LE CUPOLE IN PIETRA A VISTA IN SICILIA E IN TUNISIA

Cultural Heritage. Present Challenges and Future Perspectives -­‐ Roma, Università Roma Tre, 21-­‐22 novembre 2014 LE CUPOLE IN PIETRA A VISTA IN SICILIA E IN TUNISIA: TECNICHE E SAPERI COSTRUTTIVI TRA LE SPONDE DEL MEDITERRANEO1 Giuseppe Antista (Università degli Studi di Palermo) La stagione romanica in Sicilia coincise con il dominio normanno sull’isola, che venne ricondotta al cristianesimo dopo la lunga fase musulmana. Fin dall’Ottocento la storiografia ha evidenziato come la peculiarità dell’architettura siciliana dell’XI e del XII secolo, di cui è in corso l’inserimento nella World Heritage List dell’UNESCO, risieda nella sintesi di diverse componenti culturali e linguistiche: quella bizantina, quella islamica e quella più occidentale apportata proprio dai Normanni. A prescindere dall’organizzazione planimetrica e dallo sviluppo in alzato, nelle chiese del tempo la cupola in pietra fu un elemento costante che, mostrando la calotta emisferica a sesto rialzato, divenne uno dei caratteri preminenti. L’analisi dell’apparecchio murario interno evidenzia un’esecuzione accurata e il ricorso a tecniche stereotomiche, ossia a quelle conoscenze geometriche complesse per il taglio dei conci; secondo un sistema di antica origine, la calotta è infatti il risultato della sovrapposizione di ricorsi anulari orizzontali che si restringono progressivamente. Il sopralzo cilindrico, talvolta molto marcato, attenua la componente orizzontale determinata dall’incurvarsi della volta e il peso complessivo della struttura viene alleggerito dall’apertura di finestre, sia alla base del rialzo che nel sottostante tamburo. La cupola poggia sui quattro muri d’ambito per mezzo di nicchie angolari; da questa giunzione ottagonale piccoli pennacchi sferici colmano gli interstizi con l’imposta circolare, lievemente aggettante. Dal punto di vista geometrico si possono distinguere due tipologie di raccordo: trombe modellate come una semivolta a crociera, sezionata lungo la diagonale, e trombe a nicchia con fondo circolare; a questi elementi di base si sovrappongono solitamente uno o più archi acuti di raggio crescente disposti a 45° e aggettanti rispetto al filo della parete2. Molte delle caratteristiche peculiari dell’architettura normanna sono espresse nella chiesa di San Giovanni degli Eremiti a Palermo, fondata dal re Ruggero II tra il 1132 e il 1148; la pianta a croce commissa è formata dall’accostamento di cinque campate quadrate e cupolate, due lungo l’unica navata e tre sul transetto3. Le cupole del santuario poggiano su trombe semplici, mentre quelle della navata -­‐ che con il diametro di 5,40 metri risultano le maggiori calotte normanne esistenti -­‐ sono rette da trombe con due archi acuti anteposti [fig. 1]. Le finestre sistemate in corrispondenza degli assi mediani di ciascuna cupola, sia tra i raccordi angolari che alla base del tamburo cilindrico, rafforzano il senso di quell’astratta geometria che regola l’intero edificio. Uno schema planimetrico di matrice bizantina presenta invece la SS. Trinità di Delia a Castelvetrano (Tp); la chiesa, che era annessa a un monastero basiliano, è stata fondata tra il 1140 e il 1160 e ha una pianta a croce greca inscritta in un quadrato4. La campata centrale, delimitata da slanciate arcate ogivali su colonne, è coperta da una cupola su trombe angolari con un solo arco anteposto che si alternano a finestre. La cupola e i catini absidali, nonché il paramento murario esterno animato da archi a rincasso, mostrano l’elevata qualità dell’intaglio lapideo. La stessa perizia costruttiva e lo stesso impianto tipologico possiede la chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio a Palermo, nota come la Martorana, benché il suo interno sia rivestito dagli splendidi mosaici commissionati a maestranze bizantine da Giorgio di Antiochia intorno al 11435. La cupola ha un apparente carattere di “leggerezza”, determinato dal fondo oro dell’apparato musivo e dal ritmo alternato delle finestre -­‐ grandi sugli assi principali, tra le trombe, e piccole su quelli diagonali -­‐ che illuminano intensamente il tamburo ottagonale; quest’ultimo corona all’esterno l’originario blocco cubico della chiesa, ampliata alla fine del Cinquecento fino a raggiungere l’antistante torre campanaria. Si potrebbero ancora citare altre cupole su trombe con un arco anteposto, come nella cappella annessa alla Zisa, o con un duplice arco come nella celebre Cappella Palatina, sempre a Palermo, mentre meno frequenti risultano i raccordi a nicchie semicilindriche. Di questo tipo sono i raccordi a supporto della cupola della cappella dei SS. Filippo e Giacomo nel castello di Maredolce a Palermo, costruito su Cultural Heritage. Present Challenges and Future Perspectives -­‐ Roma, Università Roma Tre, 21-­‐22 novembre 2014 committenza reale intorno al 1150. L’edificio presenta un’ulteriore singolarità per via della torretta circolare che all’esterno occulta la calotta e si conclude con una cornice su mensole6. In effetti, a differenza dell’architettura bizantina dove le cupole sono sempre dissimulate da un tetto con tegole, nelle chiese normanne siciliane viene esibita la calotta liscia dal tipico colore rossastro, conferito da un intonaco impermeabilizzante a base di pozzolana e cocciopesto. Il tema delle nicchie angolari viene ulteriormente sviluppato con l’accostamento di un arco concentrico nella chiesa di San Cataldo nella stessa città [fig. 2]; la navata del piccolo edificio -­‐ fondato da Maione di Bari negli anni in cui ricopriva la carica di grande ammiraglio del re Guglielmo I (1154-­‐1160)7 -­‐ è coperta dalla sequenza di tre cupolette insistenti su campate quadrate e poggianti all’esterno su un tamburo unificato. La cifra della qualità stereotomica dell’edificio è data dal catino delle nicchie, realizzato con conci disposti a ventaglio. Sebbene l’impianto planimetrico di molte chiese normanne derivi da modelli bizantini, dal punto di vista costruttivo è possibile riscontrare parecchie affinità con l’architettura islamica del Maghreb e dell’Egitto fatimita; è infatti noto l’impiego di maestranze musulmane -­‐ ancora presenti nell’isola dopo la conquista normanna -­‐ nei cantieri civili e religiosi promossi dai nuovi dominatori8. La cupola della moschea al-­‐Hakim al Cairo9 (990-­‐1013), impostata su nicchie cilindriche con archi acuti anteposti, costituisce un caso esemplare e inoltre la qubba araba -­‐ il portico cupolato su archi, esemplificato nel mausoleo di Banū Khurasan a Tunisi (1093)10 – è alla base di molti organismi architettonici siciliani, come si è visto per le citate chiese di San Giovanni degli Eremiti e di San Cataldo. Le più antiche calotte in pietra dell’occidente musulmano risalgono comunque al periodo aghlabita e si riscontrano nelle moschee della vicina Tunisia, che secondo una tipologia ricorrente presentano due cupole allineate lungo l’asse che congiunge l’ingresso alla sala della preghiera con il miḥrāb11. La cupola della moschea di Sousse, che come ricorda un’iscrizione a caratteri cufici nel cortile venne costruita nel 851 per volontà dell’emiro Muhammad, sotto la direzione del capomastro Mudām, poggia su trombe angolari conformate a conchiglia12. La nuda calotta esterna mostra l’apparecchio murario e poggia su un tamburo “stellare”, avente gli spigoli a profilo trilobato [fig. 3]; questa originalissima soluzione non ha nessuna corrispondenza con l’interno ed è forse derivata dal tamburo della Grande Moschea di Kairouan, di poco anteriore. È quest’ultima la più antica moschea della capitale del regno degli Aghlabiti e raggiunse l’assetto definitivo nell’836-­‐837, sotto l’emiro Ziyādat Allāh I, lo stesso che estese il dominio musulmano alla Sicilia13. La cupola difronte al miḥrāb presenta una conformazione a “zucca”, ossia a spicchi convessi e rastremati, realizzati con piccoli conci a facce curve tagliati con estrema abilità; la calotta poggia su un tamburo ottagonale a lati leggermente concavi, recanti una finestra al centro, e a sua volta grava su un volume a base quadrata [fig. 4]. Internamente, i raccordi angolari sono conformati a conchiglia e il loro profilo lobato si ripete all’interno degli archetti su colonna che collegano le trombe; appena sopra segue una corona di nicchie a fondo piatto, alternate a tozze colonne (di reimpiego) poste in corrispondenza delle nervature della cupola. Nella moschea Al-­‐Zaytuna di Tunisi si ripete la stessa impostazione di Kairouan, sebbene sia più tarda: un'iscrizione cufica sul bordo inferiore della cupola data infatti la costruzione all'anno 864, al tempo dell'emiro Abū Ibrāhīm Ahmad, e ricorda pure il nome dell'architetto Fath Allah che diresse lavori14. Come negli edifici siciliani la tecnica costruttiva di queste cupole è basata sulla successione di anelli concentrici decrescenti, anche se i conci presentano una maggiore varietà stereotomica perché destinati a formare gli spicchi convessi. Anche in Sicilia, tra le architetture normanne pervenute, è possibile riscontrare una cupola a coste nella chiesa basiliana dei Santi Pietro e Paolo a Casalvecchio Siculo (Me). L’edificio venne eretto intorno al 1116, ma dovette subire gravi danni a seguito del terremoto del 1169; non a caso due anni dopo -­‐ come regista un epigrafe greca -­‐ l’edificio venne «rinnovato» sotto la direzione del protomagister Girardo il Franco, il cui nome lascia ipotizzare una provenienza d’oltralpe15. A differenza delle cupole tunisine quella di Casalvecchio ha dimensioni contenute ed è realizzata in mattoni, un materiale alternativo alla pietra che trovò largo impiego in coperture voltate maghrebine e bizantine. Ma in Sicilia l’apprezzamento riservato nel tempo alle cupole in pietra, sia sul piano estetico che su quello statico, attestato dalla capacità di resistere ai sismi che periodicamente si verificano nell’isola, nonché il valore ideologico derivato dal prestigio della prima monarchia siciliana, ha portato alla ripresa dei modelli Cultural Heritage. Present Challenges and Future Perspectives -­‐ Roma, Università Roma Tre, 21-­‐22 novembre 2014 normanni in numerose costruzioni del XVI secolo, in contemporanea all’introduzione del linguaggio rinascimentale. Lo studio delle cupole in pietra da taglio ha evidenziato nelle fasi temporali esaminate una civiltà costruttiva comune a molti popoli del bacino del Mediterraneo, benché sfaccettata e ricca di declinazioni locali. 1
La ricerca che ha portato a questi risultati ha beneficiato di un finanziamento del Consiglio Europeo della Ricerca nell’ambito del Settimo Programma Quadro dell’Unione Europea (FP7/2007-­‐2013) / ERC convenzione di sovvenzione n° 295960 -­‐ COSMED. 2
Si confronti V. Garofalo, Il disegno degli elementi di raccordo. Edifici siciliani del XII secolo, Palermo, 2011. 3
La chiesa era annessa a un monastero benedettino ed è sorta sulle preesistenze di una moschea, non lontano dal Palazzo Reale; si veda: T. Torregrossa, Giovanni degli eremiti a Palermo, Palermo, 2013, pp. 9-­‐16 e 31-­‐35, dove è citata la precedente bibliografia sull’edificio. 4
M. Volpe, Manutenzione e “restauri” in una fabbrica medievale siciliana. La chiesa della SS. Trinità di Delia nel 1527 e nel 1742, in “Lexicon. Storie e architetture in Sicilia”, 2007, 4, pp. 53-­‐56, con precedente bibliografia. 5
Tra gli studi sull’edificio si ricordano: G. Di Stefano, Monumenti della Sicilia normanna, [Palermo 1955] ed. a cura di W. Krönig 1979, pp. 41-­‐45 e tavv. LXII-­‐LXVII; R. Santoro, Struttura e spazialità bizantina nella forma architettonica di S. Maria dell'Ammiraglio, Palermo 1977; E. Kitzinger, I mosaici di Santa Maria dell'Ammiraglio a Palermo, con un capitolo sull'architettura della chiesa di S. Curcic, Palermo 1990. 6
Tra i testi sull’edificio, noto anche come castello della Favara, si vedano: M. Guiotto, La chiesa di San Fillippo nel castello di Favara, in “Palladio”, IV, 1940, 5, pp. 209-­‐222; G. Di Stefano, Monumenti, cit., pp. 95-­‐97, tavv. CXLIV-­‐CXLVII; G. Cardella, Fabaria. Castello di “Maredolce”, Mazzotta, 2007. Una soluzione simile alla cupola di Maredolce è riscontrabile nella cappella di San Michele Arcangelo nel palazzo reale di Altofonte (Pa). 7
M. S. Di Fede, La chiesa di San Cataldo a Palermo, Palermo, 2005, con precedente bibliografia. 8
Si confronti su tale aspetto G. Di Stefano, Monumenti, cit., pp. XIX-­‐XXII. 9
K. A. C. Creswell, The Muslim architecture of Egypt, 2, Oxford 1952, I, pp. 65-­‐106: p. 81, tav. 22b. Un altro esempio di cupola su nicchie angolari è pure nel mausoleo di Salah al-­‐Din a Damasco. 10
Sull’edificio si rinvia a: L. Hadda, Nella Tunisia Medievale. Architettura e decorazione islamica (IX-­‐XVI secolo), Napoli 2008, pp. 86-­‐
88; S. M. Zbiss, Le musée d’art musulman de Sidi Bou Khrissane à Tunis, “BEST”, 1953, 77, pp. 96-­‐100. 11
Sull’architettura islamica si veda: K. A. C. Creswell, Early Muslim architecture, II, Oxford 1932-­‐1940; R. Ettinghausen, O. Grabar, M. Jenkins-­‐Madina, Islamic Art and Architecture 650-­‐1250, [Berlin, 1984] New Haven -­‐ London, 2001; R. Hillenbrand, Studies in medieval islamic architecture, London, 2006; Naser Eslami A., Architettura del mondo islamico. Dalla Spagna all’India (VII-­‐XV secolo), Milano 2010. In particolare sull’architettura nel Maghreb si confronti: G. Marçais, L’architecture musulmane d’Occident: Tunisie, Algérie, Maroc, Espagne et Sicile, Paris, 1954; D. Hill, L. Golvin, Islamic Architecture in North Africa, London, 1976; Ifriqiya: Tredici secoli d’arte e d’architettura in Tunisia, Milano, 2000. Sul tema delle cupole si veda invece, a: L. Golvin, Essai sur l’architecture religieuse musulmane, 4, Paris, 1970-­‐1979, I, pp. 124-­‐160; E. Galdieri, ad vocem Cupola: Islam, Enciclopedia dell’arte medievale, Istituto della Enciclopedia Italiana (Treccani), V, Roma, 1994, pp. 602-­‐604. 12
La cupola precedeva l’antico miḥrāb della moschea, demolito a causa dell’ampliamento dovuto agli Ziridi. Si veda S. M. Zbiss, La coupole Aghlabite de la grande mosquee de Sousse, Tunis, 1963; L. Golvin, Essai sur l’architecture, cit. I, pp. 127-­‐129. I lati concavi del tamburo sono pure presenti nelle qubbe della necropoli d’Assuan in Egitto, di epoca fatimide (XI -­‐ XII secolo). 13
Tra gli studi sulla moschea si segnala: G. Marçais, Coupole et plafonds de la grande mosquée de Kairouan, Notes et Documents VIII, Tunis-­‐Paris, 1925; P. Sebag, La grande Mosquee de Kairouan, Zurich 1963; L. Golvin, Quelques réflexions sur la grande mosquée de Kairouan à la période des Aghlabides, “Revue de l'Occident musulman et la Méditerranée”, 1968, 5, pp. 69-­‐77; N. Djelloul, Kairouan. The Great Mosque, Sousse 2000. 14
La cupola poggia su trombe a conchiglia e il tamburo superiore reca una sequenza di archetti su colonne in corrispondenza delle nervature, che in maniera alternata contengono delle finestre; come mostra la ricca decorazione floreale la cupoala è stata notevolmente restaurata negli anni 1637-­‐1638, mentre quella posta sull’ingresso della sala della preghiera risale al 991. Si veda L. Golvin, Note sur les coupoles de la grande mosquée Al-­‐Zaytuna de Tunis, “Revue de l'Occident musulman et la Méditerranée”, 1966, 2, pp. 95-­‐109; A. Daoulatli, Mosquée Zitouna Tunis, Tunis, 2010. 15
Sulla chiesa, costruita presso la fiumara d’Agrò, si rinvia a: G. MARGANI, Chiese basiliane in Sicilia. Studio delle tecniche costruttive, tesi di dottorato di ricerca in Tecniche di progettazione, produzione e recupero edilizio, tutor C. Fianchino, Università degli Studi di Palermo, XII ciclo, 1999, pp. 100-­‐131, con precedente bibliografia; V. VON FALKENHAUSEN, La fondazione del monastero dei SS. Pietro e Paolo d’Agrò nel contesto della politica monastica dei normanni in Sicilia, in C. Biondi (a cura di), La valle d’Agro: un territorio, una storia, un destino, Atti del convegno (Marina d’Agrò, 20-­‐22 febbraio 2004), 2, Palermo 2005, I, pp.171-­‐179.