Vitali M.L. e Miramondi M., La remunerazione degli

Rivista
dottrina
e giurisprudenza
commentata
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Gli articoli pubblicati in questa rivista sono stati sottoposti a valutazione da parte di due revisori con il sistema del doppio cieco.
MATTEO L. VITALI E MATTEO MIRAMONDI
La remunerazione degli amministratori di società quotate tra equilibrio degli
interessi in gioco e assetti proprietari concentrati (*)
1. Il dibattito sui compensi degli amministratori e il recente studio di Consob
Il “Quaderno di Finanza” recentemente pubblicato dalla Consob e dal titolo
1
“Say-on-pay in a context of concentrated ownership” ( ) – analizzando i risultati del
primo periodo di applicazione del voto consultivo sulle politiche di remunerazione
(c.d. «say on pay») nelle società quotate italiane, ai sensi dell’art. 123-ter TUF, introdotto per recepire le indicazioni contenute in alcune Raccomandazioni della
Commissione Europea dal d.lgs. 30 dicembre 2010, n. 259 – rappresenta
l’occasione per una rinnovata riflessione riguardo al tema della retribuzione degli
amministratori nelle società di capitali e, in particolare, in quelle quotate.
La questione – già emersa in misura significativa in seguito alla crisi finanziaria
del 2008 e al fallimento di Lehman Brothers – ha finito per rivestire un ruolo centrale nelle tematiche di corporate governance tornando, anche in seguito ad alcuni
2
interventi a livello comunitario, al centro del dibattito dottrinario ( ).
In effetti, se è vero che, in linea di principio, le imprese riescono ad attrarre e fidelizzare manager meritevoli e all’altezza delle proprie esigenze soprattutto attraverso lo strumento retributivo e, quindi, mediante l’offerta di trattamenti economici
vantaggiosi (3), è altrettanto vero che, in occasione dei maggiori scandali finanziari
del nuovo millennio, sono state spesso rese note remunerazioni dei vertici azienda-
(*) Sebbene lo scritto sia il frutto di riflessioni comuni, i parr. 1, 2.1 e 2.2 sono da attribuirsi a Matteo L. Vitali e i parr., 2.3 e 3 (con i relativi sotto-paragrafi) a Matteo Miramondi.
1
( ) M. BELCREDI-S. BOZZI-A. CIAVARELLA-V. NOVEMBRE, Say-on-pay in a context of concentrated ownership. Evidence from Italy, in Quaderni di finanza Consob, n. 76, febbraio 2014,
consultabile sul sito www.consob.it.
2
( ) Tra i vari contributi della dottrina non possono essere dimenticati: M. CAMPOBASSO, I
compensi degli amministratori di società quotate: l’esperienza italiana, in Riv. soc., 2011,
703; nonché G.B. PORTALE, Un nuovo capitolo del governo societario tedesco: l’adeguatezza
del compenso dei Vorstandsmitglieder, in Riv. soc., 2010, 2; ID., I compensi dei componenti
del consiglio di sorveglianza: dal «nobile officium» ai sistemi di retribuzione variabile, in La
struttura finanziaria e i bilanci delle società di capitali. Studi in onore di Giovanni E. Colombo, Torino, 2011, 530-546. Con riguardo ad altri ordinamenti, si consenta di rinviare a M.L.
VITALI, Un documento di consultazione britannico per la riforma della disciplina dei compensi
degli amministratori, in Riv. soc., 2012, 585.
3
( ) S. CAPPIELLO-U. MORERA, Del merito e delle ricompense dell’impresa bancaria, in AGE, 2007, II, 410; anche la Commissione Europea ha riconosciuto, al Considerando n. 2,
Raccomandazione 913/2004, che «[l]a forma, la struttura e il livello di remunerazione degli
amministratori (J) dovrebbero facilitare l’assunzione e la permanenza di amministratori che
abbiano le qualità richieste per dirigere una società». In termini sostanzialmente equivalenti
v. anche l’art. 6.P.1. del Codice di autodisciplina delle società quotate: «[l]a remunerazione
degli amministratori e dei dirigenti con responsabilità strategiche è stabilita in misura sufficiente ad attrarre, trattenere e motivare persone dotate delle qualità professionali richieste
per gestire con successo l’emittente».
1
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li molto elevate, che sono parse decisamente poco coerenti con gli esiti economici
della gestione (4).
Sostenere tuttavia che la crisi finanziaria sia riconducibile a livelli eccessivi di
remunerazione del top management di istituzioni finanziarie che hanno, in taluni
casi, provocato perdite significative per gli investitori è certamente una conclusione
miope e riduttiva; piuttosto, la crisi finanziaria ha consentito di accendere un faro su
un tema particolarmente delicato mettendo, al contempo, in luce l’esigenza di individuare criteri per definire in maniera più trasparente i compensi degli amministratori.
Il perseguimento di un corretto equilibrio degli interessi in gioco (in particolare:
quello della società, dei soci e del mercato) passa necessariamente attraverso
l’individuazione della formula più adeguata con cui regolare la remunerazione degli
amministratori (ossia se con meri principi di best practice caratterizzati da maggiore flessibilità, ma da un minor grado di enforceability, oppure con disposizioni di
legge o regolamentari, ovvero con un sapiente intreccio delle une con le altre),
nonché tramite la determinazione degli aspetti da rendere eventualmente oggetto
di disciplina (ad esempio: la trasparenza oppure i criteri di fissazione dei compensi
o entrambi). Sotto quest’ultimo profilo, ad esempio, il legislatore comunitario ha
preso una direzione ben precisa consistente nel sollecitare gli Stati Membri a prevedere disposizioni che rendano gli assetti organizzativi della società coerenti con
gli obiettivi di trasparenza perseguiti, attraverso la costituzione di comitati di amministratori non esecutivi con il compito di esprimersi sulle politiche di remunerazione
(5).
La remunerazione degli amministratori, infatti, dovrebbe rappresentare lo strumento per permettere di allinearne l’interesse a quello degli azionisti (6), riducendo
così il conflitto d’interessi (rectius, secondo la terminologia gius-economica,
7
l’agency problem ( )) tra le parti. Tale situazione, invero, è generata dal fatto che gli
4
( ) G. FERRARINI-N. MOLONEY-M.C. UNGUREANU, Understanding Directors’ Pay in Europe:
A Comparative and Empirical Analysis, 2011, 3, disponibile online all’indirizzo http://www.ilffrankfurt.de/uploads/media/ILF_WP_109.pdf.; G. FERRARINI, Grandi paghe, piccoli risultati:
«rendite» dei managers e possibili rimedi (a proposito di un libro recente), in Riv. soc., 2005,
879 ss.
5
( ) Si v. la Raccomandazione della Commissione Europea del 15 febbraio 2005, n. 162,
in G.U. L. 25 febbraio 2005, n. 52, in Riv. soc., 2005, p. 624 ss.
6
( ) In linea generale, v. R. KRAAKMAN et al., The Anatomy of Corporate Law. A Comparand
tive and Functional Approach, 2 ed. Oxford, 2009, cit., 75: «The theory (J) is that optimally-structured pay packages can align the interests of managers with those of shareholders
as a class». Con specifico riguardo al tema qui indagato, invece, v. G. FERRARINI-N. MOLONEY, Remunerazione degli amministratori esecutivi e riforma del governo societario in Europa, in Riv. Soc., 2005, II-III, 590 ss. In questo senso, l’art. 6.P.2. del Codice di autodisciplina
delle società quotate ha stabilito che «[l]a remunerazione degli amministratori esecutivi e dei
dirigenti con responsabilità strategiche è definita in modo tale da allineare i loro interessi con
il perseguimento dell’obiettivo prioritario della creazione di valore per gli azionisti in un orizzonte di medio-lungo periodo».
7
( ) Secondo R. KRAAKMAN et al., The Anatomy of Corporate Law, 35, un agency problem
sorge quando il benessere di una parte(“principal”) dipende dalle azioni prese da un altro
soggetto (“agent”); il problema starebbe, dunque, nel motivare l’agent ad agire perseguendo
l’interesse del principal («an “agency problem” — in the most general sense of the term —
2
MATTEO L. VITALI E MATTEO MIRAMONDI
azionisti, specialmente in un contesto di proprietà diffusa, in ragione della modesta
entità della propria partecipazione, non avrebbero incentivi e risorse sufficienti per
avere accesso alle informazioni relative alla gestione dell’impresa da parte degli
amministratori e monitorarne l’operato. Questi potrebbero così sfruttare tale situa8
zione a proprio vantaggio e ottenere benefici privati a danno degli azionisti ( ). Tuttavia, secondo l’impostazione prevalente, se la remunerazione degli amministratori
è correttamente strutturata nelle sue diverse componenti e, quindi, se è stato pattuito un compenso (in una certa misura) anche variabile, in quanto legato
all’andamento della società e alla creazione di valore per i soci, gli amministratori
dovrebbero avere un incentivo adeguato al fine di perseguire l’interesse degli azionisti, poiché coinciderebbe con il proprio personale interesse alla massimizzazione
9
dei guadagni attesi ( ). Infatti, maggiore sarà la creazione di valore per la società e
per la generalità dei soci, maggiore, in quanto ad essa correlato, sarà il compenso
che potranno percepire gli amministratori.
I recenti fatti di cronaca, però, hanno mostrato che gli amministratori sono riusciti ad influenzare significativamente i processi di decisione dei rispettivi compensi
a proprio favore (10). Per questo motivo, i legislatori dei principali Stati a capitalismo
avanzato hanno varato alcune importanti riforme allo scopo di aumentare la trasparenza in materia, nonché accrescere la partecipazione e il coinvolgimento degli a11
zionisti ( ).
S’inserisce in questo contesto la ricerca condotta dalla Consob la quale ha cercato di approfondire quali siano – in un contesto come quello italiano caratterizzato
da una struttura proprietaria altamente concentrata – i fattori in grado di indurre gli
azionisti a votare contro le politiche di remunerazione dei vertici aziendali e, inoltre,
ha verificato se la natura, vincolante (o meno), del voto sia idonea a influenzare le
scelte di voto dei soci in assemblea. A quest’ultimo proposito, giova sin d’ora anticipare che i risultati cui è pervenuta l’indagine svolta dalla Consob hanno mostrato
che il dissenso da parte degli azionisti rispetto al livello dei compensi è maggiore
quando il voto ha carattere meramente consultivo.
2. Le “regole” relative ai compensi degli amministratori
2.1. Gli interventi comunitari
La rilevanza del tema della remunerazione degli amministratori quale possibile
area di equilibrio tra la posizione di questi ultimi, l’interesse degli azionisti e quello
della società è stata da tempo avvertita anche a livello comunitario.
In questo senso, va ricordata la Raccomandazione 2004/913/CE, relativa alla
promozione di un adeguato regime di retribuzione per gli amministratori delle soarises whenever the welfare of one party, termed the “principal”, depends upon actions taken by another party, termed the “agent”. The problem lies in motivating the agent to act in
the principal’s interest rather than simply in the agent’s own interest»).
8
( ) L. ENRIQUES, La corporate governance delle società quotate italiane: sfìde e opportunità, in Giur. comm., 2012, IV, 505.
9
( ) G. FERRARINI-N. MOLONEY, Remunerazione degli amministratori esecutivi, 590 ss.
10
( ) M. CAMPOBASSO, I compensi degli amministratori, 702 ss.
11
( ) M. CAMPOBASSO, I compensi degli amministratori, 703 ss.
3
RIVISTA DI DIRITTO BANCARIO | DOTTRINA E GIURISPRUDENZA COMMENTATA
cietà quotate, la quale ha fissato tre obiettivi fondamentali: anzitutto, ha invitato i
legislatori degli Stati membri ad introdurre norme volte a garantire la trasparenza
sulla politica di remunerazione seguita dalla società (12), ha inoltre suggerito
l’adozione del voto vincolante o consultivo su tale politica (c.d. say on pay) (13) e
14
l’approvazione preventiva da parte dell’assemblea dei piani basati su azioni ( ).
Lungo la stessa linea di intervento si colloca la Raccomandazione 162/2005/CE
che, da una parte, ha evidenziato l’opportunità di prevedere la presenza di amministratori non esecutivi all’interno del consiglio di amministrazione e, dall’altra, ha
sollecitato l’istituzione di un comitato per la remunerazione con la facoltà di presentare proposte sulla politica di remunerazione degli amministratori con incarichi ese15
cutivi o con poteri di gestione ( ).
A causa della complessità del tema, la Commissione Europea, il 30 aprile 2009,
ha emanato una nuova Raccomandazione allo scopo di integrare le precedenti. Si
potrebbe addirittura ritenere che con quest’ultimo provvedimento (2009/385/CE)
siano stati identificati alcuni principi di «“sana” politica retributiva nelle società quotate» (16). Più in particolare, e ai fini che qui interessano, si è affermato che le so12
( ) V. art. 3, Raccomandazione 2004/913/CE.
13
( ) V. art. 4, Raccomandazione 2004/913/CE.
In un’ottica di diritto comparato può essere interessante notare che la regola c.d. say on
pay è stata introdotta per la prima volta nel 2002 in Gran Bretagna mediante l’adozione della
Director’s Remuneration Report Regulation (v. oggi sec. 439 Companies Act).
A livello comunitario, invece, la Raccomandazione 2004/913 ha previsto due versioni
della regola c.d. say on pay. È stato stabilito, infatti, che l’assemblea generale annuale degli
azionisti sia chiamata a votare sulla dichiarazione relativa alle remunerazioni degli amministratori, precisando però che «il voto può essere vincolante oppure consultivo».
L’esperienza più significativa di introduzione della versione “forte” del meccanismo c.d. say
on pay è stata quella olandese. In tale ordinamento, si prescrive che gli azionisti votino solo
sulla parte “generale” della remunerazione, riguardante i principi di politica retributiva: si tratta comunque di una decisione vincolante per il consiglio di sorveglianza.
In linea di generale, prevale in ogni caso la versione “debole” dell’istituto. Ne è un chiaro
esempio l’ordinamento tedesco nel quale è stata introdotta, per le sole società quotate, la
possibilità di sottoporre al voto consultivo (quindi non vincolante) dell’assemblea generale
degli azionisti il «sistema di compenso» degli amministratori.
Analogamente, la sec. 14(A)(a)(1) Securities Exchange Act del 1934, come modificata
dal Dodd-Franck Wall Street Reform and Consumer Protection Act, la quale prevede che
non meno di una volta ogni 3 anni, le società quotate sono tenute a sottoporre al voto non
vincolante dell’assemblea dei soci la remunerazione degli executive officiers («Not less frequently than once every 3 years, a proxy or consent or authorization for an annual or other
meeting of the shareholders for which the proxy solicitation rules of the Commission require
compensation disclosure shall include a separate resolution subject to shareholder vote to
approve the compensation of executives (J)»).
Sul punto, anche in chiave di diritto comparato, v. G. FERRARINI-N. MOLONEY, Remunerazione degli amministratori esecutivi, 611 ss.; R. KRAAKMAN et al., The Anatomy of Corporate
Law, 167 ss.; M. CAMPOBASSO, I compensi degli amministratori, 721 ss.; per i riferimenti
all’esperienza tedesca v. G.B. PORTALE, Un nuovo capitolo del governo societario tedesco,
12 ss.
14
( ) V. art. 6, Raccomandazione 2004/913/CE.
15
( ) V. Allegato I, art. 3, Raccomandazione 2005/162/CE.
16
( ) Così, M. CAMPOBASSO, I compensi degli amministratori, 713.
4
MATTEO L. VITALI E MATTEO MIRAMONDI
cietà dovrebbero prevedere limiti quantitativi per le componenti variabili della remunerazione e subordinarne la concessione al raggiungimento di risultati predeterminati e compatibili con la sostenibilità dell’impresa nel lungo periodo (17). A ciò
si aggiunga che, ove si dovessero prevedere piani di compenso basati
sull’attribuzione di partecipazioni, gli amministratori dovrebbero conservarne una
certa percentuale fino al termine dell’incarico, in modo tale da garantire la conver18
genza con gli interessi degli azionisti per tutta la durata dell’ufficio ( ). Con il provvedimento in esame, infine, si invitano gli Stati membri ad adottare misure idonee a
incoraggiare gli azionisti – e, in particolare, gli investitori istituzionali – a partecipare
alle assemblee e «usare nel modo opportuno i loro diritti di voto con riguardo alla
19
retribuzione degli amministratori» ( ).
La Commissione europea, inoltre, ha avvertito l’esigenza di emanare una Raccomandazione (2009/384/CE) specificamente dedicata alle politiche di remunerazione nel settore dei servizi finanziari: vi sarebbe, infatti, «un consenso diffuso» circa il fatto che, in tale settore, pratiche retributive inadeguate avrebbero favorito
«comportamenti eccessivamente rischiosi, contribuendo alle perdite significative
subite da imprese finanziarie di grande importanza» (20). In questa occasione, la
Commissione Europea ha precisato che le imprese finanziarie sono tenute a elaborare, applicare e mantenere una politica retributiva coerente con una sana e pru21
dente gestione del rischio ( ).
A tale provvedimento ha infine fatto seguito la direttiva 2010/76/CE la quale, oltre a riprendere in buona misura i principi già affermati nelle Raccomandazioni analizzate in precedenza, ha previsto che le autorità nazionali di vigilanza sul settore
finanziario siano chiamate a riesaminare le politiche di remunerazione adottate dalle società, onde verificarne la conformità con i principi di sana e prudente gestione
22
( ). Si delinea quindi «un vero e proprio controllo pubblico» sui compensi corrispo23
sti agli amministratori e ai dirigenti delle imprese bancarie e finanziarie ( ).
2.2. L’ordinamento interno
Mentre per le società «chiuse» la norma di riferimento è solamente rappresentata dall’art. 2389 c.c. che legittima la modulazione dei compensi sia con la partecipazione agli utili sia con l’adozione di piani di stock option e – per le società che
adottano il sistema dualistico di amministrazione – l’art. 2409 terdecies, lett. a) c.c.,
per le società quotate – rispetto alle quali rimangono in ogni caso applicabili anche
le due norme anzidette – è prevista un’ulteriore articolazione del regime. Ciò sia a
livello primario (con le disposizioni del TUF: art. 114 bis e, di introduzione recente,
art. 123-ter), sia a livello regolamentare (Regolamento Emittenti, n. 11971/99 come
17
( ) V. art. 3.2, Raccomandazione 2009/385/CE.
18
( ) V. art. 4.3, Raccomandazione 2009/385/CE.
19
( ) V. art. 6.1, Raccomandazione 2009/385/CE.
20
( ) V. Considerando n. 2, Raccomandazione 384/2009/CE.
21
( ) Cfr. art. 3.1, Raccomandazione 384/2009/CE.
22
( ) Cfr. art. 10, Raccomandazione 384/2009/CE; ma v. anche art. 1, lett. b), direttiva
2010/76/CE.
23
( ) Così, M. CAMPOBASSO, I compensi degli amministratori, 714.
5
RIVISTA DI DIRITTO BANCARIO | DOTTRINA E GIURISPRUDENZA COMMENTATA
modificato: art.. 84-quater), sia sotto il profilo della best practice con specifiche
previsioni contenute nell’ultima edizione del Codice di Autodisciplina (art. 6) (24).
In particolare, l’art. 114 bis TUF – che trova applicazione nei confronti di tutte le
società «aperte» (sia quotate, sia «diffuse») – subordina all’adozione di un voto
positivo dell’assemblea dei soci l’adozione di piani di stock option e contiene prescrizioni di dettaglio circa i flussi informativi da rivolgere a questi ultimi per un con25
sapevole esercizio del voto ( ).
Per il tema del presente contributo assume un rilievo centrale l’art. 123-ter TUF
(26) introdotto per effetto delle modifiche comportate dal d.lgs. 30 dicembre 2010, n.
259 in seguito alle sollecitazioni della Commissione Europea. La norma – che al
sesto comma accoglie tra l’altro la nota regola del c.d. «say on pay» – contiene
prescrizioni di dettaglio in merito ai flussi informativi riguardanti la remunerazione
degli amministratori. Se, dunque, la norma di rango primario regola gli aspetti connessi con l’informativa al mercato, è invece affidata al Codice di Autodisciplina –
sottoposto al principio comply or explain: art. 124-ter TUF – la regolamentazione di
altri aspetti della disciplina della remunerazione tra cui i principi che devono ispirare la determinazione dei compensi (idoneità ad attrarre soggetti dotati di qualità
professionali adeguate per conseguire il successo dell’emittente e ad allineare gli
interessi degli amministratori con gli obiettivi di creazione del valore; coerenza con
l’impegno richiesto; determinazione della parte variabile di compenso; composizione del comitato per la remunerazione, etc).
In particolare, tali informazioni hanno due distinte nature in ragione della tempistica con la quale ne viene prevista la comunicazione: da una parte, vi è
l’informazione preventiva (primo comma) che si concretizza nella previsione
dell’obbligo di mettere a disposizione, non solo dei soci, bensì del pubblico (e
quindi del mercato) – una relazione degli amministratori sulla remunerazione, almeno ventuno giorni prima dell’assemblea annuale degli azionisti; dall’altra parte,
vi è invece l’informazione successiva prevista attraverso la regola, contenuta nel
sesto comma della disposizione, che dispone che gli esiti della delibera assembleare siano posti a disposizione del pubblico ai sensi dell’art. 125 ter TUF. Si è
dell’avviso che i due “livelli” con cui sono stati regolati tali flussi informativi abbiano
funzioni nettamente diverse: quelli relativi all’articolazione della remunerazione
contenuti nella relazione predisposta dagli amministratori sono infatti funzionali a
24
( ) Si ricordi, inoltre, la disciplina speciale contenuta nell’art. 6, sesto comma, del d.l. n.
78/2010 che ha introdotto misure di contenimento della remunerazione degli organi di gestione di società pubbliche: sul punto, v. G. DELL’ATTI, Il compenso degli amministratori di
società pubbliche ai sensi dell’art. 6, 6° comma, d.l. 31 maggio 2010, n. 78, in Riv. dir. soc.,
2012, 786; in relazione alla nuova versione del Codice di Autodisciplina, v. P. MARCHETTI, Il
nuovo codice di autodisciplina delle società quotate, in Riv. soc., 2012, 37.
25
( ) Sul tema v. N. POLLIO, La remunerazione degli amministratori di società quotate: aspetti societari e profili di trasoarenza informativa nel nuovo 114-bis TUF, in Giur. comm.,
2009, I, 133 ss.
26
( ) Per un esame più dettagliato dei provvedimenti attuativi v. M. DEL LINZ, Art. 123-ter
Relazione sulla remunerazione, in F. VELLA (a cura di), Commentario TUF, II, Torino, 2012,
1310, nt. 12 e M. CAMPOBASSO, I compensi degli amministratori, 714, nonché A. BEGHETTO,
La remunerazione degli amministratori nelle società quotate, in Nuove leggi civ. comm.,
2012, 77 ss.
6
MATTEO L. VITALI E MATTEO MIRAMONDI
consentire ai soci un più consapevole esercizio del diritto di voto; d’altro canto, le
informazioni riguardanti l’esito della votazione – essendo anche in questo caso dirette al mercato – sono verosimilmente destinate a consentire al pubblico di esprimere una propria valutazione sull’investimento nella società. Quest’ultima considerazione vale, in buona misura, sia per i soci “non attivisti” (ossia per coloro che non
abbiano preso parte all’assemblea che si è espressa sulla remunerazione) i quali
potrebbero optare per un disinvestimento tramite la cessione delle proprie partecipazioni sul mercato, sia per potenziali investitori che potrebbero decidere di non
impegnare le proprie risorse in una determinata società.
Il “cuore” della norma è tuttavia rappresentato dalla relazione degli amministratori sulla remunerazione che costituisce l’oggetto dei flussi di informazione preventivi di cui si è detto. In particolare, tale relazione, approvata dal Consiglio di amministrazione (o dal Consiglio di sorveglianza nelle società che adottano il sistema
dualistico), si articola in due sezioni che hanno una natura decisamente diversa
posto che mentre la prima offre una descrizione delle linee-guida a cui la società si
ispira nella determinazione delle politica di remunerazione e delle procedure seguite per determinarla; la seconda contiene invece l’illustrazione dei compensi.
Infatti, la prima sezione deve descrivere le politiche della società in materia di
remunerazione dei componenti degli organi di amministrazione, dei direttori generali e dei dirigenti con responsabilità strategiche con riferimento all’esercizio successivo, nonché illustra le procedure adottate per l’attuazione di tale politica. Questa prima parte della relazione è sottoposta al voto non vincolante dei soci (c.d. say
on pay) e i risultati di tale votazione devono essere portati a conoscenza del pubblico attraverso il sito internet della società, entro cinque giorni dalla data
dell’assemblea.
La seconda sezione, invece, deve illustrare, nominativamente, per ciascuno dei
componenti degli organi di amministrazione e controllo, dei direttori generali e, in
forma aggregata, per i dirigenti con responsabilità strategiche, le singole voci in cui
si articola la remunerazione. Più nello specifico, sulla base delle disposizioni regolamentari adottate dalla Consob in attuazione della delega contenuta nell’art. 123ter TUF, è previsto che siano indicati i trattamenti previsti in caso di cessazione
della carica o di risoluzione del rapporto (c.d. golden parachutes), mettendone in
luce la coerenza con la politica di remunerazione approvata dalla società
27
nell’esercizio precedente ( ). Tutte le componenti della remunerazione sono suddivise in diverse categorie, tra cui, ad esempio, i compensi fissi o i compensi per la
partecipazione a comitati. È altresì prevista una disciplina molto dettagliata per la
comunicazione della parte variabile della remunerazione, distinguendo tra stock
option e altri piani di incentivazione diversi da queste ultime.
Come anticipato la relazione è oggetto del voto da parte dell’assemblea: tuttavia il «say on pay» è stato in qualche misura “depotenziato” sotto due profili. In
primo luogo, in ragione della natura del voto – non vincolante – espresso da parte
dei soci; e, in seconda battuta, in considerazione del fatto che essi manifestano la
propria volontà (e l’eventuale dissenso) esclusivamente sulla prima parte della relazione ossia quella che – in una prospettiva ex ante – illustra la futura politica sulle
27
( ) V. art. 84-quater, Reg. Emittenti e, specialmente, allegato 3A, Schemi n. 7-bis e 7ter.
7
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remunerazioni degli amministratori, non avendo invece alcun diritto di voice sulla
seconda che fornisce – in una prospettiva ex post – dettagliate informazioni sui
compensi corrisposti agli amministratori e ai direttori generali nell’ultimo esercizio
28
( ).
L’introduzione del voto degli azionisti sulla remunerazione e la sua qualificazione in termini di manifestazione di volontà consultiva (advisory vote) o vincolante
(binding vote) è certamente uno degli aspetti riguardanti i compensi degli amministratori che provoca le maggiori suggestioni vuoi in ragione dell’incidenza che la
soluzione adottata può avere sugli assetti della corporate governance vuoi in considerazione dell’ampio dibattito dottrinario che dagli inizio del nuovo secolo – e
quindi ancora prima della crisi finanziaria – si è innescato; dibattito, questo, che ha
visto da parte dei vari ordinamenti l’adozione di soluzioni differenti: da una parte, il
Regno Unito prevede per le società quotate una disciplina (sulla quale è stata ricalcata quella interna) sin dal 2002; altri paesi appartenenti ai sistemi di common
law (come l’Australia) hanno poi seguito l’esempio qualche anno più tardi (2004); in
Europa, l’Olanda ha adottato il meccanismo del voto vincolante che – a differenza
della regola contenuta nel TUF – non deve essere espresso ogni anno e che – analogamente alla soluzione prevista dall’art. 123-ter – riguarda solamente le politiche di remunerazione e non i compensi.
Non potendo in questa sede spingersi oltre, si può in ogni caso rilevare che –
indipendentemente dalla qualificazione che si voglia attribuire al voto – il meccanismo in questione finisce per costituire un efficace strumento di creazione del valore. Alcuni studi empirici hanno in effetti dimostrato una reazione “verso l’alto” del
valore delle azioni di società che, in seguito alle indicazioni degli azionisti, hanno
rivisto le proprie politiche di remunerazione (29). Quanto in particolare all’advisory
vote si può ritenere che esso contribuisca in ogni caso ad alterare il ruolo degli azionisti nelle dinamiche del governo societario conferendogli una nuova “centralità”,
osteggiata tuttavia da quella corrente di pensiero fondata sul c.d. board centrisms
30
( ).
Tuttavia, grazie al meccanismo del voto consultivo sulla politica di remunerazione degli amministratori, si potrebbe assistere a un incremento del dialogo fra i
soci e i componenti dell’organo gestorio (31), dal momento che – per il tramite del
voto sulla politica retributiva adottata dalla società – i soci sono nelle condizioni di
esprimere, in ultima analisi, un giudizio sul board e sulla sua credibilità e, per di
più, il meccanismo offre un supporto (di carattere psicologico) ai componenti dei
consigli di amministrazione nel negoziare in maniera più efficiente (sotto il profilo
28
( ) M. BELCREDI-S. BOZZI-A. CIAVARELLA-V. NOVEMBRE, Say-on-pay, 18.
29
( ) F. FERRI - D.A. MABER, Say on Pay Votes and CEO Compensation: evidence from the
UK, consultabile sul sito www.ssrn.com; v., altresì, S.T. RANDALL - A.R. PALMINTER - J.F. COTTER, Dodd-Frank’s say on pay: will it lead to a greater role for shareholders in corporate
governance?, in Cornell L. Rev., 2012, vol. 97, 5, 1213 e spec. 1226 ss.
30
( ) Si rinvia a S.T. RANDALL - A.R. PALMINTER - J.F. COTTER, Dodd-Frank’s say on pay,
1228.
31
( ) M. CAMPOBASSO, I compensi degli amministratori, 726.
8
MATTEO L. VITALI E MATTEO MIRAMONDI
della considerazione degli interessi dei soci e dell’ottica di medio-lungo periodo) i
compensi con gli amministratori esecutivi (32).
2.3. La disciplina di banche e assicurazioni
La disciplina relativa alla remunerazione degli amministratori di banche e società assicurative si distingue rispetto a quella contemplata per le società quotate sotto almeno due profili: in primo luogo, in considerazione del fatto che essa è contenuta in disposizioni di rango secondario essendo contemplate, per le banche, dalle
«Disposizioni in materia di politiche e prassi di remunerazione e incentivazione nelle banche e nei gruppi bancari» del 30 marzo 2011 emanate in seguito
all’approvazione della legge comunitaria del 2010; e, in seconda battuta, per la natura delle previsioni che appaiono sin da subito più rigide rispetto al regime delle
società quotate, verosimilmente in ragione della peculiare natura del mercato ban33
cario e di quello assicurativo ( ).
In particolare, l’art. 123-ter TUF si discosta da quanto prescritto per le banche
dal Regolamento di Banca d’Italia del 30 marzo 2011, ove, all’art. 4.1, si è previsto
che spetti direttamente all’assemblea dei soci approvare la politica sui compensi
degli amministratori (34).
Il medesimo provvedimento ha altresì stabilito che è compito dell’assemblea determinare la remunerazione per particolari cariche dei componenti del consiglio di
35
sorveglianza ( ).
32
( ) M.C. UNGUREANU, Politica di remunerazione degli amministratori di società quotate, in
Soc., 2011, 554.
33
( ) M. DEL LINZ, La disciplina sui compensi dei manager nelle società quotate e l’esame
delle prime relazioni sulla remunerazione, in Banca impr. soc. , 2012, 476 ss. Si consideri, a
titolo esemplificativo, l’art. 5, Reg. Banca d’Italia, 30 marzo 2011, nel quale, con riferimento
ai meccanismi di remunerazione e incentivazione, non solo si prevede la necessaria divisione dell’intera remunerazione in quota fissa e variabile, ma anche, nel merito, i criteri che devono essere rispettati nella determinazione della componente variabile (v. all’art. 5.2.3. la
previsione dell’obbligo di bilanciare una quota sostanziale della remunerazione, pari ad almeno il 50%, tra strumenti di partecipazione al capitale di rischio e strumenti non innovativi
di capitale, «che riflettano adeguatamente la qualità del credito della banca in modo continuativo»; oppure, v. all’art. 5.3.4. la previsione della corresponsione differita di una parte –
oscillante tra il 40% e il 60% – della medesima componente variabile, per un periodo di
tempo non inferiore a 3 o 5 anni «in modo che la remunerazione tenga conto
dell’andamento nel tempo dei rischi assunti dalla banca»).
34
( ) Art. 4.1 Reg. Banca d’Italia, 30 marzo 2011: «Salvo quanto previsto per il sistema
dualistico, lo statuto prevede che l’assemblea ordinaria, oltre a stabilire i compensi spettanti
agli organi dalla stessa nominati, approva: (i) le politiche di remunerazione a favore degli
organi con funzione di supervisione, gestione e controllo e del personale; (ii) i piani basati su
strumenti finanziari (es. stock option)». La disposizione regolamentare è frutto della deleghe
contenute nel TUB e, in particolare, nell’art. 53, per quanto riguarda la vigilanza sulle banche, nell’art. 67, per quanto attiene la vigilanza su base consolidata, nell’art. 108 in relazione
alla vigilanza sugli intermediari finanziari e negli artt. 114-quinquies.2 e 114-quatordecies
per quanto concerne, rispettivamente, la vigilanza sugli istituti di moneta elettronica e la vigilanza sugli istituti di pagamento.
35
( ) Art. 4.1, Reg. Banca d’Italia, 30 marzo 2011.
9
RIVISTA DI DIRITTO BANCARIO | DOTTRINA E GIURISPRUDENZA COMMENTATA
La ratio di questo differente – e più incisivo – ruolo dell’assemblea dei soci è da
ricercare nella volontà di «accrescere il grado di consapevolezza e il monitoraggio
degli azionisti in merito ai costi complessivi, ai benefici e ai rischi del sistema di
36
remunerazione e incentivazione prescelto» ( ), allo scopo di condurre a sistemi
remunerativi coerenti con gli obiettivi di lungo periodo, evitando i sistemi che incen37
tivino comportamenti opportunistici e approcci speculativi ( ).
Allo stesso modo, l’ISVAP, con Regolamento del 9 giugno 2011, n. 39, ha stabilito che sia compito dell’assemblea ordinaria approvare le politiche di remunerazione a favore degli organi sociali, inclusi i piani di remunerazione basati su strumenti
finanziari (38).
In questi ultimi casi, l’assemblea, approvando le politiche di gestione, assume
su di sé la (cor)responsabilità della decisione e l’atto di approvazione è riconducibi39
le tanto al consiglio di amministrazione quanto all’assemblea dei soci ( ), la quale,
in tale contesto, è chiamata ad operare un controllo sull’operato degli amministratori, allo scopo di prevenire i conflitti di interessi e assicurare che siano adottate tutte
le cautele necessarie in considerazione dell’attività svolta dalle imprese sottoposte
alla vigilanza della Banca d’Italia e dell’ISVAP (40).
Alla luce di ciò, non si può fare a meno di rilevare che, nell’ipotesi disciplinata
dall’art. 123-ter, TUF, l’intervento assembleare circa la relazione sulla politica delle
remunerazioni del management, è più limitato dato che il voto non ha valore vinco41
lante ma meramente consultivo ( ).
Cionondimeno, in ragione dell’obbligo di porre a disposizione del pubblico l’esito
della votazione, e quindi le percentuali di voti favorevoli e contrari, il meccanismo
del c.d. say on pay mette il mercato nelle condizioni di poter meglio valutare quali
effettivamente siano i rapporti tra manager e azionisti e lo stato del vincolo fiducia42
rio che lega i primi ai secondi ( ). In questo modo, viene fornito agli azionisti e ai
36
( ) Art. 4.1, Reg. Banca d’Italia, 30 marzo 2011.
37
( ) C. CLEMENTE, Art. 53 Vigilanza regolamentare, in F. CAPRIGLIONE (diretto da), Commentario al testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, Padova, 2012, II. 656.
38
( ) Art. 6, Reg. 9 giugno 2011, n. 39: «Lo statuto delle imprese prevede che l’assemblea
ordinaria, oltre a stabilire i compensi spettanti agli organi dalla stessa nominati, approvi le
politiche di remunerazione a favore degli organi sociali e del personale, inclusi i piani di remunerazione basati su strumenti finanziari».
39
( ) M. RABITTI-P. SPATOLA, Art. 123-ter Relazione sulla remunerazione, in M. FRATINI e G.
GASPARRI (a cura di), Il testo unico della finanza, Milano, 2012, II,1715.
40
( ) M. RABITTI-P. SPATOLA, Art. 123-ter, 1715.
41
( ) M. DEL LINZ, La disciplina sui compensi dei manager, 479.
42
( ) Ancora M. RABITTI-P. SPATOLA, Art. 123-ter, 1715; 1716, in nt. 41 ove in chiave critica
si cita un caso giurisprudenziale deciso dalla Corte Federale dell’Ohio in cui i giudici hanno
ammesso la richiesta di risarcimento del danno avanzata dagli azionisti, avendo ritenuto che
il board abbia fatto venire meno il vincolo di fiducia nei confronti degli azionisti dal momento
che ha riconosciuto un compenso eccessivo al CEO. Si è in particolare affermato che il voto
negativo sul say on pay è prova che la remunerazione non è stata decisa nel miglior interesse degli azionisti.
10
MATTEO L. VITALI E MATTEO MIRAMONDI
potenziali investitori un ulteriore elemento informativo utile al fine di assumere le
proprie decisioni di investimento (43)
Il voto contrario dell’assemblea circa la politica sulle remunerazioni dei
manager, pur non essendo vincolante rispetto alle scelte dell’organo gestorio, dovrebbe tuttavia essere tale da incentivare gli amministratori a modificare le decisioni che intendono assumere per via del giudizio negativo che, in alternativa, potreb44
be derivarne da parte del mercato ( ). Alla luce di ciò, non sembra incongruo ritenere che l’assemblea dei soci, intesa quale «istanza ultima di controllo sulle modalità di conduzione dell’impresa», riesca a svolgere «una funzione di orientamento»
rispetto all’agire degli amministratori (45).
Viceversa, qualora gli amministratori decidessero di mantenere inalterata la politica sulle remunerazioni del management, pare in ogni caso auspicabile prevedere un onere di motivazione particolarmente gravoso a loro carico, dovendo (cercare
di) convincere non solo gli azionisti ma tutto il mercato della bontà delle loro scelte
46
( ).
3. Gli elementi che incidono sulle scelte di voto degli azionisti
Ricostruita la disciplina applicabile, il documento Consob, sulla base dei dati
storici, si propone di verificare quali siano i fattori che hanno indirizzato il voto degli
azionisti nel meccanismo del voto consultivo sulle politiche di remunerazione nelle
47
società quotate italiane ( ).
Più in particolare, si analizza se in un contesto come quello italiano, caratterizzato da una struttura proprietaria altamente concentrata, il meccanismo del say on
pay possa essere un utile strumento di espressione del dissenso degli azionisti,
43
( ) Cfr. Documento Consob 10 ottobre 2011, 7: «La disclosure delle remunerazioni degli
amministratori svolge due importanti funzioni. Da una parte, permette agli investitori di accedere a informazioni sul sistema di incentivi vigente in ogni impresa, favorendo una più accurata valutazione della società e l’esercizio su base informata dei diritti degli azionisti. Il
monitoraggio da parte del mercato delle società quotate non può prescindere dall’esistenza
di una regolamentazione di trasparenza efficace. La trasparenza, la completezza e intelligibilità delle informazioni permettono ad azionisti e potenziali investitori di assumere decisioni
informate e consapevoli».
44
( ) G.B. PORTALE, Un nuovo capitolo del governo societario tedesco, 13, che ricorda il
«noto caso» Glaxo Smith Kline del maggio 2003: in seguito al voto contrario da parte della
maggioranza sul piano dei compensi (in particolare sull’indennità di oltre 35 milioni di dollari
accordata al CEO in caso di perdita della carica) la società ha subito rimediato modificando
gli accordi sulle remunerazioni. Lo stesso non si è invece verificato (ma il caso è pressoché
isolato) nel 2009 quando il board di Shell, a fronte dell’ampio dissenso degli azionisti, ha deciso di riconoscere ugualmente la metà dei premi in azioni promessi agli amministratori esecutivi, sebbene non fossero stati conseguiti gli obiettivi prefissati nel piano di incentivazione:
sul punto, v. M. CAMPOBASSO, I compensi degli amministratori, 724, nt. 47.
45
( ) M. MAUGERI, Considerazioni sul sistema delle competenze assembleari nella s.p.a.,
in Riv. soc., 2013, 352.
46
( ) M. RABITTI e P. SPATOLA, Art. 123-ter, 1715.
47
( ) Si tratta dei dati raccolti dalla Consob e da Assonime.
11
RIVISTA DI DIRITTO BANCARIO | DOTTRINA E GIURISPRUDENZA COMMENTATA
ovvero se una significativa presenza degli azionisti di controllo nella compagine
sociale sia suscettibile di comprometterne la valenza segnaletica (48).
Allo scopo di individuare i fattori in grado di incidere sulle scelte di voto degli azionisti, sono state prese in considerazione alcune variabili idonee a misurare
l’entità e la struttura della remunerazione degli amministratori, il livello di disclosure
delle politiche sulla remunerazione, l’attivismo degli investitori istituzionali e, infine,
le caratteristiche degli assetti proprietari.
3.1 Struttura della remunerazione e struttura proprietaria
Si è evidenziato anzitutto che gli azionisti, pur avendo il diritto di votare solo sulla prima parte della relazione, relativa alle politiche future di remunerazione degli
amministratori, potrebbero usare il proprio voto al fine di dimostrare la propria insoddisfazione rispetto all’attuale entità e/o struttura dei compensi dei manager, così come emersi dalla seconda parte della relazione predisposta in occasione
49
dell’assemblea annuale ( ). Infatti, vi è un rapporto di diretta proporzionalità fra il
livello dei compensi dei manager e il dissenso degli azionisti: all’aumentare degli
uni aumenta anche l’altro. Di più: il dissenso degli azionisti si è rivelato particolarmente pronunciato quando le remunerazioni degli amministratori sono state perce50
pite come estremamente, o oltraggiosamente, alte ( ).
Si è altresì rilevato che il dissenso degli azionisti è correlato alla struttura della
remunerazione. In una prospettiva di corporate governance è probabilmente questo il punto di maggiore interesse. Infatti, come poc’anzi menzionato, una remunerazione strutturata in modo variabile, e quindi collegata ai risultati della gestione,
dovrebbe allineare l’interesse dei manager a quello degli azionisti, risolvendo
l’agency problem tra i primi e i secondi (51). Nondimeno, in base all’esperienza anglosassone, il dissenso degli azionisti è parso particolarmente elevato proprio con
riferimento alle decisioni concernenti la parte variabile della remunerazione degli
amministratori.
L’esperienza italiana tuttavia risente della struttura proprietaria altamente concentrata che caratterizza la maggioranza delle società quotate. Pertanto, nei casi in
cui si riscontra una forte e compatta presenza degli azionisti di controllo, il dissenso
espresso attraverso il meccanismo say on pay è mediamente basso (52). Lo studio
Consob ha evidenziato che tale dissenso in Italia è, mediamente, del 5,1%. Si tratta di un dato statistico leggermente inferiore rispetto al risultato medio ottenuto in
ordinamenti caratterizzati da azionariato diffuso (7,9% in Gran Bretagna e 8,9%
negli Stati Uniti) ma, d’altra parte, si è dimostrato assolutamente in linea con i risultati ottenuti nell’ordinamento tedesco (6,5%), anch’esso caratterizzato da società
con struttura proprietaria altamente concentrata (53). Il dato che emerge in contesti
48
( ) Per un’analisi statistica dei dati v. M. BELCREDI-S. BOZZI-A. CIAVARELLA-V. NOVEMBRE,
Say-on-pay, 23.
49
( ) M. BELCREDI-S. BOZZI-A. CIAVARELLA-V. NOVEMBRE, Say-on-pay, 19.
50
( ) M. BELCREDI-S. BOZZI-A. CIAVARELLA-V. NOVEMBRE, Say-on-pay, 19.
51
( ) V. supra, § 1. testo e nt. 6.
52
( ) M. BELCREDI-S. BOZZI-A. CIAVARELLA-V. NOVEMBRE, Say-on-pay, 11.
53
( ) M. BELCREDI-S. BOZZI-A. CIAVARELLA-V. NOVEMBRE, Say-on-pay, 24, hanno comunque
precisato che, in linea generale, un dissenso molto elevato è decisamente poco frequente e,
12
MATTEO L. VITALI E MATTEO MIRAMONDI
come quello italiano e quello tedesco si spiega in considerazione del fatto che, in
questi casi, i compensi dei manager sono sottoposti a un controllo alquanto pervasivo da parte della maggioranza. Si potrebbe, in alternativa, ritenere che la presenza di un azionista di controllo forte finisca per disincentivare l’espressione del dissenso da parte delle minoranze.
Di contro, il maggior dissenso che è stato riscontrato negli ordinamenti in cui
prevale la struttura proprietaria ad azionariato diffuso, si giustifica proprio in ragione del fatto che manca un azionista di controllo che sia in qualche modo in grado
di monitorare le decisioni dell’organo amministrativo (54).
Si può infine osservare che la differenza “strutturale” tra società a proprietà
concentrata e società a proprietà diffusa, incide anche sulla configurazione
dell’agency problem tra azionisti e manager. Il problema “di agenzia”, infatti, si è
rivelato ben più significativo in contesti caratterizzati da una prevalenza di società
ad azionariato diffuso rispetto a realtà in cui domina una struttura proprietaria con55
centrata ( ).
3.2. Trasparenza sulle voci della remunerazione
È inoltre emerso che un buon livello di disclosure circa agli elementi che compongono le remunerazioni dei manager, specialmente per quanto attiene la parte
variabile, riduce il dissenso degli azionisti che da questo punto di vista hanno di56
mostrato di apprezzare notevolmente la trasparenza ( ). Si potrebbe dunque ritenere che la condizione preliminare affinché possano esplicarsi gli effetti positivi del
meccanismo di voto sulle politiche retributive adottate dalla società sia proprio
l’esistenza di informazioni dettagliate riguardo le voci in cui si articola il compenso
degli amministratori (57).
A prescindere dal livello di disclosure, però, gli azionisti si sono rivelati maggiormente sensibili rispetto all’entità del compenso corrisposto agli amministratori,
giacché è soprattutto a fronte di remunerazioni particolarmente (e spesso ingiustificatamente) elevate che essi hanno manifestato in misura maggiore il proprio dis58
senso ( ).
3.3. Attivismo degli investitori istituzionali
Sotto diverso e ulteriore profilo, il documento Consob ha messo in luce
l’importanza dell’attivismo degli investitori istituzionali in relazione alle decisioni sul
compenso dei manager. In tale prospettiva, infatti, gli investitori istituzionali possono ricoprire un ruolo assai significativo, in modo particolare negli ordinamenti che
in Italia, è parso essere sempre collegato a più complesse vicende di riorganizzazione societaria.
54
( ) La differenza tra sistemi a proprietà concentrate e diffusa è ben rappresentata in G.
FERRARINI-N. MOLONEY, Remunerazione degli amministratori esecutivi, passim, e spec. 622623.
55
( ) R. KRAAKMAN et al., The Anatomy of Corporate Law, 36 ss., ove si rinvia per eventuali approfondimenti.
56
( ) M. BELCREDI-S. BOZZI-A. CIAVARELLA-V. NOVEMBRE, Say-on-pay, 12.
57
( ) M. BELCREDI-S. BOZZI-A. CIAVARELLA-V. NOVEMBRE, Say-on-pay, 12.
58
( ) M. BELCREDI-S. BOZZI-A. CIAVARELLA-V. NOVEMBRE, Say-on-pay, 12.
13
RIVISTA DI DIRITTO BANCARIO | DOTTRINA E GIURISPRUDENZA COMMENTATA
prevedono la nomina di (almeno) un consigliere da parte degli azionisti di minoranza (59). Secondo lo studio condotto dalla Consob, questo istituto pone le basi affinché gli investitori istituzionali, nominando un proprio consigliere “di minoranza”, estraneo al gruppo di controllo, possano monitorare il comportamento degli amministratori direttamente al livello del consiglio di amministrazione, e, in tal modo, assicurare che la gestione dell’impresa sia orientata al perseguimento dell’interesse
60
sociale e non di quello (personale) del socio egemone o degli amministratori ( ).
Pertanto, il consigliere “di minoranza” dovrebbe vigilare affinché gli amministratori
non stabiliscano il proprio compenso a un livello troppo elevato e, di conseguenza,
estraggano “rendite private” in forma di remunerazioni eccessive (61).
3.4. Voto consultivo vs. voto vincolante
L’ultimo aspetto meritevole di attenzione riguarda il funzionamento del voto sulle remunerazioni degli amministratori nelle società sottoposte alla vigilanza della
Banca d’Italia e dell’ISVAP. In tali ipotesi, infatti, come ricordato poc’anzi,
l’approvazione da parte dell’assemblea dei soci è vincolante rispetto alle successive decisioni del consiglio di amministrazione, sicché potrebbe addirittura parlarsi di
“atto pluristrutturato”, essendo imputabile ad entrambi gli organi collegiali (62).
La Consob ha rilevato che in tale contesto il dissenso degli azionisti è minore rispetto alle realtà in cui il voto dell’assemblea ha una funzione meramente consulti63
va ( ). A questo proposito è stato affermato che la natura vincolante del voto
dell’assemblea potrebbe incidere sulle decisioni degli azionisti nel senso di ridurre
la loro libertà di espressione attraverso la votazione assembleare. Di contro, là dove il voto non è vincolante, essi potrebbero sentirsi più liberi di manifestare il proprio dissenso (64).
Pertanto, la natura non vincolante del voto sulle politiche di remunerazione degli
azionisti non sembra idonea a ridurne l’effettività e la valenza segnaletica nei confronti del mercato.
59
( ) Per l’ordinamento italiano v. l’art. 147-ter, co. 3, TUF, che prevede il sistema del voto
di lista in modo tale da permettere alle minoranze qualificate di eleggere almeno un componente dell’organo amministrativo. Tale norma stabilisce infatti che «almeno uno dei componenti del consiglio di amministrazione è espresso dalla lista di minoranza che abbia ottenuto
il maggior numero di voti e non sia collegata in alcun modo, neppure indirettamente, con i
soci che hanno presentato o votato la lista risultata prima per numero di voti». Sul meccanismo del voto di lista v., ex multis, M. STELLA RICHTER jr., Art. 147-ter Elezione e composizione del consiglio di amministrazione, in M. FRATINI e G. GASPARRI (a cura di), Il testo unico
della finanza, Milano, 2012, II,1939 ss.
60
( ) F. DENOZZA, L’“amministratore di minoranza” e i suoi critici, in Giur. comm., 2005, VI,
767 ss.; R. RORDORF, Gli amministratori indipendenti, in Giur. comm., 2007, I, 154 ss.; N. SALANITRO, Nozione e disciplina degli amministratori indipendenti, in Banca borsa, 2008, 3 ss.
61
( ) G. FERRARINI-N. MOLONEY, Remunerazione degli amministratori esecutivi, 590.
62
( ) M. RABITTI e P. SPATOLA, Art. 123-ter Relazione sulla remunerazione, cit., 1715.
63
( ) M. BELCREDI, S. BOZZI, A. CIAVARELLA, V. NOVEMBRE, Say-on-pay, 26 e 28.
64
( ) M. BELCREDI, S. BOZZI, A. CIAVARELLA, V. NOVEMBRE, Say-on-pay, 26 e 28.
14
Rivista
dottrina
e giurisprudenza
commentata