Accademia Gonzaghesca degli Scalchi

Accademia Gonzaghesca degli Scalchi
in Collaborazione con il Circolo Anspi di Gozzolina
Disciplinare
DEL SALAME NOSTRANO TIPICO
DI CASTIGLIONE DELLE STIVIERE (MN)
Parigi, Basilica di San Denis. Altorilievo raffigurante il mese di dicembre, 1200
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Accademia Gonzaghesca degli Scalchi
in Collaborazione con il Circolo Anspi di Gozzolina
Disciplinare
DEL SALAME NOSTRANO TIPICO
DI CASTIGLIONE DELLE STIVIERE (MN)
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L’editore intende ringraziare tutti quanti hanno agevolato con piena disponibilità il suo
compito, fornendo utili indicazioni e suggerimenti, in particolare: l’Accademia Gonzaghesca
degli Scalchi, il Circolo Anspi di Gozzolina, l’Amministrazione Comunale di Castiglione
delle Stiviere, Danilo Poloni, Marco Bonati, Massimo Castrini, Maurizio Fezzardi, Cornelio
Marini, Manlio Paganella, Zeno Roverato. Ringrazia inoltre la famiglia Cargnoni per aver
concesso le foto della mailatura di Gianni.
Fotografie: Andrea Dal Prato
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PRESENTAZIONE
Promuovere un prodotto tipico di un piccolo territorio della provincia mantovana può sembrare anacronistico in un mondo sempre più globalizzato anche nella
diffusione dei prodotti alimentari.
Ma credo sia proprio la strada giusta verso quel tentativo e quella necessità
di riscoprire le tradizioni e la storia delle nostre comunità, trovando anche, elemento molto importante in questo periodo storico, possibili sviluppi economici legati
alla produzione e alla promozione. Il settore enogastronomico, infatti, è quello sul
quale molte zone del nostro paese insistono per rilanciare economia e turismo; una
enogastronomia di qualità ma soprattutto una enogastronomia frutto del lavoro di
sapienti “artigiani del cibo”.
L’Amministrazione comunale di Castiglione delle Stiviere ha creduto e assecondato fin dall’inizio la proposta di valorizzare il percorso fatto negli ultimi anni
da un gruppo di cittadini, gli amici di Gozzolina, che ha riscoperto il salame non
soltanto come “prodotto” della nostra terra, quanto come “momento” di socializzazione e rivalutazione di una storia e di una serie di valori delle nostre campagne.
L’istituzione del regolamento De.Co. approvato all’unanimità dal Consiglio Comunale vuole essere l’inizio di un percorso che riporti sulle nostre tavole prodotti di
prim’ordine e promuova Castiglione e i suoi piatti nell’Italia di oggi e in quella che
accoglierà la manifestazione Expo 2015 dedicata, appunto, alla alimentazione “sostenibile”.
I ringraziamenti personali e a nome dell’intera comunità che ho l’onore e la
fortuna di rappresentare a tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione del
progetto del salame nostrano tipico di Castiglione delle Stiviere.
Il Sindaco
Dott. Alessandro Novellini
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INTRODUZIONE
Di fronte al numero di iscritti, vicino alla cinquantina, al Corso di Masalì,
organizzato dall’Accademia Gonzaghesca degli Scalchi e dall’ANSPI a Gozzolina,
l’ubertosa frazione di Castiglione delle Stiviere, c’è da rimanere basiti se non addirittura sbalorditi.
E il Comune che delibera la De.Co (denominazione comunale), del salame,
codificando il disciplinare che attesta la qualità del prodotto e traccia le fasi che si
susseguono dal maialino fino alla sua maturità passando per l’ingrasso ed arrivare
all’atto finale, quello della macellazione. Da qui la produzione dell’insaccato e dei
prodotti collaterali, il maiale è un animale “generoso“ che si offre all’alimentazione in tutta la sua prestanza. Tanta passione, che si esprime sia con la partecipazione
alle lezioni tenute da esperti, sia con la dedizione alla sperimentazione della crescita e della macellazione, ha portato all’eccellenza il salame prodotto nelle campagne castiglionesi, per cui l’Amministrazione Comunale non poteva che accettare
una realtà che si sta affermando dentro e fuori della comunità e suggellarla con
l’atto pubblico della delibera comunale.
Ciò detto nel rispetto dei fini scientifici, ricordiamo d’aver esordito con due
aggettivi forti di cui va dato conto: basito e sbalordito. Sott’occhio ho il Dizionario
della Lingua italiana, uno dei più attuali per non essere confutato e leggo alla parola basito quanto segue: aggettivo il cui significato è: impietrito, attonito, trasecolato, stupefatto Sono tutti sinonimi, pertanto l’uno vale l’altro, ma tutti si possono
riassumere nell’espressione “da non credere ai nostri occhi… eppure è così”. Così
come; l’aver constatato che una simile passione in tante persone conferma un tuffo
nel passato, che si concretizza nel sentire di questi amici della campagna, che hanno trovato nella riscoperta delle loro radici l’affermazione della tradizione. Sono
andati alle benemerenze del maiale nel periodo bellico e all’aiuto che ha dato a
quelle popolazioni in fatto di alimentazione. Lui con le briciole che cadevano dalle
tavole povere, diventando quasi erbivoro, ha trasformato il tutto in carne ed ha arricchito la fantasia delle nostre nonne nel trattar di padelle sulla madre del fuoco.
La torta, a base di sangue, ricca dell’uva raccolta e poi conservata sulle
arelle per l’uso durante i mesi invernali quando il maiale si offriva all’olocausto
per il bene della gente che abitava lo stesso cortile.
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I ciccioli, le fettine di lardo o il gras pistà sulla polenta brustolita, le
interiora, i famosi rognoni purificati sotto sale, il fegato fatto alla veneziana, ma
anche alla lombarda. Il salame, vero principe della tavola, veniva prodotto anche
con alcune varianti: con la pancetta, con “l’oss del stomec” e con la lingua. Si ricavavano inoltre: il culatello, la coppa, la pancetta e il cotechino, per non parlare
dello strutto che ha sostituito il burro e l’olio fino agli anni ’50 del secolo scorso.
Veniamo all’aggettivo sbalordito, sempre dallo stesso vocabolario: colpito da grande meraviglia. C’è tutto, l’uscita dell’uomo dall’indifferenza per ritornare ai valori reali di una società vera che ci ha fatto superare le più grandi
difficoltà. L’esaltazione dell’amicizia, l’affermazione della solidarietà, la disponibilità a condividere. Il ritorno, insomma, a quando nella comunità il problema di
uno era il problema di tutti e la gioia di uno era la gioia di tutti. “Non ho il calesse e il cavallo devo portare all’ospedale mia madre… preoccupati che stia bene
perché al resto ci penso io”. Questa era la risposta, senza se e senza ma. Domani
ammazziamo il maiale… ci siamo tutti e la sera sancirà la nostra amicizia davanti
un piatto di risotto fatto da tua mamma, la “resdura”, colei che aveva nella tasca
del grembiule nero le chiavi della madia. Le sere della Gozzolina, sono tutto questo, per cui stiamo vincendo una battaglia di civiltà, in premio il ritorno ad essere
uomini ricchi dell’umanità più sincera e genuina.
E pensare che in questi tempi di globalizzazione, del maiale, si parla solo
valutando il prosciutto e il salame non è memmeno considerato. Grazie all’Accademia Gonzaghesca degli Scalchi e all’Anspi della Gozzolina, ma soprattutto a quei bravi ragazzi delle terre castiglionesi si è arrivati ad apprezzare tutto
del maiale. Lui, l’eccellente, ha avuto la capacità di farci rivivere la serenità dei
campi, una vita un tantino rallentata, ma arricchita di tanti valori che donano la
speranza di poter affrontare il mondo offrendo amore e sincerità.
Il Rettore dell’Accademia Gonzaghesca degli Scalchi
Ing. Gastone Savio
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La storia
I più antichi ritrovamenti (pitture rupestri) che
testimoniano la presenza del
suino si trovano nelle grotte
di Altimira, Spagna, e risalgono a circa 16.000 anni fa.
Anche in Egitto, nella
valle del Nilo, il maiale ebbe
ampia diffusione nell’Antico
Regno (2.600 a. C.). Lo ritroviamo, poi, nel Nuovo Regno
(1.700 a. C.) dove il maiale era
uno degli alimenti principali
degli operai che lavoravano
nel villaggio di Deir el-Medina alla costruzione delle piramidi. In questo stesso periodo
sono documentate le offerte
di maiali ai templi, come quella di Amenhotep III al tempio
di Ptah a Menfi, allevamenti
di suini presso santuari come
nel recinto sacro di Osiris ad
Abido.
Numerosi documenti
scritti, riferibili ai diversi momenti storici, costituiscono
preziosi riferimenti paleozootecnici storico-culturali che testimoniano la domesticazione
e l’evoluzione delle tecniche
di allevamento del maiale, an-
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che nella terra mantovana.
Un’indagine zoonaturalistica condotta su reperti osteologici, rinvenuti nel sito archeologico etrusco del Forcello, in località Bagnolo San Vito,
riferibili al V secolo a. C., Età del Bronzo, riscontra come l’animale più rappresentato nella fauna domestica allevata sia il suino, del Genere “Sus”; evidenzia, altresì un allevamento a carattere intensivo, stabile e specializzato
di tipo brado o semibrado, basato sullo sfruttamento alimentare di estesi
querceti specializzati di “Silvae Glandariae”.
L’indice di frequenza dei frammenti osteologici rinvenuti, appartenenti agli arti posteriori (solo il 10%), fa presumere un consumo altrove
della carne eccedente i consumi locali, previa conservazione (salatura ed
affumicatura).
Qualche esempio, Polibio, scrittore greco vissuto a cavallo tra il III
e il II secolo a.C., dopo aver attraversato la Padania, scrive tra l’altro: “… la
pianura è di gran lunga la più fertile e la più grande,… tanta è in quei luoghi l’abbondanza di cereali e di ghiande nei querceti”; … la maggior parte dei suini in
Italia, per i bisogni dell’alimentazione privata e degli eserciti, si ricava dalla
Pianura Padana”. Polibio ci racconta altresì: “…dell’arte dei suoi abitanti di
produrre squisite ghiottonerie a base di carni suine ed in particolare salami, oltre a
prosciutti, zamponi e mortadelle”... “Un Porcaro è stato compensato della sua attività con la concessione di una terra
a Rivarolo Mantovano, che coltiva
assieme alla sua famiglia, in parte a
grano e vigneto ed in parte boschivo destinato all’allevamento suino”; due porcari (Giovanni detto
Cane e Gerardo detto il Pazzo)
furono chiamati da Matilde di
Canossa nel 1096 a derimere una
lite sorta per il possesso di paludi e boschi nell’Oltrepò Mantovano.
Arrivando al Rinascimento (1400-1600), alla riscoperta delle origini del salame
mantovano, troviamo numerosi
documenti (ricette, corrispondenze, inventari di spesa, menù
di pranzi e cene, editti, ecc…),
che testimoniano una abbondante ed apprezzata presenza
del salame sulle mense alla corte
Parigi, Louvre. Ritratto di Isabella D’Este.
dei
principi Gonzaga.
Leonardo da Vinci
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Ricette: sul modo di fare li salami, la salsiza, li codeghini, le coppe, gli zambudelli e le mortadelle; una lettera di Paula Arduida, collaboratrice di Isabella
d’Este, preoccupata di dover far giungere a Roma alla “sua Marchesana”
50 salami - de li più belli et più grossi vi fossero, dubitando che si seriano guasti e
schizzi (schiacciati), essendo ancora molto teneri e molli.
Le corrispondenze della marchesa ad un altro suo collaboratore, Federico da Casalmaggiore, come pure a Leonello da Baesio ed a Battista Stabellino, circa l’approvvigionamento di porci, oltre i sei già disponibili, per
“li presutti”, “li salami”, “il maggior bisogno di mortadelle”, e per “lardarli” (fare
lardo); epoca in cui Isabella d’Este Gonzaga, marchesa di Mantova, disponeva giornalmente di salami, salami di lingua, salami cotti.
Nel menù del banchetto per le nozze dell’eccellentissimo Duca di
Mantova, oltre ai vari servizi di tavola si legge: vi erano poi diverse cose che la
tavola era piena anche di salami… ecc…
Bibiana di Pernstein (1584-1616), moglie di Francesco Gonzaga - 1°
Principe di Castiglione delle Stiviere, albergava nel Casino Pernestano, nuova casa di campagna, di riposo, giochi e meditazioni, costruita a Gozzolina
in direzione di Castiglione.
Nel Casino trascorrevano i giorni di vacanza l’allegra brigata dei figli e dei loro compagni di gioco e gli amici di passaggio e di soggiorno. Nelle
fresche sale del piano terra o addirittura nel brolo, le tavole imbandite degli
insaccati di maiale scandivano i giorni e le notti dell’allegria e del sorriso. Le
feste di Carnevale sopra a tutte! Il salame fu “l’invitato” d’onore permanente a quelle tavole rurali e principesche: speziato e con ben dosato sapore d’aglio, di grane talvolta diverse, secondo le diverse scuole, i gusti e le voglie
di sperimentazione di Donna Bibiana e dei padroni di casa. I masalì, maestri
Castiglione delle Stiviere (MN), Gozzolina. Casino Pernestano
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macellai mantovani lavoravano con grande sapienza, sperimentavano con
maestria ed entusiasmo e si confrontavano con i desideri della Principessa,
ottenendo sempre nuovi incoraggianti risultati.
Bibiana aveva raccolto idealmente il testimone da Isabella d’Este, in
quel di Cavriana. Ebbero accoglienza costante e rispettosa i masalì da parte
delle grandi famiglie di queste terre moreniche: i Pastorio, i Pastore, i Caravaggio, i Patrizio e quant’altri ancora. La loro opera si fece magistero anche
presso le piccole corti e le famiglie che, sui doni di un solo maiale, avevano
imparato a campare quasi per un anno.
Arrivando alla seconda metà del secolo XIX, nel quale, a seguito della bonifica di una vasta area della pianura padana, con l’affiancarsi della
foraggicoltura alla cerealicoltura già preesistente, si assiste al conseguente
sviluppo della zootecnia da latte e con essa la nascita dei primi caseifici.
È in questo periodo che vengono poste le basi di una suinicoltura
moderna, impostata sulla “cultura del cosiddetto suino pesante” (ingrassato fino ad un peso di 150-160 kg ed oltre), sfruttando il siero residuo della
caseificazione per l’alimentazione dei maiali, che vengono poi trasformati in
prosciutti tipici ed insaccati di pregio, fra i quali il “Salame Mantovano”.
Questo straordinario salume, è un prodotto di miscelazione, di impasto, quindi con il pregio di prestarsi ad un numero cospicuo di varianti,
– la concia, il budello, l’aggiunta di droghe e sapori vari - pur mantenendo
una composizione approssimativamente uguale.
Queste diverse modalità di lavorazione che si riscontrano con evidenza tra regioni, tra province e addirittura da un paese a quello limitrofo,
distinguono la tipicità locale di ogni zona e soddisfano le preferenze palatali
del consumatore.
Indagando nell’ambito della nostra provincia per esempio, si può
constatare che i salami tendono ad assomigliarsi ma mai al punto da poterli
definire uguali. Parlando del salame mantovano, non si possono certo parificare quelli dell’alto mantovano con quelli della bassa, delle terre del Po.
Al confronto il palato esperto, avverte subito la differenza, la diversità tra gli uni e gli altri. Il livello di qualità e i valori di gusto sono vicini
se parliamo dei salami di tipo casalingo – artigianale, perché sono preferiti
per scelta personale, ma, intenditori in materia, hanno espresso la loro consolidata convinzione, che i salami delle zone collinari dell’alto mantovano,
possano vantare se pur di poco, un livello di qualità complessivamente superiore.
Essi ritengono inoltre che possano configurarsi cioè come insaccati
che soddisfano pienamente il palato, che predispongono all’amicalità comunitaria, al conforto dello spirito ed a individuali meditazioni. Tra questi si
impongono quelli di Castiglione Delle Stiviere.
Nel territorio Aloisiano, i masalì, (la dizione è quella dell’alto mantovano) persone forti e determinate, che avevano appreso l’arte dal padre o
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dal nonno, quasi sempre braccianti e muratori, che durante i rigidi inverni
di allora si ritrovavano senza lavoro, andavano per le case a fa sö el pursèl,
La ricompensa se pur modesta era il sostentamento per la famiglia,
oltre alla ciupeta (salamelle intrecciate) di cui venivano omaggiati.
La loro opera era talmente apprezzata, che spesso le famiglie li prenotavano un anno per l’altro. Consapevoli dell’importanza della loro figura
e della loro opera, hanno saputo tramandare di generazione in generazione,
la passione e i segreti dell’arte masalina. Oggi un affiatato gruppo di masalì,
forti degli insegnamenti ricevuti e stimolati dalla passione per questa nobile e genuina tradizione, sono riusciti con entusiasmo a consolidarla e non
intendono rinunciare ad avere appesi in cantina i propri salami, èl Baldachì,
anzi, sono fermamente decisi e motivati a mettere in risalto il loro prodotto.
Per questo si è formato il collegio degli informatori, che in ripetuti
incontri presso l’ANSPI di Gozzolina, hanno collaborato con le loro testimonianze a documentare la tipicità del salame nostrano famigliare, al fine di
ottenere la De.Co.
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Dicembre, mese dedicato tradizionalmente all’uccisione del maiale.
Altorilievo del XIII secolo, Arezzo, portale della chiesa di San Francesco
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Scheda tecnica
Periodo della maialatura
Solitamente si pratica da metà novembre a febbraio, in base alle condizioni
climatiche può anticipare e posticipare.
Scelta del maiale
Il suino pesante padano mantovano è il preferito dai masalì della zona. Normalmente è pronto alla macellazione a 9/10 mesi di vita e 160/180 kg di
peso, ideale per la trasformazione, soprattutto dei prosciutti. Il crescente
prestigio del salame mantovano, con le varianti che denotano la tipicità propria di ogni zona della provincia, ha dato uno stimolo forte a mantenere se
non a migliorarne la qualità. Per questo chi ha la possibilità di allevarsi il
maiale, oppure acquistandolo già di 100 kg e oltre, può prolungarne l’età
e macellarlo a 12/13 mesi di vita e di 200/220 kg di peso, ottenendo carni
ottimali per il salame. Alcuni allevamenti di suini, si sono attrezzati con un
piccolo macello, nel rispetto delle normative igienico-sanitarie vigenti. Questi, sensibili a questa nobile causa (naturalmente con il proprio tornaconto),
allevano una quantità di maiali, in proporzione alla richiesta, alimentandoli
in modo appropriato e impostando loro una crescita più lenta, tale, da migliorarne la qualità delle carni e di raggiungere età e peso come quelli sopra
descritti.
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Scheda tecnica
Macellazione
Il maiale va macellato con attenzione e rispetto, mantenendo l’animale tranquillo. L’abbattimento avviene previo stordimento, cioè privato dei sensi:
nei macelli con elettronarcosi tramite pinza elettrica, mentre nel privato, con
pistola a proiettile captivo, ed eseguito da persona formata all’abbattimento.
Segue una precisa iugulazione per il totale dissanguamento. Le operazioni
che seguono, devono essere svolte abbastanza rapidamente fino all’eviscerazione, per evitare il processo di fermentazione della massa fecale.
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Scheda tecnica
Lavorazione
È consentita a carne calda, cioè il giorno stesso della macellazione, oppure,
la carne può essere lasciata riposare, raffreddare e lavorata il giorno successivo.
Parti anatomiche adatte
Per ottenere l’impasto del salame tipico, vanno usate tutte le parti nobili
del maiale, cosce, spalle, coppe, lonze, pancette, lardo della schiena e del
guanciale.
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Scheda tecnica
Mondatura della carne
Deve essere eseguita con scrupolosa e paziente attenzione. Sezionata con
cura in pezzi grossolani, si riduce ulteriormente in tagli più piccoli, asportando tutto ciò che può compromettere la fragranza dell’impasto, renderlo
sgradevole al palato, oppure avariare il prodotto durante la stagionatura,
pregiudicandone la riuscita (nervi, piccole cisti, coaguli di sangue, ghiandole, pelletiche, membrane e tutta la parte untuosa).
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Scheda tecnica
Macinatura
Generalmente eseguita usando piastra con fori da mm 10, è consentito anche l’uso di piastra con fori di mm 12.
Percentuale magro-grasso
Può variare leggermente in base alle tendenze familiari. Le composizioni
usate sono le seguenti: carne magra 70 /80% - lardo 20/30%.
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Scheda tecnica
Concia
Riferita a 100 kg d’impasto: sale marino a grana media da 2% a 2,3% - Pepe
spaccato da 0,16% a 0,20%. Spezie: noce moscata, cannella e chiodi di garofano, miscelate in minime proporzioni che possono variare leggermente, in
base alle diverse preferenze e usate in piccola quantità - Nitrato di potassio
(nitro), può anche essere assente, se utilizzato, non deve mai superare i 15 g
per quintale.
Aglio
È consentito a piacere fino a un massimo di due teste (70/80 g circa), privato
del germoglio, tritato grossolanamente e messo a macerare con vino rosso
fermo e corposo della zona. Il tempo d’infusione e la quantità di vino, non
sono definiti perché variano secondo tradizione familiare. Questa fase non
influisce sulla tipicità del salame.
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Scheda tecnica
Lavorazione dell’impasto
Dopo avervi distribuito sopra, sale, pepe, spezie e nitro, a spaglio, con le
mani aperte e le dita allargate, si esegue la pugnatura, mescolando e rivoltando bene fino a quando la concia sia distribuita uniformemente. A questo
punto si aggiunge il vino colandolo con un canovaccio per trattenere l’aglio,
che sarà poi strizzato per dare solo l’aroma. Si rimescola ancora il tutto fino
che l’impasto si presenta ben legato e omogeneo.
Budello
Solo naturale di maiale e in particolare, il “crespone pelato di scrofa” del
calibro 7/8 e 8/9, è ammesso anche il calibro dieci.
Insaccatura
Si esegue infilando sull’imbuto il budello rivoltato sul fondo, riempito in
modo uniforme roteandolo e sfregandolo man mano che si riempie, per evitare bolle d’aria all’interno, infine si chiude rivoltando l’altro capo. La lunghezza dei salami varia da 25 a 35 cm, in proporzione alla larghezza.
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Scheda tecnica
Legatura:
È praticata a mano, con spago abbastanza sottile ⅔ (1 mm circa), ponendo
otto corde longitudinali a uguale distanza e con un interspazio di cm 2 tra
loro le trasversali.
Foratura
Eseguita con l’apposito attrezzo detto furì, quest’operazione è indispensabile perché permette al salame, una volta appeso, che l’impasto si depositi
verso il fondo facendo uscire l’aria dai micro fori.
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Scheda tecnica
Asciugatura
Fase molto delicata, i salami vanno collocati in un locale asciutto, senza fonti di calore dirette, con temperatura costante da tredici a sedici gradi, per
sei- sette giorni. Passato questo periodo, se riuscita correttamente, il salame
avrà: il budello asciutto al tatto, le prime corde trasversali in alto leggermente allentate, qualche puntino di muffa e l’esaltazione del profumo.
Stagionatura
Si esegue in locale fresco, possibilmente esposto a nord-est, alla temperatura
di nove dieci gradi e con tasso di umidità da 75% a 85%, importante la possibilità di arieggiare l’ambiente al bisogno, naturalmente nelle ore centrali
di giornate soleggiate, cioè, dalle undici alle quindici. Con questi parametri
la stagionatura ottimale si ottiene dopo 120 giorni circa.
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Negli anni ‘50, il masalì, arrivava nelle corti in bicicletta con la cassetta degli attrezzi,
avvolto nel tabarro
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Collegio relatori e ricercatori
Marco Bonati Massimo Castrini
Maurizio Fezzardi
Cornelio Marini
Manlio Paganella
Zeno Roverato
Collaborore tecnico Accademia Gonzaghesca degli Scalchi
Esperto e docente Accademia Gonzaghesca degli Scalchi
Masalì Accademia Gonzaghesca degli Scalchi
Gastronomo e docente Accademia Gonzaghesca degli Scalchi
Studioso e profondo conoscitore del territorio
Masalì esperto e docente Accademia Gonzaghesca degli Scalchi
Collegio masalì informatori
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... Con grande entusiasmo e soddisfazione!!!...oggi (27 ottobre 2014) é
una giornata storica dal punto di vista enogastronomico per il Circolo
Anspi di Gozzolina, ma soprattutto per la comunità Castiglionese; In
mattinata abbiamo consegnato ufficialmente in Comune, per essere
sottoposto alla commissione comunale, il disciplinare di produzione
del “SALAME NOSTRANO TIPICO DI CASTIGLIONE DELLE STIVIERE”
formulando richiesta di attribuzione e riconoscimento del marchio
De.Co.
Questa DEnominazione COmunale permetterà sicuramente alla nostra splendida Città di avere ulteriore visibilità, stimolare l’interesse,
e creare una forte identificazione sul territorio.
Con queste parole, il Presidente del Circolo Anspi Gozzolina, annuncia
la conclusione dopo mesi di appassionata ricerca e confronto della
stesura del disciplinare, che successivamente, è stato fatto proprio
del Comune di Castiglione con l‘adozione ufficiale della De.Co.
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Castiglione delle Stiviere (MN)
il futuro in buone mani,
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