Capitolo 4

TECNICHE VOLTAMMETRICHE
Le tecniche voltammetriche utilizzano il potenziostato, quindi un sistema a tre elettrodi, per
ricavare la relazione tra corrente e potenziale dell’elettrodo lavorante, al variare del potenziale nel
tempo. Il processo elettrodico risulta condizionato dal trasporto di materia e, a seconda del
processo stesso, potrebbe essere condizionato anche dal trasferimento elettronico (TE). Se il TE è
relativamente veloce (vedremo più avanti che “relativamente” riguarda principalmente la velocità
con cui viene variato il valore del potenziale elettrodico), si parla di processo reversibile, nel
qual caso lo stadio lento è il trasporto di materia che, come abbiamo visto al capitolo 3, può essere
limitato alla sola diffusione (in tal caso si parla di controllo diffusivo del processo elettrodico). Nel
caso in cui il TE sia lento, si parla di processo irreversibile, per il quale pesa sia la lentezza del
TE che la diffusione. Infine, quando il TE non è veloce, ma neanche troppo lento, si parla di
processo quasi-reversibile, per il quale, ancora una volta, pesa sia la lentezza del TE che la
diffusione.
Il responso voltammetrico dipende, ovviamente, dal tipo di processo con cui si ha a che fare, ma
anche dalle condizioni che governano il trasporto di materia. Le due principali tecniche
voltammetriche riguardano infatti: (i) la possibilità di avere una convezione controllata, che
governa la diffusione all’elettrodo (caso dell’elettrodo a disco rorante, Rotating Disk Electrode,
RDE); (ii) elettrodo e soluzione stazionari (caso della voltammetria lineare e ciclica).
4.1 ELETTRODO A DISCO ROTANTE
L’elettrodo a disco rotante (RDE) è costituito semplicemente da un disco di materiale conduttore
elettronico (un metallo, come Pt, Au, Ag, Cu, ecc.; oppure glassy carbon GC), saldato ad un
cilindro di metallo, il tutto incorporato in una corona cilindrica di materiale isolante (tipicamente
teflon o altre resine epossidiche, a seconda dell’ambiente in cui deve essere usato). Il disco
elettrodico è centrato ed ortogonale rispetto all’asse del
cilindro e tale dispositivo viene agganciato all’albero di un
motorino che imprime il moto rotatorio attorno all’asse del
cilindro (Figura IV.1). Durante la rotazione il cilindro di
metallo (stelo, generalmente di ottone), mantiene il
collegamento elettrico tra il disco ed il cavo che collega
l’RDE al potenziostato, mediante un contatto a spazzola
(generalmente argento-carbonio).
Il parametro fondamentale per l’RDE è la velocità angolare
w (rad s-1) = 2pf, dove f è la frequenza, cioè il numero di
giri al secondo, che
può essere modulata
liberamente mediante il controllo, anche programmabile,
del motorino.
In questo caso, la rotazione dell’elettrodo attira la
soluzione verso la propria superficie con un moto lineare
ortogonale alla superficie elettrodica; una volta raggiunta
la superficie, la forza centrifuga spinge radialmente la
soluzione verso l’esterno, per cui viene continuamente
Fig. IV.1. Rappresentazione schematica di
rimpiazzata da nuova soluzione. Il profilo della velocità in
un RDE.
prossimità dell’RDE è stato ricavato rigorosamente (da
von Karman e Cochran) risolvendo le equazioni differenziali idrodinamiche. In maniera molto
schematica, tale profilo di velocità può essere rappresentato come in Figura IV.2.
Di fatto, il profilo di velocità che si realizza, equivale ad avere un profilo di concentrazione per le
specie presenti in soluzione, come quello rappresentato in Figura IV.3. Ciò significa, praticamente,
61
che la concentrazione di una specie è costante in tutta la
soluzione, pari quindi a C* (per il moto convettivo della
soluzione impresso dalla rotazione dell’elettrodo), fino
alla distanza d dalla superficie elettrodica, che definisce
lo spessore costante dello strato diffusivo, entro il
quale il trasporto di materia avviene esclusivamente per
diffusione. Il valore dello spessore d dipende dalla
velocità di rotazione secondo la relazione
d = 1.61
⁄
ω
⁄
n
⁄
(IV.1)
(IV.1)
dove D è il coefficiente di diffusione della specie in
questione, w è la velocità angolare dell’RDE e n è la
viscosità cinematica (cm2/s), cioè il rapporto tra la
viscosità h e la densità r.
Fig. IV.2 Profili di velocità in prossimità di un
Naturalmente, il profilo di concentrazione dipende dal
elettrodo rotante.
valore di c(0,t) per la specie in esame, e tale valore
dipende dal potenziale elettrodico, come vedremo tra poco. Se siamo in condizioni di elevata
sovratensione, ad esempio, per il processo di riduzione di una specie O (equazione IV.2)
O + ne-
R
(IV.2)
per cui la concentrazione di O sulla superficie elettrodica cO(0,t) = 0, il che significa che tutte le
molecole di O, come arrivano sulla superficie
elettrodica, vengono immediatamente ridotte,
il profilo di concentrazione sarà come quello
riportato in Figura IV.3, dove y è la distanza
dalla superficie elettrodica (in questa figura
viene usata y come coordinata lineare, in un
sistema di coordinate cilindriche y, r, f,
mentre noi continueremo ad usare x).
Il responso voltammetrico dell’RDE, può
essere ricavato dalla relazione tra corrente e
gradiente di concentrazione sulla superficie
elettrodica, cioè ad x = 0, e dalla relazione
tra concentrazione sulla superficie elettrodica
cO(0,t) ed il potenziale elettrodico E.
Quest’ultima relazione dipende dal tipo di TE
Fig. IV.3 Profilo di concentrazione su un RDE.
che è coinvolto nel processo elettrodico.
Consideriamo il caso in cui si abbia trasporto
di materia solo per diffusione, com’è il caso dell’RDE, con diffusione lineare semi-infinita e TE
relativamente veloce. Il TE è quindi reversibile, cioè sempre all’equilibrio; il potenziale elettrodico è
espresso dall’equazione di Nernst in funzione però delle concentrazioni sulla superficie elettrodica
E = Eo +
RT cO (0 , t )
ln
nF c R ( 0 , t )
h = E - Eeq =
Eeq = E o +
RT cO (0, t ) cR*
ln
nF
cO* cR (0, t )
mentre la densità di corrente è sempre data dal flusso a x = 0
62
RT cO*
ln
nF cR*
æ ¶c ( x ,t ) ö
j = nFJ O (0 ,t ) = -nFDç O
÷
è ¶ x ø x =0
Si hanno due tipologie di comportamenti sperimentali:
· flusso costante (gradiente costante): I Legge di Fick
· flusso variabile (gradiente variabile): II Legge di Fick
Il flusso costante può essere realizzato agitando la soluzione in modo continuo e riproducibile
(convezione forzata, RDE) oppure ripristinando continuamente la soluzione in prossimità
dell’elettrodo (elettrodo a goccia di Hg, polarografia).
La situazione che si realizza con un elettrodo a disco rotante può essere schematizzata come
indicato nella figura IV.4, dove si vedono le dimensioni tipiche del doppio strato elettrico:
0.1 nm
1 nm
10 nm
0.1 mm
1 mm
10 mm 0.1 mm
1 mm
log x
IHP OHP
D.S.
diffuso
limite strato strato
diffusivo idrodinamico
zona stagnante
zona in moto
cO(x,t)
*
cO
cO(0,t)
0
d
x
Fig. IV.4 Dimensioni tipiche degli strati adiacenti alla superficie elettrodica e profili di concentrazione per un RDE
OHP è il piano esterno di Helmholtz dove è generalmente posizionata la specie elettroattiva O al
momento del TE; IHP è il piano interno di Helmholtz dove possono trovarsi specie chimiche che
danno adsorbimento specifico; si ha poi il cosiddetto doppio strato diffuso dove la distribuzione
delle molecole è condizionata dall’agitazione termica (per cui si ha la tipica distribuzione
esponenziale di Boltzmann). Più esteso è lo strato diffusivo, il cui spessore dipende dal sistema e
dalle condizioni idrodinamiche (ad esempio dalla velocità di rotazione dell’elettrodo rotante). Infine,
si ha il resto della soluzione soggetta alle particolari condizioni idrodinamiche (agitata
costantemente nel caso dell’elettrodo rotante, stazionaria nel caso di elettrodo stazionario).
Il profilo di concentrazione nel caso di un RDE è del tipo indicato: la concentrazione è
costantemente uguale a cO* per distanze maggiori di d, mentre ha un andamento praticamente
lineare per 0 £ x £ d, con una curvatura di raccordo per x » d. Naturalmente il gradiente, che è
costante entro lo straterello d, dipende da cO(0,t), da d e da cO* ed è massimo quando cO(0,t)=0.
Si ricava facilmente la relazione tra i e c:
* - cO (0, t )
dcO cO
=
dx
d
(J O )x =0 = - D
* - cO (0, t )
cO
d
= ( J O )0£ x £d =
j
nF
Consideriamo ad esempio il processo
O(sol) + ne
R(sol)
in cui sia presente solo la specie O. Se consideriamo positiva la corrente del verso catodico,
63
avremo:
(J O )x =0 = -(J R )x =0
c* - cO (0, t )
c* - cR (0, t )
æ dc ö
æ dc ö
j = - nFDO ç O ÷
= nFDR ç R ÷
= - nFDO O
= nFDR R
d
d
è dx ø x = 0
è dx ø x =0
c*
jd = nFDO O
d
dove cR* = 0. Quando cO(0,t) = 0, la densità di corrente raggiunge il massimo valore possibile, che
viene definito corrente limite di diffusione id. Utilizzando l’equazione di Nernst si può ricavare la
relazione tra i ed E:
E = Eo +
= Eo +
RT aO (0, t )
RT g OcO (0, t )
ln
= Eo +
ln
=
nF aR (0, t )
nF g R cR (0, t )
RT g O RT cO (0, t )
RT cO (0, t )
ln
+
ln
= E° +
ln
nF g R nF cR (0, t )
nF cR (0, t )
dove, E ° è il potenziale formale (quando cO/cR = 1) a volte indicato anche con E °’, mentre E o è il
potenziale standard (quando aO = aR = 1). Si ottiene quindi:
cO (0, t ) =
dj
djd
nFDO nFDO
cR (0, t ) = -
dj
nFDR
dove jd è il valore limite della corrente (in questo caso catodica), che si raggiunge quando il flusso
di O è massimo, cioè quando si ha il massimo gradiente per cO, che si realizza quando cO(0,t) = 0.
Allora possiamo scrivere l’equazione di Nernst utilizzando le espressioni su scritte per le
concentrazioni sulla superficie elettrodica
djd
dj
RT nFDO nFDO
RT DR RT jd - j
E = E° +
ln
= E° +
ln
+
ln
d
j
nF
nF DO nF
j
nFDR
E = E 12 +
RT jd - j
ln
nF
j
E 12 = E ° +
RT DR
ln
» E°
nF DO
L’andamento di i in funzione di E è del tipo seguente:
ic
E
id
id /2
E½
E½
log[(id-i)/i]
-E
Pendenza =
zona controllo cinetico del TE
2.3RT
nF
a 25 °C = 59.1/n mV
Fig. IV.5 Curva i-E per un TE reversibile su RDE e criterio diagnostico per la reversibilità (i sta per j).
64
Si ha cioè un’onda a gradino nella quale, quando E diventa abbastanza negativo, j raggiunge il
valore limite jd e rimane costantemente a tale valore con il classico plateau (almeno finché non si
inserisce un nuovo processo catodico).
Il valore E½, che è dato dall’equazione su scritta, rappresenta il valore del potenziale che si ha
quando la corrente è uguale a jd/2. Come si può constatare, si tratta di un parametro importante
poiché risulta sostanzialmente uguale al potenziale formale, dato che DR » DO. Una caratteristica
importante di questo responso voltammetrico (è evidente che la curva j-E di Figura IV.5 si ricava
facendo variare il potenziale elettrodico da un certo valore iniziale al valore finale, in questo caso
più negativo del primo; come vedremo più avanti, in voltammetria tale variazione viene realizzata
generalmente con una legge lineare in funzione di t) è l’andamento lineare di log[(jd - j)/j] contro
E, con il valore della pendenza su indicato. Un tale comportamento è una indicazione sufficiente
per poter considerare il processo elettrodico “reversibile”, cioè con una costante standard di TE k0
abbastanza elevata.
id,c
E½
-E
id,a
Eeq
Fig. IV.6 Curva i-E per un TE reversibile su RDE, in presenza sia di O che di R in soluzione (i sta per j).
Nel caso siano presenti in soluzione sia O (cO*) che R (cR*), il responso voltammetrico sarà come
riportato in Figura IV.6, dove Eeq è il valore dato dall’equazione di Nernst con le concentrazioni cO*
e cR*, in corrispondenza del quale j = 0, dato che siamo in condizioni di equilibrio, mentre E½
corrisponde al valore in cui si ha j = (jd,a + jd,c)/2. In questo caso compare sia la corrente limite
catodica jd,c che la corrente limite anodica jd,a; la prima si ha quando E è abbastanza più negativo di
Eeq per cui cO(0,t) = 0, mentre la seconda si ha quando E è abbastanza più positivo di Eeq per cui
cR(0,t) = 0.
c* - cO (0, t )
c* - cR (0, t )
j = -nFDO O
= nFDR R
d
d
cO (0) =
dj
dj
- d ,c
nFDO nFDO
cR (0) =
jd,i =
E = E° +
djd, a
dj
nFDR nFDR
nFDici*
d
RT DR RT jd ,c - j
RT jd ,c - j
ln
+
ln
= E 12 +
ln
nF DO nF j - jd,a
nF j - jd,a
Ovviamente, la situazione è del tutto analoga (basta invertire i segni) se si studia un processo di
ossidazione. Vale la pena di sottolineare che tutta la trattazione che abbiamo sviluppato in questo
capitolo, come pure quella che seguirà, fanno ancora riferimento alla vecchia convenzione
elettrochimica che considerava positiva la corrente nel verso catodico e negativa quella nel verso
anodico.
Le relazioni su ricavate valgono nell’ipotesi che c(0,t) vari lentamente nel tempo, per cui le
65
variazioni di E devono essere abbastanza lente (dell’ordine di pochi mV s-1).
Dalla soluzione delle equazioni per il regime idrodinamico generato dall’RDE, si ricava la relazione
che quantifica la densità di corrente limite (corrispondente cioè al plateau), nota come equazione
di Levich (se si vuole la corrente, anziché la densità di corrente, basta moltiplicare per l’area
dell’elettrodo A)
,
=
,
= 0.620n
⁄
ω
⁄
n
⁄
∗
da cui si vede che la densità di corrente, oltre a dipendere dalla viscosità cinematica della
soluzione (n = h/r), dipende dalla velocità angolare w alla ½. Diagrammando jd,c contro w½ si
ricava quindi una retta dalla cui pendenza è possibile ricavare n se si conosce D, oppure D se si
conosce n, nota la viscosità e la densità del solvente. Se si conoscono anche n e D, è possibile
ricavare il valore di ∗ , cioè usare il responso dell’RDE per scopi analitici.
4.2 VOLTAMMETRIA
Nella voltammetria, sia lineare che ciclica, il potenziale elettrodico viene fatto variare nel tempo
in modo lineare, quindi con una legge del tipo
v=
E = Ei ± v t
dE
dt
dove v è la velocità di scansione, cioè la velocità con cui viene fatto variare il potenziale
dell’elettrodo lavorante (sempre rispetto al potenziale del riferimento).
Si possono avere due tipi di voltammetria: la voltammetria lineare nella quale si ha una scansione
di potenziale da un valore iniziale, al quale non avviene alcun processo elettrochimico, a quello
finale, raggiunto il quale il potenziale può restare fisso a tale valore oppure può ritornare
bruscamente al valore iniziale.
Il responso che si ottiene è
una curva del tipo indicato in
figura IV.7: la corrente
inizialmente è zero finché non
si raggiunge un valore del
potenziale al quale comincia
ad aversi il TE con una
velocità apprezzabile, per cui
si rileva il passaggio di
corrente. La corrente cresce
man mano che il potenziale
diventa più negativo, dato che
diminuisce la concentrazione
sulla superficie elettrodica e
quindi aumenta il gradiente
sulla stessa, poiché aumenta
la velocità del TE. Ad un certo
punto
si raggiunge una
Fig. IV.7 Curve voltammetriche: sopra, voltammetria lineare; sotto, voltammetria condizione in cui il gradiente
ciclica.
dovrebbe
aumentare
per
effetto del potenziale sulla velocità del TE, ma diminuisce per effetto dell’aumento dello strato
diffusivo, il che finisce per prevalere per cui la corrente diminuisce. Al potenziale finale la corrente
66
può continuare a diminuire secondo l’equazione di Cottrell, essendo in condizioni di diffusione
limite, se il potenziale rimane costante al valore finale, altrimenti scende repentinamente a zero se
il potenziale torna al valore iniziale.
L’altro tipo di voltammetria è la voltammetria ciclica, quando si usa un’onda triangolare, cioè il
potenziale va dal valore iniziale, al quale non si hanno processi elettrochimici, fino ad un valore El
al quale avviene l’inversione della scansione per cui il potenziale torna al valore iniziale. Il caso più
normale è quello di un’onda triangolare simmetrica, ma sono possibili anche le varianti
asimmetriche, in cui la velocità di andata è diversa da quella di ritorno, oppure il potenziale finale
della scansione di ritorno è diverso da quello iniziale. Il responso voltammetrico è come indicato in
figura IV.7, parte inferiore.
La variazione del potenziale nel tempo, con velocità di scansione che possono andare da una
decina di mV/s a diverse centinaia di V/s (ma possono raggiungere anche valori di alcune decine di
migliaia di V/s nel caso degli ultramicroelettrodi), comporta una variazione di c(0,t) e, di
conseguenza, una variazione del flusso nel tempo. Se siamo in condizioni di avere un flusso
variabile, cioè un gradiente di concentrazione a x = 0 variabile nel tempo, la relazione tra i ed E è
un po’ più complessa. Per ricavarla è necessario ricavare prima la relazione tra le trasformate di
Laplace di i e c, per poi fare la rispettiva convoluzione.
c ( x , s) =
( )
é
c*
- u (0 , s ) exp ê- s
s
ë D
j = nFD
¥
1
2
ù
xú
û
é ¶c( x ,t ) ù
j = nFD ê
ë ¶x úû x = 0
é ¶c ( x ,t ) ù
dt
¶x úû x =0
é d c ( x , s) ù
j = nFD ê
ë dx úû x = 0
ò0 e-st êë
( )
é
d c ( x ,s)
= -u ( 0 , s ) ê - s
dx
ë D
1
2
( )
ù
é s
ú exp ê- D
û
ë
()
é
é d c ( x , s) ù
= u (0 , s ) ê s
êë dx úû
ëD
x =0
c ( x ,s) =
1
2
1
2
ù
xú
û
( )
ù
ú
û
é
j = nFD u (0, s) ê s
ëD
()
j
c*
1 exp é s
1
êD
s nFD 2 s 1 2
ë
c (0 , s ) =
1
2
1
2
ù
ú
û
ù
xú
û
j
c*
1
1
s nFD 2 s 1 2
Dall’espressione di c̅ (x,s) e dalla trasformata di Laplace di j si ricava l’ultima equazione, che lega ̅j
a c̅ (0,s). A questo punto, per ricavare, come abbiamo fatto nel caso del flusso stazionario, la
relazione tra j e c(0,t), è necessario operare la convoluzione dei due membri di tale equazione.
Naturalmente la convoluzione del membro di sinistra è immediata, si ottiene proprio c(0,t). Per
operare la convoluzione del membro di destra è necessario utilizzare il teorema di convoluzione:
f (s ) = g ( s) · h ( s)
t
f (t ) = ò g (t - t)h(t) d t
0
o
t
f (t ) = ò g (t)h(t - t) d t
0
data una trasformata di Laplace f̅(s), prodotto di due trasformate g̅(s) e h̅(s), la convoluta f(t) è
data da una delle due espressioni integrali su scritte. Nel nostro caso abbiamo:
67
f ( s) = j
1
s 12
h ( s ) = j ( s)
g ( s) =
f (t ) =
*cO (0 ,t ) = cO
t
nFDO ò 0
1
1
2
j (t )
p(t - t)
t
ò0
1
s 12
h(t ) = j (t )
g (t ) =
1
pt
j (t )
dt
p(t - t)
*cR (0 ,t ) = cR
dt
j (t )
t
nFDR ò 0
1
1
2
p(t - t)
dt
é
æ (1 - a )n F (E - E o ) ö
æ an F (E - E o ) öù
÷÷ - cO (0,t ) expçç ÷÷ú
j = n Fk 0 êcR (0,t ) expçç
RT
RT
è
ø
è
øû
ë
A questo punto la relazione finale tra j ed E richiede che si colleghino i valori di c ottenuti per
integrazione delle equazioni su riportate, con il valore di E contenuto nella Butler-Volmer estesa.
Per poter effettuare questo collegamento è necessario esplicitare E(t), il che dipende dalla tecnica
elettrochimica impiegata.
4.2.1 Sistemi reversibili
Consideriamo un sistema reversibile (nernstiano), per il quale cioè il TE sia molto veloce
(idealmente sia infinitamente veloce)
O + ne
R
assunzioni:
· solo O presente in soluzione a t = 0
· diffusione lineare semi-infinita
· Ei potenziale al quale non si hanno processi
consideriamo una scansione lineare di potenziale nel verso negativo
E(t) = Ei - v t
cO (0 ,t )
é nF
(E - E°)ùú = f (t )
= exp ê
cR (0,t )
ë RT
û
cO (0 ,t )
é nF
(Ei - vt - E°)ùú
= exp ê
cR (0,t )
ë RT
û
é nF
(Ei - E °)ùú
q = exp ê
ë RT
û
s=
cO (0,t )
= qe - st = qS (t )
c R (0 , t )
nFv
RT
S (t ) = e - st
in questo caso dovremo considerare il flusso variabile, per cui avremo le seguenti condizioni:
¶cO ( x ,t )
¶ 2cO ( x ,t )
= DO
¶t
¶ x2
æ ¶cO ( x , t ) ö
÷÷
DO çç
è ¶x ø
x =0
cO ( x ,0) =
¶cR ( x , t )
¶ 2 cR ( x , t )
= DR
¶t
¶ x2
æ ¶cR ( x , t ) ö
÷÷
+ DR çç
=0
è ¶x ø
x =0
*
cO
cR ( x ,0) = 0
*
lim cO ( x ,t ) = cO
lim cR ( x , t ) = 0
x®¥
x ®¥
68
si risolvono le equazioni di Fick con la solita procedura. Le soluzioni delle due equazioni di Fick
danno
c*
cO ( x , s) = O + A( s ) expæç - s x ö÷
DO ø
s
è
cR ( x , s) = B( s) expæç - s
DR
è
x ö÷
ø
æ ¶ c ( x ,s ) ö
æ ¶ c ( x , s) ö
DO ç O
+ DR ç R
=0
÷
÷
è ¶ x ø x =0
è ¶ x ø x =0
1
- A( s) DO 2 s
- 12
1
- B( s) DR 2 s
B( s) = - A( s)x
- 12
x=
=0
DO
DR
A(s) è stato ricavato precedentemente in funzione di i ottenendo
*cO (0,t ) = cO
in questo caso
ò
1
j (t )
t
nFDO2 0 p(t - t)
1
* cO (0 ,t ) = cO
cR (0 ,t ) =
*cR (0 ,t ) = cR
dt
t
ò0
1
nF (pDO )
2
1
2
ò
t
j (t )
nFDR2 0 p(t - t)
1
dt
j ( t)
dt
( t - t)
j ( t)
dt
( t - t)
t
1
nF (pDR )
1
1
ò0
*
nFcO
j (t)
dt =
1
1
0 ( t - t)
qS (t )(pDR )- 2 + (pDO )- 2
ò
cO (0,t )
= qS ( t )
cR (0 ,t )
t
*
nF (pDO ) 2 cO
j ( t)
dt =
qS ( t ) x + 1
0 (t - t)
ò
1
t
a questo punto è opportuno cercare di passare da j (t) a i (E) e rendere adimensionale l’equazione,
così che una soluzione numerica andrà bene per qualsiasi situazione sperimentale.
L’equazione integrale può essere resa adimensionale con le seguenti posizioni:
st =
t=
nF
nF
vt =
(Ei - E )
RT
RT
z
s
dt=
f ( t) =
j ( t)
= g (st ) = g ( z )
nF
t=0 z =0
t = t z = st
dz
s
-1
t
st
1 t j (t )
æ z ö 2 dz
- 12
d t = f (t)(t - t ) d t =
g ( z )ç t - ÷
n F 0 t- t
s
0
0
è sø
ò
st
ò0
ò
ò
* (p DO )1 2
cO
- 12 - 12
g (z )(s t - z ) s dz =
c( z ) =
s t c( z ) dz
ò0
1 + xq S (s t )
g (z )
* (p DO s )
cO
1
=
2
j (s t )
* (p DO s )
n FcO
1
(s t - z ) 2
1
=
1
1 + xq S (s t )
equazione adimension ale
2
69
si ricava quindi la seguente espressione per la densità di corrente
* (DO s )
j = n FcO
1
pc ( s t )
2
p½c(st) è detta funzione di corrente, si calcola per ogni valore di S(st) risolvendo l’equazione
adimensionale. Una volta calcolata la funzione di corrente si ha il valore di j.
L’equazione adimensionale è stata risolta numericamente e in altri modi, ricavando una tabella di
valori p½c(st) in funzione di n(E - E½), che risulta essere
(
n E - E1
n(E – E½)
mV
120
100
80
60
50
45
40
35
30
25
pc(st )
2
)
RT æ DO ö
÷
=
lnç
F çè DR ÷ø
2
+ n (Ei - E ° ) -
pc(st )
n(E – E½)
mV
20
15
10
5
0
–5
–10
–15
–20
–25
0.009
0.020
0.042
0.084
0.117
0.138
0.160
0.185
0.211
0.240
1
RT
st
F
n(E – E½)
mV
–28.50
–30
–35
–40
–50
–60
–80
–100
–120
–150
0.269
0.298
0.328
0.355
0.380
0.400
0.418
0.432
0.441
0.445
pc(st )
0.4463
0.446
0.443
0.438
0.421
0.399
0.353
0.312
0.280
0.245
Dalla tabella dei valori di p½c(st) si costruisce la curva voltammetrica adimensionale, che presenta
appunto la forma a picco per i motivi che abbiamo detto. Ci sono alcuni punti caratteristici di un
voltammetria lineare
0,5
Ep
E½
0,4
Ö(p)· c(st)
0,3
Ep/2
0,2
0,1
0,0
150
100
50
0
-50
-100
(E - E½)n
Fig. IV.8 Voltammetria lineare per un TE reversibile.
70
-150
picco voltammetrico: la posizione del picco, cioè il potenziale di picco Ep; l’altezza del picco, cioè la
corrente di picco jp; infine la forma del picco cioè la sua larghezza che è quantificata dalla
differenza tra il potenziale di picco Ep ed il potenziale di semipicco Ep/2, cioè il potenziale al quale la
corrente è pari a jp/2.
La funzione di corrente raggiunge un massimo, cui corrisponde jp ed Ep; il massimo si ha per
pc(st ) = 0.4463 per cui
1
2
1
* æç nF ö÷ v 1 2 D 2
jp = 0.4463nFcO
O
è RT ø
nota come equazione di Randles-Sevčik, da cui si vede che ip è lineare con v½ (il che non è
caratteristica peculiare di un TE reversibile, anche se è condizione necessaria); inoltre essa è
lineare con cO*, per cui si può utilizzare anche per determinazioni quantitative.
Un dato importante, che si può osservare nella tabella precedente, è che
( E p - E ½) = E p - E ° +
RT
RT
ln x = -1.109
nF
nF
a 25 °C (Ep - E½) = -28.5 mV
come si vede, a 25 °C, il potenziale di picco è 28.5 mV più negativo di E½ il che consente di
determinare lo stesso E½. Altro aspetto molto importante è che Ep è indipendente da v, il che è
caratteristico di un TE reversibile ed è uno dei criteri diagnostici importanti.
D’altra parte
E p/2 = E 12 + 1.09
RT
= E 12 + 28.0 mV a 25 °C
n
nF
per cui si ricava che l’ampiezza del picco è
E p - E p/2 = 2.2
RT 56.5
=
mV a 25 °C
n
nF
che è un altro dato caratteristico di un TE reversibile. Peraltro, poiché la sommità del picco a volte
è un po’ allargata, risulta non sempre facile individuare Ep, mentre è più agevole individuare ip e,
quindi ip/2. Di conseguenza è più facile ricavare E½ da Ep/2 che da Ep.
In voltammetria ciclica la situazione è abbastanza simile. In particolare è esattamente la stessa per
quanto riguarda la scansione di andata, mentre va considerata la scansione di ritorno
0£t£l
t>l
E = Ei - v t
E = Ei - 2vl + v' t
dove v può essere anche diverso da v', cioè tra andata e ritorno, ma in generale è la stessa.
Consideriamo un sistema nernstiano, per t > l, avremo
cO (0,t )
é nF
(Ei - 2vl + vt - E °)ùú = qS (t )
= exp ê
c R (0 , t )
ë RT
û
S (t ) = exp(st - 2sl )
per cui si procede nello stesso modo: la parte della curva per t £ l è esattamente la stessa; la
parte della curva per t ³ l dipende da El; ma quando El - Ep < -35 mV la forma della curva non
dipende più da El.
71
In particolare il valore della
corrente di picco anodico, jpa,
misurata correttamente, come
mostra la figura, diventa
indipendente da El.
La figura a fianco riporta
l’andamento di j in funzione di
t, anche se sull’asse delle
ascisse sono riportati i valori
di n(E - E½) per apprezzare i
diversi valori di El e l’effetto
sulla forma del picco anodico
(in particolare su jpa).
La forma più familiare di un
voltammogramma
ciclico è
però quella che si ha riportando
j-E, che è mostrata nella figura
Fig. IV.9 Curve i = f(t) per una voltammetria ciclica.
seguente IV.10.
Il valore di jpa può essere misurato
rispetto alla curva che si avrebbe in
assenza del picco (tale curva si può
ottenere conducendo una scansione
lineare catodica bloccando il potenziale
ad un valore più negativo (almeno 5060 mV) di Ep, in modo da essere in
condizioni di diffusione limite, per cui la
dipendenza di j da E diventa
esattamente la stessa di j da t (cioè la
Cottrell).
Valgono sempre i criteri diagnostici per
il picco catodico per un sistema
reversibile:
jpc µ v½
Ep indipendente da v
DEp/2 = |Epc - Ep/2| = 56.5 mV a 25 °C
Fig. IV.10 Curve i = f(E) per una voltammetria ciclica.
ci sono poi gli ulteriori criteri diagnostici, sempre per un sistema reversibile:
jpa/jpc = 1
DEp = Epa - Epc = 2.3
RT
= 59 mV a 25 °C
nF
72
4.2.2 Sistemi irreversibili
O + ne
R
assunzioni:
· solo O presente in soluzione a t = 0
· diffusione lineare semi-infinita
· Ei potenziale al quale non si hanno processi
l’equazione di Nernst è sostituita dalla Butler-Volmer estesa, nella quale si considera solo il
contributo catodico, dato che il TE lento avviene con una sovratensione abbastanza elevata per cui
si ha solo il contributo catodico
j
é ¶c ( x ,t ) ù
= DO ê O
= kc (t )cO (0 ,t )
nF
ë ¶ x úû x =0
é an F
ù
kc (t ) = k °exp ê - a (E (t ) - E °)ú
ë RT
û
E(t) = Ei - v t
é an F
ù
k c, i = k °exp ê - a ( Ei - E°)ú
ë RT
û
kc (t ) cO (0, t ) = k c, i cO (0, t )ebt
an a F
v
RT
b=
dove na è il numero di elettroni scambiato nello stadio di TE lento (di fatto na = 1), mentre n è il
numero totale di elettroni (quasi sempre uguale ad uno). La soluzione segue lo stesso
procedimento, attraverso la soluzione numerica dell’equazione integrale, arrivando a
* ( DOb )
j = nFcO
1
2
pc(bt )
1
2
1
* ( DO ) 2 æç an a F ö÷ v 1 2 pc(bt )
j = nFcO
è RT ø
per cui si ricava una analoga tabella di valori della funzione di corrente p½c(bt) con i quali si può
costruire il voltammogramma adimensionale.
ana(E – E½)
mV
160
140
120
110
100
90
80
70
60
50
pc(bt )
0.003
0.008
0.016
0.024
0.035
0.050
0.073
0.104
0.145
0.199
ana(E – E½)
mV
40
35
30
25
20
15
10
5
0
–5
pc(bt )
0.264
0.300
0.337
0.372
0.406
0.437
0.462
0.480
0.492
0.496
73
ana(E – E½)
mV
–5.34
–10
–15
–20
–25
–30
–35
–40
–50
–70
pc(bt )
0.4958
0.493
0.485
0.472
0.457
0.441
0.423
0.406
0.374
0.323
(p)·c(kt)
Nella figura IV.11 viene mostrato il confronto tra il responso voltammetrico per un TE reversibile
ed uno irreversibile. La figura superiore mostra la funzione di corrente di un TE reversibile (curva
continua) confrontata con quella di un TE irreversibile (curva tratteggiata). Come si può notare il
TE irreversibile ha una funzione di corrente maggiore.
Se confrontiamo però le correnti, la
situazione si inverte e il processo
0,6
irreversibile presenta una corrente più
bassa. Ciò è dovuto alla presenza del
0,5
coefficiente di trasferimento elettronico a,
0,4
che è sempre minore di 1 (anche se è
elevato a ½), nell’espressione di j per il TE
0,3
irreversibile.
0,2
0,1
La forma del picco è simile a quella del
processo reversibile, ma vi sono alcune
differenze molto importanti: la funzione di
corrente raggiunge il valore massimo
0,0
200
150
100
50
0
-50
-100
-150
-200
n(E - E ½ )
pc(bt ) = 0.4958
0,5
1
2
* (DO ) 2 æç an a F ö÷ v 1 2
jp = 0.4958nFcO
è RT ø
0,4
1
i
0,3
0,2
0,1
0,0
200
150
100
50
0
-50
-100
-150
-200
n(E - E ½ )
da cui si nota che jp è ancora lineare con
v½, per cui non può essere un criterio
discriminante per distinguere un TE
reversibile da uno irreversibile. Peraltro va
notato che jp/v½ è costante solo se a è
costante
(teoria
di
Butler-Volmer),
altrimenti non lo è più.
Fig. IV.11 Curve p½c(bt) = f(E) e j = f(E) per una voltammetria lineare:
curva continua, TE reversibile; curva tratteggiata TE irreversibile.
Il potenziale di picco risulta
æ DO12
RT é
Ep = E ° ê0.780 + lnç
ç k°
an a F ê
è
ë
dEp
dlogv
= 2.303
RT 1
an a F 2
Ep - Ep/2 =
ö
÷ + lnæç an a F v ö÷
÷
è RT
ø
ø
a 25 °C, per n a = 1
1
dEp
dlog v
2
ù
ú
úû
=
29.6
mV
a
1.857 RT 47.7
=
mV a 25 °C
an a F
an a
per cui si vede che Ep varia con v, in particolare si sposta catodicamente all’aumentare di v. Altro
aspetto molto importante è che la larghezza del picco risulta sensibilmente maggiore di quello
reversibile, dato che c’è a al denominatore (per cui si hanno valori di DEp/2 dell’ordine di 90-250
mV).
Dalle equazioni scritte si hanno due modi per ottenere a: d Ep/d log v e DEp/2 = Ep - Ep/2. Se a è
costante i due risultati sono uguali ma se a = f(E) i risultati sono diversi poiché DEp/2 si misura a
74
valori diversi di E al variare di v (in particolare, per una scansione catodica, a valori più negativi
all’aumentare di v). In base alla teoria di Marcus del TE, si ha una dipendenza quadratica del DcG ¹
da DrG o, e quindi una dipendenza di a da DrG o:
¹
D cG =
æ
D G0¹ çç1 +
è
(
2
D rG o ö
F E- Eo
¹æ
÷
ç
=
D
G
1
+
0ç
4D G0¹ ÷ø
4D G0¹
è
(
) ö÷
2
÷
ø
)
é F E- Eo ù
¶D cG ¹
=
0
.
5
ê1 +
ú
¶D r G o
4D G0¹ û
ë
Pertanto, a diminuisce all’aumentare di v, per cui jp/v½ non è più costante.
a=
Le figure IV.12 riportano un esempio di
analisi
voltammetrica
di
un
TE
irreversibile. Si può notare la dipendenza
lineare di Ep da log v (ci sono due
famiglie di punti sperimentali, ottenuti in
assenza ed in presenza di acido aggiunto,
per motivi particolari, ma non c’è alcuna
differenza su Ep). Naturalmente, dalla
pendenza della retta si può ricavare a,
con l’equazione prima vista.
Il secondo grafico mostra i valori di a
ricavati dalla larghezza del picco
voltammetrico, riportati in funzione del
potenziale al quale sono stati calcolati,
Ep (V vs SCE)
-1.9
-2.0
-2.1
-2.2
-2.3
-2
-1
0
1
2
log v
0.5
0.4
ip/(av)1/2 (mAV-1/2s1/2)
a
ip/v1/2 (mAV-1/2s1/2)
250
0.3
200
0.2
0.1
150
-2.1
-2.0
-1.9
E (V vs SCE)
Fig. IV.12 Dipendenza di Ep da v e di a da E per
NCCH2Cl 2.38 mM in DMF + TBAP 0.1 M su GC
in assenza (l) ed in presenza di CH3COOH 2.4 mM (n).
400
che viene assunto essere il valore medio tra Ep
ed Ep/2. Il fatto che Ep vari con v, fa si che il
DEp/2 misurato a diverse v, sia di fatto misurato
a diversi valori medi di E, per cui il valore di a
che se ne ricava risulta misurato a diversi E. Il
grafico mostra chiaramente che i valori di a
così ottenuti dipendono sensibilmente da E,
per cui la teoria di Butler-Volmer risulta
inadeguata in questo caso e si dovrà ricorrere
alla teoria di Marcus. D’altra parte si può
notare che i valori di a sono sensibilmente
minori di 0.5, il che significa che i potenziali di
300
200
0
1
2
3
v
4
5
1/2
Fig. IV.13 Andamenti relativi alla riduzione di NCCH2Cl
2.38 mM in DMF + TBAP 0.1 M su GC, in funzione di v:
in assenza (l) ed in presenza di CH3COOH 2.4 mM (n).
75
riduzione sono sensibilmente più negativi di E °, cioè che le sovratensioni sono elevate perché il TE
è particolarmente lento.
L’analisi voltammetrica consente però di ottenere alcune altre informazioni, come mostrano i grafici
di Fig. IV.13, in cui è riportato l’andamento della corrente di picco normalizzata, sempre in
funzione di v. Consideriamo per il momento solo i punti in presenza di acido, che serve ad evitare
le complicazioni chimiche che alterano il responso voltammetrico, ma non incide sul processo di
TE. Si può notare che jp/v½ tende a diminuire sensibilmente con v. E’ l’effetto della diminuzione di
a: ricordiamo l’espressione di jp per un processo irreversibile, oltre a v½ figura anche a½, per cui la
sua diminuzione con –E, e quindi con v, produce una diminuzione di jp/v½. Infatti, se riportiamo il
valore di jp/(av)½ si ha un valore sostanzialmente costante, indipendente da v, com’è previsto per
un TE irreversibile, ma considerando anche la dipendenza di a da E.
Il confronto tra un processo reversibile ed uno irreversibile porta al seguente risultato:
( jp )irr 0.4958 1
=
a 2
( jp )rev 0.4463
(n = n a = 1)
= 1.11 a = 0.71 (a = 0.5)
per cui si vede che il picco irreversibile è sensibilmente più basso del picco reversibile
(naturalmente il quanto più basso dipende dal valore di a).
Fig. IV.14 Voltammogrammi per un TE reversibile a sinistra, e per
un TE irreversibile a destra.
La figura IV.14 mostra il confronto tra
il voltammogramma ciclico di un
processo reversibile e di uno
irreversibile. Il primo aspetto che
emerge
immediatamente
è
la
mancanza del picco anodico nel TE
irreversibile: poiché il TE è molto
lento si può avere un processo con
velocità apprezzabile (e quindi il
passaggio di corrente) solo per
sovratensioni (catodiche) sufficientemente elevate, per cui a tali
potenziali non si può avere corrente
anodica (qualunque sia la velocità di
scansione).
Il secondo aspetto che va ricordato è
che per il processo reversibile la
coppia
di
picchi
è
centrata
sostanzialmente su E °, mentre per il
processo irreversibile il potenziale di
picco è sensibilmente più negativo di
E °. Aumentando v di un ordine di grandezza, si ha un aumento di jp di 10½≈3.16, sia per il TE
reversibile che irreversibile. Il secondo rimane sempre più basso (~70%) del primo. D’altra parte si
nota che per il TE reversibile non si ha alcuna variazione di Ep, mentre per il TE irreversibile si ha
uno spostamento catodico di ~30/a mV.
Infine, la larghezza del picco è sensibilmente diversa: 56.5 mV per il TE reversibile, 47.7/a mV per
il TE irreversibile.
76
4.2.3 Sistemi quasi-reversibili
O + ne
R
Naturalmente tra un processo idealmente reversibile (TE infinitamente veloce) ed un TE
totalmente irreversibile, esistono tutti i possibili gradi intermedi. Per la voltammetria ciclica valgono
sostanzialmente i seguenti riferimenti:
T = 298.15 K, D = 10-5 cm2 s-1
sistema reversibile
k° > 0.3·v½ cm s-1
sistema quasi-reversibile k° > 2·10-5·v½ cm s-1
sistema irreversibile
k° < 2·10-5·v½ cm s-1
per cui si vede che anche un processo reversibile (k°»1 cm s-1) si comporta in modo quasireversibile ad alte v.
Per un sistema quasi-reversibile è particolarmente indicata come metodologia investigativa la
voltammetria ciclica. Il responso voltammetrico di un processo quasi-reversibile è simile a quello di
un processo reversibile (presenza di entrambi i picchi, catodico ed anodico), ma con DEp = (Epa Epc) > 60 mV, che aumenta all’aumentare di v, il che significa che gli Ep (sia catodico che anodico)
non sono costanti.
DEp è funzione di k°, v, a ed El.
Anche in questo caso, se El è
più negativo di Ep,c di almeno 90
mV, DEp non dipende più da El.
Per quanto riguarda l’influenza
degli altri parametri, questa si
esprime attraverso il parametro
adimensionale Y o L:
a
Y = Lp
- 12
æ DO ö 2
çç
÷ k°
DR ÷ø
è
=
[DO pv (nF / RT )]12
Fig. IV.15 Voltammogrammi normalizzati: dalla curva a alla d v passa da 0.1 a 10 Vs-1.
Se 0.3 < a <0.7, DEp risulta praticamente indipendente da a. D’altra parte, poiché DO » DR è
possibile ricavare k° dalla dipendenza di DEp da v, con l’espressione semplificata per Y:
Y=
k°
[DO pv (nF / RT )]12
La dipendenza di DEp da Y è stata calcolata numericamente, ottenendo la seguente tabella di dati:
n(Ep,a - Ep,c)
61
63
64
65
66
68
Y
20
7
6
5
4
3
n(Ep,a - Ep,c)
72
84
92
105
121
141
212
77
Y
2
1
0.75
0.50
0.35
0.25
0.10
che possono essere descritti adeguatamente dalla seguente relazione:
DEp = y0 + A*exp[R0*logY]
dove y0, A ed R0 sono tre parametri empirici ottenuti dal fitting dei dati su riportati. In pratica si
tratta di fittare i valori sperimentali di DEp, misurati a varie v, con l’equazione su riportata
ricavando il valore di logY e quindi k°.
78