Esercizi spirituali - AC Istituto Maria Immacolata

AZIONE CATTOLICA ITALIANA
DIOCESI DI ROMA
“Nel mistero del Verbo incarnato
trova vera luce il mistero dell'uomo”
(Gaudium et Spes, 22)
ESERCIZI SPIRITUALI
NELLA CITTÀ
BASILICA DI SANTA CROCE IN GERUSALEMME
5 – 6 - 7 marzo 2015
“Nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero
dell’uomo”
L’Azione Cattolica di Roma, anche quest’anno, offre un’occasione
speciale di preghiera personale e comunitaria.
Proponiamo gli Esercizi spirituali in città per vivere la Quaresima
come tempo propizio per ascoltare e accogliere la Parola di Dio,
luce e guida del nostro cammino. Quest’anno la nostra attenzione
dovrebbe mirare al cuore: Allargate il cuore, per non mettervi a
portare il giogo con gli infedeli” è scritto nell’introduzione tratta da
un discorso di S. Agostino che introduce i nostri esercizi. Ce lo
suggerisce Papa Francesco nel suo messaggio per la Quaresima:
«Per superare l’indifferenza e le nostre pretese di onnipotenza,
vorrei chiedere a tutti di vivere questo tempo di Quaresima come
un percorso di formazione del cuore… Chi vuole essere
misericordioso ha bisogno di un cuore forte, saldo, chiuso al
tentatore, ma aperto a Dio. Un cuore che si lasci compenetrare
dallo Spirito e portare sulle strade dell’amore che conducono ai
fratelli e alle sorelle. In fondo, un cuore povero, che conosce cioè le
proprie povertà e si spende per l’altro».
I nostri Esercizi non sono sufficienti, servono per prendere il ritmo,
da mantenere poi in seguito.
Per tre giorni, dal 5 marzo al 7 marzo, durante tre momenti della
giornata, quando il nostro pensiero e le nostre attività sono rivolte
agli innumerevoli impegni, siamo chiamati a trovare in maniera più
intensa quell’occasione speciale per ascoltare, accogliere e parlare
con il Signore.
Il tema sul quale mediteremo “Nel mistero del Verbo incarnato
trova vera luce il mistero dell’uomo” è una frase tratta dalla
Gaudium et spes (n. 22). Ci porta a riflettere sulla realtà dell’uomo
e della donna che può essere conosciuta a partire da gESù.
Il libretto è una “regola” che ci guida sia nella preghiera personale
al mattino e a metà giornata, sia nella preghiera comunitaria alla
sera.
La preghiera al mattino, prima di qualsiasi tipo di attività, prima di
arrivare al lavoro, a scuola, in negozio o prima di iniziare a
riordinare la casa.
A metà giornata, quando mille preoccupazioni, dubbi e fatica hanno
già la meglio sui nostri pensieri… fermarsi. Sì, per ritemprare il
fisico, ma anche per chiedere al Signore, Lui che è nostro Padre
nonostante tutto, la Sua benedizione e la Sua grazia affinché sia
sempre il nostro riferimento.
Alla sera, dopo che la giornata ci lascia esausti, un momento per
ritirarci a parlare con Cristo Gesù, colui che ci ascolta intimamente
e che rinvigorisce le nostre forze. Tutti insieme nella Basilica di
Santa Croce in Gerusalemme dalle 19,00 alle 21.00 con la
riflessione e la meditazione della Parola di Dio affidata alla cura di
Don Antonio Magnotta, direttore del Servizio diocesano per la
pastorale giovanile di Roma.
Il libretto è anche un invito e un ausilio per quanti vorranno
proporre gli esercizi nelle proprie realtà parrocchiali, associative, di
gruppo, negli ambienti di lavoro e nella propria famiglia per sentirci
parte di una storia universale, fratelli di tutti nella riscoperta della
centralità di Cristo, nel quale tutti siamo stati creati.
L’ AC di Roma
Introduzione agli Esercizi Spirituali
Da un Discorso di Sant’Agostino (Discorso 130)
Perché mai dunque ci perdiamo dietro a tante considerazioni e
cerchiamo di sapere che cosa dobbiamo chiedere nelle nostre
preghiere per timore di non riuscire a pregare come dovremmo?
Perché non diciamo piuttosto col salmo: Una cosa sola ho chiesta al
Signore, quella sola io ricercherò: di restare nella casa del Signore
tutti i giorni della mia vita per contemplare le delizie di Dio e visitare
il suo tempio? Lì tutti i giorni non si sommano col venire e col
passare, e l'inizio dell'uno non è la fine dell'altro: sono tutti insieme
senza fine, dove non ha fine neppure la vita a cui quei giorni
appartengono. Per l'acquisto di questa vita beata la vera Vita beata
in persona c'insegnò a pregare, ma non con molte parole, come se
ci esaudisse di più quanto più siamo loquaci, dal momento che la
nostra preghiera è rivolta a Colui che conosce, come dice il Signore
medesimo, ciò che ci è necessario prima che glielo chiediamo.
Potrebbe sembrare strano che, pur proibendo il multiloquio, Colui il
quale conosce, prima che glielo chiediamo, ciò che ci è necessario,
ci abbia esortato con tanta insistenza a pregare, da dire: Occorre
pregare di continuo e non stancarsi Così dicendo ci propose
l'esempio d'una vedova che, desiderando ottenere giustizia contro
il proprio avversario, piegò un giudice iniquo ed empio col
sollecitarlo spesso a darle ascolto, mosso non già da un senso di
giustizia o di compassione, ma vinto dalla noia. Ci volle così
ricordare che molto più sicuramente è disposto ad ascoltarci Dio,
Signore misericordioso e giusto, quando preghiamo senza
interruzione, dal momento che quella vedova, grazie alle sue
assidue sollecitazioni, non poté essere trascurata neppure da un
giudice iniquo. Ci volle anche insegnare quanto volentieri e
benignamente è disposto a compiere i buoni desideri di coloro che
Egli sa che perdonano i peccati altrui, se la vedova, che voleva le si
facesse giustizia, raggiunse lo scopo desiderato. Anche quel tale,
presso cui era giunto un amico da un viaggio e che non aveva nulla
da servirgli a tavola, desiderando che da un altro suo amico gli
fossero prestati tre pani, sotto i quali è adombrata forse la Trinità di
un'unica sostanza, a forza di supplicare con grande petulanza e
molestia, lo svegliò quando già dormiva coi suoi servitori, perché gli
desse i pani che voleva. L'amico glie li diede più per evitare d'essere
infastidito che per benevolenza. Volle il Signore che da questa
parabola comprendessimo che se è costretto a dare chi, mentre
dorme, è svegliato suo malgrado da un supplicante, tanto più
benevolmente dà Colui che non dorme mai e stimola noi che
dormiamo a fargli delle richieste.
Cristo esorta: chiedete, cercate, bussate!
A questo proposito troviamo anche scritto: Chiedete e otterrete,
cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto; poiché chi chiede
riceve, chi cerca trova, a chi bussa sarà aperto. Qual è tra voi quel
padre che, se il figlio gli chiede un pane, gli darà una pietra o se gli
chiede un pesce gli darà un serpente o se gli chiede un uovo gli darà
uno scorpione? Se voi dunque, pure essendo cattivi, sapete dare ai
vostri figli doni buoni, quanto più il Padre vostro celeste li largirà a
voi quando glieli chiedete? Delle tre note virtù raccomandate
dall'Apostolo la fede è simboleggiata nel pesce, sia a causa
dell'acqua del battesimo, sia perché rimane integra in mezzo ai
flutti di questa vita: ad essa si oppone il serpente, il quale con
velenoso inganno persuase i progenitori a non credere a Dio; la
speranza è raffigurata nell'uovo, perché la vita del pulcino non c'è
ancora ma ci sarà, non si vede ancora ma si spera, poiché una
speranza che si vede non è più speranza; all'uovo si oppone lo
scorpione, poiché colui che spera la vita eterna, dimentica le cose
che gli stanno dietro e si protende verso quelle che gli stanno
davanti, mentre gli nuoce rivolgersi a guardare indietro; dallo
scorpione però bisogna guardarsi nella sua parte posteriore,
velenosa e armata di aculeo; nel pane è raffigurata la carità, ch'è la
più grande di queste virtù, a quel modo che il pane è superiore per
utilità a tutti gli altri alimenti: al pane si oppone la pietra, giacché i
cuori duri respingono la carità. Anche se queste cose ammettono
un'altra interpretazione più conveniente, nondimeno Colui che sa
concedere ai suoi figli i buoni doni, ci spinge a chiedere, a cercare, a
bussare.
La preghiera, esercizio di fede e speranza.
Potrebbe far meraviglia che agisca così Colui che conosce ciò che ci
è necessario prima che glielo chiediamo, se non comprendessimo
che il Signore Dio nostro non desidera che noi gli facciamo
conoscere qual è il nostro volere ch'egli non può non conoscere,
ma desidera che nelle preghiere si eserciti il nostro desiderio, onde
diventiamo capaci di prendere ciò che prepara di darci. Questo
bene è assai grande, ma noi siamo piccoli e angusti per accoglierlo.
Perciò ci vien detto: Allargate il cuore, per non mettervi a portare il
giogo con gli infedeli. Con tanto maggiore capacità riceveremo quel
bene molto grande, che occhio non ha veduto perché non è colore,
orecchio non ha udito perché non è suono, né è entrato nel cuore
dell'uomo, perché tocca al cuore dell'uomo elevarsi fino ad esso,
con quanto maggior fede crediamo ad esso, con quanto maggiore
fermezza speriamo in esso, con quanto maggiore ardore lo
desideriamo.
Pregare sempre per mantenere il fervore.
Noi dunque preghiamo sempre con desiderio continuo sgorgato
dalla fede, speranza e carità. Ma a intervalli fissi di ore e in date
circostanze preghiamo Dio anche con parole, affinché mediante
quei segni delle cose stimoliamo noi stessi e ci rendiamo conto di
quanto abbiamo progredito in questo desiderio e ci sproniamo più
vivamente ad accrescerlo in noi. Più degno sarà l'effetto che sarà
preceduto da un affetto più fervoroso. Perciò anche quel che dice
l'Apostolo: Pregate senza interruzione, che altro significa se non: "
Desiderate, senza stancarvi, di ricevere da Colui, che solo ve la può
dare, la vita beata, che non è se non la vita eterna "? Se dunque
sempre la desideriamo da Dio nostro Signore, non cesseremo
nemmeno di pregare. Ecco perché in determinate ore noi
distogliamo il nostro pensiero dalle preoccupazioni e dagli affari,
che ci fanno intiepidire in qualche modo il desiderio, e lo rivolgiamo
alla preghiera eccitandoci con le parole dell'orazione a concentrarci
in ciò che desideriamo per evitare che il desiderio, cominciato a
intiepidirsi, si raffreddi del tutto e si spenga completamente
qualora non venisse ridestato con più fervore. Perciò il medesimo
Apostolo disse: Le vostre domande siano manifeste presso Dio.
Queste parole non vanno intese nel senso che debbano essere
conosciute da Dio, il quale senz'altro le conosceva prima che
fossero formulate, ma nel senso che siano note a noi presso Dio per
incoraggiarci, non presso gli uomini per vantarci. Oppure vanno
forse intese anche nel senso che siano note agli angeli che stanno
alla presenza di Dio, affinché in qualche modo le offrano a lui e lo
consultino in merito ad esse e ciò che hanno conosciuto di dover
compiere per suo ordine lo apportino a noi in modo manifesto od
occulto come hanno conosciuto da Dio essere a noi conveniente.
Disse infatti l'angelo all'uomo: E dianzi, quando tu e Sara pregavate,
io ho presentato la vostra preghiera al cospetto della luminosa
grandezza di Dio
La preghiera non è multiloquio.
Stando così le cose, non è male né inutile pregare a lungo quando
abbiamo tempo, cioè quando non sono impedite altre incombenze
di azioni buone e necessarie, sebbene anche in quelle azioni, come
ho detto, bisogna pregare sempre con quel desiderio. Infatti il
pregare a lungo non equivale, come credono alcuni, a un pregare
con molte parole. Una cosa è un parlare a lungo, altra cosa un
intimo e durevole desiderio. Anche del Signore infatti sta scritto che
passò la notte a pregare e che pregò assai a lungo. E nel fare così,
che cos'altro voleva se non darci l'esempio, egli che nel tempo è
l'intercessore opportuno, mentre nell'eternità è col Padre colui che
ci esaudisce?
La preghiera sia breve ma fervorosa.
Dicono che in Egitto i fratelli fanno preghiere frequenti si, ma
brevissime, e in certo modo scoccate a volo, affinché la tensione
vigile e fervida, sommamente necessaria a chi prega, non svanisca e
perda efficacia attraverso lassi di tempo un po' troppo lunghi. E con
ciò essi dimostrano che la tensione, come non dev'essere smorzata
se non può durare a lungo, così non dev'essere interrotta subito se
potrà persistere. Siano bandite dall'orazione le troppe parole ma
non venga meno il supplicare insistente, sempre che perduri il
fervore della tensione. Usare troppe parole nella preghiera è fare
con parole superflue una cosa necessaria: il pregare molto invece è
bussare con un continuo e devoto fervore del cuore al cuore di
Colui al quale rivolgiamo la preghiera. Di solito la preghiera si fa più
coi gemiti che con le parole, più con le lagrime che con le formule.
Iddio pone le nostre lagrime al suo cospetto e il nostro gemito non
è nascosto a lui, che tutto ha creato per mezzo del Verbo e non ha
bisogno di parole umane.
Spiegazione del Pater noster.
A noi dunque sono necessarie le parole perché richiamiamo alla
mente e consideriamo che cosa chiediamo, ma non dobbiamo
credere che con esse si suggerisca qualcosa al Signore o lo si voglia
piegare ai nostri voleri. Quando diciamo: Sia santificato il tuo nome,
eccitiamo noi stessi a desiderare che il nome di lui, ch'è sempre
santo, sia considerato santo anche presso gli uomini, cioè non sia
disprezzato, cosa questa che non giova a Dio ma agli uomini.
Quando diciamo: Venga il tuo regno, il quale, volere o no, verrà
senz'altro, noi eccitiamo il nostro desiderio verso quel regno,
affinché venga per noi e meritiamo di regnare in esso. Quando
diciamo: Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra, noi gli
domandiamo l'obbedienza, per adempiere la sua volontà, a quel
modo che è adempiuta dai suoi angeli nel cielo. Quando diciamo:
Dacci oggi il nostro pane quotidiano, con la parola oggi intendiamo
" nel tempo presente ", in cui o chiediamo tutte le cose che ci
bastano indicandole tutte col termine " pane " che fra esse è la cosa
più importante, oppure chiediamo il sacramento dei fedeli che ci è
necessario in questa vita per conseguire la felicità non già di questo
mondo, bensì quella eterna. Quando diciamo: Rimetti a noi i nostri
debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori, richiamiamo
alla nostra attenzione che dobbiamo chiedere e fare per meritare di
ricevere questa grazia. Quando diciamo: Non c'indurre in
tentazione, ci eccitiamo a chiedere che, abbandonati dal suo aiuto,
non veniamo ingannati e non acconsentiamo ad alcuna tentazione
né vi cediamo accasciati dal dolore. Quando diciamo: Liberaci dal
male, ci rammentiamo di riflettere che non siamo ancora in
possesso del bene nel quale non soffriremo alcun male. Queste
ultime parole della preghiera del Signore hanno un significato così
largo che un cristiano, in qualsiasi tribolazione si trovi, nel
pronunciarle emette gemiti, versa lacrime, di qui comincia, qui si
sofferma, qui termina la sua preghiera. Con queste parole era
opportuno affidare alla nostra memoria le verità stesse.
Il Pater compendia le invocazioni
Testamento.
dei
santi dell'Antico
Ora, tutte le altre parole che diciamo, sia quelle che formula da
principio il sentimento di chi prega per renderlo più vivo, sia quelle
cui rivolge l'attenzione in seguito per accrescerlo, non esprimono
altro se non quanto è racchiuso nella preghiera insegnataci dal
Signore, se la recitiamo bene e convenientemente. Chi però dice
cose che non abbiano attinenza con questa preghiera evangelica,
anche se non prega illecitamente, prega in modo carnale e non so
come quelle cose non si dicano in modo illecito, dal momento che
ai rinati nello Spirito conviene pregare solo in modo spirituale. In
realtà chi dice: Sii conosciuto fra tutti i popoli, come lo sei fra noi, e:
I tuoi profeti siano riconosciuti fedeli, che altro dice se non: Sia
santificato il nome tuo? Chi dice: O Dio delle virtù, convertici,
mostra il tuo volto e saremo salvi, che altro dice se non: Venga il
tuo regno? Chi dice: Guida i miei passi secondo la tua parola e non
permettere che l'iniquità mi abbia completamente in suo potere,
che altro dice se non: Sia fatta la tua volontà come in cielo così in
terra? Chi dice: Non darmi né povertà né ricchezza, che altro dice se
non: Dacci oggi il nostro pane quotidiano? Chi dice: Ricordati, o
Signore, di David e di tutta la sua mansuetudine, ovvero: Signore, se
ho fatto questo, se c'è iniquità nelle mie mani, se ho reso male a chi
mi faceva male, che altro dice se non: Rimetti a noi i nostri debiti,
come noi li rimettiamo ai nostri debitori? Chi dice: Allontana da me
le passioni del ventre e fa che il desiderio dell'impurità non
s'impossessi di me, che altro dice se non: Non c'indurre in
tentazione? Chi dice: Strappami dai miei nemici, o Dio, e liberami da
coloro che si levano contro di me, che altro dice se non: Liberaci dal
male? E se passi in rassegna tutte le parole delle preghiere
contenute nella S. Scrittura, per quanto io penso, non ne troverai
una che non sia contenuta e compendiata in questa preghiera
insegnataci dal Signore. Pertanto nel pregare ci è permesso
domandare le medesime cose con altri termini, ma non dev'essere
permesso di domandare cose diverse.
Si possono chiedere onori e ricchezze?
Queste sono le preghiere che senza alcun ondeggiamento di dubbio
dobbiamo elevare per noi, per i nostri cari, per gli estranei e per gli
stessi nemici, benché nel cuore di chi prega spunti e s'innalzi un
sentimento diverso per l'una o l'altra persona a seconda dei
rapporti più o meno stretti di parentela o di amicizia. Ma se uno
nella preghiera dice per esempio: " Signore, moltiplica le mie
ricchezze " o: " Dammene tante quante ne hai date a questo o a
quello " ovvero: " Accresci i miei onori, fa che in questo mondo io
sia assai potente e famoso " o altre simili cose, e le desidera
ardentemente senza avere lo scopo di volgerle a vantaggio degli
uomini secondo il volere di Dio, costui, a mio avviso, non trova
affatto nella preghiera insegnataci dal Signore nessuna espressione
compatibile con questi desideri. Perciò si abbia almeno il pudore di
chiedere ciò che non si ha pudore di desiderare oppure, se si ha
pudore anche di desiderarlo ma la passione ha il sopravvento,
quanto sarà meglio chiedere al Signore che ci liberi anche da
questo male della cupidigia, dato che gli diciamo: Liberaci dal male!
La preghiera sia avvalorata dalle opere buone.
Eccoti, a quanto io posso giudicare, non solo con quali disposizioni
ma anche cosa si debba chiedere nella preghiera, e non sono io a
insegnartelo, ma Colui che si degnò d'insegnarlo a, tutti noi.
Bisogna cercare di ottenere la vita beata e chiederla a Dio. Che cosa
sia l'essere beato si è discusso a lungo da molti: ma che necessità
abbiamo di rivolgerci a molti autori e di attingere a molte fonti?
Nella Scrittura di Dio è detto brevemente e con verità: Beato il
popolo, il cui Signore è Iddio. Per potere appartenere veramente a
questo popolo e giungere alla contemplazione di Dio e vivere con
Lui senza fine, il fine del precetto è l'amore che viene da un cuore
puro, da una coscienza buona e da una fede sincera. In un'altra
enumerazione di queste tre virtù invece della " coscienza buona " si
trova: " la speranza ". La fede dunque, la speranza e la carità
conducono a Dio colui che prega, cioè colui che crede, spera,
desidera e considera nella preghiera del Signore che cosa Gli debba
chiedere. I digiuni, l'astinenza dai piaceri, la mortificazione delle
passioni carnali, senza tuttavia trascurare la salute, e soprattutto le
elemosine sono di grande aiuto a chi prega, sicché possiamo dire:
Nel giorno della mia tribolazione ho cercato il Signore con le mie
mani, di notte, in presenza di Lui, e non mi sono ingannato. Come
mai difatti si potrebbe cercare Dio incorporeo e impalpabile con le
mani, se non venisse cercato con le opere?
Utilità delle sofferenze.
Forse vorrai ancora domandarmi perché l'Apostolo abbia detto: Noi
non sappiamo che cosa dire nelle preghiere per pregare come
dovremmo. Non è assolutamente da credere ch'egli o quelli a cui
rivolgeva queste parole ignorassero la preghiera insegnataci dal
Signore. Perché crediamo dunque che l'Apostolo abbia detto una
cosa simile, che non avrebbe potuto dire né a caso né
bugiardamente, se non perché le molestie e le tribolazioni del
mondo giovano per lo più a guarire il bubbone della superbia o a
mettere a prova e ad esercitare la pazienza, a cui è riserbato un
premio più splendido e più ricco quando è stata provata e
sperimentata, o giovano infine a mortificare e a estirpare ogni
specie di peccati? Tuttavia noi, poiché non sappiamo a che cosa
giovino queste prove, desideriamo di essere liberati da ogni
tribolazione. L'Apostolo stesso mostra di non essere esente
neppure lui da questa ignoranza, benché forse sapesse pregare
come si deve; infatti allorché, per non farlo insuperbire a causa del
singolare privilegio delle rivelazioni, gli fu data una spina nella
carne, un angelo di Satana che lo schiaffeggiasse, pregò tre volte il
Signore perché lo allontanasse da lui, senza sapere purtroppo che
cosa chiedere come conviene. Finalmente udì la risposta di Dio
perché non avveniva quello che un si gran santo chiedeva e perché
non conveniva che si realizzasse: Ti basti la mia grazia, poiché la
forza si perfeziona nella debolezza.
Ignoriamo quel che ci giovi domandare.
14. 26. In queste tribolazioni dunque, che possono giovare o
nuocere, noi non sappiamo che cosa chiedere perché la nostra
preghiera sia come si conviene; ma tuttavia, poiché sono prove
dure, amare, che ripugnano alla sensibilità della nostra natura, noi
preghiamo, con un desiderio comune a tutti gli uomini, che esse
vengano allontanate da noi. Ma a Dio nostro Signore dobbiamo
(dare) questa prova d'amore: che cioè, se non allontana le prove
del dolore, non dobbiamo per questo credere di essere trascurati
da Lui, anzi speriamo piuttosto beni più grandi con la santa
sopportazione dei mali. Così si perfeziona la virtù nella debolezza.
Ad alcuni impazienti il Signore Iddio concesse, sdegnato, ciò che
chiedevano, come, al contrario, non esaudì benignamente
l'Apostolo. Leggiamo infatti che cosa chiedessero gli Israeliti e in
che modo fossero accontentati. Ma appagata la brama, la loro
sfrenata ingordigia fu gravemente punita. Alla loro richiesta
concesse anche un re secondo il loro cuore, come sta scritto, non
secondo il suo cuore. Concesse anche al diavolo ciò che gli chiese,
perché il suo servo venisse tentato e messo alla prova. Esaudì
anche degli spiriti immondi, i quali lo pregavano che una legione di
demoni fosse mandata in un branco di porci. Queste cose sono
state scritte perché qualcuno per caso non s'inorgoglisca, qualora
sia esaudito, quando chiede con impazienza qualche cosa che
sarebbe più vantaggioso non chiedere, né si abbatta e disperi della
misericordia divina nei suoi riguardi qualora non venga esaudito,
quando chiede qualche cosa da cui, ricevendola, potrebbe avere
un'afflizione più dolorosa oppure, corrotto dalla prosperità, andare
completamente in rovina. In tali circostanze non sappiamo dunque
che cosa chiedere per pregare come dovremmo. Se perciò accadrà
l'opposto di quanto chiediamo, sopportando pazientemente e
ringraziando Dio in ogni caso, non dobbiamo avere il minimo
dubbio ch'era più opportuno ciò che ha voluto Dio, di quel che
avremmo voluto noi. L'esempio ce l'ha dato il divino Mediatore
quando disse: Padre, se è possibile, si allontani da me questo calice.
Ma poi, modificando la volontà umana assunta nella sua
incarnazione, soggiunse subito: Tuttavia (sia fatto) non ciò che
voglio io, o Padre, ma ciò che vuoi tu. Ecco perché giustamente per
l'obbedienza di uno solo molti sono costituiti giusti
Chiunque chiede al Signore e cerca d'ottenere l'unica cosa, senza la
quale non giova nulla qualunque altra cosa abbia ricevuta pregando
come si deve, la chiede con certezza e sicurezza, né teme ch'essa gli
possa nuocere quando l'abbia ricevuta. Questa cosa infatti è l'unica
vera vita e la sola beata: cioè il poter contemplare, immortali per
l'eternità e incorruttibili nel corpo e nello spirito, le delizie di Dio. In
vista di questa sola cosa si cercano e si desiderano onestamente
tutte le altre. Chi l'otterrà, possederà tutto ciò che vuole né potrà
allora chiedere cosa che non sarà conveniente. In essa è la sorgente
della vita, di cui ora dobbiamo avere sete nella preghiera, fino a che
viviamo nella speranza e non vediamo ancora ciò che speriamo,
sotto la protezione delle ali di Colui, al cui cospetto è tutto intero il
nostro desiderio, che è quello di saziarci dei ricchi beni della sua
casa, di dissetarci al fiume delle sue delizie. In lui infatti è la fonte
della vita e nella luce di Lui vedremo la luce, quando il nostro
desiderio sarà saziato dai suoi beni e non vi sarà più da chiedere
con gemiti, ma solo da possedere con godimento. Ma poiché essa è
la pace che supera ogni intendimento, anche quando la chiediamo
nella preghiera, non sappiamo che cosa chiedere per pregare come
si conviene. Quando infatti una cosa non riusciamo a immaginarla
com'è in realtà, certamente non la conosciamo; tutto ciò che
s'affaccia al pensiero lo rigettiamo, lo rifiutiamo, lo disapproviamo,
sappiamo che non è quello che cerchiamo, quantunque non
sappiamo ancora che cosa sai specificamente.
Si può desiderare Dio conoscendolo imperfettamente.
15. 28. C'è dunque in noi una, per così dire, dotta ignoranza, dotta
in quanto illuminata dallo Spirito di Dio, che aiuta la nostra
debolezza. Difatti l'Apostolo dopo aver detto: Se ciò che non
vediamo lo speriamo, l'aspettiamo mediante la pazienza, subìto
soggiunse: Allo stesso modo anche lo Spirito ci viene in aiuto nella
nostra debolezza, poiché non sappiamo che cosa dobbiamo
chiedere nella preghiera per pregare come si deve; ma lo stesso
Spirito supplica per noi con gemiti ineffabili: Colui però che scruta i
cuori sa che cosa desidera lo Spirito, poiché esso intercede per i
santi secondo (il volere di) Dio . Ciò non si deve intendere nel senso
di credere che lo Spirito di Dio, che nella Trinità è Dio immutabile e
unico Dio col Padre e col Figlio, supplichi per i santi a guisa di uno
che non sia quello che è, cioè Dio; infatti è detto " supplica per i
santi " poiché induce i santi a supplicare, allo stesso modo ch'è
detto: Il Signore Dio vostro vi prova, per conoscere se lo amate, cioè
" per farvi conoscere ". Lo Spirito Santo spinge dunque i santi a
supplicare con gemiti ineffabili ispirando in essi il desiderio di un
bene tanto grande, ma ancora sconosciuto, che aspettiamo
mediante la speranza. Come potrebbe essere espresso un bene
ignoto quando lo si desidera? Se lo si ignorasse del tutto, non
sarebbe oggetto di desiderio; e se d'altro canto lo si vedesse, non
sarebbe desiderato né domandato con gemiti.
5 MARZO
LA NOSTRA UMANITA’ E’ SVELATA DAL MISTERO DEL VERBO
INCARNATO
Preghiera del mattino
INNO
Nella santa assemblea,
o nel segreto dell'anima,
prostriamoci, e imploriamo
la divina clemenza.
Dall'ira del giudizio
liberaci, o Padre buono;
non togliere ai tuoi figli
il segno della tua gloria.
Ricorda che ci plasmasti
col soffio del tuo Spirito:
siam tua vigna, tuo popolo,
e opera delle tue mani.
Perdona i nostri errori,
sana le nostre ferite,
guidaci con la tua grazia
alla vittoria pasquale.
Sia lode al Padre altissimo,
al Figlio e al Santo Spirito
com'era nel principio,
ora e nei secoli eterni. Amen.
Salmo 80
Esultate in Dio, nostra forza, *
† acclamate al Dio di Giacobbe.
Intonate il canto e suonate il timpano, *
la cetra melodiosa con l'arpa.
Suonate la tromba nel plenilunio, *
nostro giorno di festa.
Questa è una legge per Israele, *
un decreto del Dio di Giacobbe.
Lo ha dato come testimonianza a Giuseppe, *
quando usciva dal paese d'Egitto.
Un linguaggio mai inteso io sento: †
«Ho liberato dal peso la sua spalla, *
le sue mani hanno deposto la cesta.
Hai gridato a me nell'angoscia e io ti ho liberato, †
avvolto nella nube ti ho dato risposta, *
ti ho messo alla prova alle acque di Meriba.
Ascolta, popolo mio, ti voglio ammonire; *
Israele, se tu mi ascoltassi!
Non ci sia in mezzo a te un altro dio *
e non prostrarti a un dio straniero.
Sono io il Signore tuo Dio, †
che ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto; *
apri la tua bocca, la voglio riempire.
Ma il mio popolo non ha ascoltato la mia voce, *
Israele non mi ha obbedito.
L'ho abbandonato alla durezza del suo cuore, *
che seguisse il proprio consiglio.
Se il mio popolo mi ascoltasse, *
se Israele camminasse per le mie vie!
Subito piegherei i suoi nemici *
e contro i suoi avversari porterei la mia mano.
I nemici del Signore gli sarebbero sottomessi *
e la loro sorte sarebbe segnata per sempre;
li nutrirei con fiore di frumento, *
li sazierei con miele di roccia».
Lettura del giorno (Luca 16, 19-31)
In quel tempo, Gesù disse ai farisei: « C'era un uomo ricco, che
vestiva di porpora e di bisso e tutti i giorni banchettava lautamente.
Un mendicante, di nome Lazzaro, giaceva alla sua porta, coperto di
piaghe,
bramoso di sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa del ricco.
Perfino i cani venivano a leccare le sue piaghe.
Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di
Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto.
Stando nell'inferno tra i tormenti, levò gli occhi e vide di lontano
Abramo e Lazzaro accanto a lui.
Allora gridando disse: Padre Abramo, abbi pietà di me e manda
Lazzaro a intingere nell'acqua la punta del dito e bagnarmi la lingua,
perché questa fiamma mi tortura.
Ma Abramo rispose: Figlio, ricordati che hai ricevuto i tuoi beni
durante la vita e Lazzaro parimenti i suoi mali; ora invece lui è
consolato e tu sei in mezzo ai tormenti.
Per di più, tra noi e voi è stabilito un grande abisso: coloro che di
qui vogliono passare da voi non possono, né di costì si può
attraversare fino a noi.
E quegli replicò: Allora, padre, ti prego di mandarlo a casa di mio
padre,
perché ho cinque fratelli. Li ammonisca, perché non vengano
anch'essi in questo luogo di tormento.
Ma Abramo rispose: Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro.
E lui: No, padre Abramo, ma se qualcuno dai morti andrà da loro, si
ravvederanno.
Abramo rispose: Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno
risuscitasse dai morti saranno persuasi ».
INVOCAZIONI:
Uniti nella preghiera di lode, celebriamo l'amore di Dio Padre, che
si è rivelato nel Cristo suo Figlio e diciamo con fede:
Ricordati, Signore, di questa tua famiglia.
Donaci di comprendere in modo vivo e profondo il mistero della tua
Chiesa,
- perché diventi per noi e per tutti sacramento universale di
salvezza.
Padre di tutti gli uomini, aiutaci a promuovere il vero progresso
della comunità umana,
- e a cercare in ogni cosa il tuo regno e la tua giustizia.
Suscita in noi la sete del Cristo,
- che si è offerto a noi come sorgente di acqua viva.
Rimetti a noi i nostri debiti,
- guida i nostri passi nella giustizia e nella sincerità.
Padre Nostro
ORAZIONE
O Dio, che salvi i peccatori e li chiami alla tua amicizia, volgi verso
di te i nostri cuori e donaci il fervore del tuo Spirito perché
possiamo esser saldi nella fede e operosi nella carità. Per il nostro
Signore.
Per la meditazione durante la giornata
Salmo 1
Beato l’uomo che non entra nel consiglio dei malvagi,
non resta nella via dei peccatori
e non siede in compagnia degli arroganti,
ma nella legge del Signore trova la sua gioia,
la sua legge medita giorno e notte.
È come albero piantato lungo corsi d’acqua,
che dà frutto a suo tempo:
le sue foglie non appassiscono
e tutto quello che fa, riesce bene.
Non così, non così i malvagi,
ma come pula che il vento disperde;
poiché il Signore veglia sul cammino dei giusti,
mentre la via dei malvagi va in rovina.
Meditazione
Il redentore dell’uomo, Gesù Cristo, è centro del cosmo e
della storia
Siamo anche noi, in certo modo, nel tempo di un nuovo Avvento,
ch'è tempo di attesa. «Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi
molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti,
ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del
Figlio...», per mezzo del Figlio-Verbo, che si è fatto uomo ed è nato
dalla Vergine Maria. In questo atto redentivo la storia dell'uomo ha
raggiunto nel disegno d'amore di Dio il suo vertice. Dio è entrato
nella storia dell'umanità e, come uomo, è divenuto suo «soggetto»,
uno dei miliardi e, in pari tempo, Unico! Attraverso l'Incarnazione
Dio ha dato alla vita umana quella dimensione che intendeva dare
all'uomo sin dal suo primo inizio, e l'ha data in maniera definitiva _
nel modo peculiare a Lui solo, secondo il suo eterno amore e la sua
misericordia, con tutta la divina libertà _ ed insieme con quella
munificenza che, di fronte al peccato originale ed a tutta la storia
dei peccati dell'umanità, di fronte agli errori dell'intelletto, della
volontà e del cuore umano, ci permette di ripetere con stupore le
parole della sacra Liturgia: «O felice colpa, che meritò di avere un
tanto nobile e grande Redentore!»
Quando, attraverso l'esperienza della famiglia umana in continuo
aumento a ritmo accelerato, penetriamo nel mistero di Gesù Cristo,
comprendiamo con maggiore chiarezza che, alla base di tutte
queste vie lungo le quali, conforme alla saggezza del Pontefice
Paolo VI, deve proseguire la Chiesa dei nostri tempi, c'è un'unica
via: è la via sperimentata da secoli, ed è, insieme, la via del futuro.
Cristo Signore ha indicato questa via, soprattutto quando _ come
insegna il Concilio _ «con l'incarnazione il Figlio di Dio si è unito in
certo modo ad ogni uomo». La Chiesa ravvisa, dunque, il suo
còmpito fondamentale nel far sì che una tale unione possa
continuamente attuarsi e rinnovarsi. La Chiesa desidera servire
quest'unico fine: che ogni uomo possa ritrovare Cristo, perché
Cristo possa, con ciascuno, percorrere la strada della vita, con la
potenza di quella verità sull'uomo e sul mondo, contenuta nel
mistero dell'Incarnazione e della Redenzione, con la potenza di
quell'amore che da essa irradia.
Gesù Cristo è la via principale della Chiesa. Egli stesso è la nostra via
«alla casa del Padre»(88), ed è anche la via a ciascun uomo. Su
questa via che conduce da Cristo all'uomo, su questa via sulla quale
Cristo si unisce ad ogni uomo, la Chiesa non può esser fermata da
nessuno. Questa è l'esigenza del bene temporale e del bene eterno
dell'uomo. La Chiesa, per riguardo a Cristo ed in ragione di quel
mistero che costituisce la vita della Chiesa stessa, non può
rimanere insensibile a tutto ciò che serve al vero bene dell'uomo,
così come non può rimanere indifferente a ciò che lo minaccia.
L'uomo così com'è «voluto» da Dio, così come è stato da Lui
eternamente «scelto», chiamato, destinato alla grazia e alla gloria:
questo è proprio «ogni» uomo, l'uomo «il più concreto», «il più
reale»; questo è l'uomo in tutta la pienezza del mistero di cui è
divenuto partecipe in Gesù Cristo, mistero del quale diventa
partecipe ciascuno dei quattro miliardi di uomini viventi sul nostro
pianeta, dal momento in cui viene concepito sotto il cuore della
madre. La Chiesa non ha altra vita all'infuori di quella che le dona il
suo Sposo e Signore. Difatti, proprio perché Cristo nel mistero della
sua Redenzione si è unito ad essa, la Chiesa deve essere
saldamente unita con ciascun uomo.
Giovanni Paolo II, Redemptor Hominis
PREGHIERA DELLA SERA NELLA BASILICA DI S. CROCE
Invocazione allo Spirito Santo
Vieni, o Spirito Santo
e donami un cuore puro,
pronto ad amare Cristo Signore
con la pienezza, la profondità e la gioia
che tu solo sai infondere.
Donami un cuore puro,
come quello di un fanciullo
che non conosce il male
se non per combatterla e fuggirlo.
Vieni, o Spirito Santo
e donami un cuore grande,
aperto alla tua parola ispiratrice
e chiuso ad ogni meschina ambizione.
Donami un cuore grande e forte
capace di amare tutti,
deciso a sostenere per loro
ogni prova, noia e stanchezza,
ogni delusione e offesa.
Donami un cuore grande,
forte e costante fino al sacrificio,
felice solo di palpitare con il cuore di Cristo
e di compiere umilmente, fedelmente
e coraggiosamente la volontà di Dio.
Amen.
Beato Paolo VI
Dalla Lettera di San Paolo Apostolo ai Galati (2, 15.21)
Fratelli, noi che per nascita siamo Giudei e non pagani peccatori,
sapendo tuttavia che l'uomo non è giustificato dalle opere della
legge ma soltanto per mezzo della fede in Gesù Cristo, abbiamo
creduto anche noi in Gesù Cristo per essere giustificati dalla fede
in Cristo e non dalle opere della legge; poiché dalle opere della
legge non verrà mai giustificato nessuno». Se pertanto noi che
cerchiamo la giustificazione in Cristo siamo trovati peccatori come
gli altri, forse Cristo è ministro del peccato? Impossibile! Infatti se
io riedifico quello che ho demolito, mi denuncio come
trasgressore. In realtà mediante la legge io sono morto alla legge,
per vivere per Dio. Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più
io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita nella carne, io la vivo
nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso
per me. Non annullo dunque la grazia di Dio; infatti se la
giustificazione viene dalla legge, Cristo è morto invano.
Meditazione ed Adorazione
Intercessioni
Celebriamo la misericordia del Padre che ci ha illuminati con la
grazia dello Spirito Santo, perché la nostra vita risplenda con la
luce della fede e delle opere. Preghiamo insieme e diciamo:
Santifica, Padre, il popolo redento da Cristo.
Fonte e artefice di ogni santità, unisci più intimamente a Cristo,
mediante il mistero eucaristico, i vescovi, i presbiteri e i diaconi,
- perché si ravvivi in loro la grazia, che hanno ricevuto con
l'imposizione delle mani.
Insegna ai tuoi fedeli a partecipare in modo attivo e consapevole
alla mensa della parola e del corpo di Cristo,
- perché esprimano nella vita ciò che hanno ricevuto mediante la
fede e i sacramenti.
Fa' che riconosciamo la dignità di tutti gli uomini, che Cristo ha
redenti a prezzo del suo sangue,
- e rispettiamo la libertà di coscienza dei nostri fratelli.
Fa' che gli uomini imparino a frenare la cupidigia di danaro e di
potere,
- e si aprano generosamente alla comprensione e all'aiuto del
prossimo.
Abbi pietà dei fedeli, che oggi hai chiamato a te da questa vita,
- concedi loro l'eredità eterna nel tuo regno.
Padre Nostro
Benedizione Eucaristica
6 MARZO
L’UNITA’ TRA FEDE E VITA
Preghiera del mattino
INNO
Nella santa assemblea,
o nel segreto dell'anima,
prostriamoci, e imploriamo
la divina clemenza.
Dall'ira del giudizio
liberaci, o Padre buono;
non togliere ai tuoi figli
il segno della tua gloria.
Ricorda che ci plasmasti
col soffio del tuo Spirito:
siam tua vigna, tuo popolo,
e opera delle tue mani.
Perdona i nostri errori,
sana le nostre ferite,
guidaci con la tua grazia
alla vittoria pasquale.
Sia lode al Padre altissimo,
al Figlio e al Santo Spirito
com'era nel principio,
ora e nei secoli eterni. Amen
Salmo 147
Glorifica il Signore, Gerusalemme,*
loda, Sion, il tuo Dio.
Perché ha rinforzato le sbarre delle tue porte, *
in mezzo a te ha benedetto i tuoi figli.
Egli ha messo pace nei tuoi confini *
e ti sazia con fior di frumento.
Manda sulla terra la sua parola, *
il suo messaggio corre veloce.
Fa scendere la neve come lana, *
come polvere sparge la brina.
Getta come briciole la grandine, *
di fronte al suo gelo chi resiste?
Manda una sua parola ed ecco si scioglie, *
fa soffiare il vento e scorrono le acque.
Annunzia a Giacobbe la sua parola, *
le sue leggi e i suoi decreti a Israele.
Così non ha fatto *
con nessun altro popolo,
non ha manifestato ad altri *
i suoi precetti.
Dal Vangelo secondo Matteo (21,33-43.45-46).In quel tempo,
Gesù disse ai principi dei sacerdoti e agli anziani del popolo:
«Ascoltate un'altra parabola: C'era un padrone che piantò una
vigna e la circondò con una siepe, vi scavò un frantoio, vi costruì
una torre, poi l'affidò a dei vignaioli e se ne andò.
Quando fu il tempo dei frutti, mandò i suoi servi da quei vignaioli a
ritirare il raccolto.
Ma quei vignaioli presero i servi e uno lo bastonarono, l'altro lo
uccisero, l'altro lo lapidarono.
Di nuovo mandò altri servi più numerosi dei primi, ma quelli si
comportarono nello stesso modo.
Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: Avranno rispetto di
mio figlio!
Ma quei vignaioli, visto il figlio, dissero tra sé: Costui è l'erede;
venite, uccidiamolo, e avremo noi l'eredità.
E, presolo, lo cacciarono fuori della vigna e l'uccisero.
Quando dunque verrà il padrone della vigna che farà a quei
vignaioli? ».
Gli rispondono: «Farà morire miseramente quei malvagi e darà la
vigna ad altri vignaioli che gli consegneranno i frutti a suo tempo».
E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: La pietra
che i costruttori hanno scartata è diventata testata d'angolo; dal
Signore è stato fatto questo ed è mirabile agli occhi nostri?
Perciò io vi dico: vi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un
popolo che lo farà fruttificare.» Udite queste parabole, i sommi
sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro e cercavano di
catturarlo. Ma avevano paura della folla che lo considerava un
profeta.
INVOCAZIONI
Invochiamo con fiducia il Cristo salvatore, che ci ha redenti con la
sua morte e risurrezione:
Signore, abbi pietà di noi.
Tu che sei salito a Gerusalemme per sostenere la passione e così
entrare nella tua gloria,
- guida alla Pasqua eterna la tua Chiesa pellegrina sulla terra.
Tu che, trafitto dalla lancia, hai emanato sangue ed acqua, simbolo
dei sacramenti della tua Chiesa,
- guarisci le nostre ferite con la forza vitale della tua grazia.
Tu che hai fatto della croce un albero di vita,
- concedi i suoi frutti di salvezza ai rinati nel battesimo.
Tu che dal patibolo della croce hai perdonato al buon ladrone,
- perdona anche a noi peccatori.
Padre Nostro
ORAZIONE
Accompagna con la tua benevolenza, Padre misericordioso, i primi
passi del nostro cammino penitenziale, perché all'osservanza
esteriore corrisponda un profondo rinnovamento dello spirito.
Amen.
Per la meditazione durante la giornata
Salmo 104
Il Signore chiamò la carestia su quella terra,
togliendo il sostegno del pane.
Davanti a loro mandò un uomo,
Giuseppe, venduto come schiavo.
Gli strinsero i piedi con ceppi,
il ferro gli serrò la gola,
finché non si avverò la sua parola
e l’oracolo del Signore ne provò l’innocenza.
Il re mandò a scioglierlo,
il capo dei popoli lo fece liberare;
lo costituì signore del suo palazzo,
capo di tutti i suoi averi.
Meditazione
Nella Messa vi è un'espressione fra le più ricche di contenuto
teologico e spirituale, a anche, d'altra parte, una delle più
importanti; chiude infatti il Canone, e chiudendo il Canone ci dice in
poche parole quello che è la Messa.
Poiché la Messa è la presenza stessa dell'atto redentore che
riassume tutte le cose, questa espressione ci insegna quella che è la
vita spirituale, la nostra medesima vita, ci insegna come dobbiamo
viverla e per quale fine dobbiamo vivere.
Per Ipsum et cum Ipso et in Ipso, est tibi, Deo Patri Omnipotenti, in
unitate Spiritus Sancti, omnis honor et gloria.
Per Lui, con Lui ed in Lui, è a Te, Dio Padre onnipotente, nell'unità
dello Spirito Santo, ogni onore e gloria.
Termine della Messa e di tutta la vita: ogni onore e gloria al Padre
nell'unità dello Spirito, ma per la mediazione del Cristo. Per Cristo,
con Cristo, in Cristo.
Per Cristum non vuol dire che si vive per nostro Signore, ma che si
vive per mezzo di nostro Signore.
Tutta la nostra vita intanto è soprannaturale, è una vita veramente
di grazia, in quanto trae la sua forza divina dal Cristo: è per mezzo
del Cristo che noi viviamo rivolti al Padre Celeste.
Ma non si vive rivolti al Padre celeste che se viviamo col Cristo,
oltre che per mezzo di Lui.
E sarà perfetta la nostra vita soprannaturale quando vivremo per il
Padre Celeste essendo nel Cristo, una sola cosa con Lui, talmente
unito al Cristo da essere identificati in qualche modo a Lui stesso.
Il progresso della vita spirituale sta precisamente in queste tre
piccole preposizioni: per, cum, in.
"Non possiamo pensare di vivere la nostra vita cristiana e tanto
meno di raggiungere la santità, che mettendoci al servizio di
qualcosa, di qualcuno, impegnandoci in un'opera, lavorando.
Non si vive per vegetare soltanto.
Essere santi non vuol dire moltiplicare le preghiere, fare tanti atti di
mortificazione: vuol dire compiere il nostro dovere fino in fondo,
per rispondere alla divina volontà con tutto l'essere nostro, nella
dedizione totale di tutta la vita.
Nostro Signore ci chiama per mandarci nella sua vigna.
Tu potrai compiere l'opera più umile, più nascosta, più
apparentemente insignificante, eppure proprio dal tuo lavoro, che
appare di così poco conto, acquista una sua capacità, una sua
efficacia anche il lavoro degli altri.
Se si ferma una rotella, si ferma tutto: magari è una rotellina
piccola piccola che ferma argani grandi, immensi.
Gesù ha lavorato, e noi lavoriamo con Lui.
La vita della maggior parte degli uomini è collaborazione con Cristo
in un lavoro umile come il suo.
Noi, più che vivere con Cristo nel suo apostolato, nella sua vita
pubblica, dobbiamo vivere con Lui nella sua vita nascosta.
La missione nostra non è tanto quella di farlo presente in quanto
predica agli uomini o li risana, quanto quella di vivere il lavoro
stesso che Gesù ha vissuto per trenta anni, per la massima parte
della sua vita, perché così anche la massima parte degli uomini
avrebbe dovuto collaborare con Lui, unirsi a Lui nel lavoro più
comune, più ordinario".
LA SACRALITA' DI TUTTE LE COSE
Attraverso tutte le cose vivere il rapporto con Dio
"Ritornare davvero nel paradiso di Dio, far sì che tutte le cose non
siano più impedimento e diaframma, non siano più velo che
nasconde il Signore, ma tutte piuttosto rivelino il suo volto, tutte
piuttosto ci introducano alla Sua presenza, sicché attraverso tutte
le cose l'anima viva costantemente in unione con Lui.
Non - badate - nonostante le cose, ma attraverso di esse l'anima
viva l'unione con Dio, perché molto spesso noi viviamo in unione
con Dio - anche perennemente - ma nonostante le cose.
L'atteggiamento dell'anima è un atteggiamento adorante.
E' il senso della maestà divina che mi conquista: di fronte alla
bellezza e alla fragilità del fiore è l'umiltà di Dio che mi conquista.
Voi siete sempre di fronte al Signore: atteggiamento di umiltà
riverente, di rispetto, di silenzioso tremore di fronte a tutte le
cose".
Se crediamo, tutto è segno di Dio
"Le nostre opere, la nostra preghiera non sono capaci di rompere la
nostra solitudine.
E' così, eppure non è così, perché Dio, pur trascendendoci
infinitamente, si è unito a noi.
Non si sa qual è la misura della Sua cooperazione alla nostra azione.
Le cose stesse, pur non somigliando a Dio, sono segno della Sua
bontà e misericordia.
La nostra preghiera è la parola che rivolge lo Spirito Santo al Padre;
nella nostra opera è Cristo che vive in noi.
Tutto può esser un segno di una comunione di Dio con noi.
Qualunque sia la vita che facciamo, sia che sperimentiamo o no
l'azione di Dio, dobbiamo aver fiducia nel fatto che Dio è con noi.
Dio ti ama.
Se credi, tutto è segno dell'amore di Dio.
Come in cielo non resta che Dio, così attraverso tutti i segni l'anima
non vede che l'amore, non possiede che l'amore.
Amore immenso, infinito, eterno: l'amore stesso di Dio".
Divo Barsotti
Preghiera della sera
INVOCAZIONE ALLO SPIRITO SANTO
Vieni in me, Spirito Santo,
Spirito di sapienza:
donami lo sguardo e l ’udito interiore,
perché non mi attacchi alle cose materiali
ma ricerchi sempre le realtà spirituali.
Vieni in me, Spirito Santo,
Spirito dell’amore:
riversa sempre più la carità nel mio cuore.
Vieni in me, Spirito Santo,
Spirito di verità:
concedimi di pervenire
alla conoscenza della verità
in tutta la sua pienezza.
Vieni in me, Spirito Santo,
acqua viva che zampilla
per la vita eterna:
fammi la grazia di giungere
a contemplare il volto del Padre
nella vita e nella gioia
senza fine.
Amen.
Sant’Agostino
Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi ( 2Cor
5, 17-21)
Fratelli, se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie
sono passate; ecco, ne sono nate di nuove.
Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé
mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della
riconciliazione. Era Dio infatti che riconciliava a sé il mondo in
Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la
parola della riconciliazione.
In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro
è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo:
lasciatevi riconciliare con Dio.
Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in
nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di
Dio.
Meditazione ed Adorazione
INVOCAZIONI
INTERCESSIONI
Adoriamo il Salvatore del genere umano, che morendo distrusse la
morte e risorgendo ha ridato a noi la vita, e chiediamo umilmente:
Santifica il popolo redento con il tuo sangue, Signore.
Gesù Salvatore, fa che completiamo in noi con la penitenza ciò che
manca alla tua passione,
- per condividere la gloria della tua risurrezione.
Per intercessione della Madre tua, consolatrice degli afflitti,
consolaci della tua consolazione divina,
- perché, da te consolati, diffondiamo la gioia in quelli che sono nel
dolore.
Fa che in mezzo alle lotte e alle prove della vita, ci sentiamo
partecipi della tua passione,
- per sperimentare in noi la forza della tua redenzione.
Tu che ti sei umiliato facendoti obbediente fino alla morte e alla
morte di croce,
- donaci lo spirito di obbedienza e di mansuetudine.
Trasfigura i corpi dei nostri defunti a immagine del tuo corpo
glorioso,
- ammetti un giorno anche noi nella Gerusalemme del cielo.
Padre Nostro
7 MARZO
RIMANERE CON COLUI CHE SEMINA GIOIA NELLA NOSTRA
STORIA
Preghiera del mattino
A te, Maria, fonte della vita,
si accosta la mia anima assetata.
A te, tesoro di misericordia,
ricorre con fiducia la mia miseria.
Come sei vicina,
anzi intima al Signore!
Egli abita in te e tu in lui.
Nella tua luce, posso contemplare
la luce di Gesù, sole di giustizia.
Santa Madre di Dio,
io confido nel tuo tenerissimo
e purissimo affetto.
Sii per me mediatrice di grazia
presso Gesù, nostro salvatore.
Egli ti ha amata sopra tutte le creature,
e ti ha rivestito di gloria e di bellezza.
Vieni in aiuto a me che sono povero
e fammi attingere alla tua anfora
traboccante di grazia.
San Bernardo
SALMO 8
O Signore, nostro Dio, †
quanto è grande il tuo nome
su tutta la terra: *
† sopra i cieli si innalza la tua magnificenza.
Con la bocca dei bimbi e dei lattanti †
affermi la tua potenza contro i tuoi avversari, *
per ridurre al silenzio nemici e ribelli.
Se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita, *
la luna e le stelle che tu hai fissate,
che cosa è l'uomo perché te ne ricordi *
e il figlio dell'uomo perché te ne curi?
Eppure l'hai fatto poco meno degli angeli, *
di gloria e di onore lo hai coronato:
gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, *
tutto hai posto sotto i suoi piedi;
tutti i greggi e gli armenti, *
tutte le bestie della campagna;
gli uccelli del cielo e i pesci del mare, *
che percorrono le vie del mare.
Dal Vangelo di Luca
In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori
per ascoltarlo.
I farisei e gli scribi mormoravano: «Costui riceve i peccatori e
mangia con loro».
Allora egli disse loro questa parabola:
Disse ancora: «Un uomo aveva due figli.
Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio
che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze.
Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose,
partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da
dissoluto.
Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia
ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno.
Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella
regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci.
Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma
nessuno gliene dava.
Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio
padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame!
Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro
il Cielo e contro di te;
non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno
dei tuoi garzoni.
Partì e si incamminò verso suo padre. Quando era ancora lontano il
padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo
baciò.
Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non
sono più degno di esser chiamato tuo figlio.
Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e
rivestitelo, mettetegli l'anello al dito e i calzari ai piedi.
Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa,
perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto
ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a
casa, udì la musica e le danze;
chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò.
Il servo gli rispose: E' tornato tuo fratello e il padre ha fatto
ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo.
Egli si arrabbiò, e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo.
Ma lui rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho
mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un
capretto per far festa con i miei amici.
Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le
prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso.
Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è
mio è tuo;
ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era
morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato»
INVOCAZIONI
Rendiamo grazie sempre e in ogni luogo al Cristo salvatore, e
rivolgiamo a lui la nostra comune preghiera:
Soccorrici con la forza del tuo Spirito, Signore.
Custodisci la castità del nostro corpo e del nostro cuore,
- perché siamo tempio vivo dello Spirito Santo.
Rendici fin d'ora disponibili all'aiuto fraterno,
- fa' che tutto il giorno trascorra nell'adesione piena alla tua
volontà.
Rendici solleciti non del cibo che perisce,
- ma di quello che dura per la vita eterna e che tu ci dai.
la Madre tua, rifugio dei peccatori, interceda per la nostra salvezza,
- e ci ottenga il perdono dei peccati.
Padre Nostro
ORAZIONE
O Dio, che per mezzo dei sacramenti ci rendi partecipi del tuo
mistero di gloria, guidaci attraverso le esperienze della vita, perché
possiamo giungere alla splendida luce in cui è la tua dimora. Amen.
Per la meditazione durante la giornata
Salmo 102
Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici.
Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue infermità,
salva dalla fossa la tua vita,
ti circonda di bontà e misericordia.
Non è in lite per sempre,
non rimane adirato in eterno.
Non ci tratta secondo i nostri peccati
e non ci ripaga secondo le nostre colpe.
Perché quanto il cielo è alto sulla terra,
così la sua misericordia è potente su quelli che lo temono;
quanto dista l’oriente dall’occidente,
così egli allontana da noi le nostre colpe.
Meditazione
Anche se a volte può essere difficile, si lavora tanto, ci si impegna e
non si vedono i risultati voluti, educare nella fede è bello! E’ forse la
migliore eredità che noi possiamo dare: la fede! Educare nella fede,
perché lei cresca. Aiutare i bambini, i ragazzi, i giovani, gli adulti a
conoscere e ad amare sempre di più il Signore è una delle
avventure educative più belle, si costruisce la Chiesa! “Essere”
catechisti! Non lavorare da catechisti: questo non serve! Io lavoro
da catechista perché mi piace insegnare… Ma se tu non sei
catechista, non serve! Non sarai fecondo, non sarai feconda!
Catechista è una vocazione: “essere catechista”, questa è la
vocazione, non lavorare da catechista. Badate bene, non ho detto
“fare” i catechisti, ma “esserlo”, perché coinvolge la vita. Si guida
all’incontro con Gesù con le parole e con la vita, con la
testimonianza. Ricordatevi quello che Benedetto XVI ci ha detto:
“La Chiesa non cresce per proselitismo. Cresce per attrazione”. E
quello che attrae è la testimonianza. Essere catechista significa dare
testimonianza della fede; essere coerente nella propria vita. E
questo non è facile. Non è facile! Noi aiutiamo, noi guidiamo
all’incontro con Gesù con le parole e con la vita, con la
testimonianza. A me piace ricordare quello che san Francesco di
Assisi diceva ai suoi frati: “Predicate sempre il Vangelo e, se fosse
necessario, anche con le parole”. Le parole vengono… ma prima la
testimonianza: che la gente veda nella nostra vita il Vangelo, possa
leggere il Vangelo. Ed “essere” catechisti chiede amore, amore
sempre più forte a Cristo, amore al suo popolo santo. E questo
amore non si compra nei negozi, non si compra qui a Roma
neppure. Questo amore viene da Cristo! E’ un regalo di Cristo! E’ un
regalo di Cristo! E se viene da Cristo parte da Cristo e noi dobbiamo
ripartire da Cristo, da questo amore che Lui ci dà, Che cosa significa
questo ripartire da Cristo per un catechista, per voi, anche per me,
perché anch’io sono catechista? Cosa significa?
Io parlerò di tre cose: uno, due e tre, come facevano i vecchi
gesuiti… uno, due e tre!
1. Prima di tutto, ripartire da Cristo significa avere familiarità con
Lui, avere questa familiarità con Gesù: Gesù lo raccomanda con
insistenza ai discepoli nell’Ultima Cena, quando si avvia a vivere il
dono più alto di amore, il sacrificio della Croce. Gesù utilizza
l’immagine della vite e dei tralci e dice: rimanete nel mio amore,
rimanete attaccati a me, come il tralcio è attaccato alla vite. Se
siamo uniti a Lui possiamo portare frutto, e questa è la familiarità
con Cristo. Rimanere in Gesù! E’ un rimanere attaccati a Lui, dentro
di Lui, con Lui, parlando con Lui: rimanere in Gesù.
La prima cosa, per un discepolo, è stare con il Maestro, ascoltarlo,
imparare da Lui. E questo vale sempre, è un cammino che dura
tutta la vita. Ricordo, tante volte in diocesi, nell’altra diocesi che
avevo prima, di aver visto alla fine dei corsi nel seminario
catechistico, i catechisti che uscivano dicendo: “Ho il titolo di
catechista!”. Quello non serve, non hai niente, hai fatto una piccola
stradina! Chi ti aiuterà? Questo vale sempre! Non è un titolo, è un
atteggiamento: stare con Lui; e dura tutta la vita! E’ uno stare alla
presenza del Signore, lasciarsi guardare da Lui. Io vi domando:
Come state alla presenza del Signore? Quando vai dal Signore,
guardi il Tabernacolo, che cosa fate? Senza parole… Ma io dico,
dico, penso, medito, sento… Molto bene! Ma tu ti lasci guardare dal
Signore? Lasciarci guardare dal Signore. Lui ci guarda e questa è
una maniera di pregare. Ti lasci guardare dal Signore? Ma come si
fa? Guardi il Tabernacolo e ti lasci guardare… è semplice! E’ un po’
noioso, mi addormento... Addormentati, addormentati! Lui ti
guarderà lo stesso, Lui ti guarderà lo stesso. Ma sei sicuro che Lui ti
guarda! E questo è molto più importante del titolo di catechista: è
parte dell’essere catechista. Questo scalda il cuore, tiene acceso il
fuoco dell’amicizia col Signore, ti fa sentire che Lui veramente ti
guarda, ti è vicino e ti vuole bene. In una delle uscite che ho fatto,
qui a Roma, in una Messa, si è avvicinato un signore, relativamente
giovane, e mi ha detto: “Padre, piacere di conoscerla, ma io non
credo in niente! Non ho il dono della fede!”. Capiva che era un
dono. “Non ho il dono della fede! Che cosa mi dice lei?”. “Non ti
scoraggiare. Lui ti vuole bene. Lasciati guardare da Lui! Niente di
più”. E questo lo dico a voi: lasciatevi guardare dal Signore! Capisco
che per voi non è così semplice: specialmente per chi è sposato e
ha figli, è difficile trovare un tempo lungo di calma. Ma, grazie a
Dio, non è necessario fare tutti nello stesso modo; nella Chiesa c’è
varietà di vocazioni e varietà di forme spirituali; l’importante è
trovare il modo adatto per stare con il Signore; e questo si può, è
possibile in ogni stato di vita. In questo momento ognuno può
domandarsi: come vivo io questo “stare” con Gesù? Questa è una
domanda che vi lascio: “Come vivo io questo stare con Gesù,
questo rimanere in Gesù?”. Ho dei momenti in cui rimango alla sua
presenza, in silenzio, mi lascio guardare da Lui? Lascio che il suo
fuoco riscaldi il mio cuore? Se nel nostro cuore non c’è il calore di
Dio, del suo amore, della sua tenerezza, come possiamo noi, poveri
peccatori, riscaldare il cuore degli altri? Pensate a questo!
2. Il secondo elemento è questo. Secondo: ripartire da Cristo
significa imitarlo nell’uscire da sé e andare incontro all’altro. Questa
è un’esperienza bella, e un po’ paradossale. Perché? Perché chi
mette al centro della propria vita Cristo, si decentra! Più ti unisci a
Gesù e Lui diventa il centro della tua vita, più Lui ti fa uscire da te
stesso, ti decentra e ti apre agli altri. Questo è il vero dinamismo
dell’amore, questo è il movimento di Dio stesso! Dio è il centro, ma
è sempre dono di sé, relazione, vita che si comunica… Così
diventiamo anche noi se rimaniamo uniti a Cristo, Lui ci fa entrare
in questo dinamismo dell’amore. Dove c’è vera vita in Cristo, c’è
apertura all’altro, c’è uscita da sé per andare incontro all’altro nel
nome di Cristo. E questo è il lavoro del catechista: uscire
continuamente da sé per amore, per testimoniare Gesù e parlare di
Gesù, predicare Gesù. Questo è importante perché lo fa il Signore:
è proprio il Signore che ci spinge a uscire.
Il cuore del catechista vive sempre questo movimento di “sistole diastole”: unione con Gesù - incontro con l’altro. Sono le due cose:
io mi unisco a Gesù ed esco all’incontro con gli altri. Se manca uno
di questi due movimenti non batte più, non può vivere. Riceve in
dono il kerigma, e a sua volta lo offre in dono. Questa parolina:
dono. Il catechista è cosciente che ha ricevuto un dono, il dono
della fede e lo dà in dono agli altri. E questo è bello. E non se ne
prende per sé la percentuale! Tutto quello che riceve lo dà! Questo
non è un affare! Non è un affare! E’ puro dono: dono ricevuto e
dono trasmesso. E il catechista è lì, in questo incrocio di dono. E’
così nella natura stessa del kerigma: è un dono che genera
missione, che spinge sempre oltre se stessi. San Paolo diceva:
«L’amore di Cristo ci spinge», ma quel “ci spinge” si può tradurre
anche “ci possiede”. E’ così: l’amore ti attira e ti invia, ti prende e ti
dona agli altri. In questa tensione si muove il cuore del cristiano, in
particolare il cuore del catechista. Chiediamoci tutti: è così che
batte il mio cuore di catechista: unione con Gesù e incontro con
l’altro? Con questo movimento di “sistole e diastole”? Si alimenta
nel rapporto con Lui, ma per portarlo agli altri e non per ritenerlo?
Vi dico una cosa: non capisco come un catechista possa rimanere
fermo, senza questo movimento. Non capisco!
3. E il terzo elemento – tre - sta sempre in questa linea: ripartire da
Cristo significa non aver paura di andare con Lui nelle periferie. Qui
mi viene in mente la storia di Giona, una figura davvero
interessante, specialmente nei nostri tempi di cambiamenti e di
incertezza. Giona è un uomo pio, con una vita tranquilla e ordinata;
questo lo porta ad avere i suoi schemi ben chiari e a giudicare tutto
e tutti con questi schemi, in modo rigido. Ha tutto chiaro, la verità è
questa. E’ rigido! Perciò quando il Signore lo chiama e gli dice di
andare a predicare a Ninive, la grande città pagana, Giona non se la
sente. Andare là! Ma io ho tutta la verità qui!. Non se la
sente…Ninive è al di fuori dei suoi schemi, è alla periferia del suo
mondo. E allora scappa, se ne va in Spagna, fugge via, si imbarca su
una nave che va da quelle parti. Andate a rileggere il Libro di Giona!
E’ breve, ma è una parabola molto istruttiva, specialmente per noi
che siamo nella Chiesa.
Che cosa ci insegna? Ci insegna a non aver paura di uscire dai nostri
schemi per seguire Dio, perché Dio va sempre oltre. Ma sapete una
cosa? Dio non ha paura! Sapevate questo voi? Non ha paura! E’
sempre oltre i nostri schemi! Dio non ha paura delle periferie. Ma
se voi andate alle periferie, lo troverete lì. Dio è sempre fedele, è
creativo. Ma, per favore, non si capisce un catechista che non sia
creativo. E la creatività è come la colonna dell’essere catechista.
Dio è creativo, non è chiuso, e per questo non è mai rigido. Dio non
è rigido! Ci accoglie, ci viene incontro, ci comprende. Per essere
fedeli, per essere creativi, bisogna saper cambiare. Saper cambiare.
E perché devo cambiare? E’ per adeguarmi alle circostanze nelle
quali devo annunziare il Vangelo. Per rimanere con Dio bisogna
saper uscire, non aver paura di uscire. Se un catechista si lascia
prendere dalla paura, è un codardo; se un catechista se ne sta
tranquillo, finisce per essere una statua da museo: e ne abbiamo
tanti! Ne abbiamo tanti! Per favore, niente statue da museo! Se un
catechista è rigido diventa incartapecorito e sterile. Vi domando:
qualcuno di voi vuole essere codardo, statua da museo o sterile?
Qualcuno ha questa voglia? Quello che dirò adesso lo ho detto
tante volte, ma mi viene dal cuore di dirlo. Quando noi cristiani
siamo chiusi nel nostro gruppo, nel nostro movimento, nella nostra
parrocchia, nel nostro ambiente, rimaniamo chiusi e ci succede
quello che accade a tutto quello che è chiuso; quando una stanza è
chiusa incomincia l’odore dell’umidità. E se una persona è chiusa in
quella stanza, si ammala! Quando un cristiano è chiuso nel suo
gruppo, nella sua parrocchia, nel suo movimento, è chiuso, si
ammala. Se un cristiano esce per le strade, nelle periferie, può
succedergli quello che succede a qualche persona che va per la
strada: un incidente. Tante volte abbiamo visto incidenti stradali.
Ma io vi dico: preferisco mille volte una Chiesa incidentata, e non
una Chiesa ammalata! Una Chiesa, un catechista che abbia il
coraggio di correre il rischio per uscire, e non un catechista che
studi, sappia tutto, ma chiuso sempre: questo è ammalato. E alle
volte è ammalato dalla testa….
Ma attenzione! Gesù non dice: andate, arrangiatevi. No, non dice
quello! Gesù dice: Andate, io sono con voi! Questa è la nostra
bellezza e la nostra forza: se noi andiamo, se noi usciamo a portare
il suo Vangelo con amore, con vero spirito apostolico, con parresia,
Lui cammina con noi, ci precede, – lo dico in spagnolo – ci
“primerea”. Il Signore sempre ci “primerea”! Ormai avete imparato
il senso di questa parola. E questo lo dice la Bibbia, non lo dico io.
La Bibbia dice, il Signore dice nella Bibbia: Io sono come il fior del
mandorlo. Perché? Perché è il primo fiore che fiorisce nella
primavera. Lui è sempre “primero”! Lui è primo! Questo è
fondamentale per noi: Dio sempre ci precede! Quando noi
pensiamo di andare lontano, in una estrema periferia, e forse
abbiamo un po’ di timore, in realtà Lui è già là: Gesù ci aspetta nel
cuore di quel fratello, nella sua carne ferita, nella sua vita oppressa,
nella sua anima senza fede. Ma voi sapete una delle periferie che
mi fa così tanto male che sento dolore - lo avevo visto nella diocesi
che avevo prima? E’ quella dei bambini che non sanno farsi il Segno
della Croce. A Buenos Aires ci sono tanti bambini che non sanno
farsi il Segno della Croce. Questa è una periferia! Bisogna andare là!
E Gesù è là, ti aspetta, per aiutare quel bambino a farsi il Segno
della Croce. Lui sempre ci precede.
Cari catechisti, sono finiti i tre punti. Sempre ripartire da Cristo! Vi
dico grazie per quello che fate, ma soprattutto perché ci siete nella
Chiesa, nel Popolo di Dio in cammino, perché camminate con il
Popolo di Dio. Rimaniamo con Cristo - rimanere in Cristo cerchiamo di essere sempre più una cosa sola con Lui; seguiamolo,
imitiamolo nel suo movimento d’amore, nel suo andare incontro
all’uomo; e usciamo, apriamo le porte, abbiamo l’audacia di
tracciare strade nuove per l’annuncio del Vangelo.
Papa Francesco
Preghiera della sera
INVOCAZIONE ALLO SPIRITO SANTO
O Spirito Santo,
sei tu che unisci la mia anima a Dio:
muovila con ardenti desideri
e accendila con il fuoco
del tuo amore.
Quanto sei buono con me,
o Spirito Santo di Dio:
sii per sempre lodato e benedetto
per il grande amore che aflondi su di me!
Dio mio e mio Creatore
è mai possibile che vi sia
qualcuno che non ti ami?
Per tanto tempo non ti ho amato!
Perdonami, Signore.
O Spirito Santo,
concedi all’anima mia
di essere tutta di Dio e di servirlo
senza alcun interesse personale,
ma solo perché è Padre mio e mi ama.
Mio Dio e mio tutto,
c’è forse qualche altra cosa
che io possa desiderare?
Tu solo mi basti. Amen
Santa Teresa d’Avila
Dal Vangelo di Giovanni ( 15, 1-17)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in
me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota
perché porti più frutto. Voi siete già mondi, per la parola che vi ho
annunziato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se
stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in
me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto
frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in
me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e
lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel
che volete e vi sarà dato. In questo è glorificato il Padre mio: che
portiate molto frutto e diventiate miei discepoli. Come il Padre ha
amato me, così anch'io ho amato voi» Rimanete nel mio amore. Se
osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io
ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo
amore. Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra
gioia sia piena.
Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come
io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la
vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi
comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che
fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho
udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi.
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché
andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto
quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo
vi comando: amatevi gli uni gli altri».
Meditazione e Adorazione
Invocazioni
Glorifichiamo la Provvidenza di Dio Padre, che ha cura di tutte le
sue creature, e diciamo con umiltà e fiducia:
Salva, Signore, tutti i tuoi figli.
Datore di ogni bene e fonte di verità, riempi del tuo Spirito il nostro
Papa N. e il collegio dei vescovi,
- custodisci nella vera fede il popolo affidato al loro servizio
pastorale.
Unisci nella carità coloro che mangiano lo stesso pane della vita,
- perché la Chiesa, tuo mistico corpo, si edifichi nell'unità e nella
pace.
Aiutaci con la tua grazia a spogliarci dell'uomo vecchio corrotto
dalle passioni ingannatrici,
- rivestici dell'uomo nuovo, creato secondo Dio nella vera giustizia e
santità.
Fa' che i peccatori tornino alla casa del Padre, per i meriti del Cristo
salvatore,
- e partecipino ai benefici della sua redenzione.
Fa' che i nostri fratelli defunti ti lodino senza fine nella gloria del
paradiso,
- dove anche noi un giorno speriamo di cantare le tue misericordie.
Padre Nostro