in spe fortitudo

in spe fortitudo
A cura dell’Ufficio Diocesano Comunicazioni Sociali
Foto di
Nilo Mascagni
Un particolare ringraziamento a
Foto Silvi di Pontedera
Impaginazione
Alessandro Paladini
Stampa
Bandecchi & Vivaldi srl., Pontedera
Dieci anni
del Vescovo Tardelli
a San Miniato
Nella speranza la fortezza
Un pastore da dieci anni con noi
di don Francesco Ricciarelli*
Ripensare a questi dieci anni in cui mons. Tardelli ha guidato la Chiesa di
San Miniato è anzitutto occasione di ringraziamento al Signore per il dono
di un Pastore così pronto nel rispondere alle sfide del proprio tempo. Dal
2004 ad oggi il vescovo Fausto ha condotto la nostra diocesi attraverso vicissitudini non certo facili. La crisi economica, che si è manifestata in tutta
la sua drammaticità, ha segnato profondamente le famiglie, il mondo del
lavoro e la società intera. L’immigrazione ha cambiato il volto del nostro
territorio sollecitando la Chiesa a una conversione pastorale e a un rinnovato impegno caritativo. L’esplosione dei social media ha aperto nuovi
campi di evangelizzazione, specialmente tra i giovani, sempre più immersi
in un ambiente interconnesso ma spesso anche sempre più soli.
Mons. Tardelli non si è tirato indietro di fronte a queste sfide, promuovendo iniziative di solidarietà, invitando i parroci e gli operatori diocesani
all’attenzione per le famiglie, specialmente per quelle in difficoltà, cogliendo ogni occasione per farsi vicino ai piccoli, agli ultimi, ai nuovi poveri.
In questi dieci anni di episcopato mons. Tardelli ha portato avanti la riorganizzazione del territorio diocesano, ha fomentato in maniera instancabile la collaborazione tra i parroci, tra le comunità parrocchiali e tra le diverse
espressioni del mondo ecclesiale. Ha inoltre sostenuto l’integrazione dei
sacerdoti stranieri, una ricchezza troppo spesso sottovalutata ma preziosissima per uno slancio missionario della Chiesa locale.
Importante è stato l’impulso dato da mons. Tardelli alla formazione del
clero e dei fedeli laici - ricordiamo, fra l’altro, che il Vescovo ha tenuto di
persona tre cicli di catechesi per il popolo - e si è impegnato nel rilanciare
i servizi della comunicazione e della cultura in diocesi.
Questi dieci anni hanno visto purtroppo un aumento dell’indifferenza religiosa e un allontanamento di molti, soprattutto giovani, dalla Chiesa. A
questo problema il Vescovo ha dato risposta con un’attenzione particolare
ai ragazzi e alle ragazze, che non sono mai stati dimenticati nelle lettere
pastorali, nelle omelie, negli eventi diocesani e nelle azioni del Presule, a
partire dal primo intervento dell’ottobre del 2004.
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Mons. Tardelli è un Pastore che ama profondamente la sua gente. è riuscito a stabilire un dialogo familiare e un rapporto di fiducia con il clero,
con il popolo cristiano, con il mondo delle associazioni e anche con le
istituzioni, cercando di infondere in tutti quella speranza che è il leitmotiv
della sua azione pastorale. Il motto In spe fortitudo sta lì a indicarlo. Esso
esprime la passione infaticabile di un Pastore che, animato dalla speranza,
si impegna a risollevare le pecore affaticate e oppresse, a ricercare quelle
disperse, a nutrire tutto il gregge con il buon foraggio del Vangelo.
* Direttore dell’Ufficio pastorale per le comunicazioni sociali e la cultura
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Saluto del Vicario generale
di mons. Morello Morelli
“Come passa il tempo!” è una frase così ripetuta e comune da sembrare
perfino banale. Non per questo è meno vera e meno espressiva di una autentica percezione interiore. Tuttavia, il tempo scorre, sì, velocemente, ma
non è detto che debba necessariamente spazzare via dalla nostra memoria
avvenimenti significativi e date importanti della vita e della storia.
Un evento e una data, che non possiamo far passare in silenzio, ma vogliamo ricordare, sia pure con sobrietà, è il decennio di ordinazione episcopale
del nostro Vescovo Fausto e del suo ingresso in diocesi.
Desideriamo innanzi tutto ringraziare il Signore per averci donato un Pastore, che in questi dieci anni ci ha spronato a dare, nella nostra vita, il
primato assoluto a Dio, a leggere e meditare la Sua Parola, ad avere fiducia
e dedizione incondizionata alla santa Chiesa, a decifrare accuratamente i
“segni tempi”, così da essere testimoni credibili e coraggiosi “della speranza
che è in noi” in una società ,in fase di accentuata secolarizzazione, dove
sembra sempre più dominare una cultura “relativista”, che esalta e propone
una libertà senza regole e senza precisi riferimenti a valori assoluti e oggettivamente fondati.
Vogliamo, poi, esprimere il nostro apprezzamento, la nostra stima e gratitudine al Vescovo Fausto, anche con la pubblicazione di questo “opuscolo”, nel quale sono riportati i passaggi salienti del suo magistero e nel quale
vengono rievocati, attraverso un’accurata scelta di immagini, gli eventi più
significativi della sua azione pastorale.
Il Papa Paolo VI° descriveva così il suo ministero di Pastore della Chiesa
universale: “Noi siamo semplicemente curatori di anime, siamo il vescovo
di questa comunità urbana, che si chiama Roma, e abbiamo per essa il
nostro particolare modo di amarla: il nostro è amore pastorale … Non crei
malintesi il termine “pastorale”; non siamo nel regno dell’Arcadia, e nemmeno in quello del sentimentalismo, sebbene anche di sentimenti sia ricco
l’amore pastorale. Siamo nel regno della carità, fondato da nostro Signore
Gesù Cristo”.
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Con queste parole il Paolo VI° indicava pure magnificamente la missione
di ogni vescovo: amare in pienezza la propria chiesa. Si riallacciava, del
resto, a Sant’Agostino, che nel commentare l’episodio di Gesù risorto che
conferisce a Pietro l’incarico pastorale (Gv 21,15-19), aveva sottolineato
come il Signore trasforma l’amatore in pastore (“amatorem facit pastorem”), proprio perché al pastore viene richiesto un amore più grande, più
disinteressato, più vigilante, più generoso.
Di un tale amore si è fatto araldo e testimone in mezzo a noi il Vescovo
Fausto, in questi dieci anni. Per questo lo ringraziamo di cuore. Speriamo,
infine, di poter proseguire, sotto la sua vigile e sapiente guida, nel cammino di una più incisiva e efficace azione di evangelizzazione e di promozione
umana.
Sotto: L’incontro con Benedetto XVI
Pagine 9: Nelle foto traspare la gioia per l’ingresso di mons. Tardelli a San Miniato.
In questi scatti si vedono l’abbraccio con la gente di San Miniato, il saluto degli scout di
Lucca, l’abbraccio con il confratello e amico carissimo mons. Bianchi, la visita ai malati
di San Miniato, l’incontro da giovanissimo sacerdote con San Giovanni Paolo II, con
Benedetto XVI, l’ordinazione nella Basilica di San Frediano.
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L’incontro con Papa Francesco
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Breve nota biografica di mons. Fausto Tardelli
Fausto Tardelli è nato a Lucca il 5 gennaio 1951.
Entra nel Seminario diocesano nel 1964, seguendo tutti gli studi in preparazione al sacerdozio. Viene ordinato sacerdote il 29 giugno 1974.
Conseguita l’ordinazione sacerdotale, continua a Roma gli studi e fa parte per
quattro anni come alunno dell’Almo Collegio Capranica. Consegue la licenza in
teologia morale e il dottorato presso la Pontificia accademia alfonsiana, con una
tesi dal titolo “Alterità e etica. La relazione con l’altro e l’impegno etico nelle opere di Emmanuel Levinas”. Sempre a Roma, nel biennio 1981-1982 frequenta
alcuni corsi di diritto canonico presso la Pontificia università lateranense.
Ritorna in diocesi nel 1978, e gli viene affidato l’incarico di docente di teologia
morale dapprima presso il seminario di Lucca, poi presso lo “Studio Interdiocesano” di Camaiore, oggi affiliato alla Facoltà teologica dell’Italia Centrale.
Nel 1979 è stato nominato assistente di alcuni gruppi scouts di Lucca e dal
1978 al 1992 è stato assistente del Movimento studenti d’azione cattolica.
Nel 1983 il suo ordinario lo ha nominato vice cancelliere prima e poi cancelliere della Curia fino al 1993.
Ha ricoperto altresì l’incarico di assistente diocesano di Azione Cattolica
dal 1984 al 1987 e assistente della FUCI fino al 1992. Nel frattempo, nel
1986 gli è stata affidata la parrocchia di San Concordio di Moriano e nel
1992 quella di Massarosa, un grande centro situato tra Lucca e Viareggio.
Nel 1995 è stato chiamato a reggere un’importante parrocchia nel centro
storico di Lucca, dedicata a san Pietro Somaldi e san Leonardo, dove è
rimasto fino al 2001, quando è stato nominato pro-vicario generale dell’arcidiocesi e moderatore della curia. Nel 1994 gli è stata affidata l’organizzazione della preparazione del Sinodo diocesano, di cui nel 1996 è divenuto
segretario. Terminato il Sinodo, è stato nominato vicario episcopale per
l’attuazione dei decreti sinodali ed in particolare per la realizzazione delle
unità pastorali, incarichi che ha ricoperto fino al 2001.
Nominato vescovo di San Miniato il 6 marzo 2004, riceve l’ordinazione
episcopale il 2 maggio dello stesso anno nella basilica di San Frediano a
Lucca dalle mani dell’arcivescovo Bruno Tommasi.
Il 30 maggio 2004 prende possesso canonico della diocesi di San Miniato.
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La parola del Vescovo
Nei suoi dieci anni di episcopato il vescovo Tardelli ha donato alla Diocesi
5 lettere pastorali, con le quali ha cercato di indicare alla Chiesa di San
Miniato il sentiero da percorrere nel cammino nella fede in questi 10 anni.
Fedele al suo motto, il file rouge dei documenti del vescovo è sempre stato
ben evidente: la speranza.
Una speranza che deve germogliare in noi perché: «È urgente che nella
comunità cristiana ognuno percepisca la necessità di un proprio cammino
permanente di formazione, fatto di docilità all’azione dello Spirito Santo,
affinché sia formato l’uomo nuovo che giudica e vive secondo Dio, che
testimonia ed annuncia Cristo Risorto» afferma il nostro vescovo nella lettera pastorale 2006/07 “La Speranza in noi”.
Un indicazione chiara quella di Tardelli anche nelle sue esortazioni successive: «Vivere e comunicare la Speranza in famiglia e con le famiglie”;
«Sacerdoti e famiglie alla sequela di Cristo per vivere e comunicare la Speranza» e «Pronti sempre a rispondere della speranza che è in voi; il piano
pastorale 2005-2011». Gli ultimi due interventi di mons. Tardelli sono
incentrati sulla tema della fede e, l’ultimo, dal titolo «Venite a me voi che
siete stanchi e oppressi» tratta in rassegna le ferite del nostro tempo e ci
parla dell’importanza fondamentale per questo tempo delle opere di misericordia.
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Dalla Lettera pastorale «Discepoli del Signore»
del 1 novembre 2004
«Da qualche mese sono in mezzo a voi ed abbiamo appena iniziato a conoscerci. Da quando sono venuto alla fine dello scorso maggio, ho visitato
luoghi e incontrato persone, avvicinato gruppi, associazioni, movimenti.
Sono stato accolto con grande affetto già in tante parrocchie, ho ascoltato
problemi e speranze. Mi manca certo ancora molto per entrare dentro la
vita di questa bella Chiesa di San Miniato, per conoscere e capire tante
cose. All’inizio del nuovo anno pastorale, mi è parso però giusto comunicarvi almeno ciò che per il momento ritengo importante in ordine al
cammino della nostra chiesa. Ho pensato allora di scrivervi questa lettera.
Desidererei che fosse accolta con cuore aperto e piena disponibilità da parte di tutti e che diventasse occasione di riflessione personale e comunitaria,
sperando che possa servire a riscoprirci, gioiosamente e riconoscenti, “discepoli del Signore” in ascolto di quanto egli ci dice, pronti e disponibili
a lasciarci guidare dallo Spirito Santo di Dio. Questa infatti mi sembra
l’urgenza del momento presente, per me e per voi. Nell’anno pastorale in
corso vogliamo domandarci che cosa il Signore ci stia chiedendo: cosa si
attenda da noi, dalla nostra chiesa. Queste domande non sono però relegabili a qualche periodo della vita o a qualche momento particolare. Esse
esprimono l’attitudine stabile del vero credente, di chi cioè concepisce la
vita come risposta d’amore a Dio e progetta la sua esistenza in un dialogo
vivo con Lui. Fare il punto della situazione diocesana e comprendere gli
appelli del Signore nell’ora presente vuol dire, in altre parole, riscoprire la
nostra più immediata ed evidente identità, la più semplice, se vogliamo:
quella cioè di discepoli del Signore Gesù. Di gente chiamata a seguirlo
senza riserve credendo e sperando in Lui, vero Dio e vero uomo risorto da
morte, che si chiede ogni giorno quale sia la volontà del Maestro, come
possa percorrere con Lui la via che per primo Egli ha tracciato. Vuol dire
mettersi ai piedi del Signore, fissarlo nuovamente negli occhi, o meglio
lasciarsi finalmente fissare da Lui, senza sfuggire al suo sguardo che penetra
nell’interiorità più profonda, ma che al tempo stesso è carico di dolcezza
e tenerezza».
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La Lettera Pastorale 2014 2015
«Venite a me voi che siete stanchi e oppressi»
del 8 dicembre 2014
Questa Lettera Pastorale prende il titolo dal versetto 28 del capitolo 11 del
vangelo di Matteo: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi”.
Queste straordinarie parole di Gesù, ci dice il Vescovo nella lettera, esprimono essenzialmente “l’infinita misericordia di Dio per ogni uomo” di cui
siamo chiamati ad essere autentici e concreti missionari. È infatti un’umanità affaticata e ferita, quella cui guarda il Vescovo in questa sua lettera e
pertanto estremamente bisognosa della misericordia di Dio e di qualcuno
che gliela faccia fattivamente sperimentare.
Tante sono le ferite che piagano la nostra umanità: ferite del corpo, della mente, del cuore, della dignità, dell’anima. L’umanità è un po’ come
quell’«uomo mezzo morto», della parabola evangelica del Buon Samaritano, che era incappato nei briganti. Di fronte a questa situazione, i discepoli del Signore, consapevoli che solo Gesù è il medico che può guarire
veramente tutte le nostre infermità, sono chiamati a chinarsi senza paura
sull’umanità ferita, per aiutare i fratelli a tornare fiduciosi a Lui. Sono cioè
chiamati a farsi vicino al prossimo per mostrare il volto misericordioso del
Padre e per trasformare le ferite in “feritoie” da cui far scorrere abbondante
“l’olio della consolazione e il vino della speranza”.
Per divenire gioiosi missionari della misericordia del Padre, occorre anzitutto sperimentare per primi questa misericordia. Ecco che il Vescovo ci
sprona, nell’ultimo capitolo della lettera stessa, a rimanere nel suo amore,
a fare continuamente esperienza di Lui nella frequentazione assidua della
Sua Parola e dei sacramenti.
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In dieci anni di episcopato
il vescovo ha scritto 5 lettere
pastorali con un chiaro filo
conduttore: la virtù teologale
della speranza.
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Un commento teologico alle lettere pastorali
di mons. Morello Morelli
Campeggia in bella evidenza, nel suo stemma episcopale, il motto: “In spe
Fortitudo”. Ed è proprio la speranza, che ha in Cristo morto e risorto il suo
fondamento, il filo conduttore delle Lettere Pastorali inviate alla comunità
diocesana dal nostro Vescovo in questi dieci anni. Lettere finalizzate a coinvolgere sacerdoti e fedeli in una approfondita riflessione su questa virtù
teologale col preciso intento di far comprendere, nel migliore dei modi,
l’unità di fede e di carità, che deve caratterizzare la vita cristiana.
Illuminante, a questo proposito, quanto asseriva Charles Peguy: la speranza si mostra ai nostri occhi come la piccola tra le sorelle, ma è lei che
prende per mano fede e carità e le spinge e le guida, tenendole insieme.
Col porre al centro dell’attenzione ecclesiale il tema della speranza, il Vescovo ha inteso accogliere una grande sfida nei confronti di un tempo di
“passioni tristi” e della società attuale, in fase di accentuata secolarizzazione, dove appare dominante una cultura “relativista”,esaltante una libertà
senza regole e senza riferimenti a valori assoluti e oggettivamente fondati.
Per questo, sia nella prima Lettera pastorale: “Discepoli del Signore” come
nelle successive: “La speranza in noi”, “Annunciare il Vangelo della speranza
nelle famiglie e tra i giovani”e “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi”, il Vescovo richiama l’impellente necessità di decifrare i “segni dei
tempi”, ponendo costante attenzione all’evolversi del modo di pensare e
di vivere, ai linguaggi e alle culture del mondo, senza lasciarsi abbattere
dalle pur numerose e serie difficoltà di una scristianizzazione sempre più
pronunciata. Purtroppo - osserva il Vescovo - di fronte alle tante sfide del
tempo presente, “dobbiamo riconoscere che a volte nelle nostre parrocchie
manca una proposta della Buona Notizia del Vangelo credibile, gioiosa e
bella, accompagnata da quella di un cammino personale e comunitario di
fede, che pur partendo dalle situazioni più disparate, permetta alle persone
di crescere spiritualmente”. Per far risplendere la bellezza della speranza
evangelica,oggi più che mai, è, perciò,richiesto alla Chiesa e ai singoli cristiani non solo di mostrarsi credibili, ma di essere soprattutto più credenti.
In una parola, discepoli veri del Signore.
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Riallacciandosi alla Prima Lettera di Pietro, un affascinante testo che dona
un’immagine dei cristiani delle origini nella struggente condizione di
“stranieri e pellegrini”, che sanno comunque con tanta franchezza rendere
ragione della loro speranza e fedeltà a Cristo, Mons. Tardelli declina la
speranza stessa dei credenti come responsabilità nei confronti di tutti gli
uomini.
Nell’itinerario pastorale per una chiesa missionaria, riprendendo la frase
dell’Apostolo: “Pronti sempre a rispondere a chiunque domandi ragione della
speranza che è in voi”, chiede ai fedeli il coraggio di farsi narratori della
loro fiducia nel Cristo risorto in ambiti fondamentali della vita: le relazioni
familiari; l’età della giovinezza; le vecchie e nuove povertà.Naturalmente specifica il Vescovo – prima ancora che in rapporto agli altri, la speranza
è responsabilità di ogni credente in rapporto a Dio. è risposta al Signore
che chiede di “tornare a Lui con tutto il cuore, di riporre in Lui un’assoluta
fiducia e quindi testimoniarlo ed annunciarlo con coraggio come la Buona
Notizia che dà speranza al mondo, amando fino in fondo ogni uomo o
donna della terra come Egli ama … Ecco quanto credo il Signore stia attendendo da noi: che siamo forti nella fede, saldamente radicati nell’amore,
ma fiduciosamente protesi all’annuncio. Gioiosamente consapevoli della
nostra identità cristiana ma anche della responsabilità di evangelizzare”.
Convinto che solo persone ben preparate possono attuare una vera ed efficace azione evangelizzatrice, nella Lettera “La Speranza in noi”, Mons.
Tardelli si sofferma particolarmente sul tema dell’educazione cristiana per
tutte le età, dall’infanzia alla giovinezza e alla stessa maturità, indicandone
le caratteristiche fondamentali e auspicando che nelle parrocchie o nelle
unità pastorali si realizzi un laboratorio vivo e permanente di formazione
alla vita cristiana, al discepolato e alla missione.
Una formazione cristiana che sia attenta allo sviluppo integrale della persona e incentrata sul “primo annuncio”, visto che la fede non si può dare
per scontata, ma occorre sempre sapientemente risvegliarla, suscitando il
desiderio di conoscere in tutta la sua bellezza e profondità il messaggio del
Vangelo. Un’opera formativa che metta in chiara luce, nella coscienza e
nella vita dei credenti, l’intimo nesso che salda insieme la verità cristiana
con la sua realizzazione nella carità e nell’amore fraterno.
Un’azione formativa, dunque, corretta e completa sotto il profilo dottrinale, alimentata da una fede genuinamente cattolica, così ben strutturata
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sul piano culturale e pedagogico da fornire alle persone una visione della
vita umana, del mondo e della storia in perfetta coerenza con la fede stessa.
Nella Lettera pastorale per il triennio 2014-2017, “Venite a me, voi tutti che
siete stanchi e oppressi”, il Vescovo rivolge un ulteriore invito alla riflessione
e alla revisione di vita per le parrocchie in chiave missionaria. E al tema
della speranza fa seguire quello dell’annuncio e della testimonianza della
misericordia di Dio. Prendendo, come punto di riferimento, la parabola
del buon samaritano, che parla di un uomo ferito e lasciato mezzo morto
sul ciglio della strada, traccia una lucida diagnosi delle “ferite” dell’uomo
di oggi. “Analizzando un poco appena le nostre vite sbattute dai venti di
questo tempo complesso e contraddittorio, mi pare – annota infatti il Vescovo
- di poter riconoscere almeno cinque ferite che ci lasciano davvero mezzo morti”. Sono quelle del corpo: malattie, disagi dell’età senile, violenze. Quelle
della mente, della ragione: disaffezione nei confronti della verità, sfiducia
di poterla trovare, espansione di una ideologia tecnologica, che rischia di
ridurre l’essere umano a materia manipolabile. Le tante offese alla dignità
della persona umana: incapacità di relazioni affettive stabili e permanenti,
naufragio di matrimoni e famiglie, solitudine, teorie del “genere” tendenti
a confondere o addirittura a negare le identità sessuali naturali. Infine,
quelle più devastanti e, purtroppo, le meno avvertite, le ferite che toccano
l’anima: corruzione e assopimento della coscienza morale, trasgressione del
decalogo, le idolatrie moderne del successo, della ricchezza sfrenata, del
potere, i sette vizi capitali, gli scandali perfino nella stessa comunità cristiana. Tuttavia, stando al racconto evangelico, l’uomo, aggredito dai banditi,
ha trovato chi si è preso cura di lui. Davanti a gente ferita è richiesta, perciò, anche a noi la stessa sollecitudine amorevole del buon samaritano. “La
Chiesa – prosegue infatti Mons. Tardelli – ha indicato in modo sintetico
ma molto efficace le opere capaci di esprimere insieme l’attitudine nei confronti degli altri che testimonia la misericordia di Dio e i molteplici ambiti
di una cura adeguata … Le ha chiamate “opere di misericordia corporale
spirituale”, raccomandando ai fedeli di svolgere il servizio al prossimo con
la consapevolezza di essere soltanto umili strumenti nelle mani di Cristo,
l’unico vero medico che guarisce e salva.
Nella parte finale della Lettera, sulle orme di Papa Francesco che sprona i
credenti a testimoniare il Vangelo “nelle periferie esistenziali”, il Vescovo
chiede alla comunità diocesana di porsi in stato di missione e di orientarsi
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decisamente all’annuncio della Misericordia e del perdono del Signore.
Indica, come “campi di evangelizzazione”, dove gettare con abbondanza il
seme fecondo della Parola del Signore, il mondo dei giovani, delle famiglie,
dei lavoratori, degli immigrati e della cultura, avvertendo che “per essere missionari della misericordia di Dio, occorre sperimentarla e rimanere
nell’amore del Signore, riconoscendo le proprie ferite personali e presentandole con cuore umile e fiducioso al Medico divino, perché le curi con
l’olio della consolazione e il vino della speranza”.
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Mons. Tardelli nella sua
prima omelia da Vescovo.
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La visita pastorale 2007-2010
di Alexander Di Bartolo
Un momento di vitale importanza nella cura del gregge affidato a un vescovo, la visita pastorale. Quattro anni intensi, dal 2007 al 2010, nei quali
in tutte le parrocchie è giunto l’abbraccio del vescovo, si è vista la gioiosa
accoglienza delle comunità, è arrivata in molti casi la consolazione per le
difficoltà. La visita del nostro vescovo Fausto ha rappresentato, nel decennio di guida pastorale della diocesi, il punto nodale per la comprensione
di tutte le situazioni che vivono le chiese particolari, le difficoltà ma anche
gli aspetti positivi, vitali, di un territorio che ancora è in grado di donare
attraverso il popolo di Dio buoni esempi di umanità e di comunione fraterna. La visita è divenuta presto proprio un invito alla fraternità: «Benedetto il Signore, Dio d’Israele, perché ha visitato e redento il suo popolo»
(Lc 1,68). Con queste parole il Benedictus di Zaccaria inneggia al Dio dei
padri per la sua presenza premurosa e misericordiosa che si è fatta vicina al
suo popolo venendo ad incontrarlo, a visitarlo.
Nel sentire comune la parola “visita” ricorda l’idea dell’incontro umano e
insieme dà il senso del vivere sociale, dinamico, trasmette il gusto dell’attesa, la cordialità dell’accoglienza e richiama l’usanza e il gesto di persone
che lasciano il proprio ambiente e si recano presso parenti, amici o conoscenti con intenzioni benevole di conoscenza, di scambio, di comunione, comunque con interessi di un mutuo vantaggio e con la prospettiva
di essere accolti, ricevuti, di essere o diventare ospiti graditi, almeno per
un certo tempo. Si è visto tutto questo nella commozione delle persone:
nei sacerdoti che hanno vestito le proprie chiese “a nozze”, nei fedeli che
hanno potuto stringere la mano al pastore diocesano, nei bambini che a
loro modo hanno portato esempi di partecipazione anche impaziente tra
le panche delle chiese, agli operatori parrocchiali che hanno raccolto gli
inviti a tenere viva la propria comunità principalmente con la preghiera e
l’affidamento a Cristo.
Quella delle visite pastorali è una tradizione antica della Chiesa Universale
che affonda le sue radici nei decenni successivi alla morte di Cristo. Negli
Atti (9,32) si legge che: «mentre Pietro andava a far visita a tutti, si recò
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anche dai fedeli che dimoravano a Lidda». Alcuni esegeti ipotizzano che
Pietro avesse conosciuto in visita “pastorale” tutte le comunità; anzi, è ipotizzabile che sarà proprio questo suo far visita alle comunità che più avanti
conferirà al diacono, scelto per succedere all’apostolo, il titolo di epískopos,
di vescovo, di visitatore. La presenza di Cristo, secondo la sua precisa promessa, continua anche mediante questi incontri, queste visite che i suoi
inviati, i missionari, intrattengono con i credenti in un rapporto diretto
da loro mediato. Dall’istituzione della nostra diocesi i vescovi hanno fatto
propria questa antica tradizione riportata in auge dal Concilio di Trento
visitando, a partire dal canonico Andrea Bonaparte nel 1623, il territorio
multiforme della diocesi. Molto è cambiato dai primi anni del Seicento
a oggi, e anche il momento della “visita” è diventato qualcosa di diverso
rispetto al passato. L’attenzione alla Chiesa edificio (i suoi altari, i suoi
paramenti, la conservazione del Santissimo Sacramento e degli oli santi,
i libri liturgici e quelli parrocchiali, la preparazione del parroco e quella
del popolo) si è spostata sempre più verso la Chiesa popolo di Dio, verso
l’umanità che caratterizza ogni singola realtà.
Dal 2007 al 2010 abbiamo visto il nostro vescovo Fausto Tardelli percorrere tutti i seicento chilometri quadrati di estensione del territorio diocesano,
dal Valdarno alla periferia di Empoli giungendo sino alle porte di Pontedera. Un territorio ampio e senza soluzione di continuità, che dal castello
di Larciano giunge sino a Fauglia, nel quale tutte le 88 chiese diocesane, i
santuari, i monasteri, i conventi, le case religiose, sono state visitate.
E’ stata una festa dell’ascolto, un abbraccio lungo quattro anni, dove particolare attenzione è stata riservata alla società civile. Le istituzioni – molti
consigli comunali hanno accolto e salutato il vescovo durante l’itinerario –,
le realtà lavorative, le scuole, le associazioni laicali e quelle di volontariato, gli
immigrati e gli ammalati. In anni difficili per i nostri territori è giunta la speranza del pastore diocesano che è andato anche lì dove il disagio, la povertà,
la solitudine, le ristrettezze economiche, avevano indurito i cuori. La visita
è stata anche l’occasione per conoscere da vicino la vitalità dei movimenti
giovanili, le associazioni sportive e ricreative, i gruppi culturali e tutti coloro
che si adoperano nei rispettivi settori, per il bene della comunità. Per la prima volta nella storia delle visite il vescovo ha anche interagito con gli operai
di un’azienda con sede all’estero, parlando con loro attraverso una webcam e
portando – sino in Russia – il suo saluto e la sua benedizione.
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Dalla visita sono emersi però anche dei risultati, delle conclusioni, dei consigli operativi. é difficile riassumerli in poche righe ma certamente tre sono
i nuclei fondamentali del messaggio lasciato alle parrocchie: riporre attenzione alla formazione spirituale e al cammino dei sacramenti; continuare
sul cammino di collaborazione tra parroci e parrocchie intrapreso con l’istituzione delle unità pastorali; valorizzare le energie positive che il laicato
cattolico infonde e può ancora infondere nel tessuto sociale e umano.
Una bambina accoglie il vescovo in parrocchia
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Nel corso della visita pastorale il vescovo
Tardelli è stato festosamente accolto nelle
parrocchie, nelle aziende, nei supermercati, ha incontrato persone lungo la strada,
ha visitato palestre e associazioni sportive,
entrando in contatto con la vita quotidiana
delle persone. Eccezionale accoglienza da
parte dei consigli comunali che man mano
ospitavano la visita pastorale.
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Conclusione della visita pastorale
di mons. Fausto Tardelli
Ai presbiteri, ai diaconi, ai religiosi e alle religiose, ai laici tutti dell’amata
Chiesa di San Miniato, un caro saluto con la benedizione del Signore.
Rendo grazie assieme con voi al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, al
Dio unico e santo, perchè il suo amore misericordioso mi ha permesso di
poter felicemente portare a termine la mia prima Visita pastorale, apertasi
solennemente la prima domenica di Quaresima, il 25 Febbraio 2007 nella
Chiesa di Ponsacco.
In questo tempo ho potuto incontrare tutte le comunità parrocchiali suddivise nei quattro vicariati di San Miniato, della Valdera, di Fucecchio e
di Santa Croce, come pure le diverse associazioni e movimenti ecclesiali presenti in diocesi. Ho ascoltato persone, ho visitato famiglie, parlato
con tanti ragazzi e genitori, mi sono avvicinato ad ammalati e anziani,
incontrando il Signore in numerose situazioni di sofferenza ma anche di
speranza. Nella serena amicizia e nella gioiosa condivisione delle fatiche
apostoliche, ho sperimentato l’affettuosa vicinanza dei parroci e dei diversi
sacerdoti e diaconi a servizio di questa chiesa, come pure dei religiosi e
delle religiose. Oltre la comunità cristiana, il Signore mi ha dato la possibilità di incontrare molte realtà presenti ed operanti nel nostro territorio,
dalle associazioni di volontariato di varia denominazione, alle associazioni
culturali e sportive, ad alcuni gruppi di immigrati, fino a tutte le amministrazioni pubbliche. Particolarmente significativa è stata la conoscenza
del mondo produttivo, maestranze, imprenditori, forze sociali. In questo
modo mi è stato possibile, nel momento di crisi economica che stiamo
attraversando, manifestare la vicinanza della Chiesa ai lavoratori. L’accoglienza premurosa e affettuosa, piena di rispetto e di attenzione ovunque
ricevuta, è un’esperienza che porto con riconoscenza nel cuore e voglio
vedervi un segno di stima non tanto alla mia persona, quanto all’operato
di tutta la chiesa diocesana. La visita pastorale è stata un evento di Grazia
che ha rinsaldato la nostra fede, fortificato la nostra speranza, rinvigorito
l’impegno e la testimonianza della carità. Per me è stata occasione preziosa
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di arricchimento spirituale e ne lodo il Signore.
Giunti ora alla sua conclusione, insieme a voi intendo deporre le fatiche
e le speranze, anche i nostri peccati e le nostre deficienze ai piedi del SS.
Crocifissso, in Castelvecchio da secoli invocato quale speciale Signore e
custode della città di San Miniato, perchè Egli tutto offra al Padre e lo
Spirito Santo dia fecondità al nostro operato muovendo le nostre volontà
a far fruttificare in una vita
santa i doni speciali ricevuti con la Visita Pastorale. A Maria SS. Assunta
in cielo, a cui è dedicata la nostra Cattedrale, chiedo di accompagnarci nel
cammino come madre premurosa.
In ricordo della Sacra Visita Pastorale, per implorare frutti abbondanti di
rinnovamento della vita cristiana e per ringraziare il Signore di quanto ci
ha permesso di fare, chiedo 3 cose:
1. che in ogni parrocchia, durante il prossimo mese di ottobre, mese missionario per eccellenza, si dedichi all’adorazione eucaristica una giornata
intera o una nottata con questa unitaria intenzione di preghiera: “Perchè
la nostra chiesa diocesana, in ogni sua componente, divenga tutta missionaria, ardente nell’annuncio del Signore morto e risorto, con una fede
rinnovata, una vivida speranza ed un’operosa carità”;
2. che nei prossimi tempi liturgici dell’Avvento e del Natale, ogni parrocchia, associazione e movimento, aderisca con contributi generosi alla
campagna della caritas diocesana per il fondo di solidarietà alla famiglie in
difficoltà per la perdita del lavoro;
3. quale piccolo segno - ricordo della Sacra visita, chiedo infine che ogni
parrocchia si doti di un “Evangeliario”, nelle forme che preferisce purché
dignitose, e ne introduca l’uso nelle celebrazioni più solenni dell’Eucaristia
nelle Domeniche nelle Feste liturgiche.
In comunione con la Beata Vergine Maria e con tutti santi e beati della
nostra Chiesa; in unione profonda di cuore tra di noi e nell’attesa fiduciosa
del ritorno glorioso di Cristo alla fine dei tempi, sia resa lode alla Santissima ed individua Trinità, Padre e Figlio e Spirito Santo. Amen
Dato a San Miniato, nella cattedrale di Maria Assunta e San Genesio, il
giorno 19 di settembre dell’anno del Signore 2010, XXV Domenica del
Tempo Ordinario.
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Il vescovo Tardelli alla gmg di Madrid del 2011
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Il vescovo e i giovani
di mons. Fausto Tardelli
Forse questa lettera ti meraviglierà un po’.
Sono Fausto, il Vescovo della Diocesi i cui vivi.
Ho deciso di scriverti per presentarmi ed iniziare un dialogo, se lo vorrai.
Non intendo annoiarti con prediche per dirti di non fare questo o quello.
Vorrei farti sapere la voglia che ho d’incontrarti, di stare un po’ assieme,
ascoltarti e nello stesso tempo, se mi riuscisse, comunicarti quella gioia che
mi porto dentro e che mi piacerebbe condividere con te.
Sai chi è il Vescovo?
Te lo spiego in breve, se ce la faccio.
è uno che a un certo punto della sua vita ha fatto un incontro decisivo, di
quelli che non t’aspetti e che ti scombussolano l’esistenza.
L’hai mai provato?
è un po’ come quando ti innamori.
Te ne vai per la tua strada, le giornate scorrono tutte uguali, fai la tua vita,
così e così.
Poi all’improvviso c’è una persona che ti colpisce, ti entra nella testa nel
cuore.
Le giornate prendono un’altra dimensione, una luce diversa.
C’è anche un po’ di tormento.
Se poi quella persona ti viene incontro e ti manifesta il suo amore, allora è
tutta un’altra storia.
Tutto è nuovo e bello e luminoso.
Beh, il Vescovo è uno che ha incontrato Gesù e gli è capitata più o meno
la stessa cosa.
O meglio, è il Signore Gesù che ha incontrato lui.
Gli ha fatto balenare davanti agli occhi tutta la bellezza, la straordinaria
grandezza del suo amore.
E così il Vescovo ha lasciato la sua casa ed ha cominciato a camminare per
condividere con gli altri la scoperta della bellezza, della grandezza, dello
splendore di Gesù di Nazaret, figlio di Dio e vero uomo, via, verità e vita,
vincitore della morte.
Ecco perché ti scrivo e son qui col vivo desiderio di ascoltarti e di parlarti.
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Mi piacerebbe conoscere i tuoi desideri e i tuoi tormenti.
La molla che ti spinge a cercare l’emozione forte e intensa.
Vorrei che mi parlassi del tuo desiderio di essere sempre allegro e spensierato, capace di affrontare ridendo ogni cosa; di incontrare amici veri e sinceri
e un amore che ti appaghi completamente.
Vorrei che mi raccontassi della tua voglia di divertirti, iniseme con gli altri,
al di là di schemi e convenzioni, rompendo magari le regole.
Vorrei pure ascoltare quei momenti neri di solitudine o quelli in cui la noia
e la nausea ti prendono alla gola.
Mi piacerebbe ascoltarti si, ma anche parlarti.
Parlarti di Colui che ho incontrato nella mia vita: Gesù di Nazaret.
Se già in qualche modo lo conosci e ne sei rimasto in certa misura attratto,
ti faccio una proposta concreta: in quest’anno mettiti insieme con me ad
ascoltarlo più intensamente attraverso la sua Parola.
Ci saranno degli appuntamenti speciali proprio per questo.
Se invece sei uno che ha lasciato ormai la chiesa e pensi che proprio non ti
interessi, ti invito solamente ad ascoltarti dentro, per un po’ di tempo, nel
più profondo di te stesso.
Laddove non si va di frequente, ma dove invece abita il nostro io più autentico.
Per un po’ prova a far tacere mille voci, i rumori, il frastuono, per ascoltare
invece le profondità del tuo cuore, dove sono i tuoi desideri più veri, le
aspirazioni più grandi, i sogni più belli.
Prova a guardarti dentro, senza fuggire via, senza paura, anche se troverai
qualche angolo di dolore, di solitudine, di scontentezza, d’infelicità.
Ascolta, e ti accorgerai che Qualcuno che ti conosce bene, più di quanto
t’immagini e che ti accetta esattamente così come sei, senza aspettare che
tu sia il migliore per volerti bene.
Ti saluto con affetto.
San Miniato, 23 settembre 2004
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Ecco i tanti
momenti del
vescovo Tardelli
assieme ai giovani
di San Miniato. Le
gmg di Colonia nel
2005 e di Madrid
nel 2011.
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Dieci anni insieme a noi
di Gabriella Guidi
Sono già trascorsi dieci anni da quando un cinquantenne sacerdote lucchese, da poco ordinato vescovo, si affacciava guardingo alla Diocesi di
San Miniato, molto legata per motivi storici e culturali al territorio della
lucchesia.
Mons. Fausto Tardelli, un vescovo nuovo, giovane che fin da subito ha
cercato di conoscere, capire ed interagire con il gregge che era chiamato
a condurre. Attento e sensibile alle varie problematiche parrocchiali e pastorali, uomo fermo e deciso nelle decisioni importanti, ma anche padre
accogliente e capace di ascoltare.
Anche con i giovani ha sempre avuto un ottimo rapporto: vicino, presente, sempre pronto a spronare ed incoraggiare per testimoniare la gioia
dell’essere cristiani autentici. Molti noi, che all’epoca eravamo teenagers,
sono cresciuti con i suoi insegnamenti, le sue catechesi ma anche con la sua
umanità e il suo “fare” di pastore paterno che non rimprovera ma corregge.
“In spe fortitudo” questo è il motto che ha scelto e che lo caratterizza pienamente: la forza e il coraggio, infatti, vengono dalla speranza, dall’amore di
Dio padre misericordioso che muove i suoi figli verso il bene.
Molte le esperienze vissute insieme, molti gli incontri a cui abbiamo partecipato, tra gli altri ricordiamo: il viaggio in visita alla Sacra Sindone a
Torino, la visita a Sassello, città natale della Beata Chiara Luce, le gmg di
Colonia e di Madrid, i viaggi ad Assisi e La Verna sulle orme di San Francesco e molti ancora…
Vere occasioni per scoprire ed apprezzare la figura del vescovo, come uomo
e pastore al servizio della Madre Chiesa, che sta in mezzo alla gente e si
prende cura del gregge a lui affidato.
Legati da grande affetto e da profonda riconoscenza auguriamo al nostro
vescovo Fausto di continuare in questa direzione il suo episcopato nella
nostra Diocesi secondo quanto dispongono i tempi del Signore.
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Con il nostro Pastore
di Emanuele Salassa
Dieci anni fa, quando Mons. Fausto Tardelli fu nominato Vescovo
della Diocesi di San Miniato, io avevo poco più di diciannove anni ed
avevo cominciato da poco l’università. Posso quindi dire che Tardelli ha
accompagnato tutta la mia gioventù.
Sin dai primi vagiti del suo episcopato, vedemmo nel novello pastore della
Diocesi la figura di un padre buono, di un pastore che con grinta ed un bel
sorriso si accingeva a guidare, con pazienza e meticolosità, le nostre terre.
Le strade da percorrere non sono state sempre libere da ostacoli, anzi molto
spesso accidentate ed in salita ma non è mai mancata, in noi giovani, la
certezza che tutta l’opera fosse guidata dallo Spirito Santo. Ricordo ancora
come fosse ieri quando, il 2 luglio 2009, fui convocato dal nostro vescovo in
Curia, insieme a Gabriella, Alessandra, Giovanni e Don Fabrizio.
Fino a quel momento avevamo partecipato con assiduità agli incontri della
pastorale giovanile, si era creato un bel clima tra noi giovani e non avevamo la
minima idea del motivo della nostra convocazione. Ben presto Sua Eccellenza
ci fece comprendere il perché della Sua chiamata: voleva affidare a noi giovani,
in prima linea, la guida della Pastorale Giovanile Diocesana. Un fulmine a ciel
sereno! Non sapevamo da che parte cominciare, dove mettere le mani.
Il nostro Vescovo, da buon pastore, ci tranquillizzò, ci spronò e ci promise
che non ci avrebbe lasciato soli. Decise di scommettere su di noi. E noi
non ce la siamo proprio sentiti di rifiutare! Dal 13 ottobre di quello stesso
anno abbiamo cominciato insieme un bellissimo cammino, fatto di tanti
momenti forti, profondi, a anche di occasioni di convivialità e confronto.
Storica è stata sicuramente la Giornata Mondiale della Gioventù a Madrid
nel 2011, che vide partire da San Miniato e dintorni più di 110 giovani.
Rimarrà indelebile nei nostri cuori la Santa Messa celebrata con il nostro
Vescovo nel luogo ove pernottavamo, in quello che i nostri ragazzi avevano
chiamato “il campo profughi”. L’arrivo del nostro Vescovo rinfrancò tutti i
nostri cuori e ci ricaricò. Tanta fu la gioia nel vederlo accanto a noi, come
fosse veramente il nostro padre premuroso che non perde un istante i suoi
figli. Ci siamo sentiti amati.
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I pellegrinaggi
I giovani in Terra Santa
di Michael Cantarella
L’ARRIVO - Se si guarda fuori dal finestrino, mentre ormai sono in corso
le procedure di avvicinamento all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv, si
rimane da subito sorpresi. Dall’alto la terra promessa si rivela un miraggio,
un punto d’approdo dopo un lungo viaggio. Si materializza all’orizzonte,
oltre il mare, circondata da monti aridi e silenziosi.
Uscendo dall’aeroporto già si respira l’aria di un paese perennemente in
guerra, dove la paura è il pane quotidiano. L’autobus imbocca l’autostrada
e si dirige subito al Nord verso la Galilea, verso Nazaret. A lato della strada si aprono le verdi colline di questa regione: al tramonto possiamo già
scorgere Nazaret, oggi un paesone di 70.000 abitanti, appollaiato su una
collina alla nostra sinistra.
Così ha inizio il pellegrinaggio dei giovani in Terra Santa. Sei giorni, frenetici, stupendi, vissuti tutti d’un fiato, pieni d’emozioni e scoperte.
LA SCOPERTA - Un pellegrinaggio in questi luoghi non solo offre momenti di raccoglimento e preghiera in luoghi santi, ma in questo caso è
I giovani della Diocesi sulle sponde Mar Morto a Qumran
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possibile vedere, scoprire e credere. Tutto sommato siamo uomini di poca
fede, e camminare sulle orme di Cristo, nei luoghi dove egli è nato e vissuto, è davvero un balsamo per la nostra vita di cristiani.
Perciò si rimane colpiti dalla sacralità intima e dolce che si respira alla
grotta dell’annunciazione, oppure dalla bellezza del Mare di Galilea, il lago
di Tiberiade, sulle cui sponde si è svolta gran parte della vita pubblica di
Gesù. Nazaret non è lontano da qua, pochi chilometri più in alto, al di
là delle colline. Oltre l’orizzonte il Libano, alla nostra destra, oltrepassato
il lago, il monte Tabor, con la basilica della Trasfigurazione. Il vangelo si
tocca con mano viaggiando per questi luoghi.
Appena finito di attraversare il deserto di giuda, oltrepassato il check point
Israeliano, appena dopo una lunga galleria ecco che appare come in un
sogno l’inconfondibile paesaggio visto in mille foto, in mille servizi di telegiornale. La città santa è là, alla nostra destra: cantiamo e siamo felici
mente Salim, la nostra guida esclama: «ecco la Città Santa, ben arrivati
ragazzi!!».
Dormiamo a Betlemme, non prima di aver attraversato il muro, che non
separa solo i Territori Palestinesi da Israele, ma crea un confine tra due umanità dello stesso colore. I militari sono ragazzi come noi, a volte solo più
giovani e con meno barba. Imbracciano mitra evidentemente di seconda
mano, probabilmente scarti di magazzino provenuti da chissà dove. Un folto contingente militare ci accoglie oltre il muro, messo lì per la sicurezza del
congresso di Al fatah, la formazione politica palestinese di stampo moderato. I cecchini sopra i tetti contribuiscono ad un senso collettivo d’angoscia
che non pensavamo di trovare. Di fronte a noi la basilica della natività:
un’oasi tra tanto odio e guerra. La fortuna ci assiste, ed anche se a seguito di
una sveglia al cantar del muezzin, possiamo celebrare la messa nella grotta
dell’annuciazione: un privilegio di pochi, dato che le regole della convivenza tra cattolici e ortodossi sono molto rigide, e suscitato un certo sconcerto.
GERUSALEMME - Gerusalemme è un pellegrinaggio nel pellegrinaggio.
In essa si concentrano misteri di fede e ferite livide della storia recente del
mondo. Scendiamo dalla basilica del Padre Nostro verso il Getesemani;
davanti, più in alto, le mura della Gerusalemme vecchia, dove spicca la cupola d’oro della moschea di Omar e le cupole grigiastre del Santo Sepolcro.
E poi la via dolorosa, che si snoda lungo la parte araba della città, che
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appare come un dedalo di strade pieno di negozi e mercatini, un esempio
di come il Cristo anche oggi percorre con la sua croce le strade del mondo
nell’indifferenza di tutti.
Stanchi ma emozionati dalla visita al Santo Sepolcro ed al Calvario torniamo a Betlemme dove ci aspettano per una stupenda serata i giovani
cattolici della vicina Beit Jala, un paesino contiguo alla città della Natività.
Il mattino seguente sveglia ancora all’alba per visitare la Gerusalemme cosmopolita,con la salita sulla spianata delle moschee e la visita del muro
occidentale, il cosiddetto muro del pianto.
Tutto veloce, tutto d’un fiato: l’ultimo giorno salutiamo Gerusalemme e
scendiamo verso Tele aviv, dopo una breve sosta ad Emmaus. Ormai siamo
agli sgoccioli del pellegrinaggio, l’aeroporto si avvicina.
Nel cuore rimangono scolpite le immagini di giorni bellissimi, passati
all’ombra delle parole del Vangelo, delle meditazioni di Padre Francesco,
delle parole del Vescovo. Rimane nel cuore questa terra così piccola e così
centrale nella storia dell’uomo, e per noi cristiani, per la storia della nostra
salvezza.
Salim ce l’aveva detto «chi visita la terra santa deve farvi ritorno». Ha ragione Salim, ritorneremo.
Pellegrinaggio diocesano a Lourdes 2008
Seicento pellegrini davanti alla grotta di Massabielle
Giovedì 18 il vescovo Fausto, assieme ai vescovi Ricci e Bertelli e ai sacerdoti della diocesi presenti al pellegrinaggio, ha celebrato la messa alla
grotta delle apparizioni. Il vescovo, nell’omelia, prendendo l’immagine
della grotta, ha evidenziato, come “questa grotta – anche nella sua forma
esteriore – non è chiusa, ma è aperta, come una valva di conchiglia che
contiene per noi una perla luminosissima e preziosissima: proprio Lei, la
Vergine Maria, Madre di Dio e Madre nostra. Maria, l’Immacolata Concezione, da questa grotta aperta, ci invita a sperare, a confidare in Dio, a
convertirci al Signore. Ci invita a credere alla potenza dell’amore di Dio,
a credere che quella oscura grotta che spesso è la nostra vita, può essere
aperta per l’amore di Cristo crocifisso e risorto, può essere spalancata e noi
possiamo uscirne fuori”.
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La suggestiva processione aux flambeaux, con il rosario celebrato in più
lingue, e la processione eucaristica sono stati due momenti vissuti intensamente dai pellegrini. A entrambi hanno partecipato i nostri malati.
Di grande suggestione anche la messa internazionale concelebrata in San
Pio X.
Il percorso giubilare ha portato i pellegrini a visitare, tra gli altri luoghi,
la chiesa parrocchiale di Lourdes, la casa di Bernadette, e il mulino dove
lavorava la sua famiglia.
La catechesi del vescovo Fausto. La seconda catechesi, quella di chiusura
del pellegrinaggio, ha permesso di tirare un po’ le conclusioni dei giorni
trascorsi a Lourdes. “Sono stati giorni di grazia per tutta la Chiesa di San
Miniato che si è mossa insieme, in unità per venire pellegrina a Lourdes”.
Ha poi sottolineato tre belle esperienze vissute: il percorso giubilare, l’esperienza di Chiesa che è stata vissuta in questi giorni, l’incontro con la sofferenza e il dolore del mondo. “Noi non dobbiamo lamentarci ma alleviare le
pene degli altri”- ha sottolineato mons. Tardelli. Con quale programma è
necessario ripartire nella vita quotidiana dopo questa esperienza? Il vescovo
ha dato alcune indicazioni concrete. Andare a messa tutte le domeniche e
fare la comunione con fede, confessarsi una volta al mese con fiducia nella
misericordia di Dio per mantenersi vigili in un cammino permanente di
conversione, pregare molto, compiere le opere di misericordia sia corporali
che spirituali.
La diocesi ha anche offerto un grosso cero, con una preghiera di affidamento alla Madonna.
La partenza da Lourdes è stata caratterizzata dal particolare saluto che ha
voluto tributarci mons. Bertelli. Salito su un carrello ferroviario si è fatto
trascinare lungo il treno cantando l’Ave Maria di Lourdes.
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In seicento pellegrini da San Miniato
alla grotta di Massabielle a Lourdes
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da La Domenica dell’8 settembre 2013
In 2000 dal Santo Padre
«Vedervi da quassù è davvero emozionante, siete una moltitudine che è
unita nella lode a Cristo. Abbiamo avuto due giorni emozionanti, bellissimi, e di cui ora vivremo il culmine con la celebrazione eucaristica».
Così si è espresso mons. Fausto Tardelli questa sera all’inizio della Santa
Messa concelebrata assieme ai sacerdoti della diocesi nella basilica di San
Giovanni in Laterano. Per tutti loro la giornata è cominciata molto presto: alle 7.30 infatti si sono aperti i varchi di piazza San Pietro sia per i
pellegrini che hanno pernottato a Roma, sia per quelli arrivati all’alba. Si
sono riversati nella piazza, riempita stamattina da circa 60.000 fedeli. Sul
sagrato della basilica aveva un posto riservato il vescovo di San Miniato
accompagnato da tutti i primi cittadini della diocesi e dal presidente della
provincia di Pisa Andrea Pieroni. Papa Francesco si è presentato in piazza
con anticipo, girando a lungo tra la folla e salutando quasi personalmente
i fedeli presenti. Alle 9 l’udienza, durante la quale il pontefice ha voluto
ricordare i giorni trascorsi a Rio de Janeiro per la Gmg lasciando alla folla
tre parole su cui meditare: accoglienza, festa e missione. Il Papa si è poi rivolto in particolare ai giovani, invitandoli ad essere speranza per il mondo.
Il vescovo Tardelli ha consegnato al Santo Padre l’invito ufficiale a visitare la diocesi di San Miniato, invito al quale è seguito quello del sindaco
Gabbanini, a nome di tutti i sindaci della diocesi, e del presidente della
provincia di Pisa Pieroni. Il vescovo ha dichiarato: «Sono molto contento:
l’incontro con Papa Francesco ci ha rafforzato nella fede e nell’impegno di
testimoniarla». In piazza erano presenti anche molti sindaci del territorio
diocesano. La Messa in San Giovanni del pomeriggio è stata seguita da
molti in diretta streaming sul sito della diocesi. Il vescovo, a proposito, si
è detto contento del fatto che anche gli ammalati, gli anziani e i monasteri
di clausura abbiano potuto essere in comunione con noi fisicamente presenti a Roma. Durante l’omelia Tardelli si è soffermato sulla situazione preoccupante della Siria, dicendo come “mentre soffiano venti di guerra nel
mondo noi viviamo oggi la possibilità di un mondo nuovo, in cui l’amore
vince su ogni avversità”. “La fede infatti – ha continuato il vescovo – non
ci aliena mai dal mondo, ma ci incarna in esso. Il vescovo ha concluso poi
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la sua omelia esprimendo ancora una volta la sua personale soddisfazione
per l’esito del viaggio e ringraziando i fedeli per aver risposto all’invito con
particolare entusiasmo e ha terminato dicendo: “la Chiesa di San Miniato
oggi è tutta qui! È l’ora di tornare ai pullman per mettersi in viaggio; si va
via con i piedi stanchi ma con il cuore contento”.
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Neri Di Bicci, Madonna della Cintola, Giovanni Battista, Tommaso e Bartolomeo,
1470-1475, olio su tavola, 220x220 cm, Museo Diocesano d’Arte Sacra, San Miniato
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A favore dei beni culturali ecclesiastici diocesani
di Elisa Barani e don Bruno Meini
In questi dieci anni, intenso è stato l’impegno di Sua Eccellenza a favore
dei beni culturali ecclesiastici, sia nell’applicazione delle disposizioni della
Conferenza Episcopale Italiana e dello Stato, sia nella regolamentazione
interna diocesana, e di conseguenza nell’esercizio di tali direttive, per così
dire “sul campo”, col restauro di chiese, canoniche e di opere d’arte. L’attenzione verso la salvaguardia e la promozione di questo patrimonio è stata
sostenuta non solo dalla cultura e dalla sensibilità per la materia, ma anche
dalla competenza giuridico-amministrativa applicata ai beni culturali, che
non tutti conoscono e che emerge nella quotidiana collaborazione con Lui.
Il nostro territorio è notoriamente caratterizzato dalla presenza di edifici
ecclesiastici (solo le chiese sono 179) ricchi di opere d’arte, come quadri,
statue, argenti, tessuti e arredi liturgici, che testimoniano la storia, la fede
e la spiritualità delle nostre comunità e che trasmettono ancora oggi il
messaggio evangelico attraverso una precisa simbologia architettonica ed
iconografica, legata appunto alla storia vivente delle persone e alle vicende
del territorio.
Il concetto di arte sacra come “biblia pauperum”, risalente a San Gregorio
Magno (VI sec.) mantiene intatta la propria validità. Tuttavia, conservare il patrimonio culturale ecclesiastico nel recupero di quello deteriorato
dal tempo e dall’incuria, e nel valorizzarlo per renderlo fruibile oggi, ai
fini della scoperta della solidità delle nostre radici, è diventato sempre più
arduo, a causa della contingenza economica sfavorevole: i fondi destinati
al recupero dei beni artistici sono tra i primi ad essere contratti. In questo
contesto emerge l’impegno della CEI con i fondi dell’otto per mille e dei
moderni mecenati, come le Fondazioni bancarie, in particolare quella della Cassa di Risparmio di San Miniato, che ci riguarda direttamente.
Da quando Sua Eccellenza è con noi una delle Sue preoccupazioni in
questo campo è stata quella di ridare vigore a tutte le attività del settore,
rafforzando in primis la Commissione Diocesana d’Arte Sacra nel 2006
con la nomina del direttore nella persona del prof. Roberto P. Ciardi, professore emerito di Storia dell’Arte a Pisa ed Accademico dei Lincei, e co45
optandone i membri scelti tra ecclesiastici e laici. Alla Commissione sono
state affidate competenze ben precise, come organo consultivo nella scelta
delle operazioni più opportune nella valorizzazione dei beni culturali ecclesiastici.
Sono molti gli interventi favoriti dal nostro Vescovo, già realizzati od ancora in corso: si citano, ad esempio, il campanile della Cattedrale, Collemontanino, Pianezzoli, Sant’Angelo a Montorzo, Gavena, Cerreto Guidi,
Bastia, il campanile di Ponsacco, Bassa, Santo Pietro Belvedere, Partino,
Montebicchieri, Camugliano, Cecina di Larciano, Crespina, Torre, la Pieve di Corazzano, ecc.
Ricordo che nella primavera del 2007 andai in Curia per proporgli un’idea
che avevo maturato negli anni di lavoro al Sistema Museale di San Miniato:
portare il Museo Diocesano nelle scuole, invece di aspettarne la visita. La
Sua reazione a questa proposta, avanzata da una semisconosciuta laureanda
in Conservazione dei Beni Culturali, fu un inaspettato e immediato: “Perché
no?”. Gli effetti si sono visti nel lancio di una vasta opera di divulgazione
culturale tra i ragazzi dalle materne alle superiori: la didattica e, nel contempo, il recupero della collezione e il restauro di importanti opere, come
la Madonna con angeli e santi di Neri di Bicci inaugurato nel 2013, sono
alla base della decisione con cui la Regione Toscana ha ufficialmente riconosciuto la qualità del Museo.
L’offerta culturale diocesana si è ampliata con l’inaugurazione della Raccolta di opere d’arte liturgica al Conservatorio di Santa Marta a Montopoli
in Valdarno nel 2011, progetto per tanto tempo conservato nel cassetto e
finalmente messo in atto.
Last but not least, l’idea, l’impulso e l’incoraggiamento dato da Sua Eccellenza ad uno degli eventi culturali più rilevanti del territorio nel 2013:
l’ostensione di 7 crocifissi medievali in occasione dell’Anno della Fede e
dell’anniversario dell’Editto di Costantino, allestita nel santuario del Santissimo Crocifisso di San Miniato. Copie del catalogo sono state richieste
dalla sezione del Ministero dei Beni Culturali di Udine, da vari musei
diocesani e da una libreria fiorentina.
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I lavori di restauro
alla torre campanaria
del Duomo.
La mostra dei
Crocefissi medievali.
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Nelle immagini alcuni momenti di vita della
diocesi degli ultimi dieci anni:
1. Il Convegno Diocesano 2011. 2. A San Romano con le Misericordie e i gruppi Fratres.
3. A La Serra con i bambini del Catechismo
4. A Cerretti, accoglienza in occasione della
visita pastorale. 5. Con il Card. Comastri per
l’apertura del giubileo del Santuario, nel 2012
6. Celebrazione del Corpus Domini a San Miniato. 7. In preghiera davanti all’immagine
48 della Madonna di Fatima
Una Chiesa in cammino
di Riccardo Ceccatelli
Quando Mons. Tardelli fu eletto Vescovo della diocesi di San Miniato, la
Chiesa Sanminiatese aveva da pochi anni chiuso il XIII Sinodo Diocesano, il primo dopo il Concilio Ecumenico Vaticano II, che aveva impegnato tutte le componenti ecclesiali per ben quattro anni, affrontando molti
problemi e lasciandone inevitabilmente molti altri aperti, come del resto
si legge nel decreto di promulgazione del Sinodo stesso a firma di Mons.
Edoardo Ricci, predecessore del Vescovo Fausto: “Sappiamo bene che mentre molti problemi sono stati trattati, proponendo poi orientamenti e norme per
la loro risoluzione, altri invece non sono stati considerati o appena accennati.
Non poteva essere diversamente. Questo nostro Sinodo è il primo e non l’ultimo passo di un cammino di rinnovamento personale ed ecclesiale che esige da
parte di tutti un’attenta lettura dei segni dei tempi affinché la nostra Comunità
diocesana possa impegnarsi con forza e soavità a testimoniare agli uomini del
nostro tempo Gesù Cristo, Parola vivente del Padre, Verità che ci fa liberi, Vita
che ci riempie di gioia, Via che ci guida”.
Possiamo affermare che è esattamente da qui che è iniziata, dieci anni fa,
l’azione pastorale di Mons. Tardelli nella nostra diocesi per una Chiesa
unita e in costante “cammino” (“sinodale” appunto secondo l’etimologia
della parola “sinodo” = “camminare insieme”), come ebbe subito a dire a
Lucca, al termine dell’Ordinazione Episcopale, rivolgendosi ai numerosi
Sanminiatesi presenti, sacerdoti, religiosi e laici: “Presto sarò da voi, per
camminare insieme nel Signore”.
Sì, evidentemente Mons. Tardelli, ancor prima di conoscerci, desiderava
già nel suo cuore una Chiesa capace di camminare in unità e capace di
compiere ogni sforzo per leggere i segni dei tempi, in un attento discernimento, in modo da poter testimoniare anche agli uomini del nostro tempo
Gesù Cristo, Parola, Verità, Vita e Via.
Queste dunque, a mio avviso, le parole chiave per comprendere il cammino pastorale compiuto dalla nostra comunità ecclesiale in questi anni:
“camminare insieme nel Signore”, ovvero un cammino di comunione, irrobustito dalla meditazione della Parola di Dio e dalla preghiera costante.
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E a proposito della preghiera e della meditazione della Parola di Dio va
subito sottolineato il continuo richiamo alla lectio biblica in parrocchia, nei
gruppi o nei movimenti e aggregazioni laicali, ma anche in famiglia, che
ogni anno si è concretizzato nella proposta di approfondimento di brani
biblici tratti da diversi libri del Vecchio o del Nuovo Testamento (a partire
dall’Apocalisse per arrivare, quest’anno, alla meditazione dei Salmi della
Domenica), sempre con opportuna e curata sussidiazione. La preghiera
infatti ci pone in un atteggiamento corretto di ascolto del Signore e ci aiuta
a discernere la Sua volontà, ciò che Lui vuole da noi, Chiesa di San Miniato, nel momento storico che stiamo vivendo. E questo è proprio quanto
il Vescovo Tardelli chiese alla Diocesi con la sua prima Lettera Pastorale
“Discepoli del Signore”, dopo pochi mesi dal suo arrivo.
A partire da qui è iniziato un itinerario pastorale ininterrotto in cui, a piccoli passi, stiamo cercando di migliorarci per essere sempre più e meglio,
come Chiesa, testimoni credibili “della speranza che è in noi”, speranza
che nasce dalla fede nel Signore morto e risorto di cui siamo chiamati a
rendere ragione in modo consapevole e convinto (cfr la Lettera Pastorale
“La Speranza in noi” e le indicazioni per l’itinerario Pastorale 2005-2011
“Pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza
che è in voi (1 Pt 3,15)”).
In questo itinerario il Vescovo ha sempre voluto valorizzare tutte le componenti ecclesiali, cercando costantemente il confronto schietto e sincero
coi laici, attraverso il Consiglio Pastorale Diocesano e la Consulta delle
Aggregazioni Laicali, e ovviamente con i sacerdoti nel Consiglio Presbiterale e nelle periodiche Assemblee del Clero. Oltre a questo “confronto” che
possiamo definire “ordinario” e costante, in questi 10 anni, il Vescovo Fausto ha ritenuto importante riunire a Convegno Sinodale tutta la Chiesa di
San Miniato per ben 2 volte, nel giugno del 2008 e nell’ottobre del 2011.
Il Convegno Sinodale del 2008 ebbe come titolo “Vivere e comunicare la
Speranza” e vide la partecipazione, oltre ai sacerdoti, religiosi e diaconi,
di 150 laici delegati da tutte le parrocchie e dai movimenti e aggregazioni
laicali. Fu un vero evento ecclesiale, intensamente vissuto in due serate
di discussioni e dibattiti sui vari argomenti proposti nello strumento di
lavoro, che si concluse con l’intervento di Mons. Rino Fisichella, allora
Vescovo ausiliare di Roma e rettore della Pontificia Università Lateranense,
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sull’Enciclica sulla Speranza di Benedetto XVI, «Spe salvi». Fu un momento di riflessione e verifica nell’itinerario pastorale 2005-2011 che il Vescovo
aveva proposto alla sua Chiesa. Il Convegno Sinodale del 2011 poi mise
al centro la famiglia e i giovani. Il tema fu infatti: “Educare alla vita buona
del Vangelo in famiglia e tra i giovani”. Oltre 300 i delegati e gli invitati
che presero parte ai 10 gruppi di lavoro (suddivisi in cinque ambiti) e
molte di più le persone che, da ogni parte della nostra diocesi, furono poi
presenti alle conferenze dei due relatori, il prof. Davide Rondoni sul tema
dei giovani, e don Paolo Gentili sul tema della famiglia. Questo Convegno
segnò l’avvio del lavoro pastorale che si sarebbe concentrato appunto sul
tema della famiglia e su quello dei giovani nel successivo anno pastorale.
Oltre a questi “eventi” eccezionali che evidenziano anche visivamente come
una Chiesa è chiamata, sotto la guida del proprio Pastore, a compiere una
cammino di fede e di testimonianza comune, è importante sottolineare
come poi, anche nella vita ordinaria, non si debba mai perdere la dimensione ecclesiale e il senso di appartenenza a quella porzione del gregge del
Signore che fa capo al proprio Vescovo. Per sottolineare questo aspetto e
per far crescere in tutto il popolo di Dio il senso della comunione e della
corresponsabilità, sono stati istituiti, in questo ultimo anno, nelle Unità
Pastorali della Diocesi, i Consigli Pastorali di Unità Pastorale, dove i laici sono chiamati a partecipare direttamente alla vita e alla missione della
Chiesa e a collaborare coi propri parroci alla conduzione “pastorale” delle
parrocchie dell’Unità, in stretta relazione con le indicazioni e con le proposte del Vescovo per tutta la Diocesi. Un’esperienza questa appena avviata e
che ha ancora bisogno di essere sostenuta e consolidata nei prossimi anni,
ma che sottolinea ancora una volta quanto il Vescovo ci tenga a far crescere
“insieme” tutta la Chiesa, sacerdoti e laici, religiosi e religiose, dando a
tutti voce in spirito di corresponsabilità.
Sicuramente, in questi 10 anni, tante cose sono state fatte; ma non si tratta
di fare bilanci, né consuntivi, né preventivi. Il Vescovo Fausto infatti ama
spesso ripetere che la Chiesa non è una organizzazione, non è una azienda;
la Chiesa è il corpo vivente di Cristo. E come corpo vivente cerca di progredire, lentamente, a piccoli ma robusti passi, che tutti devono compiere insieme. Come ha detto Papa Francesco nella sua prima omelia dopo l’elezione
a Sommo Pontefice, l’azione pastorale della Chiesa si riassume in tre verbi
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fondamentali: camminare, edificare, confessare. Camminare alla presenza
del Signore; edificare la Chiesa sul sangue del Signore, che è versato sulla
Croce; confessare l’unica gloria, Cristo Crocifisso. Anche noi, chiesa di
San Miniato, vogliamo allora proseguire con fiducia e speranza in questo
cammino di edificazione e testimonianza, sotto la guida sapiente del nostro Vescovo Fausto, trovando conforto nelle parole del Salmo 22 che dice:
“Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla; su pascoli erbosi mi fa
riposare, ad acque tranquille mi conduce.
Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino, per amore del suo nome”.
A sisnitra in processione per le vie di Santa Maria a Monte per la festa della Beata Diana
A destra Ordinazione episcopale di mons. Ciattini
Sotto Con i Cavalieri del Santo Sepolcro
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1. Con i giovani di San Miniato. 2. Con il presidente della fondazione Cassa di Risparmio di San
Miniato Antonio Guicciardini Salini e il presidente dell’Istituto Dramma Popolare Marzio Gabbanini. 3. In preghiera davanti al SS. Crocifisso di
Castelvecchio. 4. Con i ragazzi di Casa Verde e
Stella Maris. 5. I giovani di San Miniato. 6. Di
fianco a mons. Mario Aurelio Poli, arcivescovo di
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Buenos Aires. 7. I funerali del vescovo Ricci.
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Indice
Un pastore da dieci anni con noi
di don Francesco Ricciarelli
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Saluto del Vicario generale
di mons. Morello Morelli
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Breve nota biografica di mons. Fausto Tardelli
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La parola del Vescovo
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Dalla Lettera pastorale «Discepoli del Signore»
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La Lettera Pastorale 2014 2015
«Venite a me voi che siete stanchi e oppressi»
15
Un commento teologico alle lettere pastorali
di mons. Morello Morelli
17
La visita pastorale 2007-2010
di Alexander Di Bartolo
23
Conclusione della visita pastorale
di mons. Fausto Tardelli
27
Il vescovo e i giovani
di mons. Fausto Tardelli
31
Dieci anni insieme a noi
di Gabriella Guidi
35
Con il nostro Pastore
di Emanuele Salassa
36
I pellegrinaggi
37
A favore dei beni culturali ecclesiastici diocesani
di Elisa Barani e don Bruno Meini
45
Una Chiesa in cammino
di Riccardo Ceccatelli
49
Stampato Da
Bandecchi & Vivaldi
Pontedera
Maggio 2014