Cimitero per bare nucleari

DOSSIER
Cimitero
per bare
nucleari
Dopo la tragedia giapponese,
nuovi fantasmi atomici tormentano
l’opinione pubblica. Tra le incognite,
quelle legate ai rifiuti delle centrali:
che farne? Reportage-inchiesta dalla
Svezia. Dove (incredibile, ma vero)
le scorie, addirittura, se le contendono
TESTO — Maddalena Bonaccorso da Oskarshamn (Svezia)
FOTOGRAFIE — Valerio D’Urso per
MUSICA — Xxxxxxx Xxxxxx · Xxxxxxx Xxxxxxx
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DOSSIER — INCOGNITA NUCLERE, IL CASO SVEDESE
I
l reattore nucleare BWR numero 1 è
un gigante poggiato in mezzo ai pini
e con i suoi quarant’anni di vita è più
anziano di buona parte della popolazione di Oskarshamn, contea di Kälmar, Svezia.
Attorno alla centrale, la pineta è disseminata di tavoli da picnic: in primavera e in estate
si riempiono di gitanti e nelle baite ai piedi dei
reattori (oltre al primo, ce ne sono altri due più
recenti, uno datato 1974 e uno 1985) si organizzano mostre di pittura e laboratori per i bambini. Per permettere alle persone di fotografare la centrale da un osservatorio privilegiato,
gli svedesi hanno persino costruito una torretta
che dall’alto dei suoi quindici metri regala una
visione suggestiva della zona. Assieme a quella di Forsmark, la centrale nucleare di Oskarshman produce il quaranta per cento del fabbisogno elettrico dell’intera Svezia.
Sarà per questo, per la naturalezza della presenza nucleare sul territorio, o per la convivenza uomo-uranio (così perfetta da apparire quasi
finta) che in questo momento di mondiale isteria collettiva Malin, di anni 24, ai tavoli del pub
Kräkan, locale glamour nel centro della cittadina, sorride dicendo che «certo, è un vero peccato che Oskarshamn non sia stata scelta per
ospitare il deposito finale di scorie nucleari, ma
insomma, ci accontentiamo di avere la nostra
centrale…».
Modello svedese, effetto “PIMBY”: Please in
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my back yard. Qui, per sette anni, due comuni, Oskarshamn appunto (17mila abitanti, 340
chilometri a Sud di Stoccolma e una centrale
nucleare a meno di venti dal centro cittadino)
e Östhammar (contea di Uppsala, 5mila abitanti, 100 chilometri a Nord della capitale e la centrale di Forsmark, anch’essa a tre reattori, poco
lontana) si sono scontrati con grande spiegamento di forze pur di diventare la “pattumiera
nucleare” dell’intera Svezia. Il luogo cioè dove i
rifiuti radioattivi provenienti dai dieci reattori
svedesi in funzione verranno stipati, per l’eternità, in cilindri di rame e acciaio sepolti in una
serie di gallerie sotterranee scavate nel granito;
il tutto a una profondità di 500 metri.
Nel settembre del 2009, la decisione: la vincitrice è risultata Östhammar, per motivi puramente tecnici. Il suo granito è risultato migliore
– con meno infiltrazioni e fessurazioni – di quello della rivale. La popolazione è scesa in piazza
a festeggiare. Ma già in precedenza, i due sindaci dei comuni contendenti si erano accordati affinché, per compensare il perdente, il 75
per cento dell’incentivo promesso alla popolazione in termini di scuole, ospedali, trasporti,
benefici alle aziende, andasse proprio al comune che non avesse avuto il deposito. Tradotto
in italiano: non solo ti becchi la spazzatura nucleare, ma non ti dò nemmeno il grosso degli
incentivi, che consegno invece a chi non avrà le
scorie. Tradotto in svedese: dato che hai già il
beneficio di avere le scorie, il premio lo dò a chi
Giro del mondo
sottoterra
FINLANDIA
Olkiluoto
(Satakunta)
61°14'13"N 21°26'27"E
Il primo deposito geologico profondo al mondo
a entrare in funzione dovrebbe essere quello di
Olkiluoto. Scavi iniziati
nel 2004. Si prevede di
posare il primo contenitore cilindrico sottoterra
nel 2020, ad opera della
Posiva Oy. A Olkiluoto,
dove già esiste una centrale con due reattori
BWR, si sta procedendo
anche alla costruzione di
un reattore EPR di terza
generazione +, i cui rifiuti però, a detta degli
stessi tecnici, forse non
potranno, per incompatibilità, essere stoccati
nel deposito profondo.
Si scende a meno 340 metri
con un montacarichi che
mette a dura prova i timpani,
quindi si prosegue a piedi
ha avuto il brutto colpo di averle perse. Sembra fantascienza. Invece è pragmatismo, misto
a un’ottima dose di fiducia nelle istituzioni.
«La centrale nuclare – ci spiegano a “O sole
mio”, pizzeria gestita da libanesi sul lungomare di Oskarshamn, che è cittadina deliziosa, famosa in tutta la Svezia, oltre che per i reattori,
per essere porto di partenza dei traghetti per
l’isola di Götland e per la sua squadra di hockey
sul ghiaccio – ha portato a Oskarshamn lavoro,
benessere, e anche turismo dedicato. Non abbiamo mai avuto incidenti; quindi è ovvio che
ci tenessimo a essere scelti anche per ospitare
il deposito finale delle scorie. I benefici per il
territorio sarebbero ulteriormente aumentati;
e del resto i rifiuti nucleari ci sono, ce ne saranno sempre di più, e in qualche modo bisogna
smaltirli. Tanto valeva farlo qui». Riguardo ai
rischi, nessun timore. «Noi svedesi – continua
Nils, 45 anni, operaio specializzato in una ditta
dell’indotto – siamo abituati a ragionare freddamente e a fidarci dei nostri governanti. Sappiamo l’importanza di essere autonomi nella produzione di energia (la Svezia produce il cento
per cento del proprio fabbisogno, ndr) e le nostre centrali vi provvedono, senza inquinare.
Sia il governo che i tecnici impegnati nella ricerca rispondono alle domande della gente, senza
nascondere niente. Mai stati problemi: perché
dovremmo rinunciarvi? E per quale motivo dovremmo avere paura di un deposito di rifiuti radioattivi?». In verità, le cose non sono così cristalline. Perché a dirla tutta il 25 luglio del 2006
la centrale di Forsmark – per la cronaca, furono
i tecnici svedesi di Forsmark, nel 1986, a rendersi conto per primi della drammatica entità
del disastro di Chernobyl – un grosso problema l’ha avuto, a causa di un corto circuito che
ha portato allo spegnimento del reattore numero 1; e a Oskarshman, il 5 gennaio del 2011 il reattore numero tre è stato spento a causa di una
riduzione di pressione nella inside stop part;
per non dire del fatto che secondo l’IAEA (International Atomic Energy Agency) proprio la
centrale di Oskarshamn è stata quella, tra tutte
le centrali del mondo, che nel 2009 si è dovuta
fermare più volte, per vari problemi.
Del resto, entusiasmi della popolazione locale a parte, il dibattito sul nucleare è aperto anche in Svezia, dove nel 1980 – pochi mesi dopo
l’incidente nella centrale di Three Mile Island
negli Stati Uniti – si è tenuto un referendum
consultivo non vincolante sull’abrogazione del
nucleare, e la popolazione si è espressa a favore dello spegnimento dei reattori. Ma con
una clausola molto importante: si sarebbe
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1. La parte finale del
tunnel dell’Aspo Hard
Rock Laboratory
2. Il veicolo utilizzato
per depositare i cilindri
negli alloggiamenti
definitivi, scavati
nel granito
3. La stanza di sicurezza
del tunnel, usata anche
per le riunioni tecniche
4. Un accesso della
galleria, a -340 metri
nel sottosuolo, presso
una delle fermate
del montacarichi
5. Un cilindro, già
sigillato, all’interno
dell’Aspo Laboratory.
Nella foto di apertura,
prrove di carotaggio
sempre all’Aspo
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DOSSIER — INCOGNITA NUCLERE, IL CASO SVEDESE
VIAGGIO DEL “CARO” ESTINTO
DAGLI IMPIANTI ALLE PISCINE A 30 METRI SOTTO TERRA
FINO AL CILINDRO DI 25 TONNELLATE COLLOCATO NEL
SUO “LOCULO” DA UN CAMION COMANDATO A DISTANZA
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CENTRALE — I rifiuti ad alta attività
nascono dall’utilizzo nelle centrali
degli elementi di combustibile,
elementi che formano il nocciolo del
reattore. L’uranio in essi contenuto è il
“carburante” della fissione nucleare.
— 02 —
IN NAVE — Dopo l’utilizzo in reattore,
gli elementi di combustibile esaurito di
tutti i reattori svedesi vengono caricati
sulla motonave M/S Sigyn, di proprietà
di SKB e costruita appositamente
per il trasporto di scorie.
— 03 —
PISCINA — Le barre di combustibile
esaurito vengono collocate in apposite
piscine piene d’acqua dove trascorrono
un minimo di dieci anni. Al termine,
il loro grado di radioattività
risulta notevolmente ridotto.
— 04 —
NEI CILINDRI — Le scorie vengono
poi collocate all’interno degli
alloggiamenti in acciaio, a loro
volta inseriti in cilindri di rame
successivamente sigillati e trasportati
presso il deposito geologico profondo.
— 05 —
BUCHE FINALI — Nel deposito finale
i cilindri vengono alloggiati nelle loro
buche tramite un camion apposito,
guidato a distanza. Vengono poi
circondati di bentonite e le buche
interamente ricoperte.
Il “cimitero” svedese
conterrà seimila
cilindri.
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1. Area operativa
2. Stazione di aerazione
3. Cumuli di rocce scavata
4. Rampa 5. Condotto per
la ventilazione 6. Ascensore/
Montacarichi 7. Montacarichi
rocce 8. Area controllo
9. Tunnel di trasporto 10. Aree
di deposito 11. Tunnel principale
12. Tunnel per il deposito
13. Condotti di aria esausta
provveduto a smantellare le centrali solo se si
fosse trovata un’altra soluzione per produrre
almeno il 50 per cento del fabbisogno nazionale di energia elettrica, senza incidere negativamente sull’ambiente. All’inizio del 2009, però,
la Svezia ha annullato le deliberazioni inerenti
alla rinuncia alla produzione elettronucleare e
si è deciso che i dieci reattori esistenti saranno
mantenuti, ma non se ne costruiranno altri.
Dopo l’incidente di Fukushima, il confronto
si è riacceso; il governo attuale, di centro-destra, sta «riflettendo» come del resto stanno facendo tutti gli esecutivi del mondo; ma anche
gli attivissimi Verdi convengono sul fatto che,
rinuncia al nucleare o meno, delle scorie bisognerà continuare a occuparsi. Ed è quello che
fa, dal 1970, la SKB, società con sede a Stoccolma – con un organico di più di quattrocento
persone – che è concessionaria esclusiva per la
Svezia per quanto riguarda la gestione e il trattamento dei rifiuti nucleari. La trasparenza è il
suo cavallo di battaglia.
Jenny Rees è una giovane funzionaria della
società, ha tre figli piccoli e vive a Oskarshamn
da sempre; ci spiega che il personale della SKB
ha incontrato qualcosa come 45mila persone,
in gruppi di massimo tre per volta – perché qualunque cittadino svedese aveva diritto a un colloquio personale con gli incaricati dell’azienda – per spiegare a tutti qual è la procedura che
la Svezia ha scelto per trovare una soluzione
definitiva al problema delle scorie. «Solo con la
FRANCIA
Bure
(Lorena)
48°30'20"N 5°21'27"E
La procedura di smaltimento dei rifiuti nucleari comprende un ulteriore passaggio, tra la
permanenza in piscine
e lo stoccaggio nel deposito geologico, dato che i
francesi sottopongono il
combustibile esaurito a
ritrattamento al termine
del quale le scorie vetrificate possono venire poste a dimora in un deposito geologico profondo.
Il sito prescelto sarà comunicato nel 2013. Esiste un laboratorio di prova, a Bure (regione dello
Champagne) per testare
l’idoneità dell’argilla a
ospitare depositi geologici profondi. L’agenzia
statale che si occupa della gestione dei rifiuti nucleari è l’Andra.
Enormi cilindri di rame,
lunghi 5 metri, con inserti
di acciaio nodulare all’interno:
le “bare” dei rifiuti atomici
massima trasparenza e chiarezza – spiega Jenny
– si può ottenere la fiducia della popolazione.
Per questo, qui a Oskarshamn, abbiamo aperto
al pubblico sia il Canister Laboratory, lo stabilimento dove vengono assemblati e controllati i
cilindri di rame che conterranno le scorie, sia
l’Aspö Hard Rock Laboratory, il tunnel deposito geologico profondo, copia di quello che faremo nel comune di Östhammar, che abbiamo
scavato qui, dove la roccia è meno perfetta, per
sottoporre i cilindri a tutte le possibili prove di
resistenza e di corrosione. Abbiamo diecimila
visitatori all’anno».
Anche noi di IL decidiamo di dare un’occhiata. Il “Canister Laboratory” si trova nella zona
industriale di Oskarshamn, a poca distanza dal
porto, e dall’esterno è solo un anonimo capannone immerso nella nebbia, uguale a tanti altri.
Nulla farebbe sospettare che qui dentro si studino e si applichino le tecnologie che potrebbero portare a soluzione uno dei problemi più
scottanti che l’umanità si trova ad affrontare.
I cilindri cavi che conterranno i rifiuti radioattivi sono enormi: misurano cinque metri
di lunghezza, un metro di diametro e le pareti
hanno uno spessore di cinque centimetri. Sono
colossi di rame con all’interno un inserto di acciaio nodulare dove trovano posto gli elementi
di combustibile esaurito, i rifiuti nucleari veri e
propri, sotto forma di pellets di diossido di uranio. Nel “Canister Laboratory” i cilindri vengono sottoposti a innumerevoli prove, distruttive
e non distruttive, radiografiche e con ultrasuoni. Il metodo di saldatura del coperchio, sul
modello di quello sviluppato in Inghilterra negli anni Novanta dalla società TWI, è usato anche per le saldature dei Boeing e garantisce la
massima sicurezza.
Nulla, ovviamente, è lasciato al caso: i seimila cilindri che troveranno alloggiamento nel
deposito geologico profondo di Östhammar
verranno controllati uno per uno, e non a campione. La Svezia e la Finlandia, accomunate
dalla presenza di centrali nucleari (la Norvegia
invece ne è priva) hanno ingaggiato una proficua “gara”, ma all’insegna della collaborazione
reciproca, essendo le nazioni che per prime al
mondo hanno avviato l’iter per la costruzione
di depositi geologici profondi.
«Al momento sono in testa i finlandesi – sorride Jenny mentre mostra un cilindro proveniente proprio dalla nazione finnica, che si
differenzia da quelli svedesi perché gli alloggiamenti interni sono di forma circolare anziché quadrata – dato che loro dovrebbero collocare il primo cilindro sottoterra nel 2020,
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1. All’interno del Canister
Laboratory, la parte
in acciaio da collocarsi
all’interno dei cilindri
cavi in rame: in primo
piano, il modello
finlandese con gli
alloggiamenti rotondi;
in secondo piano,
il modello svedese.
2. I cilindri cavi in attesa
di essere testati.
3. Una delle prove
non distruttive, con
l’utilizzo di ultrasuoni,
cui i cilindri vengono
sottoposti.
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DOSSIER — INCOGNITA NUCLERE, IL CASO SVEDESE
Si valuta anche l’eventuale
corrosione del rame:
due millimetri di perdita
nell’arco di centomila anni
GERMANIA
Gorleben
(Bassa Sassonia)
53°02'53"N 11°21'20"E
Da diversi decenni sono
in corso le attività di ricerca per stabilire l’idoneità della miniera di
salgemma di G0rleben,
in Bassa Sassonia, a ospitare il deposito geologico finale. Se l’iter si concluderà positivamente
il sito potrebbe entrare
in funzione nel 2035. Ma
esperimenti pregressi,
condotti presso il sito di
Asse, sempre nella regione della Bassa Sassonia
in una miniera di sale,
hanno presentato gravi
problemi di dispersione
di radioattività. Il dibattito è aperto.
STATI UNITI
Yucca Mountain
(Nevada)
36°51'10"N 116°25'36"W
A Yucca Mountain, montagna tufacea dell’altezza di 1.500 metri, il processo autorizzativo per
la costruzione del deposito profondo è stato sospeso nel 2010 e si attende un chiarimento degli
orientamenti strategici
che saranno alla base
dei futuri sviluppi. Non
è stata individuata una
località alternativa e le
scorie prodotte sono al
momento divise tra 131
depositi non profondi
dislocati in tutto il Paese.
The Office of Civilian Radioactive Waste Management’s del Department
of Energy statunitense è
l’organizzazione governativa incaricata della
gestione dei rifiuti.
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a Olkiluoto, nel tunnel chiamato Onkalo, e noi
nel 2025 a Östhammar». Ma in questi campi, altamente sperimentali, non si può mai sapere,
perché l’ultima parola spetta sempre all’Autorità di Sicurezza e gli imprevisti sono costantemente in agguato. La gara è quindi aperta, ed
è competizione a suon di tecnologia futuribile; cosa che non può che far bene, nell’ottica
di una collaborazione mondiale per un problema comune, alla quale tutti i Paesi guardano (e
partecipano) interessati. «D’altronde – spiega
l’ingegnere Gaetano Di Bartolo, che ha seguito
per la Commissione Europea i progetti cofinanziati dalla stessa riguardanti lo smaltimento dei
rifiuti in siti geologici – la collaborazione internazionale è fondamentale. I programmi quadro
di ricerca Euratom della Commissione Europea
hanno infatti permesso, in questi trent’anni, di
unire le forze e raggiungere risultati che le singole istituzioni nazionali non avrebbero mai
ottenuto. E questo su tutti i fenomeni di natura fisico-chimica che governano la possibile migrazione dei prodotti radioattivi nel sottosuolo,
sulla natura e resistenza dei rifiuti e dei contenitori, sulle tecniche di messa in opera degli
stessi, e via dicendo». E l’Italia? Non può certo
rimanere a guardare, perché se consideriamo
che nel 2024 la Francia – dopo averle sottoposte
a ritrattamento – ci restituirà le scorie vetrificate prodotte dalle nostre centrali, capiamo bene
che presto la ricerca di un sito geologico pro-
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1. L’esterno del Canister
Laboratory, presso
la zona industriale
di Oskarshamn.
2. Due dei tre reattori
della centrale nucleare
di Oskarshamn
e le baite dove vengono
organizzate esposizioni
d’arte e laboratori
per bambini.
fondo sarà anche un problema nostro.
Considerazioni che ci accompagnano nella
nostra visita. Lasciato il Canister, ci si avvia verso l’Aspö Hard Rock Laboratory, dove fervono
le attività di ricerca. Il colpo d’occhio è notevole; in un paesaggio di laghi ghiacciati, pini,
stormi di oche selvatiche e nebbia da thriller, a
soli cinque minuti dai reattori, l’Aspö è un centro che richiama scienziati da tutto il mondo. In
superficie, è un gradevole complesso di baite, costruite secondo i principi dell’architettura
svedese e dipinte – come vuole tradizione – di
rosso. Dentro, tutto cambia. Si scende a meno
340 metri con un montacarichi che mette a dura prova la pressione sui timpani, e poi si prosegue a piedi fino a meno 500 metri.
Le procedure di sicurezza sono severe;
chiunque scenda nel tunnel deve indossare un
rilevatore della propria posizione e portare con
sé una maschera a ossigeno, da usare in caso
d’incendio. Qui, nella profondità del granito,
i ricercatori sottopongono i cilindri e la roccia
a esperimenti volti a stabilire il grado di resistenza a ogni possibile sollecitazione e problema, che sia la corrosione (calcolata in percentuale, siamo ai livelli di 2 millimetri di perdita di
rame in centomila anni) che siano i batteri, o la
presenza di ossigeno, o la rottura del cilindro e
la conseguente capacità della roccia di ritardare il trasporto della radioattività.
Il sistema di smaltimento tramite cilindri (calati tramite un apposito macchinario simile a
un camion guidato in remoto in buche verticali scavate nel granito, circondati da bentonite e
infine ricoperti) è il metodo che a livello mondiale è stato ritenuto il migliore per i rifiuti nucleari provenienti da centrali, i cui contenitori
devono garantire una resistenza minima di più
di centomila anni. Qui siamo ampiamente al
di sopra, dato che si parla di una resistenza –
sempre calcolata in percentuale – di diversi milioni di anni.
Almeno, si spera. Perché chi può prevedere
il futuro dell’umanità? Cosa succederebbe se,
per esempio in seguito a un cataclisma, si perdesse la memoria storica di siti come questo? E
se le generazioni future, ignare, scavando nella roccia, si trovassero davanti un intero deposito di radioattività? Il regista danese Michael
Madsen, nel 2009, su questo argomento ha girato un documentario visionario, dal titolo Into Eternity. Vederlo è un pugno nello stomaco.
Che la scienza ci assista.