi di cattivo odore>>. L'industria confida di riuscire a risolvere presto tali questioni ancora aperte. A parte le difficoltà tecniche, comunque, è stata riscontrata anche la necessità di stallate strutture di supporto negli Stati membri per permettere alla torrefazione di attecchire. Ed il progetto SECTOR (Production of solid sustainable energy carriers from biomass by means of torrefaction"), finanziato dall'UE, fa da supporto alle attività di commercializzazione della torrefazione. Il team del progetto sta attualmente sviluppando tecnologie per la produzione di vettori di bioenergia solidi. Il fine ultimo è di abbreviare i tempi di commercializzazione della tecnologia della torrefazione, nel rispetto di stringenti limiti di sostenibilità Hi-Tech Ambiente 31 cietà di analisi di mercato Ecoprog, esistono ben 900 possibili siti per la realizzazione di nuovi impianti a biogas, di cui circa 600 sono rappresentati da grandi aziende agricole. In termini di superficie coltivata e numero di allevamenti, le imprese agricole ed agrizootecniche francesi sono tra le più grandi d'Europa, e quindi hanno le condizioni ideali per l’operatività di impianti a biogas; tuttavia, solo una decina di queste grandi aziende dispone di un impianto a biogas. Ulteriori 300 potenziali siti sono stati individuati presso aziende del settore alimentare e delle bevande. Queste realtà, infatti, producono grandi quantità di scarti e rifiuti organici, ottimi per generare biogas. Ve ne sono 1.000 di grandi aziende tra il settore della carne e del latte, e di queste solo 20 utilizzano i propri rifiuti organici per la generare energia mediante biogas. BIOMASSE & BIOGAS BTS BIOGAS Il software DinaMetan Valuta qualità della biomassa e quantità da usare per migliorare l’efficienza produttiva “Il settore del biogas è altamente competitivo e solo chi investe con continuità in innovazione può mantenere la sua posizione di vantaggio”, ha sottolineato Michael Niederbacher, General Manager di BTS Biogas. L’azienda dedica infatti moltissime risorse alla ricerca e allo sviluppo. Con la finalizzazione del software DinaMetan l’azienda ha consolidato ulteriormente la propria posizione di leader industriale, tecnico e scientifico nel campo del biogas. BTS Biogas ha oltre un ventennio di esperienza nella progettazione, costruzione e gestione di sistemi integrati per la produzione di biogas, ed è attualmente operativa in Europa, Brasile, Canada, Thailandia e Giappone. Il consolidato posizionamento dell’azienda nel mercato globale è dovuto in primo luogo allo sviluppo continuo. <<Questa è la nostra vera forza trainante – afferma Michael Niederbacher, general manager di BTS Biogas - quella che ci rende meno vulnerabili anche in un contesto dove il quadro politico è in continuo mutamento. Mi riferisco in particolare al taglio degli incentivi per la produzione di energia con biogas. Negli ultimi anni abbiamo investito in ricerca e sviluppo circa il 3,5% del nostro fatturato ed impegniamo 11 persone sul fronte tecnico e biologico per migliorare costantemente i nostri impianti>>. Oltre al lavoro svolto dalle sue risorse, BTS Biogas si avvale di prestigiosi partner esterni, ad esempio l’Università degli Studi di Bologna. Insieme all’Ateneo emiliano ed alla collaborazione di esperti a livello internazionale, precursori nel campo dell’alimentazione dei bovini, l’azienda ha sviluppato e messo a punto DinaMetan, il software che consente DinaMatan di BTS Biogas Niederbacher Michael, general manager BTS Biogas Hi-Tech Ambiente 32 di incrementare notevolmente il grado di efficienza degli impianti di biogas ottimizzando le ricette in termini biologici ed economici. Il processo di ottimizzazione inizia con l’analisi ad infrarossi (NIRS) del materiale di alimentazione (qualsiasi esso sia) che verrà utilizzato per la produzione di biogas. Sulla base di questi dati, il software calcola le quantità da utilizzare e stima i livelli di efficienza dell’impianto, valutando qualità e quantità del materiale. Ma non solo: il software consente di prevedere eventuali cali di resa o problemi dovuti all’alimentazione, potendo così attuare preventivamente le opportune misure correttive. <<Per la prima volta nella gestione di un impianto - spiega Michael Niederbacher - si può quindi agire e non reagire. DinaMetan indica quindi come, con la stessa quantità di materia prima sia possibile produrre più gas o come utilizzare una quantità inferiore di materia prima per produrre la stessa quantità di gas>>. Inoltre, il software dà una chiara panoramica dei costi: in questo modo l’operatore potrà vedere chiaramente quanto redditizio è o potrebbe essere il proprio impianto di biogas in funzione dei diversi tipi di materiali di conferimento. Un simile strumento rappresenta una novità assoluta per i gestori, e per questo motivo sono molto alte le aspettative dell’azienda. <<Crediamo che questo software rappresenti un’ulteriore spinta alla nostra crescita – sostiene Niederbacher - non solo per quanto riguarda nuovi mercati, ma anche per chi gestisce impianti già realizzati con tecnologia diversa da BTS Biogas, o per Comuni e imprese che in vario titolo gestiscono rifiuti organici>>. ENERGIA ALTAMENTE EFFICIENTE L’ibrido solare-biomassa Avviato il primo impianto che integra due fonti energetiche e due tecnologie rinnovabili Falck Renewables ha messo in funzione a Rende (CS) il primo impianto ibrido rinnovabile che integra due fonti energetiche e due tecnologie rinnovabili, solare termodinamico e biomasse, profondamente diverse tra di loro, dando vita ad un sistema altamente efficiente. L’impianto nasce da un processo studiato e brevettato (in Italia e in corso di riconoscimento a livello europeo) dalla stessa azienda, che integra un impianto da 1 MWe di solare termodinamico a concentrazione, tecnologia già di per sé innovativa, ad un impianto già operativo per la produzione di energia elettrica da biomasse da 14 MWe. L’ibridizzazione dei due impianti consente una significativa ottimizzazione di efficienza dell’utilizzo delle fonti coinvolte: l’energia termica da fonte solare integra o sostituisce in parte l’energia termica da biomassa, riducendone così il consumo specifico necessario per la produzione di energia. La tecnologia impiegata nell’impianto di Rende può essere applicata a qualsiasi impianto di generazione elettrica basato su ciclo Rankine, sia esso alimentato da fonti rinnovabili (biomasse, rifiuti, ecc.) o da fonti fossili (gas, carbone, ecc.), nuovi o già in esercizi. L’impianto ibrido di Rende è stato realizzato sulla base del progetto Helios, sviluppato da un idea nata nel 2011, proprio per integrare due diverse tecnologie e due differenti fonti d’energia sostenibile e quindi raggiungere alti livelli di efficienza. Il ciclo adottato, chiamato ISCCIntegrated Solar Combined Cycle, nasce da una collaborazione tra Falck Renewables e Elianto, spin-off del Centro sardo di ricerca e studi superiori, presieduto da Carlo Rubbia. LA TECNOLOGIA BREVETTATA Grazie al lavoro svolto è stato sviluppato uno schema impiantistico capace di esaltare entrambe le tecnologie utilizzate, raggiungendo livelli di efficienza altrimenti non raggiungibili con im- Hi-Tech Ambiente 33 pianti indipendenti tra loro. Nello specifico, lo schema ideato prevede uno scambio di calore tra l’esistente impianto a biomasse ed una nuova sezione solare basata sulla tecnologia CSP (solare termodinamico a concentrazione). Questa tipologia di impianto solare fa uso di specchi piani che, opportunamente inclinati per mezzo di un sistema automatico di regolazione, concentrano i raggi del sole su un tubo sospeso, al cui interno scorre un fluido che, una volta scaldatosi, viaggia fino all’impianto a biomasse cui cede la propria energia. Il progetto, inoltre, prevede una sezione di recupero termico che permette di fornire al circuito solare una parte del calore non recuperabile proveniente dall’impianto a biomasse, garantendo così un’ottimizzazione dell’efficienza di questo sistema. L’impianto a biomassa soddisfa il fabbisogno energetico annuo di circa 38.900 famiglie, l’apporto fornito dall’impianto solare termodinamico soddisfa il fabbisogno energetico annuo di 1.150 famiglie, e grazie all’ibridizzazione si riesce a soddisfare un fabbisogno annuo di ulteriori 200 famiglie. Questo consente un risparmio di CO2 di circa 42.200 ton/anno con l’impianto a biomassa, di circa 1.250 ton/anno con il solare termodinamico e di circa 250 ton/anno grazie all’efficienza energetica. L’integrazione dei due impianti fa recuperare ulteriori 550 MWh in termini di efficienza. ENERGIA “The Village” è il nome con cui i progettisti e tecnici della Brugg hanno ribattezzato la realizzazione dei lavori di costruzione di una nuova rete di teleriscaldamento. L’opera, ambiziosa fin dalle fasi progettuali, è incentrata sulla realizzazione dell’intera rete di teleriscaldamento che alimenta appunto il “Village”, un centro direzionale che sorge nella cittadina irlandese di Cloughjordan. Un caratteristico borgo che fa capolino in una vasta area di oltre 20.000 ettari di boschi e campi coltivati a vegetali. All’interno della cittadina, una potente e moderna centrale energetica, funzionante a energia rinnovabile, fornisce calore e acqua calda alle abitazioni ed a tutte le altre utenze ad essa connesse. Sulla base delle esigenze progettuali e realizzative i progettisti si sono affidati alla tubazione Calpex, la soluzione flessibile, preisolata, a basso impatto energetico e rapida da installare di Brugg, ideale per l’approvvigionamento di acqua in generale, per usi industriali e civili con temperature fino a 95°C, nelle reti di teleriscaldamento, nel trasporto di acqua po- Il sistema geotermico di Rehau, azienda attiva nello sviluppo di soluzioni per la produzione e l’utilizzo efficiente dell’energia, si arricchisce con Raugeo Helix, l’innovativa sonda dalla forma elicoidale, studiata per l’estrazione del calore terrestre in aree con limitazioni geologiche e dalla superficie ristretta. E’ realizzata in polietilene reticolato a perossidi (PE-Xa), materiale dall’elevata qualità che permette di costruire l’intera sonda con un singolo tubo. Non presentando giunzioni saldate, nemmeno in prossimità della punta, questa sonda risulta estremamente affidabile ed efficiente, e, grazie alle stabilità del PE-Xa, è in grado di resistere a BRUGG PIPE SYSTEM La rete ambiziosa Nuovo Calpex di Brugg Pipe Systems tabile, acque reflue, linee di refrigerazione e piscine. L’incremento del 24% della flessibilità della tubazione è stato ottenuto marcando ulteriormente l’ondulazione del mantello esterno. Inoltre, è stato ridotto il raggio di curvatura del 30%. Questa miglioria permette di assemblare i rotoli con lunghezze maggiori, di agevolare la logistica e la movimentazione. Tubazione affidabile, rapida e facile da posare grazie alle eccezio- ESTRAZIONE DEL CALORE La sonda elicoidale temperature fino a 95°C, ai danni che si possono verificare durante l’installazione e ai carichi dovuti alle perforazioni. Inoltre, in virtù della particolare progettazione telescopica che la rende estendibile da 1,1 metri a 3 metri, consente di ottenere numerosi vantaggi anche in termini economici, riducendo i costi che interessano lo stoccaggio ed il trasporto. Un’apposita membrana in PE garantisce, invece, la regolare spaziatura del tubo e facilita l’estra- zione del calore terrestre, mantenendo un diametro fisso di 38 cm (esterno). Helix viene inserita e riempita in perforazioni profonde 5 metri, a 3-4 metri di distanza l’una e l’altra e a 2 metri rispetto all’edificio, in parallelo all’installazione dei circuiti collegati al collettore. La performance di estrazione media raggiungibile oscilla tra i 400 W e i 700 W, a seconda della tipologia di terreno e della presenza di acqua freatica; quanta Hi-Tech Ambiente 34 nali caratteristiche di flessibilità ed alla notevole lunghezza disponibile in un’unica tratta. Quest’ultima caratteristica favorisce scavi stretti, invece che alloggiamenti più larghi e profondi. La durata nel tempo viene assicurata fin dal processo produttivo, in virtù dell’impiego di materie prime di qualità. Una vasta gamma di accessori, pezzi speciali e raccordi ad espansione permettono di realizzare le reti idrotermosanitarie a perfetta regola d’arte, con la massima garanzia della tenuta del sistema. Nel dettaglio, per il progetto “The Village” sono stati impiegati 220 metri di tubazione Calpex Duo Heating con DN da 20 a 50 mm; 1.617 metri di Calpex Duo Heating con DN da 65 a 80, e vari spezzoni di CPX T. Un carrello svolgitore, appositamente assemblato, ha consentito la posa delle tubazioni dal ragguardevole peso di quasi una tonnellata ciascuno, per un diametro di 2,8 metri. Grazie alla duttilità del carrello la progressione dei lavori è proceduta senza intoppi, in tempi molto stretti e soprattutto in totale sicurezza. più falda acquifera è disponibile, maggiore sarà l’estrazione del calore. Attraverso una pompa di calore, il calore terrestre estratto viene portato alla temperatura necessaria per il riscaldamento/ raffrescamento dell’edificio, consentendo di alimentare i sistemi radianti in modo efficiente ed ecocompatibile. Dall’installazione semplice e veloce, la sonda di Rehau è la scelta ideale per la realizzazione di un sistema geotermico in aree dalla superficie ristretta e dove non è possibile effettuare profonde perforazioni per motivi geologici, e vede nel riscaldamento radiante a pavimento la sua ottimale combinazione. MACCHINE & STRUMENTAZIONE ETG RISORSE E TECNOLOGIA Il progetto Life+ Bio.Lea.R Strumenti ad hoc per il monitoraggio dei parametri analitici nella produzione di biogas e syngas Per assicurare il rendimento degli impianti di produzione del biogas è molto importante il monitoraggio di numerosi parametri, quali: -metano (CH4), la cui concentrazione aumenta con l’incremento della produzione del biogas, ma talvolta il substrato fresco che alimenta il digestore può contenere ingredienti più grassi; -anidride carbonica (CO2), la cui concentrazione aumenta per una eventuale acidificazione nel fermentatore; -acido solfidrico (H2S), che cambia con le caratteristiche del substrato a causa di un cattivo funzionamento del sistema di desolforazione; -ossigeno (O 2), il cui aumento è dannoso per i batteri anaerobici: di conseguenza un ambiente basso di ossigeno aiuta il processo del biogas. Gli obbiettivi sono: controllo del processo a biogas e rispetto di condizioni ottimali per il funzionamento del motore a gas o per il trattamento del gas medesimo. Poiché nel processo a biogas, con la formazione di metano e CO2 l'ossigeno disciolto nel campione subisce una diminuzione, anche la misurazione dell'ossigeno residuo può essere utilizzata per il controllo del processo. Qualora si utilizzi l’introduzione di ossigeno per la desolforazione, il monitoraggio del valore di H2S può essere anch’esso usato per il relativo controllo. I contenuti di CH4 e CO2 nel biogas solitamente sono di circa 50 Vol.%, il contenuto di O2 solitamente è notevolmente inferiore a 3 Vol.-%, mentre, in casi sfavorevoli, il biogas può presentare H2S in concentrazioni fino ad alcune migliaia di ppm (100 Vol.-% = 1.000.000 ppm): ciò può essere causa di gravi danni ai motori a gas. Per questo motivo il controllo della concentrazione nei casi di processi a biogas è di particolare importanza per poter Sistema di analisi multipunto nell'impianto di cogenerazione di Spoleto ETG 6500 MPS presso l'impianto di Cerro Tanaro (AT) avviare in tempi utili delle contromisure adeguate. La nuova linea di analizzatori multigas ETG MCA 100 Bio/ETG 6500 è un’ottima soluzione per la misura nella produzione del biogas per precisione, stabilità, affidabilità, vari campi di misura e gamma di versioni disponibili. A differenza di altri analizzatori l’ETG MCA 100 Bio/ETG 6500 utilizza una singola cella e banco ottico basato su tecnologia NDIR in grado di misurare più composti gassosi. Lo strumento esegue il monitoraggio simultaneo di CO 2, O 2, CH4 e H2S con un particolare sistema automatico di purga per la cella E.C. dell’H2S, per garantirne una vita prolungata rispetto alla media di sistemi analoghi. Il cuore dell’analizzatore è un processore ARM molto versatile con un monitor touch screen. E’ disponibile un segnale in uscita 4-20 mA per ciascun composto misurato e Hi-Tech Ambiente 35 sono disponibili uscite opzionali profibus, modbus ed ethernet. Inoltre, sono previsti dei segnali digitali in uscita, per l’indicazione ad un sistema remoto di guasto o di calibrazione. La possibilità di remotazione per ogni strumento della linea Biogas permette di visualizzare a distanza (e modificare i parametri) sul PC in ufficio o su smartphone. Esistono diverse configurazioni per l’installazione, quali: 19” montaggio a Rack, installazione in campo del tipo a parete con protezione IP65, multicanale con software di gestione, etc. L’opzione MPS Multipunto rende ancora più performante l’analizzatore biogas “Plug & Play” ETG 6500; si tratta della possibilità di campionare, secondo una sequenza liberamente impostabile dallo schermo touch-screen installato sull’analizzatore (e modificabile in qualsiasi momento), fino a 8 punti di misura, in maniera ciclica. Il nuovo ETG 6500 MPS (un sistema multipunto di analisi) permette di analizzare fino ad 8 punti di misura ed è installato in una cassetta delle stesse dimensioni dell’analizzatore biogas ETG 6500, il che rende questa opzione incredibilmente modulare. Infatti, è sufficiente installare i due sistemi vicini, collegarli con l’apposito cavo fornito in dotazione e avviare la misurazione; ovviamente, per ogni punto di misura viene fornita una uscita digitale per indi care in quale punto il sistema sta eseguendo l’analisi. Il suo utilizzo è particolarmente indicato in impianto e per chi ha la necessità di monitorare più punti di misura del biogas, mantenendo un unico analizzatore. ETG 6500 in presenza di campione biogas umido elimina l’umidità tramite filtri, ovvero, in caso di gas saContinua a pag. 36 MACCHINE & STRUMENTAZIONE Continua da pag. 35 Il progetto Life+ Bio.Lea.R turo, tramite un chiller a cella peltier. Completano lo strumento due pompe, una per il campionamento e una per la rimozione della condensa. Sono opzionali diversi sensori per determinare le condizioni operative del gas, un sensore (ed eventualmente regolatore) di pressione, un sensore di temperatura e di portata. IL PROGETTO “BIOGAS LEACHATE RECOVERY” Il sistema ETG 6500 MPS è stato utilizzato nel proge tto L ife + Bio.Lea.R (Biogas Leachate Recovery), nato dalla collaborazione del Politecnico di Torino e gestito da Gaia (azienda di gestione rifiuti nell’astigiano). L’impianto è situato a Cerro Tanaro (AT) ed è mirato ad ottimizzare la produzione di biogas attraverso la regolazione dell'umidità dei rifiuti. Il sistema di monitoraggio è composto dai seguenti elementi: - sonde di monitoraggio geofisico per la misura della conducibilità elettrica. Questo test, eseguito prima e durante la sperimentazione, permette di monitorare la distribuzione dei fluidi di iniezione all’interno della discarica. Durante i lavori di trivel- ETG 6500 modulo multipunto lazione dei nuovi pozzi sono stati installati 10 cavi con sonde geofisiche, inseriti in corrispondenza di 10 pozzi di diametro 300 mm - sonde termometriche calate all’interno di 4 pozzi di estrazione del biogas (diametro 1.000 mm) per il monitoraggio della temperatura all’interno della discarica - analizzatore multipunto ETG 6500 MPS per l’analisi del valore di CO2, CH4 e O2 installato nei pressi della SRA, per l’analisi in continuo della composizione del biogas, utilizzato contemporaneamente ad un analizzatore portatile per effettuare l’analisi “spot” sui pozzi di captazione - database (con sistema web-gis) per il controllo a distanza dei punti di monitoraggio e la registrazione dei dati - termo-fotocamera per il controllo dello stato delle linee di captazione del biogas in funzione della temperatura. Sulla sommità della stessa è installata una cabina di monitoraggio che consente il collegamento degli strumenti ad un computer per la raccolta dei dati di monitoraggio. - linea dei portatili, che completa la linea degli analizzatori per biogas e syngas. Al pari della linea degli analizzatori per installazione fissa anche sui portatili è standard la remotazione su PC e smartphone (Android, IOS, Windows, etc.), sia via LAN, oltre che USB (Wi-fi come opzione). Il portatile per il syngas offre una misurazione dell’idrogeno altamen- ETG 6500 wall mounting Plug & Play te affidabile grazie al sensore di misura dell’H2 a principio TCD (termoconducibilità); non utilizza pertanto, per la misura dell’idrogeno, celle elettrochimiche o altri sensori che potrebbero interferire con le misure degli idrocarburi. ETG, infatti, apporta nei suoi laboratori correzioni specifiche per la misura dell’idrogeno in una miscela contenente idrocarburi (quale è appunto il syngas), in modo da ottenere una misurazione quanto più precisa possibile. L’analizzatore salva i dati in una directory all’interno dello strumento in formato csv, dividendo i file per log e suddividendo gli stessi in diverse cartelle, nominati come la data del giorno di analisi; per scaricare i dati, l’utente deve solamente inserire una penna USB nella porta posta a pannello, selezionare il file di log interessato (che verrà mostrato con data e ora) e il sistema scaricherà automaticamente i dati sulla pen drive, rimuovendo il file originario dalla memoria interna, eludendo il rischio di riempire la memoria. L’analizzatore viene fornito all’interno di una custodia resistente agli urti dotata di ruote e maniglie (tipo trolley), con grado di protezione IP67. Analizzatore Syngas portatile Hi-Tech Ambiente 36 MACCHINE & STRUMENTAZIONE Fase di rimozione diesel tramite G+ SENZA USO DI FREON O SOLVENTI CLORURATI L’analisi degli idrocarburi totali Mediante un apposito strumento è stata testata l’efficacia del grafene nell’assorbimento in acqua Sono state di recente inaugurate le “Officine del Grafene”, il più grande impianto europeo per la generazione di fogli di grafene altamente puro, basato su una tecnologia brevettata e approvata. Ad inaugurare questo nuovo centro industriale è Directa Plus, azienda tecnologica nata per promuovere sviluppo, commercializzazione e utilizzo di processi innovativi per la generazione di nano materiali da impiegare in mercati globali esistenti. Il nuovo centro industriale è stato progettato su una piattaforma tecnologica modulare, replicabile ed esportabile, capace di produrre su larga scala materiali a base di grafene, ponendo grande attenzione all'ingegnerizzazione del prodotto. Il primo modulo ha una capacità produttiva di 30 tonnellate annue ed è stato ideato secondo una filosofia ad “impatto zero”, che non prevede scarti e necessita di un limitato uso di energia. Gli innovativi prodotti sviluppati, denominati “Graphene Plus” (o G+), trovano impiego in molteplici applicazioni: dal trattamento dell'aria e dell'acqua ai tessuti antifiamma, dagli elastomeri agli pneumatici da biciclette, fino alle batterie agli ioni di litio. Straordinari, ad esempio, i risultati che l’azienda ha raggiunto con il progetto GEnIuS (Graphene Eco Innovative Sorbent), cofinanziato dal programma Eco Innovation dell’UE, con il patrocinio del Comune di Como. Questo progetto mira a lanciare G+ sul mercato Europeo come solu- zione eco-innovativa per la bonifica di sversamenti di differenti tipologie di oli ed idrocarburi. Si tratta di un materiale adsorbente inerte, sicuro, riciclabile e dall’elevatissima capacità di rimuovere gli idrocarburi anche a basse concentrazioni, consentendo anche il loro recupero. L’impiego di questa tecnologia consentirà di sostituire i tradizionali prodotti utilizzati, limitando l’impiego di disperdenti chimici e riducendo l’impatto sugli ecosistemi naturali e la salute umana. A sostenere l’efficacia del prodotto, alla fine della giornata inaugurale delle “Officine del Grafene” si è svolta una dimostrazione pratica della rimozione di diesel disperso sulla superficie di una piscina contenente circa 2500 litri di acqua Hi-Tech Ambiente 38 dolce tramite l’impiego di “salsicciotti” o “booms” riempiti con G+. Poco più di 100 g di prodotto sono stati in grado di rimuovere circa 5 litri di idrocarburo istantaneamente. L’analisi degli idrocarburi totali residui post trattamento con G+ è stata eseguita con l’unità demo Eracheck, distribuita in esclusiva per l’Italia da TQ Technologies for Quality. Lo strumento ha permesso di dimostrare che la concentrazione residua di idrocarburo nell’acqua è risultata al di sotto dei limiti di legge definiti per lo scarico di idrocarburi in acque superficiali. L’ANALIZZATORE ERACHECK L’analizzatore Eracheck consente l’analisi degli idrocarburi totali in pochi minuti dopo l’estrazione con MACCHINE & STRUMENTAZIONE Dettaglio sperimentazione solventi cicloalifatici quali cicloesano o ciclopentano direttamente nella bottiglia di campionamento. Il metodo, estremamente semplice, affidabile e veloce, usa la tecnica Laser mid-IR, ora ufficializzata dalla norma ASTM D7678 pubblicata nel 2011. Eracheck nasce dalla collaborazione tra l’azienda austriaca QuantaRed Technologies, uno spin-off dell’Istituto di Scienze dei Materiali dell’Università di Vienna che Risultato tecnico della sperimentazione ne detiene il brevetto, e la società Eralytics che lo produce e lo commercializza nel mondo. Lo strumento analizza il cicloesano contenente gli idrocarburi estratti dalla bottiglia di campionamento dell’acqua da analizzare. Essendo di piccole dimensioni e necessitando di poca potenza di alimentazione elettrica, è possibile utilizzarlo in situ con l’ausilio di un inverter ed una presa da auto a 12 Volts. La sua cella di misura viene riempita e termostatata in automatico tramite il pompaggio di pochi ml di solvente prelevato anche direttamente dal collo della bottiglia. Da notare che le fasi di estrazione coincidono esattamente con la procedura utilizzata con l’uso del freon (dannoso per l’ambiente e difficile da reperire sul mercato, oltre che costoso). Unica differenza è che il cicloesano, al contrario del freon, galleggia sull’acqua ed è, quindi, aspirabile dallo strumen- to inserendo direttamente un tubetto di aspirazione nel collo della bottiglia. In serie al tubetto di aspirazione possono essere inserite cartucce filtranti “usa e getta” composte da solfato di sodio per eliminare tracce di acqua nel solvente, o da Florisil per eliminare le sostanze polari ed ottenere, quindi, per differenza, anche una misura dei grassi toContinua a pag. 40 MACCHINE & STRUMENTAZIONE Continua da pag. 39 L’analisi degli idrocarburi totali tali. Un filtro, facilmente rimovibile, posto in serie al tubetto, mantiene pulito l’interno della cella di misura. La tecnica analitica ad assorbimento Quantum Cascade Laser-IR utilizza quale sorgente eccitante un laser IR a stato solido ad alta intensità, sintonizzato sulle bande di assorbimento degli idrocarburi (1370-1380 cm-1) (7.25 – 7.30 microns). A queste lunghezze d’onda l’assorbimento degli idrocarburi non-ciclici è massimo, mentre è minimo l’assorbimento del solvente utilizzato per l’estrazione. A seconda dell’intensità del QCL è possibile disporre di versioni Eracheck in grado di garantire range analitici tra 2 e 200 ppm oppure tra 0,5 e 2.000 ppm (versione PRO). Il sistema Eracheck può essere calibrato utilizzando la stessa miscela di idrocarburi presenti nel sito da indagare, oppure utilizzando standard a concentrazioni note di esadecano o tetra-decano disciolte in ciclo-esano o ciclo-pentano a se- L’analizzatore Eracheck distribuito da TQ Technologies conda del solvente utilizzato per l’estrazione. Il sistema necessita della lettura di un “bianco”, lo stesso solvente di estrazione, prima di ogni lettura. Il tempo necessario per una misura consiste in tre fasi: da 5 a 10 minuti, per preparazione del campione, acidificazione, aggiunta del solvente, agitazione e attesa per la separazione; segue eventuale filtrazione; poi 1 minuto per lettura del bianco; infine, 1 minuto per lettura del solvente con gli idrocarburi estratti. Nel caso di utilizzo di cartucce filtranti, il tempo sale di circa 2 minuti. In totale, una misura potrà impiegare da 7 a 15 minuti. Prove effettuate in tutto il mondo hanno dimostrato una buona correlazione tra i risultati ottenuti con l’ Eracheck e il metodo analitico DIN 38409-H18, che prevede l’analisi in IR, e quello gascromatografico ISO 9377-2. Anche in Italia il metodo Eracheck è ormai uti- Hi-Tech Ambiente 40 lizzato da vari laboratori di controllo industriale e civile. Raffinerie, centrali elettriche, produttori di oli lubrificanti e impianti di trattamento acque civili, lo hanno adottato quale affidabile metodo di controllo di routine. Gli apparati vengono confrontanti periodicamente con laboratori esterni dimostrando che si tratta dello strumento ideale nel campo industriale, petrolchimico e dagli impianti di trattamento di acque reflue da attività civili. Per la determinazione degli idrocarburi totali esistono differenti tecniche analitiche, alcune molte specifiche (GC-FID o GC-MS) che permettono la determinazione dei singoli composti presenti, ma che non sono in grado di analizzare con una sola tecnica di estrazione l’insieme molto ampio dei componenti idrocarburici presenti nei campioni di acqua. Lo strumento Eracheck è dotato di un display touch screen ed è controllato da un PC integrato con S.O. Linux. E’ in grado di memorizzare un numero illimitato di risultati, può essere connesso con altri PC o in rete via Lan ethernet, USB e RS232. MACCHINE & STRUMENTAZIONE FIMARS METERING PUMPS Innovazione nel dosaggio Fimars sviluppa e produce pompe dosatrici e sistemi per il dosaggio di prodotti chimici. Qualunque sia la natura del liquido da dosare: limpido, denso, viscoso, abrasivo, con parti solide in sospensione, corrosivo o alcalino e le specifiche condizioni di portata e pressione; si propone come partner affidabile per individuare la soluzione migliore per ogni particolare esigenza. zione programmata, assistenza dei tecnici aziendali direttamente sull’ impianto del cliente, la “safety pump” ovvero una pompa sostitutiva a disposizione durante le riparazioni per preservare la continuità di qualunque processo e soluzioni per il noleggio a breve e lungo termine. CHE COS’E’ LA POMPA DOSATRICE? Una pompa dosatrice è una pompa volumetrica che trasferisce un preciso volume di liquido in un tempo determinato fornendo un valore di portata accurato e ripetibile. Si utilizzano, pertanto, in tutte le applicazioni in cui dei liquidi necessitano di essere dosati con altissimo livello di precisione. Questa è la competenza primaria dell’azienda, che mette in pratica con una vasta gamma di pompe adatte a molteplici settori di impiego: trattamento acque, depurazione acque reflue, impianti di desalinizzazione e potabilizzazione, cartiere, fertirrigazione, disinfezione, iniezione di coagulanti e flocculanti, controllo del pH, iniezione di polimeri, deodorizzazione, viticoltura e industria alimentare, preparazione di reagenti, neutralizzazioni, etc. COSA CONTRADDISTINGUE FIMARS RISPETTO AI COMPETITORS Non appartiene ad alcun gruppo multinazionale e sfrutta la propria indipendenza per garantire vantaggi concreti per i suoi clienti. Innanzitutto la flessibilità, che si concretizza nello sviluppo di soluzioni ad hoc e personalizzazioni di prodotto. La convenienza delle proprie pompe e la stabilità a lungo termine dei prezzi. La tempestività delle forniture; obiettivo che raggiunge investendo in uno stock di prodotti finiti pronti presso il magazzino di proprietà e presso quelli dei distributori, la cui disponibilità può essere verificata direttamente online sul sito web aziendale per ogni modello di pompa. I servizi Fimars includono: estensioni di garanzia a 36 e 60 mesi con pacchetto di manutenHi-Tech Ambiente 41 HI -TE CH AMBIENTE SPECIALE POMPAGGIO DEL PERCOLATO DA DISCARICA SPECIALE POMPAGGIO DEL PERCOLATO DA DISCARICA BIAMONT Le pompe pneumatiche PPRB brevettate sono idonee per l’aspirazione di liquidi in generale laddove la presenza di rete elettrica di alimentazione può creare problemi di sicurezza e funzionalità. Sono quindi particolarmente idonee ad essere installate in pozzetti di raccolta di percolati da discarica con possibile presenza di biogas o in pozzi di aspirazione di biogas con possibile presenza di biogas. Nei pozzi di aspirazione biogas delle discariche, le pompe PPRB vengono infilate verticalmente nelle sonde drenanti presenti all’interno dei pozzi. La possibilità di impedire il riempimento dei pozzi con percolati, rende possibile un totale emungimento del biogas dalla discarica, impedendo possibili sovrapressioni e fughe di biogas, e un ottimale ren- ESPA dimento di eventuali impianti di produzione di energia alimentati a biogas. Le pompe PPRB ad aria compressa hanno costi di acquisto, installazione e manutenzione limitati, e possono essere realizzate con diversi materiali in funzione dell’aggressione chimica dei liquami da smaltire. Tali pompe sono costituite da un corpo tubolare verticale, normalmente del diametro di 9 cm, dotato di: valvole di comando e di immissione dell’aria compressa; di galleggiante, che consente l’avvio della pompa in caso di innalzamento del livello del liquido da smaltire; di tubazioni per l’immissione dell’aria e lo smaltimento del liquido stesso. Le tubazioni dell’aria sono collegate ad idoneo compressore fisso o mobile, in funzione delle esigenze gestionali, che alimenta anche più pompe contemporaneamente. Attraverso la tubazione di scarico della pompa il liquame può essere inviato a vasche di trattamento o condotte di convogliamento. La pompa di Espa per il drenaggio del percolato risulta ideale per un suo utilizzo in pozzi con sezione di passaggio di massimo 35 mm e profondità massima d'immersione di 9 m; la temperatura massima del liquame da aspirare deve invece essere di 35 °C. Tale pompa si caratterizza per avere un corpo in acciaio inox aisi 304, una girante Vortex in policarbonato caricato con fibra di vetro, una camicia motore anch’essa in inox aisi 304, una maniglia in policarbonato caricato con fibra di vetro, ed una doppia tenuta meccanica in grafite e stéatite, oltre che guarnizioni a labbro in NBR. Il motore della pompa ha protezione IP68, isolamento classe F e raffreddamento mediante il liquido pompato. Come dotazioni sono previsti: 10 m di cavo di alimentazione, condensatore incorporato e Vigilex SS M A con galleggiante. www.biamont.it www.espapompe.it FINDER POMPE Le pompe peristaltiche per alte pressioni FPSH della Finder sono costituite da due pattini contrapposti montati su un rotore che comprime alternativamente un tubo in gomma rinforzata che contiene percolato da pompare. Il ritorno del tubo alla posizione di riposo crea del vuoto, provocando l’aspirazione del liquame che viene spinto in avanti dal pattino successivo. Il rotore è sostenuto dai cuscinetti per servizio pesante del riduttore. Tale pompa, che funziona con lubrificazione costante in miscela di siliconi/glicerina/glicoli, è idonea per servizio pesante continuo (24/24). E’ autoadescante, e quindi non necessita di essere collocata sotto battente per a- NETZSCH POMPE & SISTEMI spirare, e non ha nè valvole né premistoppa, per cui può trasferire liquidi impuri contenenti piccoli corpi solidi; inoltre, può lavorare a secco senza danneggiare le parti meccaniche. E’ molto facile da pulire, grazie alla reversibilità del senso di rotazione, ed ha una manutenzione contenuta. Altre sue caratteristiche sono: portata fino a 150 mc/h, pressione fino a 15 bar e temperatura di esercizio da -15 a 80 °C. I tubi della pompa sono realizzati con gomme di alta qualità, con un rinforzo da 2 a 6 strati individuali di poliammide intrecciata e con uno strato esterno realizzato con tolleranze estremamente ridotte per assicurare una compressione perfetta e una lunga durata. Finder Pompe ha sviluppato anche la versione a sporgenza d’albero, serie FPSH-S, equipaggiate con un supporto che consente una semplice manutenzione dei cuscinetti e che possono essere convertite in qualsiasi momento nella versione monoblocco FPSH. www.findergroup.eu Le pompe industriali a lobi Tornado T2 sono pompe che, rispetto alla precedente versione, sono più compatte, robuste, di facile e ridotta manutenzione. Idonee per l’aspirazione del percolato da discarica, sono caratterizzata da elevate prestazioni e grande maneggevolezza. L’ingombro contenuto e l’alto rendimento rappresentano però i vantaggi più rilevanti nell’utilizzo di questa pompa. E’ possibile trasferire sostanze diverse in proporzione alla velocità di rotazione, in maniera costante, con bassa pulsazione e alta precisione nel dosaggio. La manutenzione della Tornado T2 risulta particolarmente semplificata dalla facilità di accesso al corpo pompa, ai lobi e alle tenute, senza necessità di staccare le flange con costi estremamente ridotti. Il corpo portacuscinetti è senza riduzione, senza ingranaggi e olio ed i cuscinetti sono lubrificati a vita. La sincronizzazione a cinghia è senza corpo ingranaggi e senza olio, la pompa non genera calore e risulta essere assai silen- Hi-Tech Ambiente 44 ziosa. I lobi non sono avvitati direttamente all’albero, ma fissati con un sistema di bloccaggio posto al di fuori della camera della pompa. In questo modo i lobi possono essere sostituiti in pochi e semplicissimi passaggi. Grazie al posizionatore integrato sulla maschera frontale della pompa, la regolazione dei lobi non sarà più un problema. www.netzsch.com SPECIALE POMPAGGIO DEL PERCOLATO DA DISCARICA OFFICINE DI TREVI La Officine di Trevi è specializzata nella produzione di elettropompe sommerse, con marchio OFT, che si caratterizzano per elevate prestazioni, affidabilità e soluzioni tecniche innovative. L'azienda opera in Italia ed in oltre 20 nazioni estere. Tutte le fasi della lavorazione, dalla progettazione al montaggio, avvengono internamente con il supporto di sofisticate strumentazioni. Attualmente il marchio OFT raggruppa un'ampia gamma di elettropompe sommerse che va da prodotti per pozzi 4” e 6”, anche con parti idrauliche completamente di acciaio inox, a pompe monoblocco fino a ROBUSCHI gruppi di sollevamento di nuovissima concezione. La serie M è rappresentata da un’elettropompa sommersa monoblocco multistadio, la cui parte idraulica è situata sotto il motore elettrico che viene raffreddato esternamente dal liquame pompato. La serie A-B, invece, riunisce elettropompe sommerse centrifughe multistadio per pozzi 4", caratterizzate da un sistema di giranti flottanti che assicura un’alta resistenza all’abrasione; difatti, carcassa esterna, bocca di mandata e di aspirazione, albero e altri componenti sono in acciaio inossidabile. Le giranti sono invece in resina acetalica, i diffusori in policarbonato con inserto in ceramica nel punto di usura, e la valvola di non ritorno è in acciaio inox inserita nella testata. In entrambe le serie, il motore è asincrono a 2 poli, 50 Hz, 2850 giri/min, ha isolamento classe F e protezione IP68, tensione di lavoro di 230 V per la versione monofasee di 400 V per la versione trifase. www.officineditrevi.com La gamma dei soffiatori Robuschi serie RBS in acciaio inox (aisi 316 o duplex), con portate fino a 14.000 mc/h, permette di utilizzarli in applicazioni particolarmente gravose. Questa serie è pensata per processi di termoevaporazione a ricompressione meccanica del vapore (l’acciaio inox garantisce una protezione anticorrosione), impiegati in svariati settori industriali, tra cui il trattamento del percolato di discarica, in quanto permette la separazione dell’acqua da un refluo acquoso, costituito da un condensato (essenzialmente acqua) e da un concentrato (residuo delle sostanze inquinanti). Il condensato viene di norma scaricato, mentre il concentrato può essere inviato ad un’ulteriore concentrazione spinta, allo smaltimento oppure all’incenerimento. La termoevaporazione con ricompressione meccanica del vapore contribuisce al maggior rispetto dell’ambiente, in quanto assicura un notevole risparmio energetico, riutilizzando l’energia conseguita dall’evaporazione, senza lasciarla disperdere. L’utilizzo del compressore RBS per Hi-Tech Ambiente 45 tale applicazione poi, dal punto di vista termodinamico, è la metodologia più efficiente per evaporare acqua. Il soffiatore RBS comprime il vapore meccanicamente per essere poi impiegato a pressione più elevata nell’evaporatore, così, l’energia fornita al compressore diventa energia addizionale per il vapore, consentendo il recupero del suo calore latente. I vantaggi della compressione meccanica del vapore conseguita tramite l’RBS sono svariati: assicurano bassi consumi energetici, un elevato coefficiente prestazionale, un tempo di permanenza ridotto del prodotto da evaporare, semplicità di gestione del processo e di manutenzione e, non ultimi, bassi costi di gestione. www.robuschi.com SPECIALE POMPAGGIO DEL PERCOLATO DA DISCARICA SAMI La pompa pneumatica a membrana Atex Serie MonoWell SVP di Sami ha una struttura che, oltre ad impedire il contatto fisico del- SEAMONT l'aria compressa con l'ambiente in cui si trova, conserva i vantaggi legati alla semplicità della sezione idraulica e, di conseguenza, il livello di affidabilità nonché la semplicità di manutenzione. Basta infatti svitare 4 viti per avere accesso completo alla parte idraulica della pompa per l'ispezione e la pulizia. La sezione pneumatica è un monoblocco di semplicissima sostituzione in caso di accidentale impiego di aria contaminata o non conforme alle specifiche del costruttore. I materiali di costruzione del distributore pneumatico sono antiusura e di lunghissima durata (sopportano molti milioni di cicli senza apprezzabili logorii). Questi i dati tecnici: sezione equivalente di aspirazione mm 16, portata di 18 l/min; attacco di mandata G 1" F, di alimentazione aria G 1/4" F, di scarico aria G 3/8" F; pressione max 8 bar; frequenza max di lavoro 4 cicli/sec. Seamont è specilizzata, tra le altre cose, nel trattamento in situ del percolato prodotto dalle discariche. Con un'esperienza di oltre vent'anni, infatti, interviene nelle discariche di rifiuti solidi urbani realizzando ed installando in loco reti per il convogliamento del percolato. Inoltre, produce, su brevetto dei suoi soci fondatori, pezzi speciali, quali valvole VRBB e pompe pneumatiche PPRB, per reti di raccolta del percolato, al fine di massimizzare le prestazioni degli impianti. L‘azienda fornisce anche impianti di depurazione del percolato mediante l’ultrafiltrazione dei liquami e la loro successiva dissalazione-concentrazione. L’allontanamento così effettuato di tutti i composti in sospensione o emulsione, unitamente all’abbattimento della carica batterica, consente di garantire il rispetto delle prescrizioni per lo scarico anche in acque di superficie. Infine, ma non ultimo, Seamont fornisce la consulenza necessaria per ricoprire gli incarichi previsti dalla normativa attuale per la tutela delle discariche. www.seamont.it www.pompe-pneumatiche.it SEEPEX Le pompe monovite Seepex si impiegano per il pompaggio del percolato dalla discarica e per il trattamento. A questo proposito assume notevole importanza l'eventuale presenza di cloruri. L'ottima scelta di materiali resistenti garantisce l'economicità della pompa, mentre l'elevata capacità di aspirazione e stabilità di pressione consentono di ampliarne la gamma di applicazioni. La serie BN ha forma corta e compatta, con azionamento direttamente flangiato (monoblocco). E’ SEVERN TRENT WATER PURIFICATION più economica grazie all'eliminazione di scatola di trasmissione, giunto elastico e piastra di base comune. La struttura di queste pompe è stata rettificata per quanto concerne il carico assiale, le dimensioni dell'albero e la grandezza della flangia, così essere disponibili in tutte le misure e per tutti i livelli di pressione nella versione monoblocco. Non richiedono dunque un cuscinetto di supporto supplementare. La serie NS ha scatola di trasmissione con albero ad estremità libera, che consente l'attacco universale per l'azionamento mediante giunto elastico o cinghia trapezoidale. Questa serie consente agevole manutenzione grazie all'innesto rapido tra l'unità rotante e l'albero; a supporto dell'albero vi sono cuscinetti a rulli conici rilubrificabili. Entrambe le serie, hanno manutenzione agevole grazie all'innesto rapido tra l'unità rotante e l'azionamento; ed hanno portata da 30 l/h a 500 mc/h e pressione sino a 48 bar. www.seepex.com La Hammerhead Pro Leachate di Severn Trent è la pompa pneumatica automatica della famiglia AutoPump specificatamente progettata per l’uso in discarica. Consente alte portate, notevoli risparmi in aria compressa e installazioni in pozzi da 100 mm in su. E’ disponibile in varie combinazioni ed è corredata da una nutrita gamma di accessori in modo da adattarsi a qualsiasi situazione. La serie AutoPump è una famiglia di pompe con capacità fino a 60 l/min (82 mc/giorno) e prevalenze fino a 130 metri, anche in pozzi di piccolo diametro (50 mm). Esistono modelli di varie lunghezze e diametri, con aspirazione dalla testa o dal fondo. Completamente automatiche, controllano il livello del fluido, partendo e fermandosi in funzione dello stesso, senza timer, connessioni elettriche, sensori immersi o altro. Ciò semplifi- Hi-Tech Ambiente 46 ca installazione e avviamento, senza necessità di tarature o aggiustamenti, in quanto le pompe si adattano automaticamente alle condizioni del pozzo. Durante il ciclo di riempimento, il fluido spinge la valvola di fondo ed entra nella pompa. Mentre il fluido sale, l’aria viene espulsa dallo sfiato e il galleggiante interno si solleva fino al punto di arresto. Quando il galleggiante è in alto si chiude la valvola di sfiato e si apre l’ingresso dell’aria, che entra nella pompa e la pressurizza. Ha così inizio il ciclo di scarico, con la pressione nel corpo della pompa che aumenta, causando la chiusura della valvola di fondo e costringendo il fluido a passare nel tubo centrale per poi fuoriuscire dall’alto. Mentre il livello del fluido scende, il galleggiante si riporta in basso e, una volta raggiunto il fondo, si richiude l’ingresso dell’aria e si riapre lo sfiato, cominciando così un nuovo ciclo. www.severntrentservices.it SICUREZZA DISPENSA INAIL I rischi di esplosione Un aiuto per le aziende ad attuare quanto richiesto dalle norme, mettendo in pratica le misure di prevenzione e protezione Secondo quanto prescrive il cosiddetto “Testo Unico sulla Sicurezza” (D.Lgs 81/2008 e successive modifiche), tutti i datori di lavoro, nell’ambito della valutazione dei rischi, devono tener conto della possibilità che nei luoghi di lavoro si formino delle atmosfere esplosive. Se tale possibilità può essere esclusa, sarà sufficiente inserire nel documento di valutazione dei rischi un’annotazione del tipo “nel luogo di lavoro non sono presenti nè possono svilupparsi atmosfere esplosive, così come definite dall’art. 288 del D.Lgs 81/08”. Contrariamente all’opinione generale, il rischio di esplosioni è molto diffuso, anche in settori industriali diversi dalle raffinerie, impianti petrolchimici e industrie farmaceutiche: basti pensare l’esplosione di silos di stoccaggio di cereali nel 2007 presso Molino Cordero (nel cunese) e nel 2006 quella della Umbra Oli (nel perugino). L’obbligo di valutare dettagliatamente il rischio di esplosione, preparando un apposito “Documento sulla protezione contro le esplosioni” (D.Lgs 81/08, art. 294) riguarda quindi moltissime aziende, anche di medio-piccole dimensioni; per aiutare le aziende ad attuare quanto richiesto dalle norme, mettendo in pratica le misure di prevenzione e protezione contro le esplosioni, l’Inail ha recentemente preparato una “dispensa” dal titolo “Il rischio di esplosione: misure di protezione ed implementazione delle Direttive ATEX 94/9/CE e 99/92/CE”. In questo documento vengono trattati i fenomeni, i parametri fisici ed i principi fondamentali della protezione contro le esplosioni, mettendo a disposizione informazioni la cui conoscenza è essenziale per l’applicazione dei contenuti delle norme tecniche e di legge. LA STRUTTURA DEL DOCUMENTO INAIL Il documento ha una struttura molto compatta: escludendo indice e bibliografia, le pagine di testo sono circa 70. I 6 capitoli trattano: le nozioni generali sulle miscele a rischio di esplosione e sulle atmosfere potenzialmente esplosive; la direttiva 94/9/CE - la direttiva 99/92/CE, i sistemi Hi-Tech Ambiente 47 di protezione contro le esplosioni; la caratterizzazione qualitativa e quantitativa delle sorgenti di emissione (di sostanze atte a provocare esplosioni); i criteri di valutazione della protezione dalle esplosioni (metodologia per la valutazione del rischio). L’ultimo capitolo è quello più interessante dal punto di vista “operativo”, in quanto descrive dettagliatamente i diversi passaggi necessari per una corretta valutazione del rischio da esplosione, suggerendo inoltre le misure tecniche e organizzative necessarie per mantenere questo rischio sotto controllo. Pur volendo riassumere le prescrizioni principali, va sottolineaContinua a pag. 48 SICUREZZA Continua da pag. 47 I rischi di esplosione to che la determinazione del rischio da esplosione può essere molto complessa e quindi richiede l’uso di formule e algoritmi che non possono ovviamente essere riassunti in modo semplificato. IL FATTORE “PROBABILITA’” È noto che l’entità del rischio è definibile come prodotto tra la probabilità che si verifichi un determinato evento (un’esplosione) e l’entità del danno che da questo evento può derivare. Il primo passo è quindi la stima (il più possibile quantitativa) del fattore probabilità; tale stima risulta di solito complessa, in quanto deve tener conto di una serie di diversi parametri (sostanze e materiali utilizzati nel processo, livello di manutenzione di attrezzature e impianti, presenza di sistemi di prevenzione e protezione). Le sorgenti di emissione Il primo passo è l’individuazione delle possibili “sorgenti di emissione”; occorre cioè fare un “inventario” di tutte le sostanze combustibili che sono presenti all’interno del sito, perché immagazzinate, utilizzate o prodotte nei processi che vi si svolgono (sia intenzionalmente che come intermedi o sottoprodotti). Tra tutte le sostanze combustibili dovremo poi selezionare quelle che sono in grado di formare una atmosfera esplosiva; ciò può essere fatto prendendo in esame le caratteristiche rilevanti ai fini della formazione di atmosfere esplosive, e cioè: - per liquidi, vapori e gas: temperatura di ebollizione, di infiammabilità e di autoaccensione; tensione di vapore alla temperatura di stoccaggio e di processo; limite inferiore di esplosività in aria (LEL), espresso in % vol. - per le polveri: temperatura di accensione dello strato di spessore 5 mm e della nube, grandezza media delle particelle, energia minima di accensione (MIE), classe di combustibilità (secondo la classificazione BZ), classe di esplosione (St) o indice (K). Queste informazioni possono essere ricavate dalle schede di sicurezza, o richieste direttamene al fornitore. Come criterio di selezione, per i liquidi è particolar- mente importante la temperatura di infiammabilità (flash point), che indica la temperatura al di sopra della quale un liquido libera in aria una quantità di vapori in grado di formare una miscela infiammabile; per i gas (in cui la temperatura di infiammabilità è inferiore alla temperatura ambiente) è rilevante la temperatura di accensione, cioè la minima temperatura che deve avere una superficie calda per provocare l’accensione del gas. Per le polveri, è soprattutto importante la granulometria, cioè le dimensioni delle particelle (le particelle con diametro maggiore di 0,5 mm non sono pericolose); altre grandezze utili come criterio di selezione sono la classe di combustibilità “BZ” (le classi BZ1, BZ2, BZ3 non sono pericolose nelle normali condizioni di lavorazioni industriali) e la Classe di esplosione (per St >0 si può verificare una esplosione da mo- derata a severa). La classificazione delle aree Una volta compilato l’elenco delle sostanze che possono formare atmosfere esplosive, è necessario identificare le aree dello stabilimento in cui queste sostanze sono (o possono essere) presenti e definire se la presenza di queste sostanze è continua, saltuaria o eccezionale. In base a quanto sopra, e tenendo anche conto della presenza e dell’efficacia di sistemi di ventilazione interna, è possibile classificare le aree secondo quanto previsto nell’All. XLIX al D.Lgs 81/08: sono previsti 3 livelli per gas, vapori e nebbie (da 0, che indica la situazione peggiore, fino a 2, che indica una presenza di atmosfere esplosive improbabile o comunque di breve durata). Per le polveri sono analogamente presenti 3 livelli, indicati da numeri da 20 (situazione peggiore) a 22 (possibile presenza di nubi di polveri combustibili improbabile o comunque di breve durata). A questi 3 livelli se ne può aggiungere un quarto, corrispondente a una situazione di “Area non pericolosa”. In caso di contemporanea presenza di più sostanze, si prende in esame quella che porta alla classificazione peggiore. A ciascun livello di classificazione viene poi attribuito un punteggio, variabile da 4 (zone 0 e 20, cioè presenza permanente o di lunga durata di una atmosfera esplosiva) a 1 (zone non pericolose, dove la formazione di atmosfere esplosive si ritiene quasi impossibile). Le probabilità di innesco Il verificarsi di una esplosione richiede la concomitanza di 3 condizioni: la presenza di una sostanza combustile nell’aria, in concentrazioni comprese nell’intervallo di esplosività (cioè superiori al valore minimo LEL ma inferiori al valore massimo UEL); la presenza di ossigeno, come normale componente dell’atmosfera, o in concentrazioni superiori (come nelle camere iperbariche); la presenza di una sorgente di innesco, cioè di una quantità di energia sufficiente al mantenimento autonomo della combustione . Analogamente a quanto già visto per i livelli di rischio della formazione di atmosfere esplosive, si possono definire 4 livelli di probabilità di innesco: da 4 (sorgenti di innesco presenti in maniera frequente) a 1 (sorgenti di innesco assenti o non efficaci). La probabilità di innesco può essere diminuita conducendo il processo in atmosfera di gas inerte (azoto o CO2). Avendo determinato numericamente, con valori interi da 1 a 4, sia la pericolosità delle aree che la probabilità di innesco, potremo definire la probabilità del verificarsi di una esplosione con un numero risultante da una apposita matrice, nella quale il livello massimo di probabilità ha valore 4, ed il valore minimo risulta 1. IL FATTORE “DANNO” Il danno può anch’esso essere definito qualitativamente in una scala da 1 (danni lievi o comunque reversibili) a 4 (infortunio con esiti letali o di invalidità permanente). Per una stima il più possibile quantitativa è necessario prendere in esame le diverse Hi-Tech Ambiente 48 SICUREZZA aree e la loro classificazione e, successivamente, considerare diversi altri fattori, e in particolare: la presenza di lavoratori nell’area considerata; l’indice di esplosione delle sostanze presenti (in caso di più sostanze, si considera quella con il valore più alto); il volume dell’atmosfera potenzialmente esplosiva; il tipo di confinamento, e cioè se intorno all’area dove si produce un’atmosfera esplosiva vi sono o meno impianti e strutture che ostacolano lo sfogo dell’esplosione. In questo fattore rientra la presenza (o meno) di dispositivi per lo scarico delle esplosioni, come pannelli o dischi a rottura prestabilita. A ciascuno di questi fattori il procedimento adottato dal Manuale Inail attribuisce un valore numerico crescente con il livello di pericolosità; facendo la somma di questi valori si arriva ad un numero, compreso tra 1 e 4, che definisce l’entità del danno. VALUTAZIONE FINALE E MISURE NECESSARIE Come già accennato, il rischio (per ciascuna delle aree definire in base ai criteri già esposti, e descritti in maggior dettaglio nell’All. XLIX al D.Lgs 81/08) è dato dal prodotto (R) del numero che esprime il fattore probabilità (P), per il numero che esprime il fattore danno (D). Poiché i due fattori variano da 1 a 4, il loro prodotto sarà un numero variabile da 1 a 16; il livello di rischio viene così classificato: rischio trascurabile, per R compreso tra 1 e 2; rischio basso, per R compreso tra 2 e 4; rischio medio, per R compreso tra 4 e 9; rischio alto, per R compreso tra 9 e 16. Se il rischio è trascurabile, non sono necessarie misure particolari, salvo le misure generali di tutela previste all’art. 15 del D.Lgs 81/08 (in particolare, la riduzione dei rischi al minimo possibile ed il costante miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza). Se Hi-Tech Ambiente 49 il rischio risulta basso, occorre assicurarsi che la formazione dei lavoratori sia adeguata, e iniziare una revisione delle procedure dei processi e delle attrezzature, allo scopo di identificare le possibili aree di miglioramento. I relativi interventi di adeguamento possono essere programmati nel tempo, senza particolari vincoli di urgenza. Se il rischio risulta medio o alto, è necessario un riesame immediato delle misure di prevenzione e protezione adottate, facendo in particolare riferimento alle “Prescrizioni minime” riportate nell’All. L al D.Lgs 81/08. Le misure da adottare dipendono dall’entità dei due fattori (probabilità e danno). Se il contributo maggiore è dato dal fattore probabilità, sarà necessario ad esempio migliorare i sistemi di ventilazione, oppure svolgere il processo sotto gas inerte; mentre, se il contributo maggiore è dato dal fattore danno, sarà necessario adottare misure tecniche di protezione, come sistemi di soppressione, di isolamento o di scarico, oppure uso di apparecchiature resistenti alle esplosioni. SICUREZZA LE TUTE PROTETTIVE DI DUPONT La differenza con Tychem Per minimizzare i rischi per gli operatori, gli indumenti contro gli agenti chimici aggressivi devono avere caratteristiche eccezionali Sebbene la tuta di protezione chimica non dovrebbe fungere da alternativa per ridurre o eliminare un pericolo di esposizione chimica, in molti casi vi è poca o nessuna scelta oppure è una precauzione obbligatoria. Il grande numero di processi industriali e di operazioni di pulizia rende impossibile garantire la salvaguardia dei lavoratori contro un’esposizione accidentale alle sostanze chimiche. In altre situazioni, come nel caso del versamento accidentale di prodotti o di lavori di bonifica, c’è sempre la necessità di una protezione continua contro tutti i rischi conosciuti, prevedibili e possibili. L’IMPORTANZA DI UNA SCELTA CORRETTA Sono disponibili vari tessuti barriera ad alte prestazioni e hanno dimostrato di fornire buoni livelli di protezione quando utilizzati per le tute di protezione chimica. Tuttavia, non tutti gli indumenti protettivi sono uguali e alcuni di questi tessuti sono più efficaci di altri contro i diversi tipi di sostanze chimiche e di concentrazioni delle stesse. Pertanto, risulta assolutamente necessario ottenere dal produttore dell’indumento le linee guida e i dati sulle prestazioni. I diversi tessuti hanno differenti capacità protettive, e occorre inoltre ricordare che nessun capo di abbigliamento, nessun tessuto o pellicola può fornire una protezione assoluta e infinita contro l’insieme dei rischi chimici, in tutte le situazioni. La selezione del dispositivo di protezione individuale (DPI) appropriato è quindi un compito complesso e serio. IL BILANCIAMENTO Nella maggior parte dei casi occorre bilanciare il comfort e la protezione per fornire un DPI adeguato Tychem 4000S di DuPont contro i rischi chimici. Questo argomento richiede un’attenzione particolare ai dettagli. L’obiettivo deve sempre essere quello di fornire la migliore protezione possibile assicurandosi al contempo che l’utilizzo di tale indumento protettivo non aggiunga ulteriori rischi. Il pericolo che i copriabiti altamente sigillanti e restrittivi contribuiscano o aggravino i rischi per gli operatori è reale e spesso sotto stimato. Pur fornendo un’efficace protezione chimica, il DPI ad alte prestazioni può contribuire a generare nuovi rischi quali lo stress fisiologico e psicologico. Per esempio, è stato dimostrato il pericolo mortale per i- pertermia (‘stress da calore’) proveniente da indumenti protettivi non ventilati. Parallelamente, l’impatto psicologico sulle persone che indossano tute da lavoro restrittive, ingombranti e perfino claustrofobiche è forse meno conosciuto ma altrettanto reale. Qualsiasi motivo possa influenzare negativamente il giudizio di un operatore in un ambiente altamente pericoloso e stressante deve essere seriamente preso in considerazione. PROTEZIONE CON COMFORT Oltre ai rischi fisici e mentali associati a DPI non confortevoli, si ve- Hi-Tech Ambiente 50 rifica la diminuzione della produttività di chi indossa la tuta, nonché una forte propensione a indossare scorrettamente l’abbigliamento protettivo. Entrambe queste valutazioni sono cruciali e devono essere prese in considerazione in fase di selezione dell’indumento. Questi fattori sottolineano l’importanza del comfort dell’utilizzatore quando viene selezionato l’abbigliamento di resistenza alle sostanze chimiche aggressive e ad altri ambienti pericolosi. Per lavori di pulizie industriali su ampia scala, fattori quali la grandezza degli spazi operativi, i luoghi spesso remoti, l’imprevedibilità intrinseca della situazione e la SICUREZZA necessità di adeguarsi alle procedure, rendono l’elevato comfort dell’operatore un punto particolarmente importante, dato che i lavoratori possono ritrovarsi confinati in una zona di rischio per lunghi periodi di tempo. PROTEZIONE E DURABILITA’ Un’altra questione importante da tenere presente per la selezione dell’abbigliamento protettivo adatto riguarda la solidità del tessuto e la durabilità. Le tute protettive devono essere robuste abbastanza da resistere alla normale usura senza diminuire il livello di protezione offerto. Anche la migliore barriera protettiva perderà qualunque efficacia se bucata, strappata o abrasa. Tuttavia, la robustezza e la durabilità sono caratteristiche del tessuto che di solito vanno a scapito del comfort e della mobilità dell’utilizzatore. Il comfort e la mobilità possono in teoria essere migliorati su alcuni tipi di tessuto riducendo lo spessore del tessuto o del rivestimento ma ciò andrebbe sicuramente a compromettere la protezione offerta e la durata di utilizzo dell’indumento, un compromesso chiaramente non accettabile. Le membrane rigide e inflessibili sono conformi alle norme tecniche e offrono buone prestazioni di barriera quando testate in laboratorio, ma possono risultare inaccettabili dal punto di vista della comodità di utilizzo e della durabilità. Per esempio, i tessuti di tipo polietilene, duri e inflessibili, non sono confortevoli, inibiscono i movimenti e tendono a deteriorarsi nel tempo. Le micro lesioni che ne risultano possono essere molto difficili da vedere e sono la causa maggiore del fallimento di questo tipo di barriera in situazioni reali. ne di una vasta gamma di solidi, liquidi e gas tossici, proteggono gli operatori dall’esposizione diretta a centinaia di sostanze chimiche potenzialmente tossiche e dannose di origini industriale, biologica, militare, medica e altre ancora. Le gamme di dispositivi di protezione individuale Tychem F e Tychem C forniscono una protezione contro numerose sostanze tossiche, agenti chimici inorganici concentrati (anche pressurizzati), particelle ultra fini, rischi biologici e agenti di guerra chimica. Tutte le varianti di questi indumenti sono provviste di caratteristiche di design innovative e di una gamma completa di accessori certificati. Soprattutto, sono progettate per essere robuste e leggere, con una vestibilità morbida, non restrittiva ed ergonomica. In alcune situazioni di esposizione a sostanze chimiche, le nuove tute Tychem 4000S possono rivelarsi una scelta appropriata. Questa particolare tuta si inserisce nella tradizione protettiva del marchio Tychem e aggiunge qualcos’altro: un comfort elevatissimo per chi lo indossa e la mobilità. Basato sul rinomato tessuto Tyvek (sempre di DuPont) che garantisce una protezione al contempo efficace e leggera, il Tyvek 800 di DuPont nuovo tessuto Tychem 4000S è considerevolmente soffice e leggero rispetto ad altri materiali basati sugli elastomeri. Con un peso medio per tuta da lavoro di 700 g, l’intrinseca flessibilità e la stabilità dimensionale di questo tessuto rivoluzionario lo rendono molto più confortevole e facile da indossare soprattutto nelle situazioni di elevato stress, che gli operatori devono sopportare quando lavorano in ambienti pericolosi. HAI BISOGNO DI AIUTO? Per selezionare gli indumenti di protezione individuale contro le sostanze chimiche industriali aggressive, è necessario tenere a mente che l’indumento protettivo è la prima linea di difesa nella gestione del contatto fisico diretto con le sostanze chimiche che possono essere altamente pericolose. Per tale motivo, è importante dedicare molta attenzione alla scelta degli indumenti protettivi migliori. Il solo fatto che un indumento abbia passato con successo uno statico test in laboratorio non significa necessariamente che esso sia appropriato per una data situazione lavorativa. Le condizioni di lavoro individuali possono variare enormemente e ogni circostanza o evento devono essere considerati con cura per permettere di valutare il rischio, la protezione, la durabilità e il comfort. Per la scelta di tute protettive (o qualsiasi altro DPI) non fidarti di un sito web o di qualche brochure. La scelta ottimale e più sicura per la protezione personale richiede capacità di giudizio, una comprensione dettagliata dei rischi e una conoscenza completa dei principi di protezione individuale, delle norme tecniche e delle prestazioni dei dispositivi. A PROTEZIONE DEL RISCHIO CHIMICO UNA CONSULENZA PROFESSIONALE Prodotto da DuPont, il portfolio di abbigliamento antinfortunistica Tychem contro le sostanze chimiche è stato sviluppato per proteggere i lavoratori da un’ampia gamma di rischi chimici in grado di fornire ottime prestazioni di protezione, comfort e durabilità. Questi tessuti sono progettati per fornire una protezione robusta anche in condizioni impegnative e tutti gli indumenti sono sottoposti a test rigorosi e indipendenti prima di essere approvati per l’uso. Testati sulla permeazio- Specialista nella protezione personale, DuPont risponde da oltre 40 anni alle esigenze di sicurezza globale con le migliori tecnologie e innovazioni. DuPont Personal Protection offre un sostegno completo per la selezione degli indumenti e la valutazione dei rischi chimici oltre che per la formazione sull’uso dell’abbigliamento protettivo. Un servizio di selezione personalizzata è disponibile per tutti i dispositivi di protezione individuale delle gamme Tyvek e Tychem. Hi-Tech Ambiente 51 TECNOLOGIE TERRENI E FALDE ACQUIFERE BONIFICA vS IDROCARBURI Nell’ambito del biorisanamento spinto in situ interessante è l’impiego del diffusore di ossigeno progettato e brevettato dall’Università canadese di Waterloo Le tecniche di biorisanamento spinto hanno dimostrato una serie di vantaggi per quanto riguarda la depurazione di siti contaminati da prodotti di origine petrolifera e idrocarburi: infatti, queste tecniche non solo sono in grado di ridurre i tempi degli interventi di bonifica, ma sono anche più semplici, meno costose e meno invasive rispetto ai metodi tradizionali. Questi ultimi, infatti, (ad esempio interventi di escavazione, oppure “pump and treat”) agiscono “ex situ” e richiedono spesso l’impiego di impianti costosi e ad elevato consumo energetico; inoltre, le tipologie di intervento tradizionali possono causare l’interruzione o il disturbo di altre attività umane, in particolare se il sito da trattare è situato in zone residenziali, commerciali o industriali. Al contrario, i trattamenti di biorisanamento spinto agiscono “in situ”, ossia stimolando le condizioni ambientali necessarie per risolvere la contaminazione sul posto, e in modo naturale. L’ossigeno è spesso il fattore determinante per lo sviluppo dei batteri in grado di degradare gli idrocarburi: quindi, incrementando l’apporto di ossigeno nel terreno o nella falda da depurare, si accelera la proliferazione dei microorganismi “indigeni” naturalmente presenti nel terreno, che effettuano il biorisanamento. durre ossigeno nelle zone contaminate: tra le più comuni da citare la bioventilazione, l’insufflazione d’aria e di ossigeno gassoso in forma di microbolle, il rilascio di composti ossigenati, l’infiltrazione di acqua ossigenata e l’iniezione di ossigeno puro o di ozono. Recentemente è stato proposto il rilascio dell’ossigeno mediante diffusione: questa tecnica consiste nell’impiego di tubazioni polimeriche pressurizzate, che rilasciano uniformemente ossigeno disciolto nelle falde acquifere. Rispetto alle altre tecniche per il rilascio di ossigeno, la diffusione ha il vantaggio di fornire ai microorganismi molecole di ossigeno immediatamente utilizzabili, evitando le dispersioni di ossigeno (che invece si verificano con l’insufflazione in bolle); inoltre, si evita le produzione di fanghi, residui chimici e altri sottoprodotti, e anche il consumo di energia elettrica è praticamente nullo; infine, il rilascio diffuso di ossigeno è efficace ad ogni profondità. LA DIFFUSIONE ATTRAVERSO TUBI IN PLASTICA L’Università canadese di Waterloo ha progettato e brevettato un diffusore di ossigeno, attualmente prodotto dalla ditta canadese Solinst Canada. Esso consiste in una struttura cilindrica in PvC della lunghezza di 130 cm, attorno alla quale sono LE DIVERSE TECNICHE DISPONIBILI Esistono varie tecniche per intro- Continua a pag. 54 Hi-Tech Ambiente 52 TECNOLOGIE Continua da pag. 52 preservazione e lo sviluppo della popolazione microbica naturalmente presente all’interno del terreno. Bonifica Vs idrocarburi avvolti tubi di silicone o di LDPE (polietilene a bassa densità) di 60 mm di diametro. I tubi sono collegati con un serbatoio di aria pressurizzata o di ossigeno puro. Questi diffusori di ossigeno sono posizionati a una profondità variabile da 5 a 15 cm entro il terreno da bonificare oppure immersi nella falda acquifera; questa è la posizione ottimale, perchè la struttura di diffusori consente all’acqua di fluire attraverso e intorno l’impianto di ossigenazione, assicurando un buon contatto con le tubazioni. L’emissione di ossigeno si basa sulla legge della diffusione di Ficks, secondo la quale il movimento di una sostanza attraverso una membrana polimerica avviene da un’area ad alta concentrazione verso un’area a bassa concentrazione, ad una velocità che dipende dalla differenza delle concentrazioni, dalla pressione e dal coefficiente di permeabilità del materiale polimerico. Quando l’ossigeno viene introdotto nel diffusore, che è a contatto con la falda, si crea un gradiente di concentrazione tra l’interno della tubazione e la falda stessa, che spinge l’ossigeno molecolare attraverso la tubazione in modo controllato, facendolo entrare immediatamente in contatto con la falda acquifera da depurare. Dato che il tubo entro cui entra l’ossigeno è chiuso al fondo, e il flusso avviene unicamente per diffusione, il consumo di energia è minimo. Poichè l’acqua di falda fluisce in modo continuo intorno al diffusore, il flusso di ossigeno viene mantenuto costante, senza mai raggiungere un punto di equilibrio. Questo comporta una diffusione stabile e omogenea dell’ossigeno all’interno della falda, senza alcun decremento della concentrazione e senza che ci sia pericolo di sovradosaggi: ciò costituisce una condizione necessaria per la REPERTORIO dell’Ambiente il “chi fa cosa” delle ecotecnologie www.hitechambiente.com UN ESEMPIO CONCRETO IL PROGETTO AQUASENSE L’acqua è pura? L'acquafotomica è una disciplina relativamente nuova che sfrutta l'interazione tra luce e acqua per fornire un'analisi dell'acqua rapida e completa. Il progetto Aquasense, finanziato dall'UE, ha accostato l'acquafotomica a tecniche di imaging nel vicino infrarosso per creare un sistema di rilevamento multi-contaminante in tempo reale che consente un rapido monitoraggio e l’analisi dell'acqua. Dopo un training completo sul monitoraggio della qualità dell'acqua e altre tecniche correlate, sono stati selezionati diversi contaminanti comuni ai fini del test. Le misurazioni di riferimento sono state eseguite per diversi tipi di acqua ed a diverse temperature, così da stabilire la variazione nell'acqua pura. La temperatura e l'umidità sono state identificate come fattori confondenti che richiedono di essere caratterizzati e quindi corretti. I ricercatori hanno inoltre sviluppato algoritmi che consentirebbero l'identificazione di con- taminanti specifici successivamente testati rispetto a contaminanti noti in varie condizioni. Gli scienziati, per di più, hanno scoperto che le concentrazioni di contaminanti nell'acqua potabile erano troppo basse per poter essere rilevate con questo nuovo sistema, ma potrebbero essere efficaci per lo screening delle acqua reflue. La competenza e le informazioni tecniche acquisite durante il progetto hanno gettato le basi per future ricerche in questo campo. Hi-Tech Ambiente 54 Come esempio dell’efficacia di questa tecnologia, può essere citato il caso della contaminazione di una falda acquifera avvenuto in Canada, e causata da perdite nei serbatoi di una stazione di rifornimento carburanti. Il livello di questa falda varia da 3 a 13 metri nel corso dell’anno, e le analisi geochimiche indicavano una concentrazione limitata di ossigeno; la falda era posizionata nei pressi di un centro commerciale, interessato da un ampio flusso di persone, e quindi si rendeva necessaria l’adozione di una soluzione che fosse in grado di ridurre al minimo il disagio per il traffico e le attività commerciali. Nell’estate del 2009, la compagnia incaricata per la bonifica del sito ha installato 58 diffusori, distribuiti in 29 pozzi (posti a circa due metri l’uno dall’altro, perpendicolarmente alla falda), e due impianti in ciascun pozzo; in questo modo è stata creata una barriera permeabile reattiva in grado di depurare l’acqua presente nella falda acquifera nel momento in cui essa passa attraverso la barriera. Sono stati impiegati diffusori del diametro di 10 cm, alcuni dei quali in LDPE; mentre, nelle aree di maggior flusso idrico sono state adottate tubazioni rivestite con silicone, al fine di rilasciare una maggiore quantità di ossigeno. I risultati ottenuti presso il sito canadese sono stati estremamente positivi: il sistema è stato concepito per trattare contaminazioni da idrocarburi fino a 5.000 µg/l, ma ha mostrato capacità di depurazione 3 volte superiori; le acque trattate hanno mostrato concentrazioni inferiori a 1 µg/l di idrocarburi aromatici (BTEX) e meno di 145 µg/l di altri idrocarburi, e dopo tre anni il sistema di depurazione continua a funzionare efficacemente, senza incremento di costi. In altri progetti, i diffusori di ossigeno sono stati utilizzati per completare la bonifica di un sito dopo un trattamento primario di estrazione dei vapori, oppure combinati ad altre tecnologie di depurazione. TECNOLOGIE COME VALORIZZARE LA GLICERINA Il progetto Glyfinery Quattro i prodotti più promettenti sia dal punto di vista economico che del minore impatto ambientale Attualmente, la produzione europea di biodiesel è intorno a 8 milioni di ton/anno; per ogni tonnellata di biodiesel si producono 100 kg di glicerina, per cui la produzione di glicerina come sottoprodotto del biodiesel è intorno a 800.000 ton/anno. Nonostante vi siano molteplici usi per la glicerina (sono stati identificati oltre 2.000 diversi impieghi), il mercato della glicerina è attualmente saturo; e la situazione è destinata a peggiorare, considerando che l’Unione Europea punta a sostituire i carburanti derivati dal petrolio (tra i quali il gasolio è il principale, con un consumo in Europa intorno a 200 milioni di ton/anno) con i biocarburanti. Il prezzo della glicerina si è ormai ridotto a livelli tali che molti produttori di biodiesel preferiscono venderla come combustibile, nonostante il suo scarso potere calorifico; utilizzi di questo tipo comportano una penalizzazione economica di 100-150 euro/ton, che si aggiungono ai costi di produzione del biodiesel. Per uscire da questa situazione in modo che sia economicamente ed ambientalmente valido, l’UE ha lanciato il progetto Glyfinery, coordinato dall’Università Tecnica della Danimarca, con la partecipazione di varie industrie e centri di ricerca del Nord Europa. I prodotti selezionati: etanolo, butanolo, propandiolo 1,3 (PDO), biogas/biometano I 4 PRODOTTI PIU’ PROMETTENTI Nella prima fase del progetto sono stati identificati quattro prodotti, selezionati come quelli più promettenti dal punto di vista economico e con impatto ambientale più favorevole. Tali prodotti sono: etanolo, butanolo, propandiolo 1,3 (PDO), biogas/biometano. Tutti questi impieghi (a parte l’ultimo) richiedono che la glicerina venga purificata: in uscita dagli impianti di produzione di biodiesel la glicerina contiene il 20% di materiali estranei, la cui composizione varia secondo il processo di produzione di biodiesel. Sono presenti saponi, cloruri e citrati, oltre ad esteri di acidi organici e derivati dal propandiolo, e metanolo derivante dalla reazione di transesterificazione. Se come materia prima si usa olio di frittura sono presenti anche aldeidi e acidi organici. L’obiettivo della purificazione è una purezza del 99,5%, grazie alla quale è possibile accedere ad usi a maggior valore aggiunto, che possono spuntare un prezzo intorno a 300 euro/ton, mentre la glicerina grezza e quotata a circa 100 euro/ton. In pratica, l’unico utilizzo della glicerina grezza è la combustione, che è però penalizzato dal modesto potere calorifico e dalla necessità di abbattere le sostanze nocive (soprattutto l’acroleina) che si formano durante la combustione. LA PRODUZIONE DI ETANOLO La maggior parte dell’etanolo viene Hi-Tech Ambiente 55 prodotto per fermentazione di prodotti agricoli, che sono da considerare risorse rinnovabili. In Europa si producono circa 2,2 milioni di ton/anno di etanolo, il 70% del quale è utilizzato come biocarburante. La glicerina può esser trasformata in etanolo mediante fermentazione, con una resa di circa il 35%; teoricamente, in Europa si potrebbero ottenere 280.000 ton/anno di bioetanolo, corrispondenti a circa il 13% della produzione europea. La maggior parte dei processi attualmente utilizzati presenta lo svantaggio di richiedere ceppi batterici puri (in qualche caso geneticamente modificati), che sono molto costosi e devono essere protetti dalla “concorrenza” degli altri batteri; questo comporta la necessità di operare in condizioni praticamente asettiche, con notevole incremento di costi. Particolarmente interessante risulta quindi un brevetto, recentemente depositato dall’Enea, relativo ad un processo di trasformazione della glicerina grezza in idrogeno ed etanolo, con rese di conversone della glicerina di oltre il 98%. Dal punto di vista ambientale, occorre considerare due elementi: l’impatto del trasporto e la formazione di sottoprodotti. L’impatto del dell La glicerina grezza deve essere infatti trasportata agli stabilimenti per la produzione del bioetanolo, dove verrà prima depurata e successivamente fatta fermentare. In base al numero ed alla localizzazione geografica degli stabilimenti di produzione del bioetanolo rispetto a quelli di produzione del biodiesel, è stata calcolata una distanza media di 300 km. Quanto alla formazione di sottoprodotti durante la fermentazione, secondo i processi ed i ceppi batterici utilizzati, si forma CO2 (che viene emessa in atmosfera, dove contriContinua a pag. 56 TECNOLOGIE Continua da pag. 55 Il progetto Glyfinery buisce all’effetto serra), idrogeno (che può essere valorizzato energeticamente, da solo o come componete di biogas) e prodotti organici come l’acido formico. Esiste la possibilità di separare e commercializzare alcuni dei sottoprodotti, se le condizioni di mercato sono favorevoli; ma in genere l’opzione economicamente più favorevole è sottoporre i residui di fermentazione a digestione aneaerobica, con produzione di biogas (utilizzabile per usi energetici all’interno dell’impianto) e di digestato solido, utilizzabile come fertilizzante. LA PRODUZIONE DI BUTANOLO Il butanolo (alcool butilico) è utilizzato come solvente e come materia prima per la produzione di metiletilchetone (MEK), materie plastiche e fibre sintetiche. A differenza dell’etanolo, ad oggi il butanolo è prodotto in prevalenza per via petrolchimica; tuttavia, molti microorganismi del genere Clostridium possono fermentare il glucosio producendo butanolo, che in questo caso viene chiamato biobutanolo e può essere usato come componente di biocarburanti, con alcuni vantaggi rispetto al bioetanolo (maggior potere calorifico, minore assorbimento di acqua, migliore miscelazione con gli idrocarburi, minore corrosività). E’ possibile trasformare la glicerina in biobutanolo, ma la resa è modesta (intorno al 20%); inoltre, i processi di fermentazione tradizionali sono piuttosto costosi e richiedono l’uso di solventi, che devono essere separati per non ridurre l’attività microbica, mediante passaggi di distillazione associati ad alti consumi energetici. Recentemente, un giovane ricercatore dell’Università dell’Alabama (Usa) ha scoperto un ceppo di Clostridium pasteurianum in grado di convertire la glicerina in biobutanolo con rese del 30-35%, producendo anche sottoprodotti facilmente utilizzabili (etanolo, propandiolo, acido acetico, acido butirrico). Il processo può essere condotto in modo continuo rimuovendo il butanolo man mano che si forma, grazie ad una colonna di strippaggio sotto azoto. Una via chimica per convertire la glicerina in butanolo utilizzando catalizzatori innovativi è invece allo studio preso l’Università finlandese di Oulu. Le problematiche relative al trasporto ed ai sottoprodotti sono analoghe a quelle già viste per il bioetanolo; va però rilevato che è possibile orientare il processo di fermentazione in modo da ottenere una notevole quantità di propandiolo 1,3, che potrebbe aumentare la redditività dell’impianto. LA PRODUZIONE DI PROPANDIOLO Il propandiolo 1,3 (PDO) è un composto con struttura chimica simile a quella della glicerina, in quanto ha 3 atomi di carbonio e due gruppi –OH (invece dei 3 della glicerina); viene usato per la produzione di fibre poliesteri (PTT) analoghe al PET ma con migliori caratteristiche. Fino al 2006 il PDO veniva esclusivamente prodotto per via petrolchimica; nel 2006 la DuPont ha iniziato una produzione per via biologica, partendo dall’amido di mais. In entrambi i casi, i costi di produzione sono elevati e si riflet- tono sul prezzo finale, limitando l’utilizzo del PDO; tuttavia, se fosse disponibile un processo meno costoso, il mercato delle fibre PTT potrebbe facilmente espandersi al punto da assorbire tutta la produzione di glicerina. La trasformazione della glicerina in PDO ha una discreta resa (oltre il 50%), il che consente di ridurre la distanza media per il trasporto della glicerina grezza a circa 200 km; i sottoprodotti della reazione (acido butirrico, esteri dell’acido acetico, etanolo) possono essere utilizzati per produrre biogas, ma anche valorizzati separatamente, in alcuni casi sostituendo i corrispondenti prodotti ottenuti per via petrolchimica. Come per la produzione di butanolo, il processo di produzione del PDO è piuttosto complicato, e ri- chiede l’utilizzo di solventi ed il loro recupero per distillazione; inoltre, il PDO richiede uno stadio finale di purificazione mediante estrazione liquido/liquido in continuo. Nel corso del progetto Glyfinery è stato messo a punto un processo di produzione del PDO che parte dalla glicerina grezza e utilizza due fermentatori contenenti un ceppo non genericamente modificato di Clostridium butyricum; la fermentazione richiede da 14 a 20 giorni e la resa finale è del 56%. Utilizzando questo processo si ha un recupero dell’energia contenuta nella materia prima (glicerina grezza) di oltre il 90%; questo valore è nettamente superiore rispetto alla conversione della glicerina in butanolo (72%) o in etanolo (54%). LA PRODUZIONE DI BIOGAS/BIOMETANO La trasformazione della glicerina grezza in biogas non richiede pas- saggi di purificazione e può essere facilmente realizzata aggiungendo circa il 6% di glicerina ad altri substrati, come escrementi di allevamento e biomasse vegetali. L’aggiunta di glicerina migliora la resa energetica; non è però consigliabile l’uso di glicerina al 100%, a causa di difficoltà di processo dovute all’essenza di nutrimenti minerali. Grazie alla diffusione degli impianti per la produzione di biogas, la distanza media di trasporto supera di poco i 30 km ed in alcune aree è molto ridotta (5 km o poco più). ASPETTI AMBIENTALI La valutazione condotta con la metodologia LCA indica che, ove possibile, l’opzione più favorevole dal punto di vista ambientale è l’utilizzo della glicerina (“tal quale” o do- Hi-Tech Ambiente 56 po purificazione), in prodotti farmaceutici o cosmetici. Qualora ciò non risulti economicamente conveniente, un’analisi più approfondita dei vari aspetti ambientali suggerisce che: - dal punto di vista dell’effetto serra e delle risorse energetiche, le opzioni migliori sono la produzione di PDO e quella di butanolo, perché l’utilizzo della glicerina consente di evitare il ricorso a fonti fossili. Per lo stesso motivo, la combustione diretta della glicerina non risulta negativa dal punto di vista ambientale, purchè sostituisca combustibili fossili. La trasformazione in etanolo risulta penalizzata dal lato energetico, in quanto per ottenere l’etanolo è necessario distillare l’intero brodo di fermentazione; questa trasformazione potrebbe avere elementi positivi dal punto di vista ambientale solo se si ipotizza che in tal modo si liberi terreno coltivabile utilizzabile per scopi alimentari - la trasformazione della glicerina in PDO presenta vantaggi ambientali anche se la si confronta con la produzione del PDO a partire da fonti rinnovabili (amido di mais), perché vengono evitati gli impatti sulle emissioni in atmosfera e sull’eutrofizzazione connessi con l’attività agricola - la purificazione del biogas in biometano (da immettere nella rete di distribuzione del gas naturale) non risulta di solito vantaggiosa dal punto di vista energetico: è più conveniente l’utilizzo diretto del biogas nello stesso impianto di produzione del biodiesel - altri aspetti ambientali (impatto sull’ozono, smog fotochimico) sono pressochè equivalenti nei vari casi esaminati. ASPETTI ECONOMICI La trasformazione della glicerina in PDO è attualmente il processo più redditizio, anche se esistono elementi di incertezza legati allo sviluppo del mercato delle fibre PTT ed al comportamento dei due attuali leader del settore (DuPont e Tate&Lyle). La trasformazione in butanolo è invece il processo che presenta i minori rischi di investimento, considerando che il mercato del butanolo è stabile ed in crescita; per di più, la possibilità di ottenere, oltre al butanolo, anche discrete quantità di PDO, fornisce un elemento di manovra per contrastare le fluttuazioni di mercato ed eventualmente aumentare la redditività. SMART&GREEN TEcNoloGiE, pRodoTTi E SERvizi pER lo Sviluppo SoSTENibilE E iNTElliGENTE di ciTTA’ E iNduSTRiE PER CITTA’ E REGIONI Smarter Cities Challenge Il programma IBM per aiutare centri urbani e governi locali a migliorare i propri servizi grazie ad una consulenza gratuita IBM ha esteso al 2014 il programma Smarter Cities Challenge, un concorso dedicato alle città di tutto il mondo che consiste nell’intervento dei migliori talenti di IBM per svolgere gratuitamente attività di consulenza. Per quest’anno IBM ha incoraggiato anche gli enti amministrativi regionali, e non solo le città, a presentare la propria candidatura. Il progetto prevede che i team IBM trascorrano tre settimane nella regione o città selezionata, raccogliendo e analizzando tutti i dati disponibili, incontrando decine di membri della pubblica amministrazione, cittadini, imprese e rappresentanti del terzo settore. In questo modo acquisiscono punti di vista eterogenei sulle cause e sulle potenziali soluzioni relative alla sfida da affrontare. Al termine dell’intervento, IBM presenta una serie di raccomandazioni complete per la soluzione del problema seguito e, ad alcune settimane di distanza, un piano di implementazione più dettagliato. Il piano comprende anche esempi di come altre città sono riuscite ad affrontare problematiche simili. Alcuni dei precedenti beneficiari del programma sono, ad esempio: Townsville, in Australia, che ha conseguito il prestigioso National Smart Infrastructure Award per il progetto pilota IBM-Townsville Smart Water Pilot, attualmente in corso, per ridurre i consumi idrici; e Tshwane, in Sudafrica, che ha lanciato un progetto attraverso il quale i cittadini possono segnalare le perdite di acqua via SMS. I dati saranno utilizzati per mappare la rete di distribuzione idrica. Smarter Cities Challenge è un programma competitivo: le città selezionate sono state solo 100 su 400 candidate negli ultimi anni. Le candidature devono proporre progetti pensati per affrontare problemi ad alta priorità, d’importanza critica per i cittadini. La città o regione deve essere in grado di condividere informazioni dettagliate, per aiutare il team IBM ad analizzare il problema. Devono inoltre essere garantiti incontri tra gli stakeholder municipali, regionali, civici e aziendali e i membri dei team IBM, in modo da poter valutare il problema a 360 gradi e poter analizzare le soluzioni. IBM invia i suoi esperti provenienti da tutto il mondo, con competenze nelle aree di marketing, comunicazione, tecnologia, ricerca e sviluppo, pubblica amministrazione, risorse umane, finanza, business, affari legali e conoscenze in settori specifici, quali trasporti, energia e sanità. <<Un’erogazione efficace dei servizi nelle città richiede la collaborazione di un gran numero di stakeholder - spiega Stanley S. Litow, IBM vice president di Corporate Citizenship & Corporate Affairs e president dell’IBM International Foundation. Uno degli obiettivi del programma IBM Smarter Cities Challenge è aiutare i responsabili municipali a raccogliere i dati e a organizzare una community intorno a una serie condivisa di fatti. In questo modo, nonostante i vincoli di budget così diffusi, è possibile compiere progressi concreti>>. gli strumenti per uno sviluppo sostenibile possono avere nella vita quotidiana, integrandosi organicamente agli stili di vita tradizionali e alla cultura locale; - individuare quali siano i fattori abilitanti per l'empowerment e la partecipazione sociale, fondendo motivi tradizionali di insediamento con nuove pratiche; - fornire un quadro delle politiche attuate in altre città (best practices); - redigere un Bollettino quadrimestrale che informi gli organi competenti di Roma Capitale sulle possibilità di partecipazione a bandi mondiali, europei e nazionali in materia di smart city; - redigere una relazione informativo-descrittiva annuale, da proporre a Roma Capitale per mettere in luce le migliori politiche di smart city attuate in altre realtà urbane mondiali, per la riproposizione eventuale, nel contesto della città di Roma, di tali pratiche, con una bibliografia che integri, da un punto di vista scientifico, le informazioni prodotte. Smart City: un Osservatorio per Roma La Società Geografica Italiana, insieme a Roma Capitale e Zètema, ha istituito un Osservatorio sulle Smart Cities, i cui obiettivi sono: - studiare i fattori e i modelli urbani di “smart cities” e società dell'informazione (con le annesse infrastrutture, servizi e contenuti); - mettere in luce gli aspetti che contribuiscono a rendere una città smart e individuare in quali modalità, e secondo quali possibilità concrete, possano essere attivati tali meccanismi; - produrre nuove conoscenze sul ruolo che le nuove tecnologie e Hi-Tech Ambiente 57 SMART & GREEN PER DIVENTARE SOSTENIBILI Smart City-Smart Life Un progetto per Comuni che vogliono mettere in atto una riqualificazione energetica ed adottare energie rinnovabili Il 41% dei Comuni italiani (su un totale di 8.092) ha approvato il Piano energetico comunale (dati Istat), ma solo il 27% ha aderito al Patto dei Sindaci, il programma della Commissione Europea per sostenere gli Enti Locali nell’attuazione di politiche di riduzione delle emissioni di CO2, nella realizzazione di misure di efficienza energetica e nella produzione di energia da fonte rinnovabile. E tra questi, solo il 17% ha presentato progetti per la riduzione delle emissioni. A frenare l’impegno sul fronte dell’eco-sostenibilità urbana sono soprattutto la mancanza di fondi per realizzare gli studi preliminari (audit energetici) ai piani di azione e le installazioni, ma anche una scarsa comunicazione con i cittadini. Il consumo medio pro-capite di energia elettrica in ambito comunale si aggira intorno ai 1.200 kWh annui, con picchi rappresentati dal Comune di Olbia (1.676 kWh), Cagliari (1.583 kWh) e Roma (1.459 kWh). E la sola Pubblica Amministrazione, nel 2011, ha consumato 4.701,3 milioni di kWh (dati Terna), con un aumento del 2% rispetto all’anno precedente. Lo spreco di energia è soprattutto a carico del settore residenziale (48%), seguito da quello industriale con il 42% e dai trasporti con il 10% (dati Confindustria). E’ questo il contesto in cui parte il progetto Smart City-Smart Life di Officinae verdi, la Energy Environment Company UniCredit – WWF, pensato per i Comuni che vogliono investire su un nuovo modello di innovazione sostenibile improntato alla generazione distribuita di energia e alla riduzione degli sprechi. Una proposta concreta per gli Enti Locali per realizzare, ove sostenibili, interventi di riqualificazione energetica del Comune: illuminazione pubblica ad alta efficienza, impianti fotovoltaici sugli edifici pubblici, centrali termiche, cogenerazione, piattaforme a biomassa per generare elettricità e calore e valorizzare gli scarti boschivi. Grazie ad analisi e audit energetici preliminari, Officinae verdi ve- rifica la sostenibilità del Piano d’azione per l’energia sostenibile (PAES) comunale, consentendo così di attivare finanziamenti per lo sviluppo di rinnovabili ed efficien- Hi-Tech Ambiente 58 za energetica. <<Imprese, enti pubblici e famiglie – dichiara Giovanni Tordi AD Officinae verdi – possono autoprodurre energia pulita e risparmiare sensibilmente sulla bolletta energetica, anche il 50-60%, abbattendo contemporaneamente anche le emissioni di CO2. Officinae verdi è il primo operatore in Italia che sta tracciando una road map per la “grid parity” su diverse tecnologie; stiamo cioè sviluppando soluzioni tecnologiche green che, favorendo un elevato autoconsumo di energia, si sostengono economicamente anche senza incentivi pubblici. La nostra visione è far avvicinare famiglie, imprese e Comuni all’energia pulita, abilitando investimenti con tempi di ritorno sempre più brevi, che la finanza può supportare. Le prime soluzioni in grid parity sono già in fase di realizzazione e consentiranno a famiglie e imprese di mettersi al riparo dai costanti aumenti dell’energia>>. Il progetto prevede inoltre la possibilità, per i Comuni che lo ritengano utile, di attivare uno Sportello Energia verde per fare comunicazione con i cittadini e colmare il gap di informazione che spesso rappresenta un elemento scatenante di quella crescente sindrome Nimby che investe anche le installazioni ad energia rinnovabile, promuovendo e facilitando la produzione di energia pulita e interventi per ridurre la spesa energetica di famiglie e imprese. SMART & GREEN sprimere al meglio il loro potenziale se vengono sviluppate secondo architetture codificate in cui ogni funzione e componente trova la sua collocazione precisa in un’organizzazione ordinata. CHE BENEFICI PER LE IMPRESE? ECCELLENZE ITALIANE L’industria in rete Un sistema di operatori che sviluppano soluzioni smart grids può dare un vantaggio competitivo L’Italia è all’avanguardia nel settore delle smart grids per numerosità di contatori elettronici installati, livello di automazione della rete di distribuzione, densità di generatori fotovoltaici collegati, ecc. In diverse regioni del Paese sono altresì in corso sperimentazioni e dimostrazioni di soluzioni per gestire la rete in modo ancora più flessibile attraverso l’utilizzo di sistemi di accumulo, automazione e protezione avanzati. Una parte significativa delle tecnologie utilizzate è frutto dell’inventiva e della capacità di operatori industriali nazionali, spesso costituiti da aziende di piccole o medie dimensioni, molto competitive ma difficilmente organizzate in reti collaborative. Ogni impresa si focalizza quindi sul proprio ambito produttivo, esprimendo eccellenze, spesso in un’ottica molto specifica. Gli operatori industriali sono quindi costretti da un campo d’azione molto circoscritto che non favorisce lo sviluppo di prodotti ed applicazioni integrate ed interoperabili di una filiera smart grids “made in Italy”. Per superare ciò è nato un Comitato di Indirizzo del Sistema Italiano per le Smart Grids (ISGIS), che è in fase di costituzione ed è attualmente composto da nove rappresentanti, tra cui: Federutility, Telecom, Enel. dustriale italiano mettendolo in grado di offrire su ogni mercato delle applicazioni modulari, integrate, intero¬perabili e razionali. Le smart grids, infatti, possono e- PERCHE UN SISTEMA INDUSTRIALE ITALIANO? La creazione di una rete di operatori nazionali in grado di sviluppare e dimostrare soluzioni smart grids basate su approcci standardizzati avanzati, può dare un vantaggio competitivo al sistema inHi-Tech Ambiente 59 Gli operatori industriali delle smart grids aderenti al Sistema Italiano saranno messi in condizione di orientare l’offerta di prodotti verso soluzioni standardizzate ed interoperabili, capaci di inserirsi in un’architettura modulare adatta alle applicazioni in Italia ed all’estero. L’individuazione di prodotti integrati standardizzati composti da tecnologie italiane certificate sia come rispondenza agli standard che come provenienza nazionale consentirà la creazione di nuove opportunità di business. La standardizzazione dell’architettura smart grids codifica la descrizione delle funzionalità di ogni applicazione, facilita la sua integrazione con altre funzionalità, garantisce l’interoperabilità, semplifica la scalabilità delle soluzioni e la loro replicabilità e razionalizza l’analisi dei costi e benefici, facilitando l’implementazione delle smart grids. Le imprese coinvolte avranno l’opportunità di essere costantemente aggiornate sullo stato dell’arte e sugli sviluppi internazionali relativi alle smart grids, parteciperanno alla definizione di prodotti e soluzioni basati sulle architetture standard che potranno essere proposti, sperimentati e validati sulle reti italiane e, quando ritenuti maturi, promossi sui mercati internazionali, come eccellenza italiana. SELEZIONE FORNITORI Hi-Tech Ambiente 60 SELEZIONE FORNITORI Hi-Tech Ambiente 61 SELEZIONE FORNITORI Hi-Tech Ambiente 62 Hi-Tech Ambiente 63 ECOTECH a cura di ASSITA Idrocarburi aromatici: più resa, meno consumi Gli idrocarburi aromatici prodotti con il processo di reforming sono importanti materie prime per l’industria petrolchimica, e vengono recuperati mediante processi di estrazione liquido-liquido con sulfolano o mediante distillazione estrattiva. Quest’ultimo processo è stato recentemente perfezionato da due società di Taiwan, la AMT Inernational e la CPC. La distillazione estrattiva richiede attrezzature più semplici e minore energia, ma finora veniva scarsamente applicata a causa di difficoltà operative. Queste difficoltà sono state risolte, ottenendo un risparmio del 35% sui consumi energetici e un aumento del 12% nella resa, per cui l’investimento dell’impianto verrà ripagato nel giro di un anno; inoltre, il nuovo impianto può riutilizzare, se ritenuto opportuno, molti componenti degli attuali impianti a sulfolano, compreso il solvente stesso. Stabilizzante senza emissioni nocive Molti materiali plastici, come poliesteri, poliammidi e poliuretani, sono soggetti nel tempo a fenomeni di idrolisi, che possono comprometterne le caratteristiche meccaniche e la resistenza al calore. Per contrastare questi fenomeni, la ditta giapponese Teijin ha sviluppato un nuovo additivo basato su una carbodiimmide ciclica, che ha la caratteristica di non emettere isocianati gassosi durante il suo impiego, migliorando così le condizioni delle aree di produzione. Il nuovo additivo è efficace anche a concentrazioni relati- vamente basse, e può essere miscelato facilmente con i materiali plastici di base a temperature fino a 300 °C; se ne prevedono, inoltre, applicazioni nell’industria delle vernici e dei rivestimento protettivi, dove agisce da reticolante per aumentare la viscosità e per facilitare la formazione di strati ad alta resistenza. La commercializzazione del nuovo additivo è prevista entro il 2015. reattore catalitico con la CO2, ottenendo il gas di sintesi. Quanto al residuo carbonioso, può essere separato e utilizzato come combustibile nell’industria al posto del coke. La decomposizione diretta del metano, senza aggiunta di ossigeno o di acqua, dovrebbe dimezzare la produzione di CO2 rispetto al classico processo di “steam reforming”. Schiuma poliuretanica contro gli spandimenti oleosi Gas di sintesi dalla CO₂ Il gas di sintesi (miscela di ossido di carbonio e idrogeno) viene normalmente preparato per reazione di carbone o idrocarburi con ossigeno, in presenza d’acqua. La preparazione di gas di sintesi a partire dalla CO2 fornirebbe un importante strumento per ridurre le emissioni di CO2, reintegrando questo gas serra nei cicli industriali; tuttavia il problema è molto complesso, tanto che il Ministero per la Ricerca della Germania Federale ha lanciato un progetto della durata di 3 anni, per uno stanziamento di 9,2 milioni di euro, coinvolgendo le principali industrie chimiche tedesche (Basf, Linde, Thyssen Krupp-Uhde, Thyssen Frupp Steel, HTE, VDEh) e l’Istituto Tecnico di Dortmund. Attualmente, il progetto si sta orientando verso un processo a due stadi, nel primo dei quali il metano viene decomposto termicamente ottenendo un residuo carbonioso e idrogeno; successivamente l’idrogeno viene fatto reagire in Da tempo si è alla ricerca di materiali assorbenti a basso costo per neutralizzare gli spandimenti di sostanze oleose, soprattutto in acqua. Sono stati proposti molti materiali diversi, ognuno dei quali presenta però qualche inconveniente: scarsa selettività tra acqua e olio, difficoltà di preparazione o di impiego, scarsa riciclabilità, ecc. I ricercatori della Chinese Academy of Sciences di Pechino assicurano di aver risolto il problema grazie ad un semplice trattamento di modifica superficiale della comune schiuma poliuretanica commerciale. La schiuma viene immersa in una soluzione di clouro ferrico e di perfluorooctiltrietossilano, quindi posta in una camera chiusa avente al fondo una soluzione di pirrolo; i vapori di questo aderiscono alla superficie della spugna, e per azione del cloruro ferrico formano un sottile strato di polipirrolo. La schiuma così preparata assorbe oltre 20 volte il suo peso in olio, sia che si tratti di olio minerale che di oli vegetali; l’olio viene facilmente separato strizzando la spugna, che può essere recuperata, lavata e riutilizzata varie volte. Hi-Tech Ambiente 64 Zuccheri dalla cellulosa con catalizzatore solido Esistono vari processi per ricavare zuccheri dalla cellulosa, allo scopo di ottenere bioetanolo e altri prodotti chimici mediante fermentazione. Lo stadio economicamente più oneroso di questi processi è di solito la scissione del materiale cellulosico, che finora è stata compiuta con acidi minerali o con enzimi. La ditta americana Midori Renewables ha invece messo a punto un processo basato su un catalizzatore solido, costituito da particelle sferiche di un polimero avente sulla superficie gruppi funzionali a carattere ionico. La biomassa ed il catalizzatore vengono riscaldate a circa 180 °C; successivamente, il catalizzatore viene recuperato mediante filtrazione e riutilizzato. Il costo di produzione degli zuccheri ottenuti con questo processo dovrebbe essere inferiore a 0,2 $/kg, mentre lo zucchero ottenuto dall’amido di mais o dalla canna da zucchero costa da 0,3 a 0,4 $/kg. La Midori Renewables conta di iniziare nel corso di quest’anno la costruzione di un impianto dimostrativo su scala commerciale. Produrre ammoniaca a T e pressione ambiente La sintesi dell’ammoniaca con il processo Haber-Bosch richiede condizioni di temperatura e pressione molto spinte (500 °C e 300 atm) e, conseguentemente, molta energia: si stima che attualmente oltre 1% della produzione mondiale di energia elettrica sia utilizzato per la produzione di ammoniaca. Un gruppo di ricercatori dell’Istituto giapponese di ricerca sui composti organometallici di ECOTECH Riken, insieme con l’Università Tecnologica di Dalian, propone l’utilizzo di un nuovo catalizzatore, che consentirebbe di ottenere ammoniaca in condizioni di temperatura e pressione ambiente, e senza utilizzare prodotti chimici costosi. Il nuovo catalizzatore è basato su un complesso di poli idruro di titanio a struttura trinucleare, che è in grado di scindere la molecola dell’azoto trasferendovi gli atomi di idrogeno. Attualmente, il completamento della reazione richiede parecchie ore, ma i ricercatori giapponesi sperano di migliorare il sistema catalitico ottimizzando i gruppi chimici ausiliari legati agli atomi di titanio, in modo da rendere il catalizzatore adatto per lo sfruttamenti industriale. franga; per l’installazione possono essere sfruttate strutture già esistenti, come le banchine dei porti. Il posizionamento vicino alla costa rende semplice e sicuro il trasporto dell’energia prodotta, e riduce i costi di costruzione e manutenzione. Rispetto ad altri sistemi, il rendimento dell’EDS risulta superiore, in quanto è in grado di adattarsi alle condizioni del mare sfruttando sia il sistema a galleggiante che quello a pala, a seconda dei casi. Il sistema EDS è stato collaudato ed ottimizzato presso il Laboratorio di Idraulica del Politecnico di Milano. I risultati sono molto incoraggianti, in quanto è stato riscontrato un rendimento di oltre il 40%; un sistema composto da 7 moduli EDS occuperebbe soltanto 80 m di costa e potrebbe produrre 1 GWh di energia elettrica, evitando l’emissione in atmosfera di 1.000 ton/anno di CO2. Recupero di rame con gusci di granchio Energia dal moto ondoso a riva Esistono vari dispositivi per produrre energia elettrica dal moto ondoso, che in genere sfruttano la spinta verticale dell’onda; vicino a riva le onde presentano anche un movimento orizzontale, che in genere non viene sfruttato e costituisce anzi un elemento di disturbo. La società Techflue, nata come spin-off del Politecnico di Milano, commercializza un nuovo dispositivo, denominato EDS (Energy Double System), che sfrutta entrambi i movimenti: quello verticale mediante un galleggiante e quello orizzontale mediante una pala mobile. L’EDS si installa vicino a riva, prima che l’onda si I gusci di granchio e di altri crostacei contengono chitina, che per trattamento con alcali in soluzione acquosa viene facilmente trasformata in chitosano. Questa sostanza è attualmente utilizzata nella formulazione degli shampoo e nelle diete ipocaloriche; ma ha anche una notevole capacità di legarsi a ioni metallici, ed in particolare al rame. Esiste teoricamente una grande disponibilità di chitosano, ottenibile dagli scarti dei crostacei che vengono utilizzati dai produttori di alimenti e dai ristoranti, e che attualmente vengono smaltiti come rifiuti. La ditta inglese Invotec Group, che produce circuiti stampati ed ha quindi la necessità di recuperare il rame da acque reflue e scarti di produzione, ha promosso il progetto Stowurc (Sustainable Treatment Of Waste Using Recycled Chitosans), che prevede di ricavare chitosano dai gusci di scarto, e usarlo per fissare il rame. Successivamente, gli ioni di rame vengono desorbiti e la soluzione inviata a un trattamento di elettrolisi per recuperare il metallo; il chitosano può essere riutilizzato per nuovi trattamenti. I partners del progetto (che ha durata di 2 anni) comprendono un’industria alimentare specializzata nella lavorazione dei granchi (la Kynance Cornish Crab), vari produttori di circuiti stampati, un’industria specializzata nel trattamento delle acque di scarico (Env-Aqua Solutios) e l’Istituto per la Tecnologia dei Circuiti Stampati.. Idrogeno da acque reflue e fuel cells Da tempo si svolgono ricerche per produrre idrogeno dalle acque reflue sfruttando le cosiddette “fuel cells microbiche”; finora, tuttavia, la produzione di idrogeno per questa via richiedeva un piccolo apporto di energia elettrica dall’esterno per superare la barriera termodinamica connessa alla riduzione dello ione H+ a idrogeno elementare. Il bilancio energetico globale restava positivo, ma il costo e la complessità del sistema avevano fino ad oggi scoraggiato ulteriori sviluppi. Il problema potrebbe essere superato dai risultati delle ricerche in corso presso l’Università della California, che hanno combinato una la fuel cell microbica con una cella fotoelettrochimica; quest’ultima rappresenta l’elemento maggiormente innovativo del sistema, essendo costituita da un fotoanodo in filamenti di biossido di titanio, abbinato ad un catodo in platino. Quando il fotoanodo viene illuminato dalla luce solare (o da Hi-Tech Ambiente 65 una luce artificiale avente una analogo spettro di lunghezze d’onda), viene generata una tensione di circa 0,7 Volt, sufficiente per superare la barriera di potenziale connessa con la scissione bioelettrolitica dell’acqua. La popolazione batterica che partecipa al processo è del tipo Shewanella oneidensis, ma possono essere usati anche altri batteri comunemente reperibili nelle acque fognarie. Esperimenti in scala di laboratorio hanno mostrato una produzione continua di idrogeno, a 0,05 mc /giorno; poichè i batteri del sistema si nutrono a spese degli inquinanti organici, il COD del liquame immesso si riduce del 67%. Meno consumi nelle pompe a diaframma Le pompe a doppio diaframma sono molto utili quando si devono trasferire fanghi o sospensioni molto dense, in quanto non hanno organi in rotazione e sono azionate dall’aria compressa. Il loro inconveniente è che ad ogni ciclo di funzionamento parte dell’aria compressa viene scaricata nell’ambiente, richiedendo nuova energia per la sua produzione. La ditta californiana Wilden Pump è riuscita a ridurre del 60% il consumo di aria compressa grazie ad un ingegnoso dispositivo: si tratta di una spoletta cilindrica che si sposta avanti e indietro tra le due camere a diaframma, limitando l’afflusso dell’aria proveniente dal compressore al minimo indispensabile per assicurare il mantenimento del flusso ai livelli richiesti. Il sistema è stato denominato Pro-Flo Shift Air Distribution; è disponibile su scala commerciale e può essere montato come “retrofit” sulle pompe già esistenti. HI -TE CH AMBIENTE LE AZIENDE CITATE Brugg Pipe System Srl Tel 0523.590431 Fax 0523.594369 E-mail [email protected] Enea Tel 081.7723111 Fax 081.7723344 E-mail [email protected] Pentair Ltd. Tel +1.763.6565589 E-mail [email protected] BTS Biogas Srl Tel 0474.370119 Fax 0474.552836 E-mail [email protected] ETG Risorse e Tecnologia Srl Tel 0141.994905 Fax 0141.994971 E-mail [email protected] Progetto SECTOR Tel +49.341.2434477 Fax +49.341.2434133 E-mail [email protected] Cambrian Innovation Inc. Tel +1.617.3071755 E-mail [email protected] Falck Renewables Spa Tel 02.24332360 Fax 02.24791264 E-mail [email protected] Rehau Spa Tel 02.959411 Fax 02.95941250 E-mail [email protected] Chinese Academy of Sciences Tel +86.10.68597592 Fax +.86.10.68511095 E-mail [email protected] Fimars SA Tel +41.912103529 Fax +41.912103530 E-mail [email protected] Sorbent Tel +370.5.2500613 Fax +370.5.2164185 E-mail [email protected] CIEM Impianti Srl Tel 0332.831776 Fax 0332.319278 E-mail [email protected] Gaia Spa Tel 0141.355408 Fax 0141.353849 E-mail [email protected] TechFlue Srl Tel 030.7256247 E-mail [email protected] Consorzio Italiano Biogas Tel 0371.4662633 Fax 0371.4662401 E-mail [email protected] Glyfinery project Tel +45.45.252510 Fax +45.45.932809 E-mail [email protected] Tecnoecology Tel 045.6152324 Fax 045.6150046 E-mail [email protected] Directa Plus Spa Tel 02.36714400 Fax 02.93664293 E-mail [email protected] Gyproc Saint-Gobain Spa Tel 02.61115.1 Fax 02.611192400 E-mail [email protected] TQ Technologies for Quality Srl Tel 010.4070991 Fax 010.42091199 E-mail [email protected] DuPont Tel +352.36665885 Fax +352.36665021 E-mail [email protected] IBM Italia Tel 02.59620963 E-mail [email protected] University College Dublin Tel +35.317.161656 Fax +35.317.161216 E-mail [email protected] Ecolamp Tel 02.37052936 Fax 02.37052935 E-mail [email protected] IBTC Tel +32.2.4001061 Fax +32.2.546193 E-mail [email protected] Union Engineering AS Tel +45.76.207700 Fax +45.76.207800 E-mail [email protected] Ecopneus Scpa Tel 02.929701 Fax 02.92970299 E-mail [email protected] Invotec Group Tel +44.1827.263000 Fax +44.1827.263250 E-mail [email protected] Università della California Tel +1.831.4591952 Fax +1.831.459.2935 E-mail [email protected] Ecoprog Gmbh Tel +49.221.78803880 Fax +49.221.788038810 E-mail [email protected] Ivanka Tel +36.70.3636546 E-mail [email protected] WamGroup Spa Tel 0535.618111 Fax 0535.618343 E-mail [email protected] Ecospray Technologies Srl Tel 0131.854611 Fax 0131.854617 E-mail [email protected] Midori Renewables Inc. Tel +1.857.2596285 E-mail [email protected] Wilden Pump Inc. Tel +64.9.2769045 Fax +64.9.2704905 E-mail [email protected] Ekotek S.L. Tel +34.902.998368 E-mail [email protected] Officinae Verdi Spa Tel 06.42020497 Fax 06.42020870 E-mail [email protected] Hi-Tech Ambiente 66
© Copyright 2024 Paperzz