Requisiti fondamentali di una struttura. Secondo quanto prescritto

Documento #:
Doc_a6_b.doc
8.9 Verifiche con il metodo agli stati limite secondo l’Eurocodice 2
8.9.1
Premessa
(1)
Requisiti fondamentali di una struttura. Secondo quanto prescritto dall’Eurocodice 2, una
struttura deve essere progettata e costruita in modo che:
con accettabile probabilità rimanga adatta all’uso per il quale è prevista, tenendo nel
dovuto conto la sua vita presunta e il suo costo;
con adeguati livelli di affidabilità sia in grado di sopportare tutte le azioni o influenze, cui
possa essere sottoposta durante la sua realizzazione e il suo esercizio, e abbia adeguata
durabilità in relazione ai costi di manutenzione.
Una struttura deve inoltre essere progettata in modo tale da non essere danneggiata da eventi
quali esplosioni, urti o conseguenze di errori umani in misura sproporzionata alla causa
scatenante. Il danno potenziale dovrà, di regola, essere limitato o evitato mediante scelta
appropriata di una o più delle seguenti modalità:
evitando, eliminando o riducendo i rischi a cui la struttura viene esposta;
scegliendo una forma strutturale scarsamente sensibile ai rischi considerati;
scegliendo una forma strutturale e uno schema di progettazione che possano
adeguatamente sopportare l’eliminazione eccezionale di un elemento;
provvedendo la struttura di adeguati incatenamenti.
I requisiti sopraelencati devono essere soddisfatti con la scelta di materiali adatti, con una
progettazione adeguata e adeguate disposizioni delle armature e con la definizione di
procedure di controllo per la produzione, la progettazione, l’esecuzione e l’utilizzo conformi
al particolare progetto.
Concetto di durabilità di una struttura secondo l’E.C.2. Al fine di garantire ad una
struttura adeguata durabilità, devono essere presi in considerazione i seguenti fattori
fondamentali
l’utilizzo della struttura;
i criteri prestazionali richiesti;
le condizioni ambientali attese;
la composizione, le proprietà e le prestazioni dei materiali;
la forma degli elementi e i dettagli strutturali;
la qualità dell’esecuzione e il livello di controllo;
le specifiche misure di protezione;
la manutenzione prevedibile durante la vita presunta.
Le condizioni ambientali devono essere stimate nella fase di progetto per valutarne la
significatività in rapporto alla durabilità e per consentire la predisposizione di provvedimenti
adeguati per la protezione dei materiali.
Stati limite e situazioni di progetto: definizioni e classificazioni. L’E.C.2 definisce stato
limite quello stato al di là del quale la struttura non soddisfa più le esigenze di comportamento
per le quali è stata progettata. Gli stati limite sono distinti in:
stati limite ultimi;
stati limite di esercizio.
Gli stati limite ultimi sono quelli associati al collasso o ad altre forme di cedimento strutturale
che possono mettere in pericolo la sicurezza delle persone. Le situazioni che precedono il
collasso che, per semplicità, sono considerate in sostituzione del vero e proprio collasso, sono
anch’esse trattate come stati limite ultimi.
1
Molte definizioni e concetti sono stati trattati nei paragrafi precedenti, relativamente alla Normativa Italiana. Pertanto,
relativamente allE.C.2 verrà presentata una veloce panoramica delle relative prescrizioni sulle azioni e relative
combinazioni di carico, sviluppando più in dettaglio solo quelle parti meno esplicitate nella Normativa Italiana.
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Gli stati limite ultimi suscettibili di richiedere verifica comprendono:
perdita di equilibrio della struttura o di una parte di essa considerata come corpo rigido;
dissesto per deformazione eccessiva, rottura o perdita di stabilità della struttura o di parte
di essa, compresi i vincoli e le fondazioni.
Gli stati limite di esercizio corrispondono a stati al di là dei quali non risultano più soddisfatti
i requisiti di esercizio prescritti. Gli stati limite di esercizio che possono richiedere
considerazione comprendono:
deformazioni o inflessioni che nuocciono all’aspetto o modificano la possibilità d’uso
della struttura (inclusi i malfunzionamenti di apparecchiature e impianti) o danneggiano
le finiture o gli elementi strutturali;
vibrazioni che causano disturbo agli occupanti, danno all’edificio o ai beni in esso
contenuti o ne limitano l’idoneità all’uso;
fessurazione del calcestruzzo che può influire negativamente sull’aspetto, sulla durabilità
e sulla impermeabilità all’acqua;
danneggiamento del calcestruzzo in presenza di compressione eccessiva che può portare a
perdita di durabilità.
L’E.C.2 classifica, inoltre, le situazioni di progetto come:
situazioni persistenti corrispondenti a condizioni normali d’uso della struttura;
situazioni transitorie, inerenti alle fasi di costruzione o ripristino;
situazioni eccezionali.
Azioni: definizioni e principali classificazioni. Sinteticamente, le definizioni e le
classificazioni date dagli Eurocodici sulle azioni sono le seguenti. Un’azione (F) è:
una forza (carico) applicata alla struttura (azione diretta);
una deformazione impressa (azione indiretta): per esempio effetti delle variazioni di
temperatura o cedimenti.
Le azioni vengono poi classificate secondo la loro variazione nel tempo in:
azioni permanenti (G), per esempio peso proprio delle strutture, finiture, attrezzature fisse
e ausiliarie;
azioni variabili (Q), per esempio carichi di esercizio, carichi di vento o neve;
azioni eccezionali (A), per esempio esplosioni o urti di veicoli.
Le azioni vengono classificate anche in funzione della loro variazione nello spazio in:
azioni fisse, per esempio peso proprio;
azioni libere che danno luogo a diverse disposizioni delle azioni, per esempio carichi di
esercizio mobili, carichi di vento e neve.
L’E.C.2 definisce azione di precompressione (P) un’azione permanente ma, per ragioni
pratiche, viene trattata separatamente. Indica poi come azioni indirette delle azioni sia
permanenti GIND (per esempio il cedimento di un appoggio) che variabili QIND (per esempio
temperatura) e vengono trattate di conseguenza.
Valori caratteristici delle azioni. Vengono introdotte per tutte le azioni i valori caratteristici.
I loro valori numerici sono definiti:
nell’Eurocodice 1 o in altre norme relativi ai carichi; oppure
dal Committente, o da Progettista in accordo con il Committente, purché vengano
rispettati i valori minimi specificati nelle norme applicabili o dall’Autorità competente.
Relativamente alle azioni permanenti caratterizzate da un valore elevato del coefficiente di
variazione o che sono suscettibili di variazione durante la vita della struttura (per esempio nel
caso di alcuni carichi permanenti addizionali) vengono definiti due valori caratteristici
distinti, uno superiore (Gksup) e uno inferiore (Gkinf). Negli altri casi è sufficiente un unico
valore caratteristico (Gk). Il peso proprio delle parti strutturali può, nella maggioranza dei
casi, essere calcolato sulla base delle dimensioni nominali e dei valori medi delle masse
volumiche.
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Per le azioni variabili, il valore caratteristico (Qk) corrisponde all’uno o all’atro dei seguenti
valori:
il valore superiore, con una probabilità assegnata di non superamento, o il valore
inferiore, con una probabilità assegnata di non raggiungimento durante un periodo di
riferimento, tenuto conto della vita prevista della struttura o della durata prevista della
situazione di progetto; oppure:
il valore specificato.
Per le azioni eccezionali, il valore caratteristico (Ak) corrisponde generalmente a un valore
specificato.
Valori rappresentativi delle azioni variabili. Secondo l’E.C.2, il valore rappresentativo
principale di un’azione è il valore caratteristico Qk. Altri fattori rappresentativi sono espressi
moltiplicando i valori caratteristici Qk per mezzo di un fattore i . Questi valori sono definiti
come segue:
valore di combinazione:
0 Qk ;
valore frequente:
1 Qk ;
valore quasi-permanente: 2 Qk .
Valori rappresentativi supplementari sono utilizzati per la verifica a fatica e l’analisi
dinamica. In generale, i fattori i sono definiti:
nell’Eurocodice 1 o in altre norme applicabili ai carichi; oppure
dal Committente, o dal Progettista in accordo con il Committente, purché vengano
rispettati i valori minimi specificati nelle relative norme o dall’Autorità competente.
Valori di calcolo delle azioni. Il valore di calcolo di un’azione Fd è espresso in termini
generali come: Fd = F Fk . Esempi particolari sono:
Gd = G Gk ;
Qd = Q Qk oppure Qd = Q i Qk ;
Ad = A Ak (se Ad non è esplicitamente definita);
Pd = P Pk ;
dove F ; G ; Q ; A e P sono i fattori parziali di sicurezza per l’azione considerata tenuto
conto, per esempio, delle possibilità di variazioni sfavorevoli delle azioni, della possibilità di
una modellazione inesatta delle azioni, delle incertezze nel calcolo degli effetti delle azioni e
delle incertezze nella verifica dello stato limite considerato.
I valori di calcolo superiori e inferiori delle azioni permanenti si definiscono come segue:
quando viene utilizzato un solo valore caratteristico Gk:
Gd sup = G sup Gk ;
Gd inf = G inf Gk ;
quando vengono usati valori caratteristici superiori e inferiori delle azioni permanenti:
Gd sup = G sup Gk sup ;
Gd inf = G inf Gk inf ;
dove:
Gksup e Gkinf sono i valori caratteristici superiore e inferiore delle azioni
permanenti;
G sup e G inf sono i valori superiore e inferiore del fattore di sicurezza parziale
per le azioni permanenti.
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Valori di calcolo degli effetti delle azioni. Gli effetti delle azioni (E) sono le risposte della
struttura alle azioni (per esempio sollecitazioni interne, forze e momenti, tensioni,
deformazioni). I valori di calcolo degli effetti delle azioni (Ed) sono determinati sulla base dei
valori di calcolo delle azioni, dei dati geometrici (ad) e delle proprietà dei materiali se
significative:
Ed = f (Fd ; a d ;…) .
In alcuni casi, in particolare per l’analisi non lineare, l’effetto della variabilità dell’intensità
delle azioni e l’incertezza associata alle procedure di analisi, per esempio il modello utilizzato
per i calcoli, devono essere considerati separatamente. Ciò può essere ottenuto mediante
l’applicazione di un coefficiente di incertezza di modello, applicato alle azioni e alle
sollecitazioni interne, forze e momenti.
Un possibili procedimento, detto “linearizazione”, può essere rappresentato schematicamente
con la seguente funzione:
Ed = sd f ( G Gk ; Q Qk ;…) .
Esso comporta un’analisi non lineare fino al livello G Gk , Q Qk ; … e un successivo
incremento della funzione f ( G Gk ; Q Qk ;…) mediante applicazione del fattore modello
sd .
Proprietà dei materiali: valori caratteristici e di calcolo. Una proprietà di un materiale è
rappresentata da un valore caratteristico Xk, che in generale corrisponde ad un frattile della
distribuzione statistica assunta per quella particolare proprietà, definita da norme appropriate
e verificata in condizioni ben definite. In certi casi un valore nominale viene utilizzato come
valore caratteristico.
La resistenza di una materiale può avere due valori caratteristici, uno superiore e uno
inferiore. Nella maggior parte dei casi sarà necessario considerare solo quello inferiore. In
taluni casi, a seconda del tipo di problema considerato, possono essere adottati valori
differenti. Quando è richiesta una stima del valore superiore della resistenza (per esempio: per
la resistenza a trazione del calcestruzzo per il calcolo degli effetti delle azioni indirette) può
essere necessario stabilire un valore nominale superiore della resistenza.
Il valore di calcolo Xd della proprietà di un materiale è generalmente definito come:
X
Xd = k ;
M
dove M è il fattore di sicurezza parziale della proprietà del materiale.
I valori di calcolo delle proprietà dei materiali, dei dati geometrici e degli effetti delle azioni,
se significativi, devono essere utilizzati per definire la resistenza di calcolo Rd come:
Rd = R( Xd ; ad ;…) .
Il valore di calcolo Rd può essere determinato mediante sperimentazione.
Dati geometrici. I valori di calcolo dei dati geometrici che descrivono la struttura sono, in
generale, rappresentati dai loro valori nominali: a d = anom . In alcuni casi, i valori di calcolo
dei dati geometrici sono definiti come: a d = anom + a . I valori assunti da a sono indicati
nei punti di pertinenza.
Disposizioni di carico e casi di carico(2). Una disposizione di carico definisce posizione,
intensità e direzione di un’azione libera. Un caso di carico identifica le disposizioni di carico,
gli insiemi delle deformazioni e delle imperfezioni tra loro compatibili da prendere in conto
per una particolare verifica.
2
Regole dettagliate sulle disposizioni di carico e sui casi di carico sono riportate sullEurocodice 1.
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Requisiti di progetto. Si deve verificare che nessuno stato limite significativo sia superato.
Devono essere prese in considerazione tutte le situazioni di progetto e i casi di carico
significativi. Devono essere prese in considerazione possibili deviazioni dalle direzioni e dalle
posizioni delle azioni. I calcoli devono essere svolti utilizzando modelli teorici adeguati
(integrati, se necessario, da prove) che considerino tutte le variabili significative. I modelli
devono essere sufficientemente precisi nella simulazione del comportamento strutturale,
compatibilmente con l’effettivo livello di preparazione degli addetti in cantiere e
l’attendibilità delle informazioni su cui il progetto viene basato.
8.9.2
Verifiche agli stati limite ultimi secondo l’Eurocodice 2: azioni e combinazioni
Condizioni di verifica. Nella valutazione di uno stato limite per l’equilibrio statico o per
grossi spostamenti o deformazioni della struttura deve essere verificato che:
Ed dst < Ed stb ;
dove: Ed dst e Ed stb sono gli effetti di calcolo rispettivamente delle azioni destabilizzanti e
stabilizzanti.
Nella valutazione di uno stato limite per rottura o per deformazione eccessiva di una sezione,
di un elemento o di una giunzione (escludendo i fenomeni di fatica), deve essere verificato
che:
Sd Rd ;
dove:
Sd rappresenta il valore di calcolo di una sollecitazione interna (o il vettore risultante di
più sollecitazioni interne);
Rd la resistenza di calcolo corrispondente, attribuendo a tutte le proprietà strutturali i
rispettivi valori di calcolo.
Nella valutazione di uno stato limite per trasformazione di una struttura in un meccanismo
deve essere verificato che un meccanismo non si instauri fino a quando le azioni non abbiano
superato i rispettivi valori di calcolo, attribuendo a tutte le proprietà strutturali i rispettivi
valori di calcolo. Nella valutazione di uno stato limite di stabilità per effetti del secondo
ordine deve essere verificato che l’instabilità non si instauri fino a quando le azioni non
abbiano superato i rispettivi valori di calcolo, attribuendo a tutte le proprietà strutturali i
relativi valori di calcolo. Le sezioni devono inoltre essere verificate secondo il già definito
legame Sd Rd . Nella valutazione di uno stato limite di rottura per fatica deve essere
verificato che: Dd 1 ; dove: Dd rappresenta il valore di calcolo dell’indicatore del danno(3).
Combinazioni di azioni. Per ogni caso di carico i valori di calcolo Ed degli effetti delle
azioni devono essere determinati mediante regole di combinazione che tengano conto dei
valori di calcolo delle azioni, come indicato in tabella 8.12.
Situazione di
progetto
Persistente e
transitoria
Accidentale *
Azioni
permanenti
Gd
Azioni variabili
Le altre con il
Una con il valore
valore di
caratteristico
combinazione
Azioni eccezionali
Ad
G Gk
Q Qk
0 Q Qk
–
GA Gk
1 Qk
2 Qk
A Ak **
* Se non specificato altrove.
** Se Ad non è direttamente specificata.
Tabella 8.12 – Valori di calcolo delle azioni nelle combinazioni di azioni, secondo l’E.C.2.
3
Per maggiori dettagli, vedere E.C.2 parte 1E.
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I valori di calcolo riportati in tabella 8.12 devono essere combinati usando le seguenti
espressioni (vedere appunto schema in tabella 8.12)(4):
per situazioni di progetto persistenti e transitorie per le verifiche che non riguardano
fatica a azioni sismiche (combinazioni fondamentali):
Gj Gkj + Ph Pkh + Q1 Qk1 + Qi 0i Qki ;
[8.1]
j
1>1
per le situazioni di progetto con azioni sismiche:
E + Gkj + Pkh + xi Qki ;
j
h
h
1>1
per situazioni di progetto eccezionali (se non diversamente specificato altrove):
Gj Gkj + Ph Pkh + 11 Qk 1 + 2i Qki ;
j
h
[8.3]
1> 1
dove:
Gkj sono i valori caratteristici delle azioni permanenti;
Pkh valore caratteristico della h-esima forza di precompressione;
Qk1 è il valore caratteristico di una delle azioni variabili;
Qki sono i valori caratteristici delle altre azioni variabili;
E è l’azione sismica per lo stato limite in esame;
Ad è il valore di calcolo (valore specificato) dell’azione eccezionale
Gj sono i fattori di sicurezza parziali per la j-esima azione permanente;
Ph sono i fattori di sicurezza parziali per la h-esima azione di precompressione (vedere
valori in tabella 8.13)
GAj come Gj ma per le situazioni di progetto eccezionali;
Qi sono i fattori di sicurezza parziali per l’i-esima azione variabile;
0 ; 1; 2 sono i coefficienti che definiscono, rispettivamente, i già citati valore di
combinazione, valore frequente e quasi-permanente;
ji coefficiente il cui valore è funzione del tipo di verifica(5).
Nelle due precedenti formulazioni (eq. 8.1 e 8.2), l’azione di precompressione deve essere
presa in conto se significativa. Le deformazioni impresse dovranno, di regola, essere
considerate se significative. Le combinazioni per le situazioni di progetto eccezionali o fanno
riferimento esplicitamente a una condizione eccezionale A (per esempio urto) oppure si
riferiscono a una situazione successiva a un evento eccezionale (A = 0). Se non diversamente
specificato, può essere utilizzato GA = 1 . Per maggiori dettagli al progetto di strutture in zona
sismica, si rimanda a quanto prescritto nell’Eurocodice 8; mentre, per il progetto di strutture
resistenti al fuoco vedere Eurocodice 2: parte 10.
4
Definizioni più esaurienti delle classificazioni sono riportate nellEurocodice 1.
5
Il coefficiente è pari a ji = 0 i nel caso di verifica allo stato limite del danno (SLD) e pari a ji = 2 i nel caso di verifica
allo stato limite ultimo (SLU).
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Valori di calcolo delle azioni permanenti. Nelle varie combinazioni sopra definite, le azioni
permanenti che aumentano gli effetti delle azioni variabili (cioè inducono effetti sfavorevoli)
devono essere rappresentate dai loro valori di calcolo inferiori (vedere quando riportato nella
premessa). In generale, salvo casi particolari (vedere E.C.2 – 2.3.2.2 in P(3)), un solo valore
di calcolo (quello superiore o inferiore) deve essere applicato a tutte le parti della struttura,
assumendo quello che genera l’effetto più sfavorevole. Quando i risultati di una verifica
possono dipendere in maniera significativa da variazioni dell’intensità di un’azione
permanente da punto a punto della struttura, le parti favorevole e sfavorevole di tale azione
devono essere considerate come azioni individuali. Tale considerazione si applica in
particolare alle verifiche di equilibrio statico. Nel caso citato devono essere assunti dei valori
particolari di G (6). Per travi continue senza sbalzi può essere applicato su tutte le luci lo
stesso valore di calcolo del peso proprio.
Fattori di sicurezza parziali agli stati limite ultimi per azioni su strutture di edifici.
I fattori di sicurezza parziali per le situazioni di progetto persistenti e transitorie sono indicate
nella tabella 8.13.
Effetto:
favorevole
sfavorevole
Azioni variabili ( Q )
Azioni
permanenti
G
Una con il valore
caratteristico
1,0*
1,35*
–**
1,5
Le altre con il loro
valore di
combinazione
–**
1,5
Precompressione
( P )
0,9 o 1,0***
1,2 o 1,0***
* Quando è necessario considerare separatamente il caso favorevole (0,9) o sfavorevole (1,1) di un’azione permanente.
** Vedere Eurocodice 1; in casi normali per strutture di edifici Qinf = 0.
*** Vedere i punti pertinenti
Tabella 8.13 – Fattori di sicurezza parziali per le azioni sulle strutture di edifici per situazioni di
progetto persistenti e transitorie, secondo l’E.C.2.
Per le situazioni di progetto eccezionali i fattori di sicurezza parziali per le azioni variabili e
per la compressione sono pari a 1,0.
Come già anticipato sulla prima nota (*) in tabella 8.13, quando i risultati di una verifica
possono dipendere in maniera significativa da variazioni dell’intensità di un’azione
permanente da punto a punto della struttura, occorre considerare separatamente come azioni
individuali e parti favorevole e sfavorevole di un’azione permanente; la parte favorevole va di
regola associata a G inf = 0,9 e la parte sfavorevole a G sup = 1, 1 .
Per la valutazione degli effetti locali (zone di ancoraggio, azioni locali sul calcestruzzo) alle
armature di precompressione deve essere applicata una forza equivalente alla resistenza
caratteristica ultima (vedere, ad esempio, E.C.2 ENV – Parte 1-1 – 2.5.4).
Per la verifica di progetto di elementi precompressi devono di regola essere utilizzati i valori
del coefficiente P riportati in tabella 8.13. Tuttavia, per la valutazione degli effetti combinati
nella precompressione e del peso proprio, possono essere utilizzati, possono essere utilizzati
dei valori ridotti dei fattori di sicurezza parziali, che non tengono conto delle incertezze
inerenti alle procedure di analisi (ad esempio, P = 1, 0 e G = 1, 2 nel caso di effetto
favorevole della precompressione).
Considerando deformazioni impresse, nel caso di utilizzo di metodi di analisi non lineare
vanno applicati i fattori sopra riportati per le azioni variabili. Inoltre, sempre considerando
deformazioni impresse, nel caso di analisi lineare, il fattore per gli effetti sfavorevoli sarà
ridotto del 20%.
6
Vedere più avanti valori riportati in tabella 8.13, sotto la voce “Azioni permanenti”.
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Quando le componenti di una forza vettoriale agiscono in modo indipendente tra loro, i fattori
applicati a una qualsiasi delle componenti favorevoli devono essere ridotti del 20%.
Con riferimento ai valori della tabella 8.13, la formulazione 8.1 può essere sostituita dalle
seguenti:
per situazioni di progetto in cui agisce una sola azione variabile Qk1 :
Gj
Gkj +
j
Ph
Pkh + 1, 5 Qk 1 ;
[8.1_b1]
h
per situazioni di progetto in cui agiscono due o più azioni variabili Qki :
1, 35
Gj Gkj + Ph Pkh + Qki ,
j
h
1, 4 i1
[8.1_b2]
adottando la combinazione che dà gli effetti più sfavorevoli.
ESEMPIO 8.5. Sia dato un edificio in conglomerato armato ordinario (assenza di elementi
precompressi Pkh 0 ). Indicando con Gk1 l’azione caratteristica dei pesi permanenti degli
elementi strutturali; con Gk2 le azioni caratteristiche permanenti delle sovrastrutture; con Qkes
l’azione variabile di lunga durata per carichi di esercizio e, infine, con Qkvx e con Qkvy
rispettivamente le azioni del vento lungo le direzioni x-y di un sistema cartesiano coincidente
con il piano di imposta delle fondazioni della struttura, esplicitare i due seguenti scenari di
carico, per situazioni di progetto schematizzabili come persistenti (zona prevalentemente
ventosa):
1) (permanenti) + (azione base variabili esercizio) + (vento x);
2) (permanenti) + (azione base vento x) + (variabili di esercizio).
Considerando, poi, l’azione del vento tramite le componenti lungo x e y indipendenti tra loro,
esplicitare il seguente scenario di carico:
3) (permanenti) + (azione base vento x) + (vento y),
sapendo che, se presente l’azione del vento lungo x, la componente lungo y (vento y) risulta
favorevole alla sicurezza.
SOLUZIONE. Per azioni su strutture di edifici, si fa riferimento ai dati riportati in tabella
8.13. In particolare, si considerino negli scenari di carico 1) e 2) le azioni permanenti a
sfavore di sicurezza. Essendo questo il caso in cui agiscono due o più azioni variabili ( Qkes ;
Qkv ), si può utilizzare la formulazione 8.1_b2(7):
1, 35
Gj Gkj + Ph Pkh + Qki ,
j
h
1, 4 i1
che, in assenza di azioni di precompressione, si semplifica nella:
1, 35
Gj Gkj + Qki .
j
1, 4 i 1
Pertanto, gli scenari di carico n. 1) e 2) se esplicitati coincidono nella formulazione:
1, 35
1, 35 (Gk 1 + Gk 2 ) + (Qkes + Qkvx ) ;
1, 4
7
Come si può ben notare, tale formulazione non esplicita lazione variabile base rispetto alle altre azioni variabili.
209
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dove, considerando come moltiplicatore del termine ( Qkes + Qkvx ) una volta il fattore 1,35 e
una volta il fattore 1,4, si adotta la configurazione che dà, ovviamente, gli effetti più
sfavorevoli.
Facendo riferimento allo scenario di carico n. 3), considerando come da normativa di ridurre
del 20% il fattore di sicurezza della componente indipendente y dell’azione del vento
(componente favorevole alla sicurezza quando agisce l’altra componente lungo x), si ha:
1, 35
1, 35 (Gk 1 + Gk 2 ) + (Qkvx + 0,8 Qkvy ) ;
1, 4
avendo considerato che:
1, 35
20% 1, 35
1 1, 4 = 0, 8 1, 4.
100 OSSERVAZIONI. Volendo, ad esempio, considerare l’azione permanente Gk2 favorevole
alla sicurezza ( Gi G2 = 1, 0 ), quando si è in presenza di vento (si ipotizzi durante la fase di
costruzione della struttura), si avrà (situazione di progetto transitoria):
1, 35
1, 35 Gk1 + 1, 0 Gk2 + (Qkes + Qkvx ) .
1, 4
Fattori di sicurezza parziali per i materiali. I fattori di sicurezza parziali per le proprietà
dei materiali sono riportati in tabella 8.14.
Combinazione
Calcestruzzo
c
Acciaio per c.a. ordinario o
per precompressione s
Persistenti e transitorie
1,5
1,15
(1,5 per c.a.p.; 1,6 per c.a. e c.a. con
precompressione parziale)
Eccezionale (eccetto sisma)
1,2(8)
1,0
Tabella 8.14 – Fattori di sicurezza parziali agli SLU per i materiali, secondo l’E.C.2.
S’intende che i valori indicati tengono conto delle differenze tra la resistenza dei campioni di
prova e quella in opera dei materiali strutturali. I valori sopra indicati sono validi quando
vengono applicate le procedure di controllo (vedere, ad esempio, E.C.2 – Parte 1-1 – 7).
Valori maggiori o minori di c possono essere utilizzati se giustificati da adeguate procedure
di controllo. I valori indicati non si applicano alle verifiche di fatica.
Nel caso di proprietà strutturali determinate mediante prove, vedere la parte applicabile di
questa norma.
8.9.3
Verifiche agli stati limite di esercizio secondo l’Eurocodice 2: azioni e combinazioni
L’E.C.2 impone per le verifiche di esercizio che risulti:
Ed Cd oppure Ed Rd ;
dove:
Cd è il valore nominale o funzione di certe proprietà di calcolo dei materiali,
corrispondenti agli effetti di calcolo delle azioni considerate; e
Ed è l’effetto di calcolo delle azioni, determinato sulla base di una delle combinazioni
sotto definite;
Rd è la resistenza di calcolo.
8
Il valore, secondo E.C.2 ENV 1992-1-1, era 1,3.
210
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Le seguenti espressioni definiscono tre combinazioni di azioni per gli stati limite di esercizio:
combinazione rara:
Gkj +
Pkh + Qk1 + 0i Qki ;
j
i>1
combinazione frequente:
Gkj +
Pkh + 11 Qk1 +
j
h
h
2i
Qki ;
i>1
combinazione quasi-permanente:
Gkj +
Pkh + 2 i Qki ;
j
h
i1
dove:
Gkj sono i valori caratteristici delle azioni permanenti;
Pkh è il valore caratteristico della h-esima forza di preompressione;
Qk1 è il valore caratteristico di una delle azioni variabili;
Qki sono i valori caratteristici delle altre azioni variabili;
0 ; 1; 2 sono i coefficienti che definiscono, rispettivamente, i già citati valore di
combinazione, valore frequente e quasi-permanente.
Le deformazioni impresse devono, di regola, essere considerate se significative.
Per evitare danni al calcestruzzo ed eccessive deformazioni viscose, possono essere fissati dei
limiti superiori alle tensioni di compressione nel calcestruzzo sotto combinazioni di azioni
rara e quasi-permanente.
Per ridurre il rischio di deformazioni anelastiche e di fessure aperte in permanenza può essere
fissato un limite superiore alla tensione di trazione nell’acciaio delle armature.
Qualora nei punti riguardanti gli stati limite di esercizio vengano fornite delle regole
semplificate di conformità, non sono richieste verifiche dettagliate riferite alle combinazioni
delle azioni. Per gli edifici, qualora il progetto preveda la verifica allo stato limite di esercizio
mediante calcoli dettagliati, è possibile utilizzare espressioni semplificate. Per le strutture di
edifici la combinazione rara può essere semplificata con la seguente espressione, che può
anche essere adottata per sostituire la combinazione frequente:
per situazioni di progetto con una sola variabile Qk1 :
G + P
kj
j
kh
+ Qk 1 ;
h
per situazioni di progetto con due o più azioni variabili Qki :
G + P
kj
j
kh
h
+ 0,9 Q
k1
.
i1
adottando la combinazione che dà gli effetti più sfavorevoli.
Nella verifica agli stati limite di esercizio, i fattori di sicurezza parziali delle proprietà dei
materiali (Xd = Xk /M) devono essere assunti pari a 1,0, eccetto se diversamente indicato in
punti particolari. I valori dei coefficienti di combinazione, fissati dall’E.C.2 sono riportati
nella tabella seguente (8.15):
Azioni su:
0i
0,7
0,7
1,0
edifici domestici e residenziali
aree di acquisto e di congresso
magazzini
aree di transito automezzi:
pesanti
0,7
leggeri
0,7
Tabella 8.15 – Valori dei coefficienti di combinazione (SLE), secondo l’E.C.2.
1i
0,5
0,7
0,9
2i
0,3
0,6
0,8
0,7
0,5
0,6
0,3
211
Documento #:
Doc_a6_b.doc
8.9.4
Casi e combinazioni di carico secondo l’E.C.2: considerazioni
Per le combinazioni di carico attinenti al problema deve essere esaminato un numero
sufficiente di casi di carico in modo da riuscire ad individuare le condizioni di progetto
critiche in tutte le sezioni della struttura o della parte di struttura in esame.
A seconda del tipo di struttura, dello scopo a cui è destinata o del metodo di costruzione, il
progetto può essere sviluppato per soddisfare principalmente lo stato limite di esercizio
oppure lo stato limite ultimo. In molti casi, una volta effettuate le verifiche per uno dei due
stati limite, si possono omettere le altre in quanto la conformità può essere valutata sulla base
dell’esperienza. Possono essere utilizzati combinazioni di carico e casi di carico semplificati
se fondati su una ragionevole interpretazione del comportamento strutturale.
Per travi e piastre continue in edifici senza sbalzi, soggette prevalentemente a carichi
uniformemente distribuiti, sarà in generale sufficiente considerare i seguenti casi di carico:
campate alterne caricate con i carichi di calcolo permanenti e variabili ( G Gk + Q Qk ),
le campate rimanenti caricate con il solo carico permanente ( G Gk );
due qualsiasi campate adiacenti caricate con i carichi di calcolo permanente e variabile
( G Gk + Q Qk ), tutte le altre campate caricate con il solo carico permanente ( G Gk ).
Per elementi monodimensionali e piastre in edifici possono essere trascurati gi effetti del
taglio e delle forze longitudinali sulle deformazioni quando tali effetti si presume siano
minori del 10% di quelli dovuti alla flessione.
8.9.5
Metodi di analisi e semplificazioni per il calcolo agli stati limite secondo l’E.C.2
Considerazioni di base. Tutti i metodi di analisi devono soddisfare l’equilibrio. Se le
condizioni di compatibilità per gli stati considerati non vengono verificate direttamente, si
devono prendere delle precauzioni tali da garantire che agli stati limite ultimi la struttura
abbia sufficiente capacità di deformazione e che venga evitato un comportamento
insoddisfacente nelle condizioni di esercizio.
Normalmente l’equilibrio viene verificato sulla base della configurazione indeformata (teoria
del primo ordine). Tuttavia, nel caso in cui le deformazioni determinino un incremento
significativo delle sollecitazioni interne, l’equilibrio deve essere verificato considerando la
configurazione deformata della struttura (teoria del secondo ordine).(9)
Un’analisi globale per deformazioni impresse, quali gli effetti della temperatura e del ritiro,
può essere omessa nel caso in cui le strutture siano divise, mediante giunti, in tratti capaci di
consentire le deformazioni. Nei casi normali, la distanza tra i giunti non deve, di regola,
essere maggiore di 30 m.
Tipi di analisi strutturale agli stati limite. In condizioni di stati limite di esercizio, le analisi
svolte sono normalmente basate sulla teoria elastica lineare. In questo caso, sarà normalmente
sufficiente assumere per gli elementi una rigidezza corrispondente alla sezione fessurata e un
modulo elastico conforme a quanto definito nelle norme. Gli effetti dipendenti dal tempo
devono di regola essere presi in conto qualora siano significativi.
La fessurazione del conglomerato deve essere considerata nell’analisi quando ha un effetto
sfavorevole significativo sul comportamento della struttura o dell’elemento considerato. Un
effetto favorevole della fessurazione può essere considerato se sono soddisfatte le condizioni
di compatibilità.
9
Vedere argomenti trattati al capitolo 15.
212
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In condizioni di stati limite ultimi, l’analisi può essere lineare elastica con o senza
ridistribuzione, non lineare o plastica a seconda della natura della struttura, dello stato limite
preso in considerazione e delle particolari condizioni di progetto o di esecuzione dell’opera.
Di regola, il tipo di analisi utilizzato deve essere sviluppato in modo che, all’interno del suo
campo di validità, venga raggiunto il livello di affidabilità generalmente richiesto dalla
presente norma, tenendo conto delle particolari incertezze associate al metodo stesso. In
questa sezione, il termine “analisi non lineare” si riferisce alle analisi che tengono conto delle
proprietà di deformazione non lineare delle sezioni di conglomerato armato o precompresso.
Le analisi che tengono conto del comportamento non lineare derivante dalla deformazione
degli elementi sono definite come “analisi del secondo ordine” (pertanto una “analisi non
lineare del secondo ordine” tiene conto di entrambi gli effetti).
L’applicazione della teoria elastica lineare normalmente non richiede misure particolari per
assicurare un’adeguata duttilità, purché vengano evitate percentuali di armatura nelle sezioni
critiche. Comunque, quando i momenti ricavati da un’analisi lineare elastica vengono
ridistribuiti, è necessario garantire che le sezioni critiche abbiano una capacità di rotazione
sufficiente a permettere la quota di ridistribuzione assunta.
L’analisi plastica può essere utilizzata solo per elementi strutturali molto duttili in cui è
utilizzato acciaio ad alta duttilità.
Di regola, le sovrapposizioni di armatura, se possibile, vanno localizzate lontano dalle sezioni
critiche. Se ciò non è possibile, la capacità di deformazione o di rotazione della regione di
sovrapposizione sarà valutata sulla base delle quantità totale di armatura presente.
Semplificazioni di calcolo. Per l’analisi delle strutture si possono utilizzare metodi o supporti
di calcolo basati su adeguate semplificazioni, purché questi siano formulati in modo da
garantire il livello di affidabilità implicito nei metodi forniti dalla presente norma, nel loro
campo di validità. La ridistribuzione è limitata a quanto premesso dalle ipotesi implicite nel
metodo semplificato assunto. Per il rapporto di Poisson può essere assunto un valore nullo.
Le travi e le piastre continue possono essere generalmente analizzate ipotizzando che gli
appoggi non costituiscano vincolo alla rotazione. Indipendentemente dal metodo utilizzato,
quando una trave o una piastra è continua su un appoggio che possa essere considerato come
non costituente vincolo alla rotazione, il momento di calcolo sull’appoggio, calcolato sulla
base di una luce pari alla distanza tra le linee d’asse degli appoggi, può essere ridotto di una
quantità pari a:
bsup
;
M Sd = FSd sup 8
dove:
FSd sup è la reazione di calcolo nell’appoggio;
bsup è la larghezza dell’appoggio.
Quando una trave o piastra è realizzata in getto unico con i suoi appoggi, il momento di
calcolo critico sull’appoggio può essere valutato al filo dell’appoggio, con un valore non
minore del 65% dei momenti calcolati assumendo la condizione di incastro perfetto al filo
degli appoggi.
I carichi applicati agli elementi portanti con le reazioni di piastre a portanza unidirezionale, di
piastre nervate e di travi (incluse le travi a T) possono essere calcolati nell’ipotesi di semplice
appoggio delle membrature portate. Tuttavia, la continuità deve di regola essere considerata
per il primo appoggio interno e per altri appoggi interni se le luci ai due lati dell’appoggio
differiscono più del 30%.
Analisi strutturale di travi e telai. Può essere utilizzata la teoria elastica lineare assumendo
per gli elementi strutturali una rigidezza corrispondente alla sezione non fessurata o fessurata
in funzione dell’effetto favorevole o sfavorevole sulla struttura.
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Può essere utilizzata l’analisi lineare con o senza ridistribuzione. In particolare, deve essere
considerata l’eventuale influenza di qualsiasi ridistribuzione dei momenti su tutti gli aspetti
del calcolo. Tali aspetti includono la flessione, il taglio, l’ancoraggio, le interruzioni delle
armature e la fessurazione. I momenti calcolati con un’analisi elastica lineare possono essere
ridistribuiti a condizione che la distribuzione dei momenti che ne risulta sia ancora in
equilibrio con i carichi applicati.
1) Disposizioni secondo la E.C.2 – ENV 1992-1-1. Nelle travi continue in cui il rapporto tra
due luci adiacenti è minore a due, nelle travi di telai a nodi fissi e negli elementi soggetti
prevalentemente a flessione una verifica esplicita della capacità di rotazione delle zone
critiche può essere omessa purché vengano soddisfate le condizioni a) e b) sotto riportate:
a)
per classi di calcestruzzo non superiori a C35/45:
x
0, 44+ 1, 25 ;
h
per classi di calcestruzzo superiori a C35/45:
x
0, 56 + 1, 25
h
b)
per acciai di alta duttilità 0, 7
per acciai di alta duttilità normale 0, 85 ;
dove:
è il rapporto tra il momento ridistribuito e il momento prima della ridistribuzione;
x è la distanza dell’asse neutro dalla fibra maggiormente compressa della sezione
resistente in condizioni di stato limite ultimo dopo la ridistribuzione;
h è l’altezza utile della sezione resistente;
In generale, non è ammessa ridistribuzione per telai a nodi spostabili. Inoltre, nelle travi
continue in cui il rapporto tra due luci adiacenti è minore a due, nelle travi di telai a nodi fissi
e negli elementi soggetti prevalentemente a flessione, se non viene operata alcuna
ridistribuzione, il rapporto x/h nella sezione critica non deve di regola essere maggiore di:
x
= 0, 45 per calcestruzzi di classe da C12/15 a C35/45;
h
x
= 0, 35 per calcestruzzi di classi C40/50 e superiori;
h
a meno di realizzare particolari disposizioni di armatura (per esempio, confinamento).
Di regola, la ridistribuzione non deve essere effettuata nei casi in cui la capacità di rotazione
non può essere definita con certezza (per esempio negli angoli dei telai precompressi).
Per coprire le approssimazioni nella idealizzazione della struttura e le possibili differenze non
considerate dello schema strutturale durante la costruzione, i momenti di calcolo al filo degli
appoggi rigidi nelle travi continue non devono di regola essere minori del 65% dei momenti
calcolati assumendo la condizione d’incastro perfetto al filo degli appoggi.
2) Disposizioni secondo l’E.C.2 EN 1992-1-1. Si deve tenere conto delle ridistribuzioni dei
momenti flettenti su tutti gli aspetti della progettazione. L’analisi lineare con ridistribuzione
limitata può essere applicata all’analisi degli elementi strutturali per la verifica allo SLU. I
momenti flettenti allo SLU, calcolati utilizzando un’analisi elastica lineare, possono essere
ridistribuiti, a condizione che la distribuzione risultante dei momenti flettenti rimanga in
equilibrio con i carichi applicati. In travi o solette continue che:
sono soggette prevalentemente a flessione, e
hanno rapporti fra le lunghezze di luci adiacenti comprese fra 0,5 e 2,
la ridistribuzione dei momenti flettenti può essere sviluppata senza un controllo esplicito sulla
capacità di rotazione, a condizione che:
x
per fck 50 MPa ;
k1 + k2 h
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x
per fck > 50 MPa ;
h
k5 se si utilizzano armature di Classe B o Classe C (vedere norma all’appendice C);
k6 se si utilizzano armature di Classe A (vedere norma all’appendice C);
dove:
è il rapporto tra il momento ridistribuito e il momento flettente elastico;
x è la profondità dell’asse neutro allo stato limite ultimo (in questo caso, dopo la
ridistribuzione);
h è l’altezza utile della sezione.
k3 + k 4 I valori di k1, k2, k3, k4, k5 e k6 da adottare possono essere reperiti nell’appendice nazionale
dello Stato di appartenenza. In generale, i valori raccomandati sono i seguenti(10):
k1 = 0, 44 ;
k2 = 1, 25 (0,6 + 0,0014 / cu2 ) ;
k 3 = 0,54 ;
k 4 = 1, 25 (0, 6 + 0, 0014 / cu2 ) ;
k 5 = 0,7 ;
k6 = 0,8 cu2 .
La normativa raccomanda di non applicare la ridistribuzione dei momenti nei casi in cui la
capacità di rotazione non possa essere definita con sicurezza (per esempio negli angoli dei
telai precompressi). Infine, nel calcolo dei pilastri si raccomanda di utilizzare i momenti
flettenti elastici risultanti dal comportamento a telaio, senza alcuna ridistribuzione.
I metodi basati, invece, sull’analisi plastica possono essere utilizzati soltanto per la verifica
allo SLU. La duttilità delle sezioni critiche deve essere sufficiente perché si possa formare il
meccanismo previsto. La Norma raccomanda che l’analisi plastica sia basata sul metodo del
limite inferiore (statico) o sul metodo del limite superiore (cinematico)(11). Gli effetti di
precedenti applicazioni del carico possono generalmente essere trascurati e si può assumere
un incremento monotono dell’intensità delle azioni.
Si può ritenere che la duttilità richiesta sia raggiunta senza una verifica esplicita, se tutte le
condizioni seguenti sono soddisfatte:
l’area dell’armatura tesa è limitata di modo tale che in ogni direzione:
x
0, 25 per classi di resistenza del calcestruzzo C50 / 60 ;
h
x
0, 15 per classi di resistenza del calcestruzzo C55 / 67 ;
h
l’acciaio di armatura è di Classe B o C(12);
il rapporto tra i momenti agli appoggi intermedi e i momenti in campata è
indicativamente compreso tra 0,5 e 2.
I pilastri devono essere verificati per i momenti plastici massimi che possono essere trasmessi
dagli elementi di collegamento. Per collegamenti a solette piane si raccomanda che questi
momenti siano inclusi nella verifica a punzonamento.
Quando si esegue l’analisi plastica di piastre, si raccomanda di tener conto delle armature non
uniformi, delle reazioni di vincolo agli angoli e della torsione nelle estremità libere.
10
Si anticipa in questo paragrafo che con il simbolo
cu2
è da intendersi la deformazione unitaria ultima del conglomerato a
compressione per un diagramma di compressione parabola-rettangolo.
11
Lappendice nazionale di uno Stato può fare riferimento ad informazioni complementari non contraddittorie.
12
Vedere appendice C nella Normativa E.C.2.
215
Documento #:
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I metodi plastici possono essere estesi alle solette non piene (nervate, cave o alleggerite) se il
loro comportamento è simile a quello di una piastra piena, con particolare riferimento agli
effetti torsionali.
Per quanto riguarda la capacità di rotazione di tratti di trave/soletta, la norma permette una
procedura semplificata che ipotizza una lunghezza di 1,2 volte l’altezza complessiva H della
sezione in asse dell’appoggio. Si ipotizza che queste zone ( 0, 6 H a sinistra e a destra
dell’asse appoggio) siano soggette ad una deformazione plastica (formazione di cerniere
plastiche) sotto la pertinente combinazione di azioni. La verifica della rotazione plastica allo
stato limite ultimo è considerata soddisfatta, se si dimostra che sotto pertinente combinazione
di azioni la rotazione di progetto S è minore o uguale alla rotazione plastica ammissibile.
Nelle regioni delle cerniere plastiche, deve verificarsi:
x
0, 45 per calcestruzzi di classe minori o uguali a C50/60;
h
x
0, 35 per calcestruzzi di classi maggiori o uguali a C55/67.
h
La Norma raccomanda che la rotazione S sia determinata sulla base dei valori di progetto
delle azioni e dei materiali e sulla base dei valori medi della precompressione al tempo in
questione. Nella procedura semplificata, la rotazione plastica ammissibile moltiplicando il
valore base della rotazione ammissibile pl ,d per un coefficiente di correzione k che dipende
dalla snellezza a raglio.
Nota. I valori di pl ,d da adottare in uno Stato possono essere reperiti nella sua appendice
nazionale. I valori raccomandati per le Classi di acciaio B e C (l’acciaio di Classe A non è
consigliato per l’analisi plastica) e classi di resistenza del calcestruzzo minori o uguali a
C50/60 e C90/105 sono forniti in forma tabellare alla figura 5.6N della Norma. I valori per
classi di resistenza da 55/67 a C90/105 possono essere interpolati di conseguenza. I valori si
applicano per un snellezza a taglio = 3,0 . Per valori diversi della snellezza a taglio, si
raccomanda di moltiplicare pl ,d per k = / 3 , dove è il rapporto tra la distanza fra i
punti di momento nullo e momento massimo dopo la ridistribuzione e l’altezza utile h. Più
semplicemente può essere calcolato per i valori di progetto concomitanti di momento
flettente e taglio: = MSd / (VSd h) .
Analisi con modelli tirante-puntone. I modelli tirante-puntone possono essere utilizzati per
il calcolo allo SLU di regioni in continuità (stato fessurato di travi e piastre) e per il calcolo
allo SLU e la disposizione delle armature nelle regioni di discontinuità. In generale, queste
ultime si estendono fino ad una distanza H (altezza della sezione dell’elemento) dalla
discontinuità. Modelli tirante-puntone possono anche essere utilizzati per elementi per i quali
si assuma una distribuzione lineare nella sezione trasversale, per esempio deformazione
piana. Anche alcune verifiche agli stati limite di esercizio possono essere svolte utilizzando
modelli tirante-puntoni, per esempio la verifica delle tensioni nell’acciaio e il controllo
dell’ampiezza delle fessure, se è assicurata una congruenza approssimata per i modelli tirantepuntone (in particolare, si raccomanda di orientare la posizione e la direzione dei puntoni
principali in accordo con la teoria dell’elasticità lineare).
I modelli tirante-puntone sono composti da puntoni che rappresentano i campi di tensione di
compressione, tiranti che rappresentano le armature, e nodi di connessione. Si raccomanda di
calcolare le forze negli elementi di un modello tirante-puntone equilibrando i carichi applicati
allo stato limite ultimo. La Norma raccomanda inoltre che gli elementi tirante-puntone siano
dimensionati secondo le regole al punto 6.5 della Norma. I tiranti di un modello tirantepuntone devono coincidere nella posizione e nella direzione con le armature corrispondenti.
216
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Fra i mezzi possibili per lo sviluppo di idonei modelli tirante-puntone si includono la
determinazione di linee isostatiche e di distribuzioni di tensioni derivanti dalla teoria
dell’elasticità lineare oppure il ricorso al metodo del percorso di carico. Tutti i modelli
tirante-puntone possono essere ottimizzati con criteri energetici.
Analisi non lineare. Metodi di analisi non lineare possono essere utilizzati sia per gli SLU sia
per gli SLE, a condizione che siano soddisfati l’equilibrio e la congruenza e che si ipotizzi un
adeguato comportamento non lineare dei materiali. L’analisi può essere del primo o del
secondo ordine.
Allo stato limite ultimo, si raccomanda di verificare le capacità delle sezioni locali critiche di
sopportare tutte le deformazioni non elastiche assunte nell’analisi, tenendo in appropriata
considerazione le incertezze. Per strutture prevalentemente soggette a carichi statici, gli effetti
di precedenti applicazioni del carico possono generalmente essere trascurati e si può assumere
un incremento monotono dell’intensità delle azioni. Quando si utilizza l’analisi non lineare si
devono utilizzare caratteristiche dei materiali che rappresentino la rigidezza in modo
realistico, che tengano conto delle incertezze di collasso. Si devono utilizzare solo
procedimenti di calcolo che siano validi nei campi di applicazione in oggetto.
Infine, per strutture snelle, nelle quali gli effetti del secondo ordine non possano essere
trascurati, si può utilizzare il metodo di calcolo fornito nel punto 5.8.6 della Norma.
217