Il Portico del 06/07/2014

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DOMENICA 6 LUGLIO 2014
A N N O X I N . 27
SETTIMANALE DIOCESANO
DI
€ 1.00
CAGLIARI
Una recente manifestazione delle Sentinelle in Piedi a Genova.
Sosteniamo la famiglia
ROBERTO PIREDDA
L
e parole sono importanti!» gridava il
personaggio interpretato da Nanni
Moretti in una scena del film Palombella rossa.
Le parole sono davvero decisive. Lo dovrebbe
sapere anche la senatrice Monica Cirinnà, che
forse ha fatto finta di dimenticare il significato
di termini come “famiglia” e “matrimonio”,
quando ha presentato alla Commissione Giustizia del Senato il testo unificato sulla "Regolamentazione delle unione civili tra persone
dello stesso sesso e disciplina delle convivenze".
Il testo verrà preso in esame in Commissione
per arrivare poi ad una proposta che sarà oggetto del dibattito nell’aula di Palazzo Madama.
Due sono i punti che vengono chiamati in causa dalla proposta della senatrice democratica:
il contratto di convivenza e le unioni civili. Il
primo, che riguarda coppie sia eterosessuali
che dello stesso sesso, si potrebbe realizzare
dopo tre anni di convivenza stabile o anche solo un anno se vi sono dei figli in comune. I conviventi che stipulerebbero questo tipo di contratto avrebbero garantite una serie di possibilità quali, ad esempio, l'assistenza in caso di
malattia o ricovero, le decisioni in materia di
salute e in caso di morte e l'inserimento nelle liste locali per gli alloggi popolari.
Il secondo punto riguarda le unioni civili. In
questo caso, riferito unicamente alle persone
dello stesso sesso, sostanzialmente s’intende
riconoscere tutti i diritti che attualmente sono
previsti per il matrimonio eterosessuale, tranne l’adozione dei figli. Sarebbe possibile allora
ottenere, ad esempio, la reversibilità della pensione, il diritto alla successione in caso di morte, l’ereditarietà dei beni anche in assenza di testamento, l’iscrizione alle liste per l’assegnazione delle case popolari e il diritto all’assistenza. Per questo tipo di unioni è prevista anche una sorta di “cerimonia” in Comune. I figli
di uno dei due contraenti il patto, nati magari
attraverso la fecondazione eterologa, sarebbero riconosciuti come tali anche per l’altro convivente, nonostante sia dello stesso sesso.
Le parole sono importanti si diceva all’inizio. Si
utilizza il termine “unione” ma, di fatto, ci troviamo davanti, anche se per ora non lo si vuole dire con chiarezza, ad una vera e propria
equiparazione al matrimonio tra un uomo e
una donna. Questa sorta di “simil-matrimonio”, come è stata definita, in realtà non è altro
che l’anticamera del matrimonio tra persone
dello stesso sesso e della possibilità di adozione da parte di queste coppie.
La fuga in avanti è talmente evidente che anche
diversi compagni di partito della Cirinnà, hanno sentito l’esigenza di dissociarsi, proponendo delle forme diverse di tutela per le coppie di
fatto, che con chiarezza lascino la condizione di
queste persone distinta dal matrimonio.
È del tutto evidente che qui in gioco c’è la concezione stessa di matrimonio. Si tratta di una
parola che può essere utilizzata semplicemente
come sinonimo di “amore”? In tal modo se “love is love”, basterebbe questo per dire che è
“matrimonio” anche il legame tra due persone
dello stesso sesso? Oppure è qualcosa che ha a
che fare con la natura dell’uomo e della donna?
La nostra Costituzione non lascia spazio a molti dubbi e parla del riconoscimento dei «diritti
della famiglia come società naturale fondata
sul matrimonio» (art. 29), e utilizza parole che
hanno un preciso significato come “paternità”
e “maternità”, quando tratta dei diritti e dei doveri dei cittadini.
La discussione non deve cadere nell’errore di
contrapporre semplicemente “credenti “ e “non
credenti”. Difendere il matrimonio e la famiglia,
così come sono presentati nella nostra Carta
Costituzionale, è semplicemente una battaglia
a difesa della verità della persona umana.
Non si tratta di andare “contro” qualcuno, ma
semplicemente di lavorare a favore della famiglia che nasce dal matrimonio tra un uomo e
una donna. Manifestazioni pacifiche e desiderose semplicemente di far circolare delle idee,
come quella delle Sentinelle in piedi, non fanno che testimoniare tutto questo.
Facendo riferimento al dettato costituzionale,
Papa Francesco ha affermato che «la famiglia
così intesa rimane il primo e principale soggetto costruttore della società e di un’economia
a misura d’uomo, e come tale merita di essere
fattivamente sostenuta» (Messaggio ai partecipanti alla 47a Settimana Sociale dei Cattolici
Italiani, 11 settembre 2014). Questa pista che si
fonda su un’antropologia saldamente ancorata alla verità della persona umana, è l’unica capace di costruire futuro. Chi in Parlamento è
chiamato a decidere su questi temi dovrebbe ricordarsi di tutto questo.
SOMMARIO
SOCIETÀ
3
A Cagliari
il convegno della Cisl
sulla famiglia
GIOVANI
5
A Bonaria
il Grest 2014
sul tema del dono
CAGLIARI
7
Le attività
in favore dei bambini
cerebrolesi
CARITÀ
11
Presentati i dati
della raccolta Cei
per gli alluvionati
IN MEMORIA
Ci hanno lasciato
Don Nino Tolu e
Padre Giulio Baldus
14
2
IL PORTICO DEL TEMPO
IL PORTICO
DOMENICA 6 LUGLIO 2014
Brasile 2014. Il fallimento della spedizione azzurra ai Mondiali è lo specchio della crisi del calcio nel nostro Paese.
Al calcio italiano serve una svolta
FRANCESCO ARESU
T
RE PARTITE, due gol fatti (entrambi
all'Inghilterra) e tre subiti, di cui
due decisivi. I colpi di testa del
costaricano Ruiz e del difensore
uruguagio Godìn hanno condannato la Nazionale italiana di calcio a un mesto rientro
a casa in anticipo dai mondiali brasiliani,
dove poteva rivestire il ruolo della sorpresa.
Invece nulla di tutto ciò: sonora eliminazione ai gironi, la seconda consecutiva dopo la
figuraccia fatta quattro anni fa in Sudafrica
dalla banda dei reduci dal trionfo mondiale
del 2006, fatta a fettine da Paraguay, Nuova
Zelanda e Slovacchia.
Durante la conferenza stampa al termine
della gara con l'Uruguay sono arrivate le dimissioni in contemporanea del commissario tecnico azzurro Prandelli e, a sorpresa,
del presidente federale Abete. Uno choc che
ha investito tutto l'ambiente azzurro e che
potrebbe portare a una rivoluzione sia tecnica che dirigenziale, con alcuni nomi eccellenti (su tutti quelli di Roberto Baggio e
Paolo Maldini) come potenziali nuovi volti
del calcio nazionale.
E dire che le premesse della vigilia avrebbero dovuto mettere in guardia il tecnico azzurro. Le polemiche sulle convocazioni –
specialmente sull'attacco: dentro Insigne e
Cassano (autori di prestazioni apatiche una
volta impiegati), fuori i più freschi Destro e
Giuseppe Rossi – hanno accompagnato il ritiro di Coverciano, creando un'aria pesante
intorno a Buffon e compagni. La stessa (questa volta nel vero senso della parola, vista
l'afa di Manaus e Recife) che ha fiaccato fisicamente gli azzurri una volta arrivati in
Brasile. La famigerata “casetta”, una sauna
ospitata in una sorta di capanno in legno,
avrebbe dovuto aiutare gli azzurri ad abi-
tuarsi a umidità e alte temperature, ma è
sembrata più una trovata di costume che altro.
All'esordio di Manaus gli azzurri hanno disputato una gara accorta e tatticamente intelligente contro l'Inghilterra, ma sono risultati deludenti contro la sorpresa Costa
Rica – per la prima volta ai Quarti di finale di
un mondiale – e, nella gara decisiva, un modesto Uruguay. Contro i centroamericani,
compatti e abili in contropiede, la differenza di condizione fisica è emersa in maniera
netta: contro il difensivismo costaricano il
palleggio ossessivo imposto da Prandelli ha
potuto ben poco. Balotelli, capro espiatorio
delle pesanti critiche dei senatori azzurri –
Buffon e De Rossi su tutti, ma pure Bonucci
sarebbe quasi venuto alle mani con l'attaccante milanista – ha fallito due facili occasioni prima dell'unico gol costaricano, poi
decisivo per le sorti della qualificazione. Non
molto diverso il canovaccio del match contro la “Celeste” di Tabarez, ex allenatore del
Cagliari. Il morso di Suarez a Chiellini (non
visto dall'arbitro, ma sanzionato dalla Fifa attraverso la prova televisiva) e il rosso ingiusto a Marchisio non possono fungere da alibi per una gara scialba e senza coraggio da
parte di Pirlo e soci, incapaci di impensierire seriamente il portiere Muslera. L'incornata del capitano uruguaiano Godìn ha messo la parola fine al mondiale azzurro, condi-
zionando pesantemente le scelte di Prandelli e Abete. I quali, è bene precisarlo, hanno affermato di aver deciso di lasciare i propri incarichi in polemica con una parte della stampa (su tutti gli attacchi del quotidiano Libero, diretto da Maurizio Belpietro),
che aveva accusato tecnico e federazione di
gravare con i propri stipendi e spese sulle
spalle dei contribuenti italiani.
Il flop mondiale è stato, però, soltanto l'ultima delusione per il movimento calcistico
italiano sul piano internazionale. Prima l'eliminazione di tutte le rappresentanti del
Tricolore dalle coppe europee: Juventus e
Napoli fuori dalla Champions League fin
dalla fase ai gironi, il Milan uscito con le ossa rotte dal doppio confronto con l'Atletico
Madrid, senza contare il cammino delle varie Udinese, Lazio e Fiorentina in Europa
League (da cui sono transitate senza successo anche le già citate Juve e Napoli).
La mancanza di infrastrutture valide, poi,
rende il nostro paese scarsamente competitivo nell'organizzazione di eventi calcistici
come i campionati mondiali o europei. Al
di là di pochissimi stadi, con lo Juventus Stadium unico esempio virtuoso, il panorama
italiano ha ben poco da offrire. Gli scontri di
Roma prima della finale di Coppa Italia, che
hanno portato alla morte di un tifoso del
Napoli (ucciso da un proiettile sparato presumibilmente da un ultrà della Roma), sono
l'emblema di una situazione generale tutt'altro che rosea. Ai nuovi rappresentanti del
calcio italiano, che dovrebbero essere nominati il prossimo 11 agosto, spetta ora l'onere di ridare linfa e credibilità al movimento, puntando su nuovi ed efficienti stadi – magari con l'aiuto di una legge nazionale
dedicata – e sui settori giovanili, come punti di ripartenza per un futuro più sereno e
(si spera) vincente.
IL PORTICO DEGLI EVENTI
DOMENICA 6 LUGLIO 2014
IL PORTICO
3
Famiglia. Il 26 giugno in Seminario Arcivescovile si è tenuto il Convegno di studio promosso dalla Cisl.
Mettere la famiglia al centro della politica
per promuovere davvero il bene comune
della soglia di povertà relativa. La
gran parte di queste sono da ricercare tra i 476.549 pensionati
Inps il cui assegno medio mensile non supera 672 euro.
«Lavorare in positivo per riconoscere i diritti fondamentali della
famiglia – ha detto l'arcivescovo
di Cagliari, monsignor Arrigo Miglio in apertura dei lavori - - non
significa difendere una bandiera
cattolica, ma operare per il bene
comune del paese”. Famiglia ovviamente intesa “come unione tra
un uomo e una donna aperti alla
vita”. La Chiesa rispetta le persone in tutte le situazioni: “In ogni
tipo di relazione si creano diritti e
doveri che possono essere regolati dal codice civile. Ma l'istituto
della famiglia – ha chiarito il presule - è un'altra cosa, c'è una differenza oggettiva”.
Una crisi che fa cambiare strategia anche al sindacato. “D’ora in
poi la tutela sindacale – ha annuciato Oriana Putzolu, segretario
generale Cisl – sarà esercitata in
termini familiari piuttosto che
individuali. Le azioni sindacali
nel futuro dovranno essere maggiormente ripensate come acccompagnamento di storie familiari”. “L’emergenza è tale che lo
Stato – ha aggiunto monsignor
Miglio - si ricordi che la famiglia
è un soggetto pubblico, rafforzarla significa costruire un pilastro forte a sostegno della società
e delle istituzioni, all’insegna della concretezza, della volontà e capacità di risolvere i problemi senza pregiudizi”.
Niente filtri ideologici auspica
anche il capo gruppo FI Pietro
Pittalis nell’elaborare una legge
regionale sulla famiglia: Nella
scorsa legislatura vanamente si è
tentato di fare sintesi di 7 proposte di legge e di un ddl sulla materia. La bussola normativa ora
sembra indicare – come ha dichiarato Giuseppe Pintor, rappresentante dell’assessore Luigi
Arru impegnato nella conferenza Stato-Regione - la stella polare di un maggiore coordinamento tra provvedimenti regionali
dettati da progetti coordinati e
condivisi. Cambiare è sempre più
urgente. “Non può continuare così – ha concluso Francesco Belletti, presidente nazionale forum
associazioi familiari - : il nostro è
un paese che ha reso la famiglia
un handicap”.
to sull’efficacia dei provvedimenti e sulla loro ricaduta in termini di
benefici e servizi.
“Il sindacato sollecita altresì la revisione dell’intero sistema assistenziale, in modo che si preveda
un maggior riconoscimento – in
termini sia economici che di servizi – del ruolo della famiglia come
ammortizzatore sociale di pros-
simità. In questa direzione andranno rivisitati anche tutti i trasferimenti economici attualmente erogati in maniera universalistica, relativizzando il sostegno
alla condizione reddituale e patrimoniale pur mantenendone la
connotazione universalistica”.
Condizione necessaria perché
questa nuova architettura di sostegno alla famiglia possa funzionare è la corretta attuazione del
principio di uguaglianza. “Con tale presupposto si deve addivenire
- conclude il segretario generale alla costruzione di un welfare modulato in ragione dei carichi familiari, in generale, e in particolare laddove la famiglia deve sostenere propri componenti in condizioni di non autosufficienza.
Stato e Regione devono per queste
famiglie assicurare vantaggi fiscali, assegni familiari adeguati,
voucher universali e servizi alla
persona.
Tutte le vigenti politiche del welfare non sono orientate ai bisogni
dell’infanzia e non incentivano le
giovani coppie a mettere su famiglia”.
MARIANO SIMONI
A FAMIGLIA comincia ad
accusare il peso delle responsabilità e della solitudine. Sola contro tutti
nel tentativo di contrastare una
crisi economica devastante - nel
corso del 2013 il numero degli
occupati in Sardegna è diminuito del 7,3% e i disoccupati con
precedenti esperienze di lavoro
sono aumentati dell’11,3 per
cento – cerca disperatamente di
reggere l’urto dei cambiamenti
sociali, culturali, educativi, e
chiede aiuto allo Stato e alla Regione. La Cisl sarda sollecita addirittura un “Assessorato della famiglia” per coordinare norme e
provvedimenti trasversali a tutta
l’amministrazione regionale oggi frammentati in numerosi rivoli. “Fare presto”: è il senso dell’appello lanciato dalla Chiesa,
dal mondo universitario, ovviamente dal forum delle associazioni familiari, che hanno partecipato al seminario formativo,
coordinato da Anna Piras, redattore capo TG3 regionale, organizzato il 26 giugno dal sindacato cislino sul tema “ La famiglia
nel crocevia del malessere economico, sociale e culturale della
Sardegna”. Aspettare ancora è un
lusso non consentito a una regione all’ultimo posto nella classifica delle nascite: 1,14 figli per
donna contro la media nazionale di 1,38. Tra meno di quarant’anni ogni lavoratore sardo
dovrà farsi carico di un pensionato. “Un rapporto destinato a
influenzare vita politica, econo-
L
I relatori al convegno in Seminario.
mica e soprattutto - dice Vittorio
Pelligra, docente di economia
delle decisioni nell’Università di
Cagliari - ci obbliga a costruire
un welfare dedicato, con costi
stratosferici per l’economia isolana”. Fare presto perchè la famiglia sarda economicamente è
alla canna del gas. La Sardegna
sta inanellando una serie di record negativi che hanno un unico comune denominatore e destinatario: la famiglia appunto.
La nostra isola è la regione in cui
nel 2012 è stato registrato il maggior incremento di sfratti eseguiti rispetto all’anno precedente:
ben 315 con un aumento del 77
per cento sul 2011. Un dato in
perfetta sintonia col 68,9% dei
sardi ( 62,3% la media italiana)
che percepiscono decisamente
troppo alte le spese per l’abitazione. La famiglia scoppia e in
Sardegna ha esaurito sotto i colpi della disoccupazione il suo
ruolo di primo “ammortizzatore
sociale”: i senza lavoro sono ormai quasi al 20%. Il tasso di disoccupazione tra le persone 1534 anni è aumentato di 6,1 punti percentuali, attestandosi al
35,2 per cento nel 2013. Nella
stessa fascia d’età, l’anno scorso
non lavorava, non studiava e non
frequentava corsi formativi il
33,9% della popolazione corrispondente. Tutti i dati Caritas e
sindacali quantificano in 147 mila le famiglie povere, al di sotto
Dare risposte concrete
alle famiglie in difficoltà
L’intervento di Oriana Putzolu, segretario della Cisl sarda
M. S.
della Cisl
sarda per rilanciare il ruolo della famiglia in Sardegna. “La prima proposta richiede
– dice Oriana Putzolu, segretario
generale della Cisl sarda - un radicale cambiamento culturale.
Bisogna pensare e organizzare le
politiche sociali in modo trasversale, nella convinzione che politiche di pertinenza di diversi assessorati o di altri livelli istituzionali
non sono indifferenti rispetto ai
livelli di coesione nel territorio.
Quindi casa, qualità del trasporto
pubblico locale, politiche giovanili, sostegno alla volontà di auto
organizzazione dei cittadini, educazione alla legalità, violenza di
genere, bassa natalità integrazio-
C
INQUE PROPOSTE
ne tra le politiche sociali e altre
politiche territoriali: tutto deve essere pensato e interpretato in funzione della famiglia”.
La seconda proposta riguarda l’istituzione, all’interno del processo di riforma regionale e di modifica della legge n. 1/77, di un Assessorato della Famiglia e Welfare
(in subordine Dipartimento regionale per la famiglia). Attualmente il coordinamento tra i diversi livelli istituzionali che intervengono su queste problematiche (province, autonomie scolastiche, assessorati ai servizi sociali, ecc.) è molto episodico e per
niente strutturale. “La necessità
dell’integrazione va vista – secondo la Cisl - anche alla luce delle
ingenti quantità di risorse che la
Regione investe nelle politiche so-
Oriana Putzolu
ciali, con le quali sarebbe possibile ottenere risultati infinitamente più efficaci proprio attraverso interventi concordati e
coordinati”.
Terza proposta: un Osservatorio
sulla famiglia, per mantenere costante il monitoraggio del quadro
regionale relativamente agli indicatori sulla famiglia e soprattut-
4
IL PORTICO DEL TEMPIO
IL PORTICO
Il Papa. Nella Solennità dei SS. Pietro e Paolo l’imposizione del Pallio ai Metropoliti.
Non possiamo essere cristiani da soli
ma grazie all’appartenenza alla Chiesa
ROBERTO PIREDDA
ll’Angelus il Santo Padre
si è soffermato sulle figure dei Santi Pietro e Paolo
in occasione della loro
solennità liturgica. I due Apostoli,
ha ricordato Papa Francesco, «hanno accolto l’amore di Dio e si sono
lasciati trasformare dalla sua misericordia; così sono diventati amici e apostoli di Cristo. Perciò essi
continuano a parlare alla Chiesa e
ancora oggi ci indicano la strada
della salvezza».
Al termine dell’Angelus il Papa ha
fatto riferimento alla tragica situazione dell’Iraq: «Mi unisco ai Vescovi del Paese nel fare appello ai
governanti perché, attraverso il
dialogo, si possa preservare l’unità
nazionale ed evitare la guerra».
Nell’omelia della Messa per i SS.
Pietro e Paolo, durante la quale ha
imposto il Pallio a 24 nuovi Arcivescovi Metropoliti, Papa Francesco
ha sottolineato il tema della libertà
da ogni legame che non sia Cristo
che deve contraddistinguere la vita dei pastori: «Ecco il problema,
per noi, della paura e dei rifugi pastorali. Noi – mi domando –, cari
fratelli Vescovi, abbiamo paura? Di
che cosa abbiamo paura? E se ne
abbiamo, quali rifugi cerchiamo,
nella nostra vita pastorale, per essere al sicuro? Cerchiamo forse
l’appoggio di quelli che hanno potere in questo mondo? O ci lasciamo ingannare dall’orgoglio che
cerca gratificazioni e riconoscimenti, e lì ci sembra di stare sicuri?
Cari fratelli vescovi, dove poniamo
A
Papa Francesco celebra la Messa nella Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo.
la nostra sicurezza? La testimonianza dell’Apostolo Pietro ci ricorda che il nostro vero rifugio è la
fiducia in Dio: essa allontana ogni
paura e ci rende liberi da ogni
schiavitù e da ogni tentazione
mondana».
Dalla testimonianza dei Santi Apostoli nasce poi, ha mostrato Papa
Francesco, un forte invito alla sequela: «Il Signore oggi ripete a me,
a voi, e a tutti i Pastori: Seguimi!
Non perdere tempo in domande o
in chiacchiere inutili; non soffermarti sulle cose secondarie, ma
guarda all’essenziale e seguimi. Seguimi nonostante le difficoltà. Seguimi nella predicazione del Vangelo. Seguimi nella testimonianza
di una vita corrispondente al dono
di grazia del Battesimo e dell’Ordinazione. Seguimi nel parlare di
me a coloro con i quali vivi, giorno
dopo giorno, nella fatica del lavoro,
LE OMELIE DEL PAPA A SANTA MARTA
L’amore di Dio ci precede
l 23 giugno Papa Francesco,
partendo dal Vangelo del
giorno (Mt 7, 1-15), si è soffermato sulle parole di Gesù contro il giudizio verso il prossimo.
I
«Per questo chi giudica sbaglia, semplicemente perché prende un posto
che non è per lui. Ma non solo sbaglia, anche si confonde. È tanto ossessionato da quello che vuole giudicare, da quella persona – tanto,
tanto ossessionato! - che quella pagliuzza non lo lascia dormire! ‘Ma, io
voglio toglierti quella pagliuzza!'…
E non si accorge della trave che lui
ha. Confonde: crede che la trave sia
quella pagliuzza. Confonde la
realtà. E’ un fantasioso. E chi giudica diventa uno sconfitto, finisce male, perché la stessa misura sarà usata per giudicare lui. Il giudice che
sbaglia posto perché prende il posto di Dio – superbo, sufficiente –
scommette su una sconfitta. E qual
è la sconfitta? Quella di essere giu-
dicato con la misura con la quale
lui giudica».
«Se noi vogliamo andare sulla strada di Gesù, più che accusatori dobbiamo essere difensori degli altri davanti al Padre. Io vedo una cosa
brutta a un altro, vado a difenderlo?
No! Ma stai zitto! Vai a pregare e difendilo davanti al Padre, come fa
Gesù. Prega per lui, ma non giudicare! Perché se lo fai, quando tu farai
una cosa brutta, sarai giudicato. Ricordiamo questo bene, ci farà bene
nella vita di tutti i giorni, quando ci
viene la voglia di giudicare gli altri,
di sparlare degli altri, che è una forma di giudicare».
Nell’omelia del 24 giugno il Papa ha
proposto una riflessione sulla figura di Giovanni Battista, in occasione
della solennità liturgica a lui dedicata.
«Tre vocazioni in un uomo: preparare, discernere, lasciare crescere il Si-
del dialogo e dell’amicizia. Seguimi
nell’annuncio del Vangelo a tutti,
specialmente agli ultimi, perché a
nessuno manchi la Parola di vita,
che libera da ogni paura e dona la
fiducia nella fedeltà di Dio».
In settimana all’Udienza Generale
il Pontefice ha proposto una riflessione sul tema dell’appartenenza
alla Chiesa. «Non siamo isolati e
non siamo cristiani a titolo individuale, ognuno per conto proprio
– ha spiegato Papa Francesco - la
nostra identità cristiana è appartenenza! Siamo cristiani perché apparteniamo alla Chiesa. È come un
cognome: se il nome è “sono cristiano”, il cognome è “appartengo
alla Chiesa”».
Nella Chiesa, ha proseguito ancora il Santo Padre, « non esiste il "fai
da te", non esistono "battitori liberi". Quante volte Papa Benedetto ha descritto la Chiesa come un
gnore e diminuire se stesso. Anche è
bello pensare la vocazione del cristiano così. Un cristiano non annunzia se stesso, annunzia un altro,
prepara il cammino a un altro: al Signore. Un cristiano deve sapere discernere, deve conoscere come discernere la verità da quello che sembra verità e non c’è: uomo di discernimento. E un cristiano dev’essere un
uomo che sappia abbassarsi perché il
Signore cresca, nel cuore e nell’anima degli altri».
Il Santo Padre nella celebrazione del
26 giugno, ha mostrato come il popolo si sentisse legato a Gesù perché vedeva in lui il Buon Pastore, l’unico capace di indicare la via di Dio
secondo verità.
«Per questo il popolo seguiva Gesù,
perché era il Buon Pastore. Non era né
un fariseo casistico moralista, né un
sadduceo che faceva gli affari politici con i potenti, né un guerrigliero
che cercava la liberazione politica
del suo popolo, né un contemplativo
del monastero. Era un pastore! Un
pastore che parlava la lingua del suo
popolo, si faceva capire, diceva la verità, le cose di Dio: non negoziava
"noi" ecclesiale! Talvolta capita di
sentire qualcuno dire: "Io credo in
Dio, credo in Gesù, ma la Chiesa
non m’interessa…". Quante volte
abbiamo sentito questo? E questo
non va. C’è chi ritiene di poter avere un rapporto personale, diretto,
immediato con Gesù Cristo al di
fuori della comunione e della mediazione della Chiesa. Sono tentazioni pericolose e dannose. Sono,
come diceva il grande Paolo VI, dicotomie assurde».
Ricevendo in Udienza una delegazione del Patriarcato Ecumenico
di Costantinopoli, giunta a Roma
per i SS. Pietro e Paolo, Papa Francesco ha insistito sul fatto che «abbiamo tutti bisogno di aprirci con
coraggio e fiducia all’azione dello
Spirito Santo, di lasciarsi coinvolgere nello sguardo di Cristo sulla
Chiesa sua sposa, nel cammino di
questo ecumenismo spirituale
rafforzato dal martirio di tanti nostri fratelli che, confessando Gesù
Cristo il Signore, hanno realizzato
l’ecumenismo del sangue».
Sempre in settimana il Papa ha incontrato un gruppo di giovani della Diocesi di Roma in ricerca vocazionale. Con loro ha insistito sul
“per sempre” della vocazione: «Per
scegliere una vocazione, una vocazione qualsiasi, anche quelle vocazioni "di stato", il matrimonio,
la vita consacrata, il sacerdozio, si
deve scegliere con una prospettiva
del definitivo. E a questo si oppone
la cultura del provvisorio. È una
parte della cultura che a noi tocca
vivere in questo tempo, ma dobbiamo viverla, e vincerla».
mai le cose di Dio! Ma le diceva in tal
modo che il popolo amava le cose di
Dio. Per questo lo seguiva».
Il 27 giugno, Solennità del Sacro
Cuore di Gesù, la meditazione del
Papa ha avuto come centro il tema
dell’amore di Dio verso ogni uomo.
«Ci sono due tratti dell’amore. Primo, l’amore è più nel dare che nel ricevere. Il secondo tratto: l’amore è più
nelle opere che nelle parole. Quando diciamo che è più nel dare che nel
ricevere, è che l’amore si comunica:
sempre, comunica. E viene ricevuto
dall’amato. E quando diciamo che è
più nelle opere che nelle parole, l’amore sempre dà vita, fa crescere».
«Quando noi arriviamo, Lui c’è.
Quando noi lo cerchiamo, Lui ci ha
cercato prima. Lui è sempre avanti
a noi, ci aspetta per riceverci nel suo
cuore, nel suo amore. E queste due
cose possono aiutarci a capire questo
mistero dell’amore di Dio con noi.
Per esprimersi ha bisogno della nostra piccolezza, del nostro abbassarci. E, anche, ha bisogno del nostro
stupore quando lo cerchiamo e lo troviamo lì, aspettandoci».
DOMENICA 6 LUGLIO 2014
pietre
NEPAL
Arrestati 40 leader
cristiani
Oltre 40 leader cristiani sono stati
arrestati, e poi rilasciati, accusati
di presunte “conversioni forzate di
fedeli indù”. La polizia nepalese ha
eseguito l’ondata di arresti su pressioni di leader indù nepalesi. Gli arresti “costituirebbero una minaccia inquietante alla libertà religiosa
in Nepal denuncia l’Ong “Barnabas team”. Una folla indù si è riunita fuori dal carcere, minacciando
una rivolta se i cristiani fossero stati liberati. La maggior parte dei detenuti sono stati comunque rilasciati poche ore dopo l’arresto, ma
8 leader sono rimasti in custodia
oltre 48 ore.
SUDAFRICA
Uccisa una missionaria
statunitense
La polizia sudafricana ha arrestato
due uomini sospettati di aver ucciso, nel corso di un tentativo di rapina, una religiosa statunitense di
82 anni, suor Mary Paule Tacke,
della Congregazione delle Suore
missionarie del Preziosissimo Sangue. La vettura di suor Mary era
stata fermata da alcuni banditi
mentre la religiosa stava recandosi a visitare uno degli orfanotrofi da
lei fondato. L’auto, con i banditi a
bordo, era stata successivamente
inseguita dalla
polizia, quando
l’auto si era ribaltata i malviventi
sono riusciti a
fuggire. A bordo
era stata ritrovata una pistola ma
non c’era nessuna traccia della religiosa. Dopo giorni di ricerche il
corpo di suor Mary è stato ritrovato 5 giorni dopo, in un ruscello. La
salma non presentava segni di colpi di armi da fuoco e quindi possibile che la religiosa sia stata strangolata. Suor Mary era originaria dell’Idaho, e operava in Sudafrica fin
dagli anni ’50. Aveva fondato un
orfanotrofio per bambini abbandonati e un altro orfanotrofio per bambini più grandi, molti dei quali sono
sieropositivi.
IN TANZANIA
Religiosa uccisa
durante una rapina
Suor Clecensia Kapuli, una religiosa tanzaniana di 50 anni della Congregazione “Our Lady Queen of
Apostols, è stata uccisa nel corso di
una rapina a Dar es Salaam, la capitale economica del Paese. Suor
Clecensia – dicono fonti della Chiesa locale - era appena uscita dalla
banca con una somma di denaro
necessaria per pagare gli operai
che stanno ristrutturando la scuola secondaria della quale era l’economa. L’automobile con la religiosa è stata bloccata nei pressi di
un’affollata stazione di autobus da
quattro uomini armati. Forse c’è
stato un tentativo di resistenza da
parte di Suor Clecensia e i malviventi hanno sparato uccidendo la
religiosa e ferendo l’autista.
IL PORTICO DEI GIOVANI
DOMENICA 6 LUGLIO 2014
IL PORTICO
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N.S. di Bonaria. Il centro giovanile della Parrocchia dei Mercedari propone ai ragazzi l’esperienza del Grest.
L’Oratorio Mercedario, sotto lo sguardo di Maria
al servizio dell’educazione cristiana dei ragazzi
Il tema del Grest 2014
è quello del dono.
I ragazzi, guidati
dai loro giovani
animatori, sono aiutati
a scoprire i propri
talenti per condividerli
I.P.
Z
AWADI IL SENTIERO del fuoco” è il titolo della storia
che offre l’ambientazione del Grest organizzato
dalla Parrocchia di N.S. di Bonaria,
giunto alla sua decima edizione. Il
programma di questa estate prevede due turni: dal 15 al 28 giugno per
i bambini e i ragazzi dai 6 agli 11
anni; dal 30 giugno al 12 luglio per la
fascia di età che va dai 12 anni in
su. L’attività compre l’intera giornata dalla mattina alle 9.00 fino alla sera, alle 19.00.
Per saperne di più su questa esperienza che vede coinvolti centinaia
di ragazzi con decine di giovanissimi animatori impegnati per seguirli, abbiamo sentito Padre Nunzio Masiello, mercedario, responsabile dell’Oratorio di N.S. di Bonaria.
Il tema di quest’anno è “Zawadi, il
sentiero del fuoco”. Da dove nasce
questa scelta e che spunti offre ai
ragazzi?
Ogni anno il Grest è impostato su
una storia che offre l’ambientazione di tutte le attività. Noi facciamo
riferimento in particolare alla proposta di animazione portata avanti dalla realtà di “Oragiovane”.
“Zawadi” in lingua swahili significa
“dono” ed è questo il tema che si
desidera approfondire nell’attività
estiva di quest’anno. I ragazzi vengono così aiutati a scoprire che nella loro vita è presente un grande dono che è quello dell’amore di Dio,
della sua presenza nella vita di ciascuno. In questo modo scoprono
anche la possibilità di vivere la spiritualità del dono, comprendendo
che la vita può essere più bella e fe-
lice se ci si apre agli altri dando il
meglio di se stessi, con generosità e
desiderio di servire.
I ragazzi che partecipano al Grest
sono seguiti da dei giovani animatori. Come si preparano all’attività
estiva?
Gli animatori sono divisi per fasce
di età, e comprendono sia studenti delle scuole superiori che universitari. A loro si affiancano poi gli
aiuto-animatori che stanno iniziando la loro esperienza di servizio. Durante l’anno loro partecipano agli incontri formativi proposti
dall’Oratorio e, in particolare, nel
periodo dopo Pasqua inizia la pre-
parazione specifica del Grest. Prima
ancora della preparazione “pratica” delle varie attività, ciò che è più
importante è che gli stessi animatori approfondiscono il tema nella
loro formazione. Il loro impegno di
servizio nasce così proprio dal confronto personale con la proposta
che poi verrà rivolta anche ai ragazzi.
In che modo l’attività dell’Oratorio
è inserita nell’insieme della vita
parrocchiale?
Molti dei ragazzi che partecipano al
Grest e alle altre attività frequenta la
catechesi parrocchiale e quindi
condivide la vita comunitaria della
parrocchia durante tutto l’anno.
Diversi animatori sono anche impegnati nel servizio della catechesi.
Le attività oratoriali vedono coinvolti poi molti adulti della comunità che aiutano gli animatori nel
lavoro con i più piccoli. I ragazzi
dell’Oratorio sono poi coinvolti nei
momenti principali dell’anno pastorale della parrocchia. Attraverso
l’Oratorio, che è aperto a tutti i ragazzi, c’è anche l’occasione per avvicinare persone lontane dalla vita
parrocchiale. Per esempio abbiamo avuto l’esperienza di ragazzi
non battezzati che poi hanno scelto di fare il cammino per ricevere i
Sacramenti.
Quello di Bonaria è un Oratorio
un po’“speciale”, visto il suo legame
con i Mercedari e la figura della Patrona Massima della Sardegna.Cosa porta tutto questo nel lavoro con
i ragazzi?
Il carisma dei Mercedari è legato
alla “liberazione”. Solo conoscendo Cristo e impegnandosi a seguirlo, l’uomo raggiunge la sua vera libertà. L’Oratorio educa i ragazzi a
scoprire i doni che hanno, a non
farsi imprigionare da altre proposte
che li illudono e alla fine non gli
danno niente, rendendoli anzi
“schiavi”. Con la fede i giovani scoprono le possibilità di bene che sono presenti nel cammino della loro
vita. La figura di Maria poi è sempre
presente nell’Oratorio, i ragazzi sono invitati a sentirla molto vicina.
Nel Grest, ad esempio, ogni giornata inizia e finisce con un particolare riferimento alla preghiera
mariana.
Il Grest a Nostra Signora di Bonaria
6
IL PORTICO
IL PORTICO DEI GIOVANI
DOMENICA 6 LUGLIO 2014
Iniziative. Oltre ottanta giovani hanno partecipato al Pellegrinaggio notturno organizzato dai Frati Minori.
“Un canto nella notte”, giovani in cammino
verso Cristo sui passi di San Francesco
L’esperienza trae origine
dalla vita del Santo
di Assisi che da Spoleto
tornò verso la sua città
natale dopo aver
ascoltato “la voce di
un Padre che lo amava
più di chiunque altro”
SUSANNA MOCCI
T
RA IL 21 E IL 22 GIUGNO si è
tenuto “Un canto nella
notte”, iniziativa organizzata dai Frati Minori
del convento di San Mauro. L’esperienza nasce sulla scorta di
quella di Francesco D’Assisi, che,
come si legge nel sito dei frati sardi, “tornò da Spoleto verso la sua
città natale dopo aver ascoltato,
nel cuore della notte, la voce di
un Padre che lo amava più di
chiunque altro”. L’evento, che
ogni anno viene proposto ad Assisi, è stato organizzato per la prima volta anche a Cagliari.
Un pellegrinaggio notturno che
ha portato un’ottantina di marciatori dai 18 ai 33 anni da Santa
Maria degli Angeli in Flumini di
Quartu alla Basilica di Nostra Signora di Bonaria, passando per la
parrocchia di San Luca e proseguendo lungo le saline di Molentargius. A guidare la marcia notturna le parole del vangelo di
Matteo sulla visita dei Magi “Abbiamo visto sorgere la sua stella e
siamo venuti ad adorarlo”.
Abbiamo raccolto le esperienze
di alcuni marciatori.
Parla Silvia: “È stavo bello ripercorrere il cammino dei magi e affidarsi alle stelle, come hanno fatto loro andando verso Gesù. È
stata un esperienza di abbandono e di affidamento alla Madonna, mi ha fatto riflettere tanto sulla fiducia che io tutti i giorni ripongo nel Signore e mi ha aiutato a prendere decisioni importanti, per esempio l’essenzialità
del tagliare le cose che non portano frutto”.
Maria Elisa aggiunge: "L'esperienza è durata una notte ma in
realtà è come se avessi rivissuto
tutti gli anni di cammino dal mio
Incontro. Il Signore mi ha fatto
dono di Parole importanti, senza
le quali non riuscivo ad andare
avanti.
Con la mia insicurezza e la mia
mania del controllo, fin da subito ho dovuto adeguare il passo a
quello degli altri e prendere strade buie che ci facevano tornare
sui nostri passi, sperimentando
così il dono dell'Obbedienza. Ho
trovato angeli pronti a sfamarmi
e a darmi parole di conforto, e ho
conosciuto così il dono della
Provvidenza e dell'Amicizia. Nell'ultimo tratto di cammino,
quando non avevo neanche più
le forze per parlare con chi avevo
al mio fianco, Dio mi ha fatto co-
noscere il dono della Sapienza.
Tante volte nel mio cammino di
fede mi sono fermata davanti agli
ostacoli perché stanca, debole,
ma quella è stato proprio il riconoscermi piccola e bisognosa di
aiuto a farmi arrivare alla Meta: il
mio desiderio di raggiungerla era
troppo forte e il Signore mi ha
permesso di arrivare. Durante la
messa ho pianto, perché non
avevo più la forza neanche per
alzarmi nei momenti solenni, ma
una volta ricevuta l'Eucarestia ho
capito che la Meta non sarebbe
stata così dolce senza quelle sofferenze".
Paolo racconta: “Io non so perché hai deciso di partecipare a
questa iniziativa”. Con queste parole Padre Vito ci ha accolto a
Flumini. Una frase che ha suscitato il desiderio di trovare una risposta; le motivazioni possono
essere molteplici, ma la spinta
principale viene da due cose
molto semplici: avere una Mèta
nel cammino e avere Fiducia.
Partecipare alla Marcia Notturna ha significato proprio questo;
camminare, meditare, faticare fisicamente ma con la consapevolezza di avere una mèta ben
precisa da raggiungere, ignaro
del tragitto da percorrere, delle
difficoltà che avrei incontrato,
ma fiducioso che qualcuno prima di me avesse già pensato e
voluto tutto quanto.
È stata un’ esperienza che mi ha
mostrato concretamente come
deve essere il cammino di ogni
Cristiano: puntare dritto a Gesù
passo dopo passo, anche attraverso le fatiche quotidiane ma
con la consapevolezza di avere
un Padre ad accoglierti e un percorso tracciato appositamente
per te”.
La marcia si è conclusa all’alba
con l’arrivo alla Basilica di Bonaria. “Un pellegrinaggio da Maria
a Maria, che è donna del cammino – ha detto Padre Diego Entali
ofm nell’omelia della Santa Messa conclusiva- abbiamo camminato per amare con il corpo, come ha fatto Gesù e come ricordiamo oggi nella solennità del
Corpus Domini, che è la festa del
corpo di Cristo”.
Il Pellegrinaggio notturno da Quartu a Bonaria
foto IVAN PEDRETTI
DOMENICA 6 LUGLIO 2014
IL PORTICO DI CAGLIARI
Solidarietà. A Cagliari il Seminario organizzato dall’Associazione Bambini Cerebrolesi.
“Abc”, stare accanto alle famiglie
per servire i piccoli che soffrono
Francesca Palmas:
“Tra le nostre priorità c’è
quella di voler collaborare
con tutti al fine di vivere
in una società che sia
davvero inclusiva ”
MARIA LUISA SECCHI
N
OI, ISTITUZIONI,
Comunità: persone con disabilità e famiglie protagonisti nello sviluppo di
reti sociali Verso Nuove Frontiere”. E' questo il titolo del Seminario promosso a Cagliari la scorsa
settimana dall'Associazione
Bambini Cerebrolesi, regiTra le
nostreTronale e nazionale, e dall'Associazione Italiana Sindrome
X-Fragileonlus. All'evento hanno preso parte ospiti provenienti da tutta la Sardegna (operatori,
famiglie, Istituzioni e Università)
e dal continente (tra i quali Matteo Orlandini che con l’Università di Bologna da anni analizza il
cosiddetto “modello Sardegna”
giudicandolo uno dei migliori
esempi europei di presa in carico).“È possibile imparare a vivere anche dalle situazioni più
estreme, se non si resta soli o rinchiusi, ma se si guarda alla persona, e ci si mette in relazione,
questo è stato il nostro punto di
partenza” - spiega Francesca Palmas, dell'ABC Sardegna e membro dell'Osservatorio Permanente per l’integrazione Scolastica delle Persone in Situazione
di Handicap del MIUR. Nel corso
del Seminario è stato presentato
il lavoro “Buone prassi e sviluppo
delle reti di volontariato familia-
Il lavori del convegno; sotto Francesca Palmas
re e delle persone con disabilità,
verso nuove frontiere. “Si tratta
di un’attività iniziata oltre un anno fa che ha coinvolto diversi
partner tra i quali: altre associazioni di familiari, volontari, operatori, professionisti, istituzioni dettaglia Francesca.
L'evento conclusivo è stato organizzato con il sostegno della Fondazione CON IL SUD, e con la
stretta rete di collaborazione del
Comune di Bidonì, dell’Università di Cagliari Ufficio Disabilità e
di Confcooperative. Il cooperare
e potenziare la nostra rete di collaborazione e partnership, con
lo scambio di esperienze raccontate direttamente dalla voce
dei protagonisti, persone con di-
sabilità e loro famiglie, e prassi
differenti ci ha portato con soddisfazione ad un completamento dei contesti e a rafforzare l’efficacia delle nostre azioni sia sul
territori che in altre regioni”. In
Sardegna attualmente i servizi
personalizzati e domiciliari coinvolgono oltre 38 mila persone e
circa 15 mila lavoratori nel territorio. “Tra le nostre priorità si
trova senz'altro in cima quella di
alimentare una maggiore consapevolezza della co-responsabilità, di dover e voler con-dividere,
co-progettare, collaborare tutti –
prosegue Francesca Palmas – al
fine di vivere in una società che
sia davvero inclusiva per tutti,
nessuno escluso. Testimoniare le
buone prassi significa formare e
informare tutti, spesso partendo
dalle situazioni più difficili”.
L'esperienza dell'Associazione,
composta da un solido numero
di famiglie che si fanno carico in
prima persona della riabilitazione e del progetto di vita dei propri
figli mirando in particolare all'integrazione sociale, dimostra
quanto la famiglia stessa sia pienamente coinvolta nella “disabilità” del proprio congiunto. “Mettere al centro la persona significa
lavorare con lei – spiega Francesca Palmas. Non prendere nessun tipo di decisione senza aver
prima coinvolto la persona stessa e la sua famiglia nel caso questa non sia in grado di rappresentarsi da sola. Questo è fondamentale e rappresenta proprio
una rivoluzione copernicana di
tutto il sistema socio-sanitario.
Si passa da una visione meramente assistenzialistica – prosegue Francesca – ad un pieno
coinvolgimento della famiglia
stessa”.
L'Associazione Bambini Cerebrolesi promuove il diritto all'autonomia, per quanto possibile, del nucleo familiare che si
trova a dover gestire una situazione di disabilità al suo interno.
La visita dei Vescovi piemontesi
La scorsa settimana la nostra diocesi ha ospitato un gruppo di Vescovi della Conferenza Episcopale Piemontese. La presenza dei Presuli ha avuto diversi momenti di carattere culturale, con la visita ad alcuni luoghi significativi della Città di Cagliari e della Sardegna, e occasioni di confronto e condivisione di esperienze con i responsabili degli uffici pastorali diocesani guidati da Mons. Arrigo Miglio.
IL PORTICO
7
blocknotes
L’ASSOCIAZIONE ABC
Il prezioso lavoro
a favore dei disabili
L’Associazione Bambini Cerebrolesi, Federazione Italiana, non
ha scopo di lucro, è apartitica, si
oppone ad ogni forma di razzismo, persegue fini esclusivamente sociali ed umanitari e
quelli di cui alla legge 11.08.91 n.
226 (legge quadro sul volontariato). L' ABC. agisce come coordinamento nazionale su base e
principi federali, nel rispetto dell’autonomia di ogni singola Regione o aggregazione di esse.
“Vogliamo ripartire dalle buone
esperienze in atto per costruire
percorsi inclusivi per tutti”. Questa è la mission dell'Associazione Bambini Cerebrolesi Sardegna. Nata nel giugno del 1990,
l'ABC riunisce al suo interno famiglie che si fanno carico in prima persona della riabilitazione e
del progetto di vita dei propri figli
mirando in particolare all'integrazione sociale. L'Associazione agisce a supporto delle famiglie associate sollecitando le autorità e gli enti pubblici e privati a
svolgere efficacemente il loro dovere. Mostra attraverso la pro-
pria mission come la presenza
di un cerebroleso fornisce numerosi stimoli per un arricchimento umano, morale e sociale
sia per la famiglia stessa che per
la società che la circonda. L'esperienza delle famiglie dell'ABC
suggerisce che l'inclusione sia
sempre possibile anche nelle situazioni più estreme. Ogni persona deve poter contare sulla
possibilità e sul diritto di vivere all'interno del nucleo familiare, nella comunità che la circonda, in
collaborazione con le istituzioni.
L'Associazione Bambini Cerebrolesi promuove inoltre il diritto
all'autonomia, per quanto possibile, del nucleo familiare che si
trova a dover gestire una situazione di disabilità al suo interno.
Autonomia nella gestione e nelle
scelte che conduce alla partecipazione attiva dei percorsi personalizzati. In cima alle priorità
dell'ABC
quella di alimentare una maggiore consapevolezza della co-responsabilità, di dover e voler
con-dividere, co-progettare, collaborare tutti.
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IL PORTICO DE
IL PORTICO
XIV DOMENICA DEL T. O. (ANNO A)
dal Vangelo secondo Matteo
Le hai rivelate ai pi
Mt 11, 25-30
DON ANDREA BUSIA
I
l brano odierno del vangelo pone in primo piano i “piccoli”, coloro che sono
“stanchi e oppressi”, per capire il brano
dobbiamo capire a chi Gesù stia facendo
riferimento e per capire questo dobbiamo
tornare all’antico testamento.
Nella predicazione profetica ricorre spesso un termine, anawim, che indica un
gruppo particolare di ebrei: i poveri, i piccoli. (Si possono vedere nella Bibbia, a titolo esemplificativo, Sofonia 2,3; Sofonia
3,12; Giuditta 9,11; Isaia 11,4 e Isaia 29,1724 dove non sarà difficile trovare delle assonanze con famosi brani del vangelo tra
i quali quello delle beatitudini, la prima
delle quali non a caso è rivolta ai “poveri
in spirito”). “Povero”, in questo caso, non
significa in primo luogo “mancante del
necessario”, bensì umile: è povero chi non
è superbo, colui che non prevarica l’altro, colui che per rimanere fedele alla volontà di Dio accetta anche di poter essere oggetto di angherie, chi sa che tutto ciò
il portico della fede
I
n quel tempo Gesù disse:
«Ti rendo lode, Padre, Signore del
cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai
dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì,
o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato
dato a me dal Padre mio; nessuno
conosce il Figlio se non il Padre, e
nessuno conosce il Padre se non il
Figlio e colui al quale il Figlio
vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro.
Prendete il mio giogo sopra di voi
e imparate da me, che sono mite e
umile di cuore, e troverete ristoro
per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».
che gli permette di vivere è dono gratuito
di Dio. In tutto questo l’aspetto economico è secondario anche se non di rado,
come la Bibbia esprime bene, la ricchezza può trasformare in peggio un persona, per questa ragione “è più facile che
un cammello passi per la cruna di un ago,
che un ricco entri nel regno dei cieli” (Mt
19,24).
Questi gruppo degli anawim è destinatario, nella predicazione profetica, di una
particolare predilezione da parte di Dio, è
uno dei tanti capovolgimenti divini, ma è
un capovolgimento solo dal nostro punto di vista: Dio guarda il cuore e a lui importa molto poco il nostro conto in banca, la cosa importante è l’atteggiamento
nei suoi confronti e di conseguenza quello verso i nostri fratelli.
Nel nostro brano ai piccoli sono contrapposti i sapienti e i dotti, non tanto perché
l’ignoranza sia una virtù, nella Bibbia non
mancano infatti inviti alla trasmissione
delle conoscenze e l’esaltazione di chi pa-
droneggia una tecnica, ma perché chi si
ritiene sapiente è più facilmente uno che
tende ad ergersi al di sopra degli altri, talvolta addirittura si concede il lusso di criticare Dio stesso, ma in confronto a Dio
siamo tutti estremamente piccoli e ignoranti. Ritenere di sapere tutto o, peggio, di
non aver bisogno di Dio perché si basta a
sé stessi è il peccato capitale per l’uomo
perché Dio rispetta la nostra libertà e non
ci impone di seguirlo, anche sapendo che
seguirlo vorrebbe dire giungere alla felicità, alla salvezza.
Gesù ha parlato a tutti: a ricchi e poveri,
come il seminatore non si è fatto problemi anche dove la sua parola sarebbe potuta essere rifiutata, ha sofferto per questo come si vede nei brani in cui si raccontano episodi di rifiuto; non a caso nei
versetti immediatamente precedenti il
brano riportano proprio un rimprovero di
Gesù contro le città i cui abitanti non avevano accettato la sua parola e non si erano convertiti. A quel rimprovero fa da
contraltare questo elogio a Dio e, implicitamente, a coloro che si pongono in un
atteggiamento di ascolto e di obbedienza
alla volontà del Signore.
Nella seconda parte del nostro brano Gesù identifica sé stesso come uno degli
anawim, anzi come il primo tra loro, in
quanto lui dice di essere “mite e umile di
cuore” e, così facendo, si pone alla guida
del popolo dei poveri di Dio: Dio stesso fa
sua la caratteristica stessa dei suoi fedeli.
Facendo questo però aggiunge un elemento, che diventa fondamentale nella
vita del cristiano, che è quello di associarsi a Gesù che ha fatto dell’obbedienza alla volontà del Padre la sua stessa ragione d’essere, il suo giogo e chiede a chi
vuole seguirlo di fare altrettanto, fino alla croce se necessario.
Un gioco apparentemente impossibile
da portare ma che diventa leggero se il
cammino viene fatto al fianco di Gesù e
non affidandosi esclusivamente alle proprie forze.
COMUNICARE LA GIOIA DEL DONO DEL BATTESIMO
«In tutti i battezzati, dal primo all’ultimo, opera la forza santificatrice dello Spirito che spinge ad evangelizzare. Il Popolo
di Dio è santo in ragione di questa unzione che lo rende infallibile “in credendo”. Questo significa che quando crede non
si sbaglia, anche se non trova le parole per esprimere la sua
fede» (119).
Questo insegnamento di papa Francesco, pone in luce come il battezzato, al di là dell’istruzione della sua fede, e qualunque sia la sua funzione nella Chiesa, è dotato con il battesimo di una energia che gli permette di evangelizzare e lo rende protagonista nella storia di quell’annuncio gioioso che fece dire ai discepoli: “abbiamo incontrato il Messia”.
È ovvio che è necessario che qualcuno ce lo comunichi in maniera tale che ciascuno lo possa a sua volta testimoniare,
come fece anche la Samaritana al pozzo di Giacobbe, che, dopo aver parlato con Gesù, lasciò la brocca e corse in città per
dire che aveva incontrato un uomo che forse poteva essere
il Messia: si tratta di una vera e propria cordata di testimoni che
prima ricevono e poi a loro volta trasmettono.
Di fatto i Vangeli sono i racconti dei primi testimoni, di coloro
che incontrarono e riconobbero il Messia e lo annunciarono,
giungendo fino a noi. Il compito della nuova evangelizzazione, oggi è certamente quello di scoprire il senso del battesimo ricevuto, è quello di risvegliarne il significato più profondo, così da liberarne quella energia, magari tenuta sopita, in
modo da lasciarci a nostra volta evangelizzare in modo nuovo, dalle testimonianze di altri battezzati, che attorno a noi continuano a scrivere la storia della salvezza, con le loro azioni i
loro gesti, il più delle volte silenziosi e allo stesso tempo capaci
di trasformare le situazioni concrete del quotidiano, per volgerle al bene. Un impegno, per tutti i battezzati, anche in vista del Convegno ecclesiale di Firenze del 2015, di scoprire
nella nostra Chiesa locale i testimoni che hanno vissuto il
vangelo nella storia particolare di un territorio, arricchendolo
ed elevandone la cultura, e le condizioni di molti.
Nella forza evangelizzatrice che ogni battezzato può manifestare con la sua vita, non si devono trascurare, insegna papa
Francesco, le forme semplici della pietà popolare, attraverso
cui il Popolo di Dio continua incessantemente a evangelizzare
se stesso. Dunque, dobbiamo guardare anche a quel “prezioso tesoro della Chiesa cattolica”, sviluppatosi nel corso dei
secoli con antichissime tradizioni, radicato e presente anche
nella nostra Sardegna, e dal quale possiamo attingere forme
di evangelizzazione e modalità nuove attraverso le forme
simboliche di cui è impregnata la pietà popolare, capace di trasmettere contenuti alti, in forme semplici.
La pietà, popolare, infatti non è priva di contenuti anzi è un modo per vivere la fede cristiana nelle manifestazioni sociali,
coinvolgendo la persona nella sua unità, cioè la sua sfera cognitiva quella emotiva/affettiva, nonché la sfera morale.
di Maria Grazia Pau
ELLA FAMIGLIA
DOMENICA 6 LUGLIO 2014
9
Parla Belletti del Forum Associazioni Familiari
iccoli...
All’Italia occorre
ripartire dalla famiglia
I. P.
N
RISCRITTURE
IL “GIOGO” DI CRISTO
Nel Vangelo, il Signore Gesù ci ripete quelle parole che
conosciamo così bene, ma che sempre ci commuovono: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra
di voi e imparate da me, che sono mite e umile di
cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero” (Mt 11,28-30).
Quando Gesù percorreva le strade della Galilea annunciando il Regno di Dio e guarendo molti malati,
sentiva compassione delle folle, perché erano stanche
e sfinite, come pecore senza pastore” (cfr Mt 9,35-36).
Quello sguardo di Gesù sembra estendersi fino ad oggi, fino al nostro mondo. Anche oggi si posa su tanta
gente oppressa da condizioni di vita difficili, ma anche
priva di validi punti di riferimento per trovare un senso e una meta all’esistenza. Moltitudini sfinite si trovano nei Paesi più poveri, provate dall’indigenza; e an-
che nei Paesi più ricchi sono tanti gli uomini e le donne insoddisfatti, addirittura malati di depressione.
Pensiamo poi ai numerosi sfollati e rifugiati, a quanti
emigrano mettendo a rischio la propria vita.
Gesù promette di dare a tutti “ristoro”, ma pone una
condizione: “Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore”. Che
cos’è questo “giogo”, che invece di pesare alleggerisce, e invece di schiacciare solleva? Il “giogo” di
Cristo è la legge dell’amore, è il suo comandamento,
che ha lasciato ai suoi discepoli (cfr Gv 13,34; 15,12).
Il vero rimedio alle ferite dell’umanità, sia quelle materiali, come la fame e le ingiustizie, sia quelle psicologiche e morali causate da un falso benessere, è
una regola di vita basata sull’amore fraterno, che ha
la sua sorgente nell’amore di Dio.
Benedetto XVI - Angelus 3 luglio 2011
ATO NEL 1957, sposato, tre
figli Francesco Belletti vive e lavora a Milano. Presidente del Forum delle Associazioni Famigliari è laureato in
Scienze Politiche all’Università
di Milano nel 1983, ha lavorato
per oltre 15 anni come consulente e ricercatore libero professionista per enti pubblici e privati no profit su tematiche sociali.
Crisi economica e famiglia. Come stanno le cose?
Per dare riposte alle richieste di
tanti è necessario capire quale
ruolo debba avere la famiglia nelle strategie del Paese. Ci siamo illusi che la crisi si contrastasse salvando le banche, le aziende, la
pubblica amministrazione, manca però l’idea che è necessario ripartire dalla famiglia. Lo slogan
dovrebbe essere ripartire dalla
famiglia e per questo abbiamo
insistito molto su una politica fiscale per la famiglia, perché significa restituire in partenza le
risorse sui compiti dei nuclei familiari.Pensiamo che si debba
vedere la famiglia come il luogo
dove si costruisce il progetto del
Paese, dove si genera il futuro dei
figli, dove vengono mantenute le
persone in solidarietà. Basti pensare che senza la
famiglia la disoccupazione
giovanile sarebbe un dramma
da rivoluzione
civile nel nostro
Paese. Ma tutto
ciò non viene riconosciuto dalla politica.
Come se ne
esce?
Ripensando le
politiche verso
ampi spazi di azione e di sostegno, anche semplicemente con
segnali simbolici. Non si tratta
solo di restituire delle risorse
quanto di restituire titolarità alla
famiglia. Oggi le persone si trovano a vivere la propria famiglia
come uno spazio di totale privatezza, invece la famiglia genera
bene comune, perché è il capitale sociale più prezioso del nostro
Paese e purtroppo questo non
riusciamo a valutarlo e ad apprezzarlo. L’esempio è che se una
casalinga decide di stare a casa
riduce il PIL del Paese ma aumenta la coesione sociale. Questo è ciò che chiediamo alla politica, sia a livello nazionale sia regionale che comunale: ci sono
tantissime azioni che si possono
fare, più o meno costose, ma certamente se uno ha in mente che
il Paese riparte se riparte la famiglia.
Da dove partire?
Il Governo ha in mano il Piano
nazionale per la famiglia, approvato nel 2012 dall’esecutivo Monti, ancora in attesa di un’esplicita
attuazione. Quel documento
propone la famiglia come soggetto sociale, politico ed economico individuando i carichi fiscali di ciascun nucleo.
Non c’è bisogno di politiche assistenziali, ma di rimuovere gli
ostacoli alla sua
azione. La conciliazione tra padri,
madri e lavoro è
bloccata da vincoli, regole e pregiudizi organizzativi delle aziende: è quindi la famiglia a doversi
adattare alle ferree leggi del mercato. Dobbiamo
invertire la tendenza.
10
IL PORTICO DEI LETTORI
IL PORTICO
DOMENICA 6 LUGLIO 2014
LETTERE A IL PORTICO
Egregio Direttore,
scrivo in merito ad un articolo apparso di recente sulla realtà dell’Oratorio
di S. Elena. Mi ha colpito una frase
che cito testualmente: “Purtroppo
Sant'Elena non ha un passato recente di oratorio”. Faccio presente
che fin dai primi anni del secolo scorso la parrocchia di Sant'Elena ha
sempre vantato una fiorente attività
oratoriana. Io stessa, che ho frequentato sin da piccolissima il Ferrini ricordo tante attività: la filodrammatica, la biblioteca, la scuola vedette, le crociatine, il movimento
scouts e tanto altro. E se l'autrice
dell'articolo parla di passato "recente" come non ricordare l'attività sia
estiva che invernale promossa da
don Marcello e proseguita, alla sua
scomparsa, dagli altri vice parroci.
Antonietta Pinna
Gentile lettrice,
la sua osservazione in merito all’articolo è senza dubbio corretta. L’espressione “passato recente” effettivamente non rende ragione del lavoro portato avanti negli ultimi anni
nella realtà oratoriale di S. Elena. La
sottolineatura del positivo lavoro svolto attualmente a Quartu va senza
dubbio messa insieme alla lunga e
ricca tradizione di attività per i giovani della Parrocchia di S. Elena. (rp)
In onda su
Radio Kalaritana
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Per donare beni di prima
necessità
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Andrea 392 43(94 $684$ •$ Aldo
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$
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biscotti,
caffé,$
$
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zucchero, sale, merendine, riso,
$
omogeneizzati e alimenti per l’infanzia
etc.
$
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Informazione ecclesiale diocesana
Dal lunedì al sabato 9.30 e 16.30
L’udienza
La catechesi di Papa Francesco
Il giovedì alle 21.10 circa
Radiogiornale regionale
Lampada ai miei passi (7 – 13
Dal lunedì al venerdì 10.30 /12.15 luglio)
Commento al Vangelo
Zoom - Dentro la notizia
quotidiano
Dal lunedì al venerdì 11.30 / 17.30 a cura di don Giuseppe Tilocca
Dal lunedì al venerdì 5.00 / 6.48 /
Oggi è già domani
21.00
Nel cuore della notte con lo
Sabato 5.00 / 6.48 / (21.00
sguardo verso il nuovo giorno
Vangelo domenicale)
(A cura di don Giulio Madeddu)
Domenica 5.00 / 7.30 / 21.00
Ogni giorno alle 00.01 circa
Inviate le vostre lettere a Il Portico, via mons. Cogoni 9, 09121 Cagliari o utilizzare l’indirizzo [email protected], specificando nome e cognome, ed una modalità per rintracciarvi. La pubblicazione è
a giudizio del direttore, ma una maggiore brevità facilita il compito. Grazie.
U
n successo strepitoso corona la
prima rappresentazione della Turandot di Giacomo Puccini (18581924) nella versione incompiuta:
il terzo appuntamento della Stagione Lirica
e di Balletto del Teatro cagliaritano supera le
aspettative e riscuote il profondo entusiasmo del pubblico in sala.
L’opera, in tre atti e cinque quadri, su libretto di Giuseppe Adami (1878-1946) e Renato
Simoni (1875-1952), che non tornava sul palco del capoluogo dal 2004, è curata dal talentuoso Pier Francesco Maestrini, attivo in
città italiane (fra cui Roma, Napoli, Parma,
Sassari) e nel panorama internazionale
(Tokyo, Pechino, San Paolo, Manaus), in un
esaltante nuovo allestimento del Teatro di
Cagliari: sotto la bacchetta di Giampaolo
Maria Bisanti, presente anche l’anno scorso
per Otello, si succedono i protagonisti con
costumi di Marco Nateri, luci di Simon Corder e scene dello scultore sardo Pinuccio
Sciola.
Proprio a quest’ultimo è legata la rievocazione della vicenda. La storia, che i librettisti hanno ricavato dall’omonima fiaba teatrale del veneziano Carlo Gozzi (1720-1806),
s’incentra sulla crudele durezza della bellissima principessa cinese Turandot: se i suoi
pretendenti non risolvono tre enigmi, ella li
condanna a morte senza sposarli, così da
vendicare l’onta subìta nel passato dalla sua
ava Lo-u-Ling. Il regista, avendo già pensato ad una Cina di ghiaccio che si scioglie col
progressivo cedere della principessa, compie
insieme allo scultore sardo un passo audace
e circonda di pietre sonore tutta la scena. «Il
Grande successo al Lirico per l’opera di Puccini
La Turandot
ALESSIO FAEDDA
cuore di Turandot è di pietra, impenetrabile.
La Cina stessa è pietrificata». Quando appare
nel primo atto, la protagonista è nascosta dietro pareti calcaree insormontabili, mentre
l’atto terzo mostra una
Pechino di elevati grattacieli che, nelle intenzioni di Sciola, vogliono bucare la convenzionale limitatezza della scena.
Sonorità orientali e costumi sono in perfetta
simbiosi. Impegnato
già nella passata stagione per I Shardana di
E. Porrino, Nateri si
ispira «ai colori della
pittura cinese e soprattutto alle forme di certa scultura», eliminando però «tutta la parte
decorativa più canonica»: il Mandarino (George Andguladze) che
nel primo atto, con voce stentorea, annuncia
la dura legge di Turandot appare in abiti tra-
dizionali arancioni; i coristi sono vestiti di
blu; Turandot è ammantata di tre colori diversi, che cedono ciascuno ad ogni enigma
soluto – il verde della
speranza, il rosso del
sangue, il bianco della
fragile purezza della
principessa.
L’esecuzione catapulta
senza fiato nel Celeste
Impero. Il Mandarino,
dato l’annuncio, e il popolo di Pechino accorrono all’esecuzione del
Principe di Persia
(Mauro Secci), ultima
vittima di Turandot
(Maria Billeri). La calca travolge un anziano
cieco e la sua serva; sono soccorsi dal giovane Calaf (Francesco
Medda, in sostituzione
di Roberto Aronica),
che riconosce il padre Timur (Carlo Cigni)
nel vecchio e Liù (Maria Katzarava) nella ragazza, di lui perdutamente innamorata. Si-
curo del loro silenzio, Calaf si risolve ad affrontare Turandot, invano contrastato dai
tre ministri del regno Ping (Gezim Myshketa), Pang (Gregory Bonfatti) e Pong (Massimiliano Chiarolla). Tre colpi di gong rendono irrevocabile la decisione. L’azione si stringe: sul folto piazzale della reggia, sotto lo
sguardo vigile e paterno del Principe Altoum
(Davide D’Elia), Calaf risolve gli enigmi; ma,
di fronte allo sconforto di Turandot, lega la
sorte nuziale ad un quarto quesito: se ella
riuscirà a scoprire prima dell’alba il suo nome, egli morirà comunque. Calaf, sicuro di
vincere, resiste alle lusinghe dei Pechinesi,
ma perde l’amore di Liù che, per salvare Timur e non tradire il principe, s’infligge la
morte.
Il pubblico contempla, estasiato. La musica
è forse troppo alta nel primo atto, ma Bisanti riesce a ridimensionarla a partire dal
secondo e a conservarne tutta la forza. Non
ben distinti sono i timbri di Altoum, assiso in
alto trono in una posizione infelice per la
voce, e di Calaf che tuttavia si difende benissimo nella celeberrima aria Nessun dorma. Ping, Pong e Pang formano insieme un
trio di stridente comicità, all’inizio poco preciso, ma fenomenale nell’aria Addio amore. Turandot comunica tutto il suo sdegno,
prima, e la sua fragilità, poi, mentre Liù cade nel più terribile dolore che sconvolge il
palcoscenico. L’ovazione finale di dieci minuti al cast e allo scultore conferma ancora
una volta l’eccellenza della Fondazione cagliaritana e risponde entusiasta agli sforzi
profusi. Le repliche continueranno per tutto il mese di luglio e di agosto.
DOMENICA 6 LUGLIO 2014
IL PORTICO DELLA CARITÀ
Carità. Diffusi i dati sulle donazioni in favore delle popolazioni colpite dall’alluvione.
Una grande gara di solidarietà:
la Chiesa vicina agli alluvionati
Quasi tre milioni
di euro sono stati
raccolti attraverso
la colletta promossa
dalla Conferenza
Episcopale Italiana
MARIA CHIARA CUGUSI
Q
di euro
le risorse raccolte dalla
colletta della Chiesa destinata alle famiglie sarde colpite dall’alluvione, compreso il milione stanziato dalla
CEI (attraverso i fondi 8 per mille).
Una cifra frutto della generosità
dei ‘veri eroi’, come li ha definiti
Mons. Sebastiano Sanguinetti, Vescovo di Tempio-Ampurias, durante l’incontro organizzato nei
giorni scorsi a Olbia, città-simbolo dell’alluvione, da Caritas Sardegna e da Caritas Italiana. «I veri eroi - ha detto il Vescovo - sono
coloro che hanno avuto fiducia
nella Chiesa, che hanno donato
una piccola offerta da mettere a
disposizione di chi ha subito danni: il poco che la gente aveva lo ha
messo a disposizione per gli altri,
e ha reso possibile il nostro lavoro,
ma non possiamo sostituirci allo
Stato. Aspettiamo ancora l’intervento delle istituzioni, Stato e Regione, affinché diano quello che
hanno promesso, secondo le necessità».
Obiettivo dell’incontro, fare il
punto sugli interventi effettuati
UASI TRE MILIONI
La conferenza di presentazione dei dati ad Olbia.
finora, per garantire la massima
trasparenza, come ha spiegato
don Marco Lai, delegato regionale Caritas, che ha aggiunto: «Vogliamo far sapere alle famiglie colpite che si sta continuando a fare
tutto il possibile, come segno di
prossimità, vicinanza, per promuovere percorsi di risalita nel
tempo».
Mons. Sanguinetti ha ricordato la
grande solidarietà tra le Chiese
diocesane colpite. Un impegno
che continuerà nel tempo: «Sappiamo - ha sottolineato il Vescovo
- che in queste situazioni il lavoro
vero è quello successivo, della ricostruzione, accompagnare le comunità, imprese e famiglie nel ritorno a una vita normale». E an-
cora, il Vescovo ha aggiunto: «I
fondi raccolti sono stati completamente messi a disposizione degli alluvionati.
Certo, le cifre messe in campo sono irrisorie rispetto alle necessità
reali». Solo ad Olbia, ha ricordato,
1500 case colpite, danni alle abitazioni tra i 50-70 mila euro, senza parlare delle imprese artigiane, negozi, infrastrutture. «Secondo lo stile Caritas - ha spiegato Mons. Sanguinetti -, ci siamo
rivolti alle famiglie più bisognose, assicurando un valore aggiunto, costituito dalla prossimità, una
rete di vicinanza che consente alla gente di non sentirsi sola». Inoltre, il Vescovo ha ricordato che la
sfida della Chiesa è «far emergere
l’enorme solidarietà e generosità
che spesso costituiscono un
‘mondo sommerso’», in modo da
elevare la qualità della vita di tutti.
Le cifre ufficiali sono state fornite
da Don Andrea La Regina, responsabile ufficio macro-progetti di Caritas Italiana. La colletta
complessiva della Chiesa è di
1.900.000 euro (a cui ammontano le offerte giunte dalle diocesi a
Caritas Italiana e Caritas Sardegna); colletta che arriva a
2.900.000 con il milione stanziato
subito dalla CEI (attraverso i fondi 8 per mille).
Per quanto riguarda le cifre in
uscita, 155.000 euro per interventi di emergenza e primo aiuto (attraverso la Caritas Sardegna);
2.100.000 per interventi a sostegno di famiglie e piccole imprese, di cui 1.300.000 già approvati e
finanziati per le diocesi di Tempio-Ampurias, Nuoro e Ales-Terralba. Inoltre, 500.000 già finalizzati al microcredito, 25mila per
attrezzature varie.
Le risorse rimanenti (oltre 100mila euro) saranno usate per progettualità sociali (per fasce deboli) o per incrementare il fondo per
il microcredito. «L’organismo pastorale della Caritas - ha spiegato
don La Regina - si muove secondo
il criterio di ispirazione evangelica; la solidarietà degli italiani è
quella di chi vuole essere prossimo, vicino, in un criterio di dono».
Inoltre, «le istituzioni devono fare la loro parte, occorre riscoprirsi come comunità coese, capaci di farsi carico
dei bisognosi».
Le Caritas diocesane
sono in prima linea
IL PORTICO
11
brevi
CAPPUCCINI
Ordinato diacono
Fra Amedeo Salis
Lo scorso 27 giugno, nel convento
di Sant’Ignazio a
Cagliari,
fra
Amedeo Salis è
stato ordinato
diacono.
La celebrazione
è stata presieduta da monsignor
Arrigo Miglio ed
ha visto molti fedeli presenti nel santuario cappuccino.
CHIESA SANT’ANTONIO ABATE
Conferenza sull’organo
Agati-Tronci
Venerdì 4 alle 19.30 nella chiesa di
Sant’Antonio Abate a Cagliari conferenza incentrata sull’organo Agati-Tronci del 1887. Lo strumento,
uno fra i più grandi organi storici
esistenti in Sardegna, da decenni è
praticamente inutilizzabile e richiede un opportuno restauro. Per sensibilizzare l’opinione pubblica gli allievi e i docenti del Laboratorio Organi Storici del Conservatorio di
Cagliari - che hanno schedato lo
strumento nell’ambito del progetto
“Organi storici della Provincia di
Cagliari” - illustrano le
caratteristiche
dello
strumento e
ne ripercorrono la storia
attraverso
suoni ed immagini. È
stato pubblicato un volume dal titolo “Arte Organaria in Sardegna.
Costruttori e strumento fra XVI e
XX secolo” di Roberto Milleddu che
ricostruisce tre secoli di storia della fabbricazione d’organi a canne.
L’evento si svolge con la collaborazione dell’Arciconfraternita della
Vergine SS. d’Itria e sotto l’egida
del Conservatorio G. Pierluigi Palestrina di Cagliari.
SOLIDARIETÀ
Cena di beneficenza
per il Guatemala
Alcuni tra gli interventi portati avanti nel territorio
M. C. C.
U
di prossimità,
attento ai bisogni emersi e
caratterizzato da un ascolto
costante. Durante l’incontro organizzato nei giorni scorsi dalla Caritas
regionale e da quella nazionale, i direttori delle Caritas diocesane più
colpite dall’alluvione hanno descritto gli interventi portati avanti
dalle loro diocesi, nell’ambito dei
progetti già approvati da Caritas Italiana.
A Olbia, dopo una prima fase di risposta immediata all’emergenza
(oltre 700 volontari impegnati) c’è
stata la seconda fase, caratterizzata
dalla messa in rilievo dei bisogni e
prossimità alle famiglie (circa mille
quelle censite); infine, la terza fase
che ha visto interventi mirati, in
stretta sinergia con i parroci e le associazioni locali. Sono stati potenziati i servizi offerti dalla Caritas dioN INTERVENTO
cesana, tra cui il magazzino della distribuzione viveri per le parrocchie,
l’ufficio del coordinamento emergenza alluvione, l’attività degli sportelli di ascolto, il sostegno psicologico, gli interventi di microcredito, il
prestito della speranza, l’anti-usura. «La gente ha bisogno di supporto psicologico - ha spiegato Suor Luigia Leoni, direttrice della Caritas di
Tempio-Ampurias -; presso le parrocchie continua l’opera di ascolto
delle famiglie».
Inoltre, la direttrice ha ricordato che
per contribuire al riavvio dell’economia olbiese, gli acquisti dei viveri vengono fatti a Olbia e le squadre
degli operai sono composte da persone alluvionate.
Nella diocesi di Ales-Terralba, l’azione della Caritas si è caratterizzata per il lavoro di rete con i parroci e
i comuni. «Oltre ai danni materiali ha spiegato don Angelo Pittau, di-
rettore della Caritas diocesana - abbiamo dato risposte a quelli psicologici, attraverso la creazione di un’équipe socio-psicologica»; inoltre, gli
aiuti sono stati destinati anche ad
artigiani, allevatori, agricoltori «che
hanno perso tutto, ma che, seppur
nella difficoltà, hanno mostrato
grande solidarietà tra di loro».
Nella diocesi di Nuoro, la Caritas diocesana sta portando avanti il progetto ‘Un sorriso di speranza’, già approvato dalla Caritas nazionale: tra
gli interventi, 14 voucher di sostegno economico (valore medio 15mila euro l’uno) destinati ad aziende
familiari colpite dall’alluvione (individuate grazie alla collaborazione
con i parroci, i comuni e le associazioni di volontariato) e 10 borse di
studio (20% della spesa, valore medio tremila euro) per i giovani che rischiano di dover interrompere gli
studi all’università o alle superiori, a
causa delle difficoltà economiche
vissute dalle famiglie, in seguito all’alluvione. Inoltre, sostegno alle imprese agro-pastorali, grazie alla collaborazione con la Coldiretti.
«L’obiettivo - spiega don Francesco
Mariani, direttore della Caritas di
Nuoro - è far ripartire le aziende».
Interventi, ricorda il direttore della
Caritas nuorese, che devono fare i
conti con le difficoltà burocratiche
vissute dagli enti locali: a Bitti, uno
dei comuni più colpiti del nuorese, le
offerte ammontano a un milione di
euro che tuttavia non può essere
speso per via del patto di stabilità.
Da circa quattro anni i padri domenicani stanno portando a compimento l’intera ristrutturazione del
Collegio San Martin de Porres in
Guatemala. È stato avviato il dormitorio, i laboratori di chimica e di
lingue e la cappella. Alla fine del
2013 sono stati realizzati dieci bagni con relative docce. Al fine di
portare a compimento l’intero progetto di ristrutturazione del collegio
è necessario rifare il tetto alle aule,
alla biblioteca e al dormitorio. “Passi per il Mondo”, questo il nome
del progetto avviato in Guatemala,
in particolare a Dolores nel Petén,
organizza sabato 5 luglio alle 21
(alle 20 viene celebrata una santa
Messa) una cena di beneficenza a
Selargius in Via del Lavoro 15 presso il Centro Giovanile Domenicano.
Per informazioni di può contattare
il Centro Giovanile Domenicano di
Selargius.
12
IL PORTICO DELLA DIOCESI
IL PORTICO
brevi
IN LIBRERIA
Un volume per aiutare
padre Renato Chiera
Padre Renato Chiera opera in Brasile da oltre 35 anni fa. Nella periferia di Rio, viene a contatto con la
tragedia dei meninos de rua. Nasce
così la Casa do Menor, punto di riferimento per tanti bambini e adolescenti. Un’esperienza raccolta nel
volume “Dall’inferno un grido per
amore”. Per sostenere l’opera
promossa da padre Renato, la casa editrice Paoline ha pensato di dar vita all’iniziativa “Le Paoline tifano Brasile”. Fino al 20 luglio, parte del ricavato
della vendita del libro acquistato
presso le Librerie Paoline d’Italia (e
la libreria online libreria-online.paoline.it), sarà devoluto alla Casa do
Menor.
DAL 17 AL 24 AGOSTO
Campo di formazione e
volontariato
Dal 17 al 24 agosto per i giovani
dai 16 ai 30 anni è possibile partecipare al Campo internazionale di
formazione e volontariato. Un’esperienza di amicizia e fraternità
con i giovani in arrivo dai diverse zone del Mediterraneo. L’iniziativa voluta dalla Caritas Diocesana prevede la mattina le attività di servizio
nelle opere segno della Caritas diocesana di Cagliari ed in realtà associative di inclusione sociale, nel
pomeriggio momenti di formazione
attraverso la conoscenza di chi si
impegna a vivere la solidarietà, con
visite a realtà significative della città.
Maggiori informazioni sul sito
www.caritascagliari.it.
DOMENICA 6 LUGLIO 2014
Formazione. Si è svolto a Cagliari il Corso di aggiornamento per i docenti di religione.
L’Irc è dentro il mondo della scuola
al servizio dell’educazione dei giovani
Roberto Romio
e Cristina Carnevale
hanno guidato l’iniziativa
di formazione per i docenti
promossa dall’Ufficio
per l’Insegnamento della
Religione Cattolica
FRANCO CAMBA
I
L LINGUAGGIO RELIGIOSO nell’in-
segnamento della Religione
Cattolica”: è questo il tema
del corso di aggiornamento
per gli insegnanti di religione dell’arcidiocesi di Cagliari, conclusosi lunedì scorso. Articolato in tre
moduli, di cui il primo teorico-fondativo comune ai docenti delle
scuole di ogni ordine e grado, il secondo e il terzo rivolti rispettivamente ai docenti del secondo ciclo, cioè della scuola secondaria di
secondo grado, e ai docenti del primo ciclo (infanzia, primaria, secondaria di secondo grado), il corso è stato una valida opportunità di
aggiornamento per i numerosi docenti di religione della diocesi.
Gli incontri, che si sono tenuti a
Cagliari nell’aula magna del seminario arcivescovile in via Monsignor Cogoni, sono stati introdotti
da don Roberto Piredda, direttore
dell’Ufficio per l’insegnamento
della religione cattolica dell’arcidiocesi di Cagliari, il quale ha curato anche le riflessioni introduttive proponendo per la medita-
Un’immagine dei lavori del Corso.
zione personale alcuni stralci del
discorso che papa Francesco ha
tenuto il 10 maggio scorso nell’incontro con il mondo della Scuola
italiana. Le relazioni sono state tenute dal professor Roberto Romio,
docente di didattica dell’Insegnamento della Religione Cattolica
presso l’Università Pontificia Salesiana di Roma e da Cristina Carnevale, esperta in Scienze dell’Educazione e Pedagogia religiosa e
autrice del testo Progettare per
competenze nell’IRC. Il nuovo quadro delle Indicazioni Nazionali
(LDC-Il Capitello, 2013).
Il corso ha preso avvio con le relazioni del professor Romio sull’o-
rizzonte pedagogico e didattico
del linguaggio religioso, cui hanno fatto seguito le attività di laboratorio e di confronto con la restituzione delle riflessioni dei corsisti
in assemblea. Dopo aver illustrato
il passaggio che si rende necessario nel contesto attuale, «da un
modello di scuola “trasmissiva”
per andare verso lezioni partecipate, necessarie per accompagnare gli alunni in un processo di maturazione di competenze», il professor Romio si è soffermato ampiamente nell’illustrazione del
“procedimento ermeneutico”,
«quale modello che permette all’alunno di decifrare e orientare
l’esperienza attuale valorizzando i
modelli della tradizione».
Riprendendo alcuni contenuti sviluppati nel precedente corso di aggiornamento, la professoressa Carnevale si è invece soffermata sulla
“valenza educativa” del linguaggio simbolico-religioso, in particolare di quello cristiano cattolico, «come un modo “altro” per dire la realtà e la vita, un modo che
“mostra” aspetti altrimenti indicibili e “fa vedere” la realtà e la vita
con occhi nuovi, scoprendone
nuovi significati, nuove dimensioni, nuovi valori, nuove possibilità
di azione». Dopo aver ricordato
che l’insegnamento della religione
cattolica si aggancia in particolar
modo al linguaggio biblico fortemente segnato dal valore simbolico, la professoressa Carnevale ha
illustrato in che modo tale disciplina «può promuovere una competenza dei simboli, come caso
speciale della competenza ermeneutica, svolgendo una funzione
pedagogica fondamentale: aprire
gli alunni alla percezione simbolica in virtù della quale le cose, le
esperienze, le situazioni diventano
un segno, rinviano a qualcosa d’altro».
Particolarmente attiva è stata la
partecipazione dei docenti di religione delle scuole di ogni ordine
e grado nelle attività laboratoriali
che, grazie alla metodologia di lavoro proposta dai relatori, sono
stati impegnati a delineare dei percorsi didattici ermeneutico-esistenziali, coniugando pensiero
metaforico ed esperienza religiosa.
IL PORTICO DELLE VOCAZIONI
DOMENICA 6 LUGLIO 2014
Pastorale vocazionale. Al via i Campi scuola rivolti ai ragazzi dei gruppi ministranti.
Vocazione, dare un nome preciso
al proprio desiderio di felicità
to dall'ufficio nazionale per la pastorale delle vocazioni: “Apriti alla
verità, porterai la vita”.
Declinato nelle diverse attività, sarà
ancora di più analizzato ed approfondito durante questa esperienza estiva.Verranno prese in esame alcune figure bibliche che insegneranno ai partecipanti ad aprire la propria vita a Gesù, seguendo
le orme tracciate da loro.
Oltre ai momenti di gioco, svago e
divertimento al mare, saranno impegnati in attività più riflessive, di
ricerca e di lavoro di gruppo, per
fare prendere coscienza ai ragazzi il
significato di “diocesi”.
In che senso?
Già dalla loro tenera età, è giusto
far comprendere loro il significato
di unità e di Chiesa per condividere l'esperienza della fede.
Come si inserisce il lavoro con i ministranti, nelle attività dell'ufficio
per la pastorale delle vocazioni?
Questo tipo di pastorale nella diocesi vuole raggiungere tutte le età.
Ed è giusto partire dai bambini e
dai ragazzi, per iniziare con loro un
discorso che gli consenta di approcciarsi alla vita nel miglior modo possibile e affinché possano
scoprire il progetto di felicità che
Dio ha per la loro vita. Bisogna dunque aiutarli ad entrare in contatto
con Gesù.
Siete già al lavoro anche per il
prossimo anno pastorale?
Il lavoro ci vede già impegnati
nello studio di nuove e diverse
esperienze dedicate anche ai ragazzi più grandi, che concludono
il loro percorso delle scuole secondarie di primo e secondo grado, soprattutto nel difficile momento dell'adolescenza e si affacciano al mondo giovanile, di
fronte alle scelte di vita sempre
più importanti da affrontare.
In questi salti di maturità la nostra proposta dunque è proprio
quella di una riflessione vocazionale, con dei progetti già provati
in fase sperimentale durante lo
scorso anno pastorale, come i ritiri spirituali vocazionali per i ragazzi delle scuole medie e gli incontri di testimonianza vocazionale per i ragazzi delle scuole superiori.
raggiunto i propri obiettivi. Obiettivi che sono stati chiaramente indicati nell’Annuario e nella programmazione delle attività annuali: favorire una maggiore apertura del seminario alla città, un radicamento nel territorio, la conoscenza e la condivisione dei cammini formativi, il dialogo e il confronto su tematiche riguardanti la
Chiesa e la cultura contemporanea”.
La cerimonia di chiusura dell’anno
seminaristico ha consentito di presentare i lavori di sintesi dei laboratori degli itinerari formativi svolti durante l’anno, e di partecipare
alla rappresentazione teatrale
“Storia di un soldato”, diretta da
don Salvatore Fois e dal maestro
Gianluca Medas. Alla rappresentazione teatrale ha fatto seguito la
presentazione della nuova edizione del sito web del Seminario, rea-
lizzato con la supervisione di don
Riccardo Pinna. Nelle diverse attività i seminaristi hanno dato prova delle abilità acquisite nel corso
dell’anno. Infatti, i giovani che si
preparano per ricevere l’ordinazione sacerdotale, oltre alla formazione accademica impartita
dalla Facoltà Teologica, nel Seminario regionale completano la propria formazione umana, culturale,
spirituale e pastorale partecipando alle attività proposte annualmente attraverso i diversi laboratori. Tra questi vi è il laboratorio
musicale, quello letterario e teatrale, quello linguistico e quello liturgico-iconologico. Inoltre, gli
stessi seminaristi nel corso dell’anno formativo sono stati impegnati in diversi gruppi d’interesse
come quello che si occupa della
redazione del periodico L’Eco del
Regionale.
Don Davide Curreli:
“Partiamo dai ragazzi
affinchè possano
scoprire il progetto
di felicità che Dio
ha per loro”
FABIO FIGUS
E
di vacanza,
ma anche di crescita
umana e spirituale.
Questo l'intento principale dei responsabili dell'ufficio
diocesano per la pastorale vocazionale che dal 9 al 12 luglio per i
bambini delle scuole primarie, e
dal 14 al 17 luglio per i ragazzi delle secondarie di primo grado, organizzano a Villaputzu il campo
scuola diocesano per i ministranti.
Don Davide Curreli, nominato pochi giorni fa dall'Arcivescovo vice
rettore del Seminario arcivescovile
e vice direttore dell'ufficio per la
pastorale vocazionale, già durante lo scorso anno ha collaborato
nella realizzazione di diverse attività proposte ai ministranti.
Quali sono state le principali attività dell'ufficio diocesano per le
vocazioni rivolte ai ministranti?
Il principale impegno per i tanti ragazzi che offrono il proprio servizio
STATE TEMPO
nelle diverse comunità parrocchiali, è stato nello scorso mese di
aprile, la Giornata diocesana dei
ministranti. Agli incontri di Cagliari e di Senorbì, erano circa trecento
e considerando l'entusiasta risposta di parroci, educatori e degli stessi ministranti, abbiamo pensato di
organizzare per loro anche i campiscuola estivi.
Chi vi parteciperà?
Visto l'elevato numero, abbiamo
richiesto ad ogni parrocchia la partecipazione di massimo due rappresentanti, tenendo conto ovviamente di situazioni dove il gruppo
dei ministranti è molto numeroso.
Quale tema sarà sviluppato in questi giorni?
Per dare continuità con il lavoro
svolto finora, si riprende il tema
delle giornate diocesane suggeri-
La conclusione dell’anno
al Seminario Regionale
IL PORTICO
13
brevi
POZZO DI SICHAR
A luglio gli
esercizi spirituali
L’Opera Esercizi Spirituali di Cagliari ha organizzato nel mese di luglio, nella Casa di Esercizi Spirituali
“Pozzo di Sichar” una serie di Esercizi spirituali. Da domenica 6 a domenica 13 padre Gabriele Semino
s.j. terrà un corso di su "Credo in
Dio e negli uomini" l'esperienza della fede accompagnati da Etty Hillesum. Da domenica 13 a domenica 20 padre Graziano Calci s.j. terrà
un corso di su "Sono stato crocifisso con Cristo" (Gal 2, 20) - Evangelizzare i propri dolori e da lunedì
21 a domenica 27 padre Carlo Manunza s.j. terrà un corso di su "Le
parole di Dio crescono con chi legge" (S. Gregorio, omelie su Ezechiele, VII, 8) Per informazioni e
adesioni contattare il numero
070/650880.
29 GIUGNO
55° anniversario per
mons. Meledina
Monsignor Pietro Meledina, classe 1931, parroco emerito della
Parrocchia Santa Lucia di Cagliari, domenica scorsa ha festeggiato il 55° anniversario di ordinazione sacerdotale. A concelebrare
l’Eucaristia insieme a lui erano presenti monsignor Antonio Vacca,
vescovo emerito di Alghero-Bosa,
e monsignor Franco Puddu, vicario episcopale. Alla celebrazione,
che si è tenuta nella cappella dell’Immacolata dell’Asilo Dessì di
Quartu sant’Elena, dove cinquantacinque anni fa monsignor Meledina ha celebrato la sua prima
messa, hanno partecipato numerosi amici, parenti ed ex parrocchiani.
Mons. Miglio ha presieduto la Messa di chiusura
F. C.
C
ON UNA SOLENNE concelebrazione eucaristica sabato scorso si è chiuso ufficialmente l’anno seminaristico
2013-2014 del Pontificio Seminario Regionale Sardo. Alla celebrazione, presieduta da monsignor
Arrigo Miglio, arcivescovo di Cagliari e presidente della Conferenza Episcopale Sarda, hanno partecipato insieme ai quarantotto
seminaristi provenienti dalle dieci diocesi sarde, all’équipe formativa e alle figure complementari,
anche i familiari degli alunni impegnati nel percorso di preparazione al sacerdozio.
La giornata era stata preceduta da
un altro appuntamento importante: la celebrazione della festa
del Sacro Cuore, patrono del seminario. Nell’occasione c’è stato
l’incontro con la città di Cagliari e
con il territorio della parrocchia
Sant’Eusebio, in attuazione del
progetto “Dal seminario al Quartiere, dal Quartiere al Seminario”,
condiviso con il parroco don Giuseppe Cadoni. Alla celebrazione,
presieduta dal rettore monsignor
Gian Franco Saba, ha fatto seguito
una breve processione eucaristica fino alla parrocchia Sant’Eusebio e, successivamente, il rientro in
seminario. La serata è poi proseguita non solo per i seminaristi per
anche per numerosi parrocchiani
nel chiostro del seminario con il
momento di festa “Estate in Musica”. Particolarmente significativa
è stata anche la presenza alle celebrazioni di una folta delegazione
della sezione Unitalsi di Cagliari e
dei rappresentanti delle istituzioni civili e militari.
“La partecipazione alla cerimonia
di chiusura e all’incontro del Seminario con il quartiere e la parrocchia Sant’Eusebio, di rappresentanti delle istituzioni civili e militari e di tante persone che, a diverso titolo, costituiscono gli ‘Amici del Seminario’ - ha detto monsignor Gian Franco Saba - credo ci
possa permettere di dire che il progetto ‘Agorà del seminario’ abbia
DAL 28 LUGLIO AL 4 AGOSTO
Il “Cammino
di Compostela”
Un “Camino a Santiago” per giovani italiani under 35 è stato organizzato dal 28 Luglio al 4 Agosto.
È possibile trovare informazioni sul
tipo di esperienza che viene proposta da Guanelliani, padri e suore, per tentare di ri-dare al Cammino la sua direzione originaria sul sito www.guanellianisantiago.it.
14
IL PORTICO DELL’ANIMA
IL PORTICO
brevi
5 LUGLIO
60° di ordinazione per
mons. Tarcisio Pillolla
Sabato 5 luglio ricorrono i 60 anni
dall’ordinazione sacerdotale di
mons. Tarcisio Pillolla, vescovo
emerito di Iglesias,
e già ausiliare di
Cagliari.
La messa solenne
è prevista alle 19
nella parrocchia dei
Santi Pietro e Paolo a Cagliari, comunità nella quale il presule spesso è
presente per le celebrazioni.
IL 9 LUGLIO
A Cagliari prima veglia
“Le Sentinelle in Piedi”
Prima veglia a Cagliari, mercoledì 9
luglio 2014, dalle 20 alle 21, presso
il Bastione Saint Remy, per le “Sentinelle in Piedi”. Per partecipare è
necessario portare semplicemente un libro da leggere in piedi, in silenzio. Le sentinelle in piedi sono
una realtà apartitica e aconfessionale, in piazza
vegliano
donne, uomini,
operai e avvocati, insegnanti
e genitori, bambini e anziani,
cattolici, musulmani non credenti, e anche persone che si sono
apertamente presentati come gay.
Questo perché la libertà di espressione non conosce colore politico,
o bandiera associativa, o religione,
non conosce nemmeno inclinazione sessuale.
Maggior informazioni su www.facebook.com/sentinelleinpiedicagliari.
DOMENICANI
Quarta settimana
delle Famiglie
Dal 1 al 5 agosto il Movimento Domenicano delle Famiglie ha organizzato la Quarta settimana domenicana delle Famiglie nei locali del
Convento di Cagliari. Il tema sarà
“La carne come cardine della storia della salvezza”. Il programma
prevede venerdì 1 agosto alle 10.30
la relazione di sr. Therese Boillat,
op, sul tema “San Domenico e la
sfida dei catari: dualismo o unità di
spirito e corpo”. Sabato 2 agosto
alle 18 i coniugi Ilaria Delicati e Francesco Maiorca parleranno del tema
“Dall’attrazione erotica al compimento dell’eros: l’agape”. Domenica 3 agosto alle 10.30 i coniugi
Sonia Cannas e Stefano Galletta
proporranno il tema “Uno sposo e
un padre in carne e ossa”. Lunedì 4
agosto alle 10.30 Luisa Mura e Stefano Fadda interverranno sul tema
“Amare nella libertà: etica del corpo”. Infine martedì 5 agosto padre
Christian Steiner proporrà il tema
“Confusione dei ruoli familiari o
centralità coniugale?”. Per informazioni ed iscrizioni [email protected],
oppure
3337468785.
In memoria/1. Don Nino Tolu.
DOMENICA 6 LUGLIO 2014
In memoria/2. Padre Giulio Baldus.
Una vita donata Un missionario
al servizio di Dio vicino ai poveri
sari padre Giulio Baldus, frate cappuccino,
aveva festeggiato lo
scorso anno i 60 anni di messa a
Sanluri.
Nato a Samatzai nel 1929 aveva
sentito la chiamata fin da giovane entrando nel 1940 al Seminario serafico di Cagliari ad Oristano. Dopo due anni però la guerra
costringe il giovane Giulio a partire a Sassari, con successivo trasferimento nella Penisola, dove
nel 1950 fa la professione solenne. Tre anni dopo a Sassari viene
ordinato sacerdote.
Da quel momento e fino al 1972
presterà servizio nei conventi di
Cagliari, Oristano e Sanluri, diventando anche Direttore di
“Voce Serafica”, la rivista dei
cappuccini, che dirigerà per ben
14 anni.
Il 1972 segna un cambio nella sua
vita. La partenza per la missione, in particolare in Zaire, dove
presterà il suo servizio per tre anni prima di ritornare in Sardegna.
A Sassari sarà impegnato come
parroco, per poi diventare guardiano del convento.
Ma la missione è però entrata nel
suo animo.
Così lascia nuovamente la Sardegna per andare in Colombia
prima e alle Seychelles poi, da
dove rientrerà solo nel 1992, per
i conventi di Sassari, Sorso e dal
2004 Sanluri.
Amante della lettura, scrittore,
con l’hobby della pittura, padre
Giulio aveva un forte senso della
giustizia, tanto da aver combattuto nel corso della sua vita a favore dei più deboli e degli indifesi, anche costo di mettere a repentaglio la sua vita.
In occasione del suo 60° di ordinazione presbiterale nel ricordino donato ai presenti scriveva:
“Mi piacerebbe che questo “cartoncino” venisse letto ai presenti durante il rito del mio funerale,
sempre che il Superiore lo ritenga opportuno. In ogni caso A
Deus Gratias e “a si bii totus impari in sa santa Gloria”.
Padre Giulio Baldus è tornato alla casa del padre lo scorso 26 giugno ed ora il suo corpo riposa a
Samatzai, il paese natale.
In molti ricordano la sua disponibilità al dialogo e la grande cultura.
Paolo VI, il 24 ottobre 1964 proclamo' S. Benedetto Patrono
d’Europa. Dinanzi a questa figura del padre del monachesimo il
nostro pensiero va anche al Papa Emerito Benedetto XVI , più
volte ne espresse la gioia di portare nel suo pontificato il nome di
San Benedetto. [...] “Ho voluto
chiamarmi Benedetto XVI per
riallacciarmi idealmente al venerato Pontefice Benedetto XV, che
ha guidato la Chiesa in un perio-
do travagliato a causa del primo conflitto mondiale. Il nome Benedetto evoca, inoltre, la
straordinaria figura del grande
“Patriarca del monachesimo
occidentale”, san Benedetto da
Norcia, compatrono d’Europa
insieme ai santi Cirillo e Metodio e le sante donne Brigida di
Svezia, Caterina da Siena ed
Edith Stein. La progressiva
espansione dell’Ordine benedettino da lui fondato ha esercitato un influsso enorme nella diffusione del cristianesimo
in tutto il Continente. San Benedetto è perciò molto venerato anche in Germania e, in
particolare, nella Baviera, la
mia terra d’origine; costituisce
un fondamentale punto di riferimento per l’unità dell’Europa e un forte richiamo alle irrinunciabili radici cristiane della sua cultura e della sua civiltà”
[…]. La sua memoria, a causa
della Quaresima, è stata trasferita dalla data tradizionale del
21 marzo, ritenuto il giorno della sua morte, all'11 luglio, giorno in cui fin dall'alto Medioevo
in alcuni luoghi si faceva un
particolare ricordo del santo.
MONS. GIANNI SPIGA
ATO A DOLIANOVA il 20
novembre 1940, ordinato sacerdote il 4 luglio 1965. Ha incominciato e concluso la sua attività pastorale nella parrocchia di origine: san Pantaleo in Dolianova.
Forse la presenza del Seminario
Minore ha contribuito a prendere sul serio la chiamata di Gesù:
“Vieni e seguimi”.
Don Nino ha offerto la sua disponibilità alla sequela andando
con gioia nelle diverse parrocchie alle quali era stato inviato:
Sisini, Soleminis, Donori,
Sant’Andrea Frius, Maracalagonis e Ussana. Il suo apostolato è
stato caratterizzato da uno stato
precario di salute, ma finché ha
potuto ha continuato con entusiasmo il suo ministero. Sappiamo che è il Signore per primo a
condividere con noi la sofferenza, invitandoci nello stesso tempo a unire questa sofferenza alla
sua, rendendola strumento di
salvezza personale e comunitario.
Don Nino è vissuto così, specialmente gli ultimi sei anni della sua
vita, costretto per di più a vivere
fuori dalla sua famiglia per essere ricoverato in una struttura di
Sinnai (Villa Giovanna) per avere
più assistenza. Non è rimasto solo: i sacerdoti di Sinnai e poi don
Efisio Spettu, don Gianni Spiga e
don Paolo Sanna andavamo
spesso a trovarlo per condividere
N
l’amicizia sacerdotale e scambiare qualche parola. Gli ultimi
giorni sono stati davvero un calvario: ricoverato d’urgenza prima al SS. Trinità e poi alla Clinica
Lay ha condiviso in modo particolare con gli altri sofferenti la
sua sofferenza. L’abbiamo incontrato il giorno prima della sua
dipartita, abbiamo pregato insieme, ci è sembrato presente alla preghiera in quanto ha aperto
gli occhi e muoveva anche le labbra.
Ha ricevuto con fede l’assoluzione in articulo mortis e prima di
andar via ho tracciato sulla sua
persona il segno di croce. “Vieni
e seguimi” è stata l’ultima chiamata del Signore. “Oggi sei con
me nella Casa del Padre”: questo
speriamo e crediamo per don Nino. Caro confratello, riposa in pace e prega per la nostra Chiesa
cagliaritana.
I. P.
O
RDINATO NEL 1953 a Sas-
STORIE DI SANTI
S. Benedetto da Norcia
di ANDREA AGOSTINO
S
BENEDETTO da Norcia, è fondatore del monachesimo occidentale, S. Gregorio Magno,
scrisse di san Benedetto:“L’uomo
di Dio che brillò su questa terra
con tanti miracoli non rifulse meno per l’eloquenza con cui seppe esporre la sua dottrina”.La nascita di san Benedetto viene datata intorno all’anno 480. Proveniva, così dice san Gregorio, dalla“ex provincia Nursiae” – dalla
regione della Nursia. I suoi genitori benestanti lo mandarono per
la sua formazione negli studi a
Roma. Dopo la conclusione dei
suoi studi, Benedetto lasciò Roma e si ritirò nella solitudine dei
monti ad est di Roma,dove per un
certo periodo si associò ad una
“comunità religiosa” di monaci,
si fece eremita nella non lontana
Subiaco. Lì visse per tre anni completamente solo in una grotta
AN
che, a partire dall’Alto Medioevo,
costituisce il “cuore” di un monastero benedettino chiamato “Sacro Speco”. Nell’anno 529 Benedetto lasciò Subiaco per stabilirsi a Montecassino. Secondo Gregorio Magno, l’esodo dalla remota valle dell’Anio verso il Monte
Cassio - un’altura che, dominando la vasta pianura circostante, è
visibile da lontano - riveste un carattere simbolico: la vita monastica nel nascondimento ha una
sua ragion d’essere, ma un monastero ha anche una sua finalità
pubblica nella vita della Chiesa e
della società, deve dare visibilità
alla fede come forza di vita. Di fatto, quando, il 21 marzo 547, Benedetto concluse la sua vita terrena, lasciò con la sua Regola e
con la famiglia benedettina da lui
fondata un patrimonio che ha
portato nei secoli trascorsi e porta tuttora frutto in tutto il mondo.
DOMENICA 6 LUGLIO 2014
IL PORTICO DELL’ANIMA
Pastorale. Una riflessione di mons. Antonio Porcu sulla figura del prete nel nostro tempo.
Essere presbiteri oggi per servire
il cammino di fede del popolo di Dio
MONS. ANTONIO PORCU
Q
uella che segue è una
proposta di riflessione
sui temi ecclesiali per suscitare un dibattito seguendo le sollecitazioni di Papa
Francesco nell’Evangelii gaudium,
in particolare nei numeri 111-12 e
127-129, e della lettera pastorale di
Mons. Miglio per il 2013-2014,“Sulla
via di Emmaus”.
Come ogni anno il Giovedì Santo abbiamo celebrato la Messa Crismale.
Noi sacerdoti, partendo dalla chiesa
di Santa Lucia in via Martini, siamo
giunti in processione fino alla Cattedrale. Siamo stati accolti da un folto gruppo di ragazzi cresimandi, una
rappresentanza delle religiose e diversi fedeli. Durante la processione
iniziale l’assemblea cantava “Popolo regale, assemblea santa …”. Nel
mentre io pensavo: il canto “popolo
sacerdotale” e la successiva benedizione degli Oli santi, dovrebbero
esprimere la gioia della comunità
diocesana riunita in assemblea per
celebrare la sua festa, quella del popolo di Dio.
Anche l’Arcivescovo, all’omelia, faceva riferimento a Numeri 11, 25-30
e riportava la dichiarazione di Mosè
in risposta a Giosuè -che gli chiedeva: ”Signore mio impedisci a Eldad
e Medab di profetare”-, “Sei tu geloso per me? Fossero tutti profeti nel
popolo e volesse il Signore dare loro
il suo spirito”. Mons. Miglio si augurava che tutti i cristiani, sentendosi
popolo di Dio, esercitassero il dono
della profezia.
Il Giovedì Santo dovrebbe essere
rappresentata l’intera comunità diocesana esprimendo così il sacerdozio comune di tutti i fedeli. Nella
mentalità collettiva dei fedeli invece
il Giovedì Santo è la festa dell’Eucaristia e dei sacerdoti. Essi, infatti, con
la formula del rito, rinnovano l’impegno di servire la Chiesa ricordando la propria donazione. Anche il
gesto “della lavanda dei piedi” la sera alla Messa in Coena Domini, dovrebbe essere il gesto del servizio di
ogni cristiano. Tutti infatti, siamo
parte del Corpo mistico di Gesù Cristo, tutti siamo al servizio dei fratelli, consacrando la nostra vita al servizio del popolo di Dio.
C’è coerenza tra il gesto del rito e il
comportamento del clero verso la
comunità cristiana? A parole diciamo di essere al servizio della comunità. Pur riempendoci la bocca della parola “servizio” questo, spesso,
viene esercitato come potere. Il clero, nella realtà, spesso non è quello
che serve ma quello che viene servito.
Già nel XII secolo un canonista, Graziano, affermava che i cristiani si dividono in due categorie: i chierici e i
laici. Ai chierici è riservata la santità,
mentre ai laici poteva bastare lo
stretto necessario per la salvezza dell’anima. Un tempo si utilizzava spesso l’espressione Chiesa “docente”,
che svolgeva la sua funzione attiva
nell’istituzione ecclesiale, e Chiesa
“discente”, composta dai fedeli, che
avevano in rapporto alla gerarchica un ruolo subordinato e passivo.
La Chiesa era considerata come una
sorta di “piramide”. Al vertice il clero,
mentre alla base stavano tutti gli altri.
Per difendersi dalla riforma protestante, la Chiesa costruì attorno a
sé, come una cittadella, mura e torri. Si cercò di rinnovare particolarmente il clero, costituendo i seminari minori e maggiori, con un rigoroso programma di studi per formare sacerdoti adatti ai nuovi tempi. Fu fatto obbligo ai vescovi e ai
parroci della residenza e la recita del
Breviario. L’organizzazione del sacro venne istituzionalizzata. Era necessario serrare le fila dell’ortodossia e guidare i laici secondo i dettami
della gerarchia. Le parrocchie si
esprimevano attraverso l’organizzazione del sacro. Non c’era bisogno dell’annuncio vero e proprio,
dato che tutti erano cristiani. La pastorale non faceva altro che consolidare l’esistente.
Alla fine dell’800 con la fondazione
dell’Azione Cattolica (1867), che si
ispirava al al suo motto “Preghiera,
azione e sacrificio”, e dell’Opera dei
Congressi (1872), cominciarono
cambiare i vari ruoli nella Chiesa.
La progressiva partecipazione dei
laici alla vita ecclesiale sfociò poi nel
Concilio Vaticano II, che fece cadere le mura e le torri della sua “cittadella”, rinnovando la vita comunitaria.
Si cercò di riorganizzare la Chiesa
con spirito della comunione e della
corresponsabilità. Già con Pio XII si
disse che la Chiesa è il Corpo mistico di Cristo, di cui Gesù è il capo e
tutti i cristiani le membra.
Tutta la Chiesa è popolo sacerdotale con i suoi vari compiti e ministeri. Nel dopo Concilio i laici entraro-
no a pieno diritto nelle strutture ecclesiali. La Chiesa conobbe un grande risveglio, ma visse anche molte
situazioni problematiche.
Il Diritto canonico fa obbligo alle
diocesi e alle parrocchie di costituire il Consiglio per gli Affari Economici e raccomanda la costituzione
del Consiglio Pastorale. In questo
modo i laici sono considerati non
solo dei semplici esecutori e neanche dei collaboratori, ma corresponsabili della vita parrocchiale.
Nell’epoca postconciliare l’idillio
durò poco. Alcuni cercarono di portare in avanti le riforme oltre i desiderata del Concilio, e altri non accettarono nessun cambiamento.
Dopo il boom iniziale, i due consigli
persero della loro importanza. Ora i
due consigli parrocchiali o non sono
presenti nelle parrocchie oppure lo
sono soltanto sulla carta.
Ora, come contrapposizione, molti
fedeli e sacerdoti si sono rifugiati
nell’ansia del ritorno al passato. Anche tra i sacerdoti, addirittura giovani, molti sentono il richiamo del
passato e non accettano le disposizioni pastorali del Concilio. Il devozionismo è la prassi di molti fedeli,
alimentato talvolta dall’atteggiamento dei sacerdoti.
Nella comunità accade che al vertice c’è il parroco e tutti gli altri sono
alle sue dipendenze. Il parroco gestisce il sacro e i fedeli ne sono gli
esecutori.
Per essere ammesso al seminario,
dovetti rispondere a una domanda:
“Perché ti vuoi fare prete?”. Scrissi:
“Perché il prete celebra la messa e
perché tutti si levano il cappello
quando passa”. Nella mia ingenuità
e senza rendermene conto, fotografavo la vita parrocchiale del tempo.
Infatti i personaggi riveriti erano il
sindaco, il medico, il farmacista, il
maresciallo dei carabinieri e il parroco. Ad una omelia dissi: “A che cosa servono i fedeli nelle parrocchie?
Ad aprire e chiudere la chiesa, fare le
pulizie, tenere in ordine gli arredi sacri, fare la questua alla messa, fare il
catechismo ai bambini, copiare i registri dei sacramenti e accompagnare il parroco in città a fare le compere”. Al termine della Messa, il sacerdote che nel mentre confessava,
mi disse: «Mentre tu parlavi, un giovane ha bussato alla porticina del
confessionale e mi ha detto: “Lo sa
che anch’io sono d’accordo con
quello che sta dicendo il prete?”».
Tanti anni fa mi recai nella Parrocchia della Medaglia Miracolosa per
parlare con il parroco, il Padre Abbo.
Era in riunione con i sacerdoti collaboratori. Rivolgendosi a me disse:
«I miei confratelli non vogliono programmare la vita parrocchiale con i
laici. Dicono che è solo una perdita
di tempo. Tra noi facciamo più in
fretta».
Ancora oggi si naviga a vista. I fedeli non hanno voce in capitolo. Quasi in nessuna parrocchia, per esempio, si rende conto alla comunità
dell’amministrazione economica.
Un tempo c'era però una fortissima
coesione spirituale e il sacerdote che
veniva mandato in una parrocchia
conosceva molto bene il suo compito. L’Azione Cattolica coinvolgeva tutti dai fanciulli fino agli adulti. I
laici cattolici che hanno ricostruito
l’Italia nel dopo guerra si sono formati in questa associazione. Il seminario educava a seguire un cammino collaudato e valido per animare la vita delle parrocchie.
Ora invece si esce dal seminario senza un riferimento particolare e si va
verso una società sgranata e spesso
non solidale. Ci sono sacerdoti che
seguono un movimento o qualche
altra realtà associata, altri, in particolare i giovani, fanno riferimento
ad agenzie formative, purtroppo
non evidenziabili; e guardano al “trapassato”.
Ecco il punto: il sacerdote, innanzitutto, è “con” i fedeli prima di essere
“per” loro. L’essere “con” gli altri li
accomuna a tutti i membri del Corpo mistico di cui Gesù ne è il capo.
Scopriamo di dover essere comunità o di doverla costruire assieme.
Il Battesimo ci ha fatto diventare tutti sacerdoti, re e profeti. Siamo diventati tutti membri del popolo sacerdotale, gente santa. Tutti siamo
chiamati a essere santi come Dio è
santo. La partecipazione al Corpo
di Cristo ci rende annunciatori del
Vangelo, sempre impegnati ad esercitare la regalità con il servizio vicendevole. All’interno della comunità dei battezzati Dio chiama però
alcuni e li consacra sacerdoti, attraverso il ministero del Vescovo, per
amministrare i sacramenti, annunciare la Parola di Dio ed essere guide
e accompagnatori della comunità
nel cammino verso la santità. I sacerdoti sono chiamati a guidare la
comunità, in comunione con il proprio Vescovo, scoprendo e valorizzando il carisma dei fedeli a loro affidati e testimoniando insieme la
presenza di Dio.
IL PORTICO
15
detto tra noi
Riconoscere i peccati
e chiedere perdono
di D. TORE RUGGIU
“Dio vuole che tutti gli uomini siano
salvi e raggiungano la conoscenza
della verità”, ci ricorda S. Paolo “per
la nostra letizia e nostra gioia”. Qualcuno ha, però, precisato che le porte del paradiso sono sempre spalancate, ma vi entra solo chi vuole
entrarci. È quanto, in altre parole,
ha dello S. Agostino: “quel Dio che
ti ha creato senza di te, non ti salva
senza il tuo contributo u il tuo assenso”. Dunque, riconoscere i propri peccati e chiedere umilmente
perdono è condizione senza la quale non possiamo ricevere il dono
della misericordia di Dio. Qualche
volta ci siamo chiesti, analizzando le
conversioni narrate dai Vangeli: che
sarebbe successo al figlio prodigo
se non fosse tornato alla casa del
padre? Come sarebbe stata la vita
di Zaccheo se non avesse accolto
Gesù nella sua casa? E dove sarebbe il buon ladrone se non avesse chiesto a Gesù: “ricordati di me
quando sarai nel tuo regno”?. La risposta è ovvia: non è la stessa cosa riconoscere i peccati e chiedere
perdono o il contrario. Forse per
una errata concezione che, siccome
Dio è buono, tutti andremo in paradiso, qualcuno ha preso le cose alla leggera, dimenticando i molteplici passi biblici in cui il Signore ci invita a ritornare a Lui con il cuore
pentito. La chiesa, nella sua saggezza, ci fa iniziare tutte le azioni liturgiche con l'atto penitenziale....
“per essere degni di celebrare i Santi Misteri”. Quante responsabilità ha
soprattutto il sacerdote che dovesse presiedere la celebrazione con il
peccato nell'anima. E così i fedeli. Ai
consacrati, ci avverte Gesù, verrà
chiesto molto di più. Non nascondiamoci mai dietro a un dito, giustificando i tanti peccati gravi che
commettiamo a cuor leggero, come
parlare male degli altri (perfino odiarli), tramare e remare contro per invidia, gelosia e accidenti vari. Lo Spirito distribuisce carismi e ministeri,
diversi, ma “per l'utilità di tutti”. Per
cui nessuno può misconoscere l'opera che lo Spirito compie nel cuore del fratello o della sorella. Le beghe, i tranelli e le malefatte contro gli
altri, soprattutto tra noi discepoli del
Signore, devono essere bandite per
lasciare spazio alla gioia per quanto Dio opera di buono negli altri....
“gareggiamo perciò nello stimarci
a vicenda”, come ci avverte S. Paolo. Può un cristiano, ancorchè ministro di Cristo di qualsiasi grado gerarchico partecipare alle celebrazioni con il cuore pieno di odio contro il fratello? Gesù, quasi infastidito, ci dice: “lascia lì la tua offerta e vai
prima a riconciliarti”. Per favore,
chiunque legge (o, per me, scrive)
queste parole, esamini bene la propria coscienza perchè se non ci
convertiremo “non entreremo in
paradiso”. Tramare alle spalle, poi, è
un atto di inqualificabile vigliaccheria. Potremo perfino azzardare di affermare che quando uno cade in
questo tranello, non è degno neppure di dirsi uomo....altro che cristiano o consacrato! L'argomento è
talmente serio che se lo snobbiamo,
rischiamo la condanna eterna. Riflettiamo finchè c'è tempo.
16
IL PORTICO DI PAPA FRANCESCO
IL PORTICO
Il Santo Padre. La seconda parte del Discorso al Convegno pastorale di Roma.
“Diventiamo audaci per scoprire
nuoveviediannunciodelVangelo”
a sfida grande della Chiesa oggi è diventare madre: madre! Non una Ong
ben organizzata, con tanti piani pastorali … Ne abbiamo
bisogno, certo … Ma quello non è
l’essenziale, quello è un aiuto. A
che cosa? Alla maternità della
Chiesa. Se la Chiesa non è madre,
è brutto dire che diventa una zitella, ma diventa una zitella! È così: non è feconda. Non solo fa figli
la Chiesa, la sua identità è fare figli, cioè evangelizzare, come dice Paolo VI nell’Evangelii nuntiandi. L’identità della Chiesa è
questa: evangelizzare, cioè fare figli. […] Ma per questo la Chiesa
deve fare qualcosa, deve cambiare, deve convertirsi per diventare
madre. Deve essere feconda! La
fecondità è la grazia che noi oggi
dobbiamo chiedere allo Spirito
Santo, perché possiamo andare
avanti nella nostra conversione
pastorale e missionaria. Non si
tratta, non è questione di andare
a cercare proseliti, no, no! Andare
a suonare al citofono: "Lei vuol
venire a questa associazione che
si chiama Chiesa cattolica?...". Bisogna fare la scheda, un socio di
più … La Chiesa - ci ha detto Benedetto XVI - non cresce per proselitismo, cresce per attrazione,
per attrazione materna, per questo offrire maternità; cresce per
tenerezza, per la maternità, per la
testimonianza che genera sempre più figli. È un po’ invecchiata
la nostra Madre Chiesa… Non
dobbiamo parlare della "nonna"
Chiesa, ma è un po’ invecchia-
L
ta…. Dobbiamo ringiovanirla!
Dobbiamo ringiovanirla, ma non
portandola dal medico che fa la
cosmetica, no! Questo non è il vero ringiovanimento della Chiesa,
questo non va. La Chiesa diventa
più giovane quando è capace di
generare più figli; diventa più giovane quanto più diventa madre.
Questa è la nostra madre, la Chiesa; e il nostro amore di figli. Essere nella Chiesa è essere a casa, con
mamma; a casa di mamma. Questa è la grandezza della rivelazione. L’individualismo ci porta alla
fuga dalla vita comunitaria, e questo fa invecchiare la Chiesa. Andiamo a visitare un’istituzione che
non è più madre, ci dà una certa
identità, come la squadra di calcio: "Sono di questa squadra, sono tifoso della cattolica!". E questo
avviene quando c’è la fuga dalla
vita comunitaria, la fuga dalla famiglia. Dobbiamo recuperare la
memoria, la memoria della Chie-
INDUSTRIA GRAFICA
sa che è popolo di Dio. A noi oggi
manca il senso della storia. Abbiamo paura del tempo: niente
tempo, niente percorsi, niente,
niente! Tutto adesso! Siamo nel
regno del presente, della situazione. Soltanto questo spazio,
questo spazio, questo spazio, e
niente tempo. Anche nella comunicazione: luci, il momento,
telefonino, il messaggio… Il linguaggio più abbreviato, più ridotto. Tutto si fa di fretta, perché
siamo schiavi della situazione. Recuperare la memoria nella pazienza di Dio, che non ha avuto
fretta nella sua storia di salvezza,
che ci ha accompagnato lungo la
storia, che ha preferito la storia
lunga per noi, di tanti anni, camminando con noi […]
Dobbiamo avere il cuore di Gesù, il quale «vedendo le folle ne
sentì compassione, perché erano
stanche e sfinite come pecore che
non hanno pastore» (Mt 9,36). Vedendo le folle, ne sentì compassione. A me piace sognare una
Chiesa che viva la compassione
LOURDES
di Gesù. Compassione è "patire
con", sentire quello che sentono
gli altri, accompagnare nei sentimenti. E’ la Chiesa madre, come
una madre che carezza i suoi figli
con la compassione. Una Chiesa
che abbia un cuore senza confini,
ma non solo il cuore: anche lo
sguardo, la dolcezza dello sguardo
di Gesù, che spesso è molto più
eloquente di tante parole. Le persone si aspettano di trovare in noi
lo sguardo di Gesù, a volte senza
nemmeno saperlo, quello sguardo sereno, felice che entra nel
cuore. Ma — come hanno detto i
vostri rappresentanti – deve essere tutta la parrocchia ad essere
una comunità accogliente, non
solo i sacerdoti e i catechisti. Tutta la parrocchia! Accogliere…
Dobbiamo ripensare quanto le
nostre parrocchie sono accoglienti, se gli orari delle attività favoriscono la partecipazione dei
giovani, se siamo capaci di parlare i loro linguaggi, di cogliere anche negli altri ambienti (come ad
esempio nello sport, nelle nuove
tecnologie) le possibilità per annunciare il Vangelo. Diventiamo
audaci nell’esplorare nuove modalità con cui le nostre comunità
siano delle case dove la porta è
sempre aperta. La porta aperta!
Ma è importante che all’accoglienza segua una chiara proposta
di fede; una proposta di fede tante volte non esplicita, ma con l’atteggiamento, con la testimonianza: in questa istituzione che si
chiama Chiesa, in questa istituzione che si chiama parrocchia si
respira un’aria di fede, perché si
crede nel Signore Gesù.
16 giugno 2014
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Roberto Piredda
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Chiara Cugusi, Fabio Figus, Maria Luisa
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Hanno collaborato a questo numero:
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Mocci, Andrea Agostino.
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