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Avevano raccontato che l’Expo di Milano avrebbe creato 200 milaposti di
lavoro. Ora si scopre che occuperà solo 3 milapersone. Pm e poliziotti esclusi
Mercoledì 9 luglio 2014 – Anno 6 – n° 187
e 1,30 – Arretrati: e 2,00
Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma
tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230
Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46)
Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009
RENZI SALVA UN ALTRO
CONDANNATO: ERRANI
dc
IL VERSO
E IL VIZIO
di Antonio Padellaro
asco Errani, governatore
V
Pd dell’Emilia Romagna
al terzo mandato, viene con-
dannato in appello a un anno
con la condizionale per falso
ideologico: secondo l’accusa,
dopo aver finanziato con fondi
pubblici la coop del fratello con
un milione di euro per la creazione di una cantina non completata nei termini previsti dal
bando, avrebbe indotto due
funzionari regionali a certificare la correttezza dell’operazione. Appresa la sentenza, Errani
si dichiara innocente, ma rassegna le dimissioni e dice: “Davanti a tutto, l’onore della Regione”. La vicenda potrebbe
chiudersi qui, dimostrando
una volta tanto che il nesso tra
causa ed effetto e tra condanna
e dimissioni vale anche per la
casta della politica. Non sia
mai. Immediatamente il Pd si
scioglie in un coro commosso
di solidarietà e calde lacrime
vengono versate ricordando le
virtù eroiche di Errani, neanche fosse Silvio Pellico tradotto
nelle segrete dello Spielberg.
Non è finita, perché subito dopo Orfini, novello presidente
democrat, dà finalmente un
senso al suo incarico e “auspica
il ritiro delle dimissioni”. Fassino, sindaco di Torino, lo invita virilmente alla resistenza:
“Resta al tuo posto”. Taddei, responsabile economico, lancia
un hashtag struggente: “Forza
Vasco ripensaci”. Infine scende
in campo lo stesso Matteo Renzi che, attraverso la segreteria,
ridotta a puro organismo ventriloquo, invita il governatore
“a riconsiderare il suo gesto”
come se il poveretto fosse stato
colto da un momento di follia.
C’è poco da ridere: nell’era renziana la questione morale viene
sostituita da due semplici regolette. Primo: le dimissioni di
Errani possono stabilire un pericoloso precedente, e così come i quattro viceministri e sottosegretari indagati sono rimasti intrepidi avvitati alle loro
poltrone, Vasco non fare scherzi. Secondo: Errani resista, resista, resista poiché nel nuovo
Senato di Renzi-Berlusconi-Napolitano l’immunità serve proprio a salvare la ghirba
all’esercito di indagati e condannati provenienti dalle Regioni. Renzi cambia il verso, ma
non perde il vizio.
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#matteononstarsereno
di Marco Travaglio
epubblica: “Svolta sulle riforme, sì di M5S al
R
Pd. Renzi: vicini a un risultato storico”. Il
Foglio: “Grillo chi? Umiliato da Renzi, prende a
Il governatore Dem dell’Emilia Romagna, ex bersaniano e ora renziano,
si dimette dopo la condanna in appello a 1 anno per falso ideologico:
“Carte truccate per favorire la coop rossa del fratello”. Tutto il partito,
dal premier-segretario in giù, lo assolve politicamente e lo implora
di restare al suo posto. Matteo: “Confidiamo nella Cassazione”. I 5Stelle
chiedono le elezioni anticipate e lanciano l’hashtag “#arrestanovoi”
Liuzzi » pag. 6
GRANDI RIFORME
I tagli, le province
e la ricerca: niente
norme, tutto finto
Tecce » pag. 2
Da Venezia a Roma,
COSTITUENTI
l’affare dell’autostrada La “democrazia autoritaria”
che unisce Pd e Ncd
e la lezione di Piero Calamandrei
Meletti » pag. 11
Viroli » pag. 5
» MAI VISTO » Verdeoro travolti dalla Germania, Paese sull’orlo di una crisi di nervi
Catastrofe Mondiale,
Brasile kaputt 7-1
Scolari e i suoi tramortiti già nei primi minuti, poi
i tedeschi dilagano: risultato più pesante di sempre
in una semifinale. Lo stadio di Belo Horizonte sotto choc
tra lacrime e fischi. Peggio della storica sconfitta in casa
del 1950 contro l’Uruguay, poi ribattezzata “Maracanazo”
Va in scena il dramma di un intero popolo, tumulti
a San Paolo e Recife Beccantini, Beha e Citati » pag. 18 - 19
15 MORTI A GAZA
Missili su Gerusalemme
Israele allerta le truppe
La disperazione dei tifosi brasiliani LaPresse
LA CATTIVERIA
Alla festa del Pd, Bersani canta gli
AC/DC e poi saluta come Vasco
Rossi. Ma lo riconoscono lo stesso
» www.forum.spinoza.it
Zunini » pag. 17
testate il muro della propria irrilevanza”. Il Giornale: “Grillo si piega al Pd sulle riforme”. L’Unità,
fotocopia del Giornale: “I grillini piegano Grillo”.
Uno legge gli house organ del Pd & Forza Italia e
dice: la premiata ditta Renzusconi ce l’ha fatta,
anche Grillo s’è arreso, i dissidenti seguiranno. Il
Patto del Nazareno, momentaneamente trasferito a Cesano Boscone, regge. Con la benedizione di
Re Giorgio che, mentre precisava di non voler entrare nel merito, entra per l’ennesima volta nel
merito della controriforma del Senato, uscendo
dai suoi binari costituzionali e dal dovere di garante della Costituzione (quella del 1948, non
un’altra). Dunque avremo una bella Camera di
nominati per l’eternità e un bel Senato di sindaci e
consiglieri regionali per l’immunità. Con tutto
quel che ne consegue. Lunga vita ai padri ricostituenti Boschi & Verdini, sono soddisfazioni.
Poi uno legge il documento scritto dei 5Stelle e
scopre che gli house organ non si accontentano
più di rilanciare le balle del premier e del suo alleato-detenuto: modificano direttamente la realtà
per farla collimare con i desideri dei due padroni.
Alle 10 domande del Pd, i 5Stelle hanno risposto
con altrettanti Sì, seguiti però da brevi testi piuttosto comprensibili, a prova di giornalista da riporto. Che significano: “sì, ma a condizione che”,
e spesso la condizione equivale a un no: infatti, su
tutte le questioni dirimenti dell’Italicum e del
nuovo Senato, vanno nella direzione opposta al
Patto R&B. Vien da domandarsi che testo abbia
letto Claudio Tito di Repubblica quando scrive enfatico che ora Renzi può “modificare la Costituzione e contestualmente la legge elettorale con
una maggioranza ampia e trasversale” che “mette
insieme la coalizione del governo con le due principali opposizioni: FI e M5S”,“nuovo arco costituzionale dell’eventuale Terza Repubblica” che
condanna all’irrilevanza “la dissidenza interna al
Pd”, ridotta “a battaglia di testimonianza”, “incapace sia di modificare l’impianto costituzionale, sia di minacciare la vita del governo”. Vediamoli, allora, questi 10 Sì.
1-2) Italicum: Pd e FI vogliono il ballottaggio tra le
due coalizioni più votate, poi chi vince prende il
55% dei deputati; M5S accetta il ballottaggio, ma
fra i due partiti più votati, poi chi vince prende il
52% dei deputati. Pd e FI insistono sulle liste bloccate tipo Porcellum; M5S vuole la preferenza.
3) Pd e FI vogliono collegi più piccoli, M5S è disponibile.
4) Il Pd vuole far verificare preventivamente la
legge elettorale alla Consulta; M5S pure, anche se
osserva che Renzi ha detto il contrario.
5) Pd e FI vogliono ridurre i poteri delle Regioni
modificando il titolo V della Costituzione; M5S
anche, ma fa notare che il nuovo titolo V è un
casino che causerà conflitti fra Stato e Regioni.
6) Il Pd vuole ridurre l’indennità dei consiglieri
regionali, M5S l’ha già fatto per i suoi restituendo
il surplus.
7) Pd e FI vogliono abolire il Cnel; M5S pure, anzi
vorrebbe farlo subito, con uno stralcio ad hoc.
8-9) Senato: Pd e FI vogliono un Senato non elettivo senza potere legislativo, formato da sindaci e
consiglieri regionali che fanno i senatori part-time; M5S vuole i senatori eletti direttamente dai
cittadini, full-time, con funzioni anche legislative
(diverse dalla Camera), dimezzando le indennità
di deputati e senatori.
10) Pd e FI vogliono mantenere l’autorizzazione a
procedere per intercettare, arrestare e perquisire
senatori e deputati; M5S vuole abolirla, lasciando
solo l’insindacabilità per opinioni e voti.
Riassumendo: a parte il Cnel, i collegi e altre quisquilie, il progetto Pd-FI è incompatibile col progetto M5S. Ora tocca a Renzi e al Pd rispondere a
una sola domanda semplice semplice: perseverate
nella doppia porcata con il frodatore pregiudicato, o preferite una buona riforma elettorale e costituzionale con M5S, Sel, dissidenti Pd e FI e milioni di elettori? Risposta scritta, please.
2
QUALE VERSO
MERCOLEDÌ 9 LUGLIO 2014
Pe succo:
enne, Iphone
l’autoscatto
sulle sudate carte
AL LAVORO SU TERZO SETTORE,
Ilva, semplificazione amministrativa,
millegiorni #palazzochigi. Lo scrive
su Twitter il premier Matteo Renzi,
rientrato questo pomeriggio a Roma
da Venezia. Renzi aggiunge l’hashtag
#lavoltabuona e una foto con vari documenti, un succo di frutta e varie
penne”. Questo battevano le agenzie
di stampa ieri pomeriggio, commentando entusiastiche la fotografia postata dal premier, di nuovo sulle sudate carte nell’ufficio di palazzo Chigi
e soltanto una bibita analcolica per
ricaricarsi. Non è la prima volta che
Renzi utilizza questo metodo per di-
il Fatto Quotidiano
mostrare il suo essere iper-produttivo
e iperattivo. Famosa la foto all’alba del
cortile di palazzo Chigi e dei faldoni
sulle scrivanie che chiamano sempre
l’attenzione del presidente del Consiglio. Che, quando deve annunciare o
mediare (vedi M5S), sceglie sempre
le dichiarazioni sui social network.
PROVINCE E TAGLI, UNO SCHERZO
MANCANO ANCORA I DECRETI ATTUATIVI: DAI 200 MILIONI DI EURO CREDITO D’IMPOSTA PER
LA RICERCA AI 240 MILIONI DI RISPARMI NEI MINISTERI. E IL PREMIER CAMBIERÀ I DIPARTIMENTI
di Carlo Tecce
A
ddio,
Province.
Bentornate, Province. Arrivederci,
Province. Che me
ne faccio di queste Province?
Neanche il governo l’ha capito.
I testi sfilano in scioltezza in
Consiglio dei ministri: senza i
decreti attuativi, che non fanno
passerella (ma sono sostanza),
la legge non viene applicata. E le
Province, massa di competenze
ancora astruse e dipendenti ancora appesi, muoiono lentamente, dunque con sofferenza.
Il dicastero di Maria Carmela
Lanzetta (Affari Regionali) non
ha risolto la contesa per ricalibrare i poteri nei territori: niente più sagre per le Province, ma
la scuola, le strade e poi i trasporti? I soldi non ci sono, e da
tempo. I trasferimenti furono
eliminati all’impronta dai tecnici di Mario Monti, e l’agonia è
cominciata presto. E adesso, attesi invano i regolamenti questa settimana e forse compiuti a
fine mese, non c’è denaro per
pagare i servizi essenziali. Ma i
governi provinciali devono
“resistere” sino a settembre.
IL SOTTOSEGRETARIO Gra-
ziano Delrio, all’epoca ministro
agli Affari Regionali, voleva
consegnare ai sindaci uno spazio più largo, da gestire assieme,
e non più la colletta di prebende
che le Province smistavano dai
capoluoghi regionali: meccanismi più fluidi, risparmi, anche
se il numero di amministratori
non scompariva (e non è un
particolare da poco). Ma in no-
LAVORI LASCIATI A METÀ
DIRETTORI
ENTI LOCALI
La legge per il riordino delle Province è entrata in
vigore l’8 di aprile, da ieri si attendono i regolamenti
per completare la riforma
UNIVERSITÀ
Il governo di Enrico Letta aveva deciso di concedere
un credito d’imposta dal valore di 200 milioni di euro
annui per la Ricerca. Nulla di fatto. Neanche con Renzi
SPENDING REVIEW
Il decreto Irpef per gli 80 euro prevedeva anche
un taglio di spesa di 240 milioni di euro per i ministeri:
ancora non sono stati adottati
AUTO BLU
Mancano i regolamenti di palazzo Chigi per portare
a 5 le auto di servizio per ogni ministero. Nel
frattempo, i sottosegretari ne usufruiscono ancora
vanta giorni – la legge per il
riordino è entrata in vigore l’8
aprile – Lanzetta e governo non
sono riusciti a plasmare le nuove Province. I dipendenti restano dove sono. I campi d’azione
restano come sono. E i soldi da
consumare, seppur non esistano, vanno trovati perché, e i sindacati annusano l’immobilismo di un renzismo iperattivo,
ci sono le buste paga da riempire. I ritardi s’accumulano. E
nel groviglio provinciale, il governo aggiunge la riforma per la
Pubblica Amministrazione di
Marianna Madia: dovrebbe far
traslocare i dipendenti provinciali dagli uffici, ma verso quali
destinazioni? I decreti attuativi,
che stanno a marcire nei ministeri dove la burocrazia è quel
buco nero che inghiotte capi
più o meno disinvolti di qualsiasi governo, sono diventati un
intralcio, un Mineo o un Chiti
inanimato, anche per Matteo
Renzi. S’è fatto cupo, il premier:
“Una questione molto seria. Ne
parliamo giovedì in consiglio
Ostellino il grande
di via Solferino
U
n madornale errore compariva nel numero di lunedì del “Corriere della Sera”.
In un articolo di Paolo Isotta, critico musicale
di nota fama, era sparito un prezioso aggettivo. Così, nella rubrica delle lettere di ieri lo
stesso Isotta ha dovuto puntualizzare: “Caro
direttore, nel mio articolo di ieri sul Conte
Ory di Rossini alla Scala per un errore di trasmissione è caduta una parola. Là ove nominavo ‘il direttore Piero Ostellino’ il testo originale era ‘il grande direttore Piero Ostellino’.
E siccome il caro e gentile Ostellino è stato
anche un grande direttore, vittima peraltro
dell’intolleranza politica di chi allora comandava, ci tengo a ripristinare il mio pensiero
memore e grato”.
dei ministri. Così non va bene”.
Renzi deve mostrare qualcosa e,
proprio per giovedì, potrebbe
declamare la nuova struttura di
palazzo Chigi: meno dipartimenti, in sintesi.
IN QUEL LUOGO, in Cdm a pa-
lazzo Chigi, vengono licenziati
tanti provvedimenti che, nei
fatti, non prendono mai vita. Ci
sono i 200 milioni di euro annui
di credito d’imposta per la Ricerca che rimbalzano da Enrico
Letta a Renzi senza soluzione,
senza prescrizioni, senza nulla
di concreto. E poi dicono che la
Ricerca è importante. Come sarà importante la spending review:
il 24 aprile viene deliberata la
fragile impalcatura che sostiene
gli 80 euro mensili, una prima
cura di tagli, che dovrà crescere,
aumentare, diventare strutturale: per sempre. Il commissario Carlo Cottarelli, il signor
spending review, se ne lamenta in
pubblico e in privato. Non ci sono neppure le dieci righe che
servono a ridurre la auto blu per
IN BARCA
Matteo Renzi a Venezia con
i ministri Marianna Madia
e Federica Guidi Ansa
sottosegretari e singoli ministeri, che Renzi in conferenza
stampa s’è venduto con invidiabile capacità comunicativa. E
non ci sono i regolamenti per
piallare e (ri)modulare la spesa
nei dicasteri: 240 milioni di euro in milioni di rivoli, mica spigolature.
Il tempo gioca (ancora) al fianco del premier. Ma le scadenze
non sono lontane e i decreti attuativi di sua proprietà che
mancano sono più di 50: 14
hanno superato i termini, altri
rischiano la stessa sorte. I 50 di
Renzi vanno sommati al gruzzolo di Letta-Monti, e s’arriva a
679. Chi ha il coraggio, può
scorgere i rottami di Berlusconi
in retrovia, e si decolla a 800.
I “falchi” a Cinque Stelle volano su Di Maio
CRITICHE SUL VICE PRESIDENTE DELLA CAMERA: NON AVEVA IL MANDATO PER APRIRE AI BALLOTTAGGI. BIASIMO ANCHE SULLA PRESENZA TV
di Luca De Carolis
o stop dei falchi. Furibondi, per lo schiaffo
L
del Renzi che disdice gli incontri e pretende risposte scritte. “Neri” per il metodo della
Di Maio e Danilo Toninelli. Non dobbiamo
assolutamente cedere verso questa deriva plebiscitaria che richiede la governabilità a discapito della rappresentatività e democraticità di
un sistema elettorale e costituzionale”. Per Colletti, “l’impianto proporzionale della legge elettorale è l’unico modo per preservare la tipica
tripartizione del potere”. Tradotto, il Consultellum proporzionale dei 5 Stelle non può essere stravolto in favore dell’Italicum iper-maggioritario di Renzi.
trattativa, portata avanti (soprattutto) da Luigi
Di Maio con rilanci e controproposte non concordate con l’assemblea, da primus inter pares
senza investitura. Preoccupati per il caos sulla
linea perfino tra i vertici. Il giorno dopo il lunedì più difficile, quello in cui Grillo alle 15.30
ha rovesciato il tavolo con il Pd e alle 17 lo ha
rimesso a posto, i Cinque Stelle ripartono dalla COLLETTI PARE RISPONDERE a Di Maio, che
rabbia gelida degli ortodossi. Tracimata nell’as- in mattinata aveva scritto: “Diverse persone mi
semblea dei deputati, in serata. I lealisti, già chiedono chi abbia deciso per il doppio turno di
contrari alla trattativa con Renzi, non sapevano lista, ma ricordo a tutti che nessuno ha ancora
del doppio turno di lista e di
deciso niente. Alla fine potremo votare sì o no sul portale
altre apertura assortite ai Dem.
Non hanno gradito. E ora predell’M5S”. Giustificazione non
FACCIA A FACCIA
sufficiente, per tanti ortodossi.
tendono una verifica nelle
commissioni e in assemblea su
Fino dalla mattina in tanti cerIn serata tensione
cano Grillo. Vogliono sapere
come portare avanti la partita
con il rottamatore. Nei dettacome sta, perché lunedì si è
alla riunione
(ri)allineato al pontiere Di
gli. Il tamburo della reazione lo
dei deputati
batte per primo il deputato
Maio e quindi a Casaleggio.
Avevano esultato al suo post
Andrea Colletti, membro della
Rizzetto: “Non so
commissione Giustizia. Scrive
contro “l’ebetone pericolosissimo” e la sua “dittatura di
su Facebook: “L’indicazione
come usciremo
del ‘doppio turno di lista’ è una
stampo legale”. Poi l’hanno vida questa situazione” sto precisare che “le porte sono
valutazione personale di Luigi
Luigi Di Maio assieme a Beppe Grillo Ansa
sempre aperte al dialogo”. Il fondatore risponde
agli sms sminuendo e rassicurando: “Solo un
problema di tempistica degli interventi, la pensiamo tutti allo stesso modo”. Ostenta tranquillità. Dal’aula spunta Toninelli: “Il post di Colletti? Ha tutto il diritto di esprimere un parere
tecnico, come io potrei esprimerlo sulla sua materia, la giustizia. Il confronto è normale: guardate Forza Italia, sono spaccati a metà”. Nel frattempo il Pd ha aperto a un nuovo incontro per la
prossima settimana. “Noi il nostro compitino
l’abbiamo fatto...”sospira Toninelli. Allude alle
dieci risposte ai quesiti dei Dem, pubblicate lunedì sera sul blog di Grillo. In quelle righe, anche il doppio turno di lista. Giuseppe D’Ambrosio, membro della commissione Affari Costituzionali, lo spiega con i numeri: “Avevamo
stabilito di andare da uno a dieci, ora siamo
arrivati a 15. Bisogna ridefinire i paletti. Dobbiamo confrontarci tra commissioni di Camera
e Senato, e poi parlarne in un’assemblea, congiunta”. Tradotto, basta fughe in avanti. Di
Maio, criticato anche per la sua esposizione mediatica, tira dritto. Interviene a Un Giorno da Pecora su Radio Due. E ridà la linea: “Non ho parlato con Renzi. Si facciano sentire loro adesso, ci
facciano sapere loro quello che devono fare. Se il
premier si fida solo di Berlusconi, lo dica”. Gli
chiedono se lunedì ha telefonato a Casaleggio
per far cambiare rotta a Grillo: “No, Beppe si era
giustamente arrabbiato. Gianroberto l’ho sentito ma per altri motivi”. Alla Camera tanti sfilano senza parlare. Walter Rizzetto, voce critica,
scuote la testa: “Situazione confusa, ora non so
come se ne potrà uscire”. Tancredi Turco: “Mi
auguro che ai prossimi incontri con il Pd vadano solo i capigruppo, senza figure non indicate dall’assemblea”. In serata, assemblea dei
deputati. Sulla carta, non si doveva parlare della
trattativa con il Pd. Ma dopo le 22 la discussione
parte. A toni alti. Continuerà, eccome.
Twitter @lucadecarolis
QUALE VERSO
il Fatto Quotidiano
D
on Patriciello:
”Su Terra dei Fuochi
basta superficialità”
Nella Terra dei fuochi si sta consumando un
dramma epocale sotto gli occhi di tutti” ma
“manca la volontà politica di mettere la parola
fine a questa tragedia”. Lo scrive don Maurizio
Patriciello, parroco di Caivano (Napoli) in una
lettera aperta al presidente del Consiglio Matteo
Renzi, nella quale lo invita a tornare tra le province di Napoli e Caserta. “Lo scrittore Corrado
MERCOLEDÌ 9 LUGLIO 2014
3
Alvaro - aggiunge don Patriciello - diceva che ‘alle
domande serie occorre dare risposte serie’. Per
noi non è stato e ancora non è così. Le nostre
domande angoscianti vengono tuttora affrontate
con una superficialità che fa spavento”. Il premier
lo chiama in serata lo rassicura: tornerà di nuovo
in loco per prendere visione di persona della situazione della zona.
fatto
a mano
IL CONFRONTO
LA PROPOSTA PD
L’Italicum (quasi impallinato)
nella sua versione originaria
MAGGIORITARIO
Il sistema prevede liste bloccate corte (da 3 a 6 nomi a seconda
dell’ampiezza del collegio) su non più di 120 circoscrizioni (è
stato dato mandato al governo di disegnarle).
SBARRAMENTI
I partiti, se corrono in coalizione, devono
superare la soglia del 4,5%. Per quelli non
coalizzati lo sbarramento è all’8%. Le coalizioni, infine, arrivano in Parlamento se
prendono oltre il 12%.
PREMIO DI MAGGIORANZA
Il premio di maggioranza va al partito (o alla coalizione) che
supera il 37%. Il “premio” porta la sua rappresentanza parlamentare al 53%.
IL BALLOTTAGGIO
Se nessuno arriva al 37% i primi due arrivati vanno al ballottaggio per contendersi il premio di maggioranza.
MULTICANDIDATURE
Riforme, il problema
di Matteo si chiama Fi
SE I DISSIDENTI DEMOCRATICI SONO CONSIDERATI SOTTO CONTROLLO
DUBBI SULLA TENUTA DEL GRUPPO DI B. CON GRILLO TRATTATIVA CONGELATA
di Wanda Marra
U
n voto dopo l’altro
la Commissione
Affari costituzionali di Palazzo Madama scivola velocemente verso la conclusione dell’esame
della riforma del Senato e del
Titolo V. Sfilano volti stanchi e
variamente perplessi, da quello
della relatrice Anna Finocchiaro a quello di Gaetano Quagliariello (Ncd), passando per Doris Lo Moro (Pd). L’ordine di
scuderia, da parte del governo,
ma anche da parte di Berlusconi ai suoi (quelli che controlla
di Forza Italia, che non si capisce bene quanti siano) è chiudere il prima possibile, smussare tutti gli angoli, e poi arrivare in Aula. Il merito conta fino a un certo punto: il patto del
Nazareno è più importante, per
entrambi i contraenti. Per Renzi garantisce ancora le riforme,
per Berlusconi l’esistenza in vita. Sui lavori pesa anche l’assenza di Roberto Calderoli, ricoverato a Milano per un malore,
che l’ha fatto cadere e rompersi
una mano. Lui dall’ospedale dice di andare avanti e dunque si
vota. Atteso per stamattina.
Rimandato a oggi l’ ultimo nodo: quello che riguarda la proporzionalità dei membri del Senato: saranno i Consigli regionali ad eleggere i futuri senatori. Dopo un vertice Boschi-Finocchiaro-Romani il testo sarebbe pronto, ma si aspetta la
firma di Calderoli. La scelta dovrà rispettare il criterio di proporzionalità sia per quanto riguarda il numero di abitanti,
sia il risultato elettorale di ciascuna regione. Questo perché
FI aveva chiesto di riequilibrare
la rappresentanza, visto che il
centrosinistra ha in mano la
maggior parte delle Regioni.
Passato ieri un emendamento
per modificare il meccanismo
di elezione del presidente della
Repubblica. Prevede che per i
primi quattro scrutini occorrano i due terzi degli aventi diritto, e per i secondi quattro, i
tre quinti. Questo per evitare
che chi vince alla Camera elegga da solo l’inquilino del Colle.
Dal nono scrutinio in poi, l'eventuale vincitore avrebbe comunque la possibilità di eleggere da solo il Presidente della
repubblica.
E IN AULA? Il governo, Boschi
in testa, ostenta sicurezza. E
dalle parti del Pd questa è abbastanza condivisa. Per ora. In
realtà lunedì sera c’è stato un
vero momento di panico, prima
del gruppo Dem. Tra dissidenti
e bersaniani, la situazione sembrava sfuggire di mano. Tanto
che al Colle sarebbero arrivate
sollecitazioni da parte di alcuni
renziani per intervenire, in maniera preventiva. Se un effetto
ce l’ha il giorno dopo il monito
del Colle è quello di far innervosire il presidente del Senato,
Grasso. Starebbe a lui deciderre
se rimandare l’approdo in Aula
della riforma previsto per oggi,
visto che l’esame degli emendamenti non è concluso. Ma lui
preferisce evitare: si aspetta che
casomai il governo lo chieda. E
così la capogruppo di ieri non
decide nulla. Ma si arriverà in
Aula probabilmente domani,
con inizio delle votazioni previsto per martedì.
“Il Senato lo votiamo, sulla leg-
MALORE
Il relatore del testo
sulle riforme Roberto Calderoli è
stato ricoverato a Milano Ansa
LEGGE ELETTORALE
Si ragiona su restringere
i collegi dell’Italicum e
prevedere un sistema
misto tra preferenze
e liste bloccate (che va
bene anche a B.)
ge elettorale l’ipotesi che circola
ci convince: si tratterebbe di
avere collegi più piccoli, con
una parte di liste bloccate, e una
lasciata alle preferenze”, spiega
il bersaniano Miguel Gotor.
Dissenso dem in via di rientro.
Renzi scommette sul fatto che scatenata la debita pressione
mediatica - saranno veramente
pochi i Democratici in grado di
votare contro. Diverso per Forza Italia. Il gruppo degli oltranzisti lo guida Augusto Minzolini, che non a caso diffonde interpretazioni: “Renzi vuole ap-
provare il Senato in via definitiva entro gennaio, fare una legge elettorale e andare al voto in
primavera”. I dissidenti di Forza Italia secondo lui sono più di
20. Il gruppo dei senatori con
Berlusconi per oggi è in forse?
Meglio, così ognuno è libero di
far quel che vuole. E insomma,
il premier resta appeso a Berlusconi, nel bene e nel male.
L’incontro con i Cinque Stelle
nel frattempo? Rimandato alla
prossima settimana, come annuncia Lorenzo Guerini. Non è
proprio il caso di aprire una
trattativa vera sulla legge elettorale, fino a che le riforme non
sono saldamente approvate. E
dunque, meglio temporeggiare.
E cercare una soluzione che
possa piacere anche a FI, come
quella, appunto, di un sistema
misto tra liste bloccate e preferenze. E nel frattempo, cerca di
andarsi a prendere i voti da tutte
le parti. Beppe Grillo lunedì sera ha messo in difficoltà il premier aprendo su una serie di
punti. Ma in realtà la discussione deflagrata nel Movimento e
la loro stessa disponibilità a
questo punto potrebbe favorire
il premier. Di Maio ha spiegato
che
l’eventuale
accordo
M5s-Pd sarà comunque sottoposto alla rete; al che Roberto
Giachetti ha domandato: "E se
la rete lo boccia? Certifichiamo
che abbiamo scherzato?". Renzi
può giocare sulle difficoltà degli
altri partiti, e racimolare un po’
di qua, un po’ di là.
Il gioco è pericoloso. Ma Renzi
non molla: “Noi le riforme le
facciamo, è giusto farle perchè
l’Italia torni a essere leader.
Piaccia o no a chi vuole frenarci,
il risultato a casa lo portiamo”.
Un solo candidato può correre in otto collegi diversi. Sono
vietate le liste civetta.
VALIDITÀ
La legge varrebbe solo per l’elezione della Camera.
LA PROPOSTA M5S
Il “Democratellum” che punta
su proporzionale e preferenze
PROPORZIONALE
Il sistema è proporzionale con 42 circoscrizioni di diverse
dimensioni (33 maggiori e 11 minori).
PREFERENZE
Il sistema prevede due schede elettorali, una
per il voto di lista e una per il voto di preferenza.
IL VOTO SFAVOREVOLE
Nella scheda per la lista si può esprimere
anche un voto “sfavorevole” nel caso in cui il cittadino decida
di penalizzare un candidato presente nel partito che ha deciso
di votare. Con la scheda di preferenza si può invece esprimere
una preferenza anche diversa rispetto a quella della lista votata.
SBARRAMENTO
Lo sbarramento, non indicato esplicitamente nella proposta
di legge, è però nei fatti grazie al combinato disposto del
collegio plurinominale e del numero di eletti che esprime.
Nelle circoscrizioni piccole è orientativamente attorno al
10%. Si fissa invece al 7% in quelle medie. È a 3-4% in quelle
grandi.
MEDIAZIONI
Le aperture del Movimento
su doppio turno e collegi
PROPORZIONALE PURO
Al primo turno il sistema proposto dai Cinque Stelle resta
un proporzionale puro, senza
sbarramenti di sorta.
PREMIO DI MAGGIORANZA
Il premio per i Cinque Stelle
scatta solo in caso di superamento del 50% dei consensi.
IL BALLOTTAGGIO Nella lettera di risposta al Pd con i dieci sì
“condizionati”, i Cinque Stelle aprono al ballottaggio. Con
una differenza non di poco conto: il ballottaggio non dovrà
essere tra due coalizioni ma tra le due liste più votate, onde
evitare di imbarcare tutti pur di vincere.
I COLLEGI
I Cinque Stelle aprono anche sull’ampiezza dei collegi. Ma
avvertono: “Questo e altri elementi dipendono dall’impianto
della legge”.
4
L’APPELLO
MERCOLEDÌ 9 LUGLIO 2014
Ipubblicati
10 punti chiave
domenica
in prima pagina
1. CAMERA Con Italicum e liste bloccate 630 deputati nominati dai partiti più grandi; i medio-piccoli
esclusi dalle soglie. Il primo (anche col 20%) avrà il
55% e potrà governare solo; il potere legislativo
coinciderà con l’esecutivo, con decreti e fiducie.
2. SENATO Sarà di 100 senatori non eletti: 95 scelti
dai consigli regionali (74 consiglieri e 21 sindaci) e 5
dal Quirinale. Sarà dominato dal primo partito e non
potrà più controllare il governo.
3. OPPOSIZIONE I partiti d’opposizione decimati; i
dissenzienti dei partiti governativi potranno essere
espulsi e sostituiti in commissione. Corsia preferenziale per leggi del governo da approvare in 2 mesi,
con divieto di ostruzionismo ed emendamenti.
il Fatto Quotidiano
4. CAPO DELLO STATO Lo sceglierà il capo del governo e del primo partito al terzo scrutinio, quando
la maggioranza è al 51%. Il Colle avrà enormi poteri
d’interferenza in tutti i campi, giustizia in primis.
5. CORTE COSTITUZIONALE Il governo controllerà 10 dei 15 giudici: i 5 nominati dal Parlamento e i
5 del Colle. Difficile che la Consulta possa bocciare
DEMOCRAZIA AUTORITARIA
Tutti uniti per protestare
davanti al Senato
La Rete per la Costituzione,
alla quale partecipano tanti
cittadini che furono protagonisti del referendum del 2006
e che è attiva in numerose città italiane, sarà presente di
fronte al Senato nel giorno
del passaggio della “riforma”
costituzionale all’esame dell'aula.
In quella occasione distribuiremo volantini e materiale informativo sulla reale portata
delle modifiche che l’attuale
maggioranza Partito democratico-Forza Italia intende
approvare. Purtroppo l’attuale Parlamento può ignorare la
volontà dei cittadini e delle cittadine, ma questo non ci impedirà di far sentire la nostra
voce di dissenso.
Migliaia di proposte
arrivate in redazione
“INFORMATE I CITTADINI”; “COINVOLGERE L’ELETTORATO DEMOCRATICO”; “ANDIAMO
A PRESIEDERE PALAZZO MADAMA”, SONO ALCUNE DELLE IDEE GIUNTE AL FATTO
Al Fatto quotidiano continuano ad arrivare
e-mail dai lettori in risposta all’appello
lanciato domenica sulla prima pagina del
giornale per chiedere come opporci alla
svolta autoritaria del premier Matteo Renzi,
Silvio Berlusconi & C. Sono migliaia, e per
questo ringraziamo tutti. Molte le idee, le
proposte, gli incoraggiamenti ad andare
avanti. C’è chi ringrazia. Chi sollecita. Chi si
dichiara preoccupato, anche incredulo per il silenzio degli altri
organi dei informazione. Chi si appella ai costituzionalisti per
sentire la loro voce, e chi ripone grande fiducia nei
confronti di parte degli elettori democratici, quegli
elettori che nel ventennio berlusconiano si sono
opposti duramente alle varie riforme proposte
dall’ex Cavaliere. “Vi chiediamo di mettere in atto
tutte le iniziative possibili per fare comprendere
agli italiani che hanno ancora la capacità di
ragionare a quali rischi si sta ora andando
incontro”, ci chiede un lettore, mentre una lettrice
si dichiara “al vostro fianco”. Aspettiamo ancora le vostre
proposte. E grazie, come sempre.
Rete per la Costituzione
Il “Fatto” come rete
di collegamento
Noi non possiamo che resistere, resistere. Resistere,
aiutati dal “Fatto”. Il gruppo
di cui faccio parte (Carovana
per la Costituzione sempre)
intende dare battaglia a partire da un presidio davanti al
Senato in concomitanza con
la votazione del Ddl Boschi.
Oltre agli appelli ai senatori e
ai cittadini occorre esserci fisicamente.
Il “Fatto” può favorire il collegamento tra tutte le realtà resistenziali sparse nel Paese,
dando rilievo alle mobilitazioni e aiutando nelle operazioni
di collegamento.
Serve un presidio permanente
in modo da essere sempre presenti dimostrando che l’altro
59 per cento dei cittadini italiani questa riforma non la
vuole.
Cinzia Niccolai
RESISTERE
E RESISTERE
Il gruppo di cui faccio
parte (Carovana
per la Costituzione
sempre) intende dare
battaglia a partire
da un presidio davanti
al Senato durante
la votazione
del Ddl Boschi
Combattere questa follia
con ogni forza
Premetto che non condivido
una H delle cosiddette “riforme istituzionali” di cui si pala
da mesi e le reputo le riforme
più assurde e pericolose della
storia repubblicana. Ma credo
che una precisazione vada fatta. Queste riforme, per quanto
gravi, non creano una Dittatura, non eliminano la Democrazia. Sono riforme che danneggiano e indeboliscono i sistemi di controllo, riducono
gli spazi di rappresentatività e
commettono valanghe di altre
nefandezze ma non instaurano una Dittatura. Stabilito
questo è compito di ognuno di
noi combattere questa follia
con ogni forza.
Marco Scarponi
Non dormiamo, o il risveglio
sarà traumatico
Quello che sta succedendo è
gravissimo, ci toglieranno anche quello che resta della nostra democrazia sancita dalla
Costituzione.
Non lasciamo che accada, mi
rivolgo a tutte le persone che
amano la giustizia e la libertà
in ogni sua forma: non dor-
Pancho Pardi: “Sit-in
da martedì al Senato”
DA MARTEDÌ PROSSIMO chi ha a cuore la Costituzione è
invitato a difenderla in piazza. Ci vediamo in un sit-in di fronte
al Senato”. L’appello è di Pancho Pardi, protagonista della
stagione dei “girotondi” ed ex senatore dell’Italia dei Valori.
“Concordo con la definizione di ‘democrazia autoritaria’ coniata da Marco Travaglio – spiega Pardi –. Anzi, secondo me è
quasi ‘moderata’: il governo Renzi vuole portare una ferita alla
Costituzione molto più profonda di quella proposta da Massimo D’Alema ai tempi della Bicamerale, proprio come la riforma di Berlusconi bocciata dal referendum nel 2006”. L’appuntamento è a Piazza delle Cinque Lune, a pochi passi da
Palazzo Madama: “Dobbiamo scendere in piazza, senza paura. Senza pensare che all’inizio rischiamo di essere pochi:
sono convinto che l’iniziativa avrà successo. È il momento
decisivo, la battaglia va combattuta adesso, anche se siamo
alla prima lettura. Il governo vuole forzare i tempi. Il testo che
esce dal Senato, nel progetto di Renzi, va approvato alla Camera nella stessa e identica forma: per questo la riforma
stravolge il Senato e non sfiora nemmeno i 630 deputati di
Montecitorio. Se il testo passa al Senato, i passaggi successivi
rischiano di essere delle pure formalità”.
miamo ora perché il risveglio
dopo sarà traumatico. La storia lo insegna.
Francesca Garro
Fate i nostri portavoce
in tutti i programmi televisivi
Sono allarmata, sconfortata e
preoccupata dal silenzio e dalla
mancanza di dettagli dei tanti
giornali e dei tanti intellettuali
che in questo momento dovrebbero fare la differenza su
questioni importanti come
quelle delle riforme. Sono ancora più preoccupata perché
queste riforme e l’accelerazione che è stata data alla loro realizzazione stia avvenendo du-
La denuncia di eretici Pd e costituzionalisti
A ROMA L’APPUNTAMENTO ORGANIZZATO DA “LIBERTÀ E GIUSTIZIA”. TRA I PRESENTI ANCHE PACE, CARLASSARE, MINEO E CASSON
di Tommaso
Rodano
n Piazza Capranica, di fronte a Montecitorio
I
e a metà strada con Palazzo Madama, si discute di riforme istituzionali. L’incontro è pro-
Democrazia Costituzionale”), che apre il dibattito ricordando una vecchia frase di Berlusconi, pronunciata nel 2007 durante la presentazione di un libro di Bruno Vespa: “Tra
tutti i primi ministri di cui si parla in questo
volume – disse allora l’ex premier – c’è un solo
uomo di potere: Benito Mussolini. Tutti gli altri
potere non ne hanno avuto. Credo che se non
cambiamo l’architettura della Repubblica, non
avremo mai un premier in grado di decidere, di
dare modernità e sviluppo al Paese”. Come
Berlusconi pochi anni fa – secondo Gallo –
anche Matteo Renzi insegue lo stesso modello:
quello di un solo uomo al comando, capace di
mosso da Libertà e Giustizia e da una galassia di
associazioni che contestano nel metodo e nel
merito la volontà del governo di Matteo Renzi
di mettere mano all’architettura costituzionale.
Partecipano alcuni senatori “eretici” del Partito
democratico (Felice Casson, Vannino Chiti,
Corradino Mineo e Walter Tocci) e poi ci sono
i giuristi; studiosi, amanti e sentinelle della Costituzione: Lorenza Carlassare, Gaetano Azzariti, Alessandro Pace, Massimo Villone. Non portano solo
la conoscenza e l’interpretaIL GIUDICE GALLO
zione del diritto, ma la memoria storica. Per capire quanto
Come Berlusconi anche
profondo possa essere l’impatto del disegno del governo suRenzi insegue il modello
gli equilibri costituzionali, indell’uomo solo
fatti, si affidano a due citazioni
della storia del ‘900 italiano. La
al comando, capace
prima è nell’introduzione di
Domenico Gallo (giudice della
di decidere sciolto
Corte di Cassazione e presidai condizionamenti
dente di “Associazione per la
decidere sciolto dai vincoli, i condizionamenti
e gli ostacoli che hanno afflitto i capi politici
durante la storia della Repubblica.
ANCHE Lorenza Carlassare si affida alle parole
del passato, “ripetute ossessivamente nel corso
della storia del nostro Paese”. Ma torna ancora
più indietro e cita direttamente Benito Mussolini, nel discorso pronunciato in occasione
dell’approvazione della legge truffa: “Una cosa
sola va rigidamente affermata – disse allora il
Duce, come ricorda Calrassare – : che la massa
dei cittadini intende che l’assemblea eletta sia la
più capace a costituire un governo, atto a risolvere nel modo più rapido,
fermo e univoco tutte le molteplici questioni che nella vita
quotidiana si presentano; non
impacciato da preventive compromissioni, non impedito da
divieti insormontabili: la rappresentanza è destinata a un
ruolo del tutto secondario”.
La stessa assenza di freni e di
contrappesi al potere dell’esecutivo, secondo i professori di
diritto costituzionale che prenCorradino Mineo e Felice Casson Ansa dono la parola, ispira le rifor-
me istituzionali di Matteo Renzi. “Quella che è
in gioco – sostiene Carlassare – non è solo la
democrazia costituzionale, ma forse la democrazia nel suo complesso”.
Le riforme di Renzi, sostiene Alessandro Pace,
produrrebbero una concentrazione di potere
senza precedenti nella storia della Repubblica:
“Con l’Italicum – spiega Pace – avremmo come
risultato un monocameralismo dominato dal
Partito democratico o dall’attuale coalizione di
partito, completamente privo di contropoteri.
Una maggioranza sufficiente per decidere in
totale autonomia sia il Presidente della Repubblica che i cinque i giudici costituzionali di nomina parlamentare”.
Per Massimo Villone, ex senatore del Pds e docente di Diritto Costituzionale alla Federico II
di Napoli, nella riforma di Matteo Renzi c’è
l’idea di un “primo ministro assoluto”: “Un Senato debole, come lo vuole il premier, non è solo
sbagliato: è anche pericoloso. Il senatore è sotto
ricatto, non ha una voce autonoma rispetto al
governo, ma diventa decisivo, nella sua debolezza, nei processi di riforma della Costituzione.
Quando un governo ha in mano tutto e ha sotto
di sé una maggioranza garantita e inerte in Parlamento, ha accesso ai diritti costituzionali: sono in pericoli i diritti di libertà”.
L’APPELLO
il Fatto Quotidiano
leggi incostituzionali o dar torto al potere politico.
Csm a un’Alta Corte per 2/3 politica.
6. CSM E MAGISTRATI Anticipando la pensione
delle toghe da 75 a 70 anni, il governo decapita gli
uffici giudiziari. I nuovi capi li nominerà il nuovo
Csm, con 1/3 di laici vicini al governo e un presidente
e un vice fedeli al governo, previo ok del Guardasigilli. Progetto di dirottare i giudizi disciplinari dal
7. PROCURATORI E PM Il procuratore capo diventa
padre-padrone dei pm, privati di autonomia e indipendenza “interne”. Per assoggettare Procure e
Tribunali, basterà controllare un pugno di capi.
8. IMMUNITÀ Rimane per i senatori non eletti.
MERCOLEDÌ 9 LUGLIO 2014
Consente al governo di salvare i suoi uomini alla Camera e di nominare senatori “scudati” i sindaci e i
consiglieri regionali nei guai con la giustizia.
9. INFORMAZIONE Il governo domina la Rai (rapinata di 150 mln e indebolita dall’evasione del canone) e B. controlla Mediaset. I giornali a editori impuri: aziende ricattabili dal governo e bisognose di
5
aiuti pubblici per stati di crisi e prepensionamenti.
10. CITTADINI Espropriati del diritto di scegliere i
deputati e di eleggere i senatori, oltreché della sovranità nazionale, non avranno altre armi che i referendum abrogativi (spesso bocciati dalla Consulta) e leggi d’iniziativa popolare: ma la riforma costituzionale alza la soglia da 50 a 250 mila firme.
Il contributo
Secondo Calamandrei
Il significato
e il valore
della legalità
di Maurizio
Viroli
critto con tutta probabilità nell’estate del 1944, quando
S
Piero Calamandrei fece ritorno nella sua Firenze liberata, il saggio che Laterza ha pubblicato in questi giorni
rante le vacanze estive cioè
quando la maggioranza degli
italiani è completamente distratta. Allora chiedo a tutti voi
Giornalisti Liberi, di farvi nostri portavoce in tutti i programmi televisivi, quei pochi
rimasti aperti, e anche nei telegiornali per cercare di svegliare
tutti gli italiani che ancora abboccano alle lusinghe di questa
classe politica.
nuncia fossero firmate da migliaia di cittadini, non potrebbero essere ignorate. Senza
premio di maggioranza le larghe intese più Lega Nord
avrebbero alla Camera meno
del 66% dei seggi.
Potrebbero votare la controriforma ma non eviterebbero il
referendum. Lo stesso al Senato senza i premi di maggioranza regionali.
Angela
Livio Giuliani
Occupanti abusivi
all’attacco della Carta
Continuare a informarci
come state facendo
I parlamentari si sono autonominati con il porcellum. La
cassazione dice che sono illegittimi, che secondo la Costituzione non sono mai stati
eletti in quanto è stato vietato
il diritto di voto per ben tre
elezioni ai cittadini. Loro occupanti abusivi del parlamento che fanno? Con il silenzio
assordante di Napolitano, invece di dimettersi, si mettono
in moto per cambiare la Costituzione.
Sono un elettore di Sinistra,
pensionato, deluso dalla politica. Incazzato nero con questa
strana situazione della classe
dirigente.
Vi prego di continuare a informarci come state facendo, il
resto della stampa e le televisioni stanno tacendo le trame
che questo sig. Matteo & B.
stanno elaborando.
Francesco Degni (un gufo)
Uscire dalla rassegnazione
e dal menefreghismo
Se questo governo, non eletto
approverà queste vergognose riforme la nostra democrazia, o almeno quello che ne rimane e la nostra Costituzione, subiranno un cambiamento tale che ci porterà
sempre di più sulla strada
della dittatura. Se passano
queste riforme anche il nostro voto, dove già l’astensione è alta, sarà inutile e i referendum abrogativi non
avranno possibilità successo.
Questo paese dovrebbe uscire dalla rassegnazione e dal
menefreghismo, dovrebbe
cominciare a lottare e protestare, pur senza violenza, per
impedire questi scempi.
Monica Stanghellini
Anna Finocchiaro Ansa
Raccolta di firme
e campagna di informazione
Propongo, come fu per l’art.
138, di promuovere una raccolta di firme e una campagna
di informazione con i mezzi
che riterrete validi. Sarò al vostro fianco.
Angelisa
Coinvolgere gli elettori
del Partito democratico
Non sono un elettore del Pd
IL SILENZIO
GENERALE
Sono sconfortata
e preoccupata
dalla mancanza
di dettagli dei tanti
giornali e dei tanti
intellettuali che in questo
momento dovrebbero
fare la differenza
su questioni importanti
Maria Elena Boschi Ansa
ma ritengo necessario rivolgersi ai componenti (iscritti,
attivisti, inseriti in organi elettivi) della base di quel partito
che è l’unico organizzato e radicato dal quale possono nascere e diffondersi iniziative
per recuperare una democrazia partecipativa.
Nel Pd resiste ancora un buon
numero di elettori che si sono
formati a suo tempo nei principi della nostra Costituzione,
che hanno partecipato alle iniziative per difenderla anche in
maniera concreta nelle scelte
referendarie.
Sono questi ultimi, insieme ai
residui della sinistra e ai sindacati, che si devono mobilitare.
Paolo Chiarelli
Una diffida penale da inviare
ai due rami del Parlamento
La via è quella della diffida penale da inoltrare ai Presidenti
delle due Camere e ai membri
delle commissioni per le elezioni.
Dopo la diffida la denuncia alla
Procura della Repubblica di
Roma per omissioni di atti
d'ufficio. Se la diffida e la de-
Guido Burroni
Mettere in atto tutte
le iniziative possibili
Aderisco con mia moglie al vostro appello contro la dittatura, non tanto strisciante, che
stanno imponendo Giorgio
Napolitano e Matteo Renzi.
Vi chiediamo di mettere in atto tutte le iniziative possibili
per fare comprendere agli italiani che hanno ancora la capacità di ragionare a quali rischi si sta ora andando incontro.
Giuseppe Dolce
e Anita Fagliano
Che il “Fatto” raccolga
tutte le adesioni
Sono sull’iniziativa cui accennava Antonio Padellaro d’accordo, procediamo anche
questa volta. Che il “Fatto quotidiano” raccolga tutte le adesioni.
Carlo Magaldi
nasce dall’esigenza che l’autore ebbe fortissima di spiegare
a chi cercava faticosamente di fare nascere un’Italia libera,
il significato e il valore della legalità.
Lo rivela Calamandrei stesso in una pagina, condita di fine
arguzia fiorentina, che Silvia Calamandrei ha ritrovato fra
le carte del padre e ha saggiamente riproposto nella sua
bella “Nota editoriale”, dove chiarisce che il saggio può
essere un esempio del metodo della prova a contrario, consistente nell’illustrare i caratteri della legalità e i suoi benefici trattando di un regime che rappresenta in maniera
tipica la sua antitesi: “se in mezzo a tanto dolore fosse
ancora lecito sorridere verrebbe a proposito la sbrigativa
risposta colla quale un giornalista spiritoso si liberò di quel
seccatore che insisteva a chiedergli come è fatta una macchina linotipo: ‘Ora te lo spiego subito: l’hai mai vista una
macchina da cucire? Certo. Ecco: la linotipo è tutta differente’. Allo stesso modo si potrebbe rispondere a chi
volesse farsi un’idea esatta della legalità: ‘L’hai mai visto il
fascismo? Ahimè sì. Ecco: la legalità è tutta differente’.
Il regime fascista, spiega Calamandrei, era caratterizzato da
una doppiezza o ipocrisia costitutiva. Il potere fascista nasceva
infatti dalla combinazione di
due ordinamenti giudiziari
l’uno dentro l’altro: quello ufficiale, che si esprimeva nelle
leggi, e quello ufficioso, che viveva in una pratica politica sistematicamente contraria alle
leggi. C’era dunque una burocrazia di Stato e una burocrazia
di partito, pagate entrambe dagli
stessi contribuenti, e unite al
vertice in colui che domina l’una
Calamandrei Wikipedia Cc
e l’altra.
DAL SAGGIO emergono altri due caratteri distintivi della
storia del fascismo, sui quali è bene riflettere. Il primo è
l’incoerenza e l’eterogeneità dei suoi obiettivi politici, un
vero e proprio “accozzo di idee vaghe e generiche accattate
alla rinfusa nei campi più disparati e più contrastanti” che
tuttavia non indebolirono, ma rafforzarono, il movimento e
il regime. Il secondo è la gravità degli errori commessi dagli
antifascisti, primo fra tutti quello di ritenere che la lotta
dovesse essere condotta, nella stampa e in parlamento, sul
terreno della legalità, alimentata “dalla generosa illusione
[…] della libertà che si difende da sé, come una forza di
natura, senza bisogno di guardie armate”.
Una volta consolidato grazie al suo potente apparato di
coercizione e di propaganda, il regime che si proponeva di
“attuare la perfetta fusione del cittadino nella patria ed esaltare nell’individuo il sentimento del dovere e della dedizione
al bene pubblico” ha rafforzato nell’animo degli italiani il
secolare sentimento di diffidenza e di ostilità verso lo Stato.
Imponendo il marchio ‘fascista’ su tutte le istituzioni che
erano semplicemente italiane (lo “Stato fascista”, la “patria
fascista”, la “scuola fascista”, la “guerra fascista”, quando
addirittura non si parlava della “guerra di Mussolini”) il
fascismo confermò nel popolo la convinzione che “chi non
era fascista non aveva più ragione di sentirsi affezionato a
istituzioni e a imprese, diventate, da italiane, proprietà
esclusiva di quel solo partito o di quel solo personaggio”.
Dare vita a regimi caratterizzati da una doppiezza costitutiva che genera e conferma la diffidenza verso le istituzioni, è specialità italiana. Silvio Berlusconi, con il suo
stuolo di cortigiani e cortigiane, per citare un esempio dei
giorni nostri, ha potuto per anni fare i propri interessi e
affermare la sua volontà serbando le apparenze della Repubblica democratica. Matteo Renzi e i suoi sodali, se riusciranno a realizzare il loro progetto di devastazione costituzionale, creeranno un’autocrazia, vale a dire un governo di pochi senza freni e contrappesi degni del nome,
sotto le apparenze, anche in questo caso, di un regime democratico. Ancora una volta istituzioni piegate al potere di
un uomo, e non uomini che servono le istituzioni: l’esatto
contrario dei principi repubblicani. E poi dicono che la
storia non serve.
6
VOSTRO ONORE
MERCOLEDÌ 9 LUGLIO 2014
R
enzi contestato
a Venezia, sul Mose
rimane in silenzio
IL RISULTATO lo portiamo a casa sulla legge elettorale, sulla riforma costituzionale, sulla riforma del
mercato del lavoro e sulla semplificazione della burocrazia, sullo snellimento della giustizia civile.
Dobbiamo smetterla di piangerci addosso: l’occasione per l’Italia è fare l’Italia”. Anche a Venezia
Matteo Renzi fa Matteo Renzi. In un intervento di 30
minuti (integralmente in un inglese piuttosto incer-
to) il presidente del Consiglio ha parlato in occasione del Digital Venice in Laguna che apre ufficialmente il semestre di presidenza Europea dell’Italia.
Dall’Arsenale Renzi ha parlato di tutto. Spingendosi
persino a promettere nuovi posti di lavoro ma non
ha sfiorato l’argomento Mose né ha risposto ai circa
300 che lo hanno contestato chiedendo di cancellare l’opera e risolvere il problema Grandi Navi.
ERRANI CONDANNATO
SI VUOLE DIMETTERE
MA IL PD LO TRATTIENE
A
Liuzzi
ccadde tutto in un milione di euro. È quella
la cifra che un giorno di
fine estate la giunta regionale dell’Emilia Romagna elargisce sotto la voce di “aiuto alle
imprese” e che oggi scuote il partito di Matteo Renzi (e di governo). Già, perché quel milione finì
nelle casse della cooperativa Terremerse, presieduta da Giovanni
Errani, fratello del più conosciuto
Vasco, presidente della stessa Regione centrale per il potere delle
coop, e che ieri è stato condannato
a un anno per falso ideologico in
relazione a quella vicenda. E, come
se non bastasse la condanna, ha
anche annunciato le dimissioni
dalla carica.
IL PRESIDENTE della Regione che
fu la più rossa d’Italia – in scadenza
del suo terzo mandato e che, tra le
altre cariche, è anche portavoce dei
presidenti di tutte le Regioni e
commissario straordinario per il
terremoto – contestualmente alla
lettura della sentenza ha lasciato la
presidenza. Apriti cielo. Inusuale
nel Paese dove neanche chi patteggia (vedi il sindaco di Venezia
Giorgio Orsoni e lo scandalo Mose) molla la seggiola. Tanto inusuale che il Pd, forse preso in contropiede, gli ha chiesto, a tutti i
livelli e nei suoi svariati cerchi magici, di ripensarci. Lo ha chiesto,
indirettamente, Matteo Renzi, che
ha chiamato Errani e gli ha ricordato come “nessuno è colpevole fino al terzo grado di giudizio”. Si
sono esposti, in solidarietà e attestati di stima che suonano come
siluri ai magistrati, Graziano Delrio, numero due del governo; Angelo Rughetti, sottosegretario; Ste-
fano Bonaccini, già collaboratore
di Errani (era numero uno del Pd
in Emilia Romagna) e oggi uno dei
più accaniti renziani di lotta e di
segreteria; il presidente dei senatori Pd Luigi Zanda; Gianni Cuperlo, leader di Sinistradem. E ancora: Vannino Chiti, oggi disturbatore di Renzi ma già governatore
della Toscana, Nicola Zingaretti,
presidente della Regione Lazio e
quello della Toscana, Enrico Rossi.
“BRAVA PERSONA”
La sentenza
prevede un anno
per falso ideologico
Ma dal partito
tutti si sbracciano
per il compagno
Al fianco del presidentissimo Errani anche la voce dei sindaci
dell’Emilia e della Romagna che
furono rosse, quella di Matteo Richetti, oggi influente dirigente del
Pd e in passato presidente del Consiglio regionale. E, ovviamente,
non per ultimo (è stato il primo a
pronunciarsi) Pier Luigi Bersani
che, quando era presidente lui della Regione, scelse Errani come vice
e che lo volle, in seguito e tempi
assolutamente più recenti, anche
in quella corsa, poi fallita, alla presidenza del Consiglio dei ministri.
Tutti, a gran voce, ripetono che Errani è “una persona perbene”. Cosa che neppure i giudici, probabilmente, mettono in dubbio: gli
contestano quel milione di euro di
soldi pubblici elargiti al fratello e
un chiarimento che, a
loro avviso, è falso. Ieri, in appello, è arrivata la condanna. Una
condanna che gela il
partito di Renzi proprio mentre il cammino verso quelle riforme si fa sempre più
difficile, all’interno
del Pd stesso, ma anche di quelli guidati
dagli alleati Silvio BerIl governatore dimissionario Vasco Errani Ansa
lusconi e Angelino
il loro mandato tris – l’effettivo diAlfano.
Una doccia fredda che ha prodotto vieto di rielezione viene posticipauno scossone non nella sentenza, to al 2015.
più o meno prevedibile, ma per la
reazione di Errani che aveva an- CONTESTATO, ma richiesto a gran
nunciato le dimissioni in caso di voce, Errani si fa rieleggere. E non
condanna e che così ha fatto. Rea- solo. Due anni fa si trova in un
zione che potrebbe apparire anche colpo solo a essere il responsabile
campagna
elettorale
normale, magari non in Italia dove della
le cariche non si mollano. Soprat- dell’aspirante presidente del contutto mentre un agitatissimo Renzi siglio Bersani, il presidente della
cerca a destra e a manca, ma so- giunta dell’Emilia Romagna, il reprattutto a destra, di salvare il suo sponsabile della conferenza delle
disegno per riscrivere la Costitu- Regioni e, per ultimo, commissario straordinario per l’emergenza
zione.
del terremoto. Con l’uscita di sceDIMISSIONI che la legge Severino na di Bersani tramonta anche la
non prevede: il falso, infatti, non è stella Errani, fiducioso di terminatra quelle accuse che porterebbe re il mandato e in attesa, probaErrani dritto alla decadenza. Che bilmente di altri incarichi. Almeno
senso ha andarsene? Soprattutto fino a ieri, quando viene condanlui che è stato il plenipotenziario nato e si dimette. Renzi fa chiedere
tra i presidenti delle Regioni, il pri- che rimanga, lui probabilmente
mo a essere eletto per tre volte con- non ritirerà le dimissioni. E a quel
secutive sollevando un polverone punto, dopo una breve reggenza
che arrivò a far litigare i costitu- affidata alla sua vice Simonetta Sazionalisti. La legge, infatti, prevede liera, si andrebbe a elezioni con
“la non immediata rieleggibilità al- due candidati probabili: Matteo
lo scadere del secondo mandato Richetti o, in alternativa, Stefano
consecutivo del presidente della Bonaccini. Questo vorrebbe dire
giunta regionale eletto a suffragio per Renzi prendere uno dei feudi
universale e diretto”. Ma secondo del partito che, insieme alla Toaltro opinioni – i motivi per cui sia scana guidata da Enrico Rossi, anErrani che Roberto Formigoni in cora non ha perfettamente sotto
Lombardia hanno potuto svolgere controllo.
MEDIATRADE, PRESCRITTI PER IL 2005 E ASSOLTI (PER IL RESTO) BERLUSCONI JUNIOR E CONFALONIERI
Mascali
Milano
rescritti e assolti. Pier Silvio Berlusconi e
P
Fedele Confalonieri, imputati al processo
Mediatrade di Milano per frode fiscale, se la
sono cavata con la prescrizione per quanto riguarda l’anno 2005, ma sono stati assolti “perché il fatto non costituisce reato” per quanto
riguarda gli anni 2006, 2007 e 2008.
I pm Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro avevano chiesto rispettivamente 3 anni e 2 mesi e
3 anni e 4 mesi di carcere. La frode fiscale complessiva contestata era di 8 milioni di euro.
L’accusa aveva anche chiesto, durante il processo, l’aggravante della trasnazionalità, ma i
giudici della seconda sezione penale del tribunale, presieduta da Teresa Ferrari da Pas-
sano, non hanno riconosciuto neppure quella.
Perché i giudici abbiano deciso “il non luogo a
procedere per intervenuta prescrizione” per
l’anno 2005, quindi riconoscendo il reato, e
non per i tre anni seguenti, lo sapremo solo con
le motivazioni.
a Hong-Kong, Paddy Chan Mey-Yu e Chaterine Hsu May-Chun, il tribunale ha derubricato
il reato di riciclaggio in appropriazione indebita
e ha dichiarato la prescrizione. I pm avevano
chiesto rispettivamente 4, 5 e 4 anni.
PRESCRIZIONE e assoluzione anche per il pro-
che ieri ne ha approfittato per dire che anche
Silvio Berlusconi, al processo “madre” Mediaset
avrebbe dovuto essere assolto: “È una sentenza
molto importante perché è stata riconosciuta la
totale estraneità di Pier Silvio Berlusconi rispetto alle accuse (tranne per l’anno 2005, ndr). Sebbene si tratti di due processi diversi – ammette
Ghedini – anche Silvio Berlusconi andava assolto per Mediaset”. L’inchiesta Mediatrade-Rti, nata nel 2005, è una costola di quella
Mediaset, conclusa con la condanna definitiva
duttore Frank Agrama e per gli ex manager di
Mediaset Daniele Lorenzano, Gabriella Ballabio e Giorgio Dal Negro. I pm avevano chiesto
rispettivamente 3 anni e 8 mesi, 3 anni e 2 mesi,
3 anni e 2 anni di carcere. Per quanto riguarda il
banchiere Paolo Del Bue, accusato di riciclaggio, il tribunale ha dichiarato il “difetto di giurisdizione”. Per lui erano stati chiesti 3 anni di
pena. Invece, per l’ex dirigente Giovanni Stabilini e per i due presunti prestanomi di Agrama
Quel milione
alla coop
del fratello
econdo quanto ricostruito in primo
S
grado dal pubblico ministero della
Procura di Bologna, Antonella Scandel-
La vittoria di Pier Silvio & Fedele
di Antonella
L’INCHIESTA
GUAI ANCHE PER LA RELAZIONE FALSA
SULLA VICENDA “TERREMERSE”
DAL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO (“CONFIDIAMO NELLA CORTE
DI CASSAZIONE”) FINO ALLA MINORANZA DEL PARTITO,
TUTTI CHIEDONO AL GOVERNATORE DI RESTARE AL SUO POSTO
di Emiliano
il Fatto Quotidiano
MOLTO soddisfatto l’avvocato Niccolò Ghedini
lari, Vasco Errani nell’ottobre 2009 avrebbe istigato due funzionari regionali, Filomena Terzini e Valtiero Mazzotti (anche
loro assolti in primo grado e in appello
condannati ieri insieme al presidente della
Regione Emilia Romagna a un anno e due
mesi), a compilare una relazione falsa sulla
vicenda Terremerse e su una delibera della
Regione che tre anni prima aveva assegnato alla piccola cooperativa guidata dal
fratello di Errani, un milione di euro. Soldi
che restano agli atti, dunque non negabili,
ma giustificati in seguito con una relazione
(inviata poi anche ai magistrati della stessa
Procura e letta al consiglio regionale) che
secondo l’accusa sarebbe stata falsa.
NON SOLO. Secondo la
pm e secondo i giudici,
una relazione che viene
scritta con l’obiettivo di
depistare eventuali indagini che si sarebbero
potute aprire (e che infatti partirono subito)
sulla vicenda che riguardava il fratello
Giovanni. La vicenda, Giovanni Errani Ansa
quando emerge, non
disturba più di tanto gli assetti delle istituzioni. Errani, che si è sempre proclamato
innocente, assume l’avvocato Alessandro
Gamberini, già avvocato di fiducia di
Adriano Sofri nel processo per l’omicidio
del commissario Luigi Calabresi, e promette: “In caso di condanna mi dimetterò”.
LE STRADE degli indagati (in tutto cinque)
si separano quando il giudice per le indagini preliminari chiede il rinvio a giudizio. Errani fratello e un altro dirigente
della cooperativa scelgono la strada del dibattimento ordinario, il presidente della
Regione e i suoi due funzionari chiedono il
rito abbreviato. Il processo viene celebrato
nel 2012: tutti assolti. Ma quando il pubblico ministero legge le motivazioni della
sentenza, depositate il 5 gennaio del 2013,
fa ricorso. Anche perché la sentenza appare
quantomeno contestabile. Nelle 43 pagine
il giudice Bruno Giangiacomo non nega
che ci sia stato il passaggio del milione di
euro, non nega neanche una totale estraneità del presidente della Regione, ma non
ci fu da parte di Vasco Errani istigazione a
scrivere il falso. Inoltre, anche la parentela
tra Vasco e Giovanni, sarebbe rimasta, secondo lo stesso giudice, solo “uno spunto
d’indagine”, “al più un indizio”.
Insomma le imprecisioni scritte in quella
relazione del 2009 non erano state dolose e
non intendevano sviare eventuali indagini.
e.liu.
Il figlio dell’ex
Cavaliere, Pier
Silvio Berlusconi
Ansa
di Silvio Berlusconi e degli altri imputati. Secondo la
procura, l’acquisto
in Usa di prodotti
tv, avveniva con
una serie di passaggi intermedi
che hanno gonfiato i costi finali per costituire
fondi neri all’estero fino al 2005 e hanno realizzato una maxi frode fiscale fino al 2009. Ieri,
però, la gran parte della tesi dei pm è stata
respinta. Da questo processo era già uscito Silvio Berlusconi, prosciolto in udienza preliminare. Era accusato di frode fiscale a appropriazione indebita. La sentenza di ieri è stata emessa
dopo 5 giorni di camera di consiglio. La procura
farà ricorso.
BEATI NUMERI
il Fatto Quotidiano
Lilleumpompe
funebri
ineranno
il ponte di Fano
L’ILLUMINAZIONE del nuovo ponte tra Lido e
Sassonia a quanto pare sarà affidata a un impresa
funebre. Per ora la “Onoranze Funebri Riunite” è
stata l’unica azienda di Fano, che ha partecipato
al bando di gara indetto dal Comune e che partiva
da un importo di 30 mila euro. Bando — ha dichiarato, forse tirando un sospiro di sollievo, l’assessore ai Lavori pubblici Marco Paolini — che
sarà ripetuto in quanto l’impresa funebre ha presentato un’offerta inferiore di 10 mila euro rispetto alla cifra richiesta nel documento dell’amministrazione. L’innovativa struttura che l’attuale
amministrazione si è ritrovata in bilancio senza
esserne entusiasta, voluta in particolare dall’ex
assessore ai Lavori pubblici, Mauro Falcioni e costata ben 300 mila euro, secondo la giunta del
MERCOLEDÌ 9 LUGLIO 2014
7
neo sindaco Seri, avrebbe esaurito tutte le risorse
del bilancio 2014 destinate alla manutenzione
delle strade, del verde e alla chiusura delle buche.
Problemi per i quali ora non si trova più un euro.
Purtroppo però quel ponte, nonostante le polemiche, resta un’opera necessaria, il vecchio passaggio per attraversare il porto non rappresentava più una valida opzione.
IOR, IL BILANCIO SMENTISCE
GLI ANNUNCI: CHIUSI 396 CONTI
DIFFUSA NEI MESI SCORSI LA NOTIZIA DELL’ESTINZIONE DI 1200 RAPPORTI BANCARI
I NUMERI PERÒ SONO MOLTO DIVERSI, PER UN AMMONTARE DI 44 MILIONI DI EURO
di Marco Lillo
A
lla fine la montagna,
anzi il promontorio,
ha partorito il topolino. Ieri è stato anticipato alla stampa e oggi sarà
presentato ufficialmente il bilancio dello IOR, l’Istituto per le
Opere di Religione, per il 2013.
Dopo tanto parlare di trasparenza e dopo l’arrivo dei grandi
consulenti delle multinazionali
americane, Promontory in testa, (costati circa 8 milioni di
euro nel 2013) allo IOR sono
stati chiusi non 1200 conti come si era letto mesi fa sulla
stampa ma solo 396 conti per
un ammontare di 44 milioni di
euro.
Oggi alle 12 lo IOR volterà pagina.il cardinale George Pell,
prefetto della Segreteria per
l’Economia, insieme al suo uomo di fiducia, il consulente
maltese Joseph Zahra, vice
coordinatore del Consiglio per
l’Economia, presenterà (a scanso di sorprese dell’ultima ora) il
nuovo presidente dello IOR: il
francese Jean-Baptsite de
Franssu. Sembra che il nuovo
arrivato prenderà il posto del
presidente del Consiglio di sovrintendenza attuale, Ernst von
Freyberg, senza traumi con una
sorta di affiancamento per
qualche settimana.
Nonostante l’Espresso avesse
svelato nelle scorse settimane i
legami societari, nella società
maltese Misco Directors Net-
work , fondata da Zahra e della
quale De Franssu è stato manager, il cardinale Pell è andato
avanti per la sua strada.
Il tema della conferenza di domani è "Nuovo quadro economico nella Santa Sede". Nel
nuovo quadro lo IOR presieduto da De Franssu dovrebbe lasciare la gestione dei patrimoni
(come farà anche l’APSA, l’altro ente finanziario vaticano) al
nuovo Vatican Asset Management che opererà sotto la direzione della Segreteria, cioé dello
stesso cardinale Pell.
La gestione del presidente Ernst
Von Freyberg si chiuderà oggi
con un utile netto molto risicato
di 2,8 milioni di euro contro gli
86,6 milioni dell’anno passato.
Lo IOR contribuirà comunque
al bilancio della Santa Sede del
2013 per 54 milioni di euro. La
perdita di valore dell’oro e la
pulizia nell’attivo del bilancio
avviata dal presidente tedesco
sono le due cause . Von Freyberg ha svalutato a zero il valore di 15 milioni della partecipazione nella società televisiva
Lux Vide, donata alla Fondazione Scienza e Fede - STOQ.
Altre svalutazioni ci sono state
per il crack della diocesi di Terni, allora guidata da monsignor
Vincenzo Paglia (3,2 milioni) e
anche per le perdite sugli investimenti in fondi (28,5 milioni
di euro) dovuti in buona parte
all’operazione Ad Maiora, voluta sempre dall’allora Segretario di Stato Bertone.
De Franssu Ansa
VACCHE MAGRE
Il 2013 per la banca
Vaticana c’è stato un
netto di 2,8 milioni. Ma
contribuirà al bilancio
della Santa Sede del 2013
per 54 milioni di euro
Da oggi si volta pagina.
Il comunicato diffuso ieri fornisce i risultati del grande lavoro di Promontoryla società di
consulenza americana alla quale il presidente dello IOR nominato nel 2012, Ernst Von Freyberg, ha affidato la verifica dei
conti correnti dello IOR ai fini
del rispetto delle normative antiriciclaggio.
Quando questo lavoro era agli
inizi si era parlato di 1200 cor-
rentisti a rischio chiusura, su un
totale di 18.900 mila correntisti
nel 2012.
In realtà finora lo IOR ha chiuso
i conti solo a 396 clienti. Nel comunicato dello IOR si legge: “A
seguito del processo di verifica e
a far data dal 30 giugno 2014, lo
IOR ha chiuso i rapporti con
circa 3.000 clienti. Si tratta di
circa 2.600 clienti con conti da
tempo non operativi e sui quali
sono stati riscontrati saldi di
minima entità (“conti dormienti”). Inoltre, sono cessati
rapporti con 396 clienti a seguito della decisione del Consiglio
di Sovrintendenza del 4 luglio
2013 di restringere le categorie
di clienti dell'Istituto. Nel 2013
e nella prima metà del 2014, la
cessazione dei rapporti con
questi 396 clienti ha determinato un deflusso di fondi per un
totale di 44 milioni di euro circa”. In pratica in media i correntisti non rispondenti alle
nuove politiche dello IOR e costretti a sloggiare possedevano
una giacenza media di poco superiore ai 110 mila euro a testa.
Per dire solo i certificati di deposito transitati allo IOR nel
1992 per la mazzetta Enimont
superavano i 100 miliardi di
vecchie lire.
Come sono stati trasferiti i soldi
fuori dallo IOR? “37,1 milioni
sono stati trasferiti a mezzo bonifico a istituzioni finanziarie
con sede in giurisdizioni che garantiscono la tracciabilità dei
fondi (88 per cento verso istituti
La sede dello Ior LaPresse
italiani) mentre 5,7 milioni sono stati trasferiti a titolo di donazione attraverso circuiti interni all'Istituto”. Niente a che
vedere con quelle belle borse
piene di contanti che uscivano
dalla porta di Sant’Anna negli
anni novanta per planare sulla
scrivania dei politici italiani.
Spiega la nota dello IOR: solo
una cifra pari a “1,2 milioni di
euro è stata liquidato in contanti”.
Ovviamente la storia dei conti
‘non in linea’ con le nuove regole interne dello IOR ai tempi
di Papa Francesco non si esaurisce con la chiusura di poco
meno di 400 conti con giacenze
degne di una qualsiasi agenzia
bancaria ordinaria italiana.
“Ulteriori 359 rapporti - spiega
sempre lo IOR - che non rispondono ai criteri stabiliti nel
luglio 2013 dal Consiglio di Sovrintendenza, per un saldo
complessivo di 183 milioni a fi-
Ue, la flessibilità è solo nelle poltrone
PER PADOAN PROMESSE VAGHE, MA JUNCKER VUOLE UN SOCIALISTA COME SUCCESSORE DI OLLI REHN
di Stefano Feltri
presa. Juncker vuole un socialista. E non è un
mistero chi siano i candidati: il favorito è Pierre
uel poco di flessibilità che l’Italia riuscirà a Moscovici, già ministro dell’Economia di Franottenere sui conti pubblici dipende molto çois Hollande che ha accettato di lasciare l’esepiù dalle poltrone che dalle dichiarazioni di cutivo francese proprio con la promessa di un
principio. Ieri si è tenuta a prima riunione posto di rilievo a Bruxelles. L’alternativa è l’atdell’Ecofin, cioè dei ministri economici tuale capo dell’Eurogruppo (il coordinamento
dell’Unione, presieduta dall’Italia, quindi da dei Paesi della moneta unica) Jeroen DijsselPier Carlo Padoan, titolare del Tesoro. Ma la bloem, che viene da un Paese rigorista come
notizia più importante è arrivata dall’Europar- l’Olanda ma è pur sempre un socialista, negli
lamento: Jean Claude Juncker, indicato dai go- schemi europei. Comunque vada, il quadro che
verni nazionali come prossimo presidente della si delinea è questo: alla Commissione Juncker,
Commissione, ha incontrato il gruppo dei So- uno che voleva gli Eurobond e che ha un rapcialisti & Democratici (ex Pse). E ha promesso porto non sempre sereno con la Merkel, all’Ecoche nella sua squadra il commissario agli Affari nomia un francese come Moscovici (con la Franeconomici e monetari sarà un socialista. E que- cia che ha il deficit al 3,9 per cento e che rischia
sta è una svolta.
una procedura d’infrazione
Il favorito: Pierre Moscovici Ansa l’anno prossimo) e, di conseNON ERA AFFATTO scontato
guenza, all’Eurogruppo uno tra
che dopo il liberale Olli Rehn,
Dijsselbloem e lo spagnolo Luis
diventato l’uomo simbolo degli
de Guindos, popolare ma ananni dell’austerità assoluta, arche lui espressione di un Paese
rivasse un più morbido sociaad alto debito.
lista. Angela Merkel spingeva
È questo incastro di poltrone
un altro finlandese, Jirki Kataiche permette all’Italia e a Matnen, che aveva prenotato la polteo Renzi di sperare che dietro
trona succedendo ora a Rehn
le fumose dichiarazioni di fles(eletto in Parlamento) nella
sibilità si possa intravedere
Commissione Barroso che va a
un’interpretazione morbida
scadenza a ottobre. Invece sordelle regole esistenti. Sul Corrie-
Q
re della Sera di ieri l’ex ministro per gli Affari
europei Enzo Moavero ha chiarito che nell’ultimo Consiglio europeo Renzi non ha ottenuto
nulla di concreto. E lo dimostra la dichiarazione
dell’Ecofin di ieri: i ministri dell’Unione “sostengono gli obiettivi della presidenza italiana per
rilanciare crescita e occupazione” e dunque uno
“sforzo comune per le riforme, in particolare
completando il mercato unico, implementando
più riforme strutturali e aumentando il potenziale di crescita”. Niente di nuovo, tanto che il
ministro Padoan, molto meno roboante di Renzi, spiega: “Abbiamo già del margini di flessibilità” nei trattati attuali e “abbiamo iniziato a
discutere di cosa significa e capire quali misure
dobbiamo prendere”. E, giusto per chiarire che le
regole non sono state archiviate, il commissario
Siim Kallas (reggente degli Affari economici nella transizione tra Rehn e Katainen) ribadisce a
beneficio del pubblico italiano: “Tutta la spesa
deve essere calcolata nel deficit, le spese non possono essere escluse dal calcolo del deficit”.
L’obiettivo minimo dell’Italia è evitare una procedura di infrazione per debito eccessivo e fare
una legge di stabilità in autunno che non preveda
stangate tra 2014 e 2015 (al momento qualche
intervento sembra inevitabile, anche soltanto
perché la crescita sarà molto più bassa di quanto
stimato dall’esecutivo, 0,2 invece che 0,8 nel
2014).
ne 2013, sono stati segnalati come rapporti in eventuale chiusura e sono attualmente sottoposti a relativa procedura”. Insomma la patata bollente sta lì.
Tra questi 359 conti ‘eventualmente’ da chiudere, con una
media giacenza che supera il
mezzo milione di euro. Tra
questi conti più sostanziosi si
trovano nomi sensibili: vip, politici e personaggi legati alla Curia romana. Personaggi ai quali
non è facile, nemmeno per il
nuovo corso vaticano, dire dalla
sera alla mattina: sloggiate.
Non basta. Oltre ai conti chiusi
e sotto esame ci sono altri duemila e 100 bloccati. “A oggi lo
IOR ha bloccato i conti di 1.329
clienti individuali e di 762 clienti istituzionali in attesa che vengano forniti tutti i dati richiesti”. Alla fine la cura dimagrante ha fatto calare solo del 5,9 per
cento i patrimoni gestiti dallo
IOR.
MILANO Bruti
riscriva Area Expo
occiata all’unanimità l’Area OmoB
genea Expo. Ieri il consiglio giudiziario di Milano (una sorta di piccolo
Csm locale di cui fanno parte magistrati e
avvocati eletti, oltre al presidente della
corte d’appello e al procuratore generale)
ha rimandato al procuratore delle Repubblica Edmondo Bruti Liberati, perché la
riscriva, la sua circolare che istituisce
l’Area Omogenea su tutte le indagini che
riguardano l’Expo, sottratte ai procuratori aggiunti (sostanzialmente all’aggiunto
Alfredo Robledo) e poste direttamente
sotto il suo coordinamento. Ora Bruti dovrà riformulare la sua proposta organizzativa. Intanto Robledo è intento a rifinire
il suo terzo esposto che invierà al Csm romano, contro la sua esclusione dalle indagini sul filone milanese dell’inchiesta
veneziana sul Mose.
Bruti nei giorni scorsi ha anche chiesto a
Robledo di “procedere a un riesame di vari aspetti dell’indagine” sui derivati piazzati al Comune di Milano da quattro banche estere: processo vinto da Robledo in
primo grado, ma poi perso in appello. Robledo risponde: è “un atto vagamente ritorsivo”.
8
È LA STAMPA, BELLEZZA
MERCOLEDÌ 9 LUGLIO 2014
R
oma, la procura
indaga sul concorso
di magistratura
LA PROCURA di Roma apre un’indagine sulle presunte irregolarità al
concorso di magistratura, avvenuto
tra il 25 e il 27 giugno scorso nella
Capitale. Al momento non ci sono
indagati e ipotesi di reato. Ma numerose sono le irregolarità denunciate dai candidati, riportate
nell’esposto in procura, e segnalate
nell’ interrogazione parlamentare di
cui è primo firmatario il senatore Aldo di Biagio: prima fra tutte il ritrovamento su un banco nel terzo padiglione di tre codici commentati, vidimati e timbrati dalla commissione
nonostante il regolamento ne vie-
il Fatto Quotidiano
tasse espressamente l’utilizzo.
Inoltre, sempre nel terzo padiglione,
sarebbe stata scoperta una candidata che aveva iniziato a scrivere sui
fogli protocollati lo schema di un tema sul giudizio di ottemperanza,
molto prima della dettatura della
traccia, malgrado la prova non fosse
cominciata ufficialmente e malgrado non fossero ancora presenti i
membri della Commissione.
Nei giorni scorsi anche il Codacons
aveva presentato un esposto sui 365
posti da magistrato in cui si evidenziano dubbi e presunte irregolarità
emerse durante le prove.
L’UNITÀ FRA UN MESE FALLISCE
“RENZI, ADESSO SALVACI TU”
APPELLO AL PREMIER E ALL’EDITORE FAGO: A RISCHIO 57 GIORNALISTI E 15 POLIGRAFICI
TRA DEBITI E PERDITE IL PASSIVO SUPERA I 30 MILIONI. E SPUNTA LA SANTANCHÈ
di Alessio
L
Schiesari
a crisi aziendale si è
trasformata in un
conto alla rovescia:
“Se entro fine mese
non arriva un’offerta seria per
rilevare il giornale, i liquidatori rimetteranno il mandato
e l’Unità fallirà”. La notizia –
già circolata nelle scorse settimane – è stata confermata
ieri da Bianca Di Giovanni e
dagli altri membri del comitato di redazione del quotidiano. La sede romana ha aperto
le porte agli altri giornali, ai
simpatizzanti, agli amici. È
l’ennesimo tentativo di attirare l’attenzione su una situazione che appare compromessa. In questi mesi ne sono stati
fatti tanti: lo sciopero delle firme (durato due mesi), cinque
giornate di sciopero vero e
proprio, l’hashtag (#iostoconlunita) e, ieri mattina, anche
un appello video rivolto “ai
due Mattei –, come spiegato
in apertura dall’art director
Loredana Toppi, – l’editore
Fago e il premier Renzi”.
A pochi mesi dal novantesimo
compleanno del giornale fondato da Antonio Gramsci,
cinquantasette giornalisti e 15
poligrafici rischiano di perdere il posto di lavoro. I conti del
giornale sono in rosso profondo: gli ultimi dati ufficiali risalgono al 2012, quando tra
perdite e debiti il passivo era
di 30 milioni di euro. E il buco, una volta che sarà approvato il bilancio del 2013, dovrebbe aggravarsi. C’è chi
prova a tirare fuori numeri
confortanti: “A 26 mila copie
raggiungiamo la parità di bilancio. Grazie agli inserti, negli ultimi mesi, siamo riusciti
ad attestarci a quota 23 mila”.
Il debito accumulato però pesa come un macigno sul futuro.
LO SCENARIO attuale ricorda
quanto accaduto quattordici
anni fa, quando un’altra grande crisi investì l’Unità (anche
allora il partito di riferimento,
i Ds, erano al governo). “Stessa
situazione drammatica e stesso mese, luglio”, spiega Di
Giovanni. Allora la crisi, che
comportò lo stop alle pubblicazioni per cinque mesi, si risolse a gennaio, quando il
quotidiano tornò in edicola
con una buona risposta dei lettori. Ma ora “le casse sono
quasi vuote”. Gli sforzi fatti
per rimettere in piedi il giornale sono stati affossati da una
gestione che il cdr definisce
“scellerata”: la penuria di investimenti, lo stop alla distribuzione nelle isole e in Calabria e una gestione opaca della
crisi (“Abbiamo appreso dei
cambi di proprietà dagli altri
giornali”). Sul banco degli imputati, più degli attuali proprietari, c’è Renato Soru, dal
2008 azionista quasi unico.
L’Unità doveva essere il trampolino da cui spiccare il volo
verso la segreteria nazionale,
invece un anno dopo perse le
elezioni Regionali in Sardegna
e la sua carriera politica ad alto
livello – e conseguentemente il
suo interesse per l’editoria –
finì lì.
IL RISCHIO è che, quando e se
qualcuno si farà avanti per rilevare i resti del giornale, lo
faccia solo per acquisire il
brand, e sfrutti l’eventuale fallimento per alleggerire oltremodo la redazione: “Sarebbe
uno speculatore, non un salvatore”, attacca il cdr.
Già, il brand. Venti giorni fa,
Renzi ha deciso di tornare
all’antico: gli appuntamenti
estivi del Pd tornano a chiamarsi Feste dell’Unità. “Un
paradosso, se prima farà la festa all’Unità”, è il commento
dei giornalisti. E proprio il
premier, assieme a tutto il Partito democratico, è stato il vero convitato di pietra dell’incontro di ieri mattina. Erano
stati invitati in tanti, a partire
dal sottosegretario all’editoria
Luca Lotti. Non si è presentato
nessuno “a causa di un voto in
Parlamento”, era la giustificazione un po’ imbarazzata che
circolava tra i redattori. In un
giorno così importante dal
partito sono arrivati solo sms.
In tanti hanno ringraziato
Renzi per “le belle parole”, un
modo per sottolineare che non
stanno seguendo impegni
concreti. Una speranza si è
riaccesa nel pomeriggio,
quando è intervenuto il tesoriere del Pd, Francesco Bonifazi: “Non rimaniamo indifferenti. Il Pd intende continuare
ad impegnarsi con forza al fine
di individuare un percorso
condiviso da tutti che consenta di giungere ad una soluzione positiva”. Un impegno un
po’ vago, cui però il cdr del
PD LATITANTE
La redazione aveva
fatto tanti inviti
sollecitando pure
il sottosegretario
all’editoria Lotti
Non è andato nessuno
giornale prova ad aggrapparsi:
“Speriamo queste parole siano
il preludio alla ricerca di un
imprenditore vicino al Partito
democratico”. Tutt’altra reazione è stata riservata alla notizia
dell’interessamento
all’acquisto della testata di Daniela Santanché. “È vero, un
contatto c’è stato”, ammette il
cdr, che però in un nota rimanda al mittente l’offerta: “Si
tratta di un’ipotesi che non
avrà alcun futuro. La sola idea
che questa testata possa andare a finire nelle mani di una
esponente di Forza Italia è incompatibile con la storia del
giornale e quindi con la sua
valorizzazione”. Al telefono,
un membro del cdr rincara la
dose: “Santanché sta solo cercando un modo per farsi pubblicità. Abbiamo risposto in
tre righe, perché questa roba
di più non merita”.
C’è anche chi punta il dito
contro “il partner politico
principale”, cioé il Pd. Beppe
Sebaste, firma storica del giornale denuncia “i veri affossatori del giornale, quelli che
dalla direzione di Furio Colombo in poi hanno fatto stalking politico” al giornale. Cioè
gli stessi che, ieri mattina, non
si sono fatti vedere.
IL VIDEO APPELLO
La redazione
dell’Unità. Sotto, i giornalisti che hanno chiesto aiuto
con un video appello pubblicato sulla pagina web Eidon
FORZA ITALIA
Le tre muse del Calippato di B.
re donne per il crepuscolo renziaT
no del Condannato. La Fidanzata,
la Pitonessa, la Badante. Francesca Pa-
l’imprenditrice Santanchè, editore tra
l’altro di Ciak, sta monitorando i conti
del quotidiano e la trattativa sarebbe
già uscita dai semplici contatti telefonici. Che cosa c’è di scritto e quali sono
le reali sponde politiche dell’operazione? Per saperlo non bisognerà aspettare molto. La data limite dell’operazione è la fine di luglio e solo allora,
raccontano, si potrà conoscere l’eventuale cifra offerta.
stata anche l’unica, di fatto, a criticare la
sceneggiata napoletana di Pascale
all’Arcigay: “È un segnale personale e
una scelta individuale. Io non mi iscriscale, Daniela Santanchè, Mariarosaria
verei all’Arcigay perché è come se doRossi. Con la prima e la terza, pilastri
vessi iscrivermi alla Fiom o alla Cgil per
del bunker magico di B., coalizzate
difendere i lavoratori o come se dovessi
contro la seconda. È il Calippato di Siliscrivermi a Magistratura democratica
vio, dall’immortale Calippo leccato
ambiguamente da Pascale in Telecafoper avere una giustizia libera. Ma ognune, trasmissione partenopea. Le tre
no è libero. La mia non è una critica”.
muse berlusconiane danno il ritmo allo
La dichiarazione di Santanché poteva
spartito azzurro quotidianamente. Che
aprire la strada agli altri numerosi mal
giorno ieri: la Fidanzata che nella natìa A QUALCHE amico che le ha riassunto di pancia azzurri per la svolta pascaliaNapoli concretizza la tanto strombaz- le enormi difficoltà della trattativa, na, ma non è successo. Questo però non
zata iscrizione all’Arcigay, la Pitonessa “Daniela non ti faranno mai prendere esclude che possa avvenire nei prossimi
che inizia un clamoroso arrembaggio quel giornale”, lei avrebbe risposto così: giorni. I nemici del cerchio magico riall’Unità, quotidiano fondato da Anto- “Io faccio l’imprenditrice e non mi so- velano che il Condannato avrebbe conio Gramsci, la Badante che annuncia gnerei mai di cambiare il target del pro- minciato a provare fastidio per le uscite
tre cene da mille euro a cranio per ar- dotto. Eppoi non vedo in giro tanti im- della sua Fidanzata modello Evita Peginare il profondo rosso delle casse di prenditori di sinistra che vogliono sal- rón e di conseguenza profetizzano claForza Italia.
vare il giornale fondato da Antonio morosi eventi entro l’estate. Un altro
A rivelare l’interessamento di Santan- Gramsci”. Non solo. La Pitonessa, ieri, è terremoto nella telenovela privata
chè per l’Unità è stato il sodell’ex Cavaliere, che
lito Dagospia. Poi l’Huffinmagari ripudia politicagton Post ha sviluppato il temente la Fidanzata?
FAIDA ROSA
ma e ha insinuato un inFantapolitica o realtà?
quietante scenario inciuceIn ogni caso la guerra
L’obiettivo di Francesca
sco: dietro la pasionaria aztra clan nella Salò berzurra, compagna di Aleslusconiana non è destie Mariarosaria:
sandro Sallusti, direttore
nata a placarsi. E stasera
escludere la Pitonessa
del Giornale, ci sarebbe il soandrà in scena il primo
lido asse tra il premier Mataudace colpo della bandal cerchio magico
teo Renzi e lo sherpa berluda dei quattro del cersconiano per le riforme, Dechio magico, Pascale e
E stasera cena a Roma
nis Verdini. Veleni, illazioRossi, Dudù e Toti. Osper raccogliere fondi
Daniela Santanchè Ansa sia la gigantesca cena
ni? Quello che è certo è che
organizzata a Roma, in una villa storica
alle pendici di Monte Mario, la Casina
di Macchia Madama, per raccogliere
fondi per il partito. A occuparsi di tutto
Mariarosaria Rossi, la Badante tuttofare
dell’ex Cavaliere. La donna che ha spodestato Santanchè nella ricerca dei soldi. Chissà perché. Cinquanta tavoli da
dieci posti per un totale di cinquecento
commensali a mille euro ciascuno.
Si comincerà che il sole ancora non sarà
tramontato: alle diciannove e trenta.
Un orario insolito per i ritmi estivi della
Capitale ma gli obblighi del Condannato ai servizi sociali non ammettono
deroghe e ritardi. E quindi tutti a tavola
all’ora dell’aperitivo. Tantissimi i parlamentari (tranne Santanchè) che si sono impegnati sulla parola a coinvolgere
almeno nove finanziatori a testa, per un
incasso teorico di 500mila euro. Una
catena che dovrebbe assicurare, appunto, cinquecento partecipanti smaniosi
di sorbirsi le barzellette e gli sfoghi
dell’anziano leader del centrodestra.
Altre due cene sono poi in programma
il 30 luglio, sempre a Roma, e il 24 settembre, stavolta a Milano. Da poco tesoriere di Forza Italia, la Badante Rossi è
un’altra portatrice sana di conflitto
d’interessi. Le sue aziende si occupano
di recupero crediti e indagini di mercato. Un profilo ideale per la crisi irreversibile del centrodestra berlusconiano.
fd’e
È LA STAMPA, BELLEZZA MERCOLEDÌ 9 LUGLIO 2014
il Fatto Quotidiano
M
are Nostrum,
1350 migranti
arrivano a Taranto
È ARRIVATA IERI al molo San Cataldo del porto di Taranto la nave
Etna della Marina militare con a bordo circa 1350 migranti salvati nel
Mediterraneo nell’ambito dell’operazione ‘Mare Nostrum’. A bordo
anche un centinaio di minorenni,
“molti dei quali non accompagnati”,
riferisce all’Adnkronos il sindaco del
capoluogo jonico Ippazio Stefano,
pediatra, che ha visitato alcuni di loro. C’era persino una bimba di quattro giorni. Sull’assistenza fornita ai
migranti il sindaco non ha sollevato
polemiche, anzi: “Sulla nave militare
ci sono medici bravi e molto pre-
9
parati e una ostetrica che ha assistito diverse
donne in attesa. La macchina di accoglienza a
terra e di intervento sanitario non ha avuto sbavature”, prosegue. L’ennesima emergenza ha
sollecitato un coordinamento fra prefettura e
associazioni di volontariato. Il consiglio regionale ha tenuto una riunione sull’emergenza
profughi”.
Precari contro sindacato
“Svenduti agli editori”
“ASSALTO” DEI FREELANCE NELLA SEDE DELLA FNSI: “ALTRO CHE EQUO COMPENSO,
IL SEGRETARIO SIDDI SE NE DEVE ANDARE”. LUI REPLICA: “RESTO AL MIO POSTO”
di Chiara
I
L’ILLUMINAZIONE
Pascale pro gay:
“Le battute di Silvio?
Non mi fanno ridere”
LA NUOVA PALADINA DEGLI OMOSESSUALI
PRENDE LE TESSERE DI DUE ASSOCIAZIONI
Daina
eri un centinaio di giornalisti precari hanno
chiesto le dimissioni
immediate del segretario della Federazione nazionale della stampa (Fnsi), Franco
Siddi e di tutti i componenti
della giunta esecutiva per aver
siglato, assieme alla Fieg (gli
editori) e Ordine dei giornalisti, una legge sull’equo compenso che prevede 250 euro
lordi al mese. Davanti alla sede della Fnsi, in Corso Vittorio Emanuele a Roma, la tensione era scolpita sui volti e la
rabbia si leggeva negli occhi.
Freelance sottopagati, cassintegrati e disoccupati agitavano
cartelli con su scritto: “Nessun
giornalista è libero con 20 euro al pezzo!”, oppure “Il giornalismo non è un hobby” e “Il
giornalista non è uno schiavo”. Poi una delegazione di
manifestanti ha fatto irruzione nel palazzo ed è scoppiato
un putiferio. Sono volati spintoni e Ciro Pellegrino, giornalista di Fanpage, promotore
della protesta, si è portato a
casa un livido sul braccio sinistro. “Non puoi parlare, tu
hai un contratto, non sei un
precario”: ha rinfacciato il se-
Il segretario Fnsi Franco Siddi e il giornalista Ciro Pellegrino LaPresse
gretario Fnsi al giornalista durante lo scontro. “Ho fatto tre
anni di cassa integrazione, un
anno da disoccupato e oggi difendo la mia professione” replica Pellegrino. Siddi difende
il contratto: “Non sono uno
RICORSO AL TAR
L’Ordine rincara la dose:
“Avevamo proposto
60 euro lordi a pezzo
poi ci sono stati
accordi sottobanco
con gli editori”
stipendio 250 euro, ma un minimo che l’editore per la prima volta deve riconoscere a
chi scrive almeno 12 articoli al
mese da 1600 battute. Alcuni
giornali oggi per la stessa lunghezza pagano appena 5 euro”. Per chi scrive sul web?
“Denari non ce ne sono!”
sbotta il segretario, che alla fine assicura: “Io di certo non
mi dimetto. Fra quattro mesi
scadrà il mandato e allora sarò
lieto di cedere la palla a qualcun altro”.
A giochi fatti l’Ordine dei
giornalisti tenta di prendere le
distanze dall’“iniquo compenso” - così l’hanno ribattezzato
i precari- e decide con la maggioranza dei voti (55 favore-
voli, 27 astenuti e uno contrario) di ricorrere al Tar. “A
dicembre avevamo proposto
60 euro lordi a pezzo ma poi la
Fieg e il sindacato hanno fatto
accordi sottobanco” si sfoga
Pietro Eremita del Consiglio
nazionale dell’Ordine. “È un
contratto bidone, è un regalo
agli editori, il sindacato ha legalizzato lo sfruttamento” gridano in coro i freelance di tutte le età. “Non è solo una lotta
di categoria - spiega Valeria
Calicchio, 33 anni, un lavoro
negli uffici stampa visto che
coi giornali non ci campava -,
qui c’è in ballo la qualità
dell’informazione e la democrazia del nostro Paese”. Mariella Magazu, 38 anni, del
Coordinamento giornalisti
precari e freelance di Roma
mette in guardia da un altro
problema: “Se un freelance costa così poco, l’editore sarà invogliato a fare meno contratti,
mettendo a rischio chi oggi è
assunto con articolo 1 e 2”. In
tanti, per sbarcare il lunario,
sono costretti a un secondo lavoro: “Non ho sabati, né domeniche libere - confida uno
dei precari - lavoro sempre: di
giorno faccio il giornalista, di
notte sistemo gli scaffali al supermercato”.
COSE CALABRESI
di Andrea Postiglione
Napoli
na tessera di Gaylib, associazione di centrodestra, e una di
U
Arcigay, storicamente vicina alla sinistra. La svolta sui diritti Lgbt di Francesca Pascale, compagna dell’ex premier Silvio
Berlusconi, è bipartisan, così da non scontentare nessuno. E passa da Napoli, dove ieri sera la fondatrice del fu comitato “Silvio ci
manchi” ha ricevuto le tessere delle due associazioni in difesa dei
diritti dei gay davanti a decine di curiosi e altrettanti giornalisti.
Accanto a lei Antonello Sannino, presidente Arcigay Napoli,
Daniele Priori, presidente di Gaylib, e Alessandro Cecchi Paone,
lui sì paladino da tempo dei diritti degli omosessuali in Italia.
“Non è una iniziativa politica, né voglio cominciare così la campagna elettorale – ha esordito la Pascale – Anzi, se dovessi mai
candidarmi in futuro, venite a prendermi a casa e menatemi.
Quella dei diritti Lgbt è una battaglia civile e umana e la mia è una
scelta personale”. Poi, dopo aver indossato una maglia arcobaleno con la scritta “Siamo
tutti sotto lo stesso cielo”
(“L’ha disegnata lei!”, sottolinea Cecchi Paone), assicura che anche il suo compagno è sulla stessa linea d’onda: “Per me non è stato necessario convincerlo sulla
necessità di riconoscere gli
stessi diritti alle coppie
omosessuali, lui è sempre
stato convinto. Magari le larghe intese in Parlamento le faranno
pure su questo tema”. E le sue storiche battute sui gay? “Sono
battute, goliardiche che non hanno niente a che vedere con le
sensazioni personali e l’azione politica. E comunque, non mi
hanno fatto ridere”. “A noi l’appartenenza politica in questo momento poco importa – taglia corto Antonello Sannino, presidente dell’Arcigay Napoli – vogliamo essere cinici e lasciare da
parte l’ideologia. Ora a noi servono quelle leggi sull’uguaglianza
e siamo pronti ad averle da tutti i partiti. L’importante è il risultato”. Ma non tutti la pensano così. In molti hanno criticato la
scelta di far tesserare la Pascale: chi sui social network e chi, come
Carlo Cremona, presidente dell’associazione I-Ken, organizzando una petizione sul web per boicottare l’evento.
Reggio, le primarie di famiglia
di Enrico
Fierro
uindicimila elettori alle primarie,
un risultato che neppure nel Pd si
Q
aspettavano. Una partecipazione altis-
sima. Come alte sono ora le polemiche
sul voto che domenica scorsa ha impegnato militanti del Pd e semplici cittadini nella scelta del candidato a sindaco per le prossime elezioni di Reggio
Calabria. In campo due giovani, due figli di ex sindaci della città, Giuseppe
Falcomatà e Mimmo Battaglia. Il primo
è pronto a raccogliere l'eredità del padre
Italo, certamente il sindaco più amato
dai reggini, il secondo è l'erede di Pietro
Battaglia, che fu primo cittadino ai tempi della Rivolta di Reggio.
ha giustamente festeggiato ma senza fare
una telefonata a Battaglia, e alla domanda sulla presenza in lista del suo diretto
competitor ha glissato. Se ne parlerà al
momento opportuno.
POLEMICHE che non offuscano il risultato delle primarie, soprattutto per l'alta
partecipazione. Un dato che fa ben sperare il centrosinistra. In città il centrodestra è in crisi, ancora sotto choc per lo
scioglimento del Comune e il commissariamento per mafia. Uno schiaffo pesante al sistema di potere di Peppe Scopelliti e dei suoi. Il governatore della Calabria, condannato per il caso Fallara e il
buco alle casse del Comune di Reggio ai
tempi della sua sindacatura, costretto alle dimissioni e bocciato dagli elettori alle
DUE FIGURE contrapposte, due epoche scorse elezioni europee, cerca la rivindiverse, due figli che domenica si sono cita. Rilanciare la città, ripartire da zero,
battuti per contendere al centrodestra la sono questi i primi obiettivi del giovane
poltrona più importante di
Falcomatà. Il suo
Palazzo San Giorgio. Ha vinvolto e la storia di
to Giuseppe Falcomatà, avvosuo padre sono
cato e già consigliere comul'immagine
del
nale del Pd con 6258 voti,
rinnovamento, diduecento in più del suo avscorso difficile in
versario Mimmo Battaglia.
una città dove i
Che ora denuncia il clima vipoteri si intrecciaziato delle primarie e le acno e gli interessi
cuse rivoltegli dal suo avversono spesso biparsario durante le elezioni sultisan. Vinte le pril'appoggio di settori del cenmarie, Giuseppe
trodestra alla sua candidatuFalcomatà dovrà
Giuseppe Falcomatà Facebook ora fare i conti con
ra. Dopo la vittoria Falcomatà
i vari potentati interni al Pd e alla coalizione di centrosinistra, rinnovare liste
e smontare posizioni consolidate. Il cognome Falcomatà suscita ancora speranze in tanta parte dei reggini, il papà
Italo fu sindaco nel periodo più buio
della città. Reggio era scossa dalla tangentopoli che cancellò la classe politica
democristiana, i fondi del decreto bloccati per le divisioni interne ai potentati
politici, la guerra di mafia lasciava decine di morti a terra, eppure la gestione
Falcomatà fu subito definita "Primavera
di Reggio".
Altra storia quella di Pietro Battaglia, il
papà di Mimmo, il candidato sconfitto
alle primarie. Eletto sindaco nel 1966 a
36 anni, Battaglia, democristiano della
sinistra del partito, viene ricordato come
il sindaco della Rivolta di Reggio. Siamo
agli albori degli anni Settanta e la città è
in subbuglio per la scelta di Catanzaro
come capoluogo e sede della Regione.
Uno schiaffo che Pietro Battaglia contestò duramente nel famoso “Rapporto
alla città” nel quale si scagiò contro “la
mafia del potere e le scelte verticistiche
dei poteri romani”. La rivolta poi passò
nelle mani dell’estrema destra, e furono
barricate e morti. Altri tempi, altri periodi storici. Ora è il momento dei figli e
soprattutto del giovane vincitore Falcomatà che in autunno dovrà affrontare la
battaglia più difficile, trionfare nelle elezioni in una città che alle scorse comunali ha dato il 70% al centrodestra.
10
UN GIORNO IN ITALIA
MERCOLEDÌ 9 LUGLIO 2014
Cal oncordia,
i tecnici
lavoro sott’acqua
per spostare la nave
LE MANOVRE per spostare la Costa Concordia e
condurla al porto di Genova, dove sarà smantellata, vanno avanti. Anche se dall’esterno non si
può vedere nulla e la carcassa d’acciaio giace immobile ai piedi dell’isola, sott’acqua si sta giocando la partita decisiva per la riuscita dell’operazione. Più di 300 tecnici sono impegnati nei test
sulle maxi-zavorre galleggianti che formano la
cintura del relitto. I cassoni ora sono pieni di acqua, ma da lunedì – meteo permettendo – dovranno essere svuotati e riempiti d’aria. In tutto
sono 30; 15 per lato. L’aria vi viene pompata con
compressori a una forza di molte atmosfere e l’acqua esce. L’operazione dovrebbe permettere alla
nave di galleggiare, rialzandosi di circa 12 metri e
lasciando sotto il livello dell’acqua circa 18 metri.
Baby squillo, preso
il fotografo dei vip
CAPITALE NERA
Omicidio Fanella,
un altro sequestro
e tre arresti
NUOVO FILONE DELL’INCHIESTA, ARRESTATO FURIO FUSCO
STAVOLTA LE MINORENNI COINVOLTE SONO 50. ROMA TREMA
di Rita
B
TRA I FERMATI C’È ROBERTO MACORI, FEDELISSIMO
DI MOKBEL COINVOLTO NELLA TRUFFA A FASTWEB
l primo a finire in manette, dopo il tentativo di sequestro
I
finito nel sangue alla Camilluccia, è Roberto Macori, ex
fedelissimo di Gennaro Mokbel, l’uomo che in Germania
SCAMBI ONLINE
Di Giovacchino
Roma
aby squillo, atto
secondo.
L’eco
dello
scandalo,
che per mesi ha
scosso la Roma bene per la
vicenda delle due ragazzine
che si prostituivano ai Parioli,
si è appena attutito ed ecco
che ne esplode un secondo di
dimensioni ancora maggiori.
I carabinieri hanno bussato
ieri mattina allo studio di
piazza Bologna di Furio Fusco, il fotografo dei vip notissimo nel mondo della moda e dello spettacolo, e lo hanno arrestato con accuse di
adescamento di minori, pornografia minorile aggravata e
prostituzione in danno di decine di minorenni. Tutte tra i
14 e i 17 anni, ragazzine attratte dai vestiti griffati, dalle
borsette Gucci, dalla speranza
di trovare un lavoro facile che
procuri in fretta molti soldi.
EPPURE appartengono a fa-
miglie agiate, frequentano i
migliori licei di Roma, abitano nei quartieri eleganti di
Roma Nord. Cosa sta succedendo? Anche le pm, Maria
Monteleone e Cristina Macchiusi, sono le stesse delle baby squillo e questa inchiesta
può considerarsi una costola
della prima perché sulle tracce
del fotografo si è arrivati attraverso le testimonianze di
alcune amiche delle due quattordicenni dei Parioli. Ieri sono state sentite come testimoni le prime ragazzine già identificate, finora una decina, ma
il numero è destinato a cre-
Foto e video hard
venivano diffusi
su internet all’insaputa
delle ragazzine Ansa
scere a dismisura. Dalla perquisizione compiuta nello
studio Fusco sono emerse
centinaia di foto compromettenti, ma anche in numero
minore filmini pornografici,
oltre a una collezione di sex
toys. È immenso il materiale
digitale trovato, si parla di migliaia e migliaia di scatti.
Quelli hard sono raccolti in
un dischetto che il fotografo
mostravo soltanto alle ragazze
più disponibili. A conti fatti
sono almeno 50 le ragazzine
che avrebbero accettato di farsi fotografare completamente
nude, di queste un terzo
FAMIGLIE AGIATE
Le ragazzine hanno
tutte tra i 14 e i 17 anni
Adescate su Facebook
o Bacheca promettendo
vestiti e soldi facili
“Genitori ignari di tutto”
avrebbe partecipato a filmini
pornografici che le rendeva
oggetto spesso inconsapevole
di scambi su internet di materiale sessualmente esplicito.
Dal capo di imputazione appare chiaro che il fotografo
era il primo ad abusare di loro
il Fatto Quotidiano
promettendo benefici; dalle
testimonianze emerge un
quadro pesantissimo sul ruolo
di Fusco che usava adescarle
su Facebook o attraverso l’ormai notissima Bakeca incontri.
Molestie e pressioni psicologiche, palpeggiamenti e ricatti. C’è di tutto nella testimonianze delle “ragazze di Furio
Fusco”, come venivano definite in alcuni servizi su Internet.
ELENA (il nome è di fantasia)
avrebbe già raccontato ai carabinieri le tecniche con cui
venivano convinte le più timide o titubanti. “Non sai
quante ragazze mi chiedono
cose porche per arrivare da
qualche parte”, diceva Fusco.
E ancora: “Non essere in ansia, anche le tue amiche hanno
fatto foto così”. Basti dire che
la maggior parte delle ragazze
fotografate è nata a cavallo del
nuovo millennio. “Lui le toccava tutte fin dal primo incontro”, dice un’altra. I genitori? “Non sanno niente”. Nel
quadrilatero che va da via Tagliamento a corso Trieste ci
sono almeno tre agenzie che
selezionano ragazze molto
giovani contese a colpi di casting, servizi fotografici e promesse di successo. Che spesso
non arriva e allora si bussava
allo studio di piazza Bologna
dove Fusco era capace di consolarle: “Ma sei bellissima, devi imparare soltanto a essere
più sexy”.
conquistò i voti per il senatore Di Girolamo bussando porta
a porta alle case degli immigrati. Poi qualcosa si è rotto tra
i due. Soldi mal spesi, investimenti falliti, contrasti sulla
spartizione del “cucuzzaro”. Macori, detto anche il Capoccione, non è stato arrestato per l’uccisione di Silvio
Fanella ma per un precedente tentativo di sequestro, anche
questo fallito, sempre ai danni del “pupillo” (Fanella, ndr),
che risale al 29 agosto 2012. Insieme a Macori sono stati
arrestati per lo stesso episodio anche Aniello Barbetta e
Giovanni Plastino, quest’ultimo già in prigione per altri
reati. Il sequestro del 2012 era stato studiato nei minimi
dettagli, Macori lo aveva
progettato nel carcere di
Frosinone con l’appoggio
del clan Cassotta. In dieci
erano saliti a Roma e si
erano appostati attorno al
bar, sotto casa della madre di Fanella. L’azione
fallì perché il brocker quel
giorno uscì dal garage
con la Bmw e non con la
moto come era solito.
Quel che stupisce è che L’omicidio della Camilluccia Ansa
l’inchiesta dei carabinieri
di Potenza, durata quasi due anni e approdata a Roma lo
scorso dicembre, conteneva molte informazioni sullo caccia al tesoro scomparso e sul luogo dove poteva essere
detenuto: una villetta fuori Roma dove poi è stato in effetti
recuperato, a Pofi, nella casa della madre di Fanella. All’origine della rottura tra Mokbel e Macori ha pesato soprattutto l’affare fallito della Digint, la società di Finmeccanica
che Lorenzo Cola fece pagare al faccendiere sette milioni di
euro, praticamente un terzo dei proventi della truffa alla
Fastweb-Telecom Sparkle, mai più rientrati. Vicenda per la
quale Mokbel è stato assolto la scorsa settimana. Ma anche
l’elezione di Di Girolamo era costata troppo, soldi finiti
nelle casse del clan Arena della ‘ndragheta. Macori è dietro
anche il secondo tentativo di sequestro finito nel sangue?
Troppo presto per dirlo, anche se le modalità sono le stesse:
anche nel 2012 i rapitori avevano portato con sé fascette per
immobilizzare l’ostaggio e usato tesserini della Finanza.
Interrogato ieri Giovanni Battista Ceniti, l’attivista di Casa
Pound ferito nella colluttazione con Fanella, ha detto:
“Non sono stato io a sparare, non ero armato”. Per ora resta
agli arresti con l’accusa di omicidio.
Rdg
Oppido, l’oro dei boss e il cadavere ai maiali
PORTÒ LA VARA DELLA MADONNA IN PROCESSIONE, POI FU ARRESTATO PER AVER DATO IN PASTO AI PORCI UN UOMO
di Lucio
Musolino
Oppido Mamertina
oro dei boss va alla Madonna e chi lo
L’
tocca muore. Il confine tra ’ndrangheta e
Chiesa a Oppido Mamertina non esiste. In
questo pezzo di Calabria, sperduto tra le campagne della Piana di Gioia, l’uomo d’onore è
anche un uomo devoto. Un filo rosso lega i
clan sanguinari della provincia di Reggio
all’ipocrisia di alcune tonache che fanno finta
di non vedere chi porta in spalla la statua della
Madonna delle Grazie.
LE POLEMICHE nate dopo l’inchino della vara
davanti alla casa del boss Giuseppe Mazzagatti
sono solo l’ultimo esempio, forse il più banale,
di questo rapporto perverso. Il comandante
della stazione dei carabinieri Andrea Marino
ha fatto saltare un tappo di una situazione
esplosiva che si trascinava da anni. Il militare,
che ieri ha ricevuto i vertici dell’Arma giunti a
Oppido per complimentarsi con lui, ha addirittura tentato di non arrivare a gesti ecla-
tanti avvertendo il parroco don Benedetto Ru- sessantina. Tutti i portatori della vara. Ancora
stico, i portatori della vara e l’amministrazione non ci sono indagati. Sono in corso gli accomunale di non fare girare la statua in di- certamenti e presto una decina di loro porezione dell’anziano padrino. L’inchino c’è trebbero essere iscritti nel registro della Distato lo stesso. Il sindaco, Domenico Gian- rezione distrettuale antimafia.
netta, sarebbe stato informato in anticipo dal Tra questi anche alcuni soggetti imparentati
maresciallo che, da lì a poco, avrebbe abban- con gli uomini della cosca. Come Francesco
donato la processione invitandolo a defilarsi. Bonina, fratello di Rocco Bonina arrestato
“Non posso farlo – sarebbe stata la risposta del nell’operazione “Erinni”. Non è il solo. Molti
primo cittadino, tessera del Nuovo Centro- dei sessanta portatori della vara hanno precedenti penali. Alcuni per madestra – Come faccio ad allontanarmi?”. Il carabiniere
fia altri per reati minori. I più
devoti però quest’anno non
non ha battuto ciglio. Ha lasciato la processione dando
c’erano. Sono in carcere perché arrestati nel novembre
l’ordine ai suoi uomini di filmare cosa stava succedendo.
scorso. Erano i figli e i nipoti
La Madonna ha omaggiato la
del boss omaggiato dalla Ma’ndrangheta come è sempre
donna. Negli anni scorsi, inavvenuto.
fatti, tra i portatori della vara
c’erano Francesco e Giuseppe
Ci sono tre pagine sulla scrivania del procuratore di RegMazzagatti. Ma anche Frangio Calabria Federico Cafiero
cesco Raccosta, dato in pasto
De Raho. In due di queste c’è
ai maiali, dopo i contrasti con
La vara di Oppido Ansa la famiglia mafiosa di Oppido
un elenco di nomi, circa una
Mamertina. Sotto la statua della Madonna, prima di essere arrestati, c’erano pure i suoi carnefici, Pasquale Rustico (cugino del parroco) e
Simone Pepe. Quest’ultimo, dopo aver massacrato Raccosta a sprangate, ancora morente
lo ha fatto divorare da una scrofa di oltre 200
chili.
PROPRIO NELLE PIEGHE dell’inchiesta Erinni,
la “devozione” del clan alla Madonna si percepisce con tutta la sua crudezza. È lo stesso
Simone Pepe che spiega cosa è successo ai ladri
che, una volta, si sono intrufolati nella chiesa di
don Benedetto Rustico: “Calcola che a questa
Madonna delle Grazie gli hanno rubato l’oro.
Calcola che alla Madonna delle Grazie gli avevo dato l’oro mio quando ho fatto il voto no?
Tutti quelli che gli hanno rubato l’oro, erano in
tre, sono morti tutti, ammazzati”. L’ordine era
del suo patrigno Domenico Bonarrigo che gli
disse: “Vediamo chi cazzo è stato, ammazziamolo e ce lo leviamo dal cazzo”.
L’oro dei boss va alla Madonna e chi lo tocca
muore.
9 LUGLIO 2014
PROJECT
FINANCING
il FATTO
ECONOMICO
» Il grande favore fatto
ai privati: lo Stato mette
1,9 miliardi, regala la
concessione per 49 anni
e copre i rischi d’impresa
11
ENTUSIASMO
SOSPETTO
UN VERO
DREAM TEAM
» La Orte-Mestre è
guidata da Giovanni
Berneschi (agli arresti)
e dall’ex piduista
Gioacchino Albanese
» Minutillo: “I politici
si giustificheranno
dicendo che il loro unico
interesse è fare l’opera.
Lo dicono sempre”
LARGHE INTESE SUGLI AFFARI Nei verbali di Venezia
ombre sulla grande opera da 10 miliardi con cui
Bonsignore (Ncd) ha messo d’accordo destra e sinistra
DAL MOSE A ROMA
IL FANTASMA
DELL’AUTOSTRADA
ORTE-MESTRE
PRIORITÀ
Perché non
parliamo
di Singapore?
di Giorgio Meletti
di Stefano Feltri
n fantasma si aggira per l’inchiesta sul Mose: è l’affare della nuova autostrada Orte-Mestre, nota anche come Nuova
Romea. Costerà quasi dieci
miliardi di euro, e dagli interrogatori si capisce che è il vero affare che calamita
le attenzioni. Claudia Minutillo, ex segretaria del
governatore veneto Giancarlo Galan, passata come manager al gruppo Mantovani, racconta che il
suo nuovo capo, Piergiorgio Baita, non pensava ad
altro. Quando li arrestano, nella primavera 2013,
non c’è ancora il sospirato via libera del governo,
che arriverà l’8 novembre 2013, in una riunione
del Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) presieduta dal premier
Enrico Letta. Il 24 aprile 2012 Minutillo chiama
Baita per parlare della riunione Cipe di tre giorni
dopo. Sintesi giudiziaria della chiamata: “Baita
voleva sapere se ci fosse la Romea e comunque
chiederà ad Albanese... omissis...”.
LA VUOTA NOIA della tv d’estate a volte
riserva momenti indimenticabili. Rai3,
Agorà: nel salotto della politica mattutina
entra Piero Angela, deve promuovere la
nuova edizione di SuperQuark. La conduttrice prova a chiedere l’opinione dell’86enne giornalista sul tema del giorno, le solite
grandi riforme istituzionali. Beppe Grillo e
il Pd dialogano davvero? Che succede se
slitta l’incontro sulla riforma del Senato? A
86 anni Piero Angela, pianista jazz, cronista, divulgatore, autore di best seller, unico
campione del giornalismo scientifico (che
i colleghi italiani snobbano più attratti dai
fumi della politica), può permettersi di
ostentare un fastidio che di solito gli ospiti
dei talk show nascondono. E risponde:
“Non capisco perché parliamo di queste
cose. Dovremmo parlare di Singapore”.
Sguardo di terrore della conduttrice che
non trova l’argomento in scaletta. Approfittando dello sconcerto in studio, Piero
Angela riassume il contenuto di un servizio che ha trasmesso a SuperQuark: Singapore è una nazione (autoritaria) grande la
metà di Roma ma ha un Pil di 340 miliardi
di dollari, più di Finlandia e Nuova Zelanda,
cresce del 4 per cento all’anno. Non ha risorse naturali e conta soltanto sul capitale
umano, cioè sulle persone che riesce ad
attirare. All’inizio dello scorso decennio,
temendo la competizione di India e Corea
su elettronica e ingegneria di precisione, il
governo di Singapore decide di puntare
sulle biotecnologie. Oggi ci sono 6 ricercatori ogni 1000 abitanti, più del triplo che in
Italia (e se conoscete qualche italiano abbastanza bravo da avere un’opportunità a
Singapore, saprete anche che gli stipendi
non sono neppure confrontabili). Gli investimenti solo per la ricerca sono di 9 miliardi tra 2011 e 2015. Ovviamente nel salotto di Agorà, superato lo sconcerto, il dibattito torna subito sulle mosse tattiche di
Augusto Minzolini e Corradino Mineo, sulla percentuale dei senatori da eleggere e
altre amenità. Nessuno rimprovera Piero
Angela solo per rispetto alla sua carriera.
Con l’estate anche chi viaggia soltanto per
turismo si rende conto che tutto il mondo
si muove e pensa a organizzarsi un futuro,
tutto tranne l’Italia. Qui ci raccontiamo
che il nostro modo per stare nella competizione globale è tutelare le tradizioni (il
made in Italy, bassa tecnologia e marchi facilmente imitabili), che si può vivere di turismo e lardo di Colonnata. Le uniche volte
che si discute di istruzione nel dibattito
pubblico gli argomenti sono solo due: i tagli ai fondi e la riduzione di quelle minime
soglie meritocratiche che, un po’ per caso,
ancora resistono (i test d’ingresso all’università, le bocciature, la valutazione dei
professori con criteri oggettivi, bibliometrici). Il governo Renzi quando parla di
scuole si riferisce agli edifici, mai ai programmi. Ma forse è giusto così. Perché se
davvero parlassimo di più di Singapore,
come suggerisce Piero Angela, saremmo
sopraffatti dal pessimismo.
U
TUTTI D’ACCORDO
In alto e in senso orario
Giovanni Berneschi, Pietro
Lunardi, Vasco Errani
Maurizio Lupi, Piergiorgio
Baita e Vito Bonsignore
Ansa, Dlm
BISOGNA TIRARE IL FILO per vedere dove porta.
Gioacchino Albanese, detto Nino, era già famoso
negli anni 70 come braccio destro di Eugenio Cefis,
poi è stato manager dell’Eni, coinvolto nello scandalo Eni-Petromin (1980), e nel 1981 è risultato
iscritto alla loggia P2 con la tessera numero 913.
Oggi ha 82 anni e ricopre ancora un ruolo decisivo:
è amministratore delegato della Ilia Spa di Genova,
promotrice della Orte-Mestre. Si tratta di un project financing, il modo più moderno di scavare buche nei conti dello Stato: in apparenza il privato
costruisce un’opera pubblica a sue spese e recupera
l'investimento incassando i pedaggi, in questo caso
per 49 anni.
Per spiegare ai pm i rapporti corruttivi tra Baita e
Galan, Minutillo tiene una lezione sul project financing degna del più radicale dei No-Tav. Conferma
infatti che è la miglior maniera di evitare il fastidio
di una gara d’appalto, ma che ovviamente prima di
avanzare una proposta bisogna essere certi che il
politico la inserisca nelle opere di “interesse pubblico”: “La presentazione di un project financing ha
un costo significativo per non dire rilevante, motivo per cui se non si ha la sicurezza di avere dei
contraddittori disponibili si rischia solo di gettare i
costi dello stesso”. I politici spiega Minutillo, giustificheranno l’entusiasmo un po’ sospetto “dicendo che a loro l’unico interesse vero era comunque
fare l’opera, questa è la cosa che dicono sempre”. Il
ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli (indagato per corruzione nello scandalo Mose) il 23
febbraio 2010 ha benedetto la Orte-Mestre come
“fondamentale per la piccola e media imprenditoria”, mentre Maurizio Lupi, ministro delle Infrastrutture, a novembre 2013 saluta il via libera del
Cipe a “un asse viario fondamentale per l’Italia,
completamente coperto da capitali privati”. In verità, dei 9,8 miliardi lo Stato ce ne metterà 1,9 sotto
forma di sconti fiscali alle imprese costruttrici, grazie ad apposita legge del governo Monti.
Il ministro dell’Economia dell’epoca, Fabrizio Saccomanni, era contrario. Baita soffriva. Minutillo
spiega: “L’Economia, il Tesoro, si opponeva a questa cosa qua, quindi veniva... è stata rinviata più
volte. Baita teneva i contatti con il dottor Albanese
del gruppo di Bonsignore, e poi avevano dentro al
ministero le persone”. Il capo di Albanese è Vito
Bonsignore, ex andreottia-
getto unico, da Orte a Mestre, passando
per Cesena e Ravenna, che il ministro
no diventato imprenditore
dell’epoca, Pietro Lunardi, subito accocon la liquidazione da 2-300
glie. Il governatore dell’Emilia-Romagna,
milioni che gli dette Marcellino
Gavio per farlo fuori dall’Autostrada
Vasco Errani, che è di Ravenna, attacca: “La scelta
Milano-Torino e legatissimo all’ex senatore Luigi delle opere da fare non è compito dei privatii”. Ma
Grillo e a Sergio Cattozzo i due uomini dell’Ncd poco tempo dopo lo stesso Errani si batterà come
arrestati a Milano nell’inchiesta Expo. Europarla- un leone per chiedere al governo lo sblocco del
mentare fino allo scorso 25 maggio, Bonsignore è project financing della Ilia. Come mai?
stato insignito, durante Mani pulite, di una condanna definitiva a due anni per corruzione. Oggi è NELLA RISSA BONSIGNORE e Lunardi sfoderano
tra i fondatori del partito di Angelino Alfano e so- la loro abilità. Racconta Minutillo: “Furono braprattutto di Lupi. Bonsignore ha buone amicizie. Il vissimi, misero subito d’accordo cinque presidenti
presidente della Ilia a cui il governo sta affidando di Regione”. L’intesa arriva nel 2005 e prevede lal’autostrada da 10 miliardi è Giovanni Berneschi, voro per tutti: per la Mantovani nelle tratte venete,
momentaneamente agli arresti per lo scandalo per le coop rosse in Emilia e via spartendo. Il 27
della Carige, banca che supporta Bonsignore nella luglio 2005 l’Anas dà il via libera al progetto di
Orte-Mestre.
Bonsignore. Due settimane prima il regista della
Ma nessuno batte ciglio. Anzi. La delibera Cipe Orte-Mestre aveva discusso con il suo amico Masdell’8 novembre scorso è ancora
segreta. Non è dato conoscere il
piano economico-finanziario
I RICORDI DELL’EX SEGRETARIA DI GALAN
su cui si basa la previsione che i
proventi del traffico ripaghe“Bonsignore e Lunardi furono bravissimi, misero
ranno l’opera. Sicuramente c’è
una clausola secondo la quale
d’accordo cinque presidenti di Regione”
ricavi inferiori al previsto com“Baita teneva i contatti con il dottor Albanese, e poi
porteranno l’impegno dello
Stato a pagare la differenza. Inavevano dentro al ministero le persone”
somma, il rischio d’impresa è
tutto a carico dei contribuenti,
ed è per questo che delibere,
piani e contratti con cui si impegnano miliardi simo D’Alema le modalità di partecipazione alla
scalata alla Bnl della Unipol di Gianni Consorte.
pubblici non vengono pubblicati.
D’altra parte l’opera piace a tutti. All’inizio c’era L’ex premier riferisce al manager presunto rosso:
un’Associazione Nuova Romea, presieduta da Pier “Voleva dirmi... voleva sapere se io gli chiedevo di
Luigi Bersani, che si batteva per una nuova arteria fare quello che tu gli hai chiesto di fare, oppure no
tra Ravenna e Mestre, visto che la Romea era ob- [ridacchia]... Che voleva altre cose, diciamo... a lasoleta e pericolosissima. C’era anche una società, tere su un tavolo politico. [...] Ti volevo informare
che girava intorno alle coop rosse (Cmc di Raven- che io ho... ho regolato da parte mia”.
na e Ccc di Bologna su tutte) e alla Mantovani di I magistrati di Venezia stanno portando alla luce i
Baita, pronta a proporre il suo project financing. Fin- contesti trasversali e opachi con cui la politica
ché nel 2003 Bonsignore spiazza tutti con un pro- spartisce denaro pubblico tra le imprese amiche.
12
di Virginia
S
MERCOLEDÌ 9 LUGLIO 2014
il FATTO ECONOMICO
della Sala
i chiama Cineblog01.net ed
è uno dei siti pirata italiani
per guardare e scaricare
film e telefilm. Su Mustat.com, un portale che fornisce le
caratteristiche dei domini, si scopre
che in un solo anno di vita Cineblog01 avrebbe incassato circa
312.000 euro, 26.000 euro al mese,
grazie alle pubblicità. Ha 250 mila
visitatori al giorno, 91 milioni
all’anno. Ogni volta che ci si collega,
si cerca il video, si sceglie se scaricarlo sul proprio computer oppure guardarlo in rete e si preme play,
si aprono almeno tre pagine pubblicitarie. Fastidiose per chi vuole
guardare i film ma pagate a peso
d’oro ai gestori per la frequenza con
cui risultano cliccate. Secondo lo
studio statunitense Medialink, il fatturato di un campione di 596 siti
americani è pari a circa 167 milioni
di euro all’anno. A livello mondiale,
i siti più grandi realizzano circa 2
milioni di euro all’anno, i più piccoli non meno di 73.000 euro.
Bastano soltanto
30 centesimi
Secondo la Guardia di Finanza,
queste piattaforme generano tanto
traffico che anche con soli 30 centesimi per ogni clic su una pubblicità o un banner, si raggiungono cifre enormi. Cineblog01 è un intermediario, mostra solo i collegamenti a piattaforme più grandi che contengono i file, ma è comunque nella
lista dei 46 siti oscurati a marzo in
Italia dalla Finanza nel corso
dell’operazione Publifilm per violazione di copyright. Oggi, come tutti
gli altri coinvolti, risulta ancora attivo e visibile e affaccia le ultime
novità cinematografiche italiane e
internazionali. E tante pubblicità.
C’è chi si occupa del reperimento
della copia illecita mixando il video
proveniente dall’estero con l’audio
registrato illegalmente durante le
proiezioni nelle sale cinematografiche, chi si occupa di diffonderlo
sul web e nei vari circuiti, chi si occupa della realizzazione di quei siti
che facilitano agli utenti il reperimento e l’indicizzazione del contenuto illecito, chi si interessa del
marketing. “Dietro i siti e le piattaforme pirata si nascondono criminali – spiega Federico Bagnoli
Rossi, segretario generale Fapav
(Federazione per la tutela dei contenuti audiovisivi e multimediali) una filiera alternativa di distribuzione del contenuto pirata”.
AFFARI D’ORO
CLIC MILIONARI Portali come Cineblog01 riescono
a incassare centinaia di migliaia di euro soltanto
offrendo link a download o streaming illeciti
PUBBLICITÀ PIRATA:
CHE BUSINESS GLI SPOT
NEI SITI DI FILM ILLEGALI
listica in filologia moderna e la passione per le serie tv. Lo contattiamo
in un pomeriggio di maggio. Fuori
c’è il sole ma lui è nella sua camera,
davanti al computer. Si scusa: “Non
risponderò istantaneamente perché
sto lavorando su una puntata: la decima della seconda stagione di Da
Vinci's Demons, lo segui?”. Da anni
“Diffondo video,
ma non per soldi”
Grazie agli strumenti del web, riescono a nascondersi e a vivere di
questa attività. Non si procurano da
soli il materiale. Non registrano materialmente i film nelle sale cinematografiche, magari accordandosi
con gli operatori, o che collegano il
computer ai canali tv esteri per rubare le serie in prima visione. “Paghiamo un euro per ogni post con
un film o un episodio di una serie tv
inserito nel sito – spiega Papystreaming.tv, 247.000 euro di guadagni
all’anno per 72 milioni di visitatori e 5 euro per chi diffonde il link al
nostro sito”. La lista dei siti pirata
italiani va oltre quelli bloccati dalla
Finanza. Navigando se ne possono
contare centinaia. Proviamo a tracciare la provenienza di www.piratestreaming.it, “Il vero streaming italiano”. Cercando di risalire al proprietario del dominio, si scopre che
ha nascosto le informazioni di contatto attraverso un servizio online di
privacy a pagamento. Gli indicatori
della “posizione fisica” del sito mostrano diverse localizzazioni, dalla
Moldavia alla Francia, da New York
a Londra. Nessuna è autentica e
cambiano in continuazione grazie
all’utilizzo di semplici programmi
informatici.
Lungo questa filiera pirata, incon-
GRATIS NON PER TUTTI
Ci sono i volontari che per
passione divulgano e traducono
serie tv e kolossal, loro rifiutano
di essere pagati ma una volta
che i contenuti sono in circolo
è facile usarli per arricchirsi
triamo Alberto. È un releaser, uno
degli utenti che immettono in rete i
file pirata di film e telefilm subito
dopo la loro trasmissione. Nei suoi
archivi ci sono 8.645 video, tra film,
serie, anime e cartoon. Registra i telefilm dai canali satellitari e poi condivide sui forum di scambio libero
dove gli utenti mettono a disposizione i propri file. “Una volta, un
sito mi ha chiesto di caricare sui
loro server i miei file – racconta Alberto – promettendomi versamenti
sulla carta di credito. Ho declinato
perché ciò che faccio segue un principio di libero scambio su Internet,
di libero accesso ai contenuti per
tutti senza dover aspettare anni per
veder in Italia un film o una serie tv
americana o dover comprare un abbonamento alla pay tv”.
Però c’è chi lucra sulle “release” fatte con intenti democratici. “Una
volta immesso un file in rete, è difficile controllarne la diffusione. Lo
stesso sito che mi aveva chiesto le
anteprime probabilmente le prende
altrove senza neanche pagarle e le
diffonde guadagnando con tantissime pubblicità”, dice Alberto.
Stefano ha 26 anni, il suo nickname
è Williamlolle. Ha una laurea specia-
Stefano si dedica alla traduzione e
all’apposizione di sottotitoli di film
e serie tv per il sito Italiansubs.net.
“Una comunità di 300 utenti con la
passione per i telefilm o i film in
lingua originale nata nel 2006 –
spiega Stefano - Abbiamo tradotto
una quantità sconfinata di girato,
principalmente prodotti britannici
e americani. Sono un divoratore di
telefilm e amo tradurre”. I siti di
sottotitoli ammettono traduttori
solo dopo un esame di lingua e di
conoscenza di film e telefilm. Si deve inviare una mail chiedendo di
fare il test e aspettare esito e cor-
La pubblicità sui siti pirata vale 167
milioni di euro l’anno. Sotto un’immagine del frequentatissimo sito Cineblog01 Infografica Pierpaolo Balani
BANCARI A PICCO
Multa a Commerzbank,
crolla Piazza Affari
Le Borse europee ieri hanno
chiuso in negativo, con Piazza
Affari che ha fatto registrare il
tonfo peggiore (-2,7%, e spread
salito a quota 162). Il caso Commerzbank ha trascinato giù tutto il comparto bancario e i listini
del continente. La banca tedesca potrebbe essere la prossima
banca europea dopo Bnp Paribas a dover risolvere con una
mega-multa le proprie controversie legali con le autorità
americane per operazioni in
Paesi messi nella lista nera di
Washington, come l’Iran. Il secondo istituto tedesco ieri ha
ceduto in borsa oltre il 4%, e secondo l’agenzia di stampa
Bloomberg - potrebbe presto
trovarsi a dover pagare una sanzione di almeno 500 milioni di
euro. Ad appesantire Piazza Affari sono state soprattutto le
banche. Fra i titoli crollati: Intesa
Sanpaolo (-4,12%), Unicredit
(-3,28%), Mediobanca
(-3,56%), Mps (-6,54%) e Generali (-3,12%).
rezioni. “Si viene sottoposti a una
prova con una porzione di girato.
L’ho ripetuta due volte: la prima sono stato bocciato”, racconta Stefano.
Ci sono i traduttori, i revisori, i sincronizzatori audio-video, gli utenti
che coordinano le varie fasi e che
stabiliscono le scadenze. “Per ogni
episodio si creano team coordinati
da un revisore - dice Stefano - che
organizza la traduzione, unisce le
parti tradotte, le uniforma. Poi ricontrolla grammatica, forma e ortografia. Infine, verifica la sincronizzazione”. Una catena produttiva
9 LUGLIO 2014
virtuale in cui nessuno dei collaboratori è pagato. “Lo facciamo per
passione – continua Stefano - i video li prendiamo da fonti esterne,
soprattutto Torrent e server americani, e quello che facciamo è assolutamente gratuito. Forniamo i file
di testo da applicare al lettore video,
non la puntata in sé e il sito si regge
esclusivamente sulle donazioni”.
Multe che pesano
per pochi spiccioli
“La vera azione di contrasto alla pirateria online sarebbe colpire il guadagno e applicare il cosiddetto Follow the money – spiega Gennaro
Vecchione, comandante delle Unità
speciali della Guardia di Finanza bloccare il flusso economico che arriva ai siti e risalire, attraverso i pagamenti per le pubblicità, all’origine della pirateria”. I siti che mettono illecitamente a disposizione
del pubblico contenuti coperti da
copyright violano la Legge Autore
“per la quale – continua Vecchione
- è prevista la reclusione da uno a
quattro anni e una multa che va da
2.500 a 15.000 euro. La distinzione
principale è il fine di lucro. Se i siti
pubblicano materiale pirata ma
senza guadagnarci, resta la natura
penale ma la sanzione è solo pecuniaria. Lo stesso vale per i siti intermediari: quei siti che contengono i collegamenti necessari a raggiungere contenuti pirata non sono
legali. Si tratta di concorso nel reato”.
Negli ultimi mesi, la Finanza ha
identificato almeno 40 marchi pubblicizzati su siti pirata . “Quasi sempre le aziende non erano al corrente
di questa pratica perché tutto passava attraverso le agenzie pubblicitarie a cui affidavano la gestione
dell’area marketing”, spiega Vecchione. “Intanto procediamo con la
fase istruttoria, continuiamo i nostri monitoraggi e quando avremo
concluso con le agenzie pubblicitarie sottoporremo tutto all’autorità
giudiziaria per capire se esistono i
termini penali”. Gli spot pirata di
aziende nazionali e internazionali
arrivano sui siti tramite le agenzie di
raccolta pubblicitaria: acquistano
gli spazi su grandi piazze online e
aste telematiche che si concludono
in qualche secondo. Non sempre,
quindi, l’agenzia riesce a controllare
la legalità delle piattaforme.
Gli spot all’insaputa
delle aziende
“Negare di aver vissuto questo genere di esperienze - racconta Gian
Mario Infelici, titolare dell’agenzia
di pubblicità online A.D. Spray - sarebbe impossibile. Ci è capitato di
vedere le campagne di alcuni nostri
clienti su siti web con contenuti pirata. Per fortuna siamo in grado di
ricevere allarmi interattivi nel caso
in cui messaggi dei nostri clienti finiscono in siti con contenuti illegali”.
Il fatto che una agenzia pubblicitaria sia o meno consapevole della
destinazione della pubblicità va accertato caso per caso: “Noi dobbiamo presumere che chi opera sul
mercato lo faccia in buona fede–
chiarisce Federico Bagnoli Rossi,
Segretario Generale Fapav - nel caso
in cui siano consapevoli della destinazione dei messaggi pubblicitari
sui siti illegali, i gestori delle concessionarie rischiano le stesse sanzioni dei soggetti che amministrano i siti web, per concorso
nel reato”.
Proprio la Fapav ha siglato,
il 12 maggio, un Protocollo
d’Intesa con Iab Italia, associazione per la comunicazione digitale, per collaborare al contrasto delle
inserzioni sulle piattaforme illegali e creare una piattaforma che raccolga le segnalazioni dei soggetti coinvolti. Tra i firmatari, anche
Google.
SENZA ENERGIA L’accordo è pronto: al primo creditore
Monte Paschi andrà il 22 per cento della società
COSÌ LE BANCHE SALVANO
SORGENIA DEI DE BENEDETTI
di Marco Franchi
O
gni energia
all’impresa
italiana”, è
lo slogan
della nuova campagna
pubblicitaria di Sorgenia lanciata a fine giugno sulla carta stampata, in radio e in tv. I protagonisti del nuovo spot
sono veri imprenditori,
ripresi al lavoro, che
chiedono ascolto, soluzioni e un contributo
concreto “per far tornare a correre questo Paese”.
CHISSÀ cosa pensano
dello spot quelle imprese che negli ultimi mesi
si sono viste negare un
fido da alcune delle banche coinvolte nel salvataggio della società
energetica della famiglia
De Benedetti. Perché
entro venerdì Sorgenia
finirà sotto il controllo
delle banche creditrici.
Con un nuovo primo
azionista: il Monte dei
Paschi, che avrà circa il
22 per cento. Seguiranno Ubi al 18, Banco Popolare all’11,5, UniCredit al 9,8, Intesa Sanpaolo al 9,7 e Bpm al 9. Pare
sia stato trovato l’accordo sulla ristrutturazione
del debito (1,8 miliardi)
di Sorgenia e la firma
degli azionisti (la cassaforte Cir e gli austriaci di
Verbund) con gli istituti
di credito è attesa a giorni dopo oltre sei mesi di
trattative.
L’accordo
raggiunto con le banche, spiega Cir nel bilancio, “prevederebbe
un aumento di capitale
di 400 milioni senza sovrapprezzo, in opzione
ai soci o in alternativa
con conversione di debito in equity oltre a un
prestito convertendo
dell’ammontare di 200
milioni. Su tale proposta il consiglio di amministrazione di Cir ha
condiviso lo schema generale
prospettato,
escludendo una propria
partecipazione all’au-
di Marco Palombi
13
BAZOLI La fede
non basta, in rosso
l’editrice La Scuola
B
isognerà avere molta fede per il rilancio
dei libri della Editrice La Scuola, società
bresciana di cui è vicepresidente, nonché
consigliere, il banchiere Giovanni Bazoli. La
famiglia del banchiere di Intesa Sanpaolo ha
infatti contribuito alla fondazione nel 1904
della casa editrice oggi controllata dall’Ente
Morale Opera per l’Educazione Cristiana. La
produzione scolastica relativa ai testi adottati
negli istituti di ogni ordine e grado sfiora l’80
per cento del fatturato. Il rimanente 20 è dato
da sussidi parascolastici, manuali per la preparazione di concorsi, volumi per le università, opere di narrativa e saggi diffusi nelle
migliori librerie.
La concorrenza però incalza e anche le partecipazioni (come la finanziaria Mittel, di cui
la Scuola possiede il 3,7 per cento) non hanno
dato molte soddisfazioni, anzi. E così il 2013
per la società bresciana che sta a cuore al
professor Bazoli si è chiuso con 14,1 milioni di
fatturato rispetto ai 15,5 milioni del 2012 e
con quasi 4 milioni di euro di perdite coperti
attraverso il ricorso alle riserve della società.
All’assemblea di maggio che ha approvato il
bilancio, ha partecipato anche monsignor
Gianfranco Mascher, vicario generale della
diocesi di Brescia. Salutando gli azionisti a
nome del vescovo, il monsignore ha richiamato il passato dell’editrice e le difficoltà che
sono maturate, spronando gli azionisti e gli
amministratori “a guardare al futuro con responsabilità e spirito di servizio”.
Perché le vie del Signore sono infinite, le riserve no.
Rodolfo De Benedetti, qui col padre Carlo, si è preso la responsabilità del flop Sorgenia Ansa
400
MLN
DA TROVARE
1,8
MLD
IL DEBITO
I PROBLEMI Il gruppo energetico ha bisogno di un aumento di
capitale o di una conversione in azioni di parte dell’indebitamento
mento di capitale sociale”. La holding ha intanto chiuso il primo trimestre di quest’anno
con una perdita netta di
2,6 milioni rispetto
all’utile di 6,4 milioni
del primo trimestre
2013.
Un rosso dovuto anche
all’impatto degli oneri
straordinari da ristrutturazione della controllata Sogefi e dai minori proventi finanziari della capogruppo.
Quanto a Sorgenia, nel
primo trimestre ha visto i ricavi scendere del
25,4% con una perdita
netta pari a 14,6 milioni. L’indebitamento finanziario netto della
società al 31 marzo è
aumentato a 1,85 milioni rispetto agli 1,79
milioni di fine 2013 per
effetto dell’aumento
del capitale circolante
dovuto alla riduzione
dei programmi di factoring e cartolarizzazione. L’effetto-Sorgenia ha dunque pesato
sui ricavi della holding
Cir che sono scesi del
13,8% a poco meno di
1,1 miliardi mentre
l’indebitamento è salito
a quota 1,94 miliardi.
Per questo il negoziato
con le banche va chiuso
il prima possibile.
Obiettivo: depositare
entro luglio il piano di
ristrutturazione in bonis
della società presso il
Tribunale di Milano e
poi convocare l’assemblea dei soci per deliberare l’aumento di capitale a servizio della conversione del debito. Una
volta conclusa l’intera
operazione, le banche
avranno il 98% del
gruppo mentre Cir e
Verbund resteranno
con poco meno del 2%,
anche se c’è l’ipotesi che
possano mantenere solo
i “diritti” sull’identica
quota, da far valere in
caso di cessione. L’intesa prevede inoltre la
concessione di un “earn
out” del 10 per cento a
Cir e Verbund con durata illimitata. Se cioè le
banche in futuro, rimborsato il debito, rivenderanno la società realizzando una plusvalenza al netto dei 400 milioni immessi oggi (e valorizzati al tasso del 10%
annuo), i due soci storici
parteciperanno alla plusvalenza stessa nella misura del 10 per cento.
“SIAMO ALLA FASE finale di una trattativa che
darà vita a una soluzione equilibrata”, aveva
sottolineato lo scorso 12
giugno Fabrizio Viola,
l’amministratore delegato del Monte dei Paschi.
L’istituto senese, primo
creditore nonché azionista della società elettrica dai tempi della gestione Mussari, ha da
poco aumentato il suo
di capitale chiedendo al
mercato 5 miliardi di
euro. Nello stesso prospetto informativo sulla
ricapitalizzazione del
Monte erano emersi i
dettagli dell’esposizione
verso Sorgenia: 710,6
milioni che nel bilancio
del 2013 sono stati passati a incaglio, ovvero
l’anticamera delle sofferenze. Prestiti che non
verranno rimborsati.
Ora il Monte è obbligato
a partecipare al salvataggio e a diventare il
primo socio, di una società in crisi a causa
dell’elevato indebitamento e del crollo del
mercato
energetico.
“Ogni energia all’impresa italiana”, recita lo
spot in tv. Soprattutto se
quell’impresa è della famiglia De Benedetti.
GIAN MARIO SPACCA Il comma di Renzi
salva le centrali a biogas del governatore
G
ian Mario Spacca, governatore delle
Marche, è un twittatore di livello: nelle
ultime settimane ha edotto i suoi quasi 19mila followers sugli argomenti più vari. Da Leopardi al suo sostegno alla Grecia ai mondiali,
dal fare impresa al Coni fino - ossessivamente - alla macroregione Adriatico-Jonica. Non
manca l’hashtag turistico: #marchebellezza. Il
27 di giugno, però, ha mancato di ringraziare
il ministro dell’Ambiente Galletti, Udc, per il
suo decreto. Perché? Perché il dl 91/2014 oltre al regalo alle banche chiamato anatocismo e altre cosette - contiene anche un piccolo comma (per la precisione il 4 dell’articolo 15) che nelle Marche già chiamano “Salva-Spacca”: il presidente piddino, nato a Fabriano 61 anni fa, cresciuto come manager
alla Merloni (che per le Marche è un po’ quel
che la Fiat è a Torino) entra così nel ristretto
circolo dei Berlusconi e dei Previti.
Il decreto del governo Renzi, infatti, sana la
più scottante delle grane che coinvolgono la
Giunta marchigiana: quella delle autorizzazioni per le centrali a biogas, che si portano
dietro incentivi per circa due milioni e mezzo
l’anno ciascuna. Ne sono state concesse a
decine, spesso a imprenditori vicini al potere
regionale, e tutte senza alcuna Valutazione di
impatto ambientale (VIA). Risultato: la Corte costituzionale le ha annullate. Spacca, a
quel punto, s’è inventato una delibera che
consentiva la “VIA postuma”, ovvero realizzata su impianti già autorizzati o, peggio, funzionanti. Anche stavolta gli è andata male: il
Consiglio di Stato, a febbraio, ha bocciato pure questo escamotage. La Giunta traballava,
la Procura di Ancona indaga su alcune di queste operazioni (coinvolti imprenditori e alcuni funzionari regionali) e l’opposizione alle
centrali a biogas continua a essere massiccia
tra la popolazione e nello stesso Pd.
Fortuna che c’è il governo Renzi e il suo decreto Ambiente, che consente la VIA postuma entro sei mesi e senza nemmeno spegnere gli impianti. E tanti saluti alla Consulta e al
Consiglio di Stato. Qualcuno potrà pensare
che si tratti di una descrizione esagerata, ma
di sicuro coincide con quella del senatore democratico Mario Morgoni da Macerata:
“Questo è un avallare in modo inaccettabile
atti illegittimi e politiche speculative”.
14
il FATTO ECONOMICO
9 LUGLIO 2014
COVIP Che belli i fondi pensione per l’authority
di Beppe Scienza
LA PRIMA STORTURA
della previdenza integrativa italiana è nella stessa
legge istitutiva, che la dà
in appannaggio al risparmio gestito. Ma anche
l’organo di vigilanza, la
Covip, ci mette del suo,
contribuendo a ridurne la
trasparenza e aumentarne
i costi. Alla Covip non
compete spingere le vendite. Invece recentemente
ha diffuso una pubblicità
di otto pagine, ridondante di affermazioni tenden-
ziose, se non false: “Previdenza complementare: 8
passi verso il futuro”.
I pochi elementi positivi
sono enfatizzati, i tanti
negativi occultati: l’assenza di trasparenza e di protezione dall’inflazione,
l’irreversibilità dell’adesione ecc... Viene sbandierata la tassazione all’11
per cento “rispetto all’aliquota del 20 per cento applicata alla maggior parte
delle forme di risparmio
finanziario”. Una presa in
giro, perché in prevalenza
i risparmiatori italiani pa-
gano solo il 12,5 per cento
sui buoni postali, titoli di
Stato italiani, tedeschi
ecc... Il prospetto, benché
firmato dalla Covip, riporta in terza persona che
“il sistema è vigilato da
un’Autorità dedicata: la
Covip”, il che avvalora
l’impressione che l’opuscolo provenga da
un’agenzia di pubblicità.
Ma soprattutto è grave la
circolare 3904 del 13 giugno 2014, che mira a facilitare l’impiego dei soldi
dei fondi pensione in investimenti quali i fondi
immobiliari, il peggio del
peggio per assenza di trasparenza e rischi di malversazioni. In essa la Covip indica anche come
comportarsi qualora “i
costi di detti strumenti
siano superiori alle commissioni applicate ai fondi pensione” e consente
“fin d’ora di prevedere un
superamento del divieto
di cumulo dei costi”. I risparmiatori pagano, l’industria del risparmio gestito ringrazia (e incassa).
Rincara la dose il presidente di Assoprevidenza,
Sergio Corbello, che spaccia per “ragionevole considerare omogenei con i
mandati obbligazionari i
fondi che investono nelle
energie rinnovabili”. Sono
fondi immobiliari, ma i
gestori vorrebbero carta
bianca per metterli impunemente al posto di Btp e
obbligazioni. Conclusione: un risparmiatore prudente eviterà di versare
soldi nella previdenza integrativa e tanto meno il
proprio TFR.
Twitter @beppescienza
www.beppescienza.it
FILM & LIBRI
L’economia dove
meno te l’aspetti
di Salvatore Cannavò
Q
uasi un romanzo ovvero “l’economia raccontata a chi non la capisce”. Il giornalista Leonardo Martinelli dopo aver realizzato un programma su Radio3 per divulgare nel modo più efficace
possibile i temi dell’economia finanziaria, adesso
passa al libro. Per farlo utilizza la letteratura e il
cinema partendo da brani di romanzi, più o meno
famosi, o da scene di film da cui descrivere concetti più complessi come short leverage, mortgage
backed securities, bond o hedge fund. Ne viene fuori
un volume godibile anche per chi di economia ne
sa un po’ di più. Vengono riassunti 30 tra libri e
film, da Pinocchio alle Mosche del capitale, da Il Denaro di Zola a Mary Poppins.
Aprono il volume le vicende di
Sherman McCoy-Tom Cruise, nel
Falò delle vanità tratto dal libro di
QUASI UN ROMANZO
di Leonardo Martinelli
Longanesi, 288 pag. 14,90¤
di Alberto Bagnai
L
a gazzarra scatenatasi
attorno alla nomina
di Giorgio Alleva a
presidente dell’Istat
lascia amareggiati.
L’appello pubblicato
su lavoce.info contro il “presidente senza qualità” Giorgio Alleva appare
inopportuno, anche a prescindere dal
merito tecnico della questione. Quest’ultimo è stato valutato dal sito Roars,
che ha parlato senza mezzi termini di
metodo Boffo, facendo notare ad
esempio come le valutazioni critiche
espresse dai firmatari dell’appello
omettano, chissà perché, le pubblicazioni più rilevanti dell’interessato.
Ma il punto non è tanto questo. Prendiamo anzi per buone critiche e metodo: par di capire che per essere buoni
manager pubblici bisogna essere buoni scienziati, e per essere buoni scienziati bisogna avere buoni indicatori bibliometrici. Bene. Partendo dalla fine,
ai firmatari dell’appello quest’ultima
RIGORISTI L’appello degli economisti della voce.info contro
la nomina di Giorgio Alleva è l’ennesimo tentativo
di nascondere gli errori politici frutto di teorie sbagliate
Cari fan dell’austerità,
giù le mani dall’Istat
virtù non fa difetto, ma questo pone un
problema di non poco conto. Perché,
salvo eccezioni da dimostrare, i firmatari, da Tito Boeri a Luigi Zingales, da
Riccardo Puglisi a Boldrin, hanno
compattamente aderito all’interpretazione ortodossa della crisi, articolata
su due pilastri: che l’euro non c’entrava
nulla, e che il problema nasceva a causa
di una finanza pubblica corrotta e sregolata che ci esponeva alle giuste reprimende dei mercati. Dalla diagnosi
RACCONTANO
BALLE
7
L’AUSTERITÀ E I SUICIDI,
GRILLO ESAGERA I NUMERI
IN VISITA A STRASBURGO per
l’inaugurazione del semestre europeo a guida italiana, Beppe Grillo ha attaccato le politiche di austerità spiegando che “in Grecia,
negli ultimi due anni, si sono suicidate oltre 7 mila persone a causa della crisi”. A supporto della
tesi, il leader M5s cita uno studio
realizzato da Nikolaos Antonakakis, ricercatore all’università di
Vienna, dove però i dati si ferma-
MILA
CASI
IN GRECIA
DAL 2012?
no al 2011, quando si sono registrati 511 suicidi “economici”, che
l’autore collega proprio all’austerità. L’Istituto di statistica nazionale, però, non specifica i moventi
dei casi. I dati provengono infatti
dall’Organizzazione mondiale
della sanità e dai rapporti di polizia riportati dal quotidiano greco
Kathimerini. Ma anche così, il dato è sette volte più baso dei 3500
suicidi annui citati da Grillo.
scaturiva una precisa terapia: la necessità assoluta e imprescindibile di mettere l’Italia urgentemente in mano a un
governo tecnico che praticasse la dovuta austerità (ricorderete il famoso
FATE PRESTO del Sole 24 Ore). Per
pura coincidenza, si trattava di un governo espressione dello stesso humus
accademico di chi questa diagnosi
condivideva e diffondeva.
Eppure tutto
era già stato scritto
La terapia si è rivelata drammaticamente errata, e questo perché era errata la diagnosi: l’euro era ed è un problema, la finanza pubblica lo era molto
meno, ma lo è diventata grazie all’austerità. Che proprio per questo l’austerità abbia fallito ormai lo ammette anche il Fondo Monetario Internazionale. Che il problema, soprattutto in Italia, non fosse la finanza pubblica l’hanno detto, nell’ordine: la Commissione
Europea nel settembre 2012, il vicepresidente della Bce nel maggio 2013, e il
ministro Pier Carlo Padoan nel luglio
2014. Che l’euro sia un problema lo dice oggi perfino Zingales, giungendo
buon ultimo alla conclusione dalla
quale tanti altri sono partiti, cioè che
forse sarebbe meglio pensare a come
smantellarlo, anziché a come difenderlo.
Uno potrebbe pensare che una certa
flessibilità di giudizio sia indizio di
mente fertile e non vada stigmatizzata.
Tom Wolfe. McCoy suda letteralmente freddo
quando la figlioletta gli chiede che mestiere fa e lui
non riesce a spiegare in parole semplici cosa significhi vendere e acquistare bond. Lo trarrà di
impaccio la moglie e l’immagine di una torta dalla
quale migliaia di “bricioline”, cioè commissioni, si
riversano silenziose nelle tasche del marito.
Leggendo Se questo è un uomo di Primo Levi, Martinelli offre una descrizione ancestrale e disumana
della “Borsa”, luogo di normalità apparente “dove
tutto è stupida follia”. Ma è il cinema d’azione su
sfondo finanziario a rendere meglio l’idea. Wall
Street è il film che ha reso celebre Oliver Stone ma,
più di lui, il suo eroe negativo, Gordon Gekko. Interpretato da Michael Douglas sdogana “l’avidità”
come motore dell’economia e dei guadagni borsistici e, contrariamente alle previsioni di Stone, e
sancirà la popolarità di Gekko. Più boccaccesca,
invece, la storia del Lupo di Wall Street in cui, tra
sesso e droghe, si mette in scena il meccanismo
del pump and dump, il “pompa e sgonfia” con cui si
fanno salire artificialmente le penny stock per poi
farle crollare miseramente. Guadagnandoci un
sacco di soldi fino all’arrivo del Fbi e la galera. Molto più cerebrale, e spietato, è invece Margin Call, il
racconto di un fallimento avvenuto nel corso di
una sola notte. Quella in cui i dirigenti della banca
scoprono che gli investimenti sui mutui immobiliari sono falliti per un errato calcolo di probabilità.
I film o i libri sono tanti, corredati dalle parole chiave. Ognuno potrà scegliere quello più gradito.
Ma le cose non stanno così: non stiamo
parlando di mere opinioni. Che in recessione le politiche restrittive siano
pericolose è un dato assodato della teoria e della prassi economica: è stato
Guido Tabellini a parlare nel 2011 del
“mito” dell’austerità espansiva. Che
l’euro avrebbe messo l’Italia in una seria crisi di competitività lo aveva detto
Dornbusch (Mit) nel 1996. Che la Bce
avrebbe condotto l’Europa sull’orlo
della deflazione lo aveva anticipato
Paul Krugman nel 1998. Che l’euro
avrebbe causato crisi da utilizzare come “finestre di opportunità” per accelerare l’integrazione politica lo aveva
detto, fra gli altri, Romano Prodi nel
2001, e per questo Zingales, nel 2012,
parlava di crisi criminalmente premeditata.
Sintesi: l’eccellenza della professione
economica italiana ha propugnato
diagnosi e terapie economiche che non
erano nei fatti (lo certificano le istituzioni internazionali), non erano nella
letteratura scientifica, e non erano
nemmeno nei libri con i quali si insegna in classe: qualsiasi testo del primo
anno vi dirà che in recessione i tagli
sono pericolosi.
Ora, se un medico oggi mi proponesse
di curare la mia calvizie col salasso,
penserei che la sua laurea valga poco o,
in alternativa, che è interessato alla mia
compagna e vuole togliermi di mezzo.
Magari nel 1614 ci sarebbe riuscito.
Fuor di metafora, qui i casi sono due: o
la misurazione dell’eccellenza in ter-
mini bibliometrici lascia a desiderare
(e allora meglio non usarla per attacchi
personali), o negli ultimi anni abbiamo assistito a un non trascurabile conflitto d’interessi. Insomma: o tanta eccellenza non è servita alla professione
accademica a capire cosa stava succedendo, o se invece una consapevolezza
esisteva, bisognerebbe chiedersi se è
stata esercitata nell’interesse del Paese.
I risultati dicono di no, e notate un dettaglio: nei prossimi mesi il principale
lavoro del presidente dell’Istat sarà,
purtroppo, quello di certificare la situazione disastrosa nella quale i “tecnici” già acclamati dai nostri accademici hanno lasciato il paese. Com’è noto, a pensar male si fa peccato, ma...
Così, dopo che gli “austeriani”, come li
chiama Krugman, l’hanno compromessa, gli “appellisti” intervengono a
dare il colpo di grazia alla credibilità
della scienza economica. I comportamenti opportunistici di alcuni possono far sorridere (scoprire dopo le elezioni che l’euro è un problema!). Tuttavia essi hanno una conseguenza grave: diffondendo nell’opinione pubblica l’idea che la teoria economica sia capace solo di registrare e mai di prevedere l’accaduto, ci mettono in balìa di
comportamenti irrazionali nel momento in cui più avremmo bisogno di
una riflessione ancorata alla realtà.
Inutile lagnarsi poi del “populismo”, se
chi ha il compito di portare argomenti
nel dibattito non si assume la responsabilità dei propri errori.
UN GIORNO IN ITALIA
il Fatto Quotidiano
Pla ensionati,
metà prende
meno di mille euro
CI SONO OLTRE due milioni di pensionati che prendono meno di 500 euro al mese, mentre il 43% percepisce un assegno inferiore ai mille euro. Il rapporto
annuale dell’Inps diffuso ieri ha fotografato non solo
le difficoltà dei conti dell’Istituto previdenziale (con
un rosso di 10 miliardi di euro), ma anche le difficoltà
economiche che vivono molte persone ritirate dal
lavoro. Il 2013 segna un crollo delle pensioni liquidate,
anche a seguito della stretta prevista dalla riforma
Fornero. Guardando alla gestione privata, le liquidazioni mostrano per i dipendenti un calo del 32% per le
pensioni di anzianità/anticipate e del 57% per la vecchiaia sul 2012. Quasi 500mila posti di lavoro sono
andati persi lo scorso anno. Nel periodo 2009-2013
le ore di Cassa integrazione hanno superato il
miliardo all’anno, mentre erano attorno ai 184 milioni
MERCOLEDÌ 9 LUGLIO 2014
15
nel 2007. Quanto ai conti, l’Istituto è in rosso di 9,9
miliardi, soprattutto a causa dell’ex Inpdap, l’Istituto
previdenziale dei dipendenti pubblici poi accorpato
nell’Inps. Nel 2012, primo anno di aggregazione,
il disavanzo del superInps era arrivato a 9,7 miliardi.
Il patrimonio netto è invece pari a 7,5 miliardi. Quindi,
rassicura l’Istituto, non è a rischio la “sostenibilità
del sistema pensionistico”.
Bufala Expo: 3mila
posti di lavoro
su 200mila promessi
DOPO GLI ANNUNCI, LA REALTÀ: POCHE MIGLIAIA DI ASSUNTI
CON CONTRATTI A TERMINE E POCO SPECIALIZZATI
di Marco Maroni
D
au international des expositions) nel
Milano
ai 70 mila ai 200 mila
occupati: erano le stime sull’occupazione
sbandierate dagli organizzatori dell’Expo. Ma il festival di
cifre comincia a essere smentito
dalla realtà. Secondo l’Osservatorio
sul mercato del lavoro della provincia di Milano, i posti di lavoro reali,
attivati dall’Expo, sono 3.442. La rilevazione si basa sulle dichiarazioni
delle aziende, che dal 2012 nei documenti sulle assunzioni devono
indicare se si tratta di attività legata
alla realizzazione di Expo 2015.
VISTO IL PERIODO DI CRISI occu-
pazionale, il dato potrebbe sembrare buono. Ma se confrontato con le
aspettative create intorno all’evento
e con il fiume di denaro pubblico
investito, fornisce un quadro desolante sullo scollamento tra le mirabolanti promesse e la realtà dei fatti.
Stando alle dichiarazioni dei politici e dei dirigenti Expo, basate per
lo più su studi commissionati
all’Università Bocconi, l’impatto
sul lavoro avrebbe dovuto essere
tutt’altro. Il dossier di candidatura
di Milano, consegnato al Bie (Bure-
2007, parlava di 70 mila lavoratori
aggiuntivi. Un dato che la fanfara
propagandistica, funzionale a giustificare gli investimenti e ben amplificata dai media, avrebbe in seguito aumentato. In uno studio della Bocconi del novembre 2010 preparato su richiesta di Expo 2015
spa, per esempio, si afferma che “la
distribuzione temporale dei posti di
lavoro prevede un picco nel triennio 2013-2015 di circa 130 mila occupati anno, tra diretti, indiretti e
indotto”. Un altro studio, del 2013,
commissionato dalla Camera di
commercio (azionista al 10 per cento di Expo), stimava che i posti creati tra il 2012 e il 2020 sarebbero stati
addirittura 199 mila. Cifra che il
sindaco di Milano Giuliano Pisapia, il commissario straordinario di
Expo Giuseppe Sala e la
presidente Diana Bracco, trascinati dall’entusiasmo hanno in diverse
dichiarazioni arrotondato alla cifra di 200 mila.
Anche le cifre dell’Osservatorio
provinciale vanno prese con le pinze. Spiega Antonio Lareno, responsabile della Cgil per il progetto
Expo: “Le aziende devono segnalare
se l’Expo è uno dei motivi per cui
sono state fatte le nuove assunzioni.
Il dato, quindi, non è molto attendibile per stabilire se si tratta di nuovo lavoro effettivamente creato
dall’Expo”.
INSOMMA, POTREBBE essere per-
CIFRE GONFIATE
Adesso si temono
numeri molto più bassi
anche per i visitatori
annunciati (20 milioni),
i ricavi (500 milioni)
e l’‘indotto’: 25 miliardi
fino meno. In realtà il sindacato una
sua stima ce l’ha: tra i 12 e i 15 mila
lavoratori nel periodo dell’apertura
dell’esposizione, da maggio a novembre 2015. Contratti a termine,
con un profilo di specializzazione
piuttosto basso (per lo più manovali, camerieri, carpentieri, telefonisti di call center, magazzinieri,
parrucchieri, lavapiatti e aiuti cuoco) che si sommano ai circa 6 mila
volontari che si avvicenderanno
I lavori lungo il Decumano, asse centrale della fiera dell’Expo Ansa
durante i 6 mesi dell’evento.
Se questo sarà il divario tra la realtà e
le promesse, a destare perplessità, in
chi punta sull’evento per il rilancio
dell’economia, dovrebbero essere le
altre stime sbandierate dagli organizzatori: innanzitutto quelle sui visitatori. Annunciati: 20 milioni, con
un ricavo stimato di 500 milioni e
25 miliardi di produzione aggiuntiva per il Paese come effetto
dell’aumento
dei
consumi,
dell’apertura di nuove attività, dei
maggiori ricavi nel settore turistico
e alberghiero e della rivalutazione
immobiliare. Un festival di stime il
cui ottimismo è inversamente proporzionale al rigore della metodologia usata, come ha evidenziato un
recente studio pubblicato su lavoce.info da un altro economista della
Bocconi, Roberto Perotti. A 300
giorni dall’apertura dei cancelli, la
cifra più attendibile è quella del denaro investito nell’avventura: 3 miliardi di euro.
La cricca e il Pg amico di Verdini
SARÀ MILLER A SOSTENERE L’ACCUSA CONTRO BALDUCCI & C. PER L’APPALTO IRREGOLARE IN TOSCANA
di Valeria Pacelli
rocuratore non ritiene che sia poco opporP
tuno che lei sostenga l’accusa contro 4 persone imputate in un processo che coinvolge an-
che Denis Verdini, con il quale lei andava a cena?” Dall’altra parte della cornetta c’è il procuratore generale Arcibaldo Miller che non prova
alcun imbarazzo, anzi sicuro di sè sostiene che si
“tratta di due processi diversi”. È il gran ritorno
del giudice Miller dopo lo scandalo che lo portò
alle dimissioni da ispettore del ministero della
Giustizia, (per poi tornare ad indossare la toga e
diventare procuratore generale di Roma nel
2012) per una cena a casa di Denis Verdini emersa durante le indagini sulla loggia P3.
MILLER SOSTERRÀ L’ACCUSA nel processo in
appello contro l’ex presidente del provveditorato
alle opere pubbliche, Angelo Balducci, Fabio De
Santis, ex provveditore delle opere pubbliche
della Toscana e gli imprenditori Francesco De
Vito Piscicelli e Riccardo Fusi, tutti condannati,
con pene diverse, in primo grado. La condanna
riguarda la vicenda dell’appalto irregolare per la
scuola dei marescialli di Firenze che doveva essere dato alla società di Riccardo Fusi, imprenditore al quale, è scritto nella rinvio a giudizio,
“Verdini era legato da interessi economici”. Infatti proprio per questo, l’onorevole avrebbe fatto conseguire a Fabio De Santis la nomina a provveditore della Toscana, che a sua volta, con Balducci, secondo l’accusa “si impegnavano ad affidare ad impresa riferibile a Fusi e De Vito Piscitelli appalti”, che poi sono diventati oggetto di
vari processi e tra questi anche quello della scuola
dei marescialli. La posizione di Verdini, a causa
del lungo tempo necessario per autorizzare l’uso
delle intercettazioni, sarà discussa il prossimo 16
luglio davanti al gup di Roma. Pochi mesi dopo,
toccherà agli altri e ad accusarli sarà proprio il
giudice Miller, il cui nome emerge dalle carte P3,
anche se non è mai stato indagato.
A rivelare la presenza di Miller a una cena del
2009 a casa di Verdini, è Pasquale Lombardi in
un interrogatorio del 3 ottobre del 2010. “Ricordo che nel corso dell’incontro avvenuto a casa di
Verdini - racconta Lombardi - al quale oltre me
parteciparono anche Caliendo, Dell’Utri, Miller,
Martone, Marino e Carboni si affrontò tra l’altro
anche la questione del Lodo Alfano. In particolare dell’Utri ricorse a me prospettandomi l’esigenza di avvicinare alcuni giudici della corte costituzionale”. Quando viene sentito in procura, il
3 agosto 2010, Miller spiega ai pm di aver conosciuto Carboni quella sera per la prima volta e
aggiunge “Né di Carboni, né di Dell’Utri, mi era
stata preannunciata la presenza”. “Verso la fine -
INTRECCI
Il nome del
procuratore emerge
dalle carte sulla P3
per una cena
nel 2009 con il
coordinatore dei Fi
continua il verbale di Miller - Verdini e Dell’Utri
mi dissero che c’erano problemi per la candidatura di Cosentino e mi proposero di valutare la
possibilità di una mia candidatura alla presidenza della Regione Campania. lo però lasciai cadere
il discorso. Parlando in particolare con Verdini,
feci intendere, anche se non in modo perentorio,
la mia indisponibilità (..). Escludo assolutamente
che, almeno in mia presenza, si sia discusso di un
intervento da fare sui Giudici Costituzionali che
di lì a poco dovevano occuparsi del Lodo Alfano.
Se si fosse parlato di una cosa del genere, che io
trovo assolutamente fuori luogo, me ne ricorderei. Non posso invece escludere che si sia parlato in termini generici del Lodo Alfano”.
Miller non è mai stato indagato e anche il Csm ha
archiviato il fascicolo aperto nei suoi confronti.
A gennaio del 2012 Arcibaldo Miller è diventato
sostituto Pg presso la Corte d’appello di Roma.
Ruolo che rivestirà anche il prossimo ottobre,
quando dovrà accusare chi con Verdini aveva in
comune qualche interesse economico.
Denis Verdini e Arcibaldo Miller LaPresse/Ansa
SOTTO TORCHIO
Bossetti ripete:
‘Mai vista Yara’
ma non fa nomi
IL MURATORE DÀ LA SUA VERSIONE
SULLE TRACCE DI DNA VICINO AL CORPO
di Davide Milosa
inviato a Bergamo
iente secondo uomo, niente complici. MasN
simo Giuseppe Bossetti ribadisce la sua innocenza senza aggiungere ricostruzioni chiare
del come il suo Dna sia finito sugli slip di Yara
Gambirasio. Sul punto Bossetti ha fatto cenno al
furto di materiale edile e al suo problema di perdita di sangue dal naso. Nulla più. Dopodiché ha
detto: “Io non so dare una risposta”. Rilanciando
così e per la seconda volta, dopo l’interrogatorio
davanti al gip del 19 giugno,
la palla nel campo dell’accusa. Questo il senso, tutto interlocutorio, dell’interrogatorio reso dal muratore di
Mapello davanti al pubblico
ministero Letizia Ruggeri
che lo accusa di essere l’assassino della 13enne di
Brembate, scomparsa e
morta il 26 novembre 2010.
G. M. Bossetti Ansa
IL VERBALE si è aperto alle
11 e si è chiuso 3 ore dopo. A
far da contorno alcune indiscrezioni che attribuivano a Bossetti la volontà di svelare il nome di un
secondo uomo. Circostanza smentita sia dagli avvocati che dalla Procura di Bergamo. Il resto è la
cronaca di un interrogatorio chiesto direttamente
dall’indagato che ha così potuto spiegare diversi
punti. Bossetti è apparso tranquillo, sicuro di sé e
soprattutto collaborativo colmando, in alcuni casi, i non detto lasciati in sospeso dalle domande del
pm. “Non ho mai conosciuto né visto Yara”, ha
iniziato il 43enne muratore di Mapello. Il nocciolo
del verbale, durante il quale Bossetti avrebbe abbozzato una sua versione sul tema Dna, resta top
secret. L’obiettivo della difesa, fatta salva la prova
del Dna, è quello di smontare il castello indiziario
che sta costruendo la
Procura. In tal
senso appare
illuminante il
fatto, confermato dai legali, che Bossetti, quel 26 novembre 2010,
non spense il
cellulare per
poi riaccenderlo solo il
mattino dopo.
16
LA TERRA DEI CACHI
MERCOLEDÌ 9 LUGLIO 2014
Iel faSeveso
esonda
litigare
Pisapia e Regione
L’ESONDAZIONE del Seveso, che ieri mattina ha completamente paralizzato la zona Nord di Milano, è diventata motivo di polemica tra Palazzo Marino e la Regione Lombardia,
dopo che il Comune ha fatto sapere
che “non era stato emanato alcun avviso di criticità” da parte del Centro
Funzionale Monitoraggio Rischi della
Regione Lombardia. “Il Comune farà
tutto quello che è necessario per risarcire i cittadini dai danni provocati –
ha detto il sindaco di Milano, Giuliano
Pisapia, intervenendo nel pomeriggio
in Consiglio comunale – Abbiamo fatto tutto il possibile, chiedo scusa ai
il Fatto Quotidiano
cittadini ma se fossimo stati avvisati
in tempo avremmo potuto evitare
questa situazione”. Il Comune è comunque intervenuto “rapidamente”
aprendo le chiuse a Palazzolo ma, non
essendoci stato un avviso di criticità,
“non c'è stato il tempo” di aprire i
tombini prima dell’esondazione.
L’ITALIA DEGLI APPALTI TRUCCATI
SVELATA DAGLI ARCHITETTI 007
LA FONDAZIONE INARCASSA PUBBLICA SUL SUO SITO L’ELENCO DEI BANDI ILLEGALI
di Giampiero Calapà
B
andi pubblici illegali. L’Italia dei cantieri eterni è disseminata di gare d’appalto quanto meno stravaganti che
pretendono di salvare scuole e
ospedali spendendo solo un euro o anche niente. Qualcuno,
però, ha deciso di denunciare
questi casi: non si tratta di 007 o
inviati ministeriali, ma di un
gruppo di architetti e ingegneri
della Fondazione Inarcassa
(fondazionearching.it), decisi a
difendere la professione “e non
solo – spiega il presidente Andrea Tomasi – perché quei bandi sono un danno per la pubblica amministrazione stessa”.
Fantasia sicula
Scuole e beni storico-artistici
Partiamo dal Sud e dal primo
caso definito “vergogna” dalla
Fondazione architetti e ingegneri. Si tratta di 53 incarichi
professionali per manutenzione straordinaria di scuole elementari di Bagheria: sostituzione di controsoffitti, ristrutturazione edilizia e lavori agli impianti elettrici. “Opere per un
compenso professionale di almeno 12 mila euro”, afferma
Tomasi. Nel bando, datato settembre 2013, invece, facendo
ricorso a fondi europei per l’attività di contrasto dell’abbandono scolastico – certo se una
scuola crolla tendenzialmente
viene abbandonata – viene prospettato il compenso di un solo
euro per il lavoro. Il termine per
la presentazione delle candidature fissato in appena 48 ore. Alla fine Bagheria, dopo il ricorso
al Tar degli architetti 007, ritira
il bando. Ma l’estro e la fantasia
siciliana trovano perfetta sintesi in un altro bando, di novembre, dei Comuni del comprensorio Madonita per la direzione
lavori di beni storico-artistici
vincolati.
Un bando pubblico destinato,
in quel caso, udite udite, esclusivamente a dipendenti pubblici. Noti criteri di concorrenza
regolati dalla legge non lo consentono, ma che importa se nessuno se ne accorge. In questo
caso se ne accorge la Fondazione architetti e ingegneri e il bando è annullato dall’Autorità di
vigilanza sui contratti pubblici
(ora soppressa dal governo, ma
questa è un’altra storia).
Serietà nordica
Assistenza per anziani
Al Nord comunque non sono
da meno. Per dei lavori di ampliamento di una casa di riposo,
Villa Terzaghi Vittadini, a Casalpusterlengo un bando, quattro mesi fa, pone a base d’asta
per la progettazione esecutiva 8
mila euro. Dopo la segnalazione della Fondazione, “cifra ridicola”, il Rup (responsabile uni-
co del procedimento) ammette
l’errore e cambia la base d’asta
con una valutazione di spesa
più consona: 70 mila euro, una
bella differenza.
Perfezione lombarda
Ospedali e poliambulatori
L’azienda sanitaria di Cremona
e Brescia bandisce ad aprile una
gara per la certificazione di impianti elettrici in due ospedali e
12 poliambulatori a Cremona e
di un ospedale e 15 poliambulatori a Desenzano. Nel bando la
base d’asta non è stabilita, forse
una dimenticanza? No, perché è
richiesto di fare un’offerta a chi
fosse interessato. E di offerte ne
arrivano una novantina. Per
Cremona la più bassa è di 950 euro e la più alta di 110 mila euro.
Qualcosa non quadra. Per Desenzano la più bassa è di 1340 euro e la più alta di 320 mila euro.
La forbice è enorme, quanto costano davvero questi lavori? “Ha
idea di cosa significhi sistemare
gli impianti elettrici di un solo
ospedale?”, risponde Tomasi
della Fondazione architetti. Ovviamente i lavori vengono assegnati a chi ha fatto l’offerta più
bassa, un geometra di Milano. La
Fondazione procede con una
diffida, ma gli incarichi vengono
assegnati lo stesso: “Offerta congrua”. Non resta, agli architetti
007, che ricorrere alle vie legali.
Estro irpino
Discariche e altre scuole
Ritorniamo a Sud, perché non
potevano certo mancare i campani in questa carrellata di fantasia applicata ai bandi. Il Comune di Altavilla Irpina, ad
esempio, ha bisogno di un progetto preliminare esecutivo per
la ristrutturazione di una scuola. Quanto sarebbe pagato l’incarico? Il progettista potrà finanche godere, pensate un po’,
della pubblicità al suo studio
professionale in formato 21 per
31 sull’albo pretorio del Comu-
PORTFOLIO
La rinascita di Franca
Ansa
ne di Altavilla. Lire zero, euro
idem, a meno di ricevere fondi
europei, ma non è certo. E i soldi per l’edilizia scolastica promessi dal premier Matteo Renzi? Magari verranno presi in
considerazione, dal momento
che il bando si è auto-estinto
per mancanza di partecipanti.
Invece, la Provincia di Avellino
deve bonificare e mettere in sicurezza idrogeologica una discarica e dintorni. I soldi, 100
mila euro, ci sarebbero anche
nel bando di un mese fa. Ma il
a cura di fd’e
foto di Umberto Pizzi
UN LIBRO
UNICO
Franca Chiaromonte, già parlamentare di sinistra, ha scritto un bellissimo libro sulla
malattia che la
colpì nel 2004,
bloccandole il
linguaggio e la
scrittura. Alla
presentazione
a Roma anche
l’ex dalemiano
Velardi
progetto deve essere presentato in 21 giorni (perché la Fondazione protesta, in un primo
momento ne bastavano 10).
Ma per Tomasi non bastano
ancora: “Ci prendono in giro?
Ventuno giorni per il progetto
di bonifica sono pochi. Il sospetto che il progetto ci sia già,
che sappiano a chi assegnare i
lavori, è forte. E allora facessero
la chiamata diretta per emergenza, invece di prenderci in
giro con gare finte”.
Twitter @viabrancaleone
SORRISI
Chiaromonte
abbraccia Veltroni. L’opera è
stata scritta
con Antonia
Tomassini, che
ha aiutato la
parlamentare
nella sua riabilitazione
W IL PCI
Anche Aldo
Tortorella, antico esponente
del Pci, alla
presentazione.
Franca è figlia
di Gerardo,
storico migliorista insieme
con Giorgio
Napolitano
MALGRADO GIOVANNA
Veltroni è stato l’ospite d’onore, malgrado Giovanna
Melandri padrona di casa al Maxxi. Il libro si chiama
“Il Parlamento non è un pranzo di gala” (Rubbettino)
ALLA RIBALTA
Teatro Valle, in scena l’autogol di Marino
di Lorenzo Galeazzi
“dell’esperienza di gestione informale” degli occupanti e di quanto di buono “ha prodotto in terome è triste la prudenza” recita lo striscione mini di innovazione teatrale, culturale, gestionaappeso nella sala settecentesca occupata tre le e sociale”. Nello studio, che il Fatto ha letto in
anni fa da un collettivo di artisti e lavoratori dello esclusiva, c’è scritto: “È importante consentire ai
spettacolo. Ed è quello che deve aver pensato valori e all’esperienza che Tvbc (Teatro Valle BeIgnazio Marino quando, dopo mesi di silenzio, ha ne comune, il soggetto giuridico elaborato dagli
annunciato che il tempo è scaduto: “Il teatro Valle occupanti, ndr) ha prodotto, di essere parte del
deve tornare libero”. Nessuna
codice genetico della futura soluzione gestionale”.
forma di mediazione e, una volSarà anche a causa delle dimista sloggiati gli attivisti, semafoA CARTE COPERTE
sioni di chi aveva commissionaro verde a una gara per assegnato il rapporto, l’ex assessore alla
re il prestigioso palco nel centro
Il sindaco di Roma
Cultura Flavia Barca (che se n’è
della Capitale.
andata a fine maggio senza esEppure da metà giugno negli ufnasconde il dossier della
sere stata ancora sostituita), ma
fici del Comune di Roma c’è un
sua giunta che prevede
corposo dossier, commissionaper il momento Marino ha deciso di tenere il rapporto in un
to dall’amministrazione a un
la partecipazione
cassetto. Così, venerdì scorso,
gruppo di esperti, che suggerisce delle soluzioni molto diverannunciando l’indizione di una
degli occupanti
se: qualsiasi ipotesi sulla futura
gara pubblica d’intesa col minialla gestione futura
stero delle Attività culturali, il
governance deve tener conto
C
primo cittadino ha intimato agli occupanti di
“rendere al più presto disponibile la struttura per
favorire il processo di rilancio del prezioso spazio
culturale”. Parole che non sono piaciute al gruppo che autogestisce la sala: “Marino si assuma la
responsabilità politica di sgomberarci con la forza pubblica”.
IL DOSSIER è stato commissionato lo scorso mar-
zo dall’ex titolare della Cultura dopo l’impasse
istituzionale generata dal rifiuto del Prefetto di
Roma, Giuseppe Pecoraro, di riconoscere la Fondazione Teatro Valle Bene comune come soggetto
giuridico accreditato alla gestione della struttura.
Assieme alla Barca, cinque esperti, Franca Faccioli (docente di Comunicazione pubblica), Mimma Gallina (consulente e organizzatrice teatrale),
Christian Iaione (professore di Diritto pubblico),
Alessandro Leon (presidente del Centro ricerche
Problemi del Lavoro), Marxiano Melotti (docente
di Sociologia della cultura) hanno fatto una serie
di incontri con le principali istituzioni culturali
della città fra cui Teatro di Roma, Filarmonica romana, Agis oltre che gli occupanti. Il risultato sono 97 pagine in cui si delineano soluzioni gestionali per il futuro dello spazio prevedendo un coinvolgimento degli attuali occupanti alla luce dei loro risultati. Quali? Per i “saggi”, il merito principale è di avere portato nuova gente a teatro, bilanciando così “l’illegalità determinata dall’occupazione” e “l’evasione dei diritti d’autore Siae”.
Le ipotesi di gestione delineate sono tre: affidamento del palcoscenico al Teatro di Roma con
“successivo finanziamento di progetti di valorizzazione triennali a soggetti nonprofit”; affidamento della sala a un “singolo ente nonprofit per
un congruo numero di anni, a seguito di un bando
di evidenza pubblica”; concessione della struttura
a un “consorzio che includa le principali organizzazioni teatrali non riconosciute della città”.
Peccato che Marino voglia un bando di gara puro
e semplice, neanche rivolto a realtà del terzo settore, che, secondo fonti qualificate del Comune,
ha tutte le sembianze di una privatizzazione.
ALTRI MONDI
il Fatto Quotidiano
Pianeta terra
MERCOLEDÌ 9 LUGLIO 2014
17
EBOLA I MORTI SONO OLTRE 500
Cinquanta nuovi casi di Ebola sono stati registrati dal 3 luglio in Sierra Leone e Liberia. Finora ci sono stati 844 casi di contagio nell’epidemia e 518 persone sono morte. Ebola provoca
emorragie interne e al momento non esiste una
cura contro la malattia. Ansa
SOMALIA ASSALTO DEGLI SHABAAB AL PARLAMENTO
Il Palazzo presidenziale a Mogadiscio è stato attaccato dagli Shabaab: un’autobomba sarebbe esplosa all’ingresso permettendo ai
miliziani di entrare ingaggiando scontri a fuoco; il presidente Hassan
Sheikh Mohamud era asserragliato nella sua residenza. Ansa
OBAMA 4 miliardi di $
per l’immigrazione
uattro miliardi di dollari. Questa la cifra chiesta
Q
da Obama al Congresso per far fronte all’emergenza immigrazione, soprattutto quella legata ai
bambini che arrivano sul territorio americano senza
genitori. Alla cura di questi ultimi andrebbe indirizzata almeno metà della somma, mentre l’altra metà
servirebbe a potenziare l’attività di controllo lungo la
frontiera grazie all’utilizzo di più poliziotti, giudici
esperti in immigrazione, reparti di sorveglianza aerea
e nuove strutture per la detenzione dei clandestini. Da
un lato, dunque, un approccio più “aggressivo” per
affrontare la crisi, dall’altro, la necessaria attenzione
ai tanti minori. L’annuncio della Casa Bianca è arrivato prima della partenza del presidente per il Texas
dove incontrerà, in forma privata il governatore Rick
Perry, che aveva rifiutato di accoglierlo all’arrivo
dell’Air Force One per una foto con stretta di mano.
Angela Vitaliano
AZIONE E REAZIONE
L’esplosione di una bomba lanciata nella
zona sud della Striscia e una batteria anti-missile Iron Dome. Ansa/LaPresse
GUERRA DI RAZZI E SANGUE
GLI ISRAELIANI RISPONDONO AI MISSILI CHE PIOVONO SU GERUSALEMME
E TEL AVIV: ALMENO 16 MORTI SEGNANO L’INIZIO DELL’OFFENSIVA DELL’ESERCITO
Farage e Grillo Ansa
di Roberta Zunini
I
bagnanti che affollano le
spiagge di Tel Aviv hanno dovuto lasciare di
corsa i loro asciugamani
e cercare i rifugi più vicini. Che,
nella capitale commerciale e
della movida israeliana, sono
pochi. Nessuno, nemmeno gli
strateghi delle forze di sicurezza, fino a un anno e mezzo fa,
avevano creduto all’ipotesi che
Hamas potesse essere in grado
di lanciare anche un solo razzo
sulla città più internazionale e
turistica di Israele. Poi, il 14 novembre del 2012, durante l’operazione “Pillar of Defence”, i responsabili militari del movimento che governa la Striscia,
decisero di innalzare il livello di
scontro e lanciarono per la prima volta razzi Fajr-5 di provenienza iraniana sulle due “capitali”: Tel Aviv e Gerusalemme.
MISSILI che vennero intercettati dal sistema Iron Dome. Oggi la
storia si ripete: le sirene hanno
suonato ancora a Tel Aviv e nell'area di Gerusalemme e il sistema antimissilistico ha fatto il
suo dovere. Una storia di sangue
e ritorsioni che si sta ripetendo
con cadenza sempre più ravvicinata, anche per quanto riguarda la risposta israeliana che, per
volere del premier Netanyahu,
inizialmente sarebbe dovuta essere più sobria che in passato.
Hamas però è entrata da circa
un anno, a causa dell'indebolimento del suo sponsor principale, cioè il regime siriano, e dell'impegno sul fronte iracheno
dell'altro mentore, l’Iran, nella
fase del “non abbiamo più nulla
da perdere”. Né politicamente,
né economicamente, a causa
dell'assedio navale, terrestre e
marino da parte di Israele e di
quello egiziano sulla frontiera
meridionale della Striscia al
confine con il Sinai dove, grazie
ai tunnel scavati sotto il valico di
Rafah, è sempre passato di tutto:
dal cibo alle armi. Ma ora che
l'uomo forte del Cairo, il generale Al Sisi, ha dichiarato guerra
alla fratellanza musulmana, di
cui Hamas è una costola, la situazione è diventata sempre più
critica per i radicali islamici, in
termini di consenso interno.
L’operazione lanciata da Israele
si chiama “Edge of defence”, limite di sicurezza, ma il risultato è
sempre lo stesso: morti e feriti
SIRENE SPIEGATE
Per la prima volta
l’allarme è risuonato
anche nella città sacra
alle 3 religioni
monoteiste. Si prepara
l’invasione di terra
anche tra i civili. Finora i morti
sarebbero 17, la maggior parte
militanti di Hamas. Mentre si
attende che Netanyahu annunci
l'ingresso dell'esercito nella Striscia, dal cielo per tutta la giornata sono piovute bombe: “Non
hanno smesso mai di bombardare ogni angolo della Striscia”,
ha detto al Fatto il corrispondente palestinese del Guardian a Gaza, Hazem Balousha.
Sarkozy, l’Ump e il riflesso
berlusconiano anti-giudici
di Laetitia Méchaly
uello che non voglio è la berlusconisation del
Q
nostro paese, che i valori principali della
Repubblica, della giustizia e dello stato di diritto
sian messi in discussione. Così il premier francese Manuel Valls ha commentato gli affari giudiziari che ruotano attorno all’ex-presidente
Nicolas Sarkozy. Paragone indovinato dato che
la campagna di vittimizzazione del leader
dell’Ump, cominciata da qualche giorno, è piena di temi non originali e molto simili a quelli
dell’ex premier italiano: politicizzazione della
magistratura, accanimento contro la sua persona, violazione della privacy con ascolto delle sue
conversazioni più intime, “i giudici sono dei petits pois (riferimento alla grandezza del loro cervello, ndr), faccio tutto per il popolo perché amo
il mio paese, ecc... (non parla della famiglia e dei
figli perché in Francia questi argomenti non
fanno presa, ndr)”.
Ma Sarkozy non possiede l’impero mediatico
Sarkozy e Berlusconi Ansa
che invece il suo alter ego Berlusconi ha. È ovvio
quindi per lui utilizzare ogni mezzo per coinvolgere il popolo francese, facendolo sentire vittima come lui, o un malato da curare, come
quando i suoi sostenitori avevano lanciato una
campagna di raccolta fondi per salvare il partito
in rovina, chiamandola infelicemente “Sarkothon” con riferimento a “Telethon”, associazione che ogni anno raccoglie fondi per la ricerca
scientifica (avevano ottenuto 11 milioni di euro
in 8 settimane). O in occasione di una festa di
partito organizzata per chiedere il suo ritorno in
politica, dove gli invitati gridavano il suo nome e
“La Francia ha bisogno di un vero uomo di stato.
Sarkozy è l’unico che ci può salvare, perché è un
uomo che non rinuncia mai”.
CHE SARKOZY sia una versione in scala ridotta
di Silvio Berlusconi è evidente, ma l’ex presidente non potrà, almeno per ora, cambiare le mentalità, per farlo dovrà avere una potenza mediatica che non sarà mai compatibile con l’attività
politica. E se mai l’avrà, forse non basterà nemmeno, in un paese coma la Francia, dove il caporedattore del giornale satirico Le Canard Enchaîné, che ha portato alla luce parte degli scandali dell’ex presidente, afferma che “è difficile sostenere l’esistenza d’una cospirazione quando
hai accumulato tanti processi”, ‘trucco’ che Berlusconi ha utilizzato tante volte per confermare
la sua innocenza. Tanto più che i problemi della
Francia non ruotano intorno a quelli di Sarkozy;,
bensì di Marine Le Pen, leader del Front National,
che utilizza i guai del rivale per attirare voti dei
delusi del centrodestra. Ragione in più per Sarkozy di mettersi da parte se, come dice, ama veramente la Francia. Ma lo farà?
TRUCCHI CONTINENTALI
La rabbia dei 5Stelle
rimasti a mani vuote
all’Europarlamento
ESCLUSI DA TUTTE LE COMMISSIONI,
PROMETTONO BATTAGLIA, MA “DEMOCRATICA”
di Andrea Valdambrini
ono durissime le reazioni degli eurodeputati 5 Stelle il giorno
S
dopo l’esclusione da tutte le cariche istituzionali al Parlamento europeo. Niente presidenza della commissione Petizioni
per Eleonora Evi, niente vice-presidenza per Dario Tamburrano
all’Industria, Giulia Moi all’Agricoltura, Marco Affronte alla Pesca. Altro che cordone sanitario contro gli euroscettici di Farage,
protesta il capodelegazione a Strasburgo Ignazio Corrao. Popolari, Socialisti e Liberali “sembrano aver scambiato la democrazia con l’oligarchia”, dice, e “andrebbero rispediti alla scuola
elementare a studiare il significato delle parole”.
“In questo modello di Europa non è consentita la legittima critica, e le minoranze vengono escluse dalle cariche istituzionali”,
ha sottolineato il 5 Stelle eletto a Roma Dario Tamburrano intervenendo di fronte ai colleghi eurodeputati durante la riunione di commissione a Bruxelles. “Stiamo parlando del Movimento 5 Stelle, che è pur sempre il secondo soggetto politico
italiano”. Anche la milanese Eleonora Evi, vittima illustre
dell’alleanza tra i maggiori partiti, ha denunciato dopo la bocciatura della sua candidatura la violazione della prassi che ha
sempre garantito quote alla minoranza. “La nostra esclusione
tradisce una certa confusione da parte dei colleghi”, ci spiega Evi
a fine giornata. La sua candidatura è stata in realtà sostenuta dai
voti Verdi e Ecr - gruppo che fa capo ai Tories inglesi - in commissione Petizioni. “Poi, una volta bocciata, quando il collega
Tim Aker (Ukip, partito alleato con i 5 Stelle nel gruppo Efdd) ha
fatto il mio nome per le vice-presidenza, i voti sul mio nome
sono perfino aumentati”. Un segno che non tutti hanno approvato la prova di forza della maggioranza. E che questa mossa
inconsueta potrebbe rivelarsi un boomerang.
Cosa si fa adesso? Cambierà l’atteggiamento dei grillini a Strasburgo? “Stiamo discutendo, non abbiamo ancora deciso”, dicono gli europarlamentari. “Abbiamo preso atto di un modo di
fare totalmente antidemocratico. Quindi starà a noi rispondere
proprio con la democrazia”, taglia corto Ignazio Corrao.
Intanto l’alleato Nigel Farage ha detto che vorrebbe aumentare
lo stipendio dei parlamentari inglesi (aumentandolo del 30%
dalle attuali 67mila sterline, circa 80mila euro), ma solo se la
Gran Bretagna uscirà dall’Unione: “Se avessimo un Parlamento
sovrano che davvero governasse il paese non avrei problemi a
pagare di più i parlamentari. Ma poiché il 75 % delle nostre leggi
vengono fatte a Bruxelles, per ora niente aumento”.
18
MERCOLEDÌ9LUGLIO 2014
I MONDIALI
DEL FATTO
SPORT.SPETTACOLI.IDEE
SAN PAOLO, STASERA SFIDA OLANDA-ARGENTINA
MESSI CONTRO VAN GAAL PER UN POSTO IN FINALE
IL CLAMOROSO TRACOLLO DEI PADRONI DI CASA
FA SCATENARE TWITTER IN TUTTO IL MONDO
Gli orange e i biancocelesti si contendono l’altro posto
per la finalissima (ore 22, Sky e Rai): l’Argentina non vince
il trofeo dal 1986, l’Olanda è arrivata seconda ben tre volte
L’ironia sul web: “Ok, ora mischiamo le squadre”,“Blatter sul 7
a 1: chi segna questo vince”,“Il Maracanazo adesso è come
la favola della buonanotte”,“Germania: soluzione semifinale”
A pezzi il dio del Brasile
La Germania lo demolisce
INCREDIBILE UMILIAZIONE. I TEDESCHI ANNIENTANO LA SELEÇÃO DAVANTI AL SUO PUBBLICO CON UN PUNTEGGIO MAI VISTO
FINISCE 7 A 1, CON CINQUE RETI TRA L’UNDICESIMO E LA MEZZ’ORA DEL PRIMO TEMPO. MOLTO PEGGIO DEL “MARACANAZO”
A
di Roberto Beccantini
ltro che Maracanzo. È stato peggio, infinitamente peggio. Un bombardamento a tappeto, ecco
cos’è stato. La gente ha abbandonato le macerie
del Brasile dopo mezz’ora. C’era solo la Germania, in campo. E il risultato era questo: Brasile
zero Germania cinque. E alla fine, per la cronaca
e per la storia – soprattutto per la storia – Brasile
uno Germania sette. Robe dell’altro mondo.
La squadra di Scolari è esplosa addosso ai propri
limiti, alle proprie tensioni, alle proprie lacrime.
Mai vista una resa del genere. Assoluta, mortificante. D’accordo, Thiago Silva era squalificato
e mancava Neymar, rotto da Zuniga. Il perno
della difesa e la scintilla d’attacco. Dante e Bernard, i sostituti, sono stati spazzati via: letteralmente. Fanno sorridere, alla luce dello scarto, i
sospetti e le malizie che avevano accompagnato
la designazione dell’arbitro, quel Rodriguez Moreno che aveva cacciato Marchisio in Italia-Uruguay.
Che Germania, ragazzi. Ha lasciato agli avversari
cinque minuti di briciole e poi se li è mangiati.
Così: 11’, angolo di Kroos, blocco di Klose su
David Luiz, Thomas Muller, libero, non perdona, 0-1; 23’, azione “alla mano”, Klose tira su Julio
Cesar, cattura, il rimbalzo e infila, 0-2; 25’, Lahm
scende sulla sinistra, Muller svirgola il controllo,
Kroos, liberissimo, non può esimersi, 0-3; 26’,
ancora Brasile allo sbando, ancora Kroos nel
burro, 0-4; 29’, Ozil scarica su Khedira, l’area è
spalancata, la mira diventa una formalità, 0-5.
Non è facile spiegare, razionalmente, la mattanza
di Belo Horizonte. Si pensava che le assenze
avrebbero spinto la seleçao a dare il massimo. Di
solito, l’abbraccio Nazione-Nazionale funziona.
Di solito. Non questa volta.
I tedeschi sono all’ottava finale: ne hanno vinte
tre e perse quattro. Ai Mondiali del 2006, Loew
era il vice di Klinsmann. Ha portato avanti l’evoluzione tattica, mentre la Federazione ricostruiva vivai e accademie. Largo ai giovani. Se il Brasile si è europeizzato fin troppo, la Germania ha
scelto la strada del
palleggio già prima
che Guardiola sbarIL NUOVO KAISER
casse al Bayern.
Non ha fuoriclasse,
A 36 anni, con 16 gol
ma ottimi elementi:
come Muller, punta
Miroslav Klose
mobile e multi-uso,
stacca anche Ronaldo:
come Kross, marcato stretto dal Real. A
è il miglior marcatore
36 anni, e con 16
gol, Klose ha staccain assoluto nella storia
to Ronaldo (15): è
della Coppa del Mondo
tutto suo, e solo suo,
il trono dei cannonieri mondiali.
La ripresa conta solo per i topi d’archivio. Ramires e Paulinho avvicendano Hulk e Fernandinho. Loew, da parte sua, richiama Hummels e
sguinzaglia Mertesacker. Sono proprio i nuovi,
Ramires e Paulinho, a stuzzicare i riflessi felini di
Neuer.
AL NETTO dell’enfasi, non ricordo un disastro
così mortificante, così totale. Del resto, per issarsi
in cima al mondo il Brasile ha avuto bisogno di
Pelé e Garrincha (1958, 1962), di Pelé, Rivelino e
Tostao (1970), di Ronaldo, Ronaldinho e Rivaldo
(2002), e di una manciata di rigori (1994, con
l’Italia). Nel suo corpo hanno sempre convissuto
e combattuto due anime: l’allegria del superfluo,
l’allergia al concreto. Scolari è stato colui che, come e più di Carlos Alberto Parreira negli Stati
Uniti, ha cercato di «militarizzarne» l’approccio,
la filosofia, venendone stritolato.
Brasile kaputt, dunque. Era già successo, ma non
in maniera così feroce, così atroce. I poveri di
spirito la chiameranno fatalità, sordi alla saggezza
dei vecchi: «Puoi anche alzarti molto presto, ma il
tuo destino s'è alzato un'ora prima».
Non sarà semplice sopravvivere alla baraonda
emotiva di un simile macello. Dopo il “Maracanazo” del 16 luglio 1950, quando l’Uruguay di
Schiaffino e Ghiggia ne punì l’arroganza tattica,
visto che un pareggio avrebbe garantito comunque la coppa, il Brasile pianse se stesso e, come
bersaglio contro cui sfogarsi, scelse il portiere:
Moacir Barbosa.
Quel Brasile peccò di superbia. Questo, viceversa,
ha pagato la modestia delle idee e del gruppo. La
traversa di Pinilla, agli sgoccioli dell’ottavo con il
Cile, fu un segnale che le parate di Julio Cesar e
l’esuberanza di David Luiz hanno poi nascosto
all’euforia di massa, e pure al nostro pronostico.
Penso a Fred, e mi viene in mente il Serginho del
1982, ma è stato tutto il palazzo a crollare: non
solo un inquilino, non solo un reparto. Tutto.
Tutti. La Germania aveva patito l’Algeria fino ai
supplementari, e con la Francia si era imposta di
testa, un classico, e di misura. La doppietta di
Schurrle, sostituito di Klose, e il golletto di Oscar
appartengono ai risultati che resteranno tatuati,
nei secoli, sulla pelle dei protagonisti, e non solo.
DISFATTE
Brasile kaputt. Era già
L
successo, e in maniera Dal disastro del 1950 alle beffe dell’82 e del ’90
ancora più feroce, più atro-
ce. Come l’Uruguay a Rio, la
Germania di Belo Horizonte
ha strangolato il sogno della
Nazionale-Nazione. I poveri
di spirito la chiamano fatalità, sordi alla saggezza dei
vecchi: «Puoi anche alzarti
molto presto, ma il tuo destino s'è alzato un'ora prima».
NON SARÀ facile sopravvi-
vere alla baraonda emotiva.
Dopo il «Maracanazo» del 16
luglio 1950, quando Schiaffino e Ghiggia ne punirono
l’arroganza tattica, visto che
un pareggio avrebbe garantito comunque la coppa, il
Breve storia delle cadute dei “verdeoro”
Brasile pianse se stesso e, come bersaglio contro cui sfogarsi, scelse il portiere: Moacir Barbosa.
Quel Brasile peccò di superbia. Questo, se mai, di modestia. La traversa di Pinilla,
agli sgoccioli dell’ottavo con
il Cile, fu un segnale che le
parate di Julio Cesar e l’esuberanza di David Luiz hanno
poi nascosto all’euforia di
massa.
Neymar non c’era, rotto da
Zuniga. Thiago Silva era
squalificato. L’idea blasfema
che la Fifa potesse cancellare
la sentenza, altro non è stata
che un’arma di distrazione.
Funzionò a Santiago, nel
1962, dopo la semifinale con
il Cile. Garrincha, espulso,
venne miracolosamente e
scandalosamente riqualificato per la finale con la Cecoslovacchia. C’era Amarildo
al posto di Pelè, infortunato,
il Brasile vinse 3-1. Con “Mané” migliore in campo.
Ecco: per issarsi in cima al
mondo il Brasile ha avuto bisogno di Pelé e Garrincha
(1958, 1962), di Pelé, Rivelino e Tostao (1970), di Ronaldo, Ronaldinho e Rivaldo
(2002), e di una manciata di
rigori (1994, con l’Italia).
NEL SUO CORPO hanno
sempre convissuto e combattuto due anime: l’allegria
del superfluo, l’allergia al
concreto. Fiutato il pericolo,
Scolari è stato colui che, come e più di Carlos Alberto
Parreira negli Stati Uniti, ha
cercato di «militarizzarne»
l’approccio, la filosofia.
Il sacco uruguagio incarna e
riassume la romanzesca tendenza del Brasile al suicidio.
Nel 1982, al Sarrià, sarebbe
bastato un pareggio per eliminare l’Italia di Bearzot.
Nel 1990, a Torino, la Nazionale di Lazaroni dominò
l’Argentina per 90 minuti
meno un episodio: il gol di
Caniggia su assist di Maradona. Assist di destro, addirittura. Nel 1996, all’Olimpiade di Atlanta, non fu sufficiente portarsi sul 3-1 per
guadagnare la finale: quando
mancavano dodici minuti, e
sembrava fatta, la Nigeria di
Kanu s’inventò una rimonta
impossibile fino al 4-3.
BRASILE-GERMANIA fu la
«bella» di Yokohama. Il ct
era Scolari, proprio lui. I tedeschi dovettero rinunciare
al loro leader, Ballack, squalificato: corsi e ricorsi. Risolse una doppietta di Ronaldo.
Pianti e rimpianti. Bisognerebbe essere Kipling per
uscirne in bellezza, “Se saprai
confrontarti con Trionfo e
Rovina e trattare allo stesso
modo questi due impostori”,
ma temo che, in questo momento, i brasiliani stiano
pensando a tutt’altro.
R. Bec
il Fatto Quotidiano
MERCOLEDÌ 9 LUGLIO 2014
19
COPPA
CABANA
DAY AFTER
L’incanto svanisce
torna la rabbia
di Stefano Citati
pastavano la sabbia davanti ai megaschermi sulla spiaggia simbolo di Copacabana. Bandiere
dopo soli 45 minuti sgorgarono la- venivano bruciate a San Paolo insieme a cascrime da 400 milioni di occhi, da sonetti e tafferugli con le forze dell’ordine (così
quelli di Neymar sugli spalti a quelli come a Recife), ironie feroci correvano sul web,
dei compagni di squadra negli spo- attraverso gli stessi strumenti che l'anno scorso
gliatoi, a quelli di tutto un popolo. E tanto si- durante la Confederations cup, prova generale
lenzio, attonito, di un’intera nazione. È il Mi- del Mondiale, aveva chiamato all'adunata mineirãzo 64 anni dopo l'Uruguay al Maracanà. È la lioni di giovani che protestavano contro i rincari
sera della debacle verdeoro nello stadio Minei- dei mezzi pubblici e i pochi sussidi dati ai meno
rão di Belo Horizonte, che non è stato affatto abbienti, e contro lo spreco di miliardi di reais
bello e si è trasformato in un muro invalicabile buttati nei faraonici impianti per il campionato
che ha cancellato il futuro e la finale attesa da del Mondo e le Olimpiadi del 2016. E poi lo
tutti i brasiliani. Si è consumato ieri un evento sgombero di intere favelas, per togliere alla vista
meno tragico, ma ancor più
dei turisti le miserie disordinaumiliante sul campo dello
te delle metropoli come Rio, e
shock nazionale della sconfitta
ancor più per favorire specuRISVEGLIO AMARO lazioni edilizie a nove zeri.
inattesa del 1950. Fu chiamato
il giorno dei suicidi, delle morti
Come già un anno
IL BRASILE RISCHIA OGGI di
per infarto, per l'incredibile
risvegliarsi più povero di sogni,
che era accaduto.
fa il tifo lascia
orgoglio e di soldi e di vedere
Oggi invece potrebbe essere il
il posto alla protesta
tutto insieme l'altra faccia della
giorno del ritorno della rabbia,
medaglia che non sarà d’oro, il
dell’esplosione del vaso di Panper il caro-vita
bicchiere
improvvisamente
dora delle proteste, delle frumezzo vuoto e pieno di lacrime
strazioni, delle magagne che
e gli sprechi miliardari
anche di rabbia. Tanto più a veera stato tappato dall'avvio vitdi Mondiali e Olimpiadi der giocare stasera i cugini artorioso della nazionale e dalla
gentini che potrebbero battere
cavalcata seppur non trionfale
l'altra europea, l'Olanda, e ardi Neymar e compagni e che
rivare alla finale alla quale sono
non doveva aver fine.
ormai esclusi gli ospiti di casa.
Cancellate per oltre tre setti“Il Brasile prende la batosta
mane le manifestazioni di piazpeggiore della sua storia”, titola
za che avevano avuto la loro ulla Folha di San Paolo, uno dei
tima fiammata nel giorno
principali quotidiani dell'Ameinaugurale. Poi più niente. Sorica latina. Ma è uno dei titoli
lo cori allo stadio, folle che
più morbidi. “Vessazione”, la
sciamano per le città ‘mondiadefinisce Estadao. “Vergogna”,
li’, tutte le energie concentrate
è invece il titolo del Globo, altro
nel seguire e tifare i colori della
quotidiano tra i più importanti
maglia. Un miracolo ipnotico
dell'intero Continente.
che potrebbe essersi infranto
Anche se ieri sera non tutto era
ieri sera, prima con l'ammutodolore,
e
l’incredulità
limento generale e dopo, al ridell’uno-due-tre-quattro-cinsveglio, con il constatare che
Una tifosa a San Paolo LaPresse que del 1° tempo si era trasforsenza il tricolore magnetico
mata in ironia, in un tifo al converde-oro-blu la realtà è tornata quella affatto bella di prima, di tutti i giorni trario per i tedeschi, uno sfogo d’allegria nervosa
nelle piazze del quartiere di Lapa, quello della
prima.
La partita non era ancora finita che già i siti dei samba, dei localini, ma anche quello dove più
giornali titolavano sulla disfatta: “La vergogna”. intense e continue erano state le proteste contro
La vergogna di 200 milioni di persone che in il governo, dove la presidentessa ex guerrigliera
pochi minuti hanno visto sfumare il sogno di Dilma Rousseff era stata deposta dal piedistallo
una finale e tornano a casa con la più grande della popolarità con raffiche di slogan e salve di
sconfitta della loro storia. Sulle facce dei tifosi critiche per la gestione di un gigante economico
sono disegnate le lacrime là dove si è fermata la dove le sperequazioni sociali restano evidenti. E
leggenda del loro calcio. Ma già ieri sera non era da oggi il tifo si potrebbe trasformare ancora una
solo tristezza e dolore, con le lacrime che im- volta in protesta.
E
SOMMERSI
La disperazione
dei giocatori brasiliani dopo uno
dei gol della disfatta. In alto, la
gioia di Toni Kroos e Miroslav
Klose autori di tre delle sette reti
che hanno sommerso il Brasile.
L’attaccante della Lazio, al sedicesimo centro, è il miglior marcatore della storia dei Mondiali Ansa/LaPresse
di Oliviero
Beha
Il Re denudato
dai panzer
IN POCHI minuti vengono fuori tutti i
meriti della Germania e tutti i demeriti
del Brasile, e si incontrano in una famosa
favola di Andersen, “I vestiti nuovi
dell’Imperatore”, quella del bambino che
vede il re come è davvero, cioè nudo. Difesa sconclusionata, centrocampo misero,
attacco inesistente con il povero fischiatissimo Fred sfigato manovale nel ruolo
che fu dei grandi nellaleggenda. Di contro
la Germania com’era attesa, almeno da
coloro che si intendono un minimo di
scienza rotonda, pronta a occupare tecnicamente,tatticamente e atleticamente
ogni zona del campo. Di qui un “massacro” immediato, questo sì al di là delle
previsioni.E adesso vai con il lutto nazionale, perché perdere a Belo Horizonte una
semifinale per 7-1 non fa statistica bensì
tragicommedia. Figuriamoci tutti i problemi socio-politico-economici che simile
cappotto evidenzierà: mi chiedo se la
Rousseff domenica rischierà di consegnare la Coppa ad altri che non siano i suoi
connazionali, e se da questo ricaverà una
maledizione elettorale.Tra i pianti e le incazzature di uno stadio e di un Paese intero stravince la logica, quella che sembra
così distante dalla magica formula di “la
palla è rotonda”, verissima ma ahimè insufficiente a spiegare davvero la maggior
parte delle partite. Come neve al sole si
sono sciolti i timori nei confronti dell’arbitro messicano, semplicemente un arbitro assai modesto e adatto più al livello
mediocre del Brasile che all’eccellenza
odierna della Germania. Così come pienamente all’altezza della situazione, ma
in negativo, cioè dei brasiliani, sono stati i
nostri esperti, commentatori e telecronisti: quello che ad esempio han saputo
sciorinare durante il primo tempo il duo
Caressa-Bergomi dovrebbe trionfare nelle
scuole di giornalismo, come un valore aggiunto spettacolare che schiaffeggia ogni
genere di cronaca e di competenza.
CHAPEAU ai nostri “brasiliani d’Italia”. E
certo se pensiamo a come sacrosantamente sono stati spernacchiati gli italiani
di Prandelli che pure ancora ha il coraggio
di straparlare, adesso a Scolari e ai suoi li
aspetta un Carnevale di Rio al contrario.
Forse il fatto di dover vincere per forza ha
insieme illuso e tradito, e dopo qualche
mezza partita intorno alla decenza e a
Neymar e a Thiago Silva, ieri fuori, la Germania ha davvero soltanto fatto il lavoro
così ben descritto da Hans Christian Andersen. In fondo non è una fiaba anche il
calcio? E allora di che cosa stiamo parlando?
www.olivierobeha.it
20
SECONDO TEMPO
MERCOLEDÌ 9 LUGLIO 2014
il Fatto Quotidiano
SICILIA
MONDO
F. Scianna. Palazzo Taverna, Roma,
fino al 18 luglio
FOTOGRAFIA
Potenza della fede
Richiamo di Sicilia
IN MOSTRA GLI SCATTI DI FERDINANDO SCIANNA:
FESTE RELIGIOSE, RITI COLLETTIVI E IPNOSI
di Claudia Colasanti
D
ue anni fa, durante
un’intervista, Ferdinando Scianna
rivelò di non sapere
in cosa consistesse la ‘presunta’
originalità delle sue fotografie.
E aggiunse, generosamente:
“L’originalità è sempre negli occhi di chi guarda”. Eccessivamente modesto, nato a BagheIL FUMETTO
ria nel ’43, tra i fotografi italiani
più celebri nel mondo, il primo
a entrare all’agenzia Magnum
Photos e a vincere il Premio Nadar. Tanto discreto da nascondere anche a se stesso le infinite
combinazioni di lucidità e tecnica figurativa di cui è capace e,
soprattutto, la spiccata intuizione antropologica, due requisiti
che insieme disegnano la potenza visiva di ogni scatto, sin
dall’inizio della sua carriera
(che i genitori speravano fosse
un’altra), negli anni Sessanta.
Un sussulto nella bellezza e nella definizione dei riti collettivi –
di Sicilia Mondo (e del mondo) –
visibile in circa trenta fotografie
in bianco e nero - fino al 18 luglio, presso la Galleria Emmeotto – nelle sale della dimora
storica di Palazzo Taverna, a
Roma.
GLI SCATTI di quel periodo, e di
di Stefano
Feltri
I supereroi Marvel
e il libero arbitrio
LA CROCIATA DELL’INFINITO
di Jim Starlin, Ron Lim e Al Milgrom, Panini Comics,
256 pag., 20 euro
CHISSÀ CHE FACCIA hanno fatto i dirigenti
della Marvel Comics quando Jim Starlin ha
proposto qualcosa come: “Voglio fare una
grande saga cosmica sul libero arbitrio”. Erano
gli anni Novanta, qualunque obbrobrio a fumetti che arrivasse in edicola vendeva come un
best seller. Questo ha spinto la Marvel a sommergerci di prodotti dozzinali ma ha anche
creato le premesse per la nascita di opere che
in un contesto diverso forse non avrebbero mai avuto il placet
come, appunto, la Crociata dell’infinito. È il terzo episodio di un
affresco con cui Jim Starlin ha preso alcuni personaggi minori
degli anni Settanta (del genere che gli autori inventavano sotto
effetto di Lsd) e li ha trasformati in divinità, ha declinato un
universo alla Flash Gordon nello sfondo per gli unici fumetti
filosofici mai prodotti dalla Marvel. Al centro c’è Adam Warlock,
uno strano dio biondo – una specie di Cristo dell’universo Marvel – che ha sconfitto il suo lato oscuro (il Magus) in una precedente saga. Ora prende il sopravvento la sua parte migliore, la
quella Sicilia, rientrano nella
narrazione, nel genere reportage, non lo stesso che ritraeva direttamente i fatti mafiosi, come i
tanti corpi palermitani crivellati, della conterranea illustre Letizia Battaglia. La sua Sicilia riguarda l’impressionante, teatrale da sempre, aspetto devozionale: quelle feste religiose radicate nella tradizione dell’isola,
dove chiunque si trova coinvol-
to in un’ipnosi collettiva, dentro
scie di affollati pellegrinaggi
notturni, come quello per i santi
Alfio, Cirino e Filadelfo al santuario di Tre Castagni o a Baucina dove si celebra un’interminabile processione, per la miracolosa Santa Fortunata. Scianna
ha ritratto i molti volti di
quell’umanità incerta, gruppi di
uomini e donne felici o disperati, bimbi lanciati verso forcoli
TEATRO
di Camilla
barocchi, con all’interno busti
d’oro e gemme preziose e reliquie di sante per ottenere grazie,
durante le feste religiose. Scatti
non solo documentativi – e senza tempo – poiché bloccano con
astuzia, in un soggetto o nello
sguardo, quella stratificazione
di credenze, speranze e rigide
convinzioni sociali. Lo rivelò nel
’65 Leonardo Sciascia, che corredò con le immagini di Scianna
IN MOSTRA c’è anche la Sicily
costruita su misura per alcune
campagne pubblicitarie di Dolce&Gabbana. Una scelta indovinata: anche in tale contesto,
Scianna assembla e inventa, con
gli ingredienti che ben conosce,
l’immagine più efficace sia per i
committenti, che per la contemporanea Trinacria.
Tagliabue
Giorgio Ambrosoli
tra musica e ricordo
© Giorgio Ambrosoli
Milano, piazza Affari, 11 luglio
GIORGIO Ambrosoli è entrato, a buon diritto, nel pantheon dei martiri civili del
“teatro-canzone”: è, infatti, il protagonista
del “monologo strimpellato” di Luca Maciacchini, scritto da Serenella Hugony Bonzano e da Michela Marelli, che firma pure
la regia. Sul palco nudo, oltre all’interprete,
due chitarre discordi: l’una per le ballate
dedicate all’avvocato milanese; l’altra per i
contrappunti del suo assassino, il banchiere siciliano Michele Sindona. Già ospite
dell’Ariberto, lo spettacolo chiuderà venerdì la prima edizione di “Milano e la Memoria”, in occasione del 35esimo anniversario della morte dell’allora commissario
liquidatore della Banca Privata Italiana,
freddato da un killer che si scusava mentre
gli sparava.
Tra narrazione e agiografia, storia privata
PATRIMONIO ALL’ITALIANA
e pubblica, testimonianze dei familiari e
saggi storiografici, piglio didattico e accompagnamenti musicali, la pièce ripercorre la tragica vicenda dell’“eroe borghese”, dall’infanzia diligente alla militanza monarchica, dalla carriera professionale all’indagine sulla Bpi che gli costò
la vita. Nel testo abbondano le metafore
evangeliche e le “morali della favola”, con
il rischio che la “retorica del senno di poi”
inzuccheri o inzaccheri la caratura
dell’uomo, prima ancora che del politico.
L’arte, diceva Carmelo Bene, dovrebbe
interessarsi degli individui, non dei cittadini: “Il giorno in cui i cittadini spariranno per lasciare il posto agli individui,
io antropologicamente sarò il santo di
queste battaglie”. Così, il momento più
commovente della recita è la lettura della
lettera alla moglie, scritta con la lucidità
del condannato a morte e il pudico coraggio dei giusti: “Pagherò a molto caro
di Tomaso
prezzo l’incarico: lo sapevo prima di accettarlo e quindi non mi lamento affatto
perché per me è stata un’occasione unica
di fare qualcosa per il paese. Ho fatto
politica in nome dello Stato e non per un
partito”.
Montanari
La cascina ci ricorda chi siamo
Dea, una sua versione femminile che incarna quanto di più puro
ed elevato c’è nello spirito di Warlock. La Dea comincia la sua
creazione (avete presente “Tree of Life” di Terrence Malick?) e
porta nel suo Paradiso Omega tutti gli eroi Marvel più propensi
alla fede: dal bigotto Devil al patriottico Capitan America al
divino Thor, mentre sulla Terra gli scettici come Iron Man o
Wolverine si macerano nel tormento di non essere tra i prescelti.
Tra battaglie planetarie e nascite di universi, Starlin e il disegnatore molto anni Novanta Ron Lim accompagnano gli eroi
Marvel alla consapevolezza che il bene assoluto non può esistere, che la rinuncia al libero arbitrio in favore della cieca obbedienza (non importa a che fede) sono le premesse per abbrutimento e violenza, l’esistenza del male è necessaria perché
il bene risalti per contrasto, altrimenti anche gli slanci più nobili
portano oppressione e oscurità. Un fumetto geniale, che ricorda
quelli di Alejandro Jodorowsky, ma molto più divertente.
il libro Feste religiose in Sicilia, in
cosa consistesse la sua bravura:
“È il suo fotografare, quasi una
rapida, fulminea organizzazione della realtà: quasi che tutto
quello su cui il suo occhio si posa
e il suo obiettivo si leva obbedisce proprio in quel momento,
né prima né dopo, per istantaneo magnetismo, al suo sentimento, alla sua volontà e al suo
stile.” Quella Sicilia che anche
per Scianna diventa faticosa e la
lascia: “La mia storia mi ha portato, da quasi mezzo secolo, a vivere fuori dalla Sicilia. Sapevo,
anzi, con un oscuro fondo di
vergogna, di essere fuggito dalla
Sicilia, da quella Sicilia [...] Poi, a
poco a poco, ho scoperto con gli
anni che non si va mai via completamente dalla Sicilia, non si
distrugge dentro di sé un’appartenenza così drammaticamente
forte”.
© Cascine di Mondonico
Olgiate Molgora
DA SECOLI agli italiani capita di
dire che un paesaggio è tanto
bello da sembrare dipinto. Ma
anche di dire che un paesaggio
dipinto è tanto bello da sembrare
vero. E non (solo) nelle disimpegnate conversazioni familiari:
anche nella letteratura artistica
più ricca e nobile che l’occidente
conosca. L’arte e la natura (il patrimonio artistico e il paesaggio,
se vogliamo usare le parole della
Costituzione) si sono rispecchiate per secoli a vicenda, in
una rincorsa di immaginazione e
realismo che innerva la nostra
Pinin Carpi, Il cortile di casa
Carpi a Mondonico
storia culturale. È possibile riconoscere e ritrovare nella realtà i
luoghi dipinti mezzo millennio fa
da Piero della Francesca o Leonardo, è possibile riconoscere
l’impronta che la conoscenza
dell’opera di Claude Lorrain ha
lasciato su alcuni tratti del nostro paese. Ecco, se tra qualche
tempo qualcuno vorrà provare a
riconoscere il paesaggio protagonista di molti quadri dei lombardi Emilio Gola, Ennio Morlotti
o Aldo Carpi, o delle illustrazioni
del figlio di quest’ultimo, Pinin,
potrebbe non riuscire a ritrovarlo, anche se è passato solo qualche decennio. Già, perché l’amministrazione comunale (Pd) di
Olgiate Molgora lascia andare
tranquillamente in rovina le umili
case di contadini della frazione di
Mondonico, dove tutti questi artisti hanno vissuto e lavorato. Il
problema – come ha ben scritto
Marco Belpoliti – non riguarda
certo solo Mondonico, e non è
recente: la gravità del genocidio
dell’edilizia rurale italiana è stata
colta una volta per tutte da Pasolini. E basta attraversare l’Emilia per vedere che l’ultimo terremoto ha fatto strage di queste
bellissime cascine, già abbandonate: e ora condannate a morte
certa, e all’oblio. Se la sorte del
nostro patrimonio culturale è
decisa in base alla sua eccellenza mediatico-commerciale è
chiaro che per queste costruzioni non c’è scampo: Mondonico
risorgerà in cemento, le cascine
emiliane in capannoni tutti
uguali. Ma dobbiamo sapere che
c’è un prezzo da pagare: con
quelle vecchie, umili case perderemo la nostra misura umana,
la trama diversa del tessuto di
ogni giorno, la possibilità di un
futuro accogliente. Basta saperlo.
SECONDO TEMPO
il Fatto Quotidiano
MERCOLEDÌ 9 LUGLIO 2014
21
ALESSIA MARCUZZI
Presentatrice
di “Summer Festival 2014”, su Canale 5 LaPresse
ONDA SU ONDA
IL PEGGIO DELLA DIRETTA
L’accordo Sky-Mediaset
E i cocci sono della Rai
di Loris Mazzetti
ky e Mediaset si sono spartiti
S
i diritti del calcio, e insieme
hanno trovato un accordo con la Le-
ga, che incassa 140 milioni in meno,
ma evita di essere portata in tribunale. I tifosi possono stare tranquilli,
tra pay e satellite, vedranno la squadra del cuore sin dalla prima di campionato, ma non solo, si ipotizza, per
l’edizione 2015/16 della Champions
League, i cui diritti sono di Mediaset, un altro scambio tra le due società. Pier Silvio, dopo l’accordo con
Sky e con una Rai che è obbligata a
pensare ai tagli per recuperare i 150
milioni imposti da Renzi, sta rilanciando Mediaset: ha ceduto l’11% di
Premium alla Telefónica spagnola,
incassando 100 milioni, e sta per far
entrare nella tv a pagamento altri
importanti partner come Al Jazeera
e Vivendi Universal. La Rai è sulla
difensiva, ha il ciclismo, la replica
della Formula Uno, la pallacanestro
e poco altro, non si può permettere
di concorrere per il calcio, il motomondiale e il tennis delle super campionesse Errani e Vinci, per le Olimpiadi e i Mondiali 2018 si vedrà, prima bisogna che lo Stato rinnovi la
Concessione, solo allora la Rai potrà
tentare di recuperare il terreno perduto. Il divorzio con Sky nel 2009
durante la gestione Masi è stato un
disastro, non solo per le casse della tv
pubblica, perché senza un partner internazionale oggi non si
va da nessuna parte. Quando
Garimberti fu nominato presidente e incontrò il premier Berlusconi, confidò ai più stretti collaboratori che il colloquio lo lasciò molto
perplesso perché lui gli parlò solo di
Sky e del rapporto con Rai che doveva interrompersi.
CON I FATTI di questi giorni Garim-
berti avrà capito il perché. Come si fa
ancora oggi a sostenere che il conflitto d’interessi non è una priorità
per il Paese, Berlusconi ha pensato
solo al bene delle sue società. Gubitosi che, contrariamente a Masi, rispetta il contratto di servizio: la Rai
deve essere presente su tutte le piattaforme trasmissive, ha trovato un
accordo con ad di Sky Zappia, nel
quale la Rai ha rinunciato a oscurare
i programmi e Sky ha ritirato la richiesta di danni per 138 milioni per
la decisione dell’ex dg di non rinnovare l’accordo e di oscurare i programmi sul satellite. Un’altra priorità è sostituire Giovanni Floris a Rai
3. Credo che la sua perdita, come fu
per Santoro, rappresenti un danno
per il servizio pubblico, ma attenzione di non commettere gli errori di
Rai 1 con il Fatto di Enzo Biagi: i surrogati, non solo fecero flop, devastarono l’immagine della Rai. Il confronto tra conduttori è inevitabile.
Summer Festival, il gioco
è non confondere le band
di Valerio
Venturi
a così. I giorni che non ci sono
partite dei Mondiali (ps: L’Italia
V
è uno dei pochissimi Paesi-tapini che
non hanno trasmesso tutte le partite
sulle reti del servizio pubblico) tocca
accendere la tv, se non si ha di meglio
da fare, e vedere cosa passa il convento: tra ispaniche, improbabilissime serie Tv e film decotti con attori
muscolosi ora pensionati, qualcuno
può avere deciso, lunedì sera, di dare
una possibilità al “nuovo” talent musicale di Alessia Marcuzzi – ex ragazzina scalpitante ai tempi di Colpo di
fulmine, lustri fa; poi protagonista di
calendari testosteronici, quindi starlette di prima punta per Mediaset.
Questa volta ha presentato Summer
Festival, un talent, ma per artisti affermati, sponsorizzato da nota bevanda analcolica, tenutosi in una grande
piazza di Roma straboccante di marmocchie. Tra minicosce e macrozanzare, sono andati in scena tutti i gli
artisti italiani più amati dal grande
pubblico, come Gigi d’Alessio e sua
signora Anna Tatangelo; il cespuglio-
so Renga, Zampaglione coi suoi Tiromancino; la “madonnadeglitaliani”
Laura Pausini, premiata alla carriera
con cartonato celebrativo; i rappettari
jo men che fanno brutto ma cantano
di bagatelle piccoline...
C’ERANO anche le Vibrazioni. Ah no,
erano i Negramaro. Anzi, erano i Modà di Kekko. Cioè no, erano i Dear
Jack: insomma, gli esecutori del ciclico tormentone estivo belato, pieno
di passione e di finto rock’n’roll elettrico (e pensare che, in principio, gli
imitati erano i Radiohead), rinnovati
giro per giro nell’estetica e meno nei
testi.
E poi i giovani Ginta Biku, Timoty
Cavicchini (finalista della prima edizione di The Voice Of Italy), Santa
Margaret, Raige, Marco Sbarbati e
Violetta di X Factor: meritano una
possibilità, non vogliono diventare le
prossime meteore.
Chi non si è addormentato, e cioè gli
amanti del pop italiano mainstream e
gli insonni, ha potuto votare i beniamini appicciando tasti su mezzi telematici. I preferiti beneficeranno del-
Gli ascolti
di lunedì
COCA-COLA SUM. FESTIVAL
Spettatori 3,96 mln Share 19,8%
PERSON OF INTEREST
Spettatori 1,87 mln Share 8,41%
la migliore posizione in classifica, di
passaggi radiofonici e di promozione.
È in testa Emma Marrone, quella che
pare abbia fatto figura marrone per
qualche capriccio e l’accento british di
borgata all’ultimo Eurofestival: quello
in cui vinse la donna barbuta austriaca
Conchita Wurst; lei, che si sentiva il
vento in poppa, ci restò male.
Guardando questo Summer Festival
sembrava di essere tornati all’epoca
del Festivalbar. Tempi di relativa, minore crisi economica ma non ancora
illuminati dall’astro nascente del caro-leader Matteo Renzi; tempi antichi,
quelli originari, in cui non si usavano
parole ammorbanti come “talent,
award, backstage, room, icon”, abusate lunedì perché si sa che l’inglese
sprovincializza. Tempi con altri protagonisti. Nel 2006, per esempio, Cannavaro alzava la Coppa del Mondo e
facevano apparizioni in tv Ligabue,
Skin, i Muse e Piero Pelù orfano di
Ghigo Renzulli.
Ora chi trionferà? Il Summer Festival
va avanti per altre tre puntate, fino al
28 luglio. Poi ci toccherà andare al
mare, senza scusanti.
VOYAGER
Spettatori 1,72 mln Share 8,03%
IL PATRIOTA
Spettatori 1,15 mln Share 6,51%
22
SECONDO TEMPO
MERCOLEDÌ 9 LUGLIO 2014
il Fatto Quotidiano
IL BADANTE
IL LIBRO
Ignobili figuracce
in cerca di editore
di Elisabetta
P
Ambrosi
overo
Giacinto
Pullone, l’immaginario poeta farlocco arrivato alla
fama grazie al ricorso a libretti stampati nella tipografia di un cugino e usati per
concorrere a premi da lui
stesso inventati insieme alle
pittoresche giurie.
È COSTUI, l’uomo dalla “ra-
gnatela di rapporti con una
piccola schiera di frustrati e
folli di provincia”, l’antieroe
che viene messo alla berlina “un cazzone ambulante vestito da professore” - in una
raccolta di racconti di alcuni
scrittori italiani, Figuracce,
uscita ieri per Einaudi. Dove
Pullone compare, unica, vera
tragica figura del libro (insieme a una burina dalle tette
pushappate che rovina un
convivio di scrittori a Courmayeur dove siede Diego De
Silva) nel racconto di Emanuele Trevi. Quest’ultimo,
salito a bordo di una fantomatica Crociera degli artisti
organizzata proprio dal Pullone, e ritrovatosi a parlare di
Conrad in mezzo a salumi e
culatelli, decide in un breve
lampo di coscienza “che in
futuro sarei stato più attento
a questi inviti” - come poteva
d’altronde il suo libro fare
mostra di sé insieme a Ricette Zodiacali e al Grande Libro dell’età dell’oro del Napoli? -, ma solo fino al prossimo invito, o premio, s’intende.
NERO SU BIANCO
Otto scrittori famosi
si mettono in gioco
e raccontano il loro
mestiere. Dove la
scrittura è ormai
solo un antefatto
Perché sotto sotto, il grande,
anzi l’unico, dilemma, che
affligge gli autori della raccolta riunitisi l’estate scorsa a
Campo dei Fiori in vista del
libro - oltre a Trevi e De Silva,
Niccolò Ammaniti, Paolo
Giordano, Elena Stancanelli,
Francesco Piccolo, Christian
Raimo, Antonio Pascale - sta
tutto qui: non tanto raccontare le peggiori figuracce della loro carriera, visto che, nota l’ex autore cannibale che
cura il volume, “il mestiere
dello scrittore per essere tale
deve essere cosparso, come
un wurstel di senape, di figure di merda”. E neanche
mostrare al grande pubblico
il loro volto umano, strizzargli l’occhiolino, io sono gaffeur come lo sei tu che mi
compri, visto che - sempre
Ammaniti - “la stessa vita è
uno slalom di figure di merda”.
No, il vero dramma di questi
Lo scrittore Niccolò Ammaniti LaPresse
dilaniati maitre à penser di
un’epoca in cui impera, loro
malgrado, una cultura del
selfie e dell’autotolleranza
spinta e in cui lo scrittore,
sempre loro malgrado, non è
più “un orso che vive in una
grotta e dove quello che conta non sono i suoi scritti”, è là
dove meno te l’aspetti: provare ad accettare fino in fondo il Pullone che è in loro,
accogliere senza opporre resistenza, come Maria di fronte all’Annunciazione, il crollo verticale dell’etica a favore
della partecipazione tv, nonostante i loro immani sforzi
nel reintrodurre un pensiero
verticale (d’altronde faceva
bene Heidegger, nota Trevi,
ad “andare alle parate e alle
inaugurazioni, lo andavano a
prendere in macchina”).
E allora più che una raccolta
di racconti sulle piccole grezze dei grandi, sugli scivoloni
degli immortali, il libro diventa uno specchio della nostra letteratura: non solo “un
mondo parallelo fatto di treni, aerei, alberghi, file di sedie, microfoni, pubblici più o
meno folti”, dove la scrittura
del libro appare ormai quasi
uno sgradevole antefatto. Ma
soprattutto una sorta di autoconfessionale collettivo in
cui i romanzi diventano industriali flussi di coscienza
delle paure più grandi - come
quella del fallimento, unita al
fastidioso retropensiero di
aver scritto una cagata - insieme ai più grandi desideri:
essere proprio come tutti,
magari scrivere proprio come tutti e scoprire però che, a
differenza di tutti, si viene celebrati, si viene intervistati, si
vincono i premi letterari.
Di qui il sentimento di “gratitudine immensa” di cui
parla Piccolo, quella sensazione di “essere scampati a
un tumore, a un incidente
aereo”.
A QUESTO PUNTO non c’è
più nulla da temere: anche i
grandi traumi infantili, come
i brufoli del neovincitore dello Strega, sono superati, e con
loro il fantasma di non meritare nulla di tutto ciò che
poi è accaduto. Si possono allora liberare le viscere, come
accade alla Stancanelli a Uno
Mattina, o a Christian Raimo,
aiutato a liberare il water intasato da uno stronzo gigante
dallo stesso David Foster
Wallace; e si può, perché no,
anche immedesimarsi con i
grandi o addirittura viversi
oltre, perché Conrad esagera
a usare tutti quei termini tecnici, in fondo “cos’è un trinchetto e chi l’ha mai usato?”
(Trevi). Proprio vero che
l’Italia è il paese dei miracoli.
Dove ci si può ritrovare finalmente liberi non solo
dall’unica vergogna che uno
scrittore dovrebbe avere,
scrivere un brutto libro, ma
anche, come insegna il libro
stregato, da quella di essere
l’opposto di ciò che si voleva
essere, come scrive Giordano: “Sono un uomo volgare e
disprezzabile a bordo di un
Suv e mi sento vergognosamente felice. E allora?”.
La Calabria che muore
in lenta processione
di Oliviero Beha
n NEL PAESE più “inchinato”
del mondo, si passa da un transatlantico a una Madonna
Mamertina come se niente
fosse. E se la Costa Crociere
affonda (l’immagine dell’Italia, la processione che a Oppido, sulla punta dell’ormai famigerato Stivale, si ferma, si
inchina (forse), comunque si
gira di fronte alla casa di un
boss della ‘ndrangheta contagia la sensibilità di tutto il Paese. Contagia? Sicuri? Casomai
la sensibilità mediatica, naturalmente, perché normalmente quella comune se ne fotte.
Con la crisi del mezzogiorno,
dell’occupazione femminile,
delle pensioni, dove si rigiri la
processione parrebbe francamente un dettaglio. Ma ovviamente non lo è. E non lo è non
perché tutto ciò sia un fatto
inedito, che davvero simboleggi la piccola risposta simbolica e molto stracciona della
mafia a papa Bergoglio, come
risulta oggettivamente invece
la reazione dei carcerati a Larino che da “scomunicati” rifuggono dalla messa. Che cosa c’è infatti di realmente particolare in una processione
che in un paesino dal nome famoso di città fortificata ammicca alla casa di un boss, se
davvero ha ammiccato? La notizia da prima pagina sarebbe
stata casomai che la processione avesse individuato - magari dopo ricerche approfondite ed estenuanti - la casa di un
non-boss, di un disgraziato
normalissimo e per bene assediato dalla criminalità organizzata e comune che lo fa sentire
diverso, “sbagliato” secondo
una statistica che tutti conoscono ma fingono di ignorare.
È bastata l’orgia di servizi tv su
parenti e vicini di casa, a caldo,
a tiepido, a gelido, quelle interviste a ragazzi qualunque che
non sanno mai niente di nulla,
per rendere un clima e un paesaggio che da lontano possiamo facilmente immaginare
ma non percepire affatto interiormente. Tra le viuzze di Oppido Mamertina come di tante
cittadine analoghe c’è come
un tacito piano regolatore antropico che non prevede devianze da quella norma che ha
consegnato lo Stato alla mafia
giacché non si è riusciti a ottenere il contrario. Così è bastato che il parroco in testa alla
ormai “famosa” processione
di domenica dicesse quello
che sentiva e pensava davvero
e che è localmente di dominio
pubblico anche se rigorosa-
L’INCHINO
Se il Pontefice è contro
le mafie, lo Stato
da che parte sta? Forse
è questo l’unico nodo
da sciogliere per cercare
una guarigione
Nicola Gratteri Ansa
RITI ARCAICI
La sofferenza inutile degli esami
e la scuola che non vuole cambiare
di Angelo Cannatà
esame di Stato è ormai da
L’
troppo tempo un rito
stanco e costoso. Soprattutto,
inutile. Abbiamo chiuso il
“grande pacco” con le prove
scritte, i verbali, le tracce, i voti,
alle ore 18,10 di venerdì 4 luglio. Dentro c’è anche la nostra
noia, il senso d’impotenza, la
consapevolezza che non si può
– ancora – nel 2014 perpetuare
qualcosa che, negli ultimi decenni del Novecento, mostrava
già tutti i suoi limiti.
L’esame è scandito da ritmi, situazioni e stati d’animo che
sembrano confermare Nietzsche e l’eterno ritorno
dell’uguale: l’ansia dei giovani,
il toto-tema, gli alunni fragili
che puntualmente copiano, il
compito di matematica che genera angoscia (“è difficile
Prof”), la terza prova che risulta
di fatto la più complicata.
Chiudiamo “il pacco” con un
senso di frustrazione, ogni anno. Lo spago, i nodi (“ben stretti mi raccomando”), la ceralacca, le firme dei docenti interni
ed esterni sulla ruvida carta che
avvolge le speranze e le attese –
Ansa
spesso esagerate – dei genitori.
Gli studenti sono più realisti,
consapevoli delle loro capacità
e dei loro limiti.
Molti i dubbi, tra i docenti. Al
momento dei saluti, strette di
mano, abbracci, qualche bacio,
ma nessuno si muove. C’è come un senso d’inquietudine. Ci
fermiamo a parlare. Discuto
col Presidente di Commissione. È davvero così che si valuta
un diciottenne, oggi? È normale? È giusto? È nato col cellulare
in mano, fa ricerche su internet, comunica su Facebook,
dialoga su WhatsApp e invia
tweet, e noi siamo fermi a prove
che - nonostante tutti gli aggiornamenti - sanno di arcaico.
È tutto sbagliato.
La mente va ai primi giorni.
L’organizzazione del calendario, i turni di assistenza, la visione dei documenti e dei locali
della scuola. Eccetera. Grandi
preparativi. Poi, dopo le prove
scritte, ecco gli orali: due minuti per parlare di Pascoli, tre di
Pirandello. “Basta così, è scaduto il tempo a disposizione”.
Si fa in tempo a citare i titoli delle opere. Ridicolo. Non si entra
nel merito, non si valuta – davvero – nulla. Solo apparenza.
Bisogna abolirli gli esami. I
commissari esterni non hanno
il tempo, in pochi minuti, di conoscere davvero gli studenti; i
professori interni è inutile che
ascoltino, per l’ennesima volta,
un alunno che conoscono da
anni. Senza scomodare la logica, è ragionevole dire che il rito
degli esami di Stato è ormai
qualcosa che appartiene al passato. E tuttavia si procede stancamente, come se nulla fosse.
La politica ha i suoi tempi. Avverrà prima o poi che qualcuno, nel Palazzo, avvii una seria
Riforma della scuola. Sarà
l’iper-veloce Renzi? Se si trattasse di un annuncio, senz’altro. Quanto a farla davvero, la
Riforma, e vederla sulla Gaz-
mente privato , e cioè “che in
ogni casa di Oppido c’è un arrestato” o giù di lì, per smontare tutto l’ambaradan dell’inchino o facente funzione. E allora perché se ne parla come di
un fatto nuovo, perché ci si
scandalizza nel solito debordante recitativo italiota per
qualcosa che è ben dentro il
sangue e il suolo di un Sud prima martoriato e poi abbandonato? Il motivo credo vada ricercato nel salto di qualità che
di recente esplicitamente Papa Francesco ha fatto fare alla
conoscenza e alla coscienza
della situazione. A Cassano
Ionio è stato un “Basta: o con i
mafiosi o contro di loro!” che
ha elevato a potenza qualsiasi
anteriore scomunica dei suoi
predecessori sul soglio di Pietro. L’ha colto benissimo come
sempre un uomo che non fa il
Ministro della Giustizia appunto solo perché questo è un
Paese mafioso, il Procuratore
Aggiunto Nicola Gratteri, analizzando la situazione.
E IN DUE PAROLE smontando tutta la retorica di Alfano e del Viminale sugli agenti
che dovrebbero presidiare il
territorio. Chiunque, ma proprio chiunque nella classe politica come nella sua cinghia di
trasmissione giornalistica, sa
bene che le auto dei poliziotti,
al contrario di quelle blu di
scorta o di omaggio, sono senza benzina per manifesta bancarotta da spending review a
capocchia. E Gratteri, da sempre in prima fila per “riformare
la giustizia e il suo braccio operativo”, ma per davvero, ha approfittato anche di questa occasione per ribadirlo. Ma se il
Pontefice è contro le mafie, lo
Stato da che parte sta?
www.olivierobeha.it
n
zetta Ufficiale è un’altra cosa.
Capita nei colloqui d’esame che
il discorso incroci la politica.
Ascolto la collega: “C’è bisogno
di ottimismo, ragazzi?” Fabio,
con ironia: “Non c’è nel programma, prof., siamo pessimisti e - se così si può dire - leopardiani…”. I giovani e l’arido
vero. Potrebbe essere la traccia
per un tema alla maturità, il
prossimo anno, se proprio ci
deve essere (ancora) un esame
di Stato. La verità è che la scuola
è allo sbando, lo specchio - crudele, ma vero - del Paese: sono
vecchi gli edifici, carenti i laboratori, superati i programmi,
obsoleti i criteri di valutazione,
miseri gli stipendi dei docenti,
antidiluviani gli esami finali.
Una frana assoluta. Occorre riformarla - la nostra vecchia
scuola - e finanziarla adeguatamente, ecco un obiettivo. Intanto, la confusione regna sovrana. Scrive Furio Colombo:
tra le “idee nuove” c’è anche il
principio che è possibile compensare i docenti che lavorano
di più: “Si dice però che la decisione spetta ai dirigenti scolastici. Diventano, in tal modo,
depositari di un arbitrio che
promette tempesta”. È così. Saprà il Premier passare dagli interventi “a caso”, a una meditata, organica e condivisa Riforma? Il nodo della scuola è,
insieme a pochi altri, tra i più
delicati. I docenti attendono
fatti. E giudicheranno dai fatti.
SECONDO TEMPO
il Fatto Quotidiano
23
MERCOLEDÌ 9 LUGLIO 2014
A DOMANDA RISPONDO
Furio Colombo
Pedofilia, la Chiesa
dia l’esempio
Papa Francesco ha ribadito con forza la scomunica
per i mafiosi. La Chiesa,
che ormai ha capito, cerca
di cambiare una condizione secolare, ma la politica locale sembra meno
decisa ad affrontare il tema della criminalità organizzata. I media, intanto,
hanno dato risalto all’incontro del Papa con alcune delle vittime di abusi
da parte di membri del
clero. Il Pontefice ha chiesto loro perdono e promesso tolleranza zero nei
confronti di chi commette questi gravi atti. Già
con Benedetto XVI era
stata avviata un’azione di
pulizia nella Chiesa, che
ha portato alla riduzione
allo stato laicale di circa
400 preti in ogni parte del
mondo. Ma se è vero, come è vero, che la pedofilia
è una patologia presente
in tutte le componenti
della società, perché in
molte altre istituzioni non
si fa nulla per combatterla?
collettiva, dove lo Stato
abdica di fronte alle proprie responsabilità e ai
propri doveri. Qui c’è
un’altra crescita che sgomenta. Quella dei tumori
raddoppiati in trent’anni,
solo in Basilicata. Esiste
un asse ben definito e funzionante tra società civile
e poteri forti, poiché costoro sono anche l’economia del territorio.
Salvatore Loviso Calvello
A metà strada
tra riforme e democrazia
Premettendo che non
condivido nulla delle cosiddette riforme istituzionali, di cui si parla da mesi. Piuttosto le reputo le ri-
te questa contro-riforma,
non rappresenti una diretta minaccia a tali principi, sebbene questo non
assolva dal dovere di contrastarla.
Marco Scarponi
La scomunica
rivoluzionaria
di Francesco
L’appello de L’Unità
a San Matteo
CARO FURIO COLOMBO come mai i
“picciotti” della ‘ndrangheta trovano
all’improvviso il coraggio di sfidare il Papa
e dichiarano che, essendo scomunicati,
non andranno più a messa?
Sono stato lettore de
l’“Unità” per decenni,
senza mai essere stato comunista. Ho smesso di esserlo con l’esaurimento
della direzione di Concita
De Gregorio. Leggo Alberto Leiss che si augura
sostanzialmente
che
l’“Unità” continui a vivere e ne condivido l’augurio, anche se venato di
CREDO CHE non si tratti di coraggio, ma di
ordini ricevuti. Così come sono ordini ricevuti quelli che hanno provocato l’inchino
della Madonna di Oppido Mamertino davanti alla casa del boss assassino. Mi sembra di capire, però, che la vera domanda sia:
come mai osano adesso, fare e dire ciò che
non hanno mai osato in passato? Qui si incrociano due percorsi. Diciamo che lungo
un percorso la Chiesa era più silenziosa e
tollerante (con molte e anche eroiche eccezioni) e preferiva la presenza in chiesa e alle
processioni piuttosto che la verifica e la condanna di certe vite e di certi gesti, per quanto spaventosi. E ha evitato a lungo, salvo il
comportamento coraggioso di pochi parroci e di pochi vescovi (e fino al grido di Giovanni Paolo Secondo) di entrare direttamente nell’argomento “criminalità organizzata” con immagine religiosa. Quanto
ai mafiosi di tutte le diverse organizzazioni,
il rapporto con la religione è sempre stato
un modo di “regolarizzare” o compensare lo
scontro violento con la legge. E poiché aveva
il suo effetto sulla immediata cerchia della
opinione pubblica di sostegno, è stata a lungo una pratica molto seguita e molto curata. All’improvviso Papa Francesco, come in
molti altri aspetti del rapporto fra vita e fe-
Jacopo Cabild
Quante vittime
miete il silenzio
Il senza lavoro e senza
reddito non è altro che
una lenta e progressiva
consunzione per inedia
indotta. Il Paese delle negligenze, dell’approssimazione, dei ritardi, delle
omissioni, sembrerebbe
un dettaglio, ma uccide
più l’indifferenza che una
critica feroce. All’origine
delle asimmetrie, dei gap
e delle forbici socio-economiche, ci sono mostruose leggerezze di chi
non controlla, d’amministratori ciechi o corrotti,
se non collusi. Quindi
non solo un’èlite che si arricchisce sui favoritismi,
ma anche piccola manovalanza che ha i suoi tornaconti. Tutti sanno e tutti zitti, godendosi piccoli
o grandi privilegi. Siamo
un popolo vittima del silenzio di questi “innocenti”. C’è un deficit di responsabilità civile da parte di tutti. Come esiste un
inferno d’infiltrazioni,
che inquina la coscienza
Alessandro Dessy
Cosa c’è dietro lo scudo
delle quote rosa
de, ha rotto esitazioni, argini, abitudini,
protocolli e ha detto “scomunica”. È una parola che viene dai secoli. Non è una generica
condanna. È la condanna senza ritorno, a
meno di uscire dalla condizione della scomunica. Dunque il caso creato da Francesco è pesante e spezza definitivamente un
legame che, voluto o non voluto, accettato o
ignorato, legava davvero e con forza le organizzazioni criminali storiche italiane alla
Chiesa cattolica. Ora la domanda è: come
mai, colpiti in modo così duro, i mafiosi
scelgono di combattere apertamente, di
spingere a fondo lo scontro, ordinando alle
loro persone in carcere di non di andare alla
messa? Evidentemente devono essersi persuasi che Francesco non solo è diverso ma è
anche di passaggio, e che la sua diversità
può essere combattuta perché è un incidente, non il normale percorso della Chiesa.
“Abbiamo dovuto aspettare un secolo e
mezzo per avere un Papa che ha scomunicato la ndrangheta” , ha detto il Procuratore di Reggio Calabria Gratteri. A quanto
pare i protagonisti e i capo clan come quelli
delle vicenda della Madonna che si inchina
all’assassino, non credono a una svolta ma
solo a un incidente contro cui bisogna resistere. I vescovi hanno detto “sospendiamo le
processioni”. Purtroppo la proposta è ambigua. Potrebbe rafforzare la persuasione che
Francesco è un disturbo che passa.
Nora
la vignetta
ghiamo più un euro. Che
ve ne sembra?
Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano
00193 Roma, via Valadier n. 42
[email protected]
Continuo a sentir dire
dalla maggioranza dei politici che la scelta delle
persone per posti importanti e di potere deve basarsi sul merito e non sul
genere. La cosa è di un’ovvietà disarmante. La questione delle cosiddette
“quote rosa” ha messo in
disordine le priorità di
tutti, della politica e della
classe dirigente in genere,
perché fino’ora la nomina
veniva effettuata in base a
due parametri. Innanzitutto il genere maschile è
stato preferito nel 99 percento dei casi. In secondo
luogo, a sostituire il merito c’è sempre stato il nepotismo, lo scambio di favori, i vantaggi politici,
l’arricchimento personale. Basta vedere lo stato di
putrefazione in cui versano l’etica, la professionalità e la giustizia di ogni
genere in questo Paese.
Forse è la breve memoria
che porta giornalisti, opinionisti, politici e purtroppo anche i grandi
professoroni a dire molto
spesso tutto e il contrario
di tutto e a dare giudizi su
capacità personali con più
pesi e più misure. E, cioè,
sempre e solo secondo interessi personali o di appartenenza.
Ivo Eleodori
forme più assurde e pericolose della storia repubblicana. Allo stesso modo
credo che una precisazione importante vada fatta.
Queste riforme, per
quanto gravi, non creano
una dittatura, non eliminano totalmente la democrazia. Ciò non toglie che
danneggiano e indeboliscono i sistemi di controllo, riducono gli spazi di
rappresentatività e commettono valanghe di altre
nefandezze. La democrazia si fonda su un insieme
di regole e principi. Elezioni, separazione dei poteri, laicità, diritti umani,
eguaglianza sociale. A
mio avviso, ritengo che
per quanto destabilizzan-
tanta amarezza per il ricordo della intelligente
proposta di Pintor a suo
tempo naufragata proprio nella sua intelligenza.
Perché se anche non ho
più la ‘forza’ di leggerlo, la
chiusura di un giornale
che continua a portare
nella sua testata “fondato
da Antonio Gramsci”, è
da reputarsi comunque
un dispiacere. Confesso,
però, che leggere l’appello
dei giornalisti che ancora
tengono in vita il giornale,
“Matteo credi in noi”, fa
vacillare le mie profonde
convinzioni. Matteo chi?
L’evangelista a cui chiedere un miracolo di riserva da aggiungere a quelli
che il giovane fiorentino
si è impegnato a fare qua e
là per il mondo occidentale? Forse le ragioni della
possibile chiusura stanno
proprio
iscritte
in
quell’impudico Matteo
credi in noi, a testimonianza che il passaggio dal
centralismo democratico
di Palmiro al centralismo
e basta di Matteo sembra
ormai tristemente compiuto.
Vittorio Melandri
Aspettiamo con ansia
le dimissioni di Ferri
Il sottosegretario alla giustizia, Cosimo Ferri, non
poteva, né doveva, interferire durante le elezioni
per il Csm. Non si può
parlar bene e, contempo-
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Luca D’Aprile, Peter Gomez,
Marco Tarò, Marco Travaglio, Lorenzo Fazio
raneamente, razzolare
male. Ferri ha sbagliato di
grosso, specie in questo
momento. Deve dimettersi subito, anche per
non creare difficoltà a
Renzi, che coerentemente
dovrà destituirlo. Le giustificazioni di Ferri offendono la intelligenza degli
italiani e degli stessi aderenti al Pd che, invece, lo
stanno condannando. Altri, per molto meno, si sono dovuti dimettere. Perché lui perde tempo?
Mario De Florio
Scuola, obbligo
di contributo volontario
Anche quest’anno mi tocca compilare il bollettino
postale per l’iscrizione al
primo liceo di mio figlio.
La dicitura è “contributo
volontario per l’iscrizione
alla scuola secondaria”.
L’importo è 100 euro. Secondo me con le parole
non si può scherzare, sono delle pietre. Volontario vuol dire fatto per libera scelta ed è contrario di
obbligatorio. Ed è inutile
andare sul dizionario,
perché è così e non stiamo
a menarcela troppo. Allora mi chiedo: perché ci costringono a scrivere sui
bollettini parole che non
hanno senso o meglio
hanno senso opposto e
contrario? Genitori di
tutta Italia ribelliamoci. O
utilizziamo le parole per
quel che sono o non pa-
DIRITTO DI REPLICA
In riferimento all’articolo
di martedì 8 luglio dal titolo “Taglio alle sedi, Authority in rivolta’’, occorre
fare alcune precisazioni.
L’Autorità Antitrust ha
274 dipendenti e costa
all’anno 57 milioni di euro
tutti finanziari dal mercato e non dallo Stato. Il costo dell’immobile è invece
pari a 3,78 milioni di euro.
Roberto Sommella
Direttore Relazioni Esterne
e Rapporti Istituzionali
Autorità Antitrust
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