Vita Giuseppina di luglio-agosto 2014

Anno CXX - N. 6 Luglio-Agosto 2014 - POSTE ITALIANE S.P.A. - SPEDIZIONE IN A.P. D.L. 353/03 (CONV. IN L. 27/02/2004 N. 46) ART. 1 COMMA 1, ROMA
luglio-agosto 2014 - n. 6
Vita Giuseppina
M e n s i l e
d e i
g i u s e p p i n i
d e l
m u r i a l d o
compagni di
strada
1
sommario
4
5
l’orizzonte
L’incontro
In copertina
cara vita giuseppina
Un’immagine che vale più di mille parole:
“compagni di strada” per un mondo migliore!
grandangolo
Un altro racconto
di Giuseppe Novero
Che rumore fa la felicità?
6
periferie al centro
a cura del Gruppo Giovanissimi di Rossano
7 Sipari sociali
di Mariaelena Aimo e Christina Scarmato
9 Tre religioni in casa
di Asllan Sevdari
10 murialdo world
Economi a confronto
12 ... Soltanto scuola e chiesa?
13 di p. Adelio Cola
120 anni di Vita Giuseppina
di p. Angelo Catapano
14 15 uomini di dio
Fratel Francesco Airale
di p. Orides Ballardin
testimonianza
Battezzato dal papa
di Davide Scapin
17 vita della chiesa
...In prima fila da Papa Francesco
di p. Massimo Rocchi
testimonianza
Ma che mattino!
di p. Mariolino Parati
18 20 22 festa del murialdo
san giuseppe
Patrono di ciascuno di noi
di p. Tullio Locatelli
murialdine
Estate: la gioia di stare insieme
di sr. Emma Bellotto
23 engim ong Sumak Kawsay...
di Lucio Filipponi
Fare e divertirsi insieme
di p. Fidenzio Nalin
24 25 vita delle opere
testimonianza
Un’adozione speciale
Coro Murialdo
di Franco Monaco
26 28 30
32
34
36
Una imagen que vale más de mil palabras:
¡”compañeros de camino” para un mundo mejor!
Uma imagem que vale mais de mil palavras:
“companheiros de viagem” para um mundo
melhor!
M e n s i l e
d e i
g i u s e p p i n i
d e l
di p. Gabriele Prandi
vita delle opere
compagni di
strada
1
Vita Giuseppina mensile dei giuseppini del murialdo
anno CXX - luglio-agosto 2014
testimonianza
Capodanno in altoforno
di p. Gino Piccialuti
nella casa del padre
flash di vita
fotocronaca
progetto
n. 6
Direttore responsabile Giuseppe Novero
Redattore Modesto De Summa
Redazione S. Agazzi - M. Aldegani - M. Regosa - A. Santonico
Segreteria F. De Summa - A. Romozzi
Editing G. Rocchetti
Progetto grafico S. Aureli
Collaboratori A. Aimetta - G. Marzano
Editore Casa Generalizia della Pia Società Torinese di San Giuseppe
Indirizzo e contatti Via Belvedere Montello, 77 - 00166 Roma (Italia)
Tel. 06.6247144 - Fax: 06.6240846 - Email: [email protected]
www.giuseppini.org - www.murialdo.org
Autorizzazione del Tribunale di Roma 26-7-1954 - n. 4072 del Registro della Stampa.
La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250.
Numero iscrizione al ROC: 1321 - Partita Iva: 01209641008
Stampa Scuola Tipografica S. Pio X
Via degli Etruschi, 7 - 00185 Roma
Libreria Editrice murialdo
Dal 1895 con il nome di “Lettere Giuseppine” e poi dal
1931 con il nome di “Vita Giuseppina” questa rivista
informa ed unisce tutti coloro che si riconoscono nel
carisma donato da San Leonardo Murialdo alla Chiesa.
Le eventuali offerte dei lettori di “Vita Giuseppina”, di cui si ringrazia
anticipatamente, servono a sostenere le spese di stampa e di spedizione
della rivista e a sostenere le opere giuseppine nel mondo nelle loro
attività verso i giovani poveri (borse di studio, missioni, progetti...).
abbonamento: ordinario € 20
l’incontro
M u r i a l d o
An image that is worth more than a thousand
words: “fellow travellers” for a better world!
...Una Vita Giuseppina carismatica
16 Vita Giuseppina
luglio-agosto 2014 - n. 6
di Alessandro Pellizzari
C’era una volta...
L’orizzonte
di p. Mario Aldegani
Anno CXX - N. 6 Luglio-Agosto 2014 - POSTE ITALIANE S.P.A. - SPEDIZIONE IN A.P. D.L. 353/03 (CONV. IN L. 27/02/2004 N. 46) ART. 1 COMMA 1, ROMA
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abbonamento a VG, offerte per le missioni, offerte per S. Messe...
A
ncora una volta sono rimasto
colpito da una riflessione che
qualcuno mi ha inviato attraverso i social network.
Della verità e della profondità di questa riflessione mi vado convincendo
ogni giorno di più, affascinato anche
da quell’espressione di Papa Francesco,
già divenuta celebre, che ci invita a promuovere la “cultura dell’incontro”.
Gli “incontri” nella vita sono le esperienze più preziose per gustarne la profondità ed apprezzarne la bellezza.
Gli incontri con le persone, quando
sono veri, ci costruiscono nell’anima
certezze, animano speranze e ci regalano energia e gioia di vivere.
Anche quando sono difficili o dolorosi ci portano qualcosa di prezioso: ci
fanno andare oltre l’apparenza, ci insegnano a vivere la profondità.
“Incontro…
Questa parola ha un suo potere intrinseco; racchiude in poche sillabe
un’infinità di soggetti, di temi, di sentimenti, di memorie.
Il farsi “incontro” è la metafora di
un peregrinare quotidiano che ci porta
verso qualcuno o in direzione di qualche meta.
C’è un forte desiderio di movimento, di scoperta, in questo “farsi incontro”; il movimento, da sempre, è significativo di rinnovamento, evoluzione.
Chi va incontro nutre fiducia in se stesso e, molto probabilmente, in colui o coloro verso cui si muove.
Incontro è anche un evento, nel quale poniamo le nostre personali aspettative o ne siamo latori per conto di
altri: in ogni caso, un incontro racchiude in sé pur sempre un insieme di ambizioni, interessi, prospettive che animano i protagonisti.
“Fatevi incontro”, rendete la vostra persona un luogo nel quale le persone che non conoscete possano trovarvi
disponibili; nel quale le persone che conoscete possano confermarvi come percorso e non come meta.
Ognuno di noi può essere uno o più “incontri”, ma mai siate un traguardo… perché vivere non ha fine con la
morte: la memoria è il luogo di incontro dei ricordi.”
Buona vita a tutti, nella gioia e nella grazia dell’incontro. n
d. Mario Aldegani, padre generale
Vita Giuseppina 6 2014
l
3
In dialogo
Cara Vita Giuseppina...
con i nostri lettori
Ho ricevuto, con piacere, la rivista del mese di dicembre che ho
letto come sempre con attenzione ed affetto nei vostri confronti,
seguendo le attività che svolgete
nelle varie parti del mondo... voglio farvi gli auguri x il 120° anno
di pubblicazione... grazie per
quello che fate per i giovani e gli
emarginati.
Ringraziando ancora per la rivista che mantiene informati sulle
vostre attività. Porgo cari saluti,
auguro un prospero 2014 a tutti
voi.
Aldo Casali
Sono un ex allievo del Collegio
san Giuseppe di Rivoli e seguo
con attenzione le vicende e con
amore ricordo molti professori
che come dite VOI sono ritornati
al PADRE.
Giancarlo Patelli
Sono tanti anni che ho dovuto lasciare Arcugnano (VI) e in questi
anni ho seguito la Vita della Congregazione che ho tanto amato ed
ancora amo con il carissimo ricordo di p. Casaril, p. Cainer, p. Minciacchi e tantissimi altri cari Padri che ho conosciuto, con il rapporto di cara amicizia con p. Gino
Piccialuti e con “Vita Giuseppina”
che mi aggiorna di continuo.
La rivista è sempre graditissima.
Vi ringrazio e vi chiedo un caro
ricordo nelle vostre preghiere.
Tantissimi auguri e cari saluti
Nello Rinaldi - Jesi (AN)
Seguiamo con particolare attenzione Vita Giuseppina anche
perché come associazione Ex
Oratoriani Murialdo di Milano
sosteniamo i progetti in particolare per i bambini della Guinea
Bissau.
Complimenti
Chiavon Raimondo
In riscontro alla vostra comunicazione desidero informarvi che
ho avuto modo di conoscere ed
apprezzare la splendida Famiglia
del Murialdo in qualità di Ex Allievo.
Purtroppo il lavoro mi ha portato via da Roma e dagli amici
degli Ex Allievi e non frequento
più quelle persone a me tuttora
care. Attualmente vivo a Trieste e, soprattutto grazie alle
mie due figlie che frequentano
presso la Parrocchia il catechismo e l’oratorio, cerco di vivere
i valori cristiani che, anche voi,
avete costantemente alimentato in me.
Non mi sono informato se a Trieste sia radicata la Famiglia del
Murialdo, in ogni caso spero di
tornare (forse tra un paio d’anni)
a Roma e di tornare tra le fila degli Ex Allievi!
L’occasione mi è gradita per rivolgere a voi tutti un caro saluto
Pasquale Acampora - Trieste
Vorrei far pervenire un saluto
particolare: a p. Franco Verri, conosciuto e molto apprezzato come
disegnatore e pittore al Brandolini di Oderzo nei primi anni 60
e poi perso di vista;
mi colpirono molto in
quegli anni i suoi ritratti
“stenografici”
per l’essenzialità e la
sicurezza del segno
che con pochi tratti definiva compiutamente
un volto. E un saluto anche a p.
Francesco Donaggio, incredibile
computer vivente (sia per la memoria da molti Gb, sia per le capacità matematiche) che l’età non
sembra avere scalfito.
I 5 anni trascorsi al Brandolini
(dal 1961 al 1966) li ricordo sempre con grande affetto e riconoscenza nei confronti dei miei educatori e professori, oltre che con
una certa ovvia nostalgia per la
giovinezza passata.
Ma passata bene, con grande impegno nello studio, nello sport,
nei mille diversivi che ci inventavamo per rendere pieni i nostri
giorni: il giornalino “il Barattolo”,
i cineforum, gli spettacoli (Brandoquiz ...), mostra del libro, mostra missionaria, concorsi artistico-letterari...
Ricordo poi la frequentazione del
card. Albino Luciani (papa Giovanni Paolo I) che veniva a spiegarci i lavori del concilio (e noi a
tentare di stenografare, con scarso successo, le sue parole).
Un cordiale abbraccio
Luigi Vedovato
grandangolo
un altro racconto
U
n giornale racconta il mondo che vede, ne è lo specchio più o meno fedele. Solo così riesce
a interpretare la realtà, lo spirito, il carattere e il senso profondo di una comunità. Proprio
per questo spesso sembriamo non accorgerci, o non curarci affatto, della positività che ci
circonda. Il nostro sguardo cade sui tanti fattori negativi che opprimono la vita delle famiglie e
di tutti noi: un pessimismo di maniera talvolta lamentoso quasi per principio. Ma basta andare
un po’ fuori del nostro recinto per dare importanza alle tante cose positive che ci circondano.
Prendiamo la scuola. Si sente parlare, spesso, di alleanza educativa. Noi, per esempio, non
saremmo quelli che siamo senza i nostri insegnanti. è giusto allora registrare che molti di
questi insegnanti non sono andati in vacanza senza prima aver stimolato i propri allievi ad
un compito estivo, magari nel volontariato, nello studio, nell’impegno di sé per gli altri. Se
poi appena ci lasciamo contaminare dall’ascolto, ci accorgiamo che la convivenza non è
quel ring nel quale si combatte e basta, ma la sorpresa di un incontro, magari impensato,
rivelato da un approccio più libero e generoso. Uno dei motivi di smarrimento della nostra
società è proprio la mancanza di amicizia civica, che passa volgendo l’occhio sul mondo
che ci circonda.
Il periodo estivo è fatto anche di tempi diversi dove è possibile incontrare una realtà
apparsa sbiadita nella corsa del quotidiano, riscoprendo il primato della relazione,
della comunicazione personale. Comunicare non è un’attività facoltativa: è alla base
di ogni esistenza e sviluppo. Le nostre prime parole sono state rivolte al “tu”:
mamma, papà… solo successivamente il bimbo impara a dire il suo nome.
Nell’estate non mancano le occasioni per nuovi incontri e per riprendere, con
energia nuova, relazioni un po’ consumate. Così, come ci invita Pascal nei
Pensieri, “allontaniamo lo sguardo dagli oggetti meschini che ci circondano”
e vediamo volti e orizzonti nuovi. Da raccontare. n
Abbiamo bisogno del
vostro aiuto per sostenere
Vita Giuseppina.
Le offerte che riceviamo
coprono solo una parte
delle spese di stampa e di
spedizione.
Grazie a tutti coloro
che si ricordano di Vita
Giuseppina attraverso
il rinnovo annuale
dell’abbonamento e il
sostegno generoso alle
nostre missioni.
sostieni
Vita Giuseppina
C.C.P. 62635008
Vita Giuseppina 6 2014
l
Giuseppe Novero
5
periferie al centro
periferie al centro
Comunità Murialdo Piemonte al Teatro Regio di Torino
La risposta degli adolescenti di Rossano a favore dell’integrazione:
Sipari Sociali:
che rumore fa la felicità?
L
a famosa canzone dei Negrita ha un titolo al quanto
particolare: “Che rumore
fa la felicità?” Noi giovanissimi di
Azione Cattolica dell’Opera Sacro
Cuore di Rossano siamo riusciti a
captare questo singolare rumore.
Come? Raccontiamo la nostra
avventura dall’inizio. Nel mese
di ottobre, durante un incontro
finalizzato alla programmazione
degli impegni da assumere durante l’anno associativo, Alessia
ha posto un interrogativo: come
coinvolgere nelle attività della
nostra Opera i bambini non italiani, i cui genitori vengono aiutati
6
e sostenuti dal centro d’ascolto
Caritas parrocchiale “P. Egidio”?
La nostra cittadina infatti brulica
di cittadini stranieri prevalentemente originari dei paesi dell’Est
che sono venuti a Rossano attirati
dalla prospettiva di poter lavorare nei campi per la raccolta degli
agrumi, delle olive o delle fragole di cui la nostra terra è particolarmente ricca. Purtroppo qui da
noi non sempre trovano quello
che hanno sperato e che sarebbe
giusto offrire loro, per cui spesso
si ritrovano a vivere in situazioni
di disagio economico e sociale.
Questa situazione coinvolge interi
nuclei familiari con tanti bambini
che, oltre a vivere i disagi legati al
fabbisogno economico delle loro
famiglie, vivono anche quello di
un inserimento difficile nelle nostre scuole e nel nostro territorio
e questo per problemi di lingua, di
abitudini e purtroppo a volte anche di poca accettazione da parte
di noi Rossanesi.
Alla luce di questa situazione
il nostro gruppo “giovanissimi”
è arrivato alla conclusione che è
fondamentale che queste persone e soprattutto questi bambini
si sentano accolti, diventino parte
della nostra realtà. Dovevamo fare
qualcosa in questo senso.
Abbiamo deciso quindi di offrire ai
ragazzi dei momenti di animazione,
di gioco, di canto… di stare insieme.
Abbiamo cominciato ad invitarli
mentre le mamme aspettavano il
loro turno al centro Caritas a stare
con noi per giocare, cantare, ballare, disegnare… Per affrontare
le piccole spese a cui andavamo
incontro abbiamo anche organizzato un momento di autofinanziamento. L’esperienza ha avuto
inizio nel mese di novembre e
continua tutt’ora.
Inizialmente sia le mamme che
i bambini ci guardavano con sospetto e diffidenza, ma poi piano
piano hanno cominciato a coinvolgersi e ora sono loro che vengono a chiederci di stare con noi
per trasformare quel tempo di
monotona e imbarazzante attesa
in tempo di gioia.
Vita Giuseppina 6 2014
l
periferie che diventano centro!
Il numero dei bambini coinvolti non è numerosissimo ma sta
crescendo, anche se molto lentamente; quello che però sta crescendo di più è la nostra amicizia
con loro.
Da parte nostra abbiamo dovuto superare non poche difficoltà:
trovare del tempo da dedicare a
questi bambini, non quando non
abbiamo niente altro da fare, ma
tutte le volte che ce n’è bisogno;
superare le barriere dovute alle
nostre paure, ai nostri preconcetti, alla lingua, all’imbarazzo del
fare…
Il progetto continua settimanalmente e non solo… Nei prossimi giorni è previsto un torneo
di calcetto che coinvolgerà i “nostri” bambini e anche quelli che
frequentano il Centro Diurno e
l’ACR.
Tutto questo coinvolgimento
ha segnato ed educato fortemente il nostro gruppo al rispetto degli altri, ci ha fatto scoprire
l’indescrivibile sensazione che si
prova nel donare il proprio tempo e il proprio affetto e ci ha
portati ad individuare il “rumore
della felicità” in alcuni elementi
che caratterizzano la vita di tutti
coloro che hanno voglia di essere
LUCE NEL MONDO: l’impegno,
la costanza, il sacrificio, la perseveranza, la preghiera, l’amore e
soprattutto… le risate dei bambini! n
I giovanissimi di A.C. dell’Opera “Sacro Cuore” di Rossano
Vita Giuseppina 6 2014
l
U
n incontro di ragazzi, di storie, di sogni, di desideri, di
opportunità per esprimere
ciò che si è!
Questo è il progetto Sipari Sociali, quest’anno alla seconda
edizione, ideato dalla Comunità
Murialdo Piemonte con il Teatro
Regio di Torino, teatro lirico tra i
più importanti d’Italia e più rilevanti nel panorama internazionale. Grandi artisti come Maria Callas e Luciano Pavarotti sono stati
protagonisti di grandi opere di
Verdi e di Puccini, insieme a tanti
altri che ogni anno arricchiscono il
vasto programma.
E proprio nelle sale prove, nel
foyer, sul palcoscenico del Piccolo
Regio, un teatro interno al complesso, immersi nella bellezza e
maestosità di un grande progetto
artistico si lavora quotidianamente perchè periferie sociali siano
conosciute e riconosciute come
portatrici di capacità e di talenti e
diventino il centro dello sguardo
di professionisti del settore e della
città di Torino.
Settanta adolescenti si sono
preparati come musicisti, mimi,
attori, coristi, scenografi, accompagnati da artisti del famoso teatro torinese ed educatori della
Comunità Murialdo, un progetto
educativo ed artistico che risponde al bisogno di identità dell’adolescenza con particolare attenzione alle situazioni di fragilità e di
disagio.
Le attività espressive sono oggi
ampiamente riconosciute come
potenti strumenti di apprendimento e di conoscenza di sé. La
7
periferie al centro
possibilità per gli adolescenti di
sperimentare con creatività ruoli
nuovi aumenta la stima in sé e nel
gruppo, scoprendo risorse individuali e collettive, maturando nuove esperienze e capacità. Questa
è la sfida raccolta da un gruppo
di educatori della Comunità Murialdo Piemonte che affiancano i
ragazzi in un cammino ricco di stimoli, ma anche di difficoltà legate
all’ansia da prestazione, all’imbarazzo, alle relazioni e dinamiche
che si creano nel gruppo e alla
fatica di studiare i testi, le musiche
i cori. L’obiettivo è di andare oltre
l’esperienza teatrale e costruire
nuovi significati e nuovi legami
nella propria vita, accompagnati
dalla consapevolezza delle emozioni.
L’esperienza teatrale consente di abbandonare l’avere, per
dare voce e spazio all’essere. Ed
è proprio nella faticosa ripetitiva
preparazione dello spettacolo che
i ragazzi iniziano a raccontarsi, a
dar voce alle proprie paure, al de-
8
periferie al centro
siderio di riuscire e di fare bene la
propria parte. Si sentono parte di
un gruppo in cui non solo ognuno
è responsabile del proprio ruolo
ma fondamentale è il sostegno reciproco, consapevoli che solo una
sintonia autentica consente a ciascuno di vivere emozioni che poi
raggiungeranno il pubblico.
Luca, che nella suddivisione delle parti recitate ha espresso poca
soddisfazione del ruolo attribuitogli dal regista, dice: “siamo
una squadra, ogni parte è importante anche se piccola!”. E poi
c’è Andrea che non sorride mai,
ma quando prende la chitarra in
mano il suo viso s’illumina. E Caterina che parla pochissimo con
una vocina quasi inesistente, ha
chiesto di partecipare al laboratorio di coro e lì la sua voce si sente. E Silvia “Non è facile andare
a tempo con la musica e con gli
altri, ma ci provo!”.
E così quello che talvolta sembra
impossibile esprimere e far emergere, rimanendo una periferia in-
teriore, ha l’opportunità di essere
messa in luce, accrescendo il senso del proprio ruolo nella comunità. Il cuore del lavoro educativo
del progetto è consentire alla “periferia” di raggiungere il “centro”,
ammirando la sua bellezza.
L’anno scorso è stato messo in
scena “Aiutiamo Sam!” tratto da
“Il piccolo spazzacamino” di Benjamin Britten, opera scelta per dar
voce all’infanzia e alle sue virtù:
il senso dell’amicizia, il coraggio,
l’innocenza, l’amore per la vita.
Quest’anno i ragazzi hanno preparato “Elisir del Teatro”, tratto
da “Elisir d’Amore” di Donizetti;
la vicenda narrata affronta con delicato umorismo gli impacci di un
giovane timido, pieno di amore,
alle prese con le normali difficoltà
di crescita e inserimento sociale.
Lo spettacolo è andato in scena il
16 e il 17 maggio al Piccolo Regio
di Torino. http://siparisociali.org/ n
Mariaelena Aimo e
Christina Scarmato
[email protected]
Vita Giuseppina 6 2014
l
Una bella testimonianza di tolleranza vissuta e raccontata da un docente
del Centro Professionale “S. Giuseppe Artigiano” di Fier in Albania
Tre religioni in casa
“N
onno, nonno, è
nato Sean! Lo
sai?” dice Enio,
il nipote più grande.
Ecco la notizia che si aspettava ormai da diversi giorni:
il nonno Burhan è diventato nonno per la terza volta.
I primi due nipotini, Enio e
Kristian, ormai di 6 e 2 anni,
li vede quasi ogni giorno,
qui in Albania dove vivono, I genitori di Asllan Sevdari, i suoi suoceri, la moglie
mentre il più piccolo, Sean,
con i due bimbi, il cognato con la sua fidanzata.
per il momento lo potrà vedere solo grazie a skype.
rito! Da quando sono diventato
È nato in America, è americano!
anch’io un loro familiare, ho imDelle lacrime cominciano pian
parato molte cose: l’umiltà, il vapiano a scivolare e la forte emolore della famiglia…
zione costringe il nonno Burhan a
Burhan è una persona saggia,
sedersi su una sedia posta sul balcalma, ma a volte vuole che si sencone panoramico di casa sua.
ta un po’ anche la sua voce, quel
La nonna, Pëllumbesha, anche
poco che lo faccia sentire ancora
lei commossa, sentita la notizia,
capofamiglia. Ha tre figli, due fisubito prende la bottiglia di grapglie, Klotilda ed Elona, sposate, ed
pa e due bicchierini, ce li mette
un figlio, Blerim, fidanzato. Tutti a
davanti, li riempie e ci dice: “Dai,
tre educati bene; hanno studiato
fate un brindisi di augurio, bevete
tutti all’università.
un sorsetto!”
La prima figlia si è sposata da
“Lunga vita a tuo nipote! Che
dieci anni con un musulmano
possa diventare forte e che non dibektashiano e vive qui a Fier.
mentichi di essere albanese”. AcLa seconda figlia è sposata da
costo il bicchiere al labbro e subito
sei anni con un cattolico di Scutaverso tutta la grappa in gola. Forri, vive a New York.
te, ma è buona. Il nonno Burhan
Il figlio si è fidanzato con una rami vede, abbozza un sorriso, mi
gazza ortodossa. Non so se esiste
ringrazia, poi alza la testa verso il
un caso simile al mondo, dove tre
cielo e dice: “Grazie Dio...” e conreligioni s’intrecciano in una sola
tinua con i suoi auguri.
famiglia, dove la tolleranza religioConosco quest’uomo, conosco
sa gode massimo rispetto.
questa famiglia grazie alla loro
Quando chiesi a nonno Burhan
figlia più grande: sono suo mase aveva mai pensato di giudicare
Vita Giuseppina 6 2014
l
questi legami in base alla religione, lui mi rispose: “Davanti
all’amore dei giovani non esiste
nessun ostacolo; anche Dio porta rispetto, perché Dio trasmette la fede per contagio e la sua
fiamma è l’amore”. Poi aggiunse: “Noi non abbiamo educato
i figli all’odio verso le altre religioni, perché sono tutte strade
che ci conducono ad amare Dio.
Dio appartiene a tutti e tutti siamo fratelli, figli di Dio. Credo
che i miei ragazzi abbiano fatto
la scelta giusta perché in mezzo
c’è l’amore e il rispetto per l’uomo, per Dio”.
Questa è la casa che ho la fortuna di frequentare ogni giorno,
questi sono i valori con i quali
convivo quotidianamente. La tolleranza religiosa non è un lusso,
ma la conseguenza di un popolo
che l’ha coltivata nel tempo…; la
sua storia, passata e presente, lo
testimonia.
Condivido un’ultima testimonianza. In questi giorni in un villaggio abitato da musulmani (la
maggioranza) e da cattolici (la
minoranza) nel nord dell’Albania,
per ricostruire la chiesa cattolica
hanno contribuito sia economicamente sia con il loro lavoro manuale anche i musulmani presenti
nel luogo!
La gente semplice sa aprire porte e finestre per trasmettere sempre tolleranza e fraternità! n
Asllan Sevdari
[email protected]
9
murialdo world
murialdo world
Conferenza Interprovinciale 2014
economi a confronto
Il prof. Marco Grumo, docente di economia del “non-profit”
all’Università Cattolica di Milano,
che è stato con noi un pomeriggio intero, ha avallato pienamente
il nostro percorso di rinnovamento
del sistema economico di Congregazione, che lui stesso ha definito
conditio sine qua non per affrontare virtuosamente la delirante
corsa che la “strada” appena fuori
dalle nostre mura ci presenta.
Il mio coinvolgimento a supporto
dell’economo generale, p. Juarez
Dalan, che mi ha voluto vicino nella
preparazione e nel coordinamento
di questa Conferenza Interprovinciale, mi ha permesso di essere testimone degli effetti positivi del valente oltreché possibile accostamento
“economia & religione”, figlio minore di quello “ragione & fede”.
Nella foto sopra: proiezione di un video durante i lavori della conferenza interprovinciale degli economi nella sala del consiglio
generale. Nella pagina a fianco: Alessandro Pellizzari con il prof. Marco Grumo. La foto di gruppo dei partecipanti alla conferenza.
II
3 maggio scorso si è conclusa
la Conferenza Interprovinciale degli economi, che ha visto
riuniti per sei giorni consecutivi
presso la casa generalizia a Roma
i responsabili delle economie provinciali e generale della Congregazione dei Giuseppini del Murialdo,
assieme al padre generale e al suo
consiglio.
A tema i nodi importanti
dell’economia giuseppina ed in
particolare la concretizzazione del
cosiddetto “nuovo sistema economico”, come risposta ai profondi
e inevitabili cambiamenti del sistema economico mondiale in cui
la Congregazione si trova a dover
operare.
Numerosi i risultati tecnici raggiunti, tra cui l’analisi economica di
massima di ogni Provincia giuseppina, l’individuazione dei fondi necessari per partire in questi giorni con la
nuova apertura missionaria giuseppina in Nigeria, il perfezionamen-
La domanda che mi sono posto è
la seguente: “Si possono conciliare le logiche economiche del terzo
millennio con i valori cristiani esplicitati 2000 anni fa da Gesù Cristo,
metabolizzati e testimoniati da san
Leonardo Murialdo 150 anni fa e
ora affidati alla responsabilità della
Congregazione e in senso lato della Famiglia del Murialdo?”.
to e l’approvazione di un metodo
semplificato capace di raggiungere
nel prossimo biennio l’obiettivo ambizioso del bilancio consolidato generale di Congregazione.
Possiamo sinteticamente definire quest’ultimo obiettivo raggiunto come la via priva di scorciatoie
per comprendere in maniera oggettiva e scientifica la situazione
economico-patrimoniale dei giuseppini nella loro presenza mondiale.
Personalmente
sostengo di sì e la
Conferenza
appena trascorsa è
stata ai miei occhi
una prova evidente
di ciò; ma a quale
prezzo lo si può
fare?
Al prezzo di mantenere un distacco dalla rovinosa
seppur affascinate
sensazione che il
potere economico
ti offre, di acquisire
le competenze necessarie per essere
padroni delle leggi
economiche sempre in evoluzione,
di guadagnare e
di concedere reciprocamente fiducia come succede in un’autentica
famiglia, di sviluppare un modello
di autonomia coordinata capace
di evitare i due estremi e cioè la
frammentazione e il centralismo
spersonalizzante.
Il clima serio, motivato e fraterno, che ci ha sostenuto per tutta
la settimana di conferenza, mi legittima ad affermare con serenità
e fondata certezza che la “nostra”
Famiglia è veramente accompagnata da qualcuno che ci vuol
bene… ma che sia proprio lui, san
Leonardo Murialdo? n
Alessandro Pellizzari
[email protected]
Sostieni il progetto:
”Nuova apertura missionaria
in Nigeria”
è iniziata la raccolta dei fondi per aprire una nuova
opera missionaria in Nigeria: sarà la quarta nazione
africana, dopo Sierra Leone, Guinea Bissau e Ghana,
dove si avrà la presenza di una comunità giuseppina a
sostegno della gioventù locale.
Riferimenti per donazioni deducibili fiscalmente:
IBAN: IT 17 E076 0103 2000 0100 1330 032
Causale: “Progetto Nigeria”.
Contattaci, saremo felici di risponderti: Tel. 06 62.47.144 [email protected] - www.murialdoworld.org
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Vita Giuseppina 6 2014
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c’era una volta... ma questa è storia vera
120° anno di pubblicazione
...Soltanto scuola e chiesa?
testimonianza dell’ ex redattore di VG:
Una “Vita Giuseppina” carismatica
Mi
si chiede una testimonianza sul periodo
in cui sono stato redattore di Vita Giuseppina (2003-2007). Dopo la morte del
compianto p. Vittorio Garuti, il padre generale mi
ha chiamato d’urgenza a questo compito, che ho
svolto con dedizione e spero con buon frutto, per
quanto alla fine ho desiderato andare nella “vita”
pratica tra la gente (dove adesso mi trovo come
parroco e direttore), piuttosto che rimanere a scrivere (prevalentemente davanti a un computer) e a
occuparmi della rivista. Sono stati solo quattro anni
ma operosi e segnati da notevoli cambiamenti.
Nell’impostazione dei contenuti ho tenuto conto del nome della testata, che richiama al carisma
giuseppino, quindi dando rilievo alle figure di santità che sono il nostro modello, a cominciare da
san Giuseppe (nostro padre e custode), e da san
Il “teatrino” del Collegio Artigianelli di Torino.
“P
overi ragazzi! Soltanto scuola e chiesa!”
La Mostra-Museo Murialdo si trova
all’interno del Collegio degli Artigianelli di Torino. Dal 30 marzo 2000, data d’apertura,
alla medesima data del 2013 è stata visitata da circa
12.000 persone. Osservando la fotocopia dell’orario
quotidiano degli Artigianelli dell’Ottocento, un visitatore della Mostra esclamò: “Poveri ragazzi! Soltanto
scuola e chiesa!” La verità è un’altra. C’era il tempo
dedicato al gioco, alle lunghe passeggiate, alle gare
sportive e agli spettacoli teatrali. Questi ultimi erano
organizzati specialmente in tempo di carnevale. Il repertorio comprendeva commedie di vari autori, come
testimonia l’elenco di quelle recitate nel “Teatrino
del collegio”. Si distinguono per valore e divertimento procurato agli spettatori quelle stampate dalla tipografia del collegio e raccolte in XIV fascicoli con il
titolo “Serate di carnevale dei fratelli don Eugenio
ed Enrico Reffo”. Don Eugenio ed Enrico erano edu-
12
catori degli Artigianelli. Il primo veniva giustamente
considerato il primo aiutante del rettore san Leonardo Murialdo. La sua causa di beatificazione è stata
introdotta a Roma in considerazione dell’esemplare
vita di sacerdote religioso giuseppino. Fu giornalista
e direttore de “La voce dell’operaio”, (ora “La voce
del popolo”, settimanale della diocesi di Torino), e
autore di alcuni libri di storia e di devozione.
La sua inventiva teatrale fu feconda e originale. Il
fratello pittore preparava scenografie e costumi. Le
numerose commedie, farse, scherzi e monologhi,
pubblicate in quattordici fascicoli stampati dalla tipografia del collegio, divertivano correggendo ed
educavano al vivere civile e religioso. Il capolavoro è
“Il figliuol prodigo”, dramma in cinque atti; “Il loro
modesto teatrino [del collegio] - ricorda don Reffo
nella biografia del santo rettore - si vide frequentato
dalla migliore società”. n
p. Angelo Catapano
[email protected]
Padre Angelo Catapano durante
una processione a Taranto.
p. Adelio Cola - [email protected]
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Leonardo Murialdo (nostro fondatore), fino ai Giuseppini di cui si è aperta la causa di canonizzazione
(servi di Dio Eugenio Reffo, Giovanni Schiavo, Angelo Cuomo). Mi è sembrato opportuno riservare
uno spazio centrale all’attualità della Chiesa e della
società, soprattutto al mondo educativo (che è la
nostra missione), con una finestra sui mezzi di comunicazione sociale (libri, film, musica, internet).
Ampio spazio è stato dato infine alla vita delle comunità e delle opere, proveniente dall’Italia e dalle
altre nazioni in cui siamo presenti, con notizie, articoli e interviste, e con l’immancabile fotocronaca
dal titolo “flash di vita”.
Ho promosso un taglio più giovanile con il rinnovamento della veste grafica e dei colori, come pure
l’ingrandimento del formato e delle immagini, arrivando all’attuale dimensione e numero di pagine.
Ho sostenuto l’abbinamento con sussidi di formazione e di preghiera: il numero speciale all’inizio
dell’anno per la Famiglia del Murialdo, i libretti allegati al periodico (La via di Giuseppe, Sui passi del
Murialdo, incontro a Maria, catalogo LEM…), il calendarietto tascabile. Ho dedicato l’ultima pagina
alle proposte di solidarietà. Siamo sbarcati anche
con la versione online sul nostro sito.
Abbiamo cercato di ragionare insieme, costituendo un gruppo di redazione stabile, ampliando l’apporto di laici e professionisti, fino alla conduzione
laicale dell’attuale direttore Giuseppe Novero (fratello del giuseppino Paolo e mio compagno di studi
nel liceo classico). In questo servizio alla stampa di
congregazione, ho ricevuto molto, specialmente
come ricchezza di contatti e di internazionalità.
Ora mi manca un po’, dato che ho sempre sentito la vocazione dello scrittore e del giornalista. Ad
ogni modo darò anche in futuro il mio contributo,
nel caso che serva, per quanto posso e riesco. n
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uomini di Dio
testimonianza
Battezzato dal Papa
Fratel Francesco Airale
E
cco un fratello laico della prima generazione,
testimone, in vita, del vero religioso giuseppino
come l’avevano sognato il Murialdo e i cofondatori e, oggi, nostro intercessore in cielo.
Nato a Torino il 6 aprile 1862, fr. Francesco Airale
ricevette una sana educazione cristiana da Sebastiano
e Giuseppa, suoi genitori. Il contatto con la giovane
Congregazione di S. Giuseppe lo portò a entrare in noviziato l’8 dicembre 1880 alla Colonia di Bruere (Rivoli),
sotto la guida del p. Pier Giuseppe Milanese, uno del
gruppo di fondazione della congregazione.
Francesco, il “Cichin d’Turin”, come lo
chiamavano, era riuscito a compiere solo
gli studi elementari, ma gli fu possibile,
nella Colonia agricola, raggiungere
il diploma di agronomia con abilitazione in floricoltura. Emise gioiosamente la prima professione l’11 novembre 1882 e continuò a lavorare
alla Colonia di Bruere (Rivoli) come
assistente dei giardinieri e floricultori, rivelandosi allegro e simpatico
educatore dei ragazzi.
La coltivazione dei fiori nei giardini e
nelle anime dei giovani lo fece di un’invidiabile bellezza d’animo. Il contatto con
la terra, il vedere il bello e il buono nella floricultura e frutticultura della bellissima ed avanzatissima
Colonia di Rivoli lo riempiva continuamente di soddisfazioni. Frequentò a Torino, con lode e in qualche caso
con premio, altri corsi di qualificazione in agricoltura,
ad esempio per l’innesto di viti e alberi da frutta.
Come religioso, essendo discepolo del Murialdo, ne
ricopiò diligentemente lo spirito, distinguendosi soprattutto per una esimia pietà, per una umiltà semplice
e serena e per un amore grandissimo alla Congregazione. E cresceva nello zelo giuseppino circondato dai
buoni esempi e ammonimenti dei cofondatori e dei primi fervorosi giuseppini laici.
Anche lui, con tutti i ragazzi della Colonia, fu presente ai
solenni funerali del Santo Fondatore Leonardo Murialdo.
Con l’apertura della prima missione giuseppina “ad
gentes” a Bengasi (Libia) nel 1904, gli occhi dei Superiori si posero su di lui; e nel 1906 si aggiunse a padre
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Girolamo Apolloni, a fratel Maurizio Costa e a fratel
Carlo Arlunno.
Fratel Francesco era felice, fedele e instancabile nel
suo lavoro con i “moretti” che gli volevano molto bene.
Lui, piccolo di statura, con la bella barbetta e sempre
contento e pieno di umorismo, si faceva voler bene ed
otteneva ottimi risultati in campo umano e religioso.
Alcuni di loro, più tardi, ogni tanto gli scrivevano ancora, dopo il suo rientro in Italia (1915).
Fu poi a Modena come giardiniere, a Rivoli, dal 1917
al 1919, anno in cui fu mandato alla Bufalotta,
dove fece anche da vice-maestro dei novizi
laici.
Il p. Girolamo Apolloni ebbe per lui
sempre grande affetto e stima. Il 5
gennaio 1931, nel comunicargli il
trasferimento ad Albano, così gli
scriveva: “In primo luogo rinnovo
auguri al caro giovanotto (di ieri),
che si chiama Cichin d’Turin… e con
lui a tutta la grande comunità di S.
Alessandro. Ha visto come la Provvidenza ha provvisto? Lei è atteso ad
Albano dove potrà recarsi al più presto, dove si troverà, spero, ottimamente bene… non mica come villeggiante eh!
Non mica come giubilato (che questo avverrà
fra venti, trenta anni almeno!) ma come… fattore… di
opere materiali e morali. Salve ed arrivederci. Aff.mo
P. Gir. Apolloni, C.S.J.”. Ad Albano celebrò i suoi 50
anni di consacrazione religiosa.
Dal 1937 fu trasferito a Roma in Casa Generalizia,
ove si distinse per il servizio amorevole e simpatico al
padre generale, al consiglio e ai confratelli ospiti.
E il 5 gennaio 1947, lui, uno dei primissimi missionari
giuseppini in Africa, poté dare il saluto ai 51 missionari
partenti per l’America del Sud.
Due mesi dopo, il 5 marzo 1947, toccava a lui partire
per il viaggio definitivo alla Casa del Padre. Confortato
da tutti i sacramenti e amorosamente assistito dai Confratelli di Casa Generalizia, andò a prendere il posto a
lui riservato per il riposo eterno negli splendidi giardini
del cielo. n
D
iciotto aprile duemilaquattordici. Venerdi Santo. Noi tutti, fr. Valeriano Maragno, Gabriella Marangoni, Edda Bolzonella Vais, Claudio
Coppo, Adriano Fasolo, Ornella Pittarello, Stefano
Ferrarese, Francesco Caldarazzo, Laura di Chiara, Davide Scapin siamo partiti alla volta di Roma al fine di
celebrare assieme la Pasqua, ma soprattutto per condividere il momento in cui Nader avrebbe ricevuto da
Papa Francesco il sacramento del battesimo.
Arrivati a Roma, siamo stati ospitati nella Casa
Generalizia dei Giuseppini del Murialdo da p. Tullio
e dai suoi confratelli, i quali ci hanno subito fatto
sentire accolti, rendendosi disponibili per ogni nostra
necessità.
La mattina di sabato ci siamo diretti verso la chiesa
di San Pietro dove, mentre p. Tullio ci ha fatto da
“Cicerone” all’interno della basilica, illustrandoci i
significati e la storia delle meraviglie in essa contenute, Nader e fr. Valeriano hanno fatto le prove per la
celebrazione che si sarebbe tenuta alla sera.
Quella sera, in fila per entrare nella Basilica di
San Pietro per la veglia pasquale, si poteva respirare un’aria densa, carica ed emozionata per la grandiosità dell’evento che da due millenni si celebra: la
resurrezione di Gesù. All’inizio della celebrazione la
basilica era buia… Un poco alla volta, però, si illumi-
na grazie alla fiamma delle candele, accese dal cero
pasquale, che ogni persona tiene in mano.
La veglia pasquale presieduta da Papa Francesco
prosegue intensa con l’esortazione, nell’omelia, di
fare ritorno ciascuno alla propria “Galilea”.
Stava per giungere il momento in cui Nader avrebbe ricevuto il sacramento del battesimo, al termine
di un profondo cammino interiore che segna l’inizio di una vita nuova. Ed ecco che tutto avviene in
pochi istanti: “Giovanni Nader, io ti battezzo nel
nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”.
Sono stati attimi commoventi, emozionanti e carichi di gioia (foto).
Al termine della veglia, nel tragitto verso casa, abbiamo condiviso quello che abbiamo vissuto: una
gioia immensa!
Il giorno seguente, dopo la benedizione del Papa
in piazza S. Pietro, tornati in casa generalizia siamo
stati omaggiati con diversi doni: in particolar modo a
Giovanni Nader è stato regalato un libro contenente
le immagini più belle e suggestive di Papa Francesco.
Dopo i dovuti e sentiti ringraziamenti per la vera
accoglienza donataci e le foto di rito, siamo ripartiti, felici e carichi per l’esperienza e le emozioni
provate. n
Davide Scapin - [email protected]
p. Orides Ballardin - [email protected]
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vita della chiesa
testimonianza
Oderzo: in prima fila
è
27 Aprile 2014: un giorno storico, più unico che raro, a S. Pietro in Roma
un’esperienza unica quella
che abbiamo vissuto sabato
10 maggio a Roma, all’incontro della scuola italiana col Papa.
L’incontro è stato promosso dalla
Cei per sensibilizzare ai temi educativi all’interno del mondo della
scuola e per “rafforzare energie e
motivazioni in tutte le scuole, sia
in quelle statali che in quelle paritarie: la libertà dei genitori verso
i propri figli rappresenta un diritto
sancito dal nostro paese, la libertà
di educare i propri figli secondo i
propri valori”, come ha detto il
card. Bagnasco nel suo saluto. è
stata, come ha detto anche Papa
Francesco, una bella festa, con
tanto di animazione, di canti, di
balli, di testimonianze, tra cui una
frase di Yuri Chechi: “è sempre più
bella una sconfitta pulita che una
vittoria sporca”, riportata dal Papa.
E noi di Oderzo eravamo lì, proprio in prima fila, per i preparativi
fatti molti mesi prima, per la fortuna di avere tra i nostri genitori un
papà presidente provinciale Agesc,
per essere arrivati tra i primi nella
piazza e per l’attesa paziente davanti al nostro settore.
Un incontro di gioia, ma anche
di grande spiritualità e riflessione
sulla scuola e sul ruolo dell’educatore. Più di trecentomila persone
hanno riempito la piazza, via della
Conciliazione e anche le vie vicine
per dire che amiamo la scuola, che,
come ha detto il Papa, è luogo di
incontro, è apertura alla realtà e ci
educa al vero, al bene e al bello.
Non lasciamoci rubare l’amore
per la scuola! Un discorso semplice, senza troppi riferimenti confessionali per toccare il cuore di tutti.
è stata un’esperienza unica e indimenticabile, un’emozione fortissima vedere il Papa da così vicino
e con la consapevolezza che forse
mai ci ricapiterà.
Eravamo tutti lì sotto il sole che
aspettavamo il Papa di fronte a
ragazzini in carrozzina e persone
malate e mi sono chiesta: “Cosa
mi manca?” Un’esperienza del genere non solo ti porta a riflettere,
ma anche ti dà un grande carico di
energia, forza e coraggio; il giorno
dopo una mia collega mi ha detto
“hai una luce speciale negli occhi”.
Forse la luce del sentirsi Chiesa in
mezzo a migliaia di altre persone
che cantavano “Jesus Christ you
are my life” o sventolavano il fazzolettone azzurro consegnato a
tutti i partecipanti, o gridavano insieme: “W il Papa!”
“Per educare un ragazzo ci vuole
tanta gente: famiglia, insegnanti,
personale non docente, professori,
tutti”, - ha detto ancora il Papa “andare a scuola significa aprire la
mente e il cuore alla realtà, e questo è bellissimo! Nei primi anni si
impara a 360 gradi, poi piano piano si approfondisce un indirizzo
e infine ci si specializza. Ma se
uno ha imparato a imparare, - è
questo il segreto, imparare ad
imparare! - questo gli rimane
per sempre!”
E a noi rimarranno sempre
impressi nel cuore e nella mentre, oltre a queste parole, anche
le migliaia di volti in piazza,
volti di bambini, ragazzi, adolescenti, giovani, adulti, che
vivono nella scuola, che amano
la scuola e che, insieme, hanno
pregato per la scuola. n
p. Massimo Rocchi
[email protected]
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Ma che mattino!
da Papa Francesco
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U
n milione? Due milioni? Un
miliardo davanti alla TV? Chi
lo sa? Quello che so è che
il giorno della canonizzazione di
Giovanni XXIII e di Giovanni Paolo
II, a Roma in Piazza S. Pietro, c’ero
anch’io, dopo aver trovato, con
una fortuna sfacciata, un biglietto di ingresso insieme ai sacerdoti
incaricati di distribuire la comunione! Così dopo aver indossato
la talare e la cotta nell’aula Nervi
ho potuto assistere al solenne rito,
con la pisside in mano, proprio in
prima fila davanti al primo gradino
di fronte all’altare del papa! Non
ho potuto partecipare quasi mai a
eventi del genere, ma l’emozione
è stata intensa. Perché? Forse per
la vicinanza al papa, alle autorità
e ai vescovi e cardinali; forse perché c’erano 4 papi: due all’altare
(Francesco e Benedetto XVI) e altri
due “sugli altari”, che con il loro
Vita Giuseppina 5 2014
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sguardo sorridente ci guardavano
dai ritratti delle grandi tele esposte ai due finestroni laterali della
basilica; forse perché c’era una
folla indescrivibile che si accalcava
da ore, se non da giorni, intorno
al Vaticano; forse perché ero insieme a circa 400 sacerdoti di non
so quante nazionalità e sentivo
che cantare insieme in latino era
un segno della nostra cattolicità e
di una fede profonda e condivisa
anche con chi non conosci; forse
perché alla fine del rito sono passato davanti alle nuove tombe dei
due papi in basilica, dove ancora
non era entrato nessuno; e forse
per tanti altri motivi ancora che
non so descrivere, ma che mi hanno fatto pensare: “Mio Dio, che
mattino!” e ancora: “è bello per
noi stare qui!”. Grazie, Chiesa! n
p. Mariolino Parati
[email protected]
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Nelle foto di
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Torino
aggiore
Montecchio M vesuviano
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roma
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napoli
lucera
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Programma
dei
Festeggiamenti
14
ore 17:00: Villaggio della Gioia in Oratorio San
Paolo, animazione alla preghiera e all’adorazione
ore 19.30: S. Messa
Mercoledi
A seguire Rinfresco
15
Giovedi
16
Venerdi
ore 20:45: In chiesa dell’Oratorio San Paolo
Veglia di Preghiera animata
con il nostro San Leonardo Murialdo.
ore 18:30: In Parrocchia Murialdo - Incontro
formativo sull’Esortazione Apostolica “Evagelii
Gaudium” di papa Francesco
ore 21.00: Concerto della Corale Cristallo
ore 15:30:“Festa del Malato” con unzione degli
Infermi con l’Unitalsi, gli Amici dei Malati e le
Artigianelle;
Ore 17:00: in Teatro Parrocchia Murialdo
Premiazione “Concorso Murialdo” di Poesia.
Dalle ore 16:00 alle 18:00 Ritiro Pettorine in
Sabato Oratorio San Paolo per “Corri..Amo San Paolo”
Ore 18:30: Ritrovo per Partenze Maratone
A seguire Premiazioni, Spaghettata e Impianti
Aperti per “La Notte Bianca dello Sport”
17
ore 10:00: in Parrocchia Murialdo s. Messa all’aperto, segue processione
con la Statua di San Leonardo Murialdo per le vie del quartiere.
ore 16:00: in Parrocchia Murialdo Apertura Bancarelle e Fiera del Murialdo
ore 16:15 : Grandi giochi di Lilo e Stitch per ragazzi
ore 17:00 Concorso “Torta più Hawaiana”
Domenica ore 18:00 Teatro Ripa Grande del Murialdo, Musica
ore 19:00 Stand gastronomici “Cena Paesana” (bruschette, pasta,
18
porchetta, pizza) - Animazione - Balli di gruppo -Revival
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19
san giuseppe
murialdo
La Festa del Carisma
Patrono di ciascuno di noi
Fra tradizione e creatività
S
i è tenuta a Torino dal 25 al 27
aprile la Festa del Carisma, organizzata dalla Provincia Italiana. Il tema di questa prima edizione
“Carisma, Tradizione, Incarnazione
e Creatività” ha portato i partecipanti a riflettere e confrontarsi sulle
possibilità attuali di incarnazione del
carisma nelle proprie vite, nei propri
territori, nelle proprie Opere di appartenenza.
I momenti di preghiera vissuti
assieme e una breve rappresentazione teatrale della vita del Murialdo hanno gridato a gran voce che
l’ispirazione e l’ideale di ieri sono
ancora quanto mai attuali e validi
per l’oggi; che il “ne perdantur”
non è solo una citazione latina che
ci è cara, ma un’eredità che siamo
tutti chiamati a vivere, seppur nella
20
diversità di vocazioni della nostra
Famiglia del Murialdo.
Come farlo? Come rispondere
ai segni dei tempi? Innanzitutto
guardando all’esempio del nostro
Santo! Padre Giovenale Dotta, nel
corso del proprio intervento “Il
Murialdo tra ieri e oggi”, ha descritto un uomo aperto alle novità
e al dialogo, capace di collaborazione e cooperazione con il territorio, con altre istituzioni, con i laici;
un sacerdote capace di vivere nel
proprio contesto ma, sempre, con
l’orecchio e lo sguardo tesi a nuovi
bisogni e la mente e il cuore pronti
a sognare e pensare nuove risposte.
Le quattro interessanti testimonianze di Alfredo Tonelli, di Laura
Orestano, di Cristina Casado e di
Giuseppe Meluso ci hanno raccontato come nella semplicità dell’ordinario è possibile vivere lo straordinario del carisma con grandi
novità.
La Fiera delle esperienze e i lavori di gruppo hanno permesso,
poi, ai partecipanti di condividere
sensazioni, impressioni e vissuti
personali. Ed è proprio il vissuto
comune di questi giorni, che riporta ciascuno dei presenti alla
propria vita e al proprio apostolato con l’impegno a ricercare e
cogliere nel carisma murialdino
“provocazioni al nuovo”, per gettare semi di creatività: senza mai
perdere di vista la nostra missione
di educatori dei giovani. n
Marika Polidori
[email protected]
Vita Giuseppina 5 2014
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I
nvocare il patrocinio di san Giuseppe nelle varie
circostanze della vita dice che abbiamo con lui
un legame di fiducia e di confidenza. Tuttavia
non bisogna dimenticare che anche s. Giuseppe
ha qualcosa da chiederci. Il servo di Dio d. Eugenio
Reffo scriveva: «E che cosa dice a noi il Patrono
della Chiesa, il glorioso s. Giuseppe? Ecco il suo
ammonimento, nel quale sta tutto il dovere dei
figli di Dio: siate cristiani non di “convenzione”
ma di “convinzione”, non di parata (cioè per farsi vedere, esternamente), ma di
pratica, coraggiosi, senza rispetto umano, cristiani tutti d’un
pezzo, devoti al papa, incrollabili
nella fede, gli uni agli altri edificanti nell’esercizio delle virtù».
Insomma non si può essere tanto
devoti e poi essere poco… cristiani, o cristiani solo in chiesa.
Alle volte il san Giuseppe custode di Gesù è paragonato al Giuseppe, venduto dai fratelli di cui
si narra la vicenda nel libro della
Genesi, il primo libro della Sacra
Scrittura. Dopo vicende drammatiche Giuseppe è divenuto
un pezzo importante nel regno
d’Egitto, tanto che il Faraone
l’ha nominato suo vice re, in un momento di carestia e di gravi problemi sociali. Giuseppe organizza il paese in modo tale che possa superare la
grave carestia e al faraone non rimane altro che
dire a quanti si trovano nel bisogno: «Andate da
Giuseppe; fate quello che vi dirà» (Genesi 41, 55).
Questa frase quasi uguale la troviamo detta dalla
Madonna in occasione del matrimonio in Cana di
Galilea, quando venendo a mancare il vino della
festa, Maria si rivolge ai servi dicendo: «Qualsiasi
cosa vi dica, fatela» (Vangelo di Giovanni 3,5).
Nel caso di Giuseppe in Egitto la gente poteva
avere quello che gli serviva per andare avanti in
tempi di carestia; a Cana di Galilea Gesù trasformò in vino l’acqua che i servi avevano portato in
tavola.
Vita Giuseppina 6 2014
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E san Giuseppe, che cosa ci dice, lui che passa
come l’uomo del silenzio?
Ci invita non tanto a mettere in pratica delle parole, ma a ripresentare un esempio, l’esempio del
suo essere custode di Gesù, del suo stare a servizio di Gesù e di Maria nella casa di Nazareth.
Tutto quello che Giuseppe ha fatto lo ha realizzato in ubbidienza alla volontà del Padre; per questo ha il potere di rispondere ai bisogni di chi
lo invoca. è proprio della dinamica del credente:
più ti affidi al Padre, più diventi
affidabile.
Per i santi, per san Giuseppe, è
capitato proprio così: possono
estendere il loro patrocinio ai
propri devoti perché loro per
primi si sono affidati, hanno
consegnato la loro vita alla volontà del Signore.
Inoltre mentre ascoltano la preghiera dei fedeli che a loro ricorrono, i santi ci chiedono di farci loro imitatori, perché il vero
dono che essi vogliono elargire è
quello di un cammino di santità.
Nelle parole riportate sopra e
prese da uno scritto di don Reffo, troviamo quello che san Giuseppe desidera da noi. Egli ci aiuta a custodire
Gesù nella nostra vita perché possiamo essere
cristiani convinti e non cristiani solo perché convenga, e ci invita ad essere cristiani sempre e non
solo in qualche occasione, di essere testimoni di
ciò che crediamo con ferma convinzione.
Si può quindi affermare che credere nel patrocinio di s. Giuseppe sia anche impegnativo perché
se s. Giuseppe ascolta noi, noi dobbiamo ascoltare s. Giuseppe, cioè imitarlo nella dimensione
fondamentale della sua esistenza: fare la volontà del Padre, come strada di vita cristiana, come
strada di santità. n
p. Tullio Locatelli
[email protected]
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murialdine
engim ong
estate:
SUMAK KAWSAY:
L’IDEA DI SVILUPPO NEI PAESI
Ad
la gioia di stare insieme
La
comunità murialdina di Montecchio organizza da molti anni un interessante
CENTRO ESTIVO nel mese di luglio per
bambini e ragazzi in età compresa tra i 3 e i 14 anni.
È questo un servizio tanto richiesto dalle famiglie che
ancora sono al lavoro e non sanno come impegnare i
figli al termine della scuola.
L’affluenza è sempre molto numerosa. Lo spazio verde si offre bene per i giochi all’aperto, le sale e le aule
della scuola materna possono accogliere un buon numero di ragazzi e ragazze. Importante è la collaborazione di una dozzina di giovani animatori e animatrici
che si prestano come “guide” per le varie attività.
Per le consorelle, gli animatori e le animatrici questo è un mese di intenso lavoro, ma viene svolto con
tanto entusiasmo da coinvolgere anche alcuni genitori
così che si crea come una grande famiglia. Quasi tutti
i bambini e ragazzi conoscono già l’ambiente perché
sono ex alunni e sin dai primi giorni di attività vengono immersi nel filone conduttore di tutto il percorso
che faranno insieme.
Rivolgiamo qualche domanda a suor Lucia, responsabile della comunità.
Come organizzate il lavoro del centro estivo?
Sempre esiste un racconto che fa da guida, un
racconto interessante che aiuta i bambini e ragazzi a riflettere sui valori importanti per la vita, come
per esempio: il rispetto della natura, delle diversità,
la solidarietà, la gioia, la pace, il perdono, l’altruismo,
ecc. Questi medesimi valori li “trattiamo” da varie
angolature.
I ragazzi vengono volentieri?
Sono sempre venuti con tanta voglia di scoprire ogni
22
giorno cose nuove e questo ha permesso agli animatori di essere ricchi di entusiasmo e creativi nel proporre le attività.
Quali attività svolgete?
Giochi di squadra, mimi, scenette, laboratori, canti,
danza, calcio, preghiera, gruppi di riflessione.
Molto entusiasmo e creatività dimostrano i ragazzi/e
nei laboratori per i lavori con la creta, colorati e modellati a seconda del tema trattato, lavoretti artigianali
con fiori, fazzoletti di carta, materiale povero e riciclabile, disegni sulla stoffa, oggetti fatti con perle o altro
materiale, ecc.
Per le bambine molto bello è il momento della danza dove possono esprimere tutta l’armonia e la grazia
del corpo al ritmo di musica. Per i maschietti invece
sono importanti le lezioni di calcio. Ogni settimana poi
è programmata una passeggiata sulle colline circostanti e una volta nel mese una gita con mete diverse
ogni anno.
Avete un momento per i genitori?
Al termine di ogni settimana vengono invitati i genitori per una serata da vivere insieme e i ragazzi fanno
conoscere ciò che hanno imparato.
C’è poi la festa al termine del Centro Estivo quando il cortile veramente si riempie di tantissima gente:
genitori, nonni, parenti e amici. In quella circostanza i ragazzi e i bambini si esibiscono in una rappresentazione che riassume tutto il percorso del centro
estivo. Veramente questa è una serata di grande gioia per grandi e piccini, con l’unico rimpianto che per
quest’anno l’avventura è terminata. n
A cura di sr. Emma Bellotto - [email protected]
Vita Giuseppina 6 2014
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aprile, una missione
dell’ENGIM e del CELIM Bergamo (Centro
Laici Italiani per le Missioni) ha visitato la Bolivia, ed in particolare la
regione amazzonica, dove ha incontrato lo staff del CIPCA (Centro
de Investigación, Posgrado y Conservación Amazónica), organizzazione dei gesuiti che si occupa della popolazione indigena. In seguito, nella regione di Cochabamba,
si è visitato il Centro di Formazione
Professionale di Eterezama.
Qui si è venuti in contatto con
un’idea di “sviluppo” molto diversa
dalla nostra. Infatti nelle lingue originari delle popolazioni andine, sia
“quechua” che “aymara”, il termine
non è traducibile e neppure esiste.
Il concetto si diversifica molto
dalla cultura occidentale, e quello
che più si avvicina, il “sumak kawsay” in quechua, è tradotto nelle
nuove costituzioni ecuadoriana e
boliviana con lo spagnolo “buen
vivir” o “vivir bien”. Il significato, però, esprime solo in parte la
nostra idea di sviluppo, si basa su
presupposti diversi ed introduce
tematiche fondamentali per la
cooperazione internazionale e
per gli attori che, in Bolivia ed in
Ecuador, vogliono accompagnare
questo processo di cambiamento.
“In una dimensione lata, buen
vivir indica la vita in armonia con
la collettività e la natura, dove la
sfera privata e quella comunitaria,
e la sfera materiale e quella spirituale, sono concepite come interdipendenti. Nel sistema di pensieVita Giuseppina 6 2014
l
ro andino il benessere è possibile
solo all’interno della comunità e
nel rispetto della Pacha Mama, ossia “tutto come Pacha”, il cosmo
spazio-temporale interconnesso
nella sua totalità.” (Serena Baldin
- Università di Trieste).
Questi principi, in Bolivia come
in Ecuador, assieme ad altri della
tradizione andina, come il prevalere della vita e delle esigenze
comunitarie rispetto a quelli individuocentrici dell’occidente, hanno trovato dignità nelle riforme
costituzionali di Ecuador e Bolivia,
Paesi in cui si è avviato un nuovo
processo di sviluppo.
Qualcuno lo chiama addirittura deconolizzazione. è una riappropriazione, in chiave moderna,
delle culture indigene, dopo anni
di neoliberismo selvaggio e sperimentazioni del Fondo Monetario
Internazionale che hanno prodotto gravi macerie sociali.
Da parte di questi Paesi, soprat-
tutto la Bolivia, dove la maggior
parte della popolazione è ancora
considerata indigena, si stanno
rivoluzionando aspetti sociali, culturali e giuridici, difficilmente comprensibili per noi occidentali, al fine
di armonizzare crescita economica,
rispetto della natura e salvaguardia
delle tradizioni originarie.
Il nuovo “Estado Plurinacional de Bolivia” è attualmente un
fermento di lotta alla corruzione,
appropriazione di spazi democratici ed istituzionali fino a qualche
anno fa preclusi agli indigeni, e
crescita economica delle fasce più
basse della popolazione.
Questa piccola nazione, incastonata tra Brasile e Argentina, i
giganti dell’America Meridionale,
sta subendo una trasformazione
che la pone al centro di un passaggio epocale, che vale la pena
approfondire, cercare di comprendere ed accompagnare. n
Lucio Filipponi
23
testimonianza
vita delle opere
iniziative comunitarie a thiene
Fare e divertirsi insieme
un’adozione speciale
C
arnevali e sagre non sono mai state la mia passione e non ho mai indagato sul perché, ma il
Carnevale al Patronato è un’altra cosa.
Il brusio comincia già a novembre dell’anno prima
e, sul momento, tutto deve stare segreto, segretissimo. O meglio, forse lo sanno tutti ma che nessuno
si azzardi a parlarne apertamente perché se no dove
va a finire il fascino del segreto? I congiurati, dopo
mille proposte, discussioni e diverbi, sono arrivati al
dunque: il tema è stato scelto e da lì parte la macchina
complessa dell’organizzazione, sempre però tenendo
blindato l’alone del mistero inviolabile, pena la radiazione dalla fatidica impresa.
Le parti ormai sono definite da tempi immemorabili:
le mamme nel seminterrato vicino alla lavanderia a fasi
alterne ma febbrili durante la giornata a preparare i
costumi, i papà dal crepuscolo fino a notte inoltrata
nell’edificio deputato all’allestimento dei carri in zona
industriale: un qualcosa di mezzo tra la fucina di Vulcano e la fabbrica dei Tempi Moderni di Charlie Chaplin. Sono stato a trovare i desperados un dopocena:
quest’anno il freddo non ha affilato la sua lama e si
poteva anche parlare senza emettere nuvole di vapore. Il bello di tutta la faccenda è che qui hanno convegno tutte le scuderie della Formula 1 del carnevale
thienese e si lavora in santa collaborazione prestandosi consigli e materiale e, all’occorrenza, incoraggiamenti e sollecitazioni. Dimenticavo: c’è chi provvede
anche a preparare coreografie e balletti per rendere
effervescente la sfilata e qui le mamme sfoderano ricordi compressi della giovinezza che fanno sgranare di
stupore gli occhi delle neonate generazioni.
Ci siamo: i costumi sono pronti e si può svelare il
segreto: il tema quest’anno fa perno sui giocattoli del
cartoon Toy Story con il bambino Andy, il cow boy
Woddy, l’alieno Buzz Lightyear che non si rende neppure conto di essere un giocattolo.
Domenica 2 marzo, il cielo è grigio scuro e promette
ancora pioggia ma la decisione arriva a dispetto della
stagione pluvia: la sfilata si fa. Corse con il boccone del
pranzo ancora in gola ed eccoci gloriosi ed intrepidi sul
carro di Toy Story. Il corpo di ballo con il costume da cow
boy di Woddy fa il suo matto figurone e si scatena nei
24
movimenti mille volte provati; Buzz/don Tony, affogando
nel sudore che gli causa la tuta spaziale del suo personaggio, distribuisce caramelle a grandi e piccini e io
scatto qualche foto. Si fraternizza con gli altri carri complimentandoci a vicenda. Anche questa volta è andata.
Il Carnevale di Thiene credo che nessuno l’abbia mai
dichiarato ma, lungo gli anni, è arrivato sempre più ad
autodefinirsi un carnevale fatto proprio a misura dei
bambini e delle loro famiglie. Curato nei particolari,
ha ancora il timbro di essere “alla buona” e, senza
ambizioni di roboante spettacolarità, porta la gioia di
un prodotto fatto in casa.
E, per restare in tema, mi è piaciuto anche lo spettacolo di Martedì Grasso allestito in piazza Chilesotti
proprio per i più piccini (foto). Hanno fatto una santa
alleanza gli animatori dei gruppi giovanili e gli R/S del
Noviziato del Thiene 1 e hanno chiamato in causa quel
leggendario quanto imbranato guerriero di arti marziali che risponde al nome di Kug Fu Panda. Il pubblico
dei piccoli è stato entusiasta e gli applausi sono stati
abbondanti e saporiti come i crostoli.
E come posso dimenticare i ragazzini di 5° Primaria
che venerdì “gnocolaro” hanno animato il carnevale
per i loro compagni delle classi inferiori allestendo vari
stand dove tutti erano chiamati a mettere in gioco le
loro abilità?
Ma guarda un po’: quando si fa di cuore qualcosa
per gli altri ci può essere una singolare continuità anche tra Carnevale e Quaresima. n
p. Fidenzio Nalin - [email protected]
Nella foto: Carnevale dei bambini in piazza Chilesotti a Thiene.
Vita Giuseppina 6 2014
l
una bella testimonianza di fede e di vita tratta
da “camminare insieme”, il notiziario dell’opera di Milano.
C
irca un mese fa ho partecipato all’ordinazione
Diaconale di Raj Kulandai a Quito, un giovane
seminarista giuseppino indiano che si sta preparando al sacerdozio nel seminario di Quito (Ecuador).
Quando sono entrato in Chiesa, ho visto il giovane Raj seduto in mezzo ad una famiglia ecuadoriana:
papà, mamma, due figli già grandi. All’inizio del rito
questa famiglia da la benedizione e accompagna Raj
dal Vescovo.
Chiedo ad un confratello, che mi era vicino, chi
era questa famiglia e mi dice che sono i genitori di un
ex seminarista giuseppino Carlos Cañar che è morto in
un incidente, asfissiato con il gas nel 2010. E aggiunge, ancora, che questa famiglia ha voluto “adottare”
Raj perché lontano dai suoi che sono in India.
Dopo l’ordinazione diaconale, questa famiglia ha offerto un ottimo pranzo a tutti gli invitati facendo una
grande festa.
Cerco l’occasione di avvicinarmi al “papà”, gli faccio
i complimenti per la sua generosità nei confronti di
Raj e dei giuseppini... E mi racconta la storia: “Quando nostro figlio Carlos Cañar cominciò il cammino di
Vita Giuseppina 6 2014
l
seminarista nella Congregazione dei Padri Giuseppini
eravamo super felici, ma con la sua morte prematura abbiamo passato un momento molto difficile, una prova molto pesante; ma l’abbiamo superata con
l’aiuto della preghiera e della vicinanza dei giuseppini.
...Poco tempo dopo dall’India è arrivato Raj, per prepararsi al sacerdozio qui a Quito. Un padre giuseppino
mi ha chiesto se potevamo dare una mano a questo
giovane, tanto lontano dalla sua famiglia, nel suo
cammino per diventare sacerdote. Ne abbiamo parlato in casa e abbiamo deciso di sì. Avevamo perso la
speranza di avere un nostro figlio sacerdote e il Signore ci ha invitato ad un cammino differente, offrendoci
un altro figlio”.
Dico al papà: “tu lo sai che dopo l’ordinazione sacerdotale questo “tuo figlio” lascerà l’Ecuador e andrà
in India sua terra natale?” “Si, lo sappiamo, risponde:
mio figlio aveva il desiderio, una volta diventato sacerdote, di andare in missione in un altro paese. Sappiamo che dove Raj andrà sarà sempre nostro figlio e nel
nostro cuore”. n
p. Gabriele Prandi
25
vita delle opere
focus economia
Opera San Michele Arcangelo di Foggia
coro murialdo
D
opo la commovente e vissuta liturgia del Venerdì Santo,
il Coro Murialdo, diretto da
Antonio Forchignone, ha continuato a pregare attraverso un concerto “meditato”, vivendo, attraverso
l’arte musicale, quei sentimenti
che hanno scosso l’animo umano
nei secoli e suscitando nell’animo
dei cristiani sincera pietà al pensiero della sofferenza non solo per la
ingiusta umana scelta della morte
di un uomo (per noi Uomo-Dio),
ma soprattutto per la sua assurdità. Per questo motivo, volendo vivere appieno la liturgia del Venerdì
Santo, abbiamo invitato vivamente
i presenti di non applaudire alla
fine delle esecuzioni per rimanere
concentrati nel pensiero di un Dio
giudicato dall’uomo, sua creatura.
Si è iniziato con alcune strofe
delle lamentazioni di Geremia, che
hanno aperto il cuore alla considerazione di un popolo che rifiuta,
o semplicemente distratto e non
curante, l’amore che Jahwèh riversa sul “suo” popolo. Il profeta
intravede la sua città amata già
26
distrutta e, seduto, osserva Gerusalemme dall’alto e non può che
piangere.
Portando all’oggi le lamentazioni, anche noi viviamo le sfasature
tra il nostro sincero tendere a Dio
e la difficoltà di arrivarci. Per il coro
le lamentazioni ricordano con affetto la figura di don Tommaso
Mastrolitto, Giuseppino del Murialdo, in quanto la melodia è una
armoniosa rielaborazione di motivi
popolari di Volturino, sua città natale, che don Tommaso, dopo tantissime nostre insistenze, ha voluto
donarci.
I partecipanti alla serata meditativa hanno vissuto il contrasto tra
l’iniziale canto di gloria e la richiesta di perdono (Heinrich Schütz,
Ehre sei dir, Christe, da Sieben
Worte Christi - Sette parole di Cristo 1645), invocando dal Signore
pietà per le nostre miserie: Kyrie
eleison, Christe eleison, Kyrie eleison. L’animo umano ha potuto, in
parte, comprendere quanto sia necessario lodare, benedire il Signore
per i doni (immeritati) che ci ven-
gono continuamente concessi.
Gesù viene giudicato innocente
dal governatore Pilato, ma il suo
popolo, aizzato, lo vuole sulla croce dei malfattori (Guillame Boizignac, Ecce homo). La suggestione
di quanto il vangelo di Giovanni al
riguardo narra ha stupito da sempre la mente ed il cuore di chi ama
la giustizia e la verità, se addirittura un governatore di Roma se ne
lava le mani; c’è profonda indignazione tra il disappunto di Pilato e
la richiesta dei suoi concittadini di
volerlo sul quella infame croce.
La liturgia del Venerdì Santo
propone gli “Improperium” (Franz
Xaver Witt, Improperium); essenzialmente è il rimprovero ed il
biasimo di non riconoscere il bene
che Dio, tramite il Figlio Gesù, con
la sua sofferenza e la sua morte,
dimostra nei secoli per l’umanità.
Nel momento della prova ci siamo
addormentati; abbiamo lasciato
Gesù solo, nel suo dolore, nell’orto dell’ulivi e poi gli abbiamo dato,
come cibo, fiele e, come bevanda,
aceto.
Vita Giuseppina 6 2014
l
Le ultime amare, struggenti parole di Gesù sulla croce: “Mio Dio,
mio Dio, perché mi hai abbandonato?”, ci portano alla considerazione che, anche noi, talvolta
ci sentiamo abbandonati nell’ora
triste del dolore! è solo una impressione; il Signore ci è sempre
vicino, anche nell’ora più dura
nel dolore; non dimentichiamolo
(Gyorgy Deak-Bardos, Eli, Eli). Un
brano commovente, che coinvolge
tutto l’essere di chi sta perdendo la
persona più cara.
È umanamente incomprensibile
vivere lo strazio di una madre ai
piedi del patibolo del suo figlio.
Quale individuo e soprattutto quale madre avrebbe potuto resistere
a tanta tortura? Le pie donne danno atto a Maria che il “SI” proferito all’annuncio giunge ora al suo
pieno compimento (Guido Messore, Stabat mater).
Ma ora, dopo troppo tempo,
avendo compreso la bontà del
nostro Dio, in piena libertà e con
ferma volontà anche noi ai piedi di
quella croce sul Golgota ci uniamo
all’accorata preghiera al Dio dei
nostri Padri, perché voglia liberare colui che si trova nell’angoscia.
Lanciamo il nostro grido di dolore
verso Colui che è la nostra speranza e chiediamogli perdono e misericordia (Jacquet de Berchem, O
Jesu Christe).
E con la preghiera per eccellenza, che Gesù stesso rivolge al
Padre che, tramite la sua stessa
morte, è non solo suo ma anche
nostro Padre, abbiamo chiuso la
serata di preghiera, meditazione,
riflessioni: questa preghiera che
ci da certezza di un Dio amante
dell’uomo, sua creatura (Nikolay
Kedrov, Pater noster). n
Franco Monaco
Vita Giuseppina 6 2014
l
La mano di Adam Smith
non è esente da crampi
C
ari lettori,
credo di non dire qualcosa di
nuovo se affermo che la società
deve funzionare per il benessere e la
felicità della persona umana, singola e
associata, a partire dal vincolo basilare
che è quello familiare.
Per capire “che cosa” noi rappresentiamo, dobbiamo definirci come
persone, più che come individui, e
cioè intrecci di relazioni sociali che
intratteniamo con gli altri.
L’indiano Amartya Sen, premio nobel per l’economia nel 1998, scrisse
che anche nella visione del fondatore dell’economia di mercato, Adam
Smith, “per funzionare efficientemente a un’economia servono altri
valori e principi come la fiducia reciproca e la confidenza”.
Questo mi autorizza a sostenere con
forza che in una economia sviluppata
la presenza e il rispetto di valori immateriali, come per esempio quelli morali,
non sono opzionali ma necessari.
Ad oggi l’economia di mercato sembra lo strumento meno imperfetto a
disposizione per l’agire economico, ma
servono regole e norme che lo indirizzino verso il bene comune, verso la promozione delle relazioni sociali.
Credo che l’attuale situazione
economico-finanziaria del mondo
occidentale abbia sciolto ogni dubbio sul fatto che il mercato non sia
capace di autoregolarsi; anche la
“mano invisibile” di Adam Smith
ogni tanto ha qualche crampo.
Bisogna andare oltre la logica dello scambio degli equivalenti e del
profitto fine a se stesso e introdurre
anche quella della gratuità.
A questo proposito, il cardinale
Angelo Scola scrisse che “il dono,
come esperienza elementare propria dell’uomo, realizza la domanda
di felicità che ogni persona e ogni
società si portano dentro”.
Il rettore dell’Università Bocconi,
Guido Tabellini, nel commentare
assieme all’arcivescovo di Milano, il
cardinale Dionigi Tettamanzi, l’enciclica Caritas in veritate affermò che
“il buon funzionamento di un’economia di mercato e di uno stato di
diritto si basa anche su presupposti
etici che devono essere condivisi e
su un particolare sistema di valori”.
L’imprenditore Alberto Falck, impegnato nell’Unione Cristiana degli
Imprenditori e Dirigenti, scrisse che:
“la dottrina sociale cristiana vuole
fecondare con principi corretti (non
soltanto cristianamente corretti, ma
soprattutto
antropologicamente
corretti) le coscienze di tutti, non
solo dei credenti, affinché i laici
responsabili si facciano parte attiva per attuare progetti, sviluppare
azioni coerenti, formare un quadro
legislativo facilitante”.
Una volta stabiliti i fini, uno fra tutti
la centralità della persona umana intesa sia come singolo che come famiglia,
l’economia, in qualità di strumento, ha
il compito di realizzarli nella maniera
più efficiente possibile, nella consapevolezza che per funzionare bene deve
essere intrisa di valori immateriali quali
per esempio il dono, il rispetto e il senso di responsabilità. n
Alessandro Pellizzari
- A. Sen, “Adam Smith’s Market Never Stood Alone”, Financial Times, 10 maggio 2009.
- A. Scola, “Il dono fa l’economia libera”,
Il Sole 24 Ore, 9 luglio 2009.
- G. Tabellini, “L’economia e l’etica sono sorelle e non rivali”, Il Sole 24 Ore, 5 nov. 2009.
- A. Falck, “Quale economia a servizio
della libertà dell’uomo?”, in AA.VV., Il punto
è la responsabilità personale, Milano, Fondazione Ambrosianeum, 2009.
27
testimonianza
ex allievi
“Vita Giuseppina” vuole ricordare p. Gino Piccialuti con questa bella foto tratta
dalla copertina di VG del 1984 - n.5, dove p. Gino celebra all’ Ilva di Taranto (ex
Italsider) la messa di chiusura del mese di maggio su un altare preparato dagli
operai. In questi ultimi anni della sua vita p. Gino ha sostenuto con stima e
simpatia il lavoro della nostra Redazione: poco tempo prima che morisse ci ha
consegnato questo toccante articolo lasciandoci liberi di pubblicarlo.
CAPODANNO IN ALTOFORNO
U
savo
attendere
l’inizio
dell’anno nuovo con gli
uomini di uno degli altiforni dell’Italsider di Taranto. Era
un’esperienza toccante, una condivisione di vita che ripetevo ormai
da molto tempo: lasciavo alle mie
28
spalle gli spari e le luminare della
città trasformata in trincea festosa.
Qui mi attendeva un mostro siderurgico con il suo insidioso silenzio notturno di sempre: un alveare
operoso accecante, le cui luci quella
notte apparivano meno abbaglianti.
Quest’anno all’ingresso dello stabilimento, in una portineria, avevo
trovato un solo vigilante nella sua
guardiola.
Mi sorrise sorpreso e grato che
anche quella notte io andassi... volontario con chi non poteva stare a
casa con la sua famiglia a festeggiare l’anno nuovo in arrivo.
Sceso dall’auto, ci eravamo
scambiati gli auguri con un abbraccio, come usano nel Sud.
Poi avevo ripreso la macchina ed
essendo in anticipo, ero passato velocemente in altri reparti e mi ero
trattenuto nell’officina del piano terra, dove gli uomini addetti al piano
intervento, tra una chiamata e l’altra, cercavano di fare un po’ di cena.
Ad una di quelle telefonate andai a
rispondere io, senza dire chi fossi.
Cercavano un elettricista per un
intervento. Chiesi: “Secondo te io
sono un elettricista o un meccanico?”; con un po’ di esitazione la
voce rispose: “Veramente ho l’impressione che tu non sia né elettricista né meccanico.”
Mi dava del tu con una certa titubanza nel tono... dato che le voci
dei compagni di quella squadra le
conosceva tutte. Certamente ebbe
il dubbio di essersi imbattuto in un
capo che non gli era familiare. Era
vero. Non ero un elettricista, ma
sentivo la gioia di portare anch’io
una manciata di luce.
Vita Giuseppina 6 2014
l
Poco dopo, al quinto piano del primo SINOTTICO incontrai quella voce che cercava l’elettricista al pronto intervento. Voce arricchita da un sorriso aperto e incorniciata da un
paio di baffi a punta, solenni come quelli di Guglielmo II.
Lassù, una passerella aerea, librata sul vuoto a grande altezza, collegava due lingue di fuoco. La percorsi costeggiando il
nastro trasportatore del carbone in movimento, con gli scarponi affondati in un soffice tappeto di polvere nera e il casco
ben piantato in testa, e raggiunsi gli uomini dell’altro sinottico.
Dovunque tanta cordialità, tanta voglia di farsi coraggio
e di trattenermi. Ma all’avvicinarsi della mezzanotte dovevo lasciarli per arrivare in AFO/4, come l’anno precedente e
come avevo promesso. Mi aspettavano. La squadra di turno
questa volta era la “O2”. Una radiolina ci diede il segnale
che l’anno nuovo stava ormai arrivando.
Stappammo anche noi qualche bottiglia di spumante in
cabina PIROMETRI, poi con il capoturno, un uomo dalla statura e dal cuore grande, siamo andati a portare gli auguri
con un brindisi agli uomini che erano sul campo di colata.
Anche qui, come narra il vangelo di NATALE, nel buio c’era
una grande luce... non solo quella della ghisa incandescente
che usciva a fiotti, ma anche di un caldo gesto di amicizia. Ho
incontrato tanta umanità più tardi anche in AFO/5. Dopo gli
auguri a tutti, un uomo mi ha requisito tutto per se. Compresi che aveva bisogno di confidarsi. E poiché la conversazione
si prolungava, i compagni di lavoro, quasi in punta di piedi,
come i pastori del presepio, erano venuti a portare prima qualche castagna, poi un sorso di birra e infine cinque mandarini!
Nel silenzio sembrava sussurrassero: “la nostra vita è dura
ma è NATALE anche per noi”. Sapevano che quel povero
uomo non era di turno quella notte. Si era offerto al posto
di uno che aveva una bella famiglia che lo attendeva. Lui era
solo. Moglie e figli lo avevano abbandonato.
Quando tornai a casa, il 1996 aveva già incenerito le sue
prime tre ore. Ero stanco, infreddolito e bruciacchiato allo
stesso tempo. Strani scherzi della vita di altoforno. Più tardi, in parrocchia, mentre le campane suonavano a festa,
mi sono andato a preparare per celebrare la prima Messa
dell’anno e mi veniva di riflettere che quella vita nelle linee
a caldo del siderurgico era veramente pesante, oserei dire
Crocifissa.
Salendo l’altare nella nostra chiesa dedicata a Gesù Divin
Lavoratore mi sono inchinato a Dio e, idealmente, a quei
poveri Cristi. Ed ho continuato a stringere mani di donne e
bambini in una unica colata di luce, quella dell’Amore di Chi
si è fatto uno di noi, per camminare insieme anche in questo
nuovo anno. n (Taranto, Capodanno 1984)
p. Gino Piccialuti
Vita Giuseppina 6 2014
l
F ederazione italiana “A mici
ed
E x allievi del M urialdo ”
venezia 2014
L’
occasione
quanto
mai
propizia,
il
centenario dell’Associazione di quell’opera
giuseppina fondata dal
Murialdo, e l’incantevole città di Venezia,
quanto mai attraente,
hanno indotto il nuovo
Presidente nazionale,
Santo Cistaro, a convocare qui l’Ufficio di Presidenza Nazionale (foto).
Oltre alla partecipazione di tutti i componenti del rinnovato Ufficio di Presidenza era
presente anche p. Tullio Locatelli, consigliere
generale dei Giuseppini. Oltre al saluto
del padre generale ed
una parola di apprezzamento per la nostra
Associazione, ha fornito un quadro universale sulla Congregazione
e sulle iniziative messe
in atto dal recente Capitolo dei Giuseppini di
Buenos Aires (2012).
Nutrito
l’ordine
del giorno dei lavori: la programmazione delle attività per
il prossimo triennio,
il 120° anniversario
di Vita Giuseppina, il
Progetto Artigianelli
di Torino, l’aggiornamento dello statuto,
gli impegni missionari, i rapporti con l’Engim e la Confederex,
il nuovo sito internet,
ecc.
Il nuovo e giovane
presidente è un vulcano di idee.
Proprio un buon
avvio per la nuova
Presidenza nazionale
d’Italia, alla quale auguriamo proficuo lavoro per continuare a
mantenere vivo nella
nostra società tanto
frastornata il carisma
quanto mai attuale
del nostro santo, il
Murialdo. n
Bruno Bianchin
[email protected]
nella casa del padre
nella casa del padre
Padre GINO PICCIALUTI
Padre DELIO FOSSÀ
ë
Bassano in Teverina (VT), 11 ottobre 1927
ë
Vicenza, 24 dicembre 1939
†
Roma, 19 aprile 2014
†
Arzignano (VI), 2 maggio 2014
Padre Gino ci ha lasciati alle prime ore di sabato 19 aprile 2014, sabato santo.
Era nato a Bassano in Teverina (VT) l’11 ottobre 1927, in una famiglia dalle solide
basi ed abitudini di fede, di vita e di pratica cristiana. Dopo il postulandato fatto
a Viterbo, il suo viaggio in Congregazione è iniziato con il noviziato a Vigone nel
1942 per poi proseguire con gli studi filosofici e liceali a Ponte di Piave e a Oderzo
negli anni oscuri e difficili della guerra. Dopo il tirocinio di magistero svolto al Collegio Murialdo di Albano e a Dipignano, la professione perpetua nel 1948. Compie
gli studi teologici a Viterbo, dove viene ordinato sacerdote nel 1953. Da lì inizia
il suo pellegrinare nelle varie Opere dell’allora Provincia Romana, con incarichi e compiti diversi: Santa Marinella
(anche come Direttore), Viterbo S. Giuseppe Artigiano, San Giuseppe Vesuviano, Albano, direttore a Cefalù.
Dopo la lunga parentesi di Economo Provinciale, lo troviamo ancora direttore a Santa Marinella. Particolarmente
significativa fu per lui l’esperienza di direttore e di parroco a Taranto, dal 1979 al 1990. E dopo a Roma, al Centro
Sociale Murialdo, all’Oratorio San Paolo, all’Opera San Pio X e finalmente, dal 2010, nella sede provinciale, sua
ultima comunità di appartenenza.
“Caro padre Gino,
di te vogliamo ricordare anzitutto la tua vita di religioso giuseppino consacrato al Signore per il bene dei giovani, specialmente poveri. Questi giovani tu li hai veramente amati e cercati e per loro hai speso la tua vita. Li hai
incontrati nei collegi, nella case famiglia, nelle famiglie povere delle Parrocchie, sui posti di lavoro, nei luoghi di
recupero dalla tossicodipendenza. Con loro ti sei sentito religioso giuseppino appagato e felice. A loro hai fatto
dono della tua generosità, della tua disponibilità, della tua capacità inventiva di trovare soluzioni. E se molti di
loro, fatti adulti, hanno continuato a ricercare la tua amicizia e la tua parola, è perché li hai toccati nel loro cuore
facendoti per loro amico, fratello e padre.
Nella tua vita hai avuto modo di riversare la tua generosità pastorale anche nel mondo del lavoro, soprattutto
con gli anni dedicati all’impegno di cappellano all’ILVA di Taranto. E l’hai fatto con tutta la generosità del tuo
cuore, con la passione del pioniere, libero da qualsiasi vincolo, trascinatore e maestro per i tuoi confratelli più
giovani. Sei stato tra gli operai e per gli operai come pastore, uomo di Dio e di Chiesa. Una presenza che non fu
mai ingombrante o intrigante, ma sempre discreta, dentro le viscere della fabbrica e intorno all’uomo. Ti sei fatto
prossimo alle difficoltà della vita di tanti. Hai raccolto lacrime e confidenze. Hai benedetto propositi e progetti
di vita. Hai sostenuto e dato coraggio. In te gli operai hanno avuto il sacerdote che li ha fatti incontrare con Dio
attraverso la Parola e i Sacramenti.
Fedele ai giovani poveri, fedele agli operai, fedele al tuo sacerdozio. Ci lasci il ricordo di uno slancio sacerdotale
fatto di generosità, di sobrietà e di intelligente disponibilità. Hai saputo costruire la comunità cristiana attorno alla
Parola e all’Eucarestia e l’hai fatta crescere con l’attenzione alla carità e alla solidarietà. Molti in te hanno trovato
appoggio ed esempio e sono cresciuti in una esperienza di vita cristiana impegnata nella carità e nella testimonianza dei valori cristiani. Ti sei sentito profondamente sacerdote anche tra quei giovani che tu hai tanto amato,
alla ricerca di una via di uscita dalla tossicodipendenza.
Quanti tu hai abbracciato, oggi abbracciano te, p. Gino e ti affidano a quel grande Amore che tu hai amato e
servito per tutta la vita nei più piccoli e nei più poveri dei suoi fratelli. Noi conserveremo di te la memoria benedetta di giuseppino vecchio stile, dalla vita laboriosa, gioiosamente e generosamente donata ai giovani. E tu benedici
noi e intercedi e prega per noi.”
P. Lorenzo Sibona, Superiore provinciale
(tratto dall’omelia funebre)
30
Vita Giuseppina 6 2014
l
Padre Delio è mancato il 2 maggio 2014, nel tardo pomeriggio. Aveva 74 anni.
Da tempo ricoverato presso la struttura di Brendola, “Casa Santa Bertilla”, colpito
da una embolia polmonare era stato portato al Pronto Soccorso dell’ospedale civile
di Arzignano. Pur assistito, p. Delio veniva a mancare nel breve volgere di tempo.
Padre Delio nacque a Vicenza il 24 dicembre 1939. Dopo le medie inferiori a
Montecchio Maggiore, il postulato ad Arcugnano e il noviziato a Vigone fece la sua
prima professione il 12 settembre 1956. Tre anni a Ponte di Piave e poi in magistero
ad Oderzo, dal 1959 al 1962. Il 3 novembre 1962 professò in perpetuo, ed era già
studente di teologia a Viterbo. A Viterbo divenne sacerdote il 28 giugno 1967. Il 2 luglio 1967, nella sua chiesa di
San Marco in Vicenza, p. Delio per la prima volta cantò messa, presenti tra gli altri i suoi genitori. Dopo un anno di
apostolato a Civezzano, fu per la prima volta in Ecuador dal 1968 al 1969. Ritornato in Italia fu assistente ad Enego, a Montecchio Maggiore, a Modena, a Santa Marinella, a Roma in Via Etruschi 7; qui ebbe anche l’opportunità
di frequentare in Roma l’Università del Laterano per la licenza in Teologia (1974). Dal 1974 al 1986 fu in Spagna a
Orduña. Al termine dell’anno scolastico 1986 p. Delio fece domanda di ritornare in Ecuador, anche nella speranza
di essere più forte e preparato rispetto all’esperienza del 1968. Nell’anno 1986 riparte per l’Ecuador, dove per 13
anni è a Cotundo, nel seminario minore del Vicariato Apostolico del Napo, coprendo anche l’incarico di preside
e di direttore. Nell’anno scolastico 1999-2000 è a Roma presso la casa generalizia per un tempo di formazione
permanente. Al termine di questo periodo ritorna in Ecuador dove lavora a Puerto Napo, a Talag, a Cotundo.
Nel 2009 tornò in Italia. È stato nelle comunità di Vicenza, di Montecchio, di Padova “Sacro Cuore” e, infine, fu
opportuno il ricovero presso la struttura delle suore di Santa Bertilla a Brendola.
Avrebbe voluto fare ancora tante cose, specie per le vocazioni, impegno che ha svolto per molti anni in Ecuador
e in Spagna, ma non gli è stato possibile: il desiderio non era proporzionato alle sue forze. Questa credo che sia
stata la sofferenza più grande: accettarsi per quelle fragilità che ogni persona deve saper affrontare.
Grazie, p. Delio, per quanto hai donato nel servizio: sei stato un testimone di amore per Dio e per l’uomo con la
tua vita di religioso e prete giuseppino nella Chiesa, nella congregazione, per quanti il Signore ti ha voluto affidare.
Devoto della Madonna, p. Delio è morto nel mese di maggio e a Lei, la madre dei missionari, affidiamo p. Delio
perché sia ammesso a far parte della famiglia dei Figli di Dio, per sempre.
Lunedi 5 maggio presso la parrocchia San Marco nella città di Vicenza sono stati celebrati i funerali e poi p. Delio
è stato sepolto nel cimitero comunale di Vicenza nella tomba di congregazione.
p. Tullio Locatelli, consigliere generale
ADDIO A GIANCARLO FIN : COLONNA DEL PATRONATO LEONE XIII DI VICENZA
A 75 anni, si è spento, nel marzo scorso, Giancarlo Fin, già prima provetto operaio-collaboratore della famosa
ditta artigiana dell’argenteria Aurelio Sandonà in città e poi, per una vita, impegnato sempre al Patronato Leone
XIII di Vicenza. Fu negli Anni Cinquanta e Sessanta pure un importante riferimento per generazioni di tanti lupetti
del gruppo scout, con l’indimenticato Tullio Dal Ferro e tanti assistenti religiosi e capi altrettanto valenti e generosi. Da ex allievo dell’istituto giuseppino di Contrà Pusterla, si dedicò all’interno del consiglio dell’associazione e
soprattutto per tanti decenni si prodigò nello sport e nel direttivo del gruppo donatori di sangue intitolato proprio
a Tullio Dal Ferro. Giancarlo Fin ricoprì importanti incarichi nell’interno della gloriosa società Polisportiva Leoniana
e poi nella fortissima squadra di tennis-tavolo e nell’organizzazione, insieme con altri esponenti del direttivo, del
noto torneo “Bicego”. Giancarlo Fin è stato ricordato ai funerali nella chiesa del “suo” Patronato Leone XIII in
città. E siamo stati in tantissimi, padri e amici, con senso di gratitudine, a stringerci attorno alla moglie, ai fratelli
e ai parenti tutti. Nell’amicizia murialdina. ( Mario Pavan )
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flash di vita
flash di vita
india
viterbo
Ordinazioni sacerdotali
di Shine John e di Jose Fifin
Sabato 10 maggio, il vescovo di
Kollam, Mons. Stanley Roman,
ha ordinato sacerdote p. Shine John, nella sua parrocchia
natia, la parrocchia di Cristo
Re, Kottappuram, un villaggio
sulle rive del lago Ashtamudi,
in Kerala. Era presente il padre generale dei Giuseppini, d.
Mario Aldegani, con quasi tutti
i confratelli della Delegazione
dell’India guidati dal superiore,
p. Mario Parati, altri sacerdoti,
i familiari e molti fedeli. Padre
Shine è il nono sacerdote giuseppino indiano.
Sette nuovi diaconi giuseppini
“Servite il Signore nella gioia” (Sal 100, 2b) è stata la frase che i sette nuovi diaconi hanno scelto per la loro ordinazione diaconale avvenuta il 1 maggio 2014 nella parrocchia San Leonardo Murialdo di Viterbo.
La celebrazione eucaristica è stata presieduta dal Vescovo di Viterbo, Mons. Lino Fumagalli, concelebrata da
altri tre vescovi nigeriani, padre generale d. Mario Aldegani, alcuni provinciali (d. Mariolino dall’India, d. Luigi
dall’Africa e d. Marco dalla provincia Ecuador/Colombia). Erano presenti anche gli economi provinciali e altri
confratelli giuseppini e sacerdoti diocesani. Presente anche alcuni familiari. Ai nuovi diaconi: Diego Ruiz (Colombia), Hohn Odurukwe (Nigeria), Joy Kurisingal (India), Joseph Koottungal (India) Manasseh Ioryue
(Nigeria), Patricio Castro (Ecuador) e Wandermber Paredes (Ecuador), l’augurio di ogni bene.
Sabato 17 maggio, nell’isola
di Vypeen, vicino alla città di
Ernakulam, il Padre generale,
nella sua visita in India, si è unito ai confratelli indiani, ad altri
sacerdoti diocesani e religiosi,
suore, seminaristi e naturalmente ai familiari per l’ordinazione sacerdotale di p. Jose
Fifin, il decimo sacerdote giuseppino indiano! Alla solenne celebrazione erano presenti circa 2000 fedeli.
Ha presieduto l’Arcivescovo di Verapoly (Ernakulam), Mons. Francis Kallarakal.
60° anniversario di Messa
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ecuador
Ad Ambato, in Ecuador, grande emozione per il 60° anniversario di sacerdozio di ben 5 Padri Giuseppini del Murialdo: p. Teodoro Rosero, p. Fausto Vasconez, p. Francisco Mena, p. Humberto Dorigatti, p. Roberto Tadiello.
Venerdi 16 maggio alle ore 19.00 si è celebrato in chiesa il
vespro e il rosario e poi in cortile i festeggiamenti sono proseguiti con la banda musicale e i fuochi d’artificio.
Sabato 17 alle ore 9.00 nel teatro della scuola González
Suárez si è svolto uno spettacolo, poi alle ore 11.00 la
S.Messa nella parr. San José Custodio del Redentor presieduta dal padre provinciale, e alla fine il pranzo. Tra confratelli, parenti dei festeggiati, mamme apostoliche, amici dei
missionari, allievi, professori, fedeli e giovani della Famiglia
del Murialdo hanno partecipato circa 500 persone. Vita Giuseppina 6 2014
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fotocronaca di un viaggio
Alcune immagini del viaggio in India del Padre Generale
- maggio 2014
Il 14 e 15 maggio, a Chemparaky, p. Mario Aldegani e
p.Mariolino Parati incontrano i
nove confratelli in tirocinio della Delegazione India.
Sempre il 15 maggio, nel tardo
pomeriggio, il Padre generale incontra i sette giovani che hanno
iniziato il Noviziato, con il nuovo
maestro, p. Anuraj Tony.
Che altro dire? Non c’è che da ringraziare il
buon Dio per tutti i doni che fa alla nostra piccola ma cara famiglia in India, ed augurare ai
giovani confratelli indiani di crescere nell’amore di Dio e dei fratelli, specie i più poveri e
abbandonati.
Nel pomeriggio, presso la
nostra casa di Aroor, il Padre
generale ha guidato, con il
padre Delegato, l’incontro
dei confratelli di voti perpetui della Delgazione India.
Il 16 maggio, ad Eramalloor, p. Mario Aldegani ha partecipato alla celebrazione eucaristica
nel primo anniversario della morte di fr. Jithin,
assieme a quasi tutti i confratelli della Delegazione, e al pranzo offerto dalla sua famiglia.
Ha presieduto la Messa p. Misihadas G., vicario
della Delegazione.
Domenica 18 maggio, solennità di
San Leonardo Murialdo, nella nostra
chiesa di Aroor p. Mario ha celebrato
la S. Messa, attorniato da quasi tutti
i sacerdoti indiani, ed ha accolto la
professione perpetua di fr. Yesudas
Prakash. Durante la celebrazione altri
22 giovani confratelli hanno rinnovato i voti per un anno.
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Il 21 maggio, mentre si trovava all’aeroporto di Doha aspettando il volo per Roma abbiamo raggiunto con una e-mail il
Padre Generale e gli abbiamo chiesto un breve commento a caldo sulla sua visita alle comunità giuseppine in India. Ecco
le sue parole: “Non è facile mettere insieme in poche parole le impressioni su un viaggio così intenso e speciale. Volti, parole, incontri, celebrazioni, canti... Questi quindici giorni, con due ordinazioni sacerdotali, una professione perpetua, una
schiera di 22 giovani nel rinnovare i voti, mi sono parsi come l’esperienza del raccolto, con i sentimenti di gratitudine che
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l’accompagnano e il senso di fiducia che la colora. C’è futuro per il carisma del Murialdo in India!”
p. Mario Aldegani
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