LA TORREFAZIONE OGGI

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Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale
D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LO/Milano
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AMBIENTE
MENSILE - TECNOLOGIE AMBIENTALI PER L’INDUSTRIA E LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE -
ANNO XXV
1° SETTEMBRE 2014
TRATTAMENTO E SFRUTTAMENTO
L’uso di acqua piovana
TERRENI E FALDE ACQUIFERE
Bonifica
vs idrocarburi
a pagina 14
a pagina 52
E’ DISPONIBILE E FUNZIONA
LA TORREFAZIONE OGGI
a pagina 29
SPECIALE
a pag. 43
POMPAGGIO DEL PERCOLATO DA DISCARICA
N6
SOMMARIO
BIOMASSE & BIOGAS
5
PANORAMA
La torrefazione oggi
APPROFONDIMENTI
Lo smaltimento in discarica
8
L’esempio delle nuove linee guida
della Regione Lombardia che integrano
e perfezionano la legislazione nazionale in materia
Il software DinaMetan
11
Assorbimento in situ di idrocarburi pesanti
nei siti contaminati mediante la combinazione
di più tecniche di biorisanamento
L’uso di acqua piovana
32
Valuta qualità della biomassa
e quantità da usare
per migliorare l’efficienza
DEPURAZIONE
Il progetto Sorbent
29
Richiesta in crescita di applicazioni
su piccola scala di prodotti torrefatti,
ma i progressi non sono veloci quanto ci si aspettava
ENERGIA
L’ibrido solare-biomassa
14
Tecnologia, costi, esempi pratici,
finalità e curiosità
dei sistemi ad oggi disponibili
33
Avviato il primo impianto che integra
due fonti energetiche
e due tecnologie rinnovabili
MACCHINE & STRUMENTAZIONE
Il revamping dei depuratori
18
Con la “microbioflottazione ad aerazione forzata”
si riducono i costi ed aumentano le prestazioni
di impianti a tecnologia classica
Il progetto Life+ Bio.Lea.R
L’analisi degli idrocarburi totali
RIFIUTI
Il gesso di riciclo
24
I rischi di esplosione
SPECIALE “POMPAGGIO DEL PERCOLATO DA DISCARICA”
47
Un aiuto per le aziende ad attuare quanto
richiesto dalle norme, mettendo in pratica
le misure di prevenzione e protezione
26
Nei prossimi anni si stima
che il settore del Waste-to-Energy
subirà un calo di volume
Differenziamoci
38
SICUREZZA
Allo studio un sistema per il recupero
degli intonaci edilizi da utilizzare
come additivo nella produzione di cemento
Il mercato WtE rallenta
35
Strumenti ad hoc per il monitoraggio
dei parametri analitici
nella produzione di biogas e syngas
TECNOLOGIE
Bonifiche vs idrocarburi
52
Nell’ambito del biorisanamento spinto in situ
interessante è l’impiego del diffusore di ossigeno
progettato e brevettato dall’Università canadese di Waterloo
28
43
SMART & GREEN
57
SELEZIONE FORNITORI
60
ENTERPRISE EUROPE NETWORK
63
ECOTECH
64
GLI INDIRIZZI DELLE AZIENDE CITATE SONO A PAG. 66
Hi-Tech Ambiente
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AMBIENTE
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ORGANO UFFICIALE
ASSITA
SPECIALE
ASSOCIATO A:
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ASSOCIAZIONE ITALIANA
TECNOLOGIE AMBIENTALI
“Rimozione arsenico dalle acque”
CONFINDUSTRIA
ASSOCIAZIONE NAZIONALE
EDITORIA PERIODICA SPECIALIZZATA
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La rivista HI-TECH AMBIENTE
ha in programma per il settimo
numero dell’anno uno SPECIALE
dedicato agli Impianti di rimozione
di arsenico dalle acque;
saranno presentate le proposte
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Hi-Tech Ambiente
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PANORAMA
Nell’ambito dell’edizione 2014
del concorso “Comuni Ricicloni”
un premio è andato ai soggetti
che si sono maggiormente distinti
nella raccolta differenziata di
qualità dei rifiuti di imballaggio.
Il premio “Start up” è stato vinto
quest’anno dal Comune di Cosenza che ha modificato con successo il sistema di gestione dei rifiuti, passando dal 28% al 52% di
raccolta differenziata.
Un’efficace campagna di comunicazione prima dell’avvio dei nuovi servizi, la formazione mirata
degli operatori addetti alla raccolta e alle consegne dei kit da distribuire alle famiglie, insieme
all’implementazione di un sistema di tracciabilità dei rifiuti urbani prodotti, hanno fatto il resto.
Sono stati inoltre sostituiti i vecchi contenitori su strada con secchielli e carrellati nuovi e la comunicazione capillare ai cittadini
è stata affidata ad operatori opportunamente formati.
È di prossima attuazione, per di
più, la definizione di un sistema
di tariffazione puntuale nel centro
storico della città. Obiettivo: raggiungere il 65% di raccolta differenziata, una volta attivata la copertura totale del territorio con il
STORIE DI SUCCESSO
Fare la differenza
sistema di raccolta porta a porta.
La menzione speciale “Da oltre
140 facciamo la differenza” è stata invece assegnata al team composto da Associazione Nazionale
Alpini, GEA e SNUA, che hanno
sviluppato un’attività di raccolta
straordinaria dei rifiuti prodotti in
occasione dell’87ª Adunata Nazionale degli Alpini. In occasione
dell’evento, svoltosi a Pordenone
lo scorso maggio (ed al quale
hanno preso parte oltre 500mila
perone), GEA, la società che ge-
IL RICICLO DELLE
BATTERIE AL LITIO
Dal momento che negli ultimi dodici anni l’impiego delle batterie
al litio è quasi decuplicato, soprattutto per l’alimentazione dei cellulari e delle vetture elettriche, è di
estrema importanza individuare
una tecnologia efficace, efficiente
ed ecosostenibile per il recupero
completo dei materiali che compongono questa tipologia di pile.
Con questo fine è stato siglato un
accordo, di durata triennale, tra il
PLASTICA E VETRO:
MAGGIORI ECOCONTRIBUTI
I forti incrementi dei costi dovuti
alla stipula del nuovo accordo
quadro Anci-Conai, che prevede
un aumento dei corrispettivi unitari rispetto al 2013 rispettivamente
del 21,5% per il Consorzio Coreve
e del 10,6% per il Consorzio Corepla, unitamente allo sviluppo della
raccolta differenziata dei rifiuti di
imballaggio in plastica e vetro, ed
al peggioramento del mix qualitativo stanno negativamente influendo sui risultati economici dei due
Consorzi, destinati a registrare di-
savanzi significativi. Il CdA del
Conai, quindi, ha deciso di aumentare a decorrere dal 1° gennaio
2015 il contributo ambientale per
gli imballaggi sia in vetro, dagli
attuali 17,82 a 20,80 euro/ton, sia
in plastica, dagli attuali 140 a 188
euro/ton. L’aumento avrà effetto
anche su alcune procedure forfettarie di applicazione del contributo.
Al fine di agevolare l’applicazione
della nuova disciplina in materia
di Contributo Ambientale, è a disposizione per ogni ulteriore informazione e chiarimento il numero
verde Conai 800-337799.
Hi-Tech Ambiente
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stisce la raccolta dei rifiuti, ha dato vita ad una serie di attività volte a trasformare la manifestazione
in un evento sostenibile a basso
impatto ambientale: raccolta
straordinaria dei rifiuti, campagna
informativa per una corretta separazione dei rifiuti in appositi contenitori predisposti per l’occasione ed utilizzo di un “contatore
ambientale” per valutare gli impatti in termini di produzione rifiuti, smaltimento finale evitato,
emissioni CO 2, energia, acqua,
materie prime seconde prodotte
ed euro risparmiati.
Lo straordinario sforzo messo in
atto dalle tre realtà ha prodotto
ottimi risultati: si è raggiunto il
64,4% di raccolta differenziata, è
stata evitata la produzione di 220
tonnellate di rifiuti, è stata evitata
l’emissione in atmosfera di 268,6
tonnellate di CO2 (pari a due giorni di fermo in traffico in una cittadina media), sono state risparmiate 149,8 tonnellate di materie
prime vergini e saranno prodotte
166,9 tonnellate di materie prime
seconde.
Da ultimo, grazie al mancato avvio a smaltimento dei rifiuti prodotti, sono stati risparmiati
36.000 euro.
CNR ed il Cobat, proprio per il riciclo del litio, un elemento altamente infiammabile e che, in particolari condizioni, a contatto con
l’acqua funziona da catalizzatore,
creando una miscela esplosiva di
idrogeno e ossigeno.
<<Non esiste oggi una tecnologia
affidabile e sicura, e l’accordo con
il Cobat - dichiara il presidente del
CNR, Luigi Nicolais - punta a realizzare un progetto di grande rilevanza tecnoscientifica che avrà ricadute positive per l’ambiente e
per l’economia del settore>>.
PANORAMA
CON LA RICETTA ECOPNEUS
DECRETO ENERGIA
PFU: cala l’ecocontributo Input all’efficienza
Dal 1 luglio sono ancora più bassi i contributi ambientali associati
all’acquisto di pneumatici nuovi
immessi nel mercato dai soci di
Ecopneus. Il consorzio è infatti
riuscito a rendere ancora più efficienti le modalità operative di gestione dei PFU e ha dunque potuto abbassare ancora il contributo
ambientale richiesto ai consumatori, che da oggi scende da 2,30 a
2 euro per il segmento auto ed in
proporzione per tutte le altre tipologie di pneumatico.
Dal 2011 è la quarta volta che Ecopneus riduce l’ecocontributo,
grazie ad un costante impegno
per l’ottimizzazione dei processi
operativi e ad una gestione attenta ed efficiente.
<<Anche nello scorso anno siamo riusciti a superare il nostro
target di legge sulla raccolta - dichiara Giovanni Corbetta, Direttore Generale di Ecopneus - andando a prelevare 247 mila tonnellate di PFU da 33.000 “gommisti” grazie ad oltre 72.000 missioni di automezzi. Riuscire ad
ottenere questi risultati, garantendo un ottimo servizio al sistema e
un risparmio al consumatore deve
essere motivo di orgoglio per tutti gli attori della nostra filiera che
a tale risultato hanno fortemente
contribuito>>.
Il contributo ambientale è un importo collegato all’acquisto di ogni pneumatico nuovo che deve
servire esclusivamente a finanziare le operazioni di raccolta, trasporto e trattamento del pneumatico una volta arrivato a fine vita.
Un costo in passato compreso nel
prezzo del pneumatico nuovo e
che dal 2011 deve essere invece
evidenziato nel documento di
vendita, a tutela del consumatore
che non è più esposto a ricarichi
o pratiche commerciali scorrette.
Da esso non può derivare nessun
utile: la legge prevede che eventuali avanzi di gestione di fine
anno non possano essere distribuiti come dividendi ai soci e che
debbano essere destinati per almeno il 30% in operazioni di prelievo da stock storico, al fine di
ridurre gli accumuli di PFU presenti in Italia.
Ecopneus, grazie all’avanzo di
gestione ottenuto, in questi anni
ha portato a termine 8 operazioni
di prelievo straordinario da stock
storico rimuovendo e avviando a
recupero complessivamente circa
50.000 tonnellate di PFU. Un’ulteriore operazione analoga è tuttora in corso nel più grande accumulo di PFU d’Europa, a Castelletto di Branduzzo (PV), dove ne
erano accumulate oltre 60.000.
Ad oggi oltre 22.000 tonnellate di
PFU sono state già rimosse e il
sito sarà completamente svuotato
entro il 2016.
I PFU IN ITALIA
Emissioni per 347 milioni di tonnellate di CO2 eq. evitate grazie
all’utilizzo di gomma riciclata al
posto di gomma vergine, 3,2 miliardi kWh di energia risparmiata;
1,3 milioni di mc d’acqua non
consumata nel ciclo produttivo
della la produzione di gomma
vergine, dell’acciaio e degli altri
componenti del pneumatico. Queste le principali evidenze ambientali del Report Sostenibilità 2013
che ha di recente presentato Ecopneus. Il sistema Ecopneus si basa su una rete di imprese (56 aziende di logistica per la raccolta
e il trasporto dei PFU, 27 imprese
di trattamento e 11 impianti di recupero energetico) che con 689
addetti direttamente impiegati
hanno consentito nel 2013 il recupero di 247 mila tonnellate di
PFU prelevati presso oltre 33mila
gommisti su tutto il territorio nazionale. Ecopneus ha reimpiegato
in modo efficiente un valore economico complessivo di 73,9 milioni di euro raccolto attraverso i
contributi ambientali, peraltro ridotti in media del 23% in tre anni, consentendo anche un risparmio sull’importazione di materie
prime stimato in 110 milioni di
euro.
Approvato a fine giugno il
D.Lgs per il recepimento
della direttiva europea
2012/27/UE sull’efficienza
energetica, che modifica le
direttive 2009/125/CE e
2010/30/UE e abroga le direttive 2004/8/CE e
2006/32/CE.
Obiettivo del decreto è la
riduzione della dipendenza
dalle importazioni di energia, mettendo in atto azioni
volte a dare stimolo all’economia ed a contrastare i
cambiamenti climatici in atto.
Queste le principali novità contenute nel provvedimento: interventi annuali di riqualificazione
energetica sugli immobili della
PA, a partire dal 2014; obbligo
per le grandi imprese e per le imprese ‘energivore’ di eseguire
una diagnosi di efficienza energetica nei siti, da ripetersi ogni 4
anni; obbligo di fornitura di contatori intelligenti agi utenti; elaborazione di un rapporto che miri
ad individuare le soluzioni più efficienti per soddisfare le esigenze
di riscaldamento e raffreddamen-
to; superamento della struttura
della tariffa elettrica progressiva
rispetto ai consumi ed adeguamento delle componenti ai costi
dell’effettivo servizio; programma triennale di formazione ed
informazione per promuovere
l’uso efficiente dell’energia; promozione dei contratti di prestazione energetica ed introduzione
di misure di semplificazione per
promuovere l’efficienza energetica; istituzione di un Fondo nazionale per l’efficienza energetica
per la concessione di garanzie o
l’erogazione di finanziamenti.
REGIONE LAZIO
Diventare ecoimpresa
La Regione Lazio ha firmato una
convenzione con il Gse (Gestore
dei servizi energetici) per aiutare le
imprese che vogliono puntare sul
rispetto dell’ambiente.
L'accordo prevede innanzitutto la
creazione di un call center dedicato
all’energia pulita, così da fornire
tutte le informazioni su incentivi,
fonti rinnovabili ed efficienza energetica.
E per favorire la diffusione delle e-
Hi-Tech Ambiente
6
coenergie, tra le altre cose saranno
coinvolte, ad esempio, anche le
strutture sanitarie e gli enti che gestiscono l'edilizia residenziale pubblica.
E’ prevista, inoltre, assistenza alle
aziende su progettazioni, bandi europei, analisi dei mercati e possibili
partnership.
<<La Regione ha bisogno di accelerare alcuni processi di connessione – dice Fabio Refrigeri, assessore
regionale all’ambiente – e siccome
non abbiamo l'ambizione di fare
tutto noi, facciamo fare bene a chi
sa fare. Su questo il Gse è un grandissimo partner, può aiutare non solo nell'immediatezza con consulenze e pratiche, ma anche in prospettiva sulla costruzione di bandi europei, quindi anche in un processo di
internazionalizzazione delle nostre
imprese>>.
PANORAMA
QUALITA’ DELL’ARIA
PROGETTO BIOLCA
In giro con Monica
Occhio al carburante
Tra le iniziative finalizzate a studiare modi innovativi per ottenere risparmi di carburante, di sicura utilità vi è quella portata a termine dal progetto Biolca finanziato dal programma Life+
del’UE. E’ stato infatti sviluppato
un software capace di valutare gli
impatti ambientali, sociali ed economici associati a diverse fonti
energetiche: benzina, gasolio,
bioetanolo, biodiesel, elettricità,
gas naturale, GPL e cherosene.
Ma la cosa più importante è che
l'impatto ambientale di ciascuna
di queste fonti energetiche è calcolato tenendo conto del suo intero ciclo vitale, a partire da estrazione, produzione o coltivazione
“Oggi esco con Monica”, questo è
quello che ci potrebbe succedere
grazie a un nuova piattaforma sviluppata presso i laboratori Enea di
Portici (NA) per conoscere in tempo reale la nostra esposizione qualitativa agli inquinanti atmosferici
mentre ci muoviamo per la città.
Monica consente di identificare le
aree maggiormente inquinate e di
condividere, mediante le piattaforme “social”, i percorsi alternativi
per minimizzare l’esposizione.
Il progetto Monica, il cui acronimo
è “Monitoraggio Cooperativo della
Qualità dell’aria”, è davvero alla
portata di tutti, perché si tratta di
un sistema multisensoriale portatile a basso costo, leggero, makersfriendly, basato su paradigmi Open
Source, che può essere facilmente
montato su uno zaino o collegato
al manubrio della bicicletta, e che
attraverso un’applicazione per
smartphone permette il monitoraggio della qualità dell’aria.
E’ un vero “naso elettronico” in
grado di affiancare le informazioni provenienti dalle centraline di
monitoraggio installate in città. Attualmente, è in grado di fornire indicazioni sintetiche sulla qualità
dell’aria e sugli inquinanti atmosferici presenti nei luoghi in cui si
trova il suo utilizzatore.
Prossimamente il sensore verrà
sottoposto ad un processo di calibrazione e validazione per aumentarne la precisione nelle misure per
una valutazione di tipo anche
quantitativo.
Hi-Tech Ambiente
7
fino all'uso. Questo è importante,
poiché i livelli di emissioni possono dipendere dal tipo e dall'origine delle materie prime usate e
dal metodo di produzione adottato. Questo nuovo strumento, che
potrebbe aiutare sia i produttori
che le aziende a compiere dei significativi risparmi di carburante,
si trova attualmente nella fase di
prova.
Lo strumento è in fase di convalida e dimostrazione presso due utenti finali reali che possiedono
importanti flotte di veicoli per il
trasporto su strada: la ditta per la
gestione dei rifiuti Cespa, con
una flotta di 18 camion per la
raccolta dei rifiuti, e il Comune
di Bilbao, con una
flotta di 152 autobus
urbani.
Il software Biolca
aiuterà promette di
dare un importante
contributo alla valutazione della sostenibilità dei carburanti
durante tutto il loro
ciclo vitale, allo scopo di stabilire quali
sono quelli più sostenibili.
APPROFONDIMENTI
PROGETTAZIONE ED ESERCIZIO
Lo smaltimento in discarica
L’esempio delle nuove linee guida della Regione Lombardia
che integrano e perfezionano la legislazione nazionale in materia
È noto che la situazione italiana
nel settore dello smaltimento dei
rifiuti è decisamente arretrata rispetto a quella degli altri Paesi
europei. In Italia vengono prodotti ogni anno 170 milioni di tonnellate di rifiuti, così suddivisi
percentualmente: rifiuti da costruzione e demolizione 37,4%;
rifiuti industriali non pericolosi
25,4%; rifiuti urbani 19,1%; rifiuti derivanti da impianti di trattamento 15,2%; rifiuti pericolosi
5,7%.
Quasi metà (il 49,2%) dei rifiuti
prodotti finisce in discarica; è
stato calcolato che negli ultimi 10
anni la messa in discarica dei rifiuti che avrebbero potuto essere
valorizzati in base al loro contenuto energetico ha comportato
uno spreco valutabile in 11 miliardi di euro.
Considerando in particolare i rifiuti urbani, la situazione appare
leggermente migliore: in discarica va “soltanto” il 42,1%, che è
comunque una percentuale inaccettabile, se si considera che in
Germania, Svezia e Paesi Bassi ci
va meno dell’1% dei rifiuti, e in
un Paese vicino a noi come l’Austria il 3,4%. Esistono però Regioni italiane “quasi virtuose”,
come il Friuli-Venezia Giulia,
che invia in discarica solo il 7,2%
dei suoi rifiuti urbani, e la Lombardia, con il 7,9%. Proprio la
Regione Lombardia ha recentemente emanato le nuove Linee
Guida per la progettazione e l’esercizio delle discariche, che integrano e perfezionano la legislazione nazionale in materia.
PRINCIPI ISPIRATORI
Il decreto della Regione Lombardia stabilisce alcuni punti importanti, e precisamente:
- le discariche devono essere progettate in modo da raggiungere
l’equilibrio con l’ambiente entro
noti processi di selezione per il
recupero di frazioni valorizzabili,
il trattamento meccanico-biologico, trattamenti di lavaggio, sterilizzazione, ecc.; quelli in situ
comprendono l’aerobizzazione
della discarica (mediante immissione naturale o forzata di aria), il
dilavamento naturale o forzato, il
ricircolo del percolato, e sistemi
di gestione anaerobici-aerobici
- la discarica può anche costituire, in aree riservate, un deposito
temporaneo di “frazioni merceologicamente omogenee”, con l’obiettivo di un successivo recupero mediante “landfill mining”.
AMMISSIBILITA’
DEI RIFIUTI IN DISCARICA
Accumulo di percolato
un massimo di 30 anni dalla chiusura; il progetto deve contenere
la descrizione dettagliata delle
metodologie e tecnologie adottate
per raggiungere questo obiettivo
- la discarica “non deve costituire
di per sé destinazione d’uso”, ma
deve essere progettata fin dall’inizio tenendo conto della destinazione finale dell’area e delle opere di ripristino ambientale neces-
sarie
- tutti i rifiuti devono essere trattati, in modo da ridurre la mobilità degli elementi e delle sostanze in essi contenute; ma lo stesso
obiettivo può essere raggiunto
“con interventi in situ o combinazione di trattamenti ex situ e in
situ”. In un successivo paragrafo
vengono esemplificati i diversi
trattamenti; quelli ex situ sono i
Hi-Tech Ambiente
8
I criteri di ammissibilità restano
quelli definiti dal D.M.
27/9/2020; tuttavia, il decreto
della regione Lombardia contiene
una tabella con un elenco preciso
dei rifiuti non ammissibili, identificati con i relativi codici CER.
Viene inoltre chiarito che il divieto di smaltimento nelle discariche per inerti dei rifiuti contenenti amianto si applica se il contenuto di amianto supera lo 0,1%.
Nel piano di gestione operativa
deve essere compresa la verifica
dell’assenza di radioattività, anche su base documentale.
Si ribadisce che i rifiuti urbani
non trattati non possono essere
immessi in discarica, e così pure
tutti i rifiuti con potere calorifico
inferiore di oltre 13.000 KJ/kg;
quest’ultima disposizione, già
contenuta nel D.Lgs 36/03 e successivamente rinviata anno dopo
anno, verrà applicata “con decorrenza dal termine stabilito dalla
norma”.
DOCUMENTAZIONE
E AUTORIZZAZIONI
La documentazione di progetto è
APPROFONDIMENTI
sostanzialmente quella prevista
da D.Lgs. 36/2003. Nella relazione tecnica devono essere riportate:
- le prescrizioni particolari applicabili nel caso in cui la discarica
ricada in Ambito Territoriale Estrattivo
- gli esiti delle indagini svolte per
individuare precedenti discariche
- la descrizione del sistema di
raccolta, stoccaggio, ricircolo ed
eventuale trattamento del percolato incluso, se presente, il liquido infrateli.
I contenuti richiesti per la relazione idrogeologica/geomorfologica sono elencati minuziosamente, e così pure quelli della relazione sul recupero e la sistemazione ambientale e paesaggistica.
- discarica di rifiuti non pericolosi, per la quale, oltre alla barriera
geologica naturale dello spessore
di 1 m (o ad un equivalente sistema di confinamento artificiale), è
necessaria una barriera di confinamento supplementare, una geomembrana in HDPE con spessore
2,5 mm protetta da geotessile non
tessuto ed uno strato drenante di
spessore di almeno 0,5 m
- discarica di rifiuti pericolosi,
per la quale gli strati previsti sono gli stessi di quelli sopra descritti per la discarica di rifiuti
non pericolosi, ma la barriera
geologica naturale deve avere
uno spessore di almeno 5 m.
Strati barriera
GESTIONE DEL PERCOLATO
Le prescrizioni (piuttosto generiche) contenute nel D.Lgs 36/03
sono ora ampliate e dettagliate,
indicando le dimensioni minime
dei collettori principali e secondari, il dimensionamento del sistema di sollevamento e le dimensioni dei serbatoi di stoccaggio.
Nel progetto devono essere indi-
SISTEMA BARRIERA DI BASE
Un intero capitolo è dedicato alla
descrizione delle caratteristiche
costruttive e tecniche della barriera di base, distinguendo diversi
casi:
- discarica di rifiuti inerti, per la
quale è sufficiente una barriera
geologica naturale, con spessore
di almeno 1 m
Discarica di Grottaglie (TA) per rifiuti speciali non pericolosi
Hi-Tech Ambiente
9
Continua a pag. 10
APPROFONDIMENTI
Continua da pag. 9
biogas.
Il monitoraggio della qualità
dell’aria deve essere effettuato in
almeno 3 punti esterni e 2 interni
(piano di posa dei rifiuti e piazzale). Deve essere misurata la concentrazione di almeno 3 parametri (metano, composti organici
solforati, idrocarburi non metanici) con frequenza almeno mensile
durante la fase di gestione operativa, ed annualmente durante la
gestione post-operativa.
Lo smaltimento in discarica
cate le modalità previste per il
trattamento del percolato, adottando le migliori tecniche disponibili, e definendo la gestione dei
residui del trattamento stesso
(fanghi condensati, carbone esausto, ecc.).
Il ricircolo del percolato (spesso
utile per accelerare i processi di
biodegradazione) può essere avviato solo dopo l’avvio del sistema di captazione del biogas, e deve avvenire con sistemi di diffusione/dispersione posti al di sotto
della copertura, in modo da evitare emissioni in atmosfera.
QUALITA’ FINALE
DELLA DISCARICA
Produzione di energia con biogas da discarica
SISTEMI DI COPERTURA
Il materiale da impiegare per la
copertura giornaliera, che non deve produrre né odori né polveri,
deve avere una permeabilità superiore a 10-3 m/s (costante nel
tempo), ed essere disposto in
strati non superiori a 0,2 m.
Prima della chiusura della discarica, possono essere realizzate
coperture provvisorie che, pur
mantenendo i rifiuti separati
dall’ambiente esterno, consentano ai processi in corso di svolgimento nella discarica di continuare fino al raggiungimento delle
condizioni di stabilità meccanica
e biologica definite nel progetto.
Per le discariche di rifiuti inerti
non è necessario un particolare
sistema di copertura finale. Le
caratteristiche della copertura finale delle discariche dei rifiuti
non pericolosi prevedono, dal
basso verso l’alto: uno strato di
drenaggio del gas e rottura capillare, con spessore non inferiore a
0,5 m; uno strato di materiale minerale compattato, con spessore
superiore a 0,5 m e conducibilità
idraulica inferiore a 10-8 m/s; un
altro strato drenante, analogo a
quello di base; uno strato di terreno vegetale con spessore di almeno 1 m.
Nel caso dei rifiuti pericolosi, sopra allo strato di materiale minerale compattato dovrà essere posta una geomembrana in HDPE,
di spessore di almeno 1,5 mm.
rere all’ossidazione biologica in
situ, mediante copertura con
compost o altri materiali bioossidativi.
Il decreto della Regione Lombardia indica in dettaglio la struttura
e le caratteristiche costruttive del
sistema di captazione (raggi di
captazione interneo ed esterno,
distanza tra i pozzi, diametro dei
pozzi stessi). Di norma il biogas
dovrà essere destinato a recupero
energetico; se questo non risultasse possibile, si dovrà ricorrere
ad ossidazione ex situ (termica o
biologica). Devono comunque essere predisposte torce di emergenza, che assicurino la combustione a temperatura oltre 1.000
°C, con tempo di ritenzione fiamma oltre 0,3 sec e ossigeno residuo nei fumi oltre 6%.
CONTROLLO
DI ACQUE ED ATMOSFERA
Nel D.Lgs 36/03 è previsto che il
controllo delle acque di falda sia
eseguito, a cura del gestore della
discarica, prima dell’avviamento
dell’impianto, e che l’Autorità
Competente effettui una valutazione della qualità delle acque
sotterranee, eseguendo prelievi in
almeno 3 punti: uno nella zona a
monte della discarica e due a valle. Il gestore della discarica deve
continuare l’attività di monitoraggio durante tutta la durata
dell’iter autorizzativo, eseguendo
prelievi e analisi con frequenza
mensile e riassumendo i risultati
in un rapporto trimestrale da inviare all’Autorità Competente ed
a tutti i soggetti interessati.
Il decreto della Regione Lombardia descrive in dettaglio la rete di
controllo della falda, la struttura
ed il posizionamento dei piezometri; la rete di controllo della
falda acquifera può essere utilizzata, installando rivelatori della
presenza di metano, anche per
scoprire eventuali diffusioni del
GESTIONE DEL BIOGAS
La captazione del biogas è obbligatoria per produzioni superiori a
0,005 Nmc/mq/h; al di sotto di
questo valore è consentito ricor-
Discarica con accumulo di percolato
Hi-Tech Ambiente
10
La chiusura della discarica (e lo
svincolo entro 2 anni della garanzia finanziaria relativa alla gestione operativa) è subordinata
alla verifica del raggiungimento
della qualità finale della discarica
(QFD), entro la tempistica di progetto e comunque in un tempo
non superiore a 30 anni. La QFD
si può considerare raggiunta se:
- gli assestamenti della copertura
(misurati mediante piastre assestimetriche, con un numero di elementi non inferiore a 4 per ettaro) risultano non superiori al 3%,
e non si osservano dissesti, rotture o avvallamenti nella copertura
stessa
- sono stati ultimati i lavori di recupero dell’area, secondo il progetto a suo tempo approvato
- non risulta contaminazione delle acque di falda (i parametri ed i
valori limite sono dettagliati in
un apposito allegato)
- la presenza di percolato risulta
compatibile con la portata del sistema di estrazione
- gli impianti di estrazione, stoccaggio e trattamento del percolato e biogas sono operativi ed efficienti
- le emissioni di biogas in superficie (a impianto di captazione
spento) sono inferiori a 0,5 litri di
metano per mq/ora
- sono presenti ed in piena efficienza i presidi ambientali (piezometri, recinzioni, cancello, mascherature) ed i sistemi di sicurezza (irrigazione, antincendio,
viabilità).
In ogni caso, la sorveglianza, i
controlli e la manutenzione della
discarica devono essere assicurati
durante tutta la gestione post-operativa, fino a che l’Ente territoriale competente non abbia verificato che la discarica non comporta rischi per la salute e per l’ambiente.
DEPURAZIONE
A C Q U E - A R I A - S U O L O
A COSTI RAGIONEVOLI
Il progetto Sorbent
Assorbimento in situ di idrocarburi pesanti nei siti contaminati
mediante la combinazione di più tecniche di biorisanamento
Si stima che nell’Unione Europea
esistano oltre 3,5 milioni di siti
contaminati e che in circa metà di
questi sia presente una contaminazione da idrocarburi pesanti.
Le tecnologie di decontaminazione sono soprattutto del tipo “ex
situ”: escavazione del terreno
contaminato e trasporto di questo
al centro di trattamento, dove viene lavato con sostanze detergenti.
Il metodo è costoso (al punto che
ogni anno in Europa si spende
circa 1 milione di euro per il trattamento dei siti contaminati da idrocarburi) e molto invasivo dal
punto di vista ambientale; sarebbero preferibili trattamenti “in situ” di biodegradazione assistita,
che però finora sono risultati
scarsamente efficaci a causa della
difficile biodegradabilità degli idrocarburi pesanti, della scarsa
sopravvivenza dei microorganismi (specialmente alle basse temperature) e della difficoltà di ottenere un’efficace contatto tra i microorganismi e gli idrocarburi nei
terreni a bassa permeabilità.
getto è stata la messa a punto di
un nuovo materiale per assorbire
gli idrocarburi dal terreno e favorirne la successiva biodegradazione. Il materiale assorbente utilizzato è stato ricavato dagli scarti di lavorazione dell’industria
cartaria, ed è costituito da fibre
cellulosiche troppo corte per essere utilizzate nella produzione di
fogli o rotoli di carta. Essendo di
provenienza vegetale, questo materiale è assolutamente non inquinante e facilmente biodegradabile
nel terreno.
TRE FASI DI TRATTAMENTO
IL PROGETTO SORBENT
Per superare questa situazione è
stato lanciato nel 2009 il progetto
europeo Sorbent, cui partecipano
7 partners: quattro dell’Europa
dell’Est (Lituania, Estonia, Polonia), due spagnoli e uno inglese.
L’idea base del progetto è la
combinazione di diverse tecniche
di biorisanamento, in modo da ottenere a costi ragionevoli un risultato applicabile a tutti i tipi di
contaminazioni da idrocarburi
(compresi petrolio grezzo ed olio
combustibile denso) anche in aree di difficile accesso.
La parte più innovativa del pro-
Phleum pratense
Hi-Tech Ambiente
11
Per iniziare il trattamento è necessario che la concentrazione di
idrocarburi nel terreno non superi
350 g/kg. Nella prima fase del
trattamento si utilizza una miscela costituita da 88% materiale assorbente cellulosico, 8% di acqua, 3% di biosurfattanti, e dosi
minori di sostanze contenenti aContinua a pag. 12
DEPURAZIONE
Continua da pag. 11
20 g/kg. L’azione delle erbe utilizzate in questa fase (Phleum
pratense e Lolium perenne) riduce la concentrazione di idrocarburi a 5-1 g/kg, in un periodo da
3 a 6 mesi.
Il progetto Sorbent
zoto e fosforo, necessarie come
nutrimento per la popolazione
batterica. La miscela viene addizionata con ceppi di Arthrobacter; questo batterio ha un ruolo
importantissimo, in quanto è il
produttore delle sostanze biosurfattanti. Queste miscela è in grado di assorbire fino a 3 grammi di
idrocarburi per ogni grammo del
suo peso, riducendo così la concentrazione di idrocarburi nel terreno a livelli inferiori a 200 g/kg
nel giro di 7-10 gg.
Nella seconda fase del trattamento, i batteri presenti nella miscela
utilizzano gli idrocarburi (assorbiti nella prima fase) come nutrimento, ottenendo una velocità di
degradazione che va da 0,10-0,4
g/giorno all’inizio del trattamento, fino a 220 g/giorno quando il
trattamento è ben avviato. In questo modo la concentrazione di idrocarburi nel terreno viene ridotta a 50-20 g/kg in un periodo
da 6 a 9 mesi; durante questo periodo le fibre assorbenti aggiunte
all’inizio vengono completamente biodegradate e assorbite nel
terreno.
La terza fase è costituita da un
trattamento di fitobonifica, che
può iniziare quando la concentrazione di idrocarburi è intorno a
CONCLUSIONI
Gli esperimenti compiuti nel corso del progetto Sorbent hanno
consentito di trattare oltre 22.000
ton di terreno, verificando l’efficacia della bonifica sia in terreni
permeabili (sabbiosi o eterogenei) che in terreni a bassa permeabilità (argillosi).
Dal punto di vista economico, i
risultati sono molto incoraggianti: il risparmio rispetto ai metodi
attualmente usati è intorno al
25%, per cui si stima che una diffusione su scala europea della
tecnologia Sorbent potrebbe consentire un risparmio di 80 milioni
di euro l’anno.
La prima fase del progetto è conclusa, ma è già prevista una seconda fase (denominata SorbentDemo), nella quale verranno condotte sperimentazioni in piena
scala su diversi tipi di siti contaminati da idrocarburi, coinvolgendo gli organi ufficiali di controllo per le opportune verifiche.
Nel frattempo, il progetto Sorbent
ha ottenuto il premio “Eureka Innovation Award 2011”.
WASTEMASTER CT DI SPECO
La filtrococlea leggera
Wastemaster CT è una filtrococlea semi verticale adatta alla
gestione di refluo in applicazioni da pozzetto.
Grazie al suo design compatto,
la macchina può essere posizionata in pozzetti di ridotte dimensioni oppure in applicazioni
nelle quali devono essere gestite
basse portate di refluo come hotel, resort, autolavaggi, basi militari e svariate applicazioni industriali.
Particolare interesse riveste
l’applicazione nell’ambito del
pretrattamento meccanico dei
reflui all’interno di container
per la depurazione delle acque,
dove la macchina viene alimentata direttamente da una pompa
sommergibile oppure flangiata
direttamente al tubo fognario.
Wastemaster CT è composta da
un filtro cilindrico al cui interno
si trova un’elica antiabrasione in
tecnopolimero Sint, che si distingue per l’alta efficienza di estrazione.
La nuova filtrococlea prodotta
dalla divisione Speco di WamGroup è facile da installare e assicura bassi costi di investimento e manutenzione.
Lolium perenne
Hi-Tech Ambiente
12
DEPURAZIONE
TRATTAMENTO E SFRUTTAMENTO
L’uso di acqua piovana
Tecnologia, costi, esempi pratici, finalità
e curiosità dei sistemi ad oggi disponibili
La disponibilità di acque adatte
per il consumo umano (cioè per
usi sia potabili che domestici) sta
diventando un problema sempre
più grave, non solo nei Paesi a
clima notoriamente arido, ma anche in Europa. Uno studio recentemente pubblicato dal Joint Research Center della Commissione
Europea prevede che nei Paesi
del Sud Europa gli effetti del
cambiamento climatico in atto
provocheranno una riduzione fino
al 40% della portata dei fiumi;
nel contempo, la crescente domanda di acqua da parte dei settori produttivi e della popolazione urbana potrebbe portare ad aumenti dei canoni di fornitura e/o
a misure di razionamento.
In questo preoccupate scenario,
una soluzione potrebbe arrivare
dallo sfruttamento delle acque
piovane, prendendo esempio da
alcuni Paesi asiatici dove queste
acque sono da tempo raccolte ed
utilizzate su larga scala. Da precisare, però, che le acque piovane
utilizzabili sono solo quelle che
cadono sui tetti o su appositi bacini, escludendo quindi quelle
che cadono su strade, piazzali, aree pavimentate e simili.
GLI ESEMPI NEL MONDO
tutti gli edifici pubblici di nuova
costruzione; per i palazzi privati,
invece, l’installazione non è obbligatoria ma è un requisito indispensabile per ottenere la “green
building certification”, che costituisce un notevole valore aggiunto per il mercato immobiliare.
Nella provincia cinese di Gansu
sono stati installati oltre 3 milioni
di “Shuijiao” (cantine d’acqua),
per assicurare la fornitura di acqua potabile ad altrettante famiglie rurali.
Da tutti questi esempi (e da altri
che si potrebbero citare, come negli Stati indiani di Bangalore e
Chennai), si possono trarre diverse conclusioni.
Innanzitutto, non esistono ostacoli tecnologici: anche se l’acqua
piovana non è potabile “tal quale” (soprattutto per la presenza di
contaminazioni microbiologiche
provenienti di tetti e dai sistemi
di raccolta e trasporto), i sistemi
di trattamento sono ben conosciuti, sia nelle versioni tradizionali
(basati su filtrazione su sabbia e
disinfezione con ipoclorito o raggi UV), che nelle versioni più
moderne, basate su moduli di ultrafiltrazione e carbone attivo.
Inoltre, sebbene i costi iniziali
Le isole Hawaii utilizzano da
tempo l’acqua piovana per le necessità domestiche, tanto che 1/3
delle abitazioni private, anche in
aree urbane, sono equipaggiante
con sistemi di raccolta e distribuzione. Esistono, inoltre, 4 reti
pubbliche basate sull’acqua piovana e gestite direttamente dal
Dipartimento Statale per la Salute; queste reti assicurano gli approvvigionamenti idrici a 2 parchi nazionali, una base militare
ed un’area ricreativa per ragazzi.
A Taiwan, una recente legislazione obbliga ad installare sistemi di
raccolta delle acque piovane su
siano abbastanza elevati, diventano modesti considerando il lungo
periodo di vita utile di questi sistemi. Il fattore che maggiormente disincentiva l’utenza non industriale è il prezzo “politico” che
viene applicato in molti Paesi per
le forniture di acqua potabile; e
questo prezzo, tenuto artificiosamente basso per venire incontro a
bisogni fondamentali di popolazioni molto povere, scoraggia
qualsiasi investimento privato
sull’acqua.
Infine, la presenza diffusa di sistemi di raccolta dell’acqua piovana nelle aree urbane ha un positivo effetto “ammortizzatore” in
caso di precipitazioni molto intense ma di breve durata (le cosiddette “bombe d’acqua”, che
stanno purtroppo diventando
sempre più frequenti anche in Italia).
TECNOLOGIA E COSTI
Come già accennato, l’acqua piovana può essere contaminata a
causa di diversi fattori: dilavamento di inquinanti atmosferici
(basti pensare alle cosiddette
“piogge acide”), polvere, fogliame, escrementi di uccelli e altri
contaminanti microbiologici presenti sui tetti, alghe e biofilm formato nelle tubazioni e nei serbatoi di raccolta. È necessario in ogni caso, quindi, un sistema di
trattamento la cui complessità (e
costo) dipende soprattutto
dall’uso che si intende fare
dell’acqua. Su un consumo medio
giornaliero di 250 litri di acqua
per abitante, solo il 2% viene utilizzato per usi che richiedono acqua realmente potabile (cioè per
bere, lavare le verdure e cucinare). Esistono poi altri consumi, di
tipo “igienico”, in cui l’acqua
non viene ingerita ma è comunContinua a pag. 16
Hi-Tech Ambiente
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PUBBLIREDAZIONALE
ECOSPRAY TECHNOLOGIES
I filtri anti-particolato
Controllo multi-inquinamento con i filtri
catalitici ECO-JET CDF (Catalytic Dry Filter)
Ecospray Technologies progetta e
realizza soluzioni innovative e sistemi dedicati alla depurazione di
numerose sostanze inquinanti con
il trattamento e raffreddamento
delle emissioni di aria e gas nelle
più svariate applicazioni industriali. Da anni Ecospray studia le
tecnologie più adatte per ridurre
gli impatti dei processi di combustione, all'origine di molti problemi ambientali: gli ossidi d’azoto
(NOx), di zolfo (SOx) e l’ammoniaca (NH 3) sono responsabili
delle piogge acide, i composti organici volatili (COV), gli incombusti aromatici (IPA) e il monossido di carbonio (CO) hanno un
effetto negativo sulla salute umana e il particolato (PM), oltre a
produrre l’annerimento degli edifici, riduzione della visibilità e irritazioni, è cancerogeno.
Applicando metodologie differenti per la rimozione dei vari tipi
di inquinanti, Ecospray si basa
sull’uso di catalizzatori in grado
di completare la combustione di
alcuni composti quali CO, HC,
IPA, oppure su catalizzatori più
reagenti come nel caso degli
NOx, così come solo su reagenti
alcalini per l’abbattimento di
SOx, HCl, ecc.
Negli ultimi anni sono stati sviluppati dei filtri anti-particolato
molto avanzati ed estremamente
compatti, in grado di rimuovere il
particolato contenuto nei gas esausti provenienti sia da motori
diesel pesanti che da altri tipi di
combustione o gassificazione.
LA FAMIGLIA ECO-JET CDF
(CATALYTIC DRY FILTER)
Questi filtri anti-particolato sono
stati sviluppati grazie all’esperienza maturata nella depurazione
dei fumi per motori marini funzionanti ad olio pesante. I gas di
zata, il substrato è impregnato con catalizzatori ossidanti di composizione
brevettata e in grado di lavorare anche in presenza
di elevati livelli di SO2.
Il catalizzatore, oltre che
migliorare la rigenerazione, rimuove gli inquinanti
ossidabili quali HC, CO e
una parte dei VOC per
una depurazione multicomponente.
Il particolato entra all’interno dei pori delle pareti
attraverso un’iniziale deFiltro catalizzato (portata 120.000 m3/h) posizione per diffusione e
si forma quindi uno strato
per eliminazione di particolato,
di particolato (composto
idrocarburi incombusti e NOx
da fuliggine e/o inerti). Al
scarico di questi motori sono par- fine di controllare le perdite di
ticolarmente complessi da trattare carico, il filtro anti-particolato
in quanto sono ricchi di SO2, han- viene rigenerato con varie tecnino elevati carichi di inerti (cene- che in funzione degli inquinanti
ri), fuliggine e idrocarburi incom- presenti e della composizione dei
gas di scarico da trattare.
busti.
I filtri sono stati sviluppati e ottimizzati per raggiungere: elevata LA RIGENERAZIONE
efficienza e affidabilità, operati- TERMICA
vità con elevate quantità di zolfo
presenti nel combustibile, genera- Nei casi in cui nel particolato sia
zione di basse perdite di carico, presente un’elevata percentuale
autorigenerazione e ridotte di- di fuliggine e nel gas da trattare
mensioni.
sia presente ossigeno in eccesso
Sulla base di questa esperienza e (come i gas di scarico dei motori
con le medesime caratteristiche, è diesel), la tecnica di rigenerazionata una famiglia di filtri con ne principale si basa su un’autoflusso a parete catalizzati deno- combustione totale e parziale.
minati ECO-Jet CDF, realizzati Viene, infatti, dispersa nel subsu una base di carburo di silicio strato filtrante una speciale forad altissima resistenza meccanica mulazione di catalizzatori ossiin grado di resistere a temperatu- danti in grado di promuovere la
re molto elevate, fino a circa combustione della fuliggine già a
1.200 °C. Nella versione cataliz- una temperatura di 350 °C, inve-
Via Circonvallazione 14 - 15050 Alzano Scrivia (AL)
Tel 0131.854611 - Fax 0131.854617 - E-mail [email protected]
Hi-Tech Ambiente
15
ce dei 600-650 oC di norma necessari senza catalizzatore. La
temperatura di autocombustione
catalizzata dipende anche dalla
composizione della fuliggine
stessa. Se il filtro funziona a temperature inferiori ai 300 oC è possibile attivare la rigenerazione innalzando la temperatura di una
parte del filtro, attraverso un riscaldatore elettrico oppure un
bruciatore di combustibile ausiliario. Grazie alla presenza dei
catalizzatori anche la rigenerazione termica ausiliaria ha un ridotto
consumo di energia, poiché il gas
non deve essere portato a temperature molto elevate per promuovere l’autocombustione. Rispetto
ad un filtro non catalizzato, il risparmio energetico per la rigenerazione termica risulta del 6070%.
LA RIGENERAZIONE
MECCANICA
Il filtro ECO-Jet CDF può anche
essere dotato di rigenerazione
meccanica ad aria compressa.
Questo sistema si rende necessario quando nel particolato sono
presenti elevate quantità di ceneri
e inerti. Il sistema consiste di un
lavaggio ad aria compressa in
contro flusso (on-line/off-line) in
grado di rimuovere il particolato
raccolto sulla superficie filtrante.
Il particolato rimosso viene catturato da uno speciale sistema, Vacuum Particle Removal, in grado
di inviarlo e raccoglierlo in un
serbatoio esterno.
I sistemi di rigenerazione termica
e meccanica possono essere presenti anche contemporaneamente
nei casi più complessi e garantiscono una completa rigenerazione, nonché un efficacie controllo
delle perdite di carico del filtro
nel tempo.
DEPURAZIONE
Potabilizzare
con il cemento?
Continua da pag. 14
L’uso di acqua piovana
que a contatto con il nostro corpo
(bagno, doccia, igiene personale,
lavaggio pentole e stoviglie), che
complessivamente incidono per il
49%; per questi usi è necessario
un trattamento che garantisca la
completa eliminazione dei solidi
sospesi e della contaminazione
microbiologica.
Infine, le applicazioni con requisiti più modesti come il bucato,
lo scarico del wc, l’annaffiatura
di orti e giardini e, dove consentito, il lavaggio delle auto, rappresenta il restante 49%. Per queste
applicazioni è sufficiente un semplice trattamento di decantazione
dei solidi grossolani e successiva
filtrazione. Il sistema è quindi costituito da un serbatoio interrato,
che raccoglie le acque provenienti dalle gronde; al di disotto del
livello di superficie del liquido è
posizionato, mediante galleggianti, il tubo di aspirazione. La pressione necessaria per inviare l’acqua alle diverse utenze è fornita
da una pompa; a monte di questa
è montato un filtro per l’eliminazione dei solidi sospesi. Il sistema è completato da un troppo
pieno, con recapito in fognatura,
e da una connessione alla rete
pubblica dell’acqua potabile, da
impiegare per le pulizie periodiche o in caso di prolungata siccità. Il costo di sistemi di questo
tipo è tra 800 e 1.000 euro, se-
condo la capacità richiesta per il
serbatoio interrato.
Per utilizzare l’acqua piovana per
gli usi igienici (bagno, doccia, lavaggio pentole e stoviglie) è necessario includere nel sistema anche uno stadio di debatterizzazione, che assicuri la distruzione dei
contaminanti microbiologici. I
metodi classici, come la clorazione, la sterilizzazione con ozono,
richiedono un serbatoio di accumulo a valle; i metodi più moderni, come le lampade UV e la microfiltrazione, possono essere installati direttamente sulla mandata della pompa, ma richiedono
una filtrazione più spinta e hanno
di solito maggiori esigenze di
manutenzione. Va anche tenuto
presente che l’acqua piovana ha
È stato recentemente presentato
alla manifestazione milanese
Fuorisalone, in un apposito
stand denominato Rainhouse, un
sistema di potabilizzazione dalle
caratteristiche decisamente innovative. Proposto dalla ditta
ungherese Ivanka, si basa su uno
speciale materiale, denominato
“biocemento”, in grado di filtrare l’acqua piovana, neutralizzandone contemporaneamente l’acidità e fornendo le sostanze minerali necessarie, in dosi ottimali per il consumo umano.
Il sistema è già stato sperimentato con successo in un impianto
pilota, installato da oltre 6 mesi
nel Parco Nazionale dell’altopiano del Balaton.
spesso un’eccessiva acidità (pH
tra 5,5, e 6 ), e questo comporta il
rischio di corrosione agli impianti
idrosanitari. È pertanto opportuna
l’installazione di un filtro antiacidità. Il costo di un sistema tipico,
con portata di 2.000-3.000
litri/ora, è intorno a 4.000 euro.
Il passo successivo, cioè la potabilizzazione, richiede, oltre ad assolute garanzie di debatterizzazione, anche il passaggio su carbone attivo (per rimuovere odori
REPERTORIO
dell’Ambiente
il “chi fa cosa”
delle ecotecnologie
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Hi-Tech Ambiente
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e sapori indesiderati), e l’aggiunta delle sostanze minerali che sono normalmente presenti nell’acqua potabile, ma assenti nell’acqua piovana. Inoltre, occorre essere sicuri che l’acqua, anche se
batteriologicamente pura in uscita
dall’impianto, non raccolga poi
contaminanti durante il percorso
fino al rubinetto di casa; per cui,
tutto l’impianto idrico deve essere periodicamente sottoposto a
trattamenti di clorazione.
DEPURAZIONE
TRATTAMENTO ACQUE RESIDUE
Il revamping dei depuratori
Con la “microbioflottazione ad aerazione forzata” si riducono i costi
ed aumentano le prestazioni di impianti a tecnologia classica
La Ciem Impianti, azienda con oltre trent’anni di esperienza nel
settore di trattamento delle acque
residue industriali, utilizzando la
propria tecnologia brevettata di
“microbioflottazione ad aerazione
forzata” mette a disposizione soluzioni tecniche per impianti exnovo e revamping di impianti esistenti, sia sottodimensionati che
con carenze tecniche, offrendo interessanti vantaggi soprattutto nel
caso di reflui biorefrattari con
trattamenti biologici convenzionali.
A titolo di referenza si riportano
gli esempi di due impianti di depurazione per acque residue da
processo industriale, di una tintoria di un importante gruppo tessile italiano e di un’azienda spagnola specializzata nel recupero e
smaltimento dei vari scarti industriali. Le diverse difficoltà nella
gestione quotidiana degli impianti, ed in particolare i costi elevati
e l’incostante rendimento depurativo, hanno condotto le proprietà
a prendere la decisione di effettuare un revamping dei depuratori.
Gruppo di ossigenazione
IL REVAMPING PER TINTORIA
L’attività di revamping è avvenuta
durante l’estate 2007, approfittando del fermo estivo, al fine di migliorare tutte le fasi del processo
depurativo per una più efficiente
ed ottimale funzionalità generale.
In dettaglio sono stati eseguiti i
seguenti interventi:
- il vecchio sistema di aerazione
installato nella vasca di ossidazione è stato sostituito dal sistema ad
aerazione forzata di “microbioflottazione”;
- la vasca di stabilizzazione fanghi
aerobica è stata eliminata dal processo utilizzandola invece come
Ingresso acqua residua
nuovo locale pompe, così da evitare l’occupazione di una nuova area aziendale dedicata;
- il sistema di dosaggio chemicals
alla fase di sedimentazione finale
è stato modificato e migliorato;
- il quadro elettrico di nuova generazione è dotato di un software per
un totale funzionamento automatico ed “intelligente”, con controllo
completo dei motori e del processo depurativo, con autoregolazione in funzione dei cicli produttivi
in fabbrica.
A seguire vengono riassunte le
differenze nelle principali voci
che intervengono nel calcolo del
costo gestione impianto, prima e
dopo l’intervento di revamping su
un impianto esistente, dotato di
aeratori meccanici. Il nuovo impianto con il sistema di “microbioflottazione ad areazione forzata” del refluo, ha permesso di abbattere sia gli inquinanti presenti,
che i costi per consumo chemicals, riducendo inoltre la potenza
installata/assorbita e le necessità
per la manutenzione ordinaria/
straordinaria.
In ogni caso, il miglior risultato in
Sistema MBR
Hi-Tech Ambiente
18
DEPURAZIONE
termini operativi è stato il conseguimento di una completa indipendenza del processo produttivo
in fabbrica dalle problematica gestionali del vecchio impianto di
depurazione.
I MOLTEPLICI VANTAGGI
L’alta efficienza nel trasferimento
dell’ossigeno del sistema di “microbioflottazione”, consente una
netta diminuzione dei motori installati (10 contro 3) che portano
la potenza installata da 284 kW a
164 kW, con una diminuzione del
consumo di energia del 52 % (da
4.300 kWh/giorno a 2.076
kWh/gg) diminuendo i consumi
fino a 2.000 kWh/gg. Questo si
tramuta in una minor manutenzione sui motori installati e, nel caso
di una manutenzione straordinaria,
i giorni di fermo impianto scendono da 15 a 6 giorni, influendo positivamente sui costi totali della
manodopera (con abbattimenti di
oltre il 55 %).
Anche il minor consumo di chemicals necessari per la chiariflocculazione ha inciso positivamente
sui costi dell’azienda. Nel vecchio
impianto i dosaggi complessivi di
coagulante e flocculante raggiungsero di media i 265 ppm, con un
consumo di quasi 400 kg/gg. La
tecnologia di “microbioflottazione” ad alte prestazioni agevola la
formazione di fango, che garantisce un minor consumo di chemicals pari a 192 ppm con un consumo giornaliero di 288 kg/gg, risparmiando circa il 30% sui costi
derivati dall’acquisto di prodotti
chimici. Grazie all’alta efficienza
nel trasferimento dell’ossigeno
che garantisce una stabilizzazione
aerobica dei fanghi, il sistema di
“microbioflottazione” permette
anche la diminuzione del fango di
circa il 54%, passando dai 640 kg
SS/gg a 292 kg SS/gg con conseguenti diminuzioni dei costi di trasporto e di smaltimento dei fanghi
disidratati prodotti.
Le analisi chimiche effettuate
sull’acqua in uscita dal nuovo impianto di depurazione, mostrano
l’efficienza del sistema di “microbioflottazione”.
Le concentrazioni di COD in uscita dal nuovo impianto, difatti, risultano avere concentrazioni medie sui 40 mg/l (contro i 160 mg/l
del vecchio impianto), raggiungendo abbattimenti di COD pari al
95% rispetto al refluo in entrata
(1.400 mc/g con 850 mg/l di
COD) ed abbattimenti sugli SS
pari all’80% (da 50 mg/l a 10
mg/l), restando a concentrazioni di
molto inferiori rispetto ai valori limiti di scarico in acque superficiali imposte per legge.
IL REVAMPING
PER TRATTAMENTO
RIFIUTI INDUSTRIALI
Il secondo caso di revamping interessa un’azienda spagnola per il
trattamento di un acqua carica di
inquinanti provenienti dal recupero di vari processi industriali (plastiche, vernici, oli minerali, scarti
industriali, ecc.).
Continua a pag. 20
Vasca biologica con EOX
Hi-Tech Ambiente
19
DEPURAZIONE
Continua da pag. 19
ciata ad un sistema di “microbioflottazione” con EOX (reattore esterno) ha dato ottimi risultati in
termini di rimozione dei macroinquinanti, solidi sospesi e sostanze
nutritive. In particolare, la rimozione dei solidi sospesi totali si
può considerare completa.
Il vecchio impianto prevedeva un
sistema primario con una filtrazione, un pretrattamento con processo Fenton ed un sistema biologico
per l’ossidazione biologica con
una sedimentazione finale. Viste
le numerose variazioni sistematiche in base alla stagionalità dei
mercati, il flusso di refluo da trattare è sempre stato incostante e
quindi il sistema biologico in uso
aveva prestazioni scarse.
L’installazione di un sistema di
ossigenazione esterna EOX (reattore di ossigenazione) associato ad
un sistema di membrane MBR ha
permesso di mantenere sufficiente
la quantità di biomassa all’interno
della vasca biologica ed assicurare
un’alta efficienza di trattamento
anche con flussi incostanti.
Il revamping dei depuratori
La necessità di elevati standard di
qualità e la possibilità di riutilizzo
delle acque reflue trattate, determina l’esigenza di adottare processi avanzati di trattamento delle
acque reflue.
Tra le migliori tecnologie disponibili nel settore biotecnologico,
quella MBR è l'opzione migliore
per il raggiungimento di tali risultati. L'applicazione di MBR asso-
I RISULTATI CONSEGUITI
Il revamping del sistema biologico
con un sistema EOX + MBR ha
portato ad un abbattimento del
COD di circa l'84–94%, mentre
per l’azoto, grazie ad un processo
nitro-denitro, si sono avute rese
nel range dal 85% al 98%, mediante la capacità di mantenere
all’interno dell’impianto biomassa
nitrificante e denitrificante esercitata dalle membrane di ultrafiltrazione.
La rimozione della sostanza organica è molto efficace nei sistemi
MBR, generalmente maggiore del
90%; inoltre, grazie alla capacità
di separazione delle membrane, la
tecnologia si è mostrata particolarmente adatta per la rimozione di
alcune classi di composti, come
tensioattivi non ionici (BiAS) ed
alcuni inquinanti clorurati (esaclorobenzene e PCB), composti aromatici (PAH) e diossina, arrivando quasi al 100% di rimozione.
A seguito dell’installazione
dell’impianto di “microbioflottazione” con reattore esterno EOX,
grazie alla specificità nel trattamento delle acque tossiche e biorefrattarie, il vecchio pretrattamento con processo Fenton è stato
spento (o utilizzato solo in rari casi) con un risparmio importante (>
35%) dei costi complessivi di gestione e manutenzione.
Hi-Tech Ambiente
20
DEPURAZIONE
I RECENTI SVILUPPI TECNOLOGICI
La gestione acque in birreria
Riduzione dei consumi di acqua in fase produttiva, recupero
del retentato e assenza di masse filtranti esauste da inviare in discarica
Fino a qualche decennio fa era
considerato normale utilizzare 6 o
7 litri di acqua per ogni litro di birra prodotta; e circa il 70% dell’acqua utilizzata finiva poi nelle acque di scarico, con conseguenti
costi elevati di depurazione. Oggi
le più grandi compagnie produttrici di birra, come Carlsberg e Heineken, hanno ridotto il consumo di
acqua ad una media di 4 litri per
ogni litro di birra; Carlsberg vanta
attualmente il primato, con 3,2 litri negli stabilimenti più avanzati
dal punto di vista tecnologico,
mentre Heineken punta a aggiungere 3,9 litri nel 2015.
Questi risultati sono stati raggiunti
soprattutto grazie a perfezionamenti nelle tecnologie tradizionali;
ma ormai è diventato evidente che
per ottenere ulteriori miglioramenti è necessario utilizzare tecnologie più avanzate, come l’ultrafiltrazione o l’osmosi inversa, e riutilizzare il più possibile le acque di
processo.
Con i più recenti sviluppi tecnologici, dovrebbe essere possibile ridurre ulteriormente i consumi di
acqua, arrivando a valori da 2,5 a
2,2 litri per ogni litro di birra prodotta.
birra, ma la durata della massa filtrante è limitata, e quando questa
si intasa non può essere rigenerata
e deve essere smaltita in discarica.
Queste limitazioni hanno spinto a
ricercare metodi di filtrazione alternativi, facendo ricorso alle tecnologie di filtrazione e ultrafiltrazione su membrane; il leader attuale nell’applicazione di queste
tecnologie al settore della birra è
la società americana Pentair, che si
avvale di una tecnologia olandese
relativa alla produzione di membrane a fibra cava in polietersolfone, con diametro della fibra di 1,5
Continua a pag. 22
ADDIO ALLA FARINA FOSSILE
Per secoli il metodo utilizzato per
filtrare le cellule di lievito dalla
birra è stato il passaggio su filtri di
farina fossile (detta anche terra di
diatomee o kieselguhr). Si tratta di
una roccia sedimentaria, costituita
dal residuo fossile dell’esoscheletro di alghe microscopiche della
famiglia delle diatomee; è una sostanza di origine naturale ed è assolutamente sicura, in quanto non
cede alcun composto estraneo alla
Hi-Tech Ambiente
21
DEPURAZIONE
Continua da pag. 21
caldaia con acqua trattata con i
consueti metodi occorre effettuare
spurghi periodici per prevenire la
formazione di depositi e incrostazioni sul fondo della caldaia sessa;
alimentando con acqua ottenuta
dal processo di osmosi inversa è
stato possibile ridurre a 1/3 la frequenza degli spurghi. Un altro impiego dei processi a membrana,
particolarmente utile nei Paesi in
cui la disponibilità di acqua è limitata, è la possibilità di riutilizzare
buona parte delle acque in uscita
dal trattamento biologico per usi
di pulizia generale e nei primi stadi di lavaggio delle bottiglie. Questo è stato reso possibile da un
trattamento a membrana, sviluppato dalla già citata ditta Pentair.
La gestione acque in birreria
mm e diametro dei pori pari a 0,5
micron. Queste membrane, particolarmente robuste, sono assemblate in moduli di 2.800 unità ciascuno e inserite in un dispositivo
che applica, oltre al flusso tangenziale alle membrane, anche un
flusso perpendicolare che ne assicura la pulizia; in questo modo è
possibile ottenere una durata di
servizio corrispondente a 400 cicli.
L’IMPORTANZA
DELLE MEMBRANE
I processi di filtrazione su membrana sono oggi utilizzati da tutti i
grandi gruppi internazionali, e si
calcola che ogni anno vengano così filtrati 60 milioni di ettolitri di
birra.
Oltre ad evitare l’invio a discarica
delle masse filtranti esauste, l’adozione della filtrazione su membrana consente il recupero del flusso
di scarto (retentato), che può essere utilizzato per operazioni di lavaggio delle bottiglie o, successivamente, trattato con altri processi
LA TECNOLOGIA BIOELETTRICA
a membrana per ottenere acqua di
alta qualità per l’alimentazione
delle caldaie. Ad esempio, la ditta
inglese Weston Cyder ha installato
un sistema di recupero delle acque
di processo mediante osmosi inversa, che ha consentito di utilizzare l’acqua così trattata per alimentare una caldaia da 2.000
kg/ora che produce vapore per le
varie esigenze del processo, comprese la pastorizzazione del prodotto finito e diverse operazioni di
pulizia; in questo modo è stato
possibile ottenere un risparmio di
60.000 euro/anno nei costi relativi
al combustibile e al trattamento
delle acque. Infatti, alimentando la
Una novità assoluta, della quale
ancora non sono disponibili i dettagli tecnici, è la tecnologia bioelettrica Ecovolt, sviluppata dalla
ditta americana Cambrian Innovation (uno “spin off” del prestigioso
M.I.T.). Il processo usa microorganismi scoperti recentemente e
denominati “elettrogenici”, in
quanto hanno la capacità di pro-
DEPURAZIONE
durre energia elettrica dalle acque
di scarico; il sistema comprende
anche microorganismi di un’altra
specie, che utilizzano energia elettrica e CO2 per produrre metano,
che viene impiegato sul posto per
produrre calore e/o energia elettrica. Il sistema Ecovolt ha la capacità di convertire in metano 8090% del BOD delle acque in ingresso, e consente di dimezzare i
consumi di energia elettrica di una
tipica birreria, producendo al contempo una quantità di acqua depurata sufficiente a coprire il 10%
del fabbisogno; è stato calcolato
che il tempo di ritorno dell’investimento risulterà inferiore a 4 anni. Il sistema Ecovolt è già stato
installato presso due birrerie californiane: la Bear Republic
Brewing e la Lagunitas Brewing;
in quest’ultima è stato possibile eliminare completamente il trasporto via autobotte dei reflui all’impianto pubblico di depurazione,
che richiedeva 3.000 carichi ogni
anno.
IL RIUTILIZZO DELLA CO2
La fermentazione del malto d’orzo, che è alla base della produzione della birra, produce grandi
quantità di CO2, che attualmente
vengono disperse in atmosfera.
Oltre all’impiego con il processo
Ecovolt, è possibile concentrare
questa CO2 e utilizzarla per produrre bevande gassate; ma le tecnologie finora disponibili risultavano scarsamente convenienti, a
causa dei consumi molto alti di energia elettrica e di acqua.
Per superare questo problema l’Unione Europea ha promosso un apposito progetto di ricerca, coordinato dalla società danese Union
Engineering, e denominato ECO2
Brew; la prima installazione industriale del processo è stata compiuta con successo presso lo stabilimento Carlsberg situato nella
città danese di Fredericia.
Il processo ECO 2 Brew prevede
diversi stadi, tra i quali la pressurizzazione e la disidratazione della
CO2. Grazie a questo nuovo processo, si ottiene CO2 ad alta purezza con minori consumi di acqua ed
energia elettrica, ed a costi inferiori del 15% rispetto a quello dei
processi convenzionali; la Carlsberg ha calcolato un risparmio
nei consumi idrici corrispondente
a 12,9 milioni di litri/anno ed una
riduzione del 20% nei consumi di
energia elettrica.
RIFIUTI
T R A T T A M E N T O E S M A L T I M E N T O
PROGETTO GY.ECO
Il gesso di riciclo
Allo studio un sistema per il recupero degli intonaci edilizi
da utilizzare come additivo nella produzione di cemento
In totale, si stima che in tutto il
mondo vengano prodotte ogni anno circa 80 milioni di tonnellate di
gesso e prodotti derivati come il
cartongesso (di questi, circa
700.000 ton/anno vengono prodotti in Italia). La maggior parte del
cartongesso prodotto finisce in discarica: l’industria europea del
cartongesso produce circa 15 milioni di ton/anno di rifiuti (di cui
400.000 ton in Italia).
La legislazione europea intende
promuovere il riciclaggio dei rifiuti a base di gesso; ma attualmente solo una minimima quantità
di questi rifiuti viene riciclata,
mentre altri rifiuti derivanti da attività di costruzione e demolizione
vengono riutilizzati per la realizzazione di materiali per costruzioni stradali. L’ostacolo è principalmente l’elevata solubilità del gesso, che rende questo materiale inadatto per applicazioni all’aria aperta; ma i rifiuti in cartongesso
costituiscono una risorsa da cui è
possibile ottenere nuove materie
prime che possono essere utilizzate nell’industria cementizia, al posto del gesso grezzo di origine mineraria.
Per questo motivo, il gruppo fran-
Cava di gesso
cese Gyproc Saint-Gobain (specializzato nella produzione di sistemi a secco e intonaci per l’edilizia) ha lanciato il progetto
Gy.Eco, che intende sviluppare un
sistema per la gestione e la lavorazione dei rifiuti a base di intonaco
e cartongesso derivanti dalle attività edilizie, allo scopo di recuperare il gesso come additivo nella
produzione di cemento. Gli obiettivi specifici del progetto sono:
- produrre nuova materia prima a
partire da scarti e rifiuti a base di
gesso, al fine di salvaguardare
l’ambiente e le risorse naturali, riducendo la quantità dei rifiuti di
gesso smaltiti in discarica
- ridurre lo smaltimento illegale
dei rifiuti derivanti dall’edilizia,
creando una rete nazionale per il
riciclaggio di questi rifiuti
- definire criteri per lo sviluppo di
nuovi mercati per i prodotti riciclati e promuovere il loro riutilizzo nel settore edile
- ridurre l’estrazione del gesso naturale
- produrre un materiale grezzo secondario a basso impatto ambientale secondo procedure certificate.
In questo modo, il progetto
Gy.Eco si propone di sviluppare
in Italia un sistema di recupero e
gestione dei rifiuti in grado di trattare 15.000 ton/anno di rifiuti in
Hi-Tech Ambiente
24
cartongesso in tre impianti pilota,
e di recuperare circa 14.500
ton/anno di gesso, coinvolgendo
anche i produttori di materiali in
cartongesso; una particolare attenzione è riservata alla “filiera corta”, in quanto il progetto si propone di raccogliere e trattare il 70%
dei rifiuti prodotti nel raggio di
300 km dagli impianti. Ciò significa garantire il recupero del 95%
del materiale di scarto: dall’inizio
del progetto Gy.Eco (gennaio
2012) sono già stati recuperati oltre 2.000 ton di scarti a base di
gesso (che sono stati trasformati
in altrettanta materia prima per
uso industriale), con un risparmio
complessivo di risorse naturali pari a quasi 1.000 mc di gesso “vergine”.
Nel settembre dello scorso anno è
stato inaugurato il secondo impianto italiano della Gyproc SaintGobain presso Sassofeltro (PU)
che ospita la nuova tecnologia
produttiva e il sistema di recupero; l’azienda si propone così di estendere il progetto all’intera area
dell’Italia centrale, affiancandosi
al sito Gy.Eco già attivo a Guglionesi (CB) e al terzo, già previsto
per l’area settentrionale, a Monti-
RIFIUTI
Scarti di cartongesso
glio Monferrato (AT). Una volta
entrato a regime, l’impianto di
Sassofeltro sarà in grado di trattare 10.000 ton di rifiuti/anno, garantendo la produzione di oltre
9.000 ton/anno di “nuovo” gesso,
che sostituirà in parte quello naturale tuttora estratto dalla cava limitrofa (anch’essa gestita da Gyproc). Presso l’impianto marchigiano, gli scarti vengono lavorati
per mezzo di un sistema meccanico di frantumazione e vagliatura,
che separa la frazione gessosa dal
supporto in cartone; inoltre, con
un magnete vengono separati profili metallici e altra ferramenta eventualmente ancora presenti. Si
ottiene così una frazione gessosa
con un grado di purezza del 9598%, che può essere reimmessa
nel ciclo produttivo del cartongesso miscelandola con il gesso da
cava; allo stesso modo il gesso recuperato può essere utilizzato anche nei cementifici. Uno dei principali elementi innovativi del progetto Gy.Eco consiste nell’utilizzo
di un sistema “mobile” di trattamento dei rifiuti, che può essere
spostato rapidamente da un sito di
recupero all’altro. Ciò assicura la
possibilità di regolare la produzione oraria di materiale recuperato a
seconda delle specifiche esigenze
di ciascun centro di recupero, oltre
a ridurre i periodi di inattività rispetto a un impianto fisso e assicurare un minore ingombro grazie
alla compattezza del sistema; inoltre, l’impianto non necessita di
fondazioni, e ogni sito di recupero
può usufruire in altro modo dell’area dove è posizionata la struttura
mobile nei periodi in cui essa opera altrove.
Scarti di cartongesso presso il sito di Sassofeltrio (PU)
Hi-Tech Ambiente
25
RIFIUTI
SOPRATTUTTO IN EUROPA
Il mercato WtE rallenta
Nei prossimi anni si stima che il settore
del Waste-to-Energy subirà un calo di volume
In tutto il mondo, ci sono quasi
2.200 impianti di incenerimento
dei rifiuti, con una capacità di
smaltimento di circa 255 milioni
di tonnellate di rifiuti all'anno.
Entro il 2017, saranno costruiti
circa 70 nuovi impianti per una
capacità di circa 75 milioni di tonnellate annue. Nonostante questi
dati, le previsioni dicono che il
mercato del Waste-to-Energy
(WtE) rallenterà, soprattutto in
Europa. Secondo un nuovo studio
di Ecoprog, il mercato mondiale
del WtE continuerà a crescere fino al 2015, quando circa 45 impianti di incenerimento, con una
capacità approssimativa di 15 milioni di tonnellate annue, andranno a regime. In seguito, tuttavia,
la crescita rallenterà, in particolare in Europa, dove la messa in
funzione di nuove capacità passerà da circa 3,5 milioni di tonnellate annue nel 2015 a meno di 2
milioni di tonnellate annue nel
2017. Ad oggi il mercato britannico è in crescita, a dispetto di quello tedesco e olandese, paesi in cui
l’industria del WtE si è fermata;
tuttavia, anche in Gran Bretagna
si assisterà ad una battuta d’arresto, nel momento in cui il mercato
locale raggiungerà la saturazione,
e ciò lo porterà a decrescere. Dopo il 2015/2016 al più tardi, infatti, la domanda di impianti per il
WtE da parte del Regno Unito ci
si aspetta che rallenterà gradualmente.
In Europa orientale, al contrario,
il numero di commesse di termovalorizzatori aumenterà nel medio
termine, sebbene non tanto da
compensare il calo d’oltremanica.
In altri mercati in crescita potenziale (Spagna o Francia, per esempio), la pressione da parte dell'Unione Europea per attuare la direttiva comunitaria sulle discariche
non è ancora abbastanza forte. Inoltre, in questi paesi i finanziamenti sono limitati a causa della
crisi dell'euro.
Nel complesso, gli investimenti
nella costruzione di nuovi impianti di incenerimento in Europa di-
Hi-Tech Ambiente
26
minuirà di circa il 40% pari a circa un miliardo di euro entro il
2017. Nello stesso anno, il mercato per la manutenzione e il rinnovo di impianti esistenti incrementerà di pari misura. I costruttori di
impianti già oggi si sono accorti
di questo trend. Sebbene, nel
complesso, la loro situazione economica attuale sia ancora positiva,
evidenziano che il proprio portafoglio ordini è troppo basso.
Al di fuori dell'Europa, la Cina rimane il mercato più importante
anche per negli anni a venire. Nei
prossimi cinque anni, circa 125
nuovi impianti con una capacità di
40 milioni di tonnellate saranno
realizzati in Cina. Il mercato del
WtE cinese è a un elevato livello,
anche se i dati locali diffusi sulla
capacità di incenerimento devono
essere ridimensionati a causa del
basso potere calorifico dei rifiuti
cinese. Con un giro d’affari di circa 15,4 miliardi di euro l’anno il
mercato cinese nei prossimi cinque anni risulterà comunque inferiore a quello europeo (17,8 miliardi di euro), e ciò è anche dovuto ai diversi standard tecnici dei
mercati.
Complessivamente, la domanda
proveniente da Europa e Asia orientale continuerà a dominare il
mercato mondiale. Al di fuori di
queste aree, vi è solo una domanda sporadica di impianti per il
trattamento termico dei rifiuti e
questa richiesta è spesso limitata a
singoli progetti. Ciò vale soprattutto per il mercato nord americano, dove l'industria non si aspetta
alti investimenti in ammodernamenti, figuriamoci in nuove costruzioni.
Nonostante le tante aspettative,
non vi è quasi alcuno sviluppo del
WtE nei mercati emergenti come
Brasile, India e Sud Africa. Sebbene questi paesi accusino grossi
problemi di smaltimento, ad oggi
le forme di tassazione sui rifiuti
sono ancora mancanti o comunque limitate. La messa in funzione
dell'impianto di incenerimento a
New Delhi, in India, potrebbe
però servire da modello per il paese, considerando che la richiesta
di nuovi impianti è di recente aumentata.
I costruttori cinesi di inceneritori
si orientano sempre più verso i
mercati emergenti. Nei mesi scorsi, sono riusciti ad acquisire le prime commesse al di fuori della Cina. La concorrenza nell’industria
del WtE aumenta.
RIFIUTI
RIFIUTI DEL CAFFE’
TECNOECOLOGY
Come smaltire le cialde La pelacavi Master 140
Mentre non ci sono particolari problemi per lo smaltimento dei normali fondi di caffé (possono essere
conferiti agli impianti di compostaggio oppure, se in grandi quantitativi, utilizzati per la produzione di
pellets per riscaldamento), le capsule e cialde delle macchine espresso
casalinghe ponevano il consumatore di fronte ad una difficile scelta.
Teoricamente l’utente avrebbe dovuto tagliare la capsula, scaricare la
polvere di caffè esausta nei rifiuti
organici, sciacquare la capsula in
plastica e metterla tra i rifiuti da imballaggio. Facile immaginare che
nella maggior parte dei casi la capsula usata finiva direttamente tra i
rifiuti indifferenziati; si stima che in
Italia vadano gettate circa 1 miliardo di capsula ogni anno!
Il problema è stato risolto dalla Novamont, che ha messo a punto tipi
particolari di Mater-Bi di 4a generazione, adatti per la produzione di
cialde, capsule, carte filtro e film di
chiusura. Sarà così possibile confe-
rire nel contenitore dei rifiuti organici i contenitori esausti, insieme al
loro contenuto in caffè, senza complicate operazioni di separazione.
Un’altra soluzione è stata recentemente presentata dall’azienda triestina Illy, che in collaborazione con
la ditta Eurven (divisione ambientale di Euromeccanica) propone una
“macchina mangiacapsule”, da installare presso supermercati e altri
esercizi pubblici. Gli utenti potranno conferire le capsule usate, e riceveranno in cambio un buono sconto
per l’acquisto di capsule nuove; la
macchina provvederà a macinare le
capsule, separare e compattare automaticamente i diversi materiali.
Tecnoecology è da anni attiva nel
riciclo dei metalli, con macchinari
che si differenziano per semplicità ed efficienza.
In collaborazione con l’azienda
Grimo, progetta e realizza macchine e sistemi per il recupero del
rame e dell’alluminio contenuto
nei cavi elettrici di varie dimensioni. Il prodotto di
punta dell’azienda è
la pelacavi Maxi
100, evolutasi nel
corso del tempo ma
che rimane un elemento insostituibile
nel mondo del riciclaggio. Di recente
è stata affiancata
dalla pelacavi Master 140, progettata
per lavorare i cavi
elettrici separando il
rame o l'alluminio
da involucri difficilmente rimovibili o
di dimensioni eleva-
Hi-Tech Ambiente
27
te. La macchina ha un consumo elettrico di 380 Volt/6 kW, un peso
di 660 kg, dimensioni d'ingombro
pari a 1,2 m di altezza per 1,8x1
m di larghezza, una velocità di lavorazione di 12 m/min, ed è in
grado di lavorare cavi elettrici con
diametro compreso tra 30 e 140
mm.
DIFFERENZIAMOCI
CARTA E CARTONE
ECOLAMP E VERITAS
Progetto “Buone Idee” Nuova luce al recupero
Le idee che non lasciano un segno
sull’ambiente, che non producono
impronte, sono “buone idee”. Sono quelle che si rinnovano all’infinito senza mai inquinare, come la
carta e il cartone.
Ce lo insegna Bestack, consorzio
non profit di ricerca che riunisce a
livello nazionale i produttori di im-
ballaggi in cartone ondulato per
ortofrutta, che porta la sostenibilità
sui banchi di scuola con il Progetto
delle Buone Idee, un’iniziativa ludico-didattica rivolta agli alunni
delle scuole elementari di tutta Italia (classi quarta e quinta) per sensibilizzare i ragazzi e i loro insegnanti sull’impatto ambientale del
packaging, su una corretta alimen-
tazione a base di frutta e verdura e
sull’importanza delle risorse rinnovabili, come il cartone ondulato,
materiale prezioso e amico della
natura, 100% green. Il progetto
prevede nello specifico un percorso ludico didattico nelle scuole,
che comprende anche una guida
online per insegnanti e genitori e
delle video lezioni, e un concorso
di creatività per piccoli fumettisti
in erba. Il Progetto delle Buone Idee è, in pratica, un viaggio multimediale alla ricerca di comportamenti sostenibili nel mondo della
carta e del cartone ondulato, per
stimolare nei più piccoli un approccio critico sul materiale di imballaggio, sulla sua provenienza, il
suo utilizzo e il suo corretto riciclo. Le classi che partecipano sono
chiamate a realizzare quattro elaborati grafici in formato A4 sotto
forma di fumetto, illustrazione o
vignetta sul tema dell’ambiente e
del packaging che non inquina.
Le iscrizioni sono aperte dal 15
settembre fino al 31 ottobre: per
partecipare alla selezione occorre
inviare la richiesta a [email protected].
E’ arrivata a Venezia l’iniziativa
“Nuova luce al recupero” promossa da Ecolamp in collaborazione con Veritas, la multiutility
locale. La partnership vuole fornire un servizio concreto di supporto all’attività dei grossisti di
materiale elettrico, impegnati
nella raccolta delle lampadine esauste provenienti dall’uno contro uno, e facilitare la conoscenza e l’utilizzo di tale canale a disposizione dei cittadini.
I rivenditori hanno ricevuto dal
Consorzio i contenitori più adeguati alla raccolta delle
lampadine non più
funzionanti, i materiali
informativi sia per il
personale sia per i
clienti sul tema del riciclo delle sorgenti luminose e, soprattutto,
sono interessati da un
servizio che con cadenza mensile garantisce il ritiro dei contenitori pieni e il rifornimento di nuovi. Le
lampadine raccolte dai
grossisti verranno
quindi trasportate da
un apposito mezzo dedicato a “Nuova luce
al recupero” alle isole
ecologiche comunali
per il successivo trasporto agli impianti di
trattamento autorizzati,
consentendo il riciclo
Hi-Tech Ambiente
28
di oltre il 95% dei materiali.
<<Sono lieto che Ecolamp sia
riuscita ad avviare questo servizio anche a Venezia, grazie alla
collaborazione di Veritas – dichiara Fabrizio D’Amico, direttore generale di Ecolamp – e sono certo che l'iniziativa otterrà il
consenso che merita grazie alla
partecipazione degli esercizi
coinvolti ma soprattutto dei cittadini>>.
Al momento, infatti, l’iniziativa
è attiva anche a Milano e Torino,
ma a breve lo sarà anche altrove.
BIOMASSE & BIOgAS
B I O M A S S A - B I O g A S - B I O M E TA N O - C O g E N E R A z I O N E
E’ DISPONIBILE E FUNZIONA
La torrefazione oggi
Richiesta in crescita di applicazioni su piccola scala di prodotti
torrefatti, ma i progressi non sono veloci quanto ci si aspettava
La torrefazione, ossia la tostatura
lenta del materiale da biomassa
per migliorarne il contenuto energetico, è stata promossa come parte della soluzione per implementare la bioenergia su larga scala.
L'industria afferma che la tecnologia della torrefazione funziona ed
è disponibile, ma la sua diffusione
non è stata rapida quanto auspicato.
Ad oggi, la torrefazione è ancora
l'ultima arrivata nel campo della
bioenergia, dopo essere emersa
intorno al 2007 come il "carburante solido rinnovabile del futuro".
È considerata un'alternativa alla
combustione del carbone polverizzato ed ha anche una buona posizione negli apparecchi di riscaldamento su media scala.
Il processo di torrefazione comporta il riscaldamento di materiali
come il legno, i materiali di scarto
e le colture, ad una temperatura di
200-300 °C senza ossigeno. Il ri-
scaldamento lento tosta la biomassa, rilasciando i composti volatili
e scomponendo le emicellulose. Il
risultato è un prodotto secco e torrefatto che è stabile, friabile, più
facile da macinare rispetto alla
biomassa originale e meno suscettibile alla decomposizione biologica nei magazzini.
Il processo, comunque, comporta
delle difficoltà. Benché la tostatura e il processo di seccatura migliorino il contenuto di
energia/carbonio, l'alta densità del
materiale torrefatto ne rende il trasporto e la conservazione difficile
dal punto di vista economico. Una
soluzione è stata "addensare" il
materiale trasformandolo in pellet. La densificazione, però, implica altre difficoltà.
<<Molte aziende hanno sottovalutato i problemi che comporta la
densificazione – afferma Michael
Continua a pag. 31
Hi-Tech Ambiente
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BIOMASSE & BIOGAS
CONSORZIO CIB
Il biogas come risorsa
Il settore della digestione anaerobica e gassificazione da agricoltura
può fare da volano per la bioeconomia italiana
<<La tecnologia applicata alla
produzione di biogas può fare da
volano alla bioeconomia italiana,
affrontando contemporaneamente
i problemi strutturali della crisi
dell’agricoltura e del manifatturiero italiani>>. E’ quanto afferma Piero Gattoni, presidente del
CIB, il Consorzio italiano biogas,
che rappresenta il comporto della
digestione anaerobica e gassificazione da agricoltura, una filiera
quasi tutta italiana.
<<Che cosa manca per esprimere
il potenziale italiano? Una cultura
agricola e industriale condivisa
dalle classi dirigenti – spiega Gattoni - un grande sforzo di ricerca
industriale e alcuni provvedimenti legislativi che favoriscono la
pianificazione di medio periodo
nel settore della cogenerazione e
della produzione di biometano.
Gli impianti a biogas non riguardano solo la produzione di energia elettrica rinnovabile, ma possono essere visti come piattaforma tecnologica in grado di migliorare l’efficienza nella produzione di alimenti e foraggi e stimolare la produzione sostenibile
di fertilizzanti naturali, semilavorati per l’industria chimica, energia elettrica, termica e biometano.
Nell’industria del gas non siamo
secondi a nessuno. Terzi produttori di biogas al mondo, sesto
mercato mondiale per il metano
in autotrazione, forte avanzamento nella componentistica, nella
meccanica agricola e nella chimica verde. La nostra ricerca presenta punte di eccellenza nel settore agronomico, chimico e industriale, in grado di continuare a
sviluppare tecnologie che produr-
ranno lavoro nel nostro Paese>>.
L’agricoltura mediterranea pugliese, e in generale quella, si
presterebbe maggiormente all’utilizzo di biogas, una fonte rinnovabile che, partendo dall’utilizzo
di sottoprodotti agroindustriali e
colture di integrazione, può incidere favorevolmente sul reddito
delle imprese e migliorare l’impatto ambientale dell’attività agricola.
<<Il biogas – afferma Gattoni –
se integrato in un’azienda agricola rappresenta una grande opportunità per differenziare e rafforzare l’attività tradizionale, che subisce pesantemente gli effetti della
crisi. La digestione anaerobica
permette di migliorare la sostenibilità e le competitività delle aziende perché consente di produrre energia da una fonte rinnovabi-
Hi-Tech Ambiente
30
le e consente, allo stesso tempo,
di ridurre i costi di fertilizzazione, diversifica gli sbocchi di mercato e rafforza le capacità di credito delle aziende agricole.
Eppure ci sono territori italiani in
cui il numero di impianti a biogas
installati rimane ancora basso, come ad esempio in Puglia, dove è
solo l’1% sul totale nazionale,
nonostante le due elevate potenzialità.
<<Partendo dall’esperienza già
sviluppata in altri territori italiani
– afferma Gattoni – possiamo lavorare con il mondo della ricerca,
l’industria tecnologica e della
meccanizzazione agraria, le imprese agricole e le istituzioni per
promuovere in Puglia un modello
del “biogas fatto bene” da esportare in tutta l’area Mediterranea>>.
BIOMASSE & BIOGAS
Allo stato attuale, la Francia ha circa 230 impianti a biogas attivi, con
una potenza installata di circa 110
MW elettrici, e quasi il 50% di questi impianti sono stati commissionati negli ultimi due anni. Questo
boom è iniziato nel 2011, quando la
tariffa feed-in per il biogas è stata
aumentata.
Finora, sono stati soprattutto gli impianti a biogas da biomassa agricola a beneficiare di questi incentivi;
ma oggi viene sempre più supportata anche la produzione di biogas a
partire dai forsu e dagli scarti agoindustriali.
Con questi presupposti la forte espansione del mercato francese degli impianto a biogas subirà addirittura un’accelerata negli anni a venire. Circa 500 nuovi impianti a biogas, per una potenza installata di
circa 200 MWe, saranno commissionati entro il 2020, il che significa
che sia il numero di impianti sia la
Continua da pag. 29
La torrefazione oggi
Wild, presidente del Consiglio internazionale della torrefazione di
biomassa (IBTC). Non è difficile
produrre pellet, ma rendere questo
processo efficiente con un consumo di energia e un'usura degli
strumenti accettabili si è rivelato
molto più complicato>>.
È necessario migliorare anche la
conservazione all'aperto dei prodotti torrefatti; e questo è un aspetto di grande importanza per
l’industria.
<<Per quanto riguarda i prodotti
torrefatti – dice Berry Meuleman,
della Vattenfall, azienda svedese
produttrice di energia elettrica vogliamo usare la stessa logistica
impiegata nei nostri impianti elettrici a carbone, il che significa che
dobbiamo poterli conservare all'aperto accanto al carbone. Questo
500 NUOVI IMPIANTI
Biogas: boom in Francia
capacità produttiva triplicheranno,
raggiungendo rispettivamente quota
730 per 310 MWe. Il volume totale
degli investimenti del settore aumenterà di circa 120 milioni di euro
all'anno entro il 2020. Complessivamente, più di 800 mln di euro saranno investiti nel settore del biogas tra il 2014 e il 2020.
Secondo il nuovo studio della so-
significa che devono essere idrorepellenti e che non ci devono essere problemi di cattivo odore>>.
L'industria confida di riuscire a risolvere presto tali questioni ancora aperte. A parte le difficoltà tecniche, comunque, è stata riscontrata anche la necessità di stallate
strutture di supporto negli Stati
membri per permettere alla torrefazione di attecchire. Ed il progetto SECTOR (Production of solid
sustainable energy carriers from
biomass by means of torrefaction"), finanziato dall'UE, fa da
supporto alle attività di commercializzazione della torrefazione. Il
team del progetto sta attualmente
sviluppando tecnologie per la produzione di vettori di bioenergia
solidi. Il fine ultimo è di abbreviare i tempi di commercializzazione
della tecnologia della torrefazione, nel rispetto di stringenti limiti
di sostenibilità
Hi-Tech Ambiente
31
cietà di analisi di mercato Ecoprog,
esistono ben 900 possibili siti per la
realizzazione di nuovi impianti a
biogas, di cui circa 600 sono rappresentati da grandi aziende agricole. In termini di superficie coltivata
e numero di allevamenti, le imprese
agricole ed agrizootecniche francesi
sono tra le più grandi d'Europa, e
quindi hanno le condizioni ideali
per l’operatività di impianti a biogas; tuttavia, solo una decina di
queste grandi aziende dispone di un
impianto a biogas.
Ulteriori 300 potenziali siti sono
stati individuati presso aziende del
settore alimentare e delle bevande.
Queste realtà, infatti, producono
grandi quantità di scarti e rifiuti organici, ottimi per generare biogas.
Ve ne sono 1.000 di grandi aziende
tra il settore della carne e del latte, e
di queste solo 20 utilizzano i propri
rifiuti organici per la generare energia mediante biogas.
BIOMASSE & BIOGAS
BTS BIOGAS
Il software DinaMetan
Valuta qualità della biomassa e quantità
da usare per migliorare l’efficienza produttiva
“Il settore del biogas è altamente
competitivo e solo chi investe
con continuità in innovazione
può mantenere la sua posizione di
vantaggio”, ha sottolineato Michael Niederbacher, General Manager di BTS Biogas.
L’azienda dedica infatti moltissime risorse alla ricerca e allo sviluppo. Con la finalizzazione del
software DinaMetan l’azienda ha
consolidato ulteriormente la propria posizione di leader industriale, tecnico e scientifico nel campo del biogas.
BTS Biogas ha oltre un ventennio
di esperienza nella progettazione,
costruzione e gestione di sistemi
integrati per la produzione di biogas, ed è attualmente operativa in
Europa, Brasile, Canada, Thailandia e Giappone.
Il consolidato posizionamento
dell’azienda nel mercato globale
è dovuto in primo luogo allo sviluppo continuo.
<<Questa è la nostra vera forza
trainante – afferma Michael Niederbacher, general manager di
BTS Biogas - quella che ci rende
meno vulnerabili anche in un
contesto dove il quadro politico è
in continuo mutamento. Mi riferisco in particolare al taglio degli
incentivi per la produzione di energia con biogas. Negli ultimi
anni abbiamo investito in ricerca
e sviluppo circa il 3,5% del nostro fatturato ed impegniamo 11
persone sul fronte tecnico e biologico per migliorare costantemente i nostri impianti>>.
Oltre al lavoro svolto dalle sue risorse, BTS Biogas si avvale di
prestigiosi partner esterni, ad esempio l’Università degli Studi di
Bologna. Insieme all’Ateneo emiliano ed alla collaborazione di esperti a livello internazionale,
precursori nel campo dell’alimentazione dei bovini, l’azienda ha
sviluppato e messo a punto DinaMetan, il software che consente
DinaMatan di BTS Biogas
Niederbacher Michael, general manager BTS Biogas
Hi-Tech Ambiente
32
di incrementare notevolmente il
grado di efficienza degli impianti
di biogas ottimizzando le ricette
in termini biologici ed economici.
Il processo di ottimizzazione inizia con l’analisi ad infrarossi
(NIRS) del materiale di alimentazione (qualsiasi esso sia) che
verrà utilizzato per la produzione
di biogas.
Sulla base di questi dati, il
software calcola le quantità da utilizzare e stima i livelli di efficienza dell’impianto, valutando
qualità e quantità del materiale.
Ma non solo: il software consente
di prevedere eventuali cali di resa
o problemi dovuti all’alimentazione, potendo così attuare preventivamente le opportune misure correttive.
<<Per la prima volta nella gestione di un impianto - spiega Michael Niederbacher - si può quindi agire e non reagire. DinaMetan
indica quindi come, con la stessa
quantità di materia prima sia possibile produrre più gas o come utilizzare una quantità inferiore di
materia prima per produrre la
stessa quantità di gas>>.
Inoltre, il software dà una chiara
panoramica dei costi: in questo
modo l’operatore potrà vedere
chiaramente quanto redditizio è o
potrebbe essere il proprio impianto di biogas in funzione dei diversi tipi di materiali di conferimento.
Un simile strumento rappresenta
una novità assoluta per i gestori,
e per questo motivo sono molto
alte le aspettative dell’azienda.
<<Crediamo che questo software
rappresenti un’ulteriore spinta alla nostra crescita – sostiene Niederbacher - non solo per quanto
riguarda nuovi mercati, ma anche
per chi gestisce impianti già realizzati con tecnologia diversa da
BTS Biogas, o per Comuni e imprese che in vario titolo gestiscono rifiuti organici>>.
ENERGIA
ALTAMENTE EFFICIENTE
L’ibrido solare-biomassa
Avviato il primo impianto che integra
due fonti energetiche e due tecnologie rinnovabili
Falck Renewables ha messo in
funzione a Rende (CS) il primo
impianto ibrido rinnovabile che
integra due fonti energetiche e
due tecnologie rinnovabili, solare
termodinamico e biomasse,
profondamente diverse tra di loro, dando vita ad un sistema altamente efficiente.
L’impianto nasce da un processo
studiato e brevettato (in Italia e in
corso di riconoscimento a livello
europeo) dalla stessa azienda, che
integra un impianto da 1 MWe di
solare termodinamico a concentrazione, tecnologia già di per sé
innovativa, ad un impianto già operativo per la produzione di energia elettrica da biomasse da 14
MWe.
L’ibridizzazione dei due impianti
consente una significativa ottimizzazione di efficienza dell’utilizzo delle fonti coinvolte: l’energia termica da fonte solare integra o sostituisce in parte l’energia
termica da biomassa, riducendone
così il consumo specifico necessario per la produzione di energia.
La tecnologia impiegata nell’impianto di Rende può essere applicata a qualsiasi impianto di generazione elettrica basato su ciclo
Rankine, sia esso alimentato da
fonti rinnovabili (biomasse, rifiuti, ecc.) o da fonti fossili (gas,
carbone, ecc.), nuovi o già in esercizi.
L’impianto ibrido di Rende è stato realizzato sulla base del progetto Helios, sviluppato da un idea nata nel 2011, proprio per integrare due diverse tecnologie e
due differenti fonti d’energia sostenibile e quindi raggiungere alti
livelli di efficienza.
Il ciclo adottato, chiamato ISCCIntegrated Solar Combined Cycle, nasce da una collaborazione
tra Falck Renewables e Elianto,
spin-off del Centro sardo di ricerca e studi superiori, presieduto da
Carlo Rubbia.
LA TECNOLOGIA BREVETTATA
Grazie al lavoro svolto è stato
sviluppato uno schema impiantistico capace di esaltare entrambe
le tecnologie utilizzate, raggiungendo livelli di efficienza altrimenti non raggiungibili con im-
Hi-Tech Ambiente
33
pianti indipendenti tra loro.
Nello specifico, lo schema ideato
prevede uno scambio di calore tra
l’esistente impianto a biomasse
ed una nuova sezione solare basata sulla tecnologia CSP (solare
termodinamico a concentrazione).
Questa tipologia di impianto solare fa uso di specchi piani che,
opportunamente inclinati per
mezzo di un sistema automatico
di regolazione, concentrano i raggi del sole su un tubo sospeso, al
cui interno scorre un fluido che,
una volta scaldatosi, viaggia fino
all’impianto a biomasse cui cede
la propria energia.
Il progetto, inoltre, prevede una
sezione di recupero termico che
permette di fornire al circuito solare una parte del calore non recuperabile proveniente dall’impianto a biomasse, garantendo
così un’ottimizzazione dell’efficienza di questo sistema.
L’impianto a biomassa soddisfa il
fabbisogno energetico annuo di
circa 38.900 famiglie, l’apporto
fornito dall’impianto solare termodinamico soddisfa il fabbisogno energetico annuo di 1.150 famiglie, e grazie all’ibridizzazione
si riesce a soddisfare un fabbisogno annuo di ulteriori 200 famiglie.
Questo consente un risparmio di
CO2 di circa 42.200 ton/anno con
l’impianto a biomassa, di circa
1.250 ton/anno con il solare termodinamico e di circa 250
ton/anno grazie all’efficienza energetica. L’integrazione dei due
impianti fa recuperare ulteriori
550 MWh in termini di efficienza.
ENERGIA
“The Village” è il nome con cui i
progettisti e tecnici della Brugg
hanno ribattezzato la realizzazione
dei lavori di costruzione di una
nuova rete di teleriscaldamento.
L’opera, ambiziosa fin dalle fasi
progettuali, è incentrata sulla realizzazione dell’intera rete di teleriscaldamento che alimenta appunto
il “Village”, un centro direzionale
che sorge nella cittadina irlandese
di Cloughjordan.
Un caratteristico borgo che fa capolino in una vasta area di oltre
20.000 ettari di boschi e campi
coltivati a vegetali.
All’interno della cittadina, una potente e moderna centrale energetica, funzionante a energia rinnovabile, fornisce calore e acqua calda
alle abitazioni ed a tutte le altre utenze ad essa connesse.
Sulla base delle esigenze progettuali e realizzative i progettisti si
sono affidati alla tubazione Calpex, la soluzione flessibile, preisolata, a basso impatto energetico e
rapida da installare di Brugg, ideale per l’approvvigionamento di acqua in generale, per usi industriali
e civili con temperature fino a
95°C, nelle reti di teleriscaldamento, nel trasporto di acqua po-
Il sistema geotermico di Rehau,
azienda attiva nello sviluppo di
soluzioni per la produzione e l’utilizzo efficiente dell’energia, si
arricchisce con Raugeo Helix,
l’innovativa sonda dalla forma elicoidale, studiata per l’estrazione del calore terrestre in aree con
limitazioni geologiche e dalla superficie ristretta. E’ realizzata in
polietilene reticolato a perossidi
(PE-Xa), materiale dall’elevata
qualità che permette di costruire
l’intera sonda con un singolo tubo. Non presentando giunzioni
saldate, nemmeno in prossimità
della punta, questa sonda risulta
estremamente affidabile ed efficiente, e, grazie alle stabilità del
PE-Xa, è in grado di resistere a
BRUGG PIPE SYSTEM
La rete ambiziosa
Nuovo Calpex di Brugg Pipe Systems
tabile, acque reflue, linee di refrigerazione e piscine.
L’incremento del 24% della flessibilità della tubazione è stato ottenuto marcando ulteriormente l’ondulazione del mantello esterno. Inoltre, è stato ridotto il raggio di
curvatura del 30%. Questa miglioria permette di assemblare i rotoli
con lunghezze maggiori, di agevolare la logistica e la movimentazione.
Tubazione affidabile, rapida e facile da posare grazie alle eccezio-
ESTRAZIONE DEL CALORE
La sonda elicoidale
temperature fino a 95°C, ai danni
che si possono verificare durante
l’installazione e ai carichi dovuti
alle perforazioni. Inoltre, in virtù
della particolare progettazione
telescopica che la rende estendibile da 1,1 metri a 3 metri, consente di ottenere numerosi vantaggi anche in termini economici,
riducendo i costi che interessano
lo stoccaggio ed il trasporto.
Un’apposita membrana in PE garantisce, invece, la regolare spaziatura del tubo e facilita l’estra-
zione del calore terrestre, mantenendo un diametro fisso di 38 cm
(esterno).
Helix viene inserita e riempita in
perforazioni profonde 5 metri, a
3-4 metri di distanza l’una e l’altra e a 2 metri rispetto all’edificio, in parallelo all’installazione
dei circuiti collegati al collettore.
La performance di estrazione
media raggiungibile oscilla tra i
400 W e i 700 W, a seconda della tipologia di terreno e della presenza di acqua freatica; quanta
Hi-Tech Ambiente
34
nali caratteristiche di flessibilità
ed alla notevole lunghezza disponibile in un’unica tratta. Quest’ultima caratteristica favorisce scavi
stretti, invece che alloggiamenti
più larghi e profondi. La durata
nel tempo viene assicurata fin dal
processo produttivo, in virtù
dell’impiego di materie prime di
qualità. Una vasta gamma di accessori, pezzi speciali e raccordi
ad espansione permettono di realizzare le reti idrotermosanitarie a
perfetta regola d’arte, con la massima garanzia della tenuta del sistema.
Nel dettaglio, per il progetto “The
Village” sono stati impiegati 220
metri di tubazione Calpex Duo
Heating con DN da 20 a 50 mm;
1.617 metri di Calpex Duo Heating con DN da 65 a 80, e vari
spezzoni di CPX T.
Un carrello svolgitore, appositamente assemblato, ha consentito la
posa delle tubazioni dal ragguardevole peso di quasi una tonnellata ciascuno, per un diametro di 2,8
metri. Grazie alla duttilità del carrello la progressione dei lavori è
proceduta senza intoppi, in tempi
molto stretti e soprattutto in totale
sicurezza.
più falda acquifera è disponibile,
maggiore sarà l’estrazione del
calore. Attraverso una pompa di
calore, il calore terrestre estratto
viene portato alla temperatura
necessaria per il riscaldamento/
raffrescamento dell’edificio, consentendo di alimentare i sistemi
radianti in modo efficiente ed ecocompatibile.
Dall’installazione semplice e veloce, la sonda di Rehau è la scelta ideale per la realizzazione di
un sistema geotermico in aree
dalla superficie ristretta e dove
non è possibile effettuare profonde perforazioni per motivi geologici, e vede nel riscaldamento radiante a pavimento la sua ottimale combinazione.
MACCHINE & STRUMENTAZIONE
ETG RISORSE E TECNOLOGIA
Il progetto Life+ Bio.Lea.R
Strumenti ad hoc per il monitoraggio dei parametri
analitici nella produzione di biogas e syngas
Per assicurare il rendimento degli
impianti di produzione del biogas è
molto importante il monitoraggio di
numerosi parametri, quali:
-metano (CH4), la cui concentrazione aumenta con l’incremento della
produzione del biogas, ma talvolta
il substrato fresco che alimenta il
digestore può contenere ingredienti
più grassi;
-anidride carbonica (CO2), la cui
concentrazione aumenta per una eventuale acidificazione nel fermentatore;
-acido solfidrico (H2S), che cambia
con le caratteristiche del substrato a
causa di un cattivo funzionamento
del sistema di desolforazione;
-ossigeno (O 2), il cui aumento è
dannoso per i batteri anaerobici: di
conseguenza un ambiente basso di
ossigeno aiuta il processo del biogas.
Gli obbiettivi sono: controllo del
processo a biogas e rispetto di condizioni ottimali per il funzionamento del motore a gas o per il trattamento del gas medesimo.
Poiché nel processo a biogas, con la
formazione di metano e CO2 l'ossigeno disciolto nel campione subisce una diminuzione, anche la misurazione dell'ossigeno residuo può
essere utilizzata per il controllo del
processo.
Qualora si utilizzi l’introduzione di
ossigeno per la desolforazione, il
monitoraggio del valore di H2S può
essere anch’esso usato per il relativo controllo.
I contenuti di CH4 e CO2 nel biogas
solitamente sono di circa 50 Vol.%, il contenuto di O2 solitamente è
notevolmente inferiore a 3 Vol.-%,
mentre, in casi sfavorevoli, il biogas può presentare H2S in concentrazioni fino ad alcune migliaia di
ppm (100 Vol.-% = 1.000.000
ppm): ciò può essere causa di gravi
danni ai motori a gas. Per questo
motivo il controllo della concentrazione nei casi di processi a biogas è
di particolare importanza per poter
Sistema di analisi multipunto nell'impianto di cogenerazione di Spoleto
ETG 6500 MPS presso l'impianto di Cerro Tanaro (AT)
avviare in tempi utili delle contromisure adeguate.
La nuova linea di analizzatori multigas ETG MCA 100 Bio/ETG
6500 è un’ottima soluzione per la
misura nella produzione del biogas
per precisione, stabilità, affidabilità,
vari campi di misura e gamma di
versioni disponibili.
A differenza di altri analizzatori
l’ETG MCA 100 Bio/ETG 6500 utilizza una singola cella e banco ottico basato su tecnologia NDIR in
grado di misurare più composti gassosi. Lo strumento esegue il monitoraggio simultaneo di CO 2, O 2,
CH4 e H2S con un particolare sistema automatico di purga per la cella
E.C. dell’H2S, per garantirne una
vita prolungata rispetto alla media
di sistemi analoghi.
Il cuore dell’analizzatore è un processore ARM molto versatile con
un monitor touch screen. E’ disponibile un segnale in uscita 4-20 mA
per ciascun composto misurato e
Hi-Tech Ambiente
35
sono disponibili uscite opzionali
profibus, modbus ed ethernet.
Inoltre, sono previsti dei segnali digitali in uscita, per l’indicazione ad
un sistema remoto di guasto o di
calibrazione.
La possibilità di remotazione per ogni strumento della linea Biogas
permette di visualizzare a distanza
(e modificare i parametri) sul PC in
ufficio o su smartphone.
Esistono diverse configurazioni per
l’installazione, quali: 19” montaggio a Rack, installazione in campo
del tipo a parete con protezione
IP65, multicanale con software di
gestione, etc.
L’opzione MPS Multipunto rende
ancora più performante l’analizzatore biogas “Plug & Play” ETG
6500; si tratta della possibilità di
campionare, secondo una sequenza
liberamente impostabile dallo
schermo touch-screen installato
sull’analizzatore (e modificabile in
qualsiasi momento), fino a 8 punti
di misura, in maniera ciclica.
Il nuovo ETG 6500 MPS (un sistema multipunto di analisi) permette
di analizzare fino ad 8 punti di misura ed è installato in una cassetta
delle stesse dimensioni dell’analizzatore biogas ETG 6500, il che rende questa opzione incredibilmente
modulare.
Infatti, è sufficiente installare i due
sistemi vicini, collegarli con l’apposito cavo fornito in dotazione e
avviare la misurazione; ovviamente, per ogni punto di misura viene
fornita una uscita digitale per indi
care in quale punto il sistema sta eseguendo l’analisi.
Il suo utilizzo è particolarmente indicato in impianto e per chi ha la
necessità di monitorare più punti di
misura del biogas, mantenendo un
unico analizzatore.
ETG 6500 in presenza di campione
biogas umido elimina l’umidità tramite filtri, ovvero, in caso di gas saContinua a pag. 36
MACCHINE & STRUMENTAZIONE
Continua da pag. 35
Il progetto Life+ Bio.Lea.R
turo, tramite un chiller a cella peltier.
Completano lo strumento due pompe, una per il campionamento e una
per la rimozione della condensa.
Sono opzionali diversi sensori per
determinare le condizioni operative
del gas, un sensore (ed eventualmente regolatore) di pressione, un
sensore di temperatura e di portata.
IL PROGETTO
“BIOGAS LEACHATE RECOVERY”
Il sistema ETG 6500 MPS è stato
utilizzato nel proge tto L ife +
Bio.Lea.R (Biogas Leachate Recovery), nato dalla collaborazione del
Politecnico di Torino e gestito da
Gaia (azienda di gestione rifiuti
nell’astigiano). L’impianto è situato
a Cerro Tanaro (AT) ed è mirato ad
ottimizzare la produzione di biogas
attraverso la regolazione dell'umidità dei rifiuti.
Il sistema di monitoraggio è composto dai seguenti elementi:
- sonde di monitoraggio geofisico
per la misura della conducibilità elettrica.
Questo test, eseguito prima e durante la sperimentazione, permette
di monitorare la distribuzione dei
fluidi di iniezione all’interno della
discarica. Durante i lavori di trivel-
ETG 6500 modulo multipunto
lazione dei nuovi pozzi sono stati
installati 10 cavi con sonde geofisiche, inseriti in corrispondenza di 10
pozzi di diametro 300 mm
- sonde termometriche calate all’interno di 4 pozzi di estrazione del
biogas (diametro 1.000 mm) per il
monitoraggio della temperatura
all’interno della discarica
- analizzatore multipunto ETG
6500 MPS per l’analisi del valore
di CO2, CH4 e O2 installato nei pressi della SRA, per l’analisi in continuo della composizione del biogas,
utilizzato contemporaneamente ad
un analizzatore portatile per effettuare l’analisi “spot” sui pozzi di
captazione
- database (con sistema web-gis)
per il controllo a distanza dei punti
di monitoraggio e la registrazione
dei dati
- termo-fotocamera per il controllo
dello stato delle linee di captazione
del biogas in funzione della temperatura. Sulla sommità della stessa è
installata una cabina di monitoraggio che consente il collegamento
degli strumenti ad un computer per
la raccolta dei dati di monitoraggio.
- linea dei portatili, che completa la
linea degli analizzatori per biogas e
syngas.
Al pari della linea degli analizzatori
per installazione fissa anche sui
portatili è standard la remotazione
su PC e smartphone (Android, IOS,
Windows, etc.), sia via LAN, oltre
che USB (Wi-fi come opzione).
Il portatile per il syngas offre una
misurazione dell’idrogeno altamen-
ETG 6500 wall mounting Plug & Play
te affidabile grazie al sensore di misura dell’H2 a principio TCD (termoconducibilità); non utilizza pertanto, per la misura dell’idrogeno,
celle elettrochimiche o altri sensori
che potrebbero interferire con le
misure degli idrocarburi.
ETG, infatti, apporta nei suoi laboratori correzioni specifiche per la
misura dell’idrogeno in una miscela
contenente idrocarburi (quale è appunto il syngas), in modo da ottenere una misurazione quanto più precisa possibile.
L’analizzatore salva i dati in una directory all’interno dello strumento
in formato csv, dividendo i file per
log e suddividendo gli stessi in diverse cartelle, nominati come la data del giorno di analisi; per scaricare i dati, l’utente deve solamente inserire una penna USB nella porta
posta a pannello, selezionare il file
di log interessato (che verrà mostrato con data e ora) e il sistema scaricherà automaticamente i dati sulla
pen drive, rimuovendo il file originario dalla memoria interna, eludendo il rischio di riempire la memoria.
L’analizzatore viene fornito all’interno di una custodia resistente agli
urti dotata di ruote e maniglie (tipo
trolley), con grado di protezione
IP67.
Analizzatore Syngas portatile
Hi-Tech Ambiente
36
MACCHINE & STRUMENTAZIONE
Fase di rimozione diesel tramite G+
SENZA USO DI FREON O SOLVENTI CLORURATI
L’analisi degli idrocarburi totali
Mediante un apposito strumento è stata testata
l’efficacia del grafene nell’assorbimento in acqua
Sono state di recente inaugurate le
“Officine del Grafene”, il più grande impianto europeo per la generazione di fogli di grafene altamente
puro, basato su una tecnologia brevettata e approvata.
Ad inaugurare questo nuovo centro
industriale è Directa Plus, azienda
tecnologica nata per promuovere
sviluppo, commercializzazione e
utilizzo di processi innovativi per
la generazione di nano materiali da
impiegare in mercati globali esistenti.
Il nuovo centro industriale è stato
progettato su una piattaforma tecnologica modulare, replicabile ed
esportabile, capace di produrre su
larga scala materiali a base di grafene, ponendo grande attenzione
all'ingegnerizzazione del prodotto.
Il primo modulo ha una capacità
produttiva di 30 tonnellate annue
ed è stato ideato secondo una filosofia ad “impatto zero”, che non
prevede scarti e necessita di un limitato uso di energia.
Gli innovativi prodotti sviluppati,
denominati “Graphene Plus” (o
G+), trovano impiego in molteplici
applicazioni: dal trattamento dell'aria e dell'acqua ai tessuti antifiamma, dagli elastomeri agli pneumatici da biciclette, fino alle batterie
agli ioni di litio.
Straordinari, ad esempio, i risultati
che l’azienda ha raggiunto con il
progetto GEnIuS (Graphene Eco
Innovative Sorbent), cofinanziato
dal programma Eco Innovation
dell’UE, con il patrocinio del Comune di Como.
Questo progetto mira a lanciare G+
sul mercato Europeo come solu-
zione eco-innovativa per la bonifica di sversamenti di differenti tipologie di oli ed idrocarburi. Si tratta
di un materiale adsorbente inerte,
sicuro, riciclabile e dall’elevatissima capacità di rimuovere gli idrocarburi anche a basse concentrazioni, consentendo anche il loro recupero. L’impiego di questa tecnologia consentirà di sostituire i tradizionali prodotti utilizzati, limitando l’impiego di disperdenti chimici e riducendo l’impatto sugli ecosistemi naturali e la salute umana.
A sostenere l’efficacia del prodotto, alla fine della giornata inaugurale delle “Officine del Grafene” si
è svolta una dimostrazione pratica
della rimozione di diesel disperso
sulla superficie di una piscina contenente circa 2500 litri di acqua
Hi-Tech Ambiente
38
dolce tramite l’impiego di “salsicciotti” o “booms” riempiti con G+.
Poco più di 100 g di prodotto sono
stati in grado di rimuovere circa 5
litri di idrocarburo istantaneamente. L’analisi degli idrocarburi totali
residui post trattamento con G+ è
stata eseguita con l’unità demo Eracheck, distribuita in esclusiva per
l’Italia da TQ Technologies for
Quality. Lo strumento ha permesso
di dimostrare che la concentrazione residua di idrocarburo nell’acqua è risultata al di sotto dei limiti
di legge definiti per lo scarico di idrocarburi in acque superficiali.
L’ANALIZZATORE ERACHECK
L’analizzatore Eracheck consente
l’analisi degli idrocarburi totali in
pochi minuti dopo l’estrazione con
MACCHINE & STRUMENTAZIONE
Dettaglio sperimentazione
solventi cicloalifatici quali cicloesano o ciclopentano direttamente
nella bottiglia di campionamento.
Il metodo, estremamente semplice,
affidabile e veloce, usa la tecnica
Laser mid-IR, ora ufficializzata
dalla norma ASTM D7678 pubblicata nel 2011.
Eracheck nasce dalla collaborazione tra l’azienda austriaca QuantaRed Technologies, uno spin-off
dell’Istituto di Scienze dei Materiali dell’Università di Vienna che
Risultato tecnico della sperimentazione
ne detiene il brevetto, e la società
Eralytics che lo produce e lo commercializza nel mondo.
Lo strumento analizza il cicloesano
contenente gli idrocarburi estratti
dalla bottiglia di campionamento
dell’acqua da analizzare. Essendo
di piccole dimensioni e necessitando di poca potenza di alimentazione elettrica, è possibile utilizzarlo
in situ con l’ausilio di un inverter
ed una presa da auto a 12 Volts. La
sua cella di misura viene riempita e
termostatata in automatico tramite
il pompaggio di pochi ml di solvente prelevato anche direttamente
dal collo della bottiglia.
Da notare che le fasi di estrazione
coincidono esattamente con la procedura utilizzata con l’uso del
freon (dannoso per l’ambiente e
difficile da reperire sul mercato,
oltre che costoso). Unica differenza è che il cicloesano, al contrario
del freon, galleggia sull’acqua ed
è, quindi, aspirabile dallo strumen-
to inserendo direttamente un tubetto di aspirazione nel collo della
bottiglia.
In serie al tubetto di aspirazione
possono essere inserite cartucce
filtranti “usa e getta” composte da
solfato di sodio per eliminare tracce di acqua nel solvente, o da Florisil per eliminare le sostanze polari ed ottenere, quindi, per differenza, anche una misura dei grassi toContinua a pag. 40
MACCHINE & STRUMENTAZIONE
Continua da pag. 39
L’analisi
degli idrocarburi totali
tali. Un filtro, facilmente rimovibile, posto in serie al tubetto, mantiene pulito l’interno della cella di
misura.
La tecnica analitica ad assorbimento Quantum Cascade Laser-IR utilizza quale sorgente eccitante un
laser IR a stato solido ad alta intensità, sintonizzato sulle bande di assorbimento degli idrocarburi
(1370-1380 cm-1) (7.25 – 7.30 microns). A queste lunghezze d’onda
l’assorbimento degli idrocarburi
non-ciclici è massimo, mentre è
minimo l’assorbimento del solvente utilizzato per l’estrazione.
A seconda dell’intensità del QCL è
possibile disporre di versioni Eracheck in grado di garantire range
analitici tra 2 e 200 ppm oppure tra
0,5 e 2.000 ppm (versione PRO).
Il sistema Eracheck può essere calibrato utilizzando la stessa miscela
di idrocarburi presenti nel sito da
indagare, oppure utilizzando standard a concentrazioni note di esadecano o tetra-decano disciolte in
ciclo-esano o ciclo-pentano a se-
L’analizzatore Eracheck distribuito da TQ Technologies
conda del solvente utilizzato per
l’estrazione.
Il sistema necessita della lettura di
un “bianco”, lo stesso solvente di
estrazione, prima di ogni lettura.
Il tempo necessario per una misura
consiste in tre fasi: da 5 a 10 minuti, per preparazione del campione,
acidificazione, aggiunta del solvente, agitazione e attesa per la separazione; segue eventuale filtrazione; poi 1 minuto per lettura del
bianco; infine, 1 minuto per lettura
del solvente con gli idrocarburi estratti. Nel caso di utilizzo di cartucce filtranti, il tempo sale di circa 2 minuti. In totale, una misura
potrà impiegare da 7 a 15 minuti.
Prove effettuate in tutto il mondo
hanno dimostrato una buona correlazione tra i risultati ottenuti con l’
Eracheck e il metodo analitico
DIN 38409-H18, che prevede l’analisi in IR, e quello gascromatografico ISO 9377-2. Anche in Italia il metodo Eracheck è ormai uti-
Hi-Tech Ambiente
40
lizzato da vari laboratori di controllo industriale e civile. Raffinerie, centrali elettriche, produttori di
oli lubrificanti e impianti di trattamento acque civili, lo hanno adottato quale affidabile metodo di
controllo di routine.
Gli apparati vengono confrontanti
periodicamente con laboratori esterni dimostrando che si tratta dello strumento ideale nel campo industriale, petrolchimico e dagli impianti di trattamento di acque reflue da attività civili.
Per la determinazione degli idrocarburi totali esistono differenti
tecniche analitiche, alcune molte
specifiche (GC-FID o GC-MS) che
permettono la determinazione dei
singoli composti presenti, ma che
non sono in grado di analizzare
con una sola tecnica di estrazione
l’insieme molto ampio dei componenti idrocarburici presenti nei
campioni di acqua.
Lo strumento Eracheck è dotato di
un display touch screen ed è controllato da un PC integrato con
S.O. Linux. E’ in grado di memorizzare un numero illimitato di risultati, può essere connesso con altri PC o in rete via Lan ethernet,
USB e RS232.
MACCHINE & STRUMENTAZIONE
FIMARS METERING PUMPS
Innovazione nel dosaggio
Fimars sviluppa e produce pompe
dosatrici e sistemi per il dosaggio
di prodotti chimici. Qualunque sia
la natura del liquido da dosare: limpido, denso, viscoso, abrasivo, con
parti solide in sospensione, corrosivo o alcalino e le specifiche condizioni di portata e pressione; si propone come partner affidabile per
individuare la soluzione migliore
per ogni particolare esigenza.
zione programmata, assistenza dei
tecnici aziendali direttamente sull’
impianto del cliente, la “safety
pump” ovvero una pompa sostitutiva a disposizione durante le riparazioni per preservare la continuità di
qualunque processo e soluzioni per
il noleggio a breve e lungo termine.
CHE COS’E’
LA POMPA DOSATRICE?
Una pompa dosatrice è una pompa
volumetrica che trasferisce un preciso volume di liquido in un tempo
determinato fornendo un valore di
portata accurato e ripetibile. Si utilizzano, pertanto, in tutte le applicazioni in cui dei liquidi necessitano di essere dosati con altissimo livello di precisione. Questa è la
competenza primaria dell’azienda,
che mette in pratica con una vasta
gamma di pompe adatte a molteplici settori di impiego: trattamento
acque, depurazione acque reflue,
impianti di desalinizzazione e potabilizzazione, cartiere, fertirrigazione, disinfezione, iniezione di coagulanti e flocculanti, controllo del
pH, iniezione di polimeri, deodorizzazione, viticoltura e industria alimentare, preparazione di reagenti,
neutralizzazioni, etc.
COSA CONTRADDISTINGUE
FIMARS RISPETTO
AI COMPETITORS
Non appartiene ad alcun gruppo
multinazionale e sfrutta la propria
indipendenza per garantire vantaggi concreti per i suoi clienti. Innanzitutto la flessibilità, che si concretizza nello sviluppo di soluzioni ad
hoc e personalizzazioni di prodotto.
La convenienza delle proprie pompe e la stabilità a lungo termine dei
prezzi. La tempestività delle forniture; obiettivo che raggiunge investendo in uno stock di prodotti finiti pronti presso il magazzino di proprietà e presso quelli dei distributori, la cui disponibilità può essere
verificata direttamente online sul
sito web aziendale per ogni modello di pompa. I servizi Fimars includono: estensioni di garanzia a 36 e
60 mesi con pacchetto di manutenHi-Tech Ambiente
41
HI
-TE
CH
AMBIENTE
SPECIALE
POMPAGGIO
DEL PERCOLATO DA DISCARICA
SPECIALE POMPAGGIO DEL PERCOLATO DA DISCARICA
BIAMONT
Le pompe pneumatiche PPRB brevettate sono idonee per l’aspirazione di liquidi in generale laddove la
presenza di rete elettrica di alimentazione può creare problemi di sicurezza e funzionalità. Sono quindi
particolarmente idonee ad essere
installate in pozzetti di raccolta di
percolati da discarica con possibile
presenza di biogas o in pozzi di aspirazione di biogas con possibile
presenza di biogas.
Nei pozzi di aspirazione biogas delle discariche, le pompe PPRB vengono infilate verticalmente nelle
sonde drenanti presenti all’interno
dei pozzi. La possibilità di impedire
il riempimento dei pozzi con percolati, rende possibile un totale emungimento del biogas dalla discarica,
impedendo possibili sovrapressioni
e fughe di biogas, e un ottimale ren-
ESPA
dimento di eventuali impianti di
produzione di energia alimentati a
biogas.
Le pompe PPRB ad aria compressa
hanno costi di acquisto, installazione e manutenzione limitati, e possono essere realizzate con diversi
materiali in funzione dell’aggressione chimica dei liquami da smaltire. Tali pompe sono costituite da
un corpo tubolare verticale, normalmente del diametro di 9 cm, dotato
di: valvole di comando e di immissione dell’aria compressa; di galleggiante, che consente l’avvio della pompa in caso di innalzamento
del livello del liquido da smaltire;
di tubazioni per l’immissione
dell’aria e lo smaltimento del liquido stesso. Le tubazioni dell’aria sono collegate ad idoneo compressore
fisso o mobile, in funzione delle esigenze gestionali, che alimenta anche più pompe contemporaneamente. Attraverso la tubazione di scarico della pompa il liquame può essere inviato a vasche di trattamento o
condotte di convogliamento.
La pompa di Espa per il drenaggio del percolato risulta ideale
per un suo utilizzo in pozzi con
sezione di passaggio di massimo
35 mm e profondità massima
d'immersione di 9 m; la temperatura massima del liquame da aspirare deve invece essere di 35
°C.
Tale pompa si caratterizza per avere un corpo in acciaio inox aisi
304, una girante Vortex in policarbonato caricato con fibra di
vetro, una camicia motore
anch’essa in inox aisi 304, una
maniglia in policarbonato caricato con fibra di vetro, ed una doppia tenuta meccanica in grafite e
stéatite, oltre che guarnizioni a
labbro in NBR.
Il motore della pompa ha protezione IP68, isolamento classe F e
raffreddamento mediante il liquido pompato.
Come dotazioni sono previsti: 10
m di cavo di alimentazione, condensatore incorporato e Vigilex
SS M A con galleggiante.
www.biamont.it
www.espapompe.it
FINDER POMPE
Le pompe peristaltiche per alte
pressioni FPSH della Finder sono
costituite da due pattini contrapposti montati su un rotore che comprime alternativamente un tubo in
gomma rinforzata che contiene percolato da pompare. Il ritorno del tubo alla posizione di riposo crea del
vuoto, provocando l’aspirazione del
liquame che viene spinto in avanti
dal pattino successivo. Il rotore è
sostenuto dai cuscinetti per servizio
pesante del riduttore. Tale pompa,
che funziona con lubrificazione costante in miscela di siliconi/glicerina/glicoli, è idonea per servizio pesante continuo (24/24). E’ autoadescante, e quindi non necessita di essere collocata sotto battente per a-
NETZSCH POMPE & SISTEMI
spirare, e non ha nè valvole né premistoppa, per cui può trasferire liquidi impuri contenenti piccoli corpi solidi; inoltre, può lavorare a secco senza danneggiare le parti meccaniche. E’ molto facile da pulire,
grazie alla reversibilità del senso di
rotazione, ed ha una manutenzione
contenuta. Altre sue caratteristiche
sono: portata fino a 150 mc/h, pressione fino a 15 bar e temperatura di
esercizio da -15 a 80 °C. I tubi della
pompa sono realizzati con gomme
di alta qualità, con un rinforzo da 2
a 6 strati individuali di poliammide
intrecciata e con uno strato esterno
realizzato con tolleranze estremamente ridotte per assicurare una
compressione perfetta e una lunga
durata. Finder Pompe ha sviluppato
anche la versione a sporgenza d’albero, serie FPSH-S, equipaggiate
con un supporto che consente una
semplice manutenzione dei cuscinetti e che possono essere convertite in qualsiasi momento nella versione monoblocco FPSH.
www.findergroup.eu
Le pompe industriali a lobi Tornado T2 sono pompe che, rispetto
alla precedente versione, sono più
compatte, robuste, di facile e ridotta manutenzione. Idonee per
l’aspirazione del percolato da discarica, sono caratterizzata da elevate prestazioni e grande maneggevolezza. L’ingombro contenuto
e l’alto rendimento rappresentano
però i vantaggi più rilevanti
nell’utilizzo di questa pompa. E’
possibile trasferire sostanze diverse in proporzione alla velocità di
rotazione, in maniera costante,
con bassa pulsazione e alta precisione nel dosaggio.
La manutenzione della Tornado
T2 risulta particolarmente semplificata dalla facilità di accesso al
corpo pompa, ai lobi e alle tenute,
senza necessità di staccare le flange con costi estremamente ridotti.
Il corpo portacuscinetti è senza riduzione, senza ingranaggi e olio
ed i cuscinetti sono lubrificati a
vita. La sincronizzazione a cinghia è senza corpo ingranaggi e
senza olio, la pompa non genera
calore e risulta essere assai silen-
Hi-Tech Ambiente
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ziosa. I lobi non sono avvitati direttamente all’albero, ma fissati
con un sistema di bloccaggio posto al di fuori della camera della
pompa. In questo modo i lobi possono essere sostituiti in pochi e
semplicissimi passaggi. Grazie al
posizionatore integrato sulla maschera frontale della pompa, la regolazione dei lobi non sarà più un
problema.
www.netzsch.com
SPECIALE POMPAGGIO DEL PERCOLATO DA DISCARICA
OFFICINE DI TREVI
La Officine di Trevi è specializzata
nella produzione di elettropompe
sommerse, con marchio OFT, che
si caratterizzano per elevate prestazioni, affidabilità e soluzioni tecniche innovative. L'azienda opera in
Italia ed in oltre 20 nazioni estere.
Tutte le fasi della lavorazione,
dalla progettazione al montaggio, avvengono internamente con il
supporto di sofisticate strumentazioni. Attualmente il marchio OFT raggruppa un'ampia gamma di elettropompe
sommerse che
va da prodotti
per pozzi 4” e
6”, anche con
parti idrauliche
completamente
di acciaio inox,
a pompe monoblocco fino a
ROBUSCHI
gruppi di sollevamento di nuovissima concezione.
La serie M è rappresentata da un’elettropompa sommersa monoblocco
multistadio, la cui parte idraulica è
situata sotto il motore elettrico che
viene raffreddato esternamente dal
liquame pompato.
La serie A-B, invece, riunisce elettropompe sommerse centrifughe
multistadio per pozzi 4", caratterizzate da un sistema di giranti flottanti che assicura un’alta resistenza
all’abrasione; difatti, carcassa esterna, bocca di mandata e di aspirazione, albero e altri componenti sono
in acciaio inossidabile. Le giranti
sono invece in resina acetalica, i
diffusori in policarbonato con inserto in ceramica nel punto di usura, e
la valvola di non ritorno è in acciaio inox inserita nella testata.
In entrambe le serie, il motore è asincrono a 2 poli, 50 Hz, 2850 giri/min, ha isolamento classe F e
protezione IP68, tensione di lavoro
di 230 V per la versione monofasee
di 400 V per la versione trifase.
www.officineditrevi.com
La gamma dei soffiatori Robuschi
serie RBS in acciaio inox (aisi 316
o duplex), con portate fino a 14.000
mc/h, permette di utilizzarli in applicazioni particolarmente gravose.
Questa serie è pensata per processi
di termoevaporazione a ricompressione meccanica del vapore (l’acciaio inox garantisce una protezione anticorrosione), impiegati in
svariati settori industriali, tra cui il
trattamento del percolato di discarica, in quanto permette la separazione dell’acqua da un refluo acquoso,
costituito da un condensato (essenzialmente acqua) e da un concentrato (residuo delle sostanze inquinanti). Il condensato viene di norma
scaricato, mentre il concentrato può
essere inviato ad un’ulteriore concentrazione spinta, allo smaltimento oppure all’incenerimento.
La termoevaporazione con ricompressione meccanica del vapore
contribuisce al maggior rispetto
dell’ambiente, in quanto assicura
un notevole risparmio energetico,
riutilizzando l’energia conseguita
dall’evaporazione, senza lasciarla
disperdere.
L’utilizzo del compressore RBS per
Hi-Tech Ambiente
45
tale applicazione poi, dal punto di
vista termodinamico, è la metodologia più efficiente per evaporare
acqua. Il soffiatore RBS comprime
il vapore meccanicamente per essere poi impiegato a pressione più elevata nell’evaporatore, così, l’energia fornita al compressore diventa energia addizionale per il vapore, consentendo il recupero del
suo calore latente. I vantaggi della
compressione meccanica del vapore conseguita tramite l’RBS sono
svariati: assicurano bassi consumi
energetici, un elevato coefficiente
prestazionale, un tempo di permanenza ridotto del prodotto da evaporare, semplicità di gestione del
processo e di manutenzione e, non
ultimi, bassi costi di gestione.
www.robuschi.com
SPECIALE POMPAGGIO DEL PERCOLATO DA DISCARICA
SAMI
La pompa pneumatica a membrana Atex Serie MonoWell SVP di
Sami ha una struttura che, oltre
ad impedire il contatto fisico del-
SEAMONT
l'aria compressa con l'ambiente in
cui si trova, conserva i vantaggi
legati alla semplicità della sezione idraulica e, di conseguenza, il
livello di affidabilità nonché la
semplicità di manutenzione. Basta infatti svitare 4 viti per avere
accesso completo alla parte idraulica della pompa per l'ispezione e la pulizia.
La sezione pneumatica è un monoblocco di semplicissima sostituzione in caso di accidentale impiego di aria contaminata o non
conforme alle specifiche del costruttore.
I materiali di costruzione del distributore pneumatico sono antiusura e di lunghissima durata (sopportano molti milioni di cicli senza apprezzabili logorii).
Questi i dati tecnici: sezione equivalente di aspirazione mm 16,
portata di 18 l/min; attacco di
mandata G 1" F, di alimentazione
aria G 1/4" F, di scarico aria G
3/8" F; pressione max 8 bar; frequenza max di lavoro 4 cicli/sec.
Seamont è specilizzata, tra le altre cose, nel trattamento in situ
del percolato prodotto dalle discariche.
Con un'esperienza di oltre
vent'anni, infatti, interviene nelle
discariche di rifiuti solidi urbani
realizzando ed installando in loco
reti per il convogliamento del
percolato. Inoltre, produce, su
brevetto dei suoi soci fondatori,
pezzi speciali, quali valvole
VRBB e pompe pneumatiche PPRB, per reti di raccolta del percolato, al fine di massimizzare le
prestazioni degli impianti.
L‘azienda fornisce anche impianti di depurazione del percolato
mediante l’ultrafiltrazione dei liquami e la loro successiva dissalazione-concentrazione.
L’allontanamento così effettuato
di tutti i composti in sospensione
o emulsione, unitamente all’abbattimento della carica batterica,
consente di garantire il rispetto
delle prescrizioni per lo scarico
anche in acque di superficie. Infine, ma non ultimo, Seamont fornisce la consulenza necessaria
per ricoprire gli incarichi previsti
dalla normativa attuale per la tutela delle discariche.
www.seamont.it
www.pompe-pneumatiche.it
SEEPEX
Le pompe monovite Seepex si impiegano per il pompaggio del percolato dalla discarica e per il trattamento. A questo proposito assume
notevole importanza l'eventuale
presenza di cloruri. L'ottima scelta
di materiali resistenti garantisce l'economicità della pompa, mentre l'elevata capacità di aspirazione e stabilità di pressione consentono di
ampliarne la gamma di applicazioni. La serie BN ha forma corta e
compatta, con azionamento direttamente flangiato (monoblocco). E’
SEVERN TRENT WATER PURIFICATION
più economica grazie all'eliminazione di scatola di trasmissione,
giunto elastico e piastra di base comune. La struttura di queste pompe
è stata rettificata per quanto concerne il carico assiale, le dimensioni
dell'albero e la grandezza della
flangia, così essere disponibili in
tutte le misure e per tutti i livelli di
pressione nella versione monoblocco. Non richiedono dunque un cuscinetto di supporto supplementare.
La serie NS ha scatola di trasmissione con albero ad estremità libera,
che consente l'attacco universale
per l'azionamento mediante giunto
elastico o cinghia trapezoidale.
Questa serie consente agevole manutenzione grazie all'innesto rapido
tra l'unità rotante e l'albero; a supporto dell'albero vi sono cuscinetti
a rulli conici rilubrificabili.
Entrambe le serie, hanno manutenzione agevole grazie all'innesto rapido tra l'unità rotante e l'azionamento; ed hanno portata da 30 l/h a
500 mc/h e pressione sino a 48 bar.
www.seepex.com
La Hammerhead Pro Leachate di
Severn Trent è la pompa pneumatica automatica della famiglia AutoPump specificatamente progettata
per l’uso in discarica. Consente alte
portate, notevoli risparmi in aria
compressa e installazioni in pozzi
da 100 mm in su. E’ disponibile in
varie combinazioni ed è corredata
da una nutrita gamma di accessori
in modo da adattarsi a qualsiasi situazione. La serie AutoPump è una
famiglia di pompe con capacità fino
a 60 l/min (82 mc/giorno) e prevalenze fino a 130 metri, anche in
pozzi di piccolo diametro (50 mm).
Esistono modelli di varie lunghezze
e diametri, con aspirazione dalla testa o dal fondo.
Completamente automatiche, controllano il livello del
fluido, partendo e
fermandosi in funzione dello stesso,
senza timer, connessioni elettriche,
sensori immersi o
altro. Ciò semplifi-
Hi-Tech Ambiente
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ca installazione e avviamento, senza necessità di tarature o aggiustamenti, in quanto le pompe si adattano automaticamente alle condizioni
del pozzo.
Durante il ciclo di riempimento, il
fluido spinge la valvola di fondo ed
entra nella pompa. Mentre il fluido
sale, l’aria viene espulsa dallo sfiato e il galleggiante interno si solleva fino al punto di arresto. Quando
il galleggiante è in alto si chiude la
valvola di sfiato e si apre l’ingresso
dell’aria, che entra nella pompa e la
pressurizza. Ha così inizio il ciclo
di scarico, con la pressione nel corpo della pompa che aumenta, causando la chiusura della valvola
di fondo e costringendo il fluido a passare nel tubo centrale
per poi fuoriuscire dall’alto.
Mentre il livello del fluido
scende, il galleggiante si riporta
in basso e, una volta raggiunto
il fondo, si richiude l’ingresso
dell’aria e si riapre lo sfiato, cominciando così un nuovo ciclo.
www.severntrentservices.it
SICUREZZA
DISPENSA INAIL
I rischi di esplosione
Un aiuto per le aziende ad attuare quanto richiesto dalle norme,
mettendo in pratica le misure di prevenzione e protezione
Secondo quanto prescrive il cosiddetto “Testo Unico sulla Sicurezza” (D.Lgs 81/2008 e successive modifiche), tutti i datori di
lavoro, nell’ambito della valutazione dei rischi, devono tener
conto della possibilità che nei
luoghi di lavoro si formino delle
atmosfere esplosive. Se tale possibilità può essere esclusa, sarà
sufficiente inserire nel documento di valutazione dei rischi un’annotazione del tipo “nel luogo di
lavoro non sono presenti nè possono svilupparsi atmosfere esplosive, così come definite dall’art.
288 del D.Lgs 81/08”.
Contrariamente all’opinione generale, il rischio di esplosioni è
molto diffuso, anche in settori industriali diversi dalle raffinerie,
impianti petrolchimici e industrie
farmaceutiche: basti pensare l’esplosione di silos di stoccaggio di
cereali nel 2007 presso Molino
Cordero (nel cunese) e nel 2006
quella della Umbra Oli (nel perugino). L’obbligo di valutare dettagliatamente il rischio di esplosione, preparando un apposito
“Documento sulla protezione
contro le esplosioni” (D.Lgs
81/08, art. 294) riguarda quindi
moltissime aziende, anche di medio-piccole dimensioni; per aiutare le aziende ad attuare quanto richiesto dalle norme, mettendo in
pratica le misure di prevenzione e
protezione contro le esplosioni,
l’Inail ha recentemente preparato
una “dispensa” dal titolo “Il rischio di esplosione: misure di
protezione ed implementazione
delle Direttive ATEX 94/9/CE e
99/92/CE”. In questo documento
vengono trattati i fenomeni, i parametri fisici ed i principi fondamentali della protezione contro le
esplosioni, mettendo a disposizione informazioni la cui conoscenza è essenziale per l’applicazione dei contenuti delle norme
tecniche e di legge.
LA STRUTTURA
DEL DOCUMENTO INAIL
Il documento ha una struttura
molto compatta: escludendo indice e bibliografia, le pagine di testo sono circa 70. I 6 capitoli trattano: le nozioni generali sulle miscele a rischio di esplosione e
sulle atmosfere potenzialmente esplosive; la direttiva 94/9/CE
- la direttiva 99/92/CE, i sistemi
Hi-Tech Ambiente
47
di protezione contro le esplosioni; la caratterizzazione qualitativa
e quantitativa delle sorgenti di emissione (di sostanze atte a provocare esplosioni); i criteri di valutazione della protezione dalle esplosioni (metodologia per la valutazione del rischio).
L’ultimo capitolo è quello più interessante dal punto di vista “operativo”, in quanto descrive dettagliatamente i diversi passaggi
necessari per una corretta valutazione del rischio da esplosione,
suggerendo inoltre le misure tecniche e organizzative necessarie
per mantenere questo rischio sotto controllo.
Pur volendo riassumere le prescrizioni principali, va sottolineaContinua a pag. 48
SICUREZZA
Continua da pag. 47
I rischi di esplosione
to che la determinazione del rischio da esplosione può essere
molto complessa e quindi richiede l’uso di formule e algoritmi
che non possono ovviamente essere riassunti in modo semplificato.
IL FATTORE “PROBABILITA’”
È noto che l’entità del rischio è
definibile come prodotto tra la
probabilità che si verifichi un determinato evento (un’esplosione)
e l’entità del danno che da questo
evento può derivare. Il primo
passo è quindi la stima (il più
possibile quantitativa) del fattore
probabilità; tale stima risulta di
solito complessa, in quanto deve
tener conto di una serie di diversi
parametri (sostanze e materiali utilizzati nel processo, livello di
manutenzione di attrezzature e
impianti, presenza di sistemi di
prevenzione e protezione).
Le sorgenti di emissione
Il primo passo è l’individuazione
delle possibili “sorgenti di emissione”; occorre cioè fare un “inventario” di tutte le sostanze
combustibili che sono presenti
all’interno del sito, perché immagazzinate, utilizzate o prodotte
nei processi che vi si svolgono
(sia intenzionalmente che come
intermedi o sottoprodotti). Tra
tutte le sostanze combustibili dovremo poi selezionare quelle che
sono in grado di formare una atmosfera esplosiva; ciò può essere
fatto prendendo in esame le caratteristiche rilevanti ai fini della
formazione di atmosfere esplosive, e cioè:
- per liquidi, vapori e gas: temperatura di ebollizione, di infiammabilità e di autoaccensione; tensione di vapore alla temperatura
di stoccaggio e di processo; limite inferiore di esplosività in aria
(LEL), espresso in % vol.
- per le polveri: temperatura di
accensione dello strato di spessore 5 mm e della nube, grandezza
media delle particelle, energia
minima di accensione (MIE),
classe di combustibilità (secondo
la classificazione BZ), classe di
esplosione (St) o indice (K).
Queste informazioni possono essere ricavate dalle schede di sicurezza, o richieste direttamene al
fornitore. Come criterio di selezione, per i liquidi è particolar-
mente importante la temperatura
di infiammabilità (flash point),
che indica la temperatura al di sopra della quale un liquido libera
in aria una quantità di vapori in
grado di formare una miscela infiammabile; per i gas (in cui la
temperatura di infiammabilità è
inferiore alla temperatura ambiente) è rilevante la temperatura
di accensione, cioè la minima
temperatura che deve avere una
superficie calda per provocare
l’accensione del gas.
Per le polveri, è soprattutto importante la granulometria, cioè le
dimensioni delle particelle (le
particelle con diametro maggiore
di 0,5 mm non sono pericolose);
altre grandezze utili come criterio
di selezione sono la classe di
combustibilità “BZ” (le classi
BZ1, BZ2, BZ3 non sono pericolose nelle normali condizioni di
lavorazioni industriali) e la Classe di esplosione (per St >0 si può
verificare una esplosione da mo-
derata a severa).
La classificazione delle aree
Una volta compilato l’elenco delle sostanze che possono formare
atmosfere esplosive, è necessario
identificare le aree dello stabilimento in cui queste sostanze sono
(o possono essere) presenti e definire se la presenza di queste sostanze è continua, saltuaria o eccezionale. In base a quanto sopra,
e tenendo anche conto della presenza e dell’efficacia di sistemi
di ventilazione interna, è possibile classificare le aree secondo
quanto previsto nell’All. XLIX al
D.Lgs 81/08: sono previsti 3 livelli per gas, vapori e nebbie (da
0, che indica la situazione peggiore, fino a 2, che indica una
presenza di atmosfere esplosive
improbabile o comunque di breve
durata). Per le polveri sono analogamente presenti 3 livelli, indicati da numeri da 20 (situazione
peggiore) a 22 (possibile presenza di nubi di polveri combustibili
improbabile o comunque di breve
durata). A questi 3 livelli se ne
può aggiungere un quarto, corrispondente a una situazione di “Area non pericolosa”. In caso di
contemporanea presenza di più
sostanze, si prende in esame
quella che porta alla classificazione peggiore. A ciascun livello
di classificazione viene poi attribuito un punteggio, variabile da 4
(zone 0 e 20, cioè presenza permanente o di lunga durata di una
atmosfera esplosiva) a 1 (zone
non pericolose, dove la formazione di atmosfere esplosive si ritiene quasi impossibile).
Le probabilità di innesco
Il verificarsi di una esplosione richiede la concomitanza di 3 condizioni: la presenza di una sostanza combustile nell’aria, in
concentrazioni comprese nell’intervallo di esplosività (cioè superiori al valore minimo LEL ma
inferiori al valore massimo
UEL); la presenza di ossigeno,
come normale componente
dell’atmosfera, o in concentrazioni superiori (come nelle camere iperbariche); la presenza di una
sorgente di innesco, cioè di una
quantità di energia sufficiente al
mantenimento autonomo della
combustione .
Analogamente a quanto già visto
per i livelli di rischio della formazione di atmosfere esplosive,
si possono definire 4 livelli di
probabilità di innesco: da 4 (sorgenti di innesco presenti in maniera frequente) a 1 (sorgenti di
innesco assenti o non efficaci).
La probabilità di innesco può essere diminuita conducendo il processo in atmosfera di gas inerte
(azoto o CO2). Avendo determinato numericamente, con valori
interi da 1 a 4, sia la pericolosità
delle aree che la probabilità di innesco, potremo definire la probabilità del verificarsi di una esplosione con un numero risultante da
una apposita matrice, nella quale
il livello massimo di probabilità
ha valore 4, ed il valore minimo
risulta 1.
IL FATTORE “DANNO”
Il danno può anch’esso essere definito qualitativamente in una
scala da 1 (danni lievi o comunque reversibili) a 4 (infortunio
con esiti letali o di invalidità permanente). Per una stima il più
possibile quantitativa è necessario prendere in esame le diverse
Hi-Tech Ambiente
48
SICUREZZA
aree e la loro classificazione e,
successivamente, considerare diversi altri fattori, e in particolare:
la presenza di lavoratori nell’area
considerata; l’indice di esplosione delle sostanze presenti (in caso di più sostanze, si considera
quella con il valore più alto); il
volume dell’atmosfera potenzialmente esplosiva; il tipo di confinamento, e cioè se intorno all’area dove si produce un’atmosfera
esplosiva vi sono o meno impianti e strutture che ostacolano lo
sfogo dell’esplosione. In questo
fattore rientra la presenza (o meno) di dispositivi per lo scarico
delle esplosioni, come pannelli o
dischi a rottura prestabilita.
A ciascuno di questi fattori il procedimento adottato dal Manuale
Inail attribuisce un valore numerico crescente con il livello di pericolosità; facendo la somma di
questi valori si arriva ad un numero, compreso tra 1 e 4, che definisce l’entità del danno.
VALUTAZIONE FINALE
E MISURE NECESSARIE
Come già accennato, il rischio
(per ciascuna delle aree definire
in base ai criteri già esposti, e descritti in maggior dettaglio
nell’All. XLIX al D.Lgs 81/08) è
dato dal prodotto (R) del numero
che esprime il fattore probabilità
(P), per il numero che esprime il
fattore danno (D). Poiché i due
fattori variano da 1 a 4, il loro
prodotto sarà un numero variabile
da 1 a 16; il livello di rischio viene così classificato: rischio trascurabile, per R compreso tra 1 e
2; rischio basso, per R compreso
tra 2 e 4; rischio medio, per R
compreso tra 4 e 9; rischio alto,
per R compreso tra 9 e 16.
Se il rischio è trascurabile, non
sono necessarie misure particolari, salvo le misure generali di tutela previste all’art. 15 del D.Lgs
81/08 (in particolare, la riduzione
dei rischi al minimo possibile ed
il costante miglioramento nel
tempo dei livelli di sicurezza). Se
Hi-Tech Ambiente
49
il rischio risulta basso, occorre
assicurarsi che la formazione dei
lavoratori sia adeguata, e iniziare
una revisione delle procedure dei
processi e delle attrezzature, allo
scopo di identificare le possibili
aree di miglioramento. I relativi
interventi di adeguamento possono essere programmati nel tempo,
senza particolari vincoli di urgenza.
Se il rischio risulta medio o alto,
è necessario un riesame immediato delle misure di prevenzione e
protezione adottate, facendo in
particolare riferimento alle “Prescrizioni minime” riportate
nell’All. L al D.Lgs 81/08. Le
misure da adottare dipendono
dall’entità dei due fattori (probabilità e danno). Se il contributo
maggiore è dato dal fattore probabilità, sarà necessario ad esempio migliorare i sistemi di ventilazione, oppure svolgere il processo sotto gas inerte; mentre, se
il contributo maggiore è dato dal
fattore danno, sarà necessario adottare misure tecniche di protezione, come sistemi di soppressione, di isolamento o di scarico,
oppure uso di apparecchiature resistenti alle esplosioni.
SICUREZZA
LE TUTE PROTETTIVE DI DUPONT
La differenza con Tychem
Per minimizzare i rischi per gli operatori, gli indumenti contro
gli agenti chimici aggressivi devono avere caratteristiche eccezionali
Sebbene la tuta di protezione chimica non dovrebbe fungere da alternativa per ridurre o eliminare un
pericolo di esposizione chimica, in
molti casi vi è poca o nessuna scelta oppure è una precauzione obbligatoria. Il grande numero di processi industriali e di operazioni di pulizia rende impossibile garantire la
salvaguardia dei lavoratori contro
un’esposizione accidentale alle sostanze chimiche. In altre situazioni,
come nel caso del versamento accidentale di prodotti o di lavori di bonifica, c’è sempre la necessità di
una protezione continua contro tutti
i rischi conosciuti, prevedibili e
possibili.
L’IMPORTANZA
DI UNA SCELTA CORRETTA
Sono disponibili vari tessuti barriera ad alte prestazioni e hanno dimostrato di fornire buoni livelli di protezione quando utilizzati per le tute
di protezione chimica. Tuttavia,
non tutti gli indumenti protettivi sono uguali e alcuni di questi tessuti
sono più efficaci di altri contro i diversi tipi di sostanze chimiche e di
concentrazioni delle stesse. Pertanto, risulta assolutamente necessario
ottenere dal produttore dell’indumento le linee guida e i dati sulle
prestazioni. I diversi tessuti hanno
differenti capacità protettive, e occorre inoltre ricordare che nessun
capo di abbigliamento, nessun tessuto o pellicola può fornire una protezione assoluta e infinita contro
l’insieme dei rischi chimici, in tutte
le situazioni.
La selezione del dispositivo di protezione individuale (DPI) appropriato è quindi un compito complesso e serio.
IL BILANCIAMENTO
Nella maggior parte dei casi occorre bilanciare il comfort e la protezione per fornire un DPI adeguato
Tychem 4000S di DuPont
contro i rischi chimici. Questo argomento richiede un’attenzione
particolare ai dettagli. L’obiettivo
deve sempre essere quello di fornire la migliore protezione possibile
assicurandosi al contempo che l’utilizzo di tale indumento protettivo
non aggiunga ulteriori rischi. Il pericolo che i copriabiti altamente sigillanti e restrittivi contribuiscano o
aggravino i rischi per gli operatori è
reale e spesso sotto stimato.
Pur fornendo un’efficace protezione chimica, il DPI ad alte prestazioni può contribuire a generare nuovi
rischi quali lo stress fisiologico e
psicologico. Per esempio, è stato
dimostrato il pericolo mortale per i-
pertermia (‘stress da calore’) proveniente da indumenti protettivi non
ventilati. Parallelamente, l’impatto
psicologico sulle persone che indossano tute da lavoro restrittive,
ingombranti e perfino claustrofobiche è forse meno conosciuto ma altrettanto reale. Qualsiasi motivo
possa influenzare negativamente il
giudizio di un operatore in un ambiente altamente pericoloso e stressante deve essere seriamente preso
in considerazione.
PROTEZIONE CON COMFORT
Oltre ai rischi fisici e mentali associati a DPI non confortevoli, si ve-
Hi-Tech Ambiente
50
rifica la diminuzione della produttività di chi indossa la tuta, nonché
una forte propensione a indossare
scorrettamente l’abbigliamento protettivo. Entrambe queste valutazioni sono cruciali e devono essere
prese in considerazione in fase di
selezione dell’indumento. Questi
fattori sottolineano l’importanza del
comfort dell’utilizzatore quando
viene selezionato l’abbigliamento
di resistenza alle sostanze chimiche
aggressive e ad altri ambienti pericolosi. Per lavori di pulizie industriali su ampia scala, fattori quali
la grandezza degli spazi operativi, i
luoghi spesso remoti, l’imprevedibilità intrinseca della situazione e la
SICUREZZA
necessità di adeguarsi alle procedure, rendono l’elevato comfort
dell’operatore un punto particolarmente importante, dato che i lavoratori possono ritrovarsi confinati in
una zona di rischio per lunghi periodi di tempo.
PROTEZIONE E DURABILITA’
Un’altra questione importante da
tenere presente per la selezione
dell’abbigliamento protettivo adatto
riguarda la solidità del tessuto e la
durabilità. Le tute protettive devono
essere robuste abbastanza da resistere alla normale usura senza diminuire il livello di protezione offerto.
Anche la migliore barriera protettiva perderà qualunque efficacia se
bucata, strappata o abrasa.
Tuttavia, la robustezza e la durabilità sono caratteristiche del tessuto
che di solito vanno a scapito del
comfort e della mobilità dell’utilizzatore. Il comfort e la mobilità possono in teoria essere migliorati su
alcuni tipi di tessuto riducendo lo
spessore del tessuto o del rivestimento ma ciò andrebbe sicuramente a compromettere la protezione
offerta e la durata di utilizzo
dell’indumento, un compromesso
chiaramente non accettabile.
Le membrane rigide e inflessibili
sono conformi alle norme tecniche
e offrono buone prestazioni di barriera quando testate in laboratorio,
ma possono risultare inaccettabili
dal punto di vista della comodità di
utilizzo e della durabilità. Per esempio, i tessuti di tipo polietilene, duri
e inflessibili, non sono confortevoli,
inibiscono i movimenti e tendono a
deteriorarsi nel tempo. Le micro lesioni che ne risultano possono essere molto difficili da vedere e sono
la causa maggiore del fallimento di
questo tipo di barriera in situazioni
reali.
ne di una vasta gamma di solidi, liquidi e gas tossici, proteggono gli
operatori dall’esposizione diretta a
centinaia di sostanze chimiche potenzialmente tossiche e dannose di
origini industriale, biologica, militare, medica e altre ancora.
Le gamme di dispositivi di protezione individuale Tychem F e Tychem C forniscono una protezione
contro numerose sostanze tossiche,
agenti chimici inorganici concentrati (anche pressurizzati), particelle
ultra fini, rischi biologici e agenti di
guerra chimica. Tutte le varianti di
questi indumenti sono provviste di
caratteristiche di design innovative
e di una gamma completa di accessori certificati. Soprattutto, sono
progettate per essere robuste e leggere, con una vestibilità morbida,
non restrittiva ed ergonomica.
In alcune situazioni di esposizione
a sostanze chimiche, le nuove tute
Tychem 4000S possono rivelarsi
una scelta appropriata. Questa particolare tuta si inserisce nella tradizione protettiva del marchio Tychem e aggiunge qualcos’altro: un
comfort elevatissimo per chi lo indossa e la mobilità. Basato sul rinomato tessuto Tyvek (sempre di DuPont) che garantisce una protezione
al contempo efficace e leggera, il
Tyvek 800 di DuPont
nuovo tessuto Tychem 4000S è
considerevolmente soffice e leggero rispetto ad altri materiali basati
sugli elastomeri. Con un peso medio per tuta da lavoro di 700 g, l’intrinseca flessibilità e la stabilità dimensionale di questo tessuto rivoluzionario lo rendono molto più
confortevole e facile da indossare
soprattutto nelle situazioni di elevato stress, che gli operatori devono
sopportare quando lavorano in ambienti pericolosi.
HAI BISOGNO DI AIUTO?
Per selezionare gli indumenti di
protezione individuale contro le sostanze chimiche industriali aggressive, è necessario tenere a mente
che l’indumento protettivo è la prima linea di difesa nella gestione del
contatto fisico diretto con le sostanze chimiche che possono essere altamente pericolose. Per tale motivo,
è importante dedicare molta attenzione alla scelta degli indumenti
protettivi migliori.
Il solo fatto che un indumento abbia passato con successo uno statico test in laboratorio non significa
necessariamente che esso sia appropriato per una data situazione lavorativa. Le condizioni di lavoro individuali possono variare enormemente e ogni circostanza o evento
devono essere considerati con cura
per permettere di valutare il rischio,
la protezione, la durabilità e il
comfort. Per la scelta di tute protettive (o qualsiasi altro DPI) non fidarti di un sito web o di qualche
brochure. La scelta ottimale e più
sicura per la protezione personale
richiede capacità di giudizio, una
comprensione dettagliata dei rischi
e una conoscenza completa dei
principi di protezione individuale,
delle norme tecniche e delle prestazioni dei dispositivi.
A PROTEZIONE
DEL RISCHIO CHIMICO
UNA CONSULENZA
PROFESSIONALE
Prodotto da DuPont, il portfolio di
abbigliamento antinfortunistica Tychem contro le sostanze chimiche è
stato sviluppato per proteggere i lavoratori da un’ampia gamma di rischi chimici in grado di fornire ottime prestazioni di protezione,
comfort e durabilità. Questi tessuti
sono progettati per fornire una protezione robusta anche in condizioni
impegnative e tutti gli indumenti
sono sottoposti a test rigorosi e indipendenti prima di essere approvati per l’uso. Testati sulla permeazio-
Specialista nella protezione personale, DuPont risponde da oltre 40
anni alle esigenze di sicurezza globale con le migliori tecnologie e innovazioni. DuPont Personal Protection offre un sostegno completo per
la selezione degli indumenti e la valutazione dei rischi chimici oltre
che per la formazione sull’uso
dell’abbigliamento protettivo. Un
servizio di selezione personalizzata
è disponibile per tutti i dispositivi
di protezione individuale delle
gamme Tyvek e Tychem.
Hi-Tech Ambiente
51
TECNOLOGIE
TERRENI E FALDE ACQUIFERE
BONIFICA
vS IDROCARBURI
Nell’ambito del biorisanamento spinto in situ interessante
è l’impiego del diffusore di ossigeno progettato e brevettato
dall’Università canadese di Waterloo
Le tecniche di biorisanamento
spinto hanno dimostrato una serie
di vantaggi per quanto riguarda la
depurazione di siti contaminati da
prodotti di origine petrolifera e idrocarburi: infatti, queste tecniche non solo sono in grado di ridurre i tempi degli interventi di
bonifica, ma sono anche più semplici, meno costose e meno invasive rispetto ai metodi tradizionali. Questi ultimi, infatti, (ad esempio interventi di escavazione,
oppure “pump and treat”) agiscono “ex situ” e richiedono spesso
l’impiego di impianti costosi e ad
elevato consumo energetico; inoltre, le tipologie di intervento tradizionali possono causare l’interruzione o il disturbo di altre attività umane, in particolare se il sito da trattare è situato in zone residenziali, commerciali o industriali.
Al contrario, i trattamenti di biorisanamento spinto agiscono “in
situ”, ossia stimolando le condizioni ambientali necessarie per risolvere la contaminazione sul posto, e in modo naturale. L’ossigeno è spesso il fattore determinante per lo sviluppo dei batteri in
grado di degradare gli idrocarburi: quindi, incrementando l’apporto di ossigeno nel terreno o
nella falda da depurare, si accelera la proliferazione dei microorganismi “indigeni” naturalmente
presenti nel terreno, che effettuano il biorisanamento.
durre ossigeno nelle zone contaminate: tra le più comuni da citare la bioventilazione, l’insufflazione d’aria e di ossigeno gassoso
in forma di microbolle, il rilascio
di composti ossigenati, l’infiltrazione di acqua ossigenata e l’iniezione di ossigeno puro o di ozono.
Recentemente è stato proposto il
rilascio dell’ossigeno mediante
diffusione: questa tecnica consiste nell’impiego di tubazioni polimeriche pressurizzate, che rilasciano uniformemente ossigeno
disciolto nelle falde acquifere.
Rispetto alle altre tecniche per il
rilascio di ossigeno, la diffusione
ha il vantaggio di fornire ai microorganismi molecole di ossigeno immediatamente utilizzabili,
evitando le dispersioni di ossigeno (che invece si verificano con
l’insufflazione in bolle); inoltre,
si evita le produzione di fanghi,
residui chimici e altri sottoprodotti, e anche il consumo di energia elettrica è praticamente nullo;
infine, il rilascio diffuso di ossigeno è efficace ad ogni profondità.
LA DIFFUSIONE ATTRAVERSO
TUBI IN PLASTICA
L’Università canadese di Waterloo ha progettato e brevettato un
diffusore di ossigeno, attualmente
prodotto dalla ditta canadese Solinst Canada.
Esso consiste in una struttura cilindrica in PvC della lunghezza
di 130 cm, attorno alla quale sono
LE DIVERSE
TECNICHE DISPONIBILI
Esistono varie tecniche per intro-
Continua a pag. 54
Hi-Tech Ambiente
52
TECNOLOGIE
Continua da pag. 52
preservazione e lo sviluppo della
popolazione microbica naturalmente presente all’interno del terreno.
Bonifica Vs idrocarburi
avvolti tubi di silicone o di LDPE
(polietilene a bassa densità) di 60
mm di diametro. I tubi sono collegati con un serbatoio di aria
pressurizzata o di ossigeno puro.
Questi diffusori di ossigeno sono
posizionati a una profondità variabile da 5 a 15 cm entro il terreno da bonificare oppure immersi
nella falda acquifera; questa è la
posizione ottimale, perchè la
struttura di diffusori consente
all’acqua di fluire attraverso e intorno l’impianto di ossigenazione, assicurando un buon contatto
con le tubazioni.
L’emissione di ossigeno si basa
sulla legge della diffusione di
Ficks, secondo la quale il movimento di una sostanza attraverso
una membrana polimerica avviene da un’area ad alta concentrazione verso un’area a bassa concentrazione, ad una velocità che
dipende dalla differenza delle
concentrazioni, dalla pressione e
dal coefficiente di permeabilità
del materiale polimerico.
Quando l’ossigeno viene introdotto nel diffusore, che è a contatto con la falda, si crea un gradiente di concentrazione tra l’interno della tubazione e la falda
stessa, che spinge l’ossigeno molecolare attraverso la tubazione in
modo controllato, facendolo entrare immediatamente in contatto
con la falda acquifera da depurare. Dato che il tubo entro cui entra l’ossigeno è chiuso al fondo, e
il flusso avviene unicamente per
diffusione, il consumo di energia
è minimo.
Poichè l’acqua di falda fluisce in
modo continuo intorno al diffusore, il flusso di ossigeno viene
mantenuto costante, senza mai
raggiungere un punto di equilibrio.
Questo comporta una diffusione
stabile e omogenea dell’ossigeno
all’interno della falda, senza alcun decremento della concentrazione e senza che ci sia pericolo
di sovradosaggi: ciò costituisce
una condizione necessaria per la
REPERTORIO
dell’Ambiente
il “chi fa cosa”
delle ecotecnologie
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UN ESEMPIO CONCRETO
IL PROGETTO AQUASENSE
L’acqua è pura?
L'acquafotomica è una disciplina relativamente nuova che
sfrutta l'interazione tra luce e
acqua per fornire un'analisi dell'acqua rapida e completa.
Il progetto Aquasense, finanziato dall'UE, ha accostato l'acquafotomica a tecniche di imaging nel vicino infrarosso per
creare un sistema di rilevamento multi-contaminante in tempo
reale che consente un rapido
monitoraggio e l’analisi dell'acqua. Dopo un training completo
sul monitoraggio della qualità
dell'acqua e altre tecniche correlate, sono stati selezionati diversi contaminanti comuni ai fini del test. Le misurazioni di riferimento sono state eseguite
per diversi tipi di acqua ed a diverse temperature, così da stabilire la variazione nell'acqua pura. La temperatura e l'umidità
sono state identificate come fattori confondenti che richiedono
di essere caratterizzati e quindi
corretti.
I ricercatori hanno inoltre sviluppato algoritmi che consentirebbero l'identificazione di con-
taminanti specifici successivamente testati rispetto a contaminanti noti in varie condizioni.
Gli scienziati, per di più, hanno
scoperto che le concentrazioni
di contaminanti nell'acqua potabile erano troppo basse per poter essere rilevate con questo
nuovo sistema, ma potrebbero
essere efficaci per lo screening
delle acqua reflue.
La competenza e le informazioni tecniche acquisite durante il
progetto hanno gettato le basi
per future ricerche in questo
campo.
Hi-Tech Ambiente
54
Come esempio dell’efficacia di
questa tecnologia, può essere citato il caso della contaminazione
di una falda acquifera avvenuto
in Canada, e causata da perdite
nei serbatoi di una stazione di
rifornimento carburanti.
Il livello di questa falda varia da
3 a 13 metri nel corso dell’anno,
e le analisi geochimiche indicavano una concentrazione limitata
di ossigeno; la falda era posizionata nei pressi di un centro commerciale, interessato da un ampio
flusso di persone, e quindi si rendeva necessaria l’adozione di una
soluzione che fosse in grado di ridurre al minimo il disagio per il
traffico e le attività commerciali.
Nell’estate del 2009, la compagnia incaricata per la bonifica del
sito ha installato 58 diffusori, distribuiti in 29 pozzi (posti a circa
due metri l’uno dall’altro, perpendicolarmente alla falda), e due
impianti in ciascun pozzo; in questo modo è stata creata una barriera permeabile reattiva in grado
di depurare l’acqua presente nella
falda acquifera nel momento in
cui essa passa attraverso la barriera.
Sono stati impiegati diffusori del
diametro di 10 cm, alcuni dei
quali in LDPE; mentre, nelle aree
di maggior flusso idrico sono state adottate tubazioni rivestite con
silicone, al fine di rilasciare una
maggiore quantità di ossigeno.
I risultati ottenuti presso il sito
canadese sono stati estremamente
positivi: il sistema è stato concepito per trattare contaminazioni
da idrocarburi fino a 5.000 µg/l,
ma ha mostrato capacità di depurazione 3 volte superiori; le acque trattate hanno mostrato concentrazioni inferiori a 1 µg/l di idrocarburi aromatici (BTEX) e
meno di 145 µg/l di altri idrocarburi, e dopo tre anni il sistema di
depurazione continua a funzionare efficacemente, senza incremento di costi.
In altri progetti, i diffusori di ossigeno sono stati utilizzati per
completare la bonifica di un sito
dopo un trattamento primario di
estrazione dei vapori, oppure
combinati ad altre tecnologie di
depurazione.
TECNOLOGIE
COME VALORIZZARE LA GLICERINA
Il progetto Glyfinery
Quattro i prodotti più promettenti sia dal punto
di vista economico che del minore impatto ambientale
Attualmente, la produzione europea
di biodiesel è intorno a 8 milioni di
ton/anno; per ogni tonnellata di biodiesel si producono 100 kg di glicerina, per cui la produzione di glicerina come sottoprodotto del biodiesel è intorno a 800.000 ton/anno.
Nonostante vi siano molteplici usi
per la glicerina (sono stati identificati oltre 2.000 diversi impieghi), il
mercato della glicerina è attualmente saturo; e la situazione è destinata
a peggiorare, considerando che l’Unione Europea punta a sostituire i
carburanti derivati dal petrolio (tra i
quali il gasolio è il principale, con
un consumo in Europa intorno a
200 milioni di ton/anno) con i biocarburanti. Il prezzo della glicerina
si è ormai ridotto a livelli tali che
molti produttori di biodiesel preferiscono venderla come combustibile, nonostante il suo scarso potere
calorifico; utilizzi di questo tipo
comportano una penalizzazione economica di 100-150 euro/ton, che
si aggiungono ai costi di produzione del biodiesel. Per uscire da questa situazione in modo che sia economicamente ed ambientalmente
valido, l’UE ha lanciato il progetto
Glyfinery, coordinato dall’Università Tecnica della Danimarca, con
la partecipazione di varie industrie
e centri di ricerca del Nord Europa.
I prodotti selezionati: etanolo, butanolo, propandiolo 1,3 (PDO),
biogas/biometano
I 4 PRODOTTI
PIU’ PROMETTENTI
Nella prima fase del progetto sono
stati identificati quattro prodotti, selezionati come quelli più promettenti dal punto di vista economico e
con impatto ambientale più favorevole. Tali prodotti sono: etanolo,
butanolo, propandiolo 1,3 (PDO),
biogas/biometano.
Tutti questi impieghi (a parte l’ultimo) richiedono che la glicerina
venga purificata: in uscita dagli impianti di produzione di biodiesel la
glicerina contiene il 20% di materiali estranei, la cui composizione
varia secondo il processo di produzione di biodiesel. Sono presenti saponi, cloruri e citrati, oltre ad esteri
di acidi organici e derivati dal propandiolo, e metanolo derivante dalla reazione di transesterificazione.
Se come materia prima si usa olio
di frittura sono presenti anche aldeidi e acidi organici.
L’obiettivo della purificazione è
una purezza del 99,5%, grazie alla
quale è possibile accedere ad usi a
maggior valore aggiunto, che possono spuntare un prezzo intorno a
300 euro/ton, mentre la glicerina
grezza e quotata a circa 100
euro/ton.
In pratica, l’unico utilizzo della glicerina grezza è la combustione, che
è però penalizzato dal modesto potere calorifico e dalla necessità di
abbattere le sostanze nocive (soprattutto l’acroleina) che si formano
durante la combustione.
LA PRODUZIONE DI ETANOLO
La maggior parte dell’etanolo viene
Hi-Tech Ambiente
55
prodotto per fermentazione di prodotti agricoli, che sono da considerare risorse rinnovabili. In Europa
si producono circa 2,2 milioni di
ton/anno di etanolo, il 70% del quale è utilizzato come biocarburante.
La glicerina può esser trasformata
in etanolo mediante fermentazione,
con una resa di circa il 35%; teoricamente, in Europa si potrebbero
ottenere 280.000 ton/anno di bioetanolo, corrispondenti a circa il
13% della produzione europea. La
maggior parte dei processi attualmente utilizzati presenta lo svantaggio di richiedere ceppi batterici puri
(in qualche caso geneticamente modificati), che sono molto costosi e
devono essere protetti dalla “concorrenza” degli altri batteri; questo
comporta la necessità di operare in
condizioni praticamente asettiche,
con notevole incremento di costi.
Particolarmente interessante risulta
quindi un brevetto, recentemente
depositato dall’Enea, relativo ad un
processo di trasformazione della
glicerina grezza in idrogeno ed etanolo, con rese di conversone della
glicerina di oltre il 98%.
Dal punto di vista ambientale, occorre considerare due elementi:
l’impatto del trasporto e la formazione di sottoprodotti.
L’impatto del dell
La glicerina grezza deve essere infatti trasportata agli stabilimenti per
la produzione del bioetanolo, dove
verrà prima depurata e successivamente fatta fermentare. In base al
numero ed alla localizzazione geografica degli stabilimenti di produzione del bioetanolo rispetto a quelli di produzione del biodiesel, è stata calcolata una distanza media di
300 km.
Quanto alla formazione di sottoprodotti durante la fermentazione, secondo i processi ed i ceppi batterici
utilizzati, si forma CO2 (che viene
emessa in atmosfera, dove contriContinua a pag. 56
TECNOLOGIE
Continua da pag. 55
Il progetto Glyfinery
buisce all’effetto serra), idrogeno
(che può essere valorizzato energeticamente, da solo o come componete di biogas) e prodotti organici
come l’acido formico. Esiste la
possibilità di separare e commercializzare alcuni dei sottoprodotti,
se le condizioni di mercato sono favorevoli; ma in genere l’opzione economicamente più favorevole è
sottoporre i residui di fermentazione a digestione aneaerobica, con
produzione di biogas (utilizzabile
per usi energetici all’interno
dell’impianto) e di digestato solido,
utilizzabile come fertilizzante.
LA PRODUZIONE DI BUTANOLO
Il butanolo (alcool butilico) è utilizzato come solvente e come materia
prima per la produzione di metiletilchetone (MEK), materie plastiche
e fibre sintetiche. A differenza
dell’etanolo, ad oggi il butanolo è
prodotto in prevalenza per via petrolchimica; tuttavia, molti microorganismi del genere Clostridium
possono fermentare il glucosio producendo butanolo, che in questo caso viene chiamato biobutanolo e
può essere usato come componente
di biocarburanti, con alcuni vantaggi rispetto al bioetanolo (maggior
potere calorifico, minore assorbimento di acqua, migliore miscelazione con gli idrocarburi, minore
corrosività). E’ possibile trasformare la glicerina in biobutanolo, ma la
resa è modesta (intorno al 20%); inoltre, i processi di fermentazione
tradizionali sono piuttosto costosi e
richiedono l’uso di solventi, che devono essere separati per non ridurre
l’attività microbica, mediante passaggi di distillazione associati ad alti consumi energetici. Recentemente, un giovane ricercatore dell’Università dell’Alabama (Usa) ha scoperto un ceppo di Clostridium pasteurianum in grado di convertire la
glicerina in biobutanolo con rese
del 30-35%, producendo anche sottoprodotti facilmente utilizzabili (etanolo, propandiolo, acido acetico,
acido butirrico). Il processo può essere condotto in modo continuo rimuovendo il butanolo man mano
che si forma, grazie ad una colonna
di strippaggio sotto azoto.
Una via chimica per convertire la
glicerina in butanolo utilizzando catalizzatori innovativi è invece allo
studio preso l’Università finlandese
di Oulu. Le problematiche relative
al trasporto ed ai sottoprodotti sono
analoghe a quelle già viste per il
bioetanolo; va però rilevato che è
possibile orientare il processo di
fermentazione in modo da ottenere
una notevole quantità di propandiolo 1,3, che potrebbe aumentare la
redditività dell’impianto.
LA PRODUZIONE
DI PROPANDIOLO
Il propandiolo 1,3 (PDO) è un composto con struttura chimica simile a
quella della glicerina, in quanto ha
3 atomi di carbonio e due gruppi
–OH (invece dei 3 della glicerina);
viene usato per la produzione di fibre poliesteri (PTT) analoghe al
PET ma con migliori caratteristiche. Fino al 2006 il PDO veniva esclusivamente prodotto per via petrolchimica; nel 2006 la DuPont ha
iniziato una produzione per via biologica, partendo dall’amido di
mais. In entrambi i casi, i costi di
produzione sono elevati e si riflet-
tono sul prezzo finale, limitando
l’utilizzo del PDO; tuttavia, se fosse disponibile un processo meno
costoso, il mercato delle fibre PTT
potrebbe facilmente espandersi al
punto da assorbire tutta la produzione di glicerina.
La trasformazione della glicerina in
PDO ha una discreta resa (oltre il
50%), il che consente di ridurre la
distanza media per il trasporto della
glicerina grezza a circa 200 km; i
sottoprodotti della reazione (acido
butirrico, esteri dell’acido acetico,
etanolo) possono essere utilizzati
per produrre biogas, ma anche valorizzati separatamente, in alcuni
casi sostituendo i corrispondenti
prodotti ottenuti per via petrolchimica.
Come per la produzione di butanolo, il processo di produzione del
PDO è piuttosto complicato, e ri-
chiede l’utilizzo di solventi ed il loro recupero per distillazione; inoltre, il PDO richiede uno stadio finale di purificazione mediante estrazione liquido/liquido in continuo.
Nel corso del progetto Glyfinery è
stato messo a punto un processo di
produzione del PDO che parte dalla
glicerina grezza e utilizza due fermentatori contenenti un ceppo non
genericamente modificato di Clostridium butyricum; la fermentazione richiede da 14 a 20 giorni e la
resa finale è del 56%.
Utilizzando questo processo si ha
un recupero dell’energia contenuta
nella materia prima (glicerina grezza) di oltre il 90%; questo valore è
nettamente superiore rispetto alla
conversione della glicerina in butanolo (72%) o in etanolo (54%).
LA PRODUZIONE
DI BIOGAS/BIOMETANO
La trasformazione della glicerina
grezza in biogas non richiede pas-
saggi di purificazione e può essere
facilmente realizzata aggiungendo
circa il 6% di glicerina ad altri substrati, come escrementi di allevamento e biomasse vegetali. L’aggiunta di glicerina migliora la resa
energetica; non è però consigliabile
l’uso di glicerina al 100%, a causa
di difficoltà di processo dovute
all’essenza di nutrimenti minerali.
Grazie alla diffusione degli impianti per la produzione di biogas, la distanza media di trasporto supera di
poco i 30 km ed in alcune aree è
molto ridotta (5 km o poco più).
ASPETTI AMBIENTALI
La valutazione condotta con la metodologia LCA indica che, ove possibile, l’opzione più favorevole dal
punto di vista ambientale è l’utilizzo della glicerina (“tal quale” o do-
Hi-Tech Ambiente
56
po purificazione), in prodotti farmaceutici o cosmetici. Qualora ciò
non risulti economicamente conveniente, un’analisi più approfondita
dei vari aspetti ambientali suggerisce che:
- dal punto di vista dell’effetto serra
e delle risorse energetiche, le opzioni migliori sono la produzione di
PDO e quella di butanolo, perché
l’utilizzo della glicerina consente di
evitare il ricorso a fonti fossili. Per
lo stesso motivo, la combustione
diretta della glicerina non risulta
negativa dal punto di vista ambientale, purchè sostituisca combustibili
fossili. La trasformazione in etanolo risulta penalizzata dal lato energetico, in quanto per ottenere l’etanolo è necessario distillare l’intero
brodo di fermentazione; questa trasformazione potrebbe avere elementi positivi dal punto di vista
ambientale solo se si ipotizza che in
tal modo si liberi terreno coltivabile
utilizzabile per scopi alimentari
- la trasformazione della glicerina
in PDO presenta vantaggi ambientali anche se la si confronta con la
produzione del PDO a partire da
fonti rinnovabili (amido di mais),
perché vengono evitati gli impatti
sulle emissioni in atmosfera e
sull’eutrofizzazione connessi con
l’attività agricola
- la purificazione del biogas in biometano (da immettere nella rete di
distribuzione del gas naturale) non
risulta di solito vantaggiosa dal
punto di vista energetico: è più conveniente l’utilizzo diretto del biogas
nello stesso impianto di produzione
del biodiesel
- altri aspetti ambientali (impatto
sull’ozono, smog fotochimico) sono pressochè equivalenti nei vari
casi esaminati.
ASPETTI ECONOMICI
La trasformazione della glicerina in
PDO è attualmente il processo più
redditizio, anche se esistono elementi di incertezza legati allo sviluppo del mercato delle fibre PTT
ed al comportamento dei due attuali
leader del settore (DuPont e Tate&Lyle). La trasformazione in butanolo è invece il processo che presenta i minori rischi di investimento, considerando che il mercato del
butanolo è stabile ed in crescita; per
di più, la possibilità di ottenere, oltre al butanolo, anche discrete
quantità di PDO, fornisce un elemento di manovra per contrastare le
fluttuazioni di mercato ed eventualmente aumentare la redditività.
SMART&GREEN
TEcNoloGiE, pRodoTTi E SERvizi pER lo Sviluppo SoSTENibilE E iNTElliGENTE di ciTTA’ E iNduSTRiE
PER CITTA’ E REGIONI
Smarter Cities Challenge
Il programma IBM per aiutare centri urbani e governi locali
a migliorare i propri servizi grazie ad una consulenza gratuita
IBM ha esteso al 2014 il programma Smarter Cities Challenge, un
concorso dedicato alle città di tutto
il mondo che consiste nell’intervento dei migliori talenti di IBM per
svolgere gratuitamente attività di
consulenza. Per quest’anno IBM ha
incoraggiato anche gli enti amministrativi regionali, e non solo le città,
a presentare la propria candidatura.
Il progetto prevede che i team IBM
trascorrano tre settimane nella regione o città selezionata, raccogliendo e analizzando tutti i dati disponibili, incontrando decine di
membri della pubblica amministrazione, cittadini, imprese e rappresentanti del terzo settore. In questo
modo acquisiscono punti di vista eterogenei sulle cause e sulle potenziali soluzioni relative alla sfida da
affrontare.
Al termine dell’intervento, IBM
presenta una serie di raccomandazioni complete per la soluzione del
problema seguito e, ad alcune settimane di distanza, un piano di implementazione più dettagliato. Il
piano comprende anche esempi di
come altre città sono riuscite ad affrontare problematiche simili. Alcuni dei precedenti beneficiari del
programma sono, ad esempio:
Townsville, in Australia, che ha
conseguito il prestigioso National
Smart Infrastructure Award per il
progetto pilota IBM-Townsville
Smart Water Pilot, attualmente in
corso, per ridurre i consumi idrici; e
Tshwane, in Sudafrica, che ha lanciato un progetto attraverso il quale
i cittadini possono segnalare le perdite di acqua via SMS. I dati saranno utilizzati per mappare la rete di
distribuzione idrica.
Smarter Cities Challenge è un programma competitivo: le città selezionate sono state solo 100 su 400
candidate negli ultimi anni. Le candidature devono proporre progetti
pensati per affrontare problemi ad
alta priorità, d’importanza critica
per i cittadini. La città o regione deve essere in grado di condividere
informazioni dettagliate, per aiutare
il team IBM ad analizzare il problema. Devono inoltre essere garantiti
incontri tra gli stakeholder municipali, regionali, civici e aziendali e i
membri dei team IBM, in modo da
poter valutare il problema a 360
gradi e poter analizzare le soluzioni. IBM invia i suoi esperti provenienti da tutto il mondo, con competenze nelle aree di marketing, comunicazione, tecnologia, ricerca e
sviluppo, pubblica amministrazione, risorse umane, finanza, business, affari legali e conoscenze in
settori specifici, quali trasporti, energia e sanità.
<<Un’erogazione efficace dei servizi nelle città richiede la collaborazione di un gran numero di
stakeholder - spiega Stanley S. Litow, IBM vice president di Corporate Citizenship & Corporate Affairs e president dell’IBM International Foundation. Uno degli obiettivi del programma IBM Smarter
Cities Challenge è aiutare i responsabili municipali a raccogliere i dati
e a organizzare una community intorno a una serie condivisa di fatti.
In questo modo, nonostante i vincoli di budget così diffusi, è possibile
compiere progressi concreti>>.
gli strumenti per uno sviluppo
sostenibile possono avere nella
vita quotidiana, integrandosi organicamente agli stili di vita tradizionali e alla cultura locale;
- individuare quali siano i fattori
abilitanti per l'empowerment e la
partecipazione sociale, fondendo
motivi tradizionali di insediamento con nuove pratiche;
- fornire un quadro delle politiche attuate in altre città (best
practices);
- redigere un Bollettino quadrimestrale che informi gli organi
competenti di Roma Capitale
sulle possibilità di partecipazione a bandi mondiali, europei e
nazionali in materia di smart
city;
- redigere una relazione informativo-descrittiva annuale, da proporre a Roma Capitale per mettere in luce le migliori politiche di
smart city attuate in altre realtà
urbane mondiali, per la riproposizione eventuale, nel contesto
della città di Roma, di tali pratiche, con una bibliografia che integri, da un punto di vista scientifico, le informazioni prodotte.
Smart City:
un Osservatorio per Roma
La Società Geografica Italiana,
insieme a Roma Capitale e Zètema, ha istituito un Osservatorio
sulle Smart Cities, i cui obiettivi
sono:
- studiare i fattori e i modelli urbani di “smart cities” e società
dell'informazione (con le annesse infrastrutture, servizi e contenuti);
- mettere in luce gli aspetti che
contribuiscono a rendere una
città smart e individuare in quali
modalità, e secondo quali possibilità concrete, possano essere
attivati tali meccanismi;
- produrre nuove conoscenze sul
ruolo che le nuove tecnologie e
Hi-Tech Ambiente
57
SMART & GREEN
PER DIVENTARE SOSTENIBILI
Smart City-Smart Life
Un progetto per Comuni che vogliono mettere in atto
una riqualificazione energetica ed adottare energie rinnovabili
Il 41% dei Comuni italiani (su un
totale di 8.092) ha approvato il Piano energetico comunale (dati Istat),
ma solo il 27% ha aderito al Patto
dei Sindaci, il programma della
Commissione Europea per sostenere gli Enti Locali nell’attuazione di
politiche di riduzione delle emissioni di CO2, nella realizzazione di
misure di efficienza energetica e
nella produzione di energia da fonte rinnovabile. E tra questi, solo il
17% ha presentato progetti per la
riduzione delle emissioni.
A frenare l’impegno sul fronte
dell’eco-sostenibilità urbana sono
soprattutto la mancanza di fondi
per realizzare gli studi preliminari
(audit energetici) ai piani di azione
e le installazioni, ma anche una
scarsa comunicazione con i cittadini. Il consumo medio pro-capite di
energia elettrica in ambito comunale si aggira intorno ai 1.200 kWh
annui, con picchi rappresentati dal
Comune di Olbia (1.676 kWh), Cagliari (1.583 kWh) e Roma (1.459
kWh). E la sola Pubblica Amministrazione, nel 2011, ha consumato
4.701,3 milioni di kWh (dati Terna), con un aumento del 2% rispetto all’anno precedente.
Lo spreco di energia è soprattutto a
carico del settore residenziale
(48%), seguito da quello industriale
con il 42% e dai trasporti con il
10% (dati Confindustria).
E’ questo il contesto in cui parte il
progetto Smart City-Smart Life di
Officinae verdi, la Energy Environment Company UniCredit –
WWF, pensato per i Comuni che
vogliono investire su un nuovo modello di innovazione sostenibile improntato alla generazione distribuita di energia e alla riduzione degli
sprechi. Una proposta concreta per
gli Enti Locali per realizzare, ove
sostenibili, interventi di riqualificazione energetica del Comune: illuminazione pubblica ad alta efficienza, impianti fotovoltaici sugli
edifici pubblici, centrali termiche,
cogenerazione, piattaforme a biomassa per generare elettricità e calore e valorizzare gli scarti boschivi. Grazie ad analisi e audit energetici preliminari, Officinae verdi ve-
rifica la sostenibilità del Piano d’azione per l’energia sostenibile
(PAES) comunale, consentendo così di attivare finanziamenti per lo
sviluppo di rinnovabili ed efficien-
Hi-Tech Ambiente
58
za energetica.
<<Imprese, enti pubblici e famiglie
– dichiara Giovanni Tordi AD Officinae verdi – possono autoprodurre energia pulita e risparmiare
sensibilmente sulla bolletta energetica, anche il 50-60%, abbattendo
contemporaneamente anche le emissioni di CO2. Officinae verdi è
il primo operatore in Italia che sta
tracciando una road map per la
“grid parity” su diverse tecnologie;
stiamo cioè sviluppando soluzioni
tecnologiche green che, favorendo
un elevato autoconsumo di energia,
si sostengono economicamente anche senza incentivi pubblici. La nostra visione è far avvicinare famiglie, imprese e Comuni all’energia
pulita, abilitando investimenti con
tempi di ritorno sempre più brevi,
che la finanza può supportare. Le
prime soluzioni in grid parity sono
già in fase di realizzazione e consentiranno a famiglie e imprese di
mettersi al riparo dai costanti aumenti dell’energia>>.
Il progetto prevede inoltre la possibilità, per i Comuni che lo ritengano utile, di attivare uno Sportello
Energia verde per fare comunicazione con i cittadini e colmare il
gap di informazione che spesso
rappresenta un elemento scatenante
di quella crescente sindrome
Nimby che investe anche le installazioni ad energia rinnovabile, promuovendo e facilitando la produzione di energia pulita e interventi
per ridurre la spesa energetica di
famiglie e imprese.
SMART & GREEN
sprimere al meglio il loro potenziale se vengono sviluppate secondo architetture codificate in cui ogni funzione e componente trova
la sua collocazione precisa in
un’organizzazione ordinata.
CHE BENEFICI PER LE IMPRESE?
ECCELLENZE ITALIANE
L’industria in rete
Un sistema di operatori che sviluppano soluzioni
smart grids può dare un vantaggio competitivo
L’Italia è all’avanguardia nel settore delle smart grids per numerosità di contatori elettronici installati, livello di automazione della rete
di distribuzione, densità di generatori fotovoltaici collegati, ecc. In
diverse regioni del Paese sono altresì in corso sperimentazioni e dimostrazioni di soluzioni per gestire la rete in modo ancora più flessibile attraverso l’utilizzo di sistemi di accumulo, automazione e
protezione avanzati.
Una parte significativa delle tecnologie utilizzate è frutto dell’inventiva e della capacità di operatori industriali nazionali, spesso costituiti da aziende di piccole o medie dimensioni, molto competitive
ma difficilmente organizzate in reti collaborative.
Ogni impresa si focalizza quindi
sul proprio ambito produttivo, esprimendo eccellenze, spesso in
un’ottica molto specifica. Gli operatori industriali sono quindi costretti da un campo d’azione molto
circoscritto che non favorisce lo
sviluppo di prodotti ed applicazioni integrate ed interoperabili di
una filiera smart grids “made in Italy”. Per superare ciò è nato un
Comitato di Indirizzo del Sistema
Italiano per le Smart Grids (ISGIS), che è in fase di costituzione ed è attualmente composto da
nove rappresentanti, tra cui: Federutility, Telecom, Enel.
dustriale italiano mettendolo in
grado di offrire su ogni mercato
delle applicazioni modulari, integrate, intero¬perabili e razionali.
Le smart grids, infatti, possono e-
PERCHE UN SISTEMA
INDUSTRIALE ITALIANO?
La creazione di una rete di operatori nazionali in grado di sviluppare e dimostrare soluzioni smart
grids basate su approcci standardizzati avanzati, può dare un vantaggio competitivo al sistema inHi-Tech Ambiente
59
Gli operatori industriali delle
smart grids aderenti al Sistema Italiano saranno messi in condizione
di orientare l’offerta di prodotti
verso soluzioni standardizzate ed
interoperabili, capaci di inserirsi in
un’architettura modulare adatta alle applicazioni in Italia ed all’estero.
L’individuazione di prodotti integrati standardizzati composti da
tecnologie italiane certificate sia
come rispondenza agli standard
che come provenienza nazionale
consentirà la creazione di nuove
opportunità di business.
La standardizzazione dell’architettura smart grids codifica la descrizione delle funzionalità di ogni applicazione, facilita la sua integrazione con altre funzionalità, garantisce l’interoperabilità, semplifica
la scalabilità delle soluzioni e la
loro replicabilità e razionalizza
l’analisi dei costi e benefici, facilitando l’implementazione delle
smart grids.
Le imprese coinvolte avranno
l’opportunità di essere costantemente aggiornate sullo stato
dell’arte e sugli sviluppi internazionali relativi alle smart grids,
parteciperanno alla definizione di
prodotti e soluzioni basati sulle architetture standard che potranno
essere proposti, sperimentati e validati sulle reti italiane e, quando
ritenuti maturi, promossi sui mercati internazionali, come eccellenza italiana.
SELEZIONE FORNITORI
Hi-Tech Ambiente
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SELEZIONE FORNITORI
Hi-Tech Ambiente
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SELEZIONE FORNITORI
Hi-Tech Ambiente
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Hi-Tech Ambiente
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ECOTECH
a cura
di ASSITA
Idrocarburi aromatici:
più resa, meno consumi
Gli idrocarburi aromatici prodotti
con il processo di reforming sono
importanti materie prime per l’industria petrolchimica, e vengono
recuperati mediante processi di estrazione liquido-liquido con
sulfolano o mediante distillazione
estrattiva. Quest’ultimo processo
è stato recentemente perfezionato
da due società di Taiwan, la AMT
Inernational e la CPC. La distillazione estrattiva richiede attrezzature più semplici e minore energia, ma finora veniva scarsamente
applicata a causa di difficoltà operative. Queste difficoltà sono state
risolte, ottenendo un risparmio del
35% sui consumi energetici e un
aumento del 12% nella resa, per
cui l’investimento dell’impianto
verrà ripagato nel giro di un anno;
inoltre, il nuovo impianto può riutilizzare, se ritenuto opportuno,
molti componenti degli attuali impianti a sulfolano, compreso il
solvente stesso.
Stabilizzante
senza emissioni nocive
Molti materiali plastici, come poliesteri, poliammidi e poliuretani,
sono soggetti nel tempo a fenomeni di idrolisi, che possono comprometterne le caratteristiche
meccaniche e la resistenza al calore. Per contrastare questi fenomeni, la ditta giapponese Teijin ha
sviluppato un nuovo additivo basato su una carbodiimmide ciclica, che ha la caratteristica di non
emettere isocianati gassosi durante il suo impiego, migliorando così le condizioni delle aree di produzione. Il nuovo additivo è efficace anche a concentrazioni relati-
vamente basse, e può essere miscelato facilmente con i materiali
plastici di base a temperature fino
a 300 °C; se ne prevedono, inoltre, applicazioni nell’industria delle vernici e dei rivestimento protettivi, dove agisce da reticolante
per aumentare la viscosità e per
facilitare la formazione di strati ad
alta resistenza. La commercializzazione del nuovo additivo è prevista entro il 2015.
reattore catalitico con la CO2, ottenendo il gas di sintesi. Quanto
al residuo carbonioso, può essere
separato e utilizzato come combustibile nell’industria al posto
del coke. La decomposizione diretta del metano, senza aggiunta
di ossigeno o di acqua, dovrebbe
dimezzare la produzione di CO2
rispetto al classico processo di
“steam reforming”.
Schiuma poliuretanica
contro gli spandimenti oleosi
Gas di sintesi
dalla CO₂
Il gas di sintesi (miscela di ossido di carbonio e idrogeno) viene
normalmente preparato per reazione di carbone o idrocarburi
con ossigeno, in presenza d’acqua. La preparazione di gas di
sintesi a partire dalla CO2 fornirebbe un importante strumento
per ridurre le emissioni di CO2,
reintegrando questo gas serra nei
cicli industriali; tuttavia il problema è molto complesso, tanto
che il Ministero per la Ricerca
della Germania Federale ha lanciato un progetto della durata di
3 anni, per uno stanziamento di
9,2 milioni di euro, coinvolgendo
le principali industrie chimiche
tedesche (Basf, Linde, Thyssen
Krupp-Uhde, Thyssen Frupp
Steel, HTE, VDEh) e l’Istituto
Tecnico di Dortmund. Attualmente, il progetto si sta orientando verso un processo a due stadi,
nel primo dei quali il metano viene decomposto termicamente ottenendo un residuo carbonioso e
idrogeno; successivamente l’idrogeno viene fatto reagire in
Da tempo si è alla ricerca di materiali assorbenti a basso costo per
neutralizzare gli spandimenti di
sostanze oleose, soprattutto in acqua. Sono stati proposti molti materiali diversi, ognuno dei quali
presenta però qualche inconveniente: scarsa selettività tra acqua
e olio, difficoltà di preparazione o
di impiego, scarsa riciclabilità,
ecc. I ricercatori della Chinese Academy of Sciences di Pechino
assicurano di aver risolto il problema grazie ad un semplice trattamento di modifica superficiale
della comune schiuma poliuretanica commerciale. La schiuma
viene immersa in una soluzione di
clouro ferrico e di perfluorooctiltrietossilano, quindi posta in una
camera chiusa avente al fondo una
soluzione di pirrolo; i vapori di
questo aderiscono alla superficie
della spugna, e per azione del cloruro ferrico formano un sottile
strato di polipirrolo.
La schiuma così preparata assorbe
oltre 20 volte il suo peso in olio,
sia che si tratti di olio minerale
che di oli vegetali; l’olio viene facilmente separato strizzando la
spugna, che può essere recuperata,
lavata e riutilizzata varie volte.
Hi-Tech Ambiente
64
Zuccheri dalla cellulosa
con catalizzatore solido
Esistono vari processi per ricavare zuccheri dalla cellulosa, allo
scopo di ottenere bioetanolo e altri prodotti chimici mediante fermentazione. Lo stadio economicamente più oneroso di questi
processi è di solito la scissione
del materiale cellulosico, che finora è stata compiuta con acidi
minerali o con enzimi.
La ditta americana Midori Renewables ha invece messo a punto un processo basato su un catalizzatore solido, costituito da particelle sferiche di un polimero avente sulla superficie gruppi funzionali a carattere ionico.
La biomassa ed il catalizzatore
vengono riscaldate a circa 180
°C; successivamente, il catalizzatore viene recuperato mediante
filtrazione e riutilizzato.
Il costo di produzione degli zuccheri ottenuti con questo processo dovrebbe essere inferiore a 0,2
$/kg, mentre lo zucchero ottenuto dall’amido di mais o dalla
canna da zucchero costa da 0,3 a
0,4 $/kg. La Midori Renewables
conta di iniziare nel corso di quest’anno la costruzione di un impianto dimostrativo su scala
commerciale.
Produrre ammoniaca
a T e pressione ambiente
La sintesi dell’ammoniaca con il
processo Haber-Bosch richiede
condizioni di temperatura e pressione molto spinte (500 °C e 300
atm) e, conseguentemente, molta
energia: si stima che attualmente
oltre 1% della produzione mondiale di energia elettrica sia utilizzato per la produzione di ammoniaca. Un gruppo di ricercatori
dell’Istituto giapponese di ricerca
sui composti organometallici di
ECOTECH
Riken, insieme con l’Università
Tecnologica di Dalian, propone
l’utilizzo di un nuovo catalizzatore, che consentirebbe di ottenere
ammoniaca in condizioni di temperatura e pressione ambiente, e
senza utilizzare prodotti chimici
costosi.
Il nuovo catalizzatore è basato su
un complesso di poli idruro di titanio a struttura trinucleare, che è in
grado di scindere la molecola
dell’azoto trasferendovi gli atomi
di idrogeno. Attualmente, il completamento della reazione richiede
parecchie ore, ma i ricercatori
giapponesi sperano di migliorare
il sistema catalitico ottimizzando i
gruppi chimici ausiliari legati agli
atomi di titanio, in modo da rendere il catalizzatore adatto per lo
sfruttamenti industriale.
franga; per l’installazione possono
essere sfruttate strutture già esistenti, come le banchine dei porti.
Il posizionamento vicino alla costa rende semplice e sicuro il trasporto dell’energia prodotta, e riduce i costi di costruzione e manutenzione.
Rispetto ad altri sistemi, il rendimento dell’EDS risulta superiore,
in quanto è in grado di adattarsi
alle condizioni del mare sfruttando sia il sistema a galleggiante che
quello a pala, a seconda dei casi.
Il sistema EDS è stato collaudato
ed ottimizzato presso il Laboratorio di Idraulica del Politecnico di
Milano. I risultati sono molto incoraggianti, in quanto è stato riscontrato un rendimento di oltre il
40%; un sistema composto da 7
moduli EDS occuperebbe soltanto
80 m di costa e potrebbe produrre
1 GWh di energia elettrica, evitando l’emissione in atmosfera di
1.000 ton/anno di CO2.
Recupero di rame
con gusci di granchio
Energia dal moto
ondoso a riva
Esistono vari dispositivi per produrre energia elettrica dal moto
ondoso, che in genere sfruttano la
spinta verticale dell’onda; vicino a
riva le onde presentano anche un
movimento orizzontale, che in genere non viene sfruttato e costituisce anzi un elemento di disturbo.
La società Techflue, nata come
spin-off del Politecnico di Milano,
commercializza un nuovo dispositivo, denominato EDS (Energy
Double System), che sfrutta entrambi i movimenti: quello verticale mediante un galleggiante e
quello orizzontale mediante una
pala mobile. L’EDS si installa vicino a riva, prima che l’onda si
I gusci di granchio e di altri crostacei contengono chitina, che per
trattamento con alcali in soluzione
acquosa viene facilmente trasformata in chitosano. Questa sostanza è attualmente utilizzata nella
formulazione degli shampoo e
nelle diete ipocaloriche; ma ha anche una notevole capacità di legarsi a ioni metallici, ed in particolare al rame.
Esiste teoricamente una grande disponibilità di chitosano, ottenibile
dagli scarti dei crostacei che vengono utilizzati dai produttori di alimenti e dai ristoranti, e che attualmente vengono smaltiti come
rifiuti. La ditta inglese Invotec
Group, che produce circuiti stampati ed ha quindi la necessità di recuperare il rame da acque reflue e
scarti di produzione, ha promosso
il progetto Stowurc (Sustainable
Treatment Of Waste Using Recycled Chitosans), che prevede di ricavare chitosano dai gusci di scarto, e usarlo per fissare il rame.
Successivamente, gli ioni di rame
vengono desorbiti e la soluzione
inviata a un trattamento di elettrolisi per recuperare il metallo; il
chitosano può essere riutilizzato
per nuovi trattamenti. I partners
del progetto (che ha durata di 2
anni) comprendono un’industria
alimentare specializzata nella lavorazione dei granchi (la Kynance
Cornish Crab), vari produttori di
circuiti stampati, un’industria specializzata nel trattamento delle acque di scarico (Env-Aqua Solutios) e l’Istituto per la Tecnologia
dei Circuiti Stampati..
Idrogeno da acque
reflue e fuel cells
Da tempo si svolgono ricerche
per produrre idrogeno dalle acque reflue sfruttando le cosiddette “fuel cells microbiche”; finora,
tuttavia, la produzione di idrogeno per questa via richiedeva un
piccolo apporto di energia elettrica dall’esterno per superare la
barriera termodinamica connessa
alla riduzione dello ione H+ a idrogeno elementare.
Il bilancio energetico globale restava positivo, ma il costo e la
complessità del sistema avevano
fino ad oggi scoraggiato ulteriori
sviluppi.
Il problema potrebbe essere superato dai risultati delle ricerche
in corso presso l’Università della
California, che hanno combinato
una la fuel cell microbica con
una cella fotoelettrochimica; quest’ultima rappresenta l’elemento
maggiormente innovativo del sistema, essendo costituita da un
fotoanodo in filamenti di biossido di titanio, abbinato ad un catodo in platino.
Quando il fotoanodo viene illuminato dalla luce solare (o da
Hi-Tech Ambiente
65
una luce artificiale avente una analogo spettro di lunghezze d’onda), viene generata una tensione
di circa 0,7 Volt, sufficiente per
superare la barriera di potenziale
connessa con la scissione bioelettrolitica dell’acqua.
La popolazione batterica che partecipa al processo è del tipo
Shewanella oneidensis, ma possono essere usati anche altri batteri comunemente reperibili nelle
acque fognarie.
Esperimenti in scala di laboratorio hanno mostrato una produzione continua di idrogeno, a 0,05
mc /giorno; poichè i batteri del
sistema si nutrono a spese degli
inquinanti organici, il COD del
liquame immesso si riduce del
67%.
Meno consumi
nelle pompe a diaframma
Le pompe a doppio diaframma sono molto utili quando si devono
trasferire fanghi o sospensioni
molto dense, in quanto non hanno
organi in rotazione e sono azionate dall’aria compressa. Il loro inconveniente è che ad ogni ciclo di
funzionamento parte dell’aria
compressa viene scaricata
nell’ambiente, richiedendo nuova
energia per la sua produzione.
La ditta californiana Wilden
Pump è riuscita a ridurre del 60%
il consumo di aria compressa grazie ad un ingegnoso dispositivo: si
tratta di una spoletta cilindrica che
si sposta avanti e indietro tra le
due camere a diaframma, limitando l’afflusso dell’aria proveniente
dal compressore al minimo indispensabile per assicurare il mantenimento del flusso ai livelli richiesti. Il sistema è stato denominato
Pro-Flo Shift Air Distribution; è
disponibile su scala commerciale
e può essere montato come “retrofit” sulle pompe già esistenti.
HI
-TE
CH
AMBIENTE
LE AZIENDE CITATE
Brugg Pipe System Srl
Tel 0523.590431
Fax 0523.594369
E-mail [email protected]
Enea
Tel 081.7723111
Fax 081.7723344
E-mail [email protected]
Pentair Ltd.
Tel +1.763.6565589
E-mail [email protected]
BTS Biogas Srl
Tel 0474.370119
Fax 0474.552836
E-mail [email protected]
ETG Risorse e Tecnologia Srl
Tel 0141.994905
Fax 0141.994971
E-mail [email protected]
Progetto SECTOR
Tel +49.341.2434477
Fax +49.341.2434133
E-mail [email protected]
Cambrian Innovation Inc.
Tel +1.617.3071755
E-mail [email protected]
Falck Renewables Spa
Tel 02.24332360
Fax 02.24791264
E-mail [email protected]
Rehau Spa
Tel 02.959411
Fax 02.95941250
E-mail [email protected]
Chinese Academy of Sciences
Tel +86.10.68597592
Fax +.86.10.68511095
E-mail [email protected]
Fimars SA
Tel +41.912103529
Fax +41.912103530
E-mail [email protected]
Sorbent
Tel +370.5.2500613
Fax +370.5.2164185
E-mail [email protected]
CIEM Impianti Srl
Tel 0332.831776
Fax 0332.319278
E-mail [email protected]
Gaia Spa
Tel 0141.355408
Fax 0141.353849
E-mail [email protected]
TechFlue Srl
Tel 030.7256247
E-mail [email protected]
Consorzio Italiano Biogas
Tel 0371.4662633
Fax 0371.4662401
E-mail [email protected]
Glyfinery project
Tel +45.45.252510
Fax +45.45.932809
E-mail [email protected]
Tecnoecology
Tel 045.6152324
Fax 045.6150046
E-mail [email protected]
Directa Plus Spa
Tel 02.36714400
Fax 02.93664293
E-mail [email protected]
Gyproc Saint-Gobain Spa
Tel 02.61115.1
Fax 02.611192400
E-mail [email protected]
TQ Technologies for Quality Srl
Tel 010.4070991
Fax 010.42091199
E-mail [email protected]
DuPont
Tel +352.36665885
Fax +352.36665021
E-mail [email protected]
IBM Italia
Tel 02.59620963
E-mail [email protected]
University College Dublin
Tel +35.317.161656
Fax +35.317.161216
E-mail [email protected]
Ecolamp
Tel 02.37052936
Fax 02.37052935
E-mail [email protected]
IBTC
Tel +32.2.4001061
Fax +32.2.546193
E-mail [email protected]
Union Engineering AS
Tel +45.76.207700
Fax +45.76.207800
E-mail [email protected]
Ecopneus Scpa
Tel 02.929701
Fax 02.92970299
E-mail [email protected]
Invotec Group
Tel +44.1827.263000
Fax +44.1827.263250
E-mail [email protected]
Università della California
Tel +1.831.4591952
Fax +1.831.459.2935
E-mail [email protected]
Ecoprog Gmbh
Tel +49.221.78803880
Fax +49.221.788038810
E-mail [email protected]
Ivanka
Tel +36.70.3636546
E-mail [email protected]
WamGroup Spa
Tel 0535.618111
Fax 0535.618343
E-mail [email protected]
Ecospray Technologies Srl
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