Misurare la distanza tipologica - Università degli studi di Bergamo

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Metodi di analisi linguistica, aa. 2013/14, mat. 5
Metodi di analisi linguistica, aa. 2013/14
G. Bernini
5.
Misurare la distanza tipologica: l’apporto del World Atlas of language
Structures
A. Introduzione
(1)
L’influsso profondo che la tipologia delle lingue coinvolte esercita nei processi di
acquisizione di L2 ha anche a che fare con i limiti alla costituzione e alla
diversificazione dei sistemi linguistici, che vengono colti dagli universali
implicazionali e dai rapporti di marcatezza.
(2)
La distanza tipologica è solitamente valutata in relazione alle caratteristiche di
volta in volta indagate, come nel caso del genere grammaticale. La valutazione
della distanza tipologica in termini più globali, cioè in relazione a più componenti
del sistema, richiede la conoscenza di una gamma cospicua di tratti comparabili.
Questi sono ora accessibili facilmente grazie alla pubblicazione del World Atlas of
Language Structure (= WALS) (cfr. Haspelmath/Gil/Dryer/Comrie 2005),
corredato di un CD-Rom interattivo e disponibile ora anche in versione telematica
all’indirizzo http://wals.info/index.
(3)
Dimensioni lungo le quali si può misurare la distanza tipologica.
a. la misura in termini quantitativi della distanza tipologica in base ai tratti
condivisi e non condivisi, p.es. un certo ordine dei costituenti come SVO;
b. la determinazione in termini qualitativi della distanza tipologica in base alle
dissimmetrie riscontrate tra i valori che realizzano i tratti nelle lingue
considerate, p.es. la presenza di toni per distinguere le parole in una lingua e la
loro assenza in un’altra;
c. la configurazione della posizione tipologica delle lingue considerate sullo
sfondo della maggiore o minore diffusione tra le lingue del mondo dei tratti
posseduti; i suoni avulsivi, p.es., si ritrovano esclusivamente nelle lingue
khoisan, nell’Africa del Sud e in Namibia e nelle lingue bantu da secoli in
contatto con esse, mentre la maggior parte delle lingue non li usa per
differenziare le parole, ma solo a scopi paralinguistici, come nel caso della
negazione espressa anche da un suono avulsivo dentale presso cospicui gruppi
di parlanti italiano.
(4)
Studio di un caso: la distanza tipologica dell’italiano rispetto a rumeno e cinese
mandarino, riconosciute come rispettivamente vicina e lontana dall’italiano e
ambedue lingue prime di numerosi apprendenti dell’italiano come L2. La relativa
vicinanza tipologica è anzitutto dipendente dalla comune affiliazione genetica
delle lingue considerate, come nel caso di italiano e rumeno, derivate dal latino, a
sua volta rappresentante del ramo italico della famiglia indoeuropea. Il cinese
mandarino, invece, appartiene al ramo sinitico della famiglia sino-tibetana. La
posizione geografica delle lingue qui considerate e la loro affiliazione genetica è
visibile nella carta 1, elaborata grazie all’apparato interattivo dello WALS.
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Carta 1: Locazione geografica e affiliazione genetica di italiano, rumeno, cinese mandarino
(5)
Costituzione fonologica delle parole in dipendenza dell’appartenenza a famiglie
linguistiche diverse. Italiano vs. cinese mandarino.
a. italiano:
uomo,
andare,
amare, democrazia
b. cinese mandarino: rén [ˊɹən], qù [ˋʨʰy], ài [ˋai], mínzhŭ [ˊmin˘tʂu]
(mínzhŭ è composto di ‘popolo-padrone’, calco della base etimologica grecoclassica del termine democrazia).
(6)
Costituzione fonologica delle parole in dipendenza dell’appartenenza alla stessa
famiglia linguistica. Italiano vs. rumeno.
Italiano
uomo, uomini
vado, andiamo
amare
democrazia
Latino
homo, homines
vado, *ambitamus /
mergo, mergimus
amare / —
Rumeno
om, oameni [om, ˈo̭ ameɲ]
merg, mergem [merg,ˈmerʤem]
a iubi [a juˈbi] (cfr. bulgaro ljúbja ‘amo’)
democraţie [demokraˈʦije]
B. Il World Atlas of Language Structures
(7)
WALS: atlante che tratta 142 tratti tipologici interessanti per la comparazione ai
diversi livelli di analisi, alla cui elaborazione hanno contribuito 55 studiosi,
coordinati da quattro ricercatori del Max-Planck-Institut für evolutionäre
Anthopologie/Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology di Lipsia, che
ne sono i curatori. In tutto, le lingue considerate nello WALS sono 2560, cioè più
di un terzo delle circa 6000 lingue presumibilmente parlate nel mondo.
(8)
Rappresentazione della diffusione dei potenziali valori di ognuno dei tratti scelti
tra le lingue del mondo di volta in volta considerate, per rilevarne frequenza,
addensamenti e rarefazioni. P.es.: L’ordine relativo di soggetto, oggetto e verbo
dà luogo a sei potenziali valori, qui indicati tramite le iniziali dei tre costituenti
osservati, ovvero SOV, SVO, VSO, VOS, OVS, OSV, a cui si aggiunge come
settimo valore l’assenza di un ordine dominante. Cfr. capitolo 81 dello WALS,
elaborato da Matthew S. Dryer sulla base di un campione di 1228 lingue e
proiettati su un planisfero con proiezione Robinson incentrato sull’Oceano
Pacifico, qui riprodotto come carta 2.
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Carta 2: Ordine di soggetto, oggetto e verbo in diverse lingue del mondo (WALS, cap. 81)
(9)
Nello WALS le lingue sono indicate da punti posti al centro del territorio in cui
sono diffuse le comunità dei loro parlanti all’altezza cronologica del XIV secolo,
ovvero prima della massiccia diffusione di certe lingue europee in seguito
all’espansione coloniale a cui ha dato inizio il Portogallo nel secolo seguente. I
simboli colorati nel planisfero riprodotto nella carta 2 indicano la posizione delle
lingue dotate dei diversi ordini, mostrandone la frequenza (SOV in 497 lingue del
campione, cerchi di colore blu), gli addensamenti (p.es. l’ordine SVO in Africa,
indicato da cerchi di colore rosso), la rarefazione di alcuni ordini (OSV in 4 lingue
del campione, rombi di colore blu).
(10) Trattamento delle tre lingue qui considerate nello WALS.
Italiano: 70 tratti; rumeno: 69 tratti; cinese mandarino: 130 tratti. Solo 37 tratti
sono trattati per tutte e tre le lingue insieme; a questi si aggiungono 6 tratti
discussi per italiano e rumeno ad esclusione del cinese mandarino e 22 tratti
discussi per italiano e cinese mandarino ad esclusione del rumeno.
C. Le dimensioni della distanza tipologica
(11) Prospettiva quantitativa: condivisione dei valori di un certo numero di tratti. Il
caso della fonologia. (I numeri nella colonna di destra rimandano ai capitoli dello
WALS)
7
8
10
18
19
1
2
4
9
11
12
13
3
Tratti
Consonanti glottalizzate
Consonanti laterali
Nasalizzazione di vocali
Assenza di consonanti comuni
Presenza di consonanti non-comuni
Inventario di consonanti
Inventario di qualità vocaliche
Sonorità in plosive e fricative
Nasale velare
Vocali anteriori arrotondate
Struttura sillabica
Tono
Rapporto
consonanti/
qualità
vocaliche (C/QV)
Cinese mandarino
Italiano
Rumeno
nessuna
/l/, nessuna ostruente laterale
assenza di contrasto
tutte presenti
nessuna
moderatamente grande
medio (22±3)
(26-33)
medio (5-6)
grande (7-14)
solo in fricative
in entrambi
nessuna
sì (non iniziale)
nessuna
solo alta
moderatamente complessa
complessa
nessun tono
sistema tonale complesso
basso (2.0medio (2.75-4.5)
medio (2.752.75)
4.5)
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(12) Dei tredici tratti fonologici qui considerati in (11), cinque sono comuni a tutte e
tre le lingue, mentre per i rimanenti otto la loro realizzazione in cinese mandarino
è diversa da quella dell’italiano. Tra questi otto tratti, italiano e rumeno si
distinguono solo per l’ultimo tratto, ovvero rispetto al numero delle consonanti
presenti in ciascuno dei tre sistemi linguistici, rumeno e cinese mandarino operano
un numero minore di differenziazioni vocaliche rispetto all’italiano.
(13) Il primo settore della tabella in (11) (tratti WALS 7, 8, 10, 18, 19) riconduce a uno
sfondo tipologico comune i sistemi fonologici delle tre lingue, accomunate
dall’assenza di consonanti la cui pronuncia coinvolga l’azione della glottide, dalla
presenza di /l/ (p.es. cin. mand. lán ‘blu’, rum. limbă = it. lingua), dall’assenza di
contrasto tra vocali nasalizzate e non (presente in francese) e un inventario
consonantico comune a tante altre lingue nel suo insieme, senza la presenza di
consonanti non comuni, come i suoni avulsivi.
(14) I tratti compresi nel secondo settore della tabella 2, insieme al tratto 3 nel terzo
settore, danno la misura della maggior distanza tipologica tra cinese e italiano. La
distanza è relativa alle seguenti caratteristiche:
a. dimensioni degli inventari di consonanti e vocali (tratti 1, 2, collegati con il
rapporto tra questi illustrato nel tratto 3);
b. opposizione tra consonanti sorde e sonore (it. pollo ‒ bollo, tare ‒ dare, callo ‒
gallo) che in cinese mandarino non si riscontra nelle occlusive e nelle affricate,
che si oppongono per la presenza e l’assenza di aspirazione, cfr. păo
[˘pʰao]‘correre’, băo [˘pao]‘proteggere’;
c. presenza in cinese mandarino di una consonante nasale velare in fine di sillaba,
resa in pīnyīn col digramma <ng>, cfr. gōng [ˉkuŋ] ‘lavoro’, e di una vocale
alta anteriore arrotondata [y], cfr. qù [ˋʨʰy] ‘andare’;
d. la struttura della sillaba, che in cinese mandarino è meno complessa che in
italiano, potendo finire solo in vocale o in consonante nasale alveolare o velare,
come nelle parole elencate qui sopra al punto c; in italiano la sillaba può finire
in vocale o in una gamma più ampia di consonanti, cfr. an-ge-lo, al-to, ar-tico-lo, at-tor-no ecc.
e. l’utilizzo di un sistema a quattro toni e non di accenti per distinguere le parole.
(15) Prospettiva qualitativa: osservazione delle dissimmetrie che si riscontrano tra i
valori delle singole lingue. Cfr. anche settore centrale della tabella in (11), dove il
grassetto segnala il valore più complesso tra quelli messi in contrasto.
L’interazione tra le dissimmetrie riscontrate dai diversi tratti permette di valutare
appieno dal punto di vista qualitativo la distanza tipologica anche in prospettiva
acquisizionale, lasciando individuare dove si eserciterà maggiormente l’influsso
profondo della L1 sulla L2.
(16) Le categorie nominali. L’organizzazione del lessico nominale in generi (tratto 30)
e la presenza di marche di articoli definiti (tratto 37) comporta maggiore
complessità in italiano che non in cinese mandarino per la realizzazione di questo
tratto. D’altro canto il rumeno si dimostra più complesso dell’italiano per il
numero di generi in cui è organizzato il lessico nominale (neutro oltre a maschile
e femminile presenti anche in italiano) e per la forma dell’articolo definito, un
suffisso e non un morfema libero.
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30
37
33
34
35
36
39
Tratti
Numero di generi
Articoli definiti
Codifica della pluralità nominale
Occorrenza della pluralità nominale
Pluralità nei pronomi personali
indipendenti
Plurale associativo
Distinzione inclusivo/esclusivo nei
pronomi indipendente
Cinese mandarino
Italiano
Rumeno
nessun genere
due
tre
—
parola
affisso
suffisso di plurale
solo umani, opzionale
tutti i nomi, obbligatorio
base della
—
persona+affisso plurale
nessuno
unico perifrastico
nessuna distinzione
inclusivo/esclusivo
(17) Le tre lingue condividono l’utilizzo di un suffisso per marcare il plurale dei nomi
(tratto 33), ma cinese mandarino da una parte e italiano e rumeno dall’altra
divergono in maniera sostanziale per il fatto che in cinese mandarino la marca di
plurale è opzionale e si ritrova solo con nomi che si riferiscono a esseri umani,
mentre nelle altre due lingue è obbligatoria con nomi di tutti i tipi (tratto 34), v.
tabella in (18).
(18) Marca di plurale, articolo e genere grammaticale.
Cinese
mandarino
Italiano
Rumeno
nánhái
nánhái(-men)
il ragazz-o
i ragazz-i
băiatu-l
băiaţ-i-i
nühái
nühái(-men)
la ragazz-a
le ragazz-e
fat-a
fet-e-le
huŏchē
(il tren-o
i tren-i)
trenu-l
tren-uri-le
(19) La terza riga della tabella in (18) mostra un esempio di nome neutro in rumeno, a
cui corrisponde un maschile in italiano (e per questo messo tra parentesi tonde). In
realtà l’italiano presenta nomi che si comportano come i neutri rumeni, che cioè
sono maschili al singolare e femminili al plurale, dove hanno la desinenza –a,
come p.es. il braccio ‒ le braccia, il dito ‒ le dita, l’uovo ‒ le uova, ecc. Tuttavia
in italiano questi nomi non vengono ricondotti a una classe di genere separata. In
rumeno il neutro è una classe aperta, come mostra l’assunzione in essa del prestito
per ‘treno’.
(20) Espressione del plurale con i pronomi personali (tratti 35, 36, 39)
Cinese mandarino
Italiano
Rumeno
wŏ, nĭ, tā
io, tu, lui/lei
eu, tu, el/ea
wŏ-men, nĭ-men, tā-men
noi, voi, essi/esse
noi, voi, ei/ele
jiùjiu tāmen
lo zio e i suoi/amici
unchiul şi rude/prieteni
zámen, wŏmen
noi
noi
(21) Plurale associativo: si riferisce al referente di un nome insieme a uno o più
membri ad esso associati. In cinese mandarino esso è grammaticalizzato nell’uso
della forma di pronome di terza plurale posposto a un nome; in italiano la stessa
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nozione può essere espressa con il possessivo plurale se ci si riferisce ai familiari
di una persona o con altre espressioni lessicali (cfr. rum. rude per ‘familiari’, zio e
amici/unchiul şi prieteni) anche con connotazioni non favorevoli (cfr. zio e
compagnia)
(22) Distinzione inclusivo/esclusivo: l’uso di ‘noi’ che include parlante e ascoltatori
(p.es. Viviamo nel ventunesimo secolo) e ‘noi’ che include il parlante e altre
persone ma esclude l’ascoltatore (Noi andiamo in discoteca. Tu che cosa fai?).
Grammaticalizzata in cinese mandarino nei due pronomi zámen, wŏmen, mentre è
lasciata al contesto in italiano e rumeno.
(23) La configurazione della posizione tipologica. Assenza di consonanti glottalizzate,
cioè di consonanti la cui articolazione comporti l’azione della glottide oltre che di
altri organi fonatori. Consonanti di questo tipo sono presenti in un numero
minoritario di lingue del mondo, che nel campione di 566 lingue considerate nel
capitolo 7 dello WALS rappresentano il 27% (ovvero 154 in termini assoluti). La
distribuzione delle lingue con e senza consonanti glottalizzate è riprodotta nella
carta 3. Le lingue con consonanti glottalizzate, indicate nel planisfero con punti
blu, tendono ad addensarsi, costituendo gruppi geografici compatti, ben visibili
nell’Africa centrale, nel Caucaso, nel sud-est asiatico, sulla costa del Pacifico
nell’America settentrionale.
Carta 3: Consonanti glottalizzate e non (WALS, cap. 7)
(24) Sistemi tonali. La presenza di un sistema tonale complesso in cinese mandarino e
l’assenza di toni per distinguere le parole in italiano e rumeno costituisce una
dissimmetria che vede il cinese mandarino nel gruppo tipologicamente minoritario
tra le lingue del mondo. Nel campione di 526 lingue considerate per questo tratto
nel capitolo 13 dello WALS, il 42% (220 in valore assoluto) ha sistemi tonali
semplici o complessi, contro il 58% (306 in termini assoluti) che non li possiede.
Si tratta di un’opzione non sfavorita come quella relativa alle consonanti
glottalizzate, che rende comunque più distante il cinese dalle altre due lingue
romanze anche in termini tipologici generali. La carta 4, che riproduce la carta del
capitolo 13 dello WALS, mostra l’addensarsi di sistemi tonali nell’Africa subsahariana e nell’estremo oriente asiatico, con particolare preminenza dell’area
sudorientale. La relativa minore frequenza di questo tratto tra le lingue del mondo
e la sua concentrazione in due aree geografiche fa sì che, sempre in termini
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tipologici generali, la presenza di toni qualifichi il cinese mandarino come più
distante da italiano e rumeno.
Carta 4: Presenza e assenza di toni (WALS, cap. 13)
(25) L’ordine SVO caratterizza nella frasi dichiarative con nominali pieni tutte e tre le
lingue qui considerate: la sola posizione dei due sintagmi nominali il cavallo
bianco e il cavallo nero rispetto al verbo scalcia ne rivela la funzione di soggetto
e, rispettivamente, di complemento oggetto, a parità di caratteristiche semantiche.
italiano
rumeno
il cavallo bianco scalcia il cavallo nero
calu-l alb loveşte calu-l negru
cavallo-il bianco scalcia
cinese mandarino
cavallo-il nero
bái
mă
tī
bianco
cavallo
scalciare nero
hēi
mă
cavallo
(26) L’ordine dei costituenti SVO, come si osserva nella carta 1, è una delle opzioni
tipologiche preferite tra le lingue del mondo: la condivisione di questo tratto è
quindi motivata da preferenze tipologiche generali. Questo tratto si addensa in
alcune zone, tra le quali l’Europa e l’estremo Oriente, in particolare nella sua parte
centro-meridionale. Per cinese e italiano l’appartenenza a queste due aree risulta
casuale dal punto di vista storico. Per rumeno e italiano essa ha invece un peso
specifico maggiore, in quanto l’appartenenza delle due lingue alla stessa area è
correlata con processi storici alla base della convergenza anche di altri tratti che le
caratterizzano.
D. Osservazioni conclusive
(27) Il cinese mandarino come lingua “fredda”; italiano (e rumeno) come lingue
“calde” in base alla partecipazione richiesta agli interlocutori nell’interpretazione
del discorso.
(28) Esempio di cinese “freddo” e italiano “caldo”, tratto da Bisang, Walter (1998),
“Adverbiality: The view from the Far East”, in van der Auwera (ed., in
collaboration with Dónaill P. Ó Baoill), Adverbial Constructions in the Languages
of Europe, Berlin, Mouton de Gruyter, pp. 641-812.
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a. cinese mandarino
Zuótiān dài
érzi qù
ieri
portare
figlio andare
guàng
gōngyuàn kànjiàn
passeggiare
parco
vedere
rénjia
de
háizi
dōu huàn-shàng-le
altra_gente
ATTRIBUTO
figlio
tutti
piàoling
de
chūn-zhuāng
bello
ATTRIBUTO
primavera-vestito
cambiare-mettere-PERFETTIVO
b. italiano
Ieri quando io ho portato mio figlio al parco per una passeggiata, ho visto che i
bambini degli altri avevano tutti indossato bei vestiti primaverili
(29) Esempio di rumeno e italiano come lingue “calde” (primi due versi dell’inno
nazionale rumeno, scritto da Andrei Mureşanu (1816-1863) durante la rivoluzione
anti-turca del 1848, è ufficiale in Romania dal 1990.
Deşteaptă-te, român-e,
sveglia-ti
din
romeno-VOCATVO da
somnu-l
cel
sonno-il
quello di
În care
te-adânciră
barbari-i
de tirani!
in quale
ti-sprofondarono
barbari-i
di tiranni
de
moarte
morte
‘Svegliati, romeno, dal sonno della morte / in cui ti sprofondarono quei barbari di
tiranni’
(30) Le caratteristiche che contribuiscono a rendere “fredda” o “calda” una lingua
dipendono in parte dalla trasmissione di caratteristiche nella storia delle singole
famiglie cui quelle lingue afferiscono (sino-tibetana e indoeuropea nel nostro
caso) e in parte dallo sviluppo di comuni processi di convergenza tra lingue anche
di diverse famiglie i cui parlanti abbiano condiviso per lungo tempo (secoli o
anche millenni) lo stesso ambiente culturale in senso lato.
a. Il cinese mandarino condivide molti valori con altre lingue dell’estremo
Oriente nella parte centrale e meridionale, costituendo con esse un’area di
convergenza. La mancanza di morfologia flessiva è una delle numerose
caratteristiche diffuse in quella parte del continente asiatico, insieme all’ordine
dei costituenti SVO, al tono lessicale, all’uso di classificatori nominali e di
onorifici, oltre che all’anafora zero (corrispondente grosso modo alleviamento
di pronomi espliciti) e alla struttura topic-comment.
b. Lontane geograficamente e tipologicamente, rumeno e italiano appartengono
invece al tipo detto “Standard Average European” o “Europe medio standard”,
ancorché in misura diversa, tanto da non renderle così vicine. Questo tipo si è
costituito in seguito all’influsso reciproco di lingue “calde” instauratosi nel
corso dei due ultimi millenni