Fradis Cuintri - Testimonianze dal Fronte Militare

Busta con disegno ironico di Antonio Rubino, disegnatore del Corriere dei Piccoli
STORIE FRIULANE DALLA
GRANDE GUERRA
CRONOLOGIA ESSENZIALE DELLA GRANDE GUERRA IN FRIULI
Sega ripiegabile in uso
ai reparti del Genio
L’EROISMO
“C’ERA LA GRAN FAME”
Durante la Grande Guerra ci furono molti atti di eroismo, non tutti legati ad azioni belliche e, spesso,
sconosciuti come quello del tenente alpino Gino Romanini di Forni Avoltri che per quattro volte riuscì
a scappare ai gendarmi austriaci riuscendo ad arrivare a dieci chilometri dalla porta di casa, prima di
essere riacciuffato per la quinta e definitiva volta in un varco alpino, esausto, affamato, ferito.
28 luglio 1914
l’Austria-Ungheria
dichiara guerra
alla Serbia,
il Friuli austriaco
entra in guerra
24 maggio 1915
l’Italia dichiara
guerra all’AustriaUngheria,
il Friuli italiano
entra in guerra
TESTIMONIANZE DAL FRONTE MILITARE
29 giugno 1916
lancio di gas
asfissianti nella
zona del monte
S. Michele
da parte degli
austriaci, punto di
svolta nell’uso di
materiali bellici
9 agosto 1916
presa di Gorizia,
la città è in gran
parte distrutta
dai pesanti
bombardamenti
28 agosto 1916
l’Italia dichiara
guerra anche
alla Germania
24 ottobre 1917
ritirata di
Caporetto
24 ottobre
3 novembre 1918
offensiva italiana
sul Grappa
e sul Piave
4 novembre 1918
fine delle ostilità
tra Italia e
Austria-Ungheria
11 novembre 1918
armistizio con la
Germania, fine
della Grande Guerra
“Osservo sulla mia destra un gruppo dei nostri soldati che stanno mangiando
e bevendo voltarsi verso gli austriaci che passano e gettar loro del pane. Questi
ultimi si scagliano su quella grazia di Dio come tanti lupi affamati. (…) Non mi
accorgo al momento che sono invece prigionieri, disarmati ed accompagnati
anch’essi alla fuga.” Maria Juretich di Udine, Ricordi di guerra e appunti dell’anno doloroso **
1916, soldati in trincea in prima linea (foto FSF)
“Siamo arrivati alla metà di febbraio (1918) e le condizioni peggiorano
sempre più. I danari non si potevano spendere per comperare il necessario giacché i vigliacchi di Austriaci non avevano niente e quando
andavano in licenza venivano a domandare roba per le nostre case, cioè
chili di farina per portarla a casa per sfamarsi, perché i loro di casa
erano privi di tutto, tanto chè tanti ritornavano prima che la licenza
gli scadesse e ci raccontavano che lasciavano a casa delle sorelle, dei
bimbi, dei padri e delle madri ammalati o mezzi morti dalla fame.”
Spesso l’eroismo fu dato dal coraggio di voler compiere un’azione eccezionale come nel tentativo di conquista del Peralba la notte tra il 7 e l’8
agosto 1915 da parte del maresciallo Berardengo dove, in pochi, strisciando tra le rocce e con ai piedi gli scarpets per non far rumore, assalirono alla
baionetta una postazione austriaca distruggendola. Azione nella quale Berardengo perse la vita e non solo non ebbe alcun riconoscimento ma venne
redarguito perché dicevano che avesse agito all’insaputa di tutti, fatto piuttosto improbabile.
O nel caso della Compagnia Volontari Alpini di Gemona, composta di 70 uomini, che si distinse nell’assalto di quota 2.050 di Spina di Pesce sopra il
lago Bordaglia il 27 agosto 1916 attraversando una cengia strettissima ed esposta ai tiri avversari. Era composta da molti giovani di 17-18 anni il cui
ardimento è testimoniato dalle 4 Medaglie d’Argento al Valor Militare, dalla medaglia inglese “for bravery in the field” e dai 9 promossi ufficiali. Solo
che, nonostante tutto, il 17 marzo 1917 furono riuniti in un cortile di Tolmezzo e bruscamente messi da parte senza alcun ringraziamento.
Ci furono delle volte in cui l’eroismo fu dettato, forse, da incoscienza giovanile come nel caso di due grandi amici, Garlatti e Tessitori Dario, che, vedendo i loro compagni andare all’assalto e non volendo starsene a guardare, si gettarono anch’essi nella battaglia finendo con il morire l’uno sull’altro.
L
La brutalità della guerra
si espresse anche attraverso
l’uso di armi quali le mazze
o i gas asfissianti.
Si stima che siano stati più di 100.000
i militari italiani morti nei campi di concentramento austriaci.
“Termino il mio scrito e ricordo. Sono prigioniero con tutti i miei compagni darmi,
augurando sinceramente che in ouroppa (Europa) cesi il teribbile flagelo che gietta
nell’utto tante povere madri e spose ecc... O(h) si ristabilisca unna pacce sincera e
durevolle della culae tutti che tutti i poppoli siano sodisfatti. Sollo così si averà unna
pacce sincera e durevolle, della cuale tutti abbiamo bisogno, e ritorno il mondo alle
sue civili istitusioni di lavoro e di progresso.
(foto ALC)
Maglia di soldato italiano:
sul bottone è inciso
il nome “Carmela”
Gruppo di ufficiali alpini nel 1915
Bomba a mano tipo “Carnia” come
quelle ideate dal generale Lequio
Maria Juretich di Udine, Ricordi di guerra e appunti dell’anno doloroso **
L’alpino Guido Ordiner
in posa e prova di forza
dell’artigliere Antonio Frittaion
che solleva 4,85 quintali
Scarponi
chiodati
Fucile Mod. 91
Mantellina
affardellata
sullo zaino
Cravatta in lino per
preservare l’uniforme
Uniforme in panno
grigio-verde Mod. 909
“Non c’era né pane né l’acqua, non c’era niente. C’era la grande fame. Buttavano (gli italiani) anche del pane, mentre di sopra, sulle Banjšce, ci sparavamo l’un l’altro. Con le sigarette
e un sasso, facevano un pacchetto che buttavano agli italiani.
Loro invece ci buttavano il cvibok (gallette). Lo stomaco era
vuoto. Gli italiani erano contenti delle sigarette, poiché noi
avevamo delle buone sigarette, ma loro no.”
Giberna
Alpenstock
Tascapane
Baionetta
Franc Bone, classe 1899, di Kromberk/Moncorona, combattente austriaco **
(Il giorno 5 febbraio 1916, quattro di loro scappano verso l’Italia ma l’11 vengono ripresi). Io ero lì in
baracca che sentì tutte le grida che davano strasianti delle nervatte che chelgi li dava.
Poi ordinò di apicarli sopra un albero tutti e tre, eddeccho che manda a chiamarre il
boe, e lui di novo li dà delle bastonate e poi va a prendere le corde e li lega tutti e
tre un palmo sopra tera. (…) Erano le 11 e meza. La compagnia vienne a casa, si va
a prendere il rancio, e nevicava, e un fredo di gelarsi. Subito arrivatta la compagnia
vicino la cucina, vedono i tre compagni appicatti che facevano pietà. (...)
Temperino richiudibile
Miloš Vauhnik, ufficiale di esercito austriaco, afferma nelle sue
memorie che la fame e non il patriottismo fu il motore principale dell’esercito austriaco nell’ultima battaglia dell’Isonzo.
Il primo pensiero dei soldati austriaci all’indomani della battaglia di Caporetto fu decisamente il cibo: la carne, il riso, il
caffè, il pane bianco, le gallette, la cioccolata, il vino, i liquori,
e l’abbondanza di derrate che erano convinti di trovare nelle
trincee italiane.
Il 10 genaio (1918) andai al forte al bagno. Rimasi (im)presionante a vedere cuei prigionieri italiani in che modo li trattono. È la neve, loro sono scalsi, sensa camicie, i
pantaloni tutti atroppeti che non li copre nemeno la natura, unna giuba tuta strapatto,
sensa maniche, la barba di un mese o anche di 2, sporchi che non si son lavatti dopo
che sono a Belgrado, e sono lì che si cucinano un po’ di granoturco o di frumento, chi
fa bollire delle erbe, chi pesta il grano per farsi la polenta, e tutti caricchi di fame e
magri che non stanno in piedi, mi fecero una inpresione.”
(foto ALC)
“Cronaca del 1918. La turtura continua. Intorno a noi, dovunque, anche nei morti campi lontani s’aggirano sempre gl’invasori. Affamati e pezzenti si rincorrono tra i cumoli di cose
abbandonati dai nostri in cerca di cibarie o vestiari o coperte.
Ma non si accontentano di ciò e rientrano nelle case a ingelare
di spavento le nostre anime e predare.
(...) A proposito di miseria posso dire che spesso ai nostri
contadini avvenne di rinvenire sui solchi del campo qualche
soldato svenuto o agonizzante per indigestione causata dalla commistione di pannocchie crude. (…) Così pure avvenne
che nei primi giorni dell’invasione moltissimi soldati nemici
morissero nei nostri paesi per le sbalorditive ingestioni di carni suine e di grassi, cibi dei quali erano ghiottissimi e dei quali
da tanto tempo erano privi.”
Don Enrico Da Ronco, Libro storico della Parrocchia di Flambro **
Il giorno 23 (dicembre 1915, prigioniero in Serbia) dopo andatti al lavoro, verso le 8 di matina, ansi, si asspettava unna novittà buona. Duncue siamo partiti, abbiamo dovuto fare
25 chilometri a piedi e carichi di fame.
Deposizione dell’on. Michele Gortani presso la Commissione d’inchiesta istituita dopo Caporetto, seduta del 7 ottobre 1918 *
Michele Gortani (Lugo, 1883 – Tolmezzo, 1966) partecipò come volontario alla Prima Guerra Mondiale, si attivò per i profughi
carnici e rischiò la corte marziale per aver criticato le scelte militari prima della disfatta di Caporetto.
LA PRIGIONIA
1915, riparazione di una motocicletta
da parte di un cavalleggero a Gradisca
“Nel pomeriggio temiamo una perquisizione. Si ricorda
da quanto si è letto in libri e giornali, come i tedeschi
siano maestri in fatto di perquisizioni e se trovano oggetti, quadri o scritti che ad essi non garbano, perseguitano in modo atroce, le persone trovate in possesso.”
Luigia Venturini di Basaldella, contadina, Episodi avvenuti in tempo dell’invasione in Friuli **
Fucile montato su iposcopio
per il tiro indiretto dalla trincea
o spirito delle truppe lungo tutti i cento chilometri della fronte carnica e quello della popolazione, fra
tutti i 77.000 abitanti della Carnia, non avrebbe potuto essere migliore; e ciò nonostante tutti gli
inconvenienti e le cause di perturbamento che si determinarono durante due anni e mezzo di guerra.
(…) Debbo però soggiungere che lo spirito delle truppe della regione carnica va forse considerato sotto una
luce speciale (perché) era stato tutto preordinato in modo che le truppe fossero sempre sacrificate il
meno possibile e non si spargesse goccia di sangue che non fosse assolutamente necessaria. (…)
Mi consta, purtroppo, che altrove non era così. (...)
Debbo soggiungere che in quei giorni (inizio della guerra), c’era una disorganizzazione generale della trincea, ad onta che la guerra europea che durava già da più mesi aveva ormai insegnato che fosse
necessario per la guerra di posizione (…) Mancava, dunque, dicevo, tutto quello che occorre per la
guerra di trincea, fra l’altro, non si avevano neppure le pinze per tagliare i reticolati, né a parlare di
scudi, di fucili a cannocchiale, di periscopi, di elmi, di bombe a mano e tanto meno di bombarde.
Alle bombe a mano in Carnia supplì per qualche tempo il generale Lequio con un impianto
improvvisato, in un’officina rudimentale. Egli aveva acquistato un notevolissimo stok di coppelle
mestolo per cucina, le faceva congiungere, praticava un foro nel centro di una di esse
e vi applicava un cilindretto di latta che doveva servire da serbatoio per l’esplosivo;
riempiva l’intercapedine di rottami di ferro e con l’aggiunta di una miccia
la rudimentale bomba a mano era fatta.
Raffigurare o narrare il nemico a tinte fosche
è una costante in tutte le guerre: serve a costruirgli dei segni vittimari che giustificano il
suo annientamento, anzi incitano a questo e
a rafforzare azioni di massa, anche incontrollate. La Grande Guerra non sfugge a questo rituale: voci ben diffuse che ampliano o creano
ad arte misfatti da vendicare, manifesti, cartoline... furono essenziali sia per l’entrata in
guerra di un popolo che non ne voleva sapere,
sia per rafforzarne la volontà usurata dal tempo che per denigrare quanti vennero (spesso
ingiustamente come i profughi) sospettati
di collusione con il nemico: ecco, allora, gli
epiteti di “traditori”, “imboscati”, “regnicoli”,
“austriacanti”, “disfattisti”...
Non solo i civili, i profughi, gli internati, i prigionieri ma anche i soldati soffrirono duramente la fame.
Soprattutto quelli dell’esercito austro-ungarico per sbagli di valutazione dello stesso comando. E, al pari di loro,
i famigliari rimasti a casa. La fame giocherà un ruolo rilevante sia sulla conduzione che nell’esito finale della guerra.
“E in questa tragica impresa ci ha rimesso i polmoni e sta morendo di tubercolosi; ma ancora un mese fa, mi mandava una cartolina di saluto con le parole di una gaia villotta friulana, parole
piene di una grazia birichina e sbarazzina.”
Paolo Monelli, Ricordi di naja alpina (Mursia)
in La Grande Guerra in Alta Val Degano di Pierluigi Giampaoli ****
LA PROPAGANDA
Fasce
mollettiere
Novembre 1917, fanti austro-ungarici attraversano l’Isonzo sotto il tiro nemico
Marta Verginella **
Francobollo commemorativo
della resistenza sul Piave (1817-1967)
Il passaggio sul Tagliamento vicino Codroipo, nella ritirata (foto ALC)
Diario della guerra del 1915 di Giuseppe Garzoni (bersagliere), Ursinins Pizzul, Buje/Buia***
“1° Novembre 1917. Dopo una marcia di 25 Km. siamo giunti a Cividale, al campo italiano per prigionieri
austriaci. (…) Intanto fra i prigionieri vigeva una specie di anarchia; qualcuno dei più accesi mormorava
che oramai eravamo tutti uguali dal soldato al generale, anzi ci fu qualcuno di quelli scalmanati che ardì
entrare nella baracca degli ufficiali, cercando di prepotenza di sistemarsi. Vi furono discussioni ed alla
fine gli ufficiali dovettero far intervenire i tedeschi che subito applicarono severi provvedimenti facendo
fucilare qulalcuno di quei incoscienti. (…) Razza dura quella tedesca, molto differente dalla nostra: noi, appena fatti dei prigionieri, venivamo presi da un senso di compassione per loro, cessava subito ogni odio.
Ci avvicinavamo per offrire a loro qualche galletta, qualche sigaretta, quel che avevamo; invece i tedeschi
non ci guardavano in faccia e ci trattavano con disprezzo.”
Villach
Villaco
Beijak
Vilac
Un monumento ricorda
a Visinale di Corno di
Rosazzo/Visinâl
il primo colpo di fucile
italiano sparato contro
gli austriaci.
Nella cartolina d’epoca,
il confine sullo Judrio,
il vero fiume
del 24 maggio
1917
Tolmezzo
Tumieç
Kobarid
Caporetto
Cjaurêt
Karfreit
Udine
Udin
Pordenone
Pordenon
Aquileia
Aquilee
1918
(il) Piave
(la) Plâf
Grado
In Friuli si combatterono
due tipi di guerre:
di posizione sulle Alpi
Carniche e Giulie,
e di sfondamento verso Venezia
Gorizia e il Carso.
Gorizia
Gurize
Gorica
Görz
Trieste
Triest
Trst
Triest
ALCUNI MUSEI E COLLEZIONI CON REPERTI MILITARI DELLA PROVINCIA DI UDINE
“Tante volte si doveva cadere come Gesù
Cristo cuando andava sul calvario: lui aveva la Croce e noialtri lo zaino col fucile e
15 chili di munisioni”
Diario della guerra del 1915 di Giuseppe Garzoni***
FORNI AVOLTRI, FOR DAVÔTRI
DOGNA, DOGNE
Forni Avoltri nella Grande Guerra
Museo del territorio
Museo della Grande Guerra
il Forte
TARVISIO, TARVIS
Museo storico-militare
delle Alpi Giulie
GEMONA, GLEMONE
la Cineteca del Friuli
SAN DANIELE, SANT DENÊL
Sala esposizioni
cimeli storici militari
RIVE D’ARCANO
RIVIS DARCJAN
Fortezza Col Roncone
DRENCHIA, DREKA, DRENCJE
Casa rurale del territorio
STREGNA, SREDNJE, STREGNE
Museo storico Balus
UDINE, UDIN
PALMANOVA, PALME
Museo etnografico
del Friuli
Museo storico militare
Civico museo storico
Il giorno 9 agosto mi tocca di andare di avvamposti in unna tricea chiamata “la trincea dei morti”, i cuali erano
fisi e non si li potteva sepelirli. Erano austriaci. Unna pussa irresistibile.
Sortiamo fuori alla salto. Alla mia compagnia li toccò la prima dopo dei lancibonbe. Partono aveliti i lanciobonbe,
di paura della nostra artelgeria. Al comando del tenente vano avanti. Intanto il battalgione è pronto per il asalto.
Cincue minuti dopo sentiamo due metrallgiatrici che funsionavano ancora, austriache. I nostri lanciabonbe sono
tuti morti e feriti, ben pocchi ne son salvatti. Il primo fu il tenente a morire e morì anche il sergente e tutti i graduati. Nel tempo stesso si scatenò un temporale inproviso, che manda giu piogia e tenpesta. Poveri feriti e poveri
morti, cuanto che li tocca di sofrir: oltre le ferite mortali, piove, vento, e tenpesta e fredo, e non si può andarli a
prendere, era tropo scoperto. Un momento dopo viene indietro un bersalgiere ferito ligero, che sun le spalle portava suo frattello, gravemente ferito, che pocco dopo morì. E suo frattello rimasi lì; in 5 giorni fu guarito. Per cuella
sera non si andiette più avanti. Si portò indietro i feriti durante la notte e i morti. Il tempo continua a biovere,
fino a le 11 di notte. In cuella sera non si pensa da mangiare, perché si sapeva che non cera il mezo di mangiare.
Lindomani poi è bel tempo, ma freddo molto. La mattina portarono giù tre Bersalgieri svenuti del fredo. Poi ci
portarono il caffè. Dopo siamo un po’ scaldatti ma sempre pronti per la salto.
L’indomani più aveliti ancora; io ai miei conpagni li avevo lasciato linderiso, in caso che muoio, di scrivermi a casa
come li avevo inpromeso alla mia picina, e così anche lori mi diedero il loro inderisso. Cuindi eravamo ben preparati alla morte. (…) Cuindi danno il ordine di savoia. La prima riga, pauriti di chuello macello che avevano visto
il giorno prima, tanti si tratenerono lì. Io spallso fuori coi primi e fui statto fortunatto che in dove son pasatto io,
dopo è statto pronto unna metralgiatrice putata, che tanti pasavano e tanti morivano. Ecco che mi sono trovato
in un altro riparo a 20 metri dal nemico. Un momento mi muore il conpagno che mi aveva dato lo zuchero e va
giù in un burone il capitano ferito. Le grida erano in mense dei feriti. Ma non giova. Un altro spallso tocca fare, a
ormai si muore, erano più i feriti e i morti che i sani. Un altro spalso, andianmo fino in trincea loro. Ormai tocca
di doperare la baionetta, che cuella mi faceva in presione più di tuto.
Ben che era tenpo bello, lindomani di mattina andai per levarci unna cinghia a un morto austriaco (...) che in cuella
mattina pasando per il canpo di battalgia trovavo i morti unno cua e uno là. In tanti posti anche fitti per tera.
Dava un aspetto orribille a vedere che tuti i sasi erano bagnati di sangue. I morti li si vedeva bianchi, con la bocca
aperta e i denti strinti, unchgie che grattono la tera, i occhi stravolti. Cuindi era unna disperasione a pasar di lì.”
Diario della guerra del 1915 di Giuseppe Garzoni (bersagliere), Ursinins Pizzul, Buje/Buia***
circa
LA DISFATTA E LA VITTORIA
(1° giugno 1915) Persi di strada nel bosco. Il capitano con un lumicino ci attendeva a basso, e poi ci fece smarire nel
bosco. Si chiama cualche duno sottovoce, che ci indicasse il sentiero giussto ma non è mezzo di saper niente da
nesuno; nesun era prattico ancora dele montagne. Io pensai tra me: se si fa facile perdersi così, con cuesti ufficiali
in cuera no si va bene.
(27 luglio 1915) Il giorno che li àno scaciati (i borghesi di un paese) era un sabbato alle 11. A mezzo giorno dovetero
lasciar tutto indistitamente. In nelle case si trova che stavano facendo il buro e dovete lasiar tutto e andare.
In cuelle cantine si trovava dogni speccie di vestiario nascosto, tutto colpestatto sotto i piedi da chi andava a
vedere. Dei cereali furono portatti via dai nostri soldatti. Si trovava sfasciato delle machine da cucire, dei orologi,
dei burò, dei armaroni, dei armadi, infatti tutto unna massa di rovine che faceva pietà.
3.000
(Lunari 2012, I paîs sot al tôr di Aquilea)
“(19 maggio 1915) Andiamo a far la tenda. Aveva fermato di piogia. Nel piano che abiamo fatto la tenda era unna
cuantità di aqqua, ma non giova: tocca farla. Faciamo la tenda, adiamo a prendere la palgia e poi si metiamo
alletto, la prima volta sul tereno, pensando come si scominciano male le cose, cuando dovro sofrire e poi forse
morire in cueste montagne. Tra me dicevo: non morirò così male; volgio andare al mio letto a morire, e co cuesto
pensiero mi metto a dormire, stanco del viaggio.
I due momenti salienti della Grande Guerra, la disfatta di Caporetto e lo sfondamento sul Piave, avvennero all’improvviso e
il Friuli si trovò improvvisamente occupato e improvvisamente ricongiunto all’Italia.
“(Le truppe germaniche entrano in Flambro nonostante un’ultima strenua difesa di un
manipolo di 20 Granatieri guidati dal Cav. Emidio Spinucci) Ne dà avviso la mitragliatrice che perlustra – crepitando – le vie del paese. (…) Alziamo le mani. All’atto umiliante i soldati teutonici ci rispondono con tutto il disprezzo. Prendono
quindi a perlustrare le stanze. E intanto che i militi eseguiscono le operazioni di
polizia…. L’ufficiale – messosi a cavalcioni sul tavolo del salotto comincia a far
conversazione con me. S’introduce così = horror est bellum… (la guerra è orrore) =
La notte si fa più scura, tetra, piena di spaventosi fantasmi.”
Nelle foto, in senso orario: prigionieri austriaci,
prigionieri russi e prigionieri italiani (foto ALC e FSF)
Il Friuli austriaco entrò in guerra
nel 1914 e molti furono i chiamati
alle armi che combatterono
soprattutto sui fronti lontani tant’è
che numerosi di loro vennero fatti
prigionieri sul fronte russo.
Si ritiene che dal Friuli austriaco,
ossia dalla Contea di Gorizia e
Gradisca, partirono per la guerra
oltre 30.000 giovani e meno
giovani. Non c’è un calcolo preciso
sui caduti, ma dovrebbe trattarsi
di circa il 10% del totale.
Molti furono i feriti.
Don Enrico Da Ronco, Libro storico della Parrocchia di Flambro **
Anche in altri diari si trova l’uso del latino come lingua franca tra gli ufficiali bavaresi e i parroci.
LE FUCILAZIONI
Hanno rappresentato una delle pagine più brutte della Grande Guerra. Spesso si tratta di soldati ammutinati che non volevano partire per il fronte.
Le fucilazioni avevano, molte volte, conseguenze anche sui famigliari del condannato. I dati ufficiali, in parte discordanti tra loro, parlano di 4.028
condanne a morte di cui 2.967 in contumacia, di 750 condanne eseguite e di 107 fucilazioni sommarie.
(La battaglia di Codroipo fu) una delle maggiori battaglie combattute almeno come perdite italiane:
60.000 prigionieri, quasi 2.000 cannoni, quantità incalcolabili di carriaggi e materiali e furono fatti
più prigionieri tra gli ufficiali superiori che in ogni altra battaglia italiana. Per arginare la massa di
fuggiaschi della 2° armata che si riversava su Codroipo, il generale Parigi era stato drastico: “non
lasciar passare che le sezioni mitragliatrici con le armi, gli alpini isolati e niente più, nemmeno gli ufficiali superiori se non erano inquadrati con truppa armata”. E infatti ordinò a Bruschi di fucilare due
soldati con la divisa ma senza fregi né gradi, “ordine che io eseguii subito sulla piazza di Codroipo”.
Guide Gaspari*
Fucilazione nelle retrovie del Basso Isonzo
Tra gli alpini giustiziati attende ancora la riabilitazione il carnico Silvio Ortis di Paluzza
(nella foto), decorato due volte al valor militare in Libia, che si era opposto, insieme ad altri
tre compagni, Basilio Matiz di Timau, Giovan
Battista Coradazzi di Forni di Sopra e Angelo Massaro di Maniago, a un attacco suicida
sul monte Zellonkofel. La sua riabilitazione
si è arenata davanti a un incredibile cavillo
giuridico: “l’istanza di riabilitazione ai sensi
dell’articolo 683 C.P.P. e 412 C.P.M.P. deve
essere proposta dall’interessato” (2010).
(Fondo Majer Fast, Treviso)
4 Novembre. DIES FELIX MEMORANDA FASTIS. (…) Poco dopo
vedo una turba di ciclisti che muovono a quella volta e si fermano
pure al crocicchio! Chi sono chi non sono? È una novità interessantissima. (…) Mi sporgo su una rupe a strapiombo in Cornoleet, acuisco
la vista ed oh scoperta!... Sono nientemeno che l’avanguardia italiana!! Mi rizzo in piè sullo strapiombo, alzo le braccia al cielo e grido
con quanta ne ho in gola: Evviva l’Italia, e giù a precipizio a portare
la nuova in paese.” Don Pasquale Michieli, Libro storico della parrocchia di Avasinis **
Noi vogliamo glorificare la guerra - sola 650.000
militari morti
igiene del mondo 49%
il militarismo, il
per ferite
34%
patriottismo, il gesto
per malattie
16%
distruttore dei liberdispersi
tari, le belle idee per
1%
per incidenti vari
cui si muore e il disprezzo della donna.
ARTISTI IN GUERRA
La Prima Guerra Mondiale coinvolse non pochi
letterati e artisti. Tra quanti combatterono in Friuli
e lasciarono memorie importanti vanno ricordati
soprattutto Ernest Hemingway (1899-1961)
che in “A Farewell to Arms (Addio alle armi)” descrisse la situazione di Gorizia e del Friuli orientale e la fuga rocambolesca dalla “Battle Police”
gettandosi nel Tagliamento dopo la disfatta di
Caporetto; Giuseppe Ungaretti (nella foto) che,
interventista, si arruolò volontario e a Udine, stampò nel 1916 le sua raccolta di poesie “Il porto
sepolto” mentre a Santa Maria La Longa scrisse,
il 26 gennaio 1917, la celeberrima “M’illumino/
d’immenso”; Marinetti, Sironi, Carrà...
463.000
grandi invalidi
(Gaetano Salvemini, La Voce politica, anno VII, n.5, 7 luglio 1915)
TOTALE: 6.262 morti e 19.981 feriti
497
CUSTOZA
1848
166
508
CURTATONE
1848
578
1.405
NOVARA
1849
310
688
VENEZIA
1849
14
(coll. privata)
feriti “non gravi”
MORTI E FERITI
NELLE GUERRE RISORGIMENTALI
270
Soldato dell’esercito austriaco
947.000
Filippo Tommaso Marinetti
Manifesto dei futuristi (20 febbraio 1909)
202
CERNAIA
1855
761
3.661
S. MARTINO
1859
30
(?)
CALATAFIMI
1860
506
2.697
VOLTURNO
1860
61
140
CASTELFIDARDO
1860
121
266
BEZZECCA
1866
736
3.189
CUSTOZA
1866
620
40
LISSA
1866
150
206
MENTANA
1867
68
(?)
I MILLE
di cui:
21.220 ciechi a un occhio
1.940 ciechi totali
4.600 pazzi
5.440 mutilati al volto
25.716 tubercolotici
19.600 neuropatici
74.620 storpi
120 invalidi delle mani
3.260 muti
6.740 sordi ....
Soldato ferito in un Posto
di medicazione (foto FSF)
Elmo italiano
con foro
di proiettile
GRANDE
GUERRA
circa
CADUTI IN GUERRA
Lubiana, giovani di Tapogliano/Tapoian
soldati dell’esercito austriaco
Borraccia “Guglielminetti” in legno
e cura di un ferito (foto FSF)
Lì stiamo fino al giorno 12 con due orazioni di calette, due scattolette di carne in conserva e unna pagnotto.
Unna fame che non si potteva nemeno star in piedi. Dormire non si potteva: nemeno chiudere un occhio per scherso. Il canone batteva le roccie della montagnia, a cualche metro sfiorarono la testa. Di gran neve si mangiava. (…)
Mi sembrava che in cuei giorni mi toccava morire, sensa pallottolle ma bensì di fame, di fredo e di bagnatto.
I due maggiori contendenti: il re d’Italia Vittorio Emanuele III
e l’imperatore d’Austria-Ungheria Franz Joseph I von Österreich
OSOPPO, OSÔF
“DI GRAN NEVE SI MANGIAVA”
CHIAMATI ALLE ARMI
Diario della guerra del 1915 di Annibale Calderale, bersagliere, Monopoli (Bari) **
Il 6 giugno novamente andiamo sul monte Orcis. Anche in cuel giorno ci diedero due pacchetti di munisione. Mentre stribuivano la munisione alla compagnia vediamo a sfilare i primi 70 prigionieri fatti dei nostri compagni. Si
corse a vederli. Tutti incapottati e con lo saino, tutti bagnati facevano compassione benché erano i nostri nemici.
A Pozzuolo del Friuli/Puçui si combatté, forse, la più epica battaglia della Grande Guerra quando, tra il 29 e il 30 ottobre 1917
una brigata di Cavalleria formata dal 4° Genova e 5° Novara,
assieme alla Brigata di Fanteria Bergamo, si oppose all’avanzata austro-ungarica per permettere alle truppe in ritirata di
attraversare il Tagliamento.
RAGOGNA, RUVIGNE
Gavetta bucata per grattare
il ghiaccio e ricavare l’acqua
FRIULANI DELL’IMPERO
AUSTRO-UNGARICO 30.000
* I luoghi dimenticati
della Grande Guerra, vol. II
AAVV. (Guide Gaspari)
** La gente e la guerra
a cura di Lucio Fabi (ed. il Campo)
*** La guerra vissuta
a cura di Lucio Fabi (ed. Persico Associazione culturale el tomât
email: el tomâ[email protected])
**** La Grande Guerra
in Alta Val Degano
Perluigi Giampaoli (Aviani & Aviani ed.)