un pregiudicato al quirinale berlusconi ricatta il

La Chrysler (Fiat) ritira 870 mila Suv per problemi ai freni. È accaduto anche
con General Motors, Porsche e Toyota. Ma per Marchionne è la prima volta
Giovedì 3 aprile 2014 – Anno 6 – n° 92
€ 1,30 – Arretrati: € 2,00
Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma
tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230
Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46)
Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009
UN PREGIUDICATO AL QUIRINALE
BERLUSCONI RICATTA IL GOVERNO
A sette giorni dalla decisione del Tribunale sulla sua detenzione, B. si fa ricevere dal capo
dello Stato. “Si è parlato di riforme, soprattutto di Italicum”. Il messaggio del Caimano
Marra e Nicoli » pag. 5
è chiaro: salvacondotto contro la Giustizia oppure guerra in Parlamento
dc
VENETO, IL DRAMMA
E LA COMMEDIA
OPERAZIONE DEI GIUDICI DI BRESCIA E DEI CARABINIERI. LA LEGA CONTRO LE TOGHE
Il ritorno
dei Serenissimi
In manette
24 secessionisti
(con Forconi)
per terrorismo
di Peter Gomez
er raccontare davvero cosa sta accadendo in
Veneto non servono le trascrizioni delle inP
tercettazioni, la contabilità degli arresti o i dati,
verosimilmente gonfiati, sull’affluenza al referendum on line per l’indipendenza della regione. Se si
vuole essere seri e non fermarsi alle foto del “Tanko” o alle prevedibili discussioni sui colloqui telefonici degli arrestati, spesso sospesi tra le rodomontate fantozziane e l’eversione vera e propria
(“Bisogna far saltare le banche... ci sarà una piccola parte dei Carabinieri che starà dalla parte degli insorti), è meglio invece salire in auto e percorrere la Pontebbana a Treviso o la Strada del
Santo a Padova. Lì la lunga teoria di capannoni
sfitti o in vendita, fotografa meglio di ogni statistica un territorio che nel giro di sette anni ha
perso 10,5 punti di Pil ed è tornato sotto i livelli del
2000. In Veneto più di 20 mila imprese hanno
chiuso nell’ultimo lustro, i disoccupati sono ormai 195 mila e il reddito medio nel 2013 è sceso di
600 euro. Il tutto mentre la regione ha continuato
a versare 70 miliardi di tasse all’anno allo Stato,
ricevendone indietro meno di 50. Per questo è facile immaginare che, al di là di ogni evidenza (progettare la secessione armata è un reato grave), i 24
arrestati saranno visti da molti corregionali come
dei martiri. Col rischio che presto altri indipendentisti ci riprovino. L’anarchico russo Michail
Bakunin, che di insurrezioni se ne intendeva,
spiegava: “La rivoluzione è più un istinto che un
pensiero: come istinto agisce e si propaga, e come
istinto darà le sue prime battaglie”. E in Veneto,
ma non solo, l’istinto di rivolta c’è. Non per nulla
l’istituto di sondaggi Demos, molto più credibilmente dei referendum on line, il 24 marzo ha scoperto che il 55% dei veneti è favorevole all’idea
dell’indipendenza, anche se molti si accontenterebbero di “parlamentari migliori” (30%) e di un
“federalismo vero” (20%). I cittadini, dopo essere
stati ingannati dalla Lega, non chiedono solo più
lavoro e meno tasse. Pretendono pure politici
onesti legati al territorio. A Roma, dove si riforma
la legge elettorale per garantire ai partiti un altro
Parlamento di nominati, è forse il caso che qualcuno se ne accorga. Prima che sia troppo tardi.
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17 anni dopo il blitz di piazza San Marco
a Venezia, rientrano in azione gli estremisti
indipendentisti che vogliono separare il Veneto
dall’Italia. Sequestrata in un magazzino
una ruspa trasformata in “Tanko” artigianale
con tanto di cannone. Il Carroccio difende
gli indagati: “I magistrati non ci fermeranno”
Milosa e Vecchi » pag. 2 - 3
» STATO-MAFIA » Crollano dopo 18 mesi le accuse al pm di Palermo
Di Matteo assolto dal Csm
Ora vogliono scippargli
il processo sulla Trattativa
LA LETTERA
“Sono un cliente
delle baby-squillo,
vi racconto come
ci sono cascato”
ì, sono stato in quell’appartamento. Ho più di 35 anni
S
e sono single, lavoro normale,
vita normale, amici e palestra.
Una sera di ottobre mi è venuta
voglia di compagnia, ma senza
complicazioni.
» pag. 10
Si chiude l’azione disciplinare avviata su input
del Colle per un’intervista sulle telefonate
Mancino-Napolitano. Il 18 aprile verdetto
in Cassazione sulla richiesta di Mori & C. di
trasferire tutto a Caltanissetta Mascali » pag. 8
LA PRIMA MOGLIE
Hollande si affida
all’usato sicuro:
riecco al governo
Ségolène Royal
INTERVISTE IMPOSSIBILI
Parla il cocktail
Martini: “Piacevo
agli scrittori,
ora si beve peggio”
Delbecchi » pag. 14
LA CATTIVERIA
Renzi difende la riforma
del Senato: “Non sarà più
elettivo”. Come la Camera
» www.forum.spinoza.it
De Micco » pag. 12
Che fai, li cacci?
di Marco Travaglio
on tutta la riforma costituzionale targata
Renzi è da buttare. Oltre ai pericoli autoN
ritari e funzionali insiti nel combinato disposto
fra Italicum e Senato di serie B, c’è anche qualcosa di buono: la riforma del Titolo V della Costituzione per eliminare le follie della Bassanini
del 2001 che – per compiacere la Lega – regalava
troppe competenze alle Regioni e creava un’infinità di conflitti con lo Stato; e soprattutto l’abolizione dei rimborsi ai gruppi consiliari (rubati a man bassa da quasi tutti i partiti, come
dimostrano le “Rimborsopoli” che vedono 18
consigli regionali su 20 indagati, perlopiù in
blocco, per le varie Rimborsopoli) e la riduzione
delle indennità sotto quella del sindaco del capoluogo. Il sospetto, però, è che si tratti del solito
pacco dono rutilante e infiocchettato per occultare la sorpresa nascosta all’interno. Un po’ come la riduzione del numero dei parlamentari,
usata da Lega e centrodestra nel 2006 per coprire
i guasti della Devolution (poi fortunatamente
bocciata nel referendum confermativo).
In ogni caso Renzi ha ragione quando dice che
abolire i rimborsi ai gruppi regionali significa
“mai più Rimborsopoli”: col suo fiuto da cane da
trifola, ha colto l’impatto devastante dello spettacolo di quelle orde di cavallette intente ad arraffare a spese dei contribuenti mutande verdi,
libri porno, tinture per capelli (per un consigliere pelato), chewingum, pecore, Redbull, Suv, salsicce, mazze da golf, caldaie, caramelle, frigoriferi, gelati, tergicristalli, campanacci per bovini, corni d’avorio, feste di nozze, gorgonzola,
saune, night club, cenoni di Capodanno, aeroplani di carta, camere d’albergo per amanti,
spazzolini da denti personalizzati con le iniziali,
cravatte, salatini, finimenti per carrozze. Ma
questo rende incomprensibile la sua indifferenza ai sottosegretari inquisiti del suo governo. Lasciamo pure da parte i casi del ministro Lupi e del
sottosegretario Bubbico, l’uno indagato l’altro
imputato per nomine fuorilegge (abuso d’ufficio): fermo restando che nelle altre democrazie
ci si dimette per molto meno, si tratta di atti amministrativi sulla cui legittimità decideranno i
giudici. Ma gli altri tre sottosegretari inquisiti,
Vito De Filippo, Francesca Barracciu e Umberto
Del Basso De Caro, sono accusati di peculato per
le Rimborsopoli di Basilicata, Sardegna e Campania. De Filippo per 3 mila euro (che dice di
aver speso in francobolli), Barracciu per 33-45
mila (a suo dire per la benzina di viaggi istituzionali da giro del mondo), De Caro per 11 mila
(“attività politiche” mai documentate).
Qui i processi servono a stabilire se la vecchia
legge sui rimborsi regionali, ora modificata, coprisse anche le spese non giustificate, o se invece
sia stata violata e giustifichi le accuse di peculato
e in certi casi di truffa alle Regioni. Ma i fatti sono
certi, tant’è che gli indagati non contestano di
aver speso quelle somme: dicono solo che la legge lo consentiva. Ce n’è abbastanza per affermare che hanno dilapidato denaro pubblico. Il
che, reato o meno, li rende indegni di stare al
governo con “disciplina e onore”. Renzi può farsi raccontare dal suo neoamico Cameron che ne
è stato dei deputati inglesi sorpresi a fare la cresta
sulle note spese: tutti fuori dal Parlamento, qualcuno in galera. Del resto fu lui stesso a stabilire
che la Barracciu non poteva candidarsi a governatore di Sardegna pur avendo appena vinto le
primarie. Salvo poi promuoverla sottosegretario
ai Beni culturali. E che dire di De Caro, sottosegretario alle Infrastrutture, che sarà presto imputato dopo l’avviso di chiusura indagini? Un
premier serio lo caccerebbe solo per quel che ha
detto: “Non rendicontavo le spese perché la legge
non lo prevedeva”. Ma nemmeno una bocciofila
rimborsa le spese ai dipendenti senza scontrini.
Poi il sottosegretario lancia un avvertimento:
“Sono il parlamentare più votato alle primarie
del Pd”. L’altro è Francantonio Genovese, quello
col mandato di cattura. A questo punto Renzi
dovrebbe decidere una buona volta che cos’è e
che cosa dev’essere il Pd.
2
A VOLTE RITORNANO
GIOVEDÌ 3 APRILE 2014
PATRIZIA BADII, una delle 24 persone arrestate
ieri nell’operazione contro i secessionisti, era stata
ricevuta a Roma martedì dalla commissione Agricoltura del Senato per un’audizione sui problemi degli allevatori. Lo ha riferito all’Ansa Mariano Ferro,
già leader del Popolo dei Forconi, e divenuto nei mesi scorsi con la stessa Badii e Lucio Chiavegato (anch’egli finito in manette) portavoce del “Coordina-
Prima l’audizione
in Senato,
poi le manette
il Fatto Quotidiano
mento 9 Dicembre”, l’ala moderata dei forconi, che
ha ancora il presidio a Soave (Verona). Con la Badii
sono stati ascoltati, lo stesso Ferro e altre quattro
persone, rappresentanti dei movimenti che portano
avanti le rivendicazioni degli agricoltori. Tra questi
anche Eugenio Rigodanzo, già leader dei “Cobas
Latte”, indagato per aver tentato di introdursi da una
finestra nell’ufficio del sindaco Flavio Tosi.
SERENISSIMI ATTO SECONDO:
“IL TANKO È PRONTO A SPARARE”
DOPO 17 ANNI DAL BLITZ A VENEZIA, ARRESTATI 24 SECESSIONISTI. PREPARAVANO
AZIONI ECLATANTI PER SEPARARE IL VENETO. SONO ACCUSATI DI TERRORISMO
di Davide Milosa
i avevamo lasciati in
piazza San Marco a
Venezia a bordo di
un carro armato artigianale, in tuta mimetica e armati di un mitra. Era la mezzanotte dell’8 maggio 1997. Poche ore e l’occupazione degli
uomini della “Veneta serenissima armata” fu sciolta dai reparti speciali dei carabinieri.
Diciassette anni dopo li ritroviamo di nuovo alle prese con
mire indipendentiste e ancora
dotati di pala cingolata, blindata e armata con un pesante mitraglietta di fabbricazione Na-
L
to. “Un potente e poderoso
Tanko, un carro armato gigantesco! Questa volta sono i mezzi più grossi e fanno fuoco davvero”.
ABBATTERE LO STATO Il con-
cetto, ridotto all’osso, è questo:
“Se incidi il cristallo dell’indivisibilità, l’impatto mediatico
sarà roboante”, perché “l’indipendetismo non è di destra né
di sinistra, ma noi non siamo
un movimento anti-casta come
Grillo, l’obiettivo è quello di abbattere lo Stato”. Parole sottoscritte da Tiziano Lanza uno
degli animatori dell’Alleanza,
associazione creata nel 2012 e
Il sindaco
Flavio Tosi
“Quei magistrati
devono
stare calmi”
di Alessandro
Ferrucci
eve star calma, anzi devono star calmi”. Sindaco, quindi
condanna i “separatisti” arrestati dalla Procura di BreD
scia? “No, non mi riferisco a loro, ma ai magistrati che hanno
preso questa decisione assurda”. Flavio Tosi, 45 anni, primo
cittadino di Verona dal 2007, fa parte (in teoria) dell’ala
morbida della Lega, la più dialogante. Quella non secessionista. Tracce della sua calma restano nel tono della voce e
nel tempo di reazione alla risposta. Meno nei concetti espressi.
Quindi lei derubrica l’episodio a semplice errore giudiziario?
È un autogol clamoroso, un’azione abominevole e ridicola
con la quale si dà una valenza politica e una legittimità assurda al nulla.
Nelle intercettazioni si ipotizzano
interventi duri, anche con l’utilizzo delle armi...
Ma dai! Anche io al bar dico cazzate, ma restano lì. Altrimenti andrebbe in galera mezza Italia, e
l’altra mezza sarebbe a rischio.
PAROLE AL
TELEFONO
Stiamo costruendo
un altro carro armato
gigantesco! Saremo
in 800 con maschere
antigas, qualcuno con
mitra”.“Questa
volta sono i mezzi
più grossi e fanno
fuoco davvero”
pensata come vertice e camera
di compensazione di più sigle
secessioniste: venete, lombarde, ma anche campane, siciliane, sarde. In questa storia parole e concetti sono decisivi. A
chiudere il tutto, un bel po’ di
capi d’imputazione che vanno
dall’associazione con finalità di
terrorismo all’eversione dell’ordine democratico alla fabbricazione e detenzione di armi
da guerra. Queste le accuse per
le quali ieri il Ros di Brescia ha
eseguito 24 ordinanze di custodia cautelare (22 in carcere e 2
ai domiciliari).
L’EVERSIONE Tra gli indagati
Franco Rocchetta, ex parlamentare, fondatore della Liga
Veneta e promotore del referendum per la secessione della
regione governata da Luca
Zaia. Carcere anche per Lucio
Chiavegato, leader dei Forconi
veneti. C’è poi Giancarlo Orini,
74 anni, candidato, nel 2008, alla poltrona di sindaco di Brescia. E Roberto Bernardelli, ex
assessore a Milano, consigliere
regionale, imprenditore nel
settore alberghiero con interessi nel Casertano. Bernardelli
rappresenta uno dei finanziatori del movimento. Coinvolti
con il ruolo di ideologi Luigi
Faccia e Flavio Contin.
IL GIP: “DISEGNO AMPIO” Durissime le parole del gip Enrico
Ceravone. Secondo il giudice “i
dirigenti dell’associazione hanno
delineato un disegno eversivo
molto più ampio”dei Serenissimi
del 1997, “perseguendo la saldatura di più movimenti separatisti
che dovrebbero collaborare nell’attacco all’unità dello Stato”. Di
“REALISTI E FANATICI” Contin, uno dei serenissimi del
1997, intercettato nel 2012
spiega il piano. “Siamo solo noi
altri che possiamo cambiare la
storia (...) Dal ‘97 in qua tutti i
tentativi politici ce l’hanno fatto prendere in quel posto”.
Quindi conclude: “Bisogna essere realisti ma in maniera fa-
natica, altrimenti non ce la facciamo, perché abbiamo due nemici: lo Stato italiano e il tempo”. Luigi Faccia, altro serenissimo della prima ora, conferma: “Noi non siamo qua a giocare, noi stiamo rischiando il
tutto per tutto, perché se vo-
gliamo giocare possiamo andare avanti all’infinito”.
La volontà c’è, il progetto anche. Spiega Lanza: “Nel 1997
c’erano otto persone, ma ora
l’alleanza è straordinaria e nessuno si farà arrestare, perché il
governo Veneto non sarà qua
DA ROCCHETTA, EX SOTTOSEGRETARIO E PROMOTORE DEL REFERENDUM, AL MOVIMENTISTA CONTIN
i chiama Veneto Stato, è il
S
partito regionale indipendentista nato nel 2010, da cui
Mi fanno solo sorridere. Chi vuoIl sindaco di Verona, le il Veneto indipendente è una
Flavio Tosi Ansa parte minoritaria, sono i più avvelenati, i disperati, quelli pronti
a protestare per qualsiasi cosa.
In particolare?
Contro lo Stato e la spesa pubblica inefficiente
Insomma, per lei sono tutte persone tranquille...
Alcuni di loro li conosco, con Franco Rocchetta siamo amici
da vent’anni: pericolosità sociale pari a zero.
Amici suoi...
Qualcuno mi sta anche antipatico. Ma la vicenda è molto
simile a quella di Venezia, con il Campanile.
In sintesi: per lei la magistratura ha sbagliato.
Eccome. È una repressione. Devono star calmi, non possono
fare così.
Il mezzo cingolato sequestrato non sembra così ridicolo.
Ma per favore, lo ha visto?
Appunto.
Twitter: @A_Ferrucci
La ruspa
trasformata in
carro armato.
Sotto, il Tanko
del ‘97 Ansa
L’alleanza tra Liga e Forconi
Quindi i secessionisti non la
preoccupano...
Insisto, non sono un secessionista, e quelle persone le conosco. La libertà di opinione va rispettata e questa azione
resta assolutamente clamorosa.
più: “L’organizzazione prevede
un’azione militare in senso proprio, con resistenza armata, per
di più coinvolgendo un’ampia
platea di manifestanti”. Perché,
rivelano le intercettazioni, “contro uno Stato del genere cosa puoi
fare c’è da stare solo alla regola del
fucile”. Regole, progetti e obiettivi. Lo Stato su tutto. E non, ad
esempio, i tralicci, da sempre nel
mirino degli eco-terroristi dell’Alto Adige, perché, spiegano gli
indipendentisti, “così danneggi il
coglione che si sta guardando la
partita e che si incazza come una
iena”.
IN CELLA
Flavio Contin e il
leader dei Forconi, Lucio Chiavegato Ansa
hanno mosso i primi passi sia
il leader locale del movimento
dei forconi, Lucio Chiavegato,
sia Gianluca Busato, promotore del referendum che poche settimane fa, attraverso il
sito plebiscito.eu, ha raccolto 2
milioni di voti a favore dell’autonomia veneta. E al netto
delle polemiche sull’affidabilità del sistema di voto, con
conseguenti dubbi sulla veridicità del risultato, l’istanza
indipendentista ha costretto
anche la Regione guidata da
Luca Zaia a registrare la volontà dei cittadini avviando
l’iter per realizzare il referendum. Busato è il volto “formale” dell’indipendenza e
non è rimasto coinvolto nel-
l'inchiesta. Chiavegato invece
è stato arrestato. Leader del
movimento “9 dicembre” di
Verona, Chiavegato è stato
protagonista del presidio dei
Forconi, lo scorso dicembre,
nei pressi del casello dell’autostrada A4 e già presidente
della Life, la Libera Associazione degli imprenditori veneti. Con lui in carcere anche
il suo braccio destro, Patrizia
Badii, anche lei tra i promotori del presidio veronese di
dicembre.
IN MANETTE anche il fonda-
tore della Liga Veneta Franco
Rocchetta, ex parlamentare e
sottosegretario, tra i promotori del referendum per la secessione. In carcere pure Luigi
Faccia, uno dei componenti
storici dei Serenissimi che nel
1997 assaltarono il campanile
di San Marco a Venezia. Flavio
Contin, a casa del quale ieri è
stato sequestrato il tank dell’operazione del 1997, è invece
finito ai domiciliari. All’assalto
parteciparono 8 persone, tutte
condannate in primo grado.
Faccia a una pena di 4 anni e 9
mesi di reclusione per la manifestazione (scontati 3 e mezzo ed affidato ai servizi sociali)
oltre ad una condanna a 6 mesi
di reclusione per associazione
sovversiva da parte del Tribunale di Verona: 5 anni e 3 mesi
complessivi. Come Contin,
neanche Faccia aveva partecipato all’operazione in San
Marco ma fu identificato come organizzatore e indicato
come presidente del Veneto
Serenissimo Governo. Faccia
chiese la grazia, ma l’allora mi-
A VOLTE RITORNANO
il Fatto Quotidiano
I CONSIGLIERI LOMBARDI SOLIDALI
BOSSI: “UN BLUFF PER FERMARLI”
Una bandiera della Serenissima in mano, con un
cartello: “Siamo indipendentisti, arrestate anche
noi”. Così due consiglieri regionali della Lega
Nord in Lombardia, Fabio Rolfi e Jari Colla, si sono fatti immortalare fra i banchi dell’aula del Pirellone in segno di solidarietà con gli indipenden-
tisti del Veneto arrestati. E la foto è stata pubblicata sui social network, dove, per tutta la giornata di ieri, diversi militanti del Carroccio hanno
utilizzato il medesimo slogan “arrestatemi”. “Lo
Stato italiano è sempre più ridicolo e si dimostra
una democrazia limitata”,ha spiegato Rolfi, che è
vice-capogruppo della Lega al Consiglio lombardo “si arrestano 24 persone spendendo decine di
GIOVEDÌ 3 APRILE 2014
3
migliaia di euro di risorse pubbliche in indagini”.
Stesso concetto ribadito da Umberto Bossi. “È
un bluff - ha speigato l’ex segretario - L'impressione è questa, che stiano bluffando. Quasi sempre quando tirano fuori la storia delle armi contro gli indipendentisti non è vero. È un trucco per
fermarli, ma non funziona. Non solo non va bene,
ma farà esplodere la rabbia popolare”.
“Lo Stato qui è un problema
chiede sempre più soldi”
A CASALE DI DOSCOSIA, IL PAESE DEI “RIBELLI”, L’EX SINDACO RENATO MODENESE: “QUANDO
VEDI ANDARE VIA IN TASSE TUTTO CIÒ CHE HAI COSTRUITO OGNI REAZIONE È COMPRENSIBILE”
di Davide Vecchi
inviato a Casale di Doscosia
Q
uattro chilometri di
capannoni abbandonati, terreni incolti e villette sbarrate, alcune senza neanche il
cartello vendesi. Dismesse anche le due pompe di benzina
che si incrociano raggiungendo via Veneto a Casale di Doscosia, dove ieri mattina i carabinieri del Ros hanno sequestrato una ruspa trasformata in
carro armato artigianale. Era
custodito in uno dei circa 500
capannoni ormai dimenticati
persino dai proprietari, tanto
che gli indipendentisti Veneti
lo hanno usato per tre anni
ma in un paese neutrale (Svizzera o Serbia)”. E ancora: “Con
le tasse, gli autovelox, i marocchini che continuano ad arrivare, vacca dio neanche più la
polizia rimane, questo stato
marcio deve cadere”.
UN CLIMA DI TERRORE L’o-
biettivo è chiaro. Dice Lanza:
“Io voglio arrivare a poter dire:
andatevene dall’Italia e chiedete perdono per 147 anni di crimini contro la nostra popolazione”. E ancora: “Instaureremo un clima di terrore, restate e
morirete (...) . Finalmente la
mafia anche qua”. Tradotto:
“Tu sei il giudice? Sei quello che
ha firmato il pignoramento? Io
so dove abiti. Tuo figlio si veste
sempre di rosso, tua moglie prima di andare via gli fa una bella
carezzina sulla testina gialla”.
Inquietante il paragone con le
Br. “Durante il processo di Torino alle Brigate rosse ci voleva
la giuria popolare, non ne tro-
vavano uno, li gambizzavano
prima”.
“BASTA SUBIRE LA STORIA”
Azioni armate, dunque. E di armi gli indagati parlano spesso.
Di armi leggere da contrabbandare con organizzazioni criminali albanesi e di armi fatte in
casa come il ‘Tanko’ che è “il
simbolo dell’indipendenza” e
perché “ci permette di essere
credibili e di avere il controllo
del territorio”.
Grazie al Tanko, ragiona il ministro del Tesoro del governo
secessionista Corrado Manessi,
“i nostri popoli smetteranno di
subire la Storia”. In totale i carri
armati dovevano essere sei. Ne
sarà completato uno, allestito
in un capannone a Casale di
Scodosia nel Padovano.
Qui avvengono la distribuzione
degli incarichi e le “investiture”
come quella di Riccardo Lovato
nominato “responsabile militare della piazza di Venezia”.
Gianfranco Rocchetta,
fondatore della Liga
Veneta Ansa
nistro Piero Fassino non diede
seguito alle richieste. Tentò
poi Roberto Castelli, senza alcun esisto. Ma nel luglio 2011
la Corte di Cassazione ha assolto tre membri del gruppo
dalle accuse più gravi: costituzione di banda armata e associazione sovversiva per finalità di terrorismo e di eversione dell'ordine democratico.
Personaggi storici della seces-
sione, dunque, che nel tempo
sono stati affiancati da leader
di movimenti nuovi cresciuti e
alimentati dal malcontento
che in Veneto ha trovato terreno fertile nella volontà sempre più marcata di indipendenza. Agli arrestati è infatti
arrivata la solidarietà significativa di molti esponenti della
Lega ma soprattutto di Busato.
“Apprendiamo notizie che
stanno già assumendo i connotati del ridicolo e dell’indecenza, a proposito di arresti di
patrioti veneti. Sono questi gli
ultimi rantolii dello stato italiano criminale e violento.
Esprimo la mia totale solidarietà e vicinanza a tutti i patrioti arrestati questa notte con
accuse che appaiono fin d’ora
risibili”, ha detto. E ha concluso: "Arrestateci tutti".
da. ve.
abusivamente. “Ma la crisi è solo una aggravante”, garantisce
l’ex sindaco Renato Modenese.
Ha lasciato il Comune un anno
fa perché si è rifiutato di far pagare le nuove tasse sulle abitazioni ai cittadini di Casale.
“Quando vedi andare in tasse
tutto ciò che hai costruito ogni
reazione è comprensibile”, afferma Modenese. Il Veneto,
raccontano i dati di Confindustria, versa nelle casse di Roma
70 miliardi di euro l'anno da oltre dieci anni, ricevendone indietro meno di 50.
SU QUESTA strada oggi deserta
fino al 2009 c’era la coda di camion, racconta un imprenditore che vive in via Veneto, nella
L‘industriale
Pietro Marzotto
“B. e la politica
ci hanno messo
in ginocchio”
di Emiliano Liuzzi
l conte Pietro Marzotto è uomo moderato. Da sempre. Ha
guidato il gruppo industriale che porta il suo nome, sede a
I
Valdagno, ha fatto il presidente della Confindustria, in Veneto.
È uno degli autori del miracolo economico che prese il nome di
Nord-est. Oggi, solo a sentire parlare di secessionisti, si irrita.
Questa volta li hanno arrestati. E lo pseudo popolo separatista
promette vendetta.
I magistrati avranno avuto i loro buoni motivi. Quelli che invocano la secessione sono grotteschi, non credibili. Anche nelle
minacce.
C’è un motivo per cui il Veneto è diventato in parte secessionista?
Il Veneto è stato messo in ginocchio da vent’anni di pasticci
politici. Questa è la realtà, che
piaccia o meno. Ci ha messo
molto la Lega, anche alimentata dalla credibilità che Berlusconi ha sempre fornito a Bossi. La disperazione dettata dalla
crisi ripropone nostalgie stupide e secessioniste.
Conte Marzotto, Renzi si è preso il compito di condurre il Paese fuori dalla crisi. Lei ci crede?
Crederci non so, non saprei. Sicuramente non vedo altre soluzioni.
L’imprenditore veneto,
Piero Marzotto Ansa
Renziano anche lei?
No, ma non mi sembra che ci siano molte alternative. Però questo non vuol dire crederci in maniera assoluta.
Insomma, non lo vota.
Questo non l’ho detto. Ma è un dettaglio. Piuttosto può scrivere
che io sono un italiano e credo in questo Paese. Lo sono sempre
stato e continuerò a esserlo. La storia della secessione è una
grande fesseria, non ci sarebbe stato un Nord-est senza il resto
del Paese, probabilmente non ci sarebbe un’Italia senza Veneto.
Ma è veramente monotono e umiliante, oggi, nel 2014, ripetere
questo sermone. È una questione molto naturale. Mi meraviglio
che qualcuno ci creda ancora.
La Lega è stata legittimata spesso dai voti, però.
Hanno fatto credere di avere una ricetta per tutti i mali. Io mi vanto di
non aver mai avuto niente da spartire con loro. Ripeto, sono italiano.
Giusto arrestare i secessionisti, dunque.
Se i magistrati lo hanno fatto credo abbiano ragioni e motivi.
Assolutamente.
casa alle spalle del suo capannone, ormai chiuso. “Lo Stato
per noi è diventato un problema quando ha continuato a
chiederci soldi che non avevamo più, capisce? Equitalia, l’agenzia delle entrate; prova a
spiegargli che i fatturati s’erano
ridotti, che per pagare gli operai
ti ipotecavi casa... Non ci credevano, sa perché vivo qui?
Perché anche per far fallire una
azienda devi avere i soldi, capisce? Come si fa a non volere
l'indipendenza?”. Sante è uno
dei residenti in via Veneto ad
aver garantito ai carabinieri ieri
mattina di non essersi mai accorti che qualcuno lì vicino costruiva uno pseudo carro armato. In molti si affacciano in strada, pochi escono, nessuno
commenta.
“L’indipendenza - garantisce
Modanese - è sempre stata nell’anima dei veneti che vedono
lo Stato centrale come un vassallo medievale cui versare la
gabella, ripeto: la crisi è solo
un’aggravante, ma nel 1997
quest'area era in pieno boom
economico”. La notte dell’otto
maggio di 17 anni fa un gruppo
della Veneta Serenissima armata arrivò in piazza San Marco a
Venezia con il tank battezzato
Marcantonio Bragadin e occupò il Campanile. E anche allora
il carro armato era stato assemblato a Casale di Doscosia. Ieri i
carabinieri lo hanno sequestrato per la seconda volta, era a casa di uno dei cinque membri
storici del gruppo indipendentista: Flavio Contin. Lo Stato
l’aveva messo all’asta nel 2007
ed è stato acquistato per sei mila
euro dal “Comitato in sostegno
al movimento 8 maggio” che lo
ha riconsegnato a Cantin; lui lo
ha conservato nel suo garage, in
via Amadeo, dove ieri i militari
dell’Arma l’hanno trovato.
Contin è ai domicialiari. Sono
tantissime le persone che arrivano fuori dalla sua abitazione
sperando di salutarlo, esprimere solidarietà e offrire, se serve,
aiuto. Moreno Menini e Gilberto Buson, altri due componenti
storici dei Serenissimi, non si
fanno vedere ma gli arresti di
ieri hanno risvegliato ancora di
più l’istanza indipendentista.
“Secondo me il procuratore lì di
Brescia è un nostro sostenitore”, scherza Sante Carraro, altro Serenissimo storico: era l’amico fidato, il braccio destro di
Bepin Segato, il “patriota veneto” che fu arrestato perché ritenuto ideologo dell'assaltato il
campanile San Marco e morì
poco dopo essere uscito dal carcere il 27 marzo 2011.
“Il referendum di poche settimane fa ha mostrato chiaramente che noi non vogliamo
più far parte dell’Italia, pochi
giorni fa anche la Regione del
governatore Zaia ha avviato il
percorso legislativo che ci porterà a votare davvero per l’in-
dipendenza: si può fare perché
la vogliono tutti, capisce?”,
spiega Carraro. Che aggiunge:
“Quindi questi arresti porteranno solamente nuovo consenso alla nostra causa, che è sacrosanta e legittima, non ci ferma più nessuno”. Le intercettazioni? “I salami? I candellotti?
Cose che dicono tutti, anche lei
secondo me; non hanno trovato niente e si ricordi che di noi
l’unico che ha impugnato
un’arma è stato il Franceschi
ma per una questione sua personale”.
Luciano Franceschi, nel febbraio 2013 sparò al direttore
della banca di cui era cliente:
proprio ieri il pm ha chiesto una
condanna a 12 anni e 6 mesi per
I RECIDIVI
Nel ’97 venne
assemblato il carro
armato artigianale
poi sequestrato
e ricomprato all’asta
Ora la storia s’è ripetuta
tentato omicidio. Qui, chiude il
discorso Carraro, “gli imprenditori non si ammazzano, qui si
reagisce”. La politica? “Conta
poco, ci interessa il risultato”.
Alla politica però interessa il
malessere veneto. Sono voti. La
Lega Nord non è mai riuscita a
farsi completamente portatrice
delle istanze autonomiste di
queste zone, tant’è che ancora
oggi sopravvive la Liga Veneta
in contrasto con la Lega Lombarda. Umberto Bossi era riuscito a unirle, sulla carta, ora
Matteo Salvini sta tentando di
rinsaldare gli animi riconoscendo spazio e importanza agli
autonomisti tanto che ha organizzato per domenica a Verona
una manifestazione in loro sostegno. Alla quale però non
parteciperà Gianluca Busato,
padre del referendum indipendentista. Voleva farne un'altra.
“TUTTI IN PIAZZA San Marco
stasera per la libertà del Veneto:
arrestateci tutti”, ha annunciato ieri mattina appena saputo
degli arresti. Ma l’adunata è stata poi annullata nel corso della
giornata: “Troppo pericoloso
per noi, qualcuno avrebbe potuto strumentalizzare il momento e danneggiarci, conosciamo bene la Storia dell’Italia”, commenta in serata.
Le bandiere della Repubblica di
Venezia erano già pronte, quelle vietate per legge nel 1997. Alcune sono apparse anche a Casale, alle finestre di qualche villetta incastrata tra i capannoni
abbandonati.
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4
IL FUTURO È QUI
GIOVEDÌ 3 APRILE 2014
Boschi-Finocchiaro:
sfida generazionale
che parte coi sorrisi
di Fabrizio d’Esposito
L
a Trinità della Terza
Repubblica. Il sindaco uno e trino. Senatore, poi a capo della
città metropolitana ex provincia e sindaco, ovviamente. Più
che super, mega. Il megasindaco di Torino o Bari o Napoli a
Genova o Milano e così via.
Michele Emiliano, possente sindaco-sceriffo di Bari, non vede
l’ora di triplicare il suo impegno: “Questa riforma del Senato, se passa, è una bomba atomica”. Il termine bomba è declinato positivamente. Emiliano, che è renziano, esplode di
gioia: “Oggi il sindaco se rileva
un problema nella legislazione
o ha bisogno di un chiarimento
finanziario a Roma deve armarsi di pazienza e chiamare il segretario regionale del suo partito. Questi a sua volta si rivolge
agli uffici nazionali che poi devono interpellare il capogruppo
parlamentare”. Una catena infernale. Continua il sindaco di
Bari: “Vuol sapere come finisce? Che 99 volte su cento nessuno ti si fila anche perché esiste
una forte contrapposizione tra
sindaci e parlamentari. I primi
però sono eletti sul territorio, i
secondi nominati dalle segreterie di partito”. Viva il superlavoro, allora: “Mi creda questa
riforma è una vera bomba. I sindaci invece di fare i lobbisti a
Roma strisciando ai piedi dei
nominati, s’impegneranno direttamente nella nuova assemblea, muovendo rilievi e obiezioni, perché se una legge non
va bene la puoi richiamare a Palazzo Madama”.
DUE CORRENTI diverse, due stagioni diverse, eppure sorrisi, un po’ ad arte per gli obiettivi dei fotografi, da parte di Maria Elena Boschi e Anna Finocchiaro, insieme nella commissione Affari Costituzionali di Palazzo Madama. La senatrice siciliana non ha mai intercettato il percorso renziano: anzi, l’attuale premier si oppose a qualsiasi ipotesi di candidatura (si parlava anche di Quirinale)
il Fatto Quotidiano
per la Finocchiaro. E per il ministro Boschi, devota
renziana, non era facile prevedere un così cordiale
incontro con l’esperta parlamentare che, in teoria
e certo anche in pratica, rappresenta l’ostacolo
della vecchia guardia alla riforma del Senato. Senza la Finocchiaro, non potrà nemmeno cominciare
la sfida tutta interna al Pd contro il ddl che rivede il
ruolo del Senato. Basterà un sorriso della Boschi?
Sindaci e senatori?
I primi cittadini
fanno già festa
DA TORINO A BARI, GIUBILO PER LE RIFORME. PIÙ CAUTI DORIA
E DE MAGISTRIS: “A NOI BASTANO LE CITTÀ METROPOLITANE”
Anche Piero Fassino, storico uomo-macchina di sinistra, non è
spaventato. Anzi sì. Sostiene il
sindaco di Torino, oggi renzianissimo: “Questa sfida mi spaventa e mi affascina, sempre che
vada in porto, intendiamoci. Io
lavoro 16 ore al giorno da quando avevo 19 anni e non temo la
fatica”. Il problema è la durata
della giornata. Appena 24 ore
per occuparsi di comune, provincia e Senato. Fassino non si
tira indietro: “Questa può anche
essere una buona occasione per
riorganizzare il lavoro delle Camere. Per quanto ci riguarda
non è detto che bisogna vedersi
quattro volte le settimane. Si
può adottare il metodo delle sessioni come fa il Parlamento europeo oppure come fanno in
Francia e Germania, qualora, ripeto, dovesse farsi la riforma”.
La prudenza è d’obbligo. Al momento il sindaco certamente diventerà il presidente dell’area
metropolitana, al posto della
provincia. La carica di senatore
è più distante, disegnata solo
il filtro di altre istituzioni, le
grandi reti e i servizi di area vasta. Però, mentre la prospettiva
della città metropolitana mi pare ravvicinata e anzi auspico che
lo sia, la prospettiva per il nuovo
Senato mi pare comunque più
lontana”.
STESSO CONCETTO per Luigi
de Magistris, il sindaco della ri-
voluzione arancione a Napoli:
“Sulla città metropolitana il giudizio è positivo e la nostra amministrazione si sta preparando
ad affrontare questa sfida, tanto
che come sindaco ho mantenuto la delega. Tutti i sindaci che
ricadono nei confini della città
metropolitana vanno coinvolti
e, con loro, anche i cittadini, all’interno di un modello di partecipazione democratica. Questa riforma deve servire a superare la sovrapposizione odierna
di competenze tra enti, a semplificare e rendere più efficiente
l’azione amministrativa, particolare su trasporti e rifiuti. È essenziale però, affinché la rifor-
PIERO FASSINO
“Io lavoro sedici ore al giorno
da quando avevo diciannove anni
e non temo la fatica”
MICHELE EMILIANO
“Mi scusi, ma non è meglio
mandare me che non un tizio
qualunque a Palazzo Madama?”
sulla carta.
MA IL TEMPO? Il tempo non è
Marco Doria, sindaco di Geno-
mai relativo. Emiliano ha una risposta per tutto: “Attualmente,
proprio per i problemi che le dicevo prima, io trascorro due
giorni a settimana a Roma e non
credo, in tutta sincerità, che bisognerà riunirsi sempre, dal lunedì al venerdì”. Nulla scalfisce
l’ottimismo del sindaco barese:
“Mi scusi, ma non è meglio
mandare me da sindaco che non
un tizio qualunque al Senato?
Faccio il lavoro più bello del
mondo e sono felice di farlo”.
va, di un centrosinistra non
d’apparato, ha una cifra sobria
per natura: “La preoccupazione
per il carico di responsabilità e
di lavoro indubbiamente esiste.
Fare il sindaco di una grande città significa già confrontarsi in
prima linea con i molti problemi
che la società attraversa. Per
contro, la futura città metropolitana consentirà a me in collaborazione con gli altri sindaci
del territorio di governare e pianificare direttamente, senza più
ma sia una vera opportunità per
tutti, che sia riconosciuta l’autonomia economico-finanziaria
della città metropolitana, ponendo fine alla logica dei tagli
pesanti orizzontali imposti ai
comuni dai governi, in questo
senso l’impostazione di Renzi
mi fa ben sperare in un cambiamento. Sul ddl di riforma del senato non voglio esprimermi
perché aspetto di leggere il testo
definitivo: certo, per noi si tratterebbe di un ulteriore impegno
in una attività, quella di sindaco,
già altamente impegnativa”.
RIFORMISTI DELLA DOMENICA
Camere a rischio blocco: 12 modi di fare leggi
di Tommaso Rodano
asciate ogni speranza o voi che legiferate. AlL
tro che semplificazione: il nuovo Senato delle
Autonomie pensato da Renzi, come ha chiarito
ieri al Fatto il giurista Gianluigi Pellegrino, è un
labirinto la cui complessità rasenta l’assenza di logica. Se con il “bicameralismo perfetto” che il
nuovo governo vuole abolire, ci si lamenta di processi legislativi lenti e lunghi, la riforma costituzionale può persino peggiorare la situazione. Le
“navette” (i rimpalli tra Camera e Senato) sono
sempre lì. Non solo: i percorsi delle proposte di
legge potranno essere più numerosi e contorti.
Leggi e riforme
”costituzionali”
L’iter per modificare o innovare la Costituzione è
l’unico che non cambia di una virgola. Per le leggi
costituzionali, si legge nel testo del governo, “la
funzione legislativa è esercitata collettivamente
dalle due Camere”. Bicameralismo perfetto,
quindi, con due distinte deliberazioni sia a Montecitorio che a Palazzo Madama (a distanza di al-
meno tre mesi l’una dall’altra). Per l’approvazione serve sempre una maggioranza qualificata
(due terzi dei parlamentari), o la legge può essere
sottoposta a un referendum (se richiesto da almeno 500 mila elettori, 5 consigli regionali o un
quinto dei membri di una delle due Camere).
Cosa succede
con le leggi “ordinarie”
Con la riforma, l’approvazione delle leggi ordinarie spetta solo alla Camera, ma il Senato delle
Autonomie ha sempre il diritto di dire la sua. 1)
Entro dieci giorni dalla trasmissione, basta la richiesta di un terzo di Palazzo Madama perché il
testo sia esaminato anche al Senato. 2) Qui si
aprono altre due strade: dopo l’esame, i senatori
possono lasciare tutto com’è, oppure intervenire
con le loro modifiche. Hanno altri trenta giorni di
tempo. 3) Se la legge viene cambiata, l’ultima parola spetta ancora alla Camera. Il voto definitivo
si tiene entro 20 giorni. I deputati possono confermare gli emendamenti di Palazzo Madama
oppure decidere di ignorarli: per ripristinare il testo originale è sufficiente la maggioranza sempli-
ce (la metà più uno dei presenti in aula).
Autonomie territoriali
e trattati internazionali
Fanno storia a sé, le leggi che riguardano il governo del territorio, le funzioni di comuni e regioni (Titolo V della Costituzione) e la ratifica di
trattati internazionali. 1) Il Senato delle Autonomie ha di nuovo 10 giorni per prendere in esame
le leggi uscite dalla Camera e altri 30, eventualmente, per approvare dei cambiamenti. 2) Anche in questo caso i deputati possono cancellare
le eventuali modifiche dei colleghi senatori, ma
stavolta solo con un voto a maggioranza assoluta
(la metà più uno degli eletti).
Come si vota
la legge di Bilancio
Tutto qui? Nient’affatto. La legge di Bilancio ha
un percorso ancora più cervellotico. In questo
caso il Senato prende in esame automaticamente
il testo licenziato dalla Camera, ma ha solo 15
giorni per modificarlo. Poi la faccenda si complica ulteriormente. 1) Se il Senato cambia la leg-
ge a maggioranza semplice, anche la Camera può
ristabilire il testo originale votando a sua volta a
maggioranza semplice. 2) Se invece a Palazzo
Madama le modifiche sono votate con maggioranza assoluta, anche a Montecitorio deve succedere lo stesso, se i deputati vogliono imporre il
“loro” bilancio. 3) E se alla Camera ci fosse solo
una maggioranza semplice (ma pur sempre una
maggioranza), che vuole respingere le modifiche
dei senatori? 4) E se la maggioranza assoluta si
trovasse solo su alcuni degli articoli modificati?
Il rischio sarebbe un’impasse politica, o il “vecchio” rimpallo tra le due Camere? Oppure sarebbero approvate le modifiche del Senato solo nelle
parti in cui la Camera è d’accordo, o non ottiene
una maggioranza assoluta?
Sembra un rompicapo: è solo il bicameralismo
secondo Renzi. Il testo della riforma, nella migliore delle ipotesi, è poco chiaro. L’unica certezza è che il Senato conserverebbe prerogative
ampissime e la facoltà fondamentale di rallentare, modificare e bloccare le leggi approvate alla
Camera. Con la differenza che i nuovi senatori
non sarebbero eletti dai cittadini.
IL PASSATO È QUI
il Fatto Quotidiano
La nuova strategia
elettorale di Fi:
dentiere e Dudù
PROTESI, cani e fantasia: questa la
nuova strategia di Berlusconi in vista
delle prossime elezioni europee. Ieri i
deputati di Forza Italia hanno ricevuto
un documento di 56 pagine (con slides) dal titolo “Per un Dudù Act - proposte per un welfare animale”. Nel
dossier sono elencati i vantaggi con-
seguenti dall’avere un animale in casa, seguiti da una dichiarazione programmatica (gli animali “ci riempiono
di affetto, ma non sempre sono ricambiati”) e la promessa a cani e gatti di
“un livello di benessere almeno pari a
quello dei loro proprietari”. Forza Italia ha pensato anche alle coperture,
GIOVEDÌ 3 APRILE 2014
che non dovranno incidere sul bilancio statale ma si troveranno ricorrendo a multe per chi non rispetta i cuccioli. Ogni pagina porta in calce il simbolo della zampa di Dudù. La seconda
iniziativa arriva dal club Forza Silvio
del XV Municipio di Roma: tutti i nuovi
iscritti potranno beneficiare di uno
5
sconto del 50 per cento sulle protesi
dentali. Un’iniziativa nata per regalare
“ai nostri amici e amiche la possibilità
di riavere finalmente il sorriso”, come
spiegato in una nota ufficiale del partito. Gli sconti sugli interventi dentali
sono stati possibili grazie a delle convenzioni con i dentisti della zona.
SILVIO DISPERATO, IL COLLE APRE LA PORTA
A UNA SETTIMANA DALLA DECISIONE DEL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA, BERLUSCONI VA DA NAPOLITANO
A CHIEDERE LA “PACIFICAZIONE”. E SPIEGA: “IL GOVERNO RENZI È DEBOLE, DA SOLO NON PUÒ FARE LE RIFORME”
di Wanda Marra
vio Berlusconi debba espiare in
carcere la pena detentiva irrogatagli e sancisce precise alternative, che possono essere modulate tenendo conto delle esigenze del caso concreto”. Allora, il
Presidente voleva tenere in vita
il governo Letta. Ora non vuole
che l’ultimo progetto al quale si
è legato (riforme costituzionali e
legge elettorale) fallisca miseramente. Napolitano non ha mai
smesso di trattare il Caimano
come un leader: per le consultazioni prima del governo Renzi
ci è andato lui al Colle. Per quel
che riguarda il premier, la richiesta l’ha chiarita bene il Mattinale: “Dalla decisione del 10
aprile dipende non solo l’efficacia delle riforme in cantiere, ma
la loro stessa legittimità. Sarebbe
interesse di un presidente del
Consiglio, che punti ad essere
non una meteora fosforescente
e acrobatica ma uno statista che
ama l'Italia, porsi il problema in
termini seri e gravi”.
e Sara Nicoli
M
anca poco più di
una settimana dalla decisione del
Tribunale sul suo
destino prossimo e Silvio Berlusconi è sempre più angosciato. Ha paura dell’oblio, sogna
ancora la grazia, pretende l’agibilità politica. E ieri è andato a
chiederla a Giorgio Napolitano.
Un incontro in serata, a sorpresa, che però era nell’aria da due
giorni. Uno sfogo da parte del
Caimano, ma soprattutto un ricatto. Sul governo.
AL PRESIDENTE, Berlusconi ha
ricordato che la legge elettorale,
le riforme, la stessa vita dell’esecutivo dipendono da lui. E che
non si può far finta di niente.
Perché poi, una volta resa esecutiva la condanna, lui il premier
non potrà neanche più incontrarlo. E allora, crolla tutto. Recita il comunicato del Colle: “Il
presidente della Repubblica Napolitano ha ricevuto il presidente di Forza Italia, Berlusconi, che
aveva chiesto di potergli illustrare le posizioni del suo partito
nell’attuale momento politico”.
“Ho siglato un patto con Renzi avrebbe sottolineato il Cavaliere
- ed io non tradisco mai gli accordi presi”. Poi, avrebbe detto a
Napolitano che non si fida fino
in fondo di Renzi. D’altra parte,
avrebbe voluto incontrarlo di
nuovo, ma fino ad ora il presidente del Consiglio si è sottratto.
E da Forza Italia sono giorni che
denunciano il fatto che è stato
invertito l’ordine delle riforme
concordato al Nazareno: prima
approvare l’Italicum, poi il Senato. La direzione di marcia oggi è
un’altra. Un elemento di trattativa che Fi può mettere sul tavolo. Berlusconi avrebbe esposto la
Giorgio Napolitano e, a sinistra, Silvio Berlusconi LaPresse
LA RICHIESTA
Se finisce
ai domiciliari
come potrebbe
discutere
da “costituente”
con il primo ministro?
situazione al Capo dello Stato,
non senza mettere l’accento su
quella “pacificazione” tanto cara
al Colle: “Il mio partito garantisce il sostegno alle riforme. Io
però diventerò un leader azzoppato che non può nemmeno dare una mano in campagna elettorale”. Da qui la reiterata richie-
sta di garanzie e - non si esclude
tra gli azzurri - di nuovo sul tavolo la grazia o l’indulto dal Parlamento. Anche tramite una moral suasion sul presidente del
Consiglio. Il quale dal canto suo
sa che l’asse privilegiato su cui si
basa il suo governo è con B.. E sa
benissimo che con lui ai servizi
sociali, la reazione di FI è imprevedibile.
NAPOLITANO , dal canto suo,
l’ha ricevuto. D’altra parte, già
ad agosto, prima che cominciasse la battaglia per la decadenza i
due si erano incontrati. E il Colle
aveva chiarito in un comunicato
la sua posizione. Un passaggio
scelto: “A proposito della sentenza passata in giudicato, va innanzitutto ribadito che la normativa vigente esclude che Sil-
Milano, 10 aprile
La sentenza fa paura
IL CONVITATO DI PIETRA degli incontri di Silvio Berlusconi è l’udienza del 10 aprile a Milano,
quando il tribunale di sorveglianza dovrà decidere che tipo di pena far scontare al leader di
Forza Italia, condannato per frode fiscale a 4 anni, di cui 3 indultati. Lui ha chiesto i servizi sociali
professandosi un perseguitato. Se li meriti comunque e quale genere di servizi sociali, sarà
scritto in una relazione della giudice Beatrice
Crosti, componente del collegio insieme al presidente Pasquale Nobile De Santis, a uno psicologo e un assistente sociale. Durante l’udienza, a
porte chiuse, esprimeranno la loro posizione la
procura generale, con Laura Bertolè Viale e gli
avvocati Niccolò Ghedini, Franco Coppi e Piero
Longo, per la difesa. Ammesso che ci sarà una
sola udienza, i rinvii sono dietro
l’angolo, il tribunale potrebbe
deciderà non prima di un paio
di settimane dalla fine della discussione, anche
se da codice dovrebbe farlo entro 5 giorni. Se sarà
respinta la richiesta di servizi sociali, Berlusconi
andrà agli arresti domiciliari. Il Cavaliere non andrà in carcere in virtù della cosiddetta “doppia
sospensiva” indicata, contro il parere dei suoi
pm, dal procuratore Edmondo Bruti Liberati, e
accolta dal giudice di sorveglianza, per il direttore del Giornale Alessandro Sallusti: anche senza domanda del condannato, arresti domiciliari e
non cella, in base alla legge “svuota carceri”. La
difesa proverà a far slittare la decisione a dopo le
elezioni europee per lasciare mano libera a Berlusconi durante la campagna elettorale anche se,
da interdetto, non può né candidarsi né votare.
a.masc.
B. a Ponzellini: “Ti chiedo un’opera buona”
NEL 2009 SI SPENDEVA PER UNA RACCOMANDAZIONE AL N. 1 DI BPM PER FARGLI INCONTRARE MESSINA, MANAGER MEDIASET ORA SENATORE
ilvio Berlusconi raccomandava un senatore
di Forza Italia e manager del gruppo FininS
vest al presidente di Bpm Massimo Ponzellini. La
conversazione intercettata nel 2009 è confluita
nell’indagine ed è riportata in un’informativa
della Guardia di Finanza che ora dopo la chiusura delle indagini è stata depositata. “Ti ho telefonato per un'opera buona, ti chiedo scusa è la
prima volta che mi permetto di chiederti una cosa”, dice Silvio Berlusconi a Ponzellini, “dovresti
ricevere il nostro senatore Alfredo Messina che
già conosce e parla bene di Ponzellini”. Nell'informativa della Fiamme Gialle del settembre
2011 al paragrafo intitolato "Altre operazioni di
credito", si legge "Pratica nell'interesse di Silvio
Berlusconi" e si riporta la sintesi di questa intercettazione del 26 ottobre 2009, in cui l'allora
capo del governo, dopo aver parlato con Ponzellini delle situazione politica, gli chiede
un'"opera buona".
Messina è una delle persone più vicine a Silvio
Berlusconi. Nel gennaio 1990 entra in Fininvest
S.p.A. in veste di Direttore Generale e nel 1996
viene nominato Amministratore Delegato per
l'area amministrazione e controllo. Attualmente
è Consigliere e Vice Presidente Vicario di Mediolanum S.p.A., Presidente di Mediolanum Assicurazioni S.p.A., di Mediolanum Vita S.p.A. e
di Vacanze Italia S.p.A. Nonché consigliere di
Amministrazione di Mediaset Espana Comunicacion SA e di Molmed S.p.A..
Messina negli atti dell’inchiesta sui fidi facili di
Bpm ai tempi della presidenza Ponzellini (indagato insieme ad altre 16 persone) compare anche
per una serie di telefonate in favore di Giovanni
Acampora, l’avvocato condannato definitivamente per corruzione giudiziaria insieme a Cesare Previti per il caso Imi-Sir.
Al Fatto Quotidiano il senatore Alfredo Messina
spiega: “Non escludo di avere incontrato Massimo Ponzellini per perorare la causa di qualche
cliente della Bpm mio amico e probabilmente ne
avrò parlato a Silvio Berlusconi. Non ricordo però la pratica specifica. Certamente - ci tiene a precisare Messina - non si trattava del caso di Acampora, che peraltro non ha ottenuto il prestito richiesto alla Bpm”. Effettivamente le telefonate
nelle quali Messina si interessa dell'ex coimpu-
tato di Cesare Previti sono del
2011 mentre quella in cui l’allora premier chiede a Ponzellini
di ricevere Messina è del 2009.
Sempre dall'informativa della
Guardia di Finanza si leggono
altre raccomandazioni all'ex
presidente di Bpm Massimo
Ponzellini, finito ai domiciliari
nel 2012 e ora a un passo dalla
richiesta di rinvio a giudizio.
L’allora sottosegretario alla
presidenza del consiglio Gianni
Letta e anche l'attuale presidente della Provincia di Milano Guido Podestà,
"hanno rappresentato" all'ex banchiere "interessi
personali o di imprese amiche, bisognose di una
sponda finanziaria". Nell'informativa, tra le altre,
si citano anche la "Pratica Fratelli Vernazza e Alma Ventura richiesta da Gianni Letta", la "Pratica
Matteo Cabassi richiesta da Guido Podestà" e la
"Pratica Argento Vivo richiesta da Guido Podestà". Tra le carte sequestrate la Guardia di Finanza segnala anche l’agenda di Massimo Ponzellini
Il banchiere
Massimo Ponzellini
La Presse
che illustra contatti ai massimi
livelli.
Tra i nomi citati per gli appuntamenti compaiono, tra gli altri,
Silvio Berlusconi, Giulio Tremonti, Corrado Passera e Romano Prodi. Il 9 gennaio 2012
l’allora presidente di Bpm annota i dettagli sull'operazione Unipol - Fonsai
che sembra vedere, nelle sue
osservazioni, Mediobanca parteggiare per la
compagnia bolognese. Citato anche Umberto
Veronesi, fondatore dello Ieo per presunti problemi fiscali. L’11 gennaio, secondo Ponzellini,
"Veronesi è sotto il mirino dell’Agenzia delle Entrate" e Ponzellini osserva: " Veronesi perseguitato da Gdf, un altro che lascerà il Paese”. Per
fortuna non è andata così.
6
ITALIANS
GIOVEDÌ 3 APRILE 2014
Grillo sull’euro:
“Il referendum
si può fare”
“NESSUNO CI HA SPIEGATO i pro e i
contro, i rischi e le opportunità e un eventuale piano B di uscita in caso di fallimento. Hanno espropriato gli italiani della loro
moneta trattandoli da sudditi”. Beppe
Grillo pubblica sul blog uno studio dell’ufficio legislativo del gruppo M5s al Senato
secondo il quale il referendum sarebbe
il Fatto Quotidiano
trebbe tranquillamente essere indetto,
con legge costituzionale, un nuovo referendum di indirizzo, per sottoporre ai cittadini italiani il seguente quesito: ‘Ritenete voi che si debba procedere all’uscita
dell’Italia dall’utilizzo dell’euro?’”. Anche
questo sarà usato per la campagna per le
Europee dei Cinque Stelle.
proponibile visto che già nell’89 “è stato
formalmente indetto un referendum popolare di indirizzo, non meramente consultivo, attraverso il quale è stata richiesta
la legittimazione popolare per il trasferimento di sovranità dallo Stato italiano all’Unione europea (allora Comunità)”. “Ecco dunque che, nel solco già tracciato, po-
RENZI: “CONCERTAZIONE THE END”
“È FINITA”. INTERVISTATO DAL FINANCIAL TIMES, IL PREMIER PROVA A CONVINCERE GLI INVESTITORI CHE IL PAESE È CAMBIATO
di Alessio
Altichieri
CASALEGGIO “Pronti
dossier contro di me”
n questo periodo,
giustappunto priI
ma delle elezioni, so di
Londra
atteo Renzi ha
spiegato alla City di Londra che
in Italia la stagione della concertazione è
finita. Avevamo capito anche
noi, udite le parole di Renzi
su Confindustria e Cgil, che
non c’è amore tra il presidente del Consiglio e le associazioni degli imprenditori e dei
lavoratori. Ma che questa rivendicazione sia ormai una
politica di governo, che chiude una stagione che risale almeno al governo Ciampi di
vent’anni fa, se non addirittura al dopoguerra, l’hanno
saputo in anticipo i vertici
editoriali del Financial Times, il
principale quotidiano finanziario europeo, ai quali Renzi
(“il giovane che va di fretta”,
l’avevano definito) ha dichiarato schiettamente i suoi propositi, per aprire l’Italia agli
investimenti stranieri. Non
usa giri di parole, Renzi, va
dritto al segno. E sarebbe bello sapere se, veloce a dire la
sua, è anche veloce ad apprendere, sentita la panoramica che la sera prima, in ambasciata, l’ex premier Tony
Blair, ormai un sessantenne
con un filo di pancetta, segno
di sazietà, gli ha dato dei problemi del mondo.
M
Matteo Renzi e Tony Blair si sono incontrati presso l’Ambasciata italiana di Londra martedì Ansa
I DUBBI INGLESI
Per la stampa il primo
ministro italiano non ha
ancora avuto il suo
“momento Blair”: ha
ancora il partito contro
e non ha vinto le elezioni
PARTIAMO anzi da qui, dalla
cena informale e senza cravatta, nemmeno mezza dozzina
di persone al tavolo, la cronaca delle ultime ore di Renzi
a Londra, prima della trasferta a Bruxelles. Lasciati gli stilisti italiani e Naomi Campbell al Victoria & Albert Museum, il presidente del Consiglio ha trovato Blair in ambasciata. Senza che l’uno s’atteggiasse a maestro e l’altro ad
allievo, i due hanno confrontato le rispettive esperienze
nei rispettivi partiti: si sa che
Blair s’impadronì del Labour
Party, e lo trasformò in New
Labour, vincendo la guerra
contro l’ala sinistra, dogmatica sulla “clausola 4” delle nazionalizzazioni. Solo imponendosi nel partito Blair convinse i sudditi britannici di
poter governare il regno. Renzi non ha ancora avuto il suo
“momento Blair”, ed evidentemente se ne rende conto: i
dubbi sul sostegno che ha nella base, e ancor più nella società italiana, torneranno ancora, prima che lasci Londra.
Più rilassante sentire da Blair
un rapporto sulla “questione
europea” nel Regno Unito e
una serie di scenari globali, da
PIAZZE & PALAZZI
ei non sa i messaggi che
ci sono arrivati ieri sera.
L
E la rete si è scatenata. Ecco,
le faccio vedere un sms”.
Michele Anzaldi, renziano,
membro della Commissione di Vigilanza racconta
che martedì sera, mentre
Giovanni Floris dava del
“Ponzio Pilato” a Matteo
Renzi durante ‘Ballarò’ era
riunito appunto in Commissione. Mostra il telefono
Ansaldi. Ecco la domanda,
la recriminazione: “In periodo di par condicio, è opportuno che un conduttore
Rai esprima la sua opinione
in merito ad una proposta
un uomo di esperienza, su
Medio Oriente, Cina, Africa.
Renzi, almeno mentalmente,
avrà preso nota.
Clima opposto al palazzo del
Financial Times affacciato sul
Tamigi, dove ieri mattina l’italiano era atteso da una
“Renzi frenzy”, una frenesia
per l’ospite che non c’era stata
per i predecessori Monti e
Letta (Berlusconi, là, non ha
mai messo piede...). Accolto
dal board editoriale del FT,
una ventina di persone guidate dal direttore Lionel Barber, e accompagnato da una
nutrita delegazione italiana,
Renzi ha parlato per una mezz’oretta in inglese (“Non buono come quello di Letta, ma
accettabile”) e ha esposto le
politiche che vuole attuare in
Italia: le riforme costituzionali e della politica, la trasformazione del Senato, la riforma della Pubblica amministrazione, la riforma del mercato del lavoro. Ed è stato a
quel punto che ha pronunciato le parole decisive: “The end
of concertazione”. Molti di
coloro che lo sentivano per la
prima volta sono rimasti sbalorditi dalle parole di Renzi,
inaudite per un capo di governo italiano. Lo stupore era
giustificato anche dall’atteggiamento personale di Renzi,
“così energico, così impegnato e così ambizioso”.
È stato al momento delle domande poste a Renzi che i
dubbi sono emersi. Ce la può
fare, hanno chiesto e si sono
chiesti i giornalisti inglesi? In
fondo, il presidente del Consiglio non ha un mandato
dossier in preparazione su di me, sulla mia
famiglia e sulla mia società, come già accadde l’anno scorso”. Inizia così un post apparso ieri sul blog di Beppe Grillo, firmato dal
cosiddetto guru del
Movimento 5 Stelle,
Gianroberto Casaleggio. Per contrastare il
presunto dossieraggio,
Casaleggio ha annunciato di essere intenzionato a modificare la propria strategia comunicativa, che fino ad oggi
escludeva qualsiasi tipo di rapporto con la stampa. “Voglio anticiparli – ha continuato Casaleggio riferito agli autori dei dossier – nelle prossime settimane rilascerò alcune interviste a giornalisti indipendenti (sì, esistono, anche se sono
una percentuale infinitesimale) e non risponderò a nessuna domanda pubblica tesa a screditarmi”. Nel suo post il fondatore del M5s non
specifica quali siano i temi oggetto delle attenzioni della stampa, ma lascia un indizio, invitando “i professionisti del fango a non perdere il
loro tempo e di non farlo perdere a me con delle
querele. Alla Camera di commercio di Milano
sono acquisibili i bilanci pubblici della mia società”.
elettorale per tale programma. E non vanta nemmeno
un’evidente base sociale per
fare tutte queste riforme. È
vero quello che dice Renzi,
che gl’imprenditori per investire vogliono vedere le cose
fatte (all’ora del breakfast aveva visto, tra gli altri, Vittorio
Colao di Vodafone, Bob Dudley di BP, Douglas Flint della
HSBC, Win Bischoff della
Lloyd Bank). Ma deve avere
almeno il controllo del suo
partito, per avere il governo
dell’Italia.
Nel palazzo sul Tamigi, così, è
Anzaldi: “Floris, attento con Matteo”
del governo e di una parte
politica?”.
E voi che avete fatto?
Niente
Come niente? Si racconta di
telefonate di fuoco a viale
Mazzini
Che io sappia non ne sono
partite.
Beh, ma magari qualcuno ha
chiamato senza dirglielo, o
qualcuno ha fatto arrivare
un messaggio di non gradimento al Tg3.
Se l’ha fatto, l’ha fatto a mia
insaputa. Perché noi abbiamo deciso di non agire. In
genere, io sono considerato
un Robespierre, e questa
volta, pure se in Vigilanza
siamo un plotone non abbiamo fatto nulla.
Perché?
Prima di tutto Renzi aveva
dato un’intervista a Floris
in esclusiva. E allora, non era il
caso: è quello che
ho risposto a
quelli che mi scrivevano. Ma chissà se hanno capito.
biatissima. Poi con quello
che guadagna Floris.
Ma insomma, non si può dare del “Ponzio Pilato” a
Matteo Renzi?
Beh, beh. È il presidente del
Consiglio. Siamo in par
condicio. E a farlo è stato un
conduttore
di
una rete di servizio pubblico.
Cioè?
La gente chiede il
sangue, è arrab-
M. Anzaldi Ansa
Insomma, Rai Tre
è nemica di Renzi,
come qualcuno
denuncia?
Che sia una rete
vivace, che potrebbe
essere
concorrenziale al
Fatto è evidente.
E allora, che cosa farete?
Matteo non è il tipo che interviene. Altrimenti, l’intervista esclusiva invece che
a Floris l’avrebbe data a Vespa.
Quindi, niente cambio di direttori?
Renzi non ha cambiato
neanche un dirigente o un
funzionario. Ha altro a cui
pensare, e altro da fare.
Neanche in prospettiva?
Diciamoci la verità: tutti
questi attacchi non hanno
fatto altro che aumentare la
sua popolarità nei sondaggi. Floris lo definisce “Pon-
ritornato il problema evocato
lunedì sera nella cena all’ambasciata: finché non avrà avuto il suo “momento Blair”,
finché non avrà identificato il
ceto sociale che l’appoggia,
verificato in un passaggio
elettorale, l’impegno di Renzi
rischia di restare tale: un impegno.
PERCIÒ, la reazione istintiva è
stata quella degli inglesi disincantati: Wait and see. Aspettare e vedere, per esempio, come vanno le elezioni europee
di maggio.
di Wa.Ma.
zio Pilato” e la gente si arrabbia. Se la ricorda la conferenza stampa, quella con
le slide?
Sì.
Ecco, i suoi colleghi che la
guardavano lo definivano
‘venditore di pentole’. Poi,
hanno visto la reazione della gente e hanno corretto il
tiro. Mica l’hanno scritto
così. Quella comunicazione
funziona.
Quindi, nessun problema
con Rai 3?
Certo, tutto è migliorabile.
Ma per ora questo problema non l’abbiamo neanche
mai posto.
POTERI
il Fatto Quotidiano
Befera: ”I blitz
funzionano: 2 milioni
l’incasso a Cortina”
I CONTROLLI nei confronti degli evasori portano
risultati sempre più tangibili tanto che “nel 2013
sono stati riscossi circa 13,1 miliardi di euro”: lo
scrive il direttore dell’Agenzia delle entrate Attilio
Befera in un documento presentato al Senato,
difendendo il suo operato che ha portato a un
incremento lento ma costante degli utili. Befera
rivendica inoltre un incasso da parte dello Stato di
GIOVEDÌ 3 APRILE 2014
7
2 milioni di euro, ottenuto grazie ai controlli effettuati da Equitalia a Cortina a fine dicembre
2012. In quell’occasione protestò anche l’allora
capogruppo Pdl alla Camera, Cicchitto, che definì
il blitz “inaccettabile”. Tra i successi Befera annovera anche il calo del “tax gap”, la differenza tra
il totale delle imposte da riscuotere e quelle effettivamente riscosse, ad oggi pari a 90 miliardi.
NEL FRATTEMPO...
I “NUOVI” CANDIDATI
Scaroni si loda
e si autoassolve
in Senato
CLAUDIO DESCALZI
A capo della Divisione
Produzione e Esplorazione
dell’Eni, nonché presidente
di Assomineraria. È in corsa
per il Cane a sei zampe
FRANCO BERNABÈ
Amministratore delegato di
Telecom fino a ottobre (lo
era già stato negli anni
Novanta), un passato in Eni,
ora punta a guidare Enel
MASSIMO SARMI
L’eterno amministratore
delegato di Poste (12 anni)
stavolta potrebbe lasciare,
ma non del tutto:
rimarrebbe presidente
MONICA MONDARDINI
Attualmente è a capo
del Gruppo Editoriale
l’Espresso, il suo nome è
nella lista del Tesoro per la
guida di Poste Italiane
Eni, Enel e le altre
Ecco tutti i poltronabili
I CACCIATORI DI TESTE CHIAMATI DAL TESORO HANNO CONSEGNATO LE SHORT LIST
ROTTAMAZIONE, MA CON GIUDIZIO: DA CONTI A PANSA A SARMI, SPERANO IN MOLTI
di Carlo Tecce
n paio di cartelline
senza intestazione,
riempite con biografie e referenze:
contengono i candidati per le
prossime, e ormai vicine, nomine
per le società controllate dal Tesoro. Il documento l’hanno consegnato quelli di Spencer Stuart e
Korn Ferry, i cacciatori di teste ingaggiati da via XX Settembre per
affrontare il numeroso e scivoloso cambio di centinaia e centinaia
di poltrone: entro il 13 aprile vanno presentate le liste. La cartellina
principale contiene le proposte dopo colloqui, analisi e scremature - dei vertici delle società quotate in Borsa: Finmeccanica,
Enel, Eni (più Poste). Le indicazioni sono precise e assorbono i
contatti con palazzo Chigi (Graziano Delrio) e il ministro del Tesoro Pier Carlo Padoan. Ci sarà
una rottamazione, in stile Renzi,
ma non totale.
U
Eni
L’epoca di Paolo Scaroni, classe
1946, tre mandati ininterrotti e
una condanna in attesa d’appello, non è ancora finita. L’uomo
che gestisce petroli, estrazioni e
commesse miliardarie non sarà
accompagnato verso la porta,
ma sarà trattenuto con il grado
di presidente. Questa è la coppia
per Eni: conferma Scaroni e promozione per Claudio Descalzi.
Trent’anni di carriera a San Donato Milanese, fidato collaboratore di Scaroni, responsabile Divisione Exploration & Production, Descalzi è papabile per la
carica di amministratore delegato: molto utile, quasi decisivo,
l’incontro londinese di martedì
con Matteo Renzi. Il terzo incomodo, soprattutto per Descalzi,
è il quarantenne (fiorentino) Lorenzo Simonelli, Ceo di General
Eletric Oil & Gas. Flebili, ma viene citato da Spencer Stuart e
Korn Ferry, le possibilità di Stefano Cao (ex Saipem). Da non
TUTTI A TAVOLA
Tra i nomi caldi Andrea
Soro e Flavio Valeri:
entrambi nel 2012 erano
alla cena del finanziere
Davide Serra per le
primarie contro Bersani
sottovalutare, anche se inserito
nella short list, nemmeno l’attivissimo Leonardo Mauguri, Harvard University, fiorentino
49enne, esperto di idrocarburi,
allevato in Eni. Qualche settimana fa, Maugeri ha ricevuto Renzi
a Roma, poi è andato a Milano
dai cacciatori di teste.
Enel
Fulvio Conti, 12 anni in Enel, a
differenza del coetaneo Scaroni, s’è sottoposto al rituale per la
selezione trasparente: una
chiacchierata con i cacciatori di
teste. Ma non risulta tra i pre-
fereti. Per l’antico Ente per l’energia elettrica, la carta, neanche tanto coperta, corrisponde
a Franco Bernabè, in attesa dopo
l’addio a Telecom.
Spencer Stuart e Korn Ferry, oltre a Bernabé e Simonelli (tanto
apprezzato), consigliano Massimo Brunelli, ad di Idea Fimit,
la più grande società di gestione
immobiliare italiana (in cui c’è
pure il patrimonio Inps).
Finmeccanica
Brunelli, in questo gioco di
specchi, viene citato anche per
la corsa a Finmeccanica, ma gli
attuali vertici, Alessandro Pansa e Gianni De Gennaro, non sono in discussione, dopo le traumatiche gestioni di Giuseppe
Orsi e Pier Francesco Guarguaglini.
Poste
Complicata la partita per Poste
Italiane, che s’avviano a un’incerta quotazione in Borsa e il cui
ruolo di banca in proprio e riserva per Cassa depositi e pre-
PIAZZE & PALAZZI
laudio Scajola è un politico a spasso: “Mi scusi,
C
sto passeggiando con un
gruppo di amici. Le chiedo
rapidità, per favore”.
Cosa prova: rabbia?
No.
Delusione?
Neanche.
spazio per Scajola.
Questo lo dice soltanto un
uomo vicino a Silvio Berlusconi.
Giovanni Toti?
Speranza.
Allude al mio futuro in Forza
Italia, alla mia voglia di candidatura?
Mi perdoni, ma lei non è
Berlusconi.
Non conta molto.
Alludo.
E bene: nulla è ancora deciso.
Ma sembra che non ci sia
l duello tra Paolo Scaroni e Massimo Mucchetti, già pregustato da tutti i giornalisti economici, è slittato a oggi,
I
quando si terrà la seconda parte dell’audizione (cioè le domande) del numero uno dell’Eni in commissione Industria al
Senato, presieduta dall’ex giornalista. Nell’attesa, Scaroni s’è
incensato davanti ai senatori snocciolando i numeri del gigante italiano dell’energia, “la prima impresa del Paese”. Il
momento è delicato. Le nomine incombono, e la poltrona di
Eni è il primo rebus che Matteo Renzi dovrà sciogliere. Scaroni
spera di essere riconfermato per il quarto mandato alla testa
del cane a sei zampe, ma i rumors gli
concedono al massimo la poltrona di
consolazione della presidenza. Pesa la
condanna in primo grado per reati ambientali nella vicenda della centrale di
Porto Tolle, arrivata pochi giorni fa:
“No, perché francamente pensavo di essere assolto”, spiega stizzito ai giornalisti che gli chiedono se ne ha parlato
con Renzi e Padoan: “Non mi era passato neanche per l’anticamera del cervello che potessero condannarmi per
una cosa successa 10 anni fa, anzi una
cosa che non si è mai verificata, perché non c’è stato nessun
disastro ambientale”.
LA PRIMA MOSSA di Scaroni per rilanciare la sua immagine è
alluvionare il Senato di numeri sulle meravigliose prestazioni
di Eni. A partire da una, fondamentale: dal 2005 allo Stato italiano (che controlla il gruppo con il 30 per cento) Eni ha versato
29,7 miliardi di euro, di cui 12 di dividendi e 15 di tasse. “Il
doppio o quasi il triplo dei dividendi pagati da Enel più Terna
più Finmeccanica”, spiega l’ad, che nel 2013 ha portato a casa
5,8 milioni di euro (“il 25 per cento in meno rispetto alla media
dei miei colleghi europei”), soprattutto “grazie agli obiettivi
raggiunti”. Sempre dal 2005, “il titolo Eni ha reso agli investitori il 61%. Le nostre concorrenti Total, Shell,
Bp o Repsol il 53”. Questo grazie alla scelta di punPaolo
tare sui asset poco rischiosi: “Siamo rimasti fuori
Scaroni. In
dallo shale gas americano: è una manna per le famiglie, ha reso la loro industria la più competitiva
alto, Massimo
del mondo, ma i prezzi sono crollati”. Non c’è guaMucchetti
dagno nel settore gas: i 12 miliardi di utile del
Ansa
2009 sono un miraggio. “Facevamo un
sacco di soldi importando e vendendo
gas, ora le grandi azienda fanno da sole:
il mercato sta morendo”. Anche per
questo, nell’ultimo anno il risultato operativo del gruppo è sceso di sette miliardi,
ma anche per brusco calo dei ricavi Saipem e per il settore della chimica. “Eni ha dovuto raccogliere tutti i cadaveri della chimica italiana”, si è
giustificato Scaroni.
Scajola: “Silvio mi candida
Se no lo farà qualcun altro”
Sì, Toti, e lo rispetto. Ma Silvio decide, Silvio inserisce o
esclude.
E allora?
stiti rende centrali per qualunque governo. I consulenti di via
XX settembre offrono una quaterna: il punto di partenza, che
rievoca il caso di Scaroni, sarebbe la presidenza a Massimo Sarmi, ad assai longevo: ingresso
dodici anni fa, uscita senza data.
Ma il ruolo operativo se lo contende un terzetto: Monica Mondardini, Gruppo Editoriale l’Espresso; Flavio Valeri, Deutsche
Bank Italia; Andrea Soro, Royal
Bank of Scotland. Valeri e Soro
vanno considerati vicini a Matteo Renzi: nessuna indiscrezione, entrambi parteciparono alla
cena milanese di raccolta fondi
organizzata dal finanziere Davide Serra, primarie 2012.
Il rapporto tra Renzi e l’istituto
scozzese fondato a Edimburgo
nel 1727 non è casuale, né sporadico. Insieme a Marco Carrai,
all’avvocato Alberto Bianchi e al
deputato Yoram Gutgeld (ex
McKinsey), Cosimo Pacciani,
proprio di Royal Bank of Scotland, è uno dei pochi “ambasciatori accreditati” del premier
nel mondo dell’imprenditoria e
della finanza.
di Carlo Di Foggia
E cosa direbbe a Silvio per
convincerlo?
Perché non dovrebbe rinunciare a Scajola?
Scajola rappresenta la stagione di Forza Italia, un par-
tito che ritorna e che non
può permettersi di arrivare
terzo: sarebbe una grave
sconfitta.
Come rimediare?
jola. Un uomo che s’è sacrificato per un progetto politico e non ha mai esagerato
con le pretese.
E se non ci fosse posto?
Ci vogliono ragazzi freschi e
nuovi, ma anche
politici ancorati al
territorio,
che
sanno mobilitare
gli elettori, che
sanno raccogliere
le preferenze.
Non penso proprio. La mia storia
politica è la storia
di Forza Italia.
Potrebbe cambiare partito.
Come Scajola?
Esatto, come Sca-
Claudio Scajola Ansa
Ora non mi pongo
il problema, ora,
ripeto, perché sono sicuro di potermi confrontare
di Car.
Tec.
ancora con i miei elettori e,
soprattutto, confido nella
lungimiranza di Berlusconi.
Vedrete: le indiscrezioni di
questi giorni, presto, diventeranno solo chiacchiere
inutili.
Ha ricevuto offerte dai concorrenti di Forza Italia?
Sì, attestati di stima. Mi chiedono: ma secondo te, Claudio, davvero potranno abbandonare uno come te?
Questi attestati di stima provengono dal suo amico Angelino Alfano?
Non mi faccia dire Alfano o
Tizio: area centrodestra,
questo sì.
8
GIUSTIZIA
GIOVEDÌ 3 APRILE 2014
Appalti Palazzo
Chigi: Bisignani
patteggia due mesi
HA PATTEGGIATO una pena a due mesi di reclusione Luigi Bisignani, finito agli arresti domiciliari il
19 febbraio scorso (ora è libero con obbligo di firma)
per false fatture nell’ambito di un’inchiesta su presunte irregolarità legate all’affidamento di un appalto per l’informatizzazione di Palazzo Chigi. La pena di due mesi di reclusione si aggiunge a quella di
un anno e sette mesi inflitta dal Tribunale di Napoli
il Fatto Quotidiano
nel 2011 in relazione al procedimento sulla cosiddetta P4. Il giudice, inoltre, si è riservato di decidere
in merito alla revoca dell’obbligo di firma sulla quale
i pm Paolo Ielo e Mario Palazzi hanno espresso parere favorevole. La procura contesta a Bisignani un
reato fiscale: avrebbe emesso fatture per operazioni inesistenti per circa 300 mila euro, nel 2011, tramite una società a lui riconducibile. Nell’inchiesta
sono coinvolti anche il generale Ragusa, ex capo del
Dipartimento per le risorse strumentali della Presidenza del Consiglio dei ministri e l’imprenditore
Anselmo Galbusera, amministratore di Italgo Spa,
che, insieme con Selex Se.Ma (Finmeccanica), si
aggiudicò la gara da 4 milioni di euro di Palazzo Chigi. I reati contestati, a seconda delle posizioni, sono
quelli di corruzione e di turbativa d’asta.
DI MATTEO ASSOLTO: NON RIVELÒ
LE TELEFONATE DI NAPOLITANO
IL CSM PROSCIOGLIE IL PM DI PALERMO, ACCUSATO DA 18 MESI PER UN’INTERVISTA
SULLE INTERCETTAZIONI (GIÀ SVELATE DAI GIORNALI) TRA MANCINO E IL PRESIDENTE
Il Cie di Ponte Galeria a Roma Ansa
Di Matteo si limita a dire: “Negli atti depositati (le conclusioni dell’inchiesta trattativa, ndr)
non c’è traccia di conversazioni
con il capo dello Stato e questo
significa che non sono minimamente rilevanti”. Alla domanda
in merito alla loro distruzione,
il pm risponde: “Noi applicheremo la legge in vigore. Quelle
che dovranno essere distrutte
con l’instaurazione di un procedimento davanti al gip saranno distrutte, quelle che riguardano altri fatti da sviluppare saranno utilizzate in altri procedimenti”.
di Antonella Mascali
l pm Nino Di Matteo è
stato prosciolto dalla sezione disciplinare del
Csm da un’accusa che
non avrebbe mai dovuto essere
mossa, tanto era chiaro fin dall’inizio che il magistrato del
processo sulla trattativa Stato-mafia non aveva rivelato in
un’intervista a Repubblica, del
22 giugno 2012, l’esistenza di
intercettazioni tra il presidente
Giorgio Napolitano e l’ex ministro Nicola Mancino, circostanza già riportata dal settimanale Panorama. Ma c’è il Quirinale di mezzo: il capo dello Stato prende spunto da quell’intervista e da una risposta della
Procura di Palermo, in punto
di diritto, per sollevare a tutta
velocità, il 12 luglio, un conflitto di attribuzione davanti alla
Consulta che vincerà: telefonate distrutte senza ascolto delle
parti. Su input del segretario
generale del Quirinale, Donato
Marra, il procuratore generale
della Cassazione Gianfranco
Ciani, a fine luglio avvia una
pre-istruttoria
disciplinare,
sfociata nell’apertura di un
procedimento disciplinare, a
marzo 2013, che ha per finale la
richiesta di proscioglimento a
dicembre, dopo oltre un anno,
da parte del Pg Ciani.
I
INFINE L’ASSOLUZIONE ieri
mattina del Csm: la ricostruzione e la valutazione dei fatti
“consentono di escludere” che
le dichiarazioni di Nino Di
Matteo abbiano violato il diritto alla riservatezza “del presidente della Repubblica”. Il contrario di quanto aveva sostenuto Napolitano. Di Matteo resta
amareggiato: “Non c’è nulla di
cui essere soddisfatti, se si legge
la richiesta di proscioglimento è
chiaro che quel procedimento
non doveva essere avviato”.
“Sulla base dei fatti”, aggiunge il
suo avvocato, il procuratore aggiunto di Messina Sebastiano
Ardita, “siamo sempre stati
convinti che non ci fosse alcuna
condotta da sanzionare”. Con
Di Matteo è stato prosciolto anche il procuratore Francesco
Messineo accusato di non aver
segnalato agli organi competenti l’intervista del pm. Di
Matteo era accusato di “aver
mancato ai doveri di diligenza e
riserbo” e di aver “leso indebitamente il diritto di riservatezza
del Presidente della Repubblica”. Ma nel provvedimento del
Csm si legge che “la ricostruzione e la valutazione dei fatti consentono di escludere che queste
siano state animate dalla volontà di ledere intenzionalmente il
diritto di riservatezza del Presidente della Repubblica”. Il
magistrato “non rivelò nulla di
nuovo”. Come disse nell’inter-
Il procuratore Nino Di Matteo Ansa
rogatorio difensivo, la finalità
era quella di “mettere al riparo
da insinuazioni e sospetti” il capo dello Stato.
Nell’ordinanza del Csm si spiega che l’intervento del pm Di
Matteo “si è temporalmente
collocato in un momento storico particolare nel quale ormai
la questione del (diretto o indiretto) coinvolgimento del Quirinale e del presidente della Repubblica nella vicenda 'Mancino’ era stata trattata diffusamente e quotidianamente dai
mass media”.
Poi si evindenzia che “a prescindere dall’opportunità o
meno di rendere le dichiarazioni stesse”, la condotta del pm è
stata “caratterizzata comunque
da un rassicurante e chiaro ri-
LA REAZIONE
Il magistrato: “Quel
procedimento non
doveva essere avviato”
Adesso vogliono
trasferire il processo
a Caltanissetta
ferimento all’irrilevanza delle
intercettazioni della voce del
presidente della Repubblica”.
Quasi due anni fa per quell’intervista scoppia un putiferio.
Eppure, quando la giornalista
di Repubblica si riferisce alle intercettazioni con Napolitano,
ECCO, SONO questi i passaggi
dell'intervista incriminata del
magistrato ripetutamente minacciato di morte, costretto a
vivere blindato. A tenerlo sulla
graticola per mesi e mesi, prima
di chiederne il proscioglimento, è stata la Procura generale
della Cassazione. La stessa che
su input del Quirinale chiese,
invano, un intervento dell’allora procuratore nazionale antimafia Piero Grasso sui pm che
indagavano sulla trattativa.
Ora Di Matteo ha un altro scoglio da superare: il 18 aprile la
VI sezione della Cassazione dovrà decidere se trasferire da Palermo a Caltanissetta il processo sulla trattativa, come chiedono gli ex ufficiali del Ros, ora
imputati, Antonio Subranni,
Mario Mori e Giuseppe De
Donno, appellandosi alla famigerata legge Cirami.
IN AULA
Essere clandestini
non è più un reato
VIA LIBERA DELLA CAMERA: 332 SÌ AL DDL SULLE
PENE ALTERNATIVE. LA LEGA FA OSTRUZIONISMO
a Camera ha dato il via libera al disegno di legge sulle pene
L
alternative al carcere che contiene fra l’altro anche la depenalizzazione del reato di immigrazione clandestina. I voti fa-
vorevoli sono stati 332, contro 104 contrari. Gli astenuti sono
stati 22. In mparticolar modo ad esprimere la propria contrarietà a questa votazione sono stati i deputati leghisti che più volte
sono intervenuti, contestando proprio la norma che sostanzialmente cancella il reato di clandestinità. Resterà penalmente rilevante solo il reingresso in violazione di un provvedimento di espulsione.
ANCHE QUESTA VOLTA i toni in aula si sono alzati e il leghista Massimiliano Fedriga è stato cacciato dal
vicepresidente Luigi Di Maio. Durante l’intervento di Nicola Molteni,
il leghista Fedriga si è seduto al posto
normalmente occupato dal ministro
dell’Interno e ha esposto un cartello
con la scritta “Ministro Alfano, clanIl leghista Fedriga Ansa
destino è reato”. Ed è il secondo giorno che un leghista viene cacciato dall’aula. Solo ieri il deputato Buonanno si è presentato a Montecitporio con una spigola in mano. Anche il segretario federale
della Lega Nord, Matteo Salvini, aveva usato parole dure contro
questa votazione: “Aiutano i clandestini – aveva scritto su Facebook – cancellando il reato di clandestinità, liberano migliaia
di delinquenti con lo svuota-carceri, e arrestano chi vuole l’indipendenza. Siamo alla follia. Se lo Stato pensa di fare paura a
qualcuno, sbaglia”.
Enna, l’hotel dei “neri” alla vigilia delle stragi
I MAGISTRATI SICILIANI CERCANO DI CAPIRE CHI ERA PRESENTE NELL’ALBERGO IL 6 DICEMBRE ‘91: C’ERA ANCHE UN PRESTANOME DI PROVENZANO
di Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza
Palermo
erano anche rappresentanti della borghesia mafiosa di Palermo nei summit di Enna dove tra
C’
l’ottobre del ‘91 e il febbraio del ‘92 il gotha di Cosa
Nostra si riuniva in gran segreto per pianificare le stragi? È la nuova ipotesi su cui indagano i pm di Palermo,
titolari dell’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia, dopo
aver scoperto che la notte del 6 dicembre ‘91, all’hotel
“Sicilia” di Enna, oltre all’esponente di Avanguardia
Nazionale Paolo Bellini (l’infiltrato dello Stato nelle
stragi secondo Nino Gioè), pernottò anche Enzo
Giammanco, l’imprenditore condannato a 6 anni per
mafia con l’accusa di essere stato un prestanome di
Provenzano. Chi è Enzo Giammanco? Quel nome viene a galla nell’aula bunker di Rebibbia lo scorso 11
marzo, quando il pm Roberto Tartaglia chiede a Bellini se l’avesse mai conosciuto. Costruttore originario
di Bagheria e parente dell’ex procuratore di Palermo
Pietro Giammanco (figlio del cugino Nicolò, ex capo
ufficio tecnico del Comune di Bagheria), il nome di
Enzo Giammanco compare nell’elenco di quegli “uomini politici, massoni e imprenditori” che, secondo
quanto afferma nel 2003 il pentito Nino Giuffrè, Cosa
Nostra avrebbe consultato prima delle stragi ’92-’93.
Spiega, infatti, Giuffrè che alla vigilia della stagione
delle bombe “Provenzano avviò un vero e proprio sondaggio attraverso i suoi uomini più fidati, Pino Lipari,
Tommaso Cannella, Gino Scianna, Enzo Giammanco
e Vito Ciancimino: voleva cogliere lo stato d’animo di
quegli ambienti e le possibili conseguenze della morte
dei due giudici”. Un sondaggio, insomma, effettuato
per testare le possibili reazioni di pezzi della borghesia
mafiosa di fronte all’esplosione della nuova strategia
della tensione che avrebbe insanguinato la Sicilia.
che nel primo semestre del ‘92 fu incaricato dal maresciallo Roberto Tempesta, in servizio presso il reparto Tutela Patrimonio Artistico, di recuperare alcune opere d’arte rubate alla Pinacoteca di Modena:
una missione riservata, che Tempesta comunicò all’allora colonnello del Ros Mario Mori, spiegandogli che
l’informatore aveva allacciato in Sicilia contatti con il
IL PENTITO RACCONTA che alla fine del 1991 si svolse mafioso Nino Gioè, e che questi aveva promesso di
una riunione ad Altarello, borgata periferica del ca- aiutarlo in cambio degli arresti ospedalieri per cinque
poluogo siciliano, alla presenza dei capi mandamento e boss detenuti: Pippo Calò, Bernardo Brusca, Luciano
che in quell’occasione Provenzano riferì di una mis- Liggio, Giacomo Gambino, Giovanbattista Pullarà. È il
sione segreta affidata ai suoi fedelissimi: a ciascuno di primo tentativo di uno scambio tra mafia e Stato. Inloro venne impartito il compito di interpellare per- terrogato nel processo sulla trattativa, Bellini, che nella
sonaggi esterni a Cosa Nostra, con ruoli operativi a lettera-testamento sequestrata nella cella di Gioè (trolivello istituzionale ed economico, per sapere che cosa vato impiccato a Rebibbia tra il 28 e il 29 luglio ’93)
ne pensassero del progetto stragista. Che ci faceva dun- viene definito “un infiltrato dello Stato”, ha negato di
conoscere Giammanco. Anche se le
que il costruttore Giammanco all’hosue spiegazioni sul pernottamento a
tel “Sicilia” di Enna, durante una
Enna non hanno convinto gli inquitempesta di neve, nella stessa notte in
renti di Palermo. Così come desta socui vi pernottava anche Bellini, detto
spetto la sua presenza a Cefalù, tra
la “Primula nera”, e nello stesso pel’11 e il 12 luglio ’92 (esattamente una
riodo in cui i boss mafiosi progettasettimana prima della strage di via
vano nel capoluogo più alto d’Italia la
D’Amelio), all’hotel “Kalura”, prostrategia della tensione? I pm di Paprio la stessa notte in cui nell’albergo
lermo hanno accertato che il nipote
soggiornava anche Biagio Renato
dell’ex procuratore Giammanco in
Cacciola, pugliese, che in aula il pm
gioventù è stato molto vicino ad amTartaglia ha definito un personaggio
bienti universitari di destra. Proveniente da ambienti legati all’eversioIl pentito Paolo Bellini nell’aula con “precedenti specifici in reati colne di destra è anche Bellini, l’uomo
bunker di Rebibbia Ansa legati all’eversione nera”.
UN GIORNO IN ITALIA
il Fatto Quotidiano
Brescia, l’ospedale
interrompe la cura
Stamina ai pazienti
I MEDICI degli Spedali Civili di Brescia hanno deciso di interrompere
“fino a data da definirsi” la somministrazione del trattamento Stamina. Sono 34 i pazienti sotto cura. Il
commissario straordinario dell’azienda ospedaliera, Ezio Belleri, in
audizione in Senato ha spiegato che
la decisione è motivata dalla volontà
di attendere il parere del nuovo comitato scientifico nominato dal ministero della Salute e che dovrà pronunciarsi in merito al protocollo
messo a punto dal presidente della
Fondazione Stamina, Davide Vannoni. Una decisione, quella dei me-
dici, che potrebbe dare il via, come
affermato dallo stesso Belleri, a una
nuova ondata di ricorsi. “I 34 pazienti in trattamento non accetteranno tale decisione e daranno battaglia all’azienda nelle aule dei tribunali. Non so dove tale decisione ci
porterà”. Vannoni ha definito la
GIOVEDÌ 3 APRILE 2014
9
scelta “contro la legge e i giudici”. Il
ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha commentato: “Sono a conoscenza del problema, devo leggere le motivazioni, ma posso dire
che il Comitato scientifico si è insediato e che le due cose non sono
collegate”.
“Così cerchiamo lavoro
sul pianeta eBay”
UNA MANAGER CHE DIVENTA DOG SITTER, IL PIANISTA DIPLOMATO
CHE SUONA AI MATRIMONI, IL GIORNALISTA CHE TAGLIA E CUCE TESTI
di Valerio Cattano
Roma: medici “in saldo”
Una protesta
per la mancanza di lavoro. Sempre più
spesso i disoccupati si offrono sulle piattaforme on line. A destra,
due esempi di
annunci Ansa
Q
uindici euro l’ora vi
sembra una paga accettabile?”. Maurizio lo dice senza rabbia, quasi con rassegnazione. È
uno degli oltre 4000 professionisti che hanno messo un annuncio di lavoro sulla piattaforma on line eBay, la stessa che
viene utilizzata dal governo
Renzi per vendere le auto blu, o
dai grandi magazzini per smerciare magliette e giubbotti a
prezzi concorrenziali, con il sistema delle aste. Per chi ha deciso di “mettersi in vendita” per
fortuna ancora l’asta non c’è: alcuni specificano subito quanto
costerà la prestazione, altri lasciano un recapito per essere
contattati. La maggior parte
non ha piacere di raccontare
pubblicamente come è finito
sulla Rete per trovare lavoro e
chi accetta lo fa a patto che non
si mettano particolari utili a
identificarlo. “Li capisco e vale
pure per me – continua Maurizio – perché dovresti ammettere che sei on line come ripiego?”. Maurizio, milanese, musicista con tanto di diploma, si
offre per suonare pure ai matrimoni: “Mi sono diplomato al
Conservatorio in pianoforte,
poi mi sono perfezionato con
un maestro che ho pagato privatamente. Forse ho beccato la
congiuntura sfavorevole, ma di
audizioni negli enti lirico sinfonici se ne sono fatte sempre me-
SENTITE SCUSE
NIENTE FUTURO SENZA SPECIALIZZAZIONI
Circa 600 laureati in Medicina hanno protestato ieri
dinanzi a Montecitorio lamentando che un futuro medico
su tre non accederà alle scuole di specializzazione Ansa
no”. Il tempo passa e Maurizio
deve pur pagare le bollette. “A
Milano non potevo stare più,
troppe spese. Mi sono trasferito
nelle Marche dove ho parenti.
In attesa di trovare qualcosa di
più consono, per guadagnare
ho deciso di offrirmi per i matrimoni, anche con l’organo me
la cavo discretamente”. E se non
di Marco
Palombi
Il Corsera e il 1977,
annus horribilis
I
l 1977, a quelli del Corriere della Sera, non deve
essere piaciuto affatto. Troppa violenza politica, troppi indiani metropolitani, troppa criminalità E poi hanno pure chiuso Carosello nel 1977. E
c’è stato l’ultimo concerto di Elvis. Per non parlare
di quei maglioni a collo alto che irritavano la pelle.
Insomma, di motivi per odiare il 1977 a via Solferino ne hanno a bizzeffe. È l’annus horribilis della
storia d’Italia, la sentina d’ogni male. E allora si
capisce che ogni tanto - con quel popò d’odio che
quei 12 mesi neri ispirano al più grande quotidiano
italiano - si finisca per esagerare. Ieri, per dire, il
titolone enorme di prima pagina era “Tanti disoccupati come nel ’77”. In realtà oggi i senza lavoro
sono 3,3 milioni, il che fa un tasso del 13%, mentre
nel 1977 era solo il 6,5, esattamente la metà. Su
Twitter, alcuni utenti hanno fatto notare l’equivoco all’autorevole testata: si dice dal 1977 perché è da
lì che partono le serie storiche comparabili. Delizioso, e cortesissimo, il dietrofront: “Errore nostro
(nel sommario, però, è spiegato correttamente).
Scusate, grazie per la segnalazione”. Tranquilli, c’è
nel sommario. E poi cercate di capire, in quel maledetto ’77 è morta pure la Callas.
chiama nessuno? “Faccio lezioni private, 15 euro l’ora”. Non è
pochino? “Lo è, quelli che lavorano a Milano o Roma arrivano
a chiederne 35/40. Ma non è un
prezzo praticabile nelle regioni
“periferiche”, rischi di non avere nessun cliente. Se vai su Ebay
devi essere concorrenziale”.
Alessia invece Milano non l’ha
mai lasciata, però ha cambiato
lavoro, nel suo annuncio si offre
come dog sitter - accompagna i
cani a passeggiare - anche se sino a poco tempo fa era una manager rampante.
“UNA SCELTA quasi obbligata:
sono laureata in Economia, ho
seguito corsi di marketing, ho
trovato un buon posto in una
grande azienda specializzata in
prodotti alimentari, molto
export in Europa”. Poi arriva la
crisi, le commesse diminuiscono sempre più, ma si affacciano
nuovi mercati. “L’alternativa
che mi avevano proposto era di
battere l’Est, la nuova Russia ha
fame di prodotti di qualità, e ci
sono molti ristoranti con cuochi
italiani che vogliono prodotti
originali. Però si trattava di trascorrere anche tre-quattro giorni a settimana in viaggio. Ho
avuto un tentennamento, sono
stata subito rimpiazzata”. Francesca si è ritrovata disoccupata,
l’ha salvata l’amore per i cani, lei
ha un labrador e un “bastardino”. “A Milano chi lavora non
ha mai tempo per altro, anche
per gli amici a quattro zampe.
Allora ho messo un annuncio:
rispetto alle agenzie specializzate faccio prezzi concorrenziali,
la mia offerta è tre passeggiate di
sessanta minuti per un mese,
170 euro, quasi trenta in meno
rispetto alla richiesta comune”.
Infine c’è il giornalista che non
ha mai avuto un contratto regolare e ora offre la sua esperienza:
taglia e cuce testi, fa il ghostwri-
ter: “Mi chiamo Alberto, ho 46
anni. Che dire? Dalla Sicilia tanti anni fa mi sono trasferito a
Milano, ho lavorato in riviste
specializzate. Mi dicevano sempre: ‘fra sei mesi articolo 1 e assunzioni a tempo indeterminato’, e io ci credevo. Poi le riviste
di carta sono entrate in crisi, una
edizione on line la facevano con
tre ragazzini. Pure sulle collaborazioni c’è stata la stretta: puoi
vivere con un articolo pagato a
volte 2,50, o al massimo 20 euro?
Ho mollato, ora sono su eBay. Il
lavoro è poco, ogni tanto mi
danno anche una tesi da correggere, o le bozze di un romanzo
che forse non uscirà mai. Così
più o meno vado avanti. Io so
lavorare solo con le parole, altro
non so fare”.
Film e farmaci, Veronesi ritratta
AVEVA DEFINITO ESAGERATO “IL VENDITORE DI MEDICINE”: ORA È UNA “DENUNCIA CORAGGIOSA”
di Chiara
Daina
rima la spara grossa e poi ci ripensa.
P
Il dottor Umberto Veronesi sull’ultimo numero di Oggi, uscito ieri, si ri-
mangia le parole scritte il 12 febbraio (sulla stessa testata) contro il film Il venditore di
medicine rispondendo alla lettera del regista Antonio Morabito. Ma il risultato
non fa una piega. Anche perché si suppone che lui, come la maggior parte degli
italiani, non abbia mai guardato la pellicola, che uscirà nelle sale il prossimo 30
aprile. Veronesi non era presente nemmeno al Festival internazionale del cinema di Roma quando il film, fuori concorso, è stato proiettato per la prima volta. Si sarà guardato il trailer su YouTube
almeno? Dobbiamo immaginarlo, visto
che in prima battuta lo ha definito una
“satira” che “fa a pezzi il mestiere dell’informatore scientifico”, accostandolo
al detto di un conservatore come Talleyrand, politico francese del Settecento:
“Tutto ciò che è esagerato è insignificante”. Come il film, crede il professore. Che
aggiunge: “Chi esagera non risolve niente”. Il film denuncia la collusione tra industrie del farmaco e classe medica alle
spalle dei pazienti. Il protagonista (Clau-
te. A mio avviso, c’è chi ha il
dio Santamaria, qui nei pancompito di denunciare e chi
ni di Bruno) è un rapprequello di risolvere. Noi, col
sentante farmaceutico di
nostro lavoro, richiamiamo
una ditta che naviga in catl’attenzione su un grave protive acque e che in cambio
blema la cui esistenza è incondella prescrizione del protestabile”. Veronesi aggiusta il
dotto è disposto a tutto. A
tiro così: “Sono tanto convinto
imbrogliare gli effetti rivodella necessità di una ricerca
luzionari della molecola. A
scientifica indipendente, da
corrompere i medici offrenaver strutturato sul finanziado regali fuori di testa: dallo
stetoscopio d’avanguardia a Umberto Veronesi Ansa mento di progetti innovativi la
Fondazione che porta il mio
un finto convegno ai tropici,
un computer palmare o un’auto di lusso. nome. Penso infatti che sottomettere la
In pratica, l’informatore e i suoi colleghi ricerca a dei puri e semplici obiettivi ecocommettono un reato che si chiama nomici sia un grave errore”. Ma, getta la
spugna, “è arduo pensare che si possa fare
“comparaggio”.
a meno della ricerca condotta dall’induHA UNA PARTE nella storia anche il vi- stria farmaceutica” perché lo Stato non ha
cedirettore del Fatto Marco Travaglio, nel i mezzi economici, anche se “inevitabilruolo di un medico che respinge i ricatti di mente” la ricerca della ditta “punta al proBruno. “Troppi pensano che non funzioni fitto”. Poco importa. La morale secondo
più così, che oggi le cose sono cambiate, Veronesi è: “Se è irrealistico scandalizma non è vero – dichiara il regista Mo- zarsene, è invece giusto denunciare le
rabito -. Mi sono basato su episodi reali e scorrettezze e gli abusi di un liberismo
le mie fonti sono state gli stessi informa- ‘selvaggio’, che andrebbe controllato con
tori che non hanno voluto uscire allo sco- maggio rigore”. Lancio di zappa sui piedi
perto per non perdere il posto di lavoro”. finale: il film è una “denuncia coraggiosa,
Morabito nella lettera replica a Veronesi: che non ho mai inteso definire insigni“Lei dice che chi esagera non risolve nien- ficante, mi creda”.
10
ERRORI FATALI
GIOVEDÌ 3 APRILE 2014
Muore per una
bronchite: aperta
inchiesta a Vibo
sentare una denuncia ai carabinieri. La Procura ha iscritto nel registro degli indagati, come atto dovuto, il medico di famiglia dell’uomo che nei giorni scorsi aveva
cambiato l’antibiotico prescritto
all’uomo. Lorenzo si è sentito male
mentre si trovava a casa della ma-
LA PROCURA della Repubblica di
Vibo Valentia ha aperto un’inchiesta sulla morte di un 38enne, Domenico Lorenzo, operaio stagionale, deceduto lunedì sera a Tropea. Il
ragazzo si sarebbe sentito male
mentre si stava curando una bronchite. Sono stati i familiari a pre-
IL SUV CHRYSLER NON FRENA:
RITIRATI 867 MILA VEICOLI
UN GUASTO AI SUPPORTI DI CONTROLLO COSTRINGE JEEP E DODGE A RIENTRARE
AI BOX: DANNO DI IMMAGINE PER MARCHIONNE, MA ANCHE LA GM È SOTTO ACCUSA
di Salvatore Cannavò
on ha fatto in tempo a festeggiare per
il recupero di vendite negli Usa e in
Italia che la Fca di Sergio Marchionne ha dovuto registrare
ieri la brutta notizia dei difetti
ai freni di Jeep e Dodge. La
Chrysler, infatti, fiore all’occhiello della nuova Fiat globale,
quella che macina utili e vendite, ha dovuto richiamare dal
mercato la bellezza di 867.795
tra Grand Cherokee e Dodge
Durango, marchi di punta della
casa di Detroit. I modelli ritirati
sono riferiti al periodo che va
dal 2011 al 2014 e dovranno essere tutti ispezionati ed eventualmente riparati dai tecnici
Crhysler. I guasti si riferiscono
ai supporti ai freni che potrebbero presentare corrosioni in
presenza di acqua. Un guasto di
non piccola rilevanza soprattutto dopo quello che è avvenuto alla General Motors finita
sotto esame nazionale per via
del guasto all’accensione che ha
provocato diversi incidenti e
diversi morti.
N
PER LA CHRYSLER , il ritiro dal
mercato e il contestuale programma di recupero prevede
oltre 640 mila vetture negli Stati
Uniti, 42 mila in Canada,
21.300 in Messico e circa 160
mila in altre parti del mondo.
Uno smacco di immagine,
quindi, che si inscrive nel problema più generale delle case
automobilistiche alle prese con
i difetti di produzione.
Nell’ultimo anno, infatti, la
concorrente General Motors ha
ritirato dal mercato di tutto il
mondo quasi 7 milioni di veicoli di cui 2,6 milioni negli Usa.
Un caso che ha costretto l’amministratrice delegata, Mary
Barra, alle scuse ufficiali davanti al Congresso degli Stati Uniti.
Il difetto del blocchetto di accensione delle Gm, infatti, ha
provocato 34 incidenti e almeno 12 morti (per quanto riguarda l’Italia, sono state richiamate
solo 156 Oper Gt del 2007 prodotte negli Usa). L’accusa alla
dre ed è morto mentre un parente
lo stava accompagnando in ospedale.
Sarà l’autopsia, che sarà eseguita
dall’anatomopatologa Katiuscia
Bisogni su disposizione del pm
Maria Gabriella Di Lauro, a stabilire le cause del decesso.
A LECCO
Politica & appalti
Gli affari dei clan
sul lago di Como
ARRESTATE NUOVE LEVE DELLA FAMIGLIA TROVATO
COINVOLTO CONSIGLIERE COMUNALE EX PD
di Davide Milosa
ontrollo armato del territorio da un lato e rapporti con la
politica dall’altro. Tanto intensi da influenzare, addiritC
tura, le elezioni comunali di Milano nel 2011. Quando gli uo-
L’INDAGINE
L’amministratrice
di General Motors,
Mary Barra, costretta
a scusarsi davanti
al Congresso. Anche
Toyota nei guai
Modelli di Suv Chrysler Lapresse
General Motors, però, è di aver
ritardato il ritiro delle auto
quando il difetto era noto almeno dal 2006. Barra ha risposto di
non sapere perché ci siano voluti anni per ammettere le proprie responsabilità: “Qualcosa è
andato storto” ha spiegato “e
sono successe cose terribili. Vi
assicuro che lo capiremo”. Allo
stesso tempo, però, ha dovuto
nominare un nuovo vice presidente con il compito specifico
di occuparsi della sicurezza.
Altro caso, quello della Toyota
che è stata costretta a richiamare 1,9 milioni di automobili
Prius, di cui 5800 solo in Italia,
per un guasto riguardante la
centralina elettrica. Nel dicembre 2012 la casa giapponese aveva dovuto pagare un risarcimento da 1,1 miliardi di dollari
per i problemi scaturiti dall'ac-
il Fatto Quotidiano
celeratore di alcune automobili
vendute sul mercato americano. Nel caso della Prius, la Toyota ha preferito far rientrare le
vetture prima ancora che il difetto venisse veramente accertato.
“IL NUMERO INCREDIBILE di
nuovi modelli, una tecnologia
sempre più complessa e competitiva e controlli normativi sempre più intensi stanno rendendo particolarmente duri i controlli sulla sicurezza” spiega
uno studio della società di consulenza finanziaria, Stout Risius Ross Inc. La riorganizzazione produttiva, inoltre, la diminuzione della forza lavoro e
la necessità di presiedere a una
maggiore quantità di operazioni fanno il resto. Ma, sopra tutto, resta il problema dei costi:
dall’inchiesta statunitense sulla
General Motors è emerso che il
costo della sostituzione per
ogni blocchetto di accensione
sarebbe stato di circa 76 centesimi mentre quello previsto per
eventuali interventi in garanzia,
solo 20 centesimi. Cinquantasei
centesimi di costo supplementare per ogni auto difettosa (2,6
milioni) fanno circa 1,5 milioni
di dollari. Un calcolo che i dirigenti Gm hanno fatto e di cui
oggi devono rispondere.
Ma ieri i problemi per Fiat non
sono venuti solo dal Nord America. La crisi valutaria in Venezuela, infatti, ha spinto Iveco a
sospendere la produzione nello
stabilimento di La Vittoria, circa 400 dipendenti, che costruiscono camion e telai per autobus. Per ora restano a casa in attesa che il mercato si riprenda.
mini della ‘ndrangheta raccolgono voti a favore di Mariolina
Moioli candidata del Pdl (non indagata). Questo il dato: estorsioni, attentati, e, assieme, la capacità di infiltrarsi nelle istituzioni. Di camuffarsi con iniziative antimafia e dietro le quinte operare per favorire gli interessi della cosca. Non succede a
Reggio Calabria, ma nella lombardissima Lecco affacciata sul
lago di Como, dove gli affari del clan capeggiato da Mario
Trovato, che ha raccolto il testimone del superboss e fratello
ergastolano Franco Coco, non si sono mai interrotti, nonostante i grandi processi degli anni Novanta. Con le nuove leve
che al posto del traffico di droga, ritenuto troppo rischioso, si
sono dati agli appalti e ai rapporti con la pubblica amministrazione. Fotografia attuale, dunque. Scattata dall’inchiesta
Metastasi del Gico della Guardia di Finanza di Milano che ieri
ha portato in carcere dieci persone. Tra queste anche Ernesto
Palermo, consigliere comunale a Lecco, ex Pd poi approdato al
gruppo misto. Tra gli indagati anche Marco Rusconi sindaco
sempre con casacca Pd del comune di Valmadrera al quale la
procura contesta il reato di corruzione semplice perché, ragiona il giudice nella sua ordinanza d’arresto, sotto il pagamento di 5mila euro (su una mazzetta complessiva di 10mila)
favoriva la società Lido Parè, riconducibile alla ‘ndrangheta, nella gara
per il rilascio della concessione comunale sull’area del lido di Parè a
Valmadrera.
POLITICA E MAFIA, DUNQUE . En-
nesima conferma e ulteriore preoccupazione rilanciata ieri dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini che
ha parlato di “sinergia” tra mafia e
politica, sottolineando come il conIl pm Ilda Boccassini Ansa sigliere comunale arrestato fosse
“organico alla cosca”. Affermazione
supportata dalle telefonate del politico che intercettato confessa di essere “un uomo dei Trovato” collegando la sua elezione all’appoggio del clan. Palermo fa di più e dice che se oggi
fosse fuori il boss Franco Coco lui sarebbe stato eletto assessore.
Il politico, dunque, è legato e in quanto tale opera per il clan, ad
esempio, offrendo la protezione della ‘ndrangheta a un locale
appena aperto. E quando i titolari rifiutano, subiscono un attentato. Estorsioni, ma anche voti. Palermo, secondo l’accusa,
si occupa di tutto. Della “raccolta di voti” per “incidere sull’andamento delle elezioni locali”. L’indagine ha portato al sequestro di beni per milioni di euro.
LA LETTERA
“Io, cliente ingannato dalle baby squillo”
Pubblichiamo la lettera di Dens, uno dei clienti che è
entrato nell’appartamento dove ricevevano le due baby
escort dei Parioli. Il suo racconto è pieno di elementi che
poteva conoscere solo chi ha frequentato la casa di viale
Parioli: la planimetria dell’appartamento e l’aspetto fisico
della ragazza. Dens sa di far parte della lista di clienti finita
al vaglio dei pm.
ì, sono stato in quell’appartamento. Ho più di 35
anni e sono single, lavoro normale, vita normale,
S
amici e palestra. Una sera di ottobre mi è venuta voglia
di compagnia, ma senza complicazioni, cene, inviti, cinema o altro. Ho pensato: chiamo un’escort. Scorro le
inserzioni del noto sito, cerco quelle che offrono servizi
non lontano da casa mia. Ecco, trovata: 19enne romana.
Offre prestazioni in auto, zona Salaria. Chiamo. Risponde una ragazza. Gli chiedo se ha la macchina. “No,
abbiamo una casa” dice. Mi metto in macchina e vado.
La vedo. E una ragazza bruna, parecchio alta, con tacchi
altissimi, seno prorompente in bella mostra (ha una maglia con uno scollo profondissimo). Mi dice che c’è una
sua amica in casa, ma di non badarci. Lei (l’altra) non
“lavora”. Infatti, c’è un’altra persona. È seduta al tavolo,
mi dà le spalle, non vuole mostrarsi. Beh. L’annuncio era
chiaro, parlava di una sola ragazza. Scoprirò, quando lo
scandalo è scoppiato, che di norma lavoravano entrambe. Entro in una casa molto piccola, due stanze separate
da un bagno. Poi, la bruna mi dice con inflessione molto
romana, “mi devo fumare la sigaretta”. La guardo. Non
è il tipo che piace a me. È coatta, volgare, dai modi spicci.
Per tutto il tempo maneggia il suo smartphone, che a un
certo punto squilla. È un cliente. Gli dice “fai presto che
noi tra un po’ andiamo. Il regalino è 150 euro!”. Poi si
rivolge a me: “A te te faccio ‘o sconto! Però, una cosa
veloce, che sta a’ venì n’altro.” Inizio a pensare che, da un
momento all’altro, qualcuno busserà alla porta, il cliente
che ha appena chiuso. Deciso me ne vado: “Senti - le dico
- ho cambiato idea. Me ne vado. Devo anche prelevare.
Ho anche lasciato la macchina fuori posto”. Pochi giorni dopo scoppia la bomba. Sono sicuramente tra gli intercettati e tra fotografati dai carabinieri. Le ragazze
hanno riconosciuto i clienti dalle foto. E se hanno riconosciuto anche me? Ma sono ragazzine, come ho fatto
a non accorgermene? Sono uomo di mondo, ho fatto la
vita da studente fuori sede, il liceo, ho amiche, parenti e
vicine di casa di 16 anni. E, invece, non ho avuto il minimo dubbio. Era tanto truccata, si comportava come
una navigata professionista, aveva scritto che aveva 19
anni, mi ha detto della casa. Come se una qualsiasi minorenne potesse affittare un appartamento. Sapete qual
è la verità: la tizia in questione recitava bene la sua parte,
voleva passare per 19enne e ci riusciva. Lo so, i minori
vanno sempre protetti. Regola sacrosanta. Ma se il minore in questione riesce per spigliatezza, sfrontatezza e
un fisico da maggiorenne a passare per un’adulta? Me la
sono bevuta. Non dormo da novembre, sono stanco,
impaurito. Il mio nome potrebbe diventare pubblico.
Che dico alla mia famiglia? Sarò chiamato in Procura.
Dovrò raccontare la mia versione, sperando che sia creduta. Ho delle prove di tutto quello che ho scritto, tranne il fatto di non aver consumato il rapporto. Gli inquirenti mi crederanno? È solo uno sfogo. Vedo il mare
ingrossarsi davanti a me e non so se riuscirò a superare la
tempesta.
Dens
UN GIORNO IN ITALIA
il Fatto Quotidiano
L’Ilva gli ha ucciso
le pecore. Allevatore
passa alla canapa
SEI ANNI FA la sua masseria si è fermata: bestiame, latte, formaggi, tutto
era contaminato dalla diossina e dal
Pcb che – secondo i pm di Taranto –
uscivano dai camini delle vicina Ilva.
Oltre 600 pecore sono state mandate
al macello per decisione della Regione
Puglia, mentre poco distante l’indu-
stria siderurgica continuava a produrre. Vincenzo Fornaro, un allevatore
proprietario di una masseria nel Comune di Statte, ora sta provando a ripartire. Tornare ad allevare pecore e
capre è impossibile, perché in un raggio di 20 chilometri è ancora in vigore
il divieto di pascolo. Per questo ha de-
GIOVEDÌ 3 APRILE 2014
ciso di cambiare coltivazione e sabato
seminerà sui suoi campi per la prima
volta della canapa. La produzione sarà
destinata all’industria tessile e, se il
raccolto dovesse risultare non contaminato, in futuro potrebbe essere impiegato anche per uso alimentare. Come spiegato dallo stesso allevatore, la
11
decisione di riprendere a coltivare è un
modo per non lasciare abbandonata la
masseria che è stata eretta nel 1869,
novant’anni prima dello stabilimento
Ilva. “È l’ennesimo tentativo di resistere e dimostrare che la nostra splendida terra può continuare a vivere”, ha
spiegato Fornaro.
SEMINARI E PEDOFILIA
L’ultima omelia
del parroco:
“Me ne vado,
ho subìto abusi”
di Marco Maroni
CAPOLAVORI
A SORPRESA
CACCIA AL QUADRO
di Enrico
Fierro
È
Il furto, il treno,
l’asta: le tre vite
del Gauguin
e del Bonnard
la storia di due
quadri ritrovati,
due opere d’arte
rubate in una ricca
casa di Londra una quarantina
di anni fa. Ma è anche, e forse
soprattutto, la storia della
straordinaria onestà di due
italiani, il figlio di un ex operaio della Fiat e suo padre. Che
era un siciliano trapiantato a
Torino, uno di quelli, per capirci, che nell’Italia del boom
arrotolò un filo di spago intorno a una valigia di cartone e
partì per l’Alta Italia, come la
chiamavano quelli di giù. Si
rimboccò le maniche ed entrò nella Fabbrica
con la F maiuscola, la Fiat. Otto ore, catena di
montaggio, la pausa per la mensa e i compagni
con l’accento del Nord che ti pigliavano in giro
perché “terrone”. Tanti sacrifici, un figlio da far
studiare e una passione per i quadri.
45 mila lire, la Fabbrica
e la Torino degli anni Settanta
Un vizio innocente da soddisfare spendendo
poco, però. Un giro sui banchi dei rigattieri di
domenica e l’occhio rivolto alle aste. Quella degli oggetti smarriti sui treni era tra le più appetibili. Si trovava di tutto: libri, orologi, cappotti,
i mazzi di carte per gli scoponi ammazza tempo,
le radioline a transistor che a quell’epoca ti facevano compagnia con la partita e gli ultimi successi di Sanremo. Qui il nostro operaio dall’accento siculo fu colpito da due quadri, una natura
morta e l’immagine di una ragazza di bianco vestita seduta su una poltrona di vimini in un giardino. Quarantacinquemila lire, il prezzo chiesto
dal battitore, una bella cifra, quasi la metà dello
stipendio che gli passavano gli Agnelli, centomila lire. Con quei soldi a Torino si poteva campare, ma bisognava saper far di conto. Un litro di
I quadri recuperati di Paul Gauguin e di Pierre Bonnard Ansa
glia. Il catalogo forniva spiegazioni chiarissime, i due dipinti
appesi in cucina erano capolavori dell’impressionismo francese. Uno si intitolava “Frutti
su una tavola”, ed era di Paul
Gauguin, l’altro, quello con la
ragazza, era di Pierre Bonnard
che lo aveva battezzato “Donna
con due poltrone”.
“Frutti” e “poltrone”
e la scoperta del figlio
Il giovane non credeva ai suoi
occhi, fotografò i quadri, chiese la consulenza di amici esperti d’arte, e per superare ogni
dubbio si rivolse al comando
benzina 160 lire, un giornale 70, un francobollo dei carabinieri, nucleo tutela del patrimonio arper scrivere una lettera ai parenti di giù, 50 lire e tistico. I quadri furono rubati nel 1970 a due ricun pacchetto di Nazionali senza filtro 180. Ma la chi inglesi, i signori Marks e Kennedy, trasporpassione è passione. I due quadri li piazzarono tati in Francia erano diretti in Italia. E qui, sul
in cucina, non per disprezzo della loro bellezza, treno Parigi-Torino vennero abbandonati dai
ma perché nelle case degli operai la cucina era un ladri. Ritrovati dal capotreno che a ogni fine corpo’ tutto, camera per mangiare, come direbbe sa faceva il controllo dei vagoni, furono custoAndrea Camilleri, salotto e luogo dove ricevere diti in un deposito prima di finire all’asta e far
gli amici. Una vita intera a svegliarsi con la moka innamorare quell’operaio venuto dalla Sicilia.
fumante e quella ragazza che pigramente si don- Che per 39 anni ha diviso la sua vita con due opedolava in un grigio giardino inglese. Quando re che oggi valgono oro: tra i 15 e i 35 milioni il
l’operaio smise la sua tuta blu e decise di trasfe- Gaguin, non meno di 600 mila euro il dipinto di
Bonnard.
rirsi giù in Sicilia per riposare,
Carabinieri e Procura di Roma
li portò con sé.
indagano, informano le agenMa quella immagini rimasero
IMPRESSIONISTI
zie di stampa, “sono in corso
stampate nella testa del figlio,
con le autorità britanche aveva studiato e si era lauLe due tele acquistate contatti
niche” per stabilire la legittima
reato in architettura, e che un
proprietà delle due opere.
giorno sobbalzò sfogliando alda un operaio Fiat
Quelle tele che un giorno un
cuni cataloghi d’arte. Quelle
Ma erano state
operaio della Fiat dall’accento
mele e quei piatti di frutta sistesiculo comprò per 45 mila lire a
mati in un cesto su un tavolo e
trafugate in Inghilterra una regolare asta di oggetti
con un gattino grigio sullo
sfondo, lui li vedeva da almeno
Ed erano due originali smarriti sui treni. Per 39 anni
lui, e solo lui, è stato il “legittrent’anni, e la ragazza in giardei maestri francesi
timo proprietario”.
dino poi, era come una di fami-
ndenna, frazione di Zogno, cattolicissima
provincia di Bergamo. Ore 18, chiesa greE
mita, il parroco finisce la messa, ma non dice ai
fedeli “andate in pace”. Invece, allontana i chierichetti e legge un foglio, è una denuncia degli
abusi subiti ai tempi del seminario, a Bergamo,
quando era minorenne, con l’annuncio della
decisione di abbandonare il sacerdozio. È successo lo scorso 15 marzo e ne ha dato notizia ieri
l’Eco di Bergamo. Don Alessandro Raccagni, 44
anni, ha spiegato che da trent’anni portava il
peso di quegli abusi, ma si era deciso a quel gesto
plateale solo dopo la morte
della madre, avvenuta lo
scorso 8 dicembre, poiché la
voleva tenere al riparo da un
grande dolore. Ne avrebbe
parlato, invece, oltre che con
il padre e con uno psicologo,
con i vertici della Curia, da
cui però non avrebbe ricevuto risposte. Il prete indicato
come responsabile degli
abusi sarebbe ora in pensione in un quartiere alla periferia di Bergamo. Il
giorno seguente, la Curia ha inviato a Endenna
un nuovo parroco, provvisorio, che gestirà la
parrocchia fino alla nomina del nuovo titolare.
I PARROCCHIANI hanno chiesto chiarimenti al
vescovo, Francesco Beschi, e in 300 hanno firmato una lettera affissa sotto il porticato della
chiesa che chiede che cosa il vescovo intenda
fare per accertare i fatti e le eventuali responsabilità. La Curia per ora ha risposto di non aver
ricevuto la lettera-denuncia di don Alessandro:
“Se la riceveremo risponderemo, ma per il momento non commentiamo la vicenda”. L’abuso
di seminaristi e di giovani affidati al clero è una
piaga emersa in tutta la sua evidenza a partire dai
primi anni duemila. Il caso più eclatante emerse
nella diocesi di Boston, Usa, nel 2002, quando
furono rimossi dall’incarico e processati più di
55 preti. La chiesa italiana non si è finora distinta
per desiderio di far chiarezza e contrastare il fenomeno. Nei giorni scorsi ha suscitato polemiche il commento del cardinale Bagnasco al fatto
che nelle linee guida della Cei non ci sia l’obbligo
per i vescovi di denunciare all’autorità giudiziaria i sacerdoti che commettono abusi sessuali.
12
ALTRI MONDI
GIOVEDÌ 3 APRILE 2014
Pianeta terra
il Fatto Quotidiano
COREA PURGA PER 200 LEALISTI ZIO DI KIM
Secondo la stampa di Seul, 200 funzionari fedeli a
Jang Song-thaek, lo zio dell’attuale leader Kim
Jong-un giustiziato in dicembre, potrebbero finire
davanti al plotone d’esecuzione per alto tradimento. Inoltre, mille loro familiari sarebbero destinati ai
campi di lavoro e di rieducazione. LaPresse
USA CORTE ABOLISCE LIMITE SUI CONTRIBUTI ELETTORALI
La Corte Suprema, con un solo voto di scarto, ha abolito ogni limite
sui contributi alle campagne elettorali. Con questa sentenza ogni donatore potrà versare ai candidati quanto denaro vorrà. Il limite precedente, già molto discusso, era di 123 mila dollari. LaPresse
PROVVIDENZA ROYAL PER HOLLANDE
L’EX COMPAGNA DEL PRESIDENTE TORNA MINISTRO NELL’ESECUTIVO ‘DA BATTAGLIA’. “SENZA LOVE STORY SAREI PREMIER”
di Luana De Micco
Parigi
x compagna del presidente, madre dei
suoi quattro figli e
numero 3 del nuovo
esecutivo del neo premier Manuel Valls: Ségolène Royal è il
nuovo ministro dell’Ambiente
di François Hollande. Un presidente che fa appello alla sua ex
per risanare il Paese dopo la batosta elettorale delle amministrative anche per la Francia è
senza precedenti. Il nuovo governo transalpino di formato ridotto, 16 ministri, e perfettamente paritario (8 uomini e 8
donne), è stato nominato ieri da
Hollande (controvoglia, dicono
le malelingue) e annunciato dal
segretario generale dell’Eliseo,
Pierre-René Lemas.
E
UN ANNUNCIO anticonvenzionale, con il presidente in rotta
per il summit Ue-Africa di Bruxelles e non a palazzo come vuole la consuetudine. Più che una
rivoluzione, il rimpasto tanto
atteso è stato un rimescolamento di carte. “Stessi volti, stessa
politica, stesso fallimento”, ha
ironizzato la leader dell’estrema
destra Marine Le Pen. Diversi
ministri uscenti sono rimasti al
loro posto. Laurent Fabius agli
Esteri, Jean- Yves Le Drian alla
Difesa, Christiane Taubira alla
Giustizia, Aurélie Filippetti alla
Cultura. Con qualche promozione, come quella per Najat
Vallaud-Belkacem che si occuperà non solo delle Pari Opportunità, ma anche di Città, Sport
e Giovani. Dopo aver nominato
premier il più ambizioso dei
suoi ministri, il capo dello Stato
ha issato uno scudo piazzando i
suoi fedelissimi in alcuni posti
chiave. A François Rebsamen,
l’altro volto nuovo, il cui nome
era stato ventilato per l’Interno,
è stato affidato il ministero del
Lavoro, Occupazione e Dialogo
sociale. Stéphane Le Foll, che resta all’Agricoltura, diviene por-
pacato e disciplinato, Michel Sapin, che tratterà con Bruxelles su
rigore, conti pubblici e crescita.
E un ministro dell’Economia,
che si occuperà del dialogo tra
lavoratori, sindacati e imprese,
il più esuberante e mediatico
Arnaud Montebourg.
Ma ora l’enfant terrible del Ps (che
si era fatto fotografare in maglietta alla marinara per promuovere il made in France) dovrà dividere le telecamere con la
brillante Ségolène. Alcuni osservatori scommettono che sarà
“STESSE FACCE”
La madre dei 4 figli
della coppia
all’Ambiente. “Stessi
volti, stessa politica,
stesso fallimento”,
ironizza Marine Le Pen
FEMMES FATALES
tavoce. Mentre a sorpresa il ministero dell’Interno è affidato al
“jolly” Bernard Cazeneuve, che
Hollande aveva catapultato al
Bilancio dopo le dimissioni forzate di Jérôme Cahuzac, accusato di frode fiscale.
Quanto alla gestione dell’economia, per la prima volta nel
grande complesso di Bercy non
ci sarà un solo timoniere, ma
due. Un ministro delle Finanze
lei la “star” del nuovo governo.
A 60 anni, la socialista ha ereditato un maxi ministero dell’Ambiente, Sviluppo sostenibile e Energia, un posto che aveva
già occupato nel 1992 nel governo di Pierre Beregovoy, e che ritrova ora, dopo che gli ecologisti
hanno “boicottato” la nomina a
premier di Valls. Il suo ritorno
sulla scena politica nazionale ha
il sapore della rivincita. Anche
se lei sorridendo alle telecamere,
in tailleur nero e sciarpa azzurra,
pronta per accedere alle nuove
funzioni, assicura che non affronta l’incarico “con spirito di
rivalsa, ma restando concentrata”. Ora che Valérie Trierweiler
non è più all’Eliseo, ma nel suo
appartamento parigino e al suo
lavoro a Paris-Match, sostituita
nel cuore di Hollande dall’attrice Julie Gayet, la grintosa e in-
La
Royal (60 anni), a sinistra con
Hollande. A destra, Trierweiler
(49) e Gayet (41) LaPresse
sommergibile Ségolène Royal
può tornare. Scalpitava da tempo. Senza Valérie Trierweiler
“sarei al governo già da tempo”,
avrebbe osservato con amarezza. Di delusioni ne ha ingoiate
tante. È stata sconfitta alle presidenziali del 2007 da Sarkozy.
Battuta da Martine Aubry nella
corsa per la segreteria del Ps nel
2008. Umiliata alle politiche del
2012 (pugnalata alle spalle da un
tweet della ex première dame in
favore del suo avversario per La
Rochelle). Il Purgatorio per lei è
finito.
Erdogan taglia i tentacoli della piovra Gulen
IL PREDICATORE MENTORE DEL PREMIER GUIDA IL “SERVIZIO”, ORGANIZZAZIONE CHE HA UN CONTROLLO CAPILLARE DI MAGISTRATURA E POLIZIA
di Roberta Zunini
Ankara
entre il principale partito
d'opposizione, il laico e
M
repubblicano Chp, continua a
protestare contro gli evidenti
brogli avvenuti durante le amministrative di domenica e
chiede che vengano ricontate le
schede non solo qui nella capitale, dove il suo candidato è stato battuto per una manciata di
voti dal sindaco uscente del partito di governo - l'Akp islamico
di Erdogan - ma anche a Istanbul e Antalya, a causa dei numerosi black out nelle sedi elettorali durante lo spoglio e delle
migliaia di schede a favore dell'opposizione occultate in sacchi per l'immondizia, la guerra
ormai personale lanciata pubblicamente dal trionfante Erdogan durante la campagna elettorale, contro l'ex predicatore
islamico moderato, Fetullah
Gulen, è destinata a inasprirsi.
La vittoria del suo partito, al
netto dei brogli che non cancellano comunque l'evidenza di
una società decisamente polarizzata tra sostenitori dell'Akp
nelle aree rurali anatoliche e laici repubblicani nelle aree urbane, non ha infatti rassicurato il
premier. Che già guarda alle
presidenziali di agosto. “Tireremo fuori i cospiratori della lobby di Gulen da qualsiasi anfratto si siano nascosti”, ha assicurato, davanti alle telecamere, il
premier, la notte tra domenica e
lunedì, mentre dal balcone del
quartier generale dell'Akp esultava mano nella mano con la
moglie velata Emine e il figlio
Bilal, interlocutore di un'intercettazione telefonica con il padre - postata su Youtube poi
chiuso - in cui i due si mettevano d'accordo sul modo migliore per far sparire un'ingente
somma di denaro.
LA RAGIONE PRINCIPALE della
sua insicurezza e conseguente
frustrazione è per l'appunto il
granitico soft e hard power di Gulen, che nei decenni è riuscito a
infiltrare i suoi discepoli nei
gangli della magistratura, delle
forze dell'ordine, dei media, delle scuole e, ultimo ma non ultimo, nell'ambito imprenditoriale, grazie al suo leit motiv:
“Teniamo la scienza, il progresso in una mano e nell'altra la nostra cultura”, a partire dalle radici islamiche che tuttavia non
devono impedire alla pianta
turca di ambientarsi in un pae-
VITTORIA
PADRE-PADRONE
Il 70enne rifugiato
da tempo negli Usa
è diventato
il nemico numero 1
del leader islamico
moderato
saggio dominato dal mercato.
Un programma che, grazie al
doppio binario del capitalismo e
dell'Islam moderato, ha avuto
l'immediata benedizione degli
Usa, rifugio da 15 anni di Gulen,
dopo il colpo di Stato bianco del
1997 realizzato, pur senza sangue, dai militari, preoccupati
per la ripresa dell'Islam politico.
Impersonato da Erdogan e dal
suo partito, entrambe creature
di Gulen. Con il quale il premier
ha messo a punto la sua agenda
fino a un paio di anni fa. Poi, la
piovra dell'ex predicatore, ha
iniziato a diventare troppo tentacolare mentre la megalomania
di Erdogan cresceva puntellata
dai voti dei palazzinari in cambio di appalti sempre più sostanziosi e incuranti del patri-
Erdogan sul
palco con
moglie e uno
dei figli dopo la
vittoria nelle
amministrative
e Fethullah
Gulen, 72enne
leader di
“Servizio”
Ansa
monio naturalistico di Istanbul.
Con la rivolta popolare di Gezi
Park (l'estate scorsa), secondo
Erdogan orchestrata proprio da
Gulen, per minare la sia popolarità, la rottura tra i due è divenuta insanabile. Il premier in
autunno ha imposto la chiusura
delle Dershane, le scuole di preparazione agli esami universitari e pubblici, che costituiscono le
fondamenta dell'impero di Gulen. Considerato inestimabile in
termini di risorse umane e finanziarie, Hizmet (Servizio), è
diffuso in 130 paesi attraverso
istituti scolastici, primari e secondari, ospedali, fondazioni
che promuovono l'attività imprenditoriale. In queste scuole le
lezioni vengono tenute parzialmente nella lingua locale e in inglese, e non è necessario essere
musulmani per accedervi. Le famiglie che possono pagare
provvedono per i figli di quelle
indigenti.
UN ALTRO TENTACOLO, che
avvolge l'intero pianeta è costituito da Tukson – nome turco che
cambia a seconda delle latitudini - una sorta di Confindustria
che associa gli imprenditori che
a loro volata provvedono al finanziamento delle scuole del
Servizio e pescano tra gli alunni
migliori per fondare nuove
compagnie e fare investimenti.
In questo meccanismo capillare
non potevano mancare i media.
Al “Servizio” appartiene il quotidiano turco Zaman, con la sua
versione inglese, Zaman today
mentre al gruppo Zamanyolu affiliato a Hizmet - una decina di
canali tv. Che ora cercano di
contrastare la propaganda dei
media pro Erdogan.
Ma l'elite dei seguaci di Hizmet è
annidata nei tribunali e tra la
polizia giudiziaria. Per questo
Erdogan, dal maxi blitz del 17
dicembre, la cosiddetta ‘Mani
pulite’ turca, che ha portato in
carcere i figli di 3 ministri, e lambito suo figlio, ha rimosso circa
6 mila tra funzionari e agenti di
polizia e quasi 200 giudici.
il Fatto Quotidiano
ALTRI MONDI
RUSSIA ARRIVA BLACK LIST DELLA STAMPA
Un sito di proprietà di Pravda ha stilato la classifica
delle 20 “testate spregevoli che saranno chiuse”.
L’iniziativa – riconducibile ad Aleksander Dugin,
uomo vicino a Putin – analizza il “comportamento”
dei media durante la crisi in Crimea. Nella lista
anche Novaya Gazeta e Vedemosti. LaPresse
CILE TERREMOTO E TSUNAMI: 6 MORTI
Un’imponente scossa di terremoto (magnitudo
8,2) ha colpito la città di Iquique, a 1.800 chilometri da Santiago. Il bilancio ufficiale è di almeno 6
morti e 900 mila persone evacuate. Nel paese è
ancora fresco il ricordo dello tsunami del 2010 che
distrusse ampie aree del centro-sud. LaPresse
GIOVEDÌ 3 APRILE 2014
13
LO SPIONE E IL “MANDELA ARABO”
LA PACE PALESTINESE È IN CARCERE
UNO AGENTE DEL MOSSAD, L’ALTRO LEADER INDISCUSSO: SONO LE CHIAVI PER L’INTESA
di Alessandro
Oppes
na volta di più,
tutto in alto mare.
Il sottile filo che
teneva in piedi la
complessa mediazione di pace
tra israeliani e palestinesi rischia di spezzarsi dopo l'annullamento repentino della
visita a Ramallah da parte del
segretario di Stato americano
John Kerry. L'inviato di Obama ha replicato così - subito
dopo l'infruttuoso incontro
con il premier israeliano Benjamin Netanyahu - alla mossa
a sorpresa annunciata martedì
notte in tv dal presidente palestinese Abu Mazen, secondo
cui l'Anp presenterà formale
richiesta di adesione a 15
agenzie dell'Onu: un passo deciso in violazione degli impegni assunti nel luglio scorso alla ripresa delle trattative
frutto proprio dell'impegno di
Kerry - in base ai quali i palestinesi avrebbero congelato
provvisoriamente ogni inizia-
U
tiva presso l'Onu per facilitare
il riconoscimento reciproco
con Israele. Ma ora il futuro si
prospetta nuovamente carico
di incognite. Una riguarda il
destino dell'ex 007 della marina statunitense Jonathan
Pollard, in carcere da 30 anni
dopo che l'Fbi scoprì che era
stato ingaggiato da un ex dirigente del Mossad a capo di
un ufficio del ministero della
Difesa all'epoca guidato da
Yitzhak Rabin, con il compito
di filtrare a Tel Aviv documenti dell'intelligence Usa relativi ai paesi arabi e all'arsenale militare sovietico.
IL NOME DI POLLARD era sta-
to inserito nelle ultime settimane da Kerry in un'ipotesi di
triangolazione: a cambio della
liberazione della spia da parte
di Washington, Netanyahu si
sarebbe dovuto impegnare a
congelare in modo quantomeno ufficioso i nuovi insediamenti di coloni e a liberare circa 400 prigionieri palestinesi,
SIMBOLI
Un murale
con Marwan Barghouti
(54 anni) in carcere dal
2002 e Pollard, dal 1985.
Sotto, Abu Mazen LaPresse
per ottenere così da Abu Mazen il via libera alla prosecuzione delle trattative oltre la
data fissata del prossimo 29
aprile e possibilmente fino alla
metà del 2015.
Un piano che rischia a questo
punto di sfumare per l'alzata di
testa del leader di Ramallah
(indotta probabilmente dalla
convinzione che il negoziato
non porterà risultati significa-
Egitto, esplodono tre bombe all’Università del Cairo
UCCISO UN AGENTE
Tre bombe sono esplose
appena fuori
dall’Università del Cairo.
Gli ordigni erano destinati
ai poliziotti schierati
davanti al campus per le
proteste a favore dell’ex
presidente Mohammed
Morsi. Un ufficiale è
rimasto ucciso e altri sette
feriti. La polizia ha poi
arrestato diversi studenti
nelle strade adiacenti
all’Università, ma non è
noto di cosa siano accusati
Ansa
SUCCESSIONE
Gli americani potrebbero
rilasciare Pollard
per favorire i colloqui
con Israele. Se liberato,
Barghouti favorito
al posto di Abu Mazen
tivi). Secondo un anonimo responsabile dell'amministrazione Usa citato dal Washington Post, “senza passi significativi dalle due parti, Pollard
è fuori dal tavolo”.
L'altra grande incognita riguarda invece il campo palestinese, ma non può essere circoscritta - neppure questa - a
una questione di politica interna. Il discorso sulla successione di Abu Mazen non è più
un tabù. Il presidente dell'Anp
non solo è anziano (79 anni) e
in precarie condizioni di salute, ma è da tempo oggetto di
critiche sempre più aspre per
l'incapacità di portare a compimento il processo d'indipendenza (troppo moderato, secondo alcuni). Ed è comunque
in scadenza: anzi, il suo mandato è già scaduto ed è stato
prorogato in modo unilaterale, una situazione che non si
potrà perpetuare ancora a lungo.
I PALESTINESI hanno bisogno
di trovare il loro nuovo Arafat.
Difficile che possa essere l'attuale primo ministro Salan Fayyad, un burocrate affine alle
posizioni di Abu Mazen. E forse non sarà neppure l'ex braccio destro di Arafat, Mohammad Dahlan, da 4 anni è in
esilio negli Emirati Arabi, o
l'uomo di punta di Hamas, il
premier di Gaza, Ismael Haniyeh. Un nome forte, probabilmente l'unico capace di
mettere tutti d'accordo e di ri-
lanciare le speranze di un popolo, i palestinesi ce l'hanno.
Ed è quello di Marwan Barghouti, la cui figura comincia
già a essere idolatrata come
quella del “nuovo Nelson
Mandela”. Secondo alcuni recenti sondaggi, è il più popolare tra i politici palestinesi. Il
problema è che Barghouti,
esponente di primo piano di
Al Fatah, uno dei leader della
seconda Intifada, è agli arresti
dal 2002 e sconta in Israele una
condanna a 5 ergastoli per altrettanti omicidi dei quali si dichiara innocente. Intorno alla
richiesta della sua liberazione
si ritrovano, per una volta,
uniti Hamas e Al Fatah (anche
se la popolarità di Barghouti,
diffusa soprattutto tra le generazioni meno giovani, spaventa soprattutto il movimento
che governa a Gaza, ndr). Abu
Mazen ha sollevato il caso nel
suo incontro del 20 marzo alla
Casa Bianca con Barack Obama. E all'insegna dello slogan
“free Barghouti” è partita una
grande mobilitazione internazionale. Se gli israeliani cederanno, sarà perché avranno
capito di aver trovato un interlocutore autorevole con cui
negoziare la pace.
14
GIOVEDÌ 3 APRILE 2014
il Fatto Quotidiano
CADE DAL BALCONE DI CASA
GRAVE IL VELISTA FAVINI
BARCELLONA, IRREGOLARITÀ NEI
TESSERAMENTI: MERCATO BLOCCATO
IMPRENDITORE ITALIANO DEMOLISCE
VILLA DI SIMENON IN SVIZZERA
Il velista Flavio Favini è caduto dal
balcone di casa riportando numerosi
traumi. Favini ha alle spalle 8 titoli
mondiali, 3 europei e 20 italiani
La Fifa ha bloccato il mercato
del Barcellona fino al giugno 2015
a causa di irregolarità nel trasferimento
di alcuni giovani calciatori
Sarà demolita la villa del romanziere Georges
Simenon, il padre di Maigret, nel cantone di
Vaud. Al suo posto sorgeranno 12 palazzine
Il progetto è di un uomo d’affari italiano
SECONDO
TEMPO
SPETTACOLI.SPORT.IDEE
Illustrazione Doriano
Se il Martini
potesse
raccontare
DIALOGO IMMAGINARIO CON IL CELEBRE COCKTAIL, GRANDE
AMICO DI MOLTI SCRITTORI DEL ‘900: “OGGI SI BEVE PEGGIO”
di Nanni Delbecchi
I
l Martini perfetto è come lo
Yeti: vive tra i ghiacci, ma nessuno l’ha mai visto”. La definizione si legge in Martini Eden
(Nutrimenti), delizioso volumetto appena arrivato in libreria. Sei racconti d’autore
(Filippo Bologna, Gianfranco
Calligarich, Carolina Cutolo,
Sapo Matteucci, Massimo
Morasso, Filippo Tuena),
guarniti da altrettante ricette,
perché nessun Martini è uguale a un altro, e il confine tra
vermouth e gin (e dell’oliva,
che per molti è irrinunciabile)
è mobile quanto quello tra
realtà e immaginazione.
Uno, nessuno e centomila
Martini, mitologia che abbraccia innumerevoli film, romanzi, dive, dandy, registi e
soprattutto scrittori. E che pure, in questo mondo di masterchef, appare in declino come
tutta la cultura del bere miscelato. Nonostante ciò, abbiamo
voluto sfidare il suo fascino
inafferrabile: in compagnia di
tre sherpa di prim’ordine (Cutolo, Matteucci, Tuena) ci siamo incamminati tra i ghiacci
di un bar romano per provare
a evocare lo spirito di questo
Yeti gentile, e capire qualcosa
di più dell’attrazione tra alcol e
ispirazione. A forza di domandare, a un certo punto il Martini ha risposto. Forse la sua
voce era una suggestione, ci è
parso solo di sentirla (quando
se ne beve più di uno, può capitare); in ogni caso, questa è
la fedele trascrizione di quanto
abbiamo udito.
Caro Martini cocktail, da dove
nasce la sua leggenda?
Forse dal fatto che mi baso su
equilibri
molto
delicati.
Ognuno ha la sua ricetta.
Quando vengo preparato, basta un nulla per cambiare il sapore, e perfino il senso, proprio come quando si scrive
una frase. Sono essenziale ma
complesso, disperatamente
elegante come lo è stata la migliore letteratura del Novecento, l’età dell’ansia. Non per
nulla il bicchiere del Martini
evoca una clessidra.
E così è diventato il migliore
amico di tanti scrittori.
Non solo loro. Sono socievole
con tutti, un compagno di
conversazione, un compagno
di avventure. Poi, se qualcuno
decide di scriverle, quelle avventure, affari suoi. D’altra
parte, questa è la vocazione di
tutti i cocktail preparati a regola d’arte.
Su questo non c’è dubbio. Su
sette premi Nobel americani
del secolo scorso, cinque erano
alcolizzati: Sinclair Lewis, Faulkner, Hemingway, Eugene
O’Neil e Steinbeck. Ma si potrebbero aggiungere i nomi di
Malcolm Lowry, Dylan Thomas, Scott Fitzgerlad, Carver,
Truman Capote, Anne Sexton,
Elizabeth Bishop, Robert Lowell, per arrivare fino a Charles Bukowski e Mordecai Richler. Lei come se lo spiega?
Ci sono motivazioni storiche,
a partire dal fascino trasgressivo che il proibizionismo diede all’alcol, e in particolare al
gin, la bevanda fornita all’esercito inglese per dare la carica ai
soldati. Da qui, l’idea che l’alcol favorisca l’ispirazione, le
“generazioni perdute” che fino agli anni Cinquanta elessero a loro residenza fissa i bar
di Parigi, Londra e New York.
Allora non c’erano scuole di
scrittura, né factory, né talent
show. Solo gare di boxe, e sfide
a chi beveva di più.
La rivalità, anche alcolica, tra
Hemingway e Faulkner è proverbiale.
Che è la rivalità tra gin e whiskey. C’è una lettera in cui Hemingway scrive a Faulkner:
“Sai che quando ti manca il
bourbon sulla pagina si ve-
de?”, poi gli elenca punto per
punto quali sono quelle pagine.
Ernest Hemingway, il più grande scrittore bevente.
Difficile batterlo. E impossibile battere i suoi personaggi.
Anselmo, il protagonista di Per
chi suona la campana, a un certo
punto dice: “Il whisky ammazza quel verme che ti divora
dentro”. Ecco, forse bevevano
per uccidere i vermi senza nome, i fantasmi che divorano. O
forse per conviverci il più a
lungo possibile, perché senza
fantasmi non si scrive.
MARTINI EDEN©
Bologna, Calligarich, Cutolo, Matteucci, Morasso,
Tuena - Nutrimenti,
pagg. 110, 10,00 ¤
La musa anglosassone è sempre stata la più assetata?
Non sottovaluterei la musa
russa. Bisogna sostituire la
vodka al gin, ma il prodotto
IL MIO SEGRETO
“Sono socievole
con tutti, un compagno
di conversazione
e di avventure
Poi, se qualcuno decide
di scriverle, affari suoi”
non cambia. Da Tolstoj a Dostoevskij, fino a Venedikt Erofeev, l’autore di Mosca sulla
vodka, il più grande romanzo
alcolico con Sotto il vulcano.
Per Erofeev, l’alcol è la grande
liberazione dal regime e insieme la fonte dell’immaginazione artistica, ossia l’unica rivoluzione possibile.”
E in Italia?
Anche l’Italia ha il suo cocktail
nazionale, lo inventò il conte
Negroni al bar Giacosa di Firenze di ritorno da un viaggio
a Londra. Il barman gli stava
preparando il Milano-Torino,
vermouth e Campari. E lui:
“Artemio, mettici un po’ di
gin!”.
Un colpo di genio.
Unico e solitario. Per il resto,
la musa alcolica italiana va a
vino. Niente età dell’ansia,
niente disperazione metropolitana, l’ispirazione è molto
più rustica e provinciale, come
la musica di Verdi o la poesia
di Carducci e Pascoli, grandi
bevitori. Per non parlare del
Leopardi.
Leopardi?
Altro buon bevitore, per sua
ammissione. Nel Dialogo di
Torquato Tasso e del suo genio familiare si chiede dove si può
trovare l’unico conforto della
vita, quello capace di trasportarlo dal buio della notte al
“bruno dei crepuscoli, piuttosto grato che molesto”. E la risposta è: “In qualche liquore
generoso”.
Mentre D’Annunzio, a sorpresa,
era astemio.
Completamente. Nonostante
avesse inventato il liquore Aurum, spendeva i soldi solo in
fiori e in cocaina. Da questo
punto di vista è stato il più anticipatore di tutti.
Veniamo ai nostri giorni, caro
Martini cocktail. Quanto è
cambiata la cultura del bere alcolico?
Molto. Fino agli anni Sessanta
la prima regola del saper bere è
stata mai più di due spiriti alla
volta. Adesso invece vanno i
cocktail con più zucchero, più
ingredienti e più shakerati. Per
intenderci, tutto il contrario
del sottoscritto.
sistere a un suo sbaglio.
Perché?
Sì, se con questo intendiamo la
scrittura che cerca di stupire a
ogni pagina. Velocità, facilità e
suspense, come vuole il mercato. Per forza poi che i libri
sono fatti in serie. Scrittori
acrobatici, anche loro aspiranti Tom Cruise.
La mia sensazione è che la fretta abbia rovinato tutto. Bisogna fare tutto nel modo più
forte possibile, nel minore
tempo
possibile.
Anche
sbronzarsi. Dall’età dell’ansia
siamo passati all’età dell’affanno.
Non ci sono più i barman di
una volta?
Ci sono ancora ottimi barman, ma in pochi seguono i
comandamenti della vecchia
scuola: lentezza, esattezza e
geometria. Un vero barman,
poi, sa mescolare gli ingredienti ma anche gli umori, capisce al volo che tipo di cliente
ha davanti ed è pronto a farsi
raccontare la storia della sua
vita. Temo che la fortuna degli
psicoterapeuti sia cominciata
con il declino dei barman.
Ora vanno di moda i barman
acrobatici, i giocolieri dello
shaker. Siamo in piena società
dello spettacolo, si sentono
tutti come Tom Cruise in Cocktail. Ma quello è un film, anche bruttino. In realtà, non c’è
nulla di più triste che sedersi
davanti al banco di un barman
acrobatico, e magari dover as-
Oggi anche la letteratura è più
shakerata?
Vogliamo salutarci con un
brindisi al personaggio letterario che beve meglio?
Volentieri, ma non sono sicuro della risposta. In Di là dal
fiume e tra gli alberi il colonnello
Cantwell beve troppo per bere
bene. Anche James Bond non
mi convince, è proprio lui a
inaugurare la moda dello shaker con il suo Vesper Martini.
La Babette di Karen Blixen
non beve granché di suo, però
offre ai suoi ospiti il meglio del
meglio: Borgogna e fratellanza. E poi c’è il grande Gatsby.
Ma anche lui non beve.
No, però alle sue feste si versano fiumi di gin e di champagne, si ubriacano tutti meno
lui. Gatsby soffre e muore per
amore, che è molto peggio di
qualsiasi Martini. E viene il sospetto che tutti gli altri bevano
così tanto per non fare la sua
stessa fine.
SECONDO TEMPO
il Fatto Quotidiano
Caos Celeste: Uruguay
a rischio Mondiale
GIOVEDÌ 3 APRILE 2014
15
Roma, missione compiuta
LA FIFA MINACCIA ESCLUSIONI DOPO LO SCONTRO TRA LA FEDERCALCIO E MUJICA
IL PROBLEMA È LA VIOLENZA NEGLI STADI, MA LA PARTITA VERA È SUI LOCALI DIRITTI TV
di Alessandro
Oppes
a Celeste a rischio flop, a
meno di tre mesi dal Mondiale brasiliano. Se non si
calmano le acque nel calcio uruguayano – tra violenza negli
stadi e caos istituzionale – si prospetta persino la possibilità che Cavani e compagni, quarti in Sudafrica,
restino fuori dalla prossima competizione nella quale, al primo turno,
dovranno affrontare l’Italia.
Questa, almeno, la minaccia ventilata dalla Fifa, che vuole vederci
chiaro sui reali motivi che hanno determinato le dimissioni in blocco
della giunta esecutiva della Federcalcio locale, l’Auf (Asociación Uruguaya
de Fútbol), con il presidente Sebastián
Bauzá in testa, pochi giorni dopo che
il presidente della Repubblica José
Mujica aveva deciso il ritiro della
protezione di polizia dagli stadi Centenario e Parque Central di Montevideo in risposta a una recente ondata di violenza sugli spalti. Se fosse
dimostrata una relazione diretta tra
l’intervento dell’esecutivo e la decapitazione dei vertici della Federazione, la Fifa avrebbe titolo per escludere la Selección dal Mondiale.
L
Mujica, in realtà, ora minimizza. Di- Da qui il drastico intervento del capo
ce che “non ci sarà nessuna sanzio- dello Stato a cui ha fatto seguito la
ne”, perché “io me la sono presa con decisione della Mutua Uruguaya de
la tribuna, non con il calcio”. Il capo Futbolistas, l’associazione calciatori,
dello Stato, ieri, ha anche deciso che di incrociare le braccia e bloccare il
la polizia potrà tornare a vigilare ne- campionato.
gli stadi, a patto che i club sotto- Subito dopo, sono arrivate le dimisscrivano il codice disciplinare della sioni dei vertici federali, peraltro imFifa che consente la
penalizzazione di
punteggio nei camBRACCIO DI FERRO
pionati quando le tifoserie commettono
Il presidente minimizza
atti di violenza: un
accordo di massima,
“Non ci saranno sanzioni,
su questo punto, è
me la sono presa con la
stato raggiunto al
termine di un intribuna, non con il calcio”
contro di due ore tra
lo stesso Mujica e i
La polizia potrà tornare
presidenti delle soa vigilare negli stadi
cietà di primera división, secondo quanto ha annunciato il
segretario della presidenza, Homero pegnati da mesi in un durissimo
Guerrero. La scintilla che ha scate- braccio di ferro con quello che la
nato la crisi, il 26 marzo scorso, è stampa locale definisce senza mezzi
stata la partita di Copa Libertadores termini il “padrone del calcio urutra il Nacional di Montevideo e gli guayano”. L’imprenditore Paco Caargentini del Newell’s, trasformatasi sal – vecchia conoscenza in Italia coin una battaglia campale con 28 po- me procuratore di Rubén Sosa (Lazio e Inter) e dei cagliaritani Franliziotti feriti e 40 arresti.
Pepe Mujica,
presidente
dell’Uruguay
dal 2010
Ansa
4-2 AL PARMA, PRESI 3 PUNTI ALLA JUVENTUS
Completato il match con il Parma interrotto dopo 8’
il 2 febbraio. A sette giornate dal termine i giallorossi
raggiungono quota 73 in classifica a - 8 dalla Juve Ansa
cescoli e Fonseca, oltre
a una sfilza di impresentabili “bidoni” – è il
proprietario delle reti
televisive Vtv e GolTv
con le quali ha da anni
il monopolio delle trasmissioni dei campionati locali e delle eliminatorie dei Mondiali.
La Federazione ha però osato sfidare
il suo potere incontrastato, con la decisione di indire una gara d’appalto
internazionale per vendere i diritti
delle eliminatorie del Mondiale di
Russia 2018. Un affronto al quale
Casal avrebbe reagito con minacce
dirette contro Bauzá e i suoi familiari. Secondo il quotidiano El Observador, l’imprenditore avrebbe ispirato un accordo tra i club minori del
campionato per mettere all’angolo i
dirigenti dell’Auf, mentre l'emittente
Canal4 denuncia una “campagna destabilizzante che punta a proteggere
gli interessi di Casal”. Chi c’è dietro?
Quel che è certo è che, quattro mesi
fa, il governo Mujica ha condonato
all’imprenditore una condanna al
pagamento di 10 milioni di dollari
per presunta evasione fiscale.
Ci mancava il porno eticamente corretto
È BRUTALE, SPORCO E ANCHE CATTIVO PER NATURA. INGENTILIRLO IN CHIAVE FEMMINILE, COME DA MANIFESTO “MY SEX”, SA UN PO’ DI CATECHISMO
di Daniela Ranieri
l porno è vivo e lotta contro
I
un nemico diverso dal bigottismo catto-borghese: la
teologia della liberazione femminista, che invece di appropriarsi del mezzo con scandalosa autodeterminazione cerca
di ammansirlo, di farne un servizio sociale, di piegarne i canoni di genere nella direzione
di una maggiore consensualità
femminile e una più spiccata
“naturalezza” fisica.
Nelle università anglosassoni
va molto di moda intellettualizzare lo scabroso; perciò anche da noi si prova a riscrivere
la pornografia in chiave female
frendly (vedi Le ragazze del porno,
“10 registe per porno d’autore”) omologandola agli standard del politicamente corretto. Cioè di fare un porno “trasgressivo ma ironico” politicizzato dall’educazione sessuale,
in cui si cerca di invertire la vecchia equazione sbagliata tra
pornografia e istigazione allo
stupro. Cioè un non-porno.
Perché il regno del porno è l’indecenza, il disagio, l’insudiciamento. Il suo successo secolare
attinge all’eccesso sessuale, che
non coincide con la vetta ineffabile dell’innalzamento, ma
con quella perturbante del degradamento. Inserire i canoni
della correttezza nella rappresentazione della sessualità è addomesticarla e imporle una
missione, dove il suo senso risiede proprio nella liberazione
da ogni compito e da ogni pudore.
Intellettualizzare e politicizzare il porno, lungi dall’innalzarlo alle vette filosofiche di Sade,
è farne un vino senz’alcol, una
nuotata senz’acqua. Depurarlo
dalla volgarità ha qualcosa del
chiudere le curve per i cori razzisti: tu li togli da lì, e quelli ricompaiono in tribuna.
La volgarità e il sopruso esistono a tutti i livelli della società, e
il porno, specie quando perfor-
ma la violenza e mette in scena
la recita del sessismo, non è che
un refugium peccatorum per anime belle convinte di vivere in
un mondo armoniosamente
governato dal rispetto tra i sessi, dalla pace coniugale, dal decoro istituzionale, dalla “parità” sui luoghi di lavoro.
LE DONNE DI MY SEX
Intellettualizzarlo significa
farne un vino senz’alcol
Depurarlo dalla volgarità
è come chiudere le curve
per i cori razzisti: li togli
e ricompaiono in tribuna
CHE SIA IL PORNO a dover salvare la civiltà è disperante: come se non fosse la società stessa,
con le sue regole e i suoi guasti, a
fornire ad esso i codici con cui
racconta l’osceno.
“Faremo casting a uomini col
cazzo piccolo e donne con la
cellulite” rivendica con orgoglio il manifesto cinematografico di My sex: a parte che i video
on line sono già pieni di categorie di imperfezioni fisiche
che assurgono a condizioni di
metafisico disagio-piacere, è
proprio nello scandalo fisico il
senso del porno, nella spesso
pedissequa identità di immaginazione e realtà e nella adesione
tra ciò che è ideale e ciò che è
normale.
E quanto catechismo in questo
orgoglio del difetto! Chi guarda
un porno vuole vedere corpi artificiali che recitano la normalità, illudersi di spiare i vicini di
casa, entrare nella stanza da letto della casalinga. Ma sa che tutto è inganno, e dispositivi di
ironia romantica come lo
sguardo in camera o la tecnica
del POV (point of view) rivelano
che il genere viene dritto dall’estrema sofisticazione del teatro. È nel finto pericolo che
quelle situazioni comunicano
allo spettatore che questi attinge il suo desiderio, non nella
prescrizione normativa delle
Asl del piacere; è nella dialettica
di perfezione e degrado la sua
“bellezza”, non nell’edificante
mostra di corpi imperfetti ottimisticamente apparecchiati per
un pasto garbato da interno
giorno progressista e democratico à la Ozpetek.
Ma il sottotesto più discutibile
di queste operazioni sul cui livello artistico non ci esprimiamo (da zero a von Trier tutto è
possibile) è che una donna non
possa (non debba) poter gradire l’inferno in scatola del porno
generalista via web; che a una
donna, in quanto creatura per
natura migliore perciò obbligata ad esserlo a meno che non voglia snaturarsi, non possa (non
debba) piacere quella roba. Che
se gode della visione di certe
scene fa un atto in qualche modo disonesto e offensivo verso
se stessa; che se si guarda dentro
frame di umiliazione è perché vi
vede il suo simulacro, e ogni posizione, ogni movimento, ogni
orgasmo non sono che raggiri a
suo danno proiettati sulla parete nella caverna dell’indicibile.
Ecco: dal dover-essere e dal giudizio morale siamo stati messi
in guardia un secolo fa, quando
qualcuno disse al mondo che
l’abisso lungamente guardato
guarda a sua volta dentro di noi,
come uno specchio.
16
SECONDO TEMPO
GIOVEDÌ 3 APRILE 2014
il Fatto Quotidiano
VON TRIER
Seriale e disperato:
il sesso secondo Lars
LA NINFOMANE JOE SI RACCONTA A UNO STUDIOSO
LE PERVERSIONI NON SONO MAI STATE COSÌ SERIE
di Federico Pontiggia
P
orno subito. E Lars
von Trier è tornato:
dopo aver buttato
giù il pianeta-pillola
blu di Melancholia e, forse, sconfitto la depressione, torna laddove aveva (quasi) iniziato, le
penetrazioni di Idioti (1998), e
scodella in sala l’uno e bino
Nymphomaniac, storia di un’autodiagnosticata
ninfomane
dall’infanzia ai 50 anni. Sul
grande schermo, il primo Volume nella versione tagliata, non
nel director’s cut di von Trier:
tranquilli, non manca quasi
nulla, nemmeno il sesso. La
protagonista Joe – adulta l’attrice-feticcio Charlotte Gainsbourg, giovane Stacy Martin –
viene trovata malmenata e incosciente in un vicoletto dallo
studioso Seligman (Stellan
Skarsgard). L’uomo la porta a
casa, la mette a letto e Joe si racconta cronologicamente in otto
capitoli: 5 per il Volume 1 e 3 per
il Volume 2. 5 e 3 sono anche i
colpi, dietro e davanti, con cui
Joe perde la verginità: se il primo Volume è quello anale (leggi:
adeguamento normativo e autocontrollo, che Joe rifugge con
analoga meccanicità), entram-
bi sono matematici, perché la
successione di Fibonacci è
esplicitamente evocata. Joe racconta, Seligman interrompe,
commenta e inserisce note a
margine e alte digressioni, cer-
NYMPHOMANIAC ©
Dan, Spa 2013
regia: Lars Von Trier;
con: Charlotte
Gainsbourg, Stellan
Skarsgård, Stacy
Martin, Shia LaBeouf,
Uma Thurman
gna da Joe e le amichette: le ragazze del porno, sì, ma quelle
vere. Storpiature a parte, la religione è in campo, e ancor più
lo sarà nel secondo Volume: da
un lato, specchiandosi nel mez-
PRIMO VOLUME
La storia è un tourbillon di esperimenti infantili,
promiscuità adolescenziale e bulimia in divenire
“Mea vulva, mea maxima vulva” è scritto sulla lavagna
punto lo serve Lars: Fibonacci e
Faust, Bach, gli Steppenwolf e i
Rammstein, la crocifissione del
Cristo e il Rugelach ebraico, tutti pezzi del diorama in cui Joe si
replica a soggetto e si dà a una
teoria di uomini-oggetto.
suo cinema non ha mai celato.
Che venga riaffidata a una donna travolta dalle onde del destino non può stupire: il sadomasochista danese le donne le conosce ma non le capisce, e non
capendole vi infierisce. Ma sta-
volta soffre con loro, forse, per
loro, rimanendo in piedi tra il
letto di Joe e la sedia di Seligman. E con Joe ruba il porno al
porno, restituisce cinema al cinema: Nymphomaniac è un
film da non perdere.
L’UNICO che potrebbe uscire
cando di normalizzare il sesso-fare della donna: lei scopa,
lui trova analogie nella pesca
con la mosca; lei scopa, lui rintraccia echi nella polifonicità di
J.S. Bach (Ich Ruf Zu Dir, Herr
Jesu Christ); lei scopa, lui rispecchia gli organi dell’amante
1, amante 2 e amante 3 (Shia LaBeouf) nell’organo bachiano:
piede, mano sinistra, mano destra.
E COSÌ VIA, perché se Joe “precipita”, Seligman la rimette in
piedi intellettualizzando, paraculeggiando dottamente. Tutto
il resto è “mea vulva, mea maxima vulva”, messo sulla lava-
zo-ebreo Seligman, von Trier
rabbercia lo choc filonazista che
lo rese persona non grata a Cannes 2012, dichiarandosi antisionista ma non antisemita; dall’altro, apparecchia per la “generalizzazione” che Seligman
farà tra Chiesa Ortodossa e
Chiesa Romana nel primo capitolo del Volume 2. Ma il Paradiso, si fa per dire, può attendere, per ora la storia di Joe è un
tourbillon di esperimenti infantili (l’acquaplanning clitorideo…), promiscuità adolescenziale (i ragazzi da farsi a gara con
l’amica sul treno, il distinto signore da circuire per vincere) e
bulimia in divenire. Il contrap-
dalla mazzetta è Jerome (LaBeouf), il primo che la ebbe e l’ultimo a perderla, ma il monologo della vagina di Joe non può
attendersi un dialogo nella carne, piuttosto l’ascolto di un
amico imprevisto, un orecchio
– e un cuore – benevolo: Seligman sarà questo? Lo scopriremo solo scopando, direbbe Joe,
e von Trier acconsente: mai il
porno è stato così geometrico,
maniacale, “anale” e insieme
accorato, disperato, dialogante;
mai Lars è stato così serio con il
pubblico e, ancor prima, con se
stesso, allettando i propri giochini, i propri tricks per risvegliare la richiesta di aiuto che il
FUTURE FILM L’anteprima
dell’ultimo Miyazaki
uturopolis – Le città del futuro. Su questo tema sviluppa
i suoi contenuti il XVI Future Film Festival, tradizionale
F
ma sempre innovativa vetrina sul cinema, videogames e di
entrambi i derivati in corso a Bologna. Diretto da Giulietta
Fara ed Oscar Cosulich prevede le anteprime dei cartoon Rio
2 – Missione Amazzonia e Si alza il vento del maestro giapponese
Hayao Miyazaki, film che egli stesso ha dichiarato quale suo
ultimo. Particolare attenzione è dedicata alla sempre prolifica cinematografia francese, capace di distinguersi anche
nel campo dell’animazione: oltre al film “caso” in madrepatria, Ma maman est en Amérique, elle a rencontré Buffalo Bill di
Marc Boréal e Thibaut Chatel anche Tante Hilda! di Jacques-Rémy Girerd già autore de La profezia delle ranocchie.
AM Pas
RECENSIONI
Uno ti mette al mondo, l’altro ti fa crescere: quale dei due è il Padre?
© Father and Son
regia: Kore-eda Hirokazu;
con: Masaharu Fukuyama, Machiko Ono
ARCHITETTO cool, Ryota ha
una famiglia da Mulino Bianco,
una Lexus in garage e un appartamento da catalogo di design.
Tutto bene, finché la bella mo-
gliettina non riceve una telefonata
dall’ospedale dove aveva partorito: Keita, 6 anni, non è il loro figlio.
C’è stato uno scambio, e quello
naturale è finito in una famiglia
modesta in tutto e per tutto, tranne che nei sentimenti. Keita o non
Keita, questo è il dilemma di Ryota, perché, ci dice il regista giapponese Kore-eda Hirokazu, chi è
tuo figlio, quello che fai o quello
che cresci? Domanda da ko emotivo servita superbamente in
Concorso all’ultimo festival di
Cannes, dove Father and Son ha
incassato il premio della Giuria (e
pare perfino poco): paternità biologica e paternità educativa/affettiva a duettare, risate e lacrime
generose, regia intima e recitazio-
CIAK SI GIRA
Il nuovo Tornatore
Clooney salva il mondo
ROBERT PATTINSON sta
girando in Canada, precisamente a Toronto e a Millbrook, in Ontario, il nuovo
film di Anton Corbijn “Life”
incentrato sul rapporto tra il
fotoreporter Dennis Stock
della rivista Life Magazine e
James Dean (interpretato
da Dane DeHaan) nato nel
1955 alla prima de “La Valle
dell’Eden” e cementatosi in
seguito in una profonda
amicizia e in una serie di foto realizzate in più occasioni
fino all’ultima, scattata subito prima della morte della
star nel 1955, che divenne la
sua immagine iconica più
celebre.
A MAGGIO Giuseppe Tornatore inizierà ad Edimburgo e in
altre località scozzesi (e concluderà in seguito in Italia) le
riprese di “The Correspondence” che racconterà la storia
d'amore tra un professore e
una giovane donna che lavora
nel suo stesso ambiente. Ancora top secret la star internazionale protagonista del film
che si avverrà come di consueto delle musiche di Ennio Morricone e verrà prodotto come il
recente “La migliore offerta”
da Arturo Paglia e Isabella Cocuzza di Paco Cinematografica e da Warner Bros Italy che
lo distribuirà a partire dal 1
gennaio 2015.
G. Clooney gs
GEORGE CLOONEY ha ultimato al Museo de Las Artes y
las Ciencias a Valencia le riprese di “Tomorrowland”, il
mystery fantascientifico di
cui è protagonista per la regia
di Brad Bird. Intitolato inizialmente “1952” il kolossal targato Disney vede una solare
ed ottimista studentessa
esperta di tecnologia (Britt
Robertson) fare coppia con
un disilluso inventore ex
bambino prodigio (Clooney):
i due sono coinvolti in un rocambolesco viaggio per scoprire i segreti di un luogo misterioso, sospeso tra il tempo
e lo spazio, e salvare il pianeta.
ne empatica, le scorciatoie vengono buttate nel fuoricampo. Già,
“tale padre, tale figlio” recita l’adagio, ma che significa davvero?
Risponde un dramedy che è un
capolavoro di scrittura, un peana
alla nostra fragilità e la deliziosa
conferma che il cinema non può
cambiare il mondo, ma può cambiare l’uomo. Da vedere, meditare
e godere: senza se e senza ma.
Federico Pontiggia
© Ti ricordi di me?
regia: Rolando Ravello;
con: Ambra Angiolini, Edoardo
Leo
NARCOLETTICA e affetta da
frequenti amnesie, Bea (Angiolini) veste retrò, cammina solo sul
bianco delle strisce pedonali e
non si separa mai dal suo “libro
della vita” dove annota quanto le
accade. Questo semplicemente
perché dimentica tutto, persino la
propria identità. È fidanzata col
ricchissimo Amedeo che la mantiene in un “palazzo delle Meraviglie” al centro di Roma. Roberto
(Leo, bravo) è cleptomane e proletario, lavora in un supermercato,
scrive favole “social” per bambini
e vive con la sorella e il di lei compagno. S’incontrano, s’innamorano, ma la fiaba è in loop: causa le
falle mnemoniche di Bea. Ravello
firma la seconda regia dopo il discreto Tutti contro tutti (2012) ma
stavolta intensificando il tratto
fiabesco e puntando di più sul carisma degli interpreti. Rifugio dall’umana sofferenza ancorato ad
indispensabile ironia? Leggiamola così questa dichiarata “Storia
d’amore (quasi) indimenticabile”
che tempo 10 minuti e sarà subito
oblio, una volta usciti dalla sala.
Anna Maria Pasetti
© I corpi estranei
regia: Mirko Locatelli;
con: Filippo Timi, Jaouher Brahim
UMBRO, operaio e “zoticone”,
Antonio (Filippo Timi) arriva a
Milano con il figlio Pietro: malato
di cancro, il bambino dovrà sottoporsi a un delicato intervento.
All’ospedale, l’incontro-scontro
tra Antonio e Jaber (Jaouher
Brahim, esordiente), un 15enne
maghrebino che assiste un amico:
due corpi estranei possono toccarsi, capirsi? Se lo chiede Mirko
Locatelli, che torna alla finzione
cinque anni dopo Il primo giorno
d’inverno: I corpi estranei è un
viaggio al termine della notte, non
con Celine, ma con la malattia, le
forzate veglie in una città che Jaber conosce e Antonio no e l’incomunicabilità per infelice compagno di viaggio. Il regista predica
che “di fronte al dolore siamo tutti
uguali”, studia il tallonamento
empatico dei Dardenne, ma cade
in una serie di plateali incongruenze nella lungodegenza. Apprezzabili le intenzioni, ma il discorso a tesi non è mai un corpo
estraneo. Purtroppo.
Fed. Pont.
© Nottetempo
regia: Francesco Prisco;
con: Giorgio Pasotti, Nina Torresi,
Gianfelice Imparato
UNA NOTTE un pullman si ribalta. Tutti morti tranne Assia (Torresi), giovane superstite soccorsa
da Matteo (Pasotti), poliziotto e
giocatore di rugby. L’esplosione
del mezzo di trasporto innesca un
meccanismo che intreccia tre esistenze: quella dei sopracitati e di
Enrico (Imparato), un cabarettista in crisi d’ispirazione. Deja-vu,
ellissi e ribaltamenti spazio temporali e “nulla è come sembra” in
quest’opera prima ambiziosa dal
carattere più nero che noir, in cui il
protagonista Pasotti rivela la sua
anima oscura. Prisco poteva incidere meglio, ma almeno c’ha provato.
AM Pas
SECONDO TEMPO
il Fatto Quotidiano
GIOVEDÌ 3 APRILE 2014
17
LUCA E PAOLO
Conduttori di “Giass”,
programma di Antonio Ricci Ansa
SU RAITRE
IL PEGGIO DELLA DIRETTA
Glob, torna la satira
ad alta digeribilità
di Chiara
Daina
nrico Bertolino è catartico.
E
Come il suo programma Glob.
Dopo la versione “spread”, che fa
ironia sui meccanismi dell’economia nell’era 2000, e quella “porcellum”, che prende in giro il sistema elettorale dichiarato incostituzionale lo scorso dicembre ma
in vigore fino all’altro ieri, da domenica 6 aprile ritorna, sul solito
canale (Rai Tre), nella variante
“diversamente italiani”. Una battuta di cattivo gusto? Assolutamente no. Bertolino offre la possibilità di prenderci sul serio con
comicità. Una contraddizione?
Ma va! L’autoironia è la strada migliore verso la maturazione. Il conduttore rispolvera il concetto di
tribù, non una ma tante, tantissime, tutte quelle che abitano nel
nostro Paese e da sempre vivono
nella curiosa incapacità di dialogare e capirsi davvero. “Nessun
pessimismo – ha messo le mani
avanti Bertolino – In fondo le tribù
sono alle origini del nostro mondo
e pensare in questi termini significa, per esempio, stravolgere il
concetto di ‘casta’ con cui siamo
abituati a giudicare gli altri e ritrovare il senso di un’unione in
nome di interessi comuni, sempre
attraverso la chiave di lettura ironica”. Quindi, avete capito, non c’è
voglia di far bollire il trito e ritrito
campanilismo italico, ma piuttosto di declinarlo in una nuova accezione, che richiama il senso di
familiarità, coesione, solidarietà di
cui la gente oggi ha un mare di
bisogno. È un viaggio della comunicazione nella comunicazione
per guardarci allo specchio migliori di prima.
NELL’OPERA di risorgimento il co-
mico è affiancato da Candida Morvillo, giornalista e commentatrice
di costume e società, il collega Fabrizio Casilino nei panni del presidente del Parlamento europeo
Martin Schulz (giusto per avere il
punto di vista straniero) e quelli di
Enrico Letta nel confessionale del
Grande Fratello, Stefano Bartezzaghi, culture delle parole, e non poteva mancare la figura di una nativa digitale, Alice Mangione, che
tratta il web come un organo vitale:
indispensabile inseparabile, sempre connesso sennò muori. Ospite
della prima puntata l’avvocato
Giulia Bongiorno e il vignettista
Vauro. Lente di ingrandimento irriverente sulla realtà la rassegna
stampa di Bertolino su quello che i
giornali non osano scrivere, ma lui
osa dire. Sono previste raffiche di
risate per dieci porzioni (quante
sono le puntate del programma) di
autoanalisi altamente digeribili.
L’ordigno imperfetto
di Antonio “Jep” Ricci
di Nanni Delbecchi
orse anche Antonio Ricci, come Jep
Gambardella, non si accontenta di
F
essere il re del varietà televisivo; vuole
avere il potere di far fallire i varietà. La
comparsa su Canale 5 di Giass, show maleducato e politicamente scorretto per
propria esplicita ammissione, si spiega
anche così, una molotov gettata sul gusto
digestivo della telefamiglia felice, si tratti
di fiction o di talent show, lanciata oltretutto nella prima serata della domenica, ossia di fronte al plotone di esecuzione del nemico. Preso atto che gli
ascolti non lo premiavano, Jep Ricci alla
terza puntata ha spostato i kamikaze Luca e Paolo al martedì, ma è stato come
quando Mazzarri cambia Hernanes per
Guarin, il risultato finale è stato ancora
deludente. E questo nonostante i riservisti di Striscia la notizia chiamati a dare
man forte, Ficarra e Picone che smontavano e ricostruivano la piantina con le
regioni d’Italia (Freud magari ci avrebbe
visto la voglia di decostruire l’intrattenimento televisivo), i Cugini Merda impegnati a sbertucciare Michelle Hunziker
(che per cinque minuti non ha smesso lo
stesso sorriso), una gustosa prima puntata della serie I Parioloni (quella sì, avrebbe ascolti garantiti) e poi, sempre in tema
di grande bellezza, una magistrale Sabrina Ferilli secondo Virginia Raffaele.
COME SI SPIEGA che il Gambardella degli ascolti, più che gli show degli altri, faccia fallire il suo? Giass si basa su un presupposto temerario: sperimentare un
format originale, anzi, fatto in casa (Ricci
e i suoi preparano ancora le gag come si
pesta il basilico nel mortaio) nel momento di maggior torpore della nostra tv, l’età
di Don Matteo, dove con la novità si rischia molto più che con l’orrore. La provocazione e il gusto della parodia, che sulla rete trionfano, faticano a bucare il video; ci voleva non una molotov, ma una
bomba al napalm, e invece Giass è un ordigno imperfetto con troppi elementi,
troppe spolette tirate a metà, troppi pensieri deboli, seppure irriverenti. L’attacco
a ciò che è intoccabile risulta marginale, e
la spina dorsale dello show sono i monologhi dei “nuovi comici”, il cui traffico
è peraltro eroicamente smistato da Luca e
Paolo. Ma i nuovi comici restano la cosa
meno nuova che passa in Tv dopo Don
Gli ascolti
di martedì
UNA BUONA STAGIONE
Spettatori 4,5 mln Share 16,6%
BALLARÒ
Spettatori 2,9 mln Share 11,7%
Matteo, e se nonostante tutto conservano
una funzione, è quella di far rimpiangere
i comici vecchi.
Nell’accrocco di citazioni, assoli, duetti,
candid camera, classifiche, stacchetti
musicali stile Arbore, a un certo punto
sono apparsi tre lampi di genio, tutti e tre
datati di almeno quarant’anni: il giovanissimo Celentano che fa lo sciancato, il
grande Gianni Agus che fa il razzista, Totò che fa il gay.
L’essenza del politicamente scorretto e
della vis comica sono arrivati insieme, ma
soprattutto da lontano; e così la scala mobile della memoria ha cominciato a muoversi all’indietro, senza più fermarsi. È
apparso chiaro che “i nuovi comici” servivano giusto a far rimpiangere Nino
Formicola, Nino Formicola serviva a far
rimpiangere Andy Luotto, Luotto a far
rimpiangere Pino Caruso. E con Caruso
eravamo arrivati al punto di partenza, ossia a Totò e Gianni Agus. Forse Ricci
avrebbe dovuto osare di meno e non entrare nella Chinatown delle prime serate;
o forse avrebbe dovuto osare di più, e
proporre Giass in bianco e nero, puntando più sulla vitalità dei morti che sul mortorio dei vivi.
GIASS
Spettatori 2,5 mln Share 9,1%
MADE IN SUD
Spettatori 2,3 mln Share 9,7%
LA TV DI OGGI
6.45 Unomattina Attualità
10.00 Unomattina Storie Vere
Rubrica
10.30 Unomattina Verde
Rubrica
10.55 Che tempo fa
Informazione
11.00 TG1 Informazione
11.25 Unomattina Magazine
Rubrica
12.00 La prova del cuoco
Varietà
13.30 TG1 Informazione
14.00 TG1 Economia
Informazione
14.10 Verdetto Finale
Attualità
15.20 La vita in diretta
Attualità
Rai Parlamento
Telegiornale - TG1 - Che
tempo fa Informazione
(all’ interno)
18.50 L’ eredità Gioco
20.00 TG1 Informazione
20.30 Affari tuoi Gioco
21.10 Carosello Reloaded
Documenti
21.15 Prima tv Don Matteo 9
“Una favola vera”
“Il ritorno di Alma”
Telefilm
TG1 60 Secondi
Informazione
23.30 Porta a Porta Attualità
1.05 TG1 Notte - Che tempo
fa Informazione
1.40 Sottovoce Rubrica
2.10 Scrittori per un anno
Rubrica
6.45 Cartoon Flakes
Ragazzi contenitore
8.15 Due uomini e mezzo
“Una segretaria
scomoda” Telefilm
8.35 Desperate
Housewives
“Il rumore dello sparo”
“Liberi” Telefilm
10.00 TG2 Insieme Attualità
11.00 I Fatti Vostri Attualità
13.00 TG2 Giorno
Informazione
13.30 TG2 Costume e
Società Rubrica
13.50 Medicina 33 Rubrica
14.00 Detto fatto Attualità
16.00 Question time (Dir.)
17.20 Lol:-) Sit com
17.45 TG2 Flash L.I.S. Meteo 2 Informazione
17.50 Rai TG Sport - TG2
Informazione
18.45 Squadra
Speciale Cobra 11
“Nemici mortali”
“Riconoscenza” Tf
20.30 TG2 - 20.30 Infor.
21.00 Lol:-) Sit com
21.10 Prima tv N.C.I.S.: Los
Angeles “Ricerca
infinita” Telefilm
21.55 N.C.I.S.: Los Angeles
“Strategia d’ uscita”
Telefilm
22.45 Prima tv Blue Bloods
“Proteggere e servire”
Telefilm
23.30 Il Musichione Show
0.50 TG2 Informazione
8.00 Agorà Attualità
10.00 Mi manda Raitre
Attualità
11.15 Elisir Attualità
12.00 TG3 - Meteo 3
Informazione
12.25 TG3 Fuori TG Attualità
12.45 Pane quotidiano
Rubrica
13.10 Il tempo e la storia
Documentario
14.00 TG Regione - Meteo
Informazione
14.20 TG3 - Meteo 3
Informazione
14.50 TGR Leonardo Rubrica
15.05 TGR Piazza Affari
Rubrica
15.10 Terra nostra Soap
16.00 Aspettando Geo
Documentario
16.40 Geo Documentario
19.00 TG3 Informazione
19.30 TG Regione - Meteo
Informazione
20.00 Blob Varietà
20.10 Sconosciuti - La nostra
personale ricerca della
felicità Rubrica
20.35 Un posto al sole Soap
21.05 The Queen - Biografico
(GB 2006). Di Stephen
Frears, con Helen
Mirren, Michael Sheen
23.00 Gazebo Rubrica
0.00 TG3 Linea notte
Attualità
TG Regione
Informazione
(all’ interno)
18.30 Transatlantico Attual.
19.00 News Notiziario
19.25 Sera Sport Notiziario
sportivo
19.30 Il Caffé: il punto
Attualità
20.00 Il Punto alle 20.00
Attualità
Meteo Previsioni del
tempo (all’ interno)
20.58 Meteo Previsioni del
tempo
21.00 News lunghe
Notiziario
21.26 Meteo Previsioni del
tempo
21.30 Visioni di futuro
Attualità
21.56 Meteo Previsioni del
tempo
22.00 Visioni di futuro
Attualità
22.26 Meteo Previsioni del
tempo
22.30 News lunghe
Notiziario
22.56 Meteo Previsioni del
tempo
23.00 Il Punto + Rassegna
Stampa Attualità
23.27 Meteo Previsioni del
tempo
23.30 Il Punto + Rassegna
Stampa Attualità
23.57 Meteo Previsioni
tempo
0.00 News + Rassegna
Stampa Attualità
0.27 Meteo Previsioni del
tempo
6.00 Prima Pagina Infor.
7.55 Traffico - Borsa e
Monete - Meteo.it
Informazione
8.00 TG5 Mattina Infor.
8.45 Mattino Cinque
Attualità
TG5 - Ore 10 - Meteo.it
Informazione
(all’ interno)
11.00 Forum Real Tv
13.00 TG5 - Meteo.it
Informazione
13.40 Beautiful Soap
14.05 Grande Fratello Reality
14.10 CentoVetrine Soap
14.45 Uomini e Donne
Talk show
16.05 Grande Fratello Reality
16.15 Il segreto Soap
17.10 Pomeriggio Cinque
Attualità
TG5 Minuti
Informazione
(all’ interno)
18.50 Avanti un altro Gioco
20.00 TG5 - Meteo.it
Informazione
20.40 Striscina la Notizia
Attualità
21.05 Calcio, UEFA Europa
League 2013/2014
Quarti di finale. Gara di
andata Olympique
Lione - Juventus
(Diretta)
23.00 Speciale Europa
League Rubrica
sportiva
0.00 Matrix Attualità
7.00 Friends Telefilm
7.50 Le regole dell’ amore
Telefilm
8.45 Una mamma per
amica Telefilm
10.30 Dr. House - Medical
Division Telefilm
12.25 Studio Aperto Meteo.it Informazione
13.00 Sport Mediaset
Notiziario sportivo
13.40 Grande Fratello Reality
14.10 I Simpson Cartoni
14.35 Dragon Ball GT
Cartoni animati
15.00 The Big Bang Theory
Telefilm
15.50 Due uomini e mezzo
Telefilm
16.35 How I Met Your
Mother Telefilm
17.25 Nikita “Nel mirino”
Telefilm
18.30 Studio Aperto Meteo.it Informazione
19.20 C.S.I. “Il miglior amico”
“Il corriere” Telefilm
21.10 Mistero “Nona
puntata” Attualità
0.35 Amusement - Giochi
pericolosi - Horror
(Usa 2008). Di John
Simpson, con Keir
O’ Donnell, Katheryn
Winnick
TGCom - Meteo.it
Informazione
(all’ interno)
2.20 Grande Fratello
Reality show
7.20 Miami Vice “Alle soglie
dell’ immortalità”
Telefilm
8.15 Hunter “Violenza a
domicilio - prima parte”
Telefilm
9.40 Carabinieri “Pronto,
Alice?” Telefilm
10.45 Ricette all’ italiana
Rubrica
11.30 TG4 - Meteo.it
Informazione
12.00 Un detective in corsia
“Assassinio sul
ghiaccio” Telefilm
12.55 La signora in giallo “Le
pentole del diavolo” Tf
14.00 Forum Real Tv
15.30 Hamburg Distretto 21
“La testimone”
Telefilm
16.35 Nestore - L’ ultima
corsa - Drammatico
(Ita/Fra 1994).
Di e con Alberto Sordi
18.55 TG4 - Meteo.it
Informazione
19.35 Il segreto Soap
20.30 Tempesta d’ amore
Soap
21.15 Die Hard - Vivere o
morire - Azione (Usa
2007). Di Len
Wiseman, con Bruce
Willis, Justin Long
0.00 Double impact Azione (Usa 1991).
Di Sheldon Lettich,
con Jean-Claude Van
Damme
6.00 TGLa7 - Meteo Oroscopo - Traffico Informazione
Informazione
6.55 Movie flash Rubrica
7.00 Omnibus - Rassegna
Stampa Attualità
7.30 TG La7 Informazione
7.50 Omnibus meteo
Informazione
7.55 Omnibus Attualità
9.45 Coffee Break Attualità
11.00 L’ aria che tira
Attualità
13.30 TG La7 Informazione
14.00 TG La7 Cronache
Attualità
14.40 Le strade
di San Francisco
“Maschera di morte”
“Bersaglio rosso”
Telefilm
16.40 Il Commissario
Cordier “Il segreto di
Cathy” Telefilm
18.10 L’ ispettore Barnaby
“La mela marcia”
Telefilm
20.00 TG La7 Informazione
20.30 Otto e mezzo
Attualità
21.10 Servizio Pubblico
Attualità. Condotto
da Michele Santoro
(Diretta)
0.00 TG La7 Night Desk
Attualità
1.10 Movie flash Rubrica
1.15 Otto e mezzo Attualità
(Replica)
LA RADIO
Giorgio Pasotti e Elisa Fuksas
ospiti a Radio2 SuperMax
Nello studio di Radio2 SuperMax è un tema molto attuale quello del rapporto padre-figlio. Max
Giusti ha debuttato al Teatro Sistina con il suo ultimo spettacolo “Di padre in figlio” e, nel frattempo, è uscito il romanzo semi-autobiografico “Figlia di” di Elisa Fuksas. Figlia dell’ architetto famoso
in tutto il mondo è ospite della puntata in onda oggi su Radio2.
Ci sarà anche un inedito Giorgio Pasotti, che nel film che in uscita nelle sale cinematografiche dal
titolo “Nottetempo” ha, per la prima volta, un ruolo da vero duro. Laura Barriales avrà poi il suo da
fare con le intrusioni telefoniche di Almodovar e di Berlusconi e tenterà invano di avere chiarimenti
in fatto di politica e attualità con lo svampito centralinista de “Il Fatto Quotidiano”. Naturalmente
tanta buona musica, con la voce solista di SarahJane Olog e la SuperMax Band.
RADIO2 11.00
I film
SC1 Cinema 1
SCH Cinema Hits
SCP Cinema
Passion
SCF Cinema
Family
SCC Cinema
Comedy
SCM Cinema Max
SCU Cinema Cult
SC1 Sport 1
SC2 Sport 2
SC3 Sport 3
16.50 Jack Reacher La prova decisiva SCM
16.50 L’ amore in gioco SCH
17.25 Fuga dal Natale
SCF
17.30 Primi amori, primi vizi,
primi baci
SCC
17.40 Margin Call
SCU
17.50 Appuntamento
da sogno!
SCP
18.35 Piccole bugie
tra amici
SCH
18.45 Royal Affair
SC1
19.00 Cosa fare a Denver
quando sei morto SCM
19.05 Water Horse
SCF
19.15 Ritorno
a casa Gori
SCC
19.30 L’ intervallo
SCU
19.30 Una ragazza
per due
SCP
Lo sport
21.00
21.00
21.00
21.00
21.00
21.10
21.10
22.50
22.50
23.00
23.00
23.00
The Way Back
SCU
Ring of Fire
SCM
Troppo amici
SCP
Striscia, una zebra
alla riscossa
SCF
Zohan - Tutte le donne
vengono al pettineSCC
Prima tv Bianca come
il latte, rossa come
il sangue
SC1
La leggenda del cacciatore di vampiri
SCH
Una vita normale SCP
Minouche la gatta SCF
Die Hard - Un buon
giorno per morire SC1
Magnifica
SCH
presenza
Delitto
in formula uno
SCC
16.30 Calcio, UEFA
18.00 Calcio, UEFA Cham-
ster United - Bayern
Monaco (Sintesi) SP1
16.30 Basket, NBA 2013/2014
Brooklyn Nets - Houston Rockets (R) SP3
16.45 Rugby, Top 14
2013/2014 Clermont
Auvergne - Tolone
(Replica)
SP2
17.00 Calcio, UEFA
Madrid - Borussia
Dortmund (Sintesi) SP1
19.00 WWE Experience SP2
20.30 WWE Domestic
Raw
SP3
21.00 Golf, US PGA Tour
2014 Shell Houston
Open: 1a giornata
(Diretta)
SP2
21.05 Calcio, UEFA Europa
Champions League
2013/2014 Manche-
Champions League
2013/2014 Barcellona Atletico Madrid (S) SP1
17.30 Calcio, UEFA
Champions League
2013/2014 PSG Chelsea (Sintesi) SP1
pions League
2013/2014 Real
League 2013/2014
Olympique Lione Juventus (Diretta) SP1
23.00 Calcio, UEFA Europa
League 2013/2014
Olympique Lione Juventus (Replica) SP3
18
SECONDO TEMPO
GIOVEDÌ 3 APRILE 2014
il Fatto Quotidiano
NORDISTI
NUOVE PROFESSIONI
Archeologia
da lustrascarpe
di Tomaso Montanari
erto la veneranda Accademia dei Lincei
non si può dipingere
come un covo di intemperanti giovinotti inclini al
ribellismo. Tanto più colpisce il
durissimo documento con cui
quasi tutti gli archeologi che ne
fanno parte attaccano l’abilitazione nazionale della loro materia. Ermanno Arslan, Luigi
Beschi, Nicola Bonacasa, Edda
Bresciani, Giovannagelo Camporeale, Filippo Coarelli, Antonio Giuliano, Eugenio La Rocca, Vincenzo La Rosa, Salvatore
Settis, Mario Torelli e Fausto
Zevi si rivolgono alla ministra
per l’Università, Stefania Giannini, per esprimere tutto il loro
sconcerto per l’operato della
commissione che ha distribuito
le idoneità agli archeologi italiani. “Sono stati resi idonei candidati – si legge – la mediocrità o
addirittura l’irrilevanza della
cui produzione è visibile a
chiunque”, in base a “un criterio
meramente quantitativo, per
cui vale ‘uno’ sia una prefazione
di una pagina sia un lavoro
enormemente più impegnativo”. E ancora: “Ci si è voluti mostrare generosi a spese della
scienza, una scelta palesemente
fatta con l’obiettivo di compiacere singoli professori e cordate
vecchie e nuove, e finanche intere regioni (una sola scorsa
della lista degli abilitati permette di dire a quali regioni ci si riferisce: (la Sicilia, ndr), per la
prima fascia.
C
E “IL SEMPLICE confronto delle
esclusioni con le inclusioni fornisce un quadro del tutto evidente delle scelte ‘di scuola’, che
hanno privilegiato alcuni candidati, non sempre di evidente alta
qualità, e danneggiato altri”. I
lincei non esitano a giudicare i
commissari stessi: “Quando,
come qui è il caso, una commissione non contenga né studiosi
di primo piano e con vasta esperienza internazionale né competenze essenziali (per esempio,
di storia dell’arte greca e romana), i commissari possono facilmente cedere alla tentazione di
condizionare il futuro della disciplina limitando le scelte di
prima fascia ai candidati a essi
affini per ambito di studi (anche
ristrettissimo) o per appartenenze e colleganze che nulla
hanno a che fare con la scienza.
Scelte come queste risulteranno
incomprensibili in the profession
a livello dell’opinione pubblica
internazionale”.
Nella tempesta che sta, meritatamente, investendo tutto il carrozzone delle abilitazioni, la lettera dei nostri più illustri archeologi rappresenta un episodio di inedita durezza, anche
perché si conclude chiedendo
alla ministra “di voler sospendere l’operatività di queste abilitazioni e tornare sull’intera materia delle abilitazioni e dei concorsi con un nuovo provvedimento legislativo, che ripristini
il criterio assolutamente prevalente della qualità (e non della
quantità) della ricerca”.
In effetti, a prendere in mano i
giudizi di archeologia c’è da trasalire. Di fronte a lampanti conflitti di interesse, come nel caso
di pubblicazioni firmate sia da
un commissario che da un candidato, come hanno deciso di
comportarsi i callidi commissari? Di astenersi? Di non valutarlo? No, manco per sogno, hanno
previsto di allegare al giudizio
“una dichiarazione da cui si
evinca chiaramente la parte di
contributo pertinente al candidato”. Basterebbe questo per
chiedere di invalidare tutto il
concorso. Ma non è finita.
E IL MINISTRO?
L’Accademia dei Lincei
contro la commissione
che ha dato le idoneità:
favoriti i candidati
che hanno firmato
pubblicazioni con i giudici
Il ministro Giannini LaPresse
Un commissario, il professor
Alessandro Guidi, ha inserito
tra i propri titoli un intervento
(peraltro scritto a quattro mani
con una collega) sull’archeologia dei nettascarpe, quei ferri otto-novecenteschi talvolta murati vicino ai portoni dei palazzi.
Una curiosità da settimana
enigmistica, decisamente improbabile nel curriculum di uno
specialista in preistoria, e la cui
unica rilevanza accademica è
forse da cercare nella prossimità
semantica che unisce nettascarpe e leccapiedi.
UN ALTRO commissario, Francesco Tomasello, dichiara di
non votare per l’idoneità di una
candidata, per il suo “scarso
coinvolgimento in attività universitarie”. Ma la candidata in
questione (Maria Luisa Catoni,
cui è stata negata l’idoneità) presiede una commissione per il finanziamento di ricerche nell’influentissimo European Research Council, è Senior Fellow e
Membro del Consiglio Scientifico dell’Italian Academy della
Columbia University, dirige un
programma di dottorato della
sua università, è stata Fellow del
Wissenschaftskolleg di Berlino,
Senior Project Associate al J. P.
Getty Center Institute di Los
Angeles: e dunque, viene da
chiedersi, a quale mai tipo di attività universitarie pensava il
commissario? A questo punto
resta solo da vedere se la ministra accoglierà l’invito dei Lincei, o se invece lascerà ai Tar il
facile compito di ridurre questi
giudizi a carta buona per nettarsi – giustappunto – le scarpe.
Scuole di giornalismo
studiate il caso Proto
di Gianni Barbacetto
NO, NON ENTRERÀ nella
storia della finanza. Ad Alessandro Proto piacerebbe un
sacco essere ricordato come
un Wolf of Wall Street, mascalzone ma grande: non succederà, perché la finanza sta a Proto come un fiore al petrolchimico di Taranto. Proto non ha
mai fatto un’operazione finanziaria in vita sua. Non ha mai
mosso neppure una delle azioni che annunciava di comprare. Ora sta scontando la sua
pena agli arresti domiciliari,
ma la Proto Organization ha ripreso a operare. Intanto, se
non entrerà nella storia della
finanza, Proto potrebbe però
entrare nella storia del giornalismo. Anzi: propongo alle
scuole di giornalismo di studiarlo, di analizzare il suo caso,
di farne materia d’insegnamento, d’invitarlo come visiting professor. La sua è davvero
una storia incredibile.
Inizia quando il giovane Alessandro Proto, che vende enciclopedie Garzanti e si veste
come un agente immobiliare
pensa si vesta un finanziere,
cerca di farsi un nome sulla
piazza di Milano facendo scrivere sui giornali che lui vende
le ville dei vip. Non risulta che
ne abbia venduta una, eppure
cercate in Google: troverete
molti articoli su importanti
quotidiani nazionali che raccontano le gesta del giovane
intermediario che ha per le
mani case da sogno, in Sardegna e Costa Azzurra, in Engadina e a New York. Tra i venditori e i possibili acquirenti ci
sono i nomi di George Clooney
e Berlusconi, Beckham e Ronaldo, José Mourinho e Alan
Friedman. Ancora ieri, 2 aprile,
sui siti della Gazzetta dello
n
Sport e del Corriere della Sera
veniva pubblicata la notizia
dell’acquisto di una “splendida villa sul lago di Como” da
parte del giocatore del Barcellona Lionel Messi. Visto che la
cosa funzionava e i giornalisti
– incantati dai nomi da favola –
abboccavano, nel 2010 Proto
alza il tiro. Fa il suo ingresso
nella finanza: virtuale, perché
non tocca un’azione, non entra
neppure nella filiale della banca
sotto casa, ma comincia a produrre comunicati. Il primo è del
19 dicembre 2010 e dice che
“dodici investitori privati riuniti
da Alessandro Proto Consulting, società con sede a Lugano”, ha acquistato il 2,88 per
cento di Tod’s. Ci cascano Il
Giornale e la Reuters. Da allora
non si ferma più. Comunica di
BASTA LA PAROLA
Non ha mai mosso
neppure una sola
delle azioni che diceva
di comprare,
ma tutti si sono sempre
bevuti i suoi comunicati
Alessandro Proto Ansa
JOBS ACT
iamo tutti in attesa di verificare i contenuti del fantomatico Jobs Act, ma quel che
possiamo fare è dare un giudizio sul decreto legge, recentemente approvato ed entrato in
vigore, che modifica sensibilmente il contratto a tempo determinato e la formazione per
gli apprendisti.
All’indomani dell’elezione di
Giuliano Poletti, ministro del
Lavoro, mi sono permesso di
scrivergli invitandolo a iniziare
il suo mandato togliendo le prime 50 norme che gli capitavano a tiro. Così, a caso. Sarebbe
stato quasi impossibile sbagliare. Semplificare dovrebbe diventare la parola d’ordine di
qualsiasi ministro. La giungla
normativa che regola il rapporto di lavoro è diventata tale da
rendere non quantificabile il
costo che l’azienda deve sostenere nell’assumere un lavoratore dipendente, tanto che
spesso le stesse desistono dall’entrare in questo mondo. Oggi i costi “indotti” dall’assunzione del personale sono tali
S
n COME STUPIRSI che Proto
il Lupo del comunicato stampa
venga preso da un senso d’onnipotenza, da una mania compulsiva, da una bulimia comunicativa, da una scimmia da
stampa gabbata che gli dà dipendenza e assuefazione? Sa
che può raccontare qualunque
balla e troverà chi è disposto a
credergli. A un certo punto fa
la prova. “Una mattina – racconta Proto – arrivo nel mio ufficio e lancio una sfida ai miei
collaboratori: io scommetto
10 mila euro contro 3 mila
messi da ciascuno di voi. Facciamo un comunicato che dice
che mi candido alla presidenza
di Unicredit. Volete vedere che
lo pubblicano?”. Lo pubblicano. Proto vince la scommessa.
Eppure bastava una telefonata, per verificare. Anzi: bastava leggere il curriculum di Proto (perfino quello abbellito nei
suoi siti) per capire che l’uomo
non aveva proprio le caratteristiche minime per la candidatura. E allora: studiamolo
nelle scuole di giornalismo,
adottiamo come libro di testo
la delibera Consob su di lui, riflettiamo come sia stato possibile un caso Proto (che continua ancora sui giornali di ieri
2 aprile e forse anche di oggi
3). Un caso che non ha nulla a
che fare con la finanza, e tutto
con il giornalismo.
twitter @gbarbacetto
GIULIANO POLETTI
63 anni, è ministro del Lavoro
Caro Poletti, ecco tre mosse
per creare davvero occupazione
di Franco Bassi*
aver comprato l’1 per cento di
Fiat. L’1,2 di Mediaset. Lo 0,8 di
Unicredit. Lo 0,5 di Mediobanca. Lo 0,7 di Generali. E poi:
Fonsai, Rcs, L’Espresso, Montepaschi, Telecom Italia Media,
il Sole 24 Ore. L’elenco dei giornali che ci cascano è infinito e si
trova nella delibera Consob n.
18794, di cui occupa ben quattro pagine e mezza.
che, semplificando la normativa, si potrebbero risparmiare
almeno 2 o 3 punti percentuali.
Come fare? Basta, ad esempio,
rendere facoltativa l’adesione a
tutti i fondi di assistenza sanitaria integrativa che nascono
come funghi al rinnovo di ogni
contratto di lavoro. Rendere
facoltativa la madre di tutti gli
enti inutili: la Cassa Edile, capace solo di far lievitare il costo
del personale edile a cifre insostenibili per qualsiasi azienda.
Perfettamente inutili sono i
provvedimenti (alla Fornero)
che vietano le partite Iva o aumentano le sanzioni per il lavoro nero. Se non si toglie il
male, la malattia continuerà a
persistere.
AVEVO SUGGERITO al ministro di togliere anche l’obbligo
formativo esterno per tutte le
aziende che assumono apprendisti. Nel decreto, l’idea, sia pure parziale, andava in questa direzione. Ma oltre a esser stata
scritta coi piedi (tanto che gli
enti formativi all’indomani si
sono affrettati a scrivere che la
norma è diversamente inter-
PUNTO IMPRESA
Quello di lavoro deve
tornare a essere un
rapporto in cui azienda
e lavoratore sanciscono
di avere l’uno
necessità dell’altro
pretabile e che quindi per loro
non cambia nulla) non possedeva il coraggio necessario. La
formazione esterna all’azienda
è inutile e costosa: va tolta tutta.
Punto e a capo. Le mezze misure non servono a nulla, tanto
più se sono scritte in modo diversamente interpretabile.
Sul contratto a tempo determinato è stato fatto il pasticcio
peggiore. Non tanto perché si
sono tolti i vincoli imposti dalla
legge Fornero quanto piuttosto
perché non è sul contratto a
tempo determinato che occorre operare con estrema sollecitudine, bensì sul contratto a
tempo indeterminato che deve
LaPresse
diventare il punto di riferimento per qualsiasi assunzione. Per
ottenere questo risultato occorrono tre mosse fondamentali.
La prima è quella di incentivare
con benefici progressivi l’assunzione a tempo indeterminato. Più aumenta l’anzianità
aziendale, meno si paga di contributi. La seconda è non rendere applicabile per i primi 5
anni di occupazione l’art. 18,
fatta esclusione per i licenziamenti discriminatori (sindacali, politici, religiosi, razziali).
Terzo, eliminare tutte quelle
forme di lavoro precario nelle
quali si sono rifugiate le aziende
in questi anni producendo una
generazione di lavoratori demotivata e, spesso, improduttiva e quindi dannosa per la stessa azienda. Una generazione
senza futuro.
Per anni il sindacato ha fatto le
barricate difendendo il “totem”
dell’art. 18 ritenendolo l’ultimo
baluardo meritorio di essere
mantenuto. Ci si è comportati
come quei signori che si mettono di fronte alla porta di casa,
armati di tutto punto, per paura
dei ladri e non si accorgono che
nel frattempo i ladri sono entrati dalla finestra e hanno vuotato la casa.
In vent’anni sono nati tanti di
quei contratti “atipici” che neppure io, che faccio questo mestiere, riesco a ricordare. È tempo che si comprenda l’assurdità
della difesa a oltranza di un diritto che rischia di diventare un
privilegio di minoranza (perché poi le grosse aziende che
vogliono licenziare in massa se
ne fregano altamente dell’articolo 18) e un riparo nel quale
nascondere la poca voglia di lavorare.
Guardare in faccia questa realtà, significa riportare il rapporto di lavoro a un atto nel quale,
azienda e lavoratore sanciscono di avere l’uno necessità dell’altro. La normativa deve aiutare ad andare “unicamente”
verso questa direzione. La qualità del lavoro e delle parti che lo
compongono ne avrebbero solo da guadagnare. Con esse il
Paese intero.
*Socio fondatore del circolo
“Fuori Orario” di Taneto di
Gattatico (RE)
SECONDO TEMPO
il Fatto Quotidiano
GIOVEDÌ 3 APRILE 2014
19
A DOMANDA RISPONDO
Furio Colombo
Senato, tagliare i costi
non la democrazia
Perché abolire il Senato?
Vi sono motivazioni importanti o l’unica è data
dal risparmio? È vero che
la gente chiede la riduzione dei costi della politica
ma non è questa la via da
percorrere. Ciò che viene
richiesta è la diminuzione
dei costi dei parlamentari,
non la loro abolizione. Si
chiede a gran voce e da più
parti l’abolizione dei vitalizi, che sono assolutamente inaccettabili. Di
ciò, invece, Renzi non
parla affatto. Insomma, si
chiedeva e si continua a
chiedere la riduzione dei
costi della politica non l’abolizione delle Camere
(cominciamo con una e
poi chissà). Quanto alla
governabilità, in effetti, la
massima viene raggiunta
dai governi autoritari dopo l’eliminazione di tutte
le opposizioni o comunque di qualsiasi voce dissonante, che sia questo
l’obiettivo dell’attuale governo peraltro non votato
e nemmeno voluto dai
cittadini? In relazione ai
costi delle province in effetti bisogna ammettere
che non servono a molto e
se venissero abolite nessuno, se non i diretti interessati, piangerebbe ma se
poi i consiglieri provinciali venissero sostituiti
da altre figure, attualmente nebulose, non si
comprende di quale vantaggio si potrebbe usufruire, e per favore non si
dica che tali nuove figure
sarebbero disposte a “lavorare” gratis, perché si
cadrebbe nel ridicolo.
Albarosa Raimondi
Le metamorfosi
di Renzi e Serracchiani
Ricordo Debora Serracchiani su quel famoso palco che la lanciò definitivamente in politica per essere quello che è ora. Ma all’ascesa politica si è accompagnata una strana
metamorfosi che la sta
rendendo pericolosa. Il
“messaggio mafiosetto”,
come scrive Marco Travaglio nel suo articolo
“Lasciatemi lavorare/2”
su “il Fatto Quotidiano”
di martedì 1 aprile, è stata
anche una mia percezione, ma che palesa un essere della persona Serracchiani inedito e politicamente sconcertante. Il
partito in cui milita non lo
seguo. E che dire di Matteo Renzi che oramai è insensibile a tutto. Se fallisce è bruciato, è out. E non
gli rimane che radere al
suolo tutto ciò che gli
sbarra la strada per realizzare il suo “Progetto” che
gli aprirebbe, forse, le
mofobia e il bullismo nelle scuole? Semplice: la
Chiesa non ha un’educazione alla diversità. La
Chiesa non si comporta
come Gesù. Il Signore
non fece distinzioni tra
uomini e donne, eterosessuali e omosessuali. La
Chiesa non riconosce alle
donne e agli uomini gli
stessi diritti, non riconosce agli omosessuali gli
stessi diritti che riconosce
agli eterosessuali. La
preoccupazione di Gesù
Una giornata
convulsa
CARO COLOMBO, ha notato l'uso
continuo di questa espressione, “una
giornata convulsa”, specialmente nel
lancio dei telegiornali della sera? È
possibile che ogni giornata sia una
giornata convulsa?
Giacomo
CREDO CHE SIA ingiusto e improprio
spiegare questo modo teso e drammatico di aprire una sequenza di notizie come il timore di non essere abbastanza
interessanti e di non trattenere abbastanza “audience”. Infatti non vorrei ridurre l'uso continuo di queste parole a
una questione di imbonimento del pubblico. Provo a dimostrare in due modi
che, se viste e vissute da vicino, molte
giornate della nostra vita pubblica possono apparire davvero “convulse”. Primo percorso. Ogni giorno sembra che
stia per cominciare, stando a chi è in
condizione di dettare il calendario,
qualcosa di straordinario. Chi detta il
calendario non perderà l'occasione per
l'annuncio. Se niente o troppo poco accade, dispetto e delusione sono buon
carburante per rendere convulsa almeno la parte conclusiva della giornata.
Oppure qualcosa accade, e il più delle
volte convulsi sono i commenti, sia di
chi celebra, sia di chi stronca, a rendere
convulso il confronto di opinioni. Se-
la vignetta
altre utility, riferibili solo
alla parte fissa.
Stefano Porro
Relazioni Esterne Acea
condo percorso. La vita politica, e dunque anche la valutazione critica e logica
degli eventi, è bloccata da una stranissima condizione politica. È il rapporto
stretto e complice fra il più importante
leader di una parte (esito a dire “sinistra”) Matteo Renzi e il più importante
leader della destra, Silvio Berlusconi.
Ma non basta: Il governo è composto a
immagine e somiglianza di questa complicità. Sono di nuovo insieme una parte chiamata un tempo sinistra e un
frammento di destra staccatosi, per ragioni interne che non riguardano il
Paese, dal corpo berlusconiano. Come
si vede domina sul Paese una sorta di
matrioska che non ha niente a che fare
con una “grosse coalition”, ma è invece
un impasto che tende a saldarsi, blocca
qualunque tipo di ragionato dissenso e
provoca reazioni di estraneità profonda che sarebbe pericolosa se proprio la
retorica anti politica non ne facesse un
instancabile consumo, determinando
una opposizione spontanea e continua.
Potrebbe essere questa la ragione che
rende “convulsa”, cioè tesa, disordinata, rischiosa, quasi ogni giornata della
vita pubblica italiana.
Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano
00193 Roma, via Valadier n. 42
[email protected]
Il comune di Roma non
“spenderebbe”, come scrive Acea, ma effettivamente spende più di altri comuni per l'illuminazione pubblica, circa 260 euro l'anno
a lampione, cifra fornita
dall'Agenzia per i servizi
pubblici locali in collaborazione con Federutility di
cui la stessa Acea fa parte.
Questo di più di spesa dovrebbe servire a pagare
“prestazioni aggiuntive”,
così come avevo scritto e
Acea conferma. Purtroppo
queste prestazioni non si
traducono in un servizio
migliore per i romani, anzi. Che poi il Mol dell'illuminazione pubblica sia
basso, come informa Acea,
non è un’attenuante, ma
un altro indizio evidente di
scarsa efficienza. Per
quanto riguarda i compensi confermo che quelli
di Hera, Iren e a2a riportati nell'articolo comprendono anche la parte variabile (premi, benefit etc.) e
risultano molto più bassi
di quelli dei dirigenti
Acea.
dan.mar.
I NOSTRI ERRORI
porte di un paradiso per
un futuro personale e politico. Il problema è che in
questo suo radicalismo
esasperato potrebbe, invece, generare altri e più
minacciosi mostri. E per
realizzare ciò non può dare spazio a nessuno: non
sono ammessi dubbi. Mi
auguro che tra ambizioni,
giochi di potere e interessi
striscianti, alla fine ci sia
un solo perdente illustre:
l’Italia. Un Paese che in
quanto a metamorfosi di
personaggi politici si supera sempre.
Roberto Maria Bacci
Educare alla diversità
Bagnasco e Giannini
Perché il cardinale Angelo Bagnasco si è schierato
contro l’iniziativa di distribuire agli insegnanti
gli opuscoli “Educare alla
diversità”, che hanno lo
scopo di combattere l’o-
era l'amore, ed è questo e
solo questo che forma la
famiglia. Che fare dunque? È necessario educare
la Chiesa alla diversità, e,
in questo caso, il cardinale
Angelo Bagnasco. Ma
un’educazione alla diversità andrebbe impartita
anche al ministro Stefania
Giannini che, accogliendo la protesta del cardinale, si è opposta alla distribuzione degli opuscoli.
Renato Pierri
Fermi tutti, il premier
scopre i disoccupati
Renzi scopre la disoccupazione a Londra, lui che
vive di politica da sempre
non se n'era accorto ma
13% è quasi come 12% o
10%, sono comunque
centinaia di migliaia, sono milioni di persone che
hanno perso l'indipendenza, la sicurezza e nessun politico ha pagato per
questo scempio. Quelli
che vivono nel paese, la
disoccupazione l'hanno
vista crescere giorno dopo giorno, anno dopo anno; l'hanno vista crescere
coi i capannoni che si
riempiono di erbacce,
con i nipoti dei loro amici
che lavorano come cassieri a chiamata per tre ore,
sentendo continuamente
che il politico di turno
aveva la nuova ricetta per
salvare l'Italia.
Vareno Boreatti
Privilegi e regalie,
comandano le lobby
Seguo la trasmissione Rai
“Mi manda Rai3”. Alcune
inchieste sono quelle del
Fatto. La mia rabbia è che
quando si va in televisione spesso si risolve il caso.
Il problema sono le leggi
italiane, arruffate, incomprensibili, scritte male e
in modo da favorire i po-
il Fatto Quotidiano
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Antonio Padellaro
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teri forti. Chi ha i soldi
può intentare cause civili/penali, gli altri si arrangino. Solo il M5S ha denunciato la presenza delle
lobby fuori dalle stanze
delle commissioni parlamentari.
Claudio Molaschi
DIRITTO DI REPLICA
Secondo quanto riportato
da Daniele Martini nell'articolo “Acea, il prezzo
dei lampioni e la guerra di
Marino ai privati” pubblicato il giorno 1 aprile, Roma spenderebbe di più per
l’illuminazione pubblica
(260 euro a lampione) di
Bologna o di una città che
aderisce al pacchetto
Consip (188 euro). In
realtà, il costo dell’energia
praticato da Acea per lampione (138 euro) è allineato a quello di Consip (132
euro). La differenza sta nel
fatto che Acea è conces-
sionaria, e non semplice
gestore, della rete di illuminazione, e quindi si fa
carico in toto dello stato
della rete e di tutti i costi
per i lavori di adeguamento per la sicurezza. Acea
inoltre, secondo l’attuale
contratto, anticipa al Comune gli investimenti necessari per illuminare le
nuove vie, che vengono
restituiti in 12 anni. L’illuminazione pubblica pesa
per lo 0,76% sul nostro
MOL. Infine, le retribuzioni dei nostri vertici
aziendali riportate nell’articolo fanno riferimento
alla più recente relazione
sulla remunerazione, disponibile online. In particolare, va evidenziato che
i compensi dei nostri Presidente e Ad sono omnicomprensivi (fisso, premio, benefit) e quindi non
comparabili con le cifre riportate dei manager delle
Nell'intervista al senatore
Augusto Minzolini, pubblicata sul Fatto Quotidiano di ieri, per dare un
esempio di risparmio possibile e quindi non traumatico, si faceva riferimento alla riduzione del
90 per cento dei permessi
sindacali del settore pubblico con la quale si possono ricavare 150 milioni
di euro.
Nel mio articolo di ieri
“Camera di sicurezza” ho
promosso il leghista Flavio Tosi a governatore del
Veneto. Al momento è solo sindaco di Verona,
mentre il presidente della
Regione è il suo compagno di partito Luca Zaia.
Me ne scuso con i lettori.
(m.trav.)
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