60° FESTIVAL PUCCINI CARTELLA STAMPA

Il 2014 uno speciale anno Pucciniano 3 i significativi anniversari
60.a edizione
dell’unico Festival al mondo dedicato al compositore toscano
90 anni
dalla scomparsa del Maestro (Bruxelles 29 novembre 1924)
110 anni
dalla prima rappresentazione di Madama Butterfly
Un anno straordinario che la Fondazione Festival Pucciniano celebra con un cartellone
straordinario
Madama Butterfly - La Bohème - Turandot
Il Trittico
( Il Tabarro- Suor Angelica- Gianni Schicchi)
quattro nuovi allestimenti per i capolavori pucciniani tra i
pubblico di tutto il mondo
più amati dal
Nel Gran Teatro all’aperto con lo sfondo suggestivo del Lago di Massaciuccoli, si alterneranno
grandi stelle della lirica: Daniela Dessì, Giovanna Casolla, Lise Lindstrom, Amarilli Nizza,
Micaela Carosi, Serena Farnocchia, Silvana Froli, Alida Berti, Rolando Panerai, Fabio
Armiliato e giovani artisti perfezionatisi all’Accademia di canto del Festival Puccini; grandi
registi professionisti, Ettore Scola, Renzo Giacchieri e giovani registi Angelo Bertini, Vittoria
Lai, Giorgia Guerra, Elena Marcelli, Selene Farinelli ; grandi bacchette : Marco Balderi,
Valerio Galli, Bruno Nicoli, Josè Miguel Perez Sierra
Buon Compleanno Butterfly
25 luglio/ 1 – 8- 16- 24 agosto
L’anniversario dei 110 anni dalla prima dell’opera sarà celebrato con un nuovo allestimento che porta la
firma di un grande protagonista della storia dell’opera italiana: Renzo Giacchieri a cui sono affidate scene,
costumi e regia dello spettacolo. Sul podio alla testa dell’Orchestra e del Coro del Festival Puccini Josè
Miguel Perez Sierra . Si alterneranno nel ruolo dell’eroina pucciniana tre straordinarie interpreti di questo
personaggio: Micaela Carosi, Amarilli Nizza e Silvana Froli. Il tenore Rame Lahaj interpreta il ruolo
di Pinkerton mentre Sharpless sarà Giovanni Meoni e Suzuki , Renata Lamanda.
Il nuovo allestimento di Madama Butterfly è realizzato in coproduzione con ABAO OLBE Asociación Bilbao
de Amigos de la Ópera per la messa in scena nel febbraio 2015 presso il Teatro dell’opera di Bilbao con 5
rappresentazioni dello spettacolo.
“… Somiglio la Dea della luna …”
note di Renzo Giacchieri
E così torno a mettere in scena, dopo un quarto di secolo, Madama Butterfly nell’incanto di Torre del Lago in
un nuovo spazio scenico ma sempre con l’emozione di sapere il Maestro dormiente per l’Eternità a cento
metri di distanza. Anche in questa occasione ho mantenuto l’ispirazione ai grandi artisti giapponesi Hokusai e
Horunohu e, per alcuni aspetti, al Teatro Kabuki (la pedana situata presso il proscenio, la presenza del
Kuroko, movimenti tesi ed essenziali dei servi di scena). Desidero ringraziare Danilo Mancini per avere con
passione e cura dei particolari collaborato alla realizzazione delle mie idee visive.
Si faranno probabilmente ancora sentire quei maestri di teoria che negano alla nostra Madama Butterfly la
validità per una rappresentazione all’aperto. Ostinati e perdenti visto il successo del pubblico che si riscontra
ogni qualvolta la si allestisca. Affermano alcuni che Butterfly è una tragedia intima, una sventurata storia
d’amore tutta interiore e, soprattutto, basata su un solo personaggio, Cio-Cio-San, la farfalla. Dicono non
esservi passioni violente come in altre opere del maestro Lucchese: Cio-Cio-San è una quindicenne dolce ed
ingenua i cui atti la famiglia disapprova e che l’uomo in cui crede ciecamente tradisce col massimo cinismo.
Già, ma per questa “tragedia intima” Puccini compose una musica stupefacente che supera le problematiche
sopra descritte, e poi i riferimenti ad un mondo en plein air sono evidenti e dichiarati in momenti clou “…
sotto il gran ponte del cielo …” “… Somiglio la Dea della luna che scende la notte dal ponte del ciel …”.
Occorre altro?
Questa “tragedia giapponese” (come è indicato sul frontespizio della partitura) che, dopo le revisioni
successive al non buon esito della “Prima Scaligera” ora ci arriva, sicuramente sovrasta, come dicevamo,
tutte quelle valenze relative all’ambiente e alla descrizione minuziosa di un Oriente da cartolina.
Dunque “opera tragica” in cui il supremo Inganno operato da un occidentale nei confronti di una donnabambina figlia di cultura a lui sconosciuta, fa giustizia del facile rapporto Puccini = musicista di vicende
semplici, di vita vissuta al limite del sogno, in sintonia con gli umani sentimenti. No: Cio-Cio-San ha tutte le
caratteristiche di un’antica eroina tragica che si ribella alla violenza su di lei – e su tutto ciò che lei
rappresenta – perpetrata, con il gesto supremo. E con crudeltà tutta orientale (vero, principessa Turandot?).
E dunque tutto questo cercheremo di chiarire nella nostra proposta: far emergere gli aspetti più
intensamente drammatici dell’Opera, il senso di desolazione di una vicenda d’amore (unilaterale) e di una
morte colta nella sua nudità senza i veli di un oleografico Giappone odoroso di ciliegi in fiore e popolato di
bamboleggianti finte geishe o i variopinti fondali di una linda casetta secondo le prescrizioni di un estetismo
piccolo borghese rassicurante e consolatorio.
Non tema però lo spettatore che per avventura leggesse queste note prima della rappresentazione: i segni
chiari, evidenti e puntuali del Giappone ci sono; come pure i segni delle due culture contrapposte ed
inconciliabili (quel manipolo di marinai americani che accompagnano Pinkerton e che si comportano in un
modo rozzo e banale).
Solo che qui la farfalla tradita non volerà verso un fondale dipinto, confondendo il suo sangue con il decoro
laccato, ma libererà il suo dolore ancora vanamente cercando quel “fil di fumo” , volando sulle acque
tranquille di Massaciuccoli così caro al Maestro, rendendosi in questo modo immortale .
Il Cinema all’Opera. La Bohème
26 luglio , 2, 10, 15, 22 agosto
Strawinsky : «Oh, cari amici, vi dico la verità che più invecchio, più mi convinco che La Bohème è
un capolavoro e che adoro Puccini, il quale mi sembra sempre più bello!».
Manifesto della vena artistica di Puccini, uno dei capolavori assoluti del melodramma italiano, titolo d’opera
più rappresentato in tutto il mondo, la Bohème del 60° Festival
Puccini di Torre del Lago sarà diretta da uno dei più grandi
registi del Cinema Italiano: Ettore Scola che celebra, con la
60.a edizione del Festival Puccini i suoi 50 anni di gloriosa
carriera. Una firma quella di Ettore Scola per una lettura nuova
e diversa del capolavoro pucciniano.
Con Ettore Scola, le scene dell’ amico e collaboratore di sempre
Luciano Ricceri e i costumi di Cristina Da Rold. Sul podio la
“bacchetta Pucciniana” Valerio Galli apprezzato e raffinato
interprete dei capolavori pucciniani, nato nella Terra di Puccini
e che a Torre del Lago ha visto il suo importante debutto come
direttore prima di approdare su palcoscenici internazionali.
Per la Bohème un cast d’eccezione e vedrà la voce impareggiabile di Daniela Dessì nei panni di Mimì,
mentre Fabio Armiliato sarà Rodolfo, Alessandro Luongo Marcello, Alida Berti dare voce a Musetta.
Nota di Ettore Scola su “La Bohème”.
Quando un regista di cinema si accinge a mettere in scena una grande opera lirica, parte spesso con propositi
innovativi, che vorrebbero rivolzionare impianti e concezioni adottati in altre edizioni rappresentate in tutti i teatri del
mondo. Rivisitazioni, attualizzazioni, aggiornamenti, contributi in video e in digitale, effetti stroboscopici, infinite
possibilità di ‘modernizzare’ il melodramma si affollano nella sua mente inquieta: Don Giovanni potrebbe essere gay,
Tosca una terrorista anni ’70 (1970), Rigoletto un comico di cabaret, con Figlia escort e Duca agli arresti domiciliari. E se
Falstaff fosse un alieno? E Così Fan Tutte una costellazione? Poi, per fortuna, tutto rientra: umiltà e buonsenso gli
ricordano che la modernità è già in tutte quelle opere, nella musica, nei sentimenti, nell’ anima che le hanno rese
eterne.
Quando decise di ispirarsi al romanzo di Herny Murgèr Scènes de la vie de boheme, Puccini non era mai stato a
Parigi, ma gli anni trascorsi al conservatorio di Milano e i ricordi delle improvvisazioni musicali, nate in casa del maestro
Amilcare Ponchielli, con suoni caotici e striduli, quasi delle jam sessions ante litteram, dettero a quell’ambientazione
una credibilità artistica tale da far dire a Debussy “Nessuno ha mai ritratto Parigi meglio di Puccini”. Il Maestro aveva
colto i segni delle rivoluzioni artistiche che in quegli anni scuotevano l’Europa: e le maggiori novità percorrono
soprattutto Parigi, dalla letteratura realistica che si afferma con Maupassant e Zola, alle ricerche di scomposizione della
luce nella pittura degli impressionisti, al gusto per l’arte orientale, alle scoperte delle nuove generazioni che cercano
altri modi di immaginare l’avvenire.
Suggestioni che non potevano non stimolare il genio di Puccini.
Nella sua opera quattro studenti - un poeta, un pittore, un filosofo e un musicista - dividono fame e freddo in un
monocamera, sempre impegnati nella ricerca di piccoli lavori precari (ma cosa ci sarebbe da modernizzare?) come la
vendita di vecchi libri, qualche ripetizione agli scolari più ciuchi e, in particolare, la ideazione di manifesti pubblicitari o di
locandine per i cabaret. Nessuno di quegli imbrattatele, rifiutati dalle grandi esposizioni del Salon d’Art, avrebbe mai
immaginato che un secolo dopo quelle opere sarebbero state battute a Sotheby per milioni di euro, come aveva
previsto il loro solitario difensore Emile Zola, che sui giornali dell’epoca scriveva: “Bonne chance aux jeunes artistes du
futur!”
Ma, in attesa del successo e della gloria, Rodolfo e i suoi amici debbono vivere la loro goliardica follia e soffrire
d’amore per la fragile Mimì e per la generosa Musetta, accompagnati per sempre da una musica immortale.
E’ la intuizione ambientale di Puccini che mi piacerà sottolineare nella Bohème di questa stagione al Festival di
Torre del Lago, con la collaborazione Maestro Valerio Galli, la costumista Cristina Da Rold e l’architetto Luciano Ricceri
ideatore delle scenografie di tutti i miei film.
Ettore Scola
L’incompiuta Turandot
9-14-17-23-29 AGOSTO
Il cartellone 2014, interamente pucciniano, prevede in agosto 5 rappresentazioni di Turandot , titolo che si
avvia a diventare una proposta costante del Festival di Torre del Lago. L’opera è stata la grande incompiuta
del Maestro, morto il 29 novembre del 1924 a Bruxelles.
Le ultime due scene di Turandot furono terminate da Franco Alfano, sotto la supervisione di Arturo Toscanini,
che al Teatro alla Scala (25 aprile 1926) ne diresse la prima esecuzione, interrompendola, alla morte di Liù
dove il maestro l'aveva lasciata e fu proprio questa scena emozionante a far scrivere a Cesari, il critico del
Corriere
«di straordinario potere di evocazione che fece sentire Puccini come presente». Da allora,
“Turandot” è, dopo La Bohème e Madama Butterfly, l’ opera di Puccini più eseguita al mondo, grazie anche
alla sua celebre romanza Nessun Dorma, l’aria più celebre del melodramma che il pubblico di tutto il mondo
ama applaudire, con vere ovazioni, sotto il cielo stellato di Torre ed Lago.
Un nuovo allestimento per la 60ma edizione del Festival, regia, scene e costumi sono affidati ad un eclettico
artista, cresciuto professionalmente a Torre del Lago, Angelo Bertini, al suo debutto alla regia. Una
Turandot dalla quale Angelo Bertini vuole “far emergere la visione avanguardistica e internazionale che Puccini
era solito intercettare nel suo percorso creativo; il deciso distacco dal realismo verso una direzione di rigidità
metaforica – tipica della favola e del Puppenspiel – che si traduce nell'enfatizzazione del netto e violento
dualismo nonché dell'elemento simbolico-rituale che ne regola l'alternanza svelandone il valore archetipico”.
La scelta stilistica – continua Bertini- muove attraverso una reinterpretazione delle fonti avanguardistiche del
periodo, concentrandosi, in particolare, sull'art dèco (con richiami a influenze dell'art nouveau, al bizantinismo
klimtiano e al grafismo di Beardsley) in commistione con il gusto, allora imperante, dell'esotismo.
La bacchetta sarà affidata ad un direttore di sicura esperienza, già direttore artistico del Festival Puccini,
Marco Balderi. Nel ruolo della principessa di gelo due straordinarie interpreti, la grande Giovanna Casolla
e la bravissima Lise Lindstrom, mentre Calaf sarà interpretato da Walter Fraccaro e Lorenzo De Caro.
Nel ruolo di Liù il gradito ritorno di un’artista della Terra di Puccini, Serena Farnocchia.
Turandot Note di regia
La Turandot che propongo nasce dal desiderio di far emergere la visione avanguardistica e internazionale
che Puccini era solito intercettare nel suo percorso creativo; il deciso distacco dal realismo verso una
direzione di rigidità metaforica – tipica della favola e del Puppenspiel – per me si traduce nell'enfatizzazione
del netto e violento dualismo nonché dell'elemento simbolico-rituale che ne regola l'alternanza svelandone il
valore archetipico.
La scelta stilistica si muove attraverso una reinterpretazione delle fonti avanguardistiche del periodo,
concentrandosi, in particolare, sull'art dèco (con richiami a influenze dell'art nouveau, al bizantinismo
klimtiano e al grafismo di Beardsley) in commistione con il gusto, allora imperante, dell'esotismo. La reggia
di Turandot, congegno ideale per l'infinita reiterazione del gioco meccanico vita-morte, manifesta tutto il suo
austero immobilismo nella preziosa costrizione di una gabbia dorata, da lei indotta e allo stesso tempo
subita. Il pavone dorato che sovrasta la reggia assurge a centro focale dei simboli impersonificati da
Turandot: lei stessa è il terzo enigma, la donatrice di morte, il pericoloso riflesso della luna, la reincarnazione
dell'orrore e della violenza subita (dall'ava Lou-Ling), ma è anche un profumo, un'essenza che si diffonde
nell'aria e che viene riconosciuta da Calaf come uno Yin a lui complementare, dando origine a una forza che
scorre ciclica attraverso la materia dell'Universo, ma solo per un attimo, nello spettacolo del gran teatro del
mondo.
Angelo Bertini
Il Trittico
3-7-21-30 AGOSTO
Lo spettacolo andrà in scena nell’ Auditorium del Teatro di Torre del Lago intitolato ad
Enrico Caruso
“…metti dei bimbi, dei fiori, dei dolori, e degli amori.”
(Giacomo Puccini, da una lettera a Gabriele D’Annunzio, Agosto 1912)
Il Trittico Pucciniano, tre atti unici Il Tabarro, Suor Angelica e Gianni Schicchi torna ad essere
rappresentato integralmente a Torre del Lago dopo 40 anni, l’ultima rappresentazione è infatti del 1974, la
Stagione che Torre del Lago allestì per l’anniversario dei 50 anni dalla morte del Maestro.
Alla messa in scena de Il Trittico Pucciniano la Fondazione Festival Pucciniano, da sempre attenta a favorire
le carriere di giovani artisti che hanno la possibilità di prepararsi e farsi conoscere nel contesto di un Festival
che richiama pubblico da tutto il mondo, ha inteso dedicare speciali attività
di formazione e perfezionamento. Un’attenzione verso i giovani che la
Puccini 2.0
Fondazione ha voluto sintetizzare nel Progetto
scegliendo di affidare regia,
scene e costumi di Il Trittico con una
selezione pubblica. Ad aggiudicarsi
il Bando per l’ideazione dell’opera è
stata la proposta di un gruppo di donne guidato dal Monica Bernardi
che ha firmato le scene, con lei Carla Conti Guglia assistente alla scenografia e ai costumi, Selene
Farinelli per il progetto di regia di Il Tabarro, Vittoria Lai e Giorgia Guerra per la regia di Suor Angelica,
Elena Marcelli per la regia di Gianni Schicchi e Lorena Marin per i costumi.
Sempre alla produzione di Il Trittico è stata finalizzata nel 2014 l’Accademia di Alto Perfezionamento che
ha selezionato 27 giovani per seguire i corsi e le master class della Scuola Pucciniana. Giovani poi selezionati
per essere protagonisti dei tre atti unici oltre che di altri ruoli del cartellone 2014.
Nelle 4 rappresentazioni di il Trittico si alterneranno sul palcoscenico, i giovani cantanti dell’Accademia a
fianco di grandi artisti Amarilli Nizza nei tre ruoli femminili, Alberto Mastromarino nel ruolo di Michele e
di Gianni Schicchi. Sul podio a dirigere i tre titoli il maestro Bruno Nicoli.
Il trittico.
A sipario aperto, un bimbo di circa sette anni anima la scena, attore e spettatore di una duplice vicenda incorniciata
in un boccascena volutamente claustrofobico: si consumano davanti ai suoi puri occhi le vicende di Michele e Giorgetta
e di Suor Angelica. Vinto però dalla gioia di vivere del suo essere bambino, rovescia le sorti dell’azione e costruisce,
come un abile regista, un ultimo atto che lo diverte e lo coinvolge direttamente nei panni di Gherardino. Ecco allora che,
come in un tendone da circo, iniziano a volteggiare grotteschi personaggi, danzano corpi senza grazia, vivono amori
finalmente felici. Il fil rouge del bambino tesse tre trame diverse, raccontate con tre diversi linguaggi: Il tabarro è un
concentrato di relazioni logore e marce, come il pontile del vissuto; Suor Angelica è costruita sul meccanismo
dell’automatismo coreografico, in cui la vita del convento è un ripetitivo susseguirsi di gesti e intenzioni sempre uguali;
Gianni Schicchi, infine, vive e gode delle comiche geometrie dei parenti beffati. Anche lo spazio scenico contribuisce alla
ricerca di continuità nelle tre opere attraverso una struttura fissa strettamente connessa all’impianto dell’auditorium,
che si completa con elementi mobili di atto in atto funzionali all’azione e con forme simboliche caratterizzanti la
suggestione delle singole vicende.
Il tabarro.
Credo che al mondo non vi sia nulla di più ridente delle idee che destano il cuore di una madre alla vista della
scarpina del suo bimbo [..] ma quando il bimbo non c'è più la scarpina ricamata diventa solo uno strumento di tortura,
che maciulla eternamente il cuore della madre. (V. Hugo, Notre Dame de Paris). Il bimbo di Michele e Giorgetta, a fatica
nominato nell'opera, apre Il tabarro consegnando alla madre la scarpina, simbolo di quel dolore palpabile già dalle
prime note. In bilico tra il legno e l'acqua si consuma la stanca routine della periferia parigina. Logorata dalla mediocrità
è Giorgetta, donna un tempo piena di vita, ora insoddisfatta e malinconica. L'innamoramento per Luigi è il suo ultimo
disperato tentativo di provare emozioni forti. Sullo sfondo si anima un frammento di quella vita cittadina: eleganti
midinettes a caccia di conquiste amorose, giovani amanti, un venditore di canzonette e la Frugola che con i suoi oggetti
strani e colorati fa rivivere il luccichio di quel mondo che tanto manca a Giorgetta. Ciò che incatena tragicamente i due
coniugi è la morte del figlio, che ha costruito muri di ripicche, sensi di colpa e di rabbia: ogni possibilità di comunicazione
tra i due è interrotta in modo irreversibile. Come ne L'Houppelande di Didier Gold, il Tinca, uno degli scaricatori, ubriaco,
tradito dalla moglie e ridotto alla disperazione, intuisce la tresca tra Luigi e Giorgetta e, in un crescendo di provocazioni
sguaiate, costruisce la tensione del tragico finale. Michele ha ormai compreso che la moglie lo tradisce e decide di
punirla privandola del nuovo amore a cui lei si è disperatamente aggrappata. La terribile condanna dei due protagonisti
è quella di rimanere in vita per affondare ineluttabilmente nel vuoto delle loro logore esistenze.
Selene Farinelli
Suor Angelica.
Suor Angelica, figlia dei Principi Gualtiero e Clara, è costretta in un convento da sette anni: negli anni successivi alla
Grande Guerra il lavoro le ha reso più dolce il congedo dal mondo esterno. Si occupa della medicina e della cosmesi
naturale: cresce, cura le sue piante e le trasforma in unguenti, sciroppi e pozioni. Suor Genovieffa la accompagna in
questo percorso, non solo attenta ad imparare ricette e piccoli segreti ma vicina a lei nel dolore e nella sensibilità
materna. Ella è infatti l'unica a percepire fino in fondo il dramma di Angelica, imbrigliata nella vita monastica a causa di
un grave scandalo amoroso e di una gravidanza scomoda. Da allora Suor Angelica vive in attesa di avere notizie della sua
famiglia e in particolare del suo bambino: esse giungono, in una tiepida giornata di maggio. La zia Principessa viene a
sbrigare una faccenda di eredità: la piccola Anna Viola anderà sposa e serve una firma per la spartizione dei beni.
Nessun cenno al bambino fino al gelido: Tutto fu fatto per salvarlo. Angelica, in preda alla disperazione più violenta, si
uccide: prima di lasciare il mondo saluta le sue compagne e la vita del convento, dona il suo sapere a Genovieffa e
chiede, da madre, il perdono alla Madonna per aver scelto il suicidio, peccato mortale. Ad aspettarla, dall'inizio
dell'unico atto, c'è il bambino che, curioso, osserva la vita semplice del convento: la ricreazione dopo le punizioni,
l'arrivo delle suore cercatrici e del loro raccolto, l'acqua dorata della fontana, la madre che sceglie petali profumati. È un
miracolo anticipato: il bambino è la spera di sole che attraversa il convento, è il soffio che impietosisce per un attimo
l’inesorabile Zia Principessa, è il contatto tra il mondo divino e quello umano.
Vittoria Lai e Giorgia Guerra
Gianni Schicchi.
Il piccolo Gherardino è costretto ad assistere alla veglia funebre di un parente. Veglia che in pochi attimi si
trasforma in una lotta per modificare un testamento che vede i propri congiunti completamente diseredati a favore di
un convento. Profondamente disinteressato, il bambino vaga in un ambiente claustrofobico in cerca di qualcosa che
desti la sua attenzione più dei beceri raggiri dei familiari. Ha solo sette anni, eppure ha capito benissimo che in quella
stanza non c’è un essere umano degno della sua attenzione: i suoi parenti, perfino i suoi genitori, non sono che parassiti
in un mondo che sta mutando. La camera del morto si rivela essere lo specchio di un paesaggio saturo dei colori di
un’umanità che si accartoccia su se stessa e davanti alla quale si ride, perché non si può fare altro. Il grande letto che
domina la scena sovrasta come una condanna questi ridicoli individui, residui di esseri umani, gusci, maschere, pronti a
condividere solo rabbia e paura. Fossilizzati nella loro realtà socialmente e saldamente divisa in ricchi e poveri, i parenti
sono costretti a chiedere l’aiuto di Gianni Schicchi, un contadino noto per la sua astuzia. Sostituitosi al morto, Gianni
ridistribuisce l’eredità dinanzi ad un notaio e beffa tutti, assegnandosi gran parte dei possedimenti del defunto, per
permettere alla figlia di sposare l’unico dei presenti in quella stanza che abbia capito come la realtà possa essere
cambiata. Gianni si ritrova suo malgrado ad essere una sorta di giustiziere. Egli capisce che i parenti non sono “terreno
fertile” e che bisogna dare una possibilità a chi si presenta al mondo con forze fisiche e mentali nuove, non tanto perché
sicuro del risultato, piuttosto perché fiducioso in un futuro migliore.
Elena Marcelli
Incontro con l’Oriente
Il Festival di Torre del Lago ospita nel 2014 due interessanti produzioni
provenienti dall’estremo Oriente
Dal Giappone
l’opera
Junior Butterfly(13 agosto) di Shigeaki Saegusa,
compositore e artista di punta del mondo culturale giapponese.
Un’opera con cui Saegusa propone di osservare il secondo conflitto
mondiale con lo spirito e gli strumenti del 21° secolo. L’opera, già
rappresentata in prima assoluta per tutto il mondo a Torre del Lago
nel 2006, torna quest’anno con il libretto tradotto in italiano.
Il libretto è di Masahiko Shimada, scrittore giapponese tra i più
stimati della nuova generazione che firma anche la regia. L’opera è
il sequel di Madama Butterfly e racconta la storia di suo figlio,
Dolore, americano a tutti gli effetti, che viene mandato dal suo
governo in Giappone con un incarico di informazione bellica. A Kobe si innamora di una giovane donna
giapponese di nome Naomi. Il Progetto ambizioso e riuscitissimo, vede in scena artisti italiani e artisti
giapponesi
e ha visto la luce grazie alla forte volontà del Governo giapponese, dell’Istituto di Cultura
Giapponese in Italia e del Festival Puccini. Unica rappresentazione 13 agosto. Sul podio a dirigere l’Orchestra
del Festival Puccini l’apprezzata bacchetta di Naoto Otomo, mentre troviamo nel ruolo del titolo il giovane
tenore Angelo Fiore e in quello di Naomi Rossana cardia. Completano il cast Suzuki Mayuko Sakurai , la
Suora Valentina Boi, Vincenzo Serra , Federico Longhi, Vejo Torcigliani , Pedro Carrillo. Il coro
Giapponese di Roppongi è formato da liberi professionisti ed esponenti del mondo politico giapponese
appassionati d’opera.
28 agosto
Gran Teatro Giacomo Puccini
Gran Gala dell’opera Coreana e del Balletto
Tradizionale Coreano
Lo spettacolo nasce dalla collaborazione tra Fondazione Festival Pucciniano e Beseto Opera, organizzazione
coreana che ha prodotto nel 2013 Turandot andata in scena con straordinario successo a Seoul nell’ambito
di una felice collaborazione tra le due istituzioni. Una serata per celebrare l’anniversario dei 130 anni
dell’avvio dei rapporti diplomatici tra Italia e Corea del Sud e vede protagonisti i migliori solisti dei teatri
d’opera della Corea del Sud, l’Orchestra del Festival Puccini, il Coro del Festival Puccini e il Coro dell’Opera
Nazionale coreana . Direttore Marco Balderi.
29 luglio
ROBERTO BOLLE and FRIENDS
Il palcoscenico di Puccini ospita il 29 luglio il balletto con la star della danza Roberto Bolle
e alcune delle grandi stelle dell'American Ballet, tra cui i Principal Julie Kent, ballerina
simbolo della Compagnia e Daniil Simkin, famoso per i suoi eccezionali salti e considerato
uno dei più virtuosi danzatori dell’attuale panorama mondiale insieme ad altri straordinari
artisti provenienti dalle più importanti Compagnie europee. "Torre del Lago è un luogo
suggestivo, ricco di fascino e intriso di storia, di arte e cultura - dichiara l'Étoile - sono
felice di tornarvi dopo la calorosa accoglienza che mi ha riservato il pubblico tre anni fa." Étoile della Scala di
Milano e Principal Dancer dell'ABT di Ny, Bolle si presenta al pubblico di Torre del Lago con
un gala
rinnovato nel programma che comprende assoli e passi a due tratti dal repertorio dei grandi coreografi
moderni e contemporanei.
Massimo Ranieri Sogno e Son Desto
lunedì 18 agosto Gran Teatro all’aperto Giacomo Puccini di Torre del Lago
Il prezzo dei biglietti varia da € 159 del settore GOLD a € 17,50 del 5° settore
BIGLIETTERIA FONDAZIONE FESTIVAL PUCCINIANO
T + 39 0584 359322/ + 39 0584 427201
Fondazione Festival Pucciniano
Gran Teatro all’Aperto Giacomo Puccini
T+39 0584 350567
www.puccinifestival.it
Ufficio Stampa- Alessandra Delle Fave
[email protected]
T+39 0584 353304 - mob. 348 3859089