Cafè Racer Italia novembre 2013 – articolo

viaggio in india transhimalayan motoraid
IN CIMA
AL MONDO
I PASSI PIÙ ALTI DEL PIANETA VISTI DAL
SELLINO DI UNA ROYAL ENFIELD: QUESTO
È IL LADAKH VISSUTO DAL MARCO POLO
TEAM. NON POTEVA COMINCIARE CHE
COSÌ IL NOSTRO SPECIALE SULL'INDIA
Testo di Nicola Andreetto, foto di Marco De Nicolò
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SPECIALE
INDIA
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viaggio in india transhimalayan motoraid
oLtRe I 4.000 MetRi maNcA iL FiaTo peR OgnI CosA,
aNchE La Più SemPlIce
v I s I d A f A R e A S t,
pA e s A g G i D A f A R W E S t: T e r R a ,
c I e lO E s I l E n z I O
46 Cafe raCer
M
i sdraio sull’asfalto cercando un
po' d'ombra al riparo della mia
Royal Enfield. A 4.000 metri il sole picchia duro e oggi ho ingoiato un chilo di
polvere. Persino la sciarpa bianca che ho al
collo oramai ha il colore del deserto. Sorrido, felice nonostante l’aspetto lasci supporre il contrario e mi metto comodo su questa
lingua asfaltata che va su e giù. Sono dove
volevo essere e un contrattempo come una
foratura non mi pesa neppure un po’. Se
fossimo a Milano sarei stressato... Qui, invece, c’è armonia e l’imprevisto fa parte del
viaggio. Mi tolgo pure gli stivali, tanto Aldo
ci metterà un po’ a cambiare la gomma bucata della Classic. Davanti a noi si apre lo
spettacolo del Ladakh, la regione indiana più
settentrionale, triangolo di terra arsa dal sole d’estate e coperta dal ghiaccio per 8 mesi
l’anno, stretta tra Himalaya e Karakorum.
Comunque, mi presento: sono Nicola e faccio parte del Marco Polo Team (www.marcopoloteam.it), gente impegnata a diffondere
la cultura del viaggio in moto, in modo solidale con le terre che si attraversano. A ogni
avventura corrisponde un progetto benefico
in favore delle popolazioni locali, principalmente ai bambini in difficoltà. L’obiettivo di
questo viaggio, il Transhimalayan Motoraid,
è quello di raccogliere fondi per contribuire
alla costruzione di una scuola nella regione
dello Zanskar, una delle zone più povere del
Ladakh. E allora... eccoci qua! Siamo sull’Himalaya e ci siamo arrivati da sud, partendo
da Manali, una cittadina a 2.000 metri sul livello del mare, dove abbiamo preso a nolo
le nostre Royal Enfield. Cominciamo la strada, fangosa, verso il Rohtang La (il primo
dei grandi passi). Più saliamo, più l’aria si fa
fredda e rarefatta. Vedo un avvoltoio: placido
mi osserva prima di spiccare il volo e librarsi nella vallata. Il Rohtang è a 3.979 metri sul
g H i A c c I o o t T o m e S i l' a n N o . e g L i A lT r i q U at T R o , S o l E C h e a r D e .
i L l A d A k h è U n Lu O g o i M p e R v I o
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" l E N o sT r E r O ya L e N f I e l D ? p R e S e A N o l Eg G i o i N i N d I a .
r O m A n t I c H e , C e r T o . m A Q u a N t I g UA i . . ."
livello del mare e quando scendo dalla moto
ho il fiatone persino nel fare le riprese con
la telecamera. Al mio fisico serviranno quattro giorni per abituarsi all'altitudine. Al fiato
corto si aggiunge un continuo peggioramento del fondo stradale (enormi pozzanghere
e fango) e del traffico (abbondano i camion
civili e militari). Quando ci fermiamo, veniamo attorniati da un gruppetto di ragazzini
cenciosi: l'elemosina qui è una piaga sociale
che noi non vogliamo alimentare. Perciò, anziché spiccioli, offriamo loro una parte della
nostra razione di cibo. Il nostro viaggio continua verso Sarchu (4.300 m) che rappresenta il confine con lo Stato del Jammu-Kashmir
che comprende il Ladakh. La tappa è abbastanza agevole e possiamo goderci gli scorci fantastici del passo Baralacha La a 4.915
metri. Iniziamo a renderci conto che stiamo
salendo davvero sul tetto del mondo. Poco
prima di Sarchu troviamo un grande altopiano tagliato da un lungo rettilineo sui bordi
del quale sorgono campi tendati. Ci fermia48 Cafe raCer
mo per la notte e le stelle del nostro hotel di
tela non sono tre, quattro o cinque: sono migliaia e sembrano vicinissime. L’ingresso nel
Ladakh avviene attraverso un canyon rossastro e arido: più che il far East ci sembra
il far West! Dopo Pang la strada s’inerpica
e sale su un costone: all’improvviso si apre
davanti a noi il Morey Plain, e l'incredibile
bellezza di quest'altopiano fa salire il morale
alle stelle: tutti apriamo le braccia, come a
voler raccogliere la bellezza struggente che
ci circonda. Più tardi, per raggiungere il lago
salato di Tso Kar prendiamo una deviazione
dalla strada principale che si inoltra in una
distesa verde. Presto il piano diventa palude: una moto s'impantana e la trasciniamo
a braccia fuori dal fango. Uno sforzo breve
che però ci lascia provati! Raggiungiamo il
lago all’imbrunire e sostiamo in quello che
i gestori hanno definito “resort”: una catapecchia di legno senza wc... Ripartiamo e,
lungo la strada, incontriamo gruppi nomadi,
famiglie poverissime che, il poco che hanno,
lo devono agli yak: al loro latte nutriente, alla loro lana pregiata e al loro sterco, usato
come combustibile. È l’occasione che aspettavamo per donare alcuni capi di abbigliamento che abbiamo portato con noi. Pochi
chilometri più a sud ci imbattiamo in un
edificio molto particolare: è una scuola per
i figli delle famiglie nomadi della zona, bambini che possono essere lasciati qui anche
per mesi interi. Regaliamo ai piccoli qualche
indumento e loro ci offrono un tè caldo nel
refettorio della scuola. Raggiungiamo il lago
Tsomo-Riri prima che faccia buio: i monti
che si stagliano di fronte a noi sono il Tibet!
In un campo tendato, presso il villaggio di
Korzog, ci rifocilliamo, ma iniziamo a non
poterne più della cucina locale: ingredienti
semplici, sì, ma troppe spezie! Per coprire i
200 km che ci separano da Leh, la capitale,
impieghiamo più di 10 ore, per colpa del solito fondo sconnesso e dei convogli militari.
Tuttavia il morale è buono e il caldo è reso
sopportabile dalla vista di questa variopin-
l A c L a S s i C 5 0 0 : U n C a N c e L Lo . p E r ò C h e p O e s I A
t R a a l Lo G g i d I f O r T u n A
e moNaSteRi maGicI
u N M o n O R ec A lC i t R a n T e ,
U n ' e S p e R i E n zA M i sT i c A
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u N a f aT i C a Pa Z z e S cA t R a st R a D e E A r i A R a r E fAt tA .
m A A l l A F i n E I l Pa E s a G g I o Lu N a r E T i R i Pag A D i O g N i S fO r z O
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c O i f o N d I r A c C o lT i si c O st R u I r à U n a s C u o L a !
ta vallata: un viola e un verde innaturali ci
regalano una visione "in technicolor" che ci
proietta in un film fantasy, ma è tutto vero.
Altre frequenti soste le richiedono le nostre
moto che, in questo viaggio, non brillano
per affidabilità. All'imbrunire raggiungiamo
Leh che, dopo giorni di deserto, ci sembra
una metropoli. In realtà è poco più che un
paesino... Però è frizzante: le vie brulicano di
negozietti che vendono pashmine, amuleti,
t-shirt e attrezzatura delle migliori marche...
contraffatte. Non ci sfugge un’insegna che
appare come un miraggio: “Pizzeria Il Forno”. Fino al 1974 il Ladakh era praticamente
isolato dal mondo ma oggi è anche questo,
prodigi (?) della globalizzazione. Per una
coincidenza, lo stesso giorno è qui anche il
Dalai Lama e noi ci uniamo alla folla di fedeli
che lo attendono all’uscita di un monastero.
Dopo una bella dormita ci rimettiamo in moto con uno degli obiettivi di questo viaggio:
valicare il passo più alto del mondo, il Khardung La! 40 km e 2.000 metri di dislivello separano Leh dal passo e li affrontiamo a testa
bassa. La strada è disastrata: la polvere ci invade occhi e narici le buche ci sconquassano
le vertebre. A pochi chilometri dalla vetta il
carburatore della mia Enfield mi gioca un tiro mancino. Dopo una riparazione di fortuna
riparto, ma pochi metri più in su cede di nuovo. Lo cambiamo al volo: il fiato è poco ma
arrivato a questo punto non ho intenzione di
rinunciare al traguardo. Ripartiamo e questa
è la volta buona, tocchiamo il tetto del mondo: 5.603 metri di quota! Attorno a noi le cime più alte della terra sembrano a portata di
mano. Dai ghiacciai pare di sentire il freddo
dei ghiacci perenni. Scendendo ci addentriamo nella Nubra Valley, un deserto punteggiato di oasi verdi, alimentate dallo scorrere del
fiume Shyok. Nei giorni seguenti, da Leh ci
spostiamo a ovest, verso il Kashmir, lungo
una strada asfaltata. Alcune curve animano
i nostri pruriti racer, ma su queste strade è
meglio non esagerare. Poi ancora costoni,
salite, luoghi che nemmeno compaiono sulle
cartine. Come tanti prima di noi, rimaniamo ammaliati dal Kashmir, regione arida
che strega con l’azzurro del suo cielo e l’oro della sua terra. Dentro il casco canticchio il mitico riff dei Led Zeppelin, mentre
le Royal corrono attraverso la Aryan Valley
in direzione Pakistan. Arriviamo a pochi chilometri dal pericoloso confine, sostiamo per
la notte vicino a Dah e notiamo l’effettiva diversità dei tratti somatici della popolazione
di questa vallata, nota appunto per l’aspetto
"ariano". Brindiamo alla nostra avventura
che raggiunge qui il punto più lontano dalla
partenza: domattina gireremo le moto e cominceremo il lungo viaggio di ritorno. ●
a L l' i N i z I o f aT i C h i a D a D aT ta RT i ,
p O i N o N vO r R esT i P i ù A n d A r E v I A
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